Backstage - Maurizio Nicotra 30 anni di suoni

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Backstage - Maurizio Nicotra 30 anni di suoni
ISSN 1825-4233 • Anno XVIII • POSTE ITALIANE spa -Spedizione in ABBONAMENTO POSTALE DL. 353/2003 (Convertito in legge 27/02/2004 n.46 . art.1, Comma 1, DCB Milano)
N. 3 - LUGLIO 2014 - WWW.BACKSTAGENEWS.IT
MAURIZIO
NICOTRA
30 anni
di suoni
FOCUS
PALCHI E PEDANE
SPECIALE
FORMAZIONE
APPROFONDIMENTI
SUL LOUDNESS
TORINO JAZZ FESTIVAL • PINK FLOYD EXHIBITION • HEINEKEN THE SUB • MOMIX ALCHEMY • MINA RITORNA!
TEKSET • TEATRO CARBONETTI • AUDIOTECHNICA ATH M50X • ZAXCOM ZAXNET • SPOTLIGHT CYCLORAMA LED
sommario luglio 2014
sommario
In copertina: il pavimento di un vecchio
palcoscenico (Foto Lorenzo Ortolani)
PROTAGONISTI
06 MAURIZIO NICOTRA
INTERAZIONI
38 THE SUB
PRODUZIONE
10 TORINO JAZZ FESTIVAL
STRUTTURE
42 MINA RITORNA!
FOCUS
16 PALCHI E PEDANE
AZIENDA
46 TEKSET
Backstage - Anno 18 - n. 3 - luglio 2014
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INCHIESTA
20 FORMAZIONE
SPAZI
50 TEATRO CARBONETTI
EVENTO
24 PINK FLOYD EXHIBITION
TEST
56 AUDIOTECHNICA ATH M50X
58 ZAXCOM ZAXNET
60 SPOTLIGHT CYCLORAMA LED
AUDIO
28 FLASH
30 APPROFONDIMENTI SUL LOUDNESS
LUCE
34 MOMIX ALCHEMY
RUBRICHE
04 EDITORIALE
62 NEWS
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(Fonico Live - Studio); Maurizio Maggi (Fonico TV - Live - Studio); Gilberto Martinelli
(Fonico Cinematografico, GTCS); Vincenzo Mazzilli (Innovation & Eng. Designer); Mamo
Pozzoli (Show Designer); Pierfrancesco Tempesta (Fonico Live-Studio); Aurelio Uncini
(Prof. Ordinario Univ. La Sapienza, Roma).
Hanno collaborato a questo numero:
Stefano Bonagura, Simone Corelli, Fabio Felici, Fulvio Michelazzi, Sanzia Milesi, Andrea
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protagonisti
A di Stefano Bonagura
Maurizio Nicotra
Lavora con i suoni
da 30 anni, in
studio e dal vivo,
con grandi artisti
italiani. Tecnico del
suono, produttore,
arrangiatore,
musicista,
ha maturato
un’esperienza
a 360°.
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BACKSTAGE • luglio 2014
Maurizio Nicotra ha terminato recentemente il tour con
Claudio Baglioni e subito dopo si è dedicato a Dire Straits
Legends. È nato nel 1965 e cresciuto a Catania, una città che tra la fine degli anni Ottanta e i Novanta musicalmente parlando è stata fra le più vive d’Italia. Dopo una
lunga collaborazione con Carmen Consoli, sono 10 anni
che collabora dal vivo con diversi artisti, da Eros Ramazzotti a Tiziano Ferro, Lorenzo “Jovanotti” Cherubini, Max
Pezzali, Riccardo Cocciante, Renato Zero, Irene Grandi,
Mario Venuti. Ha curato la messa in onda musicale di diversi eventi e spettacoli musicali, tra i quali “Ti lascio una
canzone” (Rai Uno) e nel 2013 “Gianni Morandi - Live
in Arena” per Canale 5.
Tra elettronica e clarinetto
Come ti sei avvicinato a questo lavoro?
Avevo circa 13 anni: era un momento un po’ particolare, perché studiavo elettronica (sono perito elettronico)
e contemporaneamente studiavo musica (clarinetto), al
Conservatorio. Mi appassionavano tutte e due le cose. Per
farla breve, la fusione di questi due elementi mi ha portato a fare quello che faccio.
Hai abbandonato completamente lo studio dello
strumento?
Oggi sì, ma fino a qualche anno fa no, perché ogni tanto
capitava ancora qualche turno. Dal clarinetto sono passato al sax, perché lo studio classico mi ci ha portato. Ho
iniziato così: giocherellando con un gruppo che mise su
uno studiolo; si parla del tempo in cui c’era l’otto tracce.
Da quell’esperienza sono passato in uno studio di una certa importanza, a Catania, che realizzava produzioni legate
al folclore ma principalmente al “Festival della nuova canzone siciliana” voluto da Pippo Baudo. Quel festival in realtà era a vasto raggio: c’era una parte folcloristica, insieme a una sezione dedicata ai giovani, tra i quali ha partecipato pure Mario Biondi, con un brano pop di giovani emergenti siciliani. Lo studio era di Tony Ranno (mem-
L’evoluzione successiva della tua attività è stata determinata da questi anni catanesi, dal lavoro svolto con Carmen Consoli?
In parte: con Carmen ho consolidato un
aspetto, che non era legato solo alla fonìa:
con lei ho iniziato curando il suono dal vivo, poi sono passato a fare pure i dischi,
dalla fonica alla produzione. Con Carmen
abbiamo anche creato una società, Due
Parole, che non esiste più. Quello però è
stato un periodo importante, di grande
formazione. Ho sempre amato di più il li-
ve, perché mi emoziona, mi piace di più
rispetto al lavoro di studio, però con Carmen facevo tutte e due le cose, quindi
rappresentava la quadratura del cerchio.
Chiusa questa parentesi, è partita una
lunga sequenza di esperienze diverse: da
quella con Jovanotti (dal 2004 fin quasi ad
oggi), a quelle con Eros Ramazzotti, Tiziano Ferro, Claudio Baglioni. Sia per quanto riguarda lo studio, sia per il live, ho iniziato con l’analogico: in studio avevamo
macchine Studer, si tagliava il nastro. Il primo digitale fu il convertitore della Sony,
con la videocassetta (Serie PCM, ndr). Da
quell’istante è iniziata una fuga tecnologica in avanti: c’è stato un momento critico, non lo nascondo, quando si lavorava coi Midas dal vivo e a un certo punto
abbiamo cominciato a vedere i mixer digitali; s’intuiva che la tendenza era quella…
Tranne che per alcuni che fanno scelte “filosoficamente” diverse!
È un po’ la stessa storia che è accaduta in studio: c’erano i 24 piste analogici, poi all’arrivo dei multipiste digitali c’era qualcuno che diceva “usiamo ancora
il 2” analogico, registriamo con quello la
(CORTESIA DI MAURIZIO NICOTRA)
(CORTESIA DI MAURIZIO NICOTRA)
(CORTESIA DI MAURIZIO NICOTRA)
Nel 2008, “Safari Tour” con Jovanotti.
In Ucraina, a Donetsk, nel 2009, per la cerimonia inaugurale dello Stadio Donbass
Arena, dove gioca lo Shakhtar.
(CORTESIA DI MAURIZIO NICOTRA)
bro dei Beans, gruppo catanese di discreto successo tra gli anni Settanta e Ottanta,
nda): in quel periodo e in quella situazione, lo studio svolse un’attività importante per la città; ci lavorai per parecchi anni,
poi nel 1995 cominciò la collaborazione
con Francesco Virlinzi (fondatore di Cyclope Records, produttore di Carmen Consoli, una figura fondamentale nella rinascita musicale catanese, nda), un rapporto
per me importante, sia per l’aggancio con
Carmen, sia per una questione formativa.
Francesco aveva una visione a 360°, con
lui cambiò proprio l’aspetto della musica
a Catania, fu lui a portare i R.E.M in Italia
quando ancora non erano conosciuti. Virlinzi aveva una visione dell’underground
particolare e con lui si è sviluppata la parte più importante del mio percorso professionale, sono cresciuto parecchio. Ricordo che ai tempi Francesco (scomparso prematuramente nel 2000) realizzò anche uno studio di registrazione per le sue
produzioni.
Sì, infatti io lavoravo lì, con lui. Ci fu l’incontro con Carmen Consoli: dopo la
scomparsa di Francesco, continuai la collaborazione, perché ormai lavoravamo insieme da tempo, con Carmen sono rimasto per tanti anni. La mamma di Francesco
voleva mantenere vivo lo studio, il ricordo:
prese tutte le apparecchiature e le spostò
da un’altra parte, esattamente com’era;
adesso lo gestisce lei, ogni tanto fa qualche produzione.
batteria“ Questa fase oggi è sorpassata,
non esiste più. Eppure questa tendenza
durò nel tempo: registrazione analogica
di certi strumenti, da riversare poi in digitale, per ultimare la lavorazione. Tutto l’editing come lo fai? Sarà che oggi i convertitori sono arrivati a livelli eccezionali, sarà
la straordinaria accelerazione che ha subito il progresso tecnologico, ma ormai l’analogico è obsoleto, estinto. Se oggi pensi che carichi una chiavetta in un banco e
hai tutto lì… il passo è veramente importante. Ormai con le macchine disponibili è
stato raggiunto uno standard; poi in certi
territori la maggiore disponibilità di alcuni
marchi può ancora fare la differenza (prevalgono certe macchine), ma ormai siamo
lì, non ci sono grandi differenze.
Nelle più diverse situazioni di lavoro, si può
optare per utilizzare più o meno tutte le
risorse del banco, oppure utilizzare ancora dell’outboard, apparecchiature esterne,
analogiche o digitali, valvolari. Certe volte
anche queste scelte appaiono, almeno per
alcuni fonici, come delle scelte filosofiche:
c’è chi non usa più nulla d’esterno e sfrutta a manetta tutto l’on-board, chi invece
Un anno dopo la
pubblicazione di “Stato di
necessità”, prodotto da
Francesco Virlinzi, registrato e
arrangiato da Maurizio Nicotra,
premiato con un doppio disco
di platino, Maurizio Nicotra,
Francesco Barbaro e la stessa
Consoli producono l’album
live “L’anfiteatro e la bambina
impertinente” (2001), il primo
della cantante Catanese. Nella
foto, le prove dello spettacolo
a Taormina, davanti a un
banco Cadac R-type.
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(CORTESIA DI MAURIZIO NICOTRA)
protagonisti
(CORTESIA DI MAURIZIO NICOTRA)
Flashback: Maurizio non ancora ventenne, in studio,
nel 1984.
Il bianco&nero si addice
alle leggende: Dire Straits
Legends in viaggio per
il recente tour italiano.
Da sinistra verso destra:
Mel Collins, John Illsley,
Phil Palmer, Maurizio
Nicotra, Steve Ferrone,
Primiano Di Biase,
Danny Cummings, Marco
Caviglia, Emanuela
Palmer, Federico Biagetti.
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ancora punta su alcune apparecchiature
esterne. Non credo che esista una linea di
demarcazione netta, precisa: non sto né
da una parte, né dall’altra. Secondo me le
cose giuste, come può essere ad esempio
un Manley ELOP sulla voce, possono avere
fascino, ma direi che tutto dipende sempre da chi, di quale voce stiamo parlando.
Non esagero mai con l’outboard: nel caso
dell’ultimo lavoro live fatto con Baglioni,
mi sono trovato con un set up già defini-
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to (Alberto Butturini aveva impostato il lavoro, nda), con plug-in Waves. Anche coi
plug-in: c’è chi usa tutti i plug-in di questo mondo, ma io penso che sia necessario usare solo quello che serve, secondo
i casi, anche perché questi banchi digitali nascono con canali che hanno già tutto
dentro. Considerando che non prediligo
affatto la linea ideale che porta a schiacciare, comprimere, stringere, equalizzare… se la base è buona, lo strumento è
buono, i microfoni e la ripresa sono giusti, il segnale che arriva al mixer deve solo essere assemblato, non stravolto. Altri
colleghi possono pure avere un altro approccio, che li porta a comprimere, schiacciare, in modo che esca fuori un pacchettino. Se dal vivo abbiamo a disposizione
un impianto con una dinamica incredibile, sfruttiamola! Non siamo mica a casa o
in macchina, con l’impiantino: metti il CD
e deve stare tutto lì fermo, se no i woofer li sfondi, e non si capisce più niente...
e comunque vuoi ascoltare ad alto volume. Qui abbiamo a disposizione una Ferrari: facciamola andare! Faccio riferimento
a colleghi che la pensano come me, vedi
Franco Finetti, che proviene da un mondo superanalogico: si è adattato anche lui
al digitale, però lavora esattamente come
se fosse in analogico, senza mai esagerare con la compressione e tutto il resto.
Tutto parte sempre dalla sorgente del suono e dalla ripresa: forse le ultime generazioni di fonici, rispetto alle precedenti hanno (qualche volta) una minore esperienza
di ripresa microfonica. Come in altri settori professionali, anche nell’audio ci sono conoscenze che lentamente declinano, si perdono. Certo, quando il suono
non arriva bene, finiscono per triggerare:
andiamo col campione! Attenzione alla
ripresa del suono: è importante. Oggi sarà pure importante il convertitore, però è
determinante pure il microfono che piazzi su uno strumento, come lo posizioni,
è tutto lì. Il live e il suono di un disco sono due cose completamente diverse: il live dovrebbe essere trattatato da live. Per
come la vedo io, il concerto non dev’essere esattamente come il disco, a livello di
suono: deve avere le sue dinamiche, con
le sue “sporcizie”, che valorizzano il live.
Ciononostante ci sono pure artisti, produttori artistici che vogliono raggiungere
dal vivo lo stesso risultato del disco.
Sono scelte. Il mio punto di vista, da fonico, è questo: l’emozione mi arriva quando sento una cassa che sta un po’ più
fuori o sento una voce oppure un rullante che esce. Avere tutto bello impacchettato produce insieme a tutto il resto (luci,
video, ecc.) uno show bello, però rimango dell’idea che la musica dal vivo debba
essere vissuta fino in fondo per quello che
è, molto più naturalmente.
La percezione del suono da
parte del pubblico
Nel meccanismo di un concerto dal vivo, conta molto pure il pubblico. In
tutti questi anni di lavoro, ti sei mai
accorto di differenze nella percezione
del concerto da parte del pubblico? Il
tuo modo di realizzare un missaggio,
provoca delle reazioni? E di che tipo?
La cosa più importante per il pubblico è
non perdere mai il riferimento dell’artista:
se l’artista è un cantante, il pubblico non
lo vuole perdere, deve stare sempre bene a fuoco. Se vengo a un concerto pop
e faccio fatica a capire cosa sta cantando
l’artista, è un problema serio.
Altre considerazioni sono legate a quello
che dicevo prima: per dire, ho visto certe
reazioni del pubblico quando tu riesci ad
aiutare le dinamiche della band, ad amplificarle; se in un certo momento di un
brano c’è una cassa, succede qualcosa,
parte un groove, tu lo devi assecondare.
Se fai tutto un concerto allo stesso livello,
esci e non capisci più niente; creare del-
Negli anni secondo te è cambiato
qualcosa nella modalità d’ascolto del
pubblico?
La cultura dell’ascolto sicuramente è cambiata perché, lasciando perdere il live, l’ascolto di riferimento è l’MP3.
Parlando di qualità ed emozione
dell’ascolto, qual è il massimo punto
di libidine raggiunto durante il tuo lavoro in postazione mixer F.O.H.?
Mi è capitato durante un concerto con
Eros Ramazzotti, a Caracas, dove non avevo limiti in termini di dB, di pressione sonora… non è che volessi sfasciare le orecchie al pubblico, non è questo, parlo piuttosto dei limiti causati dal tipo di produzione. Era una situazione da festival, impianto regolare, ben collocato davanti, palco
giusto, senza passerelle. Ecco: in quel caso ti domandi perché devi faticare a fare
una cosa che va contro le leggi della fisica. Si può cantare davanti a un line-array?
Sì, però ci sono dei limiti. Il massimo della libidine lo provi quando tu hai l’artista
che sa cantare, sul palco, nella posizione
giusta, vai, tiri su… e hai l’equilibrio giusto, la potenza giusta, la dinamica giusta,
il massimo che puoi avere. Però devo dire che comunque con Renato Zero, con
Claudio Baglioni, queste soddisfazioni riesco a raggiungerle, perché non ci sono
limitazioni che impediscono di raggiungere il risultato. Spesso non ci sono problemi né coi musicisti, né con l’artista: il problema è l’installazione che è stata prevista, e che se è stata fatta bene (tecnicamente, con l’impianto nella giusta posizio-
ne, senza andare a cantare davanti al P.A.)
allora stai sereno. Quando misso io non
guardo l’aspetto tecnico: quello lo faccio
all’inizio, in fase d’impostazione, patch,
ecc.. Fondamentalmente mi devo emozionare, risultato che non è sempre possibile raggiungere: devo cercare di entrare “dentro”, voglio essere travolto, sentirmi parte… e questo può succedere, spesso. Questa cosa non è per niente legata al
mio gusto musicale: devo riuscire a ottenere qualcosa in più e se questo mi arriva
come lo penso io, allora entro in sintonia
e riesco a missare come credo sia giusto.
Questo però ha a che fare pure con la libertà concessa di agire sul suono che ti
viene fornito dal palco, che spesso ha esigenze e obbiettivi precisi.
Sì, però anche se ci sono delle esigenze,
delle linee guida da rispettare, dei vincoli,
non è questo che può creare impedimenti. Quello che può creare problemi è realizzare un mix in un posto con una brutta
acustica, perché in questo caso non riesco
a sentire davvero il suono, devo scendere
a compromessi. A me per esempio piace
tantissimo fare lavori dove c’è anche l’orchestra, forse perché la mia formazione
musicale mi porta a questo: ne ho fatti
tanti, ultimamente con Zero (35 elementi
d’orchestra), l’anno scorso con “Cocciante canta Cocciante” (70 elementi, senza
sequenze, senza click), con Leonardo De
Amiciis direttore, anche messe in onda tv
di orchestre: sono lavori che amo alla follia! Per me qualsiasi strumento si trova sul
palco, si deve sentire: il compromesso, in
uno spazio dall’acustica imperfetta, vuol
dire riuscire a trovare il balance giusto per
far sentire tutto.
L’aver studiato musica lo consideri
un vantaggio nel tuo lavoro di fonico live?
Assolutamente sì. I tanti anni di studio
hanno affinato l’orecchio, l’intonazione…
(CORTESIA DI MAURIZIO NICOTRA)
le dinamiche, anche solo di livello sonoro,
aiuta ad emozionare, a dare piacere a chi
ascolta. La dinamica è importante. Nella
postazione F.O.H. tu ascolti l’impianto, conosci il suono prodotto alla sorgente, magari qualche volta controlli in cuffia, ascolti solo un canale.
e questo è un altro argomento di cui potremmo parlare per ore, perché l’intonazione oggi è entrata in una fase… basta
dire “Melodyne” e ci siamo capiti. Nell’era analogica invece ti dovevi sforzare a capire bene l’intonazione, quando registravi
una voce o un coro. Per me è fondamentale questo tipo di formazione. Abbiamo
abituato il pubblico a sentire i nuovi cantanti, quelli della nuova generazione, con
il vocal tuner. Perché? È un interrogativo
che mi pongo, solo che ormai tutte le produzioni sono così.
Due generazioni di tecnici
del suono a confronto sullo
stesso mixer: Maurizio Nicotra
e Franco Finetti, durante la
seconda tranche di “Amo Tour”
di Renato Zero (2013).
Come si torna indietro?
È difficile… ora che c’è l’MP3, come torniamo indietro? Il click è un’altra arma
terribile! Con Carmen Consoli in studio
ci confrontavamo spesso sull’argomento: facciamo tutte e due le versioni, con
click e senza click, poi le confrontiamo.
Non c’è paragone! Un batterista che suona col click è condizionato, e questa cosa
rapportatata al live crea due mondi completamente diversi.
© RIPRODUZIONE RISERVATA
luglio 2014 • BACKSTAGE
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