Cosa rese possibile il taylorismo

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Cosa rese possibile il taylorismo
IL TAYLORISMO
L'organizzazione scientifica del lavoro (scientific management) è un sistema di produzione
teorizzato e introdotto dall’ingegnere americano Frederick Winslow Taylor che ne espose i principi
e la pratica in due opere: Direzione d’officina del 1903 e L'organizzazione scientifica del lavoro del
1911.
Taylor intuì che un sistema di produzione industriale studiato e organizzato con criteri
“scientifici” avrebbe aumentato considerevolmente la produttività del lavoro con maggior
profitto delle aziende. Non solo, ma avrebbe consentito di raggiungere insieme più obiettivi
che sembravano inconciliabili: un basso costo della manodopera per le aziende e salari più alti
per i lavoratori; un minor prezzo dei prodotti finiti e quindi un maggiore consumo di beni; e,
infine, il superamento della conflittualità tra capitale e lavoro all’interno delle fabbrica e nella
società.
Henry Ford, il fondatore della omonima e nota casa automobilistica, applicò le teorie di Taylor alle
linee di produzione del modello T, un’autovettura pensata perché costasse poco e fosse acquistata
anche dagli stessi operai. Inventò così la catena di montaggio e inaugurò l’era dell’automobile
“utilitaria” ossia destinata al consumo di massa.
Anche Ford, come Taylor, pensava a una società nella quale i conflitti di lavoro sarebbero cessati
perché gli operai e gli impiegati avrebbero trovato come corrispettivo del loro maggior carico di
lavoro salari più alti e quindi sarebbero stati cointeressati a conservare il maggior benessere che loro
derivava dalla nuova organizzazione del lavoro.
Il modello “fordista” e taylorista oggi è praticamente abbandonato nei paesi a
industrializzazione avanzata e tutti possono constatare come i conflitti sociali e di lavoro non
siano affatto venuti meno; ma, per circa tre quarti del Novecento si è imposto come modello
vincente e universale di produzione. In questa scheda ne analizziamo i contenuti e discutiamo le
ragioni del suo successo; affidiamo invece al laboratorio alcuni documenti sui quali è possibile
discutere e analizzare le ragioni del suo superamento, nella seconda metà del Novecento.
Cosa rese possibile il taylorismo
L’organizzazione scientifica del lavoro non sarebbe stata possibile senza l’introduzione di
una serie di innovazioni, avvenuta dalle origini della rivoluzione industriale e lungo il corso
dell’Ottocento. Le principali sono: la divisione del lavoro, la standardizzazione dei prodotti
e la semplificazione della fabbrica.
La divisione del lavoro era stata teorizzata dall’economista scozzese Adam Smith il quale
nel 1776 aveva dimostrato che le operazioni per produrre un oggetto semplice quanto si
voglia, come uno spillo, sono molte e possono essere scomposte e affidate a persone
diverse. Il risultato che si ottiene è l'aumento della produttività di ciascun operaio e quindi
della produzione globale e della ricchezza generale. Infatti se le diverse fasi della
lavorazione di un prodotto sono compiute da diversi lavoratori, ciascuno di questi diventa
abile e veloce e si annullano i tempi morti tra ciascuna fase e la successiva. La divisione del
lavoro fu il modello produttivo che si diffuse lungo l’Ottocento e, soprattutto nelle
fabbriche tessili, l’introduzione di macchine automatizzate impose agli operai ritmi di
lavoro ai quali si dovettero adattare.
La standardizzazione dei prodotti fu invece il risultato di un nuovo modo di produrre che
riguardò soprattutto l’industria meccanica. La fabbricazione di macchine utensili, ossia
macchine per produrre altre macchine, e macchine dedicate, destinate cioè ad eseguire
pochi ma specifici lavori di alta precisione, permise di riorganizzare la produzione: ad
ingegneri e tecnici fu affidata la progettazione di oggetti composti da parti uniformi e
intercambiabili (pensiamo ad esempio in un motore ai cilindri, alle bielle, agli alberi alle
camme ecc.) e la fabbrica fu divisa in reparti specializzati nella fabbricazione dei
componenti, nell’assemblaggio, nelle prove e rifiniture.
Questo comportò una diminuzione della professionalità, perché all'operaio non erano più
richieste competenze e abilità di mestiere, ma solo conoscenza e abitudine nell’uso delle
macchine. La produzione in serie e standardizzata diminuì il costo dei prodotti e
ampliò il numero di operai che, lavorando a cottimo, potevano aumentare i loro salari.
Il terzo elemento è la semplificazione della struttura interna delle fabbriche grazie
all'impiego generalizzato dell'energia elettrica che sostituì la macchina a vapore:
scomparvero i complicati, ingombranti e rumorosi meccanismi di trasmissione del
movimento dalla centrale a vapore ai reparti produttivi e alle macchine; i tecnici poterono
progettare i processi di lavorazione con maggiore libertà perché il movimento delle
macchine era possibile in ogni punto dove poteva arrivare un cavo elettrico.
La maggiore flessibilità nella progettazione delle linee di produzione permise, a sua volta di
eliminare le professionalità più elevate che rappresentavano un elemento di rigidità. Infatti
gli operai specializzati, depositari di "segreti del mestiere", mantenevano un forte potere
contrattuale, sia perché erano in grado di imporre "tempi e metodi" corrispondenti alle loro
abitudini di lavoro, sia perché da loro dipendevano le squadre di operai comuni e manovali.
Taylor e l'organizzazione scientifica del lavoro
Come si vede alcuni degli elementi del sistema tayloristico, quali la divisione del lavoro e il
cottimo, erano già applicati da tempo. La grande novità introdotta da Taylor consiste nel fatto che
egli seppe combinare le possibilità offerte dallo sviluppo tecnologico di quel tempo con una
rigorosa progettazione delle linee di produzione e un rigido controllo delle fasi di lavorazione, in
modo che nulla fosse lasciato al caso o alla volontà dei lavoratori.
La nuova organizzazione del lavoro si avvaleva, infatti, di strumenti e macchine standardizzate
accuratamente progettate. Il lavoro di ciascun operaio era ridotto ad operazioni semplici, spesso
elementari (parcellizzate), e inserite in un processo rigidamente predisposto dagli uffici di
programmazione. La fabbrica disponeva di ingegneri, analizzatori di «tempi e metodi»,
disegnatori tecnici, impiegati amministrativi e un sistema di comunicazione assai efficiente. Uno
staff di supervisori coordinavano il lavoro, ne rilevavano i tempi, addestravano i nuovi assunti e
passano informazioni agli uffici di programmazione sugli aspetti tecnici, agli uffici del personale
per quelli disciplinari e per i pagamenti del cottimo. Il cottimo rappresentava poi il sistema di
retribuzione funzionale alla nuova organizzazione del lavoro e ad esso si doveva l'incremento del
60% dei salari operai.
In sintesi il nocciolo del taylorismo consisteva nella divisione del lavoro direttivo e di
progettazione da quello esecutivo, nella parcellizzazione, nel controllo dei tempi e metodi e,
infine, nel cottimo.
L’ideologia dell’organizzazione scientifica del lavoro
Taylor non si limitò a teorizzare e sperimentare il sistema di produzione nelle fabbriche. Egli era
convinto che l’adozione generalizzata del suo sistema avrebbe portato a un miglioramento non
solo a favore del capitale, ma dell’intera società.
L’incremento della produttività conseguito grazie all’organizzazione scientifica del lavoro
avrebbe immesso sul mercato una quantità mai vista di oggetti sia necessari che superflui a costi
accessibili a tutti; l’orario di lavoro si sarebbe ridotto a favore del tempo libero e si sarebbero
create opportunità per una generale crescita dell’istruzione e della cultura.
Più in particolare, per imprenditori e lavoratori dipendenti, si sarebbero create le condizioni per
superare a priori ogni divergenza contrattuale: «la quantità di produzio-ne che ogni operaio deve
fornire giornalmente, il salario che lo retribuisce adeguatamente di questo lavoro ed il massimo
nu-mero di ore lavorative am-missibile in una giornata formano nel loro com-plesso gli elementi
più im-portanti da discutere fra mano d'opera e datori di lavoro. L'autore ha tenta-to di dimostrare
che tali questioni possono essere molto meglio definite da un tecnico esperto addet-to allo studio
dei tempi, che dal sindacato o da una commissione di diri-genti, ed è fermamente convinto che nel
futuro lo studio scientifico dei tem-pi stabilirà delle norme produttive che verranno accettate come
eque da entrambe le parti».
Benessere per tutta la società e pacificazione tra padroni ed operai, questi sarebbero stati i frutti
più importanti e significativi del sistema tayloristico e gli elementi portanti della sua ideologia.
La catena di montaggio, ossia l’applicazione più tecnologicamente raffinata del
taylorismo
L’uomo che mise in pratica nel modo più completo e rigoroso le dottrine di Taylor fu Henry
Ford, l'industriale americano della nota casa di automobili. A lui si deve la realizzazione della
“catena di montaggio” e il lancio di un programma industriale e commerciale volto a fare degli
americani un popolo di consumatori. Egli è convinto che il progresso sociale e civile sia il frutto
del progresso tecnologico. Mettendo, infatti, a disposizione del maggior numero possibile di
persone beni di consumo a basso costo, si creano le condizioni di un benessere generalizzato.
A tale scopo bisogna, in primo luogo, standardizzare i prodotti e semplificarne la composizione,
eliminando tutto ciò che è superfluo per abbassarne i costi di produzione e di manutenzione;
una sua massima famosa recitava più o meno così: in un’autovettura tutto ciò che non c'è non si
rompe!. In secondo luogo , con una politica di salari medi o medio-alti, bisogna fare sì che
anche l’ultimo operaio possa acquistare i prodotti dell’industria: "se siamo in grado di
distribuire salari elevati, quel denaro può allora essere speso e contribuirà a rendere più
prosperi rappresentanti, distributori, produttori e lavoratori che operano in altre linee
industriali e la prosperità avrà un riflesso nelle nostre vendite".
La fabbrica tayloristica sembrava la risposta più adeguata a questa ideologia (che fu
significativamente detta “fordismo”) in quanto, pur abbassando il livello professionale,
garantiva con il cottimo più alti salari; non solo, ma accresceva il numero, tecnici, assistenti,
controllori e "colletti bianchi" con stipendi più alti della media.
Favorito dalla disponibilità di una nuova fonte di energia a basso costo, il petrolio, Ford
scommise sull'efficacia delle sue idee puntando alto: il Modello T, la prima autovettura
utilitaria, avrebbe dovuto raggiungere costi compatibili con il consumo di massa delle
automobili. A tal fine mise mano alla realizzazione di una linea di produzione che passò alla
storia come «catena di montaggio».
L'idea base della "rivoluzione fordiana" era quella di far muovere i pezzi da lavorare o da
assemblare e di tener fermi i lavoratori, onde eseguissero le loro mansioni senza spreco di
tempo e al ritmo imposto dalla velocità della “catena”. Vinse la scommessa; infatti il prezzo del
Modello T passò da 900 dollari, nel 1909, a 360 dollari, nel 1917, e a 260, nel 1925; le vendite
annuali crebbero nello stesso periodo da 18.000 a 750.000 vetture. Poteva inoltre vantarsi di
concedere ai suoi dipendenti paghe superiori del 15% rispetto alle industrie concorrenti.
Diffusione e superamento del sistema tayloristico
Il sistema tayloristico e la catena di montaggio conquistarono in pochi anni gli Stati Uniti e
furono riprodotti nelle fabbriche di tutto il mondo industrializzato; anche il lavoro degli
impiegati addetti ai settori amministrativi e commerciali fu parcellizzato e sottoposto a rigidi
controlli. Fu il sistema produttivo che favorì e determinò, nel Novecento, il grande balzo della
produzione industriale e il modello di società dei consumi per più di mezzo secolo.
A partire dal secondo dopoguerra, negli Stati Uniti, e dopo la crisi degli anni Settanta, in Europa,
il taylorismo fu abbandonato soprattutto perché non era di fatto riuscito a realizzare il più
importante dei suoi obiettivi: l’armonia e la pacificazione tra capitale e lavoro in fabbrica e nella
società.
Il lavoro alla catena apparve presto come qualche cosa di alienante e disumanizzato. Su questo
punto si veda il film Tempi moderni che C. Chaplin girò nel 1936. Si può considerare il film
come la migliore lezione di storia sul “fordismo” che, con l'artificio della parodia, ne svela la
natura.
Al di là dell'indiscutibile successo sul piano della produttività e dell'efficienza, il “fordismo”,
infatti, realizza la più radicale separazione del lavoro dal lavoratore. Convinti che un salario più
elevato fosse sufficiente per far accettare dei ritmi di lavoro sempre più intensi, monotoni e
ripetitivi, nonché un controllo spesso umiliante di capireparto autoritari, i sostenitori
dell’organizzazione scientifica del lavoro non si avvidero che il sistema era talmente rigido che
se si fosse inceppato in un solo punto l’intera catena si sarebbe dovuta fermare. Le lotte sindacali
ne dimostrarono presto la vulnerabilità.
Esso fu abbandonato definitivamente quando la tecnologia fornì nuovi strumenti di lavoro
con le macchine automatizzate e computerizzate.