2015 - Prospettive
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ALLE PAGG. 3/4/5/6/7 Catania - anno XXXI - n. 4 - 1 febbraio 2015 - Euro 0,60 - www.prospettiveonline.it “Poste Italiane s.p.a.” - Spedizione in abbonamento postale - D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/ 2004 no 46) art. 1, c. 1, DCB - Fil. di CT - Taxe perçue - Tassa riscossa - ISSN: 1720-0881 settimanale regionale di attualità SPECIALE SANT’AGATA “In caso di mancato recapito rinviare al CMP/CPO di Catania, per la restituzione al mittente previo addebito. Il mittente si impegna a pagare la tariffa vigente” Cresce l’attesa dei catanesi per riabbracciare Sant’Agata acquistare saggezza...” Gn 3,6) di porre fine alla spasmodica ricerca di quel luogo sicuro di adamitica memoria e contestualmente la festa, così intesa, permetterebbe di cancellare la corruzione temporale effetto della fatica ed oppressione diretta emanazione di quel cibo procacciato col sudore della fronte (“Con il sudore del tuo volto mangerai il pane, finché non ritornerai alla terra, perché da essa sei stato tratto...” Gn 3,19). Ma i desideri sono l’esatto contrario della speranza cristiana. Infatti il ria con l’abolizione periodica del desiderio è caratteristica della creatempo e la rigenerazione collettiva tura, che è de-limitata, e pertanto delle feste calendariali. Così il ritor- cerca di entrare in possesso di ciò no ciclico alla condizione primoge- che non ha e non gli appartiene. nia permette ad ogni uomo, ad ogni Mentre la speranza si nutre della Capodanno, una nuova esistenza. certezza della realizzazione delle L’immersione esistenziale nell’eter- promesse di Dio che testardamente nità divina della festa abolisce il si ostina ad essere fedele alla parola data, pertanto l’Incarnazione (il tempo profano. La concezione ciclica scandita dal Natale) rappresenta il volto umano passaggio delle stagioni configurava della concretezza divina. La speranla festa come un ordine del tempo. za, quindi, poggia sulla potenza di Infatti il lavoro quotidiano e l’usura Dio, mentre il desiderio è espressiodel tempo storico richiedevano un ne del vuoto dell’uomo. uomo in relazione, che, nel tempo La Chiesa conserva, anche se in parsacro delle feste, fosse in grado di te, l’ordinamento ciclico delle socierigenerarsi ad ogni ciclo per assicu- tà tradizionali nell’anno liturgico rare a se stesso una continuità illimi- che celebra gli atti fondamentali deltata. Tutto ciò, più che una mera illu- la vita di Cristo e di Maria, sua sione, rientra nella sfera del deside- madre, e commemora i santi esemrio (“Allora la donna vide che l’al- plari seguaci di Cristo. Il tempo cribero era buono da mangiare, gradev- stiano è però celebrazione della stoole agli occhi e desiderabile per ria della salvezza, esso è reale perché ha un senso: la redenzione, che traccia il cammino dell’umanità dalla caduta iniziale fino alla salvezza finale. Il senso della storia è unico, perché l’incarnazione, passione e morte di Cristo sono un fatto unico e irripetibile. La salvezza, pertanto, si gioca una sola volta nel tempo concreto e irripetibile della vita. Così quell’attenzione alla tradizione come ciclicità collettiva, dove la comunità, a prescindere dal susseguirsi degli anni e delle feste, viene percepita come entità superiore ai singoli che la compongono, si sposta a quella circolarità asimmetrica individuale che fa di ogni uomo un re il “Giorno della memoria” indet- attore della salvezza. to nel 2005 dall’Assemblea generale Attraverso l’evento dell’Incarnaziodelle Nazioni Unite per ricordare le vittime dell’Olocausto. Per le celeGiuseppe Longo brazioni partecipano le delegazioni (segue a pag. 2) di 38 Paesi. (continua a pag 2) LA FESTA una finestra sull’eternità L ’uomo si comprende come essere inserito in un habitat vitale regolato da due costanti che ne determinano la sua posizione: lo spazio e il tempo. Ed è proprio la percezione di questa de-limitazione e de-finizione a suscitare le proprie insicurezze e paure. Quindi è un essere sempre proteso alla ricerca di un luogo sicuro che lo protegga anche contro il decadimento dell’inesorabile dinamismo storico. Questa tensione alla ricerca di un rifugio sembra quasi essere retaggio di quel paradiso perduto, dove puntualmente creatura e Creatore si incontravano in un luogo stabilito. Tale protensione ha caratterizzato l’uomo di generazione in generazione quale essere fragile, insicuro e soprattutto pauroso nei confronti di un futuro incerto determinato dall’inesorabile scorrere del tempo, simbolo di presente imprendibile, sospeso tra un passato che non c’è più e un futuro che non c’è ancora. Il tempo, quindi, fa paura perché è precarietà e morte; spaventa il tempo storico e lineare perché porta sempre ad una fine. E proprio contro la corruzione del tempo, la liturgia delle grandi feste calendariali è ciclica, fuori del tempo in quanto eterno ritorno. L’uomo ha cercato di sfuggire alla memoria di un’originale caduta annullando la propria sto- Auschwitz 70 anni dopo Il grido della memoria a “Giornata della Memoria”, istituita in Italia il 20 luglio del 2000, nel ricordo dell’apertura dei cancelli di Auschwitz avvenuta il 27 gennaio 1945, diventa un appuntamento per non dimenticare la tragedia indelebile della Shoah, per riascoltare le testimonianze dirette dei pochi sopravvissuti ancora in vita, per educare le nuove generazioni affinché mai più possa accadere qualcosa di simile. L’orrore dell’Olocausto ha segnato per sempre la storia umana e le relazioni fra i popoli, col suo immane carico di vite annientate L dall’odio razziale e dal folle disprezzo umano dell’ideologia nazista. 70 anni or sono l’Armata Rossa liberò il campo di concentramento tedesco di Auschwitz ad ovest di Cracovia, nel sud della Polonia dove furono sterminati dai nazisti 1.100.000 persone, il 90% delle quali ebrei. Fra il 1.300.000 di prigionieri che furono rinchiusi nel lager più grande del regime nazionalsocialista, fra il 1940 e il 1945, c’erano anche 140150mila polacchi, 33mila Rom, 15mila sovietici e 25mila persone di diverse nazionalità. Ad Auschwitz, superato l’ingresso, si legge la sini- stramente famosa “Arbeit macht frei”, e il doppio recinto in filo spinato della morte con le baracche in cui gli ebrei vivevano ammassati a 25 gradi sotto zero e sottoposti a condizioni di vita disumane, c’è anche la baracca dei bambini spesso lasciati senza le madri, si respira ancora il dolore e si percepiscono le impronte vive dell’orrore; l’ultimo anniversario decennale con superstiti ancora vivi: “la loro voce guida il percorso della memoria”. Il 27 gennaio ricor- 2 Prospettive - 1 febbraio 2015 sommario al n. 4 SPECIALE SANT’AGATA Devozione _______________3 Sociale __________________5 Tradizione _______________6 INFORMADIOCESI Notizie in breve ___________8 DIOCESI Agata nell’anno dedicato alla Vita Consacrata________8 La Chiesa e gli sposi cristiani: compagni di viaggio per sempre ______9 Tavola rotonda organizzata dall’UCSI provinciale: Comunicare il sacro __________________9 Totalmente soggettivo: Vita da eremita __________11 “Spazio d’accoglienza Erwin”, dormitorio con 12 posti letto_________11 Dalla Grecia un terremoto politico in Europa a Grecia svolta pagina: apre alla sinistra radicale e chiude all’Europa. Il risultato delle recenti elezioni ha portato alla vittoria del partito estremista Syriza, con a capo Alexis Tsipras nuovo premier greco, il più giovane degli ultimi 150 anni. Quasi un plebiscito con 149 seggi conquistati su 300, due in meno della maggioranza assoluta. La Troika (dal russo trojka, terzina), nell’ambito della politica dell’Unione Europea, organismo di controllo costituito da rappresentanti della Commissione europea, della Banca centrale europea e del Fondo monetario internazionale, ha cominciato a tremare. Il neo-governo greco sarà, infatti, il primo della zona-euro che ha scelto di contrastare apertamente le condizioni di austerità su cui si basa il programma di salvataggio del Paese, sostenuto dalle banche europee. Nel programma elettorale di Tsipras, di fatto, ci sono il taglio del debito da trattare con l’Ue, l’aumento delle pensioni, degli stipendi ed il taglio delle tasse. Misure che il neopremier ha definito delle “emergenze umanitarie” che sono l’esatto opposto del programma di rigore imposto dall’alto e che adesso preoccupano i mercati europei e le istituzioni europee. Per molti analisti si è trattato L Redazione e amministrazione: tel. 095 2500220 fax 095 8992039 www.prospettiveonline.it E-mail: [email protected] [email protected] [email protected] Editrice ARCA s.r.l. via Etnea, 8 95121 Catania Iscritta al Registro degli Operatori di Comunicazione (ROC) n. 7858 Direttore responsabile Giuseppe Longo Grafica e impaginazione: Vera Cannavò Abbonamenti: ordinario Euro 40,00 ridotto (scuole, associazioni, confraternite, etc.) Euro 30,00 versamento su c/c postale n. 12442935 intestato a: ARCA s.r.l. via San Giuseppe al Duomo 2/4 95124 Catania Pubblicità: a mod. (1 colonna x 41mm). Commerciali Euro 27,11 a mod. Redazionali Euro 1,55 a mm Annunci immobiliari e R.P.Q. 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Foto AFP/SIR re pubblico per creare migliaia di posti di lavoro ed una serie di misure espansive che remano dalla parte opposta della troika, che negli ultimi 5 anni ha rimesso a posto i conti ma facendo pagare alla popolazione un prezzo altissimo. Il timore più grande è che altri Paesi della fascia mediterranea seguano il modello Grecia, con l’incognita, poi, che la speculazione finanziaria si abbatta sui mercati più deboli. Si prospetta uno scontro interno al Vecchio Continente che potrebbe far vacillare i palazzi di Francoforte, Bruxelles e Berlino. Intanto alla fine di febbraio bisognerà trovare un compromesso per permettere l’erogazione dell’ultima trance di prestiti che ammonta a 7 miliardi. Sulla base dei precedenti accordi con il governo passato, per lo sblocco dei fondi il ‘triumvirato’ europeo chiedeva altre misure drastiche: innalzamento dell’età pensionabile, aumento dell’Iva sul turismo, maggiore flessibilità nei licenziamenti collettivi e altro ancora. Correttivi che sicuramente Alexis Tsipras non rispetterà per mantenere fede al programma elettorale. Probabilmente si andrà ad un muro contro muro, con il rischio default in agguato nel caso non venisse erogato l’ultimo spezzone di prestito. Onde evitare il peggio, uno spiraglio potrebbe essere l’allungamento dei termini per i rimborsi, con la riduzione parziale dei tassi d’interesse rimodulati all’andamento dell’economia greca. E nella speranza che il debito pubblico non superi il 171%. Anche la Conferenza Episcopale Greca si è espressa sull’esito del voto attraverso il suo presidente, mons. Franghiskos Papamanolis: “Un voto storico? Si vedrà. Con queste elezioni i greci hanno detto all’Ue che vogliono seguire una strada fatta non di austerità ma di solidarietà perché è sulla solidarietà che deve nascere la nuova Europa”. L’alto prelato ha ribadito come sia un voto di speranza oltre ogni delusione: “Un voto di rabbia espressione di un popolo frustrato, che soffre e che vedeva nel governo precedente, guidato da Samaras, nessun segno di sensibilità verso questa sofferenza. Il popolo ha scelto chi crede possa dargli un poco di speranza”. Adesso toccherà, però, trovare le risorse necessarie per mantenere il programma elettorale: “Qui permane il dubbio – ha concluso Mons. Papamanolis - con quali soldi? Dove li troverà? Basterà non pagare i debiti, o cancellarli come ha detto Tsipras?”. F.C. Catania. La Fidapa celebra la Giornata della Memoria ell’ambito di questa giornata, la Fidapa, sezione “Riviera dei Ciclopi” Catania, presidente prof. Isabella Frescura, alla Badia di S. Agata, organizza un tributo storico culturale in collaborazione con International Societas Artis, presidente Cynthia Torrisi. Sono intervenuti illustri relatori: il prof. Giuseppe Speciale, ordinario di Storia del diritto medievale e moderno, che ha intrattenuto l’illustre platea sul tema “L’eredità delle leggi razziali e della Shoah”, mentre il Quartetto Oneiroi ha eseguito: Miniatures (except), Song, Fly away, Black swallow, Firefly, Sisatura di S. Tsintsadze; Giardini del Cairo di G. Cuticchio; Gymnopedie n. 1 di E. Satie; Crisantemi di G. Puccini, riscuotendo lunghi applausi L’attrice Ada Tringali ha letto alcuni brani letterari sul tema. Speciale si è soffermato ed ha approfondito le leggi razziali emanate in Italia nel 1938, che si limitavano ai divieti economici per gli ebrei, nonché estese a uffici e scuole, sottolineando le differenze con quelle successive del ’43 quando, purtroppo, si allargarono anche alla sfera della vita privata degli ebrei. Coloro che avevano firmato, come Padre Agostino Gemelli fondatore dell’Università Cattolica di Milano, le leggi razziali del ’38, a quel punto si dissociarono e difesero gli ebrei. I valori etici che costituiscono l’eredità della shoah sono stati riportati anche per merito di alcuni Padri Costituzionali, come Giorgio La Pira, nella nostra Carta Fondamentale. La presidente Prof. Isabella Frescura ha evidenziato l’attualità dell’argomento del razzismo per motivi religiosi, perché anche oggi la discriminazione religiosa e politica si trova in molte aree del pianeta, una sua assurda ragione di essere: l’uccisione di vittime innocenti in Francia, la pulizia razziale religiosa da parte del fondamentalismo islamico dimostrano l’attualità dell’argomento. La presidente International Societas Artis, prof. Cynthia Torrisi, che ha curato il tributo musicale riscuotendo parecchio successo, ha dimostrato l’importanza che la N Direzione amministrazione e redazione: via Etnea, 8 95121 Catania Il rigore non paga Per non dimenticare musica rivestiva nei campi di concentramento, ed era un momento di aggregazione in quei lager di orrori e (continua da pag. 1) LA FESTA... ne secondo la Redemptor Hominis 13, 14, l’uomo torna ad essere “via principale della Chiesa” proprio perché “Cristo stesso è la via principale della Chiesa”. L’opera di salvezza di Dio (cioè il ripristino del riposo dopo la creazione dove l’uomo contempla Dio e la sua opera), che redime l’uomo attraverso l’uomo è la verità irrinunciabile. La festa cristiana, quindi, con la sua ritualità diventa una finestra aperta sull’eternità. La festa della santa Patrona Agata che, puntualmente ogni anno per tre giorni coinvolge migliaia di devoti, non solo è una finestra aperta sul bel salotto barocco siciliano di Piazza Duomo attraverso cui guardano catanesi e non, ma è anche la possibilità con la mediazione di un modello di santità, la Vergine e martire catanese, di vivere oltre il senso del tempo l’incontro con Dio. La festa di S. Agata, che si svolge nei tre giorni dal 3 al 5 febbraio a Catania, rappresenta sicuramente una caratteristica forma di espressione della pietà popolare più conosciuta al mondo, grazie soprattutto alle ricchezza di suggestioni, di sofferenze che venivano inflitti a tutti i deportati di diverse nazionalità; la musica era protagonista della loro vita che li accompagnava sino alla morte, infatti alcuni andavano a morire suonando il violino. La musica era strumento di comunicazione, poiché spesso erano costretti al silenzio o avendo lingue differenti era il mezzo principe che li univa, portando gioia dell’anima e solidarietà, ma spesso procrastinava il tempo della morte poiché i tedeschi li usavano per allietare le loro serate. Ha concluso la presidente Fidapa del Distretto Sicilia dott. Nora Caserta che ha sottolineato come tutte le sezioni Fidapa della Sicilia abbiano celebrato la giornata della memoria, in particolare si riferisce alla mattinata del 27 gennaio: a Floridia in alcuni istituti scolastici, si sono svolte manifestazioni patrocinate dall’associazione, affinché la memoria non diventi oblìo. memorie, di rimandi all’immaginario, di vita vissuta, di fede genuina e di un arcipelago di emozioni intensissime quanto fuggevoli. La pietà popolare è un dato di fatto nella vita della Chiesa; pertanto va valorizzata ed educata perché strumento prezioso di esperienza e di interiorizzazione del mistero rivelato. Ma contestualmente evidenzia anche inevitabili limiti, soprattutto in quelle espressioni inquinate da elementi non coerenti con la dottrina cattolica, che sfociano nella demolizione del sacro e nell’inneggiamento del profano, alimentando un errato rapporto tra l’uomo e la centralità del mistero cristiano. “Ogni cultura e ogni gruppo sociale necessita di purificazione e maturazione. Nel caso di culture popolari di popolazioni cattoliche, possiamo riconoscere alcune debolezze che devono ancora essere sanate dal Vangelo...” (Evangelii Gaudium 69). “Esiste un certo cristianesimo fatto di devozioni, proprio di un modo individuale e sentimentale di vivere la fede, che in realtà non corrisponde ad un’autentica pietà popolare.”(EG 70). Si rende, così, necessario un processo di inculturazione del Vangelo perché diventi naturale trasmettere alle generazioni future anche la fede che si manifesta in modi sempre nuovi per fronteggiare le sfide della contemporaneità. “Nella pietà popolare si può cogliere la modalità in cui la fede ricevuta si è incarnata in una cultura e continua a trasmettersi” (EG 123). Ed ancora nella Evangelii Gaudium al n. 126 si legge “Nella pietà popolare, poiché è frutto del Vangelo inculturato, è sottesa una forza attivamente evangelizzatrice che non possiamo sottovalutare: sarebbe come disconoscere l’opera dello Spirito Santo. Piuttosto, siamo chiamati ad incoraggiarla e a rafforzarla per approfondire il processo di inculturazione che è una realtà mai terminata”. Nelle pagine seguenti è stato preparato uno speciale della festa di Sant’Agata che non scandisce in maniera temporale i momenti salienti, per restare ancorato all’assunto di quanto detto sopra, ma viene suddiviso in tre parti “devozione, sociale e tradizione”. Il prezioso contributo si è avvalso particolarmente dell' apporto di due collaboratori storici di questa testata: Giuseppe Adernò e Antonino Blandini. Lella Battiato ® 3 Prospettive - 1 febbraio 2015 DEVOZIONE La Messa dell’Aurora del 4 febbraio vo, diventando così positiva occasione di fruttuosa catechesi. Già intorno alle ore cinque del mattino la Cattedrale è stracolma di fedeli e devoti e da alcuni anni è stata introdotta anche la tradizione della recita del Santo Rosario, intercalato dall’inno di San’Agata, quasi devoto saluto. Da alcuni anni l’apertura della cameretta è ritornata, come un tempo, ad avere maggiore ordine e disciplina, contrariamente a quanto accadeva da un ventennio, dove la devozione alla Santa Patrona manifestava, a volte, atteggiamenti di lite quia che contiene il cranio della Santa Martire. Alle ore sei giungono in cattedrale le autorità cittadine e S.E. l’Arcivescovo, il quale, dopo il saluto alla Patrona, si prepara per la celebrazione della Santa Messa, partecipata con fervida devozione e raccoglimento Il primo abbraccio della Città alla SANTA PATRONA l 4 febbraio, vigilia della festa di Sant’Agata, la sveglia suona nel cuore della notte e quando si giunge nei pressi della Cattedrale c’è già un brulicare di gente con il devozionale sacco bianco, cappotti sciarpe e cappelli per il freddo, che si avvia verso il Duomo, che da alcuni anni apre molto presto. Un tempo si attendeva con ansia dietro il portone chiuso per alcune ore ed era spettacolare la corsa per occupare i posti speciali vicino alla Santa. Ancor prima degli anni ’70 la messa dell’aurora era riservata ai Canonici della Cattedrale, i quali nella Cappella di San’Agata assistevano alla Messa Prelatizia celebrata dal Cano- I nico Tesoriere, responsabile della gestione e dell’organizzazione della festa per conto del Capitolo e del Vescovo, e partecipavano all’uscita delle Reliquie e del Busto Reliquario dalla “cameretta”. Terminata la S. Messa, le Reliquie venivano traslate a spalla dai Chierici tonsurati, sotto al baldacchino rosso (così come aveva imposto l’Eminentissimo Cardinale Francica Nava) fino alla porta della Cattedrale, e quindi venivano poi “affidate ai Cittadini” per il “giro esterno”. La dimensione post conciliare ha, man mano, allargato ad un pubblico sempre più vasto di fedeli la partecipazione alla Messa dell’Aurora, che oggi viene celebrata dall’Arcivesco- per predisporre lo spirito, mediante la preghiera, all’atteso incontro con la Bella Agata che, quando esce dalla sua buia “cameretta” e trova la gioia dei suoi devoti, manifesta quasi un volto sorridente e luminoso. Le espressioni recitate ad alta voce“Avi du’ occhi ca parunu stiddi, avi la ucca ca pari na rosa”, rivelano quel forte senso di devoto affetto dei catanesi verso la giovane concittadina Agata. La mutazione di espressione si nota quando la mattina del 6 febbraio, a conclusione della festa, il Busto Reliquario viene riposto nella “cameretta” e allora il volto di Sant’Agata appare triste e i fedeli piangono di emozione rivolgendole un e di sopraffazione tra i devoti. Il grido festante “Cittadini, Viva Sant’Agata” i festosi battimani, lo sventolio dei fazzoletti bianchi (di matrice spagnola), in segno di saluto, fanno da cornice all’emozionante e devota accoglienza della Santa Patrona che riappare dopo sei mesi, creando una così emozionante atmosfera, che non si può descrivere se non si prova. L’attesa e l’emozione s’intensificano fino al momento in cui il Busto Reliquario, ricco dei preziosi gioielli, dono ed ex voto dei fedeli devoti, appare dai cancelli della cappella di San’Agata e quindi si snoda la prima breve processione per collocare al centro del presbiterio la sacra reli- Con grande soddisfazione dei catanesi alla processione fu permesso di proseguire fino all’ingresso della Villa Bellini. La cronaca registrò così quello straordinario evento religioso: “La celebrazione non ha avuto le manifestazioni esteriori le quali per tanti riflessi possono anche turbare il raccoglimento di cui le grandi e potenti emozioni hanno bisogno perché possano esprimere tutta la loro significazione. È stato un accostamento quale è consentito dal tempo in cui viviamo e quale lo desiderava lo stato della coscienza pubblica. È stata una manifestazione veramente impressionante”. da parte dei numerosissimi fedeli, che hanno occupato tutti gli spazi utili del grande tempio catanese. Sono ancora vive le espressioni che ogni anno vengono riproposte: “Come sarebbe bello se tutte le domeniche le chiese fossero così affollate e la partecipazione dei fedeli fosse sempre così devota”. Anche le numerose comunioni sanciscono il legame spirituale con la sacralità della festa che va ben oltre gli aspetti folcloristici e di pietà popolare che costituiscono la cornice della festa. Intanto dalle vetrate delle navate, cominciano ad apparire le prime luci dell’alba, che segna l’inizio della lunga giornata di festa in compagnia della Santa Patrona. Al termine della Santa Messa le Reliquie vengono deposte sull’artistico Fercolo d’argento per il “giro esterno” la piazza è colma di fedeli e i primi fuochi d’artificio e le osannanti campane annunciano a tutta la cittadinanza l’inizio della festa. Nel saluto di avvio della “processione” il Parroco della Cattedrale illustra il significato valoriale della “consegna delle sacre Reliquie ai cittadini devoti” e come la presenza della Martire Agata per le vie della Città è segno di protezione e benedizione celeste. Comincia a formarsi il lungo fiume di devoti, i quali con il sacco bianco tirano il cordone del Fercolo e passando da Porta Uzeda, appare il sole che comincia a salire alto nel cielo ed è spettacolare la processione nei pressi degli archi della marina, illuminati dal primo sole della festa e tutto diventa suggestivo e incantevole. Antonino Blandini Giuseppe Adernò 5 febbraio 1944 71 anni fa la prima festa del dopoguerra elle prime settimane del 1944 i catanesi, liberati dall’incubo e dal terrore dei bombardamenti, ebbero la sensazione di essere entrati nel tanto desiderato dopoguerra: le scuole e l’università avevano ripreso a funzionare, così gli uffici pubblici, i negozi, ecc.. La vita di ogni giorno aveva assunto il tono della normalità pur tra difficoltà, privazioni, sofferenze di ogni genere, mentre in gran parte d’Italia ancora imperversava furiosamente e crudelmente il secondo conflitto mondiale. Il pensiero correva veloce a Sant’Agata, alla sua fastosa festa patronale invernale che ha sempre unito tutti i catanesi attorno alla vara, portata in trionfo per la città. Le ferite inflitte dalla guerra nel tessuto urbano e nei cuori dei cittadini, però, erano state tante e profonde e i danni provocati dai bombardamenti erano stati ingenti e ancora non riparati. In questo contesto di comprensibili difficoltà, affrontate da tutti con rinnovata fiducia nell’avvenire, i sacerdoti capitolari della basilica Cattedrale, detti i canonici di Sant’Agata, avevano deciso, anche se trepidanti e preoccupati, dietro richiesta del sindaco Carlo Ardizzone all’arcivescovo Carmelo Patané, di riportare le venerate reliquie dell’amata protomartire concittadina tra il suo N popolo, di farle uscire dal Duomo rimasto miracolosamente intatto durante le incursioni aeree che colpirono il seminario arcivescovile e anche la Casa della Vara, e distrussero il fercolo. La stampa cittadina registrò, con accenni commossi e condivisi, il lieto annuncio dell’uscita del prezioso semibusto reliquiario della Patrona: “Non una festa (la parola sarebbe impropria e non aderente al periodo in cui viviamo) ma invece una celebrazione. Sant’Agata finalmente riprenderà possesso della sua città. La rivedrà con i segni ancora vivi della distruzione, della rovina, la rivedrà quale la guerra l’ha ridotta, ma la rivedrà anche nel pieno fervo- re di un’attività per ogni senso imponente”. La notificazione ai cittadini –il termine da noi si identifica con l’aggettivo devoti- da parte della Chiesa catanese fu accolta con grande e rinnovato entusiasmo: “Per venire incontro al desiderio vivissimo dei cittadini si è deciso che la processione di tutte le insigni reliquie di Sant’Agata, il giorno 5 febbraio, si svolga alle ore 16 fuori del Duomo, per via Etnea fino a piazza Stesicoro e ritorno, per la stessa via, in Cattedrale. Interverranno i Capitoli della Cattedrale e della Real Collegiata, il Clero e il Seminario Arcivescovile. I devoti di Sant’Agata sono invitati a seguire la processione indossando il tradizionale sacco”. Nel pomeriggio di sabato 5 febbraio il cattivo tempo non permise lo svolgimento della processione. Il breve e ridotto “giro” interno fu effettuato nel giorno dell’ottava. Il busto reliquiario, spoglio dei gioielli e cinto soltanto della corona (attribuita dalla tradizione al re d’Inghilterra Riccardo Cuor di Leone, cognato del re di Sicilia Guglielmo il Buono, venuto in Sicilia nel 11901 per partecipare alla III Crociata), e lo scrigno reliquario furono posti sopra un automezzo adornato dai giardinieri del Comune con garofani bianchi. Parteciparono al devoto giro il sindaco, il prefetto Antonino Fazio e i rappresentanti dell’esercito alleato. Lunedì 2 febbraio 2015, alle ore 18.30, presso il Castello Ursino, nel nuovo spazio realizzato al 2° piano, si inaugura la mostra “Diva Agata nelle stanze del sogno” del Maestro Antonio Santacroce. L’artista sarà presente. 4 Prospettive - 1 febbraio 2015 SPECIALE SANT’AGATA Il canto delle monache Benedettine allieta il rientro di S. Agata in Cattedrale Custodire IL TESORO spirituale a comunità monastica delle Benedettine dell’Adorazione Perpetua del SS. Sacramento nutre una devozione speciale per la Santa Patrona di Catania. Tutte le monache - anche quelle che provengono da altri paesi e province dell’Isola o altre regioni (ce ne sono della Calabria e della Campania), addirittura c’è una Nigeriana! - sono “tutte devote tutte” della Vergine e Martire Agata. In lei ammirano un modello di incondizionato amore a Cristo, fino al dono di sé, nel quale specchiarsi. Dal 1987, dietro incoraggiamento dell’allora arcivescovo di Catania mons. Luigi Bommarito, è diventata assodata tradizione l’esecuzione dell’ormai celebre canto eseguito dal sagrato della chiesa, nella monumentale e suggestiva via Crociferi, il 6 febbraio al rientro del busto reliquiario in cattedrale, a conclusione del giro esterno del fercolo. Negli anni precedenti le monache assistevano in silenzio al passaggio della Santa da dietro le finestre della scuola ed era ugualmente una grande emozione, acuita dall’atmosfera della notte (adesso i devoti la fanno passare non prima delle 8 del mattino) e dalla suggestione di quell’amato busto reliquiario attorniato da fiori e ceri accesi. Un’emozione ben espressa in una pagina degli Annali: «Dopo aver dormito soltanto un paio d’ore, attendiamo la grazia di poterla vedere, anche se per pochi attimi. Le facciamo trovare il nostro tratto di strada illuminato da grandi stelle; Lei a sua volta accende nei nostri cuori una luce molto più intensa, quella dell’amore, del fervore, della speranza, della gioia. Siamo grate a Dio per averci fatto dono di sì grande Santa» (5 febbraio 1984). L’evento di questo canto ha preso L via via contorni sempre più vistosi, divenendo un caso mediatico che lascia tuttavia tranquille le claustrali, dal momento che esse sono gioiosamente consapevoli di prestare solo un umile servizio di preghiera e comunione, oltre che manifestare la loro devozione alla Santa Patrona. Una di loro, rispondendo ad un’intervista, ha ribadito: «Non ci sollecitano le riprese televisive, gli articoli di giornale ed altro, ci basta essere presenti e pregare con la gente». Difatti, quello che più colpisce è il raccoglimento davvero profondo di quella marea di folla che, assiepata lungo la via, vive con le monache un autentico e sentito momento di preghiera all’interno di una festa rinomata, purtroppo, spesso solo per il folclore che la circonda. Ed è così che, appena le monache escono dalla porta centrale e si sistemano dietro la cancellata lungo la scala, si fa un silenzio improvviso. È solo curiosità? Certo è che gli occhi di tutti sono carichi di commozione e di una profonda pace interiore. Il 6 febbraio 2007, a seguito dei fatti drammatici che il precedente 2 febbraio hanno sconvolto la nostra città durante il derby Catania-Palermo e la morte dell’ispettore Filippo Raciti, l’esecuzione del canto è sta- nche quest’anno, la sera del 3 febbraio, alle 20 in punto, le campane della Cattedrale suoneranno improvvisamente a festa e un brevissimo attacco di un “gioco di fuoco”, coloratissimo e fumogeno, segnerà il tradizionale avvio dell’attesa e spettacolare scenografia, sonora e visiva, della “sira ‘e tri”. Subito dopo lo stimolante “anticipo” che ricorda a tanti l’ingresso, veloce ed allegro fino a metà degli anni Sessanta, dei “giovani cantanti” dei 4 “partiti” della città, sul palco allestito davanti al prospetto principale di palazzo dei Chierici, nella gremitissima piazza Duomo, la Corale “Giuseppe Tovini” accompagnata dal Corpo bandistico eseguirà la celebre e commovente “Cantata” a S. Agata, consistente in tre tempi: Inno, Preghiera e Cabaletta. Dopo l’immancabile e magico spettacolo pirotecnico –il più grandioso dell’anno- sarà eseguito un concerto di musiche belliniane. Questa Cantata, tanto cara al cuore dei devoti anche perché segna il conto alla rovescia per poter correre a “vedere” l’amata Patrona, all’alba, uscire dalla “cameretta”, è attribuita a Michele A ta fatta precedere dalla proclamazione di un brano evangelico commentato con incisività dal cappellano mons. Gaetano Zito e seguito da alcune intenzioni di preghiera. Da allora questa “aggiunta”, ben armo- nizzata con il canto, viene riproposta e vissuta con altrettanta incisività. Il testo in latino, che ripropone le ultime parole di sant’Agata in carcere, è stato musicato in polifonia nella seconda metà dell’Ottocento dal maestro di origini napoletane, ma catanese di adozione, Filippo Tarallo. La voce delle monache lo rende oltremodo soave e fortemente suggestivo: «Stans Beata Agata in medio carceris, expansis manibus orabat ad Dominum: Domine Jesu Christe, Magister bone, gratias tibi ago qui me fecisti vincere tormenta carnificum; jube me Domine ad tuam immarcescibilem gloriam feliciter pervenire» (Stando la Beata Agata in mezzo al carcere, elevate le mani pregava il Signore: Signore Gesù Cristo, Maestro buono, ti ringrazio perché mi hai fatto vincere i tormenti dei carnefici; esaudiscimi, o Signore, e fammi pervenire felicemente alla tua gloria infinita). Dopo, la Comunità offre un mazzo di fiori all’amata Santuzza. È proprio commovente la formazione (incredibilmente faticosa!) di un piccolo corridoio che viene ricavato dal restringersi della folla già tanto stipata per fare passare la monaca con il suo bel mazzetto. A questa vengono poi consegnate alcune candele e fiori tra quelli offerti alla Santa e che ella porta all’interno del sagrato trionfalmente, con spirito di fede, perché è come se li offrisse loro la stessa sant’Agata. Alla domanda di un giornalista di Roma, ovviamente poco informato dei fatti, se le monache custodissero durante l’anno il famoso tesoro di sant’Agata, esse hanno prontamente risposto: «Non custodiamo il busto reliquiario e il tesoro, tuttavia, come ogni catanese, conserviamo il tesoro spirituale che è di gran lunga più prezioso! Non c’è oro, argento e gioielli che possono eguagliare l’eredità lasciataci da Agata!». ® Una stele ricorda lo scampato pericolo dalla peste a stele di piazza dei Martiri dedicata a S. Agata, detta popolarmente “la Statua”, ricorda il voto dei catanesi alla Patrona durante la peste che devastò Messina per un anno, a partire dalla primavera del 1743, senza penetrare a Catania. Il monumento venne inaugurato l’anno seguente, nel giorno della solennità liturgica della Protomartire. La peste a Messina, da dove si diffuse subito nella dirimpettaia Reggio Calabria, era stata introdotta da marinai provenienti da Levante e provocò l’arresto della vita economica e commerciale. I L Cantata in Piazza Duomo della sera del 3 febbraio Giarrusso; di quest’autore, presumibilmente catanese, non si conosce se non il nome trovato tempo fa casualmente nella partitura per banda. Le cantate in origine erano tre e due si sono perse. Mons. Nunzio Schilirò, maestro della Cappella Musicale del Duomo, a tale proposito, precisa che una delle tre, l’attuale, fu da lui ricostruita in modo rocambolesco. Da un corista del Teatro Bellini, che faceva parte della parrocchia S. Maria in Ognina curata da mons. Mariano Foti, anch’egli musicista e cantante agatino con il m° Salvatore Riela, mons. Schilirò venne a conoscere il testo, parole e musica, da lui trascritto udendone il canto eseguito dallo stesso corista. Per fortuna assieme al dr Andrea Dell’Acqua, cercando e ricercando, trovò nell’archivio comunale una parte della banda, da lui rivista e studiata. Così su incarico del comm. Luigi Maina fu sistemata la “questione” delle cantate, ormai diventata inso- stenibile, con il ripristino e l’adozione della Cantata ritrovata “Lo jonico mare”. Per sostituire le altre due andate perdute con la morte del Riela, il m° Schilirò inserì nel concerto della “Sera del Tre” la “coroncina” di Maugeri, da lui rielaborata, l’inno del XVII centenario del martirio, “O Signore dal tetto natìo”, “Va pensiero” e anche brani di Norma. Riferisce Antonino Marcellino, docente di storia della musica nell’istituto musicale V. Bellini, che Francesco Pastura, in un saggio apparso sulla “Rivista del Comune di Catania” (gennaio-febbraio 1934), occupandosi dello sviluppo della Cantata, così ne precisa con attenzione la forma: “La forma musicale della cantata…è quella classica derivante certamente dalle antiche forme musicali del genere. Consta di tre tempi: Allegro maestoso, Adagio e Allegro vivace”. A.B. cittadini messinesi fecero ricorso alla protezione della madonna della Lettera, di S. Rosolia e di S. Rocco. L’epidemia è descritta dall’annalista Ludovico Antonio Muratori che elogia il comportamento del vicerè Corsini, il cui intervento, tempestivo e risoluto, valse ad evitare la pandemia. Egli fece costruire attorno alla città cordoni sanitari e proibì l’approdo nelle città del Regno di navi provenienti dal porto di Messina. Il morbo nero causò gravissime perdite umane. Il terrore del contagio si diffuse nelle popolazioni rivierasche. In tale calamità fu riconosciuto a re Carlo III il merito d’avere messo in moto una serie di validi interventi a favore delle popolazioni colpite e di quelle ancora esenti dal contagio. Per la verità, i messinesi in una precedente epidemia (1347) si erano riversati in massa a Catania, dove confidavano nella protezione di S. Agata. Essi avrebbero voluto le reliquie della Martire nella loro città, ma l’opposizione dei catanesi fu totale. Nel 1522 anche Catania fu colpita dal morbo e in quella circostanza fece ricorso a S. Sebastiano, mentre Messina si rivolse a S. Rocco: erano entrambi ritenuti nel Medioevo potenti taumaturghi. Un’altra epidemia, che era dilagata in tutta Europa, colpì pure la città etnea (1575); il contagio in Sicilia fu descritto dall’epidemiologo Gianfilippo Ingrassia di Regalbuto. Infine, Palermo durante la peste del 1623 si rivolse a S. Rosalia, il cui culto e patronato s’impose rapidamente dopo il ritrovamento delle reliquie e la cessazione del contagio, che invece imperversò nel resto della Sicilia fino al 1626. Blanc 5 Prospettive - 1 febbraio 2015 SPECIALE SANT’AGATA SOCIALE Reliquia di una mammella di SANT’AGATA A GALLIPOLI on tutti i catanesi sanno che in Cattedrale, allorché le reliquie vengono esposte alla pubblica venerazione il 12 febbraio e il 17 agosto, manca all’appello la reliquia di una mammella, che in realtà si trova in Puglia sempre contesa dagli abitanti di Gallipoli e Galatina. La reliquia della Mammella di s. Agata, non presente a Catania, si trova, invece, a Galatina, in provincia di Lecce e diocesi di Otranto, nella basilica parrocchiale S. Caterina d’Alessandria del sec. XIV, in piazza Orsini. In realtà, per ragioni di sicurezza, viene custodita nel museo del convento dei Frati minori, annesso alla basilica, in un reliquiario d’argento dorato. In occasione della festa di S. Agata, il 5 febbraio, preceduta da un triduo, la reliquia ritorna in chiesa, dove una tela e degli affreschi raffigurano le vicende del martirio di S. Agata. Tale reliquia del seno della martire (l’altra si trova custodita nello scrigno reliquiario dentro il sacello del Duomo), dal 1126 al 1389, fu conservata a Gallipoli, cittadina pugliese sul mar Jonio, sempre in provincia di Lecce, che s’estende nell’isola e nel borgo nuovo collegato con un ponte. Nella basilica concattedrale di tale città intitolata a S. Agata, principale patrona della diocesi di Nardò-Gallipoli, si conservano un argenteo busto processionale di S. Agata, una pala d’altare del “Martirio di S. Agata”, una tela della “Sepoltura di S. Agata”, il vasto dipinto della crociera del “Martirio di S. Agata”, tre tele del soffitto della navata centrale con “La Gloria di S. Agata”, “S. Agata visitata in carcere da S. Pietro”, “Agata placa l’eruzione dell’Etna”, e i due cicli dei “Fatti della vita di S. Agata”. Anche se la concattedrale di Gallipoli non possiede più la reliquia della Mammella, conserva altre reliquie della nostra protomartire: un’ampollina del suo sangue, l’osso della falange del pollice della mano destra, un pezzetto del braccio, rinchiusi dentro un busto reliquiario d’argento molto pesante che si porta in processione per la festa, molto sentita dalla popolazione. Rimane tra Gallipoli e Galatina una secolare contesa, mai sopita del tutto, sulla custodia della reliquia. Dalla lettera apocrifa del vescovo di Catania, l’abate-conte benedettino Maurizio, si ricavano gli eventi della traslazione, d’andata e di ritorno da Costantinopoli, delle reliquie di S. Agata (1040-1126). I due soldati imperiali, Gisliberto e Goselmo (originario di Gallipoli?), lungo una travagliata traversata di rientro in N patria, partiti da Corinto, sarebbero approdati col loro veliero nei “lidi di Taranto” (Gallipoli?), dove avrebbero fatto celebrare una Messa sopra le reliquie; poi, le avrebbero tratte dalle faretre per metterle in ordine, ma Foto del reliquiario della mammella di Galatina-Gallipoli nel riassettarle durante quella prima frettolosa ricognizione, avrebbero (segue a pagina 11) L’Associazione “Agata donna per le donne” L a specificità del martirio di Sant’Agata mediante le torture al seno l’hanno resa speciale protettrice delle donne, ed il tumore al seno è il più frequente in Italia. Sono, infatti, oltre 5 milioni, di soggetti coinvolti, incidendo pesantemente sulla vita dei singoli individui e sul tessuto sociale, impegnando quindi grandi risorse da parte del Servizio Sanitario Nazionale. Le donne colpite da tumore al seno, soprattutto nella fascia di età tra i 30 e i 44 anni sono spesso non informate e vittime di questo male che rappresenta proprio per questo target la prima causa di morte. In Sicilia la mortalità a causa del tumore al seno è del 15% superiore alla Lombardia. Papa Giovanni Paolo II ha lanciato forte il suo appello: “curare la malattia e fare di tutto per prevenirla sono compiti permanenti del singolo e della società, proprio in omaggio della dignità della persona e all’importanza del bene della salute” Non è un problema di cure, ma di ritardo di diagnosi perché nelle nostre donne è ancora limitata la cultura della prevenzione. Spesso il medico interviene quando ormai c’è poco da fare e non è possibile per le pazienti. La diagnosi precoce, come ormai statisticamente accertato, permette di aumentare notevolmente le possibilità di guarigione e di garantire cure tempestive, meno invasive e più efficaci. Molte donne, per quanto consapevoli dell’importanza di fare prevenzione, non aderiscono ai programmi di screening o solo con scarsa periodicità senza rispettare un programma di controllo preciso. Ancora oggi la patologia del tumore al seno subisce un grandissimo livello di disin- formazione e la partecipazione delle donne alle indagini diagnostiche è spesso limitata dalla paura di conoscere e dal senso del pudore. A Catania il 6 gennaio del 2006 si è costituita l’Associazione “AGATA DONNA PER LE DONNE” . Il nome adottato si lega concettualmente al martirio della Santa Patrona di Catania nell’aiuto alle donne affette da tumore al seno che subiscono, oltre al degrado fisico dovuto alla malattia, la deturpazione di uno degli aspetti cardine della propria femminilità. L’associazione da anni persegue l’obiettivo del miglioramento dell’informazione per la prevenzione e la diagnosi precoce del tumore al seno ed aprire un dialogo con le istituzioni al fine di affrontare tutti i problemi relativi al tumore al seno: dalla prevenzione alle terapie, dalla riabilitazione al reinserimento affettivo e sociale, dalla formazione del personale socio-sanitario alla ricerca scientifica, dalle informazioni alle donne alla sensibilizzazione dell’opinione pubblica. Numerose sono le iniziative importanti nel campo dell’informazione medico-scientifica, della testimonianza, della sensibilizzazione e formazione, che hanno riscontrato attestazioni di stima e fiducia da parte degli enti e delle istituzioni coinvolti, nonché delle numerosissime associate. L’esperienza realizzata ha confermato che la diagnosi precoce è l’unica vera arma in grado di ridurre drasticamente le vittime del cancro. Sara Pettinato Chirurgo senologo presso l’Ospedale “Garibaldi” di Nesima Le offerte per la colletta della Messa Pontificale destinate ad una iniziativa caritatevole Progetto mensa CARITAS ‘Beato Dusmet’ a Librino el quartiere Librino nascerà una mensa Caritas intitolata alla memoria del Beato Cardinale Dusmet,Vescovo amico dei poveri. Per questo motivo, le offerte per la colletta della solenne Messa Pontificale del 5 febbraio, in occasione della festa di Sant’Agata, patrona di Catania, saranno destinate per la realizzazione dell’iniziativa caritatevole. Cosi come il ricavato della cassetta posta in Cattedrale durante lo svolgimento delle funzioni agatine e dei proventi di un sorteggio sostenuto dagli ‘Amici del Rosario’ per la Missione Sant’Agata. Alle due raccolte si aggiungerà anche quella promossa all’ingresso della libreria ‘San Paolo’ di via Vittorio Emanuele n°182. Un gesto concreto da parte della Chiesa cittadina che a nome dell’Arcivescovo Mons. Salvatore Gristina ha condiviso le intenzioni della Caritas Diocesana, in pieno accordo con i parroci della zona, di aprire una mensa per i poveri presso la Parrocchia “Resurrezione del Signore” di viale Castagnola n°4. La mensa sorgerà a sud-ovest di Catania, in una periferia disagiata che negli anni è divenuta il simbolo di tutte le ‘periferie’ della nostra città. In un luogo dove la crisi, la sofferenza materiale e spirituale, sono avvertite in maniera dramma- N tica. A Librino, specchio della crisi che sta investendo la città di Catania, è in crescita il numero delle persone che si sono ritrovate senza occupazione (tra i 45 ed i 60 anni) a causa di improvvisi licenziamenti, o costrette a convivere con la problematica del lavoro in nero, irregolare e saltuario. A questi problemi si aggiunge anche l’emergenza abitativa con l’aumento delle famiglie sottoposte a sfratto per morosità. E sono spesso gli uomini, gravati da un divorzio o da una separazione, a pagare il prezzo più alto della crisi finendo a dormire in strada in mancanza delle risorse necessarie al mantenimento di moglie e figli. È questa, purtroppo, la fotografia reale di un contesto che spesso favorisce le organizzazioni criminali alla ricerca di manovalanza a buon mercato, che controbilancia i dati sulla disoccupazione giovanile nelle periferie. E non solo. Così alla luce di quanto espresso in precedenza, per alleviare i disagi e venire incontro, in qualche modo, alle povertà esistenziali delle famiglie residenti a Librino, la Caritas Diocesana, in pieno accordo con tutta la Chiesa catanese, sta portando avanti il progetto di realizzare un’oa- si di pace e ristoro per i più bisognosi a Librino. Dall’esperienza pastorale di Don Piero Galvano, direttore dell’Ufficio Pastorale della Carità, da dieci anni parroco di periferia presso la parrocchia ‘Beato Padre Pio da Pietrelcina’ nel quartiere San Giorgio (al confine con Librino), è maturata la necessità di coinvolgere tutta la Chiesa di Catania alla realizzazione di un segno concreto di carità nell’estrema periferia etnea. La mensa che sorgerà a Librino, matto- ne dopo mattone, sarà costruita anche grazie ad un piccolo contributo mensile dei sacerdoti e dei diaconi della Diocesi, che in piena libertà hanno condiviso l’iniziativa. Ecco perché la raccolta delle offerte per la Messa del Pontificale, nel giorno culmine dei festeggiamenti in onore della Patrona Agata, rappresenta un segno concreto di comunione ecclesiale con i più bisognosi e verso l’intera comunità civile. Dinanzi alle molteplici povertà esistenziali, non si può, quindi, restare indifferenti, ma si ci deve innanzitutto interrogare su cosa è possibile fare e, con l’aiuto della preghiera, impegnarsi a trovare risposte adeguate ai problemi del nostro tempo. Tutti siamo Chiesa, nessuno escluso e prima di ogni altra cosa, come cristiani, abbiamo il dovere di offrire il nostro contributo. Se il Signore vorrà, questo segno, di una mensa Caritas a Librino potrebbe diventare realtà. Filippo Cannizzo 6 Prospettive - 1 febbraio 2015 SPECIALE SANT’AGATA TRADIZIONE La memoria del dono della luce a tradizione, la forma, la denominazione, l’appartenenza di ciascuna candelora è ben nota ai catanesi. Ciò che, forse, è meno noto è la loro origine, quale sia la loro radice nella tradizione della Chiesa, come si collocano nella tradizione della festa di sant’Agata e a quale particolare evento fanno riferimento. La tradizione delle candelore votive in onore e devozione a sant’Agata ha il suo riferimento chiaro alla festa liturgica della Candelora, che si celebra il 2 febbraio. Festa che è memoria della presentazione di Gesù al Tempio e della purificazione di Maria (Lc 2, 22-39). Dal racconto dell’evangelista Luca è possibile raccogliere almeno cinque riferimenti: l’osservanza della legge, da parte di Giuseppe e Maria; nel vecchio Simeone, l’uomo che desidera vedere Dio presente e all’opera nella storia dell’umanità; Gesù, compimento delle promesse fatte da Dio e delle attese del popolo, Lui che è additato come luce che illumina tutti i popoli; Gesù, presentato come segno di contraddizione; Anna, l’anziana profetessa, la lode di Dio e la proclamazione di Gesù non è compito soltanto dell’uomo ma anche della donna. Al centro del racconto è collocata l’affermazione che Gesù è la luce che viene ad illuminare l’umanità. La presentazione di Gesù come luce che illumina è presente anche altrove nei vangeli, in special modo di Gv 1, 5a: Gesù, il Verbo che si fa carne è «la luce splende nelle tenebre». È la memoria di questo episodio che ha assunto la denominazione di festa della Candelora: in questo giorno si benedicono le candele, simbolo di Cristo «luce per illuminare le genti». La denominazione di festa della Candelora sembra derivare dal racconto del viaggio in Terra Santa di Egeria (IV-V secolo). Per la festa della purificazione descrive il rito cosiddetto del Lucernare: «Si accendono tutte le lampade e i ceri, facendo così una luce grandissima» (24, 4). Rito che pare facesse riferimento anche ad un preesistente rito pagano, sostituito poi con un rito cristiano forse da papa Gelasio I (492-496). In un primo tempo si celebrava il 14 febbraio, 40 giorni dopo l’Epifania. Nel VI secolo, più opportunamente, dall’imperatore Giustiniano (483-565) la ricorrenza fu anticipata al 2 febbraio, data in cui si festeggia ancora oggi. Il giorno successivo, il 3 febbraio, si celebra la festa di san Biagio, giorno in cui la tradizione prevede l’imposizione delle candele, benedette il giorno prima, sulla gola dei fedeli attribuendo al gesto un potere taumaturgico. Anche a Catania il 3 febbraio è giorno segnato dalla centralità della candela nel ciclo annuale dei festeggiamenti in onore della patrona sant’Agata. Vi è un collegamento fra questa tradizione e la memoria liturgica del giorno precedente? A cosa fanno – dovrebbero fare - riferimento le candelore devozionali in onore di san- L Note sulle candelore nella festa di sant’Agata t’Agata? Il racconto della presentazione di Gesù al tempio è centrato sulla dichiarazione della sua identità: egli è la luce che illumina ogni uomo. La candela accesa, dunque, diviene segno del lasciarsi illuminare da Gesù, segno della volontà di vivere illuminati da Lui e, quindi, di essere luce del mondo, come Gesù stesso chiede ai discepoli: «voi site la luce del mondo» (Mt 5,14). A tutti i discepoli, non solo ai membri degli istituti di vita consacrata, ai quali da diversi anni sembra ormai riservata la giornata del 2 febbraio. Dall’incontro con Gesù, luce del mondo, il cristiano è chiamato a vivere la sua vita quotidiana, i suoi giorni, a partire dal primo giorno che segue la festa liturgica della Candelora, cioè dal 3 febbraio. L’offerta della cera, delle candele, è gesto diffuso nella tradizione cristiana, nelle diverse forme devozionali. Esse sono espressione del bisogno dell’uomo di vivere nella luce di Dio, memoria di Gesù-luce accolto nella propria esistenza, impegno ad essere luce di Cristo nel tempo e nel luogo in cui si compie la propria storia, richiesta di intercessione e di protezione perché non venga mai meno la luce di Cristo nelle vicende personali e dell’umanità, soprattutto nelle difficoltà e nella sofferenza. In questo contesto si colloca – va ricollocata! - la tradizione catanese delle candelore del 3 febbraio, opportunamente chiamate anche cerei. Le candele del 3 febbraio affondano la loro origine nella luce donata per vivere illuminati da Cristo-luce. La festa è anzitutto memoria del dono della luce che abbiamo ricevuto, che ci ha resi figli di Dio e illumina la nostra vita: «le tenebre non l’hanno accolta [la luce …] a quanti però l’hanno accolta ha dato il potere di diventare figli di Dio» (Gv 1, 5b.12). Ce lo ricorda pure la candela accesa il giorno del nostro Battesimo: segno di Cristo risorto, luce che sconfigge anche le tenebre della morte e, a maggior ragione, in grado di illuminare e vincere ogni motivo di angoscia, paura, tristezza, peccato. La processione con le candele il 3 febbraio contiene pure la memoria del Battesimo e la dichiarazione pubblica della propria volontà a vivere quegli aspetti insiti nella presentazione di Gesù al tempio: l’osservanza della legge, il saper vedere Dio nella storia, riconoscere in Gesù la luce che illumina la propria quotidianità, Colui che ci libera dalle nostre contraddizioni, condividere e valorizzare la dimensione femminile della lode a Dio e della proclamazione che in Gesù è «la redenzione di Gerusalemme», la redenzione della città. D’altronde, ci fu un tempo in cui la mattina del 2 febbraio le autorità cittadine si recavano nel palazzo vescovile e accompagnavano il vescovo in cattedrale, dove partecipavano alla messa solenne della festa della Candelora, con la benedizione delle candele e la processione. Pur se questa ricorrenza non riguardava direttamente sant’Agata, tuttavia la celebrazione riceveva particolare solennità perché in qualche modo veniva considerata preludio ai festeggiamenti in onore della patrona, per il suo riferimento alle candele benedette in quella solenne celebrazione. Le attuali candelore della festa di sant’Agata sono sostitutive dei grossi ceri offerti dalle antiche corporazioni di arti e mestieri, come loro atto di devozione e di impetrazione di protezione alla santa martire catanese. All’offerta del cereo partecipavano i membri della corporazione e non soltanto chi, a nome di tutti, portava la cera. I portatori non venivano retribuiti per questo, perché era un onore rappresentare la propria corporazione. Nel tempo, poi, le grosse candele di cera offerte divennero sempre più grandi e decorate, fino a far scomparire la cera stessa, sostituita da una struttura lignea riccamente decorata e dorata, ornata da angeli, statue e adornata di fiori. Anche tale struttura, a cannalora, a portarla a turno e gratuitamente erano membri della corporazione che rappresentava nell’atto devozionale verso la patrona di tutti, sant’Agata. La processione del 3 febbraio era chiamata della luminaria, perché tutta la città partecipava all’offerta della cera alla patrona in segno di omaggio e di devozione. La cera sarebbe servita per illuminare l’altare di sant’Agata. I cannalori andavano in processione con tutti gli altri rappresentanti della città, delle sue classi sociali e delle sue istituzioni. La processione fu a carattere penitenziale, di riconoscimento del prioritario e determinate ruolo di protezione e intercessione impetrato alla martire catanese per tutte le necessità della sua città e dei suoi concittadini. Se quanto detto sopra ha una qualche validità, allora è evidente che sarebbe opportuno iniziare finalmente ad interrogarsi sull’attuale presenza della candelore nella festa di sant’Agata. Hanno indubbiamente una loro validità e costituiscono motivo per dare alla festa un particolare tocco di folklore e di popolarità. Tuttavia, ad esse va recuperata la ragione fondamentale per cui è sorta la processione delle candele e per- ché sono state volute nell’ambito dei festeggiamenti in onore e devozione a sant’Agata. Di conseguenza, se le candelore sono riflesso della festa del 2 febbraio, è da chiedersi che significa il giro delle candelore per le vie della città nelle settimane prima del 3 febbraio. Come pure, se esse sono espressione della devozione di arti e mestieri, dovrebbe costituire un onore per i membri di ciascuno di essi rendersi disponibile a portarle, se possibile. Allo stesso tempo, è da riconsiderare tutta la processione del 3 febbraio, dalle presenze in essa, non sempre dettate da ragioni di devozione, all’offerta della cera da risignificare. Per cui, si potrebbe (dovrebbe) anche ripensare la validità dell’offerta della cera lungo il percorso processionale, anzitutto da parte delle massime autorità cittadine, l’arcivescovo e il sindaco, considerato che hanno già compiuto il gesto con la processione cittadina del 3 febbraio. La loro eventuale decisione in tal senso, non potrebbe rivestire una valenza pedagogica per i cittadini, invitandoli a concentrare la loro privata offerta della cera al 3 febbraio, con la conseguenza di contribuire ad accelerare il percorso processionale del fercolo nei giorni 4 e 5 febbraio? Se è vero, infine, che la presenza de cannalori nella processione del 4 e 5 febbraio ha una sua consolidata tradizione, è altrettanto vero che esse erano espressione di una devozione che accompagnava da vicino il fercolo con il busto e la cassa reliquiaria di sant’Agata, illuminandone e solennizzandone il percorso. La loro attuale presenza, così distante dal fercolo, non sarebbe opportuno riconsiderarla, per evitare che la distanza fisica rischi di equivalere da una forma di distanza “religiosa”? Il recupero del significato originario per cui nasce la tradizione delle candelore di sant’Agata e della processione del 3 febbraio sembra assumere il valore di leva per dare un ulteriore, qualificante apporto al recupero, in atto specialmente in questi ultimi anni, della dimensione più propriamente religiosa della festa che, se considerata tra le più emblematiche che si conoscano a livello internazionale, necessita sempre di mantenere viva la memoria della sua prioritaria e imprescindibile dimensione ecclesiale. Gaetano Zito 7 Prospettive - 1 febbraio 2015 SPECIALE SANT’AGATA LA CORNICE CHE ATTORNIA UN’OPERA D’ARTE VIVA La carrozza del senato l 3 febbraio iniziano i festeggiamenti in onore della Martire Agata con una spettacolare cerimonia che ha due valenze: una civica con la suggestiva sfilata della “carrozza del Senato” con i costumi caratteristici ed una religiosa con la processione della cera. Due eventi particolari si intrecciano nella giornata del 3 febbraio, che diventa quasi un prolungamento della festa liturgica della candelora, che si celebra il 2 febbraio e nel tempo ha favorito l’offerta della cera alla Patrona della Città da parte del senato e del popolo catanese. Dal Municipio, al ritmo dei tamburi degli sbandieratori nella suggestiva cornice della corte del Palazzo degli elefanti, il personale del comune indossa gli originali costumi dei paggi di corte dai colori bianco e azzurro con la caratteristica parrucca, e quindi si preparano le due berline del ’700, carrozze trainate da cavalli bianchi sulle quali salgono le illustri autorità cittadine e il sindaco con la fascia tricolore. Le due carrozze, precedute dalle artistiche 12 candelore, espressione delle corporazioni cittadine, attraversano in salita la via Etnea tra due ali di I folla festanti e giungono in Piazza Stesicoro nei pressi della Chiesa di Sant’Agata alla fornace, da dove partirà verso mezzogiorno, al suono del- le campane e delle 12 cannonate, la solenne processione della cera. Un lungo corteo di colori, abiti e mantelli, bandiere e stendardi sfila tra due ali di folla che assiste con devoto raccoglimento e attenzione ai messaggi spirituali che preparano al significato religioso dei festeggiamenti in onore della Santa Patrona. Associazioni, gruppi parrocchiali, aggregazioni laicali, Unitalsi e ammalati, Avis e donatori di sangue, rappresentanti degli enti comunali e delle aziende municipalizzate, le delegazioni dei comuni della provincia etnea con stendardi e bandiere, l’Azione cattolica, il Clero, gli ordini militari e cavallereschi: Ordine pontificio di San Gregorio Magno, Sovrano Militare Ordine di Malta, Ordine Equestre del Santo Sepolcro, sfilano in processione portando candele e fiori che sono offerti in Cattedrale quale dono della città e dei cittadini alla Santa Patrona. Il solenne canto del “Te Deum”, eseguito dalla corale della Cappella del Duomo, conclude la liturgia di preghiera e di offerta e introduce al triduo agatino, che conferisce alla festa di San’Agata il riconoscimento da parte dell’Unesco del titolo di “bene etno antropologico patrimonio dell’umanità”. Offrire e accendere un cero votivo in onore della Martire Agata è un gesto che accomuna i segni della devozione popolare, preparando lo spirito alla “ierofania” che consente per alcuni giorni l’incontro con il sacro e con la fenomenologia della religione. Giuseppe Adernò Consegna dell’ANELLO agatino all’Arcivescovo a sera di domenica 25 gennaio, come vuole la tradizione nella sacra cornice del santuario diocesano Sant’Agata al Carcere, affollato di devoti e alla presenza della reliquia del Velo della Verginella Protomartire concittadina, si è rinnovato il simbolico rito –esclusiva catanese dal carattere sacro e profano, ecclesiale e civile, religioso e civicodella consegna ufficiale dell’anello “agatino” all’Arcivescovo Mons. Salvatore Gristina, a conclusione della solenne concelebrazione eucaristica e a coronamento della pia pratica delle domeniche agatine e all’inizio dei festeggiamenti, nello stesso venerato sito dove Sant’Agata subì la restrizione, conclusasi con il processo, le torture e la condanna a morte, nel carcere del pretorio del proconsole di Quinziano. Come vuole la tradizione, reintrodotta tempo fa dal presidente del comitato organizzativo della festa di Sant’Agata e maestro delle cerimonie del Comune comm. Luigi Maina, con riferimento all’antico rito risalente a don Alvaro Paternò che disciplinò il cerimoniale cinquecentesco della festa, è stato il Sindaco a consegnare all’Arcivescovo il prezioso “anello della festa” che indosserà fino a giovedì 12 febbraio, giorno dell’ottava, come segno del simbolico “sposalizio con la Città di Catania, attraverso la persona del primo cittadino”. L venivano tradizionalmente offerte ai devoti dalle famiglie nobili che aprivano le loro dimore. L’anello è ricavato da un cammeo, gemma incisa a rilievo di color avorio, appartenuto alla mamma del comm. Maina: reca impressa l’immagine del busto reliquiario di S. Agata ed è conservato nella “vetrina dei tesori” della Galleria dei sindaci di palazzo degli Elefanti. Il Gran Coro Lirico Siciliano, diretto dal m° Francesco Costa, ha eseguito la “Missa et proprium in festo Sanctae Agathae”, musiche di tre insigni compositori ecclesiastici italiani, il cardinale fiorentino Domenico Bartolucci, il monaco bolognese Adriano Banchieri e il canonico catanese Rosario Licciardello. Al termine della Divina Liturgia, presieduta da Mons. Gristina, il Coro ha eseguito in concerto la “Messa dell’Incoronazione” in Do Maggiore KV 317 di Wolfgangus Amedeus Mozart, uno dei più celebri capolavori di musica sacra liturgica” e “inni agatini” della tradizione religiosa musicale catanese dal Settecento al Novecento; soprano Gonca Dogan, contralto Antonella Leotta, tenore Dave Monaco, basse-baritone Riccardo Bosco. Un grato plauso ai bravi Custodi del Santo Carcere, che l’infaticabile rettore considera la “nuova realtà giovanile del Santuario che si impegna per l’organizzazione e la riuscita delle celebrazioni agatine: un auspicio per l’Associazione Sant’Agata al Carcere che si appresta a confermare un nuovo impegno nel vivere e diffondere la testimonianza agatina a partire dal santuario diocesano agatino” Mario Ursino A.B. Il dolce della festa i risiamo! Già l’atmosfera è cambiata, anche le storiche basole della via Etnea cominciano a vibrare per la gioia di ospitare il passaggio delle reliquie della Santa, anzi della Santuzza, tanto cara al cuore dei catanesi. Uno stato di comprensibile agitazione pervade l’intera città: euforia palpabile in attesa della messa dell’Aurora, in spasmodica attesa di rivedere il volto della santa che, al suo apparire, suscita invocazioni e colorite esclamazioni (cchiù tempu passa e cchiù bedda addiventa - è bedda arripusata) oltre alle inevitabili richieste di attenzione per i propri problemi. Nei due giorni di processione delle reliquie ospitate nel magnifico fercolo, una folla enorme si accalca per ammirare le splendide fattezze degli C ori e degli argenti e lo straordinario tesoro di gioielli, preziosi esemplari di antiche manifatture. In questo contesto di sincera devozione si innestano antiche tradizioni di prodotti dolciari che trovano origine in episodi del martirio. Come è noto la Santa, tra le varie umiliazioni spirituali e corporee, dovette subire l’asportazione dei seni. La città, nel ricordo di questa tremenda violazione del corpo della giovane Agata, le dedicò un dolce, la cosiiddetta minnuzza. Si tratta di piccole cassatelle di ricotta e glassa con una ciliegina rossa a ricordare il capezzolo. A proposito di questo mi diverte ricordare che, in occasione del ricevimento a casa nostra in onore della Santa, avevo ordinato le minnuzze che mi erano state fornite da un’importante pasticceria; per una distrazione la ciliegina rossa era stata sostituita con una verde. La mia telefonata divertita fu di questo tenore: “Sig ... ha visto mai una minnuzza con il capezzolo verde?”. Tra le mie risate e le sue mi portarono celermente un congruo numero di ciliegine rosse che servirono al ripristino del tradizionale capezzolo rosso. Altra tradizione dolciaria delle feste è quella delle olivette, in ricordo della leggenda che vuole che, allo spirare della Santa, sotto il finestrone del Santo Carcere, sia fiorito improvvisamente un albero di olivo. Le olivette di pasta reale ell’ambito dei festeggiamenti in onore di Sant’Agata dal 1988 è stata inserita la manifestazione della consegna della “Candelora d’Oro”. Una targa speciale che viene consegnata a personaggi illustri della città che si sono distinti per meriti e azioni degne di memoria. Lo scorso anno è stato premiato l’astronauta Luca Parmitano e quest’anno il prestigioso riconoscimento sarà assegnato al medico catanese Fabrizio Pulvirenti, che ha contratto l’Ebola in Sierra Leone, dov’era volontario per Emergency. Con quest’alta onorificenza, ha detto il sindaco Enzo Bianco, si premia l’esempio di solidarietà umana che ha raggiunto il suo apice nel mettere a rischio la propria vita per aiutare le popolazioni del Kurdistan, della Liberia e della Guinea. Ci vuole, infatti, un gran coraggio per decidere di recarsi proprio nei Paesi dove l’epidemia falcia numerose vittime. La generosità del dott. Pulvirenti continua anche dopo la guarigione dal pericoloso contagio e il suo sangue sarà inviato in Sierra Leone per curare i malati. Con ammirevole umiltà il coraggioso medico che lavora presso l’unità di malattie infettive all’Ospedale di Enna, non si considera un eroe, ma un “un N Foto di Alberto Cucchiara CANDELORA D’ORO al Medico catanese F. Pulvirenti soldato ferito in battaglia” e per questa generosità anche il presidente Napolitano l’ha considerato una delle “eccellenze italiane”. Durante la permanenza nell’Istituto Nazionale per le malattie infettive “Lazzaro Spallanzani” tutta l’Italia ha seguito con particolare apprensione le vicende sanitarie e il successivo trasferimento nell’unità di rianimazione ad alto isolamento, fino alla dichiarazione di completa guarigione. La cerimonia di consegna della candelora d’oro si svolgerà nella corte del Municipio la sera dell’1 febbraio, dopo la rituale accensione della lampada votiva in onore della Patrona collocata nella corte del Municipio, Palazzo degli elefanti, dove sono custodite anche le due carrozze che sfileranno nella processione del 3 febbraio per l’omaggio della cera alla Santa Patrona. Nella festa di S. Agata la Municipalità cittadina è presente e attiva mediante numerosi gesti e cerimonie quali ad esempio quello della consegna dell’anello in agata bianca con l’effige della Santa Martire che il Vescovo indossa durante il triduo della festa agatina, la carrozza del Senato con la processione della cera, i giochi d’artificio e l’omaggio floreale. GiAd 8 Prospettive - 1 febbraio 2015 DIOCESI Agata nell’anno dedicato alla Vita Consacrata La vera gioia dietro la grata ollecitate a condividere alcuni momenti di intensa grazia vissuti già all’inizio di questo speciale Anno della Vita Consacrata, ci accingiamo a farlo lasciandoci guidare da un segno eloquente, quello della lampada consegnata ai rappresentanti delle comunità religiose della diocesi presenti durante la veglia di preghiera celebrata il 29 novembre 2014 nella chiesa della badia di Sant’Agata e presieduta dal nostro Arcivescovo Mons. Salvatore Gristina. Così ha evidenziato Papa Francesco nel suo Messaggio per l’apertura dell’anno della vita consacrata (30 novembre 2014): «Nel convocare questo anno della Vita Consacrata, a cinquant’anni dalla promulgazione del Decreto conciliare Perfectae caritatis sul rinnovamento della vita religiosa, ho voluto anzitutto riproporre a tutta la Chiesa la bellezza e la preziosità di questa peculiare forma di sequela Christi. Attraverso una molteplicità di iniziative, la luminosa testimonianza della Vita Consacrata sarà come una lampada posta sul candelabro per donare luce e calore a tutto il popolo di Dio». Un altro significativo momento di comunione è stato vissuto proprio nella nostra chiesa di San Benedetto in Catania il 19 dicembre 2014. Il canto del vespro, presieduto dal nostro Arcivescovo, ha fatto salire al Cielo le voci dei consacrati e consacrate che, insieme alla nostra comunità monastica, hanno celebrato la gioia di appartenere a Cristo. E lo stesso Mons. Gristina, richiamando la frase di Papa Francesco apposta nel frontespizio dei libretti - «Questa è la bellezza della consacrazione: la gioia, la gioia. Volevo dirvi una parola e la parola è gioia. Sempre dove sono i consacrati, i seminaristi, le religiose e i religiosi, i giovani, c’è gioia, sempre c’è gioia!» (Dal discorso ai Seminaristi, ai Novizi e alle Novizie, Roma 6 luglio 2013) - ha sottolineato la bellezza della Vita Consacrata quale risposta gioiosa all’Amore. Dopo l’intenso momento liturgico, il fraterno incontro tra cordiali saluti e scambio di esperienze ha sugellato S ancor più la comunione che ci unisce in quel medesimo servizio alla Chiesa che, nella varietà dei carismi, esprime l’armonia della sequela Christi quale proposta affascinante e credibile ancora oggi. Il 15 gennaio 2015, c’è stata nella nostra chiesa l’annuale veglia di preghiera in occasione della sosta della reliquia di sant’Agata. Verso le 16.45, il parroco della Cattedrale ci ha portato il velo di sant’Agata che abbiamo accolto con viva commozione. Mons. Barbaro Scionti, con paterna affabilità, ci ha rivolto un intenso pensiero spirituale sottolineando il significato che il velo della nostra Patrona riveste in questo speciale anno della Vita Consacrata. Alle 19.00 in chiesa esterna, abbiamo cantato il vespro seguito dalla veglia di preghiera presieduta da padre Angelo Gatto o. carm., Vicario episcopale per la Vita Consacrata, coadiuvato dal nostro diacono permanente Nino Coco. Il Vicario ci ha regalato una intensa meditazione a partire dai testi proposti dalla veglia e sottolineando in particolare l’aspetto creativo dell’amore. Ed ecco ancora l’icona della lampada. Infatti, all’inizio della veglia, è stata portata davanti al reliquiario posto sulla mensa, la lampada consegnataci all’apertura di questo speciale anno. Ancor più è risaltata la bellezza della Vita Consacrata alla luce della consacrazione di Agata. Tutta la veglia, animata nel canto dal coro della Cattedrale diretto dal maestro Giuseppe Sanfilippo e dall’equipe diocesana di Pastorale giovanile, è stata davvero un momento di grande grazia. Il segno della luce quale icona della Vita Consacrata manifesta particolarmente la sua intensa suggestione simbolica il 2 febbraio. La festa della Presentazione di Gesù al tempio ci dona anche l’occasione per ringraziare il Signore per il dono della Vita Consacrata. Di certo, l’annuale celebrazione in cattedrale si caricherà in questo 2015 di una più intensa commozione. Questa giornata, che precede le grandi festività agatine, ne sembra la logica ed immediata preparazione. Ancora una volta la vita di Agata si manifesta quale segno di luce. Infine, la giornata della Grande Riparazione, che tradizionalmente celebriamo il cosiddetto giovedì grasso, quest’anno coincide con l’ottava di sant’Agata e, pertanto, avrà in programma soltanto un tempo prolungato di adorazione silenziosa culminante con il canto del vespro alle ore 17.00. Il 12 febbraio, davan- ti al SS. Sacramento esposto per tutto il giorno nella nostra chiesa che rimarrà aperta, metteremo quella stessa lampada quale richiamo della nostra consacrazione a Dio offerta per la Chiesa di Catania e sostenuta dall’amata sant’Agata. C’è infatti un legame molto forte tra la nostra vita monastica e la sua. Oltre alla devozione che tutte proviamo per la Patrona di Catania, va indicato anche il legame spirituale che ci unisce alla Vergine e Martire che, per noi, è modello da imitare, amica che sentiamo vicina nel nostro cammino e potente voce di intercessione presso il Padre. È significativo che l’affresco del martirio di sant’Agata nella nostra chiesa si trovi sopra la grata dietro la quale, anticamente, venivano fatte le professioni monastiche, associando il martirio cruento con il martirio bianco della fedeltà quotidiana alla propria vocazione, così come evidenziato in età patristica. Oggi, dopo il Concilio Vaticano II, i riti per le professioni monastiche si svolgono sul presbiterio in una rinnovata concezione teologica e liturgica del loro significato, ma sempre ancorate ai secolari e intramontabili valori della tradizione. Tante volte, in discorsi o altre testimonianze, abbiamo spesso indicato il nostro radicamento in questo territorio con fierezza e vanto definendo Catania la città della Vergine e Martire per antonomasia. Da più di cento anni il carisma benedettino-eucaristico vive e pulsa nel cuore della Città di Sant’Agata! Tutto ciò lo esprimiamo con il famoso canto che, ogni 6 febbraio, regala ai devoti un suggestivo e intenso momento di preghiera davanti al fercolo della Santa in sosta presso la nostra chiesa. Si tratta della preghiera che la Martire ha elevato in carcere al Cri- sto suo sposo e musicata in polifonia da Filippo Tarallo. Le nostre voci vorrebbero ogni volta comunicare tutto il palpito “agatino” che da esso promana, continuando a pregare per questa nostra bella città e per tutta la Diocesi. Ci infonda Lei il coraggio della testimonianza, dell’offerta di noi stesse senza compromessi o tentennamenti, e ci aiuti a rinnovarci continuamente nel fervore e nella dedizione totale a Cristo e alla Chiesa! Concludendo questa nostra condivisione che si è fatta eco di tante risonanze, vogliamo ricordare l’altro grande modello e intercessore per la Vita Consacrata della nostra arcidiocesi, il beato cardinale Giuseppe Benedetto Dusmet, benedettino e indimenticabile Pastore della Chiesa di Catania. Del resto, grande devoto di sant’Agata, ebbe un legame tutto speciale proprio con il velo della Patrona catanese da lui portato in processione durante la colata lavica del 1886 che minacciava la cittadina di Nicolosi. Riportiamo, quale particolare augurio per tutti i consacrati, ma anche per ogni fedele consacrato a Dio in virtù del battesimo, le parole pronunciate dall’Angelo della carità in ringraziamento ai fedeli in occasione del suo giubileo episcopale: «O Gesù, deh! Tu muova i figli miei della diocesi catanese ad ispirarsi agli esempi di fortezza lasciati loro dalla gloriosa sant’Agata; Tu li eccita ad uniformarsi alla Famiglia da te eletta in terra. Deh! Tu li mantieni fermi nella fedeltà alla Chiesa Cattolica, Apostolica, Romana e al Papa. Deh! Tu li conforta di una larga e stabile benedizione». Le Benedettine del SS. Sacramento di Catania Notizie in breve dal 2 all’8 febbraio Dall’Agenda dell’Arcivescovo Lunedì 2 • Ore 16.30 Catania, Basilica Collegiata; presiede il rito della benedizione delle candele e la processione fino alla Basilica Cattedrale dove celebra la S. Messa per la Festa della Presentazione del Signore. • Ore 19.00 Catania, Chiesa della Badia S. Agata; assiste al Concerto in onore di S. Agata a cura del Coro Lirico Siciliano. Martedì 3 • Ore 12.00 Catania, Chiesa di S. Agata alla Fornace: guida la Processione per l’offerta della Cera fino alla Basilica Cattedrale. • Ore 19.00 Catania, Palazzo del Municipio: assiste ai tradizionali inni in onore di S. Agata eseguiti dalla “Corale Tovini” e ai fuochi pirotecnici. Mercoledì 4 • Ore 6.00 Catania, Basilica Cattedrale: celebra la Messa dell’Aurora. • Ore 10.00 Catania, Sede C.A.M.A.: celebra la S. Messa. • Nel pomeriggio, in Piazza Stesi- coro, rivolge ai fedeli il tradizionale messaggio alla Città. Giovedì 5 • Ore 10.15 Catania, Basilica Cattedrale: insieme ai Vescovi di Sicilia, concelebra al Solenne Pontificale presieduto da Sua Eminenza il Cardinale Domenico Calcagno, Presidente dell’Amministrazione del Patrimonio della Sede Apostolica. Venerdì 6 • Lavoro interno per la Visita pastorale. Sabato 7 • Ore 9.00 Arcivescovado: udienze. • Ore 18.30 Bronte, Chiesa Madre: presiede i Vespri e consegna il Questionario pastorale alle parrocchie del XV Vicariato. Domenica 8 • Ore 10.30 Paternò, parrocchia Cristo Re: celebra la S. Messa. • Ore 16.30 Catania, Basilica Cattedrale: celebra la S. Messa in occasione della Giornata Mondiale del Malato. ® 9 Prospettive - 1 febbraio 2015 DIOCESI Ufficio Diocesano per la Pastorale della Famiglia: Dal Sinodo Straordinario La Chiesa e gli sposi cristiani: compagni di viaggio per sempre Parte III La società contemporanea, di cui i Padri sinodali hanno messo in risalto la complessità, è il luogo naturale all’interno del quale la famiglia è chiamata a svolgere la missione che le è propria e per tale motivo richiede, da parte della Chiesa, una cura particolare. Pertanto all’interno dell’attuale realtà sociale la famiglia è chiamata ad accogliere e affrontare le sfide della nuova evangelizzazione attraverso l’annuncio del “Vangelo della famiglia”, strumento indispensabile per una nuova conversione del cuore dell’umanità. A tal riguardo il dibattito ha sottolineato un’attenta cura pastorale del cammino di preparazione dei nubendi al sacramento del matrimonio organizzati dalle diocesi e dalle parrocchie. È questo uno degli ambiti privilegiati dove poter riscoprire i valori cristiani e le virtù morali che rendono il matrimonio santo e missionario. In modo particolare viene privilegiata la castità, definita “condizione preziosa per la crescita genuina dell’amore interpersonale”. Ecco dunque il prezioso contributo delle coppie che testimoniano di aver scelto la famiglia come propria missione. A tal riguardo i Padri sinodali hanno avvertito l’attenzione con cui devono essere scelti i temi da affrontare durante i corsi in preparazione al matrimonio, che riguardino in particolare i “diversi aspetti della vita familiare” ed introducano i fidanzati ad una partecipazione sentita alla vita della comunità ecclesiale di appartenenza. La III parte della Familiaris Consortio invita coloro che nelle comunità parrocchiali curano i corsi di preparazione al matrimonio a non abbandonare i giovani sposi nei primi anni di vita coniugale, definito “periodo vitale e delicato durante il quale le coppie crescono nella consapevolezza delle sfide e del significato del matrimonio”. È bene che le “coppie esperte”, movimenti ed associazioni ecclesiali presenti in parrocchia si adoperino affinché l’accompagnamento pastorale sostenga gli sposi in tutte le varie fasi della loro vita. Il dibattito sinodale ha inoltre sottolineato la necessità di valorizzare, all’interno del percorso di iniziazione cristiana dei fanciulli, lo stretto legame esistente fra il sacramento del Battesimo e il sacramento del Matri- monio, sacramenti che costituiscono la roccia su cui deve essere edificata la famiglia. La comunità ecclesiale è chiamata ad “evangelizzare attraverso la famiglia”, ad “incoraggiare gli sposi a un atteggiamento di accoglienza del grande dono dei figli”, a promuovere la spiritualità familiare sensibilizzando alla preghiera in famiglia o con altre coppie con cui “riunirsi regolarmente per promuovere la crescita della vita spirituale e la solidarietà nelle esigenze concrete della vita”. Infine la Relatio Synodi evidenzia che l’evangelizzazione attraverso la famiglia attinge il giusto coraggio missionario dalla partecipazione domenicale all’Eucarestia, che insieme a liturgie e pratiche devozionali, per e con la famiglia, contribuiscono ad edificare il corpo della Chiesa e a rendere la società più vera e più giusta. Alla luce di tali considerazioni l’Assemblea Sinodale invita tutta la Chiesa universale a riflettere su tali questioni chie- dendo di rispondere alle seguenti domande: 28. Come i percorsi di preparazione al matrimonio vanno proposti in maniera da evidenziare la vocazione e missione della famiglia secondo la fede in Cristo? Sono attuati come offerta di un’autentica esperienza ecclesiale? Come rinnovarli e migliorarli? 29. Come la catechesi di iniziazione cristiana presenta l’apertura alla vocazione e missione della famiglia? Quali passi vengono visti come più urgen- ti? Come proporre il rapporto tra battesimo – eucaristia e matrimonio? In che modo evidenziare il carattere di catecumenato e di mistagogia che i percorsi di preparazione al matrimonio vengono spesso ad assumere? Come coinvolgere la comunità in questa preparazione? 30. Sia nella preparazione che nell’accompagnamento dei primi anni di vita matrimoniale viene adeguatamente valorizzato l’importante contributo di testimonianza e di sostegno che possono dare famiglie, associazioni e movimenti familiari? Quali esperienze positive possono essere riportate in questo campo? 31. La pastorale di accompagnamento delle coppie nei primi anni di vita familiare – è stato osservato nel dibattito sinodale – ha bisogno di ulteriore sviluppo. Quali le iniziative più significative già realizzate? Quali gli aspetti da incrementare a livello parrocchiale, a livello diocesano o nell’ambito di associazioni e movimenti? Mariella e Giuseppe Magrì Tavola rotonda organizzata dall’UCSI provinciale in occasione della festa di S. Francesco di Sales COMUNICARE IL SACRO - La festa di Sant’Agata a Catania n occasione della festa di San Francesco di Sales, patrono dei giornalisti, l’UCSI provinciale di Catania ha dato un particolare contributo alla riflessione sul tema “COMUNICARE IL SACRO - La festa di Sant’Agata a Catania”. Nella splendida e monumentale chiesa barocca della Badia di Sant’Agata, ha avuto luogo il 26 gennaio una tavola rotonda, alla quale è intervenuto l’Arcivescovo di Catania Mons. Gristina, esprimendo il plauso per l’iniziativa e per la scelta del tema, in linea con l’azione pastorale di riordino della festa nel recupero della sua primaria connotazione di carattere religioso. La comunicazione del sacro passa attraverso i mass media ed il giornalista Salvo La Rosa ha testimoniato come la diretta televisiva della festa raggiunge tutte le case in Sicilia e nel mondo. L’iniziativa fu avviata nel 1991, quando la processione della Santa ha avuto una formula ridotta a causa della Guerra del Golfo ed i missili partivano da Sigonella, e nel tempo è stata ripetuta con una sempre maggiore crescente audience e gradimento specie dagli anziani, ammalati, carcerati e cittadini di Catania fuori sede. Il consulente regionale dell’UCSI, don Paolo Buttiglieri, ha evidenziato come il modello perfetto di comunicazione efficace del sacro è al cuore di tutte le religioni e tende alla “comunicazione di Dio”. Dalla grande ouverture: la creazione e le tre successive fasi: la Rivelazione del Padre nell’Antico testamento; l’Incarnazione del Figlio, nella “pienezza dei tempi”; l’effusione dello Spirito Santo a Pentecoste, Dio ha comunicato all’uomo, sconvolgendo i canoni linguistici della comunicazione umana. Comunicare il sacro significa entrare in un “complesso interrelato di elementi”: la fonte e I il significato, il messaggio, il ricevente e il significato attribuito al messaggio ricevuto. Tutto ciò avviene in maniera “asimmetrica” alla “conformazione” non segue la “cosignificazione”. Il sacro è numinoso (numen), evoca un universo simbolico mai sganciato dalla realtà è un elemento nella struttura della coscienza e sono tipiche le espressioni: “Il sacro non si tocca”, è intangibile, mentre “Il santo si deve toccare”, e sollecita contatto taumaturgico. Nella fede popolare la fenomenologia del sacro si manifesta con l’identificazione con il santo e la devozione si manifesta in forme ed espressioni, a volte, non sempre pertinenti e coerenti. Spesso la comunicazione sulla festa assume aspetti specifici di carattere ora turistico, ora commerciale, sviando e trascurando il vero significato religioso ed ha portato ad esempio un esperimento mal riuscito di un articolo scritto da una giornalista new age, la quale evidenzia della festa la dimensione della luce, come di una festa pagana. Sullo specifico religioso della festa di San’Agata à intervenuto Mons. Gaetano Zito, vicario della pastorale della cultura, il quale ha evidenziato come la tradizione della grande festa catanese nel tempo ha subito modificazioni e cambiamenti ed oggi il tutto va indirizzato verso la specifica connotazione religiosa ed ecclesiale. La tradizione fa da supporto, ma non può prevalere sull’essenzialità, favorendo l’interazione dei tre soggetti protagonisti della festa: la chiesa, il comune, i devoti. Positiva è risultata la testimonianza del dott. Giuseppe Carbonaro, fondatore e presidente degli amici del Rosario, un gruppo ecclesiale che dal 1995, secondo lo statuto approvato da Mons. Luigi Bommarito, operano una speciale “missione” di testimonianza e di preghiera tra i devoti con il “sacco bianco” che tirano il cordone del fercolo con le sacre reliquie della Santa. Una capillare azione di formazione spirituale accompagna il gruppo dei devoti per l’intero anno mediante incontri di formazione e di spiritualità. Il piccolo gruppo adesso è cresciuto e durante la Messa dell’Aurora vengono benedetti ottomila rosari che vengono distribuiti tra i devoti durante la processione. L’intervento di Giovanni Finocchiaro, un giovane devoto, che ha testimoniato l’atteggiamento religioso dei gesti, delle emozioni, della partecipazione intensa alla festa, ha confermato la “pietas” della devozione che lascia un segno nella formazione della persona. Agli interventi programmati, coordinati dal presidente provinciale dell’UCSI, Giuseppe Adernò, hanno fatto seguito gli interventi di Rossella Jannello, giornalista de “La Sicilia”; Marco Pappalardo, addetto stampa della Cattedrale e dell’avv. Renato Camarda del comitato per la legalità della festa. I fatti connessi alla festa di San’Agata, le infiltrazioni mafiose, la morte di un devoto, e il dibattito nelle aule dei tribunali sollecitano una riappropriazione del senso religioso della festa che negli anni Settanta è stata trascurata ed una rinnovata vitalità religiosa a beneficio dell’intera comunità civile. ® 10 Prospettive - 1 febbraio 2015 DIOCESI Riflessioni sul Vangelo L’INTERMEDIARIO IV DOM T.O. / B - Dt 18,15-20; Sal 94/95,1-2;6-9; 1Cor 7,32-35; Mc 1,21-28 L’uomo è veramente curioso. Ha la possibilità di parlare e trattare direttamente con Dio e vuole l’intermediario: “Avrai così quanto hai chiesto al Signore, tuo Dio, sull’Oreb il giorno dell’assemblea, dicendo: “Che io non oda più la voce del Signore, mio Dio, e non veda più questo grande fuoco, perché non muoia”. Il Signore concede un profeta che si deve ascoltare: “Io susciterò loro un profeta in mezzo ai loro fratelli e gli porrò in bocca le mie parole ed egli dirà loro quanto io gli comanderò”. Il Signore chiederà conto di quanto il profeta comunica. Il profeta però non deve avere la presunzione di dire quello che Dio non gli ha comunicato; così i rapporti con Dio passano attraverso il suo messaggero. Paolo desidera che ogni uomo sia libero da preoccupazioni per dedicarsi totalmente alle cose del Signore e come piacere a Lui. Il significato di questo ragionare di Paolo mi sembra sia duplice: ognuno nello suo stato deve adempiere i doveri richiesti e secondo il rapporto con Dio è sempre da privilegiare ciò che conta: che ci si comporti degnamente e si resti fedele al Signore. Gesù ha dato l’esempio del comportamento degno e serio: “Ed erano stupiti del suo insegnamento: egli infatti insegnava loro come uno che ha autorità e non come i loro scribi”. La gente riconosce nell’intermediario per eccellenza - quale è Gesù - l’autorevolezza e la differenza tra il suo insegnamento e quello degli scribi. Anche gli spiriti immondi temono l’autorevolezza di Gesù: “Che vuoi da noi, Gesù Nazareno? Sei venuto a rovinarci, Io so chi tu sei: il santo di Dio". Gesù libera l’uomo, posseduto dallo spirito impuro, gli restituisce la libertà. Ciò fa restare più attoniti: quest’uomo insegna con autorità, restituisce la libertà perduta agli uomini, chiama al suo seguito. Non si può rimanere indifferenti o inerti. Il profeta va ascoltato e bisogna darsi da fare per aiutare gli uomini ad essere liberi. Leone Calambrogio San Paolo in briciole Le vedove 1Tm 5,3-16 Alle vedove si deve onore, se sono veramente vedove. Se hanno figli o nipoti, questi devono imparare ad osservare i loro doveri verso quelli della propria famiglia e contraccambiare i loro genitori: questa è cosa gradita a Dio. Colei che è veramente vedova ed è rimasta sola, ha messo la speranza in Dio e si consacra all’orazione e alla preghiera giorno e notte; al contrario, quella che si abbondona ai piaceri, anche se vive, è già morta. Tutto ciò deve essere oggetto di raccomandazione per essere irreprensibili. Se poi qualcuno non si prende cura dei propri cari, soprattutto di quelli della sua famiglia, costui ha rinnegato la fede ed è peggiore di un infedele. Nel catalogo delle vedove, per essere iscritta, la vedova doveva avere non meno di sessant’anni, essere stata moglie di un solo uomo, conosciuta per le sue opere buone e cioè avere allevato figli, praticato l’ospitalità, lavato i piedi ai santi, essere venuta in soccorso degli afflitti, avere esercitato ogni opera di bene. Nel catalogo non bisognava accettare le vedove giovani perché quando vogliono sposarsi di nuovo abbandonano Cristo e si attirano un giudizio di condanna, poiché infedeli al loro primo impegno. Inoltre non avendo nulla da fare si abituano a girare qua e là per le case e sono non soltanto oziose ma pettegole e curiose, parlando di ciò che non conviene. Paolo desidera che le più giovani si risposino, abbiano figli, governino la loro casa per non dare agli avversari alcun motivo di biasimo. Alcune infatti sono già perse dietro a Satana. Se qualche donna credente ha con sé delle vedove, provveda lei a loro e il peso non ricada sulla Chiesa, perché questa possa venire incontro a quelle che sono veramente vedove. L.C. Io sono veramente credente se ogni giorno mi lascio plasmare la vita dal Signore Entrare Io so che Cristo vuole qualcosa da me, che desidera entrare nelle mie parole, nelle mie mani, nei miei sentimenti, nel mo andare e nel mio venire. Nel conflitto tra il nostro cuore d’ombra e la nostra parte di luce, Cristo entra come mani e occhi nuovi. Nel cap. 10 della prima Lettera ai Corinzi Paolo rievoca le vicende del popolo ebraico durante la marcia nel deserto: “I nostri padri furono tutti sotto la nuvola e tutti attraversarono il mare, tutti furono battezzati... nella nuvola e nel mare, tutti mangiarono lo stesso cibo spirituale, tutti bevvero la stessa bevanda spirituale”. Paolo ricorda i segni miracolosi, con i quali Dio voleva attrarre a sé il popolo per farne la comunità dell’alleanza, per condurlo verso la terra della libertà. Ma la libertà, che Dio offriva, era rischiosa. Chiedeva il pieno affidamento a Dio e il coraggio di cercare giorno per giorno la strada in mezzo ai pericoli del deserto. Coraggio Il popolo non ebbe questo coraggio e si sottrasse spesso all’azione di Dio. Peccò di sfiducia, di viltà e di idolatria. Rimpianse la vita che conduceva in Egitto. Cercò di superare la fatica e la rudezza del deserto col ricorso a piaceri meschini: “Il popolo sedette a mangiare e a bere e poi si alzò per divertirsi”. Dietro queste parole sta la nostalgia delle feste dove si mescolano idolatria e licenziosità. Per questo “della maggior parte di loro Dio non si compiacque e perciò furono abbattuti nel deser- Il colpo d’ala dell’ amore to” . Non basta partecipare materialmente ai grandi eventi della salvezza; occorre entrare spiritualmente nel loro dinamismo. Paolo continua: “Tutte queste cose, però, accaddero a loro come esempio e sono state scritte come ammonimento per noi, per i quali è arrivata la fine dei tempi”. Paolo vede riprodursi nella vita dei cristiani le infedeltà dell’antico popolo di Dio. I cristiani di Corinto si accostano all’Eucaristia, ma non si lasciano plasmare interiormente dalle esigenze della vita cristiana: si espongono ai rischi della idolatria, non sanno rinunciare alle proprie esigenze per edificare i fratelli nella carità, creano divisioni nella comunità. Nel cap. 11 Paolo è più esplicito: il modo con cui i Corinzi celebrano la cena del Signore è degno di biasimo. Non produce salvezza, ma condanna, perché essi non lasciano che la carità di Cristo, presente nell’Eucaristia, attragga e trasformi i loro cuori. Continuano a essere divisi tra loro, anzi, proprio in occasione delle riunioni in cui si celebra la cena del Signore, essi aggravano le divisioni e recano offesa ai fratelli più poveri . L’Eucaristia è incompatibile con le divisioni nella Chiesa ! Incombe sulla comunità cristiana il rischio che l’Eucaristia, non assecondata nel dinamismo di carità che da essa promana, non riesca a superare gli egoismi e le incomprensioni che emergono nella vita comunitaria. A sua volta, questa nostra debolezza e meschinità, non raggiunta e purificata dal- l’Eucaristia, ci rende ancora più impreparati e ottusi dinanzi al mistero eucaristico. Pensiamo alle tensioni che affliggono la vita delle comunità e ci inquietano più frequentemente. Per esempio, c’è la tensione tra fissità e mobilità. C’è una fissità che privilegia le tradizioni e le istituzioni, ma senza cogliere il loro orientamento interiore verso il mistero di Gesù e verso il bene delle persone; e c’è al contrario una mobilità inquieta, scontenta, dissacratrice, che non sopporta il tempo necessario per capire il valore delle cose e dei gesti tradizionali. Modelli Oggi è particolarmente sentita la tensione tra parrocchia e gruppi. La parrocchia interpreta l’esigenza della continuità; della completezza degli elementi necessari per la costituzione della Chiesa; dell’attenzione ai bisogni religiosi fondamentali delle persone che vivono in un determinato territorio. I gruppi, invece, interpretano l’istanza della molteplicità e specificità dei doni e dei servizi in relazione a diverse situazioni e portano l’attenzione su quei settori della vita pastorale che corrispondono più da vicino alla mobilità dell’uomo d’oggi. Tra queste istanze, che chiedono di essere armonizzate, possono nascere, invece, delle contrapposizioni. Bisognerebbe poter descrivere con maggiore completezza queste tensioni, se non altro per renderci conto che esse possono rappresentare un fenomeno positivo, perché esprimono il sofferto cammino della comunità verso una figura storica di Chiesa che, in nome della propria fedeltà al Signore, si impegna seriamente nei problemi concreti dell’uomo. Vogliamo sottolineare che una lettura di queste tensioni nella luce dell’Eucaristia aiuterebbe a scoprire la loro complementarità. Infatti l’Eucaristia, poiché è l’attrazione di tutti gli aspetti della vita nel mistero di Cristo e del Padre, richiede una piena fedeltà alla storia di Gesù e alle forme rituali e istituzionali che a lui ci uniscono, ma, nel medesimo tempo, invita a una presenza multiforme, capillare, cordiale in tutti gli aspetti della vita umana, che devono essere orientati verso Cristo. A volte alla visione, che discende dall’Eucaristia, sostituiamo le visioni che dipendono dai pregiudizi, dai modi di intendere la vita comunitaria. Le diverse prospettive, anziché integrarsi, si radicalizzano in contrapposizioni, che ci mettono nell’occasione di essere pungenti nei giudizi, duri nei comportamenti, focosi nelle discussioni, caparbi nei programmi. Corriamo così il rischio di accrescere le tensioni, le esplosioni di nervosismo, i risentimenti amari, la pigrizia nell’intuire i bisogni altrui, ecc. Se accettassimo il progetto di vita comunitaria che ci deriva dall’Eucaristia, troveremmo la vera valorizzazione anche dei modi di vedere e soprattutto sperimenteremmo la forza della carità di Cristo. Padre Angelico Savarino 11 Prospettive - 1 febbraio 2015 Totalmente Soggettivo o scrivo con un po’ di imbarazzo: ho vissuto per alcuni decenni quasi da eremita virtuale. I cento metri dalla casa alla Chiesa erano il mio piccolo mondo mattutino: le stesse persone che andavano al lavoro, allo stesso orario, il loro buongiorno e la mia benedizione, qualche rapida considerazione sulla vita quotidiana: così per molti anni. Era il mio piccolo mondo delle sette del mattino, per tutte e quattro le stagioni; poi subentrava il mondo più grande, ma che coincideva sempre con il perimetro del territorio parrocchiale, senza sconfinamenti ma anche senza restrizioni. Non leggevo quotidiani, di televisione quasi niente, di notiziari quelli radiofonici, di cronaca cittadina qualche frammento che mi veniva raccontato. Sommo analfabeta riguardo al computer e solo curioso nel sentir parlare di internet e sopratutto molto sorpreso di quel chiedere e dare amicizia per via cibernetica: non sapevo cosa fosse né tuttora mi convince. Anche di cronaca ecclesiastica sapevo ben poco. Insomma conducevo una vita scialba in fatto di consumo di notizie e vergognosamente lacunosa su cronache civili ed ecclesiastiche. Non ero sordomuto ma nemmeno provavo senso di colpa per la mia volontaria ignoranza: e a qualche confratello che voleva tirarmi giù dal mio limbo dicevo amabilmente: per favore, non raccontarmi nulla! Ma arrivò il momento della grande botta sismica che sconvolse il mio quieto vivere e furono le parole pesantissime del cardinale Ratzinger ad una Via Crucis: “Non dobbiamo pensare anche a quanto Cristo debba soffrire della sua stessa Chiesa? Quante volte celebriamo soltanto noi stessi senza renderci conto di Lui? Quanta poca fede c’è... Quanta sporcizia c’è nella Chiesa...”. Un fulmine mi accecò di paura: cosa stava succedendo alla Chiesa e nella Chiesa? Mi tornava alla mente il grido supplice e accorato di Paolo VI: Chiesa di Dio, cosa dici di te stessa? L (continua da pag. 5) RELIQUIA... trascurato (o fatto apposta?) di riprendere la reliquia di una mammella, che perciò sarebbe rimasta sul posto. La reliquia sarebbe stata poi miracolosamente ritrovata a Galatina. Tradizioni e leggende pugliesi raccontano che quando –l’8 agosto 1126- i due soldati sbarcarono al lido (di Gallipoli?) – sul litorale distante tre miglia dalla cittadina, non lontano dalla punta c.d. “dei cutrieri”, ove il mare forma un’insenatura, nel sito che si sarebbe chiamato dopo “lu puzziello” dove c’era una fonte d’acqua dolce- prelevarono le reliquie dalle faretre, ma dimenticarono una delle mammelle, la quale rimase presso la fontana. Gisliberto e Goselmo proseguirono il loro viaggio verso la Sicilia senza accorgersi di quanto era accaduto. Poco dopo, una donna, vedova da poco tempo, venne sul posto con la figlioletta lattante; essa dopo aver Vita da eremita Altro colpo che mi procurò sgomento e disagio fu la Lettera di Papa Benedetto XVI alla Chiesa di Irlanda, ai suoi Vescovi e ai suoi preti: uno scritto crudo e drammatico, un grido che squarciò il silenzio inquietante su di un mondo tenebroso. Non sapevo niente di niente e ne rimasi avvilito e sconvolto. Nel fare una impietosa e dolorosa analisi dei fattori che contribuirono all’esplodere di quegli scandali, il Papa enumerò queste cause: a) “Procedure inadeguate per determinare l’idoneità dei candidati al sacerdozio e alla vita religiosa; b) Insufficiente formazione umana, morale, intellettuale, e spirituale nei seminari e nei noviziati; c) Una tendenza nella società a favorire il clero e altre figure in autorità e una preoccupazione fuori luogo per il buon nome della Chiesa e per evitare scandali”. Queste parole ed altre altrettanto gravi mi stordirono per intere settimane. Ma come si fa a fare il prete con una insufficiente formazione umana, morale, intelletuale e spirituale? Io non sono nessuno per giudicare, ma il deficit di quei quattro aggettivi porta dritto alla depressione nel popolo di Dio che ha diritto di essere guidato da personalità ben strutturate. Altro avvenimento che procurò sconquasso a me e a tutta la comunità cattolica fu la rinunzia di Papa Benedetto al compito di guidare la Chiesa. Era stanchezza fisica, solitudine, amarezza, angoscia indincibile, oscuramento di cammino? Oppure un immenso amore a Cristo e alla Chiesa? O che altro? Certamente se ne andava in clausura un uomo mite e solo; e scendeva dal soglio pontificio con umile gravità e immensa dignità un pontefice a cui la Chiesa deve somma riverenza e gratitudine. Mi sorprese, tuttavia, il fatto che da parte delle istituzioni e delle persone autorevoli più vicine al Santo Padre, non si esprimesse a lui la pur minima richiesta di ripensamento, come a volergli significare che si aveva ancora bisogno della sua preziosa missione apostolica. E vennero poi i giorni di Papa Francesco e furono un gran benefico colpo al cuore per la comunità cristiana e un gioioso soprassalto di stupore per la imprevedibile vitalità della Chiesa Cattolica. Ma di questo parlerò in seguito. Intanto si concludevano per me gli anni vissuti da eremita virtuale e ritornavo nel mondo dei miei simili, e ci tornavo in compagnia di Papa Francesco. Il che mi sembrò cosa piacevolissima. Adios. Giuseppe Bruno La Caritas Diocesana gestirà gli ingressi nella struttura al SS. Crocifisso dei Miracoli “Spazio d’accoglienza Erwin”, dormitorio con 12 posti letto iapre lo “Spazio d’accoglienza Erwin”. Il dormitorio, con a disposizione 12 posti letto presso i locali della parrocchia del SS. Crocifisso dei Miracoli (in Via E. Pantano, 42) affidata ai padri gesuiti, sarà gestito dalla Caritas Diocesana di Catania per l’emergenza freddo di questi mesi. L’Help Center della Stazione Centrale nella persona della Dott.ssa Valentina Calì, assistente sociale Caritas, si occuperà dell’ingresso degli ospiti che avranno la possibilità di cenare e di usufruire del servizio doccia. Lo spazio d’accoglienza, nato nel gennaio 2014 dalla volontà di Padre Gianni Notari, è gestito autonomamente dai parrocchiani in collaborazione con la Caritas Diocesana e in sinergia con gli studenti che frequentano le aule studio della parrocchia. Rispetto all’anno scorso i locali sono stati ampliati, con l’aggiunta di un angolo cucina ed una stanza per permettere ai volontari di passare la notte. Al momento vengono ospitati anche numerosi concittadini che si sono ritrovati in strada per mancanza di un lavoro o in seguito ad una separazione familiare. Grazie alla sensibilità del parroco è stato così possibile trovare una sistemazione tempo- lavato i panni s’addormentò. La bambina, invece, riuscì a quattro piedi a trovare casualmente la mammella e per istinto incominciò a succhiarla, non sapendo staccarsene. Alla madre dormiente apparve s. Agata che la invitò a trovare la figlioletta con la mammella in bocca. Fu subito informato il vescovo Baldrico, il quale, convocati clero e popolo, si recò in processione sul posto. Nessuno, però, riuscì a staccare la bambina dalla mammella. Il vescovo ordinò che i sacerdoti recitassero il confiteor e confessassero i loro peccati. Ma ciò fu inutile. Uno dei sacerdoti suggerì al vescovo che si recitassero le litanie dei santi fino alla chiesa di S. Cataldo, patrono della città. Al momento in cui il nome di Agata fu invocato (sancta Agatha, ora pro nobis) per 3 volte, la bambina lasciò cadere la reliquia della mammella. Non si sa per quanto tempo la mammella sia rimasta a Taranto (?); poi sarebbe stata trasferita a Gallipoli, dove la chiesa maggiore di S. Giovanni Grisostomo fu intitolata a S. Agata. Nel 1380, Raimondello del Balzo Orsini, principe di Taranto, l’avrebbe fatta trasferire furtivamente a Galatina, nel monastero dei Padri Olivetani. Da allora S. Agata divenne pure patrona di questa città. La cittadinanza di Gallipoli sentì il bisogno di esprimere la sua gratitudine facendo modellare con l’arte del cesello la teca contenente la reliquia. Oggi nel tesoro della concattedrale resta solo il basamento inferiore del reliquiario, in argento e cristallo. I gallipolini cercarono di tornare in possesso della reliquia, ma nel 1494 re Alfonso II d’Aragona ordinò che fosse posta sotto la custodia del castellano di Lecce. Qualche mese prima che re Carlo VIII invadesse il regno di Napoli, gli Olivetani si adoperarono affinché la reliquia ritornasse a Galatina. R Antonino Blandini ranea per numerosi senza fissa dimora, migranti inclusi. Il dormitorio a bassa soglia prende il nome del 40enne austriaco morto sotto i portici di Corso Sicilia nel Natale 2013, nell’anonimato e nell’indifferenza collettiva. Per ovviare all’emergenza freddo ed abitativa della nostra città, la Caritas Diocesana nel prossimo futuro prevede la realizzazione di un dormitorio per uomini e padri separati. Men- tre sono attivi tre Gruppi Appartamento – di cui uno da un bene confiscato alla mafia - per donne e ragazze madri con minori al seguito. Anche in questo caso per informazioni sulle modalità di accesso alle strutture bisogna rivolgersi presso il ‘Centro D’Ascolto’ dell’Help Center dal lunedì al venerdì dalle ore 9:00 alle ore 12. ® Avviso ai lettori Archivio Prospettive È possibile consultare l’archivio completo dei numeri precedenti di Prospettive inerenti all’intero anno 2012, del 2013 e del 2014 direttamente sul sito del settimanale diocesano ww.prospettiveonline.it. Mentre l’acquisto di copie in archivio avviene solo nella sede del periodico. Inoltre l’abbonamento può effettuarsi anche online. 12 Prospettive - 1 febbraio 2015