Tavola Rotonda sui temi del lavoro 15 Marzo 2011
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Tavola Rotonda sui temi del lavoro 15 Marzo 2011
LAVORARE PER LA NOSTRA CITTA’ Tavola Rotonda sui temi del lavoro 15 marzo 2011 Movimenti che riflettono sul tema: Movimento Focolari, Convegno di Maria Cristina di Savoia, Movimento di Comunione e liberazione (CL), Giuristi Cattolici (UGCI), Movimento ecclesiale di Impegno Culturale (MEIC), Movimento Cristiano Lavoratori (MCL), Centro italiano femminile (CIF), A.C.L.I., Rinascita Cristiana Il Vangelo non è un dono per noi soltanto, ma un seme che chiede di farsi voce con le nostre voci, chiede alleanza, partecipazione, cerca terreni seminabili, anche se molto dissestati dalla forte crisi politico-economica, oltre che dalla carenza di valori etici-morali di riferimento. Quali sono i problemi che abbiamo incontrato? Li conosciamo molto bene: quelli di un papà senza lavoro, un futuro nebuloso per i nostri giovani, grosse limitazioni nel creare famiglie nuove o difficoltà crescenti in quelle esistenti. Tutto ciò concorre a creare una crisi di natalità preoccupante, poca fiducia in chi dovrebbe governare il bene comune, una scarsa moralità, ipocrisia diffusa sia nel pubblico che nel privato. Nel nostro gruppo di lavoro abbiamo approfondito il tema “Lavorare per la nostra città” secondo diverse tematiche: cosa significa per noi abitare Piacenza cosa siamo disposti a fare per promuovere accoglienza e cambiamento. come vorremmo che la Chiesa locale rispondesse ai bisogni dei piacentini cosa chiediamo alle nostre strutture politiche ed amministrative Cosa significa per noi abitare Piacenza Significa cercare una città migliore di quella in cui viviamo: con una minore tensione sociale ed economica ed una maggiore attenzione ai più deboli, ai giovani, agli anziani e alle famiglie. Una città che dia alle nostre nuove generazioni la speranza di 1 un futuro meno precario, nel quale programmare famiglie in cui risuoni il “nessuno era indigente tra di loro” dei primi cristiani o il “...che tutti siano una cosa sola come noi”(Gv17,11), non come una restaurazione del passato o come una imposizione, ma piuttosto come il modo più umanizzante per ri-costruire la città. Come possono promuovere cittadinanza le nostre associazioni impegnate anche nel sociale? Noi crediamo che fondamentale sia testimoniare il vangelo nella vita di tutti i giorni, con azioni piccole o grandi che siano, ma che incidano sulla vita delle persone che operano insieme a noi in modo che possa diffondersi sempre più una “nuova” cultura di partecipazione e condivisione. Occorre riflettere su come le nostre associazioni siano oggi presenti sul territorio. Esse costituiscono una preziosa tradizione e una testimonianza che va rinnovata in considerazione della molteplicità delle esigenze attuali e delle passioni sociali e civili che animano oggi i nostri territori. Dobbiamo riaffermare la nostra presenza anche nel mondo del lavoro che nel frattempo si è trasformato e che intercettiamo con fatica nelle sue nuove problematiche. Crediamo sia un errore seguirle nel modo tradizionale con gli scioperi e gli aumenti salariali piuttosto che socializzare il lavoro o, meglio, col fare squadra. Ebbene, in un momento di crisi si presenta la grande sfida di unire l’esigenza economica che le aziende hanno di ridurre i costi di produzione con la necessità di un futuro meno precario per i nostri giovani. In particolare pensiamo al contrasto tra i tanti lavoratori considerati flessibili o atipici dall’impresa, con la realtà di essere, in effetti, precari sia nell’occupazione che nel futuro. Come cittadini, ed ancor più come cristiani, non possiamo disgiungere il lavoro dalla famiglia e la necessità di cercare sempre di armonizzarli, specialmente nei momenti più difficili delle crisi lavorative, piuttosto che accentuare qualsiasi contrasto. Quanto occorso recentemente in FIAT ne è un chiaro esempio di questa realtà e della divisione creata tra lavoratori ed azienda, tra sindacati ed azienda, tra gli stessi sindacati, tra gli stessi lavoratori ed. infine, tra i lavoratori e le loro famiglie. Realtà non molto diverse da quelle che, in piccolo, viviamo anche nelle nostre piccole e medie aziende nel territorio. Occorre insistere per riportare l’importanza del valore aggiunto umano al centro degli obiettivi aziendali, finora diretti dal massimo PROFITTO e far emergere un nuovo umanesimo basato sull’etica del lavoro, sulla responsabilità dell’impresa e dei lavoratori che insieme costruiscano un bene comune. 2 Quindi unire gli sforzi piuttosto che dividerli. Infatti questa crisi dell’economia globale è il risultato della cultura politicoeconomica che dalla rivoluzione francese in poi ha sviluppato solo la “libertè et egalitè”, ma mai abbastanza la “fraternitè”. Ne è seguita tutta una serie di soprusi, di ingiustizie e corruzioni varie: tutti gli “-ismi” che ne sono seguiti ci hanno portato ad assolutizzare gli interessi privati a scapito del bene comune, il profitto anziché l’uomo. C’è l’estremo bisogno di un nuovo stile di vita, di una maggior cura nelle relazioni e di rispetto per l’altro come persona, nelle sue convinzioni politiche e religiose. Anche nella “Caritas in Veritate” si raccomanda l’introduzione della nuova etica della gratuità e della logica del dono come espressione di FRATERNITA’ sia nell’attività economica e mercantile che nei rapporti tra le aziende. È tempo che cessi la competizione esasperata per dare forza e spazio alla collaborazione. Questa è la “novità” invece del “massimo profitto” finora perseguito a qualsiasi costo, anche a quello di inquinare e distruggere le risorse presenti e future del pianeta. Ricordiamo brevemente quanto affermato dalla Dottrina Sociale della Chiesa ai punti: 288 il lavoro è un bene di tutti, che deve essere disponibile per tutti coloro che ne sono capaci. La “piena occupazione” è, pertanto, un obiettivo doveroso per ogni ordinamento economico orientato alla giustizia e al bene comune 289 la capacità progettuale di una società orientata verso il bene comune e proiettata verso il futuro si misura anche e sopratutto sulla base delle prospettive di lavoro che essa è in grado di offrire 290 il mantenimento dell’occupazione dipende sempre di più dalle capacità professionali. Il sistema di istruzione e di educazione non deve trascurare la formazione umana e tecnica, necessaria per svolgere con profitto le mansioni richieste. Ognuno faccia le sue considerazioni e valutazioni su quanto stiamo vivendo oggi nel nostro paese. Tutto ciò è un’utopia? Forse, ma è l’unica via d’uscita da questa grave crisi mondiale che abbiamo prodotto seguendo politiche economiche sbagliate ed è l’unica alternativa al raggiungimento, in modo pacifico, dei nuovi equilibri mondiali a fronte dell’entrata di nuovi paesi e continenti nello scenario economico globale. Cosa siamo disposti a fare per promuovere accoglienza e cambiamento. 3 Innanzitutto noi per primi dobbiamo vivere liberamente il passo evangelico del “fate agli altri ciò che vorreste fosse fatto a voi” e testimoniare l’Amore di Dio per ognuno di noi con gioia, a partire dalle nostre famiglie. Il nostro stile di vita deve essere rispettoso di quanto puntualizzato prima, ovvero una condotta onesta e giusta, irreprensibile come ogni cittadino dovrebbe seguire normalmente e porre in sovrappiù, per essere cristiani, l’amore per l’altro per il Gesù che c’è in lui. Questa attenzione deve essere alla base di ogni nostro impegno, prima di chiedere dobbiamo essere noi a dare l’esempio. Non dimentichiamo mai che “dove non c’è amore mettete amore e raccoglierete l’Amore” Come vorremmo che la Chiesa locale rispondesse ai bisogni dei piacentini Non siamo in un’epoca di cambiamenti, ma al cambiamento di un’epoca nella quale la chiesa esiste solo se fa discepoli. Quanto asserito prima per ognuno di noi, a maggior ragione, vale per la Chiesa di Piacenza-Bobbio alla quale chiediamo di condannare con fermezza i peccati sociali, in particolare la corruzione e l’evasione fiscale, perchè fatti contro il Gesù che c’è nell’altro. Il “peccato” è servirsi del fratello piuttosto che servire il fratello. Cosa chiediamo alle nostre strutture politiche ed amministrative Sentiamo la necessità di aggredire le gravi ingiustizie sociali che da troppo tempo permangono o, addirittura, si rafforzano. La più grave riteniamo essere la non più accettabile sperequazione fiscale da troppo tempo a danno del reddito fisso e autonomo, caricato del 90% di tutto il gettito fiscale nazionale, per poter compensare la grave evasione fiscale dei pochi ricchi che detengono il 50% del reddito nazionale. Vorremmo sperare nel federalismo se più condiviso dalle parti sociali. Ancora la “Caritas in Veritate” denuncia che: “Senza verità, senza fiducia e amore per il vero, non c'è coscienza e responsabilità sociale, e l'agire sociale cade in balia di privati interessi e di logiche di potere, con effetti disgregatori sulla società, tanto più in una società in via di globalizzazione, in momenti difficili come quelli attuali. Educarsi alla città vuol dire educare al bene comune, per cui la formazione di ogni persona è una fondamentale ricchezza per ogni popolo, e per la vita di ogni città. 4