Le eruzioni catastrofiche
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Le eruzioni catastrofiche
Eruzione storica di Toba (74.000 anni fa) Toba si trova nel centro di Sumatra. Ora è un tranquillo lago ma in tempi geologi era un supervulcano interessato da potentissime eruzioni già 800'000 e 700'000 anni fa. Ma ce ne fu una 74000 anni fa che definire cataclismatica è dire poco. La seconda attività vulcanica più catastrofica di sempre. Il vulcano si sgretolò e provocò cambiamenti climatici globali. 2800 km2 di ceneri e lapilli furono eruttate dal vulcano e queste ceneri, ricadute su 4 milioni di chilometri quadrati, in pratica arrivarono all'estremo oriente. Gli effetti a livello globale furono immensi, le temperature precipitarono di 7-15 gradi e si venne a creare un inverno vulcanico che peggiorò le condizioni glaciali pleistoceniche. La vita in Indonesia semplicemente scomparve, e anche animali e piante di tutto il Sud-Est asiatico ebbero gravi danni. La cenere soffocava gli animali e avvelenava le fonti, le piante coperte di fuliggine morivano senza effettuare la fotosintesi: un panorama da fine dei Dinosauri colpì il pianeta Terra. Tuttavia, in una decina d’anni il pianeta Terra si riprese. Gli unici a patirne le conseguenze furono i nostri antenati che già popolavano le coste dell’India. Ne sopravvissero veramente pochi. Eruzione storica di Thera (1630 a.C) La zona di Santorini è considerata dai vulcanologi una delle più attive del mondo, perchè oltre al principale cratere sommerso sul bordo del quale sorge oggi l'isola - esistono nei dintorni numerosi vulcani sottomarini il maggiore dei quali, il Kolumbo dstante 8 km da Santorini, eruttò l'ultima volta nel 1649. Ma quest'ultima esplosione non è neanche paragonabile a quella di Thera, cioè del cratere centrale di Santorini, che avvenne nel 1630 a.C., che è considerata dagli esperti la più devastante eruzione avvenuta in Europa in epoca storica e che ebbe conseguenze enormi per la civiltà minoica. Su questa eruzione si è molto pensato negli anni, al punto che molti considerano l'eruzione del 1630 a.C. l'origine del mito di Atlantide. 79 d. C. : il Vesuvio si risveglia Questa famosa eruzione venne narrata in alcune lettere scritte da Plinio il giovane ed inviate allo storico romano Tacito e costituiscono dei veri trattati di vulcanologia storica. In queste lettere egli racconta la tragica morte di suo zio Plinio che era partito via mare da Miseno per soccorrere alcune persone e per descrivere quanto stava accadendo. Plinio il vecchio è stato un grande scrittore dell’antica Roma, un vero scienziato dell’antichità che amava descrivere le cose dal vivo. Egli infatti morì a causa dei gas sulfurei dell’eruzione che distrusse le città vesuviane di Ercolano e Pompei mentre cercava di avvicinarsi al vulcano per descrivere il fenomeno. In epoca romana all’inizio del primo millennio il Vesuvio non era considerato pericoloso dalla popolazione e attorno ad esso vennero edificate bellissime città e domus romane. Alcuni anni prima dell’eruzione un violento terremoto colpì la zona e distrusse molti palazzi ma esso non venne messo in relazione alla pericolosità del vulcano. Fu così che il 24 agosto del 79 d.C avvenne l’eruzione esplosiva che riversò sulle aree limitrofe circa 4 km3 di magma, pomice, cenere e gas. L’eruzione iniziò nel pomeriggio: gas, ceneri e frammenti di roccia si alzarono per circa 15 km sopra il vulcano. Il giorno dopo in seguito ad una calma apparente del vulcano la gente rientrò nelle case. Questo segnò il loro destino. Infatti la mattina seguente si ebbe il collasso della colonna eruttiva ed esplosioni piroclastiche che distrussero Pompei ed Ercolano. Delle città sepolte di Ercolano e Pompei, si perse quasi completamente la memoria, e la loro posizione venne dimenticata. Fu grazie all’attività di alcuni contadini che incapparono occasionalmente in resti importanti che nel XVIII secolo presero avvio degli scavi. Via via vennero alla luce colonne, resti di abitazioni e il cadavere di un uomo che aveva ancora in mano una borsa di monete su cui era inciso il nome di Pompei. Da allora, pur con alterne vicende, non ci si è fermati e i resti di Pompei ed Ercolano sono visitati ogni anno da moltissime persone. Purtroppo avrebbero bisogno di opere di consolidamento continue come testimoniano gli ultimi fatti di cronaca. La più famosa eruzione del Tambora avvenne nel 1815. Iniziò con una serie di potenti boati e rapide esplosioni. Qualche giorno dopo iniziarono delle esplosioni più intense da far tremare gli edifici e numerose emissioni di ceneri oscurarono il cielo. Queste esplosioni continuarono per 3 mesi provocando una diminuzione del vulcano di oltre 1km. L’area in cui si osservarono gli effetti immediati dell'eruzione come i tremori e rumori si estendeva per circa 1.600 km intorno all'isola di Sumbawa. Complessivamente vennero emanate nel cielo circa 150 miliardi di metri cubi di roccia e cenere. L'eruzione provocò circa60.000 morti dovuti sia direttamente all'esplosione che alle pesanti carestie che seguirono il disastro. In questo periodo eruttarono anche altri vulcani e le ceneri prodotte erano tali da aver formato un velo nell’atmosfera che limitava i raggi solari provocando uno dei periodi dal clima più freddo. L’anno successivo all’eruzione, ovvero il 1816 fu poi definito “l’anno senza estate”. E questo evento naturale ebbe delle conseguenze anche storiche come si sa dallo studio del periodo napoleonico.