domenica 12 marzo 2017
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Spedizione in abbonamento postale Roma, conto corrente postale n. 649004 Copia € 1,00 Copia arretrata € 2,00 L’OSSERVATORE ROMANO GIORNALE QUOTIDIANO Unicuique suum Anno CLVII n. 59 (47.493) POLITICO RELIGIOSO Non praevalebunt Città del Vaticano domenica 12 marzo 2017 . NEW YORK, 11. «Sono milioni le persone a rischio imminente di morte per fame e sete. Da quando parliamo di comunità internazionale, non avevamo mai vissuto una crisi umanitaria come quella in atto oggi in Sud Sudan, Somalia, Yemen e nord-est della Nigeria». L’ammissione è grave e viene dal cuore delle Nazioni Unite. Il sottosegretario generale dell’Onu per gli affari umanitari, Stephen O’Brien, ha lanciato un accorato appello a «far fronte alla peggiore carestia dal 1945 per evitare una catastrofe». Allarme dell’O nu Il Papa ai volontari di Telefono amico La peggiore carestia dal dopoguerra Ascolto e dialogo O’Brien è intervenuto al Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite, l’assise dove si discute di guerre e di relazioni diplomatiche. E ha parlato senza mezzi termini di «momento critico della storia». Ma non è una situazione di conflitto in particolare l’urgenza da risolvere. Piuttosto, l’emergenza è dettata dalla denutrizione di milioni di persone. L’allarme è scattato già a febbraio — ha ricordato il responsabile delle questioni umanitarie delle Nazioni Unite — ma giunti ormai a metà marzo la situazione resta invariata con un’aggravante. O’Brien ha mostrato la documentazione che chiarisce senza dubbi che questi paesi dell’Africa orientale continuano a sprofondare in un nuovo e forse inedito incubo carestia. Nei prossimi sei mesi assisteremo a una carneficina. «Senza uno sforzo globale collettivo e coordinato, la gente semplicemente morirà di fame», ha detto O’Brien, che ha informato il Consiglio delle sue recenti visite in Yemen, Sudan del Sud e Somalia per valutare la situazione umanitaria. E ha assicurato che, pur Una bambina in un campo profughi in Somalia (Ap) gnato da molteplici disagi, alla cui origine si trovano l’isolamento e la mancanza di dialogo». Soprattutto, ha fatto notare, «le grandi città, pur essendo sovraffollate, sono emblema di un genere di vita poco umano» in cui prevalgono «indifferenza, comunicazione sempre più virtuale e meno personale». E in proposito ha aggiunto al testo preparato un’immagine particolarmente evocativa, sottolineando che «per fare la pace nel mondo mancano le orecchie». PAGINA 8 Sulle prospettive di pace nel Vicino oriente Nuova strage di civili nello Yemen Colloquio tra Trump e Abbas non avere fine. Finora, infatti, sono falliti tutti i tentativi mediati dall’inviato speciale delle Nazioni Unite, per giungere a un duraturo cessate il fuoco tra le parti in conflitto. Secondo le stime dell’Onu almeno 7500 le vittime della guerra, oltre 40.000 sono i feriti e circa tre milioni di persone sono state costrette ad abbandonare le proprie case. Entrambe le parti in lotta sarebbero inoltre responsabili della morte di civili. E, sempre a causa della recrudescenza del conflitto — che sempre più spesso viene ignorato dai media internazionali — oltre dieci milioni di persone sono in grave carenza di cibo e milioni di bambini soffrono di malnutrizione acuta. A ciò si affianca l’inesistenza di un sistema ospedaliero con quasi tutte le strutture medico-sanitarie inservibili. WASHINGTON, 11. La pace tra israeliani e palestinesi «è possibile ed è arrivato il momento di fare un accordo». È la convinzione espressa ieri dal presidente degli Stati Uniti, Donald Trump, in una conversazione telefonica con il presidente palestinese, Mahmud Abbas. Nel colloquio, il presidente Trump ha sottolineato come il raggiungimento di un accordo «non solo darebbe a israeliani e palestinesi la pace e la sicurezza che meritano, ma avrebbe anche riflessi positivi nella regione e nel mondo». Si tratta del primo contatto tra Trump e Abbas da quanto il capo dello stato americano si è insediato alla Casa Bianca. A metà febbraio, Trump aveva ricevuto il premier israeliano, Benjamin Nethanyahu. Secondo quanto si legge in una nota della Casa Bianca ripresa dalle agenzie di stampa internazionali — nella quale non si fa mai accenno alla soluzione dei due stati, che Trump non considera imprescindibile per la pace — il presidente statunitense ha ribadito che l’accordo tra israeliani e palestinesi «deve essere negoziato direttamente tra le due parti», con Washington che «lavorerà strettamente con le leadership israeliana e palestinese per fare progressi verso questo obiettivo». Gli Stati Uniti, ha aggiunto Trump, che ha invitato Abbas a re- Maria nell’incontro tra Dio e l’uomo La cattedrale di Saint-Denis Nuovo Adamo e nuova Eva Il gioiello nella banlieue VALERIO GIGLIOTTI Un incoraggiamento «a proseguire con entusiasmo rinnovato il prezioso servizio alla società, perché non si spezzino i legami del dialogo e non venga mai meno l’ascolto» è stato rivolto dal Papa ai volontari di Telefono Amico Italia durante l’udienza — svoltasi sabato 11 marzo — in occasione dei cinquant’anni di attività. Dopo avere elogiato il lavoro dell’associazione a sostegno di «quanti si trovano in condizioni di solitudine, smarrimento e necessitano di comprensione e aiuto» il Papa ha fatto riferimento «all’odierno contesto sociale, se- Raid su un mercato di Hodeidah SANA’A, 11. Nuova strage di civili in Yemen: almeno 26 persone sono rimaste uccise in un raid condotto dalla coalizione a guida saudita su un mercato nella parte occidentale del paese. Lo hanno riferito fonti della sicurezza locali, secondo cui nel bombardamento sulla città di Hodeidah, nel distretto di Dawar, controllato dai ribelli huthi, sono rimaste ferite altre otto persone. Testimoni hanno parlato di due raid, uno dei quali avrebbe colpito un ristorante all’interno del mercato. L’aviazione della coalizione guidata da Riad — e che sostiene il presidente yemenita, Abd Rabbo Mansour Hadi, riconosciuto dalla comunità internazionale — ha preso di mira una colonna di ribelli ma questi ultimi si sono rapidamente spostati verso un mercato dove il raid ha sì ucciso sei miliziani huthi ma anche venti civili, secondo quanto hanno riferito fonti locali citate dall’agenzia di stampa Afp. Le forze lealiste e della coalizione guidata da Riad accusano i ribelli huthi di servirsi dei civili come “scudi umani”. Gli huthi hanno invaso dal nord vaste zone del territorio yemenita nell’estate del 2014 e conquistato nel settembre dello stesso anno la capitale Sana’a. Nel marzo del 2015 è intervenuta a fianco del presidente Hadi una coalizione diretta dall’Arabia Saudita e ne è scaturito un conflitto sempre più cruento che sembra y(7HA3J1*QSSKKM( +/!"!@!=!$! non avendo avuto accesso al nord della Nigeria, ha raccolto tutte le informazioni necessarie per comprendere che l’urgenza si estende anche al nord del paese sotto scacco del gruppo terroristico Boko Haram. Il responsabile umanitario delle Nazioni Unite ha affermato che è necessaria una «iniezione immediata di fondi», parlando concretamente di «quattro miliardi e 400 milioni di dollari necessari entro luglio». E ha chiarito che la cifra è definitiva e neppure lontanamente negoziabile. Perché che si tratta del costo dettagliato necessario a evitare la catastrofe. Se la parola d’ordine dell’emergenza è fame, il comune denominatore è sempre la micidiale miscela di conflitti e siccità. In Yemen, paese più povero del Medio oriente, dopo quasi tre anni di guerra, la crisi umanitaria e il conflitto peggiorano. In Sud Sudan, la situazione si è aggravata a causa della drammatica combinazione tra scontri di gruppi rivali, crisi economica e fenomeni legati al cambiamento climatico. Le scarse piogge dell’anno hanno ridotto i campi coltivabili in cimiteri per il bestiame. Anche in Nigeria, complice il terrore sparso da Boko Haram e le scarse precipitazioni, i raccolti sono stati minimi e i mercati sono ora vuoti. La gente sta scappando in ogni direzione. In Somalia, dove il territorio ancora sconta le conseguenze di vent’anni di scontri sanguinosi tra i cosiddetti “signori della guerra”, il governo transitorio deve far fronte ai continui attentati di miliziani di Al Shabaab. A PAGINA 4 Bombe sulla città yemenita di Hodeidah (Reuters) CHARLES DE PECHPEYROU A PAGINA 5 carsi a breve in visita a Washington, «non possono imporre una soluzione agli israeliani e palestinesi, né una parte può imporre un accordo all’altra». Dal canto suo, riferisce l'agenzia di stampa Maan, Abbas ha sottolineato l’impegno dell’Autorità nazionale palestinese per la pace come una «opzione strategica per la creazione di uno stato palestinese che esista fianco a fianco a quello di Israele». Sull’argomento è intervenuto anche il ministro degli esteri giordano, Ayman Al Safadi. «La soluzione dei due stati è la chiave per raggiungere la pace e la prosperità in Medio oriente», ha dichiarato. «Siamo impegnati per ottenere questo risultato», ha aggiunto, assicurando che la questione israelo-palestinese è la «prima priorità» della politica estera di Amman e, in quest’ottica, l’obiettivo è «rilanciare i negoziati diretti». NOSTRE INFORMAZIONI Il Santo Padre ha ricevuto questa mattina in udienza: gli Eminentissimi Cardinali: — Kevin Joseph Farrell, Prefetto del Dicastero per i Laici, la Famiglia e la Vita; — Giuseppe Versaldi, Prefetto della Congregazione per l’Educazione Cattolica (degli Istituti di Studi); Sua Eccellenza Monsignor Fulgence Rabemahafaly, Arcivescovo di Fianarantsoa (Madagascar). Il Santo Padre ha nominato l’Eminentissimo Cardinale Zenon Grocholewski, Prefetto emerito della Congregazione per l’Educazione Cattolica, Suo Inviato Speciale alla cerimonia d’incoronazione dell’immagine della “Madonna Salute dei Malati”, presso la Cattedrale-Santuario della Diocesi di Świdnica (Polonia), che si terrà il 13 maggio 2017, nel centenario delle apparizioni della Vergine di Fatima. Il Santo Padre ha accettato la rinuncia al governo pastorale della Diocesi di Irapuato (Messico), presentata da Sua Eccellenza Monsignor José de Jesús Martínez Zepeda. Provvista di Chiesa Il Santo Padre ha nominato Vescovo della Diocesi di Irapuato (Messico) Sua Eccellenza Monsignor Enrique Díaz Díaz, finora Vescovo Coadiutore della Diocesi di San Cristóbal de Las Casas. L’OSSERVATORE ROMANO pagina 2 domenica 12 marzo 2017 Angela Merkel e Donald Tusk durante il vertice (Epa) D all’inviato della Lega araba in Libia Un clochard bruciato vivo a Palermo ROMA, 11. Un clochard, Marcello Cimino, 45 anni, è morto dopo che una persona lo ha cosparso di materiale infiammabile e gli ha dato fuoco. L’uomo è stato ucciso così ieri sera a Palermo, in piazza Cappuccini, sotto il porticato dove era solito passare la notte, nell’area della struttura di accoglienza denominata «Missione San Francesco». La scena dell’aggressione è stata ripresa da una videocamera di sorveglianza e gli inquirenti indagano su alcune persone con le quali l’uomo avrebbe avuto un diverbio nel pomeriggio. Il sindaco di Palermo, Leoluca Orlando, si è detto «turbato, come tutti da tanta brutale violenza» e ha espresso «l’augurio che i colpevoli siano presto assicurati alla giustizia e giudicati per un gesto di pura barbarie». Di «barbarie inaudita» e di «atto ingiustificabile» ha parlato anche don Sergio Mattaliano, direttore della Caritas di Palermo. A proposito dei problemi della città, Mattaliano ha sottolineato che nel capoluogo della regione Sicilia «c’è una crisi devastante e la situazione è di giorno in giorno più drammatica». «La povertà assoluta aumenta» perché «la disoccupazione resta altissima». Juppé appoggia la candidatura di Fillon PARIGI, 11. Alain Juppé appoggia la candidatura di François Fillon alle elezioni presidenziali francesi, il cui primo turno è in programma il 23 aprile (eventuale ballottaggio il 7 maggio). Lo scrive su twitter lo stesso ex primo ministro, che nei giorni scorsi ha ufficialmente rinunciato a candidarsi dopo essere stato sconfitto proprio da Fillon al ballottaggio delle primarie del centrodestra, spiegando di avere firmato per il sostegno della candidatura di Fillon. «Ho mandato questa mattina il mio parrainage a Fillon — ha scritto Juppé — anche da semplice passeggero non lascio la nave nella tempesta». Il candidato designato dalle primarie dei Les Républicains per la corsa per l’Eliseo ha già raccolto più dei 500 patrocini necessari per potere prendere parte al voto di aprile. E ha ufficializzato la sua nuova squadra, non ancora completa, nella quale ci sono tre uomini vicini a Nicolas Sarkozy: l’ex giornalista radiofonico François Baroin, l’ex ministro Luc Chatel e il deputato Christian Jacob. Anche Marine Le Pen, leader del Front National (Fn), ha raggiunto le 500 firme di patrocinio necessarie per candidarsi alle presidenziali. La presidente del Fn, che nelle ultime ore ha incassato il sostegno più spinoso, quello del padre, Jean-Marie, con il quale ha una disputa anche giudiziaria in corso, non ha risposto ieri alla convocazione del giudice per l’inchiesta sui suoi assistenti all’Europarlamento, accusando la magistratura di «una manovra politica». Ma un’altra tegola è arrivata da Strasburgo: per abuso d’ufficio è indagato anche Jean-Charles Hourcade, assistente parlamentare dell’eurodeputata dell’Fn MarieChristine Boutonnet. È il secondo capo di gabinetto di Marine Le Pen, dopo Catherine Griset, sospettata di essere stata stipendiata con i soldi del parlamento quando invece lavorava in Francia per il partito. L’OSSERVATORE ROMANO GIORNALE QUOTIDIANO Unicuique suum POLITICO RELIGIOSO Non praevalebunt Città del Vaticano [email protected] www.osservatoreromano.va Auspicata la ripresa del dialogo Il vertice di rilancio dell’Ue si arena sulle diverse velocità di integrazione Europa in stallo BRUXELLES, 11. L’Europa si conferma divisa sulle modalità di rilancio del progetto di integrazione, ma forse a vacillare è proprio l’intenzione di alcuni di portare nuovo slancio. Il vertice del consiglio, che si è concluso ieri, non ha prodotto la dichiarazione forte di intenti che ci si aspettava in vista del vertice del 25 marzo, nell’anniversario della firma dei Trattati di Roma. Del resto il consiglio era iniziato con la ferma opposizione del governo di Varsavia alla riconferma alla presidenza del polacco Donald Tusk, che però è stato rieletto. Tutti gli altri stati membri, compresa la Gran Bretagna che ha partecipato alla pri- ma giornata del vertice, gli hanno infatti espresso piena fiducia. E la giornata di ieri è continuata in un clima teso, dominata dalla presa di posizione fortemente critica dei paesi dell’est europeo sull’idea di procedere sulla via del progetto europeo «a più velocità». Nell’incontro a Versailles, nei giorni scorsi, ne avevano parlato Francia, Italia, Germania e Spagna, nella consapevolezza che già ci sono diversi livelli di integrazione. Per esempio, non tutti gli stati hanno adottato l’euro: al momento sono solo 19 i paesi nell’eurozona. La Polonia aveva messo in conto di farlo nel 2011 e poi nel 2013 ma, considerata la crisi economica, Atterraggio negato al ministro degli esteri Çavuşoğlu Crisi diplomatica tra Turchia e Olanda AMSTERDAM, 11. Il governo olandese ha cancellato l’autorizzazione ad atterrare al volo del ministro degli esteri turco, Mevlüt Çavuşoğlu, che oggi avrebbe dovuto recarsi a Rotterdam per un comizio elettorale legato al referendum costituzionale che si terrà in Turchia il 16 aprile prossimo. La decisione, spiega un comunicato ufficiale, è dovuta ai «rischi di ordine pubblico e sicurezza» che la presenza di Çavuşoğlu avrebbe comportato in città. In una nota il governo olandese chiarisce che erano in corso trattative per decidere se concedere o meno la sede del consolato a Rotterdam a Çavuşoğlu. Il ministro degli esteri, infatti, aveva in programma un comizio per convincere la comunità turca residente in Olanda a votare «sì» nel referendum costituzionale con cui la Turchia è chiamata a decidere del passaggio al sistema presidenziale il prossimo 16 aprile. Una riforma voluta in prima persona dal presidente turco, Recep Tayyp Erdoğan. La minaccia di Ankara di imporre sanzioni all’Olanda se avesse impe- dito al ministro di atterrare ha però «reso impossibile la ricerca di una soluzione ragionevole». Immediata la reazione di Ankara. Il capo dello stato ha bollato gli olandesi come «residui del nazismo e fascisti». Lo riporta l’agenzia di stampa Anadolu. Nel corso di un intervento pubblico a Istanbul, Erdoğan ha sottolineato che gli olandesi «non sanno cosa sia la politica, né la diplomazia internazionale», minacciando rappresaglie nei confronti dei diplomatici olandesi. «D’ora in avanti, vediamo quanti dei vostri aerei arrivano in Turchia», ha dichiarato il presidente citato dall’Anadolu. «Certamente — ha aggiunto — sto parlando di diplomatici, non dei viaggi dei cittadini olandesi». In segno di protesta, il governo della Turchia ha anche convocato l’ambasciatore olandese ad Ankara. Lo hanno reso noto fonti del ministero degli esteri turco. Fra quattro giorni, l’Olanda è chiamata alle urne per le elezioni legislative. Un voto che apre la stagione di una serie di cruciali appuntamenti elettorali in Europa. Resta alto l’allarme terrorismo in Germania e Belgio BERLINO, 11. Resta alto l’allarme terrorismo in Germania e in Belgio. Una fonte della polizia tedesca ha riferito che stamane è stata disposta la chiusura di un centro commerciale a Essen, nella parte occidentale del paese. Secondo le forze dell’ordine, vi sarebbero «indicazioni concrete» di un possibile attacco da parte di diversi attentatori suicidi muniti di esplosivi. Per oggi resteranno, dunque, chiusi i negozi all’interno del centro commerciale e il parcheggio. GIOVANNI MARIA VIAN direttore responsabile Giuseppe Fiorentino vicedirettore Piero Di Domenicantonio In Belgio, invece, è stata arrestata una ragazza con l’accusa di terrorismo. La donna, fermata ieri dalla polizia federale belga nel corso di una perquisizione nelle Fiandre orientali, è sospettata di avere fornito aiuto logistico a persone che stavano progettando un attentato in Europa. Secondo la stampa, avrebbe avuto contatti internet con il gruppo gravitante attorno alla donna sospettata di avere posteggiato lo scorso settembre una vettura con all’interno bombole di gas vicino a Notre Dame, a Parigi. Servizio vaticano: [email protected] Servizio internazionale: [email protected] Servizio culturale: [email protected] Servizio religioso: [email protected] caporedattore Gaetano Vallini segretario di redazione Servizio fotografico: telefono 06 698 84797, fax 06 698 84998 [email protected] www.photo.va ha poi scelto di restarne fuori. E ci sono molti paesi che non hanno mai aderito all’area Schengen. Ciononostante i paesi del cosiddetto gruppo di Visegrad — Polonia, Repubblica Ceca, Slovacchia, Ungheria — hanno dichiarato di «non poter permettere che qualche paese resti indietro». La risposta dei paesi ad ovest nella mappa europea è stata che «l’Ue a più velocità esiste già», «è già nei Trattati» e, dunque, in realtà «non si vuole fare niente di nuovo». «Il motto dell’Ue — ha ricordato il cancelliere tedesco Angela Merkel — resta «uniti nella diversità». Ma l’idea di gruppi di «stati volenterosi che vanno avanti da soli rafforzando la cooperazione su alcuni temi specifici» rende sospettosi i paesi dell’est. Il primo ministro polacco Beata Szydlo ha dichiarato che «il timore dei paesi dell’Est è di essere lasciati indietro dai paesi più forti». Il presidente della commissione europea, Jean-Claude Juncker, ha cercato di rassicurare tutti affermando che «non si tratta di una nuova cortina di ferro» ma di «uno slancio di marcia necessario». In ogni caso, il vertice si è concluso senza l’attesa Dichiarazione che avrebbe dovuto fare da base di lavoro al prossimo vertice a Roma. Si riparte senza una bozza di testo concordato sul futuro dell’Ue dopo la Brexit. È stato il presidente del consiglio dei ministri italiano, Paolo Gentiloni, a lavorare per riavvicinare le posizioni, promettendo che «non ci sarà alcuna logica di esclusione». E proprio l’Italia, che ospiterà l’appuntamento del 25 marzo per i 60 anni del Trattato di Roma, ha adesso il compito difficile di cercare un’unità sulla dichiarazione da firmare in quell’occasione. Il negoziato per trovare una posizione comune andrà avanti nei prossimi giorni, ha assicurato Gentiloni. «Mi auguro — ha aggiunto — con esito positivo». D’altra parte, molti analisti sottolineano come ancora siano nebulosi i contorni di queste formule a «più velocità». L’unico progetto che al momento sembra delinearsi è quello della difesa comune. I leader hanno approvato il piano di un quartier generale da cui coordinare le missioni militari Ue e l’impegno a un maggiore utilizzo dello strumento delle «cooperazioni permanenti strutturate» fra gruppi di stati, previsto dal trattato di Lisbona per la difesa. È il pacchetto che era stato messo a punto nei giorni scorsi dai ministri degli esteri e quelli della difesa. Sul piano dell’economia, tutti si sono trovati d’accordo a non abbassare la guardia in un periodo in cui effettivamente tutti i paesi Ue sono tornati a crescere ma si profilano serie incertezze, a partire dai contraccolpi possibili nella fase di negoziato per l’uscita del Regno Unito. Su questo piano, la contrapposizione è tra paesi del nord, paladini da sempre del rigorismo, e paesi del sud contro l’austerity. Infine, pur senza passi in avanti, al vertice si è parlato anche della necessità di stabilizzare i Balcani occidentali, dove la tensione è tornata molto alta, ma la prospettiva di nuovi allargamenti a breve termine non sembra convincere nessuno. Segreteria di redazione telefono 06 698 83461, 06 698 84442 fax 06 698 83675 [email protected] Tipografia Vaticana Editrice L’Osservatore Romano don Sergio Pellini S.D.B. direttore generale TRIPOLI, 11. «Una reazione emotiva». È così che l’inviato della Lega araba in Libia, Salah Eddin Al Jamali, commenta la recente decisione del parlamento libico di Tobruk, dopo gli attacchi nella Mezzaluna petrolifera, di abrogare il decreto di gennaio 2016 con cui adottava l’accordo politico di Skhirat, in Marocco, da cui è scaturito il consiglio presidenziale guidato da Fayez Al Sarraj. «Mi auguro che il parlamento riprenda in considerazione la sua decisione e che questa reazione emotiva non duri a lungo», afferma Jamali, sottolineando come «l’accordo di Skhirat, per quanti difetti possa avere, ha riunito il popolo libico e rappresenta oggi la base di qualsiasi dialogo tra i libici, sia a livello politico che di altra natura». Per l’inviato della Lega araba «non è pensabile altra soluzione, altrimenti la situazione si complicherà ed entreremo nel circolo del vuoto politico» Quanto alla situazione nell’est della Libia, dove si trova la Mezzaluna petrolifera — e che in settimana è stata attaccata e conquistata dalle forze del generale Khalifa Haftar che la controllavano — Jamali sottolinea che la regione «attraversa ora una fase delicata» anche in relazione all’aumento della produzione di petrolio «passata da 200.000 a 700.000 barili al giorno». Il recente attacco, attribuito alle brigate di difesa di Bengasi, «ha creato un’atmosfera elettrica e preoccupante, da cui è scaturita la decisione del parlamento» di Tobruk. «Se oggi litighiamo sui terminal petroliferi, come possiamo continuare a parlare di pace in Libia?», si è chiesto Jamali, secondo il quale «il governo di concordia nazionale non ha bisogno di questi terminal per rafforzare la sua posizione, poiché esso già gode del riconoscimento internazionale». Anche tra i bambini già indeboliti dalla fame Si aggrava in Somalia l’epidemia di colera Bambino ricoverato in un ospedale a Mogadiscio (Reuters) MO GADISCIO, 11. Più di 8400 casi di colera, di cui 200 mortali, sono stati registrati in Somalia dall’inizio dell’anno, un numero in rapida crescita da quando il paese è stato colpito da una grave siccità. Se la comunità internazionale non interverrà urgentemente, la Somalia rischia di andare incontro a una catastrofe ancora più grave di quella che nel 2011 ha I militari nipponici lasciano il Sud Sudan JUBA, 11. Dopo cinque anni, il Giappone terminerà la missione delle forze di autodifesa nel Sud Sudan. Lo ha detto ieri il premier, Shinzo Abe, precisando che i militari impegnati nelle opere di ricostruzione abbandoneranno il paese africano a maggio. La durata della missione era stata estesa lo scorso novembre per cinque mesi, col fine di accelerare lo sviluppo delle infrastrutture interne. Tariffe di abbonamento Vaticano e Italia: semestrale € 99; annuale € 198 Europa: € 410; $ 605 Africa, Asia, America Latina: € 450; $ 665 America Nord, Oceania: € 500; $ 740 Abbonamenti e diffusione (dalle 8 alle 15.30): telefono 06 698 99480, 06 698 99483 fax 06 69885164, 06 698 82818, [email protected] [email protected] Necrologie: telefono 06 698 83461, fax 06 698 83675 provocato la morte di oltre 250.000 persone. È l’allarme lanciato da Save the Children. I centri per la salute e la nutrizione di Save the Children in Somalia — informa una nota— stanno registrando un rapido incremento di decessi dovuti al colera e alla diarrea, casi che riguardano anche i bambini, i cui corpi sono già indeboliti dalla fame. Si stima che circa un milione di bambini potrebbero risultare malnutriti quest’anno, con almeno 200.000 che rischiano di morire a causa di gravi forme di malnutrizione. «Salvare queste vite e assicurare i mezzi di sostentamento alla popolazione richiede un’azione concertata da parte della comunità internazionale, ma non c’è più tempo da perdere e bisogna agire ora», ha dichiarato il direttore di Save the Children in Somalia. Da quando, alla fine dello scorso anno, il paese è stato colpito dalla siccità, i casi di colera e diarrea sono fortemente aumentati, passando da poco meno di 200 casi nella prima settimana di novembre a circa 1400 nella seconda settimana di febbraio. Oltre al colera, c’è preoccupazione per altri fattori che mettono a grave rischio la salute dei bambini e il loro livello di nutrizione. Concessionaria di pubblicità Aziende promotrici della diffusione Il Sole 24 Ore S.p.A. System Comunicazione Pubblicitaria Ivan Ranza, direttore generale Sede legale Via Monte Rosa 91, 20149 Milano telefono 02 30221/3003, fax 02 30223214 [email protected] Intesa San Paolo Ospedale Pediatrico Bambino Gesù Società Cattolica di Assicurazione Credito Valtellinese L’OSSERVATORE ROMANO domenica 12 marzo 2017 pagina 3 Forze siriane sul luogo della strage (Reuters) Ancora scontri nella capitale sudcoreana SEOUL, 11. L’ondata di protesta non si placa e un terzo manifestante è morto in Corea del Sud, dopo essere rimasto ferito negli scontri scoppiati ieri alla notizia della conferma dell’impeachment della presidente Park Geun-hye da parte della Corte costituzionale. Secondo quanto riferito dall’agenzia di stampa Yonhap, il manifestante, 74 anni, «ha perso conoscenza in seguito a uno scontro con la polizia durante la manifestazione» ed è morto questa mattina in un ospedale di Seoul. La presidente Park Geun-hye, prima donna al vertice istituzionale più alto della Corea del Sud, è stata destituita dalla Corte costituzionale che all’unanimità (8 voti su 8) ha ratificato l’impeachment votato il 9 dicembre dal parlamento, completando la prima procedura del suo genere nella giovane storia democratica del paese. «La speranza — ha detto in diretta televisiva la presidente della Corte Lee Jung-mi dopo aver letto il verdetto — è che la sentenza chiuda le divisioni nazionali. Gli effetti negativi delle azioni presidenziali e le loro ripercussioni sono gravi, e i benefici della difesa della Costituzione con la sua rimozione sono enormemente ampi». Il premier e presidente reggente, Hwang Kyo-ahn, ha lanciato l’appello di accettazione del verdetto con il «superamento delle divisioni» in un messaggio alla nazione rimarcando le difficoltà all’orizzonte tra economia e minaccia nucleare e missilistica della Corea del Nord, su cui i militari di Seoul hanno alzato la vigilanza massima. Auspici all’unità sono stati espressi dai principali gruppi religiosi che hanno chiesto saggezza per il superamento della confusione con il bene comune e l’integrazione come priorità. Nel giudizio di legittimità e merito, la Corte ha fatto poi anche la scrematura del dossier parlamentare rigettando, ad esempio, le accuse di abuso di potere nella nomina di funzionari di governo e le pressioni sulla stampa (in entrambi i casi “per mancanza di prove“) o la cosiddetta “fuga dalle responsabilità”, come nella tragedia di aprile 2014 del traghetto Seawol, nel cui affondamento morirono oltre 300 persone, quasi tutti studenti liceali, definita non di “competenza” della Corte. La crisi istituzionale di 92 giorni nel paese ha dunque trovato uno sbocco e la Borsa di Seoul lo ha rimarcato con un timido rialzo dello 0,30 per cento: secondo la costituzione, nuove elezioni dovranno tenersi entro 60 giorni (forse il 9 maggio), mentre il vincitore sarà da subito nelle sue funzioni senza il periodo di transizione. Con la difficoltà di costruire una maggioranza parlamentare e lavorare a una riforma costituzionale di riequilibrio dei poteri. Aumentano le vittime civili nel conflitto afghano Mentre si prepara la battaglia per la riconquista di Raqqa Sanguinoso attentato a Damasco DAMASCO, 11. Una duplice esplosione questa mattina nel cuore di Damasco, nei pressi della città vecchia, ha causato — secondo l’agenzia di stampa ufficiale Sana — almeno 44 morti e oltre cento feriti. Stando alla ricostruzione dell’O sservatorio per i diritti umani in Siria (Ondus), un attentatore suicida si è fatto esplodere presso il cimitero Bab Al Saghir, nel quartiere Al Shagur, mentre una bomba posizionata sul ciglio della strada è esplosa al passaggio di un bus. L’emittente Al Mayadeen riferisce che obiettivo degli attacchi erano alcuni autobus che trasportavano fedeli sciiti. Intanto, in vista della battaglia per la riconquista di Raqqa, crescono le tensioni tra le forze impegnate contro il cosiddetto stato islamico (Is) lungo il corso siriano dell’Eufrate. Cioè l’esercito governativo sostenuto dai russi, i miliziani filoturchi, quelli curdi e ora anche gli statunitensi, che negli ultimi giorni hanno dispiegato centinaia di uomini nella regione. Mosca ha nel frattempo annunciato che una prima unità di sminatori composta da 187 militari è arrivata in Siria e «assieme ai colleghi siriani» ha iniziato a bonificare l’antica città di Palmira dagli ordigni piazzati dai miliziani. L’operazione avviene dopo che, a inizio mese, l’esercito siriano ha riconquistato per la seconda volta in un anno la città sede di un sito archeologico patrimonio dell’umanità. Nel maggio del 2015 Palmira era finita nelle mani dei miliziani del cosiddetto stato islamico che distrussero parte dei tesori archeologici. La città era stata ripresa nel marzo del 2016 dalle truppe siriane, ma lo scorso dicembre era stata nuovamente occupata dai jihadisti. Nei pressi di Raqqa, ha sottolineato il capo del dipartimento per le operazioni dello stato maggiore russo, Serghiei Rudskoi, le truppe siriane hanno raggiunto «per la prima volta in quattro anni le rive dell’Eufrate a est della città di Khafsa, prendendo il controllo di 15 chilometri di territorio lungo il fiume e continuando la loro offensiva» contro i jihadisti. Nella stessa offensiva sono impegnate milizie dell’opposizione sostenute dalla Turchia — che a partire da agosto ha anche inviato proprie truppe in territorio siriano — e i curdi dell’Ypg, legato al Pkk e per questo giudicato come forza “terroristica” da Ankara. Le milizie curde sono predominanti nelle cosiddette forze democratiche siriane (Sdf) sostenu- Contestato un oleodotto in North Dakota La marcia dei sioux te dagli Stati Uniti, che negli ultimi giorni hanno inviato circa 400 soldati equipaggiati con pezzi di artiglieria con l’intento di appoggiare l’avanzata verso Raqqa. «Abbiamo forze a sufficienza per liberare Raqqa con il sostegno della coalizione internazionale a guida statunitense», ha detto ieri Cihan Sheikh Ehmed, portavoce delle Sdf. Ma il presidente turco, Recep Tayyip Erdoğan, parlando da Mosca dopo i colloqui di ieri con il leader del Cremlino, Vladimir Putin, ha risposto che «non si può pensare di combattere una organizzazione terroristica con un’altra organizzazione terroristica». Da parte sua, il presidente russo si è concentrato sul cessate il fuoco in vigore dal 30 dicembre tra forze governative e ribelli su iniziativa di Russia, Turchia e Iran, esprimendo un «cauto ottimismo» sulla possibilità di arrivare a «una soluzione politica a tutti gli effetti», con il coinvolgimento degli Stati Uniti. Tra Russia e Turchia «è stato ripristinato un dialogo politico intenso» e i due paesi hanno il potenziale per lo sviluppo di «rapporti di buon vicinato» ha poi detto Putin intervenendo al Consiglio di cooperazione di alto livello tra i due paesi che si è svolto ieri sera a Mosca. Fosse comuni in Messico CITTÀ DEL MESSICO, 11. Ancora orrori in Messico. Sono almeno 244 i cadaveri rinvenuti in almeno 120 fosse comuni nello stato orientale di Veracruz, nel corso di una serie di ricerche iniziate da alcuni mesi su richiesta dei familiari di desaparecidos messicani. Le prime ricerche, in un’area di dieci ettari in un punto isolato di una zona chiamata Las Colinas de Santa Fé, sono state avviate ad agosto, quando dentro 28 fosse vennero trovati i cadaveri di 30 persone. Dopo il ritrovamento di altri corpi nel corso delle ultime settimane, la zona potrebbe diventare uno dei Agguato dei maoisti indiani Fiume brasiliano deviato contro la siccità NEW DELHI, 11. Almeno undici agenti indiani sono morti e altri tre sono rimasti feriti oggi in un agguato dei maoisti nello stato centro-orientale di Chhattisgarh. Lo riferisce l’agenzia di stampa Ani. Secondo le prime informazioni disponibili, un commando di maoisti (conosciuti anche come naxaliti) ha aperto il fuoco contro gli agenti mentre erano in perlustrazione lungo la strada che collega Bhejji a Kuttacheru, nel distretto di Sukma. I guerriglieri, dopo aver portato via le armi degli agenti, sono riusciti a dileguarsi nella vicina foresta. Da decenni negli stati più poveri dell’India orientale agiscono gruppi di militanti maoisti che dal Bihar si stanno spingendo verso lo stato centrale di Maharashtra. BRASILIA, 11. Dopo dieci anni dall’inizio dei lavori di trasposizione, sono arrivate ieri nello stato brasiliano di Paraíba le acque del fiume São Francisco, che dovrebbe porre fine alla siccità che affligge da secoli il nordest del paese. Alla cerimonia ha partecipato il presidente Michel Temer. Il São Francisco è lungo oltre tremila chilometri. Il progetto di deviazione del fiume — per alimentare una zona dove vivono almeno 12 milioni di persone — era stato lanciato nel 2006. L’opera prevede la costruzione di oltre 700 chilometri di canali di cemento armato lungo due assi principali allo scopo di deviare le acque del fiume attraverso il territorio di quattro stati (Pernambuco, Paraíba, Ceará e Rio Grande do Norte). La marcia dei sioux a Washington (Ansa) WASHINGTON, 11. I nativi americani hanno marciato ieri su Washington per sensibilizzare i politici e rivendicare e proteggere i propri diritti. Le tribù sono capeggiate dai sioux, che manifestano contro la decisione dell’amministrazione statunitense di costruire il Dakota Access pipeline, l’oleodotto che attraversa la riserva di Standing Rock in North Dakota e South Dakota, dove i sioux vivono. Migliaia di indiani, molti con i visi colorati, i copricapi piumati e i tradizionali abiti di pelle, hanno invaso la capitale statunitense, trasformando il viale mo- numentale vicino alla Casa Bianca in un accampamento animato da falò notturni e sfilando nelle vie della città sino alla residenza del presidente. I nativi americani lamentano la minaccia alla propria acqua potabile, il fatto che l’oleodotto attraversi terre considerate sacre e che la sua costruzione sia stata approvata senza un’adeguata consultazione. «Continuiamo e continueremo a combattere per il futuro dei nostri figli, per il nostro territorio», hanno dichiarato i sioux. Il progetto per ora va comunque avanti. grandi cimiteri clandestini del paese, precisano i media locali. Nel luogo, rilevano fonti investigative riprese dall’agenzia di stampa Efe, ci sono i resti di persone probabilmente uccise quattro-cinque anni fa, ma anche da meno tempo. Veracruz — ricordano gli analisti — è una zona di transito di grandi quantità di narcotraffico, visto che collega l’area centroamericana e caraibica con il nord del Messico, a ridosso della frontiera con gli Stati Uniti. In totale, la procura dello stato ha ricevuto oltre 3000 denunce di persone scomparse. KABUL, 11. L’Onu ha rivolto un pressante appello alle parti afghane in conflitto a mettere fine all’uccisione e al ferimento di civili, nel momento in cui un rapporto della Missione delle Nazioni Unite di assistenza all’Afghanistan (Unama) ha rivelato che nel 2016 si sono registrati nuovi record annuali di vittime civili e di bambini uccisi o feriti. Il rapporto, presentato ieri nel corso di una riunione del Consiglio di sicurezza, ha rivelato che il conflitto in corso ha provocato lo scorso anno 11.418 vittime civili, di cui 3498 morti e 7920 feriti. Di esse 3512 sono state bambini — 923 morti e 2589 feriti — con un aumento del 24 per cento sulla più alta statistica finora registrata dal 2009. Come già in passato, lo studio dell’Onu sostiene che quasi i due terzi delle vittime sono addebitabili a forze antigovernative (per lo più talebani), mentre alle forze filo-governative è addossata la responsabilità di un quarto di esse. E nel corso di una riunione del Consiglio di sicurezza l’ambasciatore Inigo Lambertini, vicerappresentante permanente al Palazzo di Vetro, ha espresso la ferma condanna dell’Italia per l’attacco contro l’ospedale militare di Kabul avvenuto tre giorni fa, sottolineando la preoccupazione per l’aumento delle vittime civili in Afghanistan e l’allarmante situazione degli sfollati. Lambertini ha poi riaffermato l’appoggio al governo di unità nazionale e l’impegno italiano, nell’ambito della missione a guida Nato, a sostenerne gli sforzi, oltre a esprimere il plauso al lavoro della missione Onu. Intervenendo ieri sera al Consiglio di sicurezza il rappresentante speciale dell’Onu in Afghanistan, Tadamichi Yamamoto, ha dichiarato che «il governo afghano, i paesi della regione e le potenze chiave dovrebbero rafforzare il messaggio che i talebani possono essere parte del futuro afghano, e della sua struttura politica e sociale». Per quanto riguarda il più alto numero mai registrato per un singolo anno di vittime civili nel paese, Yamamoto, che è capo dell’Unama, ha aggiunto: «Temo le notizie che prevedono una intensa stagione di combattimenti nella prossima primavera». Intanto, almeno otto poliziotti afghani sono rimasti uccisi in un attacco condotto da loro colleghi nella provincia meridionale di Zabul. Lo hanno riferito le autorità locali, secondo cui due ufficiali hanno aperto il fuoco contro gli agenti a un posto di blocco nel villaggio di Loy Shor, nel distretto di Shinkay. I poliziotti hanno preso le armi, le munizioni e sono fuggiti per unirsi ai talebani. Trump chiede le dimissioni di 46 procuratori WASHINGTON, 11. L’amministrazione Trump ha chiesto a 46 procuratori statunitensi che erano stati nominati dal precedente presidente, Barack Obama, di lasciare immediatamente gli incarichi. Lo ha reso noto ieri, con un breve comunicato, la portavoce del dipartimento alla giustizia, Sarah Isgur Flores, per assicurare — ha precisato — «un trasferimento dei poteri uniforme». Per quanto riguarda l’amministrazione della giustizia, gli Stati Uniti si dividono territorialmente in 94 distretti, ciascuno presieduto da un procuratore federale nominato dal presidente su raccomandazione di un senatore. Si tratta di richieste di dimissioni arrivate a sorpresa. È tradizione — indicano gli analisti politici — che i procuratori mettano a disposizione l’incarico al nuovo presidente e molti dei procuratori nominati da Obama avevano già rassegnato le dimissioni dopo l’insediamento alla Casa Bianca di Donald Trump, lo scorso 20 gennaio. Ma 46 procuratori erano rimasti al loro posto. Il più noto tra i 46 procuratori è Preet Bharara, il procuratore di Manhattan, noto per il suo impegno contro la corruzione. In attesa che siano nominati i nuovi procuratori, al loro posto lavoreranno quelli di carriera. L’iniziativa di Trump — ricordano gli osservatori — non è senza precedenti. Il presidente Bill Clinton aveva infatti “licenziato” tutti e 93 i procuratori nella stessa giornata. L’amministrazione Obama aveva invece permesso ai procuratori nominati dal suo predecessore, il presidente George W. Bush, di rimanere al loro posto fino a quando non fossero designati i sostituti. pagina 4 L’OSSERVATORE ROMANO domenica 12 marzo 2017 Pontormo, «La Vergine annunciata» chiesa di Santa Felicita a Firenze, particolare della cappella Barbadori Capponi (1528) di VALERIO GIGLIOTTI ristianesimo è, per sua natura, teologia nella storia, insieme annuncio e proposta di salvezza. Ma è anche storia teologica dell’uomo: ne motiva le origini, ne spiega la condizione presente, interpreta i segni per la sua evoluzione a venire. Il mistero di Cristo precede la storia e, allo stesso tempo, ne illumina i metodi, le conquiste, i fini: il reale umano prende forma alla sua luce. Ma il binario che guida la storia è duplice, ed è inversamente percorso da Dio e dall’uomo: l’uomo distrugge, Dio riedifica, ma sulla stessa linea e con gli stessi mezzi. L’uomo pecca e genera morte — fisica, spirituale, sociale, culturale —, Dio salva e porta la vita. Come? Meglio: con Chi? E qui la risposta immediata della teologia cristiana è ovviamente la persona e il mistero di Cristo. Ma a ben leggere, la Maria nell’incontro tra Dio e l’uomo storia cristiana non può prescindere da un’altra complementare risposta, mediata alla luce dell’Incarnazione: Dio salva e porta la vita nella storia e per la storia per mezzo di una donna: Maria. Anche l’uomo introdusse il peccato e le morti per mezzo di una donna. Per tramite di Eva cade l’uomo, Adamo il Protoplasto; per tramite di Maria nasce l’Uomo, il Cristo Primogenito. Fu già dell’apologeta Giustino — II secolo dell’era cristiana — la sottolineatura ulteriore che coglie, si noti, Ma a Cana, a voler ben leggere la raffinon da Genesi, 3, ma dall’Annunciazione dato — il saggio lo sottolinea con acume — (Luca, 1, 26-38) per cui non solo la condi- dalla sua ossimorica (ma non è forse cifra natissima e non casuale esegesi giovannea, zione di donna (guné) ma quella ulteriore di tutto il cristianesimo?) maternità vergi- Maria non è, come nel resto delle narradi vergine (parthènos) accomuna l’antitesi nale: «Maria — negli Evangeli — è voce di zioni evangeliche, appellata parthènos, verfigurale delle corresponsabili della storia tutti, abbraccia una comunità, un gruppo, gine, bensì apostrofata dal Figlio guné: teologica dell’umanità: Eva nella morte, una classe sociale; è madre, sin dall’inizio, «Che vuoi da me, o donna?»: la vergineMaria nella vita: «Si fece uomo dalla Ver- dell’umanità e stende il suo manto, spesso figlia che diviene donna-sposa nell’istante gine, affinché per quella stessa via per la stellato, a coprire (come nelle pitture me- stesso in cui il Figlio si manifesta nella quale — cagionata dal serpente — ebbe dievali) il proprio popolo senza nome e la sua divinità iniziando, con il primo miraprincipio la disobbedienza, per la medesi- terra tutta». colo, la vita pubblica. Come può dunque Maria (l’etimo stesso ma via venisse similmente distrutta» (DiaQuesta dimensione di kénosis mariana, logo, 100, Patrologia Graeca, 6, 709). L’in- del nome, di origine ebraica, indica altez- per così dire, presente già nei Padri della tuizione di Giustino è ripreChiesa, latini e orientali, viene diffusa sa in filigrana dallo stesso nell’Occidente medievale da quella ricchisIreneo di Lione che presensima Biblia pauperum che furono le laude Il mistero di Cristo precede la storia ta Maria come nuova Eva: e i sermoni (si pensi a quelli, preziosissicome Cristo ricapitola Adami, di Bernardino da Siena) i quali attine allo stesso tempo ne illumina i metodi mo, annullando con la gragevano i grandi contenuti della fede dalle le conquiste e i fini zia il peccato primigenio, immagini della Scrittura, dei Padri, dei così Maria ricapitola Eva, Il reale umano vangeli apocrifi, della liturgia, accanto annullando con la sua obovviamente ai cicli pittorici, scultorei e prende forma alla sua luce bedienza la di lei disobbemusivi. dienza. Le due scene, Eden Dalle riprese del saluto angelico di san e Annunciazione, divengono Francesco d’Assisi («Ti saluto, Signora luogo iconico antitetico dell’incontro delle za, eccellenza) essere causa di salvezza, santa, regina santissima, / Madre di Dio, due protagoniste della storia umana, unite per sé e per tutti? Maria, sempre Vergine, / eletta dal santisnel progetto di salvezza ma non sul piano La risposta che, attraverso il viaggio “a simo Figlio diletto / e con lo Spirito Sanontologico: come Cristo non è al livello di Maria” ma direi anche “in Maria” propo- to consacrata. / Tu in cui fu ed è ogni pieAdamo, così Maria non è sul piano di sto da Ossola, ci viene fornita parrebbe nezza di grazia e ogni bene. / Ti saluto, Eva: Adamo è infatti tipo di Cristo come essere: perché anche lei è una salvata da suo palazzo, / Ti saluto, sua tenda, / Ti Eva è figura di Maria. Tra esse la Natività Cristo, anch’ella è figlia. La sua azione saluto, sua casa, / Ti saluto, suo vestimendi Betlemme, punto di congiunzione tra la nella storia non raggiunge direttamente e to / Ti saluto, sua ancella, / Ti saluto, sua storia e l’eternità. La curiosa narrazione immediatamente l’umanità e neppure se Madre») alla sottolineatura della sua umadell’apocrifo vangelo dell’infanzia armeno stessa, come tutti anche lei ha bisogno nissima misericordia nella lauda anonima (probabilmente di ispirazione nestoriana) della salvezza e dipende in tutto da Cri- dei servi della Vergine («fontana de sapresenta Eva, «la nostra prima madre» sto: per mezzo di Cristo, con adesione pientia, donna de clementia») o di Guittoche si reca con Giuseppe alla mangiatoia, piena alla sua volontà, il suo agire rag- ne d’Arezzo («Madre del mio Signore e prende tra le braccia il Bambino e lo ado- giunge la terra tutta. donna mia (...) / Chi se non tu misericorra, per ritrovare nel parto verginale di MaE questa vocazione universalistica della diosa?»). ria la propria redenzione: «Benedetto sia figuralità mariana si riscontra bene — nota Sarà però la Commedia di Dante a rivetu, o Signore, Dio dei nostri padri, Dio ancora Ossola — nella sobrietà con cui lare il vero itinerarium ad Mariam: è l’unid’Israele, che oggi con questo avvenimen- Maria parla nelle narrazioni degli evange- tà spirituale dell’intero poema a riposare to hai operato la redenzione dell’umanità li: dal ritrovamento di Gesù al tempio sull’ideale concreto della Vergine. Maria e mi hai riabilitata, sollevandomi dalla mia quando, sulla strada del rientro, «Maria in realtà è presente fin dalla prima cantica caduta, e mi hai reintegrata nella mia anti- conservava dentro di sé tutte queste cose sia pure mediatamente: è la «donna gentica dignità! Ora il mio animo si sente fiero meditandole nel suo cuore» (Luca, 2, 19), le» (Inferno, II, 93) che attraverso Lucia e ed esulta nella speranza di Dio salvatore». alla sublimità vertiginosa del Magnificat, Beatrice si fa carico di liberare il poeta dal Quasi un Magnificat minor tutto umano. alla sapienza misurata e premurosa del suo smarrimento; la sua presenza, viva e Ed ecco quindi resi più comprensibili suggerimento offerto al Figlio alle nozze plastica, attraverserà poi con efficacia tutte gli effetti permanenti nella storia: quelli di Cana (Giovanni, 2, 1-12): «Non hanno e sette le balze della montagna del Purgadella disubbidienza di Eva che dureranno più vino», in seguito colta e resa canto da torio, offrendosi come modello di vita e di quanto la storia dell’uomo sulla terra, Dante: «Più pensava Maria onde / fosser riscatto alle anime che sono in procinto di quelli dell’obbedienza di Maria dall’oggi le nozze orrevoli e intere» (Purgatorio, purificarsi in preparazione alla visio Dei e all’eternità. XXII, 142-143). divenendo così vero compendio dell’esemQuesta prospettiva di lettura iconica e plarità di Maria lungo figurale del ruolo di Maria ha solcato non il pellegrinaggio di sansolo la storia, talora incarnata nelle figure tità. Ma sarà ovviamendei santi, ma anche le più alte opere te nella sublime Predell’espressione umana: dalle arti figuratighiera alla Vergine di ve alla musica alla letteratura e oggi ci viesan Bernardo, nella terne restituita in un’alta sintesi parenetica za cantica, che il genio da un importante libro di Carlo Maria di Dante, «poeta-teoloOssola, Viaggio a Maria (Roma, Salerno go, e filosofo, che non Editrice, 2016, pagine 80, euro 7,90), non si contenta dell’allegoria già saggio ma meditazione posta a chiave dei poeti» sigillerà di volta tra la chiusura del giubileo della nell’eternità non la «sumisericordia indetto lo scorso anno da Pablime retorica del parapa Francesco e il Sinodo dei giovani che dosso cristiano», come si aprirà nel 2018, per una rilettura intebene argomenta Ossola, grale della presenza dell’umano nella stoma una lettera che è ria e nelle singole storie individuali. vera: veramente divina Così, se il mistero di Cristo precede e ile veramente umana: lumina la storia «il mistero di Maria cam«ogni termine di “Vermina nella storia: il dibattito teologico — gine Madre, figlia del con i suoi corollari di eresie e di definiziotuo figlio” è lettera di ni conciliari — dei primi secoli cristiani ha verità; non già paradosprincipalmente toccato la persona del Criso, ma identità della sto, la natura della Trinità; la storia della formula al suo essere Chiesa ne è stata profondamente segnata. nell’ “è”». Rovesciando La memoria di Maria si è lentamente svicosì «nell’ordine tutto luppata, dalla sua culla orientale e orto“comico” del “fantolin” dossa, sino a divenire il centro della pietà di cui narra il Paradiso» popolare romana: la liturgia, il canto deil «paradigma semantivoto, le invocazioni e i riti, e persino il co dell’innologia» e poteatro ne sono stati informati». nendo in rilievo il «reL’universalità del messaggio e dell’exemgistro della maternità» Filippino Lippi, «Apparizione della Vergine a Bernardo» (1482-1486) Vergine madre, figlia plum storicamente sensibile, di Maria, è C Nuovo Adamo e nuova Eva del tuo figlio si rinnovella sul piano ermeneutico e storico diventando «lettera dell’icona». E l’immagine da innografica diventa iconica, come dimostra la lettura di Carlo Ossola, nell’ispirazione del lessema composto figlia del tuo figlio alla «stupenda tradizione bizantina che associa, spesso su pareti o archi affrontati, la doppia letterale verità degli apici estremi della vita del Figlio nella vergine e della Vergine nel Figlio: la nascita del Cristo in fasce, l’ascesa in cielo dell’animula in fasce della Vergine, oltre il mistero della dormitio Virginis». Così i mosaici absidali raffiguranti la Dormitio di Pietro Cavallini (1291 o 1296) a dell’eredità dantesca che la «lettera di verità» di Maria consegnava alla storia: Batista da Montefeltro, sposa di Galeazzo Malatesta, signore di Pesaro, divenuta poi suor Girolama, clarissa, nel 1447, nella lauda «Vergine madre immaculata sposa» rilegge figlia del tuo Figlio con una simmetria speculare: «Vergine, di pietà regina e matre, / mira quanta miseria in me consiste / che al dolce sposo tuo, figliuolo e patre, / a cui nulla potenza mai resiste, / offrir non posso se non cose triste, / se non supplisse con la sua larghezza». E ancora Vittoria Colonna, duchessa di Pescara, pone l’accento sul momento dell’Incarnazione per definire il rapporto di maternità/paternità tra Dio e Maria: «Immortal Deo, nascosto in uman velo / l’adorasti Signor, figlio ‘l nutristi, / l’amasti sposo ed onorasti padre….» e altrove, sempre con accenti bizantineggianti e danteschi, sulla gloriosa incoronazione «Veggio ‘l figliuol di Dio nudrirsi al seno / d’una Vergine Madre, ed ora insieme / risplender con la veste umana in cielo». E infine Domenica Gambara cantando l’Incarnazione del Verbo, esprime in rime dotte la fede nell’umanità mediatrice e corredentrice di Maria: «O gran misterio, e sol per fede inteso / Fatto è il bel corpo tuo tempio di Dio, / Vergine santa, e in quello umile e pio / è per propria virtù dal ciel disceso». Così, sempre con lo sguardo rivolto all’umano, la Mater misericordiae ancora nella contemporaneità più prossima, proclamata nei dogmi dell’Immacolata Concezione (Papa Pio IX, nel 1854) e dell’Assunzione (Papa Pio XII, nel 1950) attraversa la storia, la fine di una certa forma storica dell’Ecclesia Dei e gli orrori disumanizzanti e annichilenti dei due conflitti mondiali, appare all’illetterata Bernadette a Lourdes per riconfermare la lettera di Verità tutta carne, teologia della storia. Basilica di Santa Maria Maggiore a Roma, particolare della Dormitio Mariae Santa Maria in Trastevere e quelli dell’Incoronazione di Maria di Iacopo Torriti in Santa Maria Maggiore, insieme alla gloriosa intronizzazione della Maestà di Duccio di Buoninsegna sull’altare maggiore del duomo di Siena possono sicuramente essere stati fonte per la resa poetica e teologica di una preghiera a Maria, inveratasi in versi e icona testuale del «Dante bizantino». La stessa materna misericordia ricordata in chiusura del saggio di Ossola dall’evocazione del discorso pronunciato da Piero Calamandrei del 15 settembre 1944 in occasione della riapertura dell’ateneo fiorentino: il giurista accademico sceglie di richiamare la Madonna del parto di Duccio di Buoninsegna come simbolo di grazia e «meditazione sul destino di pena dell’uomo, nello svelare — nelle premure della misericorde — la coscienza vissuta della mater dolorosa». Maria: dall’eternità all’eternità, attraverso la storia, Nel 1944 il giurista Piero Calamandrei ci dice Ossola, mediante la maternità e la grazia: «come in occasione della riapertura già nel poema dantesco, in dell’ateneo fiorentino lei finisce il nostro respiro, esala il nostro fiato, pulsa il citò la Madonna di Duccio di Buoninsegna nostro “qui”, si ritmano gli come simbolo di grazia e misericordia atomi di tempo e di misericordia». La consacrano tale gli inobliabili capitoli che la Lumen gentium dedica a MaLa lettura della novità teologico-figurale ria: «immagine e inizio della Chiesa che della canzone dantesca fa scuola evidente- dovrà avere il suo compimento nell’età fumente tra XIV e XV secolo, dagli echi più tura, così sulla terra brilla ora innanzi al evidenti di Antonio Beccari da Ferrara suo peregrinante Popolo di Dio quale se(«Tu se’ de’ peccator fermo consiglio, / tu gno di sicura speranza e consolazione, fise’ benigna madre di mercede… / fontana no a quando non verrà il giorno del Siviva di misericordia») alle riprese teologi- gnore». che del Poliziano («Vergine santa, immaMaria, la Vergine Madre, la Sposa Ficulata e degna, / Amor del vero Amore, / che partoristi il Re che nel ciel regna, / glia del Figlio, responsabilmente inserita creando il Creatore / nel tuo talamo mon- nel piano unitario di Dio che vuole il suo do») mediate dalla stilistica petrarchesca Verbo partecipe e redentore nella e della (Canzoniere, 366, «Vergine bella, che di sol storia umana, costituisce icona e punto di congiuntura tra il decaduto e il redento, vestita»). E ancora tra Quattrocento e Cinquecen- tra il presente e l’eterno: il viaggio di Dio to saranno tre donne a farsi testimoni a Maria per farsi uomo tra gli uomini. L’OSSERVATORE ROMANO domenica 12 marzo 2017 Il busto di Luigi pagina 5 XVIII Inaugurati i lavori di ricostruzione della guglia nord della basilica di Saint-D enis Il gioiello nella banlieue da Parigi di CHARLES DE PECHPEYROU i è aperto sabato 11 marzo un nuovo capitolo nella storia millenaria della basilica di Saint-Denis, necropoli dei re di Francia da Dagoberto, re franco della dinastia dei merovingi, fino a Luigi XVIII, con l’inaugurazione ufficiale del cantiere di ricostruzione della guglia nord della cattedrale gotica, smontata nell’ottocento. Tra qualche anno la basilica dovrebbe ritrovare il suo antico splendore perso nel 1847, S simbolo dell’unione della popolazione intorno a uno stesso progetto. Segno dell’importanza di quest’evento, è stato proprio il presidente della Repubblica François Hollande a presiedere all’inaugurazione, accompagnato dal ministro della cultura Audrey Azoulay, con la presenza del sindaco comunista Laurent Russier, all’origine di questa iniziativa, e del vescovo di Saint-Denis, monsignor Pascal Delannoy. Secondo il presule, intervistato dall’Osservatore Romano, la Da decenni si chiedeva l’avvio partecipazione del capo dello stato alla cerimonia si del cantiere spiega con il fatto che, «olin una città segnata oggi tre a essere un luogo fondamentale per la fede dei da grande povertà economica cattolici — qui giace san e da un clima di violenza sociale Dionigi, primo vescovo del posto nel terzo secolo — la cattedrale gotica è imprequando la guglia alta di 85 metri, in- scindibile dalla cultura e della storia debolita da una violenta tromba francese». d’aria l’anno precedente, dovette esTecnicamente, la ricostruzione sere smontata prima che crollasse. non dovrebbe creare problemi, giacErano decenni che i diversi sinda- ché la guglia e la parte superiore ci di Saint-Denis, città segnata oggi della torre nord che la sorreggeva da grande povertà economica e da furono smontate accuratamente sotto un clima di violenza sociale, chiede- la direzione di Viollet-le-Duc, uno vano l’avvio di questo cantiere come tra i più famosi architetti francesi dell’Ottocento, che aveva anche elaborato una pianta molto dettagliata dell’edificio tuttora conservata all’Archivio nazionale. Molti blocchi di pietra troppo morbidi verranno sostituiti da blocchi provenienti da rocce più dure. Soprattutto, le stesse tecniche costruttive dell’architettura medievale saranno utilizzate, in quanto il cantiere ha anche una vocazione educativa e divulgativa e sarà aperto al pubblico, in modo tale da poter finanziare i lavori con gli incassi delle visite guidate. Il ministero della cultura, in effetti, ha dato il suo accordo per la ricostruzione a condizione che sia autofinanziata. Secondo ogni probabilità, come è stato il caso per altri progetti dello stesso tipo realizzati nel recente passato — la replica dell’Hermione, la storica fregata con cui il marchese La Fayette andò in America, oppure la ricostruzione del castello medievale di Guédelon, vicino a Parigi — il cantiere della guglia nord della cattedrale dovrebbe essere molto frequentato da turisti, studenti di storia dell’arte o ragazzi in gita scolastica. Il Comune di Saint-Denis punta anche su questa operazione per promuovere l’economia locale attraverso l’assunzione di nuovi apprendisti, di operai e di guide. Inoltre, sarà un’occasione di fare (ri)scoprire a tutti i cittadini francesi un gioiello del loro patrimonio storico e cultura- le, situato in una banlieue attualmente sinonimo, nell’opinione pubblica, di covo di terroristi islamici. Il progetto di abbellimento della cattedrale, che rappresenta il cuore pulsante della città, sarà motivo di fierezza per gli abitanti di Saint-Denis, cattolici, musulmani o non credenti, prevede monsignor Delannoy, che si auspica che numerosi visitatori e pellegrini affluiscano da tutta Europa e anche dal Giappone e dagli Stati Uniti, per ammirare la nuova guglia. «Già oggi, i nostri fratelli e sorelle musulmani entrano in questo edificio per trovare un luogo di silenzio e di raccoglimento — sottolinea il vescovo — e hanno un grande rispetto per la basilica, così come, del resto, tutti i nostri cittadini». mausoleo. Ma quella ricostruzione Ancora oggi, in effetti, gli edifici re- «ha riconciliato i cattolici con la Religiosi, e in particolare le cattedrali, pubblica», si rallegra lo storico. Un hanno questa capacità di «unificare messaggio di speranza che non va la nazione», secondo lo storico del dimenticato da chi, nella pubblica patrimonio culturale Jean-Michel Leniaud. Alla fine Anche i musulmani entrano in questo edificio della prima guerra mondiale, ricorda, per trovare un luogo di silenzio «la cattedrale di e di raccoglimento Reims, bombardata più di una cinquane hanno un grande rispetto per la basilica tina di volte, fu restaurata grazie allo slancio di un movimento popolare che si impose agli amministrazione, sembra talvolta reanticlericali e alle persone poco en- stio a incentivare la manutenzione di tusiaste». Non era scontato, tanto edifici di culto a motivo di una inche alcune persone volevano lasciar- sufficiente frequentazione da parte la in rovina e creare una sorta di dei fedeli cattolici. «Made in Roma and Aquileia» Marchi di fabbrica Lucerna con una forma per il vetro (primo secolo dell’era cristiana) di GABRIELE NICOLÒ ettere in rilievo e far apprezzare l’importanza dei marchi e dei segni di fabbricazione e di possesso nel mondo antico: è questo l’obiettivo della mostra Made in Roma and Aquileia, fino al 31 maggio al palazzo Meizlik di Aquileia, organizzata dalla Fondazione Aquileia e dal Museo archeologico nazionale, sviluppando un’idea della soprintendenza capitolina. L’esposizione, che si pone sulla scia della mostra Made in Roma svoltasi, nei mesi scorsi, ai Mercati traianei, muove da una consapevolezza ben radicata: i prodotti della regione Friuli Venezia Giulia, di cui Aquileia ha costituito per secoli un basilare punto di riferimento, hanno un grado di eccellenza che si ricollega idealmente a duemila anni di storia e a una cultura della produzione che ha radici profonde nel M mondo romano. Ciò significa, spiega nel catalogo della mostra Antonio Zanardi Landi, presidente della Fondazione Aquileia, che «se in Friuli - Venezia Giulia e nei territori vicini operano con successo, riconosciuto a livello mondiale, grandi produttori di acciai speciali e di ferro, grandi artisti del vino, avanzatissimi produttori di medicinali, orafi di grande successo, fantasiosi artisti del vetro, tutto questo non è un caso. Il successo di oggi — sottolinea Zanardi Landi — va ricollegato a una ricerca di eccellenza iniziata in queste terre ancora prima della nascita dell’Impero e quando buona parte d’Europa era ancora abitata da popolazioni nomadi e con un’economia di sussistenza». Tale concetto è importante anche oggi ma lo è ancora di più per il futuro. «La globalizzazione — rileva il presidente della Fondazione Aquileia — ha operato trasformazioni irreversibili nei mercati e sempre più difficile sarà per l’occidente far fronte a sfide e alla concorrenza di paesi con costi della manodopera molto più bassi e con popolazioni in rapida crescita». E quindi l’unico modo per «riuscire vincenti» in questo scenario è rappresentato da una combinazione tra ricerca e innovazione, nonché dalla garanzia della qualità del prodotto. L’aver quindi dedicato una mostra «a temi così sensibili e vicini al tessuto produttivo della regione», sottolinea Zanardi Landi, serve anche a focalizzare l’attenzione su uno dei principali obiettivi perseguiti dalla Fondazione Aquileia: quello di costituire un elemento di sviluppo, anche economico, dell’intero territorio. Nel rivalutare l’importanza dei “marchi di fabbrica”, l’esposizione abbraccia un panorama che spazia da Aquileia all’Urbe, e dall’Urbe alle province dell’Impero. È una rivalutazione che trae forza dal luogo da cui scaturisce, appunto Aquileia, centro politico, economico, commerciale, nonché crocevia di popoli e culture in quanto snodo vitale dei rapporti tra area mediterranea e continentale. Sono numerosi i temi che scandiscono il percorso della mostra: l’industria del laterizio e i bolli doliari a Roma in età imperiale; le modalità per marchiare il vetro; iscrizioni e sigilli della farmacopea romana; il marchio relativo a marmi e a pietre; l’arte di Esculapio, medici, medicina e farmaceutica ad Aquileia; l’instrumentum inscriptum ad suono prodotto dal picchiettio del legno sull’ago impiegato per forare la pelle. Tattow entrò definitivamente nel vocabolario inglese riscritto come tattoo per giungere infine in Italia come tatuaggio. Desta particolare interesse Per esempio i marchi di fabbrica dell’opus doliare attestano una notevole presenza femminile nelle figlinae, settore fondamentale in età imperiale in virtù dello sviluppo della grande edilizia pubblica urbana. I bolli riportano i nomi di molte donne di casa imperiale: le Augustae Pompeia Plotina, Sabina, Annia Galeria Faustina Minor. Ma le donne appartenenti all’élite imperiale non erano le sole a rivesti- Assai prezioso fu il lavoro svolto dalle donne nella produzione laterizia Ma è un fenomeno poco noto per il silenzio delle fonti Aquileia, la lucerna aquileiese in terracotta. E non manca un aspetto che sa tanto di attualità, e che per questo desta particolare interesse: ovvero l’antropologia del tatuaggio, nell’ottica di un’identità che l'uomo cerca di riscrivere su se stesso, sulla sua pelle. Al riguardo la mostra fornisce interessanti informazioni che probabilmente sono ignote ai più. Il tatuaggio ha conosciuto diffusione e visibilità in Europa verso la metà dell’Ottocento, con le esposizioni di tatuati nei circhi e nelle fiere grazie alla “riscoperta”, nel 1769, da parte del celebre esploratore e navigatore britannico James Cook, il quale, al ritorno di un viaggio dalle isole del sud del Pacifico, trascrisse per la prima volta la parola tattow. Dal termine indigeno tatu o tatau, fa riferimento al Bollo laterizio di «Potens, servus degli Aufidi» (primo secolo dell’era cristiana) anche il capitolo della mostra sul lavoro delle donne nella produzione laterizia. Come scrive Alessandra Balielo nel catalogo, il ruolo femminile nell’economia romana è un fenomeno poco conosciuto a causa del silenzio quasi totale delle fonti letterarie. Ma approfondite ricerche hanno permesso di scoprire come in realtà il contributo delle donne in questo ambito abbia rivestito un ruolo assai significativo. re un ruolo importante nell’industria laterizia. Per il secondo e terzo secolo si conoscono infatti circa 150 nomi di domini figlinarum: cinquanta erano donne. In questo scenario spicca il nome di Flavia Seia Isaurica, dell’ordine senatorio: ella rappresenta ante litteram la figura dell’imprenditrice di successo, in qualità di prima produttrice di mattoni nella sua famiglia. L’OSSERVATORE ROMANO pagina 6 domenica 12 marzo 2017 di PIERANGELO SEQUERI L’ispirazione di una teologia del matrimonio come vocazione creaturale e cristiana di alto profilo, che si allarga e si approfondisce oltre i termini giuridici e morali della sua abituale considerazione, è stato certamente propiziato, con incessante progressione, dal magistero cattolico più autorevole. Dall’incisiva valorizzazione della pari dignità e intrinseca correlazione antropologica della finalità unitiva e generativa (Paolo VI), che iscrive la famiglia nel luogo centrale della trasmissione del senso della vita e del legame fra le generazioni che arricchisce la storia dei popoli, fino all’iscrizione della spiritualità coniugale-famigliare dentro la corporeità dell’eros umano: che porta già in se stesso i segni della sua destinazione al compimento relazionale dell’essere personale e all’attuazione della grazia di agape (Giovanni Paolo II). In un breve giro di anni il supremo magistero cattolico ha impresso forza e direzione all’esplorazione del tema coniugale-familiare quale centro nevralgico dell’antropologia cristiana: che coinvolge direttamente una specifica visione dell’essere della persona e del legame sociale. Uno degli aspetti di maggiore rilievo di questo processo teologicamente innovativo della teologia del matrimonio, esemplarmente stimolato dal magistero ecclesiastico, è proprio rappresentato dalla sempre maggiore evidenza che viene ad assumere la sua intrinseca connessione con la realtà della famiglia. Il sacramento cristiano è sacramento del matrimonio e della famiglia, indisgiungibilmente. La teologia deve ora dotarsi della convinzione e degli strumenti necessari per adempiere, juxta sua propria principia, al compito di decifrazione e di elaborazione sistematica di questa promettente espansione del tema. E illu- «Amoris laetitia» e l’armonia di eros, philia e agape Seguendo l’ordine degli affetti giosa e irreligiosa, del suo esercizio. Non c’è più un’epica degli eventi rivelatori di Dio nella storia: ormai la rivelazione della prossimità sovrana di Dio illumina le storie di vita quotidiana degli uomini, delle donne, dei bambini. La rivelazione di Gesù trae di lì i simboli forti del peccato e della grazia. Papa Francesco riporta in primo piano questo nesso, affidandogli il compito di calibrare la dottrina cristiana, affinché non eluda il suo ordine di referenza (il matrimonio effettivo, la famiglia reale) sul filo dell’autoreferenzialità (e dell’autocompiacimento) delle formule giustamente accumulate dall’ermeneutica della tradizione. Il capitolo quarto di Amoris laetitia (L’amore nel matrimonio) è certamente il luogo in cui Francesco condensa l’apporto innovativo e propositivo Dal numero di gennaio de «La rivista del clero dell’espansione fenomenoitaliano» pubblichiamo stralci della prolusione che logica e integrazione esiil preside del Pontificio istituto Giovanni Paolo II stenziale della parola criper studi su matrimonio e famiglia ha tenuto nel stiana che interpreta la fenovembre scorso a Palermo alla Facoltà teologica de, l’intimità feconda di Sicilia San Giovanni Evangelista. Il tema del dell’uomo e della donna, rapporto tra Chiesa e famiglia viene sviluppato accolta come “sacramento” alla luce del magistero di Papa Francesco del disegno creatore di contenuto nell’esortazione apostolica postsinodale Dio. Questo capitolo conAmoris laetitia. tiene gli elementi di una vera e propria ricomposizione sistematica dell’antropologia teologica del matrimonio intorno alla vestrarne in modo culturalmente adeguato — rità sapienziale — non pelagiana (volontae anche educativamente attrattivo — le vir- rista) e non gnostica (spiritualista), non iltualità umane e sociali. Il primo e più ur- luministica (razionalistica) e non romantigente percorso di questo approfondimento ca (sentimentale) — del matrimonio. è certamente quello antropologico. L’al- L’amore non è semplice incanto del sentileanza dell’uomo e della donna va anzitut- mento o slancio ideale dell’affetto. L’amoto restituita all’ampiezza del disegno crea- re è un operare edificante: «voler bene» è tore originario, che affida alla loro intesa un «far bene» (Amoris laetitia, 94). L’inviil mondo e la storia. L’alleanza coniugale to, qui, è a una concezione dell’amore coe familiare è il sacramento di questa origi- me tessitura costruttiva che si arricchisce naria destinazione: ma essa non si esauri- nel tempo, come un lavoro ben fatto che sce nel matrimonio. Essa va interpretata genera la vita e rigenera il mondo. Un elesull’orizzonte dell’intera condizione uma- mento strategico dell’impianto di questo na, indicando la necessità di realizzare capitolo è il coraggio di parlare della cariquella reciproca intesa a tutti i livelli della tà coniugale come affinamento estetico trasformazione del mondo e della costru- della passione (eros) e forma superiore di zione della storia: la società e il lavoro, il amicizia (philia), che trovano riscatto, susapere e l’educazione, l’economia e la po- blimazione e compimento nel grembo di litica. La pastorale ecclesiastica, dal canto agape, in cui irradia e si riflette la pura suo, deve corrispondere alla ritrovata cen- grazia dell’amore inarrivabile di Dio tralità strategica della famiglia, in ordine (Amoris laetitia, 120-127). Questa discreta alla configurazione e alla missione della illustrazione dell’amore coniugale come comunità ecclesiale della fede, assumendo- luogo emblematico (ma non totalizzante, si la responsabilità e l’iniziativa di attrarre rispetto al più vasto e ricco repertorio dentro l’orizzonte dell’edificazione della dell’alleanza creaturale dell’uomo e della comunità il dinamismo universale della donna) della circolarità di eros, philia e realtà familiare. La portata testimoniale e agape, in un universo culturale (ma anche propositiva di questo rimodellamento fa- teologico) che tende a tenerli separati o a migliare dell’immagine di Chiesa, nel concepirli come alternativi, senza compocontesto odierno, non può sfuggire a nes- sizione realmente possibile, è una vera e suno. propria perla (Amoris laetitia, 142-157). L’apporto del magistero di Amoris laeti- L’apertura sollecita a non appiattire il letia all’ulteriore avanzamento in questa di- game coniugale-familiare su una relazione rezione mi sembra che possa essere colto, e su una storia “di coppia” che — quasi con uno sguardo complessivo, in due trat- inevitabilmente — si edifica intorno alti metodologicamente innovativi, che han- l’unicità delle implicazioni relazionali di no tuttavia riflesso, per loro stessa natura, eros, rinviando a un diverso e ulteriore sui contenuti del suo insegnamento. Il pri- contesto le tessiture dell’amore che si mo tratto lo potrei definire così: l’impiego muovono sul registro di philia e di agape. sistematico del piano di discorso che caIl matrimonio non è il fine ultimo ratterizza la predicazione evangelica di dell’ordine degli affetti che si ispira ad Gesù, che illumina la verità della prossi- agape. Eppure, la mediazione del matrimità di Dio nel registro sapienziale — pro- monio e della famiglia, per la composizioprio e metaforico — delle storie quotidiane ne e la ricomposizione umana dell’ordine di vita. Dove “quotidiane” non vuol dire degli affetti (individuale e sociale, mentale private, e neppure minime: vuol dire atti- e planetario, razionale e simbolico, civile e nenti alla condizione umana comune, e religioso) è semplicemente essenziale e inperciò, in quanto tali, decisive per l’evi- sostituibile per la nostra iniziazione all’ordenza della verità “ultima” dell’umano. dine degli affetti che edifica il regno di Gesù non predicò un sistema di idee che Dio (Amoris laetitia, 120-141). Il ritardo di doveva ridefinire la dottrina ebraica e defi- una più ampia visione teologica dell’alnire la novità cristiana: disse piuttosto la leanza uomo-donna, intesa come fatto soverità dell’amore e della giustizia di Dio ciale totale e non come semplice istituzioin riferimento alla condizione umana, reli- ne specifica, si riflette nell’impostazione Chiesa e famiglia della diagnosi sulla rilevanza etica e religiosa della trasformazione dei rapporti fra individuo e società. Lo sviluppo del ruolo istituente — e in certo modo fondante — del plesso matrimonio-famiglia, rispetto alla costituzione dell’identità umana e alla configurazione del legame sociale, rimane alquanto generico. Le formule sintetiche che evocano questa profondità (la famiglia «cellula fondamentale» della società, la famiglia piccola «Chiesa domestica») spesso non la esplorano con la dovuta profondità di articolazione, rischiando di circolare come luoghi comuni di vaga significazione propositiva e di irrilevante portata pratica. La riflessione teologica deve misurarsi in modo determinato e comprensibile con le modalità relativamente anomale in cui le dinamiche familiari vengono a occupare la loro posizione fondativa. Modalità che sono spesso anomale in riferimento alla correlazione fra rappresentazione culturale e fatti sociali. La posizione fondante, infatti, è realmente occupata dal matrimonio e dalla famiglia. Essa però viene restituita al sapere sociale nel quadro di una rappresentazione per molti aspetti disallineata con la sua effettività: nel senso che non ne rende conto, o addirittura non rende giustizia al lavoro umano dell’amore che essa dona alla società tutta. Si tratta dunque di elaborare il nesso tra la realtà familiare cristiana che prende forma mediante la fede, con la dimensione ecclesiale della vita familiare: nella sua configurazione personale e comunitaria, interiorizzata e vissuta. Nella concezione e nella pratica cristiana, del resto, il matrimonio è un sacramento cristiano-ecclesiale, in un senso affatto specifico: è dunque impensabile che il legame con la realtà comunitaria della fede non debba esplicitare il suo carattere costitutivo e la sua intrinseca reciprocità. Si potrebbe adottare, con le precisazioni e i limiti del caso, la formula breve già adottata per l’eucaristia: la Chiesa fa la famiglia cristiana e la famiglia fa la Chiesa cristiana. Di fatto, com’è evidente a tutti, una vera e propria ecclesiologia della famiglia è ancora una dimensione piuttosto virtuale della teologia (e della pastorale). L’ecclesiologia della famiglia, dal canto suo, parzialmente esplorata in questi decenni, nel contesto della riflessione sulla spiritualità dei gruppi familiari, del rinnovamento postconciliare della parrocchia, della possibile specificità di un ministero coniugale, non sembra aver ancora prodotto un vero e proprio ri-orientamento dell’ecclesiologia nel suo complesso. Né sembra disponibile, allo stato, una progettualità pastorale sensibilmente diversa della forma di Chiesa, in grado di abitare e fronteggiare la nuova condizione secolare dell’ethos coniugale e familiare, senza limitarsi a resistere o a sottrarsi alla cultura che variamente lo interpreta. Pensiamo all’opportunità di leggere in questa chiave, almeno per un momento, l’intero capitolo ottavo. Ossia di leggerlo, al di là delle interpretazioni che lo riducono ai due o tre punti che hanno polarizzato il conflitto delle interpretazioni relative alle implicazioni dottrinali e disciplinari dell’accesso al sacramento della riconciliazione e dell’eucaristia, alla luce della dottrina ecclesiologica che esso vuole indirizzare e attivare. Leggiamolo cioè come rappresentazione emblematica della forma di Chiesa che si raccoglie nella condizione di una società ormai trasformata in società degli individui, in convivenza multiculturale, in meticciato di secolarità e religione: infine, di famiglie regolari, irregolari, e anche di non-famiglie. Lo stile con il quale la Chiesa si manifesta e si rende presente nella storia e nelle vicissitudini della famiglia è un indicatore altamente sintomatico del rapporto che di fatto sussiste fra trasmissione della fede cristiana e composi- zione del legame sociale nella condizione presente. La profonda mancanza di comunità che segnala il problema strutturale più serio dell’odierna socializzazione è al tempo stesso causa ed effetto della vulnerabilità della famiglia nell’odierno sistema civile: le sue mutazioni, infatti, hanno inciso direttamente sull’assetto del rapporto fra istituto familiare, progetto esistenziale, ordine degli affetti. Di per sé, la circostanza riabilita la vocazione della famiglia cristiana a farsi connettivo testimoniale di una più profonda interpretazione del rapporto fra individuo, affetti e società, come anche di una più efficace circolarità di eros, philia e agape nella configurazione del progetto familiare dell’uomo e della donna. Questa vocazione testimoniale non può che esprimersi in una immagine pratica della forma ecclesiale che sia capace di rendere evidente la disposizione ad accompagnare, accogliere, integrare, il processo di persuasiva conversione alla prati- che la vocazione storica della famiglia cristiana sia proprio quella di consentire alla familiarità ecclesiale di sintonizzarsi in presa diretta con la dispersione sociale e l’inaridimento affettivo dei singoli. Non solo la Chiesa non consegna alla deriva secolare le vicissitudini e le ferite delle famiglie che la frequentano e persino la abitano. Essa stessa si ricompone, sul campo, nell’evidenza di un popolo di Dio in marcia, attraverso le fatiche e le contraddizioni del passaggio fra le generazioni, verso l’inclusione nel corpo del Signore. Nel capitolo ottavo di Amoris laetitia (ma in generale nella nuova eloquenza teologica del sermo humilis adottato da Papa Francesco, nella scia della predicazione di Gesù), la “descrizione” della forma familiare della Chiesa comunica anche immediatamente la vitalità e la persuasività di una testimonianza della fede affidata in presa diretta all’inabitazione — nella buona e nella cattiva sorte — di una rete familiare della circolarità di eros, philia e agape. Per una Chiesa “in uscita” nella città secolare, la famiglia cristiana è “l’ingresso” più eloquente alla forma cristiana. Si riflette, in questa immagine, la splendida “gerarchia” (nel senso dell’ordine testimoniale) di quella che io chiamo la «scena originaria» della rivelazione: Gesù, i discepoli, le folle. I discepoli non sono perfetti, ma il loro speciale legame con il corpo del Signore, e la loro disposizione alla sequela del Signore in favore di terzi — molto prima che per se stessi — li rende mediatori efficaci dell’amore salvifico di Dio. Le folle sono stratificate lungo tutte le gradazioni della irregolarità religiosa, etica, sociale. Eppure, l’attrazione e l’incoraggiamento che esse ricevono a radunarsi in ekklesìa intorno a Gesù, rendono evidente e palpabile l’affezione profonda del Signore. La comunità anomala che si raccoglie intorno a Gesù e ai discepoli, alla quale il Signore annuncia in parabole e miracoli la buona notizia della prossimità di Dio, riceve guarigione dai mali che uccidono la fede, la speranza e anche l’amore tra gli uomini. Ogni passo fatto verso la liberazione dal male donata da Dio ai figli e alle figlie degli uomini, nella conversione della mente e del cuore, è un passo fatto verso il radi- Marc Chagall, «Cantico dei cantici V» (1965-1966) cabilità e alla bellezza di un progetto coniugale-familiare coerente con la giustizia dei suoi affetti. Non senza mettere in evidenza la disposizione a offrire sostegno per le sue incertezze, cura per le sue ferite, riscatto per i suoi stessi fallimenti. A ben vedere, questa immagine di Chiesa è, in realtà, l’immagine stessa della Chiesa: spazio di conversione e luogo di rinascita, grembo di familiarità riconciliata con Dio e con gli uomini, riserva di grazia per la liberazione dalla pressione di conformità delle potenze mondane. La famiglia è precisamente nel fuoco dell’opportunità di rigenerare il dispositivo comunitario dell’ordine degli affetti di cui l’epoca presente patisce la mancanza, a motivo del degrado mercantile e sentimentale delle figure dell’amore (che approda alla socialità emozionale e burocratica dei clienti e dei consumatori). Nell’orizzonte cristiano, sembra verosimile camento della familiarità con Dio tra gli uomini. Il lessico famigliare della generazione e della cura è il più adatto a illuminare la verità rivelata di questo annuncio (cfr. Amoris laetitia, 87). Oggi il legame fra i generi e le generazioni patisce direttamente una profonda incertezza a riguardo della giustizia delle affezioni che devono abitarlo. La famigliarità di eros con philia e agape, iscritta negli effetti del sacramento coniugale, è la forma testimoniale della conciliazione possibile fra la verità dell’amore umano e la certezza della grazia di Dio, che la famiglia cristiana offre alla Chiesa per l’annuncio della fede che salva (cfr. Amoris laetitia, 88). Di qui, verosimilmente, la Chiesa deve apprestarsi a ricomporre la forma vitale, e non semplicemente legale, della comunità che le è chiesto di radunare intorno al Signore. L’OSSERVATORE ROMANO domenica 12 marzo 2017 pagina 7 Jean-Louis Forain «Il ritorno del figliol prodigo» (1925) Misericordia e riconciliazione Ogni giorno è giubileo di NICOLA GORI È terminato l’anno santo della misericordia, ma per i cristiani che si accostano al sacramento della confessione ogni giorno è un nuovo “giubileo” nel quale si può sperimentare la gioia del perdono di Dio. Lo ricorda sua eccellenza monsignor Krzysztof Nykiel, reggente della Peniten- puntamento dedicato al sacramento della riconciliazione. Perché è così importante la confessione per la vita della Chiesa? In forza del mandato che il Risorto ha dato ai suoi discepoli — «a chi rimetterete i peccati saranno rimessi» — la Chiesa fin dalle origini ha sempre proclamato la buona notizia che «Dio è ricco di misericordia» e, perciò, «ha mandato nel mondo il suo Figlio unigenito perché il mondo si salvi per mezzo di lui». La remissione dei peccati è la missione principale della I lavori dell’annuale corso sul foro interno Chiesa nel mondo. A inizieranno martedì pomeriggio, 14 marzo, tutti abbiamo il donel palazzo romano della Cancelleria, con la lectio vere di ripetere con magistralis del cardinale penitenziere maggiore san Paolo: «LasciateMauro Piacenza su «Eredità e prospettive vi riconciliare con del giubileo della misericordia nella missione Dio». La Chiesa, inpastorale della Chiesa», seguita dalla conferenza fatti, deve ricordare del reggente sulla «Penitenzieria apostolica: innanzitutto a se un dicastero al servizio dei confessori stessa e agli uomini e dei penitenti». del nostro tempo che Il programma comprende poi gli interventi dei prelati alle sorgenti della della Penitenzieria: l’arcivescovo Arthur Roche, sua missione di riil vescovo Juan Ignacio Arrieta Ochoa conciliazione si trova la volontà di Dio che de Chinchetru, monsignor Giacomo Incitti, tutti si salvino e il gesuita Ján Ďačok, il salesiano Paolo Carlotti giungano alla felicità e i francescani Edoardo Brentari e Maurizio eterna. Dio ha creato Faggioni. Il corso si conclude venerdì 17 gli uomini affinché con l’udienza papale e, nel pomeriggio alle 17, vivano nella sua amicon la celebrazione penitenziale presieduta da cizia e in comunione Francesco nella basilica di San Pietro. fraterna fra di loro. Per l’occasione saranno disponibili per l’ascolto delle La confessione è, alconfessioni dei fedeli ottanta sacerdoti messi a lora, importante perdisposizione dalla Penitenzieria, la maggior parte dei ché è il sacramento quali penitenzieri ordinari e straordinari delle che ristabilisce la nobasiliche papali dell’Urbe. stra amicizia con Dio ogni qualvolta il peccato ci allontana da lui e ci separa dal zieria apostolica, in questa intervista al- suo amore misericordioso. La confessione l’Osservatore Romano alla vigilia dell’an- è indispensabile se vogliamo davvero spenuale corso sul foro interno, in program- rimentare la gioia di sentirci amati da Dio, ma dal 14 al 17 marzo, nella quale traccia perdonati da lui, circondati e protetti dal suo abbraccio, come narrato nella parabouna sorta di identikit del confessore. la del padre misericordioso che «fa festa e Da ventisette anni la Penitenzieria apostolica si rallegra» quando può finalmente riabdurante la quaresima organizza questo ap- bracciare suo figlio che ritorna pentito ma Nel palazzo della Cancelleria fiducioso che sarebbe stato riaccolto nella sua casa. Come e attraverso chi la Chiesa esercita questo “mandato” di misericordia e di salvezza? Il mandato di rimettere i peccati costituisce una vera e propria novità evangelica. Gesù conferisce agli apostoli il suo potere di perdonare i peccati. La Chiesa, sin dalle origini, ha ritenuto tale potere anche come trasmissibile ai successori degli apostoli, investiti così della missione di continuare nel tempo il servizio di essere ministri della riconciliazione, ambasciatori della misericordia di Dio. Qui si manifesta tutta l’importanza del ministro della riconciliazione, chiamato, per antichissima consuetudine, il confessore. Questo è certamente un compito delicato ed esigente, ma è anche il compito più gratificante e consolante del ministero sacerdotale. Il confessore è immagine visibile dell’invisibile misericordia di Dio; è colui che, assolvendo «nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo», libera l’uomo — come scrive l’apostolo Paolo nella lettera ai Colossesi — «dal potere delle tenebre per trasferirlo nel regno del suo Figlio diletto, per mezzo del quale abbiamo la redenzione, la remissione dei peccati». Il confessore genera alla vita divina, trasmette pace e riconciliazione, comunica la gioia della salvezza e della misericordia. Papa Francesco, nell’udienza concessa ai partecipanti al corso sul foro interno dello scorso anno, ha ribadito che «è importante che il confessore sia un “canale di gioia” e che il fedele, dopo aver ricevuto il perdono, non si senta più oppresso dalle colpe, ma possa gustare l’opera di Dio che lo ha liberato, vivere in rendimento di grazie, pronto a riparare il male commesso e ad andare incontro ai fratelli con cuore buono e disponibile». Quali devono essere le doti di un buon confessore? Personalmente ritengo che ogni sacerdote, nell’atto di amministrare il sacramento del perdono, non possa prescindere da quelle richieste ben precise avanzate da Papa Francesco nella lettera apostolica Misericordia et misera al numero dieci: «Vi chiedo di essere accoglienti con tutti; testimoni della tenerezza paterna nonostante la gravità del peccato; solleciti nell’aiutare a riflettere sul male commesso; chiari nel presentare i principi morali; disponibili ad accompagnare i fedeli nel percorso penitenziale, mantenendo il loro passo con pazienza; lungimiranti nel discernimento di ogni singolo caso; generosi nel dispensare il perdono di Dio. Come Gesù davanti alla donna adultera scelse di rimanere in silenzio per salvarla dalla condanna a morte, così anche il sacerdote nel confessionale sia magnanimo di cuore, sapendo che ogni penitente lo richiama alla sua stessa condizione personale: peccatore, ma ministro di misericordia». A me sembra che i diversi aspetti evidenziati in questa espressione rappresentino un vero e chiaro percorso di accompagnamento spirituale dei fedeli all’incontro con la misericordia di Dio, ma ancora più specificamente indichino le diverse e significative tappe di un processo educativo al sacramento della riconciliazione, al quale ogni confessore deve permanentemente riferirsi. Per questo motivo Papa Francesco invita sempre i sacerdoti confessori a non sentirsi padroni del sacramento del perdono, bensì suoi servi e fedeli amministratori, accogliendo i fedeli come il padre nella parabola del figlio prodigo. Un padre che attende, va incontro, stringe, perdona, dimentica e ristabilisce; un padre che sa intercettare, dal cuore dell’altro, l’invocazione di aiuto e di perdono. Come i sacerdoti devono rispondere alla consegna di «prepararsi con grande cura al ministero della confessione»? Oltre l’invito chiaro e diretto di Papa Francesco, possiamo riprendere le parole di Giovanni Paolo II quando, in uno dei tanti messaggi rivolti alla Penitenzieria apostolica, invitava i sacerdoti confessori a «ritornare all’esperienza del cenacolo per ritrovare la motivazione profonda della propria formazione di ministro della misericordia di Dio e amministratore del sacramento della riconciliazione». Infatti, se la teologia evidenzia che il ministro sacro agisce in persona Christi, l’esperienza dell’effusione dello Spirito nel cenacolo, dopo la risurrezione di Cristo, è stata anticipata per gli apostoli proprio in rapporto al ministero della remissione dei peccati. Così affermava Papa Wojtyła nel discorso ai penitenzieri delle basiliche papali di Roma, il 20 marzo 1989: «Noi sacerdoti, nell’impartire ai fedeli la grazia e il perdono nel sacramento della penitenza, compiamo l’atto più alto, dopo la celebrazione dell’Eucaristia, del nostro sacerdozio, e in esso realizziamo, si può dire, il fine stesso della incarnazione». Quindi nell’assolvere al ministero della misericordia per eccellenza, il confessore va al di là del perdono dei peccati, spingendosi a raggiungere quasi una mistica identificazione con Cristo Gesù. Diventa, allora, importante educare continuamente e permanentemente i sacerdoti confessori alla bellezza della penitenza, che trova la sua pienezza nel sacramento della riconciliazione, come anche formarli alla dedizione amorevole di questo sacramento, consapevoli che tale passione sarà veramente coinvolgente nella misura in cui si è fatta esperienza personale della misericordia divina. Questo è lo scopo che muove la Penitenzieria apostolica a organizzare e promuovere annualmente il corso sul foro interno, per aiutare i sacerdoti a prendere coscienza della grandezza e sublimità del sacramento della confessione. Documento dei curas villeros di Buenos Aires In Germania cerimonia alla presenza delle più alte cariche dello stato Immigrazione e razzismo Per guarire le memorie BUENOS AIRES, 11. «Nessun popolo è criminale o narcotrafficante o violento. “Si accusano della violenza i poveri e le popolazioni più povere, ma, senza uguaglianza di opportunità, le diverse forme di aggressione e di guerra troveranno un terreno fertile che prima o poi provocherà l’esplosione”»: citano Papa Francesco, e in particolare l’esortazione apostolica Evangelii gaudium (59), i sacerdoti che operano nelle periferie di Buenos Aires, i quali, in un documento intitolato «L’immigrazione e il razzismo», esprimono la loro preoccupazione per la decisione delle istituzioni nazionali di rendere più severe le leggi sull’immigrazione e la cittadinanza. Una decisione che potrebbe avere «conseguenze discriminatorie» e incentivare il razzismo e la xenofobia, scrivono. Ma «il nostro popolo ha scorte morali che ci invitano alla solidarietà e all’ospita- lità. Preferiamo una legislazione che non si concentri tanto sulle punizioni ma cerchi invece di convogliare il potenziale dei migranti per il bene comune della nazione». Nel testo — firmato tra gli altri da José María “Pepe” Di Paola — viene condannata l’associazione migrantereato, la sua stigmatizzazione: lo straniero «non può essere ritenuto responsabile del problema della droga, dell’insicurezza e di tutti gli aspetti negativi della società. Il problema non è l’immigrazione ma il crimine. Siamo convinti che lo sfruttamento sofferto spesso dai migranti sia causato dai muri invisibili della discriminazione, che ci separano da essi come dagli altri, rendendoci insensibili e creando in noi la difesa immaginaria da una paura giustificata solo dal pregiudizio». Per i curas villeros, le misure che rafforzano il controllo migratorio in Argentina (prese a fine a gennaio) rischiano dunque di aggravare la frammentazione e le divisioni, «distruggendo il nostro sogno nazionale di popolo». Solidarietà ecumenica alle vittime del rogo in Guatemala GUATEMALA, 11. «Ci sentiamo feriti, addolorati e indignati per il sangue versato e per la negligenza dei funzionari e dei dipendenti pubblici»: inizia così la dichiarazione del Consiglio ecumenico cristiano del Guatemala in merito all’incendio divampato in un orfanotrofio di San José Pinula, dove il numero delle bambine morte è salito a trentasette (altre venti versano in gravi condizioni in ospedale). I responsabili religiosi, nell’esprimere solidarietà ai familiari delle vittime, criticano le istituzioni per «il fallimento del sistema e l’indifferenza della società che relega i bambini e i giovani sul gradino più basso delle priorità». Al riguardo — riferisce l’Efe — il Consiglio ecumenico cristiano ha invitato il presidente della Repubblica e capo del governo, Jimmy Morales Cabrera, a garantire e proteggere i bambini, gli adolescenti e i giovani, e ad assumersi le responsabilità per quanto accaduto. Dal canto suo Morales, in una dichiarazione, ha ammesso le colpe dello stato precisando fra l’altro che le bimbe ospitate nella struttura erano chiuse a chiave per separarle dai maschi. HILDESHEIM, 11. «Guarire le memorie, testimoniare Gesù Cristo» è il tema della celebrazione di riconciliazione ecumenica tra cattolici e protestanti che si svolge nel pomeriggio di sabato 11 marzo a Hildesheim, in Germania, nella chiesa di San Michele. L’evento, al quale prendono parte fra gli altri la cancelliera Angela Merkel, l’ex presidente della Repubblica Federale Tedesca, Joachim Gauck, il presidente del bundestag, Norbert Lammert, e il presidente della corte costituzionale tedesca, Andreas Voßkuhle, si svolge nell’ambito del cinquecentenario dell’inizio della Riforma protestante ed è incentrato sul pentimento, legato a quanto le rispettive confessioni si sono inflitte nel corso dei secoli, e alla richiesta reciproca di perdono. La chiesa fu costruita fra il 1010 e il 1031 sotto la direzione del vescovo Bernardo di Hildesheim, come cappella del monastero benedettino. Quando, nel 1542, a Hildesheim (oggi grosso comune non lontano da Hannover) venne adottata la Riforma, la chiesa di Altri quindici santi nel menologio della Chiesa ortodossa russa MOSCA, 11. C’è anche san Patrizio, patrono d’Irlanda, fra i quindici martiri e santi occidentali anteriori allo scisma del 1054 che il sinodo della Chiesa ortodossa russa, nella riunione del 9 marzo, ha deciso di introdurre nel suo menologio. La commissione incaricata ha stilato una lista di santi vissuti in occidente sulla base della loro venerazione da parte degli ortodossi delle diocesi ortodosse russe dell’Europa occidentale. Gran parte dei martiri e dei santi sono nati o hanno operato in Francia (come Potino di Lione, Onorato di Ar- les, Germano d’Auxerre, Vincenzo di Lérins o Genoveffa di Parigi) ma figurano anche il protomartire Albano d’Inghilterra, san Procopio di Sázava, in Boemia, e appunto san Patrizio, che verrà festeggiato dalla Chiesa ortodossa russa il 30 marzo (la tradizionale ricorrenza è il 17 marzo). La notizia è stata diffusa con risalto sui siti in rete del Patriarcato di Mosca e del Dipartimento per le relazioni ecclesiastiche esterne. Il menologio è una raccolta di testi liturgici e agiografici usata nella Chiesa ortodossa. Contiene le vite e gli uffici propri dei santi. San Michele diventò protestante, ma il monastero benedettino continuò a esistere fino al 1803, quando venne secolarizzato. I monaci continuarono a utilizzare la cripta, che ancora oggi è cattolica. La cerimonia ecumenica sarà trasmessa in diretta televisiva sul primo canale nazionale. La celebrazione è copresieduta dal cardinale Reinhard Marx, arcivescovo di München und Freising e presidente della Conferenza episcopale tedesca, e dal vescovo luterano Heinrich-Bedford Strohm, presidente della Evangelische Kirche in Deutschland. Partecipano, inoltre, l’arciprete greco-ortodosso Constantin Miron, in rappresentanza del gruppo di lavoro delle Chiese cristiane, e alcuni membri della comunità metodista. Il vice presidente della Chiesa evangelica in Germania, Thies Gundlach, all’agenzia Epd non ha nascosto le differenze teologiche tra le due confessioni, in particolare in tema di ministero ed eucaristia; tuttavia, ha aggiunto, «l’auspicio è che ci si riconosca reciprocamente come dei doni, superando i pregiudizi». A margine dell’udienza del 6 febbraio scorso, durante la quale Papa Francesco ha ricevuto una delegazione ecumenica della Chiesa evangelica in Germania, il cardinale Marx ha ricordato — riferisce il Sir — che il Pontefice nel suo discorso «ci ha esortato a impegnarci a parlare della novità di Gesù e a portarla all’interno della società e a non stancarci mai dell’ecumenismo. Come Chiese cattolica ed evangelica in Germania — ha concluso il porporato — abbiamo una responsabilità particolare nel portare avanti questo cammino perché è da noi che è partita questa scissione». Eppure, «siamo vicini nel comune battesimo in Cristo». L’OSSERVATORE ROMANO pagina 8 domenica 12 marzo 2017 Il Papa per i cinquant’anni di attività di Telefono amico Italia Dall’ascolto al dialogo Un incoraggiamento «a proseguire con entusiasmo rinnovato il prezioso servizio alla società, perché non si spezzino i legami del dialogo, e perché non venga mai meno l’ascolto» è stato rivolto da Papa Francesco ai volontari di Telefono amico Italia durante l’udienza svoltasi stamane, sabato 11 marzo, nella Sala Clementina, in occasione dei cinquant’anni di attività dell’associazione. Cari fratelli e sorelle, sono lieto di accogliervi in occasione dei 50 anni di attività di Telefono Amico Italia, e ringrazio il Presidente per le parole di saluto. La vostra Associazione è impegnata a sostenere quanti si trovano in condizioni di solitudine, smarrimento e necessitano di ascolto, comprensione e aiuto morale. Si tratta di un servizio importante, specialmente nell’odierno contesto sociale, segnato da molteplici disagi alla cui origine si trovano spesso l’isolamento e la mancanza di dialogo. Le grandi città, pur essendo sovraffollate, sono emblema di un genere di vita poco umano a cui gli individui si stanno abituando: indifferenza diffusa, comunicazione sempre più virtuale e meno personale, carenza di valori saldi su cui fondare l’esistenza, cultura dell’avere e dell’apparire. In tale contesto, è indispensabile favorire il dialogo e l’ascolto. Il dialogo permette di conoscersi e di comprendere le reciproche esigenze. In primo luogo, esso manifesta un grande rispetto, perché pone le persone in atteggiamento di apertura reciproca, per recepire gli aspetti migliori dell’interlocutore. Inoltre, il dialogo è espressione di carità, perché, pur non ignorando le differenze, può aiutare a ricercare e condividere percorsi in vista del bene comune. Attraverso il dialogo possiamo Come un piccolo ospedale da campo «Dare a chiunque si trovi in stato di crisi o emergenza emotiva, in qualunque momento, la possibilità di trovare una persona aperta all’ascolto e al dialogo»: ecco la missione dell’associazione Telefono amico Italia, presentata a Papa Francesco dal presidente Dario Briccola. Con la celebrazione dei cinquant’anni di attività — ha fatto presente al Pontefice nel saluto all’inizio dell’udienza — «vogliamo riconfermare la nostra attenzione e accoglienza verso quelle persone che, parafrasando quello che lei dice nella Evangelii gaudium, si sentono scartate dalla società e non trovano nel vivere sociale ordinario il pieno sviluppo della loro vita». E anche se l’associazione è «aconfessionale», ha precisato Briccola, «noi ci sentiamo un piccolo ospedale da campo che, con un mezzo semplice e immediato come il telefono, si avvicina alle persone per offrire un ascolto empatico, partecipe e libero da pregiudizi», con l’obiettivo di costruire «relazioni umane migliori». imparare a vedere l’altro non come una minaccia, ma come un dono di Dio, che ci interpella e ci chiede di essere riconosciuto. Dialogare aiuta le persone a umanizzare i rapporti e a superare le incomprensioni. Se ci fosse più dialogo — ma dialogo vero! — nelle famiglie, negli ambienti di lavoro, nella politica, si risolverebbero più facilmente tante questioni! Quando non c’è il dialogo, crescono i problemi, crescono i malintesi e le divisioni. Condizione del dialogo è la capacità di ascolto, che purtroppo non è molto comune. Ascoltare l’altro richiede pazienza e attenzione. Solo chi sa tacere, sa ascoltare. Non si può ascoltare parlando: bocca chiusa. Ascoltare Dio, ascoltare il fratello e la sorella che ha bisogno di aiuto, ascoltare un amico, un familiare. Dio stesso è l’esempio più eccellente di ascolto: ogni volta che preghiamo, Egli ci ascolta, senza chiedere nulla e addirittura ci precede e prende l’iniziativa (cfr. Esort. ap. Evangelii gaudium, 24) nell’esaudire le nostre richieste di aiuto. L’attitudine all’ascolto, di cui Dio è modello, ci sprona ad abbattere i muri delle incomprensioni, a creare ponti di comunicazione, superando l’isolamento e la chiusura nel proprio piccolo mondo. Qualcuno diceva: per fare la pace, nel mondo, mancano le orecchie, manca gente che sappia ascoltare, e poi da lì viene il dialogo. Cari amici, attraverso il dialogo e l’ascolto possiamo contribuire alla costruzione di un mondo migliore, rendendolo luogo di accoglienza e rispetto, contrastando così le divisioni e i conflitti. Vi incoraggio a proseguire con entusiasmo rinnovato il vostro prezioso servizio alla società, perché nessuno rimanga isolato, perché non si spezzino i legami del dialogo, e perché non venga mai meno l’ascolto, che è la manifestazione più semplice di carità verso i fratelli. Mentre conto sulle vostre preghiere, vi affido alla protezione della Vergine Maria, Donna del silenzio e dell’ascolto, e di cuore benedico voi, i vostri collaboratori e quanti “incontrate” — telefonicamente — nel vostro lavoro quotidiano. Grazie. [Benedizione] E pregate per me! La visita in programma dal 6 all’11 settembre Francesco in Colombia La capitale Bogotá, Villavicencio, Medellín e Cartagena: sono le quattro tappe del viaggio che Papa Francesco compirà in Colombia dal 6 all’11 settembre prossimi. La notizia è stata ufficializzata venerdì 10 marzo attraverso un comunicato della Sala stampa della Santa Sede, nel quale si rende noto che la visita avviene «accogliendo l’invito del presidente della Repubblica e dei vescovi colombiani» e che il «programma sarà pubblicato prossimamente». Contemporaneamente nella sede della rappresentanza pontificia a Bogotá, il nunzio apostolico Ettore Balestrero ha annunciato il viaggio papale al popolo colombiano, alla presenza del capo dello stato, Juan Manuel Santos, e della consorte; del cardinale arcivescovo di Bogotá, Rubén Salazar; del presidente della Conferenza episcopale, arcivescovo Luis Augusto Castro Quiroga, e del vescovo Fabio Suescún Mutis, ordinario militare. Durante la conferenza sono stati presentati il logo e il motto della visita: «Facciamo il primo passo». Si tratta del quinto viaggio del Pontefice in America latina, dopo quelli in Brasile nel luglio 2013 per la gmg, in Ecuador, Bolivia e Paraguay nel luglio 2015, a Cuba nel settembre dello stesso anno e in Messico nel gennaio 2016. E Francesco sarà il terzo Papa a visitare la Colombia. Il primo fu Paolo VI, che dal 22 al 24 agosto 1968 si recò a Bogotá, in occasione della seconda assemblea generale dei vescovi dell’America latina di Medellín e della inaugurazione della nuova sede del Celam. Nella circostanza Montini incontrò anche nella capitale trecentomila campesinos. Trentuno anni fa fu la volta di Giovanni Paolo II, che dal 1° all’8 luglio 1986 toccò una decina di città del paese, recandosi anche a Chinchiná e ad Armero, dove l’eruzione del vulcano Nevado del Ruiz aveva provocato ben 23.000 morti. Nomina episcopale in Messico La nomina di oggi riguarda il Messico. Enrique Díaz Díaz vescovo di Irapuato Nato il 13 giugno 1952 nella città di Huandacareo, arcidiocesi di Morelia, ha ricevuto la formazione al sacerdozio nel seminario arcivescovile di Morelia, arcidiocesi per la quale è stato ordinato presbitero il 23 ottobre 1977. Inizialmente ha svolto il ministero come vicario parrocchiale e poi come parroco. Nel 1994 ha conseguito la licenza in Sacra scrittura al Pontificio istituto biblico in Roma. Al rientro in arcidiocesi è stato di nuovo parroco, docente nel seminario arcidiocesano e vicario episcopale di una vasta zona pastorale. Il 30 aprile 2003 è stato eletto vescovo titolare di Izirzada e ausiliare di San Cristóbal de Las Casas e ha ricevuto l’ordinazione episcopale il 10 luglio successivo. E il 15 maggio 2014 è stato nominato vescovo coadiutore di San Cristóbal de Las Casas. Domenica il Pontefice nella parrocchia romana di Santa Maddalena di Canossa Braccia aperte all’accoglienza di GAETANO VALLINI Nelle intenzioni del progettista, le due pareti laterali prolungate sul sagrato come braccia aperte dovevano esprimere accoglienza e un invito a entrare. E vent’anni fa, quando la chiesa di Santa Maddalena di Canossa venne costruita, a Ottavia — periferia ovest di Roma — tra poche case e tanto verde intorno, quell’ingresso ben visibile rendeva l’invito più esplicito. Oggi chi percorre via della Lucchina, la chiesa non la vede fino a quando non ci passa dinanzi. A oscurarne la vista, i grandi edifici che da alcuni anni ospitano un centro commerciale — per la verità un po’ triste, con i molti locali vuoti — e un cinema multisala. Segni dei tempi: un luogo, la parrocchia, per anni unico punto di riferimento e di socializzazione del quartiere, anche per i non credenti, costretto ora a disputarsi spazi e “clienti” con uno dei moderni templi del consumismo. Qui nel pomeriggio domenica 12 marzo arriverà Papa Francesco per la quattordicesima visita a una parrocchia della sua diocesi. Ad accoglierlo una comunità in festa e ancora incredula per questo inatteso dono. «Soprattutto una comunità viva, in pieno fermento» spiega il parroco Giorgio Spinello, secondo il quale cinema e centro commerciale hanno oscurato l’orizzonte, ma non hanno offuscato la vita parrocchiale. «Alle messe c’è sempre una buona partecipazione — precisa il sacerdote — come pure alle diverse attività pastorali. E comunque chi va a fare compere o a vedere un film ha vicino un luogo in cui potersi fermare un attimo a pregare». L’incontro con i parroci prefetti di Roma Nel pomeriggio di venerdì 10 marzo Papa Francesco si è recato al Vicariato di Roma per incontrare i parroci prefetti della diocesi La parrocchia venne eretta nel 1988 e per otto anni ospitata in un prefabbricato. Il nuovo tempio nacque grazie alle suore figlie della carità (canossiane) che in occasione dell canonizzazione della loro fondatrice promisero una chiesa a Giovanni Paolo II. Il quale accolse poi la proposta del Vicariato di realizzarla a Ottavia, una zona di veloce urbanizzazione ma con poche chiese, come quelle a ridosso del raccordo anulare, tra via di Boccea e la Trionfale. E proprio il Papa avrebbe dovuto presiedere il rito di dedicazione, il 24 marzo 1996, ma una indisposizione glielo impedì e la visita venne rimandata al 21 aprile. Nel frattempo gli abitanti sono quasi raddoppiati. Da cinquemila si è passati a novemila. Padre Giorgio, canossiano, con il quale collaborano altri tre confratelli, guida la parrocchia da dieci anni. Ha visto crescere la comunità, maturare anche alcune vocazioni e, soprattutto, aumentare la responsabilità dei laici nella vita pastorale. «Qui non ci sono molti servizi, a parte asili e scuole primarie. E così — spiega — la parrocchia continua a essere un luogo centrale per la vita del quartiere. Nelle famiglie si avverte sete di Dio; quello che manca semmai è il tempo. Ma noi cerchiamo di favorire l’incontro con il Signore. Il cammino pastorale che seguiamo è quello proposto dalla diocesi e quindi centrato sulla pastorale familiare. Qui ci sono molte coppie giovani, cui riserviamo grande attenzione». Un’attenzione che inizia dai corsi di preparazione al matrimonio. «Sono tenuti da coppie impegnate — ci dice Domenico Di Giorgio, diacono permanente — così come i corsi di preparazione al battesimo e gli incontri successivi di accompagnamento dei genitori. Nel tempo si è formato un gruppo di famiglie al quale viene proposto mensilmente un ritiro spirituale. Di recente è iniziata anche l’esperienza di coppie sposatesi da poco, che si incontrano quattro volte l’anno». Molte coppie giovani vuol dire anche tanti bambini e ragazzi, per i quali ci sono i cammini di catechesi in preparazione ai sacramenti dell’iniziazione cristiana e le attività dell’oratorio. Sono 480 i piccoli coinvolti. Non manca l’attenzione agli adolescenti e ai giovani, in particolare del post cresima. «Certo ci sono delle difficoltà nell’accogliere la proposta — sottolinea padre Giorgio — però non ci scoraggiamo e c’è già una discreta adesione». Più partecipata l’esperienza dello scoutismo, con più di cento iscritti. Da segnalare, infine, le attività della Caritas, che anima il centro di ascolto interparrocchiale insieme alle comunità di sant’Ilario di Poitiers e di san Massimo. «Aiutiamo attualmente una cinquantina di famiglie e singoli. Si tratta — racconta Alba Perugini, una dei nove volontari — soprattutto di nuclei familiari con persone senza lavoro, ma sono tanti anche gli anziani che con la sola pensione non ce la fanno. Il centro è aperto due volte alla settimana e due volte al mese distribuiamo viveri». A questa attività si affianca quella svolta dall’emporio attivato nella zona di Monte Mario dalla Caritas diocesana col supporto di tredici parrocchie e del XIV municipio. «Ci si dà da fare come si può — conclude padre Giorgio — perché i bisogni sono tanti». Come gli impegni. Intanto nei corridoi si accalcano i bambini del catechismo con i loro genitori. Che all’uscita si confondono con i frequentatori del cinema.