domenica 12 marzo 2017

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domenica 12 marzo 2017
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L’OSSERVATORE ROMANO
GIORNALE QUOTIDIANO
Unicuique suum
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POLITICO RELIGIOSO
Non praevalebunt
Città del Vaticano
domenica 12 marzo 2017
.
NEW YORK, 11. «Sono milioni le
persone a rischio imminente di morte per fame e sete. Da quando parliamo di comunità internazionale,
non avevamo mai vissuto una crisi
umanitaria come quella in atto oggi
in Sud Sudan, Somalia, Yemen e
nord-est della Nigeria». L’ammissione è grave e viene dal cuore delle
Nazioni Unite. Il sottosegretario generale dell’Onu per gli affari umanitari, Stephen O’Brien, ha lanciato
un accorato appello a «far fronte alla peggiore carestia dal 1945 per evitare una catastrofe».
Allarme dell’O nu
Il Papa ai volontari di Telefono amico
La peggiore carestia
dal dopoguerra
Ascolto
e dialogo
O’Brien è intervenuto al Consiglio
di sicurezza delle Nazioni Unite,
l’assise dove si discute di guerre e di
relazioni diplomatiche. E ha parlato
senza mezzi termini di «momento
critico della storia». Ma non è una
situazione di conflitto in particolare
l’urgenza da risolvere. Piuttosto,
l’emergenza è dettata dalla denutrizione di milioni di persone.
L’allarme è scattato già a febbraio
— ha ricordato il responsabile delle
questioni umanitarie delle Nazioni
Unite — ma giunti ormai a metà
marzo la situazione resta invariata
con un’aggravante. O’Brien ha mostrato la documentazione che chiarisce senza dubbi che questi paesi
dell’Africa orientale continuano a
sprofondare in un nuovo e forse inedito incubo carestia.
Nei prossimi sei mesi assisteremo
a una carneficina. «Senza uno sforzo
globale collettivo e coordinato, la
gente semplicemente morirà di fame», ha detto O’Brien, che ha informato il Consiglio delle sue recenti
visite in Yemen, Sudan del Sud e
Somalia per valutare la situazione
umanitaria. E ha assicurato che, pur
Una bambina in un campo profughi in Somalia (Ap)
gnato da molteplici disagi, alla cui
origine si trovano l’isolamento e la
mancanza di dialogo». Soprattutto,
ha fatto notare, «le grandi città,
pur essendo sovraffollate, sono emblema di un genere di vita poco
umano» in cui prevalgono «indifferenza, comunicazione sempre più
virtuale e meno personale». E in
proposito ha aggiunto al testo preparato un’immagine particolarmente evocativa, sottolineando che
«per fare la pace nel mondo mancano le orecchie».
PAGINA 8
Sulle prospettive di pace nel Vicino oriente
Nuova strage di civili
nello Yemen
Colloquio
tra Trump e Abbas
non avere fine. Finora, infatti, sono
falliti tutti i tentativi mediati dall’inviato speciale delle Nazioni Unite,
per giungere a un duraturo cessate il
fuoco tra le parti in conflitto.
Secondo le stime dell’Onu almeno
7500 le vittime della guerra, oltre
40.000 sono i feriti e circa tre milioni di persone sono state costrette ad
abbandonare le proprie case. Entrambe le parti in lotta sarebbero
inoltre responsabili della morte di civili. E, sempre a causa della recrudescenza del conflitto — che sempre
più spesso viene ignorato dai media
internazionali — oltre dieci milioni
di persone sono in grave carenza di
cibo e milioni di bambini soffrono
di malnutrizione acuta. A ciò si affianca l’inesistenza di un sistema
ospedaliero con quasi tutte le strutture medico-sanitarie inservibili.
WASHINGTON, 11. La pace tra israeliani e palestinesi «è possibile ed è
arrivato il momento di fare un accordo». È la convinzione espressa
ieri dal presidente degli Stati Uniti,
Donald Trump, in una conversazione telefonica con il presidente palestinese, Mahmud Abbas.
Nel colloquio, il presidente
Trump ha sottolineato come il raggiungimento di un accordo «non
solo darebbe a israeliani e palestinesi la pace e la sicurezza che meritano, ma avrebbe anche riflessi positivi nella regione e nel mondo».
Si tratta del primo contatto tra
Trump e Abbas da quanto il capo
dello stato americano si è insediato
alla Casa Bianca. A metà febbraio,
Trump aveva ricevuto il premier
israeliano, Benjamin Nethanyahu.
Secondo quanto si legge in una
nota della Casa Bianca ripresa dalle
agenzie di stampa internazionali —
nella quale non si fa mai accenno
alla soluzione dei due stati, che
Trump non considera imprescindibile per la pace — il presidente statunitense ha ribadito che l’accordo
tra israeliani e palestinesi «deve
essere negoziato direttamente tra le
due parti», con Washington che
«lavorerà strettamente con le
leadership israeliana e palestinese
per fare progressi verso questo
obiettivo».
Gli Stati Uniti, ha aggiunto
Trump, che ha invitato Abbas a re-
Maria nell’incontro tra Dio e l’uomo
La cattedrale di Saint-Denis
Nuovo Adamo
e nuova Eva
Il gioiello
nella banlieue
VALERIO GIGLIOTTI
Un incoraggiamento «a proseguire
con entusiasmo rinnovato il prezioso servizio alla società, perché non
si spezzino i legami del dialogo e
non venga mai meno l’ascolto» è
stato rivolto dal Papa ai volontari
di Telefono Amico Italia durante
l’udienza — svoltasi sabato 11 marzo — in occasione dei cinquant’anni di attività. Dopo avere elogiato
il lavoro dell’associazione a sostegno di «quanti si trovano in condizioni di solitudine, smarrimento e
necessitano di comprensione e aiuto» il Papa ha fatto riferimento
«all’odierno contesto sociale, se-
Raid su un mercato di Hodeidah
SANA’A, 11. Nuova strage di civili in
Yemen: almeno 26 persone sono rimaste uccise in un raid condotto
dalla coalizione a guida saudita su
un mercato nella parte occidentale
del paese. Lo hanno riferito fonti
della sicurezza locali, secondo cui
nel bombardamento sulla città di
Hodeidah, nel distretto di Dawar,
controllato dai ribelli huthi, sono rimaste ferite altre otto persone. Testimoni hanno parlato di due raid, uno
dei quali avrebbe colpito un ristorante all’interno del mercato.
L’aviazione della coalizione guidata da Riad — e che sostiene il presidente yemenita, Abd Rabbo Mansour Hadi, riconosciuto dalla comunità internazionale — ha preso di mira una colonna di ribelli ma questi
ultimi si sono rapidamente spostati
verso un mercato dove il raid ha sì
ucciso sei miliziani huthi ma anche
venti civili, secondo quanto hanno
riferito fonti locali citate dall’agenzia
di stampa Afp. Le forze lealiste e
della coalizione guidata da Riad accusano i ribelli huthi di servirsi dei
civili come “scudi umani”.
Gli huthi hanno invaso dal nord
vaste zone del territorio yemenita
nell’estate del 2014 e conquistato nel
settembre dello stesso anno la capitale Sana’a. Nel marzo del 2015 è intervenuta a fianco del presidente
Hadi una coalizione diretta dall’Arabia Saudita e ne è scaturito un conflitto sempre più cruento che sembra
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non avendo avuto accesso al nord
della Nigeria, ha raccolto tutte le informazioni necessarie per comprendere che l’urgenza si estende anche
al nord del paese sotto scacco del
gruppo terroristico Boko Haram.
Il responsabile umanitario delle
Nazioni Unite ha affermato che è
necessaria una «iniezione immediata
di fondi», parlando concretamente
di «quattro miliardi e 400 milioni di
dollari necessari entro luglio». E ha
chiarito che la cifra è definitiva e
neppure lontanamente negoziabile.
Perché che si tratta del costo dettagliato necessario a evitare la catastrofe.
Se la parola d’ordine dell’emergenza è fame, il comune denominatore è sempre la micidiale miscela di
conflitti e siccità. In Yemen, paese
più povero del Medio oriente, dopo
quasi tre anni di guerra, la crisi
umanitaria e il conflitto peggiorano.
In Sud Sudan, la situazione si è aggravata a causa della drammatica
combinazione tra scontri di gruppi
rivali, crisi economica e fenomeni legati al cambiamento climatico. Le
scarse piogge dell’anno hanno ridotto i campi coltivabili in cimiteri per
il bestiame. Anche in Nigeria, complice il terrore sparso da Boko Haram e le scarse precipitazioni, i raccolti sono stati minimi e i mercati
sono ora vuoti. La gente sta scappando in ogni direzione. In Somalia,
dove il territorio ancora sconta le
conseguenze di vent’anni di scontri
sanguinosi tra i cosiddetti “signori
della guerra”, il governo transitorio
deve far fronte ai continui attentati
di miliziani di Al Shabaab.
A PAGINA
4
Bombe sulla città yemenita di Hodeidah (Reuters)
CHARLES
DE
PECHPEYROU
A PAGINA
5
carsi a breve in visita a Washington, «non possono imporre una soluzione agli israeliani e palestinesi,
né una parte può imporre un accordo all’altra».
Dal canto suo, riferisce l'agenzia
di stampa Maan, Abbas ha sottolineato l’impegno dell’Autorità nazionale palestinese per la pace come una «opzione strategica per la
creazione di uno stato palestinese
che esista fianco a fianco a quello
di Israele».
Sull’argomento è intervenuto anche il ministro degli esteri giordano, Ayman Al Safadi. «La soluzione dei due stati è la chiave per raggiungere la pace e la prosperità in
Medio oriente», ha dichiarato.
«Siamo impegnati per ottenere
questo risultato», ha aggiunto, assicurando che la questione israelo-palestinese è la «prima priorità» della
politica estera di Amman e, in quest’ottica, l’obiettivo è «rilanciare i
negoziati diretti».
NOSTRE INFORMAZIONI
Il Santo Padre ha ricevuto
questa mattina in udienza:
gli Eminentissimi Cardinali:
— Kevin Joseph Farrell, Prefetto del Dicastero per i Laici,
la Famiglia e la Vita;
— Giuseppe Versaldi, Prefetto della Congregazione per
l’Educazione Cattolica (degli
Istituti di Studi);
Sua Eccellenza Monsignor
Fulgence Rabemahafaly, Arcivescovo di Fianarantsoa (Madagascar).
Il Santo Padre ha nominato
l’Eminentissimo Cardinale Zenon Grocholewski, Prefetto
emerito della Congregazione
per l’Educazione Cattolica,
Suo Inviato Speciale alla cerimonia d’incoronazione dell’immagine della “Madonna Salute
dei Malati”, presso la Cattedrale-Santuario della Diocesi
di Świdnica (Polonia), che si
terrà il 13 maggio 2017, nel
centenario delle apparizioni
della Vergine di Fatima.
Il Santo Padre ha accettato
la rinuncia al governo pastorale della Diocesi di Irapuato
(Messico), presentata da Sua
Eccellenza Monsignor José de
Jesús Martínez Zepeda.
Provvista di Chiesa
Il Santo Padre ha nominato
Vescovo della Diocesi di Irapuato (Messico) Sua Eccellenza Monsignor Enrique Díaz
Díaz, finora Vescovo Coadiutore della Diocesi di San Cristóbal de Las Casas.
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domenica 12 marzo 2017
Angela Merkel e Donald Tusk
durante il vertice (Epa)
D all’inviato della Lega araba in Libia
Un clochard
bruciato
vivo
a Palermo
ROMA, 11. Un clochard, Marcello Cimino, 45 anni, è morto dopo che
una persona lo ha cosparso di materiale infiammabile e gli ha dato fuoco. L’uomo è stato ucciso così ieri
sera a Palermo, in piazza Cappuccini, sotto il porticato dove era solito
passare la notte, nell’area della struttura di accoglienza denominata
«Missione San Francesco». La scena
dell’aggressione è stata ripresa da
una videocamera di sorveglianza e
gli inquirenti indagano su alcune
persone con le quali l’uomo avrebbe
avuto un diverbio nel pomeriggio.
Il sindaco di Palermo, Leoluca
Orlando, si è detto «turbato, come
tutti da tanta brutale violenza» e ha
espresso «l’augurio che i colpevoli
siano presto assicurati alla giustizia e
giudicati per un gesto di pura barbarie».
Di «barbarie inaudita» e di «atto
ingiustificabile» ha parlato anche
don Sergio Mattaliano, direttore della Caritas di Palermo. A proposito
dei problemi della città, Mattaliano
ha sottolineato che nel capoluogo
della regione Sicilia «c’è una crisi
devastante e la situazione è di giorno in giorno più drammatica». «La
povertà assoluta aumenta» perché
«la disoccupazione resta altissima».
Juppé
appoggia
la candidatura
di Fillon
PARIGI, 11. Alain Juppé appoggia la
candidatura di François Fillon alle
elezioni presidenziali francesi, il cui
primo turno è in programma il 23
aprile (eventuale ballottaggio il 7
maggio). Lo scrive su twitter lo stesso ex primo ministro, che nei giorni
scorsi ha ufficialmente rinunciato a
candidarsi dopo essere stato sconfitto proprio da Fillon al ballottaggio
delle primarie del centrodestra, spiegando di avere firmato per il sostegno della candidatura di Fillon.
«Ho mandato questa mattina il mio
parrainage a Fillon — ha scritto Juppé — anche da semplice passeggero
non lascio la nave nella tempesta».
Il candidato designato dalle primarie dei Les Républicains per la
corsa per l’Eliseo ha già raccolto più
dei 500 patrocini necessari per potere prendere parte al voto di aprile.
E ha ufficializzato la sua nuova
squadra, non ancora completa, nella
quale ci sono tre uomini vicini a
Nicolas Sarkozy: l’ex giornalista radiofonico François Baroin, l’ex ministro Luc Chatel e il deputato
Christian Jacob.
Anche Marine Le Pen, leader del
Front National (Fn), ha raggiunto le
500 firme di patrocinio necessarie
per candidarsi alle presidenziali.
La presidente del Fn, che nelle ultime ore ha incassato il sostegno più
spinoso, quello del padre, Jean-Marie, con il quale ha una disputa anche giudiziaria in corso, non ha risposto ieri alla convocazione del
giudice per l’inchiesta sui suoi assistenti all’Europarlamento, accusando
la magistratura di «una manovra politica».
Ma un’altra tegola è arrivata da
Strasburgo: per abuso d’ufficio è indagato
anche
Jean-Charles
Hourcade, assistente parlamentare
dell’eurodeputata dell’Fn MarieChristine Boutonnet. È il secondo
capo di gabinetto di Marine Le Pen,
dopo Catherine Griset, sospettata di
essere stata stipendiata con i soldi
del parlamento quando invece lavorava in Francia per il partito.
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Auspicata la ripresa
del dialogo
Il vertice di rilancio dell’Ue si arena sulle diverse velocità di integrazione
Europa in stallo
BRUXELLES, 11. L’Europa si conferma
divisa sulle modalità di rilancio del
progetto di integrazione, ma forse a
vacillare è proprio l’intenzione di alcuni di portare nuovo slancio. Il vertice del consiglio, che si è concluso
ieri, non ha prodotto la dichiarazione forte di intenti che ci si aspettava
in vista del vertice del 25 marzo,
nell’anniversario della firma dei Trattati di Roma.
Del resto il consiglio era iniziato
con la ferma opposizione del governo di Varsavia alla riconferma alla
presidenza del polacco Donald Tusk, che però è stato rieletto. Tutti gli
altri stati membri, compresa la Gran
Bretagna che ha partecipato alla pri-
ma giornata del vertice, gli hanno
infatti espresso piena fiducia.
E la giornata di ieri è continuata
in un clima teso, dominata dalla presa di posizione fortemente critica dei
paesi dell’est europeo sull’idea di
procedere sulla via del progetto europeo «a più velocità». Nell’incontro
a Versailles, nei giorni scorsi, ne avevano parlato Francia, Italia, Germania e Spagna, nella consapevolezza
che già ci sono diversi livelli di integrazione. Per esempio, non tutti gli
stati hanno adottato l’euro: al momento sono solo 19 i paesi nell’eurozona. La Polonia aveva messo in
conto di farlo nel 2011 e poi nel 2013
ma, considerata la crisi economica,
Atterraggio negato al ministro degli esteri Çavuşoğlu
Crisi diplomatica
tra Turchia e Olanda
AMSTERDAM, 11. Il governo olandese ha cancellato l’autorizzazione
ad atterrare al volo del ministro
degli esteri turco, Mevlüt Çavuşoğlu, che oggi avrebbe dovuto
recarsi a Rotterdam per un comizio elettorale legato al referendum
costituzionale che si terrà in Turchia il 16 aprile prossimo. La decisione, spiega un comunicato ufficiale, è dovuta ai «rischi di ordine
pubblico e sicurezza» che la presenza di Çavuşoğlu avrebbe comportato in città.
In una nota il governo olandese
chiarisce che erano in corso trattative per decidere se concedere o
meno la sede del consolato a Rotterdam a Çavuşoğlu. Il ministro
degli esteri, infatti, aveva in programma un comizio per convincere
la comunità turca residente in
Olanda a votare «sì» nel referendum costituzionale con cui la Turchia è chiamata a decidere del passaggio al sistema presidenziale il
prossimo 16 aprile. Una riforma
voluta in prima persona dal presidente turco, Recep Tayyp Erdoğan.
La minaccia di Ankara di imporre
sanzioni all’Olanda se avesse impe-
dito al ministro di atterrare ha però
«reso impossibile la ricerca di una
soluzione ragionevole».
Immediata la reazione di Ankara. Il capo dello stato ha bollato
gli olandesi come «residui del nazismo e fascisti». Lo riporta l’agenzia di stampa Anadolu.
Nel corso di un intervento pubblico a Istanbul, Erdoğan ha sottolineato che gli olandesi «non sanno
cosa sia la politica, né la diplomazia internazionale», minacciando
rappresaglie nei confronti dei diplomatici olandesi. «D’ora in avanti, vediamo quanti dei vostri aerei
arrivano in Turchia», ha dichiarato
il presidente citato dall’Anadolu.
«Certamente — ha aggiunto — sto
parlando di diplomatici, non dei
viaggi dei cittadini olandesi».
In segno di protesta, il governo
della Turchia ha anche convocato
l’ambasciatore olandese ad Ankara.
Lo hanno reso noto fonti del ministero degli esteri turco.
Fra quattro giorni, l’Olanda è
chiamata alle urne per le elezioni
legislative. Un voto che apre la stagione di una serie di cruciali appuntamenti elettorali in Europa.
Resta alto l’allarme terrorismo
in Germania e Belgio
BERLINO, 11. Resta alto l’allarme
terrorismo in Germania e in Belgio. Una fonte della polizia tedesca
ha riferito che stamane è stata disposta la chiusura di un centro
commerciale a Essen, nella parte
occidentale del paese. Secondo le
forze dell’ordine, vi sarebbero «indicazioni concrete» di un possibile
attacco da parte di diversi attentatori suicidi muniti di esplosivi. Per
oggi resteranno, dunque, chiusi i
negozi all’interno del centro commerciale e il parcheggio.
GIOVANNI MARIA VIAN
direttore responsabile
Giuseppe Fiorentino
vicedirettore
Piero Di Domenicantonio
In Belgio, invece, è stata arrestata una ragazza con l’accusa di terrorismo. La donna, fermata ieri
dalla polizia federale belga nel corso di una perquisizione nelle Fiandre orientali, è sospettata di avere
fornito aiuto logistico a persone
che stavano progettando un attentato in Europa. Secondo la stampa,
avrebbe avuto contatti internet con
il gruppo gravitante attorno alla
donna sospettata di avere posteggiato lo scorso settembre una vettura con all’interno bombole di gas
vicino a Notre Dame, a Parigi.
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Gaetano Vallini
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ha poi scelto di restarne fuori. E ci
sono molti paesi che non hanno mai
aderito all’area Schengen.
Ciononostante i paesi del cosiddetto gruppo di Visegrad — Polonia,
Repubblica Ceca, Slovacchia, Ungheria — hanno dichiarato di «non
poter permettere che qualche paese
resti indietro». La risposta dei paesi
ad ovest nella mappa europea è stata
che «l’Ue a più velocità esiste già»,
«è già nei Trattati» e, dunque, in
realtà «non si vuole fare niente di
nuovo». «Il motto dell’Ue — ha ricordato il cancelliere tedesco Angela
Merkel — resta «uniti nella diversità». Ma l’idea di gruppi di «stati volenterosi che vanno avanti da soli
rafforzando la cooperazione su alcuni temi specifici» rende sospettosi i
paesi dell’est. Il primo ministro polacco Beata Szydlo ha dichiarato che
«il timore dei paesi dell’Est è di essere lasciati indietro dai paesi più
forti». Il presidente della commissione europea, Jean-Claude Juncker, ha
cercato di rassicurare tutti affermando che «non si tratta di una nuova
cortina di ferro» ma di «uno slancio
di marcia necessario».
In ogni caso, il vertice si è concluso senza l’attesa Dichiarazione che
avrebbe dovuto fare da base di lavoro al prossimo vertice a Roma. Si riparte senza una bozza di testo concordato sul futuro dell’Ue dopo la
Brexit.
È stato il presidente del consiglio
dei ministri italiano, Paolo Gentiloni, a lavorare per riavvicinare le posizioni, promettendo che «non ci sarà alcuna logica di esclusione». E
proprio l’Italia, che ospiterà l’appuntamento del 25 marzo per i 60 anni
del Trattato di Roma, ha adesso il
compito difficile di cercare un’unità
sulla dichiarazione da firmare in
quell’occasione. Il negoziato per trovare una posizione comune andrà
avanti nei prossimi giorni, ha assicurato Gentiloni. «Mi auguro — ha aggiunto — con esito positivo».
D’altra parte, molti analisti sottolineano come ancora siano nebulosi i
contorni di queste formule a «più
velocità». L’unico progetto che al
momento sembra delinearsi è quello
della difesa comune. I leader hanno
approvato il piano di un quartier generale da cui coordinare le missioni
militari Ue e l’impegno a un maggiore utilizzo dello strumento delle
«cooperazioni permanenti strutturate» fra gruppi di stati, previsto dal
trattato di Lisbona per la difesa. È il
pacchetto che era stato messo a punto nei giorni scorsi dai ministri degli
esteri e quelli della difesa.
Sul piano dell’economia, tutti si
sono trovati d’accordo a non abbassare la guardia in un periodo in cui
effettivamente tutti i paesi Ue sono
tornati a crescere ma si profilano serie incertezze, a partire dai contraccolpi possibili nella fase di negoziato
per l’uscita del Regno Unito. Su
questo piano, la contrapposizione è
tra paesi del nord, paladini da sempre del rigorismo, e paesi del sud
contro l’austerity.
Infine, pur senza passi in avanti,
al vertice si è parlato anche della necessità di stabilizzare i Balcani occidentali, dove la tensione è tornata
molto alta, ma la prospettiva di nuovi allargamenti a breve termine non
sembra convincere nessuno.
Segreteria di redazione
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Tipografia Vaticana
Editrice L’Osservatore Romano
don Sergio Pellini S.D.B.
direttore generale
TRIPOLI, 11. «Una reazione emotiva». È così che l’inviato della Lega araba in Libia, Salah Eddin Al
Jamali, commenta la recente decisione del parlamento libico di Tobruk, dopo gli attacchi nella
Mezzaluna petrolifera, di abrogare il decreto di gennaio 2016 con
cui adottava l’accordo politico di
Skhirat, in Marocco, da cui è scaturito il consiglio presidenziale
guidato da Fayez Al Sarraj.
«Mi auguro che il parlamento
riprenda in considerazione la sua
decisione e che questa reazione
emotiva non duri a lungo», afferma Jamali, sottolineando come
«l’accordo di Skhirat, per quanti
difetti possa avere, ha riunito il
popolo libico e rappresenta oggi
la base di qualsiasi dialogo tra i
libici, sia a livello politico che di
altra natura». Per l’inviato della
Lega araba «non è pensabile altra
soluzione, altrimenti la situazione
si complicherà ed entreremo nel
circolo del vuoto politico»
Quanto alla situazione nell’est
della Libia, dove si trova la Mezzaluna petrolifera — e che in settimana è stata attaccata e conquistata dalle forze del generale
Khalifa Haftar che la controllavano — Jamali sottolinea che la regione «attraversa ora una fase delicata» anche in relazione all’aumento della produzione di petrolio «passata da 200.000 a 700.000
barili al giorno».
Il recente attacco, attribuito alle brigate di difesa di Bengasi,
«ha creato un’atmosfera elettrica
e preoccupante, da cui è scaturita
la decisione del parlamento» di
Tobruk. «Se oggi litighiamo sui
terminal petroliferi, come possiamo continuare a parlare di pace
in Libia?», si è chiesto Jamali, secondo il quale «il governo di
concordia nazionale non ha bisogno di questi terminal per rafforzare la sua posizione, poiché esso
già gode del riconoscimento internazionale».
Anche tra i bambini già indeboliti dalla fame
Si aggrava in Somalia
l’epidemia di colera
Bambino ricoverato in un ospedale a Mogadiscio (Reuters)
MO GADISCIO, 11. Più di 8400 casi
di colera, di cui 200 mortali, sono
stati registrati in Somalia dall’inizio dell’anno, un numero in rapida crescita da quando il paese è
stato colpito da una grave siccità.
Se la comunità internazionale
non interverrà urgentemente, la
Somalia rischia di andare incontro a una catastrofe ancora più
grave di quella che nel 2011 ha
I militari
nipponici lasciano
il Sud Sudan
JUBA, 11. Dopo cinque anni, il
Giappone terminerà la missione delle forze di autodifesa nel
Sud Sudan. Lo ha detto ieri il
premier, Shinzo Abe, precisando che i militari impegnati nelle opere di ricostruzione abbandoneranno il paese africano
a maggio. La durata della missione era stata estesa lo scorso
novembre per cinque mesi, col
fine di accelerare lo sviluppo
delle infrastrutture interne.
Tariffe di abbonamento
Vaticano e Italia: semestrale € 99; annuale € 198
Europa: € 410; $ 605
Africa, Asia, America Latina: € 450; $ 665
America Nord, Oceania: € 500; $ 740
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fax 06 69885164, 06 698 82818,
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Necrologie: telefono 06 698 83461, fax 06 698 83675
provocato la morte di oltre
250.000 persone. È l’allarme lanciato da Save the Children.
I centri per la salute e la nutrizione di Save the Children in Somalia — informa una nota— stanno registrando un rapido incremento di decessi dovuti al colera
e alla diarrea, casi che riguardano
anche i bambini, i cui corpi sono
già indeboliti dalla fame. Si stima
che circa un milione di bambini
potrebbero risultare malnutriti
quest’anno, con almeno 200.000
che rischiano di morire a causa di
gravi forme di malnutrizione.
«Salvare queste vite e assicurare i mezzi di sostentamento alla
popolazione richiede un’azione
concertata da parte della comunità internazionale, ma non c’è più
tempo da perdere e bisogna agire
ora», ha dichiarato il direttore di
Save the Children in Somalia.
Da quando, alla fine dello scorso anno, il paese è stato colpito
dalla siccità, i casi di colera e
diarrea sono fortemente aumentati, passando da poco meno di 200
casi nella prima settimana di novembre a circa 1400 nella seconda
settimana di febbraio. Oltre al colera, c’è preoccupazione per altri
fattori che mettono a grave rischio la salute dei bambini e il loro livello di nutrizione.
Concessionaria di pubblicità
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Forze siriane
sul luogo della strage (Reuters)
Ancora
scontri
nella capitale
sudcoreana
SEOUL, 11. L’ondata di protesta
non si placa e un terzo manifestante è morto in Corea del Sud,
dopo essere rimasto ferito negli
scontri scoppiati ieri alla notizia
della conferma dell’impeachment
della presidente Park Geun-hye da
parte della Corte costituzionale.
Secondo quanto riferito dall’agenzia di stampa Yonhap, il manifestante, 74 anni, «ha perso conoscenza in seguito a uno scontro
con la polizia durante la manifestazione» ed è morto questa mattina in un ospedale di Seoul.
La presidente Park Geun-hye,
prima donna al vertice istituzionale più alto della Corea del Sud, è
stata destituita dalla Corte costituzionale che all’unanimità (8 voti
su 8) ha ratificato l’impeachment
votato il 9 dicembre dal parlamento, completando la prima procedura del suo genere nella giovane
storia democratica del paese. «La
speranza — ha detto in diretta televisiva la presidente della Corte
Lee Jung-mi dopo aver letto il
verdetto — è che la sentenza chiuda le divisioni nazionali. Gli effetti negativi delle azioni presidenziali e le loro ripercussioni sono
gravi, e i benefici della difesa della Costituzione con la sua
rimozione
sono
enormemente
ampi».
Il premier e presidente reggente, Hwang Kyo-ahn, ha lanciato
l’appello di accettazione del verdetto con il «superamento delle
divisioni» in un messaggio alla
nazione rimarcando le difficoltà
all’orizzonte tra economia e minaccia nucleare e missilistica della
Corea del Nord, su cui i militari
di Seoul hanno alzato la vigilanza
massima. Auspici all’unità sono
stati espressi dai principali gruppi
religiosi che hanno chiesto saggezza per il superamento della confusione con il bene comune e l’integrazione come priorità.
Nel giudizio di legittimità e
merito, la Corte ha fatto poi anche la scrematura del dossier parlamentare rigettando, ad esempio,
le accuse di abuso di potere nella
nomina di funzionari di governo e
le pressioni sulla stampa (in entrambi i casi “per mancanza di
prove“) o la cosiddetta “fuga dalle
responsabilità”, come nella tragedia di aprile 2014 del traghetto
Seawol, nel cui affondamento morirono oltre 300 persone, quasi
tutti studenti liceali, definita non
di “competenza” della Corte.
La crisi istituzionale di 92 giorni nel paese ha dunque trovato
uno sbocco e la Borsa di Seoul lo
ha rimarcato con un timido rialzo
dello 0,30 per cento: secondo la
costituzione, nuove elezioni dovranno tenersi entro 60 giorni
(forse il 9 maggio), mentre il vincitore sarà da subito nelle sue funzioni senza il periodo di transizione. Con la difficoltà di costruire
una maggioranza parlamentare e
lavorare a una riforma costituzionale di riequilibrio dei poteri.
Aumentano
le vittime civili
nel conflitto
afghano
Mentre si prepara la battaglia per la riconquista di Raqqa
Sanguinoso attentato a Damasco
DAMASCO, 11. Una duplice esplosione questa mattina nel cuore di Damasco, nei pressi della città
vecchia, ha causato — secondo l’agenzia di stampa ufficiale Sana — almeno 44 morti e oltre cento
feriti. Stando alla ricostruzione dell’O sservatorio
per i diritti umani in Siria (Ondus), un attentatore suicida si è fatto esplodere presso il cimitero
Bab Al Saghir, nel quartiere Al Shagur, mentre
una bomba posizionata sul ciglio della strada è
esplosa al passaggio di un bus. L’emittente Al
Mayadeen riferisce che obiettivo degli attacchi
erano alcuni autobus che trasportavano fedeli
sciiti.
Intanto, in vista della battaglia per la riconquista di Raqqa, crescono le tensioni tra le forze impegnate contro il cosiddetto stato islamico (Is)
lungo il corso siriano dell’Eufrate. Cioè l’esercito
governativo sostenuto dai russi, i miliziani filoturchi, quelli curdi e ora anche gli statunitensi,
che negli ultimi giorni hanno dispiegato centinaia
di uomini nella regione.
Mosca ha nel frattempo annunciato che una
prima unità di sminatori composta da 187 militari
è arrivata in Siria e «assieme ai colleghi siriani»
ha iniziato a bonificare l’antica città di Palmira
dagli ordigni piazzati dai miliziani. L’operazione
avviene dopo che, a inizio mese, l’esercito siriano
ha riconquistato per la seconda volta in un anno
la città sede di un sito archeologico patrimonio
dell’umanità. Nel maggio del 2015 Palmira era finita nelle mani dei miliziani del cosiddetto stato
islamico che distrussero parte dei tesori archeologici. La città era stata ripresa nel marzo del 2016
dalle truppe siriane, ma lo scorso dicembre era
stata nuovamente occupata dai jihadisti.
Nei pressi di Raqqa, ha sottolineato il capo del
dipartimento per le operazioni dello stato maggiore russo, Serghiei Rudskoi, le truppe siriane
hanno raggiunto «per la prima volta in quattro
anni le rive dell’Eufrate a est della città di Khafsa, prendendo il controllo di 15 chilometri di territorio lungo il fiume e continuando la loro offensiva» contro i jihadisti. Nella stessa offensiva sono impegnate milizie dell’opposizione sostenute
dalla Turchia — che a partire da agosto ha anche
inviato proprie truppe in territorio siriano — e i
curdi dell’Ypg, legato al Pkk e per questo giudicato come forza “terroristica” da Ankara.
Le milizie curde sono predominanti nelle cosiddette forze democratiche siriane (Sdf) sostenu-
Contestato un oleodotto in North Dakota
La marcia
dei sioux
te dagli Stati Uniti, che negli ultimi giorni hanno
inviato circa 400 soldati equipaggiati con pezzi di
artiglieria con l’intento di appoggiare l’avanzata
verso Raqqa. «Abbiamo forze a sufficienza per liberare Raqqa con il sostegno della coalizione internazionale a guida statunitense», ha detto ieri
Cihan Sheikh Ehmed, portavoce delle Sdf.
Ma il presidente turco, Recep Tayyip Erdoğan,
parlando da Mosca dopo i colloqui di ieri con il
leader del Cremlino, Vladimir Putin, ha risposto
che «non si può pensare di combattere una organizzazione terroristica con un’altra organizzazione
terroristica». Da parte sua, il presidente russo si è
concentrato sul cessate il fuoco in vigore dal 30
dicembre tra forze governative e ribelli su iniziativa di Russia, Turchia e Iran, esprimendo un
«cauto ottimismo» sulla possibilità di arrivare a
«una soluzione politica a tutti gli effetti», con il
coinvolgimento degli Stati Uniti.
Tra Russia e Turchia «è stato ripristinato un
dialogo politico intenso» e i due paesi hanno il
potenziale per lo sviluppo di «rapporti di buon
vicinato» ha poi detto Putin intervenendo al
Consiglio di cooperazione di alto livello tra i due
paesi che si è svolto ieri sera a Mosca.
Fosse comuni
in Messico
CITTÀ DEL MESSICO, 11. Ancora orrori in Messico. Sono almeno 244 i
cadaveri rinvenuti in almeno 120
fosse comuni nello stato orientale
di Veracruz, nel corso di una serie
di ricerche iniziate da alcuni mesi
su richiesta dei familiari di
desaparecidos messicani.
Le prime ricerche, in un’area di
dieci ettari in un punto isolato di
una zona chiamata Las Colinas de
Santa Fé, sono state avviate ad agosto, quando dentro 28 fosse vennero trovati i cadaveri di 30 persone.
Dopo il ritrovamento di altri corpi
nel corso delle ultime settimane, la
zona potrebbe diventare uno dei
Agguato
dei maoisti
indiani
Fiume brasiliano
deviato
contro la siccità
NEW DELHI, 11. Almeno undici
agenti indiani sono morti e altri
tre sono rimasti feriti oggi in un
agguato dei maoisti nello stato
centro-orientale di Chhattisgarh.
Lo riferisce l’agenzia di stampa
Ani. Secondo le prime informazioni disponibili, un commando di
maoisti (conosciuti anche come
naxaliti) ha aperto il fuoco contro
gli agenti mentre erano in perlustrazione lungo la strada che collega Bhejji a Kuttacheru, nel distretto di Sukma. I guerriglieri,
dopo aver portato via le armi degli agenti, sono riusciti a dileguarsi nella vicina foresta. Da decenni
negli stati più poveri dell’India
orientale agiscono gruppi di militanti maoisti che dal Bihar si stanno spingendo verso lo stato centrale di Maharashtra.
BRASILIA, 11. Dopo dieci anni
dall’inizio dei lavori di trasposizione, sono arrivate ieri nello stato
brasiliano di Paraíba le acque del
fiume São Francisco, che dovrebbe porre fine alla siccità che affligge da secoli il nordest del paese. Alla cerimonia ha partecipato
il presidente Michel Temer. Il São
Francisco è lungo oltre tremila
chilometri. Il progetto di deviazione del fiume — per alimentare una
zona dove vivono almeno 12 milioni di persone — era stato lanciato nel 2006. L’opera prevede la
costruzione di oltre 700 chilometri
di canali di cemento armato lungo
due assi principali allo scopo di
deviare le acque del fiume attraverso il territorio di quattro stati
(Pernambuco, Paraíba, Ceará e
Rio Grande do Norte).
La marcia dei sioux a Washington (Ansa)
WASHINGTON, 11. I nativi americani
hanno marciato ieri su Washington
per sensibilizzare i politici e rivendicare e proteggere i propri diritti.
Le tribù sono capeggiate dai
sioux, che manifestano contro la
decisione dell’amministrazione statunitense di costruire il Dakota Access pipeline, l’oleodotto che attraversa la riserva di Standing Rock in
North Dakota e South Dakota, dove i sioux vivono. Migliaia di indiani, molti con i visi colorati, i copricapi piumati e i tradizionali abiti di
pelle, hanno invaso la capitale statunitense, trasformando il viale mo-
numentale vicino alla Casa Bianca
in un accampamento animato da
falò notturni e sfilando nelle vie
della città sino alla residenza del
presidente.
I nativi americani lamentano la
minaccia alla propria acqua potabile, il fatto che l’oleodotto attraversi
terre considerate sacre e che la sua
costruzione sia stata approvata senza
un’adeguata
consultazione.
«Continuiamo e continueremo a
combattere per il futuro dei nostri
figli, per il nostro territorio», hanno
dichiarato i sioux. Il progetto per
ora va comunque avanti.
grandi cimiteri clandestini del paese, precisano i media locali. Nel
luogo, rilevano fonti investigative
riprese dall’agenzia di stampa Efe,
ci sono i resti di persone probabilmente uccise quattro-cinque anni
fa, ma anche da meno tempo.
Veracruz — ricordano gli analisti
— è una zona di transito di grandi
quantità di narcotraffico, visto che
collega l’area centroamericana e caraibica con il nord del Messico, a
ridosso della frontiera con gli Stati
Uniti. In totale, la procura dello
stato ha ricevuto oltre 3000 denunce di persone scomparse.
KABUL, 11. L’Onu ha rivolto un
pressante appello alle parti afghane in conflitto a mettere fine
all’uccisione e al ferimento di civili, nel momento in cui un rapporto della Missione delle Nazioni
Unite di assistenza all’Afghanistan
(Unama) ha rivelato che nel 2016
si sono registrati nuovi record annuali di vittime civili e di bambini
uccisi o feriti. Il rapporto, presentato ieri nel corso di una riunione
del Consiglio di sicurezza, ha rivelato che il conflitto in corso ha
provocato lo scorso anno 11.418
vittime civili, di cui 3498 morti e
7920 feriti. Di esse 3512 sono state
bambini — 923 morti e 2589 feriti
— con un aumento del 24 per cento sulla più alta statistica finora
registrata dal 2009.
Come già in passato, lo studio
dell’Onu sostiene che quasi i due
terzi delle vittime sono addebitabili a forze antigovernative (per lo
più talebani), mentre alle forze filo-governative è addossata la responsabilità di un quarto di esse.
E nel corso di una riunione del
Consiglio di sicurezza l’ambasciatore Inigo Lambertini, vicerappresentante permanente al Palazzo di
Vetro, ha espresso la ferma condanna dell’Italia per l’attacco contro l’ospedale militare di Kabul
avvenuto tre giorni fa, sottolineando la preoccupazione per l’aumento delle vittime civili in Afghanistan e l’allarmante situazione
degli sfollati. Lambertini ha poi
riaffermato l’appoggio al governo
di unità nazionale e l’impegno italiano, nell’ambito della missione a
guida Nato, a sostenerne gli sforzi, oltre a esprimere il plauso al
lavoro della missione Onu.
Intervenendo ieri sera al Consiglio di sicurezza il rappresentante
speciale dell’Onu in Afghanistan,
Tadamichi Yamamoto, ha dichiarato che «il governo afghano, i
paesi della regione e le potenze
chiave dovrebbero rafforzare il
messaggio che i talebani possono
essere parte del futuro afghano, e
della sua struttura politica e sociale». Per quanto riguarda il più alto numero mai registrato per un
singolo anno di vittime civili nel
paese, Yamamoto, che è capo
dell’Unama, ha aggiunto: «Temo
le notizie che prevedono una intensa stagione di combattimenti
nella prossima primavera».
Intanto, almeno otto poliziotti
afghani sono rimasti uccisi in un
attacco condotto da loro colleghi
nella provincia meridionale di Zabul. Lo hanno riferito le autorità
locali, secondo cui due ufficiali
hanno aperto il fuoco contro gli
agenti a un posto di blocco nel
villaggio di Loy Shor, nel distretto
di Shinkay. I poliziotti hanno preso le armi, le munizioni e sono
fuggiti per unirsi ai talebani.
Trump chiede le dimissioni
di 46 procuratori
WASHINGTON, 11. L’amministrazione Trump ha chiesto a 46 procuratori statunitensi che erano stati nominati dal precedente presidente,
Barack Obama, di lasciare immediatamente gli incarichi. Lo ha reso
noto ieri, con un breve comunicato,
la portavoce del dipartimento alla
giustizia, Sarah Isgur Flores, per
assicurare — ha precisato — «un trasferimento dei poteri uniforme».
Per quanto riguarda l’amministrazione della giustizia, gli Stati
Uniti si dividono territorialmente in
94 distretti, ciascuno presieduto da
un procuratore federale nominato
dal presidente su raccomandazione
di un senatore.
Si tratta di richieste di dimissioni
arrivate a sorpresa. È tradizione —
indicano gli analisti politici — che i
procuratori mettano a disposizione
l’incarico al nuovo presidente e
molti dei procuratori nominati da
Obama avevano già rassegnato le
dimissioni dopo l’insediamento alla
Casa Bianca di Donald Trump, lo
scorso 20 gennaio. Ma 46 procuratori erano rimasti al loro posto.
Il più noto tra i 46 procuratori è
Preet Bharara, il procuratore di
Manhattan, noto per il suo impegno contro la corruzione. In attesa
che siano nominati i nuovi procuratori, al loro posto lavoreranno quelli di carriera.
L’iniziativa di Trump — ricordano gli osservatori — non è senza
precedenti. Il presidente Bill Clinton aveva infatti “licenziato” tutti e
93 i procuratori nella stessa giornata. L’amministrazione Obama aveva
invece permesso ai procuratori nominati dal suo predecessore, il presidente George W. Bush, di rimanere al loro posto fino a quando non
fossero designati i sostituti.
pagina 4
L’OSSERVATORE ROMANO
domenica 12 marzo 2017
Pontormo, «La Vergine annunciata»
chiesa di Santa Felicita a Firenze, particolare
della cappella Barbadori Capponi (1528)
di VALERIO GIGLIOTTI
ristianesimo è, per sua natura,
teologia nella storia, insieme
annuncio e proposta di salvezza. Ma è anche storia teologica dell’uomo: ne motiva le
origini, ne spiega la condizione presente,
interpreta i segni per la sua evoluzione a
venire. Il mistero di Cristo precede la storia e, allo stesso tempo, ne illumina i metodi, le conquiste, i fini: il reale umano
prende forma alla sua luce.
Ma il binario che guida la storia è duplice, ed è inversamente percorso da Dio e
dall’uomo: l’uomo distrugge, Dio riedifica, ma sulla stessa linea e con gli stessi
mezzi. L’uomo pecca e genera morte — fisica, spirituale, sociale, culturale —, Dio
salva e porta la vita. Come? Meglio: con
Chi? E qui la risposta immediata della
teologia cristiana è ovviamente la persona
e il mistero di Cristo. Ma a ben leggere, la
Maria nell’incontro tra Dio e l’uomo
storia cristiana non può prescindere da
un’altra complementare risposta, mediata
alla luce dell’Incarnazione: Dio salva e
porta la vita nella storia e per la storia per
mezzo di una donna: Maria.
Anche l’uomo introdusse il peccato e le
morti per mezzo di una donna. Per tramite di Eva cade l’uomo, Adamo il Protoplasto; per tramite di Maria nasce l’Uomo, il
Cristo Primogenito. Fu già dell’apologeta
Giustino — II secolo dell’era cristiana — la
sottolineatura ulteriore che coglie, si noti,
Ma a Cana, a voler ben leggere la raffinon da Genesi, 3, ma dall’Annunciazione dato — il saggio lo sottolinea con acume —
(Luca, 1, 26-38) per cui non solo la condi- dalla sua ossimorica (ma non è forse cifra natissima e non casuale esegesi giovannea,
zione di donna (guné) ma quella ulteriore di tutto il cristianesimo?) maternità vergi- Maria non è, come nel resto delle narradi vergine (parthènos) accomuna l’antitesi nale: «Maria — negli Evangeli — è voce di zioni evangeliche, appellata parthènos, verfigurale delle corresponsabili della storia tutti, abbraccia una comunità, un gruppo, gine, bensì apostrofata dal Figlio guné:
teologica dell’umanità: Eva nella morte, una classe sociale; è madre, sin dall’inizio, «Che vuoi da me, o donna?»: la vergineMaria nella vita: «Si fece uomo dalla Ver- dell’umanità e stende il suo manto, spesso figlia che diviene donna-sposa nell’istante
gine, affinché per quella stessa via per la stellato, a coprire (come nelle pitture me- stesso in cui il Figlio si manifesta nella
quale — cagionata dal serpente — ebbe dievali) il proprio popolo senza nome e la sua divinità iniziando, con il primo miraprincipio la disobbedienza, per la medesi- terra tutta».
colo, la vita pubblica.
Come può dunque Maria (l’etimo stesso
ma via venisse similmente distrutta» (DiaQuesta dimensione di kénosis mariana,
logo, 100, Patrologia Graeca, 6, 709). L’in- del nome, di origine ebraica, indica altez- per così dire, presente già nei Padri della
tuizione di Giustino è ripreChiesa, latini e orientali, viene diffusa
sa in filigrana dallo stesso
nell’Occidente medievale da quella ricchisIreneo di Lione che presensima Biblia pauperum che furono le laude
Il mistero di Cristo precede la storia
ta Maria come nuova Eva:
e i sermoni (si pensi a quelli, preziosissicome Cristo ricapitola Adami, di Bernardino da Siena) i quali attine allo stesso tempo ne illumina i metodi
mo, annullando con la gragevano i grandi contenuti della fede dalle
le conquiste e i fini
zia il peccato primigenio,
immagini della Scrittura, dei Padri, dei
così Maria ricapitola Eva,
Il reale umano
vangeli apocrifi, della liturgia, accanto
annullando con la sua obovviamente ai cicli pittorici, scultorei e
prende forma alla sua luce
bedienza la di lei disobbemusivi.
dienza. Le due scene, Eden
Dalle riprese del saluto angelico di san
e Annunciazione, divengono
Francesco d’Assisi («Ti saluto, Signora
luogo iconico antitetico dell’incontro delle za, eccellenza) essere causa di salvezza, santa, regina santissima, / Madre di Dio,
due protagoniste della storia umana, unite per sé e per tutti?
Maria, sempre Vergine, / eletta dal santisnel progetto di salvezza ma non sul piano
La risposta che, attraverso il viaggio “a simo Figlio diletto / e con lo Spirito Sanontologico: come Cristo non è al livello di Maria” ma direi anche “in Maria” propo- to consacrata. / Tu in cui fu ed è ogni pieAdamo, così Maria non è sul piano di sto da Ossola, ci viene fornita parrebbe nezza di grazia e ogni bene. / Ti saluto,
Eva: Adamo è infatti tipo di Cristo come essere: perché anche lei è una salvata da suo palazzo, / Ti saluto, sua tenda, / Ti
Eva è figura di Maria. Tra esse la Natività Cristo, anch’ella è figlia. La sua azione saluto, sua casa, / Ti saluto, suo vestimendi Betlemme, punto di congiunzione tra la nella storia non raggiunge direttamente e to / Ti saluto, sua ancella, / Ti saluto, sua
storia e l’eternità. La curiosa narrazione immediatamente l’umanità e neppure se Madre») alla sottolineatura della sua umadell’apocrifo vangelo dell’infanzia armeno stessa, come tutti anche lei ha bisogno nissima misericordia nella lauda anonima
(probabilmente di ispirazione nestoriana) della salvezza e dipende in tutto da Cri- dei servi della Vergine («fontana de sapresenta Eva, «la nostra prima madre» sto: per mezzo di Cristo, con adesione pientia, donna de clementia») o di Guittoche si reca con Giuseppe alla mangiatoia, piena alla sua volontà, il suo agire rag- ne d’Arezzo («Madre del mio Signore e
prende tra le braccia il Bambino e lo ado- giunge la terra tutta.
donna mia (...) / Chi se non tu misericorra, per ritrovare nel parto verginale di MaE questa vocazione universalistica della diosa?»).
ria la propria redenzione: «Benedetto sia figuralità mariana si riscontra bene — nota
Sarà però la Commedia di Dante a rivetu, o Signore, Dio dei nostri padri, Dio ancora Ossola — nella sobrietà con cui lare il vero itinerarium ad Mariam: è l’unid’Israele, che oggi con questo avvenimen- Maria parla nelle narrazioni degli evange- tà spirituale dell’intero poema a riposare
to hai operato la redenzione dell’umanità li: dal ritrovamento di Gesù al tempio sull’ideale concreto della Vergine. Maria
e mi hai riabilitata, sollevandomi dalla mia quando, sulla strada del rientro, «Maria in realtà è presente fin dalla prima cantica
caduta, e mi hai reintegrata nella mia anti- conservava dentro di sé tutte queste cose sia pure mediatamente: è la «donna gentica dignità! Ora il mio animo si sente fiero meditandole nel suo cuore» (Luca, 2, 19), le» (Inferno, II, 93) che attraverso Lucia e
ed esulta nella speranza di Dio salvatore». alla sublimità vertiginosa del Magnificat, Beatrice si fa carico di liberare il poeta dal
Quasi un Magnificat minor tutto umano.
alla sapienza misurata e premurosa del suo smarrimento; la sua presenza, viva e
Ed ecco quindi resi più comprensibili suggerimento offerto al Figlio alle nozze plastica, attraverserà poi con efficacia tutte
gli effetti permanenti nella storia: quelli di Cana (Giovanni, 2, 1-12): «Non hanno e sette le balze della montagna del Purgadella disubbidienza di Eva che dureranno più vino», in seguito colta e resa canto da torio, offrendosi come modello di vita e di
quanto la storia dell’uomo sulla terra, Dante: «Più pensava Maria onde / fosser riscatto alle anime che sono in procinto di
quelli dell’obbedienza di Maria dall’oggi le nozze orrevoli e intere» (Purgatorio, purificarsi in preparazione alla visio Dei e
all’eternità.
XXII, 142-143).
divenendo così vero compendio dell’esemQuesta prospettiva di lettura iconica e
plarità di Maria lungo
figurale del ruolo di Maria ha solcato non
il pellegrinaggio di sansolo la storia, talora incarnata nelle figure
tità. Ma sarà ovviamendei santi, ma anche le più alte opere
te nella sublime Predell’espressione umana: dalle arti figuratighiera alla Vergine di
ve alla musica alla letteratura e oggi ci viesan Bernardo, nella terne restituita in un’alta sintesi parenetica
za cantica, che il genio
da un importante libro di Carlo Maria
di Dante, «poeta-teoloOssola, Viaggio a Maria (Roma, Salerno
go, e filosofo, che non
Editrice, 2016, pagine 80, euro 7,90), non
si contenta dell’allegoria
già saggio ma meditazione posta a chiave
dei
poeti»
sigillerà
di volta tra la chiusura del giubileo della
nell’eternità non la «sumisericordia indetto lo scorso anno da Pablime retorica del parapa Francesco e il Sinodo dei giovani che
dosso cristiano», come
si aprirà nel 2018, per una rilettura intebene argomenta Ossola,
grale della presenza dell’umano nella stoma una lettera che è
ria e nelle singole storie individuali.
vera: veramente divina
Così, se il mistero di Cristo precede e ile veramente umana:
lumina la storia «il mistero di Maria cam«ogni termine di “Vermina nella storia: il dibattito teologico —
gine Madre, figlia del
con i suoi corollari di eresie e di definiziotuo figlio” è lettera di
ni conciliari — dei primi secoli cristiani ha
verità; non già paradosprincipalmente toccato la persona del Criso, ma identità della
sto, la natura della Trinità; la storia della
formula al suo essere
Chiesa ne è stata profondamente segnata.
nell’ “è”». Rovesciando
La memoria di Maria si è lentamente svicosì «nell’ordine tutto
luppata, dalla sua culla orientale e orto“comico” del “fantolin”
dossa, sino a divenire il centro della pietà
di cui narra il Paradiso»
popolare romana: la liturgia, il canto deil «paradigma semantivoto, le invocazioni e i riti, e persino il
co dell’innologia» e poteatro ne sono stati informati».
nendo in rilievo il «reL’universalità del messaggio e dell’exemgistro della maternità»
Filippino
Lippi,
«Apparizione
della
Vergine
a
Bernardo»
(1482-1486)
Vergine madre, figlia
plum storicamente sensibile, di Maria, è
C
Nuovo Adamo
e nuova Eva
del tuo figlio si rinnovella sul piano ermeneutico e storico diventando «lettera
dell’icona».
E l’immagine da innografica diventa
iconica, come dimostra la lettura di Carlo
Ossola, nell’ispirazione del lessema composto figlia del tuo figlio alla «stupenda
tradizione bizantina che associa, spesso su
pareti o archi affrontati, la doppia letterale
verità degli apici estremi della vita del Figlio nella vergine e della Vergine nel Figlio: la nascita del Cristo in fasce, l’ascesa
in cielo dell’animula in fasce della Vergine, oltre il mistero della dormitio Virginis».
Così i mosaici absidali raffiguranti la Dormitio di Pietro Cavallini (1291 o 1296) a
dell’eredità dantesca che la «lettera di verità» di Maria consegnava alla storia: Batista da Montefeltro, sposa di Galeazzo
Malatesta, signore di Pesaro, divenuta poi
suor Girolama, clarissa, nel 1447, nella lauda «Vergine madre immaculata sposa» rilegge figlia del tuo Figlio con una simmetria speculare: «Vergine, di pietà regina e
matre, / mira quanta miseria in me consiste / che al dolce sposo tuo, figliuolo e
patre, / a cui nulla potenza mai resiste, /
offrir non posso se non cose triste, / se
non supplisse con la sua larghezza».
E ancora Vittoria Colonna, duchessa di
Pescara, pone l’accento sul momento
dell’Incarnazione per definire il rapporto
di maternità/paternità tra Dio e Maria:
«Immortal Deo, nascosto in uman velo /
l’adorasti Signor, figlio ‘l nutristi, / l’amasti sposo ed onorasti padre….» e altrove,
sempre con accenti bizantineggianti e danteschi, sulla gloriosa incoronazione «Veggio ‘l figliuol di Dio nudrirsi al seno /
d’una Vergine Madre, ed ora insieme / risplender con la veste umana in cielo».
E infine Domenica Gambara cantando
l’Incarnazione del Verbo, esprime in rime
dotte la fede nell’umanità mediatrice e
corredentrice di Maria: «O gran misterio,
e sol per fede inteso / Fatto è il bel corpo
tuo tempio di Dio, / Vergine santa, e in
quello umile e pio / è per propria virtù
dal ciel disceso».
Così, sempre con lo sguardo rivolto
all’umano, la Mater misericordiae ancora
nella contemporaneità più prossima, proclamata nei dogmi dell’Immacolata Concezione (Papa Pio IX, nel 1854) e dell’Assunzione (Papa Pio XII, nel 1950) attraversa la storia, la fine di una certa forma storica dell’Ecclesia Dei e gli orrori disumanizzanti e annichilenti dei due conflitti
mondiali, appare all’illetterata Bernadette
a Lourdes per riconfermare la lettera di
Verità tutta carne, teologia della storia.
Basilica di Santa Maria Maggiore a Roma, particolare della Dormitio Mariae
Santa Maria in Trastevere e quelli dell’Incoronazione di Maria di Iacopo Torriti in
Santa Maria Maggiore, insieme alla gloriosa intronizzazione della Maestà di Duccio di Buoninsegna sull’altare maggiore
del duomo di Siena possono sicuramente
essere stati fonte per la resa poetica e teologica di una preghiera a Maria, inveratasi
in versi e icona testuale del «Dante bizantino».
La stessa materna misericordia ricordata
in chiusura del saggio di Ossola dall’evocazione del discorso pronunciato da Piero
Calamandrei del 15 settembre 1944 in occasione della riapertura dell’ateneo fiorentino: il giurista accademico sceglie di richiamare la Madonna del parto di Duccio
di Buoninsegna come simbolo di grazia e
«meditazione sul destino di pena dell’uomo, nello svelare — nelle premure della
misericorde — la coscienza vissuta della
mater dolorosa».
Maria: dall’eternità all’eternità, attraverso la storia,
Nel 1944 il giurista Piero Calamandrei
ci dice Ossola, mediante la
maternità e la grazia: «come
in occasione della riapertura
già nel poema dantesco, in
dell’ateneo fiorentino
lei finisce il nostro respiro,
esala il nostro fiato, pulsa il
citò la Madonna di Duccio di Buoninsegna
nostro “qui”, si ritmano gli
come simbolo di grazia e misericordia
atomi di tempo e di misericordia». La consacrano tale
gli inobliabili capitoli che la
Lumen gentium dedica a MaLa lettura della novità teologico-figurale ria: «immagine e inizio della Chiesa che
della canzone dantesca fa scuola evidente- dovrà avere il suo compimento nell’età fumente tra XIV e XV secolo, dagli echi più tura, così sulla terra brilla ora innanzi al
evidenti di Antonio Beccari da Ferrara suo peregrinante Popolo di Dio quale se(«Tu se’ de’ peccator fermo consiglio, / tu gno di sicura speranza e consolazione, fise’ benigna madre di mercede… / fontana no a quando non verrà il giorno del Siviva di misericordia») alle riprese teologi- gnore».
che del Poliziano («Vergine santa, immaMaria, la Vergine Madre, la Sposa Ficulata e degna, / Amor del vero Amore, /
che partoristi il Re che nel ciel regna, / glia del Figlio, responsabilmente inserita
creando il Creatore / nel tuo talamo mon- nel piano unitario di Dio che vuole il suo
do») mediate dalla stilistica petrarchesca Verbo partecipe e redentore nella e della
(Canzoniere, 366, «Vergine bella, che di sol storia umana, costituisce icona e punto di
congiuntura tra il decaduto e il redento,
vestita»).
E ancora tra Quattrocento e Cinquecen- tra il presente e l’eterno: il viaggio di Dio
to saranno tre donne a farsi testimoni a Maria per farsi uomo tra gli uomini.
L’OSSERVATORE ROMANO
domenica 12 marzo 2017
Il busto di Luigi
pagina 5
XVIII
Inaugurati i lavori di ricostruzione della guglia nord della basilica di Saint-D enis
Il gioiello
nella banlieue
da Parigi
di CHARLES
DE
PECHPEYROU
i è aperto sabato 11 marzo
un nuovo capitolo nella
storia millenaria della basilica di Saint-Denis, necropoli dei re di Francia da
Dagoberto, re franco della dinastia
dei merovingi, fino a Luigi XVIII,
con l’inaugurazione ufficiale del cantiere di ricostruzione della guglia
nord della cattedrale gotica, smontata nell’ottocento. Tra qualche anno
la basilica dovrebbe ritrovare il suo
antico splendore perso nel 1847,
S
simbolo dell’unione della popolazione intorno a uno stesso progetto. Segno dell’importanza di quest’evento,
è stato proprio il presidente della
Repubblica François Hollande a
presiedere all’inaugurazione, accompagnato dal ministro della cultura
Audrey Azoulay, con la presenza del
sindaco comunista Laurent Russier,
all’origine di questa iniziativa, e del
vescovo di Saint-Denis, monsignor
Pascal Delannoy. Secondo
il presule, intervistato dall’Osservatore Romano, la
Da decenni si chiedeva l’avvio
partecipazione del capo
dello stato alla cerimonia si
del cantiere
spiega con il fatto che, «olin una città segnata oggi
tre a essere un luogo fondamentale per la fede dei
da grande povertà economica
cattolici — qui giace san
e da un clima di violenza sociale
Dionigi, primo vescovo del
posto nel terzo secolo — la
cattedrale gotica è imprequando la guglia alta di 85 metri, in- scindibile dalla cultura e della storia
debolita da una violenta tromba francese».
d’aria l’anno precedente, dovette esTecnicamente, la ricostruzione
sere smontata prima che crollasse.
non dovrebbe creare problemi, giacErano decenni che i diversi sinda- ché la guglia e la parte superiore
ci di Saint-Denis, città segnata oggi della torre nord che la sorreggeva
da grande povertà economica e da furono smontate accuratamente sotto
un clima di violenza sociale, chiede- la direzione di Viollet-le-Duc, uno
vano l’avvio di questo cantiere come tra i più famosi architetti francesi
dell’Ottocento, che aveva anche elaborato una pianta molto dettagliata
dell’edificio tuttora conservata all’Archivio nazionale. Molti blocchi di
pietra troppo morbidi verranno sostituiti da blocchi provenienti da
rocce più dure. Soprattutto, le stesse
tecniche costruttive dell’architettura
medievale saranno utilizzate, in
quanto il cantiere ha anche una vocazione educativa e divulgativa e sarà aperto al pubblico, in modo tale
da poter finanziare i lavori con gli
incassi delle visite guidate. Il ministero della cultura, in effetti, ha dato
il suo accordo per la ricostruzione a
condizione che sia autofinanziata.
Secondo ogni probabilità, come è
stato il caso per altri progetti dello
stesso tipo realizzati nel recente passato — la replica dell’Hermione, la
storica fregata con cui il marchese
La Fayette andò in America, oppure
la ricostruzione del castello medievale di Guédelon, vicino a Parigi — il
cantiere della guglia nord della cattedrale dovrebbe essere molto frequentato da turisti, studenti di storia
dell’arte o ragazzi in gita scolastica.
Il Comune di Saint-Denis punta anche su questa operazione per promuovere l’economia locale attraverso
l’assunzione di nuovi apprendisti, di
operai e di guide. Inoltre, sarà
un’occasione di fare (ri)scoprire a
tutti i cittadini francesi un gioiello
del loro patrimonio storico e cultura-
le, situato in una banlieue attualmente sinonimo, nell’opinione pubblica, di covo di terroristi islamici. Il progetto di
abbellimento della cattedrale,
che rappresenta il cuore pulsante della città, sarà motivo di
fierezza per gli abitanti di
Saint-Denis, cattolici, musulmani o non credenti, prevede
monsignor Delannoy, che si
auspica che numerosi visitatori
e pellegrini affluiscano da tutta
Europa e anche dal Giappone e dagli Stati Uniti, per ammirare la nuova guglia. «Già oggi, i nostri fratelli
e sorelle musulmani entrano in questo edificio per trovare un luogo di
silenzio e di raccoglimento — sottolinea il vescovo — e hanno un grande
rispetto per la basilica, così come,
del resto, tutti i nostri cittadini». mausoleo. Ma quella ricostruzione
Ancora oggi, in effetti, gli edifici re- «ha riconciliato i cattolici con la Religiosi, e in particolare le cattedrali, pubblica», si rallegra lo storico. Un
hanno questa capacità di «unificare messaggio di speranza che non va
la nazione», secondo lo storico del dimenticato da chi, nella pubblica
patrimonio culturale Jean-Michel Leniaud. Alla fine
Anche i musulmani entrano in questo edificio
della prima guerra
mondiale, ricorda,
per trovare un luogo di silenzio
«la cattedrale di
e di raccoglimento
Reims, bombardata
più di una cinquane hanno un grande rispetto per la basilica
tina di volte, fu restaurata grazie allo
slancio di un movimento popolare che si impose agli amministrazione, sembra talvolta reanticlericali e alle persone poco en- stio a incentivare la manutenzione di
tusiaste». Non era scontato, tanto edifici di culto a motivo di una inche alcune persone volevano lasciar- sufficiente frequentazione da parte
la in rovina e creare una sorta di dei fedeli cattolici.
«Made in Roma and Aquileia»
Marchi di fabbrica
Lucerna con una forma
per il vetro (primo secolo
dell’era cristiana)
di GABRIELE NICOLÒ
ettere in rilievo e far apprezzare
l’importanza
dei marchi e dei segni
di fabbricazione e di
possesso nel mondo antico: è questo l’obiettivo della mostra
Made in Roma and Aquileia, fino al 31
maggio al palazzo Meizlik di Aquileia,
organizzata dalla Fondazione Aquileia e
dal Museo archeologico nazionale, sviluppando un’idea della soprintendenza
capitolina. L’esposizione, che si pone
sulla scia della mostra Made in Roma
svoltasi, nei mesi scorsi, ai Mercati traianei, muove da una consapevolezza ben
radicata: i prodotti della regione Friuli Venezia Giulia, di cui Aquileia ha costituito per secoli un basilare punto di riferimento, hanno un grado di eccellenza
che si ricollega idealmente a duemila
anni di storia e a una cultura della produzione che ha radici profonde nel
M
mondo romano. Ciò significa,
spiega nel catalogo della mostra
Antonio Zanardi Landi, presidente della Fondazione Aquileia, che «se in Friuli - Venezia
Giulia e nei territori vicini operano con successo, riconosciuto a livello mondiale, grandi produttori
di acciai speciali e di ferro, grandi
artisti del vino, avanzatissimi produttori di medicinali, orafi di grande successo, fantasiosi artisti del vetro, tutto
questo non è un caso. Il successo di oggi — sottolinea Zanardi Landi — va ricollegato a una ricerca di eccellenza iniziata in queste terre ancora prima della
nascita dell’Impero e quando buona
parte d’Europa era ancora abitata da
popolazioni nomadi e con un’economia
di sussistenza». Tale concetto è importante anche oggi ma lo è ancora di più
per il futuro. «La globalizzazione — rileva il presidente della Fondazione
Aquileia — ha operato trasformazioni irreversibili nei mercati e sempre più difficile sarà per l’occidente far fronte a
sfide e alla concorrenza di paesi con costi della manodopera molto più bassi e
con popolazioni in rapida crescita». E
quindi l’unico modo per «riuscire vincenti» in questo scenario è rappresentato da una combinazione tra ricerca e innovazione, nonché dalla garanzia della
qualità del prodotto. L’aver quindi dedicato una mostra «a temi così sensibili
e vicini al tessuto produttivo della regione», sottolinea Zanardi Landi, serve
anche a focalizzare l’attenzione su uno
dei principali obiettivi perseguiti dalla
Fondazione Aquileia: quello di costituire un elemento di sviluppo, anche economico, dell’intero territorio.
Nel rivalutare l’importanza dei “marchi di fabbrica”, l’esposizione abbraccia
un panorama che spazia da Aquileia
all’Urbe, e dall’Urbe alle province
dell’Impero. È una rivalutazione che
trae forza dal luogo da cui scaturisce,
appunto Aquileia, centro politico, economico, commerciale, nonché crocevia
di popoli e culture in quanto snodo vitale dei rapporti tra area mediterranea e
continentale.
Sono numerosi i temi che scandiscono il percorso della mostra: l’industria
del laterizio e i bolli doliari a Roma in
età imperiale; le modalità per marchiare
il vetro; iscrizioni e sigilli della farmacopea romana; il marchio relativo a
marmi e a pietre; l’arte di Esculapio,
medici, medicina e farmaceutica ad
Aquileia; l’instrumentum inscriptum ad
suono prodotto dal picchiettio del legno sull’ago impiegato per forare la
pelle. Tattow entrò definitivamente nel
vocabolario inglese riscritto come tattoo per giungere infine in Italia come
tatuaggio. Desta particolare interesse
Per esempio i marchi di fabbrica dell’opus doliare attestano una notevole
presenza femminile nelle figlinae, settore fondamentale in età imperiale in
virtù dello sviluppo della grande edilizia pubblica urbana. I bolli riportano i nomi di molte donne di casa imperiale: le Augustae Pompeia Plotina,
Sabina, Annia Galeria Faustina Minor.
Ma le donne appartenenti all’élite
imperiale non erano le sole a rivesti-
Assai prezioso fu il lavoro
svolto dalle donne
nella produzione laterizia
Ma è un fenomeno poco noto
per il silenzio delle fonti
Aquileia, la lucerna aquileiese in terracotta. E non manca un aspetto che sa
tanto di attualità, e che per questo desta particolare interesse: ovvero l’antropologia del tatuaggio, nell’ottica di
un’identità che l'uomo cerca di riscrivere su se stesso, sulla sua pelle. Al riguardo la mostra fornisce interessanti
informazioni che probabilmente sono
ignote ai più. Il tatuaggio ha conosciuto diffusione e visibilità in Europa verso la metà dell’Ottocento, con le esposizioni di tatuati nei circhi e nelle fiere
grazie alla “riscoperta”, nel 1769, da
parte del celebre esploratore e navigatore britannico James Cook, il quale,
al ritorno di un viaggio dalle isole del
sud del Pacifico, trascrisse per la prima
volta la parola tattow. Dal termine indigeno tatu o tatau, fa riferimento al
Bollo laterizio di «Potens, servus degli Aufidi» (primo secolo dell’era cristiana)
anche il capitolo della mostra sul lavoro delle donne nella produzione laterizia. Come scrive Alessandra Balielo nel catalogo, il ruolo femminile
nell’economia romana è un fenomeno
poco conosciuto a causa del silenzio
quasi totale delle fonti letterarie. Ma
approfondite ricerche hanno permesso
di scoprire come in realtà il contributo delle donne in questo ambito abbia
rivestito un ruolo assai significativo.
re un ruolo importante nell’industria
laterizia. Per il secondo e terzo secolo si conoscono infatti circa 150 nomi di domini figlinarum: cinquanta
erano donne. In questo scenario
spicca il nome di Flavia Seia Isaurica, dell’ordine senatorio: ella rappresenta ante litteram la figura dell’imprenditrice di successo, in qualità di prima produttrice di mattoni nella sua famiglia.
L’OSSERVATORE ROMANO
pagina 6
domenica 12 marzo 2017
di PIERANGELO SEQUERI
L’ispirazione di una teologia del matrimonio come vocazione creaturale e cristiana
di alto profilo, che si allarga e si approfondisce oltre i termini giuridici e morali
della sua abituale considerazione, è stato
certamente propiziato, con incessante progressione, dal magistero cattolico più autorevole. Dall’incisiva valorizzazione della
pari dignità e intrinseca correlazione antropologica della finalità unitiva e generativa (Paolo VI), che iscrive la famiglia nel
luogo centrale della trasmissione del senso
della vita e del legame fra le generazioni
che arricchisce la storia dei popoli, fino
all’iscrizione della spiritualità coniugale-famigliare dentro la corporeità dell’eros umano: che porta già in se stesso i segni della
sua destinazione al compimento relazionale dell’essere personale e all’attuazione
della grazia di agape (Giovanni Paolo II).
In un breve giro di anni il supremo magistero cattolico ha impresso forza e direzione all’esplorazione del tema coniugale-familiare quale centro nevralgico dell’antropologia cristiana: che coinvolge direttamente una specifica visione dell’essere della persona e del legame sociale.
Uno degli aspetti di maggiore rilievo di
questo processo teologicamente innovativo
della teologia del matrimonio, esemplarmente stimolato dal magistero ecclesiastico, è proprio rappresentato dalla sempre
maggiore evidenza che viene ad assumere
la sua intrinseca connessione con la realtà
della famiglia. Il sacramento cristiano è
sacramento del matrimonio e della famiglia, indisgiungibilmente. La teologia deve
ora dotarsi della convinzione e degli strumenti necessari per adempiere, juxta sua
propria principia, al compito di decifrazione e di elaborazione sistematica di questa
promettente espansione del tema. E illu-
«Amoris laetitia» e l’armonia di eros, philia e agape
Seguendo
l’ordine degli affetti
giosa e irreligiosa, del suo esercizio. Non
c’è più un’epica degli eventi rivelatori di
Dio nella storia: ormai la rivelazione della
prossimità sovrana di Dio illumina le storie di vita quotidiana degli uomini, delle
donne, dei bambini. La rivelazione di Gesù trae di lì i simboli forti del peccato e
della grazia. Papa Francesco riporta in
primo piano questo nesso, affidandogli il
compito di calibrare la dottrina cristiana,
affinché non eluda il suo ordine di
referenza (il matrimonio effettivo, la
famiglia reale) sul filo dell’autoreferenzialità (e dell’autocompiacimento) delle formule giustamente accumulate dall’ermeneutica della
tradizione.
Il capitolo quarto di
Amoris laetitia (L’amore nel
matrimonio) è certamente
il luogo in cui Francesco
condensa l’apporto innovativo
e
propositivo
Dal numero di gennaio de «La rivista del clero
dell’espansione fenomenoitaliano» pubblichiamo stralci della prolusione che
logica e integrazione esiil preside del Pontificio istituto Giovanni Paolo II
stenziale della parola criper studi su matrimonio e famiglia ha tenuto nel
stiana che interpreta la fenovembre scorso a Palermo alla Facoltà teologica
de,
l’intimità
feconda
di Sicilia San Giovanni Evangelista. Il tema del
dell’uomo e della donna,
rapporto tra Chiesa e famiglia viene sviluppato
accolta come “sacramento”
alla luce del magistero di Papa Francesco
del disegno creatore di
contenuto nell’esortazione apostolica postsinodale
Dio. Questo capitolo conAmoris laetitia.
tiene gli elementi di una
vera e propria ricomposizione
sistematica
dell’antropologia teologica del
matrimonio intorno alla vestrarne in modo culturalmente adeguato — rità sapienziale — non pelagiana (volontae anche educativamente attrattivo — le vir- rista) e non gnostica (spiritualista), non iltualità umane e sociali. Il primo e più ur- luministica (razionalistica) e non romantigente percorso di questo approfondimento ca (sentimentale) — del matrimonio.
è certamente quello antropologico. L’al- L’amore non è semplice incanto del sentileanza dell’uomo e della donna va anzitut- mento o slancio ideale dell’affetto. L’amoto restituita all’ampiezza del disegno crea- re è un operare edificante: «voler bene» è
tore originario, che affida alla loro intesa un «far bene» (Amoris laetitia, 94). L’inviil mondo e la storia. L’alleanza coniugale to, qui, è a una concezione dell’amore coe familiare è il sacramento di questa origi- me tessitura costruttiva che si arricchisce
naria destinazione: ma essa non si esauri- nel tempo, come un lavoro ben fatto che
sce nel matrimonio. Essa va interpretata genera la vita e rigenera il mondo. Un elesull’orizzonte dell’intera condizione uma- mento strategico dell’impianto di questo
na, indicando la necessità di realizzare capitolo è il coraggio di parlare della cariquella reciproca intesa a tutti i livelli della tà coniugale come affinamento estetico
trasformazione del mondo e della costru- della passione (eros) e forma superiore di
zione della storia: la società e il lavoro, il amicizia (philia), che trovano riscatto, susapere e l’educazione, l’economia e la po- blimazione e compimento nel grembo di
litica. La pastorale ecclesiastica, dal canto agape, in cui irradia e si riflette la pura
suo, deve corrispondere alla ritrovata cen- grazia dell’amore inarrivabile di Dio
tralità strategica della famiglia, in ordine (Amoris laetitia, 120-127). Questa discreta
alla configurazione e alla missione della illustrazione dell’amore coniugale come
comunità ecclesiale della fede, assumendo- luogo emblematico (ma non totalizzante,
si la responsabilità e l’iniziativa di attrarre rispetto al più vasto e ricco repertorio
dentro l’orizzonte dell’edificazione della dell’alleanza creaturale dell’uomo e della
comunità il dinamismo universale della donna) della circolarità di eros, philia e
realtà familiare. La portata testimoniale e agape, in un universo culturale (ma anche
propositiva di questo rimodellamento fa- teologico) che tende a tenerli separati o a
migliare dell’immagine di Chiesa, nel concepirli come alternativi, senza compocontesto odierno, non può sfuggire a nes- sizione realmente possibile, è una vera e
suno.
propria perla (Amoris laetitia, 142-157).
L’apporto del magistero di Amoris laeti- L’apertura sollecita a non appiattire il letia all’ulteriore avanzamento in questa di- game coniugale-familiare su una relazione
rezione mi sembra che possa essere colto, e su una storia “di coppia” che — quasi
con uno sguardo complessivo, in due trat- inevitabilmente — si edifica intorno alti metodologicamente innovativi, che han- l’unicità delle implicazioni relazionali di
no tuttavia riflesso, per loro stessa natura, eros, rinviando a un diverso e ulteriore
sui contenuti del suo insegnamento. Il pri- contesto le tessiture dell’amore che si
mo tratto lo potrei definire così: l’impiego muovono sul registro di philia e di agape.
sistematico del piano di discorso che caIl matrimonio non è il fine ultimo
ratterizza la predicazione evangelica di dell’ordine degli affetti che si ispira ad
Gesù, che illumina la verità della prossi- agape. Eppure, la mediazione del matrimità di Dio nel registro sapienziale — pro- monio e della famiglia, per la composizioprio e metaforico — delle storie quotidiane ne e la ricomposizione umana dell’ordine
di vita. Dove “quotidiane” non vuol dire degli affetti (individuale e sociale, mentale
private, e neppure minime: vuol dire atti- e planetario, razionale e simbolico, civile e
nenti alla condizione umana comune, e religioso) è semplicemente essenziale e inperciò, in quanto tali, decisive per l’evi- sostituibile per la nostra iniziazione all’ordenza della verità “ultima” dell’umano. dine degli affetti che edifica il regno di
Gesù non predicò un sistema di idee che Dio (Amoris laetitia, 120-141). Il ritardo di
doveva ridefinire la dottrina ebraica e defi- una più ampia visione teologica dell’alnire la novità cristiana: disse piuttosto la leanza uomo-donna, intesa come fatto soverità dell’amore e della giustizia di Dio ciale totale e non come semplice istituzioin riferimento alla condizione umana, reli- ne specifica, si riflette nell’impostazione
Chiesa e famiglia
della diagnosi sulla rilevanza etica e religiosa della trasformazione dei rapporti fra
individuo e società. Lo sviluppo del ruolo
istituente — e in certo modo fondante —
del plesso matrimonio-famiglia, rispetto
alla costituzione dell’identità umana e alla
configurazione del legame sociale, rimane
alquanto generico. Le formule sintetiche
che evocano questa profondità (la famiglia
«cellula fondamentale» della società, la famiglia piccola «Chiesa domestica») spesso
non la esplorano con la dovuta profondità
di articolazione, rischiando di circolare come luoghi comuni di vaga significazione
propositiva e di irrilevante portata pratica.
La riflessione teologica deve misurarsi in
modo determinato e comprensibile con le
modalità relativamente anomale in cui le
dinamiche familiari vengono a occupare la
loro posizione fondativa. Modalità che sono spesso anomale in riferimento alla correlazione fra rappresentazione culturale e
fatti sociali. La posizione fondante, infatti,
è realmente occupata dal matrimonio e
dalla famiglia. Essa però viene restituita al
sapere sociale nel quadro di una rappresentazione per molti aspetti disallineata
con la sua effettività: nel senso che non ne
rende conto, o addirittura non rende giustizia al lavoro umano dell’amore che essa
dona alla società tutta.
Si tratta dunque di elaborare il nesso
tra la realtà familiare cristiana che prende
forma mediante la fede, con la dimensione
ecclesiale della vita familiare: nella sua
configurazione personale e comunitaria,
interiorizzata e vissuta. Nella concezione e
nella pratica cristiana, del resto, il matrimonio è un sacramento cristiano-ecclesiale, in un senso affatto specifico: è dunque
impensabile che il legame con la realtà comunitaria della fede non debba esplicitare
il suo carattere costitutivo e la sua intrinseca reciprocità. Si potrebbe adottare, con
le precisazioni e i limiti del caso, la formula breve già adottata per l’eucaristia: la
Chiesa fa la famiglia cristiana e la famiglia
fa la Chiesa cristiana. Di fatto, com’è evidente a tutti, una vera e propria ecclesiologia della famiglia è ancora una dimensione piuttosto virtuale della teologia (e
della pastorale).
L’ecclesiologia della famiglia, dal canto
suo, parzialmente esplorata in questi decenni, nel contesto della riflessione sulla
spiritualità dei gruppi familiari, del rinnovamento postconciliare della parrocchia,
della possibile specificità di un ministero
coniugale, non sembra aver ancora prodotto un vero e proprio ri-orientamento
dell’ecclesiologia nel suo complesso. Né
sembra disponibile, allo stato, una progettualità pastorale sensibilmente diversa della forma di Chiesa, in grado di abitare e
fronteggiare la nuova condizione secolare
dell’ethos coniugale e familiare, senza limitarsi a resistere o a sottrarsi alla cultura
che variamente lo interpreta.
Pensiamo all’opportunità di leggere in
questa chiave, almeno per un momento,
l’intero capitolo ottavo. Ossia di leggerlo,
al di là delle interpretazioni che lo riducono ai due o tre punti che hanno polarizzato il conflitto delle interpretazioni relative
alle implicazioni dottrinali e disciplinari
dell’accesso al sacramento della riconciliazione e dell’eucaristia, alla luce della dottrina ecclesiologica che esso vuole indirizzare e attivare. Leggiamolo cioè come rappresentazione emblematica della forma di
Chiesa che si raccoglie nella condizione di
una società ormai trasformata in società
degli individui, in convivenza multiculturale, in meticciato di secolarità e religione:
infine, di famiglie regolari, irregolari, e anche di non-famiglie. Lo stile con il quale
la Chiesa si manifesta e si rende presente
nella storia e nelle vicissitudini della famiglia è un indicatore altamente sintomatico
del rapporto che di fatto sussiste fra trasmissione della fede cristiana e composi-
zione del legame sociale nella condizione
presente. La profonda mancanza di comunità che segnala il problema strutturale
più serio dell’odierna socializzazione è al
tempo stesso causa ed effetto della vulnerabilità della famiglia nell’odierno sistema
civile: le sue mutazioni, infatti, hanno inciso direttamente sull’assetto del rapporto
fra istituto familiare, progetto esistenziale,
ordine degli affetti. Di per sé, la circostanza riabilita la vocazione della famiglia cristiana a farsi connettivo testimoniale di
una più profonda interpretazione del rapporto fra individuo, affetti e società, come
anche di una più efficace circolarità di
eros, philia e agape nella configurazione
del progetto familiare dell’uomo e della
donna.
Questa vocazione testimoniale non può
che esprimersi in una immagine pratica
della forma ecclesiale che sia capace di
rendere evidente la disposizione ad accompagnare, accogliere, integrare, il processo di persuasiva conversione alla prati-
che la vocazione storica della famiglia cristiana sia proprio quella di consentire alla
familiarità ecclesiale di sintonizzarsi in
presa diretta con la dispersione sociale e
l’inaridimento affettivo dei singoli. Non
solo la Chiesa non consegna alla deriva
secolare le vicissitudini e le ferite delle famiglie che la frequentano e persino la abitano. Essa stessa si ricompone, sul campo,
nell’evidenza di un popolo di Dio in marcia, attraverso le fatiche e le contraddizioni del passaggio fra le generazioni, verso
l’inclusione nel corpo del Signore. Nel capitolo ottavo di Amoris laetitia (ma in generale nella nuova eloquenza teologica del
sermo humilis adottato da Papa Francesco,
nella scia della predicazione di Gesù), la
“descrizione” della forma familiare della
Chiesa comunica anche immediatamente
la vitalità e la persuasività di una testimonianza della fede affidata in presa diretta
all’inabitazione — nella buona e nella cattiva sorte — di una rete familiare della circolarità di eros, philia e agape.
Per una Chiesa “in uscita” nella città secolare, la famiglia cristiana è “l’ingresso”
più eloquente alla forma cristiana. Si riflette, in questa immagine, la splendida
“gerarchia” (nel senso dell’ordine testimoniale) di quella che io chiamo la «scena
originaria» della rivelazione: Gesù, i discepoli, le folle. I discepoli non sono perfetti,
ma il loro speciale legame con il corpo del
Signore, e la loro disposizione alla sequela
del Signore in favore di terzi — molto prima che per se stessi — li rende mediatori
efficaci dell’amore salvifico di Dio. Le folle sono stratificate lungo tutte le gradazioni della irregolarità religiosa, etica, sociale.
Eppure, l’attrazione e l’incoraggiamento
che esse ricevono a radunarsi in ekklesìa
intorno a Gesù, rendono evidente e palpabile l’affezione profonda del Signore. La
comunità anomala che si raccoglie intorno
a Gesù e ai discepoli, alla quale il Signore
annuncia in parabole e miracoli la buona
notizia della prossimità di Dio, riceve guarigione dai mali che uccidono la fede, la
speranza e anche l’amore tra gli uomini.
Ogni passo fatto verso la liberazione dal
male donata da Dio ai figli e alle figlie degli uomini, nella conversione della mente
e del cuore, è un passo fatto verso il radi-
Marc Chagall, «Cantico dei cantici V» (1965-1966)
cabilità e alla bellezza di un progetto coniugale-familiare coerente con la giustizia
dei suoi affetti. Non senza mettere in evidenza la disposizione a offrire sostegno
per le sue incertezze, cura per le sue ferite,
riscatto per i suoi stessi fallimenti. A ben
vedere, questa immagine di Chiesa è, in
realtà, l’immagine stessa della Chiesa: spazio di conversione e luogo di rinascita,
grembo di familiarità riconciliata con Dio
e con gli uomini, riserva di grazia per la
liberazione dalla pressione di conformità
delle potenze mondane.
La famiglia è precisamente nel fuoco
dell’opportunità di rigenerare il dispositivo comunitario dell’ordine degli affetti di
cui l’epoca presente patisce la mancanza,
a motivo del degrado mercantile e sentimentale delle figure dell’amore (che approda alla socialità emozionale e burocratica dei clienti e dei consumatori).
Nell’orizzonte cristiano, sembra verosimile
camento della familiarità con Dio tra gli
uomini. Il lessico famigliare della generazione e della cura è il più adatto a illuminare la verità rivelata di questo annuncio
(cfr. Amoris laetitia, 87).
Oggi il legame fra i generi e le generazioni patisce direttamente una profonda
incertezza a riguardo della giustizia delle
affezioni che devono abitarlo. La famigliarità di eros con philia e agape, iscritta negli
effetti del sacramento coniugale, è la forma testimoniale della conciliazione possibile fra la verità dell’amore umano e la
certezza della grazia di Dio, che la famiglia cristiana offre alla Chiesa per l’annuncio della fede che salva (cfr. Amoris laetitia,
88). Di qui, verosimilmente, la Chiesa deve apprestarsi a ricomporre la forma vitale, e non semplicemente legale, della comunità che le è chiesto di radunare intorno al Signore.
L’OSSERVATORE ROMANO
domenica 12 marzo 2017
pagina 7
Jean-Louis Forain
«Il ritorno del figliol prodigo» (1925)
Misericordia e riconciliazione
Ogni giorno è giubileo
di NICOLA GORI
È terminato l’anno santo della misericordia, ma per i cristiani che si accostano al
sacramento della confessione ogni giorno
è un nuovo “giubileo” nel quale si può
sperimentare la gioia del perdono di Dio.
Lo ricorda sua eccellenza monsignor
Krzysztof Nykiel, reggente della Peniten-
puntamento dedicato al sacramento della riconciliazione. Perché è così importante la confessione per la vita della Chiesa?
In forza del mandato che il Risorto ha
dato ai suoi discepoli — «a chi rimetterete
i peccati saranno rimessi» — la Chiesa fin
dalle origini ha sempre proclamato la buona notizia che «Dio è ricco di misericordia» e, perciò, «ha
mandato nel mondo
il suo Figlio unigenito perché il mondo
si salvi per mezzo di
lui». La remissione
dei peccati è la missione principale della
I lavori dell’annuale corso sul foro interno
Chiesa nel mondo. A
inizieranno martedì pomeriggio, 14 marzo,
tutti abbiamo il donel palazzo romano della Cancelleria, con la lectio
vere di ripetere con
magistralis del cardinale penitenziere maggiore
san Paolo: «LasciateMauro Piacenza su «Eredità e prospettive
vi riconciliare con
del giubileo della misericordia nella missione
Dio». La Chiesa, inpastorale della Chiesa», seguita dalla conferenza
fatti, deve ricordare
del reggente sulla «Penitenzieria apostolica:
innanzitutto a se
un dicastero al servizio dei confessori
stessa e agli uomini
e dei penitenti».
del nostro tempo che
Il programma comprende poi gli interventi dei prelati
alle sorgenti della
della Penitenzieria: l’arcivescovo Arthur Roche,
sua missione di riil vescovo Juan Ignacio Arrieta Ochoa
conciliazione si trova
la volontà di Dio che
de Chinchetru, monsignor Giacomo Incitti,
tutti si salvino e
il gesuita Ján Ďačok, il salesiano Paolo Carlotti
giungano alla felicità
e i francescani Edoardo Brentari e Maurizio
eterna. Dio ha creato
Faggioni. Il corso si conclude venerdì 17
gli uomini affinché
con l’udienza papale e, nel pomeriggio alle 17,
vivano nella sua amicon la celebrazione penitenziale presieduta da
cizia e in comunione
Francesco nella basilica di San Pietro.
fraterna fra di loro.
Per l’occasione saranno disponibili per l’ascolto delle
La confessione è, alconfessioni dei fedeli ottanta sacerdoti messi a
lora, importante perdisposizione dalla Penitenzieria, la maggior parte dei
ché è il sacramento
quali penitenzieri ordinari e straordinari delle
che ristabilisce la nobasiliche papali dell’Urbe.
stra amicizia con Dio
ogni qualvolta il peccato ci allontana da
lui e ci separa dal
zieria apostolica, in questa intervista al- suo amore misericordioso. La confessione
l’Osservatore Romano alla vigilia dell’an- è indispensabile se vogliamo davvero spenuale corso sul foro interno, in program- rimentare la gioia di sentirci amati da Dio,
ma dal 14 al 17 marzo, nella quale traccia perdonati da lui, circondati e protetti dal
suo abbraccio, come narrato nella parabouna sorta di identikit del confessore.
la del padre misericordioso che «fa festa e
Da ventisette anni la Penitenzieria apostolica si rallegra» quando può finalmente riabdurante la quaresima organizza questo ap- bracciare suo figlio che ritorna pentito ma
Nel palazzo della Cancelleria
fiducioso che sarebbe stato riaccolto nella
sua casa.
Come e attraverso chi la Chiesa esercita questo “mandato” di misericordia e di salvezza?
Il mandato di rimettere i peccati costituisce una vera e propria novità evangelica. Gesù conferisce agli apostoli il suo potere di perdonare i peccati. La Chiesa, sin
dalle origini, ha ritenuto tale potere anche
come trasmissibile ai successori degli apostoli, investiti così della missione di continuare nel tempo il servizio di essere ministri della riconciliazione, ambasciatori della misericordia di Dio. Qui si manifesta
tutta l’importanza del ministro della riconciliazione, chiamato, per antichissima consuetudine, il confessore. Questo è certamente un compito delicato ed esigente,
ma è anche il compito più gratificante e
consolante del ministero sacerdotale. Il
confessore è immagine visibile dell’invisibile misericordia di Dio; è colui che, assolvendo «nel nome del Padre e del Figlio
e dello Spirito Santo», libera l’uomo —
come scrive l’apostolo Paolo nella lettera
ai Colossesi — «dal potere delle tenebre
per trasferirlo nel regno del suo Figlio diletto, per mezzo del quale abbiamo la redenzione, la remissione dei peccati». Il
confessore genera alla vita divina, trasmette pace e riconciliazione, comunica la
gioia della salvezza e della misericordia.
Papa Francesco, nell’udienza concessa ai
partecipanti al corso sul foro interno dello
scorso anno, ha ribadito che «è importante che il confessore sia un “canale di
gioia” e che il fedele, dopo aver ricevuto il
perdono, non si senta più oppresso dalle
colpe, ma possa gustare l’opera di Dio
che lo ha liberato, vivere in rendimento di
grazie, pronto a riparare il male commesso
e ad andare incontro ai fratelli con cuore
buono e disponibile».
Quali devono essere le doti di un buon confessore?
Personalmente ritengo che ogni sacerdote, nell’atto di amministrare il sacramento del perdono, non possa prescindere
da quelle richieste ben precise avanzate da
Papa Francesco nella lettera apostolica
Misericordia et misera al numero dieci: «Vi
chiedo di essere accoglienti con tutti; testimoni della tenerezza paterna nonostante
la gravità del peccato; solleciti nell’aiutare
a riflettere sul male commesso; chiari nel
presentare i principi morali; disponibili ad
accompagnare i fedeli nel percorso penitenziale, mantenendo il loro passo con pazienza; lungimiranti nel discernimento di
ogni singolo caso; generosi nel dispensare
il perdono di Dio. Come Gesù davanti alla donna adultera scelse di rimanere in silenzio per salvarla dalla condanna a morte, così anche il sacerdote nel confessionale sia magnanimo di cuore, sapendo che
ogni penitente lo richiama alla sua stessa
condizione personale: peccatore, ma ministro di misericordia». A me sembra che i
diversi aspetti evidenziati in questa espressione rappresentino un vero e chiaro percorso di accompagnamento spirituale dei
fedeli all’incontro con la misericordia di
Dio, ma ancora più specificamente indichino le diverse e significative tappe di un
processo educativo al sacramento della riconciliazione, al quale ogni confessore deve permanentemente riferirsi. Per questo
motivo Papa Francesco invita sempre i sacerdoti confessori a non sentirsi padroni
del sacramento del perdono, bensì suoi
servi e fedeli amministratori, accogliendo i
fedeli come il padre nella parabola del figlio prodigo. Un padre che attende, va incontro, stringe, perdona, dimentica e ristabilisce; un padre che sa intercettare, dal
cuore dell’altro, l’invocazione di aiuto e di
perdono.
Come i sacerdoti devono rispondere alla consegna di «prepararsi con grande cura al ministero della confessione»?
Oltre l’invito chiaro e diretto di Papa
Francesco, possiamo riprendere le parole di
Giovanni Paolo II quando, in uno dei tanti
messaggi rivolti alla Penitenzieria apostolica, invitava i sacerdoti confessori a «ritornare all’esperienza del cenacolo per ritrovare la motivazione profonda della propria
formazione di ministro della misericordia
di Dio e amministratore del sacramento
della riconciliazione». Infatti, se la teologia
evidenzia che il ministro sacro agisce in
persona Christi, l’esperienza dell’effusione
dello Spirito nel cenacolo, dopo la risurrezione di Cristo, è stata anticipata per gli
apostoli proprio in rapporto al ministero
della remissione dei peccati. Così affermava
Papa Wojtyła nel discorso ai penitenzieri
delle basiliche papali di Roma, il 20 marzo
1989: «Noi sacerdoti, nell’impartire ai fedeli
la grazia e il perdono nel sacramento della
penitenza, compiamo l’atto più alto, dopo
la celebrazione dell’Eucaristia, del nostro
sacerdozio, e in esso realizziamo, si può dire, il fine stesso della incarnazione». Quindi nell’assolvere al ministero della misericordia per eccellenza, il confessore va al di
là del perdono dei peccati, spingendosi a
raggiungere quasi una mistica identificazione con Cristo Gesù. Diventa, allora, importante educare continuamente e permanentemente i sacerdoti confessori alla bellezza
della penitenza, che trova la sua pienezza
nel sacramento della riconciliazione, come
anche formarli alla dedizione amorevole di
questo sacramento, consapevoli che tale
passione sarà veramente coinvolgente nella
misura in cui si è fatta esperienza personale
della misericordia divina. Questo è lo scopo che muove la Penitenzieria apostolica a
organizzare e promuovere annualmente il
corso sul foro interno, per aiutare i sacerdoti a prendere coscienza della grandezza e
sublimità del sacramento della confessione.
Documento dei curas villeros di Buenos Aires
In Germania cerimonia alla presenza delle più alte cariche dello stato
Immigrazione e razzismo
Per guarire le memorie
BUENOS AIRES, 11. «Nessun popolo
è criminale o narcotrafficante o violento. “Si accusano della violenza i
poveri e le popolazioni più povere,
ma, senza uguaglianza di opportunità, le diverse forme di aggressione
e di guerra troveranno un terreno
fertile che prima o poi provocherà
l’esplosione”»: citano Papa Francesco, e in particolare l’esortazione
apostolica Evangelii gaudium (59), i
sacerdoti che operano nelle periferie
di Buenos Aires, i quali, in un documento intitolato «L’immigrazione
e il razzismo», esprimono la loro
preoccupazione per la decisione delle istituzioni nazionali di rendere
più severe le leggi sull’immigrazione
e la cittadinanza. Una decisione che
potrebbe avere «conseguenze discriminatorie» e incentivare il razzismo
e la xenofobia, scrivono. Ma «il nostro popolo ha scorte morali che ci
invitano alla solidarietà e all’ospita-
lità. Preferiamo una legislazione che
non si concentri tanto sulle punizioni ma cerchi invece di convogliare il
potenziale dei migranti per il bene
comune della nazione».
Nel testo — firmato tra gli altri da
José María “Pepe” Di Paola — viene
condannata l’associazione migrantereato, la sua stigmatizzazione: lo
straniero «non può essere ritenuto
responsabile del problema della droga, dell’insicurezza e di tutti gli
aspetti negativi della società. Il problema non è l’immigrazione ma il
crimine. Siamo convinti che lo sfruttamento sofferto spesso dai migranti
sia causato dai muri invisibili della
discriminazione, che ci separano da
essi come dagli altri, rendendoci insensibili e creando in noi la difesa
immaginaria da una paura giustificata solo dal pregiudizio». Per i curas villeros, le misure che rafforzano
il controllo migratorio in Argentina
(prese a fine a gennaio) rischiano
dunque di aggravare la frammentazione e le divisioni, «distruggendo il
nostro sogno nazionale di popolo».
Solidarietà
ecumenica
alle vittime del rogo
in Guatemala
GUATEMALA, 11. «Ci sentiamo feriti, addolorati e indignati per il
sangue versato e per la negligenza dei funzionari e dei dipendenti pubblici»: inizia così la dichiarazione del Consiglio ecumenico
cristiano del Guatemala in merito
all’incendio divampato in un orfanotrofio di San José Pinula,
dove il numero delle bambine
morte è salito a trentasette (altre
venti versano in gravi condizioni
in ospedale). I responsabili religiosi, nell’esprimere solidarietà ai
familiari delle vittime, criticano le
istituzioni per «il fallimento del
sistema e l’indifferenza della società che relega i bambini e i giovani sul gradino più basso delle
priorità». Al riguardo — riferisce
l’Efe — il Consiglio ecumenico
cristiano ha invitato il presidente
della Repubblica e capo del governo, Jimmy Morales Cabrera, a
garantire e proteggere i bambini,
gli adolescenti e i giovani, e ad
assumersi le responsabilità per
quanto accaduto. Dal canto suo
Morales, in una dichiarazione, ha
ammesso le colpe dello stato precisando fra l’altro che le bimbe
ospitate nella struttura erano
chiuse a chiave per separarle dai
maschi.
HILDESHEIM, 11. «Guarire le memorie, testimoniare Gesù Cristo»
è il tema della celebrazione di riconciliazione ecumenica tra cattolici e protestanti che si svolge nel
pomeriggio di sabato 11 marzo a
Hildesheim, in Germania, nella
chiesa di San Michele. L’evento,
al quale prendono parte fra gli altri la cancelliera Angela Merkel,
l’ex presidente della Repubblica
Federale Tedesca, Joachim Gauck,
il presidente del bundestag, Norbert Lammert, e il presidente della
corte costituzionale tedesca, Andreas Voßkuhle, si svolge nell’ambito del cinquecentenario dell’inizio della Riforma protestante ed è
incentrato sul pentimento, legato
a quanto le rispettive confessioni
si sono inflitte nel corso dei secoli,
e alla richiesta reciproca di perdono.
La chiesa fu costruita fra il 1010
e il 1031 sotto la direzione del vescovo Bernardo di Hildesheim,
come cappella del monastero benedettino. Quando, nel 1542, a
Hildesheim (oggi grosso comune
non lontano da Hannover) venne
adottata la Riforma, la chiesa di
Altri quindici santi nel menologio
della Chiesa ortodossa russa
MOSCA, 11. C’è anche san Patrizio, patrono d’Irlanda, fra i
quindici martiri e santi occidentali anteriori allo scisma del 1054
che il sinodo della Chiesa ortodossa russa, nella riunione del 9
marzo, ha deciso di introdurre
nel suo menologio. La commissione incaricata ha stilato una lista di santi vissuti in occidente
sulla base della loro venerazione
da parte degli ortodossi delle
diocesi ortodosse russe dell’Europa occidentale. Gran parte dei
martiri e dei santi sono nati o
hanno operato in Francia (come
Potino di Lione, Onorato di Ar-
les, Germano d’Auxerre, Vincenzo di Lérins o Genoveffa di Parigi) ma figurano anche il protomartire Albano d’Inghilterra, san
Procopio di Sázava, in Boemia,
e appunto san Patrizio, che verrà
festeggiato dalla Chiesa ortodossa russa il 30 marzo (la tradizionale ricorrenza è il 17 marzo). La
notizia è stata diffusa con risalto
sui siti in rete del Patriarcato di
Mosca e del Dipartimento per le
relazioni ecclesiastiche esterne. Il
menologio è una raccolta di testi
liturgici e agiografici usata nella
Chiesa ortodossa. Contiene le vite e gli uffici propri dei santi.
San Michele diventò protestante,
ma il monastero benedettino continuò a esistere fino al 1803, quando venne secolarizzato. I monaci
continuarono a utilizzare la cripta,
che ancora oggi è cattolica.
La cerimonia ecumenica sarà
trasmessa in diretta televisiva sul
primo canale nazionale. La celebrazione è copresieduta dal cardinale Reinhard Marx, arcivescovo
di München und Freising e presidente della Conferenza episcopale
tedesca, e dal vescovo luterano
Heinrich-Bedford Strohm, presidente della Evangelische Kirche
in Deutschland. Partecipano, inoltre, l’arciprete greco-ortodosso
Constantin Miron, in rappresentanza del gruppo di lavoro delle
Chiese cristiane, e alcuni membri
della comunità metodista.
Il vice presidente della Chiesa
evangelica in Germania, Thies
Gundlach, all’agenzia Epd non ha
nascosto le differenze teologiche
tra le due confessioni, in particolare in tema di ministero ed eucaristia; tuttavia, ha aggiunto, «l’auspicio è che ci si riconosca reciprocamente come dei doni, superando i pregiudizi».
A margine dell’udienza del 6
febbraio scorso, durante la quale
Papa Francesco ha ricevuto una
delegazione ecumenica della Chiesa evangelica in Germania, il cardinale Marx ha ricordato — riferisce il Sir — che il Pontefice nel
suo discorso «ci ha esortato a impegnarci a parlare della novità di
Gesù e a portarla all’interno della
società e a non stancarci mai
dell’ecumenismo. Come Chiese
cattolica ed evangelica in Germania — ha concluso il porporato —
abbiamo una responsabilità particolare nel portare avanti questo
cammino perché è da noi che è
partita questa scissione». Eppure,
«siamo vicini nel comune battesimo in Cristo».
L’OSSERVATORE ROMANO
pagina 8
domenica 12 marzo 2017
Il Papa per i cinquant’anni di attività di Telefono amico Italia
Dall’ascolto al dialogo
Un incoraggiamento «a proseguire con
entusiasmo rinnovato il prezioso servizio
alla società, perché non si spezzino i
legami del dialogo, e perché non venga
mai meno l’ascolto» è stato rivolto da
Papa Francesco ai volontari di Telefono
amico Italia durante l’udienza svoltasi
stamane, sabato 11 marzo, nella Sala
Clementina, in occasione dei cinquant’anni
di attività dell’associazione.
Cari fratelli e sorelle,
sono lieto di accogliervi in occasione
dei 50 anni di attività di Telefono Amico
Italia, e ringrazio il Presidente per le
parole di saluto.
La vostra Associazione è impegnata
a sostenere quanti si trovano in condizioni di solitudine, smarrimento e necessitano di ascolto, comprensione e
aiuto morale. Si tratta di un servizio
importante, specialmente nell’odierno
contesto sociale, segnato da molteplici
disagi alla cui origine si trovano spesso
l’isolamento e la mancanza di dialogo.
Le grandi città, pur essendo sovraffollate, sono emblema di un genere di vita
poco umano a cui gli individui si stanno abituando: indifferenza diffusa, comunicazione sempre più virtuale e meno personale, carenza di valori saldi su
cui fondare l’esistenza, cultura dell’avere e dell’apparire. In tale contesto, è indispensabile favorire il dialogo e l’ascolto.
Il dialogo permette di conoscersi e di
comprendere le reciproche esigenze. In
primo luogo, esso manifesta un grande
rispetto, perché pone le persone in atteggiamento di apertura reciproca, per
recepire gli aspetti migliori dell’interlocutore. Inoltre, il dialogo è espressione
di carità, perché, pur non ignorando le
differenze, può aiutare a ricercare e
condividere percorsi in vista del bene
comune. Attraverso il dialogo possiamo
Come un piccolo
ospedale da campo
«Dare a chiunque si trovi in stato di
crisi o emergenza emotiva, in qualunque momento, la possibilità di trovare
una persona aperta all’ascolto e al dialogo»: ecco la missione dell’associazione Telefono amico Italia, presentata a
Papa Francesco dal presidente Dario
Briccola. Con la celebrazione dei cinquant’anni di attività — ha fatto presente al Pontefice nel saluto all’inizio
dell’udienza — «vogliamo riconfermare
la nostra attenzione e accoglienza verso
quelle persone che, parafrasando quello
che lei dice nella Evangelii gaudium, si
sentono scartate dalla società e non trovano nel vivere sociale ordinario il pieno sviluppo della loro vita». E anche se
l’associazione è «aconfessionale», ha
precisato Briccola, «noi ci sentiamo un
piccolo ospedale da campo che, con un
mezzo semplice e immediato come il
telefono, si avvicina alle persone per offrire un ascolto empatico, partecipe e libero da pregiudizi», con l’obiettivo di
costruire «relazioni umane migliori».
imparare a vedere l’altro non come una
minaccia, ma come un dono di Dio,
che ci interpella e ci chiede di essere riconosciuto. Dialogare aiuta le persone
a umanizzare i rapporti e a superare le
incomprensioni. Se ci fosse più dialogo
— ma dialogo vero! — nelle famiglie,
negli ambienti di lavoro, nella politica,
si risolverebbero più facilmente tante
questioni! Quando non c’è il dialogo,
crescono i problemi, crescono i malintesi e le divisioni.
Condizione del dialogo è la capacità
di ascolto, che purtroppo non è molto
comune. Ascoltare l’altro richiede pazienza e attenzione. Solo chi sa tacere,
sa ascoltare. Non si può ascoltare parlando: bocca chiusa. Ascoltare Dio,
ascoltare il fratello e la sorella che ha
bisogno di aiuto, ascoltare un amico,
un familiare. Dio stesso è l’esempio più
eccellente di ascolto: ogni volta che
preghiamo, Egli ci ascolta, senza chiedere nulla e addirittura ci precede e
prende l’iniziativa (cfr. Esort. ap. Evangelii gaudium, 24) nell’esaudire le nostre
richieste di aiuto. L’attitudine all’ascolto, di cui Dio è modello, ci sprona ad
abbattere i muri delle incomprensioni,
a creare ponti di comunicazione, superando l’isolamento e la chiusura nel
proprio piccolo mondo. Qualcuno diceva: per fare la pace, nel mondo, mancano le orecchie, manca gente che sappia
ascoltare, e poi da lì viene il dialogo.
Cari amici, attraverso il dialogo e
l’ascolto possiamo contribuire alla costruzione di un mondo migliore, rendendolo luogo di accoglienza e rispetto, contrastando così le divisioni e i
conflitti. Vi incoraggio a proseguire con
entusiasmo rinnovato il vostro prezioso
servizio alla società, perché nessuno rimanga isolato, perché non si spezzino i
legami del dialogo, e perché non venga
mai meno l’ascolto, che è la manifestazione più semplice di carità verso i fratelli.
Mentre conto sulle vostre preghiere,
vi affido alla protezione della Vergine
Maria, Donna del silenzio e dell’ascolto, e di cuore benedico voi, i vostri collaboratori e quanti “incontrate” — telefonicamente — nel vostro lavoro quotidiano. Grazie.
[Benedizione]
E pregate per me!
La visita in programma dal 6 all’11 settembre
Francesco
in Colombia
La capitale Bogotá, Villavicencio, Medellín e Cartagena: sono le quattro tappe del viaggio che Papa Francesco
compirà in Colombia dal 6 all’11 settembre prossimi. La notizia è stata ufficializzata venerdì 10 marzo attraverso
un comunicato della Sala stampa della
Santa Sede, nel quale si rende noto che
la visita avviene «accogliendo l’invito
del presidente della Repubblica e dei
vescovi colombiani» e che il «programma sarà pubblicato prossimamente».
Contemporaneamente nella sede della rappresentanza pontificia a Bogotá,
il nunzio apostolico Ettore Balestrero
ha annunciato il viaggio papale al popolo colombiano, alla presenza del capo dello stato, Juan Manuel Santos, e
della consorte; del cardinale arcivescovo di Bogotá, Rubén Salazar; del presidente della Conferenza episcopale, arcivescovo Luis Augusto Castro Quiroga,
e del vescovo Fabio Suescún Mutis, ordinario militare. Durante la conferenza
sono stati presentati il logo e il motto
della visita: «Facciamo il primo passo».
Si tratta del quinto viaggio del Pontefice in America latina, dopo quelli in
Brasile nel luglio 2013 per la gmg, in
Ecuador, Bolivia e Paraguay nel luglio
2015, a Cuba nel settembre dello stesso
anno e in Messico nel gennaio 2016. E
Francesco sarà il terzo Papa a visitare la
Colombia. Il primo fu Paolo VI, che
dal 22 al 24 agosto 1968 si recò a Bogotá, in occasione della seconda assemblea generale dei vescovi dell’America
latina di Medellín e della inaugurazione della nuova sede del Celam. Nella
circostanza Montini incontrò anche
nella capitale trecentomila campesinos.
Trentuno anni fa fu la volta di Giovanni Paolo II, che dal 1° all’8 luglio 1986
toccò una decina di città del paese, recandosi anche a Chinchiná e ad Armero, dove l’eruzione del vulcano Nevado
del Ruiz aveva provocato ben 23.000
morti.
Nomina episcopale
in Messico
La nomina di oggi riguarda il Messico.
Enrique Díaz Díaz
vescovo di Irapuato
Nato il 13 giugno 1952 nella città di Huandacareo, arcidiocesi di Morelia, ha ricevuto la formazione al sacerdozio nel seminario arcivescovile di Morelia, arcidiocesi per la quale è stato ordinato presbitero il 23 ottobre 1977. Inizialmente
ha svolto il ministero come vicario parrocchiale
e poi come parroco. Nel 1994 ha conseguito la
licenza in Sacra scrittura al Pontificio istituto
biblico in Roma. Al rientro in arcidiocesi è stato
di nuovo parroco, docente nel seminario arcidiocesano e vicario episcopale di una vasta zona
pastorale. Il 30 aprile 2003 è stato eletto vescovo titolare di Izirzada e ausiliare di San Cristóbal de Las Casas e ha ricevuto l’ordinazione
episcopale il 10 luglio successivo. E il 15 maggio
2014 è stato nominato vescovo coadiutore di
San Cristóbal de Las Casas.
Domenica il Pontefice nella parrocchia romana di Santa Maddalena di Canossa
Braccia aperte all’accoglienza
di GAETANO VALLINI
Nelle intenzioni del progettista,
le due pareti laterali prolungate
sul sagrato come braccia aperte
dovevano esprimere accoglienza
e un invito a entrare. E vent’anni
fa, quando la chiesa di Santa
Maddalena di Canossa venne costruita, a Ottavia — periferia
ovest di Roma — tra poche case
e tanto verde intorno, quell’ingresso ben visibile rendeva l’invito più esplicito. Oggi chi percorre via della Lucchina, la chiesa
non la vede fino a quando non
ci passa dinanzi. A oscurarne la
vista, i grandi edifici che da alcuni anni ospitano un centro
commerciale — per la verità un
po’ triste, con i molti locali vuoti
— e un cinema multisala. Segni
dei tempi: un luogo, la parrocchia, per anni unico punto di riferimento e di socializzazione
del quartiere, anche per i non
credenti, costretto ora a disputarsi spazi e “clienti” con uno dei
moderni templi del consumismo.
Qui nel pomeriggio domenica
12 marzo arriverà Papa Francesco
per la quattordicesima visita a
una parrocchia della sua diocesi.
Ad accoglierlo una comunità in
festa e ancora incredula per questo inatteso dono.
«Soprattutto una comunità
viva, in pieno fermento» spiega
il parroco Giorgio Spinello,
secondo il quale cinema e centro
commerciale hanno oscurato
l’orizzonte, ma non hanno
offuscato la vita parrocchiale.
«Alle messe c’è sempre una buona partecipazione — precisa il sacerdote — come pure alle diverse
attività pastorali. E comunque
chi va a fare compere o a vedere
un film ha vicino un luogo in
cui potersi fermare un attimo a
pregare».
L’incontro con i parroci prefetti di Roma
Nel pomeriggio di venerdì 10 marzo Papa Francesco si è recato al Vicariato di Roma per incontrare i parroci prefetti della diocesi
La parrocchia venne eretta nel
1988 e per otto anni ospitata in
un prefabbricato. Il nuovo tempio nacque grazie alle suore figlie della carità (canossiane) che
in occasione dell canonizzazione
della loro fondatrice promisero
una chiesa a Giovanni Paolo II.
Il quale accolse poi la proposta
del Vicariato di realizzarla a Ottavia, una zona di veloce urbanizzazione ma con poche chiese,
come quelle a ridosso del raccordo anulare, tra via di Boccea e la
Trionfale. E proprio il Papa
avrebbe dovuto presiedere il rito
di dedicazione, il 24 marzo 1996,
ma una indisposizione glielo impedì e la visita venne rimandata
al 21 aprile.
Nel frattempo gli abitanti sono quasi raddoppiati. Da cinquemila si è passati a novemila. Padre Giorgio, canossiano, con il
quale collaborano altri tre confratelli, guida la parrocchia da
dieci anni. Ha visto crescere la
comunità, maturare anche alcune
vocazioni e, soprattutto, aumentare la responsabilità dei laici
nella vita pastorale. «Qui non ci
sono molti servizi, a parte asili e
scuole primarie. E così — spiega
— la parrocchia continua a essere
un luogo centrale per la vita del
quartiere. Nelle famiglie si avverte sete di Dio; quello che manca
semmai è il tempo. Ma noi cerchiamo di favorire l’incontro con
il Signore. Il cammino pastorale
che seguiamo è quello proposto
dalla diocesi e quindi centrato
sulla pastorale familiare. Qui ci
sono molte coppie giovani, cui
riserviamo grande attenzione».
Un’attenzione che inizia dai
corsi di preparazione al matrimonio. «Sono tenuti da coppie
impegnate — ci dice Domenico
Di Giorgio, diacono permanente
— così come i corsi di preparazione al battesimo e gli incontri
successivi di accompagnamento
dei genitori. Nel tempo si è formato un gruppo di famiglie al
quale viene proposto mensilmente un ritiro spirituale. Di recente
è iniziata anche l’esperienza di
coppie sposatesi da poco, che si
incontrano quattro volte l’anno».
Molte coppie giovani vuol dire anche tanti bambini e ragazzi,
per i quali ci sono i cammini di
catechesi in preparazione ai sacramenti dell’iniziazione cristiana
e le attività dell’oratorio. Sono
480 i piccoli coinvolti. Non
manca l’attenzione agli adolescenti e ai giovani, in particolare
del post cresima. «Certo ci sono
delle difficoltà nell’accogliere la
proposta — sottolinea padre
Giorgio — però non ci scoraggiamo e c’è già una discreta adesione». Più partecipata l’esperienza
dello scoutismo, con più di cento iscritti.
Da segnalare, infine, le attività
della Caritas, che anima il centro
di ascolto interparrocchiale insieme alle comunità di sant’Ilario
di Poitiers e di san Massimo.
«Aiutiamo attualmente una cinquantina di famiglie e singoli. Si
tratta — racconta Alba Perugini,
una dei nove volontari — soprattutto di nuclei familiari con persone senza lavoro, ma sono tanti
anche gli anziani che con la sola
pensione non ce la fanno. Il centro è aperto due volte alla settimana e due volte al mese distribuiamo viveri». A questa attività
si affianca quella svolta dall’emporio attivato nella zona di
Monte Mario dalla Caritas diocesana col supporto di tredici
parrocchie e del XIV municipio.
«Ci si dà da fare come si può
— conclude padre Giorgio — perché i bisogni sono tanti». Come
gli impegni. Intanto nei corridoi
si accalcano i bambini del catechismo con i loro genitori. Che
all’uscita si confondono con i
frequentatori del cinema.