LEZIONE 23 LA SEPARAZIONE DEI CONIUGI 1. Legislazione Il

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LEZIONE 23 LA SEPARAZIONE DEI CONIUGI 1. Legislazione Il
LEZIONE 23
LA SEPARAZIONE DEI CONIUGI
(versione provvisoria)
1. Legislazione.- 2. La separazione dei coniugi manente vinculo.- 3. La separazione perpetua.- 4.
La separazione temporanea.- 5. Il Ristabilimento della coabitazione.- 6. Sostentamento ed educazione
dei figli.- 7. Il processo nelle cause di separazione dei coniugi.- 8. Bibliografia.
1. Legislazione
Il Codice dedica un Capitolo alla “Separazione dei coniugi”, nel quale tratta sia della
separazione con scioglimento del vincolo (Art. 1, cann. 1141-1150) che della separazione
“manente vinculo” (Art. 2, cann. 1151-1155). In questa lezione ci occuperemo di quest’ultima.
can. 1151: «I coniugi hanno il dovere e il diritto di osservare la convivenza coniugale,
eccetto che ne siano scusati da causa legittima».
can. 1152 (863 CCEO): Ǥ 1. Per quanto si raccomandi vivamente che ciascun coniuge,
mosso da carità cristiana e premuroso per il bene della famiglia, non rifiuti il perdono alla
comparte adultera e non interrompa la vita coniugale, tuttavia se non le ha condonato la colpa
espressamente o tacitamente, ha il diritto di sciogliere la convivenza coniugale, a meno che non
abbia acconsentito all’adulterio, o non ne abbia dato il motivo, o non abbia egli pure commesso
adulterio.
§ 2. Si ha condono tacito se il coniuge innocente, dopo aver saputo dell’adulterio, si sia
spontaneamente intrattenuto con l’altro coniuge con affetto maritale; è presunto, invece, se
conservò per sei mesi la convivenza coniugale, senza interporre ricorso presso l’autorità
ecclesiastica o civile.
§ 3. Se il coniuge innocente avesse sciolto di propria iniziativa la convivenza coniugale,
deferisca entro sei mesi la causa di separazione alla competente autorità ecclesiastica; e questa,
esaminate tutte le circostanze, valuti se non sia possibile indurre il coniuge innocente a
condonare la colpa e a non protrarre in perpetuo la separazione».
can. 1153 (≠ 864 CCEO): «§ 1. Se uno dei coniugi compromette gravemente il bene sia
spirituale sia corporale dell’altro o della prole, oppure rende altrimenti troppo dura la vita
comune, dà all’altro una causa legittima per separarsi, per decreto dell’Ordinario del luogo e
anche per decisione propria, se vi è pericolo nell’attesa.
§ 2. In tutti i casi, cessata la causa della separazione, si deve ricostituire la convivenza
coniugale, a meno che non sia stabilito diversamente dall’autorità ecclesiastica».
can. 1154 (865 CCEO): «Effettuata la separazione dei coniugi, si deve sempre provvedere
opportunamente al debito sostentamento e educazione dei figli».
can. 1155 (866 CCEO): «Il coniuge innocente, con atto degno di lode, può ammettere
nuovamente l’altro coniuge alla vita coniugale: nel qual caso rinuncia al diritto di separazione»
2. La separazione dei coniugi
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A norma del can. 1151, i coniugi hanno il dovere e il diritto di osservare la convivenza
coniugale1. Quali sono i motivi di quest’obbligo? La stessa natura del patto coniugale, i cui fini
sono il bene dei coniugi e la procreazione ed educazione dei figli. Come sarebbe questo possibile
senza la convivenza coniugale? Perciò, lo stesso diritto naturale, e di conseguenza il CIC,
esigono la convivenza coniugale. Ma ci sono dei casi in cui questa non è possibile, oppure la
convivenza può essere addirittura lesiva per il bene del coniuge o dei figli. E quanto stabilisce il
legislatore nello stesso canone: eccetto che ne siano scusati da causa legittima. La presenza di
una causa legittima – riferita al comportamento imputabile a uno dei coniugi a danno dell’altro –
permette distinguere l’istituto della separazione dalla mera interruzione di fatto della convivenza.
E in ogni caso, la separazione canonica permette la cessazione della convivenza, ma con
l’obiettivo di recuperare la convivenza, una volta rimossa la difficoltà che l’ha provocata.
Hervada segnala come principi informatori della vita matrimoniali – ossia direttrici
generali del comportamento dei coniugi – i seguenti: a) i coniugi devono custodire la fedeltà
reciproca; b) si deve tendere al mutuo perfezionamento materiale o corporale; c) si deve tendere
al mutuo perfezionamento spirituale; d) i coniugi devono vivere insieme; e) si deve tendere al
bene materiale e spirituali dei figli avuti. Di conseguenza, sono cause legittime di separazione
quelle che ledono uno di questi principi, e cioè, sostanzialmente queste: adulterio; grave danno
corporale del coniuge o dei figli; grave danno spirituale del coniuge o dei figli; abbandono
fraudolento.
Ci sono diversi criteri di distinzione della separazione dei coniugi:
a) Perfetta e imperfetta: perfetta è la separazione con scioglimento del vincolo, che si dà
soltanto nei casi previsti dalla legge e sempre in matrimoni che non siano rati e consumati:
dispensa del matrimonio rato e non consumato, privilegio paolino, c.d. privilegio petrino, e in
generale lo scioglimento in favore della fede. La separazione imperfetta è la separazione con
permanenza del vincolo, di cui ci occupiamo in questa Lezione.
b) Totale o parziale: a seconda delle dimensioni della vita coniugali nelle quali si dia la
separazione. Questa distinzione risponde alla classica distinzione, nella vita matrimoniale, tra la
comunione di tetto, di mensa e di letto. Oggi il Legislatore non fa queste precisazioni. In diritto
civile è prevista la separazione dei beni economici, ma ciò non riguarda la questione che ora
analizziamo.
c) Perpetua o temporanea: a seconda che esista o meno un diritto alla separazione
perpetua senza l’obbligo di ristabilire la vita in comune. La separazione perpetua soltanto si dà in
caso di adulterio dell’altro coniuge.
La separazione a cui si fa riferimento in questi canoni è la separazione imperfetta, sia
perpetua sia temporanea. Nel CIC 83, l’espressione communio vitae coniugalis viene sostituita
da quella di convictus, per evitare confusioni con il vincolo coniugale, che viene definito dal
Concilio Vaticano II come communitas vitae et amoris.
Poi, quando studieremo la separazione perpetua e quella temporanea, ci riferiremo alle
cause legittime che possono giustificarle.
Un problema concreto è quale sia l’autorità competente per conoscere della separazione
coniugale, a seconda anche dei rapporti esistenti tra la Chiesa e lo Stato. Il c. 1692 CIC prevede
che:
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È un dovere non solo morale, ma giuridico: cfr. Communicationes 5 (1973) 86.
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a) nei paesi la cui legislazione permette di prevedere che la sentenza in materia non sarà
contraria al diritto divino, gli sposi possono chiedere al Vescovo la licenza per rivolgersi al foro
civile;
b) nei paesi dove la decisione ecclesiastica di separazione non produrrebbe effetti davanti
allo Stato, gli sposi potranno anche chiedere la licenza per rivolgersi al foro civile;
c) se gli sposi, anziché chiedere la licenza di rivolgersi al foro civile, si rivolgono al
giudice ecclesiastico, qualora fosse patente che la causa toccherà anche gli effetti puramente
civili del matrimonio, lo stesso giudice ecclesiastico può intervenire affinché la causa sia trattata
in foro civile sin dall’inizio.
3. La separazione perpetua
Viene regolata dal canone 1152. L’adulterio è l’unica causa di separazione perpetua dei
coniugi, e da diritto a chiedere tale separazione. Siccome l’atto coniugale è la specifica modalità
con cui gli sposi si esprimono come “una sola carne”, l’adulterio comporta un attentato diretto
contro il coniux innocens, perché equivale a disconoscerlo come coniuge (Hervada)
In ogni caso, il c. 1152 esorta il coniuge innocente a perdonare il coniuge che ha
commesso l’adulterio. Si ha il diritto di sciogliere per sempre la convivenza coniugale sempre
che vi siano questo requisiti:
a) Deve essere adulterio propriamente detto, che comporta il rapporto carnale con una
persona diversa dal proprio coniuge. Si discute se le relazioni sessuali contro natura —ad
esempio, rapporti omosessuali o il bestialismo— siano paragonabili all’adulterio. In linea di
massima la dottrina propende per assimilare tali rapporti all’adulterio.
b) Deve essere un adulterio formale, cioè, non soltanto materiale. Questo significa che
l’atto deve essere libero, e non a causa dell’ignoranza, dell’inganno o della violenza.
c) Deve essere consumato, secondo gli stessi criteri della consumazione del matrimonio. In
caso di atto sessuale si presume sempre l’effusione del seme.
d) Deve essere certo, con una certezza morale. Basta per la certezza la cosiddetta
presunzione violenta.
Il Legislatore prevede che si perde il diritto alla separazione perpetua:
a) Se la parte innocente abbia condonato espressamente o tacitamente l’adulterio (perdono
raccomandato vivamente dal Legislatore), il che può avvenire in vari modi:
-condono espresso: il coniuge innocente dichiara esplicitamente che perdona
all’adultero.
-condono tacito: dopo aver saputo con certezza dell’adulterio, il coniuge innocente si
è spontaneamente intrattenuto con l’altro coniuge con affetto maritale.
-condono presunto: se – una volta conosciuto l’adulterio – conservò per sei mesi la
convivenza coniugale, senza interporre ricorso presso l’autorità civile o ecclesiastica.
b) Se la parte innocente ha acconsentito all’adulterio.
c) Se la parte innocente abbia dato causa all’adulterio.
d) Se anche l’altro coniuge ha anche commesso adulterio.
Nel §3 del canone si prevede la possibilità della separazione di propria iniziativa in questi
casi. Se così è stato, il coniuge deve deferire entro i sei mesi la causa di separazione alla
competente autorità ecclesiastica, proprio perché si tratta di una materia che interessa il bene
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pubblico. L’autorità provvederà a verificare le circostanze del caso, in particolare l’eventuale
condono che toglie la legittimazione alla separazione.
Se nel paese le cause sono competenza della autorità civile, la causa si dovrà presentare
davanti all’autorità civile. È il caso dell’Italia (cfr. CEI, Decreto Generale sul matrimonio
canonico, 54-55).
4. La separazione temporanea
È regolata dal canone 1153 (864 CCEO). È fondamentale segnalare che non esiste la
separazione per mutuo consenso: affinché la separazione sia legittima, deve esserci una causa
che la giustifichi – un comportamento nocivo imputabile a uno dei coniugi –, in quanto è in
pericolo il bene dei coniugi o dei figli.
a) Cause dalla separazione temporanea (diversamente dal CIC 17, il Legislatore non
esemplifica le cause legittimanti2):
-se uno dei coniuge compromette gravemente il bene spirituale dell’altro o della
prole. Ad esempio, se tiene una condotta delittuosa o ignominiosa, se costituisce un grave
pericolo per l’onorabilità dell’altro, se è causa di gravi peccati, se vuole che la comparte lo aiuti
nel compiere dei delitti, se vuole corrompere i figli o è causa di un cattivo e gravemente dannoso
esempio;
-se compromette gravemente il bene corporale dell’altro o della prole. Ad esempio,
se usa la violenza, se reca un grave danno ai beni temporali, se è colpito da una malattia
gravemente contagiosa. Ci sono dei casi difficili: malato di lebbra, AIDS o sifilide, pazzo
pericoloso;
-se rende troppo dura la vita comune. Ad esempio, se è causa di risse, odio,
avversione.
-Nel diritto orientale (can. 864 § 1 CCEO) sono state indicate come cause di
separazione temporanea che si renda la vita comune troppo pericolosa o troppo dura al coniuge o
ai figli. Poi, nel § 2 dello stesso canone si afferma: «Le altre cause possono essere stabilite dal
diritto particolare della Chiesa sui iuris, secondo i costumi dei popoli i le circostanze dei
luoghi».
È discusso in dottrina se la causa legittimante della separazione debba riscontrarsi in un
atteggiamento colposo di uno dei coniugi: il caso accennato di una grave malattia che rende
difficile o pericolosa la convivenza ma che richiede una dedizione e una cura riscontrabile nel
“mutuum adiutorium”. In questi casi bisogna però distinguere tra la separazione che sospende i
diritti e doveri coniugali ed il fatto che i coniugi non vivano insieme. Di fronte a un grave
pericolo senza colpa può sospendersi il dovere di convivenza di fatto, e anzi a volte può essere
un dovere proprio non convivere (per una malattia fortemente contagiosa, una forma di demenza
aggressiva, ecc.), ma non vengono meno – anzi sono ancora più pressante – gli altri diritti e
doveri coniugali e al dovere “alla comunità di vita, intesa come comunione e partecipazione di
beni, ma anzi rappresentano casi in cui il fine del mutuo aiuto deve manifestarsi in tutta la sua
estensione e profondità” (Hervada).
2 Can. 1131 § 1 CIC 17: “Si alter coniux sectæ acatholicæ nomen dederit; si prolem acatholice educaverit; si
vitam criminosam et ignominiosam ducat; si grave seu animæ seu corporis periculum alteri facessat; si sævitiis vitam
communem nimis difficilem reddat, hæc aliaque id genus, sunt pro altero coniuge totidem legitimæ causæ
discedendi, auctoritate Ordinarii loci, et etiam propria auctoritate, si de eis certo constet, et periculum sit in mora”.
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D’altra parte, la possibilità di separarsi se la convivenza risulta “nimis dura” ha una
valenza non solo oggettiva ma fa rientrare anche una gravità o durezza della convivenza
soggettiva3.
In tutti questi casi, si deve sempre ristabilire la convivenza quando cessi la causa che ne ha
dato origine. Non sono mai cause di separazione perpetua. Ma l’autorità ecclesiastica potrebbe
stabilire in un modo diverso (can. 1153 §2): se il vescovo diede un decreto di separazione a
tempo indeterminato, la stessa autorità dovrà emanare un altro decreto in cui si stabiliscano i
termini della ripresa della convivenza. Spetta infatti all’ordinario del luogo decretare la
separazione dei coniugi (can. 1692); se però “vi è pericolo nell’attesa” il coniuge può anche
separarsi per decisione propria (can. 1153 § 1), deferendo poi al proprio Ordinario.
5. Ristabilimento della coabitazione (can. 1155)
Per sua natura, la separazione temporanea, comporta l’obbligo di ristabilire la vita in
comune quando abbia cessato la causa che diede origine alla separazione.
Nei casi di separazione perpetua invece, il Legislatore consiglia e loda che il coniuge
innocente ammetta di nuovo l’altro coniuge alla vita coniugale, nel qual caso si rinuncia al diritto
alla separazione.
In alcuni casi, la parte innocente potrebbe essere addirittura obbligata, per motivi di carità,
al ristabilimento della vita coniugale. Ad esempio, se la parte colpevole si sia veramente
emendata e abbia chiesto di essere perdonata e di rientrare nella vita comune, per evitare lo
scandalo o per evitare l’incontinenza.
D’altra parte, se l’innocente richiama il colpevole alla vita coniugale, costui è tenuto a
farlo.
Se la separazione fu legittimata con provvedimento dell’autorità (giudiziale o
amministrativo: cfr. infra), al perdono dell’innocente deve seguire l’ulteriore provvedimento
dell’autorità che sancisce la legittima riabilitazione alla vita coniugale.
Se la parte innocente, avvenuta la separazione, commette adulterio, non perde il diritto
acquisito alla separazione. (Invece se lo commette prima della separazione, ricordiamo che perde
tale diritto.)
6. Il sostentamento e l’educazione dei figli
A norma del canone 1154, compiuta la separazione dei coniugi, si deve sempre provvedere
opportunamente al debito sostentamento dei figli. Il canone non specifica di più. Dice soltanto
che si deve provvedere al sostentamento e all’educazione.
Tale obbligo – che rimane anche se i coniugi sono separati –, riferito all’educazione della
prole, è sancito dal can. 1136: “I genitori hanno il dovere gravissimo e il diritto primario di
curare secondo le proprie forze, l'educazione della prole, sia fisica, sociale e culturale, sia morale
e religiosa”.
Cfr. S. GHERRO, Diritto canonico (nozioni e riflessioni), II, Diritto matrimoniale, Padova 2004, 332-334. Questo
autore riporta la massima giurisprudenziale che ammette la separazione in caso di “obiectiva intolerabilitas
conviventiae”, anche se le difficoltà derivano “ex gravi animo rum dissociazione”, ma “tamquam separationis causa
invocari nequit mera difficultas ab indolum diversitatem ac incompatibilitatem” (sent. c. Jarawan del 15 maggio
1989, in Il Diritto Ecclesiastico 109/II (1989), 10).
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Il can. 1154 non aggiunge altro perché di solito le legislazioni civili stabiliscono le norme
particolari da applicare al singolo caso4. L’autorità ecclesiastica dovrà badare al rispetto della
dignità della persona, alla giustizia nella situazione particolare, all’effettiva cura delle necessità
materiali e spirituali dei figli. Il modo di regolare ogni situazione dipenderà dalle leggi del
singolo paese. Benché il CIC non ne dica niente, si intende che nel caso si dovrà tener conto
anche del giusto sostentamento dell’altro coniuge, se a causa della separazione potesse restare in
situazione difficile.
Per quanto riguarda l’educazione cattolica, sono da tener conto le esortazioni del Concilio
Vaticano II riguardanti l’obbligo dei genitori, che sono applicabili anche nei casi di separazione.
Tra queste, possiamo ricordare:
Gaudium et Spes, 48: «Quanto agli sposi, insigniti della dignità e responsabilità di padre e
madre, adempiranno diligentemente il dovere dell’educazione, soprattutto religiosa che spetta
prima di ogni altro a loro».
Apostolicam Actuositatem, 11: «I coniugi cristiani sono cooperatori della grazia e testimoni
della fede reciprocamente nei confronti dei figli e tutti gli altri familiari. Sono essi i primi araldi
della fede ed educatori dei loro figli; li formano alla vita cristiana a apostolica con la parola e con
l’esempio, li aiutano con prudenza nella scelta della loro vocazione e favoriscono, con ogni
diligenza, la sacra vocazione eventualmente in essi scoperta».
La separazione legittima sospende il dovere di convivenza coniugale (can. 1152) nonché
gli altri obblighi derivati, tranne certamente quello di mantenere la fedeltà e, come sancisce il
can. 1154, l’educazione dei figli. La separazione inoltre permette di avere un proprio domicilio o
quasi domicilio (can. 104), anche se tali domicili o quasi domicili individuali non escludono
l’esistenza di un domicilio comune che rimarrebbe solo formale fintanto dura la separazione5.
7. Il processo nelle cause di separazione dei coniugi
Viene regolato nei canoni 1692-1696. Anche se il Legislatore riafferma la competenza
della Chiesa su queste cause (cfr. can. 1671), di fatto la materia v iene lasciata alle autorità civili.
Il can. 1692 sancisce (§ 1) che la separazione “può essere definita con decreto del Vescovo
diocesano, oppure con sentenza del giudice”. Il § 2 però aggiunge che “Dove la decisione
ecclesiastica non ottiene effetti civili o si preveda una sentenza civile non contraria al diritto
divino, il Vescovo della diocesi dove dimorano i coniugi, ponderate le peculiari circostanze,
potrà concedere licenza di ricorrere al tribunale civile”. Oltre questa possibilità di deferimento –
con decreto del vescovo che di fatto molto raramente si chiede – il § 3 dello stesso can. 1692
prevede una sorta di deferimento “d’ufficio”: “Se la causa verte anche sugli effetti puramente
civili del matrimonio, il giudice faccia in modo che, osservato il disposto del §2, la causa fin dal
suo inizio sia presentata avanti al tribunale civile”.
Quando si segue la via ecclesiastica, la separazione può essere risolta: in via
amministrativa, per decreto del Vescovo diocesano, oppure in via giudiziaria, con sentenza del
giudice ecclesiastico (c. 1692 § 1). In questo caso, a meno che una delle parti (compreso il
promotore di giustizia) chieda il processo contenzioso ordinario, si seguirà il processo
contenzioso orale.
4 In fase di redazione del CIC venne proposto di gravare il coniuge colpevole dal dovere di sostentamento. La
proposta non venne accolta proprio gli effetti civili sono di competenza dell’autorità civile: cfr. Communicationes
10 (1978) 121 e Communicationes 15 (1983) 241.
5 Per quanto riguarda il domicilio dei figli minorenni, cfr. can. 105: Ҥ1. Il minorenne ritiene necessariamente il
domicilio e il quasi-domicilio di colui, alla cui potestà è soggetto. Uscito dall'infanzia può acquistare anche un
proprio quasi-domicilio; e legittimamente emancipato a norma del diritto civile, anche un domicilio proprio. §2.
Chiunque per una ragione diversa dalla minore età è stato affidato legittimamente in tutela o in curatela di un altro,
ha il domicilio e il quasi-domicilio del tutore o del curatore”.
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In Italia c’è un’istruzione della Congregazione per la disciplina dei sacramenti del 1º luglio
1929 che prevede che le sentenze di separazione dei coniugi emesse dall’autorità civile, purché
non siano contrarie al diritto naturale o alle leggi ecclesiastiche, hanno valore nel foro canonico.
8. Bibliografia
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