manuale primo soccorso
Transcript
manuale primo soccorso
Manuale di primo soccorso a cura di Simone Savastano -0 - Manuale di Primo Soccorso 1° Edizione 2007 Simone Savastano Divisione di Cardiologia Policlinico San Matteo Pavia Direttore Sanitario P.A.Avis Valenza Istruttore 118 Piemonte Istruttore B.L.S. e A.C.L.S. per American Heart Association Istruttore A.M.L.S. per NAEMT Istruttore I.T.L.S. INDICE Pag. 1. INTRODUZIONE AL SOCCORSO 1 2. IL SISTEMA 118 4 3. LE PRINCIPALI URGENZE MEDICHE 6 3.1 LA DIFFICOLTA’ RESIRATORIA 7 3.2 IL DOLORE CARDIACO 9 3.3 IL PROBLEMA NEUROLOGICO 12 3.4 LE INTOSSICAZIONI 15 3.5 IPOGLICEMIA 18 3.6 COLPO DI CALORE 19 3.7 IPOTERMIA 20 3.8 PUNTURA DI INSETTI E SHOCK ANAFILATTICO 21 4. PERDITA DI COSCIENZA E IL B.L.S. 23 4.1 VALUTARE LE FUNZIONI VITALI 24 4.2 LA RIANIMAZIONE CARDIOPOLMONARE NELL’ADULTO 27 4.3 LA DISOSTRUZIONE DELLE VIE AEREE NELL’ADULTO 31 4.4 LA RIANIMAZIONE CARDIOPOLMONARE NEL BAMBINO 32 4.5 LA DISOSTRUZIONE DELLE VIE AEREE NEL BAMBINO 33 5. I TRAUMI 34 5.1 I TRAUMI DEGLI ARTI (FRATTURE E LUSSAZIONI) 40 5.2 I TRAUMI DELLA CUTE: LE FERITE 42 5.3 I TRAUMI DELLA CUTE: LE USTIONI 44 5.4 LE EMORRAGIE 46 Ovunque ci sia un uomo c’è qualcuno che ha bisogno di aiuto Seneca -1 - 1. INTRODUZIONE AL SOCCORSO Lo scopo di questo piccolo manuale è quello di aiutare tutti coloro che non sono dediti al soccorso ad affrontare le emergenze che si possono verificare nella vita di ogni giorno. In altre parole, nel suo piccolo vuole diffondere la cultura dell’emergenza. Si ritiene comunemente che sia altamente improbabile imbattersi in una persona che abbia urgente bisogno di aiuto, e invece non è così. Le cifre parlano chiaro: nel mondo muore di morte cardiaca improvvisa una persona ogni 9 minuti; in Italia muore in un incidente automobilistico una persona ogni ora. La cultura dell’emergenza si pone l’obiettivo di preparare ogni cittadino ad affrontare le emergenze più diverse. Il nemico principale di ogni soccorritore è il panico, la paura di non sapere cosa fare. Spesso tale stato d’animo nasce proprio dal fatto che non si è preparati ad affrontare una situazione come quella in cui accidentalmente siamo incappati. Chi partecipa a un corso di primo soccorso più o meno approfondito riesce a gestire sicuramente meglio ogni emergenza in quanto impara il modo di pensare e di agire richiesti dalle situazioni critiche. Ecco perché vi è la necessità che un numero sempre maggiore di cittadini frequenti tali corsi. Inoltre le manovre salvavita sono poche e di così facile esecuzione che tutti dovrebbero essere in grado di eseguirle. Sono sufficienti poche ore di corso per essere in grado di eseguire una rianimazione cardiopolmonare corretta, per saper arrestare un’emorragia arteriosa o per disostruire le vie aeree. A questo punto diamo una definizione di Soccorso. Soccorrere significa agire con lo scopo di risolvere un problema a una o più persone che si trovano in difficoltà. Il soccorso non è un gesto ma una catena di eventi che partono dal momento in cui si verifica l’emergenza fino alla dimissione dall’ospedale, quindi il soccorso incomincia nel momento in cui il primo “ testimone” interviene. -2 - Il cittadino che decide di prestare soccorso deve: – Saper interagire con il sistema di emergenza territoriale 118 – Saper riconoscere un infortunato traumatizzato da un infortunato vittima di malore – Evitare quelle manovre che possono nuocere alla salute dell’infortunato – Attuare quei provvedimenti che possono salvare la vita dell’infortunato. -3 - 2. IL SISTEMA 118 Il sistema 118 nasce verso la metà degli anni '90 con lo scopo di migliorare e velocizzare il soccorso unificando i protocolli operativi. Il fulcro del sistema 118 è la centrale operativa. Essa è presente in ogni capoluogo di provincia, vi lavorano un medico e tre infermieri e ha il compito di: 1. Ricevere le chiamate dagli utenti 2. Tradurre la descrizione del cittadino in un codice 3. Contattare la postazione più vicina che ha il mezzo adatto disponibile 4. Coordinare l’intervento di altri operatori del soccorso. In centrale operativa viene fatto il Triage ossia viene attribuito un codice di criticità a ogni caso per cui venga richiesto un mezzo di soccorso. I codici sono: Bianco: non è una situazione di urgenza, il servizio è differibile nel tempo, quindi va in coda alle altre chiamate. Verde : è un’urgenza secondaria, nel senso che non è necessario l’intervento del medico prima dell’arrivo in ospedale (nessuna funzione vitale compromessa). Giallo: urgenza primaria, è necessario l’intervento del medico prima dell’arrivo in ospedale ( una o più funzioni vitali compromesse). Rosso: è una condizione di emergenza in cui l’intervento medico dovrebbe essere immediato (una o più funzioni vitali assenti). È chiaro che per far fronte a queste differenti tipologie di intervento devono essere disponibili almeno due tipi di mezzi di soccorso. Il sistema 118 oggi ha disposizione tre tipologie di mezzi: Mezzo di soccorso di base: formato solo da Volontari del Soccorso. Generalmente tale mezzo viene impiegato per codici bianchi e verdi, -4 - eccezionalmente, anche per codici gialli e rossi in attesa del mezzo di soccorso avanzato. Mezzo di soccorso avanzato: formato da un medico, un infermiere, due Volontari del Soccorso. Viene impiegato per codici gialli o rossi. Elisoccorso: equipaggio formato da un pilota, un tecnico di volo, un medico rianimatore e un infermiere. Viene utilizzato per raggiungere luoghi impervi oppure per coprire l’eventuale assenza del mezzo di soccorso avanzato. Per fare in modo che il mezzo giusto arrivi sull’intervento corretto occorre che chi chiama la centrale operativa spieghi con esattezza la situazione: solo in questo modo la centrale operativa potrà associare a ogni richiesta di intervento un codice appropriato. Il rischio infatti è quello di sovrastimare la gravità della situazione, inviando così il mezzo di soccorso avanzato ma sguarnendo il territorio (si pensi che in provincia di Alessandria ci sono 7 mezzi di soccorso avanzato); oppure, al contrario, sottostimare la gravità della situazione mandando il mezzo di soccorso di base non adatto per gestire una situazione di gravità superiore. Si comprende come colui che chiama la centrale, ossia il primo anello della catena del soccorso, debba rispettare alcune regole: 1. Presentarsi e fornire il numero di telefono da cui chiama 2. Descrivere il meglio possibile la situazione rimanendo calmo 3. Indicare chiaramente il luogo dell’intervento 4. Indicare il numero degli infortunati Schema che illustra la catena degli eventi dal malore all’arrivo dei soccorsi. Parte la chiamata di soccorso arriva in Centrale Operativa, qui viene fatto triage, viene deciso il mezzo idoneo più vicino, viene allertata la postazione di partenza ed infine sia ha l’arrivo del mezzo di soccorso. -5 - 3. LE PRINCIPALI URGENZE MEDICHE Le principali urgenze mediche sono: • Difficoltà respiratoria • Dolore cardiaco • Problema neurologico • Intossicazioni • Ipoglicemia • Colpo di calore • Ipotermia • Shock anafilattico Verranno di seguito descritte per sommi capi soffermandoci soprattutto su ciò che bisogna mettere in atto per aiutare l’infortunato e per non aggravare la situazione. 3.1 LA DIFFICOLTÀ RESPIRATORIA. È una condizione caratterizzata dalla mancanza di fiato (dispnea), da una frequenza respiratoria solitamente aumentata ed eventualmente dalla cianosi, ossia il colorito bluastro che assume la cute a seguito della scarsa ossigenazione del sangue. Per comprendere le cause della dispnea occorre analizzare velocemente la meccanica della respirazione. Quando nasce lo stimolo respiratorio, a livello del cervello si genera un impulso elettrico che viaggia lungo i nervi e arriva fino ai muscoli respiratori e al diaframma. Le coste si allargano, il diaframma si abbassa: così il torace aumenta il suo volume e diminuisce la pressione al -6 - suo interno. L’aria viene attratta dalla depressione presente all’interno del torace ed entra nelle vie aeree che la portano agli alveoli polmonari: piccoli sacchetti, come dei palloncini, circondati da una fitta rete di capillari sanguigni. L’ossigeno contenuto nell’aria inspirata oltrepassa la parete degli alveoli e finisce nel sangue contenuto nei capillari. L’anidride carbonica invece segue il tragitto opposto. Alla fine dell’inspirazione il diaframma risale e il torace ritorna al volume di partenza facendo in modo che aumenti la pressione al suo interno, provocando così la fuoriuscita dell’aria dalle vie aeree (espirazione). Qualunque anomalia in ognuno di questi passaggi fa sì che l’infortunato accusi difficoltà respiratoria. La complicanza più severa della difficoltà respiratoria è l’arresto respiratorio per esaurimento della forza dei muscoli respiratori. Ciò complica i casi di difficoltà respiratoria grave. Occorre quindi avere l’abilità di cogliere quei segni che ci possono fare pensare ad un difficoltà respiratoria grave ad esempio: espressione estremamente sofferente dell’infortunato; posizione seduta o semiseduta (in questa posizione la meccanica respiratoria è più efficiente) o con le mani appoggiate al bordo del letto o al davanzale (questa posizione serve a scaricare in parte il lavoro dei muscoli respiratori accessori ossia i muscoli del collo); tensione dei muscoli del collo, rientramenti dei muscoli intercostali, cianosi, frequenza respiratoria molto elevata, incapacità di parlare , in particolare è importante notare il numero di parole che l’infortunato riesce a dire prima di dover prendere fiato. È molto importante notare, e di conseguenza riferire alla Centrale Operativa, anche la presenza di eventuali rumori respiratori. È noto infatti che la difficoltà respiratoria secondaria a crisi di asma bronchiale si associati a fischi o sibili soprattutto nella fase espiratoria mentre la difficoltà respiratoria dovuta ad edema -7 - polmonare (accumulo di acqua all’interno degli alveoli principalmente per disfunzione cardiaca) si associ a rumori gorgoglianti simili a quelli prodotti ad un pentola di acqua in ebollizione. Al testimone non interessa fare alcuna diagnosi, dal momento che qualunque sia la causa della dispnea le procedure da mettere in atto sono le medesime: • • • • • • • Cercare di trarre informazioni utili alla diagnosi (malattie note, farmaci assunti, eventuali rumori respiratori, età dell’infortunato). In caso l’infortunato sia un asmatico noto ed utilizzi broncodilatatori per via inalatoria sotto prescrizione medica è possibile aiutarlo ad autosomministrarsi questi farmaci. Non è assolutamente consentito somministrare farmaci in altre condizioni. Valutare le funzioni vitali (frequenza cardiaca, frequenza respiratoria) e se necessario eseguire BLS Chiamare il 118 Sostenere psicologicamente l’infortunato in attesa dei soccorsi Mantenere l’infortunato nella posizione in cui riesce a respirare meglio. Non somministrare alcuna bevanda -8 - 3.2 IL DOLORE CARDIACO Il dolore toracico è una delle cause più frequenti di accesso al Pronto Soccorso dal momento che molte patologie possono presentarsi in questo modo. Siccome tra tutte le patologie che si possono manifestare con dolore toracico il dolore cardiaco è sicuramente la più grave, la prima regola è quella di pensare che ogni dolore toracico sia cardiaco fino a prova contraria. Il cuore è un muscolo per alcuni versi simile a tutti gli altri muscoli del nostro corpo. È formato da quattro cavità: due a destra (atrio e ventricolo destro) e due a sinistra (atrio e ventricolo sinistro). 1. All’atrio destro arriva tutto il sangue povero di ossigeno proveniente da tutti i distretti dell’organismo. 2. Dall’atrio destro il sangue passa al ventricolo destro che lo pompa nei polmoni dove verrà ossigenato. 3. Dai polmoni torma ossigenato all’atrio di sinistra. 4. Dall’atrio di sinistra passa al ventricolo di sinistra che grazie alla sua contrazione gli permette di raggiungere ogni punto dell’organismo. Come tutti i muscoli del nostro corpo, il cuore ha bisogno di ossigeno per potersi contrarre e quindi necessita della presenza di vasi sanguigni che lo riforniscano continuamente di sangue ossigenato. Tali vasi si chiamano coronarie . Esse sono arterie e come tutte le arterie con il passare degli anni possono ammalarsi di aterosclerosi. In altre parole si formano placche all’interno delle -9 - arterie, costituite prevalentemente da colesterolo, che riducono il flusso sanguigno (così come il calcare riduce il flusso di acqua all’interno di un tubo). Quando una o più placche hanno causato una riduzione del flusso coronarico tale per cui esso è sufficiente solo a riposo, si genera il quadro dell’angina pectoris . In altre parole, quando aumentano le richieste di ossigeno da parte del cuore (sforzi fisici, periodo che segue i pasti, esposizione al freddo, emozioni) queste non possono essere soddisfatte e quindi insorge il dolore cardiaco. Le placche all’interno delle coronarie crescendo negli anni possono rompersi causando la formazione di un trombo che nel volgere di istanti chiude improvvisamente e definitivamente tutta la coronaria, interrompendo definitivamente il flusso sanguigno. Questo è ciò che accade nell’infarto del miocardio. Le cellule cardiache dapprima soffrono per la carenza di ossigeno, poi cominciano a morire e ne muoiono tante di più quanto più tempo passa dall’ostruzione alla riapertura della coronaria interessata. Alla luce di quanto esposto l’angina si presenta nella maggioranza dei casi come un dolore da sforzo (anche se esistono casi di angina a riposo) solitamente di breve durata (meno di 15 minuti) e che regredisce con il riposo. L’infarto invece può manifestarsi sia a riposo che - 10 - durante uno sforzo. Il dolore è analogo ma tende a non regredire da solo. Il dolore cardiaco si manifesta come un senso di peso al centro del torace. Può essere accompagnato da dolore o formicolio al braccio sinistro (ma anche al destro), al collo e alla mandibola. Alcune volte il dolore non interessa il torace ma la bocca dello stomaco (epigastrio) tanto da simulare una gastrite oppure un’ulcera. In alcuni casi infine l’angina e l’infarto non danno alcuna sintomatologia. La complicanza più temibile dell’infarto miocardico è l’arresto cardiaco. Occorre quindi non perdere di vista l’infortunato monitorando costantemente le funzioni vitali ed eventualmente mettendo in pratica la rianimazione cardiopolmonare di cui si discuterà nel capitolo 4. Ecco cosa fare di fronte a un caso di dolore toracico: • • • • • • • Non perdere tempo Trarre informazioni utili alla diagnosi: da quanto tempo è insorto il dolore, le caratteristiche del dolore , la presenza di fattori di rischio, la presenza di precedenti malattie cardiovascolari. In caso l’infortunato sia un cardiopatico noto ed utilizzi coronarodilatatori sublinguali o spray sotto prescrizione medica è possibile aiutarlo ad autosomministrarsi questi farmaci. Non è assolutamente consentito somministrare farmaci in altre condizioni. Valutare le funzioni vitali: frequenza cardiaca, ritmicità o aritmicità del polso e se necessario eseguire BLS Chiamare il 118 Tranquillizzare l’infortunato Non somministrare alcuna bevanda Non tutti gli infortunati vittime di infarto muoiono: tale sorte interessa il 15%. Gli altri recuperano abbastanza bene nel tempo. Il grado del loro recupero è tanto migliore quanto più repentine sono state le procedure di riapertura della coronaria ostruita. - 11 - 3.3 IL PROBLEMA NEUROLOGICO Il sistema nervo centrale è formato dall’encefalo (cervello) e dal midollo spinale. Il cervello svolge differenti funzioni, tra cui queste sono le principali: • Stato di coscienza • Memoria • Movimento • Equilibrio • Linguaggio • Regolazione di molti parametri vitali (da parte del bulbo encefalico) • Riflessi Le principali emergenze neurologic he sono la crisi epilettica e l’ictus. Le crisi epilettiche possono interessare ogni età. Mentre in condizioni normali i neuroni comunicano tra loro scambiandosi segnali elettrici ordinati durante una crisi epilettica tutto ciò non avviene. Vi è una attività elettrica completamente disorganizzata all’interno di alcune zone dell’encefalo che si traduce, nei casi più gravi, nella perdita di coscienza seguita da un progressivo irrigidimento dei muscoli (fase tonica) cui segue la comparsa di scosse ampie (fase clonica). L’infortunato potrebbe cessare di respirare e in questo caso potrebbe comparire cianosi al volto e alle estremità. Alla fine della fase clonica l’infortunato riacquista lentamente coscienza permanendo per qualche minuto in quello che viene chiamato periodo post critico. - 12 - In questi casi le cose da fare sono: • • • • • • Chiamare il 118 Proteggere l’infortunato eliminando oggetti pericolosi nelle vicinanze Non cercare di bloccarlo Al termine della fase clonica valutare le funzioni vitali e se necessario eseguire BLS Cercare di tranquillizzare l’infortunato assecondandolo Non somministrare alcuna bevanda Per ictus cerebrale si intende la chiusura di un’arteria che porta sangue ossigenato a una parte del cervello (in modo analogo a ciò che succede nel cuore durante un infarto) oppure la rottura di un vaso sanguigno per cui si instaura improvvisamente un’emorragia cerebrale. L’ictus cerebrale può manifestarsi in modi differenti: • Improvvisa perdita di coscienza • Incapacità di parlare • Incapacità di mantenere l’equilibrio • Incapacità di muovere gli arti di destra o di sinistra • Incapacità di trattenere le urine e le feci. • Disorientamento spazio- temporale In caso la lesione ischemia o emorragica interessi il tronco encefalico, ossia la parte di sistema nervoso centrale deputato al controllo delle funzioni vitali è possibile che la presentazione clinica dell’ictus sia la perdita di coscienza, l’arresto respiratoria o addirittura l’arresto cardiaco. - 13 - In questi casi occorre: • • • • • Trarre informazioni utili alla diagnosi Valutare periodicamente le funzioni vitali e se necessario eseguire BLS Chiamare il 118 Rimanere vicino all’infortunato e sostenerlo psicologicamente Non somministrare alcuna bevanda - 14 - 3.4 INTOSSICAZIONI Per intossicazione si intende l’effetto avverso dovuto all’assunzione accidentale o volontaria di qualunque sostanza in grado di esplicare un danno al nostro organismo o per la sua composizione o per la dose eccessiva. Prenderemo in considerazione solo le principali intossicazioni, ossia: • Monossido di carbonio • Alcol • Oppiacei • Cocaina e altre sostanza stimolanti • Antidepressivi • Intossicazioni alimentari • Ingestione accidentale di acidi o di alcalini Il monossido di carbonio è un gas inodore e incolore e per questo molto pericoloso. Viene trasportato dal sangue molto più facilmente rispetto all’ossigeno al quale si sostituisce nei globuli rossi, ma non ne possiede assolutamente le funzioni. I tessuti dell’organismo risentono della carenza di ossigeno. Il primo organo a soffrirne è il cervello. I primi sintomi infatti sono il mal di testa e la confusione mentale. Tale situazione peggiora sempre più con l’aumentare del tempo di esposizione fino a diventare sopore e infine coma e quindi la morte. In questi casi è importante portare l’infortunato fuori dall’ambiente contaminato e fare in modo che gli venga somministrato ossigeno il più presto possibile. L’alcol è una sostanza in grado di agire a livello del sistema nervoso centrale dando nelle prime fasi una sensazione di euforia e disinibizione, ma al crescere della dose si ha un vero e proprio effetto sedativo fino al coma alcolico, con possibile soppressione del centro del respiro per dosaggi molto elevati. Alla famiglia degli oppiacei appartengono sostanze come l’eroina, la morfina, il metadone. Esse possono essere causa di emergenze mediche sia quando assunte in quantità eccessiva (overdose) oppure - 15 - quando sia trascorso troppo tempo dall’ultima somministrazione (crisi di astinenza). Tali sostanze a basse dosi hanno un effetto analgesico e inducono un senso di benessere. A dosi maggiori sopprimono il centro del respiro e possono causare la morte per arresto respiratorio. La crisi di astinenza è invece caratterizzata da dolori generalizzati solitamente all’addome, agitazione psicomotoria, pupille dilatate e orripilazione (la pelle d’oca). Tale situazione raramente mette a repentaglio la vita dell’infortunato. La cocaina e le altre sostanze stimolanti (ecstasy, anfetamine) agiscono a livello del sistema nervoso centrale dando eccitazione, senso di potere, disinibizione, euforia. Fanno aumentare la pressione arteriosa e la frequenza cardiaca. Possono dare ipertermia, coma e morte. Gli antidepressivi sono farmaci prescritti per il trattamento della depressione. Agiscono sul sistema nervoso centrale e nel caso vengano assunti in grande dosaggio possono dare coma e morte per arresto respiratorio. Le intossicazioni alimentari si manifestano con un quadro dominato da sintomi gastrointestinali, ossia nausea, vomito, dolori addominali e diarrea. Sono causate solitamente dall’ingestione di tossine batteriche che hanno contaminato i cibi (creme, maionese, panna, verdure sottolio nel caso del botulismo). In altri casi i cibi possono essere contaminati direttamente da batteri (come nel caso della salmonellosi che si contrae generalmente con l’assunzione di uova o derivati). In tutti i casi di intossicazione valgono le seguenti regole: • • • • • • Trarre informazioni circa la sostanza implicata nell’intossicazione e sulla via di assunzione Cercare di capire quanto tempo sia trascorso dal momento dell’assunzione e la relativa dose Valutare le funzioni vitali (frequenza cardiaca, ritmicità del polso, frequenza respiratoria) e se necessario eseguire BLS Chiamare il 118 Controllare periodicamente l’infortunato Non somministrare alcuna bevanda - 16 - Per quanto riguarda l’ingestione accide ntale di acidi o alcalini va detto che interessa soprattutto i bambini. Si manifesta con lesioni a livello della bocca, delle vie digestive e dello stomaco. In questi casi occorre: • • • • • • • NON fare vomitare l’infortunato (ciò lo esporrebbe a un successivo contatto con la sostanza in questione). NON fare bere acqua (questa potrebbe attivare gli acidi e peggiorare così le lesioni) NON tentare di neutralizzare un acido facendo assumere una base o viceversa (ciò libera una grande quantità di calore, aggiungendo così anche delle ustioni alle lesioni dovute alla sostanza ingerita) Cercare di capire quale sostanza sia stata ingerita Chiamare il 118 Fare in modo che all’ospedale arrivi anche la confezione o l’etichetta nel caso di una sostanza sconosciuta Tranquillizzare l’infortunato valutando periodicamente le funzioni vitali. - 17 - 3.5 IPOGLICEMIA Il glucosio è il principale carburante delle cellule nervose, quin di il principale carburante del cervello. Vi possono essere particolari situazioni in cui la concentrazione di glucosio nel sangue (glicemia) scende al di sotto dei 60 mg/dl. In particolare questa condizione interessa i pazienti diabetici i quali possono presentare oscillazioni molto ampie della glicemia. Siccome il cervello è il primo organo che risente della carenza di glucosio i primi sintomi saranno: alterazioni dello stato di cos cienza inizialmente irritabilità, ansia, collera; successivamente sonnolenza e progressiva perdita di coscienza, tremori, tachicardia e pallore In questi casi occorre: • • • • • Trarre informazioni utili alla diagnosi ( infortunato diabetico, ultima somministrazione di insulina, ultimo pasto, pregresse crisi simili). Se si sospetta una crisi ipoglicemica con infortunato cosciente somministrare acqua zuccherata ed attendere qualche minuto. Se l’ infortunato è incosciente valutare le funzioni vitali ed eventualmente eseguire BLS. Valutare costantemente le funzioni vitali In caso non si debba risolvere chiamare il 118 e riferire le informazioni ricavate. - 18 - 3.6 COLPO DI CALORE Le cellule del nostro organismo hanno bisogno che la temperatura rimanga costante attorno ai 37°C in modo che le reazioni chimiche al loro interno avvengano al meglio. Il nostro organismo, per questa ragione, è in grado di mantenere la temperatura corporea costante sia producendo calore, nel caso la temperatura si abbassi, sia disperdendo calore nel caso la temperatura aumenti. Per la produzione di calore il nostro corpo ricorre alla contrazione muscolare dapprima dei muscoli erettori del pelo creando quello stato comunemente noto come pelle d’oca o orripilazione e se non sufficiente facendo contrarre gli altri muscoli del corpo ottenendo così i brividi. Per disperdere calore, invece, si ricorre alla produzione di sudore che viene fatto evaporare sottraendo così calore alla pelle . Nel caso ci si trovi in un ambiente molto caldo e particolarmente umido il nostro organismo potrebbe non riuscire a dissipare calore a sufficienza con il conseguente aumento della temperatura corporea. L’organo più sensibile agli aumenti repentini della temperatura è il sistema nervoso centrale ed in particolare l’encefalo. I primi sintomi saranno quindi cefalea, nausea, alterazioni dello stato di coscienza fino al coma. Siccome è stata esaurita la capacità di produrre sudore la cute si presenterà secca per incapacità di produrre sudore. Ecco casa fare in questi casi: • • • • • Portare l’infortunato in un ambiente fresco Cercare di abbassare la temperatura con ghiaccio (fronte, ascelle, inguine, torace) Valutare le funzioni vitali e se necessario eseguire BLS Chiamare il 118 Sostenere psicologicamente l’infortunato valutando periodicamente le funzioni vitali. - 19 - 3.7 IPOTERMIA Nel caso in cui la temperatura corporea scenda sotto i 35°C si parla di ipotermia. È da notare che l’ipotermia non interessa soltanto gli esploratori dei ghiacciai o gli abitanti dei paesi nordici ma possa interessare anche una vittima di malore o di trauma in primavera alle nostre latitudini. Vediamo di spiegare meglio il concetto. Si è detto prima che la nostra temperatura corporea deve rimanere attorno ai 37°C; se si considera che in una giornata o in una serata di primavera la temperatura ambientale si aggira attorno ai 17° vi sono ben 20° di differenza tra il corpo e l’ambiente esterno. Normalmente il nostro corpo, come si diceva in precedenza, è in grado di produrre calore per cui tale differenza di temperatura non espone nessuno di noi ad alcun tipo di rischio. In alcune condizioni, come ad esempio nello stato di shock, l’organismo perde la capacità di termoregola zione per cui una differenza di temperatura di 20° può rappresentare un pericolo in quanto il corpo tenderebbe a raggiungere, secondo i principi della fisica classica, una temperatura di equilibrio. Ancora una volta l’organo che risente dell’ipotermia è il sistema nervoso centrale ed in particolare l’encefalo. Inizialmente il sintomo principale sarà la sensazione di freddo e la presenza di brividi sempre più intensi; quando la temperatura corporea raggiunge i 33°C si possono presentare alterazioni dello stato di coscienza fino al coma e, per temperature ancora inferiori può sopraggiungere l’arresto cardiaco. In questi casi occorre: • • • • • • Portare l’infortunato in un ambiente riscaldato e riscaldarlo lentamente Coprire l’infortunato con coperte Se disponibili applicare borse dell’acqua calda a livello delle ascelle, inguini e torace Valutare le funzioni vitali e se necessario eseguire il BLS Chiamare il 118 Sostenere psicologicamente l’infortunato valutando periodicamente le funzioni vitali - 20 - 3.8 PUNTURA DI INSETTI E SHOCK ANAFILATTICO Nella bella stagione è frequente venire a contatto con insetti di vario genere tra cui api, vespe e calabroni. In caso di puntura nella maggioranza dei casi si ha una semplice, anche se fastidiosa, reazione infiammatoria locale caratterizzata da rossore, gonfiore dolore e prurito. In alcuni casi, però la situazione si complica con una reazione allergica esagerata nota con il nome di shock anafilattico. Il meccanismo è il seguente. In occasione della prima puntura il nostro sistema immunitario entra in contatto con tossine che vengono iniettate dagli insetti. Queste sostanze dovrebbero essere alquanto indifferenti al nostro sistema immunitario, ma in casi isola ti, esso li riconosce come sostanze pericolose e produce contro di esse degli anticorpi. In occasione del secondo contatto gli anticorpi sono già pronti e si innesca una reazione infiammatoria generalizzata con conseguente liberazione di istamina una proteina vasodilatatrice in grado aumentare la permeabilità dei vasi sanguigni. La vasodilatazione produce un crollo della pressione arteriosa e l’aumento della permeabilità produce la fuoriuscita di liquido dai vasi sanguigni che si accumula nei tessuti molli; tale fenomeno porta ad un rigonfiamento di vari tessuti e principalmente delle pareti delle vie aeree causandone la progressiva occlusione. Come appare chiaro si tratta di una situazione clinica di estrema gravità con una mortalità molto alta. L’unico rimedio salvavita è la somministrazione di adrenalina sottocute. I soggetti che sanno di essere a rischio in quanto risultati positivi ai test allergologici verso le tossine di imenotteri dovrebbero portare con sé un dispositivo a forma di penna con una dose di adrenalina (figura sopra). - 21 - Ecco cosa fare: • • • • • Non perdere tempo e chiamare il 118 Aiutare l’infortunato nella somministrazione dell’adrenalina se disponibile Valutare le funzioni vitali e se necessario eseguire il BLS Sdraiare a terra l’infortunato e sollevargli gli arti inferiori Valutare periodicamente le funzioni vitali. - 22 - 4. PERDITA DI COSCIENZA E IL B.L.S. (Basic Life Support) Come abbiamo visto nel capitolo 3 molte urgenze mediche possono trasformarsi in emergenze mediche ( per la differenza tra urgenza ed emergenza medica si rimanda al capitolo 2. La difficoltà respiratoria grave può complicarsi con l’arresto respiratorio e conseguentemente con l’arresto cardiaco; l’infarto miocardico può complicarsi con aritmie maligne che possono causare l’arresto cardiaco; l’ictus cerebrale può interessare regioni del sistema nervoso centrale deputate alla regolazione delle funzioni vitali e quindi presentarsi con perdita di coscienza o arresto cardiorespiratorio. Un soggetto si definisce incosciente quando non apre gli occhi, non esegue comandi, non parla . Quando ci si trovi di fronte a un infortunato incosciente il compito primario di ogni soccorritore, laico o professionista che sia, non è quello di fare una diagnosi o di pensare a cosa possa essere successo, ma deve essere quello di valutare e di sostituire le funzioni vitali qualora fossero assenti in altri termini deve mettere in pratica il BLS (Basic Life Support). Il B.L.S. è un insieme di tecniche che permettono di valutare le funzioni vitali e di sopperire alla loro assenza. - 23 - Le funzioni vitali sono: 1. Stato di coscienza Capacità del soggetto di relazionarsi e di reagire agli stimoli che gli provengono dal mondo esterno 2. Attività respiratoria Normale alternanza di inspirazioni ed espirazioni a una frequenza normale compresa tra i 12 e i 15 atti al minuto 3. Attività circolatoria Presenza di battito cardiaco a una frequenza normale di 70 – 100 battiti al minuto che permette a tutti i tessuti del corpo di essere raggiunti dal sangue ossigenato. Tale attività può essere avvertita a livello dei polsi carotidei e radiali. Sono state ordinate in questo modo in quanto questo è l’ordine in cui vanno valutate. Mentre è possibile che un soggetto incosciente respiri e abbia circolo sanguigno, non è possibile che un soggetto in arresto cardiaco respiri e sia cosciente. 4.1. VALUTARE LE FUNZIONI VITALI. Per la valutazione dello stato di coscienza è necessario chiamare e scuotere l’infortunato. Grazie a tale manovra noi possiamo non solo verificare lo stato di coscienza ma anche valutare grossolanamente la profondità del coma secondo la scala AVPU ( A= awake; V= vocal; P= pain; U= unresponsive). Dopo avere valutato lo stato di coscienza e aver desunto che l’infortunato è incosciente, chiamo la centrale operativa e comunico che mi trovo di fronte a un infortunato incosciente. Questa informazione da sola è sufficiente perché venga allertato un mezzo di soccorso per un codice rosso. Dopo aver valutato velocemente la pervietà delle prime vie aeree, si passa a valutare l’attività respiratoria. Occorre fare una premessa. Lo stato di incoscienza si contraddistingue per la perdita del tono di tutti i muscoli, tant’è che l’infortunato cade a terra. Tra i tanti muscoli che perdono il loro tono - 24 - vi è anche quello che sorregge la lingua. Da ciò consegue che la lingua in un soggetto incosciente tenda a cadere all’indietro ostruendo le vie aeree. La prima cosa che andrà fatta sarà quindi iperestendere il capo (se l’infortunato non è un traumatizzato) per fare in modo che la lingua non ostruisca le vie aeree. Dopo avere eseguito questa semplice manovra (da sola in grado di salvare la vita a molti infortunati incoscienti) si esegue la manovra del GAS (Guardo Ascolto Sento). Abbasso la mia testa rimanendo da un lato dell’infortunato in modo da avvicinare il mio orecchio alla bocca e al naso dell’infortunato. In questo modo mi è possibile guardare i movimenti del torace, ascoltare la presenza di alcuni rumori respiratori e sentire sulla mia guancia l’espirazione dell’infortunato. Tale valutazione va eseguita per 10 secondi. A questo punto, dopo avere terminato la fase della valutazione, posso trovarmi di fronte a una delle seguenti situazioni: 1. INFORTUNATO INCOSCIENTE MA CON RESPIRO PRESENTE: si posiziona l’infortunato in posizione laterale di sicurezza in caso ci si debba allontanare, altrimenti si mantiene l’iperestensione del capo controllando periodicamente le funzioni vitali. 2. INFORTUNATO INCOSCIENTE CON RESIPRO ASSENTE: si pratica la rianimazione cardiopolmonare. - 25 - Le ultime lineeguida promulgate dall’American Heart Association del dicembre 2005 per la rianimazione cardiopolmonare non prevedono la palpazione del polso carotideo da parte di soccorritori laici, ossia non professionisti. Questa decisione nasce dal riscontro che la palpazione corretta del polso carotideo non è di facile esecuzione e che molto spesso da adito ad errori. L’errore più frequente è avere la percezione di un polso anche nei pazienti con polso assente. Secondo il vecchio schema procedurale un errore di questo tipo priverebbe l’infortunato delle compressioni toraciche. A questo punto potrebbe nascere la contestazione inerente al fatto che così facendo si eseguirebbero compressioni toraciche anche su infortunati in arresto respiratorio ma con polso presente. Innanzi tutto questi sono la minoranza ed inoltre l’arresto respiratorio evolve in arresto cardio-respiratorio in pochi minuti quindi si tratterebbe di iniziare le compressioni toraciche con un po’ di anticipo. - 26 - 4.2 LA RIANIMAZIONE CARDIOPOLMONARE (RCP) NELL’ADULTO. Esistono differenti tipi di arresto cardiaco. I due tipi principali sono la fibrillazione ventricolare e l’asistolia. La differenza tra le due forme consiste nel fatto che nella fibrillazione ventricolare l’attività elettrica che comanda il cuore è ancora presente ma è completamente disorganizzata, per cui il cuore non compie contrazioni efficaci (in pratica è ancora vitale ma non funzionale). Nell’asistolia , invece, si è persa ogni attività elettrica, oltre ovviamente quella meccanica. Si desume che tra le due forme di arresto cardiaco l’unica in cui si può intervenire è la fibrillazione ventricolare. L’intervento universalmente riconosciuto come efficace è la defibrillazione elettrica (defibrillare letteralmente significa togliere la fibrillazione). Il cuore in fibrillazione ventricolare non si contrae per cui non è in grado di far circolare il sangue e di conseguenza per primo risente della carenza di ossigeno. A ciò si deve aggiungere che durante fibrillazione ventricolare le cellule cardiache consumano una grande quantità di ossigeno. Risulta evidente come un cuore in fibrillazione ventricolare lasciato a sé non possa che evolvere verso l’asistolia una volta consumato il poco ossigeno disponib ile. In genere ciò accade dopo 9 – 10 minuti dall’inizio della fibrillazione ventricolare. Si deve pertanto intervenire con la defibrillazione il più precocemente possibile da un lato per non trovare il cuore in asistolia e dall’altro perchè con il passare dei minuti, decresce la probabilità di successo della defibrillazione (circa del 10% ogni minuto). La rianimazione cardiopolmonare si pone come obiettivo quello di sostituire le contrazioni cardiache con compressioni toraciche esterne con lo scopo di creare un flusso di sangue ossigenato grazie alla ventilazione artificiale. La presenza di un rifornimento di ossigeno alle cellule cardiache fa si che esse possano mantenere la fibrillazione ventricolare per il tempo necessario all’arrivo del defibrillatore. Da studi recenti si è inoltre dimostrato come l’esecuzione di una corretta rianimazione cardiopolmonare comporti anche una migliore risposta alla defibrillazione elettrica. Si può - 27 - quindi comprendere, a questo punto, come la rianimazione cardiopolmonare sia davvero un gesto salvavita. La rianimazione cardiopolmonare è composta di due parti: 1. le compressioni toraciche 2. le insufflazioni. Le compressioni toraciche. Per prima cosa si deve posizionare l’infortunato su un piano rigido. A questo punto si scopre il torace dell’infortunato ci si posiziona ad un lato dell’infortunato con le gambe leggermente divaricate e si posizionano le due mani sovrapposte nel punto in cui lo sterno incrocia la linea immaginaria passante per i due capezzoli. A questo punto si tendono le braccia, ci si porta in avanti con il tronco in modo che le spalle siano perpendicolari al torace dell’infortunato, e si comprime il torace dell’infortunato utilizzando il peso del nostro tronco e non la forza delle braccia. Le compressioni devono avere una profondità di circa 5 cm (1/3 dello spessore del torace dell’infortunato). Occorre prestare estrema attenzione affinché le compressioni siano tutte uguali tra loro; affinché la fase di compressione sia uguale alla fase di rilasciamento ed affinché al termine del rilasciamento il torace sia ritornato completamente al punto di partenza per garantire il giusto riempimento del cuore prima della compressione successiva. - 28 - Le compressioni toraciche devono essere alternate alle ventilazioni artificiali con il rapporto di 30 compressioni e 2 insufflazioni. È fondamentale che le compressioni vengano eseguite nel punto corretto per evitare di indurre il vomito all’infortunato (se si comprime troppo in basso sullo stomaco) e provocare fratture costali (se si comprime lateralmente) che potrebbero in un secondo tempo anche causare danni ai polmoni o al fegato. Le insufflazioni. Le insufflazioni hanno lo scopo di far entrare aria all’interno dei polmoni. Esistono diversi modi di praticare le insufflazioni: direttamente bocca a bocca oppure utilizzando presidi come il pallone di AMBU. Per evitare il contatto diretto tra la con la bocca dell’infortunato abbiamo a disposizione presidi come la maschera facciale e la pocket mask (rappresentate nelle figure) purtroppo non sempre disponibili nel momento del bisogno. A seguito di una inchiesta su un vasto campione di americani in grado di eseguire una corretta RCP si è evinto come la maggiorparte di loro non eseguirebbe la RCP in caso di necessità a favore di estranei per paura di rischi infettiv i connessi alla respirazione bocca a bocca. A ciò le correnti lineeguida hanno risposto affermando che piuttosto di non eseguire la RCP è - 29 - concesso eseguire le sole compressioni toraciche a patto che siano ininterrotte. Nel caso si decida di eseguire le insufflazioni esse devono avvenire in modo progressivo e non violento, devono simulare una inspirazione fisiologica. Se l’aria viene insufflata con troppa forza è possibile che invece di andare nelle vie aeree vada nello stomaco inducendone la dilatazione e conseguentemente il vomito. Devono essere eseguite due insufflazioni ogni 30 compressioni toraciche, tuttavia il tempo impiegato per eseguire due insufflazioni non deve superare i 10 secondi. Si può interrompere la RCP solo quando arriva il mezzo di soccorso avanzato che prende in carico la gestione dell’infortunato, oppure quando arriva un medico che constata il decesso dell’infortunato, oppure quando le nostre forze non ci permettono di continuare. - 30 - 4.3 DISOSTRUZIONE DELLE VIE AEREE NELL’ADULTO. L’ostruzione delle vie aeree è una delle cause principali di arresto respiratorio. Dal momento che l’arresto cardiaco sopravviene dopo circa 6-7 minuti di arresto respiratorio, è necessario che ogni cittadino sia in grado di mettere in atto questa semplice manovra. L’infortunato con le vie aeree ostruite può essere: • cosciente • incosciente Nel primo caso l’infortunato mostrerà il segno universale del soffocamento (figura acanto), non riuscirà a parlare e a tossire. In questo caso lo si abbraccia da dietro ponendo un nostro pugno all’altezza del suo ombelico esercitando delle vigorose compressioni addominali verso l’alto con lo scopo di far aumentare la pressione all’interno dell’addome e quindi anche del torace per espellere il corpo estraneo. Nell’infortunato obeso o nella donna gravida si devono sostituire le compressioni addominali con compressioni toraciche . Le compressioni toraciche si possono prendere in considerazione anche per gli altri infortunati nel caso le compressioni addominali non siano efficaci. Nel caso in cui l’infortunato sia già incosciente oppure perda coscienza mentre si sta praticando la versione appena descritta della manovra occorre adagiarlo a terra eseguire e mantenere l’iperestensione del capo ed eseguire RCP guardando in bocca prima delle insufflazioni limitandosi a rimuovere manualmente solo i corpi estranei visibili. - 31 - 4.4 LA RIANIMAZIONE CARDIOPOLMONARE NEL BAMBINO. Lo scopo della rianimazione cardiopolmonare nell’infortunato in età pediatrica è lo stesso che ci si pone per l’adulto. Rispetto alla tecnica discussa in precedenza per l’adulto vi sono alcune differenze che derivano da differenze anatomiche e fisiologiche esistenti tra neonato (fino ad un anno) , bambino (fino a 8 anni) ed adulto. Cambia anche l’ordine degli anelli della catena della sopravvivenza in quanto la chiamata dei soccorsi non avviene dopo avere costatato lo stato di incoscienza ma dopo due minuti di RCP. Questo nasce dal fatto che nel caso degli adulti la causa di arresto cardiaco è generalmente di origine cardiaca per cui prima si chiamano i soccorsi pr ima arriverà il defibrillatore e prima sarà possibile risolvere la situazione con esito favorevole. Nel caso dei bambini la causa di arresto cardiaco è nella maggiorparte dei casi di origine respiratoria per cui è bene prima ossigenare il piccolo infortunato e poi chiamare i soccorsi. Il problema non si pone se presenti più persone; in questo caso le due azioni potrebbero avvenire contemporaneamente. Nel neonato: Innanzitutto si iperestende il capo poco e delicatamente per non danneggiare le vie aeree. Il massaggio cardiaco si esegue con due dita (come nelle immagini accanto) poste in corrispondenza del punto in cui lo sterno interseca la linea immaginaria che passa per i due capezzoli; il rapporto compressioni:ventilazioni è 30:2 e la frequenza delle com pressioni di 100/min. - 32 - Nel bambino: La rianimazione avviene come nell’adulto con la differenza che si comprime il torace con una mano sola. Anche in questo caso il rapporto compressioni: ventilazioni di 30:2 e la frequenza di 100/min. 4.5 DISOSTRUZIONE BAMBINO. DELLE VIE AEREE NEL È assai frequente che corpi estranei occludano le vie aeree dei piccoli infortunati. Ed è altrettanto assai frequente vedere mamme che tengono bambini per i piedi con testa rivolta verso il basso e che danno loro colpi sulla schiena con lo scopo di liberare le vie aeree. Questa tecnica anche se può funzionare non è quella raccomandata in quanto il bambino cosi facendo corre il rischio di cadere provocandosi un grave trauma cranico. In caso di ostruzione delle vie aeree di bambini più grandi la tecnica è come quella che si pratica per l’adulto ma certamente la forza da impiegare è minore. Nel caso invece di neonati si devono alternare cinque colpi dorsali a cinque compressioni toraciche come nella RCP fino alla estrusione del corpo estraneo o alla perdita di coscienza. In caso di perdita di coscienza occorre eseguire RCP con la tecnica corretta in base all’età come descritto prima guardando in bocca prima delle insufflazioni limitandosi a rimuovere manualmente solo i corpi estranei visibili - 33 - 5. I TRAUMI Si definisce trauma un danno a carico di una parte del corpo dovuto all’azione diretta o indiretta di una forza esterna. Esso può essere aperto nel caso in cui l’interno del corpo comunichi con l’esterno (una ferita, un’ustione), oppure chiuso (contusione, lesione a organi interni, trauma cranico). Una nozione importante da tenere presente è che non tutti gli infortunati traumatizzati presentano immediatamente dopo l’evento i sintomi del trauma che hanno subìto. Alcuni presentano sintomi anche gravi dopo giorni. Da ciò deriva la necessità di invitare tutte le vittime di traumi, anche se apparentemente sane, a sottoporsi a un controllo medico. Le vittime principali dei traumi sono: • • • • • • • automobilisti motociclisti ciclisti pedoni precipitati vittime di arma da fuoco vittime di arma bianca È importante definire e riferire alla Centrale Operativa la dinamica del trauma tra le precedenti; in altre parole una vittima di arma da fuoco avrà lesioni tendenzialmente differenti dalla vittima di incidente automobilistico o dall’infortunato ustionato. Prima di procedere occorre discutere brevemente le caratteristiche fondamentali delle varie dinamiche. Gli incidenti automobilistici non sono tutti uguali, a seconda del tipo di impatto si possono ipotizzare differenti lesioni. La dinamica generalmente associata a lesioni più gravi è il cappottamento o lo scontro frontale con eiezione dell’infortunato dall’autoveicolo. Importante è anche osservare l’entità dei danni a carico degli - 34 - autoveicoli; l’energia che si è sviluppata nello scontro e che ha prodotto i dannii agli autoveicoli è la stessa che ha investito il corpo dell’infortunato. Questi particolari vanno notati e riferiti alla Centrale Operativa. Per quanto riguarda i ciclisti ed i motociclisti essi sono sicuramente i più esposti, spesso si verificano traumi multipli ed anche traumi alla colonna. Le lesioni a carico dei pedoni dipendono sia dall’altezza dell’infortunato che dall’altezza dell’autoveicolo. Generalmente nel caso degli adulti il paraurti dell’autoveicolo arriva a livello degli arti inferiori o al bacino (figura accanto); ma nel caso dei bambini la sede del trauma può essere a livello dell’addome, del torace, o, nel caso dei più piccoli, a livello del cranio. Oltre alla sede dell’impatto i pedoni vittime di investimento possono avere lesioni al cranio per urto contro il montante o il parabrezza dell’autoveicolo ed inoltre possono presentare traumi in altre sedi dovuti all’atterramento. Anche in questo caso è utile notare l’entità del danno che l’impatto contro il pedone ha prodotto all’autoveicolo in quanto l’energia che ha investito il pedone è la stessa. I precipitati compaiono nelle pagine di cronaca molto spesso sia per i tentati suicidi sia per incidenti sul lavoro. Anche in questo caso è fondamentale trarre informazioni utili a ipotizzare la gravità delle lesioni; è infatti fondamentale chiarire l’altezza da cui è avvenuta la caduta. Si considera un infortunato precipitato grave quando sia caduto da un altezza almeno pari a tre volte la sua altezza. Le vittime da arma da fuoco hanno generalmente una ferita (di cui si dirà in seguito) a livello del foro in ingresso del proiettile ed eventualmente una a livello del foro d’uscita. Vi saranno anche segni o sintomi che dipendono dalle lesioni agli organi interni causate dal proiettile durante il suo tragitto (spesso imprevedibile) all’interno del corpo. Infine consideriamo le vittime da arma bianca, ossia le vittime di accoltellamento. Spesso le ferite sono abbondantemente sanguinati ed il coltello può essere ancora in sede; in tale caso non va assolutamente rimosso in quanto può fungere da - 35 - tampone ed inoltre in quanto produrrebbe altre lesioni nell’uscire dal corpo. I traumi possono anche essere classificati anatomicamente, e quindi avremo: • traumi cranici • traumi spinali • traumi facciali • traumi agli arti • traumi toracici • soggetto politraumatizzato. • traumi addominali Il trauma cranico si può presentare secondo queste differenti tipologie: • COMMOZIONE CEREBRALE Danno transitorio dovuto allo scuotimento del cervello all’interno del cranio • CONTUSIONE CEREBRALE Danno dovuto all’urto del cervello contro il piano osseo del cranio (può anche essere dovuto al contraccolpo, quindi con una contusione cerebrale nella parte opposta rispetto al trauma) • EMORRAGIA CEREBRALE Il trauma provoca la rottura di vasi sanguigni all’interno del cranio. Il sangue si accumula all’ interno del cranio creando un aumento di pressione che si traduce in una sofferenza delle cellule cerebrali. Il trauma cranico si presenta con i seguenti segni e sintomi: • Tumefazione a livello del punto cranico interessato • Eventuale emorragia oppure gocciolamento di sangue da orecchie e naso (NON vanno bloccati) • Eventuale alterazione dello stato di coscienza • Sovente irrequietezza (diffidare se dice di stare benissimo!!!) • Possibili alterazioni della memoria • Possibile dilatazione di una pupilla (danno cerebrale dal lato della pupilla dilatata) • Possibile vomito a getto - 36 - Ecco cosa fare: • Valutare la dinamica e la meccanica dell’evento • Valutare le lesioni • Chiamare il 118 • Trattare le eventuali ferite • Applicare ghiaccio sulla sede del trauma • Immobilizzare il capo manualmente • Valutare le funzioni vitali • Osservare periodicamente le pupille Il trauma facciale spesso si associa al trauma cranico. In questo tipo di trauma oltre alla priorità di immobilizzare il capo per evitare di far compiere movimenti al tratto cervicale della colonna vertebrale che potrebbe risultare danneggiata dal trauma subito, occorre garantire la pervietà delle vie aeree spesso traumatizzate e ingombre di sangue e secrezioni. Nel caso vi siano corpi estranei negli occhi essi non vanno rimossi: gli occhi vanno invece protetti con una medicazione che copra anche l’occhio sano. Il trauma toracico può verificarsi in numerose situazioni. Esso è pericoloso per i danni che può comportare agli organi racchiusi nel torace, come cuore e polmoni. Tale trauma può causare fratture costali semplici o multiple che possono dare una volet toracica (frattura di due o più coste in due punti). Si crea un lembo che si muove in maniera paradossa durante gli atti respiratori. Altra complicanza del trauma toracico è la ferita soffiante. Si tratta di una ferita generalmente da punta o da arma da fuoco che ha penetrato il polmone mettendolo in comunicazione con l’esterno in modo che entri aria nella cavità pleurica durante ogni atto inspiratorio. L’aria che si introduce nel cavo pleurico (che solitamente è una cavità virtuale) e comprime sempre di più il polmone limitandone la funzionalità. Il trattamento - 37 - di tale ferita è molto semplice e consiste in una medicazione chiusa sui tre lati in modo che faccia da valvola, ossia che permetta all’aria di uscire durante gli atti espiratori e che ne impedisca l’ingresso durante gli atti inspiratori. Il trauma addominale è pericoloso per le lesione che esso può causare a carico degli organi interni. La cavità addominale è in grado di accogliere una grande quantità di sangue, quindi spesso i traumi addominali non sono subito evidenti ma danno segno di sé nelle ore o nei giorni successivi all’evento. Anche nel caso dei traumi addominali non vanno assolutamente rimossi corpi estranei ma protetti con una medicazione. Il trauma spinale riguarda la colonna vertebrale e il midollo spinale che in essa decorre. Il midollo spinale è una struttura che fa parte del sistema nervoso centrale formata da vie nervose che mettono in comunicazione il cervello con la periferia. In esso decorro vie motorie che comandano i muscoli periferici e vie sensitive che portano informazioni dalla periferia al cervello. Un trauma che interrompa tale comunicazione comporterà l’impossibilità di eseguire movimenti volontari e l’annullamento della sensibilità nei territori al di sotto della lesione. Non tutti i traumi della colonna si accompagnano a lesioni midollari, ma è anche vero che un trauma alla colonna potrebbe complicarsi con una lesione midollare se non trattato correttamente. Alla luce di ciò è necessario considerare tutti i traumatizzati come potenziali portatori di una lesione vertebrale ed è quindi opportuno muoverli il meno possibile per evitare che un lesione di una sola vertebra si ripercuota anche sul midollo spinale. I traumi agli arti possono causare fratture e lussazioni di cui si farà un breve cenno in seguito. Il politraumatizzato è un infortunato in pericolo di vita per l’entità del trauma subito. La causa generalmente responsabile del pericolo di vita è lo shock ipovolemico (ossia dovuto all’importante e repentina perdita di sangue). Il sangue è il nostro più importante trasportatore di ossigeno: di conseguenza perdere sangue significa perdere ossigeno. Il sangue è anche il liquido che circola nei nostri vasi sanguigni per cui perdere sangue significa perdere pressione . - 38 - I tessuti periferici risentono della carenza di ossigeno. Si mettono in atto dei meccanismi di compenso come: • La tachicardia (aumento della frequenza cardiaca, con lo scopo di far circolare più velocemente il poco sangue che rimane) • La tachipnea (aumento della frequenza respiratoria con lo scopo di ossigenare il più possibile il sangue rimasto) • Il sangue viene deviato verso gli organi più nobili (cuore, cervello e reni) quindi la cute rimare priva di sangue e appare per questo pallida e fredda. Nel politraumatizzato è quindi indispensabile il monitoraggio continuo delle funzioni vitali. Riassumendo è fondamentale valutare correttamente la dinamica dell’evento e la meccanica del trauma per fornire alla Centrale Operativa quegli elementi utili per ipotizzare la gravità della situazione. È altrettanto fondamentale cercare di mantenere gli infortunati traumatizzati nella posizione in cui si trovano fino all’arrivo dei soccorsi qualificati avendo particolare cura nell’immobilizzazione del capo. Il casco dei motociclisti va sempre rimosso ma deve essere rimosso esclusivamente da personale addestrato per cui ad eccezione dell’infortunato in arresto cardio-respiratorio che necessiti di RCP il casco non deve mai essere rimosso. Nell’attesa dei soccorsi occorre parlare all’infortunato, tranquillizzarlo ed invitarlo a non muoversi. Utile è anche farsi riferire i sintomi, soprattutto nel caso di infortunati gravi per poterli riferire ai soccorritori nel caso l’infortunato nel frattempo perda conoscenza. Infine è assolutamente vietato somministrare ogni bevanda anche nello stato di shock la sete può essere un sintomo. - 39 - 5.1 TRAUMI DEGLI ARTI LUSSAZIONI) Le fratture sono lesioni a carico delle ossa. In genere interessano gli arti ma possono coinvolgere qualunque osso dell’organismo. A seconda che l’asse anatomico tra i due monconi sia rispettato o meno, le fratture vengono definite composte oppure scomposte. A seconda che uno o ambedue i monconi creino o non creino un danno ai tessuti circostanti tale da esporre l’osso, esse vengono distinte in esposte o non esposte. (FRATTURE E Il nostro comportamento di fronte a una frattura non esposta è il seguente: • • • • Chiamare il 118 e descrivere la meccanica del trauma e la meccanica dell’evento Immobilizzare l’arto ne lla posizione in cui si trova o nella posizione in cui è meno dolente Cercare di raffreddare l’arto con ghiaccio Sostenere l’infortunato psicologicamente Nel caso ci sia anche l’esposizione di un moncone osseo occorre lavare abbondantemente la ferita con acqua sterile e disinfettare in modo da prevenire l’infezione dell’osso (osteomielite). Le fratture possono essere complicate da: • Abbondante sanguinamento – Sangue contenuto nell’osso – Sangue proveniente dai tessuti vicini danneggiati dai monconi – Sangue che fuoriesce da vasi sanguigni danneggiati dai monconi - 40 - • • • • Embolia adiposa – Per entrata in circolo di tessuto adiposo contenuto nelle ossa (riferire immediatamente alla centrale operativa un’improvvisa difficoltà respiratoria dell’infortunato) Shock se politraumatizzato Danno ai nervi vicini danneggiati dai monconi Danno ischemico a valle per compressione sui vasi vicini Le lussazioni sono situazioni caratterizzate dalla fuoriuscita di un capo articolare dalla sua posizione naturale. Esse possono essere associate a fratture e quindi vanno trattate allo stesso modo. - 41 - 5.2 TRAUMI DELLA CUTE: LE FERITE Le ferite sono lesioni caratterizzate dalla perdita di continuità della cute. Esse vengono suddivise in base alle loro caratteristiche in ferite • • • • da taglio • limiti ben determinati • profondità variabile • provocate da vetri, lamiere o arma bianca da punta • limiti non regolari • profondità importante • spesso l’oggetto appuntito è ancora in sede (NON rimuoverlo ma proteggerlo nella medicazione) lacero contuse • bordi mal determinati • causate da un trauma, per cui possono associarsi a fratture a lembo quando il trauma produce un lembo di tessuto che rimane unito al corpo per un’estremità - 42 - Ecco come vanno trattate le ferite: • Se la ferita è sporca sciacquare con soluzione fisiologica o con acqua pulita • Asciugare con una garza possibilmente sterile • Bagnare una garza sterile con acqua ossigenata e disinfettare allontanandosi a gradi dalla ferita • Coprire con una garza sterile e fissarla - 43 - 5.3 TRAUMI DELLA CUTE: LE USTIONI La cute forma il rivestimento esterno del nostro corpo. Anche se non lo si immagina, la cute è l’organo più grande del nostro corpo in quanto raggiunge i 5 Kg di peso. La cute svolge funzioni importantissime per la nostra sopravvivenza: - partecipa alla dissipazione di calore producendo sudore e facendolo evaporare, - partecipa alla produzione di calore mediante la contrazione dei muscoli erettori dei peli (orripilazione) la cosiddetta pelle d’oca. - ci difende dall’ ingresso di agenti patogeni - ci protegge dai comuni traumatismi grazie alla sua elasticità. Le ustioni sono classificate come lesioni • da calore • da freddo • da elettricità • da sostanze chimiche Possono anche essere classificate in base al grado dell’ustione, ossia in base alla profondità che la lesione raggiunge, e quindi avremo ustioni di • 1° GRADO interessano solo l’epidermide e quindi clinicamente si presentano con semplice rossore • 2° GRADO interessano anche il derma, si manifestano clinicamente con rossore e con la formazione di bolle per scollamento della giunzione dermo- epidermica • 3°GRADO vengono interessati anche i piani sottocutanei e i muscoli, si manifestano come aree di necrosi nere, NON sono particolarmente dolenti - 44 - La gravità delle ustioni dipende anche dalla superficie corporea interessata e per calcolarla si usa la regola del 9: • testa completa 9 % • parte anteriore del tronco 18 % • parte posteriore del tronco 18% • una gamba intera 18% • un braccio intero 9% • i genitali 1% Le ustioni possono essere aggravate dalle seguenti complicanze: • Perdita di moltissimi liquidi (shock ipovolemico) ed elettroliti (favorisce le aritmie cardiache anche fatali) • Incapacità di termoregolazione (rischio di ipotermia) • Possibilità di infezioni prima locali poi generalizzate (sepsi o setticemia) Norme di trattamento delle ustioni: 1. Allontanare la causa fisica dell’ustione 2. Raffreddare (o diluire) abbondantemente con acqua 3. Rimuovere gli indumenti qualora possibile 4. Proteggere la regione con una medicazione sterile 5. Mantenere refrigerata la parte con ghiaccio evitando di applicare ghiaccio a diretto contatto della cute se la causa non è stata il freddo - 45 - 5.4 LE EMORRAGIE Il nostro corpo dispone di circa 5 litri di sangue che circola nei vasi sanguigni. I vasi sanguigni si distinguono in vene ed arterie. Le arterie sono i vasi che partono dal cuore e che si dirigono verso tutti gli organi del corpo; le vene invece sono quei vasi che raccolgono il sangue dalla periferia e lo portano al cuore. Nelle arterie quindi vi scorre sangue ossigenato e ricco quindi di sostanza nobili per i vari organi nelle vene scorre sangue ricco di anidride carbonica, sostanza di scarto delle cellule. Si definisce emorragia una fuoriuscita patologica del sangue per interruzione dei vasi sanguigni. Esse possono essere: • Esterne se il sanguinamento avviene all’esterno del corpo. • Interne se il sangue fuorisce da vasi sanguigni ma si raccoglie all’interno del corpo. • Endocavitarie quando il sangue fuoriesce e si raccoglie in un organo cavo (stomaco, intestino, vescica ecc.) Ognuna delle varianti appena descritte può essere • Arterios a o sangue rosso vivo o che fuoriesce in modo pulsatile o difficile da arrestare o rapidamente evolutiva • Venos a o sangue rosso scuro o che fuoriesce in modo continuo o più facile da arrestare o evoluzione più lenta nel tempo Le uniche emorragie per cui possiamo intervenire sono ovviamente quelle esterne. Per fermare un’emorragia venosa solitamente basta la semplice compressione diretta sulla ferita. - 46 - In caso di emorragie arteriose per prima cosa provare sempre con una compressione diretta sulla ferita se non si sospettano fratture. Se non è sufficiente, provare ad alzare l’arto interessato. Se non è ancora sufficiente, comprimere sullo specifico punto di compressione (a livello dell’inguine per l’arto inferiore e a livello del braccio per l’arto superiore). Se nessuna di queste procedure ha sortito un effetto positivo, allora applicare il laccio emostatico annotando l’ora in cui viene stretto. Il laccio non deve più essere allentato fino all’arrivo in ospedale. Il laccio emostatico deve essere a banda larga (non utilizzare stringhe, spago, corda ma utilizzare cravatte, fazzoletti o simili); deve essere applicato dove sia presente un osso solo (come nella figura accanto) in quanto laddove presenti due ossa le arterie decorrono nel mezzo per cui il laccio emostatico potrebbe non riuscire a chiuderle . Va tenuto sempre presente che il laccio strige tutte le strutture anatomiche dell’arto in questione (arterie, vene, nervi, tessuto muscolare) per cui alcune volte può essere consigliabile applicare il laccio e stringerlo il tanto che basta a rendere efficace la compressione diretta. - 47 - Esistono sanguinamento particolari come: • • • • • • • EPISTASSI (sanguinamento dal naso) OTORRAGIA (sanguinamento dall’orecchio) EMOTTISI ( sanguinamento dalle vie aeree generalmente con la tosse) EMATEMESI ( sanguinamento dalle vie digestive) MELENA (sangue rosso scuro con le feci) METRORRAGIA (sanguinamento dalle vie genitali femminili) EMATURIA (presenza di sangue nell’urina) Non parleremo diffusamente di tutte queste forme di sanguinamento in quanto ciò esulerebbe dai propositi di questo breve manuale ma si accennerà semplicemente al trattamento dell’epistassi; dell’otoraggia e della metroraggia. Il sanguinamento dal naso (epistassi) è assai frequente, essa può riconoscere una origine traumatica ma il più delle volte è semplicemente legata alla fragilità capillare. In questo caso occorre fermare il sanguinamento chiudendo le narici con le dita tenendo il capo inclinato verso l’avanti per evitare che il sangue refluisca nelle vie aeree; se disponibile può aiutare l’applicazione di ghiaccio alla radice del naso. L’otoraggia è, invece essenzialmente di natura traumatica. Il sangue dal padiglione auricolare può provenire dalla cute del padiglione auricolare, dal timpano o dal cranio, come si accennava a proposito del trauma cranico complicato dalla frattura della base cranica. In questo caso è bene proteggere la parte con una garza pulita ma non bisogna fermare il sanguinamento. In caso di metroraggia occorre valutare l’eventuale stato di gravidanza della paziente e riferirlo alla Centrale Operativa evitando in ogni situazione di introdurre tamponi di garze in vagina. - 48 -