1 Acca_149_Articoli - Accademia Italiana della Cucina
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S I C U R E Z Z A & Q U A L I T À LA SCARSA INFORMAZIONE a alcuni anni con questa nostra rubrica cerchiamo di dare qualche “pillola informativa”, nel vastissimo campo del settore alimentare, per quello che concerne le ultime novità normative o sulla qualità. Cerchiamo di essere il più precisi e chiari possibile, anche se è in ogni modo difficile avere un sicuro quadro di riferimento, fra l’intreccio di leggi nazionali e leggi europee. Comunque pensiamo che il grande pubblico dei consumatori non sia informato abbastanza e il più delle volte addirittura malinformato da una comunicazione superficiale e facilona. Inoltre è anche tratto in inganno dai vari messaggi pubblicitari che aggrediscono con veemenza attraverso la televisione e i vari media con immagini accattivanti e suadenti. Questo nostro punto di vista è stato avvalorato dal primo rapporto sull’informazione alimentare commissionato dal Ministero per le Attività produttive al Dipartimento di sociologia e comunicazione dell’Università “La Sapienza” di Roma. La ricerca, che è durata cinque mesi, si è basata su un monitoraggio di quotidiani, periodici e televisioni con l’integrazione di un gruppo di consumatori. Da questa indagine è risultato che la quantità delle informazioni agroalimentari è numerosissima e continua, ma la qualità è scarsa, superficiale e inesatta. La maggior parte delle comunicazioni è veicolata dai programmi d’intrattenimento della televisione, che per loro natura non possono essere sufficientemente esaustivi e chiari. I telegiornali forniscono solo l’8% dell’informazione in questo campo. Tuttavia quella che forniscono i quotidiani è un’informazione più obiettiva e ragionata, gli argomenti D affrontati sono soprattutto quelli che riguardano la qualità, la sicurezza e i sistemi di produzione. Ma si sa che i lettori attenti dei quotidiani sono quelli maggiormente “acculturati”, più sensibili e informati, mentre la massa più influenzabile è quella che si riferisce alla televisione. La ricerca, infine, ha accertato che i consumatori vogliono essere informati e informati meglio di quanto si fa attualmente. Ben il 38% degli intervistati non è per niente soddisfatto di quanto gli è fornito in materia dai mezzi di comunicazione. OSTE DELLA MALORA Gli osti vanno scomparendo, ma ci sono ancora i ristoratori per i quali bisognerebbe adattare il vecchio epiteto (tra l’altro titolo di un celebre libro di Luigi Volpicelli) ed esclamare “Oste della malora!”, per lamentarsi del rilevante costo dei loro servizi. Non c’è, e del resto non ci può essere, un calmiere per il conto dei ristoranti, per i quali non c’è nessun obbligo se non quello di esporre al pubblico la lista delle vivande con il relativo prezzo “in luogo visibile”, come richiede una vecchissima legge del 1944. L’unico modo per comprendere se il prezzo richiesto è adeguato, è il riferimento al decoro del locale: in altri termini, se si tratta di una trattoria, di un ristorante di lusso, di un altro tipo d’esercizio. In proposito l’Unione nazionale consumatori ricorda che esiste una classificazione precisa, stabilita da un decreto ministeriale del 22 luglio 1977, che elenca in 5 categorie i ristoranti e le trattorie. Ed ecco i requisiti che determinano la classificazione del locale: Categoria lusso: carta dei vini (com- prendente vini pregiati, italiani ed esteri); servizio di guardaroba; telefono in cabina; menu con piatti nazionali e internazionali e tutte le specialità tipiche regionali; impianto per il ricambio automatico dell’aria; camerieri con conoscenza della lingua straniera “principale” (sic!); servizi igienici “lussuosamente attrezzati”. 1a categoria: quanto richiesto per la categoria “lusso” con queste eccezioni: carta dei vini senza annata; telefono non in cabina; menu comprendente solo qualche specialità regionale, non tutte; servizi igienici “finemente” attrezzati. 2a categoria: come sopra con alcune eccezioni: non sono obbligatori la carta dei vini, il ricambio automatico dell’aria, il guardaroba; i camerieri possono non conoscere la lingua straniera; il menu deve comprendere una “sufficiente” varietà di piatti; i servizi igienici debbono essere “piastrellati” e distinti per sesso. 3a categoria: come sopra con queste eccezioni: i camerieri non devono essere in uniforme; non è obbligatorio il telefono; i servizi igienici possono non essere divisi per sesso. 4a categoria: i soli requisiti richiesti sono: “una adeguata funzionalità” e l’esistenza di servizi igienici. Lasciamo ai lettori ogni commento sull’inconscio senso dell’umorismo dell’ignoto burocrate che ha elencato questi requisiti. A noi interessa richiamare l’attenzione sul settore della ristorazione, argomento chiave della civiltà della tavola, componente essenziale dell’economia nazionale anche per gli effetti che riguardano non solo la tradizione e il territorio, ma l’immagine stessa del nostro Paese. C I V I L T À D E L L A TAV O L A 2 0 0 4 • N . 1 4 9 • PA G I N A 1 5 GABRIELE GASPARRO Delegato di Roma