L`INTERVISTA. Antonio Conte svela i suoi segreti

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L`INTERVISTA. Antonio Conte svela i suoi segreti
L’INTERVISTA. Antonio Conte svela i suoi segreti
sono un grande
tecnico (E l’ho
sempre saputo)
l’infanzia leccese, l’arrivo a torino nella nebbia, il “lei” dato a baggio
e schillaci. ma anche le dicerie sulla sua morte, la fede in dio, le
letture. l’allenatore juventino si confessa nei giorni decisivi dello
scudetto. «limitato come calciatore ma predestinato alla panchina»
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a prima volta che ha preso una
palla in mano l’ha fatto per suo
padre, che era presidente della
Juventina Lecce. Il dna bianconero l’ha ereditato dalla famiglia,
Antonio Conte, oggi allenatore
della Juventus, 42 anni, leccese.
Sono passati molti anni da quando sedicenne entrò in serie A,
debuttando nella squadra della sua città, il
Lecce, il 6 aprile del 1986. È lì che diventa
professionista ancor prima di essere diventato uomo. E per chi pensa che fare il calciatore sia solo un privilegio spiega: «Ho esordito poco più che ragazzino. Avrei avuto voglia
di divertirmi, andare con gli amici al cinema,
in discoteca. Ma se vuoi diventare un professionista serio a qualcosa devi rinunciare. Fino a ventuno anni avevo il coprifuoco. Non
potevo rientrare più tardi delle 22.30».
Il metodo, la disciplina, li ha imparati a casa.
Così come l’educazione e l’umiltà. La fede e
l’attaccamento a valori antichi. Mi racconta
cosa abbia significato per la sua generazione
essere cresciuto in strada, libero come quasi
nessun ragazzino oggi può fare, «la considero un’eredità quella formazione». Durante
gli allenamenti parla ai giocatori di realtà,
campo, sudore, sacrificio. Quelle che imparò
da bambino in Puglia. Della sua terra ancora
conserva accento e passione per il mare.
A ventuno anni si è trasferito a Torino, era il
novembre del 1991. A volerlo, il presidente
Giampiero Boniperti: «Ero un ragazzino che
dal Sud, dal mare, dal sole, arrivava al Nord.
Nel pieno freddo a Torino. C’era una nebbia
fittissima quel giorno. Venne a prendermi il
dottor Riccardo Agricola per farmi fare le
visite mediche. La prima cosa che ho pensato
dall’auto fu: “Mamma mia dove sono capitato”». Accolto da una famiglia calabrese e da
Giovanni Trapattoni, che puntò su di lui.
L’allenatore in quegli anni più forte del mondo aveva scelto questo ragazzino pugliese.
«Ero intimorito. Provavo soggezione. Davo
del lei ai miei compagni: Baggio, Schillaci,
Tacconi». Ha iniziato a lavorare sodo, forse
più degli altri, consapevole di dover migliorare la tecnica. E ci riesce. Diventa un punto
fermo per la Juventus, capitano dal 1996 al
2001. «Non ho mai saputo di essere un grande giocatore. Ma ho sempre saputo che sarei
diventato un grande allenatore». Si è anche
laureato nel frattempo, 110 e lode in Scienze
motorie con una tesi su “Psicologia e metodi
dell’allenatore”. Tredici anni alla Juventus e
poi un anno sabbatico, quello che sembrava
il peggiore della sua vita e che, invece, l’avrebbe cambiata per sempre, dal 2004 al 2005:
«Quando ho smesso di giocare ho passato un
anno difficilissimo». E poi la scelta definitiva
di diventare allenatore. La nuova carriera
servizio fotografico per sette
una vita in bianconero
antonio conte, 42 anni:
alto un metro e 76, da
giocatore ricopriva il
ruolo di centrocampista.
ha smesso di giocare nel
2004, dopo 13 anni di
militanza nella juventus:
lanciato da trapattoni, è
sotto la guida di marcello
lippi che ha vinto molti
trofei. diventato
allenatore, quest’anno è
arrivato proprio sulla
panchina bianconera.
le foto sono dell’agenzia lapresse
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di Francesca Barra - foto di Fabio Ferrari
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