Orazione Ufficiale di Antoni Martí Petit

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Orazione Ufficiale di Antoni Martí Petit
Orazione Ufficiale di Antoni Martí Petit, Capo del Governo del Principato di
Andorra, in occasione della Cerimonia di Investitura degli Eccellentissimi
Capitani Reggenti
San Marino, 1° ottobre 2016
IL PRESENTE E IL FUTURO DEI PICCOLI STATI IN EUROPA
Eccellentissimi Capitani Reggenti,
Onorevoli Membri del Congresso di Stato,
Onorevoli Membri del Consiglio Grande e Generale,
Illustri Membri del Corpo Diplomatico e Consolare,
Signore e Signori,
desidero iniziare il mio intervento ringraziando i Capitani Reggenti per il loro invito a
partecipare, in qualità di Oratore Ufficiale, all’odierna Cerimonia di Investitura. Sono
consapevole del valore simbolico e della portata di questi eventi nella vita pubblica di San
Marino. E’ per questo motivo che desidero esprimere, a nome del Governo e del Popolo
del Principato di Andorra, il mio più sincero e caloroso ringraziamento.
Il grande onore che fate a me personalmente, e attraverso la mia persona alle istituzioni
andorrane, testimonia inoltre gli stretti legami di amicizia che uniscono la Repubblica di
San Marino al Principato di Andorra.
Ieri sera, durante il mio intervento in occasione dell’Udienza concessami dagli
Eccellentissimi Capitani Reggenti, ho affermato che San Marino e Andorra hanno vissuto
vite parallele. Infatti, sebbene le relazioni diplomatiche ufficiali tra i due paesi risalgano a
pochi decenni fa, i numerosi aspetti in comune che caratterizzano i nostri rispettivi
percorsi storici sono quantomeno sorprendenti.
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San Marino e Andorra hanno in comune una lunga tradizione parlamentare, la stabilità e
la continuità istituzionale - che celebriamo oggi attraverso questa cerimonia d’investitura l'impegno a favore della pace e della soluzione negoziale dei conflitti, la neutralità e la
capacità di adeguarsi e di mantenere la propria identità in un contesto europeo che ha
subito profondi cambiamenti - non sempre in maniera pacifica - nel corso dei secoli.
Oggi, nel XXI secolo ormai inoltrato, San Marino e Andorra condividono - con il
Principato di Monaco - la sfida di giungere ad un Accordo di associazione stabile con
l’Unione europea. Mai prima d’ora la concertazione tra questi tre Stati è stata così intensa.
Sono certo che nel corso degli attuali incontri politici e tecnici scopriremo non solo che
abbiamo dei punti in comune nella nostra storia e nel nostro passato, ma anche che
abbiamo dinnanzi a noi un futuro condiviso.
Quando si parla di relazioni tra l’Unione Europea e questi tre Stati di ridotte dimensioni
territoriali, la prima domanda che possiamo porci è la seguente: perché dovremmo
prevedere un rapporto diverso da quello già esistente? Perché andare oltre?
Prima di rispondere a questa domanda, occorre constatare un fatto evidente. Nessuno dei
nostri paesi è, o può essere, estraneo al progetto di costruzione europea. I Sammarinesi e
gli Andorrani sono profondamente europei, proprio in ragione di ciò che ho affermato in
precedenza: perché siamo un punto di riferimento in termini di parlamentarismo, difesa
dei diritti e delle libertà, rispetto dello stato di diritto e stabilità istituzionale.
Tutto ciò che il mondo ammira dell’Europa è da secoli contenuto nel DNA della
Repubblica di San Marino e del Principato di Andorra.
Paradossalmente, proprio per il fatto che i Sammarinesi e gli Andorrani sono stati europei
e europeisti ante litteram, finora non abbiamo avvertito, con sufficiente intensità, la
necessità di progredire verso un’Europa più integrata. Permettetemi di chiarire meglio
questo concetto: per i sei paesi fondatori dell’attuale UE, la costruzione europea
significava lasciarsi alle spalle un passato segnato da conflitti armati. Per paesi come
Irlanda, Grecia, Spagna o Portogallo, l’ingresso nel mercato comune equivaleva ad un
progresso economico. Per i paesi dell’Europa Orientale, l’adesione all'UE era sinonimo di
democratizzazione.
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I nostri Paesi, al contrario, hanno una tradizione consolidata di pace, parlamentarismo e
democrazia, e le nostre rispettive popolazioni hanno vissuto in un notevole benessere
economico e sociale. Dove vanno pertanto ricercate le ragioni per cui San Marino e
Andorra desiderano intensificare le loro relazioni con l’Unione Europea e accedere al
mercato interno?
Innanzitutto, in una caratteristica comune ai Sammarinesi e agli Andorrani che ho
menzionato all’inizio del mio intervento: la capacità di adattarsi al contesto. Ieri ho
menzionato la visione storica di San Marino quando ha dovuto negoziare il mantenimento
della propria sovranità con Napoleone Bonaparte.
Potrei dire la stessa cosa sulla vostra capacità di mantenere l’indipendenza nel processo di
unificazione italiana. Anche nella storia di Andorra potremmo trovare episodi analoghi, o
anche paralleli.
Attualmente il contesto di riferimento è l’Unione Europea. La realtà europea non ci è
estranea poiché siamo circondati dal territorio comunitario: San Marino, dalla nascita
delle Comunità Europee, e Andorra dall’ingresso della Spagna nel mercato comune, più di
30 anni fa. La maggior parte delle nostre relazioni esterne, a livello istituzionale,
economico, sociale o culturale, sono relazioni con paesi membri e con cittadini
dell’Unione Europea. Produrre beni, fornire servizi o svolgere una qualsiasi attività
economica nei nostri rispettivi territori senza rispettare le norme comunitarie è oggi
impensabile, considerato che i nostri clienti e i nostri fornitori - attuali e potenziali - sono
per la maggior parte europei. Anche chi, oltre i confini dell’Europa, desidera investire,
concludere affari e creare ricchezza nel nostro paese, ci chiede di poter accedere al
mercato interno dell’UE.
Di conseguenza, pretendere di vivere ai margini del processo di costruzione europea è per
noi - Sammarinesi e Andorrani - una chimera.
Negoziare un Accordo di associazione con l’Unione europea e accedere al mercato interno
rientra nell’evoluzione logica dei nostri paesi. Si tratta di un ulteriore passo in avanti nella
nostra lunga storia di costante adeguamento. Ma non si tratta solo di evolvere e adeguarsi
per salvaguardare ciò che siamo, bensì di aprire le porte a ciò che possiamo diventare.
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La storia economica di ogni paese dimostra che l’apertura è sempre preferibile
all’isolamento. Questa affermazione, valida per qualsiasi paese, è tanto più vera nel caso
di Stati di ridotte dimensioni territoriali. La prosperità economica di San Marino e di
Andorra è stata possibile grazie all’accesso a mercati più grandi del nostro piccolo
mercato interno. I settori che si sono potuti distinguere nelle nostre economie - turismo,
attività bancaria, commercio al dettaglio, industria leggera, ecc. - lo hanno fatto grazie a
clienti internazionali, per la maggior parte europei. E’ giunto dunque il momento di offrire
ai nostri cittadini e alle nostre imprese l’opportunità di accedere al mercato transnazionale
più importante al mondo: il mercato interno dell’Unione Europea.
I modelli di crescita economica di San Marino e Andorra sono modelli maturi; questo è
almeno il caso di Andorra, senza voler impartire lezioni a nessuno. I settori tradizionali
delle nostre economie non possono più - da soli - garantire la crescita e il benessere futuri
delle nostre società. E la tanto necessaria diversificazione passa attraverso una maggiore
integrazione nel contesto europeo. Proprio per questo motivo ho affermato che non si
tratta solo di evolvere e di adattarsi per continuare ad essere, ma per riuscire ad essere ciò
che possiamo ambire ad essere.
I nostri paesi, che si distinguono per il loro dinamismo economico, la certezza del diritto e
un contesto imprenditoriale agevole, possiedono un potenziale ben superiore nel mercato
interno europeo che non al di fuori dello stesso.
Qualche anno prima che la Commissione europea desse mandato di negoziare un Accordo
di associazione con Monaco, San Marino e Andorra, nel 2014 la stessa Unione europea
aveva già previsto questa possibilità nel Trattato di Lisbona, che apre la strada all’ingresso
dei piccoli Stati nel mercato interno, rispettando determinate peculiarità. Infatti, il Trattato
di Lisbona ha messo nero su bianco la possibilità di un accordo come quello che l’Unione
europea aveva già in atto con il Liechtenstein, nell’ambito dello Spazio Economico
Europeo.
Eccellenze,
Signore e Signori,
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La negoziazione di un Accordo di associazione con l’Unione europea giunge in un
momento in cui San Marino e Andorra, così come molti altri paesi, stanno completando
un lungo percorso di riforme verso la trasparenza e la cooperazione economica
internazionale.
Anche se a volte si è voluto porre l’accento o mettere sotto i riflettori alcuni piccoli Stati
europei, la necessità di maggiore trasparenza, conformità e cooperazione riguarda ormai
tutte le economie sviluppate. Per decenni abbiamo costruito un'economia globale senza
dotarci di regole globali ed eque, come peraltro ha dimostrato l'ultima crisi finanziaria.
Negli ultimi cinque anni e mezzo, il Governo che ho l’onore di presiedere si è impegnato
in modo particolare per portare a termine riforme importanti, già avviate dai governi
precedenti: avviare un modello fiscale conforme, negoziare e firmare una rete di accordi
per evitare la doppia imposizione, aprire la nostra economia agli investimenti esteri,
concedere pieni diritti economici a tutti i residenti internazionali e preparare il nostro
sistema finanziario allo scambio automatico delle informazioni fiscali.
Questo processo - che potremmo sintetizzare come un percorso dalla eccezionalità alla
competitività - trova logico seguito nell’accesso al mercato interno dell’Unione europea.
Ho parlato di un processo che va dall’eccezionalità alla competitività perché il benessere
dei nostri cittadini e la prosperità delle nostre imprese in futuro passa attraverso la
possibilità di partecipare e, di conseguenza, di competere in un’economia globale. E non
saremmo in grado di partecipare a un’economia globale da una posizione di isolamento e
di eccezionalità.
Ancora una volta si tratta di difendere ciò che siamo, ma anche di difendere ciò che
possiamo divenire. Si tratta anche - in tutta umiltà - di contribuire al momento storico che
ci è dato vivere. A mio avviso, il grande dibattito della nostra era non riguarda più, come
qualche decennio fa, la sinistra e la destra, ma piuttosto l’apertura e la chiusura; il
dibattito tra coloro che vorrebbero un mondo più aperto, più integrato, più cooperativo e
con legami sociali ed economici più forti e coloro che vorrebbero un mondo chiuso, fatto
di piccoli isolamenti e segnato dal protezionismo. E’ quanto ho detto, solo dieci giorni fa,
in occasione del mio intervento innanzi all’Assemblea Generale delle Nazioni Unite.
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La recente crisi economica ha in qualche modo messo un freno all’ottimismo e allo spirito
di apertura dei due decenni successivi alla guerra fredda e ha sostituito l’ottimismo con la
paura e la chiusura.
25 anni fa in Europa e nel mondo si parlava di eliminare muri e barriere. Oggi, sempre più
voci, a mio avviso populiste, vorrebbero erigere nuove barriere e nuovi muri.
La reazione giusta non è mai la paura bensì scommettere sulla cooperazione,
l’integrazione, le istituzioni internazionali e il multilateralismo; riformare e migliorare gli
standard globali e far sentire la nostra voce.
L’Unione europea non è estranea a questa dialettica tra coloro che sostengono l’apertura e
coloro a favore della chiusura. Lo vediamo nella politica interna di molti Paesi membri
dell’Unione. Ritengo, tuttavia, che la reazione appropriata non sia meno Europa, bensì il
contrario, più Europa e soprattutto un’Europa migliore. E il nostro modo per contribuire a
fare di più e meglio in Europa - in questo momento - è negoziare un buon Accordo di
associazione con l’Unione europea.
Eccellenze,
Signore e Signori,
All’inizio del mio intervento ho affermato che San Marino e Andorra, ma anche Monaco,
condividono la sfida di negoziare un Accordo di associazione con l’Unione europea.
Abbiamo innanzi a noi la sfida dell’adeguamento. Commetteremmo tuttavia un errore se
pensassimo che questa sfida riguardasse esclusivamente noi, una sfida solo per gli Stati
terzi. Questa sfida è anche dell’Unione europea. Se è vero, infatti, che spetta a noi trovare
il nostro posto nel processo di costruzione europea, è altrettanto vero che le istituzioni
europee, coerentemente a ciò che l’Unione europea rappresenta, hanno il dovere di trovare
una soluzione che si adatti e che risponda a realtà come quella sammarinese o andorrana.
Noi siamo infatti i portatori dei valori europei più autentici e l’Unione europea deve
rimanere fedele al suo motto In varietate concordia, unità nella diversità.
A differenza di altri tentativi di unificazione europea avvenuti in passato - tutti basati
sulla forza delle armi e tutti falliti - l’Unione europea non è in alcun modo un progetto
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omologatore che punta alla scomparsa della diversità. Al contrario l’unità si costruisce
partendo dalla diversità.
L’Unione europea e le altre organizzazioni internazionali devono inoltre mostrarsi
sensibili alle realtà diverse, comprese quelle di San Marino, Andorra e Monaco.
Dobbiamo inoltre far sì che queste istituzioni internazionali rispondano anche ai problemi
locali e siano al servizio dei cittadini.
Negli ultimi due anni, abbiamo fatto progressi significativi nel coordinare la
negoziazione tra San Marino, Monaco, Andorra e l’Unione Europea. Si tratta di una
questione che va ben al di là delle contingenze politiche interne di un determinato
momento e quindi questi sforzi di coordinamento devono proseguire, o addirittura
aumentare in futuro, per far sì che l’associazione con l’Unione europea sia un successo
per tutte le parti e abbia effetti positivi per tutti i nostri cittadini.
Partecipare al processo di costruzione europea significa raccogliere una sfida condivisa.
La sfida è quella di costruire un’Europa e un mondo più interconnessi, più aperti, più
collaborativi e più solidali. Perché in fin dei conti, esistono solo due tipi di paesi: paesi
piccoli e paesi che non si sono ancora resi conto di essere piccoli.
Fortunatamente, la Repubblica di San Marino e il Principato di Andorra fanno parte del
primo gruppo.
Grazie.
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