d`Angella valutazione AS novembre 1999
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d`Angella valutazione AS novembre 1999
I N S E R T O Per un approccio dialogico alla valutazione Un processo finalizzato a riconoscere i significati nelle azioni Francesco d’Angella La progettazione dialogica apre a processi di valutazione che, lungo il farsi delle azioni, sviluppano dal di dentro degli apprendimenti collettivi che generano nuovi sguardi e nuove prospettive, e insieme generano significati che sciolgono, mentre le riconoscono, le rigidità delle mappe valoriali dei partecipanti. Si allarga così il ventaglio dei valori a disposizione ipotesi di fondo dell’articolo è che sussiste una stretta connessione tra gli approcci concettuali e metodologici della progettazione e quelli della valutazione. Infatti, a seconda di come si immagina o si pensa la progettualità di un Centro di aggregazione o di un servizio di assistenza domiciliare si individuano metodi e strumenti per valutare. Spesso però, nella realtà dei processi lavorativi, si dedica pochissimo tempo a rendere visibili e ri-conoscere gli orientamenti culturali utilizzati per valutare l’andamento di un’azione educativa, di un processo di animazione, di un progetto di «cura». Inoltre non ci si sofferma mai abbastanza ad ascoltare e condividere il significato, il senso attribuito individualmente e collettivamente al processo emotivo e cognitivo attivato nel momento in cui si valuta il proprio «posto» di lavoro, il proprio progetto. La scarsa visibilità degli approcci utilizzati per progettare e valutare gli sviluppi e la ridotta consapevolezza dei processi attivati dalla valutazione possono generare una serie di ostacoli e impedimenti nella realizzazione degli obiettivi, aspettative, desideri, interessi individuali e sociali. L’ Animazione Sociale per progettare, diventano possibili inediti sconfinamenti nella progettazione e soprattutto si ritrovano le energie per appassionarsi all’agire progettuale insieme. L’intento dell’articolo è quello di indagare la relazione tra le prospettive concettuali e metodologiche sulla valutazione con quelle evidenziate nella progettazione. Inoltre, si cercherà di mettere in evidenza i punti centrali e i vantaggi operativi che caratterizzano le concettualizzazioni e le metodologie sottese in ciascun approccio alla valutazione. Una seconda finalità dell’articolo è quella di evidenziare le criticità sottese generalmente nel valutare un progetto; criticità che alimentano spesso resistenze e timori a sostenere e alimentare dei processi di valutazione che abbiano un senso e un significato per il proprio agire quotidiano. Il testo (1) comprenderà quattro focalizzazioni: (1) Prima di inoltrarci nell’analisi dei diversi orientamenti è importante tenere presente che le questioni legate alla valutazione sono molto complesse, articolate e soprattutto spinose. La spinosità è data dal fatto che la valutazione mette in gioco le diverse concezioni del lavoro, dei processi produttivi, dei diversi funzionamenti organizzativi, dei Servizi socio-sanitari, e soprattutto le differenti opinioni sulle politiche sociali ed economiche. In questo senso nella riflessione che proponiamo si è sempre tenuto conto di questo quadro. Pertanto non si intende fornire un contributo esaustivo, bensì percorrere i ragionamenti sulla valutazione a partire dalla questione: i rapporti tra valutazione e processi di apprendimento. 1999 Novembre 57 I N S E R T O nella prima si evidenzierà la stretta connessione tra progettazione e valutazione; nella seconda si analizzeranno le criticità presenti nel valutare un progetto; nella terza si esploreranno gli orienta- menti valutativi relativi alla progettazione come pianificazione e come problem solving; nell’ultima focalizzazione verranno proposte alcune riflessioni sulla valutazione nella progettazione dialogica. La connessione tra progettazione e valutazione Alla base di ogni progettazione c’è una conoscenza (inevitabilmente) valutativa. Nei processi di progettazione è di fatto continuamente presente un impegno conoscitivo impregnato di dimensioni valutative. È una conoscenza che costituisce il contatto con la realtà su cui ci si propone o si è chiamati ad intervenire. La conoscenza può essere sommaria o circostanziata, guidata da binari fissi e ben strutturati o attivata da esplorazioni disomogenee, può essere finalizzata ad elaborazioni coerenti che compongano delle lucide pianificazioni e offrano delle convincenti risoluzioni dei problemi o rivolta a illuminare percorsi irregolari e sconnessi. In ogni caso, come è stato sottolineato nei precedenti inserti, è un modo di muoversi nella realtà e quindi di agire in essa. Il progettare implica un conoscere la realtà in cui si lavora, in cui si agisce per prendere posizione, per promuoverne un’evoluzione, per modificare o mantenere degli aspetti del funzionamento organizzativo ritenuti centrali e specifici della qualità del servizio. Questo significa che all’origine di ogni progettazione e negli sviluppi concreti si fa riferimento a conoscenze della realtà (già disponibili o acquisite ad hoc), a rappresentazioni dei problemi, che contengono apprezzamenti e valutazioni. Facciamo l’esempio di un educatore che voglia progettare un intervento in carcere. Bene, costui dovrà attivare un processo conoscitivo volto a valutare le condizioni organizzative, le aspettative delle persone, le caratteristiche delle risorse esistenti nel contesto carcerario. Queste conoscenze sono indispensabili per valutare le reali possibilità di un intervento educativo nella struttura carceraria. 58 Novembre 1999 Spesso la valutazione viene divisa dalla progettazione. La conoscenza che intrinsecamente anima i processi di progettazione è inevitabilmente valutativa e la valutazione è necessariamente sottesa a ogni attività di progettazione. Se questa affermazione è semplice, anche perché è abbastanza evidente, non è altrettanto semplice mettere a fuoco che cosa effettivamente accade rispetto alla valutazione, che cosa ci si gioca, quali derive si incontrano, quali conflitti si animano. E forse in questo possiamo vedere un altro motivo per cui spesso, assai spesso le reali dimensioni valutative restano implicite, oppure vengono tradotte in elementi e strumenti formali, che possono portare a istituire una scissione tra progettazione e valutazione. Questa scissione è possibile osservarla nella quotidianità dei processi lavorativi. Infatti, se in quasi tutti i progetti, i testi, le relazioni sull’andamento del progetto, le convenzioni tra Enti pubblici e Privato sociale si sottolinea la necessaria e stretta connessione tra progettazione e valutazione, di fatto si incontra frequentemente uno scarso o apparente investimento emotivo e cognitivo sulla valutazione. Spesso, quando ci si occupa concretamente di progetti da presentare, da avviare o realizzare, sembra che la valutazione sia un’altra cosa rispetto alla progettazione: da parte di enti finanziatori, di committenti, amministratori e responsabili organizzativi vengono previste e richieste delle valutazioni che non sono collegate tra di loro, che non comunicano; a volte la valutazione è situata nelle fasi finali, a volte incrocia la progettazione in più punti, o viene condotta da altri ruoli rispetto a coloro che hanno ideato e realizzato il progetto e si avvaAnimazione Sociale I N S E R T O le di strumentazioni specializzate perché deve trattare particolari dati in particolari maniere. La scissione tra progettazione e valutazione genera spesso delle progettualità che non corrispondono alle specificità dei contesti in cui si intende attivare, ad esempio, un intervento di animazione o un servizio di pronta accoglienza. I progetti che non tengono conto delle caratteristiche del territorio, dell’organizzazione, delle persone coinvolte o che non considerano le risorse effettivamente presenti, i limiti esistenti nella situazione generano spesso delusioni, frustrazioni, allontanamenti e, soprattutto, una scarsa propensione a rinvestire energie per riformulare gli obiettivi progettuali. Spesso negli operatori la scissione genera «aspettative impossibili» rispetto ai risultati del proprio lavoro sociale colludendo e aderendo a «obiettivi impossibili». Come far fronte alla scissione? Per far fronte alle continue scissioni tra progettazione e valutazione un’ipotesi metodologica da tenere presente è in primo luogo quella di andare a esplorare, esplicitare e rendere visibili le criticità presenti nel momento in cui si intende valutare un progetto e, in secondo luogo, quella di esplorare la relazione che intercorre tra i quadri concettuali e metodologici prescelti per progettare e la relativa concezione e metodologia adottata per valutare. Un modo per addentrarci nelle riflessioni sulla valutazione è quello di rintracciare il significato del termine «valutare» per delineare una griglia concettuale che si utilizzerà nell’esposizione e nell’argomentazione dell’ipotesi sopra esposta. I processi in atto nella valutazione sono strettamente collegati alle componenti di giudizio che essa contiene, alla verifica della «verità» del giudizio formulato sul proprio lavoro e all’esigenza di controllare le azioni di ciascun attore sociale. Giudicare, verificare, controllare sono dimensioni continuamente presenti nei processi di valutazione. Infatti dal punto di vista etimologico il termine valutazione appare prima di tutto collegato ad aspetti ben chiari e netti: valutare come «determinare il prezzo, il valore di un bene economico». Sembra che ci si collochi entro un quadro molto specifico in cui si tratta di individuare e quindi giudicare le caratteristiche di una merce o di uno specifico oggetto e attribuirgli un prezzo con cui possa essere acquistato o venduto. Ma il prezzo (il «pregio» da dare allo specifico oggetto) richiede di considerare il «valore» e quindi di ri-conoscere che cosa «vale», in che cosa consiste o per che cosa è importante. E questo come e chi lo determina? Nella valutazione l’operatore, il dirigente, il consulente, l’animatore giudica, verifica e controlla se gli sviluppi del progetto attuano gli obiettivi prefigurati; queste valutazioni consentono di decidere, ad esempio, se confermare le modalità e gli strumenti di intervento educativo oppure riprogettarne alcune parti. Per comprendere i processi cognitivi ed emotivi in gioco nella valutazione è importante, quindi, esplicitare le criticità in gioco nella valutazione ed esplorare le diverse concezioni e metodologie adottate e applicate per giudicare, verificare e controllare la realizzazione del progetto. Le criticità in gioco nella valutazione La valutazione tecnica. Da molti anni in tutti i campi in cui si è affrontato il problema della valutazione si è investito moltissimo nello scomporre tutte le operazioni che presiedono il giudicare e quindi nel fissare tutti gli elementi da sottoporre ad esame, nell’individuare gradaAnimazione Sociale zioni di presenza o assenza, nel costruire schede, questionari, scale, moduli. Sono state predisposte delle strumentazioni molto sofisticate e delle procedure corrispondentemente articolate per applicarle. Si potrebbe dire che si è tentato di padroneggiare, addomesticare la 1999 Novembre 59 I N S E R T O questione spinosa della valutazione, dell’avere a che fare con gli aspetti inquietanti e incombenti del prendere del potere e dell’aprire potenziali conflitti facendo ricorso alla razionalità strumentale. In altre parole, come è avvenuto e avviene per molti problemi della nostra vita lavorativa e sociale, ci si è rivolti alla definizione tecnico-razionale di come dovrebbero andare le cose in riferimento a una situazione «normale» o standard. La tecnica, si sa, prende la mano e spinge a essere sempre più precisi nel fissare le procedure e le operazioni: le strumentazioni diventano sempre più corpose e permettono di entrare in contatto con tale circospezione con l’oggetto o il soggetto da valutare — non fa differenza — che non si ha più l’impressione di giudicare. Tutto sembra ricondotto entro l’alveo sicuro dei procedimenti ben ponderati e studiati, che tengono conto in modo articolato dei diversi aspetti e dei diversi pesi. La soggettività del valutatore che pericolosamente trascina nell’arbitrio è ben ingabbiata e le paure e le reticenze di chi si vede in posizione di valutato possono essere ben stemperate e attenuate. A un certo punto si tratta solo di sottoporsi tutti quanti al giudizio messo a punto, tecnicamente validato, per cui non hanno più ragione di essere né conflitti, né questioni di potere (2). Per far fronte alle questioni legate ai conflitti di potere si fa coincidere la valutazione con una misurazione quantitativa e numerica anche di fenomeni che intrinsecamente si sottraggono a rappresentazioni in termini matematici o statistici oppure fenomeni che per essere così rappresentati subiscono delle semplificazioni tali da deformarne pesantemente la fisionomia e lo spessore. Per questa via si accrescono molte competenze rispetto al come valutare, si arriva a disporre di metodologie di valutazione sempre più consistenti, ma si rischia di continuare a non sapere bene quale sia il senso e il significato di quello che si valuta. Se si valuta un Progetto giovani in un territorio attraverso una serie di dati statistici — numero di giovani coinvolti, di iniziative svolte, di operatori, di ore previste e utilizzate, di milioni erogati — si riescono ad apprezza60 Novembre 1999 re alcune caratteristiche strutturali del progetto, ma questi dati sono insufficienti per apprezzare i contenuti del progetto stesso e il suo impatto nel contesto territoriale. E in un SERT, se da un lato la scomposizione dei problemi che ostacolano l’andamento del Progetto accoglienza consente di comprendere e individuare le diverse variabili in gioco nella realizzazione del servizio, dall’altro però la forte centratura sulla differenziazione delle competenze professionali specialistiche, sulla predisposizione di sofisticati sistemi di rilevazione dati, oppure la polverizzazione del problema in parti sempre più semplici possono produrre uno smarrimento del senso complessivo del progetto, del perché è importante investire sull’accoglienza. La valutazione indefinita. Ma la valutazione non si esaurisce nell’applicazione di strumenti di valutazione. Al tempo stesso è importante riuscire a rappresentarsi che cosa si valuta o si è chiamati a valutare. Se l’oggetto della progettazione è indefinito o molto esile, praticamente solo formalmente dichiarato, la valutazione che cerchi di entrare nel merito o si frammenta in tanti rivoli e si limita, impoverendosi, o si trova a spaziare nell’implicito, spinta dagli interessi più vari, dai pregiudizi, dalle posizioni ideologiche, dalle attese impossibili, ecc. Pensiamo a un progetto rivolto ad affrontare la situazione di un adolescente in difficoltà: se non sono stati costruiti i problemi e se non è stato definito l’oggetto di lavoro, il progetto stesso sarà valutato a partire dalle aspettative di risoluzione dei comportamenti devianti, dall’affidabilità che si accorda agli operatori, da alcuni principi sull’educazione e la rieducazione, ecc. La valutazione totale. Spesso le valutazioni tendono a essere delle valutazioni totali, che intendono valutare ogni settore della vita, influenzare, condizionare, controllare tutto o quasi tutto. In questo modo si assiste a una sorta di sovrapposizione tra valutazione del prodotto, delle capacità professionali e delle capacità personali. (2) La parola giudizio nella valutazione, anche se viene usata in senso lato e può avere come sinonimi «discernimento», «opinione», non si è mai staccata dal suo etimo originario che corrisponde a ius dicere ovvero dire il «diritto», ciò che è «dritto», «giusto» e ogni volta che qualcuno emette un giudizio si pone in posizione di superiorità nei confronti di chi è giudicato. Con il dare dei giudizi ci si prende un potere rafforzando la propria posizione professionale e sociale, ma forse anche, più o meno consapevolmente, si cerca di acquisire un potere indiretto, di rivalersi su qualcuno o per qualcosa, di intimorire e accrescere l’attenzione su di sé. Animazione Sociale I N S E R T O In questo tipo di valutazione rischiano di essere messi in gioco soprattutto i rapporti tra le persone implicate e il potere che alcuni hanno di sanzionare i comportamenti e le attività di altri. A questo si cerca in ogni modo di sottrarsi almeno implicitamente. La valutazione viene rinviata, sospesa, di fatto rifiutata, alimentando quindi l’ambivalenza rispetto alla valutazione. Le ambivalenze sono prodotte dal fatto che: La valutazione della prestazione di un lavoro, sia nell’insegnamento sia nell’industria sia in un problema di progettazione, deve rimanere fondamentalmente un giudizio (...) La valutazione rimane nondimeno un fatto di giudizio umano; e questo sembra dare origine all’ansia. Noi tendiamo ad avere un atteggiamento molto ambivalente verso questi giudizi: da un lato ciascuno vuole essere valutato da coloro che stanno al di sopra di lui, dai suoi insegnanti o direttore o capo d’istituto. Abbiamo bisogno di questo giudizio perché ci aiuti a sapere cosa siamo. Se la valutazione è buona naturalmente piace a tutti noi e vorremmo che fosse presa in considerazione e influisse sulle nostre carriere e le nostre promozioni. È quando la valutazione è al di sotto delle nostre aspettative, inferiore al giudizio che noi abbiamo di noi stessi, che sorgono le difficoltà. Sentimenti di orgoglio ferito, di risentimento, di trattamento ingiusto, entrano nella situazione e gli individui possono avere l’impressione di essere maltrattati o che altri si siano fatti strada con le adulazioni (3). La valutazione, quindi, da un lato è mossa da un interesse delle persone alla valutazione del proprio lavoro, dall’altro suscita una serie di timori. Infatti, da un lato le persone nelle organizzazioni hanno bisogno che i loro contributi siano valutati in quanto sono sempre sollecitate, anche se in misura ampiamente variabile, da desideri di riconoscimento, di rassicurazione e di conferma. Ciascuno ha la necessità di percepire che ciò che produce suscita l’attenzione, l’apprezzamento, la critica degli altri perché in questo modo può riconoscersi come soggetto e come parte di un sistema sociale di cui condividere obiettivi, successi e insuccessi. Dall’altro lato le valutazioni sono emotivamente cariche di significati, alimentano una serie di timori nel sentirsi parte e nel prendere parte alla formulazione del giudizio di valore circa il proprio lavoro o quello dei propri colleghi. Timori che se non ben esplicitati rischiano di minare seriamente la possibilità di tenere insieme la valutazione con la progettazione e quindi rischiano di produrre la scissione. La valutazione nei due modelli più diffusi di progettazione Nella progettazione come «pianificazione» (valutare = misurare). Uno degli orientamenti concettuali sulla valutazione è connesso al progettare secondo l’approccio della pianificazione. In questo approccio progettare vuol dire prefigurare, prevedere e pianificare razionalmente e a priori le azioni che le persone dovranno eseguire per raggiungere gli obiettivi prestabiliti. Attraverso la progettazione di procedure è possibile prescrivere la norma di comportamento, l’indicazione di quello che si deve fare definendo i termini dell’operatività, gli obiettivi del lavoro. In questa concezione il processo valutativo è inserito all’interno di una sequenza logica della progettazione che si struttura in tre tempi: ideazione, attuazione e valutazione dei risultati. Animazione Sociale Ad esempio, in un progetto di Assistenza domiciliare nella fase di ideazione il dirigente definisce e seleziona gli obiettivi generali del servizio, in quella di attuazione le assistenti domiciliari mettono in pratica il programma di azione previsto, in quella di valutazione il dirigente, attraverso una serie di indicatori di valutazione definiti nella fase ideativa, ne verificherà i risultati. All’interno di questa prospettiva chi progetta e chi valuta può essere diverso da chi esegue e attua il progetto; infatti spesso si ricorre a consulenti esterni esperti, oppure a persone che nelle organizzazioni hanno il compito e l’autorità di elaborare i progetti e i relativi sistemi di valutazione dei risultati raggiunti. In questo approccio è centrale il concetto di risultato inteso come esito tangibile delle (3) Jaques E., Lavoro, creatività e giustizia sociale, Bollati Boringhieri, Torino 1990. 1999 Novembre 61 I N S E R T O azioni pianificate e programmate all’inizio della progettazione. Pertanto la valutazione è basata essenzialmente sull’analisi e sulla comparazione dei risultati finali con gli obiettivi definiti a monte, al fine di determinare quantitativamente gli eventuali scarti tra gli obiettivi e i risultati. In questo senso è importante tradurre le valutazioni dei risultati in numeri, in calcoli che dimostrino e rendano visibile realmente l’efficacia e l’efficienza del progetto. L’analisi e la comparazione avvengono attraverso un processo di deduzione lineare per misurare se i risultati ottenuti nei processi produttivi abbiano raggiunto o meno gli obiettivi predefiniti in sede progettuale. Quindi nella progettazione come pianificazione la valutazione è intesa come misurazione oggettiva dei risultati ottenuti durante l’attuazione del progetto. Nella valutazione come misurazione è importante poter formulare dei giudizi «oggettivi» sull’efficienza ed efficacia delle azioni. Ad esempio, il giudizio sulla scarsa efficienza delle prestazioni previste nel progetto di un Centro di ascolto deve essere oggettivo, non contaminato e condizionato dalle percezioni, emozioni, punti di vista dei valutatori. L’oggettività del giudizio è garantita dall’adottare una procedura razionale di osservazione che contiene una serie di norme, criteri, indicatori validi universalmente. L’elaborazione di indicatori di osservazione, l’applicazione di procedimenti di analisi desunti dalle scienze matematiche e dall’economia contabile, la predisposizione di un manuale che definisca norme e criteri per valutare e controllare la modalità di organizzare le fasi attuative, le procedure adottate, i processi lavorativi, la distribuzione e l’utilizzo delle risorse sono alcuni degli strumenti utilizzati per costruire gli standard. Gli standard consentono di attuare dei controlli diretti sugli adempimenti e comportamenti messi in atto dagli operatori, per verificare che si sia «fatto» realmente il compito previsto. Per esempio, il controllo sull’efficienza ed efficacia delle prestazioni in un Centro di salute mentale avviene attraverso il confronto tra gli standard ottimali e le prestazioni compiute dagli operatori per realizzare gli obiettivi del pro62 Novembre 1999 getto. L’elaborazione degli standard consente di verificare se la sequenza delle azioni, le modalità organizzative, i tempi e i numeri dei colloqui adottati rispettano i costi previsti. La costruzione degli standard, validi per qualsiasi Centro di salute mentale, è importante per poter raggiungere delle conoscenze necessarie e valide per la progettazione. In questo senso gli operatori, i dirigenti di una Cooperativa per valutare l’andamento del progetto sugli inserimenti lavorativi devono utilizzare degli indicatori valutativi definiti scientificamente e validi universalmente: cioè indipendenti dalle specificità contingenti del contesto organizzativo e dal punto di vista soggettivo di chi osserva e valuta. In questa concezione vi è l’idea che possono essere giudicate l’efficacia e l’efficienza di un progetto indipendentemente dai presupposti dei soggetti che le osservano e dal contesto specifico all’interno del quale avviene l’azione e la valutazione. L’oggettività non è solo garantita dall’utilizzare delle metodologie «scientificamente» garantite, ma anche dall’affidare la valutazione del progetto a esperti esterni; si ritiene che essendo esterni non siano coimplicati nei processi lavorativi e quindi capaci di garantire la «verità» delle conoscenze valutative prodotte. Questo approccio valutativo è possibile riscontrarlo nelle analisi dei costi-benefici dei servizi alle persone. L’analisi dei costi-benefici è un supporto alla decisione che presuppone a sua volta la capacità predittiva del rapporto ottimale mezzi-obiettivi. In questo approccio si conferma quindi una razionalità assoluta che intende prevedere e controllare tutti i fattori di successo e di ostacolo al buon andamento del progetto. L’impronta razionale si concretizza nella centralità della nozione di obiettivo e quindi nell’accertare lo scarto tra obiettivi prefissati nella progettazione posta all’inizio dell’intervento e i risultati effettivamente conseguiti. Nella progettazione come problem solving (valutare = scomporre i problemi). Un secondo approccio di valutazione è quello relativo alla progettazione come problem solving. In questa prospettiva progettuale vi è la convinzione che gli individui dispongono di una razionalità limitata che non permette di effettuare un’analisi comprensiva e complesAnimazione Sociale I N S E R T O sa dei processi in gioco nella realizzazione di un progetto (analisi richiesta dal modello della razionalità assoluta). Le persone nella quotidianità dei processi lavorativi per risolvere i problemi che ostacolano il raggiungimento degli obiettivi si limitano a considerare un numero molto ristretto di alternative. Mentre nel modello della progettazione come pianificazione le alternative vengono dapprima tutte raccolte e solamente dopo valutate, in questo approccio le persone coinvolte ricercano e valutano, man mano che realizzano il progetto, la soluzione maggiormente soddisfacente ai problemi. La progettazione, quindi, non è intesa come predefinizione e pianificazione delle diverse fasi di attuazione per raggiungere gli obiettivi previsti o per trovare la soluzione ottimale (one best way) ai problemi che ostacolano il buon andamento del progetto, bensì come processo di individuazione delle strategie di azioni per affrontare in modo soddisfacente i problemi presenti nel SERT, nel territorio, nel Centro di salute mentale. In questa progettazione, proprio perché vi è la convinzione che i problemi possono essere risolti, vi è un investimento consistente a raffinare le strumentazioni concettuali e operative per scomporre i problemi in parti sempre più semplici e quindi trovarne una soluzione. La modalità di concepire la progettazione come problem solving intende rispondere alle caratteristiche dei contesti operativi in cui gli operatori, i dirigenti, i consulenti progettano dei servizi alle persone. Questi contesti sono attraversati da elevata complessità, prodotta da una imprevedibilità costante, incertezza, turbolenza dei processi decisionali dei diversi attori coinvolti nel progetto. Nella quotidianità dei processi lavorativi gli operatori di un Consultorio, di un SERT, ecc., assumono una serie di comportamenti non deducibili da protocolli rigidi uniformi, definiti una volta per tutte e differenziati in ruoli statici; al contrario vi è un continuo instabile di relazioni in cui le decisioni relative all’azione da intraprendere sono il risultato contingente di elaborate inter-azioni tra strategie di individui, gruppi e organizzazioni portatori di interessi e identità molteplici e diversificati. Così degli educatori, per riprogettare un intervento di Educativa territoriale in collaborazione con le associaAnimazione Sociale zioni di volontariato presenti nel quartiere, devono attivare un’analisi attenta e accurata delle azioni impreviste, dei conflitti, delle decisioni, dei cambiamenti inaspettati, degli errori o incidenti di percorso presenti nella realizzazione delle mete prestabilite. L’analisi attenta dei processi organizzativi ed educativi consentirà di raccogliere una serie di dati-informazioni indispensabili per riprogettare il servizio. L’attenzione agli sviluppi concreti, alle cose che succedono nella quotidianità dei processi organizzativi caratterizza il modo di intendere la valutazione nella progettazione come problem solving. Qui l’operatore nel momento in cui deve valutare l’andamento del progetto deve attivare un’osservazione, un’esplorazione diretta sull’inter-azione tra le persone, gruppi e organizzazioni coinvolte nel progetto. In questo approccio la valutazione è intesa come processo esplorativo finalizzato alla produzione di informazioni sui processi che ostacolano la realizzazione del progetto. Se gli operatori di un Centro di informazione lavoro constatano il problema di una bassa affluenza dei giovani al servizio sarà necessaria un’analisi-valutazione attenta e accurata dei processi in gioco nei contesti operativi (ad esempio, una ricognizione dei criteri utilizzati dagli attori per decidere l’orario di apertura, per raccogliere le esigenze degli utenti, per mediare i conflitti tra gli operatori, per distribuire le risorse disponibili, per costruire alleanze con le organizzazioni che si occupano di lavoro, ecc.). In questo processo esplorativo gli operatori raccoglieranno una serie di informazioni sui diversi funzionamenti organizzativi nella attuazione del progetto, informazioni che consentiranno di elaborare una rappresentazione chiara e distinta della soluzione del problema. Il principio ispiratore della valutazione è il miglioramento costante delle strategie utilizzate per ricercare la soluzione soddisfacente dei problemi; ciò è possibile perché è continuamente richiesta una partecipazione diretta e diffusa delle persone, dei gruppi di lavoro, delle diverse organizzazioni coinvolte a valutare l’andamento del progetto. Tutti devono valutare per poter innovare costantemente i prodotti offerti. Quindi, la valutazione è un processo esplorativo che deve accompagnare costantemente lo sviluppo del progetto; in quest’ottica vi deve essere un continuo controllo delle forme e dei modi concreti di attuazione dei progetti. Il controllo quindi è inteso come processo di monitoraggio dell’andamento del progetto. Il mo1999 Novembre 63 I N S E R T O nitoraggio avviene attraverso una serie di rilevazioni ed elaborazioni di dati significativi finalizzate a comprendere i processi di attuazione del progetto. Diventa centrale attivare un processo di feedback fra decisioni e azioni per comprendere le strategie cognitive effettivamente attuate dai diversi attori. La valutazione come analisi del processo è centrale per apprendere competenze e capacità cognitive indispensabili per elaborare progettazioni efficaci ed efficienti. Le conoscenze valutative sono concepite come conoscenze di tipo diagnostico, capaci cioè di cogliere gli aspetti problematici rilevanti e le criticità del processo, in modo da far diventare la valutazione un reale supporto alla progettazione. La diagnosi non è intesa come semplice descrizione dei problemi, bensì è una raccolta dati per giungere alla formulazione dei problemi. La diagnosi delle cause dei nodi critici che ostacolano la realizzazione del progetto deve consentire l’individuazione delle strategie di trattamento del problema. L’individuazione delle strategie avviene attraverso dei giudizi scompositivi, cioè mediante un processo di scomposizione, scotomizzazione dei problemi in sottoproblemi sempre più semplici in modo da poterne ridurre e semplificare la complessità. In questo approccio valutativo vi è un’attenzione consistente a utilizzare dei saperi sempre più specialistici e sofisticati, saperi riconosciuti come dotati di concettualizzazioni e pratiche operative indispensabili per elaborare delle diagnosi sulle cause dei problemi. La scomposizione, selezione, separazione non è solo relativa al problema, ma anche all’individuazione della specifica competenza tecnica-professionale capace di diagnosticare l’origine del problema e di elaborare dei progetti di trattamento efficaci. In questo approccio vi è un impegno notevole finalizzato a individuare strumentazioni concettuali specialistiche e tecnologie sofisticate per garantire e verificare un’efficace scomposizione, selezione e scotomizzazione dei problemi. Infatti vi è, ad esempio, un notevole investimento nell’individuazione di supporti informatici per poter raccogliere dati, nell’incrociare dati quantitativi con quelli qualitativi, nell’elaborazione di tecniche che facilitano la presa di decisioni e quindi l’individuazione delle decisioni, nella costruzione dei programmi che accompagnano i processi di monitoraggio... In questa prospettiva di progettazione si mette in evidenza il valore relativo e locale della conoscenza prodotta attraverso la ricerca valutativa: non potendo attribuire ad essa un requisito di oggettività non è possibile raggiungere alcuna conoscenza universalmente valida. In questo senso il giudizio circa l’efficacia e l’efficienza del progetto è sempre condizionato ai punti di vista del valutare. Nella progettazione come problem solving la valutazione non può essere intesa come un insieme di procedure e metodologie asettiche e neutrali, ma dipendono dall’insieme dei presupposti cognitivi con cui tale osservatore interpreta la situazione. Inoltre non si sostiene il primato di una metodologia su un’altra, bensì l’operatore sociale nel valutare l’andamento del progetto di educativa territoriale può adottare sia metodi quantitativi che qualitativi; la scelta è strettamente collegata all’oggetto e all’obiettivo della valutazione. La valutazione nella progettazione dialogica In quest’ultima parte verrà analizzata la valutazione nella progettazione dialogica attraverso l’esplicitazione delle modalità di concepire il giudizio, il controllo, la verifica. In questa prospettiva sarà messa in gioco 64 Novembre 1999 un’altra categoria concettuale: quella del «valore». La valutazione dialogica come processo di riconoscimento. In questo orientamento proAnimazione Sociale I N S E R T O gettuale è centrale l’assunzione delle caratteristiche e delle specificità dei contesti organizzativi dei servizi alle persone. Nelle organizzazioni ciò che viene prodotto è essenzialmente il risultato del modo in cui i singoli operano e questo modo dipende da ciò che accade nella interazione, nel contatto diretto tra clienti e operatore. In questo senso la produzione dei servizi avviene sul campo e consiste essenzialmente in azioni e interazioni tra i diversi attori compresenti nel processo produttivo. I fruitori, gli acquirenti, gli utenti, i clienti partecipano in qualche modo alla produzione. In questo senso è importante trovare continuamente delle modalità appropriate per attivare il cliente e per evitare che si allontani, si passivizzi e soprattutto non si riconosca nel processo di costruzione delle proposte o del progetto elaborato con il servizio. Una modalità centrale per attivare un processo di riconoscimento è la costruzione condivisa dei significati e del senso del «problema» (4) che spinge il cliente a rivolgersi al servizio e che sollecita negli operatori l’offerta di un intervento, di un aiuto, di una diagnosi. I problemi che i clienti portano a organizzazioni che producono direttamente servizi alle persone sono spesso indefiniti o impliciti: vanno pertanto letti e ridefiniti nei loro specifici significati. La lettura e comprensione dei significati attribuiti ai problemi è un processo sociale di costruzione di convergenze possibili per prefigurarsi, immaginare e quindi progettare dei prodotti capaci di poter far fronte al problema. Nei servizi alle persone la progettazione, quindi, implica un processo «dialogico» finalizzato a mettere in scena, a rendere visibili le diversità, le differenze e le convergenze dei significati attribuiti ai problemi, alle richieste di aiuto e alle offerte dei servizi. La dimensione «dialogica» rimanda alla dimensione della costruzione del problema frutto dell’interazione di «mondi di significati» agiti e interagiti dai clienti e dagli operatori. In questo senso la possibilità di prefigurarsi dei prodotti capaci di poter soddisfare le richieste dei clienti deriva in primo luogo dalla costruzione condivisa dei significati e Animazione Sociale del senso del problema sul quale i diversi attori si mobilitano per progettare delle azioni. Nella progettazione dialogica quindi è importante passare da una rappresentazione individuale ad una costruzione condivisa del problema (condivisione che alimenta, ad esempio, negli educatori, medici e psicologi di un Consultorio l’interesse e la motivazione a supportare il faticoso lavoro progettuale). Ciascun attore o gruppo di progettazione ha infatti, rispetto ai fenomeni che esperisce, una personale e propria rappresentazione e ciò è il frutto della propria esperienza personale e professionale. Ad esempio, un educatore si rappresenta le questioni problematiche presenti nella relazione con l’adolescente a seconda della sua storia di adolescente, delle proprie esperienze professionali, delle culture apprese (rappresentazione che influenzerà l’elaborazione del progetto educativo). Nella progettazione dialogica, quindi, è importante attivare un processo cognitivo finalizzato a costruire con i diversi attori il significato e il senso del problema. È essenziale che l’educatore attivi un processo di scambio, comunicazione, negoziazione dei significati contenuti nella sua rappresentazione di adolescenza con le rappresentazioni elaborate dallo stesso adolescente, dai colleghi o dai famigliari coinvolti nel progetto. In questo processo non si tratta di avere una rappresentazione chiara e distinta, bensì di costruire il problema. Un elemento cruciale è, però, l’assunzione dell’estrema dinamicità della costruzione del senso; dinamicità prodotta dal fatto che le persone, i gruppi e le organizzazioni spesso dichiarano di attribuire un significato ai problemi, all’oggetto di lavoro, ma di fatto nei contesti operativi agiscono delle attribuzioni che sono espressione di altri significati. Queste discrepanze, scissioni, scarti, slittamenti tra quello che si decide e si fa, tra quello che si pensa e si agisce, tra i significati dichiarati e quelli latenti possono essere assunti o come manifestazione di una mancanza, di un errore, di una strategia sbagliata da correggere, oppure come rilevatori di significati che le persone hanno (4) Cfr. l’articolo di Achille Orsenigo in quest’inserto. 1999 Novembre 65 I N S E R T O effettivamente costruito all’interno di uno specifico contesto operativo. In questo senso, spesso, sono le azioni che rivelano i significati costruiti in un SERT, ad esempio rispetto al problema di una scarsa attenzione alle richieste delle famiglie. Per poter rilevare, rendere visibili i significati agiti nell’interazione è importante attivare un processo di valutazione. Questa deve facilitare il riconoscimento, lo svelamento, l’identificazione dei significati messi in atto nelle azioni. La valutazione diventa, però, dialogica nel momento in cui contribuisce a ri-conoscere i significati costruiti socialmente, cioè dalle diverse persone coinvolte nella realizzazione del progetto. Le persone e/o i gruppi attraverso questo lavoro di riconoscimento ri-costruiscono i significati differenti attribuiti all’oggetto di lavoro. Riconoscimento che consente di condividere il problema, di ripuntualizzare l’importanza di investire tempo e risorse per riascoltare e riosservare le mappe cognitive attivate durante la realizzazione degli obiettivi, di partecipare a un processo «collettivo» di progettazione. La valutazione nella progettazione dialogica è un lavoro conoscitivo che contribuisce a rendere maggiormente «pubblico», condiviso il processo di costruzione dell’oggetto di lavoro. Criticità nelle costruzioni del giudizio. Nella progettazione dialogica è importante attivare un processo di partecipazione diretta delle persone nell’elaborazione e nella valutazione del progetto. La centralità della partecipazione attiva una criticità rispetto alla formulazione del giudizio sul progetto. La criticità è relativa al fatto che la partecipazione diretta delle persone nella condivisione dei significati dei problemi del servizio (condivisione indispensabile per mobilitare e suscitare l’interesse delle persone a sentirsi parte attiva del progetto) può sviluppare dei processi di forte identificazione con il progetto; identificazioni che se da un lato consentono di tutelare e prendersi «cura» dell’andamento del lavoro progettato, dall’al66 Novembre 1999 tro però fanno sì che qualsiasi giudizio sulle azioni rischi di diventare un giudizio sulle persone. Questa sovrapposizione genera difatti una serie di timori e resistenze a sentirsi, anche, parte attiva nella valutazione. Ciò che permette di accettare la dimensione giudicante nella valutazione (almeno in parte o per un certo periodo) probabilmente non è tanto l’insieme delle precauzioni che sembrano garantire neutralità, quanto la contestualizzazione del giudizio ad un ambito circoscritto, esplicitato, in cui sono precisate le posizioni dei soggetti in campo e soprattutto è rappresentato in modo abbastanza consistente l’oggetto di lavoro della progettazione. Se ci si può identificare realmente con i contenuti del progetto si possono tollerare riscontri su ciò che via via si va sviluppando, anche se sono disconfermanti rispetto agli sforzi di conoscenza/azione che si stanno facendo. In questa conoscenza valutativa diventa quindi importante sottolinearne la dimensione produttiva a livello di costruzione di senso e significato, cioè la necessità di ritornare sulle azioni non per giudicare gli scarti rispetto a quello che è stato deciso precedentemente e tantomeno per individuare delle strategie più soddisfacenti per risolvere i problemi, ma per assumere le azioni come rivelatrici di materiale interessante per poter formulare un giudizio condiviso, ad esempio, sul livello di assunzione dell’oggetto di lavoro. In questa prospettiva diventa essenziale coniugare e connettere i diversi livelli in gioco nella valutazione evitando in questo modo le separazioni e le scissioni. È importante mettere in relazione questi livelli perché sono costantemente compresenti nella valutazione. Ad esempio, rispetto ad un progetto complessivo del SERT è importante ri-conoscere come le persone si collocano, connettono, mettono insieme questi diversi livelli di giudizio: sulla qualità sociale: accessibilità alla prestazione e non solo dal punto di vista dell’organizzazione del lavoro, ma anche dei costi economici, emotivi e culturali per l’utente (accettabilità della prestazione, ossia grado di soddisfazione dell’utente); Animazione Sociale I N S E R T O sulla qualità economica (definibile in termini di efficienza, misurabile come rapporto tra spesa globale e tipo di servizio offerto); sulla qualità tecnica professionale (correttezza e adeguatezza delle prestazioni fornite); sulla qualità delle persone: sono disponibili, motivate, ecc. Il controllo del senso e del significato. Nella valutazione dialogica una delle criticità più rilevanti nella valutazione è la consapevolezza che i valutatori hanno quadri concettuali, mappe cognitive per comprendere e interpretare i dati circa l’andamento del progetto. Una delle possibilità di formulare dei giudizi che facilitino la costruzione condivisa dei problemi è strettamente collegata al «controllo» delle concettualizzazioni agite durante la valutazione del progetto. Il termine «controllo» ha le sue radici etimologiche nella parola francese contre-rôle corrispondente a «contro-registro», «registro tenuto in doppia copia» che permette di garantire l’esattezza delle operazioni compiute, riscontrarle e insieme esaminarne la validità. Da qui il significato si amplia al «giudicare autorevolmente il lavoro». Nella valutazione dialogica una parte del registro sono le culture personali, organizzative, professionali legate alla propria biografia che orientano l’attribuzione di senso e significato alle azioni. Sono le mappe cognitive, le routine, gli scripts, gli ideali appresi lungo la nostra storia professionale e personale che alimentano i significati e il senso delle cose che osserviamo e ascoltiamo. Spesso una scarsa consapevolezza di queste «culture» ci fa scambiare le definizioni da noi formulate sulle cose in realtà oggettiva. Come è stato affermato nel precedente articolo, i problemi non esistono di per sé, ma sono delle costruzioni sociali. La puntualizzazione delle mappe cognitive ci consente di esplicitare volta per volta la provenienza del senso e del significato delle azioni e delle strategie attivate dai clienti e dagli operatori; la comunicazione e lo scambio delle diverse concettualizzazioni custodite nella propria storia professionale e non consentono di costruire altre «culture» e quinAnimazione Sociale di una rappresentazione condivisa delle questioni problematiche che ostacolano lo sviluppo del progetto. In questo senso il controllo sulle azioni degli operatori ha un’utilità se contribuisce a ri-conoscere i significati rilevati dalle azioni: ad esempio, il fatto che l’educatore non faccia dei colloqui con i genitori dell’adolescente pur avendolo progettato, implica un controllo sui significati attribuiti dall’operatore che hanno reso legittima la scelta di non realizzare gli incontri. Nella valutazione dialogica la ricerca di rendere visibili le routine utilizzate per riconoscere i significati impliciti nelle azioni consente di prendere contatto con le questioni relative alla verifica. La verifica come rendere visibile. La verifica nella progettazione dialogica è finalizzata a poter vedere in modo più adeguato ciò che si sta facendo o si è fatto, prende consistenza in quanto porta a qualche cosa di «vero», a qualche cosa che è riconosciuto come attendibile, prendibile, significativo dai diversi soggetti. Se non esiste una verità assoluta, è «vero» ciò che può essere ritenuto «giusto», «autentico», «effettivo» da chi è presente e partecipante nel contesto sociale. Per la progettazione dialogica il valutare attraverso queste dimensioni di «verifica» è particolarmente importante. Se il «controllo» permette di vegliare sulle attribuzioni dei significati di ciò che singoli e gruppi agiscono nella quotidianità dei processi lavorativi, la «verifica» consente di mettere a fuoco la pertinenza rispetto alla realtà che si incontra, la congruenza del progettare con le caratteristiche specifiche dell’ambito relazionale, organizzativo e sociale in cui il progetto stesso può trovare realizzazione. In un certo senso tiene viva nel corso della progettazione una domanda del tipo: «Il progetto a cui stiamo lavorando è “vero” per coloro che sono coinvolti? È portatore di “verità” ovvero di significati riconosciuti nella realtà che affronta?». E le risposte che emergono indicano le strade per ricercare e precisare il senso di ciò per cui si progetta. La verifica dei risultati di un progetto può 1999 Novembre 67 I N S E R T O essere attivata attraverso molteplici strumenti di rilevazioni e analisi; quello che sembra essere interessante sottolineare è che il risultato di un progetto, ad esempio di inserimento lavorativo, dipende dal fatto che la persona in difficoltà ne riconosca un «valore» per sé, cioè un’utilità, un vantaggio. In questo senso la verifica del risultato del progetto è strettamente collegata a rendere «pubblici» i significati attribuiti. Tutto ciò implica almeno due ordini di difficoltà: una è legata al riuscire a rendere la realtà sempre più «trasparente». Se per controllare è indispensabile avere delle descrizioni puntuali, per verificare è essenziale che i diversi aspetti della realtà chiamati in causa dalla progettazione traspaiano, ovvero risaltino, si rivelino o possano essere rilevati, escano dall’opacità e dalla monotonia dei pareri sommari e pre-pensati; l’altra difficoltà è legata al capire e riconoscere i significati che il progetto assume o può assumere, significati non necessariamente univoci. Ad esempio, un Progetto giovani che si va sviluppando prende una strada che è considerata positiva in quanto risulta rassicurante per gli adulti, per operatori e responsabili dei servizi o in quanto incontra delle fasce giovanili lontane e refrattarie a qualsiasi rapporto con le istituzioni? La valutazione come costruzione di valore. Nella progettazione dialogica si pongono al centro le questioni legate al riferimento ai «valori» nel momento in cui si intende valutare un progetto. Se, per ipotesi, dovessimo dare una valutazione di un progetto, dovremmo poterne indicare il valore. Con che cosa lo andiamo a identificare? A seconda del punto di vista (il contesto) da cui si valuta vengono messi in primo piano dei Valori (con la V maiuscola perché valgono più di altri). Se si valuta entro un ambito finanziario, sarà molto considerato un progetto che assorbe o ottiene dei finanziamenti molto consistenti; se si valuta entro un ambito amministrativo avrà più valore il progetto che si presenta dotato di tutti i requisiti richiesti. 68 Novembre 1999 Nei fatti, però, non si ha molta dimestichezza con l’area dei valori. Nella nostra società i valori sono diffusi nella vita quotidiana, li pratichiamo, confermandoli o disconfermandoli, ma non sempre riusciamo a riconoscerli e a nominarli. Alcuni, ad esempio il denaro oppure la tecnica, sono valori sociali talmente ribaditi da essere quasi considerati universali e quindi sono più individuabili e anche criticabili. Sono consolidati, ma appaiono anche relativamente sterili. Altri vengono affermati in astratto, come la dignità della persona umana, la solidarietà nei confronti di chi soffre, la democrazia, la partecipazione: sono sostenuti da gruppi o da istituzioni che se ne fanno paladini ed è come se restassero appannaggio solo di parti della società, oppure sono tenuti in cassaforte e ostentati solo in alcune occasioni ufficiali, in cui non si può fare a meno di indossarli. I valori sociali, quelli che tutto sommato reggono l’esistenza di una convivenza sociale, restano per lo più impliciti, sono poco rappresentati, confinati nel non riconosciuto e nel non detto o così scontati da essere ovvi o così vaghi da non poter essere formulati. Per cui ci si può accingere a una progettazione senza esporre per quali e con quali valori ci si mobilita, ci si aggrega, si investe, si opera. Si ha una sorta di astensione, collegata anche al fatto che le rappresentazioni circolanti di molti valori sociali sono assai rozze e quindi sarebbero necessarie importanti elaborazioni per non banalizzare o per non trovarsi in contraddizione. Rimane una scatola nera in cui sono concentrati gli elementi cruciali per capire il percorso, ma non si apre, a volte, nemmeno in caso di disastro. Il riconoscimento e la chiarificazione dei valori sono richiesti anche per la peculiarità dei progetti nel sociale, che non possono essere valutati direttamente in funzione dei risultati che raggiungono: non essendovi nella società delle interazioni tra fenomeni riconducibili a rapporti lineari di causa-effetto, non si sa mai se quello che appare o che è auspicato come esito di un’attività è dovuto a quello o ad altro; non si sa neppure se Animazione Sociale I N S E R T O dei risultati attesi sono realistici e se i problemi stessi sono affrontabili; d’altro lato si possono avere inattesi effetti positivi, che possono non essere ravvisati. È essenziale pertanto che siano dispo- nibili delle indicazioni di valore perché la valutazione sia aperta ed efficace, perché possa essere complessiva e comprensiva e perché possa quindi orientare e riorientare l’azione. La valutazione come apprendimento sociale Le elaborazioni sviluppate sulla progettazione dialogica sono influenzate da una concezione delle organizzazioni orientate al cliente. Si è più volte sottolineato la centralità della partecipazione diretta dei clienti alla produzione dei servizi. Il prodotto è frutto dell’interazione tra operatori e clienti. Le domande che i clienti portano ai servizi diventano i motori della progettazione dialogica. Per poter rispondere alle domande di aiuto è necessario un continuo lavoro di comprensione, esplicitazione, interpretazione dei significati impliciti, oscuri, sottesi nei problemi, nei disagi, nelle sofferenze dei clienti; un lavoro conoscitivo che deve facilitare la costruzione degli orientamenti progettuali condivisi dai diversi attori presenti nell’interazione; orientamenti che consentono di prefigurare, di coprogettare dei prodotti capaci di far fronte alle situazioni problematiche. Per costruire degli orientamenti efficaci è essenziale attivare la partecipazione dei diversi attori interessati più o meno direttamente al progetto. L’efficacia del prodotto pensato e progettato è strettamente collegata alla possibilità dei diversi attori di partecipare alla costruzione del senso e del significato delle scelte, delle decisioni, delle strategie intraprese per trattare, gestire, risolvere il problema condiviso; una partecipazione che consente di attivare e riconoscere i processi di coprogettazione del prodotto. L’attivazione e il riconoscere sono due movimenti cognitivi ed emotivi centrali nella progettazione dialogica dei servizi alle persone. La relazione tra gli operatori e i clienti consente di attivare una possibile prefigurazione del prodotto; il riconoscere i siAnimazione Sociale gnificati e il senso delle azioni e degli eventi aiuta a rendere visibili e apprezzabili i risultati raggiunti nel contesto relazionale. Il riconoscere è un’azione conoscitiva che consente agli operatori e ai clienti diretti e indiretti di valutare, di attribuire un valore alle decisioni, alle scelte, ai cambiamenti attivati nell’interazione. In questo modo, un prodotto prefigurato, progettato assume una validità, un’efficacia se le persone ne riconoscono un significato-valore per sé e un senso per la propria esistenza. La valutazione come processo di riconoscimento è un momento indispensabile nella progettazione dialogica perché consente di costruire un valore socialmente condiviso alle azioni attivate, un valore che legittimi l’importanza di investire tempo e risorse. Una conoscenza che nel valutare consente di rendere visibile, dicibile la diversità dei valori messi in gioco nell’attribuire senso e significato ai problemi che attraversano l’organizzazione, il territorio in cui viviamo e lavoriamo. Valori che orientano, ad esempio, le scelte, le decisioni circa la distribuzione delle risorse sociali e che nella realtà quotidiana generano spesso contrapposizioni, lacerazioni, separazioni. Ma nello stesso tempo la valutazione nella progettazione dialogica consente di riconoscere come sia stato possibile in queste differenze valoriali la costruzione parziale di alcune convergenze che hanno reso possibile l’attivazione del progetto. Il processo di riconoscimento delle parole, dei linguaggi usati per attribuire significato e senso alle azioni consente di creare degli apprendimenti sociali. In questo apprendimento si sperimenta «processo di co1999 Novembre 69 I N S E R T O struzione del valore» che facilita la stessa possibilità della dialogicità nella progettazione. Apprendimenti sociali che alimentano il patrimonio culturale dei contesti organizzativi, territoriali in cui si progetta e dei significati costruiti collettivamente. In questi apprendimenti si sperimentano processi che consentono a tutti gli attori coinvolti nella progettazione di essere degli attori attivi nella valutazione dell’andamento del lavoro. Difatti, se le persone non sono messe nelle condizioni di conoscere e riconoscere nella relazione educativa, terapeutica, di «cura» il «valore» per sé e per altri dell’interazione costruita si collocheranno nel contesto comunicativo in una posizione passiva e subordinata. Posizione che produce o l’attesa dell’autorità che fornisca il significato e il senso delle cose e quindi il valore delle azioni, o la ripetizione degli eterni comportamenti (la cosiddetta cronicità), o la delega nei saperi ufficiali. La valutazione come «processo di costruzione del valore» socialmente riconosciuto nelle azioni è finalizzata a poter riconoscere nelle azioni e a partire dalle azioni i «significati» messi in gioco dalle persone nella realizzazione del progetto. Significati che orientano le azioni, le selezioni delle informazioni, le interpretazioni degli eventi, i pesi e le misure delle diverse decisioni, ecc. Riconoscere il valore sociale, pubblico delle azioni implica una conoscenza valutativa che consente di scoprire come le persone nelle situazioni contingenti hanno agito il loro «mondo di significati» di riferimento, ma anche come hanno costruito dei possibili nuovi mondi per produrre convergenze progettuali. In questo senso la valutazione è efficace se contribuisce ad alimentare, incrementare i mondi di significati di riferimento. Alimentazione che produrrà degli effetti innovativi e costruttivi nella produzione dei servizi. La valutazione come costruzione del valore «pubblico», quindi, consentirà di intravedere delle nuove possibilità progettuali, nuove strategie, nuove azioni. Se gli operatori, i consulenti, i dirigenti orientano la valutazione esclusivamente sulla verifica delle prestazioni senza andare a riconoscere il valore di fondo attribuito alle azioni rischiano di alimentare delle conoscenze che confermano o riproducono l’esistente. Conoscenze che occultano definitivamente il faticoso lavoro sotteso nella ricerca della «convergenza» progettuale in un contesto in cui esiste un continuo conflitto di valore. Se la valutazione non accompagna gli operatori a «costruire valore» all’azione non potrà che essere scissa dalla progettazione. QUATTRO PASSAGGI CRITICI NELLA PROGETTAZIONE L’INSERTO GLI AUTORI UN QUADERNO L’inserto è l’ultimo della serie curata dallo Studio APS di Milano e dedicata alla «progettazione sociale». Il primo (dicembre ’97) ha riflettuto sui nodi critici e sui diversi approcci alla progettazione. Il secondo (aprile ’98) si è incentrato sulla progettazione come costruzione di mondi possibili, l’integrazione fra progetti, il trattamento dei dati. Il terzo (novembre ’98) ha scavato intorno alla dimensione del potere tra fiducia e ascolto nella progettazione dialogica. Francesco d’Angella - consulente e formatore - via Vanchiglia 20 10124 Torino - tel. (011) 8178392 e-mail: [email protected] Franca Olivetti Manoukian - consulente e formatore - Studio APS - via San Vittore 38/a - 20123 Milano - tel. (02) 4694610 - e-mail: [email protected] Achille Orsenigo - consulente e formatore - Studio APS - via San Vittore 38/a - 20123 Milano - tel. (02) 4694610 - e-mail: [email protected] La redazione dell’inserto è a cura di Roberto Camarlinghi. Come illustrato in quarta di copertina, il lungo lavoro sulla progettazione sociale è stato raccolto in un Quaderno dal titolo La progettazione sociale (pp. 192, L. 20.000). Dentro l’approccio dialogico che è andato progressivamente delineandosi, è importante proseguire la ricerca, ascoltando esperienze di progettazione sociale e provando di volta in volta a rielaborare le indicazioni metodologiche che se ne possono trarre. I lettori sono invitati a mandarci esperienze, intuizioni, elaborazioni. 70 Novembre 1999 Animazione Sociale Campagna abbonamenti 2013 Leggere aiuta a vedere “La scrittura registra il lavoro del mondo. Chi legge libri e articoli, eredita questo lavoro, ne viene trasformato, alla fine di ogni lettura è diverso da com’era all’inizio. Se qualcuno non legge libri né giornali, ignora quel lavoro, è come se il mondo lavorasse per tutti, ma non per lui.” (Ferdinando Camon) Abbonamenti 2013 Animazione Sociale Privati € 45 (Biennale € 81 - Triennale € 118) Enti pubblici e privati, associazioni e cooperative € 65 (Biennale € 124 - Triennale € 178) Studenti (timbro scuola) € 34 - Estero € 70 Animazione Sociale + Narcomafie Privati € 68 Enti pubblici e privati, associazioni e cooperative € 83 - Estero € 130 Modalità di pagamento carta di credito online (Visa, Mastercard) sul sito www.animazionesociale.gruppoabele.org e cliccando sull’apposito link c/c postale - nr. 155101 (specificando la causale) intestato a Gruppo Abele Periodici - corso Trapani 95 - 10141 Torino bonifico bancario versamento per Associazione Gruppo Abele (specificando la causale) Iban: IT21 S050 1801 0000 0000 0001 803 (Banca Popolare Etica) disegno di Guido Scarabottolo 2013 Una e-mail, un fax o un sms Giochiamo sulla fiducia. 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