Sainte-Mère Église

Transcript

Sainte-Mère Église
Oggi ci svegliamo abbastanza presto perché dobbiamo “intercettare” la direttrice del nostro Etap Hotel per
risolvere il piccolo problema di ieri con la prenotazione. Ci vestiamo in fretta e scendiamo in reception: la
direttrice è molto gentile e disponibile, e oltretutto parla un inglese con i fiocchi - ergo, problema risolto! Il
pagamento era stato effettuato ma Etap non ne aveva avuto conferma dai sistemi informatici di
prenotazione del gruppo Accor (maledetti computer, rovinano il mondo - l’ho sempre detto!).
Il programma di oggi prevede un tour sommario dei luoghi storici relativi alla battaglia di Normandia del
1944. Certo, questi luoghi meriterebbero più tempo per essere visitati, ma soprattutto meditati: qui
migliaia di uomini e donne - di parte francese, americana e tedesca - hanno perso la vita, e solo per questo
motivo dovremmo tutti riflettere non tanto sui meri eventi storico-militari, quanto sul prezzo inestimabile
che ha la libertà e su quanto orrore e miseria spirituale porta la guerra. Ammetto di essere impaziente: ho
una grande passione per la storia e di conseguenza questo è uno dei momenti della vacanza che più
attendevo... prima di partire ho stressato la povera Sara fin troppo per pianificare un itinerario che toccasse
più tappe possibili e per documentarci un minimo sui dettagli storici. Ma dobbiamo dire che alla fine ne è
valsa la pena!
Nella nostra descrizione daremo dei riferimenti minimi agli eventi storici, senza entrare troppo nei dettagli.
Partiamo!
Sainte-Mère Église
Puntiamo ad ovest verso l’inizio della pensisola del Cotentin: la nostra meta è il villaggio di Sainte-Mère
Église, che si trova a circa 60 km da Bayeux. Da qui, “ritorneremo” verso est seguendo il litorale e visitando
le località più notevoli, con particolare attenzione alle spiagge dove ha preso vita l’operazione Overlord il 6
giugno del 1944. Sainte-Mère Église è famosa per essere stato il primo comune francese ad essere liberato
dai nazisti nella notte del D-DAY, ad opera dell’82° e della 101° divisioni aereotrasportate: alle sue sorti è
legata la celeberrima storia del soldato John Steele, che rimase impigliato con il suo paracadute su una
guglia del campanile della chiesa del paese e si salvò, fingendosi morto, dal fuoco nemico che impazzava
nella sottostante piazza contro i suoi colleghi d’arma.
Una volta arrivati in paese, troviamo senza alcuna difficoltà parcheggio nella via principale, compriamo
quattro bei croissant in boulangerie e ci godiamo la nostra colazione seduti su una panchina nella piazza
principale. La vista è splendida: la chiesa di Notre-Dame de l’Assomption sulla quale campeggia il
“manichino paracadutista” che rievoca l’avventura di Steele. La chiesa è tutta fatta di ardesia nera - non
solo il tetto: il suo interno ha pochi punti luce, è come immaginabile (visto anche che il cielo è velato) è
poco luminoso, ma ciò nonostante si respira una spiritualità incredibile. Nella piazza sono presenti tabelloni
che raccontano quella fatidica notte, anche con l’ausilio di foto d’epoca: me n’è rimasta impressa una dove
una colonna di soldati americani, all’imbrunire, percorrono la via principale del paese (uno di loro a cavallo
di un asino), rastrellando le case circostanti in cerca di soldati tedeschi.
Altra tappa obbligata qui a Sainte-Mère Église, a pochi passi dalla piazza, è il grande Museo Airborne,
dedicato in modo speciale al corpo dei paracadutisti e che raccoglie una serie di cimeli di guerra notevoli. La
struttura è organizzata su due padiglioni, sorti attorno ad altrettanti velivoli d’epoca - un aliante WACO ed
un C-47 - che sono stati lasciati nella loro posizione originale d’atterraggio e restaurati. All’ingresso del
museo campeggiano un carro armato, postazioni di contraerea, due jeep ed un obice di fattura americana.
Per visitare i padiglioni ci vuole veramente un sacco di tempo, ed è consigliabile arrivare conoscendo già a
grosso modo come sono andati gli eventi storici dal momento che la contestualizzazione storica dei reperti
è scarsa. La visita è organizzata lungo vetrinette che si dispongono circolarmente attorno ai due velivoli, che
sono stati “popolati” di manichini vestiti ed equipaggiati di tutto punto. Nelle vetrine sono esposti cimeli
americani, tedeschi e francesi di rara fattura ed alcuni in straordinario stato di conservazione: sono tutti
oggetti ritrovati nelle vicinanze del paese e per lo più donati volontariamente dalla popolazione nei
decenni. Si ammira di tutto: dalle armi leggere (pistole, fucili, semi-automatiche) alle armi pesanti
(mitragliatrici, bazooka, panzer-faust), dai manifesti americani incitanti alla resistenza ai giornali d’epoca,
dagli strumenti medici usati per operare sul campo ai generi di prima necessità come le razioni, le sigarette
ed i kit per la rasatura, dalle cartine di atterraggio alle mostrine, dalla corrispondenza post-bellica dei
soldati con gli abitanti del paese alle uniformi. Insomma, se vi piace questo genere di cose, siete nel posto
giusto: io ci sarei rimasto per ore ed ore, e mi sono anche commosso come una mammoletta quando ho
letto il racconto dell’amicizia tra un soldato americano ed uno tedesco nata proprio durante i giorni della
battaglia di Normandia (io difficilmente piango per qualcosa di non tragico, ho detto tutto...).
Utah beach (Sainte-Marie du Mont)
Tra una foto e l’altra - mannaggia! - la batteria della macchina fotografica ha perso già di tono...e sono solo
le 11 del mattino! Il tempo è tiranno, dunque si prosegue verso una meta non prevista, ma visto che il sole
sta spuntando....Utah beach! Lasciamo l’auto in un grande campo e ci dirigiamo a piedi verso i bianchi
monumenti commemorativi che ricordano lo sbarco americano, posti sulla cima di una collina artificiale
(sotto c’era un bunker tedesco) alla quale si accede attraverso un’ampia scalinata. Da qui si ammira la
bellezza della spiaggia di sabbia fine...una cosa che mi incuriosisce molto è il constatare la serenità di questi
luoghi, meta delle visite di migliaia di visitatori ogni anno: sembra di osservare una spiaggia dove nessun
uomo ha mai messo piedi, le case più vicine sono a poche decine di metri dal mare e sono piccole tenute di
campagna. Facciamo quattro passi sulla sabbia, raccogliamo un po’ di conchiglie...ci rilassiamo! La brezza è
leggera e il cielo si sta sgombrando dalle nubi.
Pointe du Hoc (Cricqueville-en-Bessin)
Il fuoriprogramma ad Utah ci costringe purtroppo a saltare la visita al cimitero di guerra tedesco di La
Cambe: la cosa ci spiace perché trovavamo giusto visitare un camposanto tedesco che uno americano (per
“par-condicio”, si direbbe), ma purtroppo andare a La Cambe ci farebbe deviare troppo dal percorso
stabilito e sacrificheremmo altre mete. Decidiamo quindi di fare i conformisti e di visitare - nel pomeriggio solo il cimitero americano di Colleville-sur-mer.
Proseguiamo verso Criqueville-en-Bessin, dove in località Insigny-sur-mer si trova il Ranger Memorial, sul
promontorio di Pointe-du-Hoc. Tutta quest’area è stata pesantemente craterizzata dai colpi d’artiglieria
provenienti dalle navi da guerra alleate che cercavano di distruggere il bunker dove alcuni cannoni tedeschi
stavano mettendo a serio repentaglio gli sbarchi di truppe nelle spiagge vicine (come Omaha): già arrivando
a piedi verso la sommità della scogliera si apprezzano questi immani crateri, alcuni di più di una dozzina di
metri di diametro e tutti ricoperti d’erba. Il percorso di avvicinamento ai bunker si snoda su sentieri sterrati
che lambiscono i crateri. Il bunker principale è circolare ed è posto sulla sommità di una ripidissima
scogliera rocciosa e reca un obelisco di pietra ad imperitura memoria dell’impresa compiuta da un
manipolo di soldati ranger americani, addestrati alla scalata su roccia, la cui disperata missione fu di
raggiungere questo bunker dal basso, sotto il fuoco diretto nemico, per mettere fuori combattimento i
cannoni tedeschi. La sorte volle che mentre i ranger scalavano la parete e subivano pesanti perdite, i
tedeschi riuscissero a spostare altrove l’artiglieria vandificando così in parte il sacrificio della scalata. E’
tuttora possibile entrare nelle spoglie e labirintiche viscere del bunker tedesco: entrare lì dentro - così
come guardare a picco sulla scogliera - ti fa quasi immaginare l’infuriare della battaglia.
Omaha beach (Saint-Laurent-sur-mer)
La prossima tappa è la celeberrima Omaha beach. La spiaggia è molto estesa, ricade su tre comuni:
Vierville-sur-mer, Saint-Laurent-sur-mer e Colleville-sur-mer. Noi siamo diretti nell’area dove si trovano i
monumenti commemorativi dello sbarco, che si trova nel comune di Saint-Laurent-sur-mer. Sono circa le
14:30 e prima di scendere fino alla spiaggia ci fermiamo ad una tavola calda in stile “Happy days” dove ci
mangiamo una baguette veloce: il posto, come è immaginabile, è frequentato anche da turisti americani
anche se vista l’ora tarda si sta svuotando. Scendiamo verso il litorale e parcheggiamo poco prima di una
grande rotonda...tra essa e la spiaggia vera e propria si trovano due grandi monumenti. Il primo assomiglia
ad una grande pinna di pietre quadrate e porta scritto in altorilievo: “the allied forces landing on this shore
which they call omaha beach liberate europe - june 6th 1944”. La spiaggia è abbastanza frequentata
(nonostante si sia di nuovo annuvolato e ci sia vento, qualche temerario fa il bagno!) ed assieme a noi
salgono sul basamento del monumento alcuni bambini che giocano a rincorrersi...sono piccoli, non hanno
idea di cosa è successo su questa spiaggia, e mi auguro che quando cresceranno possano vivere in un
mondo dove non ci sia bisogno di ricordare simili eventi a difesa della pace. Più in là, sul bagnasciuga, si
trova il secondo monumento: di recente costruzione (2004, il sessantenario del D-DAY), è costituito da
“vele” e pilastri metallici che prorompono dalla sabbia. Tutto intorno sventolano impetuose le bandiere di
vari stati (Francia, USA, Germania, Regno Unito, Canada, Olanda, Norvegia e Polonia). Facciamo quattro
passi su un piccolo pontile per scattare alcune foto, ma il vento è davvero fastidioso e dunque decidiamo di
proseguire il percorso. Stare qui, nonostante la calma e la rilassatezza dell’ambiente e dei turisti, lascia il
cuore triste...e questa sensazione aumenterà a dismisura nella prossima tappa.
Cimitero di guerra americano (Colleville-sur-mer)
Come deciso, ci muoviamo verso il cimitero di Guerra Americano di Normandia a Colleville-sur-mer. Già dal
parcheggio enorme e con area pulmann, capiamo che questo è uno dei posti più visitati della zona: forse,
ma sto azzardando, è il luogo di Francia più visitato dai turisti americani. Come tutti i cimiteri di guerra,
questo è suolo americano: all’entrata si fa la fila - che scorre via abbastanza velocemente - per passare il
controllo degli zaini con metal detector e la loro ispezione. Una volta entrati, ci rendiamo conto che il
camposanto è davvero immenso ed il verde è perfettamente tenuto...ci sono ampie aiuole, siepi, grandi
alberi, è un luogo che ispira pace. Senza contare che si gode di una magnifica vista sul mare e su Omaha
beach - che volendo si può anche raggiungere attraverso un tortuoso sentiero immerso nel verde. A poche
decine di metri si apre una vista incredibile: un’immensa area tombale rettangolare lunga circa 400 metri,
alla quale si accede costeggiando un ampio stagno di ninfee. All’estremità da cui arriviamo si trova il
Memorial, monumento agli oltre 1500 caduti americani della battaglia di Normandia che non sono stati
identificati o ritrovati: è costituito da una piccola “piazza”ornata con alberi e fiori, con al centro un’altissima
statua rappresentante il sacrificio dei militi ignoti. Tutto attorno alla statua c’è un ampio porticato
semicircolare sul quale sono scritti i nomi dei soldati e cartine che spiegano le principali fasi dell’impegno
USA nella Seconda Guerra Mondiale.
Attraversiamo lo stagno rettangolare e ci troviamo nel camposanto vero e proprio, che conta 9387 croci
bianche, organizzate a matrice e raggruppate in sezioni divise qua e là da piccole aiuole. Ogni fila è
numerata, di modo che ogni tomba possa essere rintracciata. Su ogni croce c’è scritto un nome, un
cognome, un grado militare, una data di morte e uno stato americano di nascita. Sotto ogni croce, c’è una
vita che è stata spezzata per un motivo inutile: la guerra... e vedendo sepolti qui sotto ai tuoi piedi dei
ragazzi della tua età o anche più giovani, bè, ti fai delle domande. Te ne fai tante!!! E anche quando il tuo
sguardo “screma” tra i turisti e riconosce molte persone che vengono qui a trovare i propri cari che non ci
sono più, portando fiori e pregando.
Questo è un posto dove avremmo voluto trascorrere molto più tempo, per svariati motivi...ma purtroppo il
tempo ci indica la via del ritorno, e dunque torniamo all’ingresso e scendiamo sottoterra, dove si trova il
Visitor Centre: un’immensa area pensata per “raccontare” la guerra come l’hanno vissuta gli americani,
attraverso strumenti multimediali e molti reperti. Nel particolare, ci sono schermi che proiettano filmati
d’epoca, foto e l’audio registrato dai soldati sopravvissuti che raccontano i momenti e i ricordi delle
battaglie e della loro vita sotto le armi. Noi purtroppo vediamo il Visitor Centre molto di fretta, un quarto
d’ora e siamo già fuori, ma vi consigliamo di visitarlo bene se potete: è un luogo adatto anche a raccontare
le vicende di guerra ai più piccoli o a chi non conosce molto bene la storia (a patto però che parliate e
leggiate l’inglese e/o il francese!).
Longues-sur-mer
Riprendiamo l’auto mentre si sta facendo tardo pomeriggio e un timido sole è ricomparso all’orizzonte.
Oggi è una giornata molto....normanna come tempo atmosferico! :-) Ci dirigiamo verso Arromanches-lesbains, ma prima di arrivare e appena lasciata alle nostre spalle Port-en-Bessin, ci fermiamo poco fuori dal
villaggio di Longues-sur-mer perché qui si trovano delle batterie di cannoni tedeschi molto ben conservate.
Ci si arriva a piedi attraverso uno sterrato di poche decine di metri, tra i campi di grano. Ogni cannone si
trova in un bunker semicircolare ed aveva il chiaro intento di sparare alle navi sulla Manica: ovviamente i
tedeschi avevano predisposto queste armi per contrastare la flotta di invasione anglo-americana. I cannoni
sono ancora puntati verso il mare, uno di loro è anche rialzato a circa 60° dal terreno! Entriamo nei bunker
e constatiamo che i meccanismi di puntamento e rotazione dei cannoni sono stati lasciati quasi intatti.
Gold beach e Port Winston (Arromanches-les-bains)
Proseguiamo verso l’ultima tappa di oggi: Arromanches-les-bains. Qui si trova Gold Beach, teatro dello
sbarco delle unità inglesi e luogo notevole per la presenza dei resti di una delle più incredibili opere di
ingegneria mai realizzate: un porto artificiale costruito con compartimenti metallici assemblati sul Tamigi e
trasportate qui per via navale. Questo porto fu chiamato Port Winston (in onore di Churchill) e la sua
costruzione fu necessaria per garantire un punto di sbarco di uomini, mezzi e merci sulle coste normanne
che fosse protetto dalle maree e dalle intemperie della Manica. Siccome nessuna delle spiagge del D-DAY
era per sua natura adatta a permettere attracchi sicuri (tant’è che non ci sono porti), allora gli inglesi
costruirono questo porto artificiale - che fu determinante per gli approvvigionamenti alle truppe che, nelle
settimane successive al D-DAY, dovevano reggere l’urto dei contrattacchi tedeschi. Il porto venne distrutto
da una tempesta, ma se ne ammirano ancora dei tratti poco al largo e - con la bassa marea - se ne possono
anche raggiungere alcuni. Noi siamo fortunati: ora c’è bassa marea e ci spingiamo a piedi fino a toccare uno
dei comparti metallici, in gran parte ricoperto di alghe. Fantastico, stiamo toccando con mano la storia!
Ritorno a Bayeux
E’ stata una giornata a dir poco vibrante. Siamo affamati: torniamo direttamente in centro a Bayeux per
mangiare una meritata galette ed assaggiare un “cidre poirée” (di certo, non alle nostre aspettative) prima
di goderci lo spettacolo del “son et lumière” che vede la cattedrale illuminata da luci multicolori...davvero
incantevole!