Le donne nell`università di Catania Percorsi - e

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Le donne nell`università di Catania Percorsi - e
BIBLIOTECA DELLA SOCIETA DI STORIA PATRIA
ATTI E STRUMENTI DI RICERCA
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© Societá di Storia Patria per la Sicilia Oriéntale
Ente Morale - Istituto Universitario - Catania
Piazza Stesicoro, 29 - Catania
Con il patrocinio del Comitato Parí Opportunitá dell´universitá di Catania
In copertina:
Convento dei Benedettini
Catania, 5 Luglio 1902
da: E. Micciché - N. Di Franco Lino, Catania allo specchio, Edizioni Greco, Catania, 1992
Le emancipate
da: Oltre la posa. Immagini di donne negli Archivi Alinari, Edizioni Alinari, Firenze,1984
LAURA BRANCIFORTE
Le donne nell'università di Catania
Percorsi, presenze, ruolo e condizione
SOCIETÀ DI STORIA PATRIA PER LA SICILIA ORIENTALE
Ente Morale - Istituto Universitario - Catania
Progetto di ricerca
patrocinato dal Comitato Pari Opportunitá
dell'Universitá di Catania
Le donne
nell´universita
di Catania
Percorsi, presenze, ruolo e condizione
A lei che mi é madre,
amica e compagna di vita
Indice Prefazione 1. Cent'anni di solitudine 1.1. Gli angusti confini della vocazione naturale della donna 1.2. Oltre i confini: le pioniere nelle professioni maschili 1.3. Profilo delle trasformazioni istituzionali dell'Ateneo catanese 1.4. La Scuola di Ostetricia a Catania 1.5. L'Istituto Universitario di Magistero 1.6. La scolarizzazione universitaria a Catania e in Italia: un confronto quantitativo 1.7. Le donne nell'Università di Catania: le iscritte (1892 al 1958) 1.8. Le donne nell'Università di Catania: le docenti 2. Alla ricerca delle “pioniere” 2.1. Pia Nalli: tra discriminazione e ironia 2.2. Carmelina Naselli: una catanese a 360° 2.3. Gina Fasoli: “i suoi ricordi catanesi” 2.4. Dina Bertone Jovine 3.Uno sguardo sull’oggi: studenti, personale tecnico amministrativo, docenti
3 Tabelle e grafici Tab. 1 ­ Laureate in Italia a fine ‘800 Tab. 2 ­ Iscrizioni universitarie femminili in Italia dal 1900 al 1940 Tab. 3 ­ Iscrizioni alla Scuola di Ostetricia a Catania Graf. 1 ­ Confronto tra il totale degli iscritti all'Università di Catania ed in Italia dal 1860 al 1901 Tab. 4 ­ Distribuzione degli iscritti in Italia nelle facoltà universitarie dal 1910 al 1960 Tab. 5 ­ Distribuzione degli iscritti per facoltà nell'Università di Catania dal 1910 al 1960 Graf. 2 ­Confronto tra il totale degli iscritti all'Università di Catania ed in Italia dal 1913 al 1956 Tab. 6 ­ Distribuzione delle immatricolazioni (M/F) nell’Università di Catania dal 1892 al 1960. Tab. 7 ­ Distribuzione delle iscrizioni (M/F) nell'Università di Catania dal 1910 al 1968. Graf. 3 ­ Andamento delle iscrizioni femminili nell'Ateneo catanese dal 1924 al 1961 Tab. 8 ­ Ruoli accademici rivestiti dai docenti nell'Università di Catania tra il 1917 ed il 1968. Tab. 9 ­ Iscrizioni femminili all’Università di Catania e in Italia nell’A.A.1968­69 Tab. 10­ Iscrizioni femminili all’Università di Catania e in Italia nell’A.A.1978­79 Tab. 11 ­ Iscrizioni femminili all’Università di Catania e in Italia nell’A.A.1986­87 Tab. 12 ­ Iscrizioni femminili all’Università di Catania e in Italia nell’A.A.1998­99 Graf. 4­ Distribuzione delle iscrizioni maschili e femminili nelle facoltà dell’Ateneo Graf. 5­ Università di Catania. Distribuzione uomini e donne nelle tre fasce della docenza nell'A.A.1997­1998. Graf. 6­ Università degli Studi Catania. Distribuzione uomini e donne nelle tre fasce della docenza nell'A.A.1997­1998 Appendici I ­ Elenco nominativo delle immatricolate dal 1892 al 1914 II ­ Elenco nominativo docenti donne fino al 1970 III ­ Elenco nominativo delle laureate dal 1897 al 1917 Fonti e bibliografia
4 Prefazione La questione dell’educazione delle donne è, da sempre, cruciale. Coscienti, da un lato, del carattere minaccioso della natura femminile, e dall’altro, del pericolo costituito dalla possibilità delle donne di accedere ai canali formativi e educativi riservati agli uomini, alle classi dirigenti, tanto laiche e che religiose, tradizionalmente, cercarono di limitare l’ambito, le modalità, le condizioni dell’istruzione femminile. Un processo, quest’ultimo che in ogni caso doveva essere eterodiretto, severamente controllato e rigidamente separato da quello maschile. E questo in tutti i campi. Da quello dell’istruzione religiosa a quello professionale, da quello più propriamente culturale a quello più genericamente formativo. Così diverso appariva l’apprendistato lavorativo per le fanciulle e per i ragazzi, diversa l’istruzione religiosa, diverso, anche nelle classi colte, il modo di avvicinare maschi e femmine alla possibilità di utilizzare gli strumenti della cultura. I ragazzi erano destinati alla vita pubblica, al lavoro esterno, alla carriera militare e legale, mentre le ragazze erano allevate, tanto nel popolo che nel bel mondo, per la casa e per la vita coniugale. L’istruzione di queste ultime doveva quindi essere finalizzata e circoscritta, orientata verso una miscela di nozioni scolastiche di base, istruzione religiosa e “lavori donneschi”. E’ nel Settecento, nell’età dei lumi, che la questione dell’educazione e dell’istruzione femminile si ripropone con forza. Convinti della bontà dell’istruzione come momento essenziale per il progresso dell’umanità i pensatori illuministi credono nella pedagogia e nella necessità della formazione femminile. Viene messa in discussione l’istruzione impartita nei conventi dalle monache, incapaci di educare alla vita familiare a loro del tutto estranea e viene da più parti auspicata un’istruzione pubblica capace di supplire alle carenze familiari. Soprattutto in Francia vengono elaborati sistemi scolastici pubblici per le fanciulle dai sette ai diciott’anni, nei quali vengano insegnate la religione, la danza, la musica, ma anche la letteratura, la storia e l’ortografia. Per Rousseau le donne non devono accedere alla conoscenza per essa stessa, ma in relazione agli uomini, ai propri mariti per conversare con loro e rendere più piacevole la vita coniugale, ai propri figli per essere capaci di educarli, consigliarli, consolarli. E questo mentre sempre più spesso nei reclusori, ma anche negli opifici pubblici e privati di stampo paternalistico, tante ragazze vengono avviate al lavoro, istruite ad esercitare un mestiere e, perché no, a leggere a scrivere quanto basta. Ma anche per le figlie della buona società per tutto l’Ottocento, la segregazione in istituti laici o religiosi appare l’unica possibilità per accedere ad una qualche forma di istruzione. Come hanno spiegato molti studi recenti, nell’Italia ottocentesca l’istituto consentiva, infatti, di tutelare l’onore delle ricoverate di fornire loro un’educazione “ finita”, consona al loro stato sociale e ai compiti a loro destinati e, soprattutto permetteva di educarle al controllo degli impulsi, alla mortificazione dei corpi e della sessualità. Un po’ più istruite, dunque, ma sicuramente ancora più controllate e represse. Quasi che l’istruzione, la possibilità di accesso ai saperi, o meglio, al sapere, aumentasse la pericolosità insita nella “natura femminina”. L’Ottocento è però il secolo dell’istruzione obbligatoria. In Italia dopo l’Unità, il problema dell’alfabetizzazione maschile e femminile per ogni ordine e classe diviene un’esigenza politica e sociale non più procrastinabile. Nel frattempo le donne, grazie alla rivoluzione industriale, sono uscite da casa, hanno acquistato visibilità e peso nel mondo del lavoro e hanno maturato nuove esigenze e una diversa coscienza di sé. I movimenti suffragisti ed emancipazionisti, che chiedono il riconoscimento della cittadinanza politica attraverso il
5 diritto di voto, sono assai attenti alla questione dell’istruzione femminile e auspicano scuole, sale di lettura, biblioteche riservate alle donne. Il separatismo è, infatti, per queste “pioniere” la condizione della libertà degli schemi maschili ed autoritari finora fondanti della pedagogia, l’unica possibilità di un accesso libero e autodiretto alla conoscenza. Ma è nel ‘900, il secolo delle donne, come è stato chiamato, che questa tendenza cresce sempre più e le donne, o almeno alcune di loro riescono a farsi strada in campi finora a loro preclusi. Non quindi nell’istruzione e nelle professioni riconosciute “connaturate” alla natura femminile, l’insegnamento o l’esercizio del mestiere di levatrice, ma nella letteratura, nelle scienze come nelle professioni (madame Curie per tutte). Il numero delle donne che sanno leggere e scrivere nel corso del Novecento, anche in Italia, cresce enormemente ed inizia a delinearsi una nuova figura nel panorama educativo: la donna laureata che ha accesso all’istruzione superiore, e che riesce a violare uno dei luoghi più a lungo rigidamente maschili come l’Università. La presenza delle donne negli atenei italiani è oggi una realtà indiscussa. Le studentesse rappresentano oltre la metà del totale degli iscritti e, soprattutto nel caso di alcune facoltà, si è da più parti parlato di “femminilizzazione” crescente delle presenze universitarie. Aumenta il numero di ragazze che sceglie di continuare gli studi (specie dove, come al Sud, le alternative di tipo lavorativo sono poche e squalificate), e cresce la percentuale di donne che nell’Università trovano lavoro come docenti, come ricercatrici, come impiegate. Eppure si tratta di una condizione non del tutto paritaria. Ancora vi sono degli sbocchi più decisamente femminili e delle facoltà preferite dalle donne (Lettere, Scienze della Formazione, Matematica), mentre accentuato è il divario tra la possibilità di carriera universitaria per donne e uomini. Inchieste recenti e studi su questo tema, hanno, infatti, evidenziato come, in presenza di un elevato numero di donne che restano all’interno dell’Università dopo la laurea come ricercatrici, o come tecniche ed impiegate, poche sono quelle che riescono ad accedere ai ruoli superiori, soprattutto se sposate e madri. Tante donne ricercatrici, alcune associate, poche ordinarie; così come molte impiegate negli ultimi livelli, assai di meno man mano che si sale di ruolo. Quale, quindi la condizione oggi delle donne nell’università di Catania? Quali i percorsi che ne hanno permesso l’accesso di massa all’istruzione superiore? Quale la storia, (o meglio le storie), che in questo ultimo secolo ha consentito a sempre più ragazze di scegliere il proprio destino culturale e professionale? Quella di oggi è, infatti, una realtà che ha dietro di sé un cammino lungo e difficile, pieno di chiaro­scuri all’interno del quale generazioni di donne hanno combattuto, ottenuto, preparato lo spazio per le generazioni successive, acquisendo nel tempo gli strumenti personali e collettivi capaci di superare pregiudizi difficili da sconfiggere. Una realtà ed un percorso dei quali si sa ancora assai poco. Anche solo a livello quantitativo, sono poche le Università per le quali sono stati condotti studi e ricerche, ed ancora oscura appare la storia della presenza femminile all’interno degli atenei italiani. Il lavoro della dott.ssa Branciforte vuole essere un primo passo in questa direzione. L’occasione è stata offerta dal Comitato Pari Opportunità dell’Università di Catania, che ha a tal fine promosso una borsa di studio finalizzata allo svolgimento di una ricerca su Le donne nell’Università di Catania, percorsi, presenze, ruolo, condizione. Una possibilità importante per confrontarsi con un argomento tanto interessante quanto poco frequentato dalla storiografia corrente. Non poche, infatti, le difficoltà a partire dal reperimento dei dati, spesso inesistenti o poco utilizzabili ai fini di un’analisi disaggregata per sesso, a causa della poca
6 attenzione a lungo attribuita alla divisione di ruoli all’interno della vita accademica e della scarsa rilevanza della presenza femminile negli stessi. Una ricerca condotta ovviamente in una prospettiva “di genere”, nel confronto continuo della diversità di percorsi e vicende tra donne e uomini, e di lungo periodo, a partire dall’Unità d’Italia fino ai nostri giorni, al fine di ricostruire diacronicamente le vicende e le circostanze che permisero in maniera diversa, da momento storico a momento storico, alle donne di accedere agli studi universitari. Una storia diseguale nel tempo che vede in una prima lunga fase – i “cento anni di solitudine” ­ durante la quale la presenza delle donne è sparuta e pioneristica, e una seconda assai più breve nella quale, a partire dagli anni ’60 del XX secolo, il processo di integrazione sessuale negli atenei subisce un’accelerazione senza precedenti e si assiste alla nascita, insieme con l’Università di massa, ad una Università di “pari (o quasi) opportunità tra i sessi”. Per quest’ultimo periodo data la maggiore reperibilità dei dati sulla presenza delle donne all’Università, è stato possibile effettuare una ricostruzione seriale del rapido processo di integrazione tra studenti e studentesse e della vertiginosa crescita delle iscrizioni femminili, mentre per il periodo precedente si è preferito, vista l’esiguità dei numeri, procedere ad una ricostruzione analitica e nominativa delle iscritte e delle docenti, a partire dalle prime presenze femminili all’interno dell’Ateneo catanese. In particolare si sono potute tracciare delle brevi biografie di quelle che sono state chiamate le “ pioniere”, Pia Nalli, Carmelina Naselli, Gina Fasoli, Dina Bertoni Jovine. Una ricostruzione importante, a mio parere, quella del percorso intellettuale e professionale di queste donne. Come è noto, la riflessione sulla carriera delle docenti è tema che risulta essere di particolare rilievo all'interno degli Women's history e che va ben oltre il generico problema della differenziazione di genere negli ambiti professionali. Le docenti sono infatti espressione del lavoro femminile in uno degli ambiti dai quali, più che in altri, si potrebbe incidere sugli elementi culturali alla base dei rapporti tra i sessi, per smontarne i pregiudizi e i retaggi, al fine di rifondare una concezione che si è da sempre basata su modalità interpretative e conoscitive gestite da uomini, e per creare condizioni di reale scambio culturale e relazionale, fra donne e uomini e di elaborare degli autonomi modi di espressione e di produzione culturale. Simona Laudani .
7 1. Cent'anni di solitudine* 1.1 Gli angusti confini della vocazione naturale della donna L’accesso all’università per le donne venne in Italia legalmente riconosciuto nel 1875, con un R.D. del 3 ottobre firmato dal ministro Bonghi, che all’articolo 8 affermava: “Le donne possono essere iscritte nel registro degli studenti e degli uditori, ove presentino i documenti richiesti”. Tra i documenti si richiedeva, oltre ad un “attestato di buona condotta”, il “diploma originale di licenza liceale ovvero gli altri titoli che, secondo i regolamenti speciali bastino per 1 l’ammissione ai vari corsi” . Dal momento però, che la regolamentazione dell’accesso delle ragazze nei licei avvenne nel 1883 è solo a partire da questa data che alle donne fu realmente 2 consentito di iscriversi ai corsi universitari, ed ancora nel 1888 le donne in possesso di licenza liceale o di diplomi equipollenti erano un’eccezione (44 su 8362 iscritti). L’ingresso all’università non fu facile per le donne; le ragazze dovevano affrontare diversi problemi di ordine sociale e morale prima di varcare la soglia delle Università e a questi ostacoli si aggiungevano pregiudizi dovuti alla presunta “naturale” inferiorità femminile che le rendeva oggetto di scherno da parte dei colleghi. Grandi, inoltre, i timori delle famiglie di lasciare le giovani libere di allontanarsi da casa, specie se costrette a spostarsi in un'altra città, lontano dal controllo parentale. La partecipazione delle donne all’Università era molto temuta: si presupponeva che la loro presenza portasse ad un decadimento dei costumi, ad un abbassamento dei livelli di studio, e grande era la preoccupazione che il loro ingresso nel ruolo professionale potesse causare un'invasione occupazionale post­laurea riducendo le possibilità occupazionali maschili. Per quanto riguarda la presenza numerica delle donne all'università nel XIX secolo, l'inchiesta *Per la realizzazione di questo lavoro ringrazio il Comitato Pari Opportunità dell’Università di Catania che mi ha dato l’occasione di svolgere questa ricerca e ne ha patrocinato la pubblicazione, la professoressa Simona Laudani che mi ha amorevolmente e scrupolosamente seguita nella stesura del lavoro, la professoressa Ilde Rizzo e la professoressa Emma Baeri che hanno apprezzato l’interesse scientifico di questo lavoro sollecitandone la pubblicazione, il professor Luciano Granozzi per i tutti i consigli e le critiche da lui prodigate, il curatore e amico della parte grafica Roberto Rabuazzo e la Società di Storia Patria per la Sicilia Orientale che mi ha dato l’opportunità di inserire questo lavoro nell’ambito delle loro autorevoli pubblicazioni. 1 S. Uliveri, La donna e gli studi universitari nell’Italia post­unitaria in Cento anni di Università. L'Istruzione superiore in Italia dall'Unità ai nostri giorni, Napoli, 1986, p.224. 2 Questa data mise fine all’incertezza sull’accesso femminile alla scuola superiore che, dal 1879, in seguito all’interpellanza del Ministro della Pubblica Istruzione Arisi per sollecitare l’ammissione delle ragazze nei ginnasi e licei governativi, non aveva avuto una soluzione.
8 3 svolta da Vittore Ravà nel 1902, ci viene in aiuto fornendoci un quadro della situazione sulle donne che dall’Unità alla fine del XIX secolo avevano conseguito il diploma di laurea. In Italia dal 1877 al 1900 furono conferite 257 lauree “femminili” (vedi tab.1), anche se le laureate erano in realtà 224, perché qualcuna aveva una doppia o una tripla laurea. Sul totale delle laureate la maggiore concentrazione si aveva in Lettere e Filosofia (147) e in Scienze Matematiche, Fisiche e Naturali (49); ma anche in Medicina e Chirurgia si registrava un numero non esiguo di laureate (24); mentre a Giurisprudenza se ne contavano solo 6. La maggiore presenza di laureate si registrava nelle tre Università del Nord, Torino, Pavia e Padova, che conferirono il 49,8% delle lauree. Nel Mezzogiorno, Napoli contava 18 lauree femminili e gli atenei siciliani un totale di 15 laureate di cui 3 a Catania, 3 a Messina e 9 a Palermo, tutte conseguite negli ultimi quattro anni del secolo 4 . Un numero certo ancora esiguo di donne laureate, quindi, che però, nel corso del XX secolo, tendeva gradatamente a crescere anche se in maniera discontinua, con momenti di accelerazione e periodi di stabilità. (vedi tab.2) Uno dei momenti in cui la popolazione universitaria femminile cominciò a crescere in maniera significativa coincise con il primo dopoguerra, nel 1918­1919, quando le iscritte raggiunsero il numero di 4.003 pari all’8,7% degli studenti. Una consistenza numerica, questa, che dava nuova visibilità alle donne all’interno degli atenei. La guerra aveva rappresentato, infatti, un elemento di grande frattura e determinato nuovi spazi sociali e lavorativi per le donne, grazie all’immissione di manodopera femminile nelle attività produttive e la progressiva sostituzione al personale maschile nel lavoro dei campi, degli uffici, delle fabbriche. Con l’espansione del settore terziario le donne erano entrare negli impieghi pubblici, nelle Poste, nelle attività amministrative delle banche e dell’industria. Gli uffici statali e le assicurazioni avevano incrementato l’assunzione di segretarie e dattilografe; le compagnie telefoniche e del telegrafo di operatrici; i negozi e i grandi magazzini avevano accolto giovani commesse. Anche in Italia si era fatto ampio ricorso al lavoro femminile e, come nel resto d’Europa, alla fine della guerra, operaie “militarizzate” e contadine improvvisate furono, in seguito a licenziamenti di massa, rimandate a casa a riprendere l’antico ruolo tra i fornelli. Malgrado questa inversione di tendenza, le nuove forme di 3 4 Vittore Ravà, Le laureate in Italia. Notizie statistiche, Roma, 1902. M. De Giorgio, Donne e professioni in Storia d'Italia, Annali X, I professionisti, Torino, 1996, pp.439­487.
9 impiego avevano, comunque, contribuito ad un massiccio spostamento delle donne al di fuori della sfera domestica e alla conseguente creazione delle prime forme di autonoma realizzazione professionale. Le operaie erano riuscite ad ottenere leggi e riconoscimenti giuridici in seguito alla crescita del movimento per l’emancipazione delle donne e alla partecipazione alle lotte operaie per la rivendicazione dei propri diritti; mentre la legislazione protettiva per le donne, dopo anni di lotte e la sospensione dovuta alla guerra, veniva approvata nel 1922 con la legge del 6 aprile n.471 che ratificava la convenzione di 5 Washington (1919). Nel dopoguerra si assiste, inoltre, alle prime timide rivendicazioni al diritto al lavoro da parte di una ristretta rappresentanza di donne, appartenenti per lo più al ceto borghese e in possesso del diploma di laurea, che facevano della loro preparazione scolastico­universitaria un motivo per entrare a pieno titolo nel mondo delle professioni e per accedere ai pubblici impieghi. La tenacia femminile fu ripagata, all’indomani della guerra, attraverso il riconoscimento giuridico delle loro aspirazioni professionali, con la ratifica nel 1919 della legge n.1176 art.7 6 , che aboliva l’Istituto dell'autorizzazione maritale e sanciva l'ammissione delle donne “a pari 7 titolo degli uomini, a esercitare tutte le professioni ed a coprire tutti i pubblici impieghi” . Molte carriere, però, restavano nei fatti precluse alle donne. Ad esempio, era ancora solo una minoranza di donne ad intraprendere gli studi giuridici negli anni seguenti alla guerra e ancora meno numerosa era la componente femminile che si cimentava nell’esercizio della 8 professione di avvocato (nel 1921 erano appena 85 rispetto ad un totale di 30.218). Agli inizi del periodo fascista, la nuova e contraddittoria considerazione della donna da parte del regime, non incise sull'andamento delle iscrizioni femminili nelle università italiane; il numero delle donne si mantenne per lo più costante e, anzi, nel 1936 si registrò un incremento di circa il 6% delle iscrizioni femminili. Nel decennio che va dal 1936 al 1946 il numero delle studentesse aumentò: le donne raggiunsero nel '46 il 25% delle iscrizioni negli atenei italiani su un totale di 47.475 immatricolazioni. I tentativi del regime di affidare alla donna, in qualità 5 Con tale legge venivano fissati i seguenti punti: il limite minimo d’età per l’ammissione al lavoro (quattordici anni); il divieto di lavoro per le donne di qualsiasi età; l’astensione obbligatoria dal lavoro per le gestanti e le puerpere. 6 Il mondo delle professioni ha una lunga tradizione al maschile, in cui il riconoscimento giuridico delle professioni di avvocato e di procuratore è del 1874, quello dei notai del 1875 e quello delle professioni sanitarie (medici odontoiatri, farmacisti e veterinari) del 1910. 7 M. De Giorgio, Donne e professioni in Storia d'Italia, Annali X, I professionisti, Torino, 1996, pp.439­487. 8 A. Cammelli e A. di Francia, Studenti, Università, professioni 1861­1993 in Storia d'Italia, Annali X, I Professionisti,Torino, 1996, p. 16­17.
10 9 di “sposa e madre esemplare” la responsabilità del focolare domestico e la salvaguardia del bene pubblico nazionale sembrarono, infatti, poco accordarsi al bisogno di autonomia e di istruzione con il quale le donne italiane si erano risvegliate all’indomani della prima guerra mondiale. Malgrado i tentativi di relegare le donne esclusivamente negli ambiti familiari, con la riforma 10 Gentile e la creazione di un liceo esclusivamente femminile e con la Carta della Scuola di Bottai nel 1938, molte donne continuarono a scegliere un percorso di studi universitario. Né d’altro canto sembrò di ostacolo l’emanazione del Regio Decreto del dicembre 1926, (n.2480), col quale si vietata alle donne di partecipare ai concorsi per l’insegnamento di lettere classiche, italiano, latino e storia nei licei classici e scientifici, negli istituti magistrali e 11 nel liceo femminile. Ma è soprattutto dopo la fine della seconda guerra mondiale che le iscrizioni femminili registrano una crescita significativa e duratura: il secondo conflitto bellico agì, infatti, come elemento acceleratore dei mutamenti nei comportamenti sociali, e le donne sempre più numerose poterono inserirsi negli ambiti lavorativi prima riservati esclusivamente agli uomini. Molte di queste, durante la guerra, erano state studentesse e contemporaneamente lavoratrici, colletti bianchi e avevano sostituito in impieghi pubblici e privati gli uomini andati al fronte rinvigorendo in tal modo le loro aspirazioni lavorative e professionali. E anche se ancora una volta le donne avevano dovuto, come era avvenuto dopo la prima guerra mondiale, rientrare nei ranghi dei lavori più tradizionali, la fine del regime e l’inizio di una nuova stagione democratica avrebbe dato nuove regole al diritto al lavoro e alla partecipazione femminile, alla vita politica ed istituzionale. L'ingresso massiccio delle donne nella vita pubblica, dopo la seconda guerra mondiale, le iniziative organizzate per il riconoscimento dei loro diritti giuridici e politici condussero, infatti, ad una svolta decisiva nella storia della legislazione con il riconoscimento del diritto di voto alle donne nel '45 e dell'uguaglianza tra donne e uomini sancita con l'art.37 comma 1 9 P. Meldini, Sposa e madre esemplare: ideologia e politica della donna e della famiglia durante il fascismo, Rimini­Firenze, 1975. 10 “Con questa separazione e con la creazione dell’Istituto femminile triennale, si relega la donna alle faccende domestiche e all’insegnamento nelle scuole inferiori e viene affermata la superiorità intellettuale del maschio, nello stile del regime”. Cfr. M. Macciocchi, La donna nera. Consenso femminile e fascismo, Milano, 1976. 11 Ancora la discriminazione era presente nell’ambito universitario: fino al 1931 non esistevano sezioni del GUF (gruppo universitario fascista), nel 1934 le donne vennero escluse dai Littorali della Cultura e dello Sport (l’allontanamento è interpretato come una premessa di emarginazione da competizioni importanti e decisive anche per il futuro professionale) per essere riammesse solo nel 1938 (perché in quell’anno la sezione dei Littorali femminili e maschili erano state separate e non si temeva più l’aperta competizione). Cfr. F. Catasta, Studentesse d’Italia G.U.F. femminile e orientamento professionale da
11 12 della Costituzione italiana del 1947. Come conseguenza di tali cambiamenti legislativi durante gli anni '50 la presenza femminile all'interno degli Atenei italiani risultò essere leggermente superiore al decennio precedente con una percentuale costante tra il 27% e il 28% e tale rimarrà sino alla fine degli anni '50. Malgrado ciò le scelte d’indirizzo universitario non risentirono dei cambiamenti sociali e giuridici del secondo dopo guerra e le preferenze femminili si indirizzarono ancora verso i tradizionali gruppi, letterario e scientifico, rispettivamente con il 50% di iscrizioni femminili nel primo e il 31,7% nel secondo. Le donne italiane fino alla fine degli anni '50 furono, infatti, soprattutto orientate verso l'insegnamento scolastico; la solida presa dei valori familiari incoraggiava questa scelta lavorativa che consentiva loro di gestire senza conflitto il doppio ruolo domestico e professionale. Allo stesso tempo, però, è proprio alla fine degli anni '50 che iniziarono i primi cambiamenti nelle scelte femminili a vantaggio dell’istruzione tecnica e di facoltà tradizionalmente maschili: Economia e Commercio ebbe un incremento notevole dopo gli anni '50 con una percentuale di iscritte nel 1950 pari all'1,9 % e nel 1964 al 7,5%. Un momento particolarmente importante nella crescita delle Università in termini numerici furono gli anni che coincisero con l’esplosione del boom economico, nel decennio che va dal 13 1956 al 1964. Quanto e se il boom economico e la rivoluzione dei consumi uniti alla scolarizzazione di massa abbiano influito nella scolarizzazione universitaria femminile è difficile da stabilire. In ogni caso l'incremento universitario fu tale da consentire alle donne di raggiungere il 34% di iscrizioni totali in coincidenza proprio della poderosa crescita del tasso di scolarizzazione superiore iniziata nel 1951 e in costante aumento, per tutto il quarantennio 14 successivo. Nel 1963, infine, la legge n.66 del 9 febbraio sancì il diritto della donna ad accedere <<a tutte le professioni ed impieghi pubblici, compresa la magistratura, nei vari ruoli, carriere e Almanacco della donna Italiana 1935, Firenze, pp.155­63, citato in M. De Giorgio, Donne e professioni, op. cit. p.478. 12 "La donna lavoratrice ha gli stessi diritti e a parità di lavoro le stesse retribuzioni che spettano al lavoratore. Le condizioni di lavoro devono consentire l'adempimento della sua essenziale funzione familiare e assicurare alla madre e al bambino una speciale, adeguata protezione". 13 Il balzo in avanti di iscritti alla scuola media superiore nel decennio tra il ’51 e il ’61 si esprime in un incremento del 50% ed ancora nel decennio successivo si registrò un ulteriore raddoppio che portò il numero degli iscritti nel 1971 a 1.732.178, cfr. M. Dei, Cambiamento senza riforma: la scuola secondaria superiore negli ultimi trent’anni, in Soldani S. eTuri G. , a cura di, Fare gli italiani. Scuola e cultura nell'Italia. Vol. II, "Una società di massa" Bologna, Il Mulino, 1993, p. 88. 14 Le radici del diffondersi della scuola secondaria di primo grado sono legate alla riforma della scuola media unica del 1962 cfr. M. Dei, Cambiamento senza riforma: la scuola secondaria superiore negli ultimi trent’anni, op. cit. p. 90.
12 categorie, senza limitazioni di mansioni e di svolgimento della carriera >> 15 . Come già nel passato, tale legge non ebbe influenze immediate sulle scelte universitarie femminili che, ancora per alcuni anni, continuarono ad indirizzarsi verso le facoltà di Lettere e Scienze mentre ancora poche erano le iscrizioni delle donne ai corsi di laurea di Medicina e Giurisprudenza, ma contribuì a preparare il terreno per un profondo sconvolgimento negli assetti professionali e studenteschi delle generazioni successive. 1.2.Oltre i confini: le pioniere nelle professioni maschili Sin dalla fine dell'800, malgrado la spiccata preferenza delle donne per i rami letterario e scientifico alcune di esse riuscirono ad inserirsi in campi professionali e studenteschi tradizionalmente riservati agli uomini. Le laureate in Medicina e Giurisprudenza alla fine del XIX secolo furono quattro, dato numerico che testimonia gli ostacoli incontrati dalle donne nell’intraprendere la strada delle libere professioni. Ed ancora nei primi decenni del secolo successivo le donne laureate in Medicina, Giurisprudenza, Farmacia, Ingegneria e Architettura furono solo dieci: 1877 Ernestina Paper laureata in Medicina a Firenze 1878 Maria Fernè Velleda laureata in Medicina a Torino 1886 Anna Kuliscioff laureata in Medicina a Napoli 1892 Giuseppina Cinque laureata in Medicina a Palermo 1878 Lidia Poet laureata in Giurisprudenza a Torino 1894 Teresa Labriola laureata in Giurisprudenza a Roma 1902 Zagnago laureata in Farmacia a Torino 1913 Gaetina Calvi laureata in Ingegneria al Politecnico di Torino 1919 Ernesta Brizi Orsenigo in Ingegneria al Politecnico di Torino 1928 la prima laureata in Architettura al Politecnico di Milano Delle pioniere, dunque, per le quali tante furono le difficoltà di inserimento negli ambiti professionali. 15 A. Cammelli e A. di Francia, Studenti, Università, professioni 1861­1993 in Storia d'Italia , op. cit. p. 37.
13 Nel campo dell’avvocatura esemplare delle difficoltà insite in questa carriera è il caso di Lidia Poet, che si era laureata nel 1881 e che fu, oltre che la prima donna a laurearsi in Giurisprudenza in Italia, la prima a voler diventare avvocato. In seguito alla revoca da parte della Corte d'Appello, su ricorso del Pubblico Ministero, dell’iscrizione di Lidia Poet all’Ordine degli avvocati, si scatenava nell’agosto del 1883 il “caso Poet” che produsse molte polemiche, dibattiti e rimase irrisolto per 36 anni. Nelle sentenze della Corte d’Appello e della Cassazione i giuristi, non trovando nelle leggi alcuna disposizione contraria all’accettazione dell’iscrizione di una donna all’albo, si appellarono alla “tradizione”. Era, infatti, disdicevole per le donne intromettersi in un ufficio esercitato da sempre esclusivamente dagli uomini; un ufficio in cui la fragilitas femminile non avrebbe permesso loro di districarsi nello strepitio dei pubblici giudizi ed in cui sarebbe stato motivo di biasimo veder le donne “discendere nella 16 forense palestra.” Solo in seguito alla legge del 1919, la possibilità per le donne di esercitare la libera professione divenne effettiva e il “caso Poet ” fu risolto definitivamente. Gli effetti della discriminazione contro Lidia Poet ebbero però la conseguenza di far diminuire il numero di iscritte in Giurisprudenza, anche se l’interesse delle donne per l’avvocatura femminile non scemò del tutto e fu, anzi, risvegliato dal caso di Teresa Labriola che poté fregiarsi del titolo di prima laureata in Giurisprudenza all’Università di Roma. Ma anch'essa dovette affrontare la revoca dell’ iscrizione all’albo degli avvocati. Tanto Teresa Labriola che Lidia Poet provenivano da famiglie borghesi e illuminate, dove la professione forense era esercitata dagli uomini della famiglia, circostanza questa che sicuramente costituì per loro un modello e ne agevolò le scelte verso professioni tradizionalmente maschili. Uguale importanza ebbero il clima e le scelte professionali familiari nella vita universitaria e lavorativa di Lucrezia Marinello, mentre, nel caso di Gina Lombroso, l’ambiente professionale paterno fu di ostacolo alla possibilità di seguire la sua vocazione di medico: “Quando io finii il liceo ­scriveva la Lombroso­ nessuna ragazza si era ancora iscritta alla facoltà di Medicina di Torino; i colleghi del papà cominciarono a fare delle facce interrogative all’idea di avermi come scolara [....] io, per conto mio, spaventata da tutti questi spaventi non osai insistere e siccome la facoltà di Lettere era l’unica seguita da 16 Cfr. Ollandini, Le donne e l’avvocatura, pp.241­244, in M. De Giorgio, Donne e professioni, op. cit. p. 465.
14 17 signorine mi iscrissi colla intenzione di dedicarmi alla filosofia.” Gina Lombroso divenne poi docente di Filosofia del Diritto, caso singolare per allora, ma incontrò serie difficoltà nel rapporto con i suoi studenti e fu anche costretta nel 1901, a causa delle reazioni scomposte e indecorose di alcuni di questi, ad interrompere la sua prolusione. Determinante il coraggio della Lombroso, così come delle altre “scienziate”, nell’affrontare le enormi difficoltà frapposte alle loro carriere da una mentalità ristretta. A queste difficoltà “esterne” si sommavano, inoltre, quelle rappresentate dal bisogno di conciliare vita familiare ed attività scientifica, specie per le donne impegnate nelle professioni mediche. La prima donna medico del Regno fu Ernestina Paper, che, come informava, in un riquadro pubblicitario sulla Terza pagina della “Nazione” del 1878, aveva aperto uno studio medico 18 per la cura delle donne e dei bambini. Più difficile il cammino di Anna Kuliscioff la quale, a causa dell'impossibilità per le donne di accedere agli studi universitari in Russia, conseguì la laurea in Medicina a Napoli nel 1886 (unica tra 209 uomini), ma cercò invano di specializzarsi presso l’Ospedale Maggiore di Milano. All’alba del Novecento le ventitré “medichesse” italiane, pur non avendo incontrato difficoltà di natura giuridica nell’esercizio della professione, non trovarono calda accoglienza neanche in specializzazioni quali la ginecologia e la pediatria. Ancora nel primo dopoguerra, infatti, il numero delle donne che avevano intrapreso l’“ars medica” era troppo esiguo per superare i diffusi pregiudizi nell’opinione pubblica e la esplicita lotta fra i sessi all’interno della corporazione medica. In Italia ancora agli inizi del 1900, erano presenti solo tre donne nelle strutture ospedaliere pubbliche: Maria Montessori nella clinica universitaria di Roma, Emilia Concornotti nell’ospedale della maternità di Napoli, Giuseppina Cattani nell’ospedale di Imola 19 . Sono queste le anticipatrici di quella folta presenza di camici bianchi al femminile che noi oggi vediamo quotidianamente nelle strutture pubbliche e private e che non guardiamo più come “eccezionali.” Sebbene, nell’ultimo ventennio del XX secolo la crescita del numero di donne che frequentavano i corsi di laurea di Medicina, Ingegneria, Architettura, Scienze Biologiche 17 D. Dolza, Essere figlie di Lombroso in M. De Giorgio, Donne e professioni, op. cit. p. 459. ivi, p.458. 19 F. Tarozzi, Ruoli professionali in G. Zarri, La memoria di lei. Storia delle donne, storia di genere, Torino, 1996, pp.169­ 185.
18 15 abbia contribuito considerevolmente a mutare i pregiudizi nei loro confronti rimane il retaggio 20 “di un mito […] riguardante la presunta mascolinità della mentalità scientifica.” L'incompatibilità delle donne con la scienza sulla base di quelli che Fox Keller definisce “miti culturalmente condivisi sono da attribuire a caratteristiche mentali femminili che si presuppongono opposte a quelle che costituiscono il pensiero scientifico: imperturbabilità, 21 astrazione, analiticità ”. 22 L’estraneità delle donne alla scienza, come ci suggerisce Elena Gagliasso , è stata doppia, sia in quanto soggetti che in quanto oggetti di studio; nel primo caso perché non in possesso delle caratteristiche adatte per applicarsi nel campo delle scienze; nella considerazione di “oggetto” di studio per la loro “naturale” e inevitabile inferiorità, data dal fatto di “essere agite dai tempi della natura”, e per questo, quindi, incomplete e inferiori evolutivamente. Tali caratteristiche del corpo femminile erano considerate incompatibili con la possibilità di “agire” e “ trasformare” la natura stessa. A partire da questa impossibilità di partecipare attivamente al progresso e ai cambiamenti, le donne sono state sempre più emarginate sulla base della 23 identità “ donna = natura:” Il ritardo femminile nell’affermazione negli ambiti medico e tecnologico è dunque anche il frutto di un lungo processo di modificazioni mentali e culturali, che solo in tempi a noi contemporanei ha permesso alle donne di accedere alla “cittadella delle scienze”. Tuttavia le pari opportunità e l’uguaglianza nell’ambito professionale non sono state ancora pienamente raggiunte, malgrado siano stati creati i presupposti formali per il raggiungimento della parità. 20 Cfr., E. Fox Keller, Donne scienza e miti correnti in Donne, tecnologia e scienza, Un percorso al femminile attraverso mito, storia, antropologia, a cura di, J. Rothschild, Torino, 1987, pp.191­213. 21 Ivi, p.191­213. E. Gagliasso, Conoscenza scientifica e tecnologica: il rifiuto, il confronto, le scelte teoriche in La ricerca delle donne. Studi femministi in Italia, a cura di, M. Marcuzzo e A. Rossi­ Doria, Torino, 1987, pp.145­161. 23 La presenza delle donne e la loro affermazione nella "differenza" ha significato lotte e passaggi graduali; in un primo momento è prevalso il rifiuto di tutte quelle nozioni basate sulla biologia, la sociologia, la medicina, la psicologia, che sostenevano la divisione dei ruoli sessuali e la conseguente svalutazione delle donne; a questo è seguito il momento dello smascheramento del mito della neutralità della scienza e della dimostrazione, con precisi esempi tratti dalle scienze biologiche e sociali, da parte di gruppi di donne anglosassoni (Wallsgrave, Stehelin, Rose) del suo retroterra di interessi economici, di egemonia culturale, di controllo sociale. Il terzo momento è quello delle alternative della differenza, cfr. E. Gagliasso, ivi, pp.145­161.
22 16 1. 3. Profilo delle trasfor mazioni istituzionali dell'Ateneo catanese La plurisecolare tradizione dell’Università di Catania affonda le sue radici nella Sicilia aragonese di re Alfonso d’Aragona in seguito al cui placet venne fondato lo “Studio” catanese il 19 ottobre del 1434. La fondazione dell'Università aveva significato per la città di Catania il ripristino dell'antico prestigio perduto in seguito all'allontanamento della corte reale. “Lo Studio veniva elargito nella forma più ampia che potevasi desiderare, con le quattro sezioni fondamentali di teologia, diritto canonico e civile, fisica (medicina) e filosofia congiunte, insieme alle arti liberali (letteratura); col diritto di conferire bacellierati e lauree, come si praticava nello studio bolognese, i cui statuti servivano allora di modello per l’erezione delle 24 altre Università italiane e straniere.” All'Università di Catania, il “Siciliae studium generale”, a differenza delle altre Scuole Superiori esistenti in Sicilia, a Palermo, a Messina e a Trapani era stato concesso di conferire 25 lauree al pari di alcune università italiane , ed essa godette, dopo un periodo di decadenza verso la fine del XV secolo, anni di splendore sotto Carlo V e Filippo II, grazie anche al conte Olivares che emanò gli ordinamenti in base ai quali venivano precisate le norme riguardanti l'elezione e la giurisdizione del rettore, le iscrizioni, la frequenza, le nomine dei lettori, le materie d'insegnamento, l'età del dottorando, il procedimento delle lauree. Questi ordinamenti vennero mantenuti anche in epoca borbonica, allorché tanto Carlo III che i suoi successori confermarono, tra i privilegi della città di Catania, la possibilità di mantenere il Siculorum Gymnasium. Fu con l’Unità d’Italia e con l’entrata in vigore delle legge Casati 26 che l’Ateneo catanese vide ridotte le sue prerogative. La legge Casati, infatti, divideva in due categorie gli atenei italiani: una prima nella quale rientravano le università di prima classe, finanziate interamente dallo Stato, e una seconda che riguardava le Università di seconda classe che erano solo parzialmente finanziate dallo Stato. Catania veniva declassata in questa ultima categoria, perdendo così autonomia didattica ed amministrativa e vedendo ridotta la possibilità d’accesso alle risorse statali. 24 A.A.V.V. Storia dell’Università di Catania dalle origini ai giorni nostri, Catania, 1934. I vari titoli o gradi "dottorali, così come venivano definiti allora, erano in ordine di importanza: il bacellierato, la licenza, la laurea. I primi due gradi differivano per la difficoltà della prova d'esame e perché esclusivamente al licenziato era consentito di insegnare in pubblico. Il laureato, il solo che si fregiava del titolo di "dottore" e "maestro", poteva avere accesso ai più alti incarichi della città e dello Stato. 26 La legge Casati fu varata il 13 novembre 1859 (n.3725).
25 17 L’Università di Catania, nel 1861, era costituita da cinque facoltà: Teologia (che nel 1872­73 venne abolita); Giurisprudenza dalla durata quadriennale, come pure Lettere e Filosofia che aveva due corsi di laurea (Lettere e Filosofia) e Scienze Matematiche Fisiche e Naturali con 4 corsi di Laurea, mentre Medicina e Chirurgia aveva un unico corso della durata di sei anni. La legge Casati, inoltre, vietava alla facoltà di Scienze Matematiche Fisiche e Naturali e di Lettere e Filosofia dell’Ateneo catanese di concedere lauree abilitanti all’insegnamento; circostanza che sino al 1881, anno della revoca di tale provvedimento, provocò una flessione delle iscrizioni e una diminuzione del prestigio di queste facoltà. Da queste ultime facoltà 27 dipendeva, inoltre, la Scuola di Magistero, i cui regolamenti vennero approvati nel 1888 . La Scuola di Magistero (all'interno della quale esistevano i corsi di Pedagogia e Legislazione Scolastica) era articolata in due sezioni, una letteraria e una scientifica, alle quali si accedeva dopo due anni di frequenza universitaria presso le facoltà di Lettere e Filosofia e quella di Scienze Matematiche Fisiche e Naturali; questa scuola svolse la sua attività didattica solo sino al 1915. Sempre all'interno della facoltà di Scienze Matematiche Fisiche e Naturali era stato, inoltre, attivato un corso biennale di avviamento agli studi di Ingegneria che, nel 1926, 28 divenne un corso autonomo di studi propedeutici per la facoltà di Ingegneria . Soltanto nel 1971 nacque la facoltà di Ingegneria articolata in due corsi di laurea, Ingegneria elettronica e meccanica. Alle prime quattro facoltà si aggiunse, nel 1871, sotto la direzione di Orazio Silvestri, la 29 Scuola di Farmacia che conferiva esclusivamente un diploma , mentre nel 1925 venne istituito all'interno della facoltà di Farmacia, il corso di laurea in “Chimica e Farmacia” della durata quinquennale che cambiò ulteriormente nel 1936 diventando un corso di laurea in Farmacia, quadriennale. Oltre alle quattro facoltà, esisteva a Catania, sin dal 1874­75, una Scuola di Ostetricia che dipendeva dalla cattedra di Clinica Ostetrica istituita pochi anni prima. Erano sorti, inoltre, dei corsi biennali: uno di perfezionamento per i licenziati delle scuole normali, che ebbe sino alla metà degli anni '20 un numero di iscritti considerevole e altri due corsi: uno di notariato e uno di procuratore legale, che erano scarsamente seguiti, ed infine uno di Igiene, anch'esso poco frequentato. 27 R.D. 3 Dicembre 1888. R.D. 14 ottobre 1926, n°2169. 29 R.D. 12 marzo 1876, n.2998
28 18 La crescita dell’Ateneo catanese venne anche segnata, nel 1934, dal riconoscimento dello 30 Statuto del Regio Istituto Superiore di Scienze Economiche e Commerciali già esistente dal 1922 sotto la vigilanza didattica del Ministro per l’Industria e il Commercio. La facoltà venne ubicata nel '37 nel nuovo monumentale Palazzo delle Scienze, frutto della politica di espansione edilizia dell'Università di Catania, che aveva portato anche alla costruzione della “cittadella universitaria” di via Androne, al completamento della Clinica Chirurgica e alla formazione della nuova Clinica Ostetrica. Nel 1939, all’interno della facoltà di Giurisprudenza, venne istituito il corso di laurea in Scienze Politiche con durata quadriennale che, però, solo nel 1963, ebbe riconosciuto un proprio statuto e una sua autonomia . Negli anni del secondo dopoguerra si assiste, inoltre, alla nascita di altre nuove facoltà, grazie all'erogazione di contributi finanziari aggiuntivi a quelli dello Stato da parte della Regione 31 siciliana per la ricostruzione post­bellica . A questi nuovi fondi si deve la nascita delle facoltà di Agraria e del corso di laurea di Lingue e Letterature Straniere. 32 La facoltà di Agraria istituita con la legge della Regione siciliana nacque l’8 luglio 1948 e ottenne il riconoscimento statale nel 1952, l’autonomia due anni più tardi, quando poté eleggere il suo primo preside: Bruno Monterosso. Il corso di laurea di Lingue e Letterature Straniere nato all'interno della facoltà di Economia e 33 Commercio, nel 1954 divenne parte della facoltà di Lettere Filosofia mentre oggi costituisce, invece, una facoltà autonoma. Con il triplice apporto finanziario dello Stato, della Regione e del Consorzio, l'Ateneo negli anni '50, anche grazie al rinvigorito sviluppo economico della città, potenziò le sue strutture e ampliò il numero le facoltà. Fu fondamentale la fondazione, nel 1955, dell'Istituto di Fisica e del Centro Siciliano di Fisica Nucleare, dotato di laboratori, aule, modernissime attrezzature che permisero all'università di inserirsi tra i più moderni e avanzati centri europei e mondiali di Fisica atomica e nucleare. Sempre alla fine degli anni '50 si ebbe un ampliamento dei corsi di laurea di Scienze Matematiche Fisiche e Naturali con l'istituzione dei corsi di Scienze geologiche e di Chimica industriale, per la formazione di tecnici da inserire nei nuovi 30 R.D. 16 ottobre 1934, XII n.2117. C. Sanfilippo, L'istruzione superiore, in AA.VV, Catania contemporanea , Catania, 1976, pp. 435­443. 32 Legge n.34 dell’ 8­7­1948. 33 Il 5­3­1954 venne approvato il decreto n° 41 dal Presidente della Regione siciliana.
31 19 stabilimenti industriali di Priolo, Gela, Augusta e Ragusa. E ancora nel 1963 venne inaugurato il corso di laurea in Scienze biologiche per rispondere all’aumentata richiesta lavorativa in quest'ambito. In quegli anni, alla crescita degli atenei, si accompagnava un ampio piano di rinnovamento edilizio al fine di decongestionare le strutture preesistenti ormai inadeguate al nuovo afflusso studentesco; in quest’ambito si colloca l'inizio della costruzione della nuova cittadella universitaria, situata a Nord della città, simbolo di un'avvenuta crescita ed espansione dell'Ateneo catanese. 1. 4. La Scuola di Ostetricia a Catania La storia dell'assistenza al parto è stata da sempre segnata dalla presenza delle levatrici che prestavano alle gestanti le loro cure sulla base di conoscenze “pratiche” e di un “sapere” che era frutto esclusivamente dell'esperienza e della tradizione e, per questo, ben diverso da quello più teorico e spesso privo di pratica ostetrica esercitato dai medici. 34 La fondazione della Scuola di Ostetricia avvenne nel 1875­76 e fu strettamente legata alla nascita, a Catania, della prima Clinica Ostetrica, nel 1873. Queste due realtà furono espressione di un sapere diverso, l'uno accademico e prettamente maschile, l'altro rivolto esclusivamente alla formazione delle levatrici, sino a quel momento per lo più prive di nozioni scientifiche. In Sicilia, in realtà, il problema della formazione delle levatrici si era posto già prima della nascita delle Scuole di ostetricia e precisamente in seguito all'emanazione del Regolamento per Salassatori e Levatrici approvato il 12 giugno del 1828, che recitava: “le donne le quali vorranno indirizzarsi al mestiere di levatrici d'ora in poi, non solo dovranno saper leggere e scrivere, ma se di Catania, Palermo e Messina, dove già esistono cattedre universitarie, dovranno ogni sabato intervenire alle lezioni del professore di ostetricia, mentre se dell'interno dell'isola basterà che si muniscano del manuale del Catechismo, manuale d'istruzioni semplificate simile a quello già scritto dal Merulla che verrà loro spiegato una 34 Le Scuole per levatrici nacquero dopo l'Unità d'Italia in seguito ad una regolamentazione su base nazionale; le prime vennero istituite al Nord Italia: a Torino, a Firenze (la Scuola S.Anna), a Milano, ma la loro diffusione in tutta l'Italia è successiva.
20 35 volta la settimana dal Chirurgo comunale” . Prima di tale Regolamento bisogna andare in dietro di più di trecento anni per trovare delle indicazioni riguardanti l'obbligo per le levatrici di possedere una preparazione e, precisamente, risalire alle Costitutiones emanate ai tempi di Filippo II e promulgate da 36 Giovanni Filippo Ingrassia, protomedico Generale del Regno nel 1563. Le Costitutiones costituivano la “magna carta dell'insegnamento e dell'abilitazione all'esercizio dell'arte 37 salutare ” e restarono in vigore in Sicilia per più di mezzo millennio. Tra le leggi presenti in queste Costitutiones rivolte a diverse categorie, dai barbieri ai medici, ai veterinari, comparivano, pure, le prime norme riguardanti l'esercizio del mestiere di levatrici, che poté entrare ufficialmente nel novero delle arti sanitarie minori. In seguito alle Costitutiones le levatrici furono soggette alla supervisione da parte del protomedico della città che rilasciava loro un'autorizzazione (una patente o una licenza) necessaria per l'esercizio della professione; anche se furono molte le donne che continuarono ad assistere le partorienti senza alcuna 38 licenza solo in virtù della loro fama . A Catania il Re Ferdinando II di Borbone, il 19 novembre 1779, accettò l'istituzione di una cattedra di Ostetricia ma la affidò inizialmente allo stesso lettore che insegnava Chirurgia unificandone le cattedre. Non si ha notizia se tale disciplina venisse impartita alle levatrici o se, tuttalpiù, servisse a far sostenere loro, con il professore di Chirurgia­Ostetrica, un esame per ottenere la “cedola”. Sta di fatto che, tra il mondo accademico e le levatrici con il passare del tempo crebbe sempre più il divario e l'insegnamento d'Ostetricia tese a rimanere pressoché teorico. Nel 1792 il Professor Rizzo, nel tentativo di rendere le sue lezioni meno teoriche, “utilizzava bacino e fantoccio”, ma le lezioni si svolgevano esclusivamente nelle aule del palazzo centrale dell'Università e mai nelle sale dell'ospedale S. Marco, riservate invece alle attività chirurgiche. Malgrado l'istituzione di tale cattedra, non ci fu nessun cambiamento riguardante la preparazione delle levatrici, le quali, come unico obbligo aggiuntivo, avevano il dovere di presentarsi, oltre che al protomedico, al medico chirurgo, al fine di aver rilasciata la patente. 35 S. Di Leo­ S. Maresca, L'insegnamento della Ostetricia e della Ginecologia nell'Ateneo catanese, Catania, op. cit. p.89. La figura del protomedico nasce nel 1300. 37 G. Pitrè, Medici, Chirurgi in L'insegnamento della Ostetricia, op. cit. p.32. 38 Sono tramandati esclusivamente pochi nomi di donne ostetriche della fine del XIV e degli inizi del XV secolo, quando le levatrici, per la loro abilità, raggiunsero la fama di "medichesse": Virdimura, moglie di Pasquale de Medico da Catania, e donna Bella Paija, entrambe appartenenti alla comunità ebraica catanese e abilitate ad esercitare la medicina e
36 21 Solo nel 1873 con l'istituzione a Catania della Cattedra autonoma di Ostetricia la situazione delle levatrici cominciò a mutare. La loro preparazione dipendeva ora dai medici chirurghi, i nuovi responsabili nel giudicare gli esami per la patente, mentre, i protomedici, che da sempre avevano avuto ben poche conoscenze di medicina, ebbero esclusivamente la funzione di controllo dell'attività delle levatrici. Le levatrici, inoltre, sempre in maggior numero si impegnavano nel seguire le lezioni dei professori. Ma, malgrado questi elementi di contatto tra le levatrici e il mondo accademico, queste due realtà rimanevano comunque distanti; le levatrici non sapevano spesso neppure leggere e scrivere, anche se erano fornite di grande esperienza pratica; i chirurghi­medici, dal canto loro, per quanto avessero acquisito competenze teoriche maggiori, mancavano dell'esperienza diretta del lavoro da svolgere. Sebbene questi due mondi fossero totalmente differenti l'uno dall'altro, è proprio in seguito all'istituzione della cattedra di Ostetricia a Catania che venne fondata, nel 1875­76, la Scuola per le levatrici nei locali di S. Agata La Vetere (dove rimase sino al 1905 anno in cui venne trasferita insieme alla Clinica Ostetrica all’interno dell’Ospedale catanese Vittorio Emanuele II). Il professore Polito Col Bene, a quel tempo titolare della cattedra di Clinica Ostetrica (primo a Catania), riuscì ad ottenere quei locali per dare inizio “ad un’attività ostetrica 39 autonoma con consultazioni ambulatoriali gratuite ed esercitazioni pratiche di Ostetricia” con la possibilità di rimanere autonomi dalla Clinica Chirurgica e di trovare un “quartino per l'alloggio della levatrice”. Fu subito chiamata a Catania dallo stesso professore Col Bene, la levatrice Adele Ferroni, diplomatasi presso l'Arcispedale S. M. Novella di Firenze alla quale, sin dalla apertura della Scuola per ostetriche nel 1875, fu affidato il compito di prima maestra . La Scuola per le levatrici era organizzata in due anni di corso: nel primo si svolgevano lezioni trisettimanali di Ostetricia teorica e nel secondo di Ostetricia pratica. La Scuola ebbe un gran seguito, le allieve levatrici provenivano oltre che da Catania, anche dalla Provincia, in un momento in cui ancora non si ha traccia di donne all'interno dell'Ateneo Catanese. Dagli Annuari dell'Anno Accademico della Regia Università di Catania si viene a conoscenza del numero di levatrici che si diplomarono nel 1887­88: 6 levatrici, delle quali 3 di Catania, 1 di Piazza Armerina, 1 di Nicolosi, 1di Acireale; nel 1888­89 le diplomate furono 9 di cui 3 di "qualsivogliono infirmitati di celurgia”, Cfr. G. Pitrè, Medici, Chirurgi, in L'insegnamento della Ostetricia op. cit. p.32. 39 S. Di Leo­ S. Maresca, L'insegnamento della Ostetricia, op. cit., p.113.
22 40 Catania e le rimanenti di Troina , Noto, Valguarnera, Ragusa e di Riposto. La Scuola delle levatrici fu espressione di una prima presenza femminile a Catania nell'ambito della formazione professionale; le levatrici, ancor prima della diffusione della scolarizzazione universitaria, già alla fine dell'800, affrontarono pregiudizi di ordine culturale e morale contrari ad una formazione professionale “ufficiale”. Giudizi malevoli e ancor peggiori si scatenavano nei confronti di queste ragazze quando giungevano in “città” dalla Provincia. Malgrado ciò, il numero delle levatrici crebbe rapidamente (vedi tab.3): dal 1876­ 77 (data a partire dalla quale abbiamo delle informazioni certe sulle prime iscritte alla Scuola di Ostetricia) quando si registrava una sola iscritta, si ebbe, a partire dagli anni Novanta dell’800, un sensibile aumento nel numero, non solo delle iscritte, che raggiunsero la ventina, ma anche di coloro che rimasero a frequentare il secondo anno di corso. Negli anni successivi l'aumento delle iscrizioni crebbe lentamente attestandosi sempre intorno alle venti­trenta alunne per anno, tendenza che si mantenne costante sino agli anni Venti del 1900, quando si verificò un calo improvviso, anche se momentaneo, delle presenze. Non sappiamo con precisione le motivazioni di questo decremento delle iscrizioni, ma si può constatare la coincidenza con il trasferimento (1913) della Scuola di Ostetricia e di tutte le Cliniche dal Vittorio Emanuele II all’Istituto di Maternità dell'Opera Pia del S. Bambino, dove rimasero 41 sino al 1956 . In seguito, nel 1927, venne emanato un nuovo Ordinamento per le Scuole di Ostetricia, al fine di darne una regolamentazione: “Ritenuta la necessità urgente ed assoluta di emanare norme per disciplinare il funzionamento delle Scuole di Ostetricia […] Abbiamo decretato e decretiamo: gli studi per il conseguimento del diploma di levatrice si compiono nelle Scuole di Ostetricia annesse alle cliniche ostetrico­ginecologiche universitarie e nelle Scuole di Ostetricia istituite o che potranno essere istituite in città che non sono sedi di cliniche ostetrico­ginecologiche” 42 . La ripresa del numero delle iscritte si ebbe solo alla metà degli anni Trenta, quando la Scuola di Ostetricia divenne non più biennale ma triennale. Il numero delle aspiranti levatrici 40 ivi ,p.118. Nel 1928 ebbe inizio la costruzione della nuova Clinica Ostetrico­ginecologica nell'area dell'Ospedale Santo Bambino ma i lavori dovettero essere sospesi a causa della Guerra e ripresi poi nel 1947. Nel 1953 ottenuti i fondi necessari al completamento furono ripresi i lavori per il completamento edilizio della nuova clinica che nel 1952 venne definitivamente trasferita all’ Ospedale Vittorio Emanuele. 41 42 Regio­Decreto Legge 12 Agosto 1927, n. 1634, da Annuario dell'Anno Accademico, 1927, p.303­305.
23 ricominciò a crescere gradualmente senza più subire momenti di depressione ad esclusione del secondo conflitto bellico, quando, si registrò un decremento che potrebbe essere addebitato alle difficoltà di spostamento delle fuori sede . L'irregolare andamento delle iscrizioni fu caratterizzato nella prima metà degli anni Cinquanta da un ulteriore e cospicuo aumento che potrebbe essere messo in relazione con la maggiore stabilità raggiunta dalla Clinica Ostetrica in seguito all'acquisizione definitiva, nel 1956, dei locali presso l’Ospedale Vittorio Emanuele II e alla crescita della Clinica Ostetrica sotto la guida del professor Cetrone. “Annessa alla clinica Ostetrica vi è la Scuola di Ostetricia con relativo convitto per internato capace di accogliere 12 allieve interne all'anno. Nella nuova Clinica le allieve sono sistemate in 4 locali a tre letti con relativa saletta, sala mensa, sala soggiorno, munita di tutti i 43 confort”. Dal '55 si verificò un secondo dimezzamento, oltre quello degli anni Venti, del numero delle levatrici al punto da avere, negli anni '67­'69, un ridottissimo numero di allieve (rispettivamente 17 e 14). Ad un aumento piuttosto irregolare del numero di levatrici iscritte si sommava un regolare ma poco consistente numero di levatrici diplomate; nel trentennio che va dal 1931­32 al 1960­61, la media è di 18 levatrici diplomate all'anno, un numero di gran lunga inferiore rispetto alle 44 iscritte. Attualmente la Scuola di Ostetricia ha ancora un suo ruolo come scuola di preparazione per le ostetriche e conferisce diplomi (mini­laurea) al termine di un corso di durata quadriennale. Ma ciò che è cambiato è ormai il ruolo delle levatrici, non più le protagoniste del parto, come quando la loro antica arte e la loro maestria era preferita alla scienza dei medici­chirurghi, ma solo aiutanti dei nuovi ginecologi, unici ai quali si riconosce compiuta professionalità. D’altro canto, però, il numero delle donne ginecologhe è vistosamente aumentato, segno di una acquisita professionalità e di una raggiunto riconoscimento in un ambito precedentemente riservato ai medici­chirurghi. 43 La Ginecologia in Italia, Atti della società italiana di Ostetricia e Ginecologia, a cura di P. Mutti e N. Vaglio, Parte I op. cit. p.138 44 19 nell'anno accademico 1954­55; 12 " " 1955­56; 14 " " 1956­57; 22 " " 1957­58; 18 " " 1958­59;
24 1. 5. L'Istituto Universitario di Magistero L'Istituto Universitario di Magistero fu fondato nel 1951 con decreto legge del Presidente 45 della Repubblica del 18 settembre. Fu mantenuto a totale carico del Comune di Catania e non venne equiparato alle facoltà di Magistero delle università Statali. Il suo statuto, 46 approvato dal Consiglio comunale e dalla Giunta provinciale amministrativa, prevedeva tre differenti corsi di laurea in Materie letterarie, in Pedagogia, in Lingue e letterature straniere, oltre ad un diploma di abilitazione alla Vigilanza nelle scuole elementari. L'istituzione del Magistero Universitario dipese, perciò, dall'iniziativa locale e fu affidato alle cure di un ristretto gruppo di docenti della facoltà di Lettere di Catania. L'Istituto svolse, specialmente negli anni Cinquanta e Sessanta, un ruolo decisivo di promozione sociale per migliaia di maestri sia catanesi, che nisseni e agrigentini. Dopo quasi dieci anni dalla sua fondazione il Magistero contava 891 iscritti, un numero complessivo già rilevante se si considera che l'Università di Catania in quegli anni ne contava 5.326. Il Magistero diveniva con i suoi tre corsi di laurea e il diploma, un luogo preferenziale per la formazione delle insegnanti e delle maestre; aveva, infatti, 547 donne distribuite nei quattro anni di corso. Nel '68 le donne costituivano l'82% degli iscritti (con un totale di 3.975 di iscrizioni) con una maggiore presenza nel corso di Pedagogia (46%), seguita poi dal corso di laurea in Materie letterarie (30%), da quello in Lingue e letterature straniere ed infine dal diploma di Vigilanza per le scuole elementari. Tendenza che si confermò negli anni successivi quando molte ragazze provenienti dalla città e dalla provincia erano spinte dall’ambizione a divenire future maestre o professoresse della scuola media, confermando così le scelte che già avevano compiuto nell'intraprendere gli studi magistrali alle scuole secondarie. Il numero delle iscrizioni registrò nel 1978, però, una leggera flessione che portò gli iscritti al numero di 3.229, ma la percentuale delle donne non diminuì, anzi, fu leggermente superiore a quella del '68 raggiungendo l'86% degli iscritti e caratterizzando, sempre più, il Magistero come un'Università prettamente femminile. Il corso maggiormente frequentato rimase quello di Pedagogia, la cui elevata affluenza si può anche spiegare in base al fatto che, presso 22 " " 1959­60. Decreto legge del presidente della Repubblica 18 settembre 1951, n.1160, Estratto dal “Bollettino Ufficiale” della Pubblica Istruzione parte 1, del 6 dicembre 1951. 46 Lo statuto venne approvato nella seduta del 5 luglio dal Consiglio comunale con deliberazione n.231 e dalla Giunta provinciale amministrativa nella seduta del 22 agosto 1949, successivamente modificato per poi essere approvato
45 25 l'Università di Catania, non esisteva tale corso di studi. Sempre nel '78 nel corso di studi di Lingue e letterature straniere si registrò il doppio delle presenze rispetto al corso di Materie letterarie. Il crescere delle presenze e il peso che assumeva l'Istituto Universitario del Magistero per Catania e per la provincia e gli elevati costi del mantenimento, divennero motivo per richiedere da parte delle forze sociali, politiche, culturali e sindacali della città e del Comune, la sua statalizzazione: “Onorevoli colleghi! L'Istituto Universitario di Magistero di Catania, […] si colloca al centro di una popolazione studentesca che comprende le province di Catania, Enna, Caltanissetta, Ragusa, Siracusa, ma questo Istituto a differenza dei magisteri di Palermo e di Messina, per diverse ragioni, non è riuscito ad ottenere fin qui, il riconoscimento della 47 invocata, per anni, statalizzazione” , dichiarò al Parlamento un gruppo di deputati catanesi. La necessità di una facoltà statale di Magistero a Catania si giustificava anche sulla base delle nuove esigenze delle maestre delle scuole materne ed elementari, chiamate ormai a conseguire obbligatoriamente il titolo universitario; a questo si aggiungeva la necessità di fornire una più adeguata formazione agli studenti: “per offrire ai giovani della Sicilia orientale conoscenze specialistiche e capacità complessive, così come richieste dall'ampia tematica della socializzazione, dell'integrazione e dell'assistenza sociale, dei servizi culturali, socio­sanitari, ecc.. si propone la statalizzazione dell'Istituto Universitario di Magistero di Catania tanto da 48 costituire una decima facoltà sufficientemente qualificata e istituzionalmente garantita…” . Le condizioni per la statizzazione dell'Istituto Universitario di Magistero, vennero stabilite da 49 una commissione apposita i cui membri, facenti parte della facoltà di Lettere e dell'Istituto, vedevano oramai in questo cambiamento una necessità improrogabile: “appare evidente che lo stato attuale delle strutture didattiche, di ricerca, amministrative, e dei locali che ospitano l'Istituto è assai carente e di molto inferiore ­ in quantità e qualità­ alle esigenze di una consistente popolazione studentesca (superiore a 2000 nell'ultimo quinquennio, e definitivamente dalla G.P.A. il 20 novembre 1950. Estratto dal "Bollettino Ufficiale." 47 Atti Parlamentari, camera dei deputati n.2625 proposta di legge d'iniziativa dei deputati Andò, Fincato, Grigoletto, Amodeo, Barbalace, Lo Bello, d'Acquisto, Madaudo, Germanà presentata il 6 marzo 1985, Istituzione della facoltà di Magistero dell'Università degli Studi di Catania. 48 Cfr. nota 72, Atti Parlamentari, Camera dei deputati n.2625. 49 L’assemblea per la statizzazione dell'Istituto si riunì il giorno 14 Aprile 1984, e fu costituita per l'Università di Catania dai proff. G. Lunetta, prorettore, e G. Giarrizzo, preside della facoltà di Lettere e per l'Istituto dai proff. R. Soraci direttore dello stesso e da A. Di Blasi, membro eletto del comitato tecnico.
26 irregolarmente distribuita tra i corsi di laurea e di diploma) …” 50 Date le necessità dell'Istituto, si chiedevano, inoltre, al Comune i finanziamenti necessari per l'attuazione del trapasso dell'Istituto a facoltà, visto che l'Università non avrebbe potuto assumere a proprio carico gli oneri finanziari e organizzativi necessari. 51 La tanto attesa statalizzazione si ebbe solo nel 1991, con decreto legge n.361, che sancì la definitiva soppressione dell'Istituto Universitario di Magistero e l'istituzione della facoltà di Magistero presso l'Università di Catania. Attualmente la facoltà di Magistero, che ha preso il nome di Scienze della Formazione, conta, nell'anno 1998/99, 6.216 iscritti con una percentuale di studentesse pari al 90,8%, e al suo interno comprende un nuovo corso in Scienze dell'educazione e un corso di Pedagogia. 1. 6. La scolarizzazione univer sitaria a Catania e in Italia: un confronto quantitativo L’anno accademico 1861­62 si aprì in 19 università italiane e in sei Istituti superiori con un'elevata offerta di formazione: solo nel Regno delle due Sicilie si contavano cinque sedi universitarie di cui tre in Sicilia a Palermo, Catania, Messina, e due a Napoli, per un totale di oltre novemila iscritti. L’Italia disponeva di un sistema scolastico e Universitario stabilito dalla legge Casati 52 ed adottato l’1gennaio 1860 nelle Università di Pavia, Torino, Cagliari, in Lombardia e poi esteso a tutta la Penisola. Con l’applicazione della legge a tutto il Regno venne regolato il numero delle università e delle facoltà, il loro ordinamento interno e le nomine dei 53 professori secondo un modello organizzativo centralizzato che rivelava influenze napoleoniche e prussiane. Alle università venne affidato il compito di creare un corpo docente che fosse in possesso di una solida cultura di natura essenzialmente filosofico­letteraria. La necessità di incrementare il settore della ricerca fu strettamente collegata alla volontà di stabilire la validità delle sedi universitarie, nella convinzione che solo le grandi Università complete di tutti i corsi potessero creare le condizioni per la diffusione di una reale cultura e non essere esclusivamente fabbriche di professionisti. I dibattiti sulla conservazione o meno 50 Atti tratti dall'assemblea per la statizzazione dell'Istituto attinti presso il medesimo Istituto. " Gazzetta Ufficiale", Roma, _Venerdì 15 novembre 1991 p. 2. 52 La legge Casati fu varata il 13 novembre 1859 (n.3725). 53 Il numero degli insegnanti per facoltà viene rigidamente fissato, come quello dei professori di ruolo, nominati dal Re su
51 27 delle sedi universitarie minori, così come quello sulla loro autonomia, si conclusero tra il 1867 e il 1868 con una riclassificazione delle Università in otto primarie (Bologna, Padova, Napoli, Palermo, Pavia, Pisa, Roma, Torino), nove secondarie (Cagliari, Catania, Genova, Macerata, Messina, Parma, Sassari, Siena) e quattro libere (che seppur uniformate ai Regolamenti dello Stato erano mantenute dalle rispettive Province): Camerino, Ferrara, Perugia, Urbino. 54 Poco dopo la legge Casati, nel più generale riordino del sistema d’istruzione, l’Ateneo catanese venne declassato in base alla legge De Sanctis del 31 luglio del 1862, con la conseguente riduzione dei finanziamenti erogati dallo Stato. Le facoltà di Scienze Matematiche Fisiche Naturali e quella di Lettere e Filosofia non poterono perciò ricoprire tutte le cattedre previste dalle legge Casati né conferire lauree di abilitazione 55 all’insegnamento. Tutto ciò comportò un momentaneo declino che durò all’incirca un ventennio e che ebbe una significativa ripercussione nel numero degli studenti che discese dai 441 iscritti del 1861­62 ai 150 nel decennio seguente. (vedi grafico 1) 56 Una “depressione che ­ come precisa Angelo Majorana nel discorso inaugurale dell'anno accademico 1895/96 ­ era stata dovuta a inadempienze nei confronti delle università siciliane da parte dello Stato che assorbiva le tasse, in dieci anni più che raddoppiate e senza farne rifluire nelle casse degli atenei, costretti a ricorrere ad interventi locali o a privati atti di 57 mecenatismo.” proposta del Ministro della Pubblica Istruzione (per “meritata fama” o per concorso per titoli). 54 Gli effetti della legge Casati negli altri livelli d’istruzione furono di gran lunga più favorevoli rispetto all’università: la diffusione della popolazione scolastica e la creazione di nuove scuole soprattutto elementari, fu in parte dovuta alla sollecitazione di tale legge, a tutti i Comuni, affinché la applicassero. Anche se le scuole elementari gravavano sul bilancio comunale, a Catania si registrò tra la fine dell’800 e l’inizio del ‘900, un loro incremento numerico, con la conseguente diffusione dell’istruzione primaria. Catania poteva contare su di una percentuale di frequentanti delle pubbliche scuole elementari pari a circa il 50 % degli obbligati. La precisa distinzione delle scuole superiori in classiche, tecniche e magistrali e l’elaborazione di nuovi programmi di insegnamento adeguati alle esigenze di una educazione più vasta, favorirono anche la diffusione della scolarizzazione secondaria a Catania. Primo segno fu l’istituzione, nel 1861, di due nuove scuole: il liceo ginnasio Nicola Spedalieri e la scuola normale (diretta alla formazione professionale dei maestri) Turrisi Colonna, trasformatasi poi, con la riforma Gentile del 1923, in Istituto Magistrale Turrisi Colonna. Queste scuole si aggiungevano alle già esistenti scuole quali il ginnasio del collegio Cutelli, l’Istituto di agronomia e agrimensura, l’Istituto tecnico Gemmellaro, una scuola tecnica S.Martino Pardo, e un’altra scuola normale la Tedeschi. La crescita delle scuole contemporanea all'estensione della scolarizzazione permise nel 1885 che le classi oltrepassassero il centinaio e che gli iscritti nell’anno scolastico 1884­85 diventassero 4.282 (di cui i promossi furono 2.353) in rapporto ad una popolazione di circa 80.000 abitanti. 55 G. Curcio, L’Università di Catania dal 1865 al 1934, in Storia dell’Università di Catania, op. cit. pp. 357­376. 56 Grafico n.1, riporta l'andamento delle iscrizioni universitarie catanesi e italiane nell'ultimo trentennio del secolo XIX. 57 ".. sgraziatamente le condizioni del bilancio dello Stato non hanno permesso al Governo di adempiere all'obbligo impostogli dal decreto­legge prodittattoriale, col quale ci si assegnava un milione e mezzo di lire, ma neanche di fornire quei mezzi necessari, senza i quali gli Istituti scientifici non possono ad alcun modo svilupparsi", Annuario Regio dell'Anno Accademico 1895­96, pp. 9­10.
28 Per evitare la rovina dell’Università di Catania fu allora costituito un Consorzio tra il 58 Comune e la Provincia con il fine di contribuire economicamente a risollevare le sorti dell’Ateneo. Un primo contributo venne erogato nel 1877 ed un secondo nel 1885 con la 59 stipula di una Convenzione con lo Stato . Dal 1885, anno in cui la legge Coppino assimilò l'Università di Catania a quelle di prima classe sino al 1895­96, il numero degli studenti raddoppiò passando da 414 a 815, anche grazie al recupero di coloro che si erano riversati in altre università più prestigiose, come in quella di Napoli. Dopo aver analizzato l'andamento generale, si osservi verso quali facoltà si indirizzavano gli studenti nell'Ateneo catanese nel quindicennio di fine Ottocento. La tendenza generale dal 1875 al 1900 fu la preponderanza degli iscritti in Giurisprudenza e in Medicina con un rapporto numerico reciproco di due a uno; tale andamento nel corso di questi 15 anni venne alterato da una nuova immissione di iscritti nelle facoltà di Lettere e Filosofia, di Scienze Matematiche Fisiche e Naturali e di Farmacia. Dal riscontro numerico si può seguire il trend degli iscritti nelle diverse facoltà 60 : nel 1875­ 76 all'interno dello Studium catanese si contavano 175 iscritti di cui 36 a Medicina e Chirurgia, 98 a Giurisprudenza; cinque anni dopo, su 227 iscritti, 42 erano a Medicina e 97 a Giurisprudenza; nel 1885­86 gli iscritti divennero 414 con un aumento considerevole, ma il rapporto tra Medicina e Giurisprudenza rimase stabile, gli studenti rispettivamente erano 121 e 217 con una nuova presenza a Farmacia di 66 iscritti. Nel 1891­92 le iscrizioni sono 662 e a Medicina e Giurisprudenza quasi si equivalsero (250 contro 280). Farmacia mantenne un numero notevole di iscritti, ma la novità è costituita dall’aumento degli studenti in Lettere e Filosofia e Scienze Matematiche Fisiche e Naturali (34 per ogni facoltà). Nell'anno 1895­96 gli iscritti di Lettere si moltiplicarono raggiungendo il numero di 74 (su 912 iscritti), e quelli in Scienze raggiunsero quota 76 mentre Farmacia registrò quasi 114 presenze, Medicina 287 e Giurisprudenza 358. Nel 1899­00 il rapporto tra Medicina e Giurisprudenza ritornò quello del 1875­76, pari a uno a due, con 193 iscritti a Medicina e 421 a Legge, mentre Lettere e Scienze 58 Comune e Provincia contribuirono al bilancio dell'Università di Catania con 110.000 lire. Sulla base della Convenzione veniva riconfermata alle facoltà di Lettere e Filosofia e di Scienze Matematiche Fisiche, e Naturali il diritto di conferire delle lauree e diplomi speciali per l’insegnamento. 60 Sono anni in cui l'Ateneo catanese si fregiò di presenze autorevoli. Mario Rapisardi ancor giovane assunse l'insegnamento di Letteratura italiana e portò all'interno del Siculorum Gymnasium una mentalità nuova scevra da presupposti metafisici e basata su un sapere fondato su basi positiviste, oggettivo, universalmente valido che doveva imporsi come fonte di progresso. Ed ancora, fondamentale fu per Catania Angelo Majorana, la più matura espressione della sociologia giuridica negli anni di fine secolo che tanto fece per la sua città e per l'Università e la cui immatura morte, all'età di 45 anni, non gli permise di consolidare nel nostro Ateneo la scuola di Sociologia del Diritto alla quale aveva dato vita.
59 29 ormai stazionarie si equivalevano (78 iscritti nella prima, 79 a Scienze). Nel primo decennio del '900 a Catania si registrò un forte calo della popolazione universitaria probabilmente a causa anche del provvedimento Nasi che inaspriva le tasse di iscrizione e di frequenza. Gli studenti scesero dai 1.060 del 1902­03 a 851 nel 1907­08; sempre nello stesso anno, però, aumentarono gli iscritti a Giurisprudenza che raggiunsero il numero di 460, confermando così la tendenza del decennio precedente, così come pure si verificò un aumento del numero di studenti nella facoltà di Lettere nel 1906­07 (282 iscritti di cui 250 aspiravano al diploma di perfezionamento) che è da ricercarsi, forse, nelle nuove possibilità di lavoro prospettatesi in seguito ad un progetto di reclutamento di ispettori scolastici sostenuto dall’on. Vittorio Emanuele Orlando. Con l'avanzare del nuovo secolo gli indici nazionali e quelli catanesi delle iscrizioni ebbero uno sviluppo per lo più parallelo, ma, mentre a livello nazionale vi fu una costante e graduale crescita, a livello catanese si verificarono alcuni anni di forti e improvvisi cali (come nel 1924 e nel 1955­56) seguiti da momentanei processi di ripresa delle iscrizioni (vedi tab. 4 e 5 e 61 graf. 2) . Dal secondo decennio del XX secolo è possibile effettuare, grazie al reperimento dei dati annuali nazionali, un confronto tra l'andamento catanese e quello nazionale: l’indice universitario locale e nazionale delle iscrizioni fu caratterizzato da un trend positivo delle iscrizioni. La corsa alle iscrizioni in Italia verificatasi tra il 1910 e il 1920 fu principalmente rivolta ai gruppi giuridico, medico e ingegneristico (quest’ultimo ebbe un incremento pari all’incirca al 50%). Una crescita improvvisa è legata all’esplosione del primo conflitto bellico e alla conseguente speranza di usufruire, tramite l’iscrizione all’università, del rinvio della chiamata alle armi, di licenze per esami e di facilitazioni nel pagamento delle tasse in forza di disposizioni emanate a favore dei militari. Tra il 1912­13 e il 1914­15 si passò da 995 a 1.063; nel 1915­16 le iscrizioni sembrarono flettere (1.026) per portarsi poi, con costante crescendo, ai 1.884 del 1918­19. In tale anno, analizzando le scelte fatte per facoltà e confrontandole con il 1910, si riscontrano i primi cambiamenti nelle scelte degli studenti. Se da un canto gli iscritti a Giurisprudenza mantenevano sempre il primato delle iscrizioni 61 Nelle tabelle n.4 e 5, si forniscono i dati numerici relativi agli iscritti dal 1900 al 1960 nelle facoltà italiane e catanesi; nel grafico n.2 un confronto dell’'andamento delle iscrizioni catanesi e italiane.
30 (533 con un piccolo aumento rispetto al '10), dall’altro gli studenti di Medicina erano più che triplicati. Da rilevare anche l'espansione della facoltà di Scienze Matematiche Fisiche e 62 Naturali, passata da pochi iscritti del 1910 (118) ai 312 del 1918­19 , espansione che se analizzata nel dettaglio, può per lo più essere spiegata con l'elevato numero (132) di coloro che aspiravano a seguire il biennio di Ingegneria (che, come detto, era incorporato in questa facoltà), seguendo una tendenza più generale a livello nazionale. Per quanto riguarda l’Ateneo catanese è solo dopo la “grande guerra”, nel biennio 19­21, che si registrò un’esplosione del numero degli iscritti relativa a tutte le facoltà (con 1.993 iscritti nel 1920­21). La facoltà di Giurisprudenza manteneva ancora nel 20­21 la maggioranza di iscritti, Medicina si presentava sempre con un numero elevato di studenti (517), ormai quasi uguale a quello di Legge e diventava elevato anche il numero di iscritti alla facoltà di Scienze, all'interno della quale il biennio di Ingegneria raggiungeva i 134 iscritti su un totale di 382 nei diversi corsi di laurea. L'aumento delle iscrizioni era dovuto, almeno in parte, alle contingenze della guerra, che avevano reso meno severi i corsi di studio (come il conseguimento del diploma di laurea senza dissertazione scritta), anche se i “due terzi del totale degli iscritti furono chiamati al 63 fronte e non pochi furono i morti” . Le elevate aspettative di promozione sociale e di cambiamento (tradite, poi, nel periodo post­bellico dalle effettive possibilità di inserimento lavorativo) avevano ulteriormente contribuito alla crescita del numero delle iscrizioni a Catania come nel resto d’Italia. Nel decennio 1921­31, per quanto il numero degli iscritti in Italia salisse, i ritmi di crescita furono inferiori a quelli degli anni della guerra, anche per via della graduale normalizzazione degli accessi all’Università in seguito alla conclusione del conflitto bellico. Mentre dal 1929 in Italia non si registrarono più momenti di flessione nelle iscrizioni universitarie ma piuttosto un graduale e continuo movimento ascendente, a Catania, invece, a partire dal '21 e per tutto il secondo decennio si può osservare un andamento caratterizzato da un brusco e repentino calo delle iscrizioni. Nel 1924­25 gli iscritti erano scesi a 1.176 per poi cominciare ad oscillare negli anni immediatamente successivi sino alla stabilizzazione 62 Il Rettore, Giuseppe Majorana, nel discorso di apertura spiegava le sovrabbondanti iscrizioni nella facoltà di Scienze Matematiche Fisiche e Naturali: “ …hanno influito le ragioni della guerra, con una maggiore tendenza all'Ingegneria onde migliorare i titoli di ammissione tra gli artiglieri, […]”. Annuario dell'Anno Accademico 1919, Catania, p. 17. 63 C. Dollo, Strutture e ideologie in Sicilia: la funzione delle Università. Primi appunti sull'Ateneo catanese (1880­1920) in Scritti offerti a Francesco Renda per il suo settantesimo compleanno, a cura di, N. De Domenico, A. Garilli e P. Vastasi,
31 avvenuta alla fine del decennio tra il 1929 e il '31. Alla flessione del numero degli iscritti all'interno delle facoltà si contrappose un'espansione degli Istituti universitari e la nascita delle prime strutture autonome e distaccate rispetto al Palazzo Centrale dell’Università di Catania, come ad esempio, la nuova sede della facoltà di Medicina presso la cittadella universitaria. In questi stessi anni tanto a Catania che nel resto d’Italia, in un clima di grandi aspettative e vivace fermento intorno al dibattito che ormai da oltre sessant’anni (dopo la legge Casati) si teneva sulla necessità di riforma dell’università, il governo fascista attuò degli interventi significativi in ambito universitario. La volontà di accentramento e il tentativo di controllo sull’università fu comune al governo fascista e allo Stato Sabaudo. Con la Riforma Casati il progetto di accentramento si era concretizzato nel rafforzamento dei poteri ministeriali e nella mancata concessione di 64 autonomia agli organismi collegiali (sia a livello nazionale che locale) . Durante il governo fascista fu messa in atto una più accentuata subordinazione dell’istruzione superiore e dell'Università al Ministero della Pubblica Istruzione, secondo le direttive elaborate con la Riforma Gentile (varata nel 1923); a ciò si aggiunse la contemporanea limitazione dell’autonomia, amministrativa e didattica, degli organi accademici e collegiali. Questo 65 tentativo di “nazionalizzazione” fu realizzato tramite la delega di precise funzioni al potere esecutivo: “la nomina del rettore, dei presidi di facoltà, delle Commissioni di concorso e dei 66 componenti del Consiglio superiore della Pubblica Istruzione” . In questo ampio processo di accentramento alcuni provvedimenti come l’obbligo del giuramento, imposto nel 1931 ai docenti in servizio, e la facoltà del ministro di nominare i 67 professori di chiara ”fama,” “dichiaravano apertamente e decisamente la volontà politica del 68 fascismo di appropriarsi dell’università.” Nel più ampio processo di centralizzazione, con la Edizione 32, Assemblea Regionale Siciliana 1994, vol. I, op. cit. p.536. 64 Quali il Consiglio della Pubblica Istruzione e il Consiglio provinciale scolastico. 65 M. Giuntella. Autonomia e nazionalizzazione dell’Università. Il fascismo e l’inquadramento degli Atenei, Roma, 1992, p.34. 66 F. De Vivo, Ricerca scientifica e preparazione professionale nelle Università in Cento anni di Università. L’istruzione superiore in Italia dall’Unità ai nostri giorni, Atti del III Convegno nazionale (Padova, 9­10 novembre 1984), Cirse. 67 Il provvedimento approvato nel 1925, autorizzava l’evasione del sistema dei normali concorsi per assegnare la cattedra universitaria a persone gradite al regime. 68 L. Ambrosoli, Alcuni appunti sull’Università italiana durante il fascismo in Cento anni di Università op. cit. p.168.
32 69 Riforma Gentile, furono avviati precisi interventi volti alla limitazione dell’autonomia . Dal punto di vista economico lo Stato cercò di contenere l’onere finanziario delle università riducendo continuamente le spese statali; ciò comportò il conseguente aumento dei contributi richiesti agli studenti. Ulteriori restrizioni furono attuate nell’ambito dell’autonomia didattica come il perseguimento di una maggiore rigidità nei piani di studio per gli studenti, nella convinzione che: “un curriculum completamente delineato (potesse) [...] garantire il 70 conseguimento degli obiettivi culturali e professionali assegnati alle università”. Una serie di Regolamenti come quello generale universitario del 1924, quello sugli studenti, i titoli accademici, gli esami di stato e l’assistenza scolastica approvata nel 1938, furono espressione dello stretto margine di autonomia decisionale concesso ai consigli di amministrazione e ai consigli di facoltà. Un ulteriore strumento di controllo e contemporaneo tentativo di catturare il consenso degli studenti fu la messa in atto di strutture assistenziali quali mense e case dello studente, la creazione dell’Opera Universitaria e l’organizzazione delle attività sportive. Per quanto riguarda l’Ateneo catanese la Riforma Gentile sembrò incidere sul numero degli 71 iscritti che, come si è visto, nel'24 fece registrare un dimezzamento che può esser spiegato, oltre che con la normalizzazione delle iscrizioni alla fine della guerra mondiale, anche con l'attuazione della suddetta Riforma che stravolse il sistema Universitario catanese e fu “per un 72 73 pezzo un incubo pauroso” per l’ Ateneo . La decisione del Consiglio della Pubblica Istruzione di ridurre i fondi destinati all’università, ebbe, infatti, forti ripercussioni sull’Ateneo catanese che venne nuovamente retrocesso ad una posizione di secondo piano e catalogato, secondo la nuova classificazione prevista dalla legge 69 Il dibattito sull’autonomia era stato affrontato già con la Riforma Casati al momento dell’adozione del modello franco­ tedesco come esempio per l'Università italiana. Da un lato quest’ultima conforme al modello francese fu orientata verso un deciso accentramento in cui prevaleva l’attività didattica orientata alle esigenze del Paese, dall’altro a quello tedesco, fondato sull’autonomia di singoli Atenei. 70 L. Ambrosoli, Alcuni appunti, op. cit. p.168. 71 Dalla lettura delle cifre riportate dagli Annuari degli Accademici si nota, come ulteriore dato che incise nel conteggio complessivo degli iscritti, il mancato inserimento dei dati relativi agli studenti nei corsi di perfezionamento per i licenziati dalle Scuole Normali a partire dal 1924 . 72 Annuario dell'anno Accademico 1928­29. 73 Tuttavia, la riforma Gentile ebbe positive ripercussioni nell’ambito dell’istruzione primaria e secondaria: l’aver stabilito l’obbligo scolastico a 14 anni di età spinse infatti lo Stato a istituire corsi integrativi di altri tre anni (corsi o scuole di avviamento professionale). Sorsero, inoltre, nuove scuole materne ed elementari che la legge del 1911 aveva raggruppato in circoli didattici, scuole di avviamento professionale ed anche il liceo scientifico Umberto I. In una città che ancora nel 1921 contava il 40% di analfabeti, il bisogno di diffondere l’istruzione era sentito e la riforma riuscì in parte ad assumere questo ruolo.
33 Gentile, nella categoria delle università di serie B (cioè quelle che erano a parziale carico dello Stato). Ancora una volta, per far fronte al disimpegno dell'amministrazione centrale, si costituì un nuovo Consorzio tra i Comuni di Catania, Siracusa, Ragusa, e, in parte, di Enna, i cui finanziamenti riuscirono a garantire una ripresa dell’Ateneo catanese e a “difendere il 74 prestigio e il diritto a un miglior trattamento.” “Già nella metà del 1924­25 il contributo dello Stato finanziava solo la metà del bilancio complessivo del Siculorum Gymnasium (che era di lire 3.103.530) mentre il resto derivava dalle Amministrazioni locali e dagli studenti [...] nella condizione di pressione accentuata cui venivano sottoposti gli Enti locali appariva non priva di vis comica la dichiarazione del rettore De Logu: “il nuovo regime […] dischiude 75 il principio di un'età novella " Tra le università siciliane, mentre Palermo era a totale carico dello Stato, Catania fu notevolmente osteggiata dal Ministro della Pubblica Istruzione che avrebbe voluto ridurla a università non statale. Solo grazie all'intervento dei ministri siciliani (in particolare Gabriello Carnazza che fece modificare il progetto originale di Gentile che non prevedeva 76 finanziamenti per l'Ateneo) si arrivò ad una soluzione di compromesso, in base alla quale il Consorzio avrebbe continuato a versare una somma non inferiore al mezzo milione di lire per il potenziamento dell'Università e l'Ateneo catanese sarebbe stato inserito nel novero delle 77 università parzialmente finanziate . Fino al 1934 il numero delle iscrizioni nell’Ateneo si mantenne a livelli bassi con lievi oscillazioni che furono preludio, a partire sempre dallo stesso anno, di una significativa ripresa. Il 1935 rappresentò un anno di particolare importanza per l'Ateneo catanese perché fu votata la legge De Vecchi (1935) che restituiva al Syculorum Gimnasium la sua plurisecolare dignità, con l’abolizione della distinzione tra Università di serie A e B e la concessione di uno Statuto che poi, nella versione definitiva di 4 anni più tardi (1939), rimase in vigore fino 74 Università in Enciclopedia di Catania , vol. II, Catania, 1987. p. 738. 75 Annuario dell'Anno Accademico 1925, cit. p.5, in C. Dollo, Strutture e ideologie in Sicilia , op. cit. p.538 Achille Russo teneva a sottolineare che la sordità di Giovanni Gentile: “…Gentile mi confermò che nel disegno di legge erano distinte due categorie di Università e che quella di Catania sarebbe compresa tra le libere. Non è valsa alcuna ragione a dissuaderlo da tale suo proposito…”, A. Russo, Documenti relativi all'azione svolta dalle Autorità Accademiche durante il periodo di preparazione della Riforma Gentile, Ottobre 1923, Catania, Crescenzio Galàtola, 1923, p.5 in C. Dollo op. cit. p.538. 77 Le altre due categorie di università erano quelle di Stato e quelle libere.
76 34 all’attuale riforma. La riabilitazione dell’Ateneo catanese, in seguito alla legge De Vecchi, contribuì probabilmente a far crescere il numero di studenti che raggiunsero nel 1935­36 i 2.348 78 , grazie anche ai nuovi iscritti (precisamente 505) al Regio Istituto Superiore di Scienze 79 Economiche e Commerciali, il cui Statuto fu riconosciuto e accettato nel 1934 . Il numero degli iscritti ad Economia e Commercio incise infatti notevolmente sull’incremento della popolazione studentesca tanto da costituire il 21,5% degli immatricolati nell’anno accademico 1935­36. Negli stessi anni, lo sport e le attività fisiche per i giovani si imponevano quale nuovo strumento di consenso politico: il GUF di Catania venne individuato come terreno di formazione del nuovo ceto politico, e le sue attività andarono a coprire il tempo libero dei giovani e delle giovani, destinatarie privilegiate della propaganda fascista. Queste, ad esempio, le parole del segretario del GUF Luciano Nigro nella relazione del 1936 in un passo relativo alle attività della Sezione Femminile: “… i progressi veramente sensibili fatti dalla Sezione Femminile che ha raddoppiato le sue file, contando circa 300 inscritte […] La loro attività, svolta attraverso conferenze, gite, escursioni, corsi di cultura fascista…sta a dimostrare come le nostre universitarie siano degne di continuare le nobili tradizioni delle 80 virtù della donna italiana, completa nella sua preparazione spirituale e fisica” . Nel 1940, anno dell’entrata in guerra dell’Italia, l’Ateneo catanese contava 4.625 iscrizioni di cui 3.961 maschili, cifra destinata ad aumentare costantemente negli anni. Anche a Catania, così come nel resto del Paese, il notevole incremento della popolazione universitaria durante gli anni del secondo conflitto mondiale è probabilmente dovuto da un canto, alla speranza di potere usufruire di ritardi della chiamata alle armi e di licenze per sostenere esami e, dall’altro alla “contingente larghezza usata in quel periodo di emergenza, nel giudicare la preparazione 81 degli iscritti” . 78 Già nel 1934 il numero degli iscritti fu di 495 iscritti (492 maschi e 3 femmine) su un totale di iscritti nell'Ateneo di 1.911 e 388 fuori corso. 79 Lo Statuto venne approvato con R.D. 16 ottobre 1934, XII. N.2117 cfr. Annuario dell’anno accademico 1935­36. Già nel 1934 il numero degli iscritti fu di 495 iscritti (492 maschi e 3 femmine) su un totale di iscritti nell'Ateneo di 1.911 e 388 fuori corso. 80 Annuario Anno Accademico 1938­39, op. cit. p. 7. 81 L’incremento numerico degli iscritti negli anni tra le due guerre fu considerevole in tutta Italia, tanto da arrivare quasi a triplicare nel decennio dal 1929­1930 al 1939­40 (anno in cui raggiunsero il numero di 127.058 iscritti). Fu in particolar modo nel momento dell’entrata in guerra dell’Italia nella seconda guerra mondiale che la popolazione universitaria crebbe del 48,5% (sono 41.523).
35 Catania, inoltre, a differenza di altre città italiane, non subì durante la guerra lunghi momenti d’interruzione nella vita accademica e poté, sin dal 1944, riprendere lo svolgimento regolare delle lezioni. A tal proposito il Rettore Dante Majorana (che fu in carica dal 1944 al 1947) disse: “Mi è di vivo compiacimento il constatare che, malgrado ogni difficoltà, la nostra Università, a differenza delle altre di Sicilia e dell'Italia liberata, ha potuto quasi ininterrottamente continuare nella sua vita accademica malgrado l’ostacolo dei locali occupati dagli alleati e dall'aeronautica italiana. Fin dall’inizio del 1943­44 procedette agli esami autunnali e poté, unica fra le Università italiane, inaugurare il nuovo Anno Accademico e 82 svolgere il regolare ma disagiato corso delle lezioni” . Finita la guerra, negli anni '50, venne attuata a Catania una politica universitaria tesa a 83 facilitare economicamente gli studenti con un aumento dei contributi statali per l'assistenza agli universitari, un ampliamento delle esenzioni tributarie ed un adeguamento delle tasse e soprattasse universitarie. Sempre negli stessi anni, venne creata la Casa dello Studente, indispensabile per i fuori sede, ma nata con l'iniziale limite di non “ospitare studenti di sesso 84 femminile” . Le iscrizioni, tuttavia, rispetto agli inizi degli anni' 50, allorché ammontavano a 8.847, erano diminuite e avevano raggiunto nel 1955­56 i 7.041 studenti. Nella realtà universitaria catanese, all'indomani degli anni '50, non si riscontrarono, inoltre, grandi cambiamenti nelle scelte universitarie, segno forse di un mancato adeguamento agli sviluppi di una realtà produttiva in rapido mutamento. Sebbene si riscontri uno spostamento positivo delle preferenze degli studenti verso nuove facoltà come Economia e Commercio, per il resto la tendenza generale è ancora orientata verso studi quali Giurisprudenza e Lettere che aprivano la strada a più "tradizionali" campi d'inserimento professionale; le facoltà a carattere scientifico, che avevano il fine di preparare laureati da inserire nel mondo produttivo, erano per lo più ignorate. Come è stato scritto: “La Sicilia non era ancora entrata nel circuito moderno della cultura, la classe intellettuale si forma sempre sulla base di schemi tradizionali 85 non adeguati agli sviluppi presenti e futuri delle forze produttive” . A questo proposito bisogna però tenere conto del fatto che l’offerta di formazione nelle 82 Annuario dell’Anno Accademico 1945­46. 83 Ex Legge 18­12­1955 n.1551. Decreto 7, dicembre 1953, approvazione del regolamento provvisorio della Casa dello studente, cfr. Annuario dell'Anno Accademico 1954­55. 85 F. Indovina, La scuola in Sicilia. Sviluppo scolastico e sviluppo economico, in Catania Contemporanea , op. cit. p. 1381.
84 36 scuole secondarie professionali a Catania e provincia era limitata rispetto a quella degli studi umanistici; nella provincia si poteva contare sulla presenza di ben 27 licei classici, gli unici che permettessero l'ingresso a tutte le facoltà e dai quali proveniva la maggior parte dei futuri universitari . L'offerta di istruzione professionale era, quindi, esigua per la mancanza di istituti tecnici, ( uno solo in tutta la provincia), e per la scarsa diffusione degli Istituti Agrario, Tecnico e 86 Nautico , in un momento in cui invece proprio nella città etnea si avviava un significativo processo di industrializzazione poggiato per lo più su una serie di piccole e medie attività industriali, localizzate nel territorio comunale. 1.7. Le donne nell'Univer sità di Catania: le iscritte (1892­1958) L'indagine sulla crescita della presenza delle donne nell'Ateneo catanese, negli anni dell'università d'élite, si è rivelata non priva di difficoltà a causa della mancanza di informazioni complete sulla popolazione studentesca femminile. L'assenza di dati disaggregati in base al sesso e ai corsi di laurea sia a livello nazionale che locale, si è subito presentata come un limite per la prosecuzione della ricerca. Per ovviare a tali lacune si è proceduto utilizzando due differenti fonti di informazione: i dati di fonte Istat per le università italiane e gli Annuari degli Anni Accademici per l’Ateneo catanese. La disomogeneità dei suddetti dati non ha permesso, però, di mettere a confronto la realtà catanese e quella nazionale relativamente ai corsi di laurea scelti dalle studentesse a Catania e in Italia; l'unica possibilità di comparazione offerta dai dati esaminati è stata quella relativa al trend complessivo delle iscrizioni maschili e femminili nazionali e catanesi (pur sempre nella consapevolezza che i dati messi a confronto provengono da fonti diverse). La scarsa “visibilità” della presenza femminile all'interno dell'Ateneo catanese sino agli anni Venti è inoltre testimoniata dalla mancata pubblicazione dei dati numerici, differenziati in base al sesso, relativi agli studenti. 86 Sicilia Catania Agrario 6 2 Industriale 7 1 Nautico 6 0 La provincia catanese era tra quelle con il più alto numero di comuni (19) e senza alcun tipo di scuola malgrado avesse più di 10.000 abitanti. Tra i centri della provincia che non disponevano sino agli inizi degli anni '60 di scuole non professionali vi erano: Acireale, Niscemi, Adrano e Paternò. A Catania, nel 1960, si contavano 7.543 iscritti e in Italia 287.975.
37 La parzialità delle informazioni ha, quindi, indotto ad una ricostruzione nominativa della realtà studentesca sulla base dei dati relativi alle sole iscritte al primo anno a partire dal 1892 al 1914. Per conoscere la storia dell'ingresso e diffusione della presenza femminile nell'Università catanese, si sono utilizzati, come fonte quasi esclusiva, gli Annuari Accademici della Regia 87 Università di Catania a partire dall'anno 1865 (data d'inizio della pubblicazione degli Annuari). Successivamente, sulla base dei differenti corsi di laurea, si sono catalogati i nominativi delle iscritte (Appendice I) a partire dalla prima presenza femminile nell’Ateneo che risale all'anno accademico 1892­93 nella facoltà di Lettere e Filosofia. Procedendo nell'analisi degli Annuari, si è riscontrata una crescita assai lenta del numero di iscritte che sul finire dell’800 costituivano una presenza ancora sparuta. Dal 1892­93 sino al 1900 le iscritte al primo anno raggiunsero un totale di 12 con una netta preferenza per la facoltà di Lettere e Filosofia (dove si concentrava più della metà delle iscritte in particolar modo nel corso di Lettere) e per Scienze Matematiche Fisiche e Naturali; due presenze precoci si riscontravano nella facoltà di Giurisprudenza e di Medicina, facoltà tradizionalmente maschili. Agli inizi del 1900 la situazione non era mutata di molto le donne nell'Ateneo erano ancora poche e si evidenziava una modesta intensificazione del numero di iscritte (una o due per corso di laurea) sino a quando, nel 1910­11, la situazione iniziò a cambiare sensibilmente con una presenza di donne in tutti i corsi di laurea e nella Scuola di Magistero, ad esclusione di Giurisprudenza nella quale le donne rappresentavano solo lo 0,3% . L’aumentare delle annotazioni con i nominativi e la relativa paternità delle iscritte nel triennio '12­'15 (54 in totale) testimoniava la crescita numerica delle donne nell’Ateneo; tale crescita si collocava in quella più generale della popolazione studentesca, dovuta anche alle iscrizioni 88 d'ufficio del 1915 a causa della guerra. (vedi tab. 6) . 87 Seguendo questo percorso di ricerca si sono annotati, dagli anni 1892­93 sino al 1914­15, i nominativi e la paternità delle iscritte e il corso di laurea da loro frequentato. Di alcune di loro si sono potuti seguire il percorso universitario sino alla laurea e rintracciare alcune future docenti universitarie. Il possedere i nominativi delle iscritte ha poi consentito di eseguire un confronto con gli iscritti in termini numerici. La pubblicazione negli Annuari di un prospetto differenziato degli iscritti per sesso a partire dal 1924 ha permesso di seguire con più facilità l'andamento della popolazione studentesca femminile e maschile. 88 A partire da tale anno, a causa dell’elevato aumento delle iscritte, non si fornisce più l’elenco nominativo delle matricole ma solo quello numerico; la tabella 6 contiene un prospetto in termini numerici iscrizioni maschili e femminili al primo anno dal 1892­93 alla fine degli anni '50 del '900.
38 Il 1913­14 fu l'anno con il maggior numero di iscritte rispetto al periodo sino ad ora 89 considerato con 23 donne su un totale di 241 immatricolati . La distribuzione numerica delle donne nelle diverse facoltà vide: 16 donne e 30 uomini al primo anno di Lettere e Filosofia, 7 donne e 19 uomini al primo anno di Scienze Matematiche Fisiche e Naturali, (con un numero maggiore di iscritte nel corso di laurea in fisica e matematica). Durante gli anni della guerra e dell'immediato dopoguerra, in particolare, è difficile avere riferimenti numerici precisi sulla situazione delle iscrizioni femminili a causa della lacunosità 90 degli Annuari che non ci forniscono i nominativi degli iscritti. Le informazioni sono per lo più ricavate dai discorsi dei rettori alla inaugurazione degli anni accademici, nei quali non vengono fatti riferimenti alla presenza delle donne nell'università ad eccezione di alcuni anni, come il 1914­15, quando le donne furono in sul totale di tutti gli anni 200 e nel 1917­18 quando con le iscritte alla Scuola di Ostetricia le donne risultarono 147 (10%) su un totale di 1.429 iscritti. A partire dal 1924, con l'inizio della pubblicazione sugli Annuari delle iscrizioni maschili e femminili nelle diverse facoltà dell'Ateneo, è stato possibile effettuare un confronto delle iscrizioni femminili, relative a tutti gli anni di corso, con la totalità degli studenti (vedi tab.7) 91 e raffrontare queste informazioni con quelle nazionali. Dall'esame dei dati si evince innanzitutto un generale calo della popolazione universitaria catanese (dovuto anche alla chiusura dei corsi di perfezionamento che incidevano notevolmente sul numero totale degli iscritti) che raggiunse nel 1924 il numero di 1.176 92 iscritti (vedi gr afico 3) ; in questo andamento discendente si nota una crescita del numero delle studentesse (raggiunsero il 24%) che, si suppone, fosse iniziata già da alcuni anni e di cui, però, per la mancanza dei dati, non si sono potute seguire le tracce. Anche a livello nazionale i dati riferiti al 1924 sono indicativi di un aumento graduale della popolazione studentesca femminile che raggiunse in quell’anno complessivamente il 13% delle iscrizioni complessive (5.646 iscritte). 89 Nel numero degli iscritti sono compresi, oltre a gli studenti della facoltà di: Lettere e Filosofia, Giurisprudenza, Scienze Matematiche Fisiche e Naturali, Scuola di Farmacia, gli iscritti del Corso di Perfezionamento per i licenziati dalle Scuole normali e di Igiene. 90 Nel 1915­16 le iscrizioni furono d'ufficio, nel 1916­17 l'Annuario non furono pubblicato e negli Annuari del 1917­18 e 1918­19 non vennero riportati i nomi degli iscritti. 91 E’ possibile seguire l’andamento delle iscrizioni femminili e maschili relative al primo anno nella tabella 6 e quello relativo al totale degli anni di corso nella tabella 7. 92 Nel grafico 3 si può seguire l'andamento delle iscrizioni femminili a Catania.
39 E' soprattutto dalla analisi delle scelte universitarie femminili che si riscontrano i maggiori cambiamenti. Riferendosi al 1924 si osserva una crescita delle donne iscritte alla facoltà di Lettere e Filosofia 93 (si immatricolarono 33 donne e 11 uomini), il raggiungimento di una quasi completa parità tra le presenze femminili e maschili nella facoltà di Scienze Matematiche Fisiche e Naturali (il 45% donne) ed un più cospicuo numero di donne 94 all'interno della Scuola di Farmacia . Per quanto riguarda le facoltà che per tradizione hanno avuto una predominante presenza maschile, Giurisprudenza e Medicina e Chirurgia, nel 1924 si registrarono nuove immatricolazioni femminili, rispettivamente con 2 immatricolate nella prima facoltà (su 119 iscrizioni) e 3 nella seconda (su 52 iscrizioni). A Catania, ad un decennio di distanza, la percentuale femminile nell’Ateneo subì una riduzione in special modo nel biennio 34­36, anche nei corsi di laurea che si erano caratterizzati per una cospicua presenza femminile, si verificò un nuovo aumento della componente maschile: nel 1936­37 nella facoltà di Lettere vi furono 78 immatricolati e 66 immatricolate e appena 6 furono le iscritte a Scienze Matematiche Fisiche e Naturali mentre 66 furono i ragazzi; nello stesso anno accademico nella facoltà di Medicina e Chirurgia non si ebbe nessuna iscritta e a Giurisprudenza una sola. La diminuzione delle donne immatricolate a partire dal '35, segna una tendenza contraria all’andamento di crescita delle iscrizioni complessive registratasi a livello italiano, con percentuali di crescita continua, che raggiunsero nel '36 e nel '38 rispettivamente il 16% e il 19% degli studenti iscritti. In che modo, e se, il regime fascista abbia influito nel trentennio nel limitare l'ingresso delle donne all'università, è difficile da stabilire, malgrado il consistente calo delle percentuali tra il 95 '34 e il '36 . Sono anni in cui nei discorsi inaugurali e nelle relazioni del segretario del GUF compaiono continui riferimenti alle donne, ma sempre per fornire descrizioni e notizie sulle attività della sezione femminile, di cui le studentesse, malgrado una certa reticenza mostrata, vengono incitate a far parte. Queste le parole del Segretario del GUF sull'attività della sezione femminile: “Devo notare che il grado di vitalità raggiunto da questa sezione non è ancora 93 Precisiamo che il numero di iscritte al corso di laurea in Lettere sono 132 mentre solo 5 sono in filosofia su un totale di 191 nella facoltà. 94 Il cospicuo numero di donne nella Scuola di Farmacia presenti nel 1924, quando ancora si conferivano diplomi in Farmacia, continuerà ad aumentare anche l'anno successivo quando si istituirà il corso di laurea in Chimica e Farmacia . 95 Le percentuali delle universitarie nel trentennio che va dal 1930­31 al 1937­38 sono: 13% nel 1930­31; 12,3% nel 1933­34; 8,95 % nel 1936­37; 7,3% nel 1937­38.
40 quello che deve essere. La massa femminile si è dimostrata, almeno sino ad oggi, la meno duttile nei riguardi dell'organizzazione: io mi auguro che i pregiudizi che fino adesso hanno fatto da freno, scompaiono immediatamente, e che le universitarie comprese dell'alta missione affidata alla donna dal Regime Fascista, si avvicinino molto di più al GUF e ne attuino i 96 programmi che ad esse si riferiscono”. La crescita e la ripresa della popolazione studentesca femminile dopo il 1936 fu piuttosto lenta sino a quando, nel 1940, le donne raggiunsero il 14,5% a livello locale e il 21% a livello nazionale. Era l'anno dell'entrata in guerra; anno, per l'Italia e Catania, di nuove e numerose iscrizioni (664 iscritte su 4.625). La percentuale femminile catanese, malgrado il dato numericamente non rilevante, fu significativa perché segnò alcuni cambiamenti: nel corso di Laurea in Lettere e Filosofia le nuove iscritte (244) arrivarono a superare gli iscritti (219) confermando la preponderanza femminile nella facoltà di Lettere; sempre nel 1940 il numero di 5 nuove iscritte a Farmacia comportò il raggiungimento della quasi parità numerica con i ragazzi, come si era già registrato nel '24; il '40, inoltre, inaugurò una più decisa presenza femminile nel corso di Economia e Commercio (con 12 iscritte). Negli anni del secondo conflitto bellico sino all’immediato dopo guerra, la preferenza femminile rimase ancora prevalentemente rivolta verso la facoltà di Lettere, di Scienze Matematiche Fisiche e Naturali e Farmacia; le motivazioni sono da ricercare sia nella cultura dominante che vedeva questi corsi di laurea come studi più “congeniali” alla donna, sia nelle difficoltà d’inserimento professionale in ambiti ancora tradizionalmente maschili o in cui era 97 vietato alle donne accedere . Gli interessi degli uomini erano, invece, ancora e più di prima, rivolti ai corsi di Economia e Commercio ma, rivolti ai corsi di Economia e Commercio (con 517 iscritti di cui 6 donne) e Giurisprudenza seguiti da Scienze Matematiche Fisiche Naturali e Medicina con una partecipazione numerica elevatissima; tale situazione risulta particolarmente evidente dall'analisi dei dati numerici relativi agli iscritti all'anno accademico 1945­46. Fu questo l’anno in cui il numero complessivo degli iscritti crebbe notevolmente e le iscrizioni femminili contribuirono in modo più deciso degli anni precedenti (raggiungendo nel totale il 20%) alla crescita dell'Ateneo. In questo periodo bellico e post­bellico le iscrizioni femminili all’Università di Catania 96 Cfr. Annuario Regio dell'Anno Accademico 1936­37, op. cit. p.22. Nel 1944­45 le donne iscritte a Giurisprudenza erano 29 gli iscritti 1.647; a Lettere e Filosofia erano invece 1.041 e 579 i ragazzi; a Medicina e Chirurgia 38 e 1.159; a Farmacia 77 e 153; a Economa e Commercio 19 e 1.341; a Scienze
97 41 determinarono un andamento opposto rispetto a quello nazionale: queste infatti aumentarono complessivamente, dal 20 % nel '45­'46 al 24% nel 1955­56, mentre a livello nazionale si registrò una contrazione e le iscritte passarono dalle 44.475 unità del '46 alle 39.728 del '56. Ciò che risulta, inoltre, interessante nell'analizzare l'andamento delle iscrizioni femminili nell’Ateneo catanese, è l'analisi delle scelte che le donne fecero in questo decennio e che ci porta a constatare una nuova e più sensibile presenza, oltre che nei tradizionali corsi di laurea, anche nelle facoltà “maschili”. Le donne che si “affacciarono” alle facoltà di Giurisprudenza, Medicina e Chirurgia, Economia e Commercio erano ancora poche ma rappresentarono il preludio al successivo ed effettivo incremento numerico delle donne in questi indirizzi, che avvenne solo alla fine degli anni '70. Se si confrontano i dati relativi alle iscritte al primo anno, a partire dal ‘45, e si scorre rapidamente sino al decennio successivo, si denota una rapidissima discesa della partecipazione femminile alle facoltà di Lettere (da 250 passano a 64 iscritte) e a Scienze Matematiche Fisiche e Naturali (da 160 discendono a 40). Se esaminiamo invece le facoltà di Giurisprudenza, Medicina e Chirurgia ed Economia e Commercio notiamo un considerevole aumento della percentuale delle immatricolate (nella prima dal 3% al 17%, nella seconda si mantenne all'incirca una percentuale del 4% di iscritte, ad Economia e Commercio si passò dall'1% al 16%). Con ciò non si vuole certo affermare che avvenne un ribaltamento delle scelte universitarie delle donne catanesi, le quali ancora nel 1955­56 rappresentavano le stragrande maggioranza degli iscritti a Lettere e la metà circa degli studenti in Scienze Matematiche Fisiche e Naturali e Farmacia, ma senza dubbio si incominciava ad intravedere in questi anni una maggiore diversificazione nelle scelte universitarie compiute dalle donne. Dal 1946 al 1956 le iscrizioni femminili nell’ateneo furono complessivamente caratterizzate da un andamento irregolare con anni di crescita improvvisa dal 1946 al ‘51 e di flessione altrettanto rapida dal 1951 al ‘56. In particolar modo all'interno della facoltà di Lettere, dopo il ’54, si registrò un aumento generale delle iscrizioni che è da attribuire anche al riconoscimento del corso di laurea in Lingue e Letterature straniere, prima incorporato in Economia e Commercio. Non incise, invece, in alcun modo, il riconoscimento regionale della facoltà di Agraria avvenuto nel '48; solo nel '49, infatti, si ebbe la prima ed unica iscritta in un corso di 197 immatricolati. A partire dagli anni Sessanta l'andamento delle iscrizioni femminili non subì più bruschi Matematiche Fisiche e Naturali 376 e 1.064.
42 cambiamenti sino all'ingresso in massa delle donne all' università alla fine del decennio; a Catania la percentuale di donne nell’ Ateneo è pari al 28%, cifra che, per lo più, coincide con l'andamento nazionale che nel '61 raggiunse il 29%. Se si osservano i dati relativi alle scelte universitarie non si notano mutamenti di rilievo: vi è una moderata immissione di immatricolate che è distribuita nelle facoltà tradizionali. Unico cambiamento di rilievo è il nuovo interesse delle donne per gli studi politico­sociali, che comportò la presenza di 52 ragazze su un totale di 222 iscritti all'interno della facoltà di Scienze Politiche. 1.8.Le donne nell'Università di Catania: le docenti Riguardo la presenza femminile nella docenza universitaria si è seguito il medesimo criterio di ricerca utilizzato nell'analisi delle iscrizioni femminili, ma le difficoltà in questo caso sono state maggiori a causa della mancanza della pubblicazione, sia a livello locale (Annuari) che nazionale (Istat), dei dati disaggregati in base al sesso sui ruoli ricoperti 98 dai docenti. Vista la mancanza di elenchi delle docenti comprensivi di informazioni riguardanti i nomi, il sesso e i ruoli ricoperti si è proceduto ad una raccolta dei dati, sulla base della lettura e trascrizione dei nominativi e dei ruoli dei professori rilevati all'interno dei diversi dipartimenti universitari. Di aiuto alla ricerca sono state alcune tavole degli Annuari contenenti informazioni relative al totale numerico dei docenti e ai loro ruoli nelle diverse facoltà, anche se, in generale, possiamo considerare non del tutto soddisfacenti le informazioni forniteci dagli Annuari, peraltro, unica fonte della nostra ricerca. Partendo dalla consultazione degli Annuari, si è potuto ricostruire, attraverso la lettura dei nominativi delle iscritte e delle laureate, il profilo universitario di alcune docenti sin dal 1917­18, anno in cui compare la prima dottoressa nel ruolo di aiuto nella facoltà di Scienze Matematiche Fisiche e Naturali. Nell’Appendice II vengono riportate le informazioni sui nomi, i ruoli rivestiti e le discipline impartite dalle prime docenti nell’Ateneo. La struttura della docenza universitaria, stabilita secondo la legge Casati, distingueva i professori in: “ordinari, straordinari e liberi. Le materie più importanti si insegnano dagli ordinari, le specialità della scienza dai professori straordinari […] Gli insegnanti liberi professano poi qualunque ramo di scienza che meglio rispondesse ai loro studi e per la quale 98 Sono presenti due differenti tipi di elenchi: il primo comprende i docenti di ruolo con l’indicazione delle materia insegnata ma esclude gli insegnanti degli altri livelli (incaricati, associati, liberi docenti, aiuti, assistenti), il secondo comprensivo dei diversi gradi della docenza non indica l’insegnamento.
43 99 abbiano dato le necessarie prove di capacità” . Lo studente rimaneva, dunque, libero di scegliere i corsi dei professori ufficiali o dei liberi 100 docenti (i “privati insegnanti”) e di impostare autonomamente il suo piano di studi. 101 I professori ordinari e i liberi docenti ricoprivano ruoli di maggiore prestigio, mentre lo straordinario riceveva incarichi temporanei, la cui durata era legata a quella del corso di cui era stato incaricato (di solito un incarico annuale, a volte biennale o triennale). La condizione dello straordinario divenne ben diversa in seguito alla Riforma Gentile, quando assunse la funzione di qualifica iniziale nella carriera universitaria dove ordinario e straordinario costituivano, nell'ordine, le due sole figure di professore di ruolo. Anche i ruoli di assistente e aiuto, già esistenti precedentemente, vennero riconosciuti dalla Riforma Gentile (1923), con la funzione di coadiuvare il titolare di cattedra esclusivamente nelle attività di ricerca e di 102 insegnamento . Norma quest’ultima di particolare rilevanza per la presenza femminile nei ruoli docenti: le donne, infatti, nella stragrande maggioranza, ricoprivano le funzioni di 103 assistente, aiuto e aiuto volontario. Malgrado però il riconoscimento contenuto nella legge Gentile, il numero degli aiuti e assistenti donne nell’Ateneo catanese dopo il '23 non aumentò. Dal '17 al '27 troviamo ogni anno all'interno dei dipartimenti solo presenze isolate di donne aiuti e assistenti per lo più nella facoltà di Scienze Matematiche Fisiche e Naturali e nella facoltà di Lettere e Filosofia. (vedi tab.8) Dal 1927, malgrado si riscontri un aumento del numero complessivo dei docenti (228 uomini e 6 donne) per le donne non si notano cambiamenti; unica eccezione è il conseguimento del 104 titolo di docente ordinario della cattedra di Analisi Algebrica e l'assegnazione, in qualità di 99 A.Santoni Rugiu, Chiarissimi e magnifici. Il professore nell'Università italiana (dal 1700 al 2000) , , Firenze, 1991, p.54. Lo studente doveva pagare, oltre la tassa d'immatricolazione, la retribuzione ai corsi a cui si iscriveva, il cui ricavato veniva distribuito ai liberi docenti ai quali non spettavano altri emolumenti da parte dello Stato. L'ordinario e lo straordinario, invece, ricevevano i 7710 dello stipendio e potevano aspirare anche alle "propine". CONTROLLARE NOTA 101 Il ruolo dei liberi docenti all'interno dell'Università italiana venne istituzionalizzato nel 1875 dalla legge Bonghi; i corsi tenuti dai liberi docenti, in parallelo rispetto alla docenza ufficiale erano stati lasciati alla libera iniziativa. Attraverso gli anni, la libera docenza troverà riconoscimenti graduali fino alla definizione dell'art.118 del testo unico 21 agosto 1933 e al varo della legge n.1175 del 30 dicembre 1958 che disciplinerà l'Istituto fino alla sua soppressione. 102 Nella legge erano apparentati al personale tecnico e amministrativo perché per il pagamento rimanevano a carico delle singole Università. 103 Ruolo non retribuito e nel quale riscontriamo una consistente percentuale femminile. 104 L'assegnazione del posto di ordinario avveniva sulla base della proposta da parte delle facoltà al Ministro di tre liberi docenti (con il sistema delle terne) ed il concorso era interno alla facoltà
100 44 incaricato, di una seconda disciplina a Pia Nalli. 105 E' difficile scorgere grandi cambiamenti all'interno del corpo docente femminile catanese: se si mettono a confronto i nominativi con i ruoli ricoperti dalle docenti, si può notare come alcune rivestissero spesso più ruoli, essendo impegnate nell'insegnamento di discipline 106 affini. Solo alla fine degli anni '30 si registrò un primo aumento dei ruoli assegnati alle donne, ma si trattava ancora di una decina di incarichi su un totale di più di 300 posti complessivi. Un andamento della crescita numerica di docenti donne molto lento e poco regolare: ancora alla fine degli anni '40, nel 1949­50, si registrò un aumento del totale dei posti di ruolo (371), di cui ancora solo 10 furono assegnati a docenti donne. Il primo salto numerico, come attesta la tabella 8 (615 posti in totale e 49 alle donne) lo si può riscontrare solamente alla fine degli anni '50. Ma cerchiamo di conoscere meglio la vita e la carriera di alcune di queste protagoniste, la cui presenza all’interno dell'Ateneo catanese anche se non quantitativamente rilevante, ebbe il valore di aprire alle donne un mondo sino ad allora esclusivamente maschile. Se si confronta l'Appendice III (dove si riporta il nome delle laureate) con l'Appendice II (quella con i nominativi delle docenti), si può ricostruire il percorso universitario delle donne che, essendo state pioniere come laureate, lo furono poi anche come docenti. La prima presenza nel panorama della docenza catanese è quella di Grazia Caldarera Muscatello che fu anche la prima laureata nell’Università di Catania nella facoltà di Scienze Matematiche Fisiche e Naturali. La carriera studentesca della dottoressa Caldarera fu caratterizzata da un precoce ingresso nel mondo accademico come aiuto nell’Istituto di Botanica; di lei ci è possibile seguire le tracce sino al 1929­30, anno a partire dal quale non compare più tra il corpo docente. Accanto alla Muscatello si registra la presenza di alcune assistenti volontarie come, ad esempio, la dottoressa Maria Precchia che rivestì tale ruolo sino al 1924­25. L'Istituto di Botanica pare costituire uno di quegli ambienti accademici in cui la pionieristica presenza di 105 In seguito alla scomparsa del "vecchio" ruolo di straordinario per effetto della Riforma Gentile, il docente incaricato aveva assunto nuova importanza anche per la possibilità di ricevere un doppio incarico per l'insegnamento di materie affini a quella di cui era già titolare. Gentile specifica che il professore di ruolo non poteva ricevere alcuna altra retribuzione oltre quella prevista per la cattedra di cui era titolare. 106 E' questo il caso della prof.ssa Nalli, nell'anno 1927­28, quando dei 6 incarichi attribuiti a docenti donne tre erano ricoperti dalla Nalli stessa.
45 una donna sembra aver influito positivamente nel renderlo “permeabile” alle donne. La Muscatello non fu infatti la sola donna docente in questi decenni di inizio secolo all'interno dell'Istituto di Botanica; dall’Appendice veniamo a conoscenza di altre docenti che furono presenti all'interno dell'Istituto ininterrottamente dal 1917 al 1950 come Gaetana Casailina, Nerina Soster, Iole Sciaretta, aiuti e assistenti e Carmela Caruso libera docente. Anche la facoltà di Scienze Matematiche Fisiche e Naturali ospitò diverse docenti; già nel 1917 si constata la presenza di una assistente, Angela Zelarovich, della quale si sono potute seguire le tracce sin dalla sua iscrizione nell'anno accademico 1910­11 . Ancora nella facoltà di Scienze, nel corso di laurea in Matematica e Fisica, possiamo ritrovare delle presenze femminili intorno alla figura di Pia Nalli. La Nalli, sin dal 1921, fu professore incaricato di Analisi Superiore e Calcolo e, nel 1927­ 28, titolare della Cattedra di Analisi Algebrica ; prima donna professore di ruolo a Catania, prima libera docente (di discipline affini alla sua) dal '27. Pia Nalli insegnò in un Istituto con una consistente presenza femminile: furono al suo fianco alcune assistenti volontarie come Maria Precchia e, successivamente, nel 1924­25 Matilde Prampolini, anche se nessuna di loro ricoprì il ruolo di assistente di ruolo. Un'altra presenza femminile all'interno dello stesso corso di laurea fu Laura Baeri: laureatasi nel 1917­18 divenne assistente di Analisi Algebrica tre anni dopo e vi rimase sino al 1933. Sempre all'interno dello stesso corso di laurea di Matematica si riscontra una certa continuità negli insegnamenti impartiti da docenti donne che, sino agli anni '50, ricoprirono differenti ruoli. Negli stessi anni in cui Laura Baeri era assistente, un'altra donna, Maria Miglio, in qualità di assistente e poi di libero docente, ebbe conferito l'insegnamento di Geometria descrittiva e proiettiva che mantenne sino al 1938. A distanza di pochi anni Carmela Carbonaro fu prima assistente di Geometria Analitica poi incaricata di Geometria Descrittiva e successivamente libero docente di Geometria analitica con elementi di proiettiva e di Istituzioni di matematica. Oltre alla facoltà di Scienze Matematiche Fisiche e Naturali anche quella di Lettere e Filosofia vide l’affermazione di alcune docenti ma, a differenza della prima, dove le donne rivestirono ruoli pero lo più di aiuti e assistenti, la facoltà di Lettere fu contraddistinta sino agli anni ’50 dalla presenza di due docenti titolari di cattedra, Carmelina Naselli e Gina Fasoli e di poche assistenti volontarie. Nel 1924­25 all’interno della cattedra di Letteratura Italiana erano comparse una prima assistente volontaria, Letizia La Pira Caltabiano e, un anno dopo, un'altra donna Margherita Vittorio, sempre con lo stesso ruolo.
46 La Naselli si immatricolò in anni di cospicuo afflusso delle donne all’università, nel 1914­15, e cominciò a rivestire il primo ruolo di docente nel 1936 come incaricato di Filologia Romanza e come libero docente di Letteratura Italiana . La Naselli ottenne inoltre nel 1940, l’incarico di una nuova cattedra quella di Storia della lingua Italiana , e divenne poi a partire dal '49, titolare della nuova cattedra di Storia delle tradizioni popolari. Dopo la Naselli bisognerà aspettare il 1948 per trovare un’altra docente all'interno della facoltà di Lettere e Filosofia, Gina Fasoli, che insegnò prima in qualità di incaricato dal '48 al '50, e poi, come professore straordinario di Storia medievale e moderna , avendone vinto il concorso nel 1950. Straordinario stabile nel '50, poi dal 1953 ordinario, la Fasoli insegnò a Catania solo per un decennio per poi ritornare nel '58 a Bologna. Nel '50, oltre all'incarico di Storia Medievale, aveva ricevuto quello di Storia del Risorgimento Italiano sempre presso la facoltà di Lettere e Filosofia di Catania. Dal '60, a Bologna, insegnerà Storia al Magistero e Storia Romana presso la facoltà di Lettere e Filosofia, e dal '70 Storia Medievale al Magistero. Tra le facoltà che ebbero inizialmente poche iscritte e poche laureate, la facoltà di 107 Giurisprudenza registra la prima laureata dell'Ateneo, Maria Caterina Bruno nel 1893­94 , e una docente incaricata di Istituzioni di Diritto romano nel 1933­34, Francesca Bozza, unica in un ambiente ancora esclusivamente maschile. Nello stesso anno un'altra pioniera, in un mondo accademico maschile quale era quello di Medicina, si affermò come incaricata di Clinica Oculistica, Pia Carletti, unica donna su 70 professori; ed anche la Carletti come la Bozza dopo un anno di incarico scomparve dalla docenza . Le donne inserite nella facoltà di Medicina restavano delle eccezioni: un'assistente, Maria Paruta, per due anni dal '32 lavorò nell'Istituto di Materia Medica; un'altra, Anna De Orchi, fu nel 1943­44 libero docente di Patologia speciale medica e metodologia clinica , dove era stata già assistente nei due anni precedenti. Unica presenza all'interno di una facoltà con un'altissima percentuale di iscritti, come la facoltà di Economia e Commercio, fu Barbara Tanteri, assistente di Merceologia dal 1939­40 e professore incaricato dal 1949­50 della stessa disciplina. Questo caso risulta di particolare 107 Si laureò a pieni voti legali con una dissertazione su “Principio filosofico del sapere”. La laurea di M.C. Bruno si collocava inoltre in un contesto nazionale che vedeva, sino al 1900, appena sei laureate in Giurisprudenza e che stava vivendo del vivace dibattito scaturito dal “caso Poet”.
47 rilevanza per il fatto che la facoltà di Economia e Commercio era stata riconosciuta con Regio Decreto solo nel 1934, anno in cui le iscritte furono appena 3 rispetto a 492 presenze. Nella stessa facoltà le uniche docenti presenti insegnavano all'interno del corso di laurea in Lingue e Letterature straniere: una incaricata di Lingua Tedesca , nel 1938­39, Anna Maria Mazza e, successivamente, nel 1945­46, una docente di Lingua Inglese, Silvia Bianca Giudice. Ancora relativamente agli anni ’50, gli Annuari non forniscono sui docenti informazioni disaggregate in base al sesso ma, in seguito all’avvenuto riordinamento delle carriere del 108 corpo insegnante , offrono una nuova indicazione relativa al grado d’anzianità dei docenti nel ruolo attuale. Per quanto riguarda le ordinarie, nel '58 la Nalli era ormai fuori ruolo, la Fasoli aveva ottenuto il trasferimento a Bologna e la Naselli sarebbe rimasta in ruolo come unica donna all'interno dell'Ateneo sino al 1965. Nel '58 la tradizionale presenza femminile nei gradi della libera docenza e degli incarichi si confermava all'interno della facoltà di Scienze Matematiche Fisiche e Naturali, unica facoltà in cui troviamo 6 docenti incaricate e 3 libere docenti, mentre nelle altre facoltà si riscontrano solo presenze isolate o la totale assenza di docenti donne. Diversa appare, nello stesso anno, la situazione degli assistenti donne che arrivarono a costituire il 33 % del totale con una distribuzione più equa all'interno dell’università. La facoltà di Scienze fece registrare, ancora una volta, il più elevato numero di assistenti e sorprende, come dato nuovo, la comparsa di un cospicuo numero di assistenti a Medicina, dove le donne raggiunsero il 23%. Nel decennio compreso tra il '58 e il '68 la situazione non mutò di molto: malgrado l’aumento del numero complessivo dei docenti, la percentuale di donne rimase bassa. E' a partire dall’anno accademico '68­'69 che si registra un certo aumento delle docenti (70): le donne assistenti costituivano la percentuale più consistente (13%); mentre il numero delle liberi docenti cresce ed ancora, su un totale di 20 liberi docenti donne, 15 appartenevano alla facoltà di Scienze Matematiche Fisiche Naturali. Dopo la Naselli e la Fasoli, il nome di un'altra titolare di cattedra donna venne ad aggiungersi all’interno dei ruoli docenti della facoltà di Lettere e Filosofia: è Dina Bertoni Jovine, professore straordinario di Pedagogia. Unica donna su 94 ordinari (di cui 32 straordinari), la cui provenienza non catanese (era della Provincia di Frosinone) non ha consentito di trovarne tracce come studentessa negli Annuari 108 In seguito alla ricostituzione di carriera ai sensi del D.L.P. 28­3­1948, ratificato con legge 19­5­1950 n.355, cfr. Annuario dell'Anno Accademico 1950­51, p. 50.
48 della facoltà, Dina Bertoni Jovine divenne ordinario a Catania nel 1966 dove avrebbe insegnato per un anno e mezzo. Sino alla fine degli anni ‘60, dunque, a parte le isolate testimonianze di donne titolari di cattedra e le esigue presenze di docenti che ricoprivano i ruoli più bassi della gerarchia accademica, le donne costituivano una presenza poco visibile nel panorama accademico catanese, ed è solo negli anni ‘70 che si assistette ad un massiccio ingresso delle donne negli ambienti accademici. 2. Alla ricerca delle “pioniere” Il tentativo di ricostruire il profilo professionale e umano delle prime docenti dell'Ateneo catanese non ha la pretesa di passare in rassegna o valutare la loro produzione scientifica, compito di cui si sono occupati i colleghi e gli allievi, ma di capire quali elementi contribuirono alla loro affermazione in anni in cui, ancora, la carriera accademica era preclusa alle donne. Comprendere che prezzo dovettero pagare per affermare la loro soggettività e se riuscirono davvero ad esprimerla nelle loro posizioni di “pioniere”non è facile da capire basandosi sulle fonti che abbiamo a disposizione. C’è soprattutto da chiedersi quali specifiche difficoltà si presentassero ad una donna in tempi in cui, spesso, entrare a far parte dell’ “entourage” degli assistenti di un professore voleva dire accettare le sue (più o meno lecite) volontà e aspettative. Quanto, inoltre, l’aspirazione ad affermarsi in un universo prettamente maschile, le spingesse in modo più o meno cosciente a celare o reprimere la propria femminilità. Tra i profili ricostruiti attraverso le poche testimonianze scritte in nostro possesso, e soprattutto ricorrendo ai racconti di allievi, amici e colleghi, trapelano storie di donne comunque capaci, di affermarsi in un mondo poco accogliente e non ancora investito dai cambiamenti di costume e di mentalità che si verificheranno solo dopo la rivoluzione sessuale del ’68 e i successivi movimenti femministi, quando la presenza di una donna nelle stanze dei professori cesserà di essere oggetto di sospetti di immoralità o causa di imbarazzo. 2.1. Pia Nalli: tra discriminazione e ironia
49 La storia di Pia Nalli, docente di Analisi Algebrica a Catania dal 1927 sino al 1956, sembra essere poco conosciuta al di fuori degli ambienti scientifico­accademici, dove, invece, soprattutto negli anni immediatamente seguenti alla sua morte, ne venne all'unanimità riconosciuto, tanto in ambito catanese che nazionale, l'alto valore scientifico e didattico. “… notevolissimi i pregi e pochi i difetti della produzione scientifica della prof. Nalli, dal carattere scontroso e dalla scarsa propensione alle relazioni personali […] dalle notevoli 109 capacità didattiche” afferma il prof. Guglielmino che, pur non definendosi suo “allievo nel senso che la parola allievo ricopre nella ricerca scientifica”, fu prima suo studente e poi assistente. “Fu lei che mi propose di intraprendere la carriera di assistente; io intendevo prepararmi al concorso per l'insegnamento”, continua il prof. Gugliemino, che divenne suo assistente prima come volontario, poi come incaricato, ed infine professore di ruolo nel 1956, anno in cui la Nalli andò fuori ruolo. Dalla chiaccherata con il prof. Gugliemino emerge il ricordo di una donna dal grande spessore e valore scientifico, temuta e non capita nel suo ambiente, dove fu spesso precorritrice di ricerche e idee solo successivamente riconosciute. Una donna severa e intransigente che dovette e seppe spesso scontrarsi con un mondo nel quale fu, in assoluto, pioniera: prima donna docente dell'Ateneo catanese, prima donna a raggiungere il ruolo di incaricata, di libero docente e di professore ordinario. Donna determinata e decisa, come viene da più parti ricordata e come testimonia nel suo necrologio il celebre matematico Gaetano Fichera, suo antico studente: “Dotata di un temperamento intransigente, incapace di qualsiasi compromesso, inflessibilmente rigida verso i mediocri e gli inetti. Tali aspetti del suo carattere vennero certo inaspriti dalle difficoltà che ella incontrò sempre nella sua carriera, dal mancato riconoscimento dei suoi indubbi meriti, 110 dalle umiliazioni alle quali venne a volte, ingiustamente, sottoposta” . In realtà la carriera della Nalli non inizia a Catania e di lei, infatti, non si riscontra alcuna notizia negli Annuari dell'Anno Accademico dell’Università di Catania sino al 1920­21, quando compare come incaricata di Analisi Superiore e Calcolo. Era nata nel 1886 a Palermo, dove fece i suoi studi e intraprese la carriera accademica, dopo aver conseguito anche i titoli 109 Da un'intervista con il prof. Franco Gugliemino Prof. Emerito presso la Facoltà di Matematica dell'Università degli Studi di Catania, 11 ottobre 1999. 110 G. Fichera, Necrologio per Pia Nalli," Bollettino Umi", (3) 20, 1965, n.6, pp. 544­549.
50 per l'insegnamento scolastico. L’opportunità di prendere in visione i suoi diplomi scolastici ha permesso di seguire il cammino formativo della Nalli come studentessa, prima del raggiungimento del diploma di laurea. La Nalli ottenne la licenzia alla Scuola Normale femminile Regina Margherita di Palermo nel 1902, mostrando già d'allora una propensione per gli studi matematici, evidente nel riconoscimento del massimo voto in tali discipline e nell'assegnazione di sette punti su dieci per l'attitudine didattica che preannuncia una sua capacità più tardi riconosciuta ampiamente. Prima dell'iscrizione all'Università aveva conseguito, nel 1903, il diploma di “Maestra di Giardino d'Infanzia” e nello stesso anno l'abilitazione all'insegnamento elementare. Sempre a Palermo si iscrisse al corso di laurea in Matematica e all'età di 24 anni, il 18 maggio del 1910 venne proclamata dottore in matematica con 110/110 e lode con una tesi assegnatale dal prof. Giuseppe Bagnera. Nello stesso anno in cui conseguì la laurea, inoltre, ottenne il diploma dalla Scuola di Magistero nella sezione di matematica ancora con il massimo dei voti (30/30) e con la dichiarazione “di aver dimostrato speciale attitudine per l'insegnamento della Matematica”. La figura di Bagnera, illustre professore di grande fama, giocò un ruolo decisivo nella carriera scientifica ed accademica della Nalli, la quale ben presto, dopo aver seguito la ricerca del suo maestro, se ne distaccò, forse anche per rispondere alle accuse che le venivano rivolte di eccessiva subordinazione. Sin dalla preparazione alla libera docenza, la Nalli intraprese così una sua strada autonoma che sarà caratterizzata da una grande caparbietà e da indubitabili meriti scientifici. L'impegno della Nalli nella produzione scientifica all'indomani della laurea fu inarrestabile: dopo un iniziale lavoro di Geometria Algebrica nel 1911 e due Note sui domini limitati del piano, si dedica pochi anni dopo ad uno studio sulla teoria dell'integrale, confrontandosi con studiosi di grande calibro, come Borel, Lebesgue, De la Vallèe Poussin, Vitali e Denjoy. “Ricercatrice minuziosissima…spirito indipendente che sa trovare in una 111 innata, straordinaria capacità analitica le maggiori risorse di successo” . Nel 1914 appare la sua monografia “Esposizione e confronto critico delle diverse definizioni proposte per l'integrale definito di una funzione limitata o no”, come tesi di abilitazione alla libera docenza e sul cui valore scientifico le parole di Fichera nel Necrologio per la Nalli sono chiare: “sarebbe difficile indicare un trattazione che abbia gli stessi requisiti di rigore e perspicuità di quella della Nalli, il cui lavoro va ben oltre quello di un semplice compito espositivo.” 112 111 112 Ivi, p. 544. Ivi, p. 545.
51 Le ricerche della Nalli continuarono ininterrottamente in questi anni spostandosi in diversi campi di ricerca dalle “variabili reali” a questioni di “analisi funzionale”. “La Nalli dava prova di sapersi porre all'avanguardia con la Sua attività di ricercatrice. Ma, purtroppo, forse, proprio per questo, sfuggiva ai matematici che allora dovevano giudicarla, l'interesse del risultato da Lei conseguito [….] Si ponga mente al fatto che le sue ricerche precorrevano i tempi di almeno dieci anni e che, d'altra parte, l'analisi delle trasformazioni funzionali in Italia, all'inizio degli anni Venti, era ancora ferma a Volterra […] “ 113 Il mancato riconoscimento dei suoi meriti e delle sue doti di ricercatrice e professore nell'ambiente accademico furono sempre un motivo di recriminazione e di delusione per la Nalli che subì gli effetti discriminatori nei suoi confronti, anche in occasione dei concorsi universitari da lei sostenuti. Nel 1922 la Nalli aveva, infatti, partecipato al concorso per professore straordinario di Analisi all'Università di Modena, nella speranza di trasferirsi lì da Cagliari dove insegnava dal 1921 come professore straordinario, finendo però solo al terzo posto, dopo due colleghi maschi. Il risentimento e il rancore della Nalli per le ingiustizie e la discriminazione da lei subiti nella sua carriera accademica, si possono ben cogliere nel Carteggio che la Nalli tenne con Levi­ 114 Civita , con il quale aveva iniziato a collaborare nei suoi studi sul calcolo differenziale assoluto. Con pungente ironia, sarcastiche trovate e grande acume la Nalli riesce a mettere a segno alcune battute assai incisive contro il mondo accademico. “La persecuzione indegna alla quale sono fatta segno da alcuni anni, tutta a base di calunnie fantastiche, ridicole ed anonime (esempio: quella della mancanza da parte mia di qualità didattiche, finalmente sfatata 115 dalle due ottime prove sostenute in due recenti concorsi ) ha avuto un'altra manifestazione nel trattamento usatomi dalla facoltà di Pavia. A questa, altre ne seguirono: di ciò ho assoluta certezza perché è pochissimo pericoloso perseguitare una donna, alla quale non sarebbe permesso nemmeno il minimo sfogo verbale, sotto pena di sentirsi dare della pettegola. Mi si chiami pure pettegola! ho diretto al Rettore dell'Università di Pavia la seguente lettera: la facoltà di Scienze della R. Università di Pavia, pur essendo io riuscita ad unanimità di voti in un concorso che essa ha chiesto, concorso giudicato da cinque membri, tra i quali essa era 113 Ivi, p. 547. Cfr. Per l'archivio della corrispondenza dei matematici italiani. Calendario della corrispondenza di Tullio Levi Civita (1873­1941) con appendici di documenti inediti, a cura di, P. Nastasi e R. Tazzioli, Palermo, Luglio 1999. 115 Si riferisce ai concorsi per al Cattedra di Analisi dell'Università di Pavia e a quello di Analisi Algebrica dell'Università di Catania entrambi espletati nel gennaio 1926.
114 52 autorevolmente rappresentato […] non ha creduto di concedermi l'alto onore di farne parte. Non mi rimane che aspettare giustizia dal tempo, che si è dimostrato mio buon amico in tante altre occasioni.[….] Non conosco il criterio discriminativo tenuto dalla facoltà di Pavia: sarà forse pure stato un criterio di misura? Forse misura non di tempo, ma di spazio? Il sistema (C.G.S.) mi avrà giocato un altro brutto tiro? Forse pur essendo grassottella anziché no, avrò raggiunti i due metri di circuito addominale, richiesto come minimo dalla facoltà ai professori di Analisi infinitesimale? Ho anche saputo che qualcuno della facoltà mi ha fatto delle accuse di indole politica: è proprio il caso di domandare, con Angelo Musco: “chi ve l'ha raccontata questa favola”? Sappia la facoltà che quando non mi occupo di scienza, lavoro la maglia come faceva la mia nonna, o mi occupo in qualche cosa di equivalente: mai e poi mai ho fatto della politica e mai ne farò. Quel qualcuno che mi ha accusato mi faccia conoscere esattamente il Suo nome e riceverà in dono un bellissimo berretto da notte, ricamato dalle mie proprie mani. Per riguardo al ricamo deciderò quando avrò informazioni precise sul mio accusatore. Se egli è brutto, sul berretto, un bel ricamo a punto di Assisi permetterà di leggere “Non mi baciate” Se è vecchio: “Non voglio baci”. Se è vecchio e brutto i ricami saranno due. Se è giovane e bello, sono con le donne crudo e poi vi saranno tante lagrime …di tante donne… e le più grosse saranno le mie! In ogni caso il dono del berretto sarà accompagnato con le quattro lettere caballistiche: 116 V.A.M.A” Ho riportato quasi per intero questa lettera per l’ironia e la schiettezza con le quali è affrontato il problema della discriminazione verso le donne che avevano deciso di intraprendere la carriera accademica; la Nalli riesce senza limiti e freni a esporre in diversi passi delle lettere il nodo essenziale della questione con il coraggio e la determinazione che furono del suo carattere. Ancora un esempio è la lettera scritta quando si trovava già a Catania del 31­5­1928, dove dice: 116 La lettera è del 28­02­1926 in Per l'archivio della corrispondenza op. cit. pp.386­388.
53 “ […] anzitutto la ringrazio sentitamente dell'accoglienza lusinghiera che ha voluto fare ai miei lavori: La cosa è che esistono molti, che non valgono niente, eppure mi guardano 117 dall'alto in basso, semplicemente perché io sono una donna”. Temi e questioni più pertinenti con il suo lavoro furono poi affrontati nella corrispondenza con Levi Civita, come quelli relativi alle inesattezze in alcune pubblicazioni; si scaglia contro il suo rivale Sannia a riguardo del quale dice: “ […] per fortuna di tutti non c'è fine nemmeno al meglio, e così pare che attualmente il record delle qualità didattiche sia raggiunto da un professore il quale riesce a far capire ai suoi allievi quello che lui stesso non ha mai capito (…) Ci voleva proprio un grande analista e grande geometra insieme per non accorgersi che una superficie sviluppabile a piano direttore non è altro che un piano. Ma non c'è da fare meraviglie: uno che è grande geometra e grande analista nello stesso tempo può in un dato momento trasformarsi in un perfetto cretino, come due onde luminose possono produrre la 118 perfetta oscurità” . Ancora una volta, la Nalli si trova a dover rispondere alle accuse rivoltele dall' “illustre prof. Cipolla” sulle “sue capacità didattiche” e sul fatto che: “nelle sue Lezioni di Calcolo assoluto” ci fossero delle “dimostrazioni spropositate”. La grinta e la determinatezza le consentono di ribattere: “Io che il suo libro l'ho studiato a fondo, ho avuto piacere di poter constatare ancora una volta la deficienza del suddetto individuo. Il quale fu colui che, quando due illustri commissioni mi chiamavano a Roma per decidere se le avevo o non le avevo (intendo parlare 119 delle qualità didattiche) riempì tutta l'Italia della famosa menda” . Ancora una volta, siamo nel 1930, la Nalli dovette difendersi dalle accuse rivolte alle sue doti didattiche: "…ho qui il manoscritto delle lezioni di Analisi superiore svolte nello scorso anno. 120 Era mia intenzione darlo alle stampe per dimostrare a certi microcefali che le qualità didattiche non mi fanno difetto e che se non ho mai pubblicato un Corso di Calcolo o di 121 Algebra è perché il mio temperamento mi porta a rifuggire dallo sfondare le porte aperte" . Malgrado tutte le difficoltà, la Nalli riuscì, comunque, a proseguire nella sua carriera e riuscì a trasferirsi da Cagliari dove era divenuta nel 1923 professore ordinario e dove rimase sino al 117 Lettera n.10, Catania 31­5­28, ivi, op. cit. pp. 395­396. Lettera n.1, Cagliari, 14 luglio 1924, ivi, op.cit.p.382 119 Lettera n.14, 17­5­29, ivi, op. cit. pp.398­401. 120 In seguito pubblicherà: Analisi Matematica . Corsi di lezioni, Catania, Casa del libro, 1940; Lezioni di calcolo infinitesimale, Catania, Casa del Libro, 1946.
118 54 1927, anno in cui si spostò a Catania, in seguito ad un concorso vinto nel 1926. A Catania si fermò sino alla fine del suo insegnamento (1958) e qui impartì lezioni di matematica per i corsi di laurea di Matematica e di Ingegneria. A Catania, come ci racconta il prof. Guglielmino la prof. Nalli era temuta dagli alunni per la sua severità ma molto apprezzata per le sue doti didattiche: “La prof. Nalli era larga di elogi con i pochi studenti meritevoli ma piuttosto intollerante con la maggior parte degli studenti e in particolar con le studentesse. Non era facile sostenere un esame con lei. Gli errori concettuali chiudevano immediatamente in senso negativo l'esame senza che si passasse ad altre domande. Più tollerante era negli errori coi conti ma bastava un non perfetto allineamento tra un segno di uguale e la sbarra di una frazione per indispettirla: veniva urtato il suo senso estetico. Le lezioni, che ovviamente si svolgevano alla lavagna come richiedeva la materia, erano sempre chiarissime malgrado negli ultimi anni fosse praticamente priva della vista. Le venivano in aiuto una bellissima calligrafia e un miracoloso senso (direi estetico) 122 della posizione sulla lavagna delle formule che probabilmente vedeva molto male” . La Nalli insegnò Analisi Algebrica per più di trent'anni in corsi alterni, con il prof. Amato con il quale, “i rapporti erano pessimi”, al punto che, ci racconta il prof. Guglielmino: “mi laureai il 18 novembre 1950, ritengo che si tratti di una data storica per l'Università di Catania e ciò non perché mi laureai ma perché il mio esame di laurea fu una delle rarissime occasioni in cui fu possibile vedere i proff. Nalli e Amato nella medesima commissione intenti a conversare amichevolmente 123 ”. La Nalli, oltre all'insegnamento di Analisi Algebrica , ebbe affidato a Catania l'insegnamento di altre materie, in qualità di incaricato di Analisi Superiore e Calcolo dal 20­21 e di Analisi Superiore dal 1927 al '33, di Analisi Infinitesimale dal '36 al '42, anno in cui ebbe la libera docenza di Teoria delle Funzioni dopo aver avuto già una libera docenza nel '27­ '28 in Geometria superiore. Tanti furono gli insegnamenti affidati alla Nalli, così come numerose furono le donne che, malgrado la sua intolleranza nei confronti degli studenti, e in particolare delle studentesse, lavorarono con lei e dopo di lei negli insegnamenti di Matematica e di Geometria in qualità di assistenti volontarie o come incaricate o libere docenti. 121 Lettera n.17, 25­1­1930, ivi, op. cit. 405­406. Intervista con il prof. Guglielmino, vedi nota 108. 123 Da intervista avuta con il prof. Franco Gugliemino, vedi nota
122 55 Sarebbe azzardato dire che si aprì una strada preferenziale alle donne all'interno di questa facoltà, ma sarebbe altrettanto superficiale ignorarne una maggiore presenza . E se è possibile capire in che misura le donne ebbero un proprio peso all'interno della facoltà di Matematica, non si può d’altro canto non prendere in esame l'ipotesi che proprio la presenza di una donna ordinario di tale forza e levatura scientifica abbia facilitato, anche involontariamente, l'ingresso di altre donne all'interno della facoltà. La Nalli costituì realmente un punto di riferimento per l'ambiente matematico catanese, anche se i maggiori riconoscimenti le vennero attribuiti solo dopo la sua morte. Come scrive Fichera nel suo necrologio, la Nalli “non ebbe dalla facoltà di Catania, che per trent'anni ella aveva servito, il riconoscimento della proposta di nomina a Professore Emerito. Ma, anche in campo nazionale, fu lasciata nel più completo oblio. Nessuna Accademia pensò di accoglierla mai fra i suoi membri, mai fu chiamata a giudicare un concorso universitario, mai ebbe un incarico di distinzione e di prestigio. D'altra parte Ella possedeva l'orgoglio dell'autentico scienziato di razza, che le impediva di mendicare i riconoscimenti e le 124 cariche ”. Altro motivo di “grande amarezza” per la Nalli fu l'impossibilità di tornare a Palermo dove era nata e si era formata presso la scuola matematica; tutti i suoi tentativi furono vani finché, alla fine, Catania divenne la sua città di adozione: “La sua aspirazione ad insegnare nella Sua città natale, Palermo, venne sempre frustrata e fu per lei motivo di grande amarezza vedersi 125 preferire matematici di statura ben diversa dalla Sua” . Unico riconoscimento ufficiale conferito alla Nalli a livello nazionale fu quello di Commendatore assegnatole tre anni prima della sua morte il 30 dicembre del 1961, dall'allora presidente del consiglio Fanfani. La Nalli gode oggi di grande fama in ambito nazionale e locale, malgrado Catania sia ancora parca di riconoscimenti nei suoi confronti. L'UMI, nel tentativo di ricordare Pia Nalli all'interno della città e al di fuori dell'ambito matematico, ha richiesto, anche in concomitanza della celebrazione dell'anno della matematica (il 2000), l'intestazione di una strada catanese alla studiosa, senza alcun risultato. Al contrario le sarà intestata una via di Roma, segno, ancora una volta, di uno scarso riconoscimento a livello locale della prima docente dell'Ateneo catanese. 124 G. Fichera, Necrologio per Pia Nalli, op. cit. p. 548.
56 2.2. Carmelina Naselli: una catanese a 360° “Se mi riconduco a quegli anni le donne che studiavano all'Università erano in numero veramente sparuto, mi rivedo, con mia sorella e un piccolissimo gruppo di care compagne (sì 126 e non una dozzina), frequentare nelle aule semi deserte ...” : le vicende della vita accademica della Naselli vanno ricollegate strettamente ad un periodo di particolare vigore del panorama universitario e culturale catanese. Iscrittasi alla facoltà di Lettere nel 1915, la Naselli trovò subito maestri di grande spessore scientifico che la indirizzarono e la seguirono sin dalla stesura della sua tesi di laurea, svolta in Letteratura Italiana, sotto la guida di Achille Pellizzari. Accanto all'influente e determinante figura del Pellizzari, un ruolo decisivo nella carriera della Naselli fu rivestito da Luigi Sorrento, allora titolare della cattedra di Lingue e Letterature neo­latine, sicilianista convinto ma, a dispetto di ciò, romanista di larghi interessi. Fu quest’ultimo ad avere un ruolo determinante negli stadi iniziali della carriera della Naselli, tanto da poterlo considerare il "suo maestro" . Dopo la laurea nel 1919 (conseguita col massimo dei voti, lode e dignità di stampa), per la Naselli si presentò la possibilità di accedere all'Istituto di Studi Superiori di Firenze in seguito all’assegnazione di una borsa finalizzata al conseguimento di un diploma di perfezionamento in Letteratura Italiana. Firenze ospitava il più prestigioso centro di filologia classica e moderna d'Italia e la sua Università stava vivendo uno dei momenti più floridi, con la presenza di studiosi del livello e della fama di Prezzolini, Renato Serra, De Robertis. L'esperienza fiorentina si rivelò fondamentale e le diede l'opportunità di definire i suoi interessi, che si orientarono principalmente verso un'indagine di tipo storico­letteraria più consona alla sua formazione positivistica. Al suo ritorno a Catania, la Naselli, si ritrovò in un ambiente culturalmente vivace: erano gli anni Venti e all’Università di Catania teneva bene il neo­idealismo, alla cui scuola si erano formati giovani scrittori e poeti come Ercole Patti, Vitaliano Brancati, Natale Scalia, Antonio 127 Prestinenza, giovani che trovavano un “luogo di incontro e di confronto ” nel “Giornale 125 Ivi, p. 548. Autobiografia di C. Naselli, Carmelina Naselli, "Viviamo", Anno VII, 1964, n.6, p. 9­15. 127 G. Giarrizzo, Catania, Roma­Bari, 1986, cit.p.222.
126 57 dell'isola letterario”, diretto da Giuseppe Villaroel. Ma era ancor fresco il prestigio di Verga (morto nel '22), né va sottovalutato il ruolo di De Roberto (in vita sino al 1927), in una città viva come laboratorio letterario anche se in gravi difficoltà dal punto di vista economico e sociale. Quasi a dispetto del clima culturale dominante, la Naselli, in quegli anni, orientò le sue preferenze verso la letteratura siciliana, le tradizioni popolari, la storia linguistica con particolare riferimento alla realtà siciliana e ancor di più a quella catanese, direzioni di studio e di ricerca che rimarranno costanti. E’ certo tuttavia che al rientro a Catania, malgrado non avesse abbandonato le sue ricerche e i suoi studi, la Naselli non aveva ancora nessuna certezza di poter proseguire la propria carriera verso la docenza universitaria. Ella intraprese così la strada dell'insegnamento scolastico, scelta allora comune a molti futuri docenti universitari. Vinse il concorso a cattedra e divenne “ordinaria” negli Istituti Superiori, ma l’incoraggiamento dei suoi “antichi maestri” con i quali, anche dopo Firenze, manteneva costanti legami, le permisero di conseguire il titolo per l’esercizio della libera docenza in Letteratura Italiana, conferitole nel 1936. Erano passati quasi ventenni dalla laurea, ma tanta costanza le aprì finalmente le porte della sua carriera accademica e le guadagnò la stima di stretti collaboratori come Sebastiano Lo Nigro, prima suo “allievo” e poi suo collega. Il ruolo della Naselli, oltre che all'interno dell' Ateneo, fu rilevante nell’ambiente culturale catanese; il legame con Catania e la curiosità per le tradizioni locali la spinsero a dedicare alla città gran parte dei suoi studi e delle sue ricerche. Le va inoltre riconosciuto il merito di aver lasciato traccia delle sua attività attraverso la nascita di un Istituto di Storia delle tradizioni popolari, istituto che la Naselli, in qualità di prima docente in Italia di Storia delle tradizioni popolari, fondò e organizzò a partire dal 1949­50 (anno dell'istituzione ufficiale della disciplina), fornendolo di una biblioteca di grande valore con ampio spazio alle opere siciliane e di un'attrezzatura che consentisse uno studio il più possibile specializzato. La continuità del suo lavoro fu garantita dall'operato del prof. Sebastiano Lo Nigro, che ricordava in questi termini la Naselli: “E' da sperare che l'esplorazione sistematica della vita e della cultura tradizionali in un'area geografica che si rivela ancora oggi assai conservativa possa continuare con nuovi apporti di energie e di mezzi. Quale testimonianza di gratitudine per gli insegnamenti e le comuni esperienze di lavoro, mi piace comunque esprimere l'augurio che questi studi sulle tradizioni popolari siciliane possano corrispondere degnamente al fervore
58 intellettuale e alla esemplare disciplina di metodo con cui li ha professati Carmelina 128 Naselli” . L'arco di tempo che vide la Naselli operare all'interno dell'Università di Catania copre quasi mezzo secolo, dagli anni Venti sino agli anni Settanta, giacché la sua collocazione fuori ruolo 129 nel 1965 non arrestò una sua partecipazione alle attività dell’Ateneo catanese, né a quelle della vita culturale della città, nella quale continuò a vivere da studiosa attenta alle vicende locali, sino alla sua morte, avvenuta nel 1971. La Naselli, partecipò sia del vivace clima culturale della Catania degli anni Venti, sia di quello degli anni Trenta, della "città della noia ", fase di grave crisi per la società catanese a livello politico, socio­economico (con la fine del sogno di costruire una città industriale e mercantile) e culturale. In pieno clima di affermazione di valori e simboli quali patria, famiglia e religione, recuperati dalla cultura fascista con chiara funzione propagandistica, la Naselli visse i problemi della sua città in modo intenso, affiancando all'attività scientifica una certa presenza nella vita pubblica. Frattanto, all'interno dell'Ateneo rivestiva diversi incarichi caratterizzati dalla poliedricità degli ambiti di studio e di interesse nei quali si cimentò. Il suo originario interesse per lo studio della letteratura italiana le permise di ricoprire degli incarichi che le venivano assegnati di anno in anno: a partire dal 1936 ricevette quello di Letteratura Italiana, Filologia Romanza , e nel 1938 di una disciplina affine, Storia della Lingua Italiana . Ma l’interesse della Naselli si riversò poi, più spiccatamente, sulle ricerche riguardanti la Letteratura delle Tradizioni popolari, insegnamento istituito solo nel 1942. Fu proprio quest’ultimo campo di ricerca, che da circa vent'anni coltivava, a farle ottenere prima l’incarico e poi, nel 1949, il titolo di docente di ruolo che tenne sino al 1965. Il filo conduttore che legava tanto eclettismo rimase tuttavia sempre la “pietas loci”, tema caratteristico dei suoi studi e delle sue attività extra­didattiche. All'originale esperienza letteraria scaturita dalla scrittura della tesi e dal corso di 128 ivi, op. cit. p.192. "La sera del 20 gennaio 1969, nell'aula magna dell'Università di Catania, si è svolta una solenne cerimonia in onore di Carmelina Naselli in occasione del suo collocamento fuori ruolo. […] La partecipazione di colleghi delle varie facoltà e di un folto gruppo di amici e di allievi ha conferito alla riunione il carattere di una affettuosa manifestazione di omaggio e di simpatia alla illustre studiosa. Interpretando i sentimenti del corpo accademico il Rettore Sanfilippo ha rivolto alla prof. ssa Naselli un cordiale ringraziamento per l'attività altamente meritoria svolta a favore dell'Università di Catania, sia sul piano culturale e scientifico che su quello pratico e organizzativo. […] A sua volta il preside della facoltà di Lettere e Filosofia Giuseppe Giarrizzo ha espresso la sua commozione in qualità di ex allievo e di collega nel presentare alla festeggiata una miscellanea di Studi che, per l'alto valore scientifico dei saggi raccolti, costituisce il migliore riconoscimento dei meriti della Naselli" cfr. S. Lo Nigro, Onoranze a Carmelina Naselli, in "Lares", a. XXXIVI, 1968, n.3­4, pp.189­192.
129 59 perfezionamento fiorentino, si era infatti affiancata, ben presto, una passione per il folklore, alla quale venne indotta sia dall'eredità dei suoi maestri della scuola fiorentina (Guido Mazzoni, Pio Rijina, Ernesto Giacomo Parodi), dalla quale ereditò il concetto di un “popolo” ispiratore e depositario di particolari contenuti spirituali; e sia dalla grande lezione del Pitrè, 130 “suo maestro d'elezione” , costante punto di riferimento dei suoi studi sulle tradizioni popolari dell'Isola. Fu questo ampliarsi del concetto di letteratura che le consentì di rivolgere i suoi interessi verso la storia del costume popolare, della vita religiosa, della storia patria e che la avvicinò alla storia della sua città e delle tradizioni culturali, dei suoi riti religiosi e civili, del suo folklore, verso cui nutrì sempre un forte interesse. Tra i Saggi più noti su questo tema ricordiamo: Le donne nella festa di S. Agata a Catania (1952) e il successivo Manto siciliano e < < faldetta> > maltese (1940), che il prof. Branciforti, suo devoto allievo, avrebbe definito: “Una variopinta galleria di un ipotetico museo delle tradizioni isolane e particolarmente 131 catanesi” . 132 Sempre stando al giudizio di Lo Nigro, la “vocazione demologia” la accompagnò per tutta la sua carriera consentendole di ampliare il campo di indagine, oltre alla descrizione del costume e delle tradizioni, alla problematica promossa da studiosi come Barbi, Toschi e Santoli che si proponevano di reinterpretare la poesia popolare italiana seguendo un'impostazione storico­filologica rigorosa. Accanto a questa linea più propriamente letteraria, i riferimenti principali andavano a illustri folkloristi come Corso e Cocchiara e Vidossi, i quali perfezionarono l'interpretazione etnologica degli usi e dei costumi, dai quali la Naselli sembrava aver accolto la lezione nei saggi della fase più matura (L'etimologia di < < tarantella> > , 1951). La sua docenza di Storia della letteratura italiana coincise con gli anni in cui venivano introdotte nuove discipline e si respirava un clima di esaltazione della Sicilia “africana” e mediterranea; e con essa della sicilianità del dialetto, dei costumi, dei valori tradizionali, della poesia dialettale. Anche la Naselli scrisse un saggio intitolato Il Fascismo e le tradizioni popolari in cui 130 ivi. op. cit. p. 190 F. Branciforti, In memoria di Carmelina Naselli, "Archivio storico per la Sicilia orientale" a. LXVIII, 1972,n.2, pp.345­ 351.
131 60 rendeva gloria al regime per la sua opera di recupero delle tradizioni dell'Isola, degli studi folklorici e del mondo contadino; ma, come suggerisce la Raciti, “la sua adesione al fascismo sarà più che altro formale, dettata dalle circostanze e pertanto solo temporanea. Infatti la studiosa era di idee monarchico­liberali […] nella Monarchia vedeva il simbolo della 133 continuità istituzionale col Risorgimento” . Nel più generale clima di rinnovamento culturale del secondo dopoguerra, la Naselli cominciò a coltivare un rinnovato interesse per le ricerche linguistiche: “la storia delle <<parole>> sarà perseguita in funzione della storia dei fatti sociali e del costume tradizionale [..] si avverte l'esigenza di studiare i fenomeni socio­culturali come tradizioni storiche che nascono, si 134 diffondono e scompaiono in un preciso contesto storico” . Frutto di questo periodo, fu uno dei suoi ultimi saggi: Costumi, tradizioni e unificazione. Ma resta difficile stabilire quanto abbia influito la temperie del post­fascismo nella sua nuova visione più storicizzante, che metteva in risalto le trasformazioni del costume popolare nei diversi momenti storici, rispetto all’originaria visione romantica di un popolo depositario di valori e contenuti permanenti. A parte l’ancoraggio accademico, l’attività della Naselli fu sempre rivolta ad un deciso impegno organizzativo anche extrauniversitario: "” miei scritti – scriveva con un certo autocompiacimento ­ sono il frutto dell’amore che ho sempre sentito per le cose patrie e che ricevette alimento dal mio assiduo frequentare l’ambiente della Società di Storia Patria per la 135 Sicilia Orientale” . In questo quadro va inserito il suo ruolo di direttrice dell’ “Archivio storico per la Sicilia orientale” dal 1939 al 1944, e poi dal 1952 al 1963, sul quale pubblicò importanti e numerosi contributi (450 circa). Il Ministero della Pubblica Istruzione le affidò, poi, l’incarico di Ispettrice Bibliografica onoraria per le Biblioteche di Catania e di Ispettrice onoraria per le Arti popolari delle province di Catania e di Messina. Fu pure partecipe di molte attività socio­culturali femminili, dal Circolo Universitario Cattolico Femminile, ad associazioni quali la F.I.L.D.I.S. e la F.I.D.A.P.A. di cui fu anche direttrice. La Fasoli fu inoltre infaticabile organizzatrice di manifestazioni culturali e scientifiche “a cui 132 S. Lo Nigro, Onoranze a Carmelina Naselli, in "Lares", a. XXXVII, 1971, n.1­2, pp.118­119. M.Raciti Maugeri , Carmelina Naselli nel centenario della sua nascita. Il sodalizio con l'ASSO, "Asso" , 1995, p.203­239. 134 S. Lo Nigro, Onoranze a Carmelina Naselli, op. cit. p. 119. 135 Autobiografia di Carmelina Naselli, "Viviamo" op. cit. p.12.
133 61 136 non mancava di dare un’impronta tutta personale” , come ad esempio la Lectura Dantis, che 137 promosse in qualità di Presidente del Comitato catanese della Società “Dante Alighieri.” A differenza della Nalli, non abbiamo tuttavia testimonianze scritte, del suo aver vissuto particolari difficoltà di inserimento nell’ambiente accademico catanese; non ritroviamo né toni di rammarico, né di lamentela o protesta, per una situazione di svantaggio o discriminazione all’interno dell’Ateneo. L’aver ricevuto incarichi di una qual certa responsabilità nell’ambito della vita culturale cittadina, le permise in verità di adempiere un ruolo gratificante in tali ambiti, ancor più forse che nell’ambiente accademico, dove, senza nulla togliere ai suoi meriti di studiosa, non riuscì ad esprimersi né ad imporsi con pari successo. 2. 3. Gina Fasoli: " i suoi ricordi catanesi" La vicende di Gina Fasoli e il conseguimento della cattedra di Storia medievale e moderna possono esser compresi solo alla luce del suo retroterra bolognese e dell'apprendistato all'interno della facoltà di Lettere e Filosofia di Bologna. La sua permanenza a Catania fu temporanea, come quella di tanti altri docenti che insegnavano nelle università del Mezzogiorno per poi ottenere il trasferimento in altre sedi. La Fasoli lasciò però a Catania alcune tracce importanti, sia come studiosa della Sicilia medievale, sia per le sue relazioni ed amicizie. Con la collega Carmelina Naselli, stabilì sin dal suo arrivo, nel 1948, una stretta unione e una qual certa solidarietà al femminile. 138 Quattro lettere inedite scritte dalla Fasoli alla Naselli tra il 1951 il '62, dopo la partenza della Fasoli da Catania, sono testimonianza del loro legame. L’amicizia nacque anche sulla base di una serie di elementi comuni: l'uguale “estrazione 136 Mara Raciti Maugeri, Carmelina Naselli nel centenario della nascita, “ASSO”, 1995, p.206. Molto ampia la sua produzione consiste di 32 interventi, che vanno a sommarsi alle pubblicazioni, all’incirca 200, alle quali debbono essere aggiunti non meno di 450 scritti tra recensioni e annunci bibliografici e una quarantina di necrologi di colleghi e di studiosi. Una parziale bibliografia della produzione letteraria della Naselli sino al 1966, è contenuta nel volume Studi in onore di Carmelina Naselli, editi da parte dell’Università di Catania nell’anno del suo collocamento in pensione (1966) sotto la guida del prof. Nigro, che le subentrò. 138 M.Raciti Maugeri, Quattro lettere inedite di Gina Fasoli a Carmelina Naselli. Brevi note su un'amicizia e su tre canti popolari veneti in "Siculorum Gymnasium", Tomo II, gennaio ­ dicembre 1997, pp. 685­717.
137 62 139 borghese delle famiglie d'origine” , l’origine settentrionale delle rispettive madri, l'una di Bassano del Grappa, l'altra di Treviso, il nubilato che le spinse a continuare a vivere con i familiari, la prima con la madre e la seconda con i fratelli; la “severa educazione religiosa e [la] formazione classica che entrambe avevano ricevuto”; e “l'interesse che ciascuna nutriva per il campo di studi coltivato dall'altra: la sensibilità della Fasoli per la dimensione etno­ 140 antropologica dei fatti storici e la vocazione della Naselli per le patrie memorie” . Fin qui le testimonianze, più o meno encomiastiche di parte catanese, ma è significativo che anche la Naselli trovò un piccolo spazio nelle biografie celebrative degli allievi della Fasoli: “Un incontro (quello con la Naselli) che influenzerà i suoi studi successivi in cui si riscontra una più convinta capacità di tenere in considerazione i dati antropologici, le leggende popolari, le 141 consuetudini, le motivazioni storiche che hanno determinato modi di dire dialettali” . Le due donne condivisero, inoltre, una grande passione per il loro lavoro, come trapela anche dai reciproci suggerimenti scambiati per via epistolare, su nuovi spunti di ricerca o informazioni bibliografiche. A questo proposito particolarmente significativa è la prima lettera del loro epistolario, nella quale la Naselli, tra tante altre informazioni inviatele dalla Fasoli, riceve, probabilmente come risposta ad una sua richiesta, delle notizie su un canto fanciullesco Padre nostro pechenin, molto diffuso nell'Italia Settentrionale e di cui la Naselli forse aveva acquisito conoscenza tramite un ricordo d'infanzia, come canzoncina cantatale dalla madre. Legami familiari che emergono spesso alla fine delle lettere della Fasoli che non scorda quasi mai in chiusura di lettera di porgere i saluti di sua madre per lei e sua sorella e di rinnovarle l'invito ad andarle a trovare: “la mammina è molto contenta, anche se poi trova che qualche volta la mia presenza è incomoda e comporta irregolarità d'orario, cosa a cui tiene in maniera 142 veramente notevole. Ti ricorda e desidera rivederti ”. Ed ancora nella terza e quarta lettera chiude “cari ricordi ad Annetta e a te, con in saluti della mamma, il mio abbraccio affettuoso”, “Con un abbraccio affettuoso a te e ad Annetta e con i cari ricordi della mamma” 143 . La Fasoli fu donna non scevra di una certa ironia che si coglie in certe battute, come quando 139 Ivi, p. 685. Ivi, p. 685. 141 F. Bocchi, Gina Fasoli in memoria in La storia come storia della civiltà. Atti del memorial per Gina Fasoli , a cura di S. Neri e P. Porta, Gratis edizioni, Bologna, 1993, pp. 9­30. 142 M. Raciti Maugeri, Quattro lettere inedite di Gina Fasoli a Carmelina Naselli, op. cit. seconda lettera p.712.
140 63 scrive: “Non so quando terrò la prolusione, che è ancora in corso di stesura: qui la cosa non ha la solennità che ha a Catania: è di cattivo gusto non farla, ma di pessimo gusto darle 144 importanza. Afferra la sottigliezza.” E sempre nella stessa lettera: “Qui tutto procede con il tran­tran delle Università venerabili, dove per spostare una seggiola devi domandare tre permessi […] non esiste un Istituto o quanto meno una stanza per la Storia nel Magistero. 145 Fortuna che ho una casa mia, piuttosto comoda ed accogliente” . Questi aspetti si sommano a quanto viene sottolineato nell’affettuosa, quasi familiare, rievocazione della Raciti su altre caratteristiche del suo carattere: “l'orgoglio di avere una casa propria, l'amore per il giardinaggio, la ripugnanza per il disordine e per la sciatteria”; una donna che “é riuscita a conciliare con grande serenità di spirito e concretezza intellettuale gli 146 interessi di studio e gli impegni accademici con le piccole cose della vita quotidiana” . La Fasoli conseguì la cattedra di Storia moderna e medievale nel 1950 a Catania, ma prima di considerare le sua attività di docente nell’Ateneo catanese, è bene riportare le informazioni, d’origine anche in questo caso prevalentemente encomiastica e commemorativa, relative alle fasi della sua formazione. Gina Fasoli nacque il 5 marzo del 1905 a Bassano del Grappa, dove visse sino all'età di 12 anni, quando la madre (Adele Pozzetto) vedova da quando la Fasoli aveva 9 anni a causa della morte prematura del marito, decise di trasferirsi a Bologna nel 1917. Era l'anno della rotta di Caporetto. Malgrado la giovane età, la Fasoli si trovò ad assistere i reduci di guerra, un'esperienza sicuramente significativa sul lato della formazione del carattere. Il legame con Bassano, fu sempre molto forte, anche quando la Fasoli andò a vivere lontano vi ritornava per trascorrervi i mesi estivi. Nella sua città natale scrisse la sua tesi sugli Statuti di Bassano sotto la guida del professor Torelli, docente di Paleografia a Bologna, il quale tendeva a tenere gli allievi sempre vicini ai loro interessi personali (insegnamento questo che la Fasoli tenne sempre presente). Ella discusse la sua tesi nella città d'adozione, Bologna, dove si era iscritta prima al ginnasio (anch’esso prevalentemente maschile), poi al liceo classico Minghetti e infine alla facoltà di Lettere e Filosofia dove si laureò nel 1926. Sempre secondo le ricostruzioni celebrative, il professor Torelli: le “diede rigore scientifico e basi metodologiche 143 ivi, op. cit. p.713 e p.715. ivi, op. cit. p.712. 145 ivi, op. cit. p.712­713. 146 Ivi, op. cit. p. 707.
144 64 […] e ne valorizzò le sue doti intellettive […] e la fece applicare su tematiche che 147 caratterizzeranno tutta la sua vita” . Dopo la laurea tenne i rapporti con l’Ateneo bolognese, anche se aveva intrapreso l'insegnamento nella scuola secondaria malgrado la partenza di Torelli da Bologna nel 1926­ 27. Partito Torelli, dal 1926 al 1931, la Fasoli proseguì i suoi studi di Storia medievale con 148 Luigi Simeoni, che considererà poi “il suo vero maestro” , e a cui riconosceva il ruolo fondamentale di quella “pedagogia della formazione” sulla quale impostò la sua carriera di insegnante. Collaborò in questo lasso di tempo anche con Giorgio Cencetti, studioso abbastanza affermato ed allora funzionario presso l’archivio di Stato di Bologna, dove, grazie anche alla ricchezza delle fonti che le si offrivano, la Fasoli poté condurre le sue ricerche post­laurea, rivolte ad un allargamento delle tematiche che fino ad allora aveva affrontato, “avendo come obiettivo più o meno dichiarato quello di giungere ad una meta che pareva sino ad allora preclusa in Italia ad una donna, e cioè la conquista di una cattedra universitaria di 149 Storia medievale e moderna” . Alla fine di cinque duri anni di lavoro in archivio, nel 1931, realizzò la sua prima pubblicazione: Catalogo descrittivo degli statuti bolognesi conservati nell'archivio di stato di Bologna, che costituì la prima chiave d’accesso al mondo accademico. La sua carriera iniziò nell'Ateneo di Bologna in qualità di assistente volontaria del professor Duprè per poi conseguire la libera docenza l'anno successivo, nel 1940. Tra il '45 e il '47 tenne corsi semestrali per i reduci ed ex­combattenti, fin quando venne chiamata nel '48 a Catania come libera docente dove, nel '50, vinse il concorso che le consentì di ricoprire, nel ruolo di ordinario, la cattedra di Storia medievale e moderna, coronando la sua carriera. Era la prima volta in Italia che una tale cattedra veniva assegnata a una donna: “Era un vezzo per Gina Fasoli dire che era l'unico professore di storia che sapesse ricamare ma in realtà portava tutto il peso, per altro non ancora scrollato dalle spalle femminili, di dover sempre dimostrare, 150 giorno dopo giorno, di meritare il traguardo raggiunto” . A Catania non si stabilì mai nella speranza di essere chiamata a Pavia e visse da pendolare per nove anni, malgrado le difficoltà post­belliche dei mezzi di trasporto per raggiungere 147 F. Bocchi, Gina Fasoli in memoriam in La storia come storia della civiltà, pp. 9­30, op. cit. p.12. A. Ivan Pini, Una medievista < < muratoriana>> in "Quaderni medievali", n.35, giugno 1993, pp.7­19. 149 Ivi, op. cit. p.12. 150 F. Bocchi, Gina Fasoli in memoriam, op. cit. p. 20.
148 65 Bologna. Nel 1957 tornò definitivamente nella sua città d'adozione dove venne chiamata a insegnare Storia al Magistero e Storia Romana presso la facoltà di Lettere e Filosofia e dove, dal '61, poté, in seguito alla divisione delle cattedre, dedicarsi esclusivamente all'insegnamento della Storia Medievale. Nel 1975 fu collocata fuori ruolo, tuttavia ciò non coincise affatto con la fine né dell'insegnamento, che svolse per altri 5 anni, né delle sue ricerche proseguite sino a pochi anni prima della morte, avvenuta nel 1992; la Fasoli, infatti, pubblicò fino al raggiungimento degli 80 anni altri 45 lavori. Il periodo trascorso a Catania fu breve, ma la Fasoli dedicò molto tempo alla ricerca su temi 151 riguardanti la storia della Sicilia medievale e scrisse importanti lavori storiografici sul tema . Un interesse confermato dal suo collega bolognese Cosimo Damiano Fonseca che aggiunge una punta di sarcasmo: “L'interesse di Gina Fasoli per il medioevo siciliano ebbe motivazioni, oltre che squisitamente scientifiche, etiche e, al limite, deontologiche, ritenendo doveroso volgere l'attenzione verso la terra in cui aveva istituzionalmente sede il proprio Magistero Universitario, quanto non consono a simili sensibilità è l'atteggiamento di chi con maggiore 152 facilità ha ottenuto una cattedra in Atenei meridionali!” La Fasoli non lasciò a Catania una sua scuola medievalistica né allievi, ed il suo successore, Paolo Lamma, rimase a Catania esclusivamente per un anno. La scelta era ricaduta su quest'ultimo sia per la stima che la Fasoli riponeva in lui (“Lamma è quel brav'uomo che è, quell'onesto che è, quel valente studioso che è, e non è un giudizio mio e soltanto mio: e 153 questo mi sembra la migliore garanzia per l'avvenire” ), sia per l'urgenza di trovare un successore in modo da non ritardare il suo trasferimento a Bologna. Difficile, data la breve durata della permanenza a Catania, cogliere appieno la peculiarità del suo ruolo di docente all’interno dell’ambiente accademico catanese, eccezion fatta dei meriti relativi alle sue ricerche. Solo a Bologna la Fasoli creò una "scuola" ed ebbe degli allievi che ancor oggi (almeno tre) ricoprono cattedre di Storia medievale e di antichità medievali; inoltre l'istituzione dell'Istituto 151 Cronache medievali di Sicilia. Note d'orientamento, 1949, Problemi di storia siciliana (1951) La feudalità siciliana di Federico II (1951), L'unione della Sicilia all'Aragona (1953), Tre secoli di vita cittadina catanese: 1092­1392 (1954), Incognite della storia di Siracusa tra l'età dei Normanni e quella degli Aragonesi (1955), Le città siciliane tra l'istituzione del < <tema>> bizantino e al conquista normanna (1956). 152 C. Fonseca, La storia del Mezzogiorno in La storia come storia della civiltà, pp. 111­116, op. cit. p. 111. 153 M. Raciti Maugeri, Quattro Lettere inedite di Gina Fasoli a Carmelina Naselli, op. cit. p.711.
66 di Discipline Storiche e Giuridiche da lei fondato sin dal suo arrivo al Magistero ebbe un ruolo rilevante. Tuttavia l’esperienza siciliana fu molto importante per la Fasoli. In Sicilia raggiunse il riconoscimento della sua autonomia professionale e la possibilità di assumersi in prima persona la responsabilità della preparazione dei giovani, compito che sentiva molto forte e che la motivò ulteriormente ad approfondire lo studio della storia della Sicilia per sentirsi più vicina agli alunni e al luogo in cui insegnava. Catania fu il laboratorio della sua successiva attività didattica bolognese. Partecipò al dibattito sulla storia della Sicilia sulle direttrici di ricerca suggerite da Adolfo Omodeo nel suo volume Figure e passioni del Risorgimento italiano. In uno dei suoi primi saggi, pubblicato nel '51 in Siculorun Gymnasium, Problemi di storia medievale, infatti, inseriva il proprio lavoro all'interno della “dibattuta questione della dinamica della lunga 154 durata tesa ad individuare le tipologie e i contenuti di sviluppo di una società” . Anche Manlio Bellomo, nella cornice dai “contributi in onore” di Gina Fasoli, ricorda il legame affettivo della Fasoli per la Sicilia: “mi sono chiesto per quali ragioni, per quali impulsi del cuore e della mente la studiosa avesse amato tanto la Sicilia e Catania in modo particolare […] Ella aveva il rimpianto forte e intenso per una via da tempo scomparsa ….si chiamava via Gambino ed accoglieva un mercato serale […] Gina Fasoli aveva un'altra immagine nel cuore, di un altro ben più ampio mercato la Pescheria […] Le piacevano perché erano i luoghi dello spettacolo, dello stare insieme e del comunicare”. Ed ancora Bellomo pone l’accento sull’ “interesse ch'ella dimostrò per la Chiesa catanese rinnovata sul finire dell'XI secolo” e osserva che nella Fasoli “affiora allora la triade che è cara ad ogni studioso 155 dell'età intermedia, la Chiesa cattedrale, il mercato cittadino, la piazza” . Il trasferimento a Bologna significò per la Fasoli, oltre che la continuazione del suo ruolo di docente, l'assunzione di nuovi e alti incarichi. Fu anche presente in sedi di dibattito internazionale come nell’occasione di una riorganizzazione generale degli studi storici quando fu chiamata, come rappresentante dell'Università di Bologna, nel primo embrione della Commission Internationale pour l'Histoire de Villes. Nel '66 entrò a far parte del Centro di Studi sull'alto medioevo di Spoleto e le vennero riconosciute varie onorificenze, tra cui L'Archiginnasio d'Oro, conferitole dal Comune di Bologna, e il titolo di professore emerito a 154 S. Tramontana, Problemi di storia siciliana in La storia come storia della civiltà, op. cit. pp.117­122.
67 coronamento della sua carriera accademica, nel 1981. Ma gli impegni bolognesi non le fecero scemare il vivo interesse per la storia della Sicilia che rimase uno dei fili conduttori della sua ricerca: “ … la sua passione per la storia dell'Isola dei Giganti – scrive Cosimo Damiano Fonseca ­ registra una continuità e si sviluppa in una serie di temi e di argomenti ancora largamente insuperati e va altresì rivelato come la prospettiva siciliana si estende negli anni '80­'90 all'intera area del mezzogiorno in cui città e castelli diventano i due nuclei essenziali 156 della sue ricerche sul mezzogiorno” . Ed ancora una sua allieva bolognese, Anna Laura Trombetti Budiesi, ricorda il momento in cui la Fasoli le restituì due libri che le aveva dato in prestito: “Erano due saggi di storia siciliana che le avevo prestato poco più di un mese prima della sua scomparsa, allorché si apprestava a ridare alla stampa il saggio sulla cronachistica siciliana di cui riuscì a completare 157 la revisione ma non avere la stampa” . Ancora la Trombetti riferisce di un colloquio con la Fasoli che le confessava: “C'è il mal d'Africa­ mi diceva­ ma c'è anche il mal di Sicilia e ricordava con profonda nostalgia persone e luoghi e i suoi splendidi dintorni. E saggiamente ora la capisco ancor di più: in occasione di un viaggio a Palermo e a Erice nel 1982 (non era più tornata in Sicilia dal 1957) non volle rivedere Catania; sapeva che non avrebbe ritrovato molte delle persone care, né la splendida magia dei luoghi che aveva lasciato molti anni prima e che avevano ispirato molte delle sue belle pagine. Ma non cessò mai di occuparsi di tematiche di storia meridionale e mi piace pensare che non sia stato un caso se l'ultimo lavoro a cui si dedicò fu proprio la riedizione del 158 saggio sulla cronachistica siciliana” . A parte i riferimenti alla Sicilia, per cogliere indirettamente qualche cenno alla peculiarità della Fasoli “donna” dobbiamo limitarci a riportare alcun passi in chiave psicologica e umana nel vasto florilegio degli omaggi dei suoi allievi. Abbiamo il ricordo di un maestra di vita e di affetti, oltre che di una docente rigorosa: “E' stata una maestra e, me lo si consenta, una madre dolce e ferma nello stesso tempo; se qualcosa non Le pareva giusto, non esitava; la disapprovazione, scientifica o morale, non si faceva attendere: gli occhi si facevano più fermi del solito, un rossore leggero le imporporava le gote, la voce scendeva a un tono più 155 M. Bellomo, Gli anni di Catania in La storia come storia della civiltà, pp.55­57, op. cit. p.55. C.Fonseca, La storia del Mezzogiorno in La storia come storia della civiltà, op. cit. p.111. 157 A. L.Trombetti Budiesi, Ricordi di un’allieva , in La storia come storia della civiltà, p. 163­168. op. cit. p. 165. 158 Ivi, p.165. ( La Naselli era ormai deceduta da dieci anni).
156 68 profondo­ ma preferisco ricordarla coma era di solito: sorridente, sicura, per una scienza, una 159 moralità che pochi possono vantare altrettanto fondate e cristalline” . 160 Un altro discepolo, Antonio Ivan Pini, sottolinea la "istintiva ed inesauribile curiosità" della Fasoli che la portava ad interessarsi con pari competenza di statuti bolognesi, di cronache veneziane, di reliquie, di feudalesimo, e soprattutto di comuni italiani tema […] in cui la Fasoli ha dato i suoi risultati più incisivi e più fecondi […] ma cosa spingeva la Fasoli a tanta curiosità? […] Innanzitutto la "sua indole personale, portata ad affrontare i problemi della ricerca più sotto la spinta di consonanze intuitive che come il derivato di premesse teoriche, e poi una forte coscienza civile che la induceva ad intendere la storia […] come una forma 161 <<forte>> d'impegno per la società in cui ci è dato di vivere ." Altre parole di Pini ci aiutano a capire la studiosa Fasoli: “la curiosità di fatti lontani è il mezzo per mettere a fuoco i presupposti logici e temporali delle attività di oggi e di domani”; “la storia è un genere di prima necessità...che ci consente di avere coscienza di noi stessi come singoli e come 162 collettività” . Una studiosa, quindi, che: “è difficile catalogare […] in una corrente storiografica e anche confrontarla con altri studiosi […] ciò che veramente caratterizza la Fasoli è infatti un Medioevo a << tutto campo>> che nulla ha da spartire con l'histoire totalle teorizzata dalla scuola delle Annales ma che si rifà semmai alle Antiquitates di Ludovico Antonio Muratori. Un storica di cui, oltre il valore delle sue ricerche, viene sottolineata "la profonda e genuina vocazione alla didattica, che si concretizzò anche in un corpus di dispense, in cui la Fasoli diede, se non il meglio, indubbiamente parte del meglio della sua vastissima produzione 163 storiografica” . 2. 4. Dina Bertoni J ovine Elemento fondante della personalità di Dina Bertone Jovine sono state senza dubbio l’onestà 159 G.Fumagalli, Ricordo di Gina Fasoli in Quaderni medievali, n.35, giugno 1993, pp. 5­6. A. Ivan Pini, Una medievista < < muratoriana>> in “Quaderni medievali”, n.35, giugno 1993, pp.7­19. 161 Ivi, op. cit. p.8. 162 ivi, op. cit. p.9. 163 ivi, op. cit. p.10.
160 69 intellettuale e l’intransigenza su cui essa fondò le sue scelte professionali e personali. Come scrive L.Borghi: “chi tentasse l'impresa di ricostruire la figura di studiosa di Dina Bertoni Jovine non dovrebbe trascurare questo elemento biografico per meglio cercare di 164 comprendere i suoi interessi culturali ". La vita professionale di Dina Bertoni Jovine non è caratterizzata da un ingresso immediato all'Università, ma da una lunga e costante presenza nell'insegnamento scolastico. Il suo arrivo alla vita accademica e l'inizio della sua attività scientifica risale agli anni '50, allorché la Bertoni aveva già superato la cinquantina e in coincidenza con un anno particolarmente doloroso, il 1950, segnato dalla morte improvvisa del marito, Francesco Jovine, affermato scrittore la cui poetica viene ascritta nel Neorealismo accanto ad autori quali, ad esempio, Fenoglio. Non si può stabilire un legame diretto tra questi due avvenimenti, ma a tal proposito Piero Bertolini ,che ben la conobbe e che scrisse sulla Jovine pagine di accorato elogio come studiosa e come donna, ricollega i due avvenimenti: “Non credo infatti – scriveva Piero Bertolini ­di andare lontano dal vero nel dire che il suo impegno a questo nuovo livello fu da 165 lei vissuto quasi come il modo migliore di assumere l'eredità spirituale del marito” . Questo lutto fu un evento particolarmente drammatico per la Jovine, legata al marito anche da comuni interessi professionali e del quale era stata la principale collaboratrice. Uniti entrambi dalla stessa provenienza socio­economica, nata lei nella Provincia del Lazio, a Falvaterra, il primo gennaio del 1898, lui nella Provincia del Molise, a Guardialfiera, nel 1902, ambedue furono profondamente influenzati dalle loro origini, anche quando, per motivi di studio, si trasferiranno nella “capitale”, dove la Bertoni conseguì la laurea in Pedagogia a pieni voti e lode nel 1928. La vita della provincia, comunque, con la sua povertà e le sue difficoltà, segnò profondamente le vite professionali dei due studiosi: la Bretoni, sin dai suoi diciassette anni, in qualità di maestra si trovò vicina ai suoi compaesani, ai quali dedicò gran parte della sua energia e tempo. Insieme alla “gente di provincia” si formò e combatté quell'ingiustizia sociale, che fu grande tema della sua futura ricerca, presente in molti dei suoi testi come L'alienazione dell'infanzia (1963) che tratta delle differenti possibilità di sviluppo offerte ai fanciulli appartenenti alle diverse classi sociali; La storia della scuola popolare in Italia e La scuola italiana dal 1870 ai giorni nostri, “opere che le hanno assicurato un posto 164 165 L. Borghi, Dina Bertoni Jovine, in "Scuola e Città", XXI, n.4, 1970, p.180. P. Bertolini, Dina Bertoni Jovine in "Siculorum Gymnasium", XXIII, n.12, 1970, p.1­15, cit. p.2.
70 166 di primo piano tra gli studiosi dei nostri problemi educativi” . Molto sensibile alle situazioni di emarginazione e sfruttamento della sua gente, ai contadini della Ciociaria, partecipe soprattutto del loro sentimento di riscatto sociale e delle loro ansie di giustizia, la stessa Bertoni, figlia di insegnanti elementari, ottava di dieci figli, dovette lottare per liberarsi dai pesanti condizionamenti socio­economici fino al raggiungimento, prima, della licenza liceale e poi, della laurea. Non diversa era la situazione di partenza del marito: anch'egli cresciuto in una dura e difficile realtà di provincia di cui sarà testimone nelle sue opere, sempre vicino alle tematiche della miseria del mondo contadino del Mezzogiorno 167 . Un impegno nel sociale accomunò marito e moglie, così come la reciproca provenienza da un ambiente difficile assai lontano da quella che sarebbe stata la loro futura condizione lavorativa e sociale. La Bertoni, dopo alcuni anni di insegnamento alle scuole elementari, divenne direttrice didattica nel 1928, anno del conseguimento della laurea. Nella scuola rimase sino agli anni '50, passando anche dall'esperienza dell'insegnamento nelle scuole italiane in Tunisia e in Egitto. Prima di approdare al mondo accademico la vita della Bertoni fu segnata da momenti molto importanti che influenzarono la sua futura ricerca scientifica: diresse la sezione pedagogica dell'Istituto Gramsci e di “Paese sera­libri”, scrisse per l'autorevole rivista pedagogica “Scuola e città” , fondata da Ernesto Codignola, fu organizzatrice culturale e redattrice della Enciclopedia della donna. L'impegno posto nella stesura di quest’ultima opera, in particolare le tematiche affrontate dalla studiosa, sono espressione del suo grande interesse rivolto alla condizione della donne negli anni '50. Una questione, quella femminile, che venne affrontata con grande capacità di analisi e con una volontà propositiva che le consentirono, spesso, di fornire spunti e suggerimenti per superare situazioni di “disagio psicologico” causatele da “pregiudizi secolari”. Fu sempre convinta che i problemi specifici delle donne fossero strettamente legati allo sviluppo dell'intera società e che dal superamento di ogni barriera posta alle attività femminili 166 L. Borghi, Dina Bertoni Jovine, op. cit. p. 180. In particolare nella sua ultima opera, Terre del Sacramento, ambientata durante gli anni del fascismo, sono ampiamente descritte le speranze dei contadini e le illusioni degli intellettuali.
167 71 dipendesse il ritmo dello stesso progresso umano. “Per questo, facendo il piano di quest'opera, abbiamo scartato ogni concezione settoriale, abbiamo evitato di chiuderci nell'ambito di interessi di puro formalismo ed abbiamo tenuto presente, pur ammettendo l'accento sui 168 problemi specifici della donna, lo sviluppo dell'intera società” . L'emancipazione della donna è considerata dalla Jovine non come un fenomeno a sé, ma come un aspetto molto importante di una vicenda storica globale, caratterizzata dal recupero degli scopi della socialità di indebite energie soffocate nel passato. Idee forti e contributi culturali altrettanto incisivi in questo senso sono offerti nell'Enciclopedia della donna dove, dopo un iniziale quadro storico della condizione femminile nelle diverse civiltà, vengono forniti contributi e nozioni di diverso interesse: dai problemi che riguardano la donna da un punto di vista fisico e morale a quelli che concernono la sua vita nell'ambiente domestico, nonché ai rapporti sociali, giuridici, economici, culturali, che sviluppano la sua personalità. Una profonda fiducia nel cambiamento della condizione femminile pervade l'opera; queste le parole di Dina Bertoni a tal riguardo: “pur recando ancora in sé tanti elementi di arretratezza, l’emancipazione femminile è aperta verso realizzazioni che la rapida acquisizione di una 169 coscienza civica e morale da parte della donna fa presagire assai vicine” . L'atteggiamento della Jovine è caratterizzato da un positivo approccio alla realtà, derivatole dalla sua forte convinzione del solido nesso tra impegno culturale e sociale, vissuto in funzione della sua utilizzazione politica. Queste alcune parole che sintetizzano la sua visione riguardo agli scopi didattici del “maestro” tratte dalla rivista “Riforma della scuola” da lei codiretta dal 1954 al 1965: “Il maestro deve essere adeguatamente aiutato a sviluppare alcune qualità umane insostituibili: l'amore della ricerca che lo avvii dopo il corso di studi ufficiali a perfezionare la sua cultura in modo autonomo, largo, organico; l'interesse per i problemi sociali nei quali si deve inserire in modo attivo per interpretare le vere esigenze delle sue scolaresche e delle loro famiglie; un senso critico che gli permetta di aver convinzioni indipendenti e di sottrarsi al mortifero clima del 170 conformismo ufficiale” . Diverse e forse più radicali le ragioni che spinsero la Bertoni, rispetto alle altre docenti di cui abbiamo tracciato il profilo professionale, ad intraprendere la carriera accademica, così come 168 169 D. Bertoni Jovine, Enciclopedia della donna, Roma, 1965 op. cit. p. XI. Ivi, op. cit. p. XIV.
72 maggiore è in lei la consapevolezza della necessità di un deciso impegno della donna nella 171 società. La determinatezza, la “modestia, la riservatezza, l'umiltà” rimasero caratteristiche peculiari della Bertoni anche durante la sua vita accademica . L'inizio della sua attività di ricerca risale al 1950; frutto di questo suo primo periodo di lavoro Universitario fu la Storia della scuola popolare in Italia pubblicato nel 1954; l'anno seguente, nel 1955, conseguì la libera docenza in Pedagogia e assunse la codirezione della rivista la “Riforma della scuola”. Nel decennio dal 1958 al 1968 pubblicò le sue opere più importanti e “numerosissimi saggi sulle più importanti riviste nazionali aventi per tema il pensiero pedagogico di alcuni autori italiani più recenti (Gabelli, De Sanctis, Cattaneo, De Amicis, Lombardo Radice, Salvemini) e le teorie di alcuni autori e scuole di indirizzo marxista come il Makerenko, Labriola e il 172 Gramsci” . La Bertoni nella pubblicazione di queste opere non celò il suo interesse primario verso la scuola e il valore dell'insegnamento: fu sempre contraria alla pretesa di considerare la scuola come istituzione “neutra” che, anzi, le appariva come uno dei punti nevralgici dell'intera vita politica e sociale nonché come una delle realtà più subdolamente politicizzate. La scuola, in particolare quella dell'obbligo, era un tramite per garantire a tutti indistintamente, uomo o donna, l’acquisizione degli strumenti culturali adatti per superare le difficoltà di un società divisa in classi e per godere delle medesime possibilità di sviluppo. Dopo cinque anni, in cui tenne corsi liberi (dal '55 al '60) presso la facoltà di Magistero di Roma e presso le facoltà di Lettere e Filosofia di Cagliari e di Firenze, ottenne, nell'anno accademico 1967­68, la cattedra di Pedagogia a Catania, dove rimase all'incirca per un anno e mezzo, fino al raggiungimento del limite d'età; quando, venne sostituita dal professor Bertolini (che insegnò a Catania anch'egli per un anno). In questo breve lasso di tempo la Bertoni riuscì ad attirarsi l'ammirazione e l'affetto dei colleghi a lei più vicini anche se inizialmente “il mondo accademico Universitario ufficiale ebbe tante riserve nei suoi confronti e tardò ad accoglierla nel suo ambito”. Una difficoltà data, per lo più, dalle nette posizioni politiche della Bertoni e dalla sua formazione politico­culturale, in quanto membro attivo della commissione culturale del P.C.I.; orientamento politico testimoniato anche dalle 170 D. Bertoni Jovine, Preparazione del maestro in "Riforma della Scuola", n.3, 1959. Filippo Vittone, necrologio per Dina Bertoni Jovine, in Annuario dell'Anno Accademico 1971, pp.449­453. 172 F. Vittone, op. cit. p. 452­453.
171 73 destinazioni dei suoi viaggi in Unione Sovietica, Cina popolare e Cuba, dove prese in esame il modello educativo. “Questo ritardo (nel riconoscerle i suoi meriti accademici) lungi dal rappresentare un motivo di perplessità sul suo valore scientifico, proprio per le motivazioni che ne erano alla base, rappresentò e deve ora ancora più rappresentare motivo di ulteriore stima per lei, in quanto testimonianza vissuta e pagata ad un prezzo piuttosto elevato della sua serietà morale e ideologica. D'altro canto gli amici catanesi sanno quanto la Bertoni non fosse disponibile ad operazioni di qualsiasi natura che potessero in qualche modo ledere il suo vivo 173 senso di giustizia ed il suo profondo rispetto per la personalità altrui” . Della Bertoni ancor oggi all’interno dell’ambiente accademico catanese ne vengono ampiamente riconosciute le doti umane e professionali. Con toni di grande ammirazione e affetto la ricordano i suoi colleghi, sottolineandone il valore professionale e la sua spiccata soggettività femminile ampiamente e costantemente espressa nel suo operare quotidiano professionale e non. Una presenza quella della Jovine a Catania, malgrado il suo breve periodo di permanenza nelle città (a causa dell’improvvisa morte avvenuta nel 1968 174 ) che rimane determinante per i legami d'amicizia, per il suo apporto come pedagoga ed ancora come modello di preparazione scientifica e stimolo ad approfondire il rapporto tra donne, società e sviluppo. 3. Uno sguardo sull’oggi: studenti, personale tecnico­amministrativo, docenti. La grande espansione dell'Università italiana iniziata alla fine degli anni '50 è avvenuta quasi di pari passo con lo sviluppo economico che interessò il Paese nei decenni '50­'70, anni in cui il boom economico ebbe una positiva ripercussione sull’aumento della domanda di personale qualificato e sullo sviluppo sia degli indirizzi tecnici delle scuole superiori che del ramo ingegneristico­scientifico 175 delle Università (con una crescita dal 1969 al 1979 dal 39,6% al 173 P. Bertolini, Dina Bertoni Jovine, op. cit. p. 6. La morte improvvisa avvenne a causa di un Ictus. 175 L’incremento delle iscrizioni nel Gruppo ingegneristico fu costante a partire dal 1948, nel quale confluirà anche la componente iscritta ad Architettura, che, pressoché inesistente sino al 1926, raggiunse il 19% alle soglie della
174 74 49,4%) 176 , verso il quale si riversarono molte speranze di promozione sociale di giovani appartenenti agli strati sociali medio­inferiori. Il sistema Universitario italiano si trovò del tutto impreparato alla crescita massiccia del numero studenti, con la conseguenza di sedi affollate, spazi ridotti, attrezzature insufficienti, un'attività didattica inadeguata, facoltà ancora troppo elitarie rispetto alle nuove esigenze culturali e alla nuova richiesta di sapere tecnico­scientifico: un'Università fortemente investita dalla contestazione studentesca esplosa nel '68­'69, ma le cui esigenze di cambiamento sarebbero rimaste per lo più inascoltate. L'avvento dell'Università di massa fu, inoltre, foriero di alcune negative conseguenze sul sistema accademico italiano, che presto divennero elementi costitutivi delle nostre Università: in primo luogo, l'ampliarsi del fenomeno, non nuovo, dei fuori corso, che iniziarono a costituire una presenza in costante aumento durante tutto l'ultimo trentennio, 177 ed inoltre il crearsi di un gap non irrilevante tra gli iscritti e coloro che raggiungevano il diploma di laurea. L'espansione della popolazione studentesca, oltre a comportare il prolungamento dei tempi di permanenza all'Università e la crescita del numero dei fuori corso, determinò pure il cospicuo aumento delle donne all'interno del corpo studentesco. Questo fu uno degli elementi costitutivi e caratterizzanti della nuova Università di “massa”, un processo avviatosi in concomitanza della liberalizzazione degli accessi 178 che consentiva agli studenti provenienti da qualsiasi tipo di scuola secondaria superiore di iscriversi indistintamente a tutti i corsi di laurea. L'aumento della popolazione studentesca femminile va considerato all'interno del più generale incremento numerico degli studenti della secondaria superiore, già iniziato alla fine del decennio precedente, e della maggiore propensione dei diplomati a proseguire gli studi (in dieci anni il tasso di passaggio dei diplomati all’Università salì dal 59% del 1959 all’86% del 1969). La crescita della presenza delle donne nelle Università negli anni Settanta­Ottanta è stata continua; dall'inizio degli anni Settanta, quando la presenza femminile negli atenei liberalizzazione. 176 A. Camilleri e A.di Francia, Studenti, Università, professioni: 1861­1993 in Storia d’Italia, Annali X, I Professionisti, Torino, 1996, p.16­17. 177 Il numero degli iscritti all'Università oggi è del 37,3% dei giovani in età, ma se si considera il numero dei fuori corso questo appare fortemente ridimensionato sino a costituire il 25,2%. 178 La legge di liberalizzazione degli accessi a tutti i diplomati di corsi quinquennali e dei piani di studio individuali fu approvata nel dicembre 1969 (legge 11 dicembre 1969, n.910), ma già nel 1961­62 e nel 1965­66 si erano avuti dei provvedimenti parziali che consentirono l'accesso dei diplomati degli istituti tecnici ad alcune facoltà tecnico­scientifiche.
75 italiani costituiva un terzo del totale con 256.000 iscritte, si conseguì, nel 1992­93, il sorpasso femminile e a partire da tale anno l’andamento si riconfermò negli anni a seguire: nel 1994­95 le donne iscritte erano 859.000 e gli uomini 779.000 179 . Tra gli anni Settanta ed Ottanta l'incremento delle donne giocò un ruolo decisivo nell'andamento complessivo delle iscrizioni: in un momento di stasi delle iscrizioni maschili, le donne crebbero con un ritmo assai più sostenuto degli uomini fungendo da ago della bilancia nel trend delle iscrizioni. Tra il 1976­ 77 e il 1987­88, mentre le iscrizioni maschili si mantenevano intorno alle 600.000, quelle delle studentesse aumentarono nello stesso periodo di circa 150.000 unità. Le percentuali delle laureate confermavano questo andamento: se ancora nel 1960 le studentesse costituivano il 30.1% dei laureati, nel 1969 raggiunsero il 41.2%, nel 1979 il 43.2%, nel 1989 il 48.8% e nel 1994 il 52.8% 180 . Ma se la parità era stata raggiunta a livello numerico, ben diversa appariva la situazione riguardante la distribuzione delle studentesse all'interno delle facoltà, specchio dei retaggi culturali che impedivano alle donne di scegliere in perfetta libertà l'indirizzo universitario. Ancor oggi, le scelte universitarie femminili sono una conseguenza dei condizionamenti culturali (vedi capitolo precedente) e delle difficoltà che le donne incontrano tuttora nell'accesso alle professioni per la loro appartenenza di genere. Non sorprende, perciò, che oggi le donne si ritrovino ancora in maggioranza schiacciante in quei corsi di laurea che offrono loro uno sbocco professionale da sempre ritenuto più “adeguato”: l'insegnamento, settore nel quale sin dalla fine dell'800, era stato concesso, anche se non senza difficoltà, l'accesso alle donne. Le carriere tradizionalmente maschili sono ancora una realtà: ad Ingegneria, “il corso di laurea in assoluto più caratterizzato in senso sessista ” 181 , le donne rappresentano il 12% degli iscritti; meno del 30% è presente a Informatica, Geologia, Fisica; mentre facoltà prettamente femminili sono: Lingue, Pedagogia e Psicologia dove, al contrario, sono gli uomini a non superare il 30%. A monte di tutto ciò, nel generale aumento della popolazione studentesca, si può comunque intravedere (sempre nel trentennio '70­'90 preso in esame) un riorientamento delle scelte universitarie femminili in relazione alle nuove esigenze, alle offerte del mercato del lavoro e al restringersi dell'occupazione in campi tradizionali, quale ad esempio l'insegnamento. 179 180 Da F. Denti, Il sistema universitario italiano aspetti della crescita in Chi governa l'Università ?, Napoli, 1997, p.19. C. Facchini, Uomini e donne nell'Università italiana in Chi governa l'Università?, op. cit., p. 213.
76 Mentre corsi di laurea come Giurisprudenza, Economia e Commercio, Ingegneria, Scienze politiche, Architettura e Medicina hanno conosciuto in questi decenni una maggiore espansione, altri invece, come Pedagogia, Biologia e Lettere, hanno risentito di una riduzione delle iscrizioni per la diminuita offerta di lavoro. Solamente il corso di laurea in Matematica continua a mantenere costante il numero dei suoi iscritti. Alla fine degli anni Settanta per le donne si aprirono, comunque, nuove alternative: se nel 1969 solo il 3,4 % di donne sceglieva Giurisprudenza, nel 1979 sono il 12,9%; a Medicina, il 4,3 % di donne del 1969 si contrappone al 14% del 1979. La percentuale delle iscritte al gruppo letterario decrebbe leggermente anche in virtù di una leggera ridistribuzione delle iscrizioni femminili negli altri indirizzi, oltre che a Medicina e Giurisprudenza, anche nel ramo politico­sociale e in quello ingegnieristico; ma ancora le cifre attestavano solo una prima e timida “invasione” femminile degli indirizzi universitari “maschili”. Alla fine degli anni '80 il tradizionale ruolo della laureata ai fini dell'insegnamento si ridimensionò, sia in seguito al calo delle nascite, sia perché le giovani donne puntarono ad altri ambiti lavorativi considerando l'acquisizione di capacità culturali anche, e soprattutto, in funzione dell'affermazione professionale. 182 La scansione della “conquista” femminile delle diverse facoltà ha dunque seguito differenti tappe: il gruppo letterario a partire dal 1920, quello scientifico dalla metà degli anni Settanta, ed in seguito quello giuridico e politico sociale. Per raggiungere lo stesso risultato in facoltà come Agraria fu necessario attendere un decennio mentre nella “roccaforte” di Ingegneria, addirittura, la seconda metà degli anni Ottanta. Per conoscere le scelte compiute dalle studentesse a Catania nel trentennio dal 1968 al 1987 e confrontarle con quelle nazionali si rende necessario analizzare nello specifico le iscrizioni ai diversi corsi di laurea sulla base di indicazioni quantitative che, anche se potrebbero risultare noiose da leggersi, sono essenziali ai fini della comprensione dei mutamenti avvenuti L’effetto della liberalizzazione degli accessi universitari fu ben visibile nell'Università di Catania, che ebbe nel 1968­69 e 1970­71, gli anni in assoluto con il maggior incremento delle iscrizioni. La popolazione universitaria catanese raggiunse, nel 1968, i 13.462 iscritti e il contributo femminile (30%) fu in percentuale leggermente superiore a quello italiano (29% 181 ivi, Uomini e donne nell'Università italiana , op. cit. p. 20. La crescente presenza delle donne negli ambiti professionali si manifestò soprattutto tra il 1961 e il 1981. Ancora nel 1961 le donne rappresentavano su 100 professionisti: il 9,7% tra gli avvocati e il 5,2% tra gli ingegneri, mentre erano in numero di
182 77 con 81.746 iscritte). Nel 1968­69 l'incremento femminile a Catania e in Italia (vedi tab.9), rispetto agli inizi del decennio, fu comunque molto deciso: un raddoppiarsi delle donne nelle aule dell'Ateneo catanese e una presenza addirittura triplicata sul piano nazionale. Le scelte compiute dalle studentesse alla fine degli anni'60 non sembrarono mutare rispetto alle direzioni imboccate agli inizi dello stesso decennio: le donne si riaffermarono, con una consistente presenza nei corsi di laurea dalla tradizione “al femminile”, sia a Catania che in tutta Italia. La facoltà catanese che mantenne alla fine degli anni Sessanta (1968­69) il primato quanto a presenze femminili fu quella di Lettere e Filosofia con un elevato numero di donne in tutti e tre i corsi di laurea, tendenza che trovò una perfetta corrispondenza nelle scelte femminili a livello nazionale; anche il corso di laurea in Filosofia, tradizionalmente più maschile fece registrare soprattutto a Catania, un'alta percentuale di iscritte (66%), solo leggermente inferiore a quella del corso in Lettere (72%). La preferenza per le materie letterarie e la scelta di studi finalizzati all'insegnamento trovava un altro epicentro nell'Istituto Universitario di Magistero, che a Catania aveva una percentuale di donne pari all'82%, distribuite nei corsi di laurea di Materie letterarie, Pedagogia, Lingue e letterature straniere moderne e Vigilanza scuole elementari, con una preferenza ancora più marcata per il corso di Pedagogia. E' interessante, inoltre, constatare che la facoltà di Farmacia si collocava come seconda preferita dalle donne, sia a Catania che in Italia, come pure considerare i diversi corsi di laurea della facoltà di Scienze Matematiche Fisiche e Naturali. Malgrado un'apparente inversione di tendenza verso una “mascolinizzazione” di tale facoltà, da sempre caratterizzata da un uguale numero di iscrizioni femminili e maschili, si può constatare la permanenza di corsi ancora prettamente femminili e di nuovi corsi con una più accentuata presenza maschile. Mentre, infatti, i corsi di Matematica, Scienze naturali e biologiche avevano una percentuale femminile molto alta, tanto a Catania (pari al 42%, 57% e al 41%), che in Italia, i corsi di Scienze geologiche, Chimica industriale, a livello locale non ottenevano iscrizioni femminili e, a livello nazionale fecero registrare scarse presenze; anche il corso propedeutico ad Ingegneria non ebbe alcuna iscritta a Catania, mentre, furono 130 in tutta Italia, ciò conferma il fatto che le scelte tendevano a ricadere sempre su quei corsi di laurea professionalmente più spendibili per le donne. gran lunga superiore tra i farmacisti il 48,2% (gli unici a non essere mai stati classificati come “liberi professionisti “ nei censimenti).
78 Alquanto singolare appare la cospicua presenza femminile nella facoltà di Economia e Commercio di Catania dove le donne raggiunsero il 26% delle iscrizioni superando persino la percentuale delle iscrizioni femminili nazionali, che nel 1968 era del 23%. Questa numerosa presenza femminile presso la facoltà di Economia e Commercio di Catania può essere spiegata anche come conseguenza dell'ampia possibilità di formazione offerta nel capoluogo dagli istituti commerciali (erano già 5) che supplivano, anche, alle scarse possibilità di proseguire gli studi secondari superiori in altri indirizzi professionali. Un altro indirizzo verso il quale si orientarono le nuove scelte femminili fu il corso di Scienze Politiche che dal 1963 diventò indipendente dalla facoltà di Giurisprudenza e accolse il 24% di iscrizioni femminili. Una facoltà, dunque, poco numerosa (un totale di 324 iscritti) , ma al cui interno cresceva la componente femminile, che, anche a livello nazionale, si affermò con una percentuale leggermente superiore. Giurisprudenza e Medicina, costituivano, dunque, ancora le vecchie roccaforti maschili, più la seconda che la prima: la facoltà di Giurisprudenza, una delle più numerose, contava un totale di 1.516 iscritti ed ebbe, sempre nel 1968, una percentuale di donne pari al 18%, cifra non trascurabile che significava la presenza di 275 donne nelle sue aule. Tale nuova consistenza numerica è spiegabile considerando la ratifica (9 febbraio del 1964) della legge n.66 che eliminava alle professioni ogni limite di accesso. La più chiusa agli accessi femminili, ancora nel '68, era la facoltà di Medicina e Chirurgia, al cui interno, su un totale di ben 1.866 iscritti, solo 195 erano donne. Tale situazione non può attribuirsi ad un limite esclusivo dell'Ateneo catanese, dato che in Italia, nello stesso anno, solo il 15 % erano le studentesse di Medicina. Una facoltà quasi chiusa alle donne rimaneva quella di Agraria: a Catania, solo 5 donne, isolatissime rispetto ai 292 uomini, avevano deciso di iscriversi e solo 166 in tutta Italia. Concludendo l’analisi di questo primo periodo, potremmo in sintesi, affermare che alla fine degli anni Sessanta le scelte universitarie femminili parvero rivolte verso i corsi che offrivano più ampie e facili possibilità di impiego, anche se si iniziano ad avvertire i primi segni, non trascurabili, di nuovi orientamenti nelle iscrizioni verso i corsi di laurea di Scienze Politiche, Economia e Commercio e Giurisprudenza, dove si riscontrava un sensibile aumento della presenza femminile. Continuando ad osservare, a distanza di un decennio, l'andamento degli studenti universitari e delle scelte femminili all'interno delle Università italiane, e in special modo a Catania, si nota
79 nel 1978 (vedi tab.10) un aumento considerevole della popolazione studentesca che raggiunse i 30.525 183 iscritti a Catania e a livello nazionale i 553.282. 184 Gli anni Settanta segnarono un momento decisivo per l'Ateneo catanese, a partire dal quale esso non conobbe più momenti di calo delle iscrizioni e si ebbe, anche se in ritardo rispetto all'andamento nazionale, una nuova ridistribuzione della popolazione studentesca in seguito alla graduale crescita dei rami ingegneristico, politico­sociale ed economico. Nel 1978 risultano molto netti a Catania i cambiamenti delle preferenze femminili nella scelta della facoltà. Le donne iscritte furono il 39% (11.845), cifra che trovava un riscontro anche a livello italiano con il 41% di iscritte (227.707). L'analisi deve, però, nuovamente essere rivolta ai singoli corsi di laurea più che alle facoltà nella loro globalità. Ciò che si evince dalla lettura dei dati è ancora la preferenza femminile per il gruppo letterario con percentuali, sia a Catania che in tutta Italia, molto alte, con un crescita delle iscrizioni nel corso di Lingue che, anche se di formazione più recente, riuscì a superare gli altri due tradizionali corsi di laurea con il 75% di iscrizioni a Catania e l’80% in Italia. Questo andamento può essere letto, sia a Catania e in Italia, come preferenza per un nuovo corso di studi, ma anche come volontà, da parte delle giovani donne, di assicurarsi un futuro professionale, non legato esclusivamente alla prospettiva dell'insegnamento. Le preferenze femminili andarono poi orientandosi più spiccatamente verso alcuni corsi della facoltà di Scienze, all'interno della quale, rispetto a dieci anni prima, avvennero non pochi stravolgimenti. Analizziamo i corsi nello specifico: un primo essenziale cambiamento si ebbe nell'indirizzo di Scienze biologiche che crebbe visibilmente nelle iscrizioni affiancandosi ad un altro tradizionale corso a preferenza femminile, quello di Matematica; quest’ultimo, che a Catania era ancora leggermente superiore nel numero delle iscritte rispetto al corso di Scienze biologiche, in Italia diventò invece secondo. L'affluenza a questo corso può essere spiegata con la prospettiva dell'inserimento professionale nell'insegnamento scolastico. La medesima considerazione può essere fatta per le iscrizioni al corso di laurea di Scienze Naturali che a Catania eguaglia i corsi di laurea appena citati. Anche un corso come Scienze geologiche sino a quel momento a preferenza maschile, ricevette un ampio consenso femminile attestandosi al 21,% di iscritte a Catania (stessa percentuale di quella nazionale). Una certa differenza si nota per i corsi di Chimica e di Chimica industriale che a Catania stentavano ad affermarsi tra le 183 Questo totale non include i fuori corso che furono 6.561 gli uomini e 2.239 le donne e gli iscritti agli istituti di Magistero che nella tabella sono menzionati a parte.
80 preferenze femminili; le donne che si iscrissero sono rispettivamente 23, su un totale di 180 studenti nell'uno, e nessuna, su un totale di 57 nell'altro. Sul piano nazionale, invece, questi corsi erano maggiormente frequentati da studentesse. La scelta di questi indirizzi specifici pareva essere condizionata dalle difficoltà d'inserimento lavorativo sia in Sicilia che a Catania, che non offriva le stesse possibilità di altre zone di Italia (malgrado questo nuovo orientamento si basò in parte sullo sviluppo avvenuto nel polo industriale di Priolo). Un primo ribaltamento della tradizionale distribuzione delle iscrizioni maschili e femminili si ebbe nella chiusura facoltà di Giurisprudenza, che arrivò ad avere un numero di iscrizioni femminili quasi uguale a quello maschile con il 40% di donne, traguardo raggiunto dopo molti decenni. La nuova presenza femminile collocò la facoltà di Giurisprudenza di Catania tra le prime quattro preferite dalle donne con una percentuale di iscritte uguale a quella nazionale. Anche Scienze Politiche raggiunse un numero di iscritte consistente (40%), accrescendo la discreta presenza femminile che sin dagli inizi si era attestata al suo interno. L'orientamento più deciso verso gli studi politico­sociali a Catania ebbe l'effetto di riorientare le preferenze femminili, che si erano rivolte, dieci anni prima, ad Economia e Commercio come unico indirizzo di studi alternativo a quello letterario e scientifico, dove comunque la percentuale femminile si mantenne piuttosto alta (35%). I cambiamenti, a distanza di dieci anni, sono visibili anche nella più inaccessibile della facoltà, Medicina e Chirurgia, che contava a Catania il 29 % di iscrizioni femminili. Un traguardo che, accanto a quello raggiunto nella facoltà di Giurisprudenza, fa effettivamente comprendere il peso che le donne avevano assunto travalicando quei tabù intellettuali che pregiudicavano il loro ingresso in determinati campi del sapere e professionali. Il corso di laurea di Medicina era stato uno dei più inaccessibili dove le donne “dapprima boicottate, derise, ridotte a lunghi anni di silenzioso asservimento ai loro colleghi maschi, poi con fatica e pazienza, si [erano] ricavate un proprio ruolo”. 185 Anche a livello nazionale la percentuale di iscrizioni femminili all'interno della facoltà di Medicina comincia a rivestire un ruolo di maggiore importanza con una raddoppiata presenza rispetto al 1968 (ebbe il 34% di iscrizioni femminili). La facoltà di Agraria che aveva avuto una spiccata maggioranza maschile sin dalla sua recente costituzione, per quanto ancora con una bassa percentuale di iscritte, seconda solo a quelle di Ingegneria, fece registrare a Catania 184 185 I fuori corso di sesso maschile furono 254.791, mentre quelli di sesso femminile101.060. Donne medico: prospettive di Pari Opportunità, "Catania Medica" n.10, ottobre 1999, pp.14­16.
81 un sensibile aumento con il 22% di donne. 186 A Catania sorse, nel frattempo (nel 1971), la nuova facoltà di Ingegneria che poteva,da questo momento in poi, accogliere coloro che precedentemente sceglievano di spostarsi verso Palermo o fuori dalla Sicilia, o ancora di frequentare il corso di avviamento all'Ingegneria. I corsi di laurea avviati ad Ingegneria furono due: quello di elettronica e quello di civile, il primo con una percentuale di donne pari al 2% (27 iscritte su 1.191), l'altro con un consenso femminile superiore, 101 donne su un totale di 1.595 iscritti. La preferenza per il corso di Ingegneria civile rispetto a quello di elettronica era, ed è ancor oggi anche se con minori differenziazioni, riconducibile alle differenti prospettive di lavoro dopo la laurea e all’affinità tra questo ramo di Ingegneria e la facoltà di Architettura, di cui diventava spesso un surrogato sostitutivo data l’assenza della facoltà a Catania. Erano gli anni del boom edilizio e sicuramente le prospettive lavorative dopo il conseguimento di una laurea nel ramo civile erano superiori rispetto al ramo elettronico che comportava, spesso, un futuro trasferimento presso aziende e industrie fuori dalla Sicilia. Del resto a livello nazionale la distribuzione delle iscrizioni all'interno della facoltà di Ingegneria corrisponde a quella catanese. E’ infatti caratterizzata da una bassa percentuale di iscritte, anche se, in alcuni rami, non ancora attivi a Catania, come Ingegneria chimica e meccanica, la presenza femminile era divenuta già consistente. In generale, Ingegneria rimase comunque una facoltà dove le donne fino alla fine degli anni Settanta rappresentano un'eccezione e tale rimarrà la situazione ancora per un altro decennio. Nel 1986­87 187 (vedi tab.11) la percentuale di iscritte raggiunse complessivamente il 44% a Catania e il 51% in Italia. Nell'Ateneo catanese, ad una leggera flessione delle iscrizioni in numero assoluto non seguì una discesa delle iscrizioni femminili che, anzi, aumentarono di numero (12.497). La distribuzione delle iscritte all'interno dei corsi di laurea non si presentava molto diversa rispetto alla fine degli anni '70. Nei tradizionali corsi di laurea a presenza femminile, Lettere e Filosofia e Scienze MMFFNN, si accentuarono le tendenze già manifestatesi nel decennio precedente. Il corso di Lingue superava nel numero di iscritte i corsi di laurea di Lettere e di Filosofia, con l'87% di donne a Catania e l'89% in Italia. All'interno della seconda facoltà a preferenza “femminile", Scienze Matematiche Fisiche e Naturali si accentuarono le tendenze del decennio precedente. Infatti si registrò: un numero maggiore di iscritte nei corsi più tradizionali (Matematica, Scienze naturali); un incremento 186 187 Una facoltà che aveva più che triplicato, in un decennio, il numero di iscrizioni (ne contava nel 1978, 1.245). I dati si riferiscono all'Anno Accademico 1986­87, a causa della mancanza di disponibilità, nelle pubblicazioni Istat
82 considerevole nel corso di Scienze biologiche (il 71% delle iscrizioni sono femminili), una diminuita presenza di donne nei corsi di Scienze geologiche (22%) e una totale assenza di iscritte nel corso di Chimica industriale. In Italia la distribuzione delle donne all'interno della facoltà di Scienze Matematiche Fisiche e Naturali si presentava simile a quella catanese, con una differenza, però, relativa ai corsi di Chimica e Chimica industriale che registrarono una maggiore affluenza femminile pari, rispettivamente, al 42% e al 23%. A Catania i cambiamenti più sensibili si riscontrarono all'interno delle roccaforti maschili, a Giurisprudenza tra le iscrizioni maschili e femminili venne raggiunta la parità numerica; a Medicina si verificava un aumento del 10% di donne che portò le iscrizioni femminili quasi al 40%. La scalata alle facoltà “maschili” è comunque storia dell'ultimo ventennio, ed è tutt'altro che conclusa; oggi però è consentito parlare di reale parità negli accessi ai corsi di laurea. Se si passa a tempi più recenti, agli anni '90, all'interno dell'Università catanese, così come in tutta l'Italia, le studentesse costituivano ormai una parte determinante della vita accademica. La presenza delle donne, ora complessivamente superiore a quella degli uomini, aveva non solo definitivamente capovolto il vecchio "equilibrio" ma anche portato alla differenziazione e caratterizzazione di facoltà, o meglio, di corsi di laurea prettamente femminili e altri ancora esclusivamente maschili. A distanza di alcuni decenni, considerando l'anno accademico 1998­99 (vedi tab.12) constatiamo che gli iscritti erano a Catania, pari a 48.860 studenti e, in Italia 188 , 1.144.595 con una percentuale di donne rispettivamente del 57% e del 51%. Le cifre riguardanti la presenza femminile nelle facoltà a Catania evidenziavano un incremento parallelo rispetto a quello nazionale e una percentuale di iscritte superiore rispetto a quella italiana. Un'analisi della distribuzione delle donne, nel 1998­99, all'interno dei differenti corsi di laurea è proposta nel Grafico 4 Le studentesse erano presenti con percentuali per lo più uguali se non superiori in quasi tutte le facoltà, ad eccezione fatta per quelle di Agraria ed Ingegneria, dove costituivano una quota di gran lunga inferiore e raggiungono rispettivamente il 35% e il sull'Istruzione, dei riferimenti numerici, relativamente all’Anno Accademico 1987­88, disaggregati per sesso e facoltà. 188 I dati nazionali sono riferiti alla somma delle iscrizioni in tutti gli Atenei d'Italia ad esclusione di quello catanese.
83 16%, percentuali che coincidevano quasi perfettamente con quelle nazionali (38 e 15%). Il mancato aumento numerico di donne in queste due facoltà, malgrado l'aumentata varietà di corsi di laurea (4 nella prima, 8 nella seconda), rimase, per tutti gli anni '90, una costante e la presenza femminile si limitò solo ad alcuni corsi di laurea. Prendendo in esame Agraria, si nota che il corso che faceva registrare la maggiore presenza femminile è quello di Scienze e tecnologie alimentari che, complessivamente terzo per il numero totale di studenti, vantava una presenza femminile maggiore (56%) rispetto al tradizionale corso di Scienze agrarie, ancora ultimo tra le preferenze femminili. Un discorso analogo si può fare su scala nazionale con il 58% di iscrizioni femminili nel corso di Scienze e tecnologie alimentari. Nella facoltà di Ingegneria tutti i corsi di laurea erano ugualmente caratterizzati da una bassa percentuale femminile, con una più alta presenza di donne nel corso di Ingegneria edile e nel nuovo corso di Ingegneria per l’ ambiente e territoriale, istituito a Catania solo nell'anno accademico 98/99 che vantava ancora un numero esiguo di iscritti 85 con 26 presenze femminili, pari al 30%. Ma alle facoltà quasi esclusivamente maschili si contrapponevano facoltà sempre più iper­ femminilizzate al cui interno le presenze maschili andavano sempre più diminuendo: Lettere e Filosofia e Scienze della formazione avevano una percentuale femminile rispettivamente dell'83% e del 91%. Negli altri corsi di laurea, invece, la distribuzione della presenza femminile e maschile era più omogenea. Non dissimile era la realtà italiana, che contava una percentuale più bassa nel gruppo letterario (77%) e una identica nella facoltà di Scienze dell'informazione (90%). Un discorso a parte deve essere fatto per l'altra facoltà tradizionalmente al femminile, Scienze Fisiche Matematiche Naturali, in cui, ai corsi di laurea che avevano da sempre avuto una decisa presenza femminile, se ne aggiunsero negli anni Settanta alcuni in cui la presenza di studentesse stentava a crescere. Si tratta dei corsi di Chimica industriale, di Informatica, Scienze geologiche e dell'informazione; ma capire le ragioni di queste resistenze ad accedere a corsi più nuovi e rispondenti ai mutamenti del mercato del lavoro non è facile, a meno di spiegarle con i retaggi culturali che hanno privilegiato la scelta femminile dell'insegnamento. L'orientamento catanese verso i corsi di laurea del gruppo scientifico trovava una certa corrispondenza in campo nazionale, dove si riscontravano tuttavia percentuali di iscritte più
84 alte nei corsi di laurea di Chimica industriale e di Scienze biologiche e leggermente inferiori nel corso di Informatica. I corsi di laurea dove si è assistito ad un capovolgimento, in termini di presenze femminili, sono le due facoltà più tradizionalmente maschili: Giurisprudenza e Medicina e Chirurgia. E' proprio dalla considerazione di queste facoltà che si può capire quanto sia ormai mutato l'inserimento delle donne nella realtà universitaria: in questi due "mondi inespugnabili" le donne costituivano ormai una presenza determinante, pari al 59% a Giurisprudenza e al 55% a Medicina e Chirurgia. La stessa situazione si riscontrava a livello nazionale con cifre quasi del tutto simili a quelle catanesi (con un maggiore presenza di iscritte a Medicina) segno che, ormai, gli sbocchi professionali offerti da queste due facoltà sono diventate una realtà concreta per le donne. La possibilità d'inserimento professionale risulta oggi, infatti, di gran lunga mutata e di ciò abbiamo un riscontro nei dati dell'ultimo rapporto Censis 189 (il 33° Rapporto sulla situazione sociale del Paese). Secondo il suddetto rapporto le donne costituiscono più di un terzo degli occupati 190 : il 36 % (rispetto al 42 della media europea). In particolare, sono proprio le libere professioniste ad essere cresciute (in quattro anni dal '94 al '98 del 51,4% gli uomini, invece, del 26,7%) e il dato che sorprende ancor di più è quello relativo all'incremento delle iscritte all'ordine professionale degli ingegneri: + 91%. Guardando agli sbocchi professionali di Giurisprudenza e Medicina, le donne che lavorano come avvocati rappresentano ancora soltanto il 26,7% e come medico il 16%. Per di più se è vero che le donne sono arrivate a penetrare in settori professionali prima esclusivamente maschili è anche vero che i segnali di differenziazione sono ancora presenti nella percezione del reddito, quasi sempre, inferiore rispetto a quello dei loro colleghi; tra gli avvocati, ad esempio, le donne guadagnano meno della metà rispetto agli uomini. In ambito medico si nota una crescente attenzione alle donne professioniste anche sul piano sindacale; ne è prova la creazione, da parte della FNOMC, di un Commissione Permanente per i problemi delle donne medico operante all'interno della Federazione stessa. Istituita dal 1994, ha dato vita a Commissioni provinciali ed ha in progetto di costruire una rete nazionale di commissioni di donne medico che interagiscano tra loro. 189 M. S. Conte, Troppe promesse mancate così gli italiani vincono da soli. Il paese ai raggi X nel rapporto Censis. Più laureati per due milioni di famiglie istruzione a rischio per gli alti costi. "La Repubblica", 4 dicembre, 1999, p.23 190 Più 2% in un anno a fronte dello 0,6% degli uomini.
85 Comitati per le pari opportunità, dovrebbero essere istituiti presso le attuali ASL e dovrebbero, secondo la legge 125/91 sulle azioni positive per la realizzazione delle pari opportunità uomo­donna, mirare a “..favorire l'occupazione femminile e realizzare uguaglianza sostanziale fra uomini e donne nel lavoro anche mediante l'adozione di misure denominate azioni positive per le donne, al fine di rimuovere gli ostacoli che di fatto impediscono di ottenere le pari opportunità” 191 . Le azioni positive hanno in particolare lo scopo di eliminare le disparità nella formazione scolastica e professionale, nell'accesso al lavoro, nella carriera, nei periodi di mobilità, favorire la diversificazione delle scelte professionali delle donne, superare pregiudizi nella formazione, promuovere l'inserimento delle donne nei settori tecnologicamente avanzati e di responsabilità e nei luoghi decisionali. Malgrado questa legge sia sicuramente espressione di una nuova attenzione nei confronti della donna, questi comitati sono stati istituiti ancora in pochissime USL e la loro attività risulta essere minima 192 , ma ciò che appare interessante è il nuovo accento posto sul ruolo determinante delle donne a livello decisionale: “Importante è anche l'aspetto culturale che come retaggio segue ogni esperienza individuale e che porta le donne a delegare impegni di ordine politico e sindacale alla componente maschile”. 193 In un momento in cui, dunque, il numero di iscritte nelle facoltà di Medicina e Giurisprudenza aumenta, sembrano ormai poste le basi per uno sviluppo omogeneo in questi due campi tradizionalmente maschili. La presenza femminile all'interno del personale tecnico­amministrativo è nel 1998 194 , pari al 42%, percentuale superiore alla componente femminile registrata sia tra gli studenti che tra i docenti. Analizzando le diverse qualifiche, si può subito rilevare una omogenea distribuzione del personale femminile tra gli otto livelli senza brusche diminuzioni man mano che si sale di grado; invece, una drastica diminuzione avviene ai livelli dirigenziali, realtà che conferma le difficoltà delle donne di raggiungere i ruoli di maggiore potere decisionale; tale tendenza appare ancor più evidente nella distribuzione delle donne all'interno del corpo accademico. 191 192 Donne medico prospettive di pari opportunità,"Catania medica" n.10, ottobre 1999, pp.14­16. Su 700 USL su tutto il territorio nazionale solo 35 avevano dato vita ai comitati. Cfr. nota 173 idem 194 I dati, attinti dalla Relazione Annuale del Nucleo di Valutazione, si riferiscono all'Anno Accademico 1997/98, Università
193 86 Per sonale tecnico­amministrativo 1997/98 Qualifica Masch Femmin % i e 40 15 27 Quarto livello 131 102 44 Quinto livello 149 71 32 Sesto livello 197 200 50 Settimo livello 183 134 42 Ottavo livello 152 91 37 I speciale 5 5 50 II speciale 9 3 25 Vice dirigenti 4 2 33 623 42 Secondo livello Ter zo livello Dirigenti 3 Totale 873 La presenza delle donne nel mondo del lavoro è in crescita e si è affermata in quasi tutte le aree professionali, dalla magistratura all'imprenditoria, alle professioni mediche, alla docenza universitaria, ma permangono ancora dei limiti in alcuni ambiti professionali. Se, infatti, si osservano le ultime statistiche del Censis, 195 si nota come, ancora, le donne siano presenti in numero ridotto nei ruoli di potere: rappresentano solo il 3,8% dei direttori e caporedattori dei quotidiani, il 6,2% dei sindaci, il 10,1% dei parlamentari, l'11% dei professori universitari ordinari. Ma, al di là dei dati numerici, ciò che distingue le carriere femminili dalle maschili sono le differenze strutturali, in quanto quelle femminili appaiono più lente di quelle degli degli Studi di Catania. 195 33° Rapporto Censis sulla Situazione sociale del Paese, cfr. M.S. Conte, "La Repubblica", 4 dicembre, 1999.
87 uomini e spesso schiacciate sulle posizioni intermedie, nell'impossibilità di raggiungere i livelli più alti delle carriere. Nelle carriere universitarie si assiste ad un processo di femminilizzazione solo alla base della piramide accademica mentre nei livelli più alti, in particolar modo tra gli ordinari, le donne sono ancora in numero ridottissimo. Malgrado, dunque, a partire dagli anni '70, si sia verificata una maggiore e cospicua affluenza di donne nella docenza universitaria, è evidente che permangono, ancora, differenze nelle possibilità di accesso alle carriere. La minore presenza delle donne tra i livelli alti della docenza è solitamente attribuita a due ordini di fattori: le scelte personali e la differenza dei comportamenti femminili da un lato, e il ruolo giocato dalle strutture organizzative accademiche e dai meccanismi di selezione, dall'altro. Tra le scelte di vita si può inserire, il diverso rilievo attribuito dalle donne all'ambito del privato; tra i comportamenti la minore abilità nel crearsi una rete di relazioni, necessaria per l'avanzamento della carriera e una maggiore propensione verso facoltà meno professionalizzanti. Nell'Ateneo catanese, a favorevoli condizioni di partenza basate sul raggiungimento di pari possibilità di accesso alla docenza per uomini e donne, non corrispondono uguali e positivi esiti nelle carriere. Sarà sufficiente osservare la distribuzione delle docenti nell'Ateneo catanese nell'Anno accademico '97­98. (Grafici n. 5 e 6 sulla distribuzione dei docenti nelle tre fasce). Ordinari Associati Ricercatori assistenti Uomini Donne Architettura Economia 3 Uomini Donne Uomini Donne 0 e 16 1 11 6 22 19 Farmacia 9 3 13 11 10 14 Giurisprudenza 27 1 9 0 27 19
Commercio 88 e Ingegneria 24 0 64 5 37 14 Lettere e Filosofia 24 9 23 13 34 56 Medicina 8 122 8 135 51 0 6 11 8 21 5 96 36 44 47 Scienze Politiche 9 0 18 9 15 21 Scienze Agrarie 29 1 30 7 25 12 295 28 392 111 357 272 83 Chirurgia Scienze della 3 Formazione Scienze 68 MMFFNN Totale Osservando la distribuzione dei docenti all'interno dei diversi gradi della docenza risulta evidente la forte differenziazione tra le carriere maschili e femminili: mentre le donne appaiono arenate ai livelli più bassi e con una presenza esigua nella prima e seconda fascia, un consistente numero di uomini arriva a ricoprire il ruolo di titolari di cattedra. Analizzando anche la distribuzione all'interno delle diverse facoltà si nota che le docenti di prima fascia, oltre a rappresentare un numero esiguo, appena l'8,6 % degli ordinari, sono presenti quasi esclusivamente nelle due tradizionali facoltà "femminili", Lettere e Filosofia e Scienze Matematiche Fisiche e Naturali; sono presenti in piccolo numero pure a Medicina e Chirurgia, corso in cui il decisivo ingresso delle donne si era avuto solo alla fine degli anni '80; stupisce, invece, l'assenza di ordinari donne in facoltà dove la percentuale di studentesse è ormai superiore a quella maschile: Scienze della Formazione e Giurisprudenza. Per quanto riguarda i professori di II fascia, ancora più della metà sono uomini ma si evidenzia una più omogenea distribuzione delle docenti nelle diverse facoltà dell'Ateneo. Un dato negativo permane relativamente alla facoltà di Giurisprudenza che non ha nessun professore associato donna, mentre risulta ribaltato il rapporto numerico tra uomini e donne all'interno di Scienze della Formazione e a Scienze Politiche, dove le donne costituiscono la metà dei docenti. E' proprio nella fascia dei ricercatori che si nota un'altissima presenza di donne. Sebbene, relativamente al totale numerico, tra i ricercatori donne e uomini, esista ancora una sensibile differenza dovuta alla maggioranza di docenti di sesso maschile, se ci si sofferma ad osservare le singole
89 facoltà si nota come, in alcuni corsi, sia in quelli più tradizionalmente “femminili”, Lettere e Filosofia e Scienze Matematiche Fisiche e Naturali, sia in facoltà quali Economia e Commercio e Scienze Politiche, le donne docenti hanno superato numericamente gli uomini. Tale cambiamento avvenuto in questi ultimi venti anni, non è però sufficiente ad ipotizzare un futuro ribaltamento della realtà della docenza che è ancora lontano da realizzarsi. Se ora osserviamo la distribuzione dei docenti di sesso maschile e femminile in una piramide gerarchica costruita sulla base dei ruoli, Uomini Donne Ordinari 91,3% 8,7% Associati 78% 22% Ricercatori 57% 43% Assistenti 50% 50% Totale 71,7% 28,3% risulta subito chiaro come la femminilizzazione dei livelli sia avvenuta solo alla base della piramide gerarchica mentre le due prime fasce sono ancora quasi, interamente, occupate da uomini. Una così ampia base di ricercatori donne non può, tuttavia, essere sufficiente a garantirne il futuro passaggio ai livelli alti della docenza in quanto le donne, a parità di età degli uomini, solitamente si arenano; le più anziane, nel ruolo di associato, (ruolo che in passato è stato raggiunto con più facilità, in seguito alle momentanee aperture avvenute dopo il 1972 e il 1980) mentre le più giovani al livello di ricercatrici. Moltissimi sarebbero i parametri da utilizzare per capire le cause della differenziazione nelle carriere accademiche femminili e maschili, risulterebbe utile, a tal proposito vedere come si sono evolute, a parità d'età, le carriere dei docenti uomini e donne a Catania, per constatare se la tardiva scolarizzazione, spesso vista quale fattore determinante per spiegare le diverse carriere, sia sempre un elemento valido. Ancora, sarebbe interessante vedere in che misura abbiano influito sulle carriere femminili e maschili l'appartenenza disciplinare, la tipologia familiare (nubilato, l'avere figli ecc...), le modalità di reclutamento, la relazione tra produzione scientifica e posizione accademica raggiunta, i legami tra le donne e gruppi di supporto all'interno dell'ambiente accademico.
90 Infine, l'analisi delle scelte compiute dalle donne d'investire su se stesse nel momento della formazione post­laurea e sull'utilizzo del tempo libero potrebbe aiutarci ad avere alcune chiavi di lettura in più per comprendere i motivi della differenza dei tempi e dei traguardi nel conseguimento delle carriere.
91 Fonti e bibliografia Fonti: Annuari dell'Anno Accademico dell’Università di Catania, consultati dal 1865 al 1988. Siculorum Gymnasium, consultata dal 1904 al 1978. Relazione Annuale del Nucleo di Valutazione di Catania relativa agli anni 1997 e 1998. Annuario statistico dell'Istruzione, Roma, ISTAT, consultati dal 1947­48 al 1986. Statistiche dell'istruzione ­ Roma, ISTAT, consultati 1988­1997 Annuario ISTAT, 1997­98 Sommario di statistiche storiche dell'Italia 1861­1957,ISTAT, Roma, 1976. Un quarto di fine secolo nelle statistiche Nord­Sud, Giuffrè, Roma, 1978. Dati riguardanti il personale docente e amministrativo forniti da: Ufficio del personale docente amministrativo relativi all'anno accademico1997­98; Centro di Calcolo dell'Università di Catania relativi alle iscrizioni a Catania dal 1979­80 al 1998­ 99; Dati dell'ufficio MURST relativi al 1998­99; Documenti relativi all'Istituzione della facoltà di Magistero dell'Università degli Studi di Catania. Bibliografia A.A.V.V. Storia dell’Università di Catania dalle origini ai giorni nostri, Zuccarello, Catania, 1934. A.A.V.V. La Ginecologia in Italia. Atti della società italiana di Ostetricia e Ginecologia, a cura di P. Mutti e N.Vaglio, Parte I, op. cit. p.138. A.A.V.V. Scritti offerti a Francesco Renda per il suo settantesimo compleanno. (a cura di) Nicola De Domenico, Alessandro Garilli e Petro Vastasi, Edizione 32, Assemblea Regionale Siciliana 1994, volume primo, op.cit.495­496.
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103 Elenco delle tabelle e dei grafici
Tab. 1 - Laureate in Italia a fine '800
Tab. 2 - Iscrizioni universitarie femminili in Italia dal 1900 al 1940
Tab. 3 - Iscrizioni alla Scuola di Ostetricia a Catania
Graf. 1 - Totale degli iscritti all'Università di Catania ed in ltalia dal 1860 al 1901
Tab. 4 - Distribuzione degli iscritti nelle facoltà universitarie italiane dal 1910 al 1960
Tab. 5 - Distribuzione degli iscritti per Facoltà nell'Università di Catania dal191 0 al 1960
Graf. 2 - Totale degli iscritti all'Università di Catania ed in Italia dal 1913 al 1956
Tab. 6 - Distribuzione delle immatricolazioni (MlF) nell'Università di Catania dal
1892 al 1968.
Tab. 7 - Distribuzione del totale degli iscritti (MlF) nell'Università di Catania dal
1910 al 1960.
Graf. 3 - Andamento delle iscrizioni femminili nell'Ateneo catanese dall924 al 1961
Tab. 8 - Ruoli accademici femminili nell'Università di Catania rra il 1917 ed il 1968
Tab. 9 - Iscrizioni femminili all'Università di Catania e in Italia ·(1968-69)
Tab. 10 - Iscrizioni femminili all'Università di Catania e in ltalia 1978-79)
Tab. 11 - Iscrizioni femminili all'Università di Catania e in Italia (1986-87)
Tab. 12 - Iscrizioni femminili all'Università di Catania e in Italia (1998-99)
Graf. 4 - Distribuzione degli iscritti (MlF) nelle diverse facoltà catanesi (1998-99)
Graf. 5 - Università degli Studi di Catania: distrihuzione uomini e donne nelle tre
fasce della docenza (1997-1998)
Tab.1 - Laureate in Italia a fine 800
Lauree conferite alle donne in
DaI 1877 al 1880
DaI 1881 a11884
DaI 1885 al 1884
DaI 1889 al 1892
Da11893 a11896
DaI 1897 al 1900
Italia
3
8
9
18
79
140
Laureate per discipline di studio in Italia (1877-1900)
Letlere
Lettere e Filosofia
Staria naturale
Medicina
Matematica
Fi/osafia
Giurisprudenza
Chimica
Chimica e Farmacia
Fisica
Giurisprudenza, Leltere e Storia naturale
Matematica e Staria naturale
Medicina e Staria naturale
110
29
25
23
19
7
5
1
1
1
1
1
1
Fonte: Bollettino Ufficiale dei ministero della P.I. cfr. S. Uliveri , Donne a scuola per una storia
dell' istruzione femminile in ItaUa in Educare al femminile in ItaUa, a cura di Beseghi e V. Telmon,
Pisa, 1995.
Tabella 2 - Iscrizioni universitarie femminili in Italia dal1900 al 1940
Anno
Accademico
Donne
Totali
%
1901-10
1913-14
1914-15
1915-16
1916-17
1917-18
1918-19
1919-20
1920-21
1921-22
1922-23
1923-24
1924-25
1925-26
1926-27
1927-28
1928-29
1929-30
1930-31
1931-32
1932-33
1933-34
1934-35
1935-36
1936-37
1937-38
1938-39
1939-40
1940-41
822
l.634
1.945
2.251
2.006
3.137
4.003
4.733
4.962
5.151
5.503
5.356
5.646
5.846
5.647
5.545
4.801
5.987
6.142
6.515
6.704
7.513
8.274
9.609
11.551
13.383
15.084
18.174
26.006
26.301
28.026
29.624
28.968
32.882
38.691
46.114
53.670
53.239
49.134
46.561
43 .235
43.760
45 .208
42.864
42.450
40.399
44 .940
46.262
47.614
53.672
57.294
62.020
64.944
71.512
74.909
77.429
85.535
127.058
3,1%
5,8%
6,6%
7,8%
7,9%
8,1%
8,7%
8,8 %
9,3%
10,5%
Il,8%
12,4%
12,9%
1,15%
13 ,2%
13,1 %
Il,9%
13,3%
13,3 %
13,7%
12,5%
13,1%
13,3%
14,8%
16,2%
17,9%
19,5%
21,2%
20,5%
Anno
Accademico
1941-42
1942-43
1943-44
1944-45
1945-46
1946-47
1947-48
1948-48
1949-50
1950-51
1951-52
1952-53
1953-54
1954-55
1955-56
1956-57
1957-58
1958-59
1959-60
1960-61
1961-62
1962-63
1963-64
1964-65
1965-66
1966-67
1967-68
1968-69
1969-70
Donne
Totali
%
32.164
38.714
42.108
46.210
47.632
47.475
44.408
43 .553
38.985
28 .208
39.573
37.914
38.154
37.234
38.313
39.728
42.355
45.286
49.101
53.196
59.082
145.793
168.323
157.338
170.567
189.665
190.799
180.149
168.001
146.485
145.170
142.722
138.814
137.789
136.458
139.l08
145.370
154.638
163 .945
178.193
191.790
205.965
22, 1%
23%
26,8%
27,1%
25, 1%
24,9%
24,7%
25,9%
26,6%
19,4%
27,7%
27,3%
27,7%
27,3%
27,5%
27,3%
27,4%
27,6%
27,6%
27 ,7%
28,7%
69.293
76.991
88.687
105.736
124.800
140.994
159.499
188.240
225.796
240.234
259.338
297.783
338.516
370.076
415.649
488.352
30%
32%
34%
36%
37%
38%
38%
39%
Fonte: Annuari di Statistica delL' Istruzione, Istat, Roma, 1900-1940.
Tabella 3 - Iscrizioni alla Scuola di Ostetricia di Catania
Anno
Accademico
Anno
Accademico
1 anno
II anno
1
0
1908-09
1909-10
7
1896-97
1
2
2
5
6
3
2
4
3
10
9
23
23
40
20
1897-88
17
1898-99
1876-77
1877-78
1878-79
1879-80
1882-83
1883-84
1884-85
1885-86
1886-87
1887-88
1888-89
1892-93
1893-94
II anno
1906-07
18
1907-08
19
32
29
16
17
13
22
1911-12
22
17
1940-41
4
1912-13
1913-14
1924-25
19
25
26
15
18
24
25
7
12
1943-44
3
3
4
3
2
19
23
32
23
21
18
29
30
35
15
2
1914-15
1915-16
1918-19
1919-20
1920-21
33
1925-26
1926-27
1929-30
1904-05
29
20
26
39
28
26
25
16
30
28
24
22
1932-33
4
4
12
6
10
12
1905-06
28
26
1933-34
Il
1894-95
1899-00
1900-01
1901-02
1927-28
1928-29
1930-31
1931-32
5
2
4
Il
6
10
12
Fonte: Annuari degli Anni Accademici deI!' Università di Calania. Catania. 1876-1906.
III anno
Anno
Accademico
1 anno
III anno
1936-37
1937-38
1938-39
1939-40
1945-46
1946-47
1 anno
II an no
68
68
69
58
37
21
59
92
1947-48
92
1948-49
110
1949-50
1950-51
1951-52
1952-53
6
2
5
13
6
7
206
86
34
1953-54
73
1954-55
102
55
1955-56
1958-59
1960-61
1967-68
17
1968-69
14
III anno
Grafico 1
Totale degli iscritti all'Università di Catania ed in Italia da11860 al 1901
100000
1--
Iscritti Ct
Iscritti Italia
1
15970
10000
9034
22968
26301
10958
1232
1000
~
441
-+
227
1 50
100
10
1860-61
1870-71
1880-81
1890-91
Anno Accademico
Fonte: Annuari degli Anni Accademici dell'Università di Catania; Annuari di Statistica dell'lstruzione, MURST, 1860-1901.
1900-01
Tabella 4 - Distribuzione degli iscritti nelle facoltà universitarie italiane
dal1910 al 1960
Anno
Scientifico Ingegnerla
Accademico
Medico
Agrarlo
1901-10
1911-20
1921-JO
1931-40
1941-50
1951-60
1961-70
4.3 16
3.675
6.352
6.590
27. 186
33.163
61.905
5.015
7.410
9.503
12.968
31.159
28.544
41.169
1.425
1.247
1.802
2.083
7.290
5.391
6.755
9.273
9.353
8.9 14
13. 154
27.796
42.599
45.090
818
2.848
6.604
14.535
34.010
39.535
96.300
4000
16.263
51.3 19
46.787
139.290
1926
1927
1928
1929
19JO
1931
1932
1933
1934
1939
1940
1941
1942
1943
1944
1945
1946
1947
1948
1949
1950
1951
1952
1953
1954
1955
1956
1957
1958
1959
1960
6.304
6.063
5.037
5.253
5.150
4.870
5.558
5.443
5.761
5.7 14
5.783
6. 193
6.701
7.954
11.919
14.16 1
17. 149
20.223
22.317
28.979
31.135
32.068
36.330
34.93 1
32.403
30.966
29.712
30.5 12
31.756
33.529
35.633
1.936
1.950
1.73 1
5.269
5.365
5.553
5.475
5.337
5.887
6.438
6.744
7.8 18
12. 180
8.865
9.497
8.985
9.009
9.99 1
11.168
13.23 1
14.298
14.803
14. 152
13.829
12.492
10.909
11.020
13.781
15.662
16.892
20.496
22.629
32.394
36.356
37. 168
38.424
16.140
19.363
25.968
29.939
35.8 10
37.333
37.950
36.964
1.803
1.803
1.527
1.593
1.568
L715
1.894
2.1 11
2. 163
2.1 17
2.366
3.775
4.618
5.933
5.524
5.694
8.642
9.306
8.980
8.771
29.5 16
29.38 1
28.690
28.980
29.779
32.104
33.669
35.922
31.364
30.035
28.250
26.357
25.747
25.369
25.680
24.968
5.928
5.630
5.295
4.887
4.70 1
4.571
4.844
4.594
8.787
8843
8.745
9.744
9.923
10.077
11.227
11.854
12.698
13.029
13.787
13.615
12.944
13.389
18.923
20.027
22.48 1
20.832
21.258
29.283
30.5 13
30.803
32.822
40.567
42.749
42.583
43.150
44.348
43.894
44.595
46.649
6.481
6.58 1
7.538
8.789
9.228
9.472
10.488
10.998
12. 11 9
13. 130
14. 187
15.070
15.258
15.699
28.934
33.212
38.278
25.659
25.3 18
41.186
4 1.780
37. 194
36.251
29.47 1
31.l23
34.025
37.362
4 1.701
47.031
54.017
61.773
3.769
3.744
4.007
4.548
4.987
5.241
6.2 10
7.580
9.449
11.688
15.928
18.939
22.756
27.289
37.546
41.973
48.227
38.636
43.412
60. 148
61.660
59.728
56.478
47. 140
40.243
40.439
41.964
43.387
46.366
51.383
58.642
3.597
8.732
7.306
6.606
28.76 1
31.0 16
60.036
6.722
5.772
4.356
4.813
5. 180
Giuridico Economico Letterarlo
Fonte: Annuari di Statislica dell 'lstruzione, Istat, Roma, 1900-1960
1.857
3.349
ToMe
iscritti
26.301
36614
44.481
72.199 .
207.521
227.035
450..545
42.864
42.450
40.399
44.940
46262
47.614
53.672
57.294
62.020
64.944
71.512
74.910.
77.429
85.535
127.058
145.793
/68.323
157.338
170.567
236.442
248.083
243.891
246040
218.917
211.564
210.248
212.4/2
220.175
231.091
247.717
268.181
Grafico 2
Totale degli iscritti all'Università di Catania ed in ltalia da11913 al 1956
1000000
-
Totale CT
-
Totale Italia
268 18 1
77 429
100000
53670
40399
280 26
906 1
10000
704 1
2299
1993
1000
11 76
1026
100
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A nno A ccadernic o
Fonte: Annuari degli Anl1i Accademici dell 'Università di Catan ia; Annuari di Statistica dell 'Istruzione, 19 13-1956 .
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Tabella 6 - Distribuzione delle immatricolazioni (MlF) nell 'Università di Catania dal1892 al 1968
Anno Accadem ico
1892·93
1 894·95
1 896 · 9 7
1 897 · 88
1898 · 9 9
1899· 00
1 90 0 · 01
19 0 2 · 03
19 04· 0 5
1 9 0 5 ·0 6
19 0 6 ·07
19 07·0 8
190 8 -0 9
1 9 0 9 -10
19 10-1 1
1 9 11-1 2
1 9 1 2 -1 3
1 9 1 3 -14
19 14-15
M
F
M
L e tt ere e
F il oso fi a
12
1
Sc i e n ze
G i u r ispr ud enza
MaLF is. al.
18
F
M
F
M
F
M
F
M
F
M
F
M
F
M
F
M
F
M
F
M
F
M
F
M
F
M
F
M
F
M
F
Agraria
Totale
53
1
58
39
1
1 04
1
1 26
37
2
/ 34
21
1
19
1
18
52
4
72
33
1
53
78
40
4
119
4
/ 67
3
15 9
18
1
12
78
42
4
1 63
I I I
36
1
1 74
18
130
28
2 19
3
21
Y6
36
1
31
21
/79
17
1 28
22
1
1 44
20
141
20
1
1 43
33
7
1 19
50
1
26
2
1
3
1 20
1
1 26
44
42
2
1
1
1 18
40
3
22
13
1
9
2
18
2
19
1
21
24
14
1
7
2
10
3
15
2
25
1
23
3
28
5
43
5
47
9
50
6
30
16
59
9
Eco n om ia e
Co mm erc io
Fa r mac i a
2
I l
F
M
C h irurgia
28
F
M
44
M e di ci n a e
1
1
5
1
1
1
-
20
1
33
31
2
56
3
57
4
14
8
19
7
33
6
115
-
3
1 83
2
209
2
2 18
3
242
7
27 0
/0
248
13
23 0
16
218
23
2 43
/5
1 di 3
Tabella 6 - Distribuzione delle immatricolazioni (MlF) nell'Università di Catania dal1892 al 1968
A nno A ccadem ico
1916- 21
1923-24
M
F
M
F
1924-25
M
F
1925-26
M
F
1926-27
M
F
1927-28
M
F
1928-29
M
F
1929-30
M
F
1930-31
M
F
1931-32
M
F
1932-33
M
F
1933-34
M
F
1936-37
M
F
1937 -38
M
F
1938-39
M
F
1939-40
M
F
1940-41
M
F
Lettere e
F ilosoria
Scienze
G iurisprudenza
MaLFis.NaL
M edicina e
C hirurgia
Farm acia
II
33
17
25
9
27
5
20
5
27
8
21
15
32
17
26
25
16
27
27
78
66
95
70
119
92
145
130
219
244
12
25
39
32
90
24
13
15
6
7
5
7
4
6
4
6
7
99
1
119
2
114
2
134
3
106
73
1
52
3
45
2
64
128
3
183
58
3
76
3
66
2
56
3
105
164
2
147
82
3
68
222
1
202
1
235
59
105
1
120
Il
8
4
6
5
66
6
70
II
85
12
141
22
236
41
286
1
621
2
65
2
81
2
37
1
156
2
Agraria
Totale
-
-
7
30
Economia e
Cam m ercio
18
16
10
6
7
6
10
5
5
6
4
-
-
-
-
8
7
1
5
II
-
2
1
-
6
2
5
1
6
1
9
4
4
-
241
4
183
2
208
9
5
615
12
-
-
209
73
231
76
273
59
230
50
180
36
195
38
206
36
204
44
317
48
281
26
254
34
430
74
679
89
712
112
821
154
1.856
306
2di3
Ta bella 6 - Distribuzione delle immatricolazioni (MlF) nell'Università di Catania dal1892 al 1968
A n noAecadcm i co
Le i ter {' ('
Fi l o S 0 f i a
Se i en Z è
M a I . F is. N a l .
G i urisp ru de n za
Me di c i nal'
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19 4 3 -44
M
F
10 7
302
302
107
442
7
3 18
1945-4 6
M
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76
250
266
168
356
160
266
125
269
1 45
233
137
4 10
12
375
18
397
38
408
33
II
F
57
148
224
156
481
40
3 10
15
2 10
8
178
22
156
5
187
7
19 51-5 2
M
F
32
139
2 18
129
469
94
15 1
7
19 5 2 -53
M
F
39
1 25
193
128
4 11
69
1 20
8
1 9 5 3 -5 4
M
F
28
100
40 1
48
19 54 -55
M
F
22
1 .0 1 2
160
88
1 24
81
122
2
1 29
7
1955-56
M
F
30
64
1 9 5 8 - 59
M
F
M
1 9 4 7 -4 8
194 8- 4 9
194 9 -50
19 5 0- 5 1
1960-61
1 9 68-6 9
M
F
M
F
M
F
M
60
178
33
170
45 1
53
433
70
28
146
101
40
252
70
458
95
1 12
5
167
17
F
40
14 0
250
79
489
92
13 0
15
M
F
1 85
445
1 .075
3 12
426
109
454
54
F
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20
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47
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42
16
20
20
31
12
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16
10
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19
48
24
Eco ll o m ia e
Co m mercio
l'
A gr a r i a
ta le
.5)5
454
1.696
7
5 17
6
466
II
346
6
193
28
199
14
243
46
179
18
18 1
31
2 18
23
247
41
335
16
49 4
20
980
366
0
63
54
1
38
-
41
1
47
57
1
71
504
1.613
406
1.4 03
415
1.10 8
4 05
1. 220
40 7
1.17 6
46 3
1. 0 15
39 0
965
290
1.035
1 .2 07
1.0 Il
76
1
81
3
59_
232
1 .337
3 57
133
2
3. 3 01
1.312
1.4 8 2
365
Fonte: Annuari degli Anni Accademici deU'Università di Ca /ania, Catania, 1892- 1968
3di3
Tabella 7 - Distribuzione deI totale degli iscritti (MlF) nell'Università di Catania dal1910 al 1960
Anno Accademico
1910-11
1911-12
T
1912-13
1913-14
1914-15
1915-16
1916-17
1917-18
1918-19
1919-20
1920-21
T
1924-25
T
T
T
T
T
T
T
T
T
U
D
T
U
1925-26
D
T
U
1926-27
1927-28
D
T
U
D
T
U
1928-29
0
1929-30
U
D
T
T
U
1930-31
D
T
Lettere e
Filosofia
Scienze
Mat. Fis.
Nat.
Giurisprudenza
Medicina e
Chirurgia
Farmacia
125
140
118
135
514
463
176
161
25
40
173
182
183
165
168
179
240
276
348
54
137
191
59
124
183
38
119
157
42
94
136
38
99
137
32
88
144
260
213
186
190
267
312
369
382
119
101
459
430
426
387
442
462
533
687
677
372
3
375
404
4
171
183
189
245
280
314
1125
500
517
301
8
408
303
438
7
445
428
5
433
433
5
438
429
5
434
433
5
438
302
48
40
52
43
44
46
54
65
69
43
38
81
47
40
87
59
35
94
52
31
83
43
30
73
31
28
59
37
120
36
97
133
220
153
86
239
63
84
/47
50
66
116
43
54
97
36
32
68
24
21
45
309
291
12
Il
3/3
286
10
296
322
12
334
302
13
315
315
15
330
Economia e
Commercio
Scienze
Politiche
Agraria
Lingue
Fuori corso
-
-
-
-
-
-
-
-
a
a
0
-
0
a
0
-
0
0
-
76
34
0
110
0
80
45
/25
154
51
0
205
0
0
0
-
0
-
-
0
0
240
60
-
0
0
0
-
0
300
-
-
27
-
-
167
49
216
150
61
64
0
0
2Jl
-
0
0
0
0
0
0
Totale
Iscritti
958
939
995
1095
1063
1026
1124
1268
2264
1897
1993
889
287
1176
1030
300
1330
980
301
1281
1012
257
1269
1119
260
1379
997
215
1212
995
226
1221
Idi4
Tabella 7 - Distribuzione dei totale degli iscritti (MlF) nell'Università di Catania dal1910 al 1960
Anno Accad emico
U
193 1-32
0
T
U
193 2-33
0
T
U
1933-34
0
T
U
1934-35
0
T
U
1935-36
0
T
U
1936-37
1937-3 8
0
T
U
0
T
1938-39
U
0
T
1939-40
U
0
T
1940-41
U
0
T
U
1941-4 2
0
T
LeUer e e
F ilosofi a
46
103
149
62
96
158
83
10 1
184
11 4
99
21 3
173
11 2
285
216
146
362
27 1
178
449
339
243
582
440
348
788
593
518
11 11
637
666
1303
Scienze
Mat. F is.
Na t.
41
27
68
47
18
65
46
23
69
126
19
145
135
22
157
118
24
142
135
Il
146
174
30
204
265
59
324
431
92
523
494
134
628
Giuris prudenza
503
5
508
56 1
6
567
548
4
552
621
1
622
668
3
671
585
4
589
573
6
579
520
1
52 1
569
4
573
10 18
3
102 1
1526
2
1528
Med icina e
C hiru rgia
374
12
386
385
13
398
393
14
407
374
10
384
40 1
3
404
400
6
406
317
5
322
26 1
3
264
298
5
303
4 19
9
428
5 13
11
524
Econ omia e
Commercio
Scien ze
P olitich e
33
37
-
-
70
0
0
F arm acia
43
26
69
33
19
52
32
20
52
29
6
35
26
7
33
19
7
26
26
8
34
24
7
31
29
12
41
38
14
52
Agraria
a
Lingu e
0
-
0
0
-
-
-
0
0
0
0
-
0
0
492
3
495
50 1
4
0
505
0
0
567
6
573
5 18
-
-
0
0
a
0
0
0
11 62
162
83
245
124
38
162
123
41
164
n.d .
n.d .
0
0
388
-
n. d.
n.d.
0
29 1
315
39
354
454
49
-
II
529
558
9
567
566
5
571
877
14
891
11 45
17
F uori corso
57
0
57
82
0
82
188
2
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0
0
-
0
0
0
0
452
39
491
47 1
31
502
406
14
a
420
n .d .
n.d .
0
225
-
0
503
Totale
/scritti
1159
267
/426
1222
197
1419
1226
202
1428
/759
152
2299
1907
150
2348
2227
232
2459
2287
267
2554
2387
333
2720
271 5
459
3174
3961
664
4625
4353
844
5422
2di4
Tabella 7 - Distribuzione dei totale degli iscritti (MlF) nell'Università di Catania dal1910 al 1960
Anno Accademico
U
1942-43
0
T
U
1943-44
0
T
U
1944·45
0
T
U
1945-46
0
T
U
1946-47
0
T
U
1947-48
0
T
1948-49
U
0
1949-50
U
0
1950-51
U
0
T
T
T
1951-52
U
0
T
U
1952-53
0
T
Lettere e
Filosofia
Scienze
Mat. Fis.
Nat.
Giurisprudenza
Medicina e
Chirurgia
Farmacia
566
842
1408
471
912
1383
579
1041
1620
421
1013
1434
381
887
1268
305
751
1056
239
641
880
139
524
663
206
574
780
192
562
754
139
489
628
592
180
772
776
283
1059
1064
376
1440
853
454
1307
890
487
1377
831
498
1329
825
508
1333
800
509
1309
748
542
1290
7[8
525
1243
634
482
1116
1700
7
1707
1523
14
1537
1647
29
1676
1513
41
1554
1506
53
1559
1401
56
1457
1510
86
1596
1553
110
/663
1488
102
1590
1603
126
1729
1390
151
1541
647
9
656
906
22
928
1159
38
1197
1245
51
1296
1356
51
1407
1348
4
1352
1250
81
1331
1145
63
1208
1082
55
1137
989
50
1039
804
41
845
40
18
58
76
45
121
153
27
180
152
122
274
167
156
323
159
216
375
171
279
450
153
260
413
184
231
415
139
201
340
142
162
304
Economia e
Commercio
1148
12
1160
1062
22
1084
1341
19
1360
1461
22
1483
1650
28
1678
1539
27
1566
1323
15
1338
784
39
823
679
22
701
673
99
772
433
10
443
Scienze
Politiche
Agraria
r-
~
0
0
144
7
151
0
-
-
-
Lingue
Fuori corso
0
n.d.
Il.d.
273
0
408
12
420
~---
n.d.
n.d.
a
a
a
41
3
44
a
0
-
0
-
69
0
69
151
0
151
1
196
197
202
1
203
197
2
199
174
3
177
0
n.d.
Il .d.
0
34
2
36
41
2
43
35
1
36
49
2
51
51
6
57
656
823
118
941
0
0
0
0
-
a
0
40
32
72
1227
1089
310
1399
1579
367
1946
1875
595
2470
2032
663
2695
2044
775
2819
2338
737
3075
Totale
lscritti
4693
1068
6034
5366
1317
6683
5943
1530
8129
6509
1824
8333
5950
1662
8839
6741
1862
8603
7082
1979
9061
6491
2298
8789
6656
2191
8847
6604
2342
8946
6145
2113
8258
3 di4
Tabella 7 - Distribuzione deI totale degli iscritti (MlF) nell'Università di Catania dal1910 al 1960
Anno Accademico
U
1953-54
D
T
1954-55
U
D
T
1955-56
U
D
T
1956-57
U
D
T
1957-58
U
D
T
1958-59
1959-60
1960-61
U
D
T
U
D
T
U
D
T
LeUere e
Filosofia
Scienze
Mat. Fis.
Nat.
Giurisprudenza
Medicina e
Chirurgia
Farmacia
123
436
559
102
408
510
103
338
441
147
139
286
65
270
335
91
381
472
123
419
542
125
734
859
547
436
983
462
375
837
389
298
687
356
232
588
403
224
627
515
212
727
663
221
884
1483
739
2222
1410
174
1584
1394
16
1410
1395
180
1575
1471
231
1702
1460
240
1700
1468
273
1741
1490
307
1797
1483
276
1759
699
27
726
595
28
623
623
30
653
707
33
740
699
37
736
736
50
786
756
60
816
739
60
799
113
133
246
35
124
159
93
78
171
78
80
158
68
81
149
62
59
121
73
63
136
84
65
/49
Economia e
Commercio
Scienze
Politiche
451
75
5
80
83
6
89
106
Il
462
479
12
491
535
21
556
655
20
675
725
26
751
782
37
819
919
44
963
1065
50
1115
Il
117
139
18
157
129
132
261
156
30
186
164
49
213
170
52
222
Agraria
Lingue
Fuori corso
204
3
207
238
3
241
262
1
263
276
6
282
303
5
308
309
5
314
290
4
294
265
3
268
40
62
102
42
60
102
37
63
100
63
122
185
64
172
236
37
113
150
29
81
110
37
113
150
2009
748
2757
2091
798
2889
1821
657
2478
1620
548
2168
16 15
523
2138
1744
476
2220
1778
471
2249
0
Totale
lscritti
5671
2035
7706
5521
1830
7351
5364
1677
7041
5512
1429
6941
5531
1710
7241
5900
1636
7536
6285
1719
8004
5451
2092
7543
4 di4
Fonte: Annuari degli Anni Accademici dell ' Università di Catania, Catania, 1910-1960.
Graflco 3
Andamento delle iscrizioni femminili nell'Ateneo catanese dal1924 al 1961
2500
2000
+------------------------------------------------+--------~-------------~
1500
1429
1000
+-----------------------------------~----------------------------------~
500
287
0
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Anno Accademico
Fonte: Annuari degli Anni Accadernici deU' Università di Catania, Catania, 1924-1958.
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Tabella 8 - Ruoli accademici femminili nell'Università di Catania
tra il 1917 ed il 1968
Anni
Ordinari
Straordinari
Incaricati
Liber; Docenti
Aiuti
Assistenti
Totali
Accaden'Ûci
1917-18
1918-19
1919-20
1920-21
1921-22
1922-23
1923-24
Donne
0
0
0
0
0
0
0
Torah
DOline
Torali
Donne
Tolali
53
47
47
49
57
44
51
0
0
0
0
0
0
0
8
2
2
1
7
14
8
0
0
0
1
0
0
0
28
36
31
36
32
22
23
Docenti di ruolo
1924-25
1925-26
1926-27
1927-28
1928-29
1929-30
1930-31
1931-32
1932-33
1933-34
1936-37
1937-38
1938-39
1939-40
1940-41
1941-42
1942-43
1943-44
1944-45
1945-46
1946-47
1947-48
1948-49
1949-50
1950-51
1952-53
1953-54
1954-55
1955-56
1956-57
1957-58
1958-59
1960-61
1968-69
Incaricati
Donne
Torah
Donne
0
0
0
1
1
1
1
1
1
1
1
1
1
1
1
1
1
1
1
1
1
1
1
2
4
2
2
3
4
2
1
1
1
1
40
39
39
36
42
44
47
45
44
47
53
56
53
52
52
42
60
60
47
54
49
48
51
52
55
55
62
67
71
70
63
54
65
94
1
0
0
1
1
1
1
1
1
2
3
3
3
2
31
3
3
2
4
3
3
3
3
7
7
4
3
8
3
7
Il
16
20
Donne
0
0
0
0
0
0
0
Torali
90
92
90
90
104
108
110
Liberi Docenti
Totali
Donne
Torah
43
43
51
56
49
50
51
53
53
57
61
61
101
95
83
85
71
75
84
90
90
90
83
104
105
144
124
137
170
174
179
196
233
3 19
0
0
0
1
1
0
0
0
2
1
1
1
0
0
0
0
1
4
4
3
1
2
1
0
2
1
0
3
3
3
4
5
4
8
104
108
74
109
93
97
95
74
74
65
107
113
109
117
118
100
100
133
125
128
126
126
14 1
134
150
142
139
156
170
172
176
237
271
4 12
Fonte: Annuari degli Anni Accademici dell'Un iversità di Cmania, Calania, \917 - 1968.
Donne
Torah
Donne
1
1
1
1
1
1
1
19
18
17
14
17
15
20
1
0
1
2
2
2
2
Torali
16
18
13
12
16
15
17
15
19
13
18
20
18
15
15
Donne
2
2
2
2
0
2
2
2
3
2
0
1
3
7
3
2
3
2
1
1
1
1
3
4
9
7
15
5
10
9
10
30
22
40
Assistenti
Aiuti
Donne
1
1
1
1
1
1
0
0
0
1
0
0
0
0
0
0
0
0
0
0
0
0
1
1
0
0
1
1
1
1
1
2
10
1
Torati
28
29
30
27
26
31
32
15
21
22
22
27
14
16
29
33
29
34
34
35
37
38
52
Torati
27
22
24
21
22
34
26
28
26
23
29
30
30
37
37
38
56
56
56
63
67
76
68
74
51
55
59
59
91
88
314
Donne
2
1
2
4
3
3
3
Torah
226
224
217
217
243
234
244
Totali
Donne
4
3
3
6
4
5
4
4
7
7
5
6
7
10
7
4
8
10
8
9
6
7
9
10
22
17
22
15
26
18
23
49
53
70
Totali
230
230
20 1
234
222
240
236
215
216
205
268
280
311
316
305
227
23 1
32 1
256
349
343
342
365
371
402
438
432
440
500
509
512
615
695
11 9 1
Tabella 9 - Iscrizioni femminili all'Università di Catania e in Italia
(1968-69)
Totale
Catania
Donne
%
Totale
Italia
Donne
%
Lettere
Filosofia
Lingue e letterature straniere
1.196
769
259
866
508
166
72%
66%
64%
3l.625
11.119
3.029
22.928
5.861
2.357
72%
52%
78%
Farmacia
Gntppo scientifico
215
74
36%
5816
2372
41%
Matematica
Chimica
Chimica industriale
Fisica
Scienze naturali
Scienze biologiche
Scienze geologiche
Biennio propedeutico
356
385
105
390
759
825
119
521
148
13
42%
3%
5%
57%
41%
5.057
592
84
l.041
4.362
8.253
172
130
39%
12%
4%
13%
62%
47%
4%
1%
3.565
20
429
342
0
0
921
12.915
4.928
2.351
7.864
7.066
17466
4180
25.270
26%
62085
14.258
23%
Tipowgia
Gntppo letterario
EcOMmia e Cof1111lercw
Scienze Poliliche
Giurisprudenza
Medicina
324
79
24%
9436
2.514
27%
1.516
275
18%
29079
4.799
17%
l.866
195
10%
44.127
6.800
15%
Agraria
292
5
2%
4954
166
3%
13.462
TOTALI
Istituto Universitario di Magistero
4.041
30%
283.310
81.746
29%
Materie letterarie
Pedagogia
LingtIe e letterature straniere
Vigilanza scuole elementari
985
1.501
538
236
3.260
83%
82%
78%
86%
82%
30.752
23.599
30.139
2.975
87.465
25.979
18.267
22.%1
2.053
69.260
84%
77%
76%
69%
79%
TOTALI
1.180
l.829
692
274
3.975
Fonte: Annuari di Statistica dell 'Istruzione, Istat, Roma, 1968-69.
Tabella 10 - Iscrizioni femminili all'Università di Catania e in Italia
(1978-79)
Tipologia
Totale
Catania
Donne
%
Totale
Italia
Donne
%
Gruppo letterario
Lettere
Filosofia
Lingue e 1etterature straniere
1.072
679
1.528
812
474
1.143
76%
70%
75%
27.353
14.809
25.769
18.884
7.844
20.562
69%
52%
80%
522
537
398
2.075
466
180
57
342
173
255
1.406
85
23
0
66%
32%
64%
68%
21%
13%
0%
12.430
8.673
4.369
33.116
7.434
3.921
1.601
8.670
2.467
3.074
23.129
1.519
1.355
268
70%
28%
70%
70%
20%
35%
17%
Gruppo scientifico
Matematica
Fisica
Scienze naturali
Scienze biologiche
Scienze geologiche
Chirnica
Chirnica industriale
Farmacia
Giurisprudenza
Scienze Politiche
Economia e Commercio
Medicina
Agraria
Ingegneria
Ingegneria civile
In~egneria elettronica
TOTAL!
1.333
619
46%
19.789
11.930
60%
5.924
2.361
40%
98.988
39.969
40%
1,351
543
40%
30.768
10.399
34%
33%
2.938
1.034
35%
61.176
19.97 1
7.434
2.170
29%
151.768
52.053
34%
1.245
277
22%
18.213
3.561
20%
1.595
1.191
101
27
6%
2%
17.554
15.551
1.054
498
6%
3%
30.525
11.845
39%
553.282
227.207
41%
Istituto Universitario di Magistero
Materie letterarie
Pedagogia
Lingue e letterature straniere
Vigilanza scuole elementari
539
1.401
991
298
463
1.204
849
258
86%
86%
86%
87%
15.523
41.546
35.090
5.006
12.699
34.652
28.585
4.153
82%
83%
81%
83%
TOTAL!
3.229
2.774
86%
97.165
80.089
82%
Fonte: Annuari di Statistica dell'lstruzione, Istal, Roma, 1978-79.
Tabella 11 - Iscrizioni femminiIi all'Università di Catania e in Italia
(1986-87)
Tipologia
Totale
Catania
Donne
%
Totale
Itafia
Donne
%
Gruppo letterario
Lettere
Filosofia
Lingue e Ietterature stran iere
Farmacia
Gruppo scientifico
Matematica
Sienze naturali
Scienze biologiche
Scienze geologiche
Fisica
Chimica
Chimica industriale
Economia e Commercio
Scienze Politiche
Giurisprudenza
Medicina e Chirurgia
Odontoiatria
Ingegneria
Ingegneria elettrotecnica
Ingegneria meccanica
Ingegneria civile
lngegneria elettronica
Agraria
TOTALE
1.224
489
1.285
1.160
991
296
1.117
608
81%
61%
87%
52%
50.100
15.936
35.839
22.100
36.933
10.026
32.068
12.717
74%
63%
89%
58%
347
211
1.655
910
512
J47
18
3759
242
141
1.177
197
129
43
0
1.447
70%
67%
71%
22%
25%
29%
0%
8.551
3.939
24.811
3.407
3.585
1.904
404
38%
13.540
6.035
35.622
13032
12.940
4.498
1.729
134.542
49.320
63%
65%
70%
26%
28%
42%
23%
37%
2.196
1.004
46%
63.257
28.039
44%
5.865
2.927
50%
170.769
80.950
47%
4.568
1.773
39%
110.120
45 .668
41%
104
30
29%
4.423
1.307
30%
75J
19
1.754
231
1.200
34
155
15
171
5%
0%
9%
6%
14%
4.622
12.996
23 .166
33.051
16.232
148
333
J.965
1.894
3.420
3%
3%
8%
6%
21%
28.405
12.497
44%
694.482
351.389
51%
230
1.054
1.190
94
2.568
82%
91%
91 %
93%
90%
12.230
34.321
39.397
1.580
87.528
10.327
29.897
34.352
1.246
75.822
84%
87%
87%
79%
87%
lstituto Universitario di Magistero
Materie letterarie
Peda~ogia
Lingue e letterature straniere
Vigilanza scuole elementari
TOTALE
281
1.164
1.313
101
2.859
Fonte: Annuari di Statistica deU' Istruzione, Istat, Roma, 1986-87.
Tabella 12 - Iscrizioni femminili all'Università di Catania e in Italia (1998-99)
Tipologia
Totale
Catania
Donne
%
Tata li
Itafia
Donne
%
iArchitettura
Gruppo letterario
3 11
165
53%
70.028
33.949
48%
6.189
5.120
83%
89.669
68.651
77%
Lettere
Filosofia
Lingue e letterature stran iere modo
Lingue e lelterature straniere
3.634
849
984
722
3.021
598
876
625
83%
70%
89%
86%
28.323
8.534
8.534
67.928
16.956
935
935
8.784
60%
11 %
11 %
13 %
Gruppo scientifico
5.597
450
618
771
1.455
683
417
281
191
731
2.796
57.205
51%
329
329
445
1.036
190
108
113
57
189
50%
73%
53%
58%
71%
28%
26%
40%
30%
26%
Il 1.676
Matematica
Fisica
Sienze naturali
Scienze biologiche
Scienze geologiche
Scienze dell'informazione
Chimica
Chimica industriale
Informatica
11.814
12.382
12.886
36 .908
10.433
5.544
9.062
3 .191
9.456
8.011
3.756
7.790
25.786
3.307
1.137
4.604
1.209
1.605
68%
30%
60%
70%
32%
21%
51%
38%
17%
Farmacia
1.606
954
59%
40.109
26.994
67%
Chimica e tecnologia fannaceutica
Farmacia
569
1.037
358
596
63%
57%
16.167
23.942
11.561
15.433
72%
64%
Giurisprudenza
Scienze Politiche
10.473
6.255
59%
274.224
159.604
58%
3.856
2.IJ6
55%
93.982
48.963
52%
Scienze politiche
Relazionipubbliche
3.141
715
1.694
422
54%
59%
89.764
4.218
45.639
3.324
51%
79%
Economia e Commercio
Medicina e Chirurgia
Odontoiatria
Agraria
4.839
2.377
49 %
151.100
69.314
46%
1.789
987
55%
57.099
32.723
57%
108
24
22%
7.956
2.660
33%
1.899
674
35%
/7. 731
6.717
38%
391
341
458
709
84
94
98
398
21%
27%
21%
56%
4.829
239
7.194
5.469
1.252
89
2.223
3 .153
26%
37%
31%
58%
5.980
1.417
961
257
1.394
Il
940
915
85
972
227
312
25
179
0
61
142
26
16%
16%
32%
10%
[3%
0%
7%
15%
30%
139.018
20.593
15%
lngegneria civile
[ngegneria edi le
In gegneria elettrica
Ingegneri a elettronica
Ingegneria elettrotecnica
lngegneria meccanica
lngeaneria informatica
Ingegneria per J'ambiente e territoriale
27.574
11.086
7.098
33.435
354
30.746
16.299
12.426
5.330
3.330
533
3.326
24
1.951
2.001
4.098
19%
30%
8%
10%
7%
6%
12%
33%
Scienze della Formazione
6.216
5.643
91%
68.059
60.963
90%
Materie lelterarie
Lingue e letterature straniere
Pedagogia
Scienze del]'educazione
334
1.787
558
3.537
301
1.588
522
3.232
90%
89%
93%
91%
4.306
3.707
86%
6.156
57.607
5.513
51.743
90%
90%
48.860
28.083
57%
1.144.595
588.336
51%
Scienze
Scienze
Scienze
Scienze
agrarie
agrarie tropicali e subtrop .
e tecnologie agrarie
e tecnologie alimentari
Ingegneria
TOTALE
Fonte: Ufficio Nuc leo di Valutazione per i dati relativi aile iscrizioni nell'Ateneo catanese; MURST per i dati nazionali.
Grafico 4
Distribuzione degli iscritti (MlF) nelle diverse facoltà catanesi (1998-99)
Uomini
Scienze Politicbe
Donne
Lettere e Filosofia
3%
Scienze Politiche
10%
Scienze deHa Formazione
Architettura
10%
2%
Architettura
9%
Scienze della Fonnazione
Medicina e Chirurgia
9%
14%
Economia
10%
Economia
8%
Fannacia
8%
Nota: 1 grafici sono costruiti sulla base dei dati presenti in tabella 12.
Fannacia
10%
Grafico 5 - Università degli Studi Catania:
distribuzione uomini e donne nelle tre fasce della docenza (1997 - 1998)
1200
1000
600
400
o~------------------------~------------------------~
Uomini
Donne
• Ricercatori
357
272
• Associati
392
111
DOrdinari
295
Fonte: Dati forniti dagli Uffici Personale Docente.
J
1
Appendice 1
Elenco delle immatricolate dal 1892 al 1914
Anno
Aœaderriœ
Wtere e FlIœOOa
1892-93
Felmli Egidia
-
Sciert'ŒMltF\sidEe
1894-95
1896-97
1897-98
1_
1_
1_
H"S-99
1""""
l\thJicinae
01irurgia
Fanmcia
MIgistero Scienze
MatFlsiche Nat.
CoveUilrene
Garofalo Bianca
Calt! Elisa PenlUlcc!uetti
Berenice
Gerbino Gwcomina
Soperro Adelaide
Boven [so/etlll
Ca/darera G,wu
OementinaPoii
ObertoFlvira
TelTtmOl'tl Morio
L1 Ferla Mariannina
D'AgalllAida
Paolillo Giowmna
CnklnremAgiJ//fUl
BasUe Lnura
SpinnCmmela
Tenerelli Giuseppina
Le Ferla Man"annitUl
Previrem Hmera
1907-<>1
19()9..10
Mlgi;iero Letrere
Fllosofia
Brurw MCaterina
1900-4>1
l'lOUl3
Giuri<prudenza
Basile lnura
SavàAde/aule
TenerelliWda
Venerio Giovanna
{If!remia
Anna
OJprileAnaslasia
SgroiMnria
[azialtalia
1910-11
MarescalchiMmW
PisaniEsJer
CnstellanaFrancesca
Tosolim"Cutlcetla
ZelllTOVÎchAngda
Marww Gaetana
D'ARœaRosa
Tngona Iole
Masi Teda
SavàAdelwde
SgroiMaria
ObertoElvlm
Capnle Anm1asw
SalemiiliJcetta
1911-12
1912-13
Giano/ioMnria
McastroMaria
PatanèAnfla
Santlppo Dorotea
Mi/IRoAnna
De VincolisMaria
Alessandrello Angela
Cultrera Comuiino.
Ferremlidia
GrimakliGdsomina
Marescalchi Caterina
PeET1Ka
SalvaIiM-lria
De Pasquale Giovanna
[azia/ralia
Maresca1chiMnria
ConcettQ Ferla
Genvm Santippo McoIinn
AcetoAnna
Addan"oMmm
1913-14
1914-15
AzzplinaFlvira
Benoglia Giulietta
Cavallari F1isabetta
GdoreMaria
LaDedaTeresa
MlameGiuseppa
Mmtillaro Caterina
Pistone Giuseppina
SpinaMnria
Tavoiam Annita
Alba Concetta
Nase//! Clmne/ina
NaseIliMnria
PrestandreaOara
SciutoValemina
Trigone ILtbja
SalemiCoocetta
lœjaltalia
Baeri Wuretta
Boru:mi Concetla
RizzoAmalia
PolistinaRosina
Cnprile Anastasia
Va/entiE/vira
SgroiMmia
Sonlipippo Dorotea
Pre('chiaMaria
Precc/ua Leoruda
Cultrera Comu/ina
Cnùiaœro Anna
FlSichellaSanta.
lA FioœAlvumzkIta
MineoAnna
Pelrncci Concetta
Grimaldi Gelwrrina
Fenerolidia
Fonte: Annuari della Regia Università degli Studi di Catania, Catania, 1892 - 1914.
Appendice II
Elenco delle docenti fino al 1970
Nomitla/ivo
Prole.n'ori di moto
Libero docente
/Il caricati
Aiuti
Assistellti
Istjtuto di BOlanica
Muscatcllo Caldarcra Crazia
191 7·29
Zd:lrovich Angela
Ana hsi algcbrica
113eri Laura
1920-33
Casailina Gaetana
Istitutodi Botanica
1934-38
J' aruta ;\laria
IsIJt utodiM atcria
mcdica 1932-34
l'iaNalli
Analisi matcrnalica algcbrica c
Analisi Superiorc e calcol0 1920-21:
infi nltesimale
Anahsi Supcriore 1927-33;
1927-58
Anal i ~i
Infin itesi male 1936-42
Gcometria ~ u pcriorc
1921-28:
'rcoria delle funzi oni
19..J2-45
lslilutodi botanica
Sos ler Nl'rina
1932-34
[stilu ~.Ioni di matcmatica 1933-38:
Gcomctria deKri ltiva con disegno
1937-38
;\liglioMaria
Carlctti l'i3
Geomctriadcscritli vae
proicltlva 1920-33
Clinica
Ocu1i~ li ca
1933-34
Marino COllcetta
Gcodogia 1938-40
MnntaltoMaria
Mine ralogia 1937-40
Houa Francesca
IstituLioni di Dmllo Romano 1933-34
Tanleri Barbara
Merteologla 19-'5-48
Palo logia speciale
Mediea e Metodologia
Chniea 194'-43
Patologi a speciale Medica e
MetodoJ. Chniea 1943-48
DeOrchi
CarmelinaNaselli
Merceologia 1939-50
Storia delle tradiz.lOni popolari
1949-1965
Carbonaru Carmel:!
Fllologia Romanz.a 1936-38:
Storia de lla lin gua ilaliana 1938-39
Gcomctria
dc~c ritti va
1942-48
C'arusoCarmeia
Lellcratura ltaliana 1936-37
Geomelriaana!J llcacon
di proictti va 1943-44:
Istltu1..ioni di Mat.l9-'3--'8
Geolllclria anal itiea
1941-42
c1 CIll .
Bolaniea 1938-40
8 0fani ea 1943-46
IstLI ulO di Gcologia
1949-50
i\lilone Cnncellina
.\I:lZza Anna ) ·13r;:.I
Llngua T cdesca J 938--W
Bianca Giudice Sihia
Li ngua l nglcse 19-'5-46
i\lesserÎ Albina
BOlaniea 1940--' 1
Adda rio Margherita
htll uto di Fisica 1942-50
Ronsisvallc Carmehl
h w Ulo dl Zoologia 1949-50
Fasoli Luigina
Storia Medic\·a1c e Modema
1950-58
Storia MedIevale e Madema
19-'9- 50
h UlulO di Botaniea
Sciarella Iole
194S-511
Istituto di Fisic;! 1948-
Sara Tall\burino
Dina UcrtoniJovinc
Pedagoglu
1966-67
Fonte : Annua ri degli AI/ni Accadelllici dell ' Universi/cl di Ca/ania , Catania, 1917 - 1970.
Appendice III
Elenco delle laureate dal 1897 al 1917
Amo
Arod.uico
ù.itfre e Flkmfia
Scimre MItmuticœ
Fi<;icΠe Ndmdi
1898-99
G:urfa/o &anm
~1
PemxdlieJti &reniœ
001-02
GerlJino Gaamtlll
~
la Ferla Moiannina
~
ù.itfre
FikHfu
~Scimre
Fis. MIt NIt.
DAgainAida
Caldarem Agatim
Spi/Ill Catnrda
TenerelliG~
Previtem Venem
1911-12
Oxl1oEllAm
Cierenia Am,)
1912-13
Valetui Hlim Vet!kro
CkMmnim&nù
Adealide MJSi
CUptile Arœlasia
1913-14
lozia l talia
Sgroi MIria
Sa/eni Car:etta
Ze/aro.Jich Angela
Gl<tellam Fmnœsm
1914-15
Grinu/di Ce/sCflim
G'7><IJ1f1LMmisteri
1915-16
Grinu/di Ce/sCfli na
MlliJleri Gm:lJlm
1917-18
~
Fannria
Caldarem Cimzia
J!X9.10
1916-17
~a
MCaterim
Bnm
1S97-~
007-œ
Mdcime
~
MlroAnm
fr Vinmlis MIria
Cierenia Anm
Mowo
G:le/am
A1essCDWillo Angela
RiwAmdia
BœriLaum
Fer/aCRmm
&ncfliWlCeJta
Fonte: Annuari della Regia Universià degli Sludi di Catania, Catani a, 1897 - 1917.
lozja Ilalia
Sgmi Moia
Va/auiH\im
7elarv.id, Angela
Castelkolll
Frmœsm