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i quaderni di museo milano
Storia del commercio estero
a Milano e in Lombardia
di
Paolo La Rocca
i quaderni di
Museo Milano
Storia del commercio estero
a Milano e in Lombardia
a cura di
Paolo La Rocca
per conto di AICE - Associazione Italiana Commercio Estero
Storia del commercio estero a Milano e in Lombardia
di Paolo La Rocca
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Contatti: Patrizia Masnini, responsabile di Proedi Editore
[email protected]
Direttore editoriale: Andrea Jarach
Progetto grafico, impaginazione e servizi editoriali:
Patrizia Masnini, Rossana Superina
Sommario
introduzione
5
dalle origini all’alto medioevo
proto storica
- l’alto
10 -
medioevo
i celti
17 -
11 -
9-
periodo carolingio
dai comuni ai visconti
la lombardia nel medioevo
visconti
41 -
la lombardia
20 -
19
i torriani e i primi i
spagnoli, austriaci, francesi
dominazione spagnola
45 -
12
18 -
milano romana
44 - la
48 - il
il periodo austriaco
periodo francese
51
dopo l’unità d’italia
54
55
dopo l’unificazione
anni di guerre
63
l’industria lombarda
dall’inizio del
1900
alla seconda guerra mondiale
64
il secondo dopoguerra
gli annni della ricostruzione
71 -
commercio lombardo
bibliografia
79
70
gli anni
76
2000
e il
Wikipedia, alla voce “Lombardia”, dà la seguente informazione:
“La Lombardia è la prima regione d’Italia per importanza economica, contribuendo a circa un quinto (21,69% nel 2014) del prodotto interno lordo nazionale. Inoltre ospita molte delle maggiori
attività industriali, commerciali e finanziarie del Paese e il suo
reddito pro capite supera del 27,9% il corrispondente valore calcolato a parità di potere d’acquisto standard per l’Unione europea.
Insieme a Baden-Württemberg, Catalogna e Alvernia-RodanoAlpi, è uno dei quattro motori dell’Europa. Inoltre è parte del
cosiddetto cuore economico del Vecchio Continente e Milano è,
unitamente a Londra, Amburgo, Francoforte, Monaco di Baviera
e Parigi, una delle sei capitali economiche europee”. “Perché?”,
viene istintivamente da chiedersi. Seguendo il filo dell’evoluzione
del commercio estero nel corso del tempo – dai primi insediamenti celtici ai giorni nostri – l’autore di questo saggio ci offre un
quadro complessivo, articolato nel tempo, sullo sviluppo di quei
settori dove Milano e il territorio lombardo si sono maggiormente distinti nell’arco di duemila anni. Si tratta di un argomento
complesso e ampissimo, di cui trovate qui di seguito un quadro
generale per comprenderne il meccanismo e l’evoluzione e un valido strumento di partenza per approfondirlo e saperne di più.
Leggi anche Aice e gli operatori del commercio estero
I
storia del commercio estero
a milano e in lombardia
….
introduzione
5
Lombard Street, Londra
introduzione
….
L’importanza nel corso della storia del commercio milanese e lombardo in Europa è testimoniata in vari modi, un esempio tra tanti
è l’attuale Lombard Street, a Londra, dove persiste la memoria del
commercio con l’Italia e con i “Lombardi”. Lombard Street ha le
sue origini in una delle principali strade romane di “Londinium”,
futura London. Successivamente re Edoardo I (1272 - 1307) concesse un appezzamento di terreno ai banchieri e orafi provenienti
dalla parte del nord Italia, conosciuta come “Lombardia”.
Il nome “Lombardia”, nel corso del tempo, ha assunto significati
6
geografici e politici diversi, praticamente mai coincidenti con il
territorio attuale: soltanto durante il dominio austriaco il territorio e la divisione politica sono sovrapponibili.
Precedentemente, parte dell’attuale Piemonte (Novara) era
lombardo, mentre Vene-zia dominò a lungo la parte orientale:
Bergamo, Brescia, Crema e il Cremasco.
Un elemento che percorre i vari secoli è la prevalenza demografica, politica ed economica della città di Milano (con la sola parentesi di Pavia capitale del regno longobardo e centro del
potere carolingio). Nel periodo tardo imperiale fu capitale
dell’Impero, nel periodo Comunale si espanse a scapito della
altre città, e pro-seguì secondo questa linea anche durante il
periodo delle Signo-rie. Durante il dominio spagnolo Milano
subì un appannamento cui non corrispose il prevalere di altre
città, poiché si trattava di una crisi comune, compensata
parzialmente da una maggior atti-vità economica del contado.
….
La chiesa di St Mary Woolnoth, che si vede sul fondo, sorge, bene in vista, sull’intersezione
di Lombard Street e King William Street,
vicinissima alla fermata del metro BANK
7
….
A Londra, Lombard Street è storicamente la strada dei banchieri.
Al n. 68 spicca un’insegna con un grillo (in inglese grasshopper) con le lettere TG e una
data 1563. Si tratta dell’insegna di Thomas Gresham (c. 1519 – 21 novembre 1579).
I Gresham erano grandi mercanti e finanzieri di Londra, insigniti del cavalierato dal re da
Enrico VIII per aver favorito i commerci con l’estero.
Thomas Gresham, sotto il regno della regina Elisabetta I, oltre al suo incarico di agente
della Corona, divenne temporaneamente ambasciatore presso la corte del duca di Parma;
fondò inoltre la banca di Londra, il Royal Exchange e, nel 1563,
ne finanziò la costruzione (proprio dietro l’angolo di questo edificio).
Il grillo, che rimanda a un gioco di parole sul cognome GRESHAM (“grass ham” significa
fattoria o fattoria azienda agricola di grano) ad attestare la fama della famiglia Gresham
è presente in molte sculture londinesi.
Foto di Josep Renalias©
8
II
storia del commercio estero
a milano e in lombardia
….
dalle origini
all’alto medioevo
(secoli v a.c. - ix)
9
Vasi risalenti alla civiltà di Golasecca
la lombardia proto storica
….
La civiltà di Golasecca (Golasecca, Como, Bellinzona) fu snodo
per i commerci tra Etruschi, Greci e popoli a nord delle Alpi,
grazie anche alla presenza dei fiumi e dei laghi prossimi ai valichi alpini: il sale era uno dei principali prodotti commerciati.
A Golasecca si affiancavano l’area di Milano, collegata tramite
la Val Scrivia a Genova (fondata dagli Etruschi in concorrenza
con Marsiglia per commerciare con la pianura) e l’Etruria padana
nell’attuale mantovano (Forcello Bagnolo di San Vito).
10
La scrofa semilanuta, cui si dice abbia origine il nome “Milano”. La leggenda racconta
infatti che, nel 600 a.C:, un aruspice consigliò al celta Belloveso di fondare la sua città
laddove avesse trovato una porcellina con il dorso coperto a metà di lana
i celti
….
Con la fine delle guerre tra Galli Cisalpini e Romani, a partire dal II secolo a.C. si svolsero nella Pianura Padana importanti
fiere mercantili che garantiscono l’affluenza di mercanti da tutta la Penisola. Le fonti descrivono la grande ricchezza agricola
della Pianura, il basso costo dei suoi prodotti e la qualità degli
allevamenti di maiali, le cui carni salate e affumicate costituivano
una preziosa riserva alimentare anche per gli eserciti. Sui mercati
della Cisalpina giungevano merci (oli, profumi, vini attestati dal
ritrovamento dei caratteristici contenitori) provenienti dall’Italia
peninsulare e dal Mediterraneo orientale.
11
Insegna della “VII Coorte dei Vigiles” incaricati di intervenire in caso di incendio
milano romana
….
Già Polibio, nel 200 a.C., notava l’abbondanza del bestiame che
veniva esportato dalla “Lombardia” in buona parte d’Italia e il
basso prezzo dei cereali e, nel IV secolo d.C., Ausonio (Anthologia
Latina) descrive Milano come una delle più splendide e nobili
città al mondo. Il Po era la principale via di comunicazione, le direttrici terrestri erano la via Emilia (da Rimini a Piacenza) e la via
Postumia (da Genova a Tortona, proseguendo poi per Cremona).
Le dichiarazioni di autori latini come Strabone e la presenza di
numerose epigrafi ci aiutano a capire quali fossero allora le prin12
….
cipali produzioni e commerci. Da loro si apprende che il Nord
Italia è parte di un più vasto mercato, con Milano è centro di
importazione del vino da tutto il Nord e dell’esportazione verso i
mercati imperiali. È qui che nascono officine di fabbri e tessitori,
complessi per la fabbricazione delle armi, e si diffonde la lavorazione del legno, dei vetri e dei gioielli. Le maggiori testimonianze
(Museo Archeologico di Milano, Soprintendenza speciale per i
beni culturali di Roma) citano la qualità della “lana gallica” in riferimento al commercio e alla produzione delle vesti di lana. Alla
lana si aggiunge la produzione e il commercio delle pelli, delle
calzature e l’industria del lino, tutte produzioni “di qualità” cui si
affianca la produzione di tuniche e mantelli destinate ai legionari,
e quella degli stracci praticata dai “centonarius”, che producevano
vesti per schiavi e grandi coperte di lana che gli antichi “vigiles”
utilizzavano intrise di acqua e aceto per soffocare il fuoco.
La Corporazione dei mercanti tratta ceramiche, bronzi e tessili.
Dal Mediterraneo alla Francia, dal Danubio a Budapest, attraverso la Svizzera: questi erano i mercati
“globali” del tempo, che sussistevano insieme ai mercati interregionali e locali, allestiti lontano dalle strade del commercio.
In epoca tarda romana, Milano mantiene una vivacità economica
anche per il ruolo di retrovia per gli eserciti impegnati a contrastare le invasioni dei barbari.
13
….
La lapide dei Vettii, murata negli archi di Porta Nuova, presenta nel podio la scena
della vendita a braccia di un tessuto, per cui sappiamo che C. Vettius era un negotiator
sagarii. Esistono a Milano altre lapidi che attestano il commercio dei tessuti
14
….
La lana serviva anche per la produzione delle tuniche rosse che i legionari indossavano
sotto le loro armature (loriche)
15
Liutprando, ritratto in questa moneta con la croce in mano, regnò sui Longobardi dal 712
al 744. Sovrano intelligente e capace, per consolidare il regno, attuò per alcuni anni una
politica diplomatica di amicizia con il papa, i bizantini e il re dei franchi Carlo Martello
e sposò la figlia del re dei bavari, Guntruda. Di fede cattolica, donò al papa Gregorio II il
castello di Sutri (728), primo nucleo dello Stato della Chiesa, ma negli ultimi anni del suo
regno attuò una politica antipapale e nel 742 occupò Roma.
….
Tremisse battuto da Liutprando con la lettera M nel campo - Busto diademato a dritto;
sul retro San Michele stante. Oro, (g 1,26)
16
l’alto medioevo
Per il VI e per gran parte del VII secolo, le testimonianze archeologiche registrano a Milano, come in altre città, degrado e
abbandono delle infrastrutture e degli edifici antichi, sostituiti da
abitazioni in legno.
Già nel VII secolo, al tempo di Liutprando, Milano viene però
descritta come una città dove si trovano merci di varia specie e
dove è possibile arricchirsi con i commerci.
Il baratto
….
Le monete bronzee ritrovate nel battistero di Milano attestano
che nell’Alto Medioevo non si era passati completamente al
baratto, anche se la circolazione monetaria si era molto ridotta:
un dolce povero, la bisulà, a forma
di ciambella, ci ricorda, nella forma
originale di pane a foggia di corona
col buco, quella “scutella de cambio”
che veniva impiegata in sostituzione
del denaro. Il foro centrale impediva
la frode basata sul mancato calo di
cottura e, date le sue dimensioni
(ognuna poteva pesare quasi un chilo
e mezzo), ne facilitava il trasporto:
potevano infatti essere infilate sul
braccio oppure passate in una corda
o un bastone.
17
periodo carolingio
….
I territori lombardi che facevano parte del regno longobardo vennero conquistati dal re franco Carlo Magno nel 774, a seguito
di una campagna militare avviata l’anno precedente che, dopo
uno scontro decisivo avvenuto in Val di Susa, si concluse con la
conquista di Pavia. Carlo Magno con il titolo di rex Francorum
et Langobardorum, inglobò il regno longobardo in quello franco
senza tuttavia sconvolgere troppo il preesistente ordinamento politico e amministrativo, lasciando duchi e funzionari longobardi al
loro posto, e mantenendo come capitale Pavia.
In questo periodo (VIII - IX secolo), la città appare come la
residenza degli elementi non feudali: proprietari di allodi e di
capitali investiti nel commercio e nelle “industrie”. Gli artigiani
e i mercanti liberi probabilmente non erano scomparsi completamente; continuando la tradizione romana, essi avevano le loro
botteghe e i loro laboratori uno accanto all’altro, nelle strade che
prendevano nome dalla loro attività e che si concentravano intorno al mercato. Incerta è l’esistenza di associazioni fra artigiani
e fra mercanti; in epoca longobarda vi erano forse ancora i resti
dell’antica organizzazione romana entrati a far parte del sistema
amministrativo longobardo e poi carolingio. Artigiani, mercanti e
proprietari potevano esprimersi su molte questioni nel conventus
civium: sui mercati settimanali, sulle fiere annuali che bisognava
regolare e controllare, sui lavori pubblici per la parte di competenza dei cittadini.
18
III
storia del commercio estero
a milano e in lombardia
….
dai comuni ai visconti
(secoli xiii - xvi)
19
Vuolvino, Altare d’oro della Basilica di Sant’Ambrogio
la lombardia nel medioevo
….
L’Italia nel Medioevo era un territorio ad alta concentrazione urbana al pari delle Fiandre. Circa un quinto della popolazione viveva in
centri urbani (sopra i 5.000 abitanti) e la Lombardia era la punta di
questo fenomeno. Le città costituirono, più che nel resto dell’Europa, il motore economico e politico del territorio, che seppe svilupparsi con il contributo decisivo del contado, che produceva materie
prime per le industrie cittadine – le quali, a loro volta, producevano
merci destinate ai principali mercati e all’esportazione – e realizzava
manufatti di minor qualità per il mercato locale.
20
Le industrie
A partire dal X secolo, La Lombardia sviluppò un’industria del
ferro con produzioni specializzate destinate anche all’esportazione, in anticipo rispetto a quella europea. Date le caratteristiche
estrattive, lo sfruttamento della superficie e il suo continuo esaurimento e la conseguente ricerca di nuove miniere, sono diverse le
zone coinvolte: prima il bresciano e Bergamo, poi, dal Duecento,
la Valtellina e successivamente la Valsassina.
La lavorazione del ferro si evolverà nella produzione di armi, ferri
da cavallo, chiodi, aghi: Milano si specializzerà nelle armi difensive e nella ferramenta minuta, Brescia nelle spade e nei coltelli.
Mentre la lavorazione dell’oro riprende la tradizione longobarda .
Nel XII secolo e fino al XIII secolo la produzione di tessuti non
poteva competere con quella delle Fiandre, dal momento che i
principali filati, la lana e il lino, erano prevalentemente di prove-
….
Stemma dell’Ordine degli Umiliati
21
Lavorazione della lana in un convento degli Umiliati
….
nienza locale. Ma già alla fine del 1200, i panni realizzati a Milano e Como grazie all’importazione di lana dall’Africa, dalla Provenza e soprattutto dall’Inghilterra, di cui Milano deteneva ora il
monopolio dell’import, raggiunsero una qualità elevatissima, così
come le produzioni di Monza, Verona, Bergamo, Isola Comacina.
Contribuì a questo primato la qualità degli impianti di rifinitura
e il ruolo svolto dall’ordine degli Umiliati (movimento spirituale
sorto in contrasto con i costumi del tempo), che nelle loro Case si
occupavano prevalentemente della lavorazione della lana.
La Lombardia, sia per la dimensione del mercato interno, sia per
gli sbocchi delle proprie esportazioni, fino al XIV secolo fu il primo produttore della Penisola. Lo sviluppo della produzione toscana e della Francia settentrionale le sottrasse parte dei mercati
meridionali e del Mediterraneo occidentale, ma Milano e Como
22
Fasi della lavorazione della lana,
disegno tratto da “Historia Ordinis Humiliatorum” del codice Trotti
….
Lavorazione della lana in un convento degli Umiliati
23
riuscirono comunque a mantenere una tradizione di altissima
qualità nei panni.
Nella area pedemontana, la manifattura era specializzata nella
lana, mentre nella pianura prevaleva la produzione di fustagno,
un tessuto nuovo, di origine orientale, rapidamente diffusosi e
prodotto con il cotone proveniente dalla Sicilia, dall’Egitto e dal
mare Egeo.
Alla tradizionale produzione laniera si era aggiunta nel contempo
la lavorazione della seta, che diventerà nel tempo la parte più importante della produzione tessile lombarda.
….
I grandi mercanti e la loro Camera
Milano, verso le fine del XIV secolo, era diventato con ogni probabilità il maggior mercato di redistribuzione e centro industriale.
Genova e Venezia erano i suoi scali marittimi, oltre che Porto
Pisano e Livorno; mentre il Sempione, il Luco Magno e Settimo
(Settimo torinese) i principali percorsi verso il territorio francese,
tedesco e fiammingo. L’espansione economica era coordinata dalla Camera dei Mercanti di Milano (I primi documenti attestanti
l’esistenza della Camera risalgono al 1159), che rappresentava la
corporazione dei “grossisti”, banchieri e mercanti, che operavano
sul mercato internazionale, cittadini milanesi o del contado.
La Camera, retta da dodici “consoli delle strade”, eleggeva i sui
giudici, e la loro competenza si estendeva su tutti i “negozi” tra
mercanti o con mercanti, sui marosseri, i pesatori, i lanaioli e ausiliari, e sui mercanti forestieri ammessi a condizioni di reciprocità.
24
….
Statuto dei mercanti
25
….
I mercanti trattavano vari prodotti: dai chiodi alle lane, dalle
pelli alle corazze. Prevalevano le materie prime impiegate nelle industrie lombarde: cotonate, pannilana, cuoio, prodotti della
metallurgia e della siderurgia. La distinzione tra grandi mercanti
e banchieri dipendeva più dagli affari prevalenti: i mercanti, infatti, oltre alla negoziazione tipica, effettuavano attività bancarie,
mentre i banchieri partecipavano a singole speculazioni o effettuavano vasti finanziamenti che, di fatto, li legavano alle sorti del
commercio.
Per agevolare i commerci occorreva garantire trasporti sicuri attraverso delle convenzioni, e la presenza di “recapiti” lungo
le principali vie (citiamo per “L’oltremonte”, l’oste Cuntzmann
Sintze a Basilea), mantenendo inoltre aperti percorsi alternativi. Una parte considerevole degli statuti delle Camere era perciò
dedicata alla sicurezza e all’organizzazione delle strade: sono detti
“Mercanti di strada” e “Consoli di strada”.
Gli statuti della Camera attestano inoltre la nascita della corporazione dei Lanaioli in epoca successiva a quella dei mercanti:
probabilmente non hanno origine dalla separazione dalla corporazione dei mercanti, ma per le caratteristiche dello sviluppo di
tale industria.
A Milano, è tutto un fiorire, dalla tessitura alla filatura, legato
anche alla presenza nella città dei conventi degli Umiliati (Brera)
e all’arrivo di manodopera qualificata da altre regioni, probabilmente in fuga dalle regole molto rigide delle locali corporazioni.
26
Struttura della produzione e del commercio
Nel 1396 sono censite ben 363 aziende, per la maggior parte individuali o familiari. Di queste, 353 erano in Milano, quasi tutte
vicino le mura, prevalentemente a Porta Nuova (solo la parrocchia
di San Bartolomeo ne contava 64).
….
Maurizio Garavaglia (1812-1874), facciata della chiesa di san Bartolomeo in Corso
Magenta a Milano (1864). L’edificio attuale prende il posto di una precedente chiesa
dedicata a San Bartolomeo, demolita, della quale contiene alcune opere d’arte.
Foto di Giovanni Dall’Orto
27
….
Si tratta dei grandi mercanti che vendono la lana grezza ai lanaioli e comprano e commercializzano il prodotto finito: proprio lo
sviluppo e l’importanza dell’industria laniera spinse la camera dei
Mercanti a imporre numerosi vincoli. Per esempio, Il lanaiolo poteva acquistare solo balle intere, quindi, di fatto, solo dai mercanti,
per garantirne il controllo e nello stesso tempo favorire quello
sulle corporazioni degli operai (Partici) da parte dei lanaioli.
Tradizionalmente, l’industria resta specializzata in tessuti rustici
prodotti con lana locale, ma a essi si affianca anche una forte importazione di lane di Francia (“Agnelline”), d’Inghilterra e catalane,
per la produzione di tessuti simili alle lane toscane e fiamminghe.
L’industria del lino e della canapa aveva un peso minore, attestato dai documenti contabili pervenuti e dalle offerte annuali fatte
al Duomo. È l’industria cotoniera, dei “bombace”, con la produzione di fustagni, che assume un ruolo importante, alimentando
un flusso d’importazione ed esportazione paragonabile a quello
laniero. Qui, non vi è la presenza dei piccoli imprenditori: Il “marossero”, o sensale, collega direttamente l’importatore con gli artigiani, talvolta vende il filato, altre volte lo cede in lavorazione. Il
prodotto prevalentemente esportato era il fustagno candeggiato.
I cotonieri producevano un numero limitato di articoli: tra i 14
capitoli della tariffa doganale, il bombace è quello con il minor
numero di tipi (solo 12), mentre osservando la tariffa doganale
per l’industria laniera si sa che erano 16 le varietà di lane gregge e
cascami e 50 le varietà di drappi.
Lo sviluppo e diversificazione dell’offerta laniera significava maggiori rischi, cosa che favorì la nascita di un ceto di operatori più
intraprendenti, i “mercanti di lana sottile”: abili nel risolvere i
28
Vendita e produzione di tessuti
….
La filatura era una delle attività delle dame di corte
29
….
problemi anche tecnologici della produzione e a concorrere con
produttori toscani, molto più specializzati per rami.
Nel XIV secolo possiamo affermare che l’economia milanese è
un’economia di scambio internazionale: la potenza dei grandi mercanti è al culmine, il possibile contrasto tra Signoria, ceto nobiliare
e alta borghesia in crescita è risolto grazie al passaggio di questi nel
ceto nobile, con il parallelo spostamento di capitali verso l’agricoltura. In questa fase di crescita, l’effetto positivo favorisce l’ingresso
30
di forze nuove, ma toglie dalla competizione le famiglie di maggior
successo: alla nobiltà infatti viene impedito, pena la decadenza del
titolo, di esercitare qualsiasi forma di negozio. Questo vincolo, sociale e giuridico, ebbe effetti permanenti, anche quando la legge
fu abrogata. Dovranno cambiare le condizioni sociali per vedere
il mercante e poi l’industriale assurgere a figura centrale della società lombarda.
….
Bottega del sarto
31
La standardizzazione alle origini del mercante “sedentario”
Le unità di misura variavano in peso e lunghezza da città a città,
e neanche i colori e la consistenza dei tessuti erano costanti: in
questa situazione, soltanto il titolare può decidere un acquisto, ed
è la rigida regolamentazione imposta al lavoro delle corporazioni
cittadine a consentire gli acquisti a distanza, tramite dipendenti
o corrispondenti. Questa regole minuziose, definendo e frazionando le fasi di produzione, consentirono una standardizzazione
altrimenti impossibile.
Il mercante milanese (o parigino, fiorentino, eccetera) conosceva
quindi le caratteristiche di una pezza di lana prodotta a Gand, o
altrove. Sul rispetto di questa regolamentazione vigilavano non
solo le corporazioni di mestiere (tessitori, follatori, tintori, eccetera), ma anche quella dei drappieri, che fanno lavorare le lane,
organizzano e controllano il lavoro, e quella dei grandi mercanti
che li vendono.
Il viaggio del mercante
….
Proviamo a seguire l’itinerario di un anonimo mercante milanese
che ci ha lasciato una dettagliata descrizione del suo viaggio
avvenuto fra il 1516 e il 1519, che costituisce una delle prime
“guide” pervenuteci. Partito da Milano, attraversa il Moncenisio
e la Savoia, Grenoble, Valence, Saint-Antoine de Vienne (centro
medievale di devozione), Lione, la Borgogna, Parigi (si trattiene
a lungo), Rouen, Amiens, Arras, le Fiandre, Bruges, l’Olanda,
il Brabante, torna nelle Fiandre, e si reca a Calais, da cui salpa
per l’Inghilterra. Qui lo troviamo a Canterbury (sosta alla tomba
32
….
dell’arcivescovo cattolico Thomas Becket), finalmente Londra,
Southampton (forse assiste ai festeggiamenti per il ritorno delle
“galee di Fiandra” dei mercanti veneziani), Greenwich (dove
vede il re Enrico VIII), Hampton Court (dove incontra il cardinal
Mosley). Ripassa la Manica e torna nelle Fiandre; a Bruges vede il
principe Ferrando (fratello di Carlo I, futuro Carlo V). Si trattiene a
lungo a Bruxelles. Quindi, attraversa la Francia, e arriva in Spagna
per il colle di Roncisvalle. Percorre l’itinerario tradizionale del
pellegrinaggio verso Santiago (Bordeaux, Roncisvalle, Pamplona,
Logroño, Burgos, Leon, Asturia, Valladolid), e da Santiago scende
a Medina del Campo, proseguendo poi per Toledo, Cordoba,
Granada, Malaga, Siviglia e Cadice, ritorna a Cordoba, e si dirige
verso Valencia, Tortosa e Barcellona. Entra in Linguadoca per il
passo del Perthus, si ferma a Perpignano, Narbona, Carcassonne,
Tolosa, Avignone, attraversa la Provenza e rientra finalmente a
Milano per Briançon e il Monginevro.
33
Questo controllo è uno dei fattori di successo del commercio internazionale: il mercante sedentario è l’evoluzione del mercante di
strada. Al commercio nelle fiere si affianca e poi prevale il ruolo
delle città come centri commerciali. Questo non implica che il
mercante non viaggi più, ma il viaggio diventa parte del percorso
di apprendistato, oppure è a carico del socio giovane, mentre il socio maggioritario guidava il proprio commercio dalla casa madre.
Fiera medievale
….
I luoghi della mercatura a Milano
Il centro cittadino ha rappresentato nel corso dei secoli il luogo
del commercio e della mercatura, e nel periodo altomedioevale e
precomunale il centro commerciale è la zecca (Moneta Pubblica),
presso l’antico Foro, vicino alla cattedrale di Santa Tecla. È do34
cumentata la presenza in zona delle abitazioni di molti mercanti,
come la famiglia dei Rozonidi (monetari), che nel corso dell’XI
secolo alienarono progressivamente le ingenti proprietà suburbane, per concentrare i loro interessi in quest’area molto ambita,
tanto da determinare un aumento dei prezzi delle abitazioni e
dei terreni, fino a fondare qui una chiesa di famiglia, quella della
SS. Trinità.
Qui a fianco:
Antica Chiesa della Santissima Trinità,
la facciata del primo Novecento, in via
Giasone 9 a Milano (anticamente Borgo
degli Ortolani)
….
Sotto:
Dettaglio di Milano con evidenziata la
Contrada degli Armorari, Via Spadari, Santa
Maria Segreta e Santa Maria Beltrade, oltre
alla residenza di Filippo Negroli all’angolo
con la Contrada e la piazza di Santa Maria
Segreta.
35
….
I luoghi dello scambio in età comunale
Nel X e XI secolo il mercato, la pescheria e il macello erano vicini
al Palazzo vescovile (l’odierna piazza Fontana). Il vescovo esercitava allora una forte influenza su tempi, modi e spazi relativi al
commercio cittadino. Successivamente, il mercato si spostò nelle
piazze delle cattedrali precedenti l’attuale Duomo, Santa Maria
Maggiore e Santa Tecla.
Nella grande piazza nacquero botteghe e altre strutture per la
compravendita: prima si tratta di banchi o “stalli”, poi anche di
edifici civili e privati (domus e hospitia) con una notevole concentrazione di attività commerciali.
In quella piazza trovano sede i consoli dei mercanti, attestati nel
1173 nella chiesa di Santa Maria, nel 1177 alla pescheria e nel
1212 al Broletto Vecchio. Nella pescheria si trovavano le misure
ufficiali cui i mercanti dovevano conformarsi e che i rappresentanti dell’Universitas Mercatorum dovevano controllare. La piazza delle cattedrali era, nell’Età Comunale, il cuore religioso, civile
ed economico di Milano. Anche il Consolato, massimo organo
istituzionale cittadino, trovò sede nel Broletto dell’arcivescovo, il
“Broletto Vecchio”, ai bordi della piazza. Nel 1228 venne decisa la
costruzione delle nuova sede del Comune, che definì, di fatto, un
nuovo assetto del centro cittadino.
Il Broletto Nuovo venne progettato in ogni suo angolo, con la
definizione delle strade che lo avrebbero dovuto raggiungere, delle aperture che lo ponevano in diretta relazione con le principali
porte e pusterle e con gli altri spazi vitali per il commercio (il pasquario, o piazza San Sepolcro, la “becharia magiore”, la pescheria,
il coperto della chiesa di Santa Tecla, il macello di Porta Vercel36
lina). Si venne a creare, a partire dalla metà del XIII secolo, una
piazza con una pianta rettangolare, in origine più ampia dell’attuale, che comprendeva anche il Palazzo dei Gireconsulti, ora
in via Mercanti. Vi si aprivano sei accessi riferiti agli altrettanti
sestieri cittadini. Le vie attigue prendevano il nome delle diverse
attività svolte: Armorari, Spadari, Cappellari, Orefici, Speronari,
Fustagnari.
Piazza Mercanti
….
La nuova piazza ospitò la sede del potere istituzionale e amministrativo della città, e fu anche il luogo privilegiato per le contrattazioni, lo scambio e la compravendita. Nella piazza e sotto ai suoi
loggiati vi erano i banchi di cambio e di deposito di denaro, che
rimasero per tutto il XIV e XV secolo, divenendo probabilmente
l’esercizio maggiormente rappresentato.
37
In questo periodo emerge una città ricca di forni, osterie, drapperie, laboratori di armi, lana e fustagni. In essa spiccano due aree:
la prima, centrale, era sede di mercato, di botteghe, e degli uffici
amministrativi oltre che delle sedi delle Corporazioni; la seconda,
lungo la cerchia dei Navigli, era orientata verso la produzione, con
mulini e laboratori artigiani. Il commercio della lana si svolgeva
nel portico del Paradiso, davanti alla chiesa di Santa Tecla; probabilmente, i laboratori di produzione laniera erano lungo la fascia
….
Mercanti compratori di grano e vino
38
Dettaglio di Milano con evidenziata la Contrada degli Armorari, Via Spadari, Santa
Maria Segreta e Santa Maria Beltrade, oltre alla residenza di Filippo Negroli all’angolo
con la Contrada e la piazza di Santa Maria Segreta
….
esterna della città e, in particolare, nelle parrocchie che estendevano la loro giurisdizione al Naviglio.
Le vie che si dipartivano dal centro della città – ovvero dal Broletto e dalle cattedrali– prendevano nome dalle attività che vi erano
maggiormente attestate, la contrada della Fabbriceria, la via degli
Orefici, delle Farine, dei Vaiai, degli Speronari, degli Armorari,
dei Pattari e la “strata mastra” (via Cappellari), con i portici ospi39
….
tanti le botteghe in cui si confezionavano berretti e cappucci.
Questa “specializzazione” della zona non fu solo spontanea, ma fu
favorita da decreti, ordini e grida, con l’obiettivo di regolamentare
l’afflusso delle merci e di garantire approvvigionamento e raccolta
delle ingenti imposte indirette legate al movimento e alla vendita dei prodotti. Il flusso delle merci provenienti dall’esterno delle
mura aveva nelle porte Romana e Vercellina dei passaggi obbligati,
dove il mercante era tenuto a pagare dazio, prima di portare i prodotti nei punti di raccolta per il controllo sul numero e sulla qualità.
La fortissima vocazione commerciale e residenziale del centro non
venne a decadere nemmeno con lo spostamento della sede del potere politico in luoghi periferici, e nemmeno influì sull’ubicazione e
connotazione delle strutture mercantili e commerciali milanesi, che
una pratica plurisecolare e una consolidata organizzazione interna,
aveva delimitato entro confini topografici ben determinati.
40
Frammento di velluto, broccato e bouclé in oro. Tessitura milanese risalente al 1460-1475 ca
i torriani e i primi i visconti
….
Nonostante i disordini del periodo comunale e la lotta tra i Torriani e i Visconti, l’economia milanese continua a crescere. L’Universitas Mercatorum tratta con principi, promuove la costruzione
di strade, difende gli interessi dei cittadini che percorrevano le vie
d’Europa. Viene aperta la via del Gottardo, di cui la corporazione
si impegna a difendere l’agibilità, mantenendo persino dei soldati
a garantirne l’apertura.
Con l’affermarsi della signoria viscontea, la ricchezza economica cresce ulteriormente, (auro serico!): gli interessi commerciali
41
….
sono difesi dal principe, i mercanti sono suoi alleati. I Visconti
non solo facilitano il commercio milanese, ma anche quello straniero presso il Ducato, concedendo privilegi, in concorrenza con
Venezia, ai grandi mercanti: alla “Compagnia Granda”, ovvero i
Fugger, i Gienger, e gli Irmi di Basilea (commercianti di riso).
Innumerevoli gli esempi di società formate tra lombardi, tedeschi
e ungheresi. Molti i mercanti provenienti da oltremonte che si
stabiliscono a Milano, e molti i lombardi all’estero, come gli Alzate in Germania, i Busti a Köln, i Morosini e i Suane a Basilea.
In questi anni cresce anche l’industria della seta, ma le fabbriche
esistenti non sono in grado di concorrere con il prodotto fiorentino. Filippo Maria Visconti concede speciali privilegi per attirare
da altre città, in particolare da Firenze (un esempio è Pietro de
Bartolo), persone in grado di sviluppare la produzione di qualità,
cui si aggiunse, ottenendo gli speciali privilegi, una compagnia di
genovesi. Gli Sforza applicarono a loro volta la medesima politica
dei Visconti: la produzione crebbe così rapidamente che già nel
1460 fu vietata l’importazione di stoffe auro seriche. La materia
prima è ancora importata, ma è allora che si inizia la coltivazione
dei bachi in loco.
La Signoria sforzesca favorì, inoltre, lo sfruttamento delle miniere, soprattutto nel territorio lariano, che riforniva, fin dal XIII secolo, una delle principali fonti di profitto dell’industria milanese,
l’industria delle armi.
42
Armatura di Federico il Vittorioso,
Elettore del Palatinato,
bottega dei Missaglia,
Milano 1450 ca.
Elmo in stile germanico appartenuto a
Filippo il Bello, Acciaio, argento, oro,
bottega dei Negroli,
Milano 1496-1500 ca.
….
Elmo alla borgognotta realizzato per
l’imperatore Carlo V,
bottega dei Negroli, Milano, 1500 ca.
43
IV
storia del commercio estero
a milano e in lombardia
spagnoli, austriaci, francesi
….
(secoli xvii - xix)
44
la dominazione spagnola
….
Ancora alla fine del Cinquecento, la Lombardia e in particolare
lo Stato di Milano, nonostante la perdita di territorio appariva ai
numerosi visitatori e viaggiatori stranieri come una terra ricca,
una delle più ricche zone d’Europa.
È la bassa pianura la zona che colpisce la maggioranza dei
viaggiatori.
Dopo il primo mezzo secolo di sviluppo conseguente anche alla
Pax Hispanica, inizia il lungo declino Sono anni di guerra e della
peste (1630) che si stima ridusse la popolazione milanese da circa
45
Tabella 1
Il territorio lombardo
….
Tabella 2
Stima della produzione della seta nello Stato di Milano nel 1580
46
….
250.000 a circa 75.000 abitanti, anche se il recupero fu rapido e
alla metà del secolo era tornata ai livelli precedenti.
Malauguratamente, è innegabile la crisi e il declino della manifattura cittadina nel periodo spagnolo: a partire dal 1610, infatti,
alcune produzioni, come quella dei panni nel Comasco, di fatto
scomparvero. A Milano, nel 1698 esistevano ormai soltanto 25
mulini per la seta, contro i 398 del Contado. Le cause della decadenza non sono semplicemente imputabili all’amministrazione
spagnola. All’inizio del XVII secolo, la domanda sul mercato europeo dei prodotti di alta qualità realizzati a Milano e in Lombardia non era più così alta a causa della concorrenza dei produttori
d’Oltralpe, dei toscani per lana e la seta, dei tedeschi per le armi.
Restarono nicchie di alta gamma, in particolare per le sete (lo si
deduce da un divieto emesso nel 1670 in Francia, che proibisce
l’importazione di drappi a fronte di una forte concorrenza), le
maioliche, con uno spostamento complessivo verso i semilavorati
serici e i prodotti agroalimentari.
In contrasto con la crisi della città si verifica una crescita dell’industria nel Contado, forse perché libera da alcuni vincoli imposti
dalle corporazioni urbane. La rigidità e Il costo del lavoro nelle
città sono spesso indicati come una delle principali cause della
crisi economica nelle città, insieme con il peso del fisco spagnolo.
Molto probabilmente, l’accresciuto spazio economico del Contado non compensò la crisi urbana, ma sicuramente mantenne in
vita il tessuto economico della manifattura, in grado di rifiorire
successivamente. In alcuni casi vi fu un rinnovamento, come per
la produzione di cappelli di feltro a Monza e a Caravaggio, o di
nastri a Vigevano.
47
il periodo austriaco
….
Nel 1706, la Lombardia era stata abbandonata dagli spagnoli, e
sia a Milano, sia nelle province si era ridotta la popolazione e il
numero delle manifatture, soprattutto del settore laniero. L’agricoltura era gravata dalle conseguenze derivate dal sistema della
manomorta, mentre il commercio risentiva della scarsa produzione, dei dazi interni e della difficoltà nelle comunicazioni.
Il governo austriaco si trovava, perciò, nella condizione di dover
provvedere urgentemente e radicalmente ai problemi presenti.
Per prima cosa, si propose di unificare il territorio mediante ri48
Durante la dominazione austriaca, il Ducato di Milano
comprendeva quasi tutto il territorio lombardo.
forme sostanziali, con l’obiettivo di inglobare le varie aree in un
unico corpo amministrativo ed economico, al fine di attuare una
politica amministrativa consona ai bisogni fiscali del governo
centralizzato.
….
Il ruolo delle comunicazioni
Nel 1759, con l’editto generale del censo, furono abolite le antiche
consuetudini in materia di viabilità. Le strade vennero suddivise
in tre classi: regie (o provinciali), comunali, private: le prime erano
a carico della provincia, con le spese ripartite a seconda del loro
estimo totale, le seconde erano a carico dei comuni, e le terze dei
49
co-utenti. Alla fine del Settecento, la Lombardia era dotata di
una rete stradale di buon livello anche rispetto ai Paesi europei,
cresciuta in modo organico. Furono inoltre aperti canali navigabili con servizi di trasporto regolari (come il canale di Paderno).
Le politiche doganali
Le politiche doganali, che dipendevano dalla politica generale di
Vienna più che da interessi locali, determinarono una graduale
riforma della struttura dei dazi e delle tariffe esterne. L’impostazione mercantilistica comportava un’imposta sull’importazione di
beni e manufatti di lusso e la liberalizzazione delle esportazione
(abolizione del tariffa sulla seta). L’intervento fu graduale, e solo
nel 1781 si abolirono i dazi interni per le manifatture fabbricate
nello Stato.
….
Il commercio estero in Lombardia nella seconda metà del
Settecento e nel primo Ottocento
Si ritiene che, nella seconda metà del Settecento, la bilancia commerciale fosse in deficit, e poco valsero gli sforzi per aumentare la
produzione interna in sostituzione dei prodotti importati. Il peso
delle importazioni sembra tuttavia legato a una crescita dell’economia lombarda: gli squilibri esistenti venivano coperti dalle
importazioni.
Una “fotografia” del commercio a metà Settecento ci arriva dalle
relazioni di Verri.
50
Pietro Ronzoni - Filanda nel bergamasco (1825 ca.), Fondazione Cariplo, Milano
il periodo francese
….
La politica francese può essere divisa in due fasi: fino al 1803 vede
(anche grazie al ruolo di Francesco Melzi) il mantenimento della
politica precedente, e le tariffe del 1803 sono in un certo senso
l’atto finale della riforme intraprese dall’Austria. La guerra con
l’Inghilterra, e la decisione di dare supporto alle manifatture francesi, cambiano questo atteggiamento, ma la depressione dell’economia lombarda del periodo dipende più da fattori interni. Dal
punto di vista delle esportazioni non vi sono differenze sostanziali
rispetto al primo periodo austriaco: formaggio, grano, seta grezza
51
….
e filata, cascami di seta e manufatti di seta, lino, canapa, merci di
lana, ferro battuto, prodotti metallici e opere a stampa. E nemmeno per le importazioni ci sono cambiamenti radicali: prodotti
coloniali, vino, olio d’oliva, bestiame, frutta, pesce, riso, cotone,
lana, canapa, lino, coloranti, legno, seta grezza.
La Restaurazione vedrà il ritorno delle politiche doganali precedenti in modo più articolato, anche con elementi di protezionismo per difendere la nascente industria locale. Mentre queste furono influenzate da considerazioni politiche, le iniziative relative
ai trasporti e alle infrastrutture furono maggiormente orientate
alle esigenze dello sviluppo.
Le esportazioni sono guidate dalla seta greggia e dai latticini: circa il 60% della produzione di seta e il 50% di quella di formaggio
vengono esportate. Il peso prevalente delle importazioni è costituito da beni pregiati: pannilana e tabacco, ma anche cotone in
fiocco con un ritmo di crescita molto elevato (dai 3.000 ql. nel
1815, ai 56.000 ql. del 1855, con un peso crescente del cotone
americano).
Ma problemi presenti per la seta alla metà del Settecento si ritroveranno nell’Ottocento, con una produzione estremamente
decentrata e finanziariamente molto debole che si confronta a
un numero ristretto di mercanti in grado collocare il prodotto, e
a un forte potere sulla determinazione del prezzo finale da parte
dei compratori esteri (inglesi e poi tedeschi, svizzeri, francesi). La
floridezza del mercato e le stesse caratteristiche della filiera produttiva impedirono in questi anni qualsiasi cambiamento.
52
Il ruolo dei mercanti
….
Nel periodo spagnolo, ma già ai tempi della signoria, al
patriziato milanese era vietato esercitare l’Arte della Mercatura
direttamente o indirettamente, pena la decadenza del titolo. Le
alte cariche (senato, giureconsulti, eccetera) erano appannaggio
dei patrizi, e per accedere al patriziato era necessario provare di
non aver esercitato il commercio negli ultimi cento anni. Anche
l’acquisto di un feudo dalla Corona non garantiva l’entrata tra
i patrizi milanesi. Si giunse al paradosso, evidenziato anche
da numerose testimonianze di viaggiatori, che le persone di
maggior successo nel proprio campo abbandonavano la loro
professione per “salire” nella scala sociale, con effetti positivi per
l’agricoltura, destinataria degli investimenti degli ex mercanti,
ma a detrimento del commercio e della classe dei mercanti. Il
fenomeno fu limitato, ma rilevante.
Questa concezione si mantenne anche dopo la fine del norme
giuridiche relative: ancora alla fine del Settecento abbiamo ricchi
banchieri e mercanti che nel testamento chiedevano agli eredi di
smettere di esercitare la mercatura.
Con l’avvento di Napoleone, i mercanti – la cui posizione fu
ampiamente dibattuta durante l’Illuminismo e modificata dalle
riforme avviate dalla casa d’Asburgo – furono chiamati a svolgere
un ruolo anche nella vita politica e pubblica.
53
V
storia del commercio estero
a milano e in lombardia
….
dopo l’unità d’italia
(1861 - 1900)
54
Le italiane al lavoro tra Ottocento e Novecento,
in Mestieri da donna, di Angela Frulli Antioccheno
dopo l’unificazione
….
Per la Lombardia, l’Unità d’Italia significò poter agire in un contesto di minor concorrenza interna rispetto a quello dell’Impero
austro-ungarico.
Dopo l’unificazione ha inizio, seppur lentamente e spinto dalle
politiche doganali (la tariffa del 1878 e, ancor più, quella protezionistica del 1887), il processo di industrializzazione – avviato fino
ad allora praticamente soltanto nell’area Milano-Genova-Torino
– che muterà complessivamente i flussi commerciali. Dal 1861 al
1876, il valore del commercio delle merci aumentò del 94%, cre55
scendo fino a raggiungere i 2.405 milioni di lire nel 1881, grazie
anche a una politica del cambio che favorevole alle esportazioni.
Crescono le importazioni di ferro e carbone, oltre che lana grezza
e cotone. Il grado di “apertura” mostra chiaramente l’importanza
che iniziano ad assumere export e import sul nostro PIL. Lo stato di arretratezza e la crescita lenta sono testimoniati dalla struttura del commercio estero: al primo posto dell’export troviamo i
prodotti primari tipici. La seta greggia, nel 1862, è di gran lunga
il primo prodotto, con 29,9% sul totale (il secondo è l’olio di oliva,
all’11,9%): da sola, costituisce quasi il 50% sull’export totale dei
primi dieci prodotti.
Piemonte, Lombardia e Veneto avevano 250.000 fusi di cotone
nel 1857, contro i 70.000 del Regno delle due Sicilie (rapporto 3.6), e 7230 impiegati nell’industria metalmeccanica contro
i 2.500 al Sud. I dati a nostra disposizione fanno emergere la
presenza di due apparati industriali, con una netta prevalenza del
Nord. Se si confronta la situazione italiana con i dati dei principali competitor europei, emerge tutta la distanza complessiva:
l’Inghilterra aveva 30.000.000 di fusi; le 17.000 tonnellate di
acciaio prodotte nel Nord vanno paragonate con i 3.772.000 di
tonnellate inglesi.
….
“La vanga e la seta sono le due miniere della ricchezza lombarda”
(S. Jacini, 1856)
La Lombardia inizia una profonda trasformazione, produttiva e
sociale. Primo fattore di sviluppo economico è ancora una volta
la bachiseticoltura, costituiva una parte importante nell’economia
contadina: si stima che il 60% delle famiglie contadine vi fosse
56
….
coinvolto, e che costituisse fino al 10% del loro reddito monetario.
Nacquero le filande vicino ai luoghi di produzione, le matasse di
seta andavano poi ai filatoi, che realizzavano il filato, e dopo altre
lavorazioni la seta era pronta per i tessitori d’Oltralpe. Nel primo Ottocento viene introdotto l’uso del vapore: innovazione che,
insieme ad altre, migliora la qualità e l’uniformità del prodotto.
Negli anni 1870, la trasformazione in senso industriale può dirsi
finalmente compiuta. Il commercio in mano ai grandi mercanti
milanesi e ai loro commissionari. Nella produzione serica si spostò l’attenzione dalle fasi iniziali di lavorazione dei bachi alla fase
finale della filatura, cioè la torcitura: la quota di seta completamente filata sulle esportazioni totali di questo prodotto aumentò
dal 17% all’80%, nel periodo tra il 1855 e il 1865. L’incremento della filatura, che si concentrò principalmente in Lombardia,
comportò forti mutamenti nell’atteggiamento degli imprenditori,
quali una maggiore propensione all’adozione di innovazioni tecnologiche e un aumento di attenzione per la qualità dei prodotti.
A essa, si affianca rapidamente l’industria cotoniera: nascono le
filature meccanizzate già all’inizio dell’Ottocento, mentre la tessitura rimane ancora prevalentemente manuale e a domicilio; dagli
anni Settanta dell’Ottocento si affermano i moderni cotonifici
che integrano filatura, tessitura e finissaggio. Secondo le cronache
del tempo, prevaleva ancora la dislocazione delle manifatture nel
Contado piuttosto che a Milano, e questo per una serie di fattori:
i costi, la possibilità di disordini, la maggior flessibilità, il lavoro
che veniva svolto a domicilio e la presenza di piccole aziende collegate a compagnie commerciali e finanziarie, preferite ai grandi
impianti più soggetti a crisi. Anche lo stesso G. Colombo, pionie57
re dell’industrializzazione, condivideva questa visione. L’industria
siderurgica non assume allora dimensioni consistenti e non è in
grado di concorrere con i produttori europei. Lo stesso vale per
l’industria meccanica, che produceva “un po’ di tutto”, sebbene la
domanda di locomotive fosse coperta per l’80% da inglesi e belgi.
Da quanto si è detto, si capisce che la fiducia nello sviluppo è
ancora legata alla capacità di trasformazione delle industrie tradizionali e agli sforzi di alcuni imprenditori per avviare la meccanizzazione del settore del cotone.
Nasce, nel 1872, la Pirelli, anche grazie all’appoggio dato a Giovanni Battista, il capostipite della grande famiglia Pirelli di industriali da due finanzieri e commercianti di sete.
….
Veduta del primo stabilimento Pirelli di via Ponte Seveso, 1872, Fondazione Pirelli.
58
Qui sopra, da sinistra a destra
La ciminiera della centrale elettrica di via Santa Radegonda
con il Duomo sullo sfondo, Milano, 1883.
Veduta dell’Esposizione Nazionale del 1881 allestita ai Giardini Pubblici. I padiglioni
coprivano tutto il giardino vecchio compreso il Salone, la Villa Reale e il parterre del
Balzaretto davanti alla Villa Reale.
….
Gli anni 1880
Gli anni Ottanta del XIX secolo si aprono in un clima di fiducia,
e sono tre gli eventi più rappresentativi di questo sentire:
• l’apertura del traforo del Gottardo (1882)
• l’inaugurazione della prima centrale elettrica (1883) a Milano, in via Santa Radegonda
• l’Esposizione Nazionale a Milano del 1881.
In precedenza, a Milano non vi erano state manifestazioni paragonabili alla storica fiera di Lione, e questa esperienza di “celebrazione” del progresso scientifico ed economico portatore di pace si
afferma nel quadro delle esposizione universali, industriali, internazionali a partire dall’esposizione di Londra del 1851. Con le
59
Qui sopra
Stabilimento Velvi: la costruzione di questa fabbrica per la
filatura, la torcitura e la tessitura del cotone risale al 1839.
Fra i primi complessi industriali della valle dell’Adda,
fu fondato dalla società Sioli-Dell’Acqua. Passato ai Visconti
di Modrone nel 1965, il prodotto più rinomato e richiesto tra
quelli usciti dalla fabbrica fu il velluto di cotone
(da cui il nome “Velvis”, nato dalle lettere iniziali del tessuto
e del nome dei proprietari), ancora oggi fiore all’occhiello
della produzione a Vaprio.
esposizioni universali, si esalta la
figura dell’industriale a scapito,
in un certo senso, di quella del
mercante.
La precedente
Esposizione di
Firenze del 1871
aveva evidenziato la complessiva
arretratezza del
Paese. L’Esposizione Nazionale
di Milano del
1881 evidenziò,
….
Qui a fianco
Lo stabilimento
dell’industria
meccanica Cerimedo,
futura Breda.
60
invece, i progressi dell’industria nazionale, in particolare della
produzione meccanica lombarda che va ad affiancarsi ora a quella
di Genova e Napoli e inizia a concorrere con i prodotti di importazione.
Alla produzione tessile dei grandi cotonifici come Cantoni, Crespi, Borghi, si affianca quella meccanica. Nell’arco di un periodo
relativamente breve nascono numerose industrie:
meccaniche [Cerimedo (futura Breda), Grondona, Bosisio, Suffert Cantoni Krumm (Franco)]; tipografiche: Ardizzoni, Magnani, Dell’Orto.
Tra le numerose iniziative, vogliamo ricordare quella di Enrico
Dell’Acqua. Partito da una piccola fabbrica bustese, conquista
prima i mercati del sud Italia e poi si espande nel Sudamerica, conducendo una vera e propria analisi di mercato, si rivolge
alle comunità all’estero in Argentina a Brasile, e crea una rete di
distribuzione e una rappresentanza a Busto Arsizio. È il primo
esempio di esportatore cotoniero: “Un principe mercante”, così lo
….
Qui a fianco
Locomotiva Henshel fornita dalla
Cerimedo per la tranvia MonzaTrezzo-Bergamo.
61
descrisse Luigi Einaudi in un suo famoso saggio.
È da notare che le ragioni sociali e i soci di molte delle aziende
esistenti in questo periodo hanno nomi provenienti da gran parte
d’Europa.
Milano, da sempre congiunzione tra il Mediterraneo e i Paesi
nordici (soprattutto quelli di lingua tedesca), riprende e accresce
la tradizione della mercatura. L’apertura del traforo del Gottardo facilita la crescita delle importazioni, e a esso si aggiunge una
ricca rete stradale avviata già nel Settecento dagli austriaci. Tutti
fattori positivi che favorirono l’arrivo di capitali, di tecnologie e di
imprenditori che crearono rappresentanze commerciali, aziende,
filiali, fra le quali emerge la fondazione della Banca Commerciale
d’Italia nel 1884, che ebbe un ruolo fondamentale nello sviluppo
industriale italiano e lombardo.
La Lombardia e la politica dei dazi del Regno d’Italia
….
Le politiche dei dazi, dall’applicazione del dazio generale
sabaudo all’affermarsi della tariffa protezionista del 1887, si
intrecciano con le vicende della Camera di Commercio e del
Comune.
A un periodo di prevalenza dei “liberisti” nella Camera di
Commercio, espressione dei produttori serici e del settore
creditizio, portatori degli interessi dell’agricoltura, dell’industria
serica e leggera, seguì l’affermarsi del fronte protezionista: in
primis i cotonieri, cui si unirono gli esponenti della finanza. Vi
fu un successivo ritorno “liberista”, ma oramai in un quadro
generale dove prevaleva la politica protezionista.
62
VI
storia del commercio estero
a milano e in lombardia
….
anni di guerre
(1900 - 1945)
63
Brescia, Metallurgica Tempini, Ingresso degli operai in fabbrica. Fondata nel 1886
dall’industriale bresciano Giovanni Tempini, la fabbrica era specializzata nella
produzione di granate, spolette e bossoli d’acciaio di vario calibro.
l’industria lombarda
dall’inizio del 1900 alla
seconda guerra mondiale
….
Dopo la crisi del 1887, che colpì anche le esportazioni, tra il 1888
e il 1913 l’economia italiana ottiene risultati rilevanti rispetto al
periodo precedente, ma ancora insufficienti: cresce il deficit alimentare e l’import di beni di consumo primari. L’industrializzazione accelera, ma siamo ancora lontani dai livelli dei Paesi più
avanzati. L’industria lombarda prima della Prima guerra mondiale si presentava con Milano centro industriale, commerciale
64
e finanziario, con i primi segni della crisi della industria serica
“diffusa” e l’affermarsi del distretto comasco. I cotonifici si spostano rispetto ai tradizionali insediamenti, per le disponibilità di
forza motrice. Rimangono alcuni poli tradizionali come il cartario a Salò e il metallurgico nel Lecchese. La crescita maggior
riguarda il polo siderurgico-meccanico, presente nel Bresciano e,
in modo più articolato, nel Milanese. Esiste poi una produzione
“artigianale-industriale” di automobili e aerei.
La Prima guerra mondiale rafforza il sistema industriale in tutta
la regione, e vede la nascita di nuovi produttori nella chimica,
nelle fibre artificiali e nell’elettromeccanica. Cresce anche la loro
dimensione. Negli anni Venti, la politica del cambio penalizza le
imprese esportatrici tessili e meccaniche lombarde, mentre la li-
….
Milano,Officine Aeronautiche Caproni di Taliedo. L’ingegnere Gianni Caproni, uno
dei più grandi pionieri dell’aviazione mondiale, iniziò la sua attività di costruttore e
sperimentatore nel 1909, stabilendosi dapprima a Malpensa, poi a Vizzola Ticino, per
produrre molti tipi di aeroplani che si aggiudicarono numerosi successi e primati. Nel
maggio 1910 fece volare il suo primo aeroplano.
65
Milano, Naviglio Pavese, Cartiere Binda. Le macchine della fabbrica – la cui attività era
iniziata nel 1885 – erano alimentate dalle acque del Lambro Meridionale, che scorrevano
in “Conca Fallata” (la seconda a partire dalla Darsena). Alla fine dell’Ottocento le
Cartiere Binda avevano raggiunto la dimensione di un vero e proprio villaggio, analogo al
più noto di Crespi d’Adda.
….
beralizzazione delle tariffe interne favorisce il comparto elettrico.
Con la crisi degli anni Trenta e delle grandi imprese, ripartono le
attività di nicchia – arredamento, pelletteria, abbigliamento – per
un nascente ceto medio. La crisi internazionale e la politica del
regime limitano la possibilità di commercio verso l’estero, mentre
l’autarchia favorisce lo sviluppo del settore meccanico e chimico,
sottraendolo alla concorrenza. Nel 1939, alla vigilia della Seconda
guerra mondiale l’Italia figurava solo al 46mo posto nell’interscambio, con lo 0,13%, e al 12⁰ in Europa.
66
….
Milano, La Rinascente. I grandi magazzini che erano stati fondati dai fratelli Bocconi
per la vendita di abbigliamento preconfezionato, rilevati dal senatore Borletti nel 1917
e ribattezzati da D’Annunzio “La Rinascente”, furono una di quelle attività che riuscì a
sopravvivere e superare la terribile crisi economica degli anni Trenta.
67
La ricchezza di Milano
….
“Ogni giorno nuove imprese si
fondano, nuovi ‘finanziamenti’
hanno luogo sia per aziende
locali che per altre di fuori,
sia per industrie, commerci,
produzioni agricole o imprese
edilizie che esplicano a Milano
e vicinanze la loro attività,
sia di quelle che si estendono
su tutta l’Italia. A quanto si
può valutare la ricchezza di
Milano? Nella insufficienza
grande di dati precisi od
anche attendibili è ardua ogni
conclusione al riguardo. Si
può però venire ad un cifra di
una certa approssimazione
basandosi sui redditi colpiti dalle tre imposte dirette principali:
terreni, fabbricati e ricchezza mobile; sui depositi presso i vari
Istituti di credito, sul movimento della stanza di compensazione,
sul valore di alcuni titoli locali che si possono presumere in
mano di cittadini, sugli interessi pagati per i fondi di Stato alla
tesoreria locale, il tutto però conglobando in modo da non
incorrere: da una parte in duplicati di stima e dall’altra in una
eccessiva fiducia nelle cifre ufficiali; poiché si sa come certi
redditi dei cosiddetti enti collettivi, i cui bilanci sono sottoposti
al Fisco e che all’infuori di abilità di compilazione non possono
ricorrere a troppe diminuzioni di “registrazioni” attive. Da
calcoli istituiti in tal modo potrebbe desumersi che la ricchezza
pubblica e privata di Milano si aggira dagli 8 ai 9 miliardi di lire
68
di cui un miliardo e mezzo circa di ricchezza fondiaria ed il resto
di ricchezza mobiliare (opifici, commerci, mutui, titoli, ecc.). E
questa ricchezza mobiliare è la gran forza di Milano, è quella
che la spinge a sempre nuovi investimenti produttivi nella città
e nel Paese intero, tentando anche le vie dell’estero. Molti titoli
esteri giacciono già nei forzieri milanesi e più ve ne entrano ogni
di con fenomeno inavvertibile dai più ma noto a chi ha pratica di
borsa e di banca. In molte imprese straniere il capitale milanese
va partecipandovi sempre più anche con investimenti diretti non
rappresentati da titoli. Milano sembra felicemente avviarsi alla
potenza finanziaria. Lo spirito di iniziativa, l’amore al lavoro ed al
risparmio dei sui cittadini fanno presagire non lontano il tempo
in cui, l’Italia cessata d’essere – e quasi sta per esserlo – un paese
debitore per divenire un paese creditore, Milano assurgerà a
mercato internazionale di capitali accrescendo vieppiù la sua
importanza e riacquistando colle mutate proporzioni dei tempi
moderni, la fama di città del lavoro e della finanza che godeva
nella gloriosa epoca del Comune e del Ducato dei torrioni dei
Visconti e degli Sforza.”
L’articolo, fu pubblicato nel 1906, durante l’Esposizione
Internazionale di Milano, ed è tratto dall’antologia:
Amministrazione Municipale di Milano, Milano nel 1906, Edizione
fuori commercio, Tipografia Umberto Allegretti Milano, Milano,
citata in Daniele Marconcini - Circolo storico della Stampa
Lombarda - www.lombardinelmondo.org
….
L’Esposizione Internazionale di Milano, inaugurata nel 1906, fu allestita per
celebrare l’apertura del traforo del Sempione, una nuova via che apriva l’Italia al
commercio con l’estero.
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VII
storia del commercio estero
a milano e in lombardia
….
il secondo dopoguerra
(1950 - oggi)
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Milano, lo stabilimento Pirelli bombardato.
gli annni della ricostruzione
….
Per quanto la struttura produttiva fosse uscita dalla guerra relativamente integra (si stimano danni medi del 10-12%), gli impianti utilizzati per la produzione, tuttavia, non potevano essere
riconvertiti immediatamente perché usurati e non aggiornati.
Unica eccezione, l’industria tessile, che inoltre disponeva con più
facilità di materie prime. In misura minore, la stessa situazione
era applicabile all’industria della gomma.
Il commercio estero era ancora condizionato dall’ordinamento
corporativo: il Ministero definiva i criteri, distribuiva le licenze,
71
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e determinava i contingenti; l’Ufficio Italiano Cambi effettuava i
pagamenti, acquistava e vendeva le valute (le monete erano prevalentemente non convertibili). Il sistema presupponeva l’equilibrio,
l‘accentramento e il monopolio dei cambi.
Il primo passo verso la ripresa economica estera furono gli “accordi di pagamento”, che decentravano presso le banche commerciali
le operazioni, riducendo la variabilità del cambio e mantenendo
la disponibilità della valuta fino al regolamento. I primi accordi
miravano però a evitare disavanzi, piuttosto che a incrementare
il volume.
Una parziale modifica fu ottenuta per la pressione degli operatori, riuniti nel primo Congresso degli operatori commercio estero
organizzata nel 1946 dalla nascente AICE (Associazione Italiana
Commercio Estero). Una delle richieste emerse fu quella di poter detenere parte della valuta incassata. Il ministero del Tesoro
concesse agli esportatori di detenere il 50% (cambiabile al mercato libero), il restante doveva essere ceduto allo U.I.C. (Ufficio
Italiano dei Cambi) con un maggiorazione sul cambio ufficiale.
Nello stesso anno l’Italia aderì agli accordi di Bretton Woods:
nascita del FMI (Fondo Monetario Internazionale) e della banca
degli investimenti, convertibilità delle monete verso il dollaro, a
sua volta convertibile in oro con la creazione del sistema di Gold
Exchange Standard.
Nel 1947 L’Italia aderisce a GATT (General Agreement on Tariffs and Trade), accordo sulle tariffe e il commercio, orientato
all’abbattimento delle barriere e alla crescita del commercio basato su due principi: “reciprocità” e “nazione più favorita”.
L’Italia si prepara alla sfida dei mercati; gli imprenditori si orien72
tano verso le esportazioni, spinti anche dalla carenza della domanda interna. Ancora una volta, è il settore tessile il primo a
crescere: a differenza delle industrie tessili europee, quella italiana
ha subito meno danni dalla guerra, e la riconversione risulta più
facile. Nella ridefinizione del sistema degli scambi assume importanza una serie di accordi multilaterali europei che liberalizzano
le importazione in ambito OECE (Organizzazione per la Cooperazione Economica Europea) per molti prodotti.
A partire dal 1948, la produzione e gli scambi hanno un ulteriore
crescita. Gli anni 1950 iniziano con un periodo difficile legato
al clima internazionale: sono gli anni della guerra di Corea, e gli
scambi internazionali si riducono in tutto il mondo. In Italia, si
ebbe una contrazione del 65% dell’interscambio. Nel 1952 l’economia riparte, con un breve interruzione nel 1959, proseguendo
fino al ’62 . Il primo periodo è legato alla liberalizzazione nel quadro OECE, mentre la fase ’59 - ’62 rappresenta l’inizio del processo d’integrazione: La quota dell’export verso l’Europa è al 57%,
le importazioni dall’Europa salgono dal 42% al 46,5% nel ’58.
….
Gli anni del “miracolo economico” evidenziano gli squilibri dell’economia italiana. Nel 1964 le importazioni di beni di consumo
superano le esportazioni con possibili conseguenze inflazionistiche: la stretta creditizia sancisce la fine del “boom”. Negli anni
precedenti, l’economia in Italia era cresciuta più che in Germania
e Giappone, allo stesso modo erano cresciute le esportazioni, sempre nei settori tradizionali: tessile e meccanico (macchine utensili
e tessili, macchine per l’industria alimentare). Il caso di maggior
successo è però l’industria degli elettrodomestici, che esporta
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….
fino al 75% della produzione, spinta da due fattori: innovazione
e basso costo del lavoro. Gli anni Settanta vedono ancora una
crescita dell’economia, condizionata dalle crisi petrolifere e dal
crescere dell’inflazione (1980 al 22%). Con l’adesione allo SME
(Sistema Monetario Europeo) e la nascita dell’ECU (European
Currency Unity) dopo gli anni dei provvedimenti di emergenza
che influenzavano negativamente gli scambi, nel 1979 si perviene
a nuovo equilibrio europeo, ma nei primi anni Ottanta vi è ancora
la crescita dell’inflazione e del disavanzo del settore pubblico.
Parallelamente, negli anni Ottanta e Novanta si afferma un modello basato sulle esportazioni, con una notevole crescita dell’import di manufatti per l’aumento dell’interdipendenza tecnologica.
Nel periodo 1992 - 1995 è ancora la svalutazione a sostenere la
competitività delle esportazioni, ma nel periodo 1996 - 2005 il
tasso di crescita delle esportazioni è solo del 0.6 % a fronte di
una crescita del commercio internazionale del 6,5%. La specializzazione produttiva e il peso dei settori tradizionali, determina
una scarsa propensione all’innovazione e l’esposizione alla concorrenza dei Paesi.
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Milano, Fiera Campionaria, 1950 - Padiglione della meccanica “B” (macchine per il
legno, metallurgia e siderurgia, fonderie, eccetera)
….
Milano, Fabbrica Innocenti, produttrice della “mitica” Lambretta.
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Milano, protesta in Piazza Affari contro i licenziamenti
gli anni 2000
e il commercio lombardo
La crisi che ha colpito il commercio mondiale nel 2008 non ha
precedenti nella storia recente, ed è stata determinata da vari elementi: il calo della domanda nei Paesi avanzati, le politiche restrittive dei governi, la stessa elevata integrazione mondiale, l’introduzione di misure protezionistiche e, non ultima, la crisi del
settore automobilistico causata dalla sovrapproduzione In Italia,
l’impatto della crisi sugli scambi con l’estero è stato estremamente
negativo, con una riduzione di oltre il 20%. Inoltre, causa l’in….
.
76
certezza dei mercati e la riduzione della domanda interna, anche
le importazioni hanno registrato una contrazione importante
(-22%). La quota italiana sul commercio mondiale è rimasta sostanzialmente costante, al 4.5%. L’andamento dell’area milanese
è in linea con quello nazionale, con valori leggermente meno negativi; risulta invece complessivamente peggiore la Lombardia e
ancor più il Nord-Est colpito dal calo della domanda.
Il ruolo degli attori /operatori del commercio
….
Nel 1930 si stima fossero attive 850 case di import-export,
mentre le case estere risultavano essere 280 (settore marittimo,
materie prime, industria meccanica ed elettrotecnica), essi
agivano però con gli stretti vincoli imposti. I consorzi per
l’esportazione controllati dal ministero delle Corporazioni erano
una quarantina.
Negli anni della ricostruzione, con il mutato quadro normativo
e di mercato, si afferma il ruolo del trader e nascono le prime
trading company italiane. I mercati un tempo tradizionali come
Centro e Sud America sono ora difficili, insieme con i nuovi
mercati dell’Est Europa e Ex Unione Sovietica, Cina, e Medio
Oriente. Le imprese di trading sono in grado di adeguarsi
rapidamente ai mutamenti, e quindi di aiutare l’impresa italiana
(anche di grande dimensioni) a operare sui mercati esteri,
soprattutto per la vendita di beni strumentali e know-how verso
l’Est. Successivamente, a partire dagli anni Settanta, questo ruolo
viene svolto anche a vantaggio delle piccole e medie imprese non
in grado di dotarsi di strutture specializzate.
77
….
Negli anni Ottanta e Novanta, cresce la specializzazione
necessaria a operare in un mercato sempre più complesso
caratterizzato, tra l’altro, dalla presenza crescente delle
multinazionali.
Il nuovo secolo vede la sfide costituite dalla globalizzazione,
dalla crescita di nuovi e potenti competitor economici, (in primo
luogo, la Cina), dal clima politico, dalla crisi finanziaria nei Paesi
occidentali e, per noi in Europa, dalla nascita della società digitale
(e-commerce - B2B , mercati telematici) con nuovi attori e un
nuovo paradigma che si afferma in tutti i settori.
78
VIII
storia del commercio estero
a milano e in lombardia
….
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Iconografia
Claudio Centimeri, Expo 1906 in 3-D. L’Esposizione
Internazionale di Milano del 1906 nelle fotografie tridimensionali
dell’epoca, Milano, Cisalpino, 2015.
83
Realizzato da Proedi Editore, ottobre 2016
Wikipedia, alla voce “Lombardia”, dà la seguente
informazione: “La Lombardia è la prima regione d’Italia per importanza economica, contribuendo a circa un quinto (21,69% nel 2014) del prodotto interno
lordo nazionale. Inoltre ospita molte delle maggiori attività industriali, commerciali e finanziarie del
Paese e il suo reddito pro capite supera del 27,9%
il corrispondente valore calcolato a parità di potere
d’acquisto standard per l’Unione europea. Insieme a
Baden-Württemberg, Catalogna e Alvernia-RodanoAlpi, è uno dei quattro motori dell’Europa.
Paolo La Rocca, IT Program Manager, libero professionista. Laureato in Economia e Commercio con una
tesi sull’innovazione tecnologica nei distretti industriali. Appassionato di Storia e impegnato in attività
di volontariato con il FAI (Fondo Ambiente Italiano)
per la difesa e la valorizzazione del nostro patrimonio
storico.
PDF
Edizione speciale realizzata in occasione della pubblicazione su
www.museomilano.it di Aice e gli operatori del commercio estero
ottobre 2016