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i quaderni di museo milano Storia del commercio estero a Milano e in Lombardia di Paolo La Rocca i quaderni di Museo Milano Storia del commercio estero a Milano e in Lombardia a cura di Paolo La Rocca per conto di AICE - Associazione Italiana Commercio Estero Storia del commercio estero a Milano e in Lombardia di Paolo La Rocca Copyright ©2016 Proedi Editore - MuseoMilano Tutti i diritti riservati Proedi Editore - Gruppo Proedi via Ezio Biondi, 1- 20154 Milano tel. 02 349951 fax 02 33107015 www.proedieditore.it - www.museomilano.it Contatti: Patrizia Masnini, responsabile di Proedi Editore [email protected] Direttore editoriale: Andrea Jarach Progetto grafico, impaginazione e servizi editoriali: Patrizia Masnini, Rossana Superina Sommario introduzione 5 dalle origini all’alto medioevo proto storica - l’alto 10 - medioevo i celti 17 - 11 - 9- periodo carolingio dai comuni ai visconti la lombardia nel medioevo visconti 41 - la lombardia 20 - 19 i torriani e i primi i spagnoli, austriaci, francesi dominazione spagnola 45 - 12 18 - milano romana 44 - la 48 - il il periodo austriaco periodo francese 51 dopo l’unità d’italia 54 55 dopo l’unificazione anni di guerre 63 l’industria lombarda dall’inizio del 1900 alla seconda guerra mondiale 64 il secondo dopoguerra gli annni della ricostruzione 71 - commercio lombardo bibliografia 79 70 gli anni 76 2000 e il Wikipedia, alla voce “Lombardia”, dà la seguente informazione: “La Lombardia è la prima regione d’Italia per importanza economica, contribuendo a circa un quinto (21,69% nel 2014) del prodotto interno lordo nazionale. Inoltre ospita molte delle maggiori attività industriali, commerciali e finanziarie del Paese e il suo reddito pro capite supera del 27,9% il corrispondente valore calcolato a parità di potere d’acquisto standard per l’Unione europea. Insieme a Baden-Württemberg, Catalogna e Alvernia-RodanoAlpi, è uno dei quattro motori dell’Europa. Inoltre è parte del cosiddetto cuore economico del Vecchio Continente e Milano è, unitamente a Londra, Amburgo, Francoforte, Monaco di Baviera e Parigi, una delle sei capitali economiche europee”. “Perché?”, viene istintivamente da chiedersi. Seguendo il filo dell’evoluzione del commercio estero nel corso del tempo – dai primi insediamenti celtici ai giorni nostri – l’autore di questo saggio ci offre un quadro complessivo, articolato nel tempo, sullo sviluppo di quei settori dove Milano e il territorio lombardo si sono maggiormente distinti nell’arco di duemila anni. Si tratta di un argomento complesso e ampissimo, di cui trovate qui di seguito un quadro generale per comprenderne il meccanismo e l’evoluzione e un valido strumento di partenza per approfondirlo e saperne di più. Leggi anche Aice e gli operatori del commercio estero I storia del commercio estero a milano e in lombardia …. introduzione 5 Lombard Street, Londra introduzione …. L’importanza nel corso della storia del commercio milanese e lombardo in Europa è testimoniata in vari modi, un esempio tra tanti è l’attuale Lombard Street, a Londra, dove persiste la memoria del commercio con l’Italia e con i “Lombardi”. Lombard Street ha le sue origini in una delle principali strade romane di “Londinium”, futura London. Successivamente re Edoardo I (1272 - 1307) concesse un appezzamento di terreno ai banchieri e orafi provenienti dalla parte del nord Italia, conosciuta come “Lombardia”. Il nome “Lombardia”, nel corso del tempo, ha assunto significati 6 geografici e politici diversi, praticamente mai coincidenti con il territorio attuale: soltanto durante il dominio austriaco il territorio e la divisione politica sono sovrapponibili. Precedentemente, parte dell’attuale Piemonte (Novara) era lombardo, mentre Vene-zia dominò a lungo la parte orientale: Bergamo, Brescia, Crema e il Cremasco. Un elemento che percorre i vari secoli è la prevalenza demografica, politica ed economica della città di Milano (con la sola parentesi di Pavia capitale del regno longobardo e centro del potere carolingio). Nel periodo tardo imperiale fu capitale dell’Impero, nel periodo Comunale si espanse a scapito della altre città, e pro-seguì secondo questa linea anche durante il periodo delle Signo-rie. Durante il dominio spagnolo Milano subì un appannamento cui non corrispose il prevalere di altre città, poiché si trattava di una crisi comune, compensata parzialmente da una maggior atti-vità economica del contado. …. La chiesa di St Mary Woolnoth, che si vede sul fondo, sorge, bene in vista, sull’intersezione di Lombard Street e King William Street, vicinissima alla fermata del metro BANK 7 …. A Londra, Lombard Street è storicamente la strada dei banchieri. Al n. 68 spicca un’insegna con un grillo (in inglese grasshopper) con le lettere TG e una data 1563. Si tratta dell’insegna di Thomas Gresham (c. 1519 – 21 novembre 1579). I Gresham erano grandi mercanti e finanzieri di Londra, insigniti del cavalierato dal re da Enrico VIII per aver favorito i commerci con l’estero. Thomas Gresham, sotto il regno della regina Elisabetta I, oltre al suo incarico di agente della Corona, divenne temporaneamente ambasciatore presso la corte del duca di Parma; fondò inoltre la banca di Londra, il Royal Exchange e, nel 1563, ne finanziò la costruzione (proprio dietro l’angolo di questo edificio). Il grillo, che rimanda a un gioco di parole sul cognome GRESHAM (“grass ham” significa fattoria o fattoria azienda agricola di grano) ad attestare la fama della famiglia Gresham è presente in molte sculture londinesi. Foto di Josep Renalias© 8 II storia del commercio estero a milano e in lombardia …. dalle origini all’alto medioevo (secoli v a.c. - ix) 9 Vasi risalenti alla civiltà di Golasecca la lombardia proto storica …. La civiltà di Golasecca (Golasecca, Como, Bellinzona) fu snodo per i commerci tra Etruschi, Greci e popoli a nord delle Alpi, grazie anche alla presenza dei fiumi e dei laghi prossimi ai valichi alpini: il sale era uno dei principali prodotti commerciati. A Golasecca si affiancavano l’area di Milano, collegata tramite la Val Scrivia a Genova (fondata dagli Etruschi in concorrenza con Marsiglia per commerciare con la pianura) e l’Etruria padana nell’attuale mantovano (Forcello Bagnolo di San Vito). 10 La scrofa semilanuta, cui si dice abbia origine il nome “Milano”. La leggenda racconta infatti che, nel 600 a.C:, un aruspice consigliò al celta Belloveso di fondare la sua città laddove avesse trovato una porcellina con il dorso coperto a metà di lana i celti …. Con la fine delle guerre tra Galli Cisalpini e Romani, a partire dal II secolo a.C. si svolsero nella Pianura Padana importanti fiere mercantili che garantiscono l’affluenza di mercanti da tutta la Penisola. Le fonti descrivono la grande ricchezza agricola della Pianura, il basso costo dei suoi prodotti e la qualità degli allevamenti di maiali, le cui carni salate e affumicate costituivano una preziosa riserva alimentare anche per gli eserciti. Sui mercati della Cisalpina giungevano merci (oli, profumi, vini attestati dal ritrovamento dei caratteristici contenitori) provenienti dall’Italia peninsulare e dal Mediterraneo orientale. 11 Insegna della “VII Coorte dei Vigiles” incaricati di intervenire in caso di incendio milano romana …. Già Polibio, nel 200 a.C., notava l’abbondanza del bestiame che veniva esportato dalla “Lombardia” in buona parte d’Italia e il basso prezzo dei cereali e, nel IV secolo d.C., Ausonio (Anthologia Latina) descrive Milano come una delle più splendide e nobili città al mondo. Il Po era la principale via di comunicazione, le direttrici terrestri erano la via Emilia (da Rimini a Piacenza) e la via Postumia (da Genova a Tortona, proseguendo poi per Cremona). Le dichiarazioni di autori latini come Strabone e la presenza di numerose epigrafi ci aiutano a capire quali fossero allora le prin12 …. cipali produzioni e commerci. Da loro si apprende che il Nord Italia è parte di un più vasto mercato, con Milano è centro di importazione del vino da tutto il Nord e dell’esportazione verso i mercati imperiali. È qui che nascono officine di fabbri e tessitori, complessi per la fabbricazione delle armi, e si diffonde la lavorazione del legno, dei vetri e dei gioielli. Le maggiori testimonianze (Museo Archeologico di Milano, Soprintendenza speciale per i beni culturali di Roma) citano la qualità della “lana gallica” in riferimento al commercio e alla produzione delle vesti di lana. Alla lana si aggiunge la produzione e il commercio delle pelli, delle calzature e l’industria del lino, tutte produzioni “di qualità” cui si affianca la produzione di tuniche e mantelli destinate ai legionari, e quella degli stracci praticata dai “centonarius”, che producevano vesti per schiavi e grandi coperte di lana che gli antichi “vigiles” utilizzavano intrise di acqua e aceto per soffocare il fuoco. La Corporazione dei mercanti tratta ceramiche, bronzi e tessili. Dal Mediterraneo alla Francia, dal Danubio a Budapest, attraverso la Svizzera: questi erano i mercati “globali” del tempo, che sussistevano insieme ai mercati interregionali e locali, allestiti lontano dalle strade del commercio. In epoca tarda romana, Milano mantiene una vivacità economica anche per il ruolo di retrovia per gli eserciti impegnati a contrastare le invasioni dei barbari. 13 …. La lapide dei Vettii, murata negli archi di Porta Nuova, presenta nel podio la scena della vendita a braccia di un tessuto, per cui sappiamo che C. Vettius era un negotiator sagarii. Esistono a Milano altre lapidi che attestano il commercio dei tessuti 14 …. La lana serviva anche per la produzione delle tuniche rosse che i legionari indossavano sotto le loro armature (loriche) 15 Liutprando, ritratto in questa moneta con la croce in mano, regnò sui Longobardi dal 712 al 744. Sovrano intelligente e capace, per consolidare il regno, attuò per alcuni anni una politica diplomatica di amicizia con il papa, i bizantini e il re dei franchi Carlo Martello e sposò la figlia del re dei bavari, Guntruda. Di fede cattolica, donò al papa Gregorio II il castello di Sutri (728), primo nucleo dello Stato della Chiesa, ma negli ultimi anni del suo regno attuò una politica antipapale e nel 742 occupò Roma. …. Tremisse battuto da Liutprando con la lettera M nel campo - Busto diademato a dritto; sul retro San Michele stante. Oro, (g 1,26) 16 l’alto medioevo Per il VI e per gran parte del VII secolo, le testimonianze archeologiche registrano a Milano, come in altre città, degrado e abbandono delle infrastrutture e degli edifici antichi, sostituiti da abitazioni in legno. Già nel VII secolo, al tempo di Liutprando, Milano viene però descritta come una città dove si trovano merci di varia specie e dove è possibile arricchirsi con i commerci. Il baratto …. Le monete bronzee ritrovate nel battistero di Milano attestano che nell’Alto Medioevo non si era passati completamente al baratto, anche se la circolazione monetaria si era molto ridotta: un dolce povero, la bisulà, a forma di ciambella, ci ricorda, nella forma originale di pane a foggia di corona col buco, quella “scutella de cambio” che veniva impiegata in sostituzione del denaro. Il foro centrale impediva la frode basata sul mancato calo di cottura e, date le sue dimensioni (ognuna poteva pesare quasi un chilo e mezzo), ne facilitava il trasporto: potevano infatti essere infilate sul braccio oppure passate in una corda o un bastone. 17 periodo carolingio …. I territori lombardi che facevano parte del regno longobardo vennero conquistati dal re franco Carlo Magno nel 774, a seguito di una campagna militare avviata l’anno precedente che, dopo uno scontro decisivo avvenuto in Val di Susa, si concluse con la conquista di Pavia. Carlo Magno con il titolo di rex Francorum et Langobardorum, inglobò il regno longobardo in quello franco senza tuttavia sconvolgere troppo il preesistente ordinamento politico e amministrativo, lasciando duchi e funzionari longobardi al loro posto, e mantenendo come capitale Pavia. In questo periodo (VIII - IX secolo), la città appare come la residenza degli elementi non feudali: proprietari di allodi e di capitali investiti nel commercio e nelle “industrie”. Gli artigiani e i mercanti liberi probabilmente non erano scomparsi completamente; continuando la tradizione romana, essi avevano le loro botteghe e i loro laboratori uno accanto all’altro, nelle strade che prendevano nome dalla loro attività e che si concentravano intorno al mercato. Incerta è l’esistenza di associazioni fra artigiani e fra mercanti; in epoca longobarda vi erano forse ancora i resti dell’antica organizzazione romana entrati a far parte del sistema amministrativo longobardo e poi carolingio. Artigiani, mercanti e proprietari potevano esprimersi su molte questioni nel conventus civium: sui mercati settimanali, sulle fiere annuali che bisognava regolare e controllare, sui lavori pubblici per la parte di competenza dei cittadini. 18 III storia del commercio estero a milano e in lombardia …. dai comuni ai visconti (secoli xiii - xvi) 19 Vuolvino, Altare d’oro della Basilica di Sant’Ambrogio la lombardia nel medioevo …. L’Italia nel Medioevo era un territorio ad alta concentrazione urbana al pari delle Fiandre. Circa un quinto della popolazione viveva in centri urbani (sopra i 5.000 abitanti) e la Lombardia era la punta di questo fenomeno. Le città costituirono, più che nel resto dell’Europa, il motore economico e politico del territorio, che seppe svilupparsi con il contributo decisivo del contado, che produceva materie prime per le industrie cittadine – le quali, a loro volta, producevano merci destinate ai principali mercati e all’esportazione – e realizzava manufatti di minor qualità per il mercato locale. 20 Le industrie A partire dal X secolo, La Lombardia sviluppò un’industria del ferro con produzioni specializzate destinate anche all’esportazione, in anticipo rispetto a quella europea. Date le caratteristiche estrattive, lo sfruttamento della superficie e il suo continuo esaurimento e la conseguente ricerca di nuove miniere, sono diverse le zone coinvolte: prima il bresciano e Bergamo, poi, dal Duecento, la Valtellina e successivamente la Valsassina. La lavorazione del ferro si evolverà nella produzione di armi, ferri da cavallo, chiodi, aghi: Milano si specializzerà nelle armi difensive e nella ferramenta minuta, Brescia nelle spade e nei coltelli. Mentre la lavorazione dell’oro riprende la tradizione longobarda . Nel XII secolo e fino al XIII secolo la produzione di tessuti non poteva competere con quella delle Fiandre, dal momento che i principali filati, la lana e il lino, erano prevalentemente di prove- …. Stemma dell’Ordine degli Umiliati 21 Lavorazione della lana in un convento degli Umiliati …. nienza locale. Ma già alla fine del 1200, i panni realizzati a Milano e Como grazie all’importazione di lana dall’Africa, dalla Provenza e soprattutto dall’Inghilterra, di cui Milano deteneva ora il monopolio dell’import, raggiunsero una qualità elevatissima, così come le produzioni di Monza, Verona, Bergamo, Isola Comacina. Contribuì a questo primato la qualità degli impianti di rifinitura e il ruolo svolto dall’ordine degli Umiliati (movimento spirituale sorto in contrasto con i costumi del tempo), che nelle loro Case si occupavano prevalentemente della lavorazione della lana. La Lombardia, sia per la dimensione del mercato interno, sia per gli sbocchi delle proprie esportazioni, fino al XIV secolo fu il primo produttore della Penisola. Lo sviluppo della produzione toscana e della Francia settentrionale le sottrasse parte dei mercati meridionali e del Mediterraneo occidentale, ma Milano e Como 22 Fasi della lavorazione della lana, disegno tratto da “Historia Ordinis Humiliatorum” del codice Trotti …. Lavorazione della lana in un convento degli Umiliati 23 riuscirono comunque a mantenere una tradizione di altissima qualità nei panni. Nella area pedemontana, la manifattura era specializzata nella lana, mentre nella pianura prevaleva la produzione di fustagno, un tessuto nuovo, di origine orientale, rapidamente diffusosi e prodotto con il cotone proveniente dalla Sicilia, dall’Egitto e dal mare Egeo. Alla tradizionale produzione laniera si era aggiunta nel contempo la lavorazione della seta, che diventerà nel tempo la parte più importante della produzione tessile lombarda. …. I grandi mercanti e la loro Camera Milano, verso le fine del XIV secolo, era diventato con ogni probabilità il maggior mercato di redistribuzione e centro industriale. Genova e Venezia erano i suoi scali marittimi, oltre che Porto Pisano e Livorno; mentre il Sempione, il Luco Magno e Settimo (Settimo torinese) i principali percorsi verso il territorio francese, tedesco e fiammingo. L’espansione economica era coordinata dalla Camera dei Mercanti di Milano (I primi documenti attestanti l’esistenza della Camera risalgono al 1159), che rappresentava la corporazione dei “grossisti”, banchieri e mercanti, che operavano sul mercato internazionale, cittadini milanesi o del contado. La Camera, retta da dodici “consoli delle strade”, eleggeva i sui giudici, e la loro competenza si estendeva su tutti i “negozi” tra mercanti o con mercanti, sui marosseri, i pesatori, i lanaioli e ausiliari, e sui mercanti forestieri ammessi a condizioni di reciprocità. 24 …. Statuto dei mercanti 25 …. I mercanti trattavano vari prodotti: dai chiodi alle lane, dalle pelli alle corazze. Prevalevano le materie prime impiegate nelle industrie lombarde: cotonate, pannilana, cuoio, prodotti della metallurgia e della siderurgia. La distinzione tra grandi mercanti e banchieri dipendeva più dagli affari prevalenti: i mercanti, infatti, oltre alla negoziazione tipica, effettuavano attività bancarie, mentre i banchieri partecipavano a singole speculazioni o effettuavano vasti finanziamenti che, di fatto, li legavano alle sorti del commercio. Per agevolare i commerci occorreva garantire trasporti sicuri attraverso delle convenzioni, e la presenza di “recapiti” lungo le principali vie (citiamo per “L’oltremonte”, l’oste Cuntzmann Sintze a Basilea), mantenendo inoltre aperti percorsi alternativi. Una parte considerevole degli statuti delle Camere era perciò dedicata alla sicurezza e all’organizzazione delle strade: sono detti “Mercanti di strada” e “Consoli di strada”. Gli statuti della Camera attestano inoltre la nascita della corporazione dei Lanaioli in epoca successiva a quella dei mercanti: probabilmente non hanno origine dalla separazione dalla corporazione dei mercanti, ma per le caratteristiche dello sviluppo di tale industria. A Milano, è tutto un fiorire, dalla tessitura alla filatura, legato anche alla presenza nella città dei conventi degli Umiliati (Brera) e all’arrivo di manodopera qualificata da altre regioni, probabilmente in fuga dalle regole molto rigide delle locali corporazioni. 26 Struttura della produzione e del commercio Nel 1396 sono censite ben 363 aziende, per la maggior parte individuali o familiari. Di queste, 353 erano in Milano, quasi tutte vicino le mura, prevalentemente a Porta Nuova (solo la parrocchia di San Bartolomeo ne contava 64). …. Maurizio Garavaglia (1812-1874), facciata della chiesa di san Bartolomeo in Corso Magenta a Milano (1864). L’edificio attuale prende il posto di una precedente chiesa dedicata a San Bartolomeo, demolita, della quale contiene alcune opere d’arte. Foto di Giovanni Dall’Orto 27 …. Si tratta dei grandi mercanti che vendono la lana grezza ai lanaioli e comprano e commercializzano il prodotto finito: proprio lo sviluppo e l’importanza dell’industria laniera spinse la camera dei Mercanti a imporre numerosi vincoli. Per esempio, Il lanaiolo poteva acquistare solo balle intere, quindi, di fatto, solo dai mercanti, per garantirne il controllo e nello stesso tempo favorire quello sulle corporazioni degli operai (Partici) da parte dei lanaioli. Tradizionalmente, l’industria resta specializzata in tessuti rustici prodotti con lana locale, ma a essi si affianca anche una forte importazione di lane di Francia (“Agnelline”), d’Inghilterra e catalane, per la produzione di tessuti simili alle lane toscane e fiamminghe. L’industria del lino e della canapa aveva un peso minore, attestato dai documenti contabili pervenuti e dalle offerte annuali fatte al Duomo. È l’industria cotoniera, dei “bombace”, con la produzione di fustagni, che assume un ruolo importante, alimentando un flusso d’importazione ed esportazione paragonabile a quello laniero. Qui, non vi è la presenza dei piccoli imprenditori: Il “marossero”, o sensale, collega direttamente l’importatore con gli artigiani, talvolta vende il filato, altre volte lo cede in lavorazione. Il prodotto prevalentemente esportato era il fustagno candeggiato. I cotonieri producevano un numero limitato di articoli: tra i 14 capitoli della tariffa doganale, il bombace è quello con il minor numero di tipi (solo 12), mentre osservando la tariffa doganale per l’industria laniera si sa che erano 16 le varietà di lane gregge e cascami e 50 le varietà di drappi. Lo sviluppo e diversificazione dell’offerta laniera significava maggiori rischi, cosa che favorì la nascita di un ceto di operatori più intraprendenti, i “mercanti di lana sottile”: abili nel risolvere i 28 Vendita e produzione di tessuti …. La filatura era una delle attività delle dame di corte 29 …. problemi anche tecnologici della produzione e a concorrere con produttori toscani, molto più specializzati per rami. Nel XIV secolo possiamo affermare che l’economia milanese è un’economia di scambio internazionale: la potenza dei grandi mercanti è al culmine, il possibile contrasto tra Signoria, ceto nobiliare e alta borghesia in crescita è risolto grazie al passaggio di questi nel ceto nobile, con il parallelo spostamento di capitali verso l’agricoltura. In questa fase di crescita, l’effetto positivo favorisce l’ingresso 30 di forze nuove, ma toglie dalla competizione le famiglie di maggior successo: alla nobiltà infatti viene impedito, pena la decadenza del titolo, di esercitare qualsiasi forma di negozio. Questo vincolo, sociale e giuridico, ebbe effetti permanenti, anche quando la legge fu abrogata. Dovranno cambiare le condizioni sociali per vedere il mercante e poi l’industriale assurgere a figura centrale della società lombarda. …. Bottega del sarto 31 La standardizzazione alle origini del mercante “sedentario” Le unità di misura variavano in peso e lunghezza da città a città, e neanche i colori e la consistenza dei tessuti erano costanti: in questa situazione, soltanto il titolare può decidere un acquisto, ed è la rigida regolamentazione imposta al lavoro delle corporazioni cittadine a consentire gli acquisti a distanza, tramite dipendenti o corrispondenti. Questa regole minuziose, definendo e frazionando le fasi di produzione, consentirono una standardizzazione altrimenti impossibile. Il mercante milanese (o parigino, fiorentino, eccetera) conosceva quindi le caratteristiche di una pezza di lana prodotta a Gand, o altrove. Sul rispetto di questa regolamentazione vigilavano non solo le corporazioni di mestiere (tessitori, follatori, tintori, eccetera), ma anche quella dei drappieri, che fanno lavorare le lane, organizzano e controllano il lavoro, e quella dei grandi mercanti che li vendono. Il viaggio del mercante …. Proviamo a seguire l’itinerario di un anonimo mercante milanese che ci ha lasciato una dettagliata descrizione del suo viaggio avvenuto fra il 1516 e il 1519, che costituisce una delle prime “guide” pervenuteci. Partito da Milano, attraversa il Moncenisio e la Savoia, Grenoble, Valence, Saint-Antoine de Vienne (centro medievale di devozione), Lione, la Borgogna, Parigi (si trattiene a lungo), Rouen, Amiens, Arras, le Fiandre, Bruges, l’Olanda, il Brabante, torna nelle Fiandre, e si reca a Calais, da cui salpa per l’Inghilterra. Qui lo troviamo a Canterbury (sosta alla tomba 32 …. dell’arcivescovo cattolico Thomas Becket), finalmente Londra, Southampton (forse assiste ai festeggiamenti per il ritorno delle “galee di Fiandra” dei mercanti veneziani), Greenwich (dove vede il re Enrico VIII), Hampton Court (dove incontra il cardinal Mosley). Ripassa la Manica e torna nelle Fiandre; a Bruges vede il principe Ferrando (fratello di Carlo I, futuro Carlo V). Si trattiene a lungo a Bruxelles. Quindi, attraversa la Francia, e arriva in Spagna per il colle di Roncisvalle. Percorre l’itinerario tradizionale del pellegrinaggio verso Santiago (Bordeaux, Roncisvalle, Pamplona, Logroño, Burgos, Leon, Asturia, Valladolid), e da Santiago scende a Medina del Campo, proseguendo poi per Toledo, Cordoba, Granada, Malaga, Siviglia e Cadice, ritorna a Cordoba, e si dirige verso Valencia, Tortosa e Barcellona. Entra in Linguadoca per il passo del Perthus, si ferma a Perpignano, Narbona, Carcassonne, Tolosa, Avignone, attraversa la Provenza e rientra finalmente a Milano per Briançon e il Monginevro. 33 Questo controllo è uno dei fattori di successo del commercio internazionale: il mercante sedentario è l’evoluzione del mercante di strada. Al commercio nelle fiere si affianca e poi prevale il ruolo delle città come centri commerciali. Questo non implica che il mercante non viaggi più, ma il viaggio diventa parte del percorso di apprendistato, oppure è a carico del socio giovane, mentre il socio maggioritario guidava il proprio commercio dalla casa madre. Fiera medievale …. I luoghi della mercatura a Milano Il centro cittadino ha rappresentato nel corso dei secoli il luogo del commercio e della mercatura, e nel periodo altomedioevale e precomunale il centro commerciale è la zecca (Moneta Pubblica), presso l’antico Foro, vicino alla cattedrale di Santa Tecla. È do34 cumentata la presenza in zona delle abitazioni di molti mercanti, come la famiglia dei Rozonidi (monetari), che nel corso dell’XI secolo alienarono progressivamente le ingenti proprietà suburbane, per concentrare i loro interessi in quest’area molto ambita, tanto da determinare un aumento dei prezzi delle abitazioni e dei terreni, fino a fondare qui una chiesa di famiglia, quella della SS. Trinità. Qui a fianco: Antica Chiesa della Santissima Trinità, la facciata del primo Novecento, in via Giasone 9 a Milano (anticamente Borgo degli Ortolani) …. Sotto: Dettaglio di Milano con evidenziata la Contrada degli Armorari, Via Spadari, Santa Maria Segreta e Santa Maria Beltrade, oltre alla residenza di Filippo Negroli all’angolo con la Contrada e la piazza di Santa Maria Segreta. 35 …. I luoghi dello scambio in età comunale Nel X e XI secolo il mercato, la pescheria e il macello erano vicini al Palazzo vescovile (l’odierna piazza Fontana). Il vescovo esercitava allora una forte influenza su tempi, modi e spazi relativi al commercio cittadino. Successivamente, il mercato si spostò nelle piazze delle cattedrali precedenti l’attuale Duomo, Santa Maria Maggiore e Santa Tecla. Nella grande piazza nacquero botteghe e altre strutture per la compravendita: prima si tratta di banchi o “stalli”, poi anche di edifici civili e privati (domus e hospitia) con una notevole concentrazione di attività commerciali. In quella piazza trovano sede i consoli dei mercanti, attestati nel 1173 nella chiesa di Santa Maria, nel 1177 alla pescheria e nel 1212 al Broletto Vecchio. Nella pescheria si trovavano le misure ufficiali cui i mercanti dovevano conformarsi e che i rappresentanti dell’Universitas Mercatorum dovevano controllare. La piazza delle cattedrali era, nell’Età Comunale, il cuore religioso, civile ed economico di Milano. Anche il Consolato, massimo organo istituzionale cittadino, trovò sede nel Broletto dell’arcivescovo, il “Broletto Vecchio”, ai bordi della piazza. Nel 1228 venne decisa la costruzione delle nuova sede del Comune, che definì, di fatto, un nuovo assetto del centro cittadino. Il Broletto Nuovo venne progettato in ogni suo angolo, con la definizione delle strade che lo avrebbero dovuto raggiungere, delle aperture che lo ponevano in diretta relazione con le principali porte e pusterle e con gli altri spazi vitali per il commercio (il pasquario, o piazza San Sepolcro, la “becharia magiore”, la pescheria, il coperto della chiesa di Santa Tecla, il macello di Porta Vercel36 lina). Si venne a creare, a partire dalla metà del XIII secolo, una piazza con una pianta rettangolare, in origine più ampia dell’attuale, che comprendeva anche il Palazzo dei Gireconsulti, ora in via Mercanti. Vi si aprivano sei accessi riferiti agli altrettanti sestieri cittadini. Le vie attigue prendevano il nome delle diverse attività svolte: Armorari, Spadari, Cappellari, Orefici, Speronari, Fustagnari. Piazza Mercanti …. La nuova piazza ospitò la sede del potere istituzionale e amministrativo della città, e fu anche il luogo privilegiato per le contrattazioni, lo scambio e la compravendita. Nella piazza e sotto ai suoi loggiati vi erano i banchi di cambio e di deposito di denaro, che rimasero per tutto il XIV e XV secolo, divenendo probabilmente l’esercizio maggiormente rappresentato. 37 In questo periodo emerge una città ricca di forni, osterie, drapperie, laboratori di armi, lana e fustagni. In essa spiccano due aree: la prima, centrale, era sede di mercato, di botteghe, e degli uffici amministrativi oltre che delle sedi delle Corporazioni; la seconda, lungo la cerchia dei Navigli, era orientata verso la produzione, con mulini e laboratori artigiani. Il commercio della lana si svolgeva nel portico del Paradiso, davanti alla chiesa di Santa Tecla; probabilmente, i laboratori di produzione laniera erano lungo la fascia …. Mercanti compratori di grano e vino 38 Dettaglio di Milano con evidenziata la Contrada degli Armorari, Via Spadari, Santa Maria Segreta e Santa Maria Beltrade, oltre alla residenza di Filippo Negroli all’angolo con la Contrada e la piazza di Santa Maria Segreta …. esterna della città e, in particolare, nelle parrocchie che estendevano la loro giurisdizione al Naviglio. Le vie che si dipartivano dal centro della città – ovvero dal Broletto e dalle cattedrali– prendevano nome dalle attività che vi erano maggiormente attestate, la contrada della Fabbriceria, la via degli Orefici, delle Farine, dei Vaiai, degli Speronari, degli Armorari, dei Pattari e la “strata mastra” (via Cappellari), con i portici ospi39 …. tanti le botteghe in cui si confezionavano berretti e cappucci. Questa “specializzazione” della zona non fu solo spontanea, ma fu favorita da decreti, ordini e grida, con l’obiettivo di regolamentare l’afflusso delle merci e di garantire approvvigionamento e raccolta delle ingenti imposte indirette legate al movimento e alla vendita dei prodotti. Il flusso delle merci provenienti dall’esterno delle mura aveva nelle porte Romana e Vercellina dei passaggi obbligati, dove il mercante era tenuto a pagare dazio, prima di portare i prodotti nei punti di raccolta per il controllo sul numero e sulla qualità. La fortissima vocazione commerciale e residenziale del centro non venne a decadere nemmeno con lo spostamento della sede del potere politico in luoghi periferici, e nemmeno influì sull’ubicazione e connotazione delle strutture mercantili e commerciali milanesi, che una pratica plurisecolare e una consolidata organizzazione interna, aveva delimitato entro confini topografici ben determinati. 40 Frammento di velluto, broccato e bouclé in oro. Tessitura milanese risalente al 1460-1475 ca i torriani e i primi i visconti …. Nonostante i disordini del periodo comunale e la lotta tra i Torriani e i Visconti, l’economia milanese continua a crescere. L’Universitas Mercatorum tratta con principi, promuove la costruzione di strade, difende gli interessi dei cittadini che percorrevano le vie d’Europa. Viene aperta la via del Gottardo, di cui la corporazione si impegna a difendere l’agibilità, mantenendo persino dei soldati a garantirne l’apertura. Con l’affermarsi della signoria viscontea, la ricchezza economica cresce ulteriormente, (auro serico!): gli interessi commerciali 41 …. sono difesi dal principe, i mercanti sono suoi alleati. I Visconti non solo facilitano il commercio milanese, ma anche quello straniero presso il Ducato, concedendo privilegi, in concorrenza con Venezia, ai grandi mercanti: alla “Compagnia Granda”, ovvero i Fugger, i Gienger, e gli Irmi di Basilea (commercianti di riso). Innumerevoli gli esempi di società formate tra lombardi, tedeschi e ungheresi. Molti i mercanti provenienti da oltremonte che si stabiliscono a Milano, e molti i lombardi all’estero, come gli Alzate in Germania, i Busti a Köln, i Morosini e i Suane a Basilea. In questi anni cresce anche l’industria della seta, ma le fabbriche esistenti non sono in grado di concorrere con il prodotto fiorentino. Filippo Maria Visconti concede speciali privilegi per attirare da altre città, in particolare da Firenze (un esempio è Pietro de Bartolo), persone in grado di sviluppare la produzione di qualità, cui si aggiunse, ottenendo gli speciali privilegi, una compagnia di genovesi. Gli Sforza applicarono a loro volta la medesima politica dei Visconti: la produzione crebbe così rapidamente che già nel 1460 fu vietata l’importazione di stoffe auro seriche. La materia prima è ancora importata, ma è allora che si inizia la coltivazione dei bachi in loco. La Signoria sforzesca favorì, inoltre, lo sfruttamento delle miniere, soprattutto nel territorio lariano, che riforniva, fin dal XIII secolo, una delle principali fonti di profitto dell’industria milanese, l’industria delle armi. 42 Armatura di Federico il Vittorioso, Elettore del Palatinato, bottega dei Missaglia, Milano 1450 ca. Elmo in stile germanico appartenuto a Filippo il Bello, Acciaio, argento, oro, bottega dei Negroli, Milano 1496-1500 ca. …. Elmo alla borgognotta realizzato per l’imperatore Carlo V, bottega dei Negroli, Milano, 1500 ca. 43 IV storia del commercio estero a milano e in lombardia spagnoli, austriaci, francesi …. (secoli xvii - xix) 44 la dominazione spagnola …. Ancora alla fine del Cinquecento, la Lombardia e in particolare lo Stato di Milano, nonostante la perdita di territorio appariva ai numerosi visitatori e viaggiatori stranieri come una terra ricca, una delle più ricche zone d’Europa. È la bassa pianura la zona che colpisce la maggioranza dei viaggiatori. Dopo il primo mezzo secolo di sviluppo conseguente anche alla Pax Hispanica, inizia il lungo declino Sono anni di guerra e della peste (1630) che si stima ridusse la popolazione milanese da circa 45 Tabella 1 Il territorio lombardo …. Tabella 2 Stima della produzione della seta nello Stato di Milano nel 1580 46 …. 250.000 a circa 75.000 abitanti, anche se il recupero fu rapido e alla metà del secolo era tornata ai livelli precedenti. Malauguratamente, è innegabile la crisi e il declino della manifattura cittadina nel periodo spagnolo: a partire dal 1610, infatti, alcune produzioni, come quella dei panni nel Comasco, di fatto scomparvero. A Milano, nel 1698 esistevano ormai soltanto 25 mulini per la seta, contro i 398 del Contado. Le cause della decadenza non sono semplicemente imputabili all’amministrazione spagnola. All’inizio del XVII secolo, la domanda sul mercato europeo dei prodotti di alta qualità realizzati a Milano e in Lombardia non era più così alta a causa della concorrenza dei produttori d’Oltralpe, dei toscani per lana e la seta, dei tedeschi per le armi. Restarono nicchie di alta gamma, in particolare per le sete (lo si deduce da un divieto emesso nel 1670 in Francia, che proibisce l’importazione di drappi a fronte di una forte concorrenza), le maioliche, con uno spostamento complessivo verso i semilavorati serici e i prodotti agroalimentari. In contrasto con la crisi della città si verifica una crescita dell’industria nel Contado, forse perché libera da alcuni vincoli imposti dalle corporazioni urbane. La rigidità e Il costo del lavoro nelle città sono spesso indicati come una delle principali cause della crisi economica nelle città, insieme con il peso del fisco spagnolo. Molto probabilmente, l’accresciuto spazio economico del Contado non compensò la crisi urbana, ma sicuramente mantenne in vita il tessuto economico della manifattura, in grado di rifiorire successivamente. In alcuni casi vi fu un rinnovamento, come per la produzione di cappelli di feltro a Monza e a Caravaggio, o di nastri a Vigevano. 47 il periodo austriaco …. Nel 1706, la Lombardia era stata abbandonata dagli spagnoli, e sia a Milano, sia nelle province si era ridotta la popolazione e il numero delle manifatture, soprattutto del settore laniero. L’agricoltura era gravata dalle conseguenze derivate dal sistema della manomorta, mentre il commercio risentiva della scarsa produzione, dei dazi interni e della difficoltà nelle comunicazioni. Il governo austriaco si trovava, perciò, nella condizione di dover provvedere urgentemente e radicalmente ai problemi presenti. Per prima cosa, si propose di unificare il territorio mediante ri48 Durante la dominazione austriaca, il Ducato di Milano comprendeva quasi tutto il territorio lombardo. forme sostanziali, con l’obiettivo di inglobare le varie aree in un unico corpo amministrativo ed economico, al fine di attuare una politica amministrativa consona ai bisogni fiscali del governo centralizzato. …. Il ruolo delle comunicazioni Nel 1759, con l’editto generale del censo, furono abolite le antiche consuetudini in materia di viabilità. Le strade vennero suddivise in tre classi: regie (o provinciali), comunali, private: le prime erano a carico della provincia, con le spese ripartite a seconda del loro estimo totale, le seconde erano a carico dei comuni, e le terze dei 49 co-utenti. Alla fine del Settecento, la Lombardia era dotata di una rete stradale di buon livello anche rispetto ai Paesi europei, cresciuta in modo organico. Furono inoltre aperti canali navigabili con servizi di trasporto regolari (come il canale di Paderno). Le politiche doganali Le politiche doganali, che dipendevano dalla politica generale di Vienna più che da interessi locali, determinarono una graduale riforma della struttura dei dazi e delle tariffe esterne. L’impostazione mercantilistica comportava un’imposta sull’importazione di beni e manufatti di lusso e la liberalizzazione delle esportazione (abolizione del tariffa sulla seta). L’intervento fu graduale, e solo nel 1781 si abolirono i dazi interni per le manifatture fabbricate nello Stato. …. Il commercio estero in Lombardia nella seconda metà del Settecento e nel primo Ottocento Si ritiene che, nella seconda metà del Settecento, la bilancia commerciale fosse in deficit, e poco valsero gli sforzi per aumentare la produzione interna in sostituzione dei prodotti importati. Il peso delle importazioni sembra tuttavia legato a una crescita dell’economia lombarda: gli squilibri esistenti venivano coperti dalle importazioni. Una “fotografia” del commercio a metà Settecento ci arriva dalle relazioni di Verri. 50 Pietro Ronzoni - Filanda nel bergamasco (1825 ca.), Fondazione Cariplo, Milano il periodo francese …. La politica francese può essere divisa in due fasi: fino al 1803 vede (anche grazie al ruolo di Francesco Melzi) il mantenimento della politica precedente, e le tariffe del 1803 sono in un certo senso l’atto finale della riforme intraprese dall’Austria. La guerra con l’Inghilterra, e la decisione di dare supporto alle manifatture francesi, cambiano questo atteggiamento, ma la depressione dell’economia lombarda del periodo dipende più da fattori interni. Dal punto di vista delle esportazioni non vi sono differenze sostanziali rispetto al primo periodo austriaco: formaggio, grano, seta grezza 51 …. e filata, cascami di seta e manufatti di seta, lino, canapa, merci di lana, ferro battuto, prodotti metallici e opere a stampa. E nemmeno per le importazioni ci sono cambiamenti radicali: prodotti coloniali, vino, olio d’oliva, bestiame, frutta, pesce, riso, cotone, lana, canapa, lino, coloranti, legno, seta grezza. La Restaurazione vedrà il ritorno delle politiche doganali precedenti in modo più articolato, anche con elementi di protezionismo per difendere la nascente industria locale. Mentre queste furono influenzate da considerazioni politiche, le iniziative relative ai trasporti e alle infrastrutture furono maggiormente orientate alle esigenze dello sviluppo. Le esportazioni sono guidate dalla seta greggia e dai latticini: circa il 60% della produzione di seta e il 50% di quella di formaggio vengono esportate. Il peso prevalente delle importazioni è costituito da beni pregiati: pannilana e tabacco, ma anche cotone in fiocco con un ritmo di crescita molto elevato (dai 3.000 ql. nel 1815, ai 56.000 ql. del 1855, con un peso crescente del cotone americano). Ma problemi presenti per la seta alla metà del Settecento si ritroveranno nell’Ottocento, con una produzione estremamente decentrata e finanziariamente molto debole che si confronta a un numero ristretto di mercanti in grado collocare il prodotto, e a un forte potere sulla determinazione del prezzo finale da parte dei compratori esteri (inglesi e poi tedeschi, svizzeri, francesi). La floridezza del mercato e le stesse caratteristiche della filiera produttiva impedirono in questi anni qualsiasi cambiamento. 52 Il ruolo dei mercanti …. Nel periodo spagnolo, ma già ai tempi della signoria, al patriziato milanese era vietato esercitare l’Arte della Mercatura direttamente o indirettamente, pena la decadenza del titolo. Le alte cariche (senato, giureconsulti, eccetera) erano appannaggio dei patrizi, e per accedere al patriziato era necessario provare di non aver esercitato il commercio negli ultimi cento anni. Anche l’acquisto di un feudo dalla Corona non garantiva l’entrata tra i patrizi milanesi. Si giunse al paradosso, evidenziato anche da numerose testimonianze di viaggiatori, che le persone di maggior successo nel proprio campo abbandonavano la loro professione per “salire” nella scala sociale, con effetti positivi per l’agricoltura, destinataria degli investimenti degli ex mercanti, ma a detrimento del commercio e della classe dei mercanti. Il fenomeno fu limitato, ma rilevante. Questa concezione si mantenne anche dopo la fine del norme giuridiche relative: ancora alla fine del Settecento abbiamo ricchi banchieri e mercanti che nel testamento chiedevano agli eredi di smettere di esercitare la mercatura. Con l’avvento di Napoleone, i mercanti – la cui posizione fu ampiamente dibattuta durante l’Illuminismo e modificata dalle riforme avviate dalla casa d’Asburgo – furono chiamati a svolgere un ruolo anche nella vita politica e pubblica. 53 V storia del commercio estero a milano e in lombardia …. dopo l’unità d’italia (1861 - 1900) 54 Le italiane al lavoro tra Ottocento e Novecento, in Mestieri da donna, di Angela Frulli Antioccheno dopo l’unificazione …. Per la Lombardia, l’Unità d’Italia significò poter agire in un contesto di minor concorrenza interna rispetto a quello dell’Impero austro-ungarico. Dopo l’unificazione ha inizio, seppur lentamente e spinto dalle politiche doganali (la tariffa del 1878 e, ancor più, quella protezionistica del 1887), il processo di industrializzazione – avviato fino ad allora praticamente soltanto nell’area Milano-Genova-Torino – che muterà complessivamente i flussi commerciali. Dal 1861 al 1876, il valore del commercio delle merci aumentò del 94%, cre55 scendo fino a raggiungere i 2.405 milioni di lire nel 1881, grazie anche a una politica del cambio che favorevole alle esportazioni. Crescono le importazioni di ferro e carbone, oltre che lana grezza e cotone. Il grado di “apertura” mostra chiaramente l’importanza che iniziano ad assumere export e import sul nostro PIL. Lo stato di arretratezza e la crescita lenta sono testimoniati dalla struttura del commercio estero: al primo posto dell’export troviamo i prodotti primari tipici. La seta greggia, nel 1862, è di gran lunga il primo prodotto, con 29,9% sul totale (il secondo è l’olio di oliva, all’11,9%): da sola, costituisce quasi il 50% sull’export totale dei primi dieci prodotti. Piemonte, Lombardia e Veneto avevano 250.000 fusi di cotone nel 1857, contro i 70.000 del Regno delle due Sicilie (rapporto 3.6), e 7230 impiegati nell’industria metalmeccanica contro i 2.500 al Sud. I dati a nostra disposizione fanno emergere la presenza di due apparati industriali, con una netta prevalenza del Nord. Se si confronta la situazione italiana con i dati dei principali competitor europei, emerge tutta la distanza complessiva: l’Inghilterra aveva 30.000.000 di fusi; le 17.000 tonnellate di acciaio prodotte nel Nord vanno paragonate con i 3.772.000 di tonnellate inglesi. …. “La vanga e la seta sono le due miniere della ricchezza lombarda” (S. Jacini, 1856) La Lombardia inizia una profonda trasformazione, produttiva e sociale. Primo fattore di sviluppo economico è ancora una volta la bachiseticoltura, costituiva una parte importante nell’economia contadina: si stima che il 60% delle famiglie contadine vi fosse 56 …. coinvolto, e che costituisse fino al 10% del loro reddito monetario. Nacquero le filande vicino ai luoghi di produzione, le matasse di seta andavano poi ai filatoi, che realizzavano il filato, e dopo altre lavorazioni la seta era pronta per i tessitori d’Oltralpe. Nel primo Ottocento viene introdotto l’uso del vapore: innovazione che, insieme ad altre, migliora la qualità e l’uniformità del prodotto. Negli anni 1870, la trasformazione in senso industriale può dirsi finalmente compiuta. Il commercio in mano ai grandi mercanti milanesi e ai loro commissionari. Nella produzione serica si spostò l’attenzione dalle fasi iniziali di lavorazione dei bachi alla fase finale della filatura, cioè la torcitura: la quota di seta completamente filata sulle esportazioni totali di questo prodotto aumentò dal 17% all’80%, nel periodo tra il 1855 e il 1865. L’incremento della filatura, che si concentrò principalmente in Lombardia, comportò forti mutamenti nell’atteggiamento degli imprenditori, quali una maggiore propensione all’adozione di innovazioni tecnologiche e un aumento di attenzione per la qualità dei prodotti. A essa, si affianca rapidamente l’industria cotoniera: nascono le filature meccanizzate già all’inizio dell’Ottocento, mentre la tessitura rimane ancora prevalentemente manuale e a domicilio; dagli anni Settanta dell’Ottocento si affermano i moderni cotonifici che integrano filatura, tessitura e finissaggio. Secondo le cronache del tempo, prevaleva ancora la dislocazione delle manifatture nel Contado piuttosto che a Milano, e questo per una serie di fattori: i costi, la possibilità di disordini, la maggior flessibilità, il lavoro che veniva svolto a domicilio e la presenza di piccole aziende collegate a compagnie commerciali e finanziarie, preferite ai grandi impianti più soggetti a crisi. Anche lo stesso G. Colombo, pionie57 re dell’industrializzazione, condivideva questa visione. L’industria siderurgica non assume allora dimensioni consistenti e non è in grado di concorrere con i produttori europei. Lo stesso vale per l’industria meccanica, che produceva “un po’ di tutto”, sebbene la domanda di locomotive fosse coperta per l’80% da inglesi e belgi. Da quanto si è detto, si capisce che la fiducia nello sviluppo è ancora legata alla capacità di trasformazione delle industrie tradizionali e agli sforzi di alcuni imprenditori per avviare la meccanizzazione del settore del cotone. Nasce, nel 1872, la Pirelli, anche grazie all’appoggio dato a Giovanni Battista, il capostipite della grande famiglia Pirelli di industriali da due finanzieri e commercianti di sete. …. Veduta del primo stabilimento Pirelli di via Ponte Seveso, 1872, Fondazione Pirelli. 58 Qui sopra, da sinistra a destra La ciminiera della centrale elettrica di via Santa Radegonda con il Duomo sullo sfondo, Milano, 1883. Veduta dell’Esposizione Nazionale del 1881 allestita ai Giardini Pubblici. I padiglioni coprivano tutto il giardino vecchio compreso il Salone, la Villa Reale e il parterre del Balzaretto davanti alla Villa Reale. …. Gli anni 1880 Gli anni Ottanta del XIX secolo si aprono in un clima di fiducia, e sono tre gli eventi più rappresentativi di questo sentire: • l’apertura del traforo del Gottardo (1882) • l’inaugurazione della prima centrale elettrica (1883) a Milano, in via Santa Radegonda • l’Esposizione Nazionale a Milano del 1881. In precedenza, a Milano non vi erano state manifestazioni paragonabili alla storica fiera di Lione, e questa esperienza di “celebrazione” del progresso scientifico ed economico portatore di pace si afferma nel quadro delle esposizione universali, industriali, internazionali a partire dall’esposizione di Londra del 1851. Con le 59 Qui sopra Stabilimento Velvi: la costruzione di questa fabbrica per la filatura, la torcitura e la tessitura del cotone risale al 1839. Fra i primi complessi industriali della valle dell’Adda, fu fondato dalla società Sioli-Dell’Acqua. Passato ai Visconti di Modrone nel 1965, il prodotto più rinomato e richiesto tra quelli usciti dalla fabbrica fu il velluto di cotone (da cui il nome “Velvis”, nato dalle lettere iniziali del tessuto e del nome dei proprietari), ancora oggi fiore all’occhiello della produzione a Vaprio. esposizioni universali, si esalta la figura dell’industriale a scapito, in un certo senso, di quella del mercante. La precedente Esposizione di Firenze del 1871 aveva evidenziato la complessiva arretratezza del Paese. L’Esposizione Nazionale di Milano del 1881 evidenziò, …. Qui a fianco Lo stabilimento dell’industria meccanica Cerimedo, futura Breda. 60 invece, i progressi dell’industria nazionale, in particolare della produzione meccanica lombarda che va ad affiancarsi ora a quella di Genova e Napoli e inizia a concorrere con i prodotti di importazione. Alla produzione tessile dei grandi cotonifici come Cantoni, Crespi, Borghi, si affianca quella meccanica. Nell’arco di un periodo relativamente breve nascono numerose industrie: meccaniche [Cerimedo (futura Breda), Grondona, Bosisio, Suffert Cantoni Krumm (Franco)]; tipografiche: Ardizzoni, Magnani, Dell’Orto. Tra le numerose iniziative, vogliamo ricordare quella di Enrico Dell’Acqua. Partito da una piccola fabbrica bustese, conquista prima i mercati del sud Italia e poi si espande nel Sudamerica, conducendo una vera e propria analisi di mercato, si rivolge alle comunità all’estero in Argentina a Brasile, e crea una rete di distribuzione e una rappresentanza a Busto Arsizio. È il primo esempio di esportatore cotoniero: “Un principe mercante”, così lo …. Qui a fianco Locomotiva Henshel fornita dalla Cerimedo per la tranvia MonzaTrezzo-Bergamo. 61 descrisse Luigi Einaudi in un suo famoso saggio. È da notare che le ragioni sociali e i soci di molte delle aziende esistenti in questo periodo hanno nomi provenienti da gran parte d’Europa. Milano, da sempre congiunzione tra il Mediterraneo e i Paesi nordici (soprattutto quelli di lingua tedesca), riprende e accresce la tradizione della mercatura. L’apertura del traforo del Gottardo facilita la crescita delle importazioni, e a esso si aggiunge una ricca rete stradale avviata già nel Settecento dagli austriaci. Tutti fattori positivi che favorirono l’arrivo di capitali, di tecnologie e di imprenditori che crearono rappresentanze commerciali, aziende, filiali, fra le quali emerge la fondazione della Banca Commerciale d’Italia nel 1884, che ebbe un ruolo fondamentale nello sviluppo industriale italiano e lombardo. La Lombardia e la politica dei dazi del Regno d’Italia …. Le politiche dei dazi, dall’applicazione del dazio generale sabaudo all’affermarsi della tariffa protezionista del 1887, si intrecciano con le vicende della Camera di Commercio e del Comune. A un periodo di prevalenza dei “liberisti” nella Camera di Commercio, espressione dei produttori serici e del settore creditizio, portatori degli interessi dell’agricoltura, dell’industria serica e leggera, seguì l’affermarsi del fronte protezionista: in primis i cotonieri, cui si unirono gli esponenti della finanza. Vi fu un successivo ritorno “liberista”, ma oramai in un quadro generale dove prevaleva la politica protezionista. 62 VI storia del commercio estero a milano e in lombardia …. anni di guerre (1900 - 1945) 63 Brescia, Metallurgica Tempini, Ingresso degli operai in fabbrica. Fondata nel 1886 dall’industriale bresciano Giovanni Tempini, la fabbrica era specializzata nella produzione di granate, spolette e bossoli d’acciaio di vario calibro. l’industria lombarda dall’inizio del 1900 alla seconda guerra mondiale …. Dopo la crisi del 1887, che colpì anche le esportazioni, tra il 1888 e il 1913 l’economia italiana ottiene risultati rilevanti rispetto al periodo precedente, ma ancora insufficienti: cresce il deficit alimentare e l’import di beni di consumo primari. L’industrializzazione accelera, ma siamo ancora lontani dai livelli dei Paesi più avanzati. L’industria lombarda prima della Prima guerra mondiale si presentava con Milano centro industriale, commerciale 64 e finanziario, con i primi segni della crisi della industria serica “diffusa” e l’affermarsi del distretto comasco. I cotonifici si spostano rispetto ai tradizionali insediamenti, per le disponibilità di forza motrice. Rimangono alcuni poli tradizionali come il cartario a Salò e il metallurgico nel Lecchese. La crescita maggior riguarda il polo siderurgico-meccanico, presente nel Bresciano e, in modo più articolato, nel Milanese. Esiste poi una produzione “artigianale-industriale” di automobili e aerei. La Prima guerra mondiale rafforza il sistema industriale in tutta la regione, e vede la nascita di nuovi produttori nella chimica, nelle fibre artificiali e nell’elettromeccanica. Cresce anche la loro dimensione. Negli anni Venti, la politica del cambio penalizza le imprese esportatrici tessili e meccaniche lombarde, mentre la li- …. Milano,Officine Aeronautiche Caproni di Taliedo. L’ingegnere Gianni Caproni, uno dei più grandi pionieri dell’aviazione mondiale, iniziò la sua attività di costruttore e sperimentatore nel 1909, stabilendosi dapprima a Malpensa, poi a Vizzola Ticino, per produrre molti tipi di aeroplani che si aggiudicarono numerosi successi e primati. Nel maggio 1910 fece volare il suo primo aeroplano. 65 Milano, Naviglio Pavese, Cartiere Binda. Le macchine della fabbrica – la cui attività era iniziata nel 1885 – erano alimentate dalle acque del Lambro Meridionale, che scorrevano in “Conca Fallata” (la seconda a partire dalla Darsena). Alla fine dell’Ottocento le Cartiere Binda avevano raggiunto la dimensione di un vero e proprio villaggio, analogo al più noto di Crespi d’Adda. …. beralizzazione delle tariffe interne favorisce il comparto elettrico. Con la crisi degli anni Trenta e delle grandi imprese, ripartono le attività di nicchia – arredamento, pelletteria, abbigliamento – per un nascente ceto medio. La crisi internazionale e la politica del regime limitano la possibilità di commercio verso l’estero, mentre l’autarchia favorisce lo sviluppo del settore meccanico e chimico, sottraendolo alla concorrenza. Nel 1939, alla vigilia della Seconda guerra mondiale l’Italia figurava solo al 46mo posto nell’interscambio, con lo 0,13%, e al 12⁰ in Europa. 66 …. Milano, La Rinascente. I grandi magazzini che erano stati fondati dai fratelli Bocconi per la vendita di abbigliamento preconfezionato, rilevati dal senatore Borletti nel 1917 e ribattezzati da D’Annunzio “La Rinascente”, furono una di quelle attività che riuscì a sopravvivere e superare la terribile crisi economica degli anni Trenta. 67 La ricchezza di Milano …. “Ogni giorno nuove imprese si fondano, nuovi ‘finanziamenti’ hanno luogo sia per aziende locali che per altre di fuori, sia per industrie, commerci, produzioni agricole o imprese edilizie che esplicano a Milano e vicinanze la loro attività, sia di quelle che si estendono su tutta l’Italia. A quanto si può valutare la ricchezza di Milano? Nella insufficienza grande di dati precisi od anche attendibili è ardua ogni conclusione al riguardo. Si può però venire ad un cifra di una certa approssimazione basandosi sui redditi colpiti dalle tre imposte dirette principali: terreni, fabbricati e ricchezza mobile; sui depositi presso i vari Istituti di credito, sul movimento della stanza di compensazione, sul valore di alcuni titoli locali che si possono presumere in mano di cittadini, sugli interessi pagati per i fondi di Stato alla tesoreria locale, il tutto però conglobando in modo da non incorrere: da una parte in duplicati di stima e dall’altra in una eccessiva fiducia nelle cifre ufficiali; poiché si sa come certi redditi dei cosiddetti enti collettivi, i cui bilanci sono sottoposti al Fisco e che all’infuori di abilità di compilazione non possono ricorrere a troppe diminuzioni di “registrazioni” attive. Da calcoli istituiti in tal modo potrebbe desumersi che la ricchezza pubblica e privata di Milano si aggira dagli 8 ai 9 miliardi di lire 68 di cui un miliardo e mezzo circa di ricchezza fondiaria ed il resto di ricchezza mobiliare (opifici, commerci, mutui, titoli, ecc.). E questa ricchezza mobiliare è la gran forza di Milano, è quella che la spinge a sempre nuovi investimenti produttivi nella città e nel Paese intero, tentando anche le vie dell’estero. Molti titoli esteri giacciono già nei forzieri milanesi e più ve ne entrano ogni di con fenomeno inavvertibile dai più ma noto a chi ha pratica di borsa e di banca. In molte imprese straniere il capitale milanese va partecipandovi sempre più anche con investimenti diretti non rappresentati da titoli. Milano sembra felicemente avviarsi alla potenza finanziaria. Lo spirito di iniziativa, l’amore al lavoro ed al risparmio dei sui cittadini fanno presagire non lontano il tempo in cui, l’Italia cessata d’essere – e quasi sta per esserlo – un paese debitore per divenire un paese creditore, Milano assurgerà a mercato internazionale di capitali accrescendo vieppiù la sua importanza e riacquistando colle mutate proporzioni dei tempi moderni, la fama di città del lavoro e della finanza che godeva nella gloriosa epoca del Comune e del Ducato dei torrioni dei Visconti e degli Sforza.” L’articolo, fu pubblicato nel 1906, durante l’Esposizione Internazionale di Milano, ed è tratto dall’antologia: Amministrazione Municipale di Milano, Milano nel 1906, Edizione fuori commercio, Tipografia Umberto Allegretti Milano, Milano, citata in Daniele Marconcini - Circolo storico della Stampa Lombarda - www.lombardinelmondo.org …. L’Esposizione Internazionale di Milano, inaugurata nel 1906, fu allestita per celebrare l’apertura del traforo del Sempione, una nuova via che apriva l’Italia al commercio con l’estero. 69 VII storia del commercio estero a milano e in lombardia …. il secondo dopoguerra (1950 - oggi) 70 Milano, lo stabilimento Pirelli bombardato. gli annni della ricostruzione …. Per quanto la struttura produttiva fosse uscita dalla guerra relativamente integra (si stimano danni medi del 10-12%), gli impianti utilizzati per la produzione, tuttavia, non potevano essere riconvertiti immediatamente perché usurati e non aggiornati. Unica eccezione, l’industria tessile, che inoltre disponeva con più facilità di materie prime. In misura minore, la stessa situazione era applicabile all’industria della gomma. Il commercio estero era ancora condizionato dall’ordinamento corporativo: il Ministero definiva i criteri, distribuiva le licenze, 71 …. e determinava i contingenti; l’Ufficio Italiano Cambi effettuava i pagamenti, acquistava e vendeva le valute (le monete erano prevalentemente non convertibili). Il sistema presupponeva l’equilibrio, l‘accentramento e il monopolio dei cambi. Il primo passo verso la ripresa economica estera furono gli “accordi di pagamento”, che decentravano presso le banche commerciali le operazioni, riducendo la variabilità del cambio e mantenendo la disponibilità della valuta fino al regolamento. I primi accordi miravano però a evitare disavanzi, piuttosto che a incrementare il volume. Una parziale modifica fu ottenuta per la pressione degli operatori, riuniti nel primo Congresso degli operatori commercio estero organizzata nel 1946 dalla nascente AICE (Associazione Italiana Commercio Estero). Una delle richieste emerse fu quella di poter detenere parte della valuta incassata. Il ministero del Tesoro concesse agli esportatori di detenere il 50% (cambiabile al mercato libero), il restante doveva essere ceduto allo U.I.C. (Ufficio Italiano dei Cambi) con un maggiorazione sul cambio ufficiale. Nello stesso anno l’Italia aderì agli accordi di Bretton Woods: nascita del FMI (Fondo Monetario Internazionale) e della banca degli investimenti, convertibilità delle monete verso il dollaro, a sua volta convertibile in oro con la creazione del sistema di Gold Exchange Standard. Nel 1947 L’Italia aderisce a GATT (General Agreement on Tariffs and Trade), accordo sulle tariffe e il commercio, orientato all’abbattimento delle barriere e alla crescita del commercio basato su due principi: “reciprocità” e “nazione più favorita”. L’Italia si prepara alla sfida dei mercati; gli imprenditori si orien72 tano verso le esportazioni, spinti anche dalla carenza della domanda interna. Ancora una volta, è il settore tessile il primo a crescere: a differenza delle industrie tessili europee, quella italiana ha subito meno danni dalla guerra, e la riconversione risulta più facile. Nella ridefinizione del sistema degli scambi assume importanza una serie di accordi multilaterali europei che liberalizzano le importazione in ambito OECE (Organizzazione per la Cooperazione Economica Europea) per molti prodotti. A partire dal 1948, la produzione e gli scambi hanno un ulteriore crescita. Gli anni 1950 iniziano con un periodo difficile legato al clima internazionale: sono gli anni della guerra di Corea, e gli scambi internazionali si riducono in tutto il mondo. In Italia, si ebbe una contrazione del 65% dell’interscambio. Nel 1952 l’economia riparte, con un breve interruzione nel 1959, proseguendo fino al ’62 . Il primo periodo è legato alla liberalizzazione nel quadro OECE, mentre la fase ’59 - ’62 rappresenta l’inizio del processo d’integrazione: La quota dell’export verso l’Europa è al 57%, le importazioni dall’Europa salgono dal 42% al 46,5% nel ’58. …. Gli anni del “miracolo economico” evidenziano gli squilibri dell’economia italiana. Nel 1964 le importazioni di beni di consumo superano le esportazioni con possibili conseguenze inflazionistiche: la stretta creditizia sancisce la fine del “boom”. Negli anni precedenti, l’economia in Italia era cresciuta più che in Germania e Giappone, allo stesso modo erano cresciute le esportazioni, sempre nei settori tradizionali: tessile e meccanico (macchine utensili e tessili, macchine per l’industria alimentare). Il caso di maggior successo è però l’industria degli elettrodomestici, che esporta 73 …. fino al 75% della produzione, spinta da due fattori: innovazione e basso costo del lavoro. Gli anni Settanta vedono ancora una crescita dell’economia, condizionata dalle crisi petrolifere e dal crescere dell’inflazione (1980 al 22%). Con l’adesione allo SME (Sistema Monetario Europeo) e la nascita dell’ECU (European Currency Unity) dopo gli anni dei provvedimenti di emergenza che influenzavano negativamente gli scambi, nel 1979 si perviene a nuovo equilibrio europeo, ma nei primi anni Ottanta vi è ancora la crescita dell’inflazione e del disavanzo del settore pubblico. Parallelamente, negli anni Ottanta e Novanta si afferma un modello basato sulle esportazioni, con una notevole crescita dell’import di manufatti per l’aumento dell’interdipendenza tecnologica. Nel periodo 1992 - 1995 è ancora la svalutazione a sostenere la competitività delle esportazioni, ma nel periodo 1996 - 2005 il tasso di crescita delle esportazioni è solo del 0.6 % a fronte di una crescita del commercio internazionale del 6,5%. La specializzazione produttiva e il peso dei settori tradizionali, determina una scarsa propensione all’innovazione e l’esposizione alla concorrenza dei Paesi. 74 Milano, Fiera Campionaria, 1950 - Padiglione della meccanica “B” (macchine per il legno, metallurgia e siderurgia, fonderie, eccetera) …. Milano, Fabbrica Innocenti, produttrice della “mitica” Lambretta. 75 Milano, protesta in Piazza Affari contro i licenziamenti gli anni 2000 e il commercio lombardo La crisi che ha colpito il commercio mondiale nel 2008 non ha precedenti nella storia recente, ed è stata determinata da vari elementi: il calo della domanda nei Paesi avanzati, le politiche restrittive dei governi, la stessa elevata integrazione mondiale, l’introduzione di misure protezionistiche e, non ultima, la crisi del settore automobilistico causata dalla sovrapproduzione In Italia, l’impatto della crisi sugli scambi con l’estero è stato estremamente negativo, con una riduzione di oltre il 20%. Inoltre, causa l’in…. . 76 certezza dei mercati e la riduzione della domanda interna, anche le importazioni hanno registrato una contrazione importante (-22%). La quota italiana sul commercio mondiale è rimasta sostanzialmente costante, al 4.5%. L’andamento dell’area milanese è in linea con quello nazionale, con valori leggermente meno negativi; risulta invece complessivamente peggiore la Lombardia e ancor più il Nord-Est colpito dal calo della domanda. Il ruolo degli attori /operatori del commercio …. Nel 1930 si stima fossero attive 850 case di import-export, mentre le case estere risultavano essere 280 (settore marittimo, materie prime, industria meccanica ed elettrotecnica), essi agivano però con gli stretti vincoli imposti. I consorzi per l’esportazione controllati dal ministero delle Corporazioni erano una quarantina. Negli anni della ricostruzione, con il mutato quadro normativo e di mercato, si afferma il ruolo del trader e nascono le prime trading company italiane. I mercati un tempo tradizionali come Centro e Sud America sono ora difficili, insieme con i nuovi mercati dell’Est Europa e Ex Unione Sovietica, Cina, e Medio Oriente. Le imprese di trading sono in grado di adeguarsi rapidamente ai mutamenti, e quindi di aiutare l’impresa italiana (anche di grande dimensioni) a operare sui mercati esteri, soprattutto per la vendita di beni strumentali e know-how verso l’Est. Successivamente, a partire dagli anni Settanta, questo ruolo viene svolto anche a vantaggio delle piccole e medie imprese non in grado di dotarsi di strutture specializzate. 77 …. Negli anni Ottanta e Novanta, cresce la specializzazione necessaria a operare in un mercato sempre più complesso caratterizzato, tra l’altro, dalla presenza crescente delle multinazionali. Il nuovo secolo vede la sfide costituite dalla globalizzazione, dalla crescita di nuovi e potenti competitor economici, (in primo luogo, la Cina), dal clima politico, dalla crisi finanziaria nei Paesi occidentali e, per noi in Europa, dalla nascita della società digitale (e-commerce - B2B , mercati telematici) con nuovi attori e un nuovo paradigma che si afferma in tutti i settori. 78 VIII storia del commercio estero a milano e in lombardia …. bibliografia 79 Storia generale – Lombardia AA.VV. Storia di Milano, Roma, Istituto della Enciclopedia italiana, 1995-1996. Pietro Verri, Storia di Milano, Firenze, Sansoni, 1963. Alessandro Visconti (a cura della Famiglia meneghina e sotto gli auspici del comune di Milano), Storia di Milano, Milano, Ceschina, 19672. Gino Luzzatto, Breve storia economica dell’Italia medioevale, Torino, Einaudi, 1970. Federico Chabod, Storia di Milano all’epoca di Carlo V , Volume II, Torino, Einaudi, 1971. 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L’Esposizione Internazionale di Milano del 1906 nelle fotografie tridimensionali dell’epoca, Milano, Cisalpino, 2015. 83 Realizzato da Proedi Editore, ottobre 2016 Wikipedia, alla voce “Lombardia”, dà la seguente informazione: “La Lombardia è la prima regione d’Italia per importanza economica, contribuendo a circa un quinto (21,69% nel 2014) del prodotto interno lordo nazionale. Inoltre ospita molte delle maggiori attività industriali, commerciali e finanziarie del Paese e il suo reddito pro capite supera del 27,9% il corrispondente valore calcolato a parità di potere d’acquisto standard per l’Unione europea. Insieme a Baden-Württemberg, Catalogna e Alvernia-RodanoAlpi, è uno dei quattro motori dell’Europa. Paolo La Rocca, IT Program Manager, libero professionista. Laureato in Economia e Commercio con una tesi sull’innovazione tecnologica nei distretti industriali. Appassionato di Storia e impegnato in attività di volontariato con il FAI (Fondo Ambiente Italiano) per la difesa e la valorizzazione del nostro patrimonio storico. PDF Edizione speciale realizzata in occasione della pubblicazione su www.museomilano.it di Aice e gli operatori del commercio estero ottobre 2016