RASSEGNA STAMPA - Associazione Agenti Allianz
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RASSEGNA STAMPA - Associazione Agenti Allianz
23 Settembre 2013 23 Settembre 2013 RASSEGNA STAMPA 22/23 SETTEMBRE 2014 Sede Milano – Corso Italia 22 Sede Trieste – Via Fabio Filzi 21/1 INDICE SCENARIO ASSICURATIVO ALLIANZ1: DEPOSITATA LA DOMANDA DI BREVETTO L’RC AUTO ADESSO VIAGGIA IN ORDINE SPARSO ASSICURAZIONI, IL BROKER È UN MEDIATORE? L’RC AUTO ADESSO VIAGGIA IN ORDINE SPARSO RC AUTO, CON L’ANTIFRODE SI RISPARMIA. E LA LOTTA È SOLO ALL’INIZIO E LO STATO SCEGLIE LA SCATOLA NERA MENO MATTONE NEI BILANCI ASSICURATIVI ALLIANZ WORLDWIDE CARE ENTRA NEL SETTORE DELLE ASSICURAZIONI VITA E INVALIDITÀ GENOVA-LISBONA, LA PARTITA DOPPIA DELLE POLIZZE CARIGE ALLIANZ CONTINUA A INVESTIRE SULL’OFFERTA ALLIANZ1 CON LA CAMPAGNA “ABBONATI ALLA SERENITÀ PREMI E COPERTURE IN STILE HI-TECH L'ONLINE VINCE ANCHE TRA LE POLIZZE BANCHE IN PRIMO PIANO MEDIOBANCA, C’È VITA OLTRE I SALOTTI MENO GENERALI E PIÙ FORTI ALL’ESTERO BANCHE IN SEI MESI 2 MILIARDI DI UTILI IL CDA UNICREDIT DECIDE SU PIONEER SANTANDER FAVORITO QUESTI SI GODONO LA VITA PREVIDENZA E DINTORNI FONDI COMUNI IN GRAN SALUTE E LA CORSA NON È FINITA PENSIONI DA RECESSIONE SCENARIO ASSICURATIVO ALLIANZ1: DEPOSITATA LA DOMANDA DI BREVETTO Per la compagnia tedesca il lancio dell’offerta modulare rappresenta una vera e propria innovazione nel mercato assicurativo. L’offerta modulare Allianz1 è una vera e propria innovazione nel mercato assicurativo. Per questa ragione Allianz ha depositato la domanda di brevetto. A renderlo noto è stato Roberto Felici responsabile marketing della compagnia tedesca in Italia, per il quale «la formula di Allianz1 è simile a un abbonamento: è il cliente che identifica quanto può e vuole spendere su base mensile per proteggere se stesso e i propri cari, la propria casa e i beni di famiglia contro i rischi più gravi, quelli che possono mettere a rischio la sopravvivenza stessa del nucleo familiare. La comunicazione spiega la mission sociale di questa innovazione, che ha cambiato il modo in cui le famiglie italiane possono assicurarsi», ha affermato Felici. Il progetto assicurativo di Allianz1 si concretizza in un unico contratto assicurativo che il cliente può configurare a seconda delle sue esigenze ed è libero di modificare in qualsiasi momento nella scelta e nel contenuto delle coperture personalizzate. La formula, simile a un abbonamento, prevede il pagamento mensile del premio e, attraverso il sistema di FastQuotazione, permette al cliente di conoscere il prezzo personalizzato. Dallo scorso marzo è attivo il sito www.allianz1.it, dove è possibile acquisire informazioni sull’offerta Allianz1 e ricevere una quotazione economica personalizzata inserendo tre soli dati: la data di nascita, la professione e la provincia di residenza del cliente. A quel punto, se il cliente è interessat Tutto Intermediari L’RC AUTO ADESSO VIAGGIA IN ORDINE SPARSO Continua la corsa del comparto vita, calano i rami danni a causa della frenata dell’Rc auto. Malgrado il ribasso registrato a livello complessivo, in questo settore le tariffe rimangono elevatissime e anzi segnano qualche aumento nelle aree più critiche: alcune città del Sud, i giovani e i veicoli a due ruote. Il bilancio di metà anno del mercato assicurativo italiano sconta in modo pesante i segni della crisi economica. A parte le polizze vita tradizionali, che per le loro caratteristiche continuano a mantenere un forte appeal presso i risparmiatori, il settore resta asfittico e le gravi esigenze di protezione di famiglie e imprese, dalla previdenza alle calamità naturali e alle piccole e medie imprese, continuano a rimanere in gran parte non soddisfatte. Le cifre In base ai dati dell’Ania, nei primi sei mesi del 2014 la raccolta complessiva è stata di 74,129 miliardi di euro, il 5,3% in più rispetto alla prima metà dell’anno scorso. Il comparto vita si è attestato a 55,529 miliardi di euro, +30,2% sul corrispondente periodo del 2013. I rami danni hanno segnato invece un calo del 3,2%, a 18,6 miliardi di euro; il settore auto, in particolare, ha accusato una frenata più netta, -6,6%, a 9,772 miliardi di euro. A fronte di una stabilità o di un leggero calo del parco circolante, il dato denota quindi un ribasso dei prezzi, confermato del resto dall’ultimo monitoraggio trimestrale realizzato dall’Ivass. L’indagine si basa sui prezzi di listino praticati in ventuno province italiane per sei profili tipo di assicurati, cui corrispondono diversi livelli di rischiosità, e quindi di tariffa. Così, per esempio, si va da un diciottenne nella quattordicesima classe di bonus malus (quella d’ingresso, per chi si assicura per la prima volta) con un ciclomotore o una vettura di 1.300 cc., a un quarantenne che guida la stessa auto ma si trova nella miglior classe. Fra l’aprile scorso e il corrispondente mese del 2013 i prezzi medi di listino a livello nazionale hanno mostrato variazioni comprese fra il meno 1,4% per un automobilista cinquantacinquenne e il più 4,3%, per un neopatentato alla guida di un motorino. Dove costa di più Le tariffe sono decisamente più elevate in alcune città del Sud, e in particolare a Napoli, dove sono le più care per tutti i profili considerati: nel capoluogo campano, un diciottenne che si assicura per la prima volta paga in media 3.532 euro, il doppio rispetto a un suo coetaneo ad Aosta. Variazioni più significative hanno interessato i mezzi a due ruote: per un quarantenne in quarta classe di bonus malus con un motociclo di 200 cc. e per un diciottenne in prima classe con un motorino i listini sono aumentati rispettivamente del 4% e 4,3%. L’Ania offre una lettura diversa dei dati dell’Ivass. «I prezzi di listino non considerano gli sconti praticati dagli intermediari — sottolinea Vittorio Verdone, direttore centrale auto, distribuzione e consumatori dell’Ania —. Se invece si guarda alla stima di quelli effettivamente pagati, a parte pochissime eccezioni si registrano cali in tutte le province e per tutti i profili. L’Ivass ha presentato anche la prima relazione sull’attività antifrode, che mostra segnali positivi sull’impegno delle imprese nella lotta alle truffe». Quali consigli si possono dare all’assicurato che vuole risparmiare? «Fare confronti, ma oltre ai prezzi guardare con attenzione alle principali clausole delle polizze — risponde Verdone—. In particolare quelle su esclusioni e rivalse, quando la garanzia non opera. E inoltre controllare sul sito dell’Ivass, www.ivass.it, se la compagnia e l’intermediario sono autorizzati». «Nell’Rc auto esiste una vera e propria discriminazione territoriale — sostiene invece Fabrizio Premuti, presidente di Konsumer Italia — tanto che è diffusissimo il fenomeno di chi, per pagare meno, dichiara una falsa residenza in territori dove il rischio e il premio sono più bassi. Per contenere le tariffe Rc auto, si può prevedere l’installazione su ogni macchina della scatola nera che monitora il comportamento alla guida». Mobilità In base all’indagine conoscitiva sulla Rc auto realizzata dal Movimento difesa del cittadino e Codacons nell’ambito del progetto «Rc auto su misura», finanziato dal ministero dello Sviluppo economico, aumentano gli automobilisti propensi a valutare nuove offerte e cambiare compagnia. Il 33% di quanti si avvalgono dei preventivatori online o del semplice passaparola per valutare nuove polizze appartiene alle regioni del Sud dove, a causa dei prezzi più elevati, si avverte in misura maggiore la necessità di ricercare risparmio e convenienza. CORRIERE ECONOMIA ASSICURAZIONI, IL BROKER È UN MEDIATORE? La natura giuridica del broker e del relativo contratto di brokeraggio non sembrano affannare molto la giurisprudenza che pare già da tempo pervenuta alla conclusione, piuttosto pacifica, che si tratti di un mediatore e il contratto stipulato sia quello di mediazione, al più, atipica. Ma andiamo con ordine. Il broker è una figura professionale esperta in campo assicurativo a cui si può rivolgere chi intende stipulare un contratto di assicurazione: in questi casi, il broker studia la situazione del cliente e considera le sue esigenze, indicandogli la migliore compagnia rispondente alle sue richieste, valuta le condizioni contrattuali più favorevoli e i rischi, e in particolar modo cerca di conseguire un ottimo rapporto tra premio pagato da un lato e rischio garantito e copertura assicurativa dall’altro). La giurisprudenza, senza apparenti difficoltà, ha equiparato il broker al mediatore, definendolo un mediatore speciale in campo assicurativo. Invero, i giudici partono dalla considerazione che il broker, esperto assicurativo, non è legato a nessuna delle parti da rapporti di dipendenza, collaborazione, rappresentanza. Provvede, su iniziativa propria o di uno dei soggetti che intendono stipulare un contratto, a mettere in contatto il cliente con l’assicuratore disposto a concludere un contratto alle condizioni rappresentate dal cliente stesso. Il diritto alla provvigione è a carico dell’assicuratore e spetta se l’affare si conclude, consistendo in una percentuale del premio pagato dal cliente. La provvigione inoltre è dovuta sia che le parti abbiano espressamente incaricato il broker sia nel caso in cui, di fatto, si siano avvalse della sua opera. Stando così le cose, sembra davvero che il broker appartenga al genus dei mediatori, condividendo con essi molte caratteristiche. In entrambi i casi, infatti, occorre l’iscrizione all’albo e pertanto si tratta di professioni c.d. protette. Inoltre, agiscono entrambi allo scopo di mettere in relazione diretta due soggetti per la conclusione di un contratto (nell’ipotesi speciale del brokeraggio, l’impresa di assicurazione e l’assicurando). Ancora, la provvigione è dovuta ad entrambi nel caso in cui il contratto è concluso, ma anche, eccezionalmente, quando a tale conclusione non si pervenga (essendo la norma, in particolare quella prevista dall’art. 1755 c.c., derogabile). Si possono, tuttavia, individuare alcune diversità tra le due figure. a. In primo luogo, il broker, a differenza del mediatore, estende la sua attività professionale anche alla fase preparatoria, a quella di cooperazione nella stipula del contratto assicurativo, ed eventualmente alla sua esecuzione e gestione (divenendo il tal caso mandatario del cliente, con relativo diritto alla provvigione già solo per questo). In relazione a tale caratteristica, si potrebbe tuttavia ritenere che l’ampliamento della sfera operativa del broker non incida sul suo inquadramento all’interno della mediazione, non presentando profili di incompatibilità. b. In secondo luogo, il broker difetterebbe di uno dei requisiti qualificanti del mediatore: l’imparzialità. Laddove infatti il broker sia espressamente incaricato dal cliente per l’attività di assistenza e consulenza, è evidente la sua parzialità. A prescindere dalla considerazione che, nella definizione su citata, la giurisprudenza ha sottolineato l’esistenza di tale carattere, l’imparzialità non si potrebbe poi escludere per il solo fatto che il broker abbia ricevuto l’incarico solo da una delle parti. È noto infatti come sia pacificamente ammessa la mediazione unilaterale, nascente proprio da un incarico conferito da una sola parte. Tale imparzialità potrebbe al limite mancare laddove si configurasse un vero e proprio rapporto fiduciario tra broker e cliente, che imporrebbe al primo di operare nell’esclusivo o preponderante interesse del secondo, procurandogli le migliori condizioni contrattuali possibili e i maggiori vantaggio in relazione al premio versato. In tal caso, la fiducia che lega il broker al cliente induce ad applicare l’art 1176 c.c. in tema di diligenza nella attività svolta, cosicché il broker sarà responsabile per la negligente esecuzione del rapporto o per omissione di informazioni fondamentali come un conosciuto o conoscibile stato di insolvenza della compagnia assicurativa o la sua non affidabilità nelle contrattazioni. Superando tuttavia tale obiezione, la giurisprudenza afferma che anche l’assenza di imparzialità non incide sulla autonomia e indipendenza del broker, inquadrabile al limite nella mediazione c.d. atipica, in cui è assente, appunto, il requisito in parola. La dottrina, presentando ulteriore obiezione, ha sottolineato come se è vero che il compenso del broker è a carico dell’assicuratore al momento della conclusione del contratto, è anche evidente che quest’ultimo aumenterà il premio a carico del cliente proprio per ricomprendervi la provvigione del broker stesso, con la conseguenza di accollare tale compenso, in fine, proprio sul cliente. Per non dimenticare che per lo studio della questione assicurativa, la consulenza, l’assistenza, il broker potrebbe pretendere un compenso dal cliente che lo ha incaricato e questo a prescindere dalla conclusione del contratto. Quest’ultima particolarità è stata sostenuta per dimostrare che, gravando l’obbligo del pagamento della provvigione sul cliente, non si sarebbe in presenza di una mediazione che, come di regola, richiede che entrambe le parti corrispondano il compenso al mediatore. In realtà, ciò non è decisivo, ipotizzandosi, come ricordato, anche la mediazione c.d. unilaterale, dove l’obbligo della provvigione incombe solo sulla parte che ha conferito l’incarico (per es. il cliente). Queste problematiche hanno indotta la dottrina ad escludere la mediazione e inquadrare l’opera del broker all’interno di diverse figura negoziali. Si è così parlato di prestazione d’opera intellettuale o ancora di appalto di servizi. Non manca poi chi ritiene trattarsi di contratto atipico, con applicazione delle norme sulla mediazione solo in quanto compatibili. Ovviamente, altra tematica è la differenziazione del broker dalle figure affini dell’agente e del procacciatore di affari. Insomma, ancora pare che non ci sia totale certezza sulla natura giuridica del broker. Si può concludere che, superando tutte le obiezioni dottrinali, il punctum dolens, ad avviso di chi scrive, resti questo: se la assenza di imparzialità sia ininfluente ai fini della configurazione del brokeraggio quale mediazione – anche unilaterale e in ogni caso, atipica – ; oppure se il rapporto fiduciario che lega il broker al cliente sia tale da configurare quel rapporto di dipendenza, collaborazione, rappresentanza incompatibile in radice con la mediazione, stante il disposto dell’art. 1754 c.c. Intermedia Channel GENOVA-LISBONA, LA PARTITA DOPPIA DELLE POLIZZE CARIGE Apollo gioca la doppia. Il fondo di investimento statunitense Apollo Global Management, che sta trattando l’acquisto del polo assicurativo di Banca Carige (composto dalle due compagnie operanti nel Vita e nel Danni), ha in verità un programma più ampio e integrato per quanto riguarda la propria presenza sul mercato delle polizze nel Vecchio Continente. Gli emissari da fondo americano, infatti, non sono solo a Genova a negoziare con Piero Luigi Montani, amministratore delegato di Carige, ma anche in Portogallo, dove stanno trattando il polo assicurativo di un altro istituto bancario che le difficoltà degli ultimi tempi stanno spingendo a vendere, il Banco Espirito Santo, fondato a Lisbona a metà dell’Ottocento. Le integrazioni industriali tra Italia e Portogallo sono difficili da sostenere, ma la volontà di giocare fino in fondo le due partite europee la dice lunga sull’impegno che Apollo è pronto a riversare sulle polizze oggi in carico a Carige e all’Espirito Santo. La sola opzione portoghese, la compagnia si chiama Tranquilidade, è stimata a una cifra superiore ai duecento milioni di euro, 215 secondo le ultime indiscrezioni. Di maggior rilievo l’impegno richiesto in Liguria per Carige. Poco più di un anno fa a Genova contavano di ricavare dalla cessione dale due compagnie circa 800 milioni di euro. Una valutazione assolutamente lontana dai valori di mercato. Oggi, una cifra dimezzata sarebbe la benvenuta nelle casse della banca presieduta da Cesare Castelbarco Albani. Ma c’è chi sostiene che alla campagna di espansione in Europa Apollo non sia disposto a destinare una cifra superiore ai 500 milioni di euro. Il tempo (con le scadenze imposte dalla Banca centrale europea) sembra giocare a favore dell’acquirente, ma né a Genova né a Lisbona sono disposti ad accordare sconti troppo pesanti. Intermedia Channel RC AUTO, CON L’ANTIFRODE SI RISPARMIA. E LA LOTTA È SOLO ALL’INIZIO Scendono i prezzi prezzi dell’Rc auto, ma in alcune zone d’Italia le tariffe, continuano ad aumentare e si amplia il divario territoriale. Lo riconferma anche la recente statistica Ivass. Un 4oenne in prima classe di merito spende nella provincia di Napoli per assicurare un’utilitaria 1.194 euro, un prezzo di listino doppio di quello medio delle altre 21 province considerate dall’analisi Ivass (567 euro). Per non parlare dei prezzi proibitivi che si pagano per assicurare gli scooter, con la conseguente piaga dell’evasione assicurativa, che talvolta può sfociare in drammi come quello ambientato nel rione Traiano di Napoli. Colpa anche delle frodi che pesano sul costo dei sinistri delle zone meno virtuose. La soluzione al problema dovrebbe arrivare anche dall’attività della sezione Antifrode dell’Ivass a cui decreto sviluppo Bis, nel dicembre 2012, ha attribuito nuove funzioni in materia di contrasto gli illeciti. Il servizio, a cui capo è stato posto Antonio De Pascalis, ha divulgato nei giorni scorsi la prima relazione dalla quale risulta che, nonostante nel 2013 sia diminuito il parco circolante e anche i sinistri (-6,5%), si è registrato un aumento dell’attività di contrasto delle frodi: il numero dei sinistri esposti a rischio truffa sono passati a 46omila (+15% rispetto al 2012). Anche i sinistri oggetto di approfondimento in relazione al rischio frode sono stati in aumento (+8,5%). Tuttavia ci sono anche molte aree di miglioramento. Innanzitutto sul fronte dell’utilizzo più diffuso dalla Banca dati sinistri (Bds) dell’Ivass e in futuro dell’istituendo Archivio informatico antifrode (Aia). «Inoltre è auspicabile che vi sia una maggiore attivazione di interventi a fini antifrode nei casi sospetti a prescindere da una valutazione “economica” degli effetti della denuncia», spiegano dall’Ivass a «Plus24». Spesso infatti, anche avendo la disponibilità di dati, le imprese non denunciano i responsabili perché l’azione legale non risulta “economicamente” conveniente. E che la strada da fare sia ancora molta lo si vede analizzando i numeri delle denunce e querele: esse sono pari allo 0,12% dei sinistri denunciati nel 2013 al nord mentre al sud si “sale”, si fa per dire, allo 0,67%. Siamo molto lontani dai livelli europei in Germania si arriva al 7%. Eppure contrastare le frodi consente dei risparmi. La sezione Ivass Antifrode li ha contabilizzati in 183,5 milioni di euro nel 2013 ( contro i 177,5 milioni del 2012). Si tratta ancora di una goccia nel mare tuttavia i dati fanno ben sperare. «L’attività di contrasto ritengo sia partita con il piede giusto – spiega anche Vittorio Verdone, direttore centrale auto, distribuzione e consumatori di Ania -. Incoraggiante è il dato sulla consultazione della banca dati: l’85,7% dei sinistri denunciati sono stati oggetto d’interrogazione della banca dati sinistri. Con questo sistema, ancora da perfezionare in particolare per quanto attiene all’Aia (archivio informatico integrato in materia Antifrode) diventerà più difficile sfuggire agli “algoritmi” per chi vuole realizzare delle frodi». Il nucleo Ivass ha anche passato in rassegna l’attività svolta dalle singole compagnie per dotarsi di una struttura idonea al contrasto degli episodi fraudolenti dando un voto (score), fondato su elementi qualitativi (modelli organizzativi adottati) e qualitativi (numero sinistri, numero quere le). Il mondo delle assicurazioni è diviso in due: Quindici gruppi – per una quota di mercato nell’Rc Auto del 57,2% – che ottengono il massimo dei voti, sono in prima fascia con un giudizio favorevole «pur essendo individuabili fasi di attività suscettibili di potenziamento», spiega la relazione. Ben 18 compagnie, per una quota di mercato limitata però al 12%, hanno ottenuto la maglia nera, essendo inserite in quinta fascia, con rilevazione di giudizi positivi “sporadica” e “circoscritta a fasi sempre più marginali del complesso delle procedure adottate”. Ventuno compagnie, per una quota di mercato complessiva del 30% circa, si collocano nel mezzo con valutazioni che stanno tra la seconda e la quarta fascia e con giudizi che via via discendono verso il basso. Intermedia Channel E LO STATO SCEGLIE LA SCATOLA NERA Consip (la Centrale acquisti della Pubblica amministrazione) sta per bandire la nuova gara d’appalto per la fornitura di auto per tutta la Pubblica amministrazione su scala nazionale. Il bando dovrebbe presentare tra l’altro alcune novità, in particolare in tema di black box. Già lo scorso anno Consip aveva stabilito per la prima volta l’obbligatorietà dell’installazione delle scatole nere sulle auto di forze di polizia, ospedali e personale delle Aziende sanitarie locali, in modo da poter monitorare consumi e percorrenze, ridurre i costi di assicurazione e, in generale, ottimizzare l’utilizzo delle flotte. Le black box sono state poi sì installate ma in tanti casi non sono state accese. La volontà ora è di fare in modo che questo non accada più. Intanto la Pubblica amministrazione spende meno in automobili. La politica di contenimento dei costi avviata nel 2011, quando Formez, su incarico del ministero della Pubblica amministrazione — ora guidato da Marianna Madia — avviò il censimento sul parco macchine degli enti pubblici, ha portato ad una riduzione del 33% per quanto riguarda le auto blu, con l’eliminazione di 2.851. Complessivamente la riduzione ha riguardato 7.449 vetture (-12%). Le vetture in possesso o a noleggio della Pubblica amministrazione erano così al 1 agosto 54.571 contro le 62.020 del 31 dicembre 2011. Meno di una su dieci era auto blu (5.768 vetture Intermedia Channel MENO MATTONE NEI BILANCI ASSICURATIVI C’è meno immobiliare nei bilanci delle compagnie assicurative italiane. Non è un terremoto, ma un processo di lenta erosione dove pesano alcune svalutazioni, la necessità di alleggerire un peso che si era gonfiato molto prima della crisi e la consapevolezza che, soprattutto negli ultimi anni, è venuta meno la componente anticiclica di questa classe di investimento. Alcuni osservatori fanno notare che la situazione potrebbe cambiare a causa dell’appiattimento dei rendimenti nel settore obbligazionario – in particolare dei titoli governativi – che potrebbe riportare l’attenzione sul real estate dove, dopo il drastico calo dei prezzi degli ultimi anni, si possono spuntare rendimenti allettanti. Ma i tempi non sono ancora maturi. Guardando alle quattro maggiori assicurazioni quotate a Piazza Affari, si osserva che solo Cattolica Assicurazioni ha aumentato il peso della componente immobiliare che è salita del 17% a 463 milioni. Una buona fetta di questo aumento, però, è dovuta all’acquisizione di Fata Danni che ha portato in dote sei immobili per un totale di 41 milioni di euro. Si tratta di un piccolo portafoglio che è uscito dal perimetro di Generali, ex proprietaria di Fata. La compagnia triestina mantiene sostanzialmente invariata la sua esposizione nel settore con 27,64 miliardi di euro, pari a circa il 4% del totale degli investimenti. Proprio il Leone, già oggi uno dei grandi protagonisti del settore, potrebbe essere uno dei candidati a sfruttare la nuova fase di ripresa del real estate. Nell’investor day dello scorso novembre la società aveva chiarito che intende incrementare la sua esposizione nel settore immobiliare nei mercati core e diversificare al di fuori dell’area Euro. Il processo è in marcia ma, in questi mesi, la società si è dedicata soprattutto a mettere ordine a partire dal progetto di sviluppo immobiliare di Citylife a Milano dove è stata completata la separazione dal socio Allianz. Alcuni manager come Giancarlo Scotti e Giovanni Paviera, intanto, hanno lasciato il gruppo e altri ne sono arrivati come il francese Christian Delaire, chiamato da Mario Greco a guidare Generali Real Estate o Armando Borghi che, da un paio di mesi, ha preso le redini di Citylife. Chi invece sta cercando di ridurre il peso del settore immobiliare è la nuova Unipol che ha avviato una profonda revisione sul comparto dopo la fusione con FonSai, Milano Assicurazioni e Premafin che hanno portato nel gruppo un portafoglio immobiliare significativo retaggio del periodo Ligresti. L’impresa di riorganizzare il caos dell’ex gruppo Ligresti si è rivelata difficile ma, dopo quasi 400 milioni di svalutazioni fra 2012 e 2013 e altri 70 milioni nel primo semestre 2014, i risultati stanno arrivando. In molti casi il patrimonio immobiliare ha avuto bisogno di investimenti per ammodernamenti, le vendite, per contro, sono state minime: poche decine di milioni di euro, per non svendere in un mercato ancora difficile. Il risultato è che oggi Unipol mantiene un patrimonio immobiliare di 4,6 miliardi, in linea (-2,5%) con quello di fine dicembre: «L’operatività resta incentrata sulla razionalizzazione del patrimonio immobiliare in portafoglio e nella ricerca di occasioni di valorizzazione», spiega la relazione semestrale. Anche chi in questi anni ha puntato molto sull’immobiliare come Vittoria Assicurazioni adesso frena. La compagnia ha investimenti immobiliari per 586 milioni, vale a dire quasi un quinto del totale pari a poco più di tre miliardi, ma nell’ultimo semestre la componente si è ridotta dell’1,2%. L’esposizione al real estate di Vittoria Assicurazioni punta molto sullo sviluppo immobiliare (264 milioni di immobili in costruzione) che è stato il comparto più colpito dalla crisi, ma che non sembra aver pesato sui bilanci: le svalutazioni semestrali sono state di appena tre milioni e l’anno scorso non erano andate oltre i 5,4 milioni. Intermedia Channel ALLIANZ WORLDWIDE CARE ENTRA NEL SETTORE DELLE ASSICURAZIONI VITA E INVALIDITÀ Allianz Worldwide Care ha annunciato oggi il lancio di una nuova linea di prodotti di assicurazione vita e invalidità, ideati per le aziende come complemento dell’assicurazione sanitaria internazionale. L’introduzione di questi nuovi prodotti – si legge in una nota – “permette a clienti e intermediari di accedere a un ventaglio di opzioni assicurative più ampio, fornite tutte da un’unica compagnia assicurativa, semplificando così il processo di amministrazione di soluzioni assicurative nei rami sanitario e vita attraverso una gestione centralizzata”. Ron Buchan, Amministratore delegato di Allianz Worldwide Care, commenta: “Allianz Worldwide Care è adesso in grado di offrire ai clienti aziendali e ai loro broker il vantaggio di acquistare una vasta gamma di prodotti assicurativi presso uno stesso fornitore. Questi prodotti sono elementi chiave di qualsiasi pacchetto di incentivi per i dipendenti e aiutano i nostri clienti ad attrarre e conservare il proprio staff. Quando si tratta di attivare e rinnovare le polizze e pagare i premi, la gestione centralizzata da parte di un unico fornitore offre vantaggi in termini di costi oltre e in termini di amministrazione semplificata. Inoltre, il pacchetto assicurativo che offriamo fornisce copertura in tutto il mondo ed è gestito attraverso un unico sistema per l’amministrazione delle polizze e per la rendicontazione, indipendentemente dalla combinazione di prodotti scelta dall’azienda”. Susan Landers, Direttrice di marketing e gestione clienti, aggiunge: “Possiamo offrire al cliente l’opportunità di disegnare la propria assicurazione vita e invalidità in base alle proprie esigenze, qualunque sia l’entità del gruppo da assicurare. Oltre al vantaggio di poter acquistare più prodotti da un unico assicuratore, i clienti che scelgono più di un tipo di prodotto usufruiscono di uno sconto sul premio, ottenendo così anche un vantaggio economico”. L’introduzione di questi nuovi prodotti è una conseguenza della fusione di Allianz Worldwide Care Ltd. con le divisioni internazionali di Allianz France avvenuta a luglio di quest’anno, la quale è stata una mossa strategica naturale data la similarità dei prodotti commercializzati da ambe le società del Gruppo Allianz. Dalla fusione è nata Allianz Worldwide Care SA, una nuova società che dispone di una licenza unica per la commercializzazione di assicurazioni sanitarie e vita ed è soggetta al codice di regolazione francese. Il centro operativo di Allianz Worldwide Care SA è la sua filiale di Dublino, dove si gestiscono tutte le operazioni a livello globale. Intermedia Channel ALLIANZ CONTINUA A INVESTIRE SULL’OFFERTA ALLIANZ1 CON LA CAMPAGNA “ABBONATI ALLA SERENITÀ” Nuovamente in programmazione (dalla giornata di ieri, domenica 21 settembre) la pubblicità di Allianz1, “l’offerta che rivoluziona il modo in cui le famiglie italiane possono assicurarsi”. Prende il via anche il concorso a premi “Vinci con Allianz” aperto a tutti gli oltre sei milioni di clienti della compagnia nel nostro paese Allianz Italia punta sull’innovazione e continua a investire in comunicazione con la campagna pubblicitaria “Abbonati alla serenità” per l’offerta modulare Allianz1. La compagnia guidata dall’Amministratore Delegato Klaus-Peter Roehler lancia inoltre il concorso a premi “Vinci con Allianz”, aperto a tutti gli oltre sei milioni di clienti in Italia. A partire dalla giornata di ieri, domenica 21 settembre, la campagna Allianz1 “Abbonati alla serenità” è tornata in programmazione (e vi rimarrà per sei settimane, fino al 1 novembre), alternando i passaggi sulle principali emittenti televisive nazionali e satellitari e integrata da radio e web marketing. La massiccia pianificazione televisiva – si legge in una nota – “raggiungerà un’audience di 50 milioni di italiani, con una frequenza media di visione pari a 14 volte per persona”. “Con questa campagna pubblicitaria, Allianz lancia un’offerta rivoluzionaria, spiegando ai clienti che possono assicurarsi in modo veramente innovativo. La formula di Allianz1 è simile a un abbonamento – spiega Roberto Felici, responsabile marketing di Allianz Italia – ed è il cliente che identifica quanto può e vuole spendere su base mensile per proteggere se stesso e i propri cari, la propria casa e i beni di famiglia contro i rischi più gravi, quelli che possono mettere a rischio la sopravvivenza stessa del nucleo familiare. La comunicazione spiega la mission sociale di questa innovazione, che ha cambiato il modo in cui le famiglie italiane possono assicurarsi. Davvero un’innovazione, per la quale Allianz ha depositato domanda di brevetto”. Allianz1 e la campagna pubblicitaria “Abbonati alla serenità” Come anticipato, la campagna Allianz1 “Abbonati alla serenità” sarà in onda per sei settimane, alternando i passaggi tra televisioni e radio. Inoltre, agli spot da 30’ verrà affiancato un nuovo video da 90’ in onda in prima serata su emittenti televisive nazionali e satellitari. La scelta dei canali – in onda esclusivamente su Sky e La7 – e di posizionamento dello spot da 90’ subito dopo i TG, “è dettata dalla volontà di intercettare una audience qualificata”. Il format – prosegue la nota – “spiega in modo completo le peculiarità di Allianz1. Partendo dall’esigenza di protezione, lo spot racconta in modo molto semplice le aree di copertura e illustra le modalità per configurare il prezzo più adatto alle proprie esigenze”. Intermedia Channel PREMI E COPERTURE IN STILE HI-TECH Sviluppare la multicanalità e la prossimità con i propri clienti: sono le due sfide che attendono le compagnie d’assicurazione e che vedono impegnata anche Sia, società specializzata nella gestione dei pagamenti elettronici. «Il consumatore richiede la possibilità di contattare l’impresa assicuratrice con un’ampia gamma di canali, a cominciare da Internet — sostiene Carlo Maiocchi, direttore divisione Corporate di Sia —. Da un paio di anni stiamo supportando Quixa, compagnia diretta che fa capo ad Axa, nella semplificazione dei sistemi di pagamento dei premi, che può avvenire attraverso il web ma anche presso le tabaccherie e alcune realtà della grande distribuzione». Smartphone e tablet sono sempre più importanti. «La tendenza delle compagnie è quella di attivare facilmente prodotti a tempo tramite i nuovi dispositivi — dice Maiocchi —. Ad esempio nel campo delle polizze per i viaggi, l’auto o l’abitazione». Un altro tema è quello dell’ottimizzazione dei processi di vendita; la riduzione dei costi di collocamento può avere un impatto positivo non solo sull’impresa ma anche, indirettamente, sul cliente finale. «Abbiamo già realizzato progetti importanti per l’automazione delle reti di agenti di diverse compagnie — continua Maiocchi —. Gli intermediari sono stati dotati di Pos di nuova generazione con cui il cliente, oltre a pagare i premi unici, può attivare anche mandati elettronici per effettuare pagamenti ricorrenti. Molte imprese stanno investendo in nuove tecnologie, con l’obiettivo di semplificare i processi di acquisizione del contratto, di pagamento del premio e attivazione della copertura». Sia è leader europeo nella progettazione, realizzazione e gestione di infrastrutture e servizi tecnologici dedicati a istituzioni finanziarie, imprese e pubbliche amministrazioni, nelle aree dei pagamenti, della monetica, dei servizi di rete e dei mercati dei capitali. Il gruppo Sia eroga servizi in circa quaranta paesi e opera anche attraverso controllate in Ungheria e Sudafrica. Nel 2013 ha gestito 2,7 miliardi di pagamenti con carte e 2,2 di bonifici e incassi, 28,6 miliardi di transazioni di trading e post trading. Il gruppo, che conta circa 1.500 dipendenti, ha chiuso il 2013 con ricavi pari a 380,3 milioni di euro. CORRIERE ECONOMIA L'ONLINE VINCE ANCHE TRA LE POLIZZE Occhio alle insidie. Scegliere bene i massimali e le garanzie accessorie alla Rca a Cara auto, quanto mi costi. Tra il prezzo di acquisto del veicoli nuovi, spesso coperto con un prestito (che a sua volta fa lievitare ulteriormente la spesa), la benzina, il bollo e l'assicurazione, la "macchina" incide sempre di più sul bilancio familiare. Ecco allora che si guarda con maggiore attenzione ai veicoli usati, magari optando per le versioni diesel oppure per i modelli ibridi, alimentati a metano o gpl. Ma è con l'assicurazione che si può ottenere il risparmio maggiore. Soprattutto se si ricorre al canale virtuale. Per rendersene conto basta andare su un qualsiasi preventivatore online, o su uno dei tanti comparatori (che però, non tengono conto di tutte le offerte presenti sul mercato), inserire la targa della propria auto e verificare di persona il risparmio. Un risparmio che può arrivare anche al 50 per cento. Ma occhio a sottoscrivere subito la polizza. Mai fermarsi al primo step. Il passaggio dal fisico al virtuale è delicato. In un'agenzia c'è un consulente pronto a chiarire qualsiasi sorta di dubbio. Su internet bisogna cavarsela da soli. Quindi, prima di procedere all'acquisto è fondamentale accertarsi che tutte le condizioni presenti nel contratto siano in linea con le proprie esigenze. Come potrebbe essere, per esempio, per il massimale Rca. Per legge parte da un minimo di 6 milioni di euro, di cui 5 milioni per i danni alle persone e 1 milione per i danni alle cose, ma il contraente ha la possibilità di scegliere la soglia che ritiene più opportuna. Naturalmente, a un massimale più alto corrisponde un premio maggiore. Generalmente, poi, tutta una serie di garanzie non sono conteggiante nel preventivo iniziale. Quindi bisognerà aggiungere il furto e incendio e, se viene ritenuta necessaria, anche la kasko (copre i danni subiti dalla propria automobile anche se l'incidente è provocato dall'assicurato) o la garanzia infortuni conducenti. Inoltre, conviene sempre verificare la presenza della rinuncia alla rivalsa da parte della compagnia assicurativa. Già solo inserendo il furto e incendio il costo del preventivo aumenterà, ma a conti fatti rimarrà comunque più economico rispetto al canale più tradizionale. E se proprio non si riesce a fare a meno della propria agenzia, allora conviene valutare la possibilità di una polizza a consumo. Le tariffe Rca sono molto più basse ed è possibile godere di forti sconti anche sul furto e incendio. Inoltre, con l'installazione di una scatola nera (la cosiddetta black box), obbligatoria per chi sottoscrive una polizza a consumo (i costi di installazione sono a carico della compagnia assicurativa), si può usufruire di alcune garanzie accessorie, come il recupero del veicolo, in caso di furto, attraverso il segnale satellitare. Occhio, però, il risparmio delle polizze a consumo, consigliate per chi non percorre più di 7mila chilometri l'anno, tende a diminuire per classi di bonus malus più alte. Per chi viaggia in classe 1 (la più alta) lo sconto si riduce a tal punte che potrebbe valere la pena conservare la polizza tradizionale per non avere limitazioni in termini di utilizzo dell'autovettura. IL SOLE 24 ORE BANCHE IN PRIMO PIANO MEDIOBANCA, C’È VITA OLTRE I SALOTTI MENO GENERALI E PIÙ FORTI ALL’ESTERO Mediobanca, la più conosciuta banca d’affari italiana, è a metà del guado, nel pieno di una fase di profonda trasformazione. Da poco più di un anno l’amministratore delegato Alberto Nagel ha coraggiosamente dato il via alla cosiddetta “uscita dai salotti”, con la conseguente vendita sul mercato di una grossa fetta del portafoglio partecipazioni. Parallelamente si è rafforzata la presenza della merchant bank a Londra, dove oggi lavora un team di 25 persone. Con l’intenzione di proiettarsi sempre più sui mercati europei per far concorrenza a quelle banche come Lazard e Rothschild, ma anche le meno conosciute Evercore, Ondra o Berenberg che nella consulenza per le grandi operazioni di M&A stanno portando via clienti a colossi americani come Jp Morgan, Goldman Sachs, Morgan Stanley. Il cammino non è indolore, come dimostrano i bilanci. Dal 2008 al 2013 la dismissione di importanti partecipazioni ha causato un miliardo di euro di perdite, ma nel 2014 il team di Nagel è riuscito a realizzare plusvalenze per 840 milioni ottenute con la cessione di azioni Gemina, Intesa Sanpaolo, Saks, Rcs e bond convertibili Unicredit. Operazioni che insieme ai dividendi percepiti da Generali, hanno permesso di chiudere l’esercizio con un utile di 465 milioni. Inoltre, entro giugno 2015 piazzetta Cuccia uscirà definitivamente da Rcs e Telco. E con questo si può considerare chiusa per quella data l’epoca delle partecipazioni incrociate che avevano rappresentato il cuore della Mediobanca costruita dal fondatore Enrico Cuccia e dal delfino Vincenzo Maranghi. Ora però si tratta di trovare una nuova “mission” per la merchant bank e non sarà un percorso facile. «Mediobanca sta cercando di comprare un gestore di patrimoni all’estero per internazionalizzare il marchio. È ancora molto forte in Italia, avendo scommesso con lungimiranza sugli aumenti di capitale delle banche. I suoi uomini sono bravi ma fuori dall’Italia li conoscono ancora in pochi, le grandi operazioni le fanno Lazard, Rothschild o le grandi banche americane come Jp Morgan, Goldman Sachs, Morgan Stanley ». La sintesi efficace è di un banchiere italiano che lavora per una grande banca d’affari internazionale e che spesso si è ritrovato gli uomini di piazzetta Cuccia dall’altra parte del tavolo. Il suo punto di vista conferma come la Mediobanca del futuro non sia ancora nitida all’orizzonte, alla costante ricerca di un modello di business che non le faccia perdere la sua vocazione di banca concentrata su alcune aree che richiedono una forte specializzazione e allo stesso tempo le permettano di far crescere la redditività in maniera soddisfacente per gli azionisti. Nell’imboccare questa strada, va subito detto, Nagel e il presidente Renato Pagliaro, hanno avuto e continuano ad avere il consenso della maggior parte degli azionisti, in primis l’Unicredit di Federico Ghizzoni e il francese Vincent Bollorè, che con l’assemblea di fine ottobre rinnoveranno il mandato triennale alla squadra di vertice. Il titolo Mediobanca in Borsa è tornato sopra la soglia dei 7 euro, lontano dai 2,5 euro dell’estate 2012, e tutto ciò fa sì che si gettino dietro le spalle anche le conseguenze dell’ultima grande battaglia dei salotti, quella che ha provocato l’estromissione della famiglia Ligresti e la consegna della Fonsai nelle mani dell’Unipol, i cui esiti giudiziari per il vertice di Mediobanca non sono ancora conclusi, mentre Bollorè a gennaio 2014 è stato sanzionato dalla Consob con 3 milioni di multa e diciotto mesi di interdizione dalle cariche nelle società quotate per aggiotaggio sui titoli Premafin (provvedimento contro il quale ha opposto ricorso). Certo, ogni tanto l’eco del passato torna a farsi sentire, come quando radio finanza ha cominciato a insinuare che la nomina di Stefano Marsaglia alla Mediobanca di Londra come capo dell’area Cib (Corporate and investment banking) sia stata suggerita, e forse imposta, da Fabrizio Palenzona, vicepresidente di Unicredit e forse l’unico power broker rimasto in sella dopo l’uscita di scena di Cesare Geronzi e l’appannamento di Giovanni Bazoli. Di certo la nomina di Marsaglia non è stata accolta con favore dalla struttura interna di piazzetta Cuccia, che ha visto catapultato dall’esterno un livello di interlocuzione con l’amministratore delegato che prima non esisteva. Tuttavia secondo la versione “buonista” Marsaglia sta facendo dialogare positivamente le varie filiali europee di Mediobanca in modo da poter cogliere le varie opportunità che si presentano sui mercati. I mugugni potrebbero però continuare allorché il team londinese sotto la guida di Marsaglia si vada ingrandendo con innesti di nuove figure, ovviamente molto ben pagate, provenienti da Barclays, Deutsche Bank, Morgan Stanley. L’obbiettivo è quello di partecipare sempre più alle operazioni di capital market, soprattutto nel settore bancario, che interesseranno i vari mercati europei. In Grecia, per esempio, Mediobanca è riuscita a ritagliarsi un ruolo importante in tre dei quattro aumenti di capitale realizzati sinora e con Asset quality review e stress test in arrivo per le banche ci sarà ancora molto da fare. Sebbene alleggerita dalle partecipazioni azionarie, che tra l’altro assorbivano una grossa fetta di capitale, Mediobanca nella sua specificità può inoltre contare su altre due gambe dalle prospettive interessanti. Era stato infatti Cuccia a porsi per primo il problema della stabilizzazione della redditività della merchant bank, e aveva individuato nel credito al consumo un’area che poteva generare buoni frutti e in maniera costante. Così nacque la Compass che con una serie di acquisizioni avvenute negli ultimi anni è diventata leader di mercato e ora, attraverso un accordo con il Monte dei Paschi di Siena, cercherà di far leva sui clienti dei 2500 sportelli della banca sparsi sul territorio. La terza area di business in cui Mediobanca si cimenta è quella che con terminologia anglosassone viene definita “wealth management”, nella quale esistono realtà come CheBanca!, Banca Esperia e Compagnie Monegasque de Banque. La prima era nata negli anni del credit crunch proprio per permettere a Mediobanca una fonte di approvvigionamento alternativa ai mercati interbancari. È cresciuta bene e nelle fasi di più ampia liquidità dei mercati, come l’attuale, può sviluppare commissioni cercando di estendere l’attività alla consulenza finanziaria alle famiglie italiane i cui depositi sono alla ricerca di rendimenti più elevati. Banca Esperia, invece, non sta offrendo grandi soddisfazioni ai propri azionisti, se non una platea di clientela molto alta che viene sfruttata da Mediobanca anche per collocare i propri prodotti finanziari fabbricati a Londra. La coabitazione al 50% con Mediolanum non è ideale ma un riassetto può avvenire soltanto se la famiglia Doris ridimensionerà le proprie richieste. Altrimenti si rimarrà così. A questa galassia Nagel sta cercando di aggiungere un “alternative asset manager”, cioè un team di gestione di fondi specializzati su alcune particolari categorie di investimento, come l’immobiliare, il credito, i prestiti sindacati dei leveraged buy out. Tutto ciò permette agli uomini di piazzetta Cuccia di non spingere sull’acceleratore dei prestiti alle imprese, un’area che l’ha vista protagonista fin dal suo esordio. La stagnazione dell’economia italiana, infatti, non accenna a diminuire e i prossimi saranno ancora anni di crediti a rischio, con aumento delle sofferenze. L’esempio arriva dalla Burgo, la cartiera dove a inizio anni Duemila l’esposizione complessiva aumentò fino a 1,4 miliardi. Con l’ultimo bilancio la partecipazione è stata svalutata del tutto mentre gli accantonamenti sul credito residuo di 473 milioni sono saliti al 55%. L’ultimo retaggio del passato è rappresentato dalla partecipazione di Mediobanca in Generali, oggi poco sopra al 13% ma per motivi regolamentari in discesa verso il 10% entro fine 2015. Anche a questi livelli il presidio sul Leone di Trieste dovrebbe essere salvo grazie al potenziale supporto degli altri soci italiani come Caltagirone e De Agostini, visto che la Banca d’Italia ha totalmente dismesso la sua quota attraverso la Cdp. Nella mente di Nagel Generali è diventata più laicamente uno stabilizzatore di redditività, visto il contributo che può dare in termini di ricavi e dividendi. In pratica una fonte di risorse per finanziare la crescita in altri settori o qualche acquisizione di boutique in giro per l’Europa. La strada verso la “normalizzazione” di Mediobanca prevede poi la dissoluzione del patto di sindacato, ora poco sopra al 30%, con tre o quattro soci forti che convivono senza alcun accordo tra di loro. Tuttavia, non si può escludere che tutti gli sforzi per trovare la nuova “mission” di Mediobanca potrebbero a un certo punto infrangersi contro il muro dell’ultima operazione di sistema: la fusione in Unicredit per rafforzare la presenza di quest’ultima nell’investment banking (così come Intesa Sanpaolo può contare sul braccio operativo di Banca Imi), per preservare Generali da eventuali appetiti dall’estero e magari per portare Palenzona alla presidenza di Trieste. Un’idea che però non troverebbe consenziente il socio forte Bollorè (in crescita dal 7,5 all’8%) e che proprio ultimamente ha rafforzato il suo feeling con Nagel grazie all’operazione Telecom-Telefonica-Vivendi. Un’alleanza che ha portato nelle casse della società francese, di cui Bollorè è socio forte e presidente, 4,65 miliardi di euro in contanti. Nei grafici qui sopra, le cifre del progressivo sfoltimento delle partecipazioni in portafoglio a Mediobanca e la riduzione degli impieghi del 20% circa tra il 2012 e il 2014 1 2 L’ad di Unicredit, Federico Ghizzoni (1) e il finanziere Vincent Bollorè (2), importanti azionisti di Mediobanca AFFARI FINANZA BANCHE IN SEI MESI 2 MILIARDI DI UTILI Due miliardi di euro di utili netti nei primi sei mesi dell’anno. La crisi è tutt’altro che finita e le banche italiane nel loro complesso lo sanno bene, prese come sono dalla profonda revisione degli attivi imposta dalla Banca centrale europea e con gli stress test i cui esiti si conosceranno solamente nella seconda metà di ottobre. Ma il consuntivo dell’attività nei primi sei mesi del 2014 si presenta, nell’insieme costituito da 12 tra le prime banche italiane quotate — sono state escluse dall’analisi di CorrierEconomia le due grandi popolari non quotate, la Vicenza e Veneto Banca, i cui risultati sono apparsi sul Corriere della Sera del 30 agosto — complessivamente soddisfacente. Il calcolo In totale sono stati prodotti 2,026 miliardi di utili netti, più di tre volte rispetto a quanto si era realizzato nei primi sei mesi del 2013, quando erano 661 milioni. Ovviamente la media di un gruppo tanto eterogeneo di istituti di credito può portare a distorsioni interpretative. Il rischio del «pollo di Trilussa» è sempre in agguato, così è opportuno andare in profondità. Guardando in trasparenza i bilanci delle semestrali si vede come le banche più grandi la facciano da padrone. Su 2.026 milioni di utili netti, 1.164 arrivano da Unicredit (57,45 per cento) e 720 milioni da Intesa Sanpaolo (35,53 per cento). Ovvero, le due corazzate del sistema Italia valgono da sole 1.884 milioni di utili, il 93 per cento dell’intero sistema. Il Monte dei Paschi di Siena, terza struttura bancaria del Paese, ha archiviato il semestre con 353 milioni di perdite (erano 380 milioni nello stesso periodo del 2013), così come ancora in rosso è finita Carige, 45 milioni quest’anno, 595 milioni lo scorso. Sono invece tornate in bonis la Bper, 36 milioni contro una perdita di 21 e il Banco di Desio (31 di utile contro 4 di perdita). Soprattutto, la prima metà dell’anno ha spinto in alto il risultato di Ubi e della Popolare di Milano. Ubi ha raddoppiato il risultato rispetto al 2013, portandolo a 106 milioni da 53, mente Bpm è arrivata a 191 milioni dai 105 precedenti. L’attenzione è però già spostata sulla seconda parte dell’anno, anche perché, come ha scritto CorrierEconomia lunedì scorso, il taglio dei tassi effettuato dalla Bce porterà a una compressione dei ricavi da commissioni nette, per uno «smottamento» del livello del margine di intermediazione, una delle voci caratteristiche del bilancio bancario. La dinamica del costo del denaro e la prolungata crisi economica impongono una profonda revisione del modello di business , oltre a una riduzione dei costi. Il peso dello «spread» Il primo semestre dell’anno ha portato risultati tanto brillanti soprattutto per le consistenti attività di trading , soprattutto sui titoli di stato italiani. Le banche che avevano i cassetti pieni di Btp, hanno potuto beneficiare dell’apprezzamento dei titoli legato alla discesa dello spread rispetto ai Bund tedeschi, collocandoli sul mercato e lucrando ampi margini. Ma sono operazioni non più ripetibili. Così, alla luce delle prossime decisioni della Bce, si renderanno non rinviabili decisioni forti (vedi articolo nella pagina a fianco). Soprattutto, appare evidente che a un’ulteriore contrazione sul fronte delle spese, con probabili operazioni di consolidamento ed esternalizzazione dei servizi, dovrà affiancarsi una revisione del modello di business e delle voci di entrata. Più servizi ad elevato valore aggiunto, investimento in tecnologie capaci di svolgere i lavori di routine, quale banalmente è diventato parte del servizio di cassa e maggiore attenzione alle dinamiche commerciali e consulenziali, dove andranno probabilmente ad annidarsi i ricavi di domani. Un passo in questa direzione lo ha annunciato il Credem di Adolfo Bizzocchi, che assumerà da qui a fine anno 100 giovani da avviare ai percorsi commerciali. Un segnale netto che verrà ripetuto da altri istituti. Su tutte le strategie di possibile sviluppo e di intercettazione dei segnali di crescita da parte delle banche grava però la massa di crediti in sofferenza che, secondo gli ultimi dati lordi resi disponibili dall’Abi, ammontano a 172 miliardi di euro. Una massa di prestiti che non viene restituita e che appesantisce i bilanci degli istituti di credito. Tra ipotesi di Bad bank e di cessione di Npl (non performing loans ) — Unicredit la scorsa settimana ha cartolarizzato crediti per 1,3 miliardi, Mps è prossima a un accordo per 1,1 miliardi di Npl — il futuro appare ancora tutto da decidere. Nonostante i due miliardi di utili netti portati a casa nella prima parte dell’anno, che dovrebbero contribuire a garantire una cedola ai soci nella prossima primavera. CORRIERE ECONOMIA IL CDA UNICREDIT DECIDE SU PIONEER SANTANDER FAVORITO Unicredit oggi decide il partner per il marchio di risparmio gestito Pioneer. E secondo le ultime indiscrezioni, potrebbe spuntarla la spagnola Santander Asset Management, partecipata al 50% dai due fondi di private equity: Usa Warburg Pincus e General Atlantic. Il cda della banca guidata da Federico Ghizzoni si riunisce in giornata per approvare l’operazione. L'alleanza darebbe vita al numero uno europeo nel settore con attivi gestiti di oltre 300 miliardi e una valutazione di oltre 2 miliardi di euro. Metà della somma sarà incassato da Unicredit per il 50% del capitale. In gara per la partnership ci sono anche i due fondi chiusi Cvc (insieme al fondo di Singapore Gic) e Advent. L’assegnazione del dossier a un investitore bancario, e non finanziario come i fondi, darebbe a Pioneer connotati da distributore di fondi sulle grandi reti di Santander e Unicredit. Pioneer è presente in 28 Paesi, con un team di 2.076 professionisti, di cui 347 gestori di un patrimonio al 30 giugno di 185,5 miliardi. La Repubblica QUESTI SI GODONO LA VITA Stabilità e garanzia dei rendimenti, che al netto di costi e tasse superano il 2%, ed esenzione dell'imposta di bollo fanno volare la raccolta delle polizze vita tradizionali di ramo I legate alle gestioni separate. A luglio la nuova produzione di polizze vita individuali in Italia è stata pari, secondo una prima stima Ania, a 9,7 miliardi, il 59,5% in più rispetto allo stesso mese del 2013. Mentre da inizio anno i nuovi premi emessi hanno raggiunto i 56 miliardi, +47,9% sullo stesso periodo del 2013. In entrambi i casi si tratta di flussi record. A trainare la nuova produzione sono state proprio le polizze di ramo I la cui raccolta di luglio, pari a 6,8 miliardi (l'importo più alto da inizio 2014), rappresenta il 70% del totale, continuando a crescere a ritmo elevato (+33,9% rispetto allo stesso mese del 2013). Nel periodo gennaio-luglio le polizze di ramo I hanno raccolto 43 miliardi, in crescita del 54,6% rispetto al medesimo periodo del 2013, livello mai toccato nella storia e che è stato raggiunto anche se il rendimento minimo garantito delle polizze vita tradizionali si sta sempre più riducendo. E in qualche caso si è azzerato. Sono lontani i tempi in cui, grazie ai tassi alti, le gestioni separate garantivano anche il 4% fisso all'anno. Ma poi con l'ingresso nell'euro e la convergenza dei tassi, le compagnie hanno dovuto via via abbassare i rendimenti minimi, che rappresentano la soglia al di sotto della quale non può scendere la rivalutazione della prestazione, a prescindere dal risultato finanziario della gestione. Se fino a qualche anno fa i rendimenti garantiti in media viaggiavano attorno al 2-2,5%, oggi questo è un livello che poche polizze sul mercato riescono ancora a offrire, perché i tassi dei titoli di Stato italiani, dove investono prevalentemente le gestioni separate, sono ai minimi storici. Oggi l'1% è un dato medio, ma c'è anche chi non dà più garanzie di rendimento minimo, anche se il risultato ottenuto resta comunque acquisito anno dopo anno. «In un contesto di tassi in diminuzione questa tendenza è fisiologica perché le compagnie possono assumersi impegni di garanzie più basse», spiega Luigi Di Falco, responsabile Vita e Welfare di Ania. Questo accade anche per effetto della normativa Ivass che stabilisce il tasso che le polizze possono garantire. Dal prossimo 1 dicembre l'asticella, ora al 2,25%, sarà ancora abbassata all'1,75% per i nuovi clienti. Un drastico calo rispetto a due anni fa, quando lo stesso tasso era al 3,5%. In compenso, «le gestioni separate delle polizze rivalutabili riescono ancora a garantire extrarendimenti interessanti rispetto al minimo garantito e una stabilità di risultati intorno al 3,5-4% all'anno, in media il 3,9% nell'ultimo quinquennio, con un rendimento finale per il cliente al netto di costi e imposte che può superare il 2%. Livello molto competitivo rispetto ai tassi ai minimi dei titoli di Stato a breve termine e dell'inflazione che è nulla», sottolinea Di Falco. Guadagni che peraltro si consolidano anno dopo anno. Ma proprio la riduzione dei rendimenti dei titoli di Stato renderà sempre più complicato arrivare a questi risultati in futuro. E questo soprattutto accade per le nuove polizze che acquistano titoli oggi con tassi ai minimi. E così per dare una marcia in più alle performance, è aumentata l'attenzione alla componente finanziaria, per cui molti nuovi prodotti offrono accanto alla gestione separata garantita anche la possibilità di investire in un portafoglio di fondi (unit linked, il cosiddetto ramo III). D'altra parte tali fondi hanno registrato in questi ultimi due anni una ripresa delle performance. In particolare, secondo la rilevazione Ania a metà 2014, il rendimento medio dei fondi interni alle compagnie è stato pari negli ultimi cinque anni al 6,5% all'anno. «Negli ultimi tempi molti operatori hanno arricchito il catalogo di polizze vita inserendo accanto alla componente garantita legata alla gestione separata anche una parte più dinamica rappresentata dai fondi unit linked. In questo modo», aggiunge Di Falco, «le compagnie danno al cliente più opzioni e la possibilità di poter adeguare il proprio investimento in funzione dell'andamento del mercato». Ad esempio la nuova polizza Yellow Life di Chebanca (gestita da Genertellife del gruppo Generali) è un prodotto multiramo (peraltro senza costi iniziali, di riscatto o di switch tra gestione e fondo interno) che investe i premi in una gestione separata (che non prevede alcuna garanzia di rendimento minimo e negli ultimi 5 anni, fino a ottobre 2013, ha reso il 4,43% medio annuo lordo) e anche in un fondo interno di tipo flessibile (ramo III). C'è da dire che la parte del capitale investita nel fondo sconta l'imposta di bollo perché soltanto le gestioni separate (ramo I) sono esenti. Il bollo è una minipatrimoniale che colpisce con aliquota dello 0,2% quasi tutti gli investimenti finanziari (tranne appunto le polizze ramo I, i fondi pensione e i fondi sanitari e che i buoni postali di valore inferiore a 5 mila euro). In ogni caso nelle polizze sia di ramo I che di ramo III i rendimenti generati non sono tassati anno per anno ma al momento di pagamento del capitale. Non solo. Per la quota del portafoglio investita in titoli di Stato di Paesi White list la tassazione dei rendimenti è al 12,5% e non al 26% (aliquota tra l'altro incrementata dallo scorso 1° luglio dal precedente 20%). Tra gli altri vantaggi offerti dalle polizze vita, è previsto che il capitale non sia sequestrabile e pignorabile ed è possibile designare liberamente i beneficiari per il caso di premorienza. Inoltre i beneficiari non pagano l'imposta di successione perché il capitale non rientra nell'asse ereditario MF PREVIDENZA E DINTORNI FONDI COMUNI IN GRAN SALUTE E LA CORSA NON È FINITA Il risparmio gestito è in grande spolvero. I flussi di raccolta dimostrano come i grandi intermediari finanziari, banche in primis, stiano puntando con decisione su fondi e Sicav. Tanto è vero che nei primi sette mesi dell'anno questi strumenti hanno già raccolto gli stessi capitali incassati nel corso dell'intero 2013 (76 miliardi alla fine di luglio contro i 62 dello scorso anno). Ma le notizie positive non riguardano soltanto le sottoscrizioni che entrano copiose nelle casse delle Sgr. Anche i possessori di titoli del risparmio quotati in Borsa potrebbero portare a casa buoni guadagni (in molti in verità lo hanno già fatto), proprio sulla scia del clima di fiducia che caratterizza il settore e delle recenti correzioni nei prezzi. Certo, sono tante le società di asset management che hanno già corso parecchio, raggiungendo in molti casi il prezzo obiettivo, ma le aspettative restano positive. Unica accortezza, stare attenti a selezionare quelle realtà che hanno ancora dei margini di crescita (si veda articolo in pagina 6). Il trend di questi titoli, comunque, è di lungo periodo e se è vero, come molti operatori sostengono, che la fase positiva del settore del risparmio gestito in Italia è solo agli inizi, le previsioni sono presto fatte. Sicuramente l'industria dell'asset management è strategica per il nostro Paese, tanto più che il risparmio delle famiglie, nonostante la crisi, rappresenta ancora una risorsa importante: una forte presenza italiana nel capitale delle Sgr assicura una minore esposizione alla volatilità dei mercati sul rischio Italia. È importante dunque custodirlo e renderlo sempre più competitivo soprattutto con un buon livello di consulenza che aiuti il cliente a scegliere bene. Dal versante delle performance, in una fase in cui spuntare rendimenti reali positivi sembra un'impresa titanica, vedere guadagni a due cifre è ancora più singolare. E sono molti i fondi comuni che nel corso dell'ultimo anno sono riusciti a offrire performance di questo genere. Certo un anno fa le condizioni di mercato erano diverse da quelle attuali, ma chi ha creduto (o è stato ben consigliato) su determinati mercati, settori e aree geografiche oggi raccoglie i frutti. Il punto vero è capire se anche in futuro questo trend abbia le carte in regola per continuare. Per molti analisti le premesse ci sono. A brillare più di tutti sono state le categorie degli azionari, ma anche dei bilanciati (quelli con una componente di patrimonio più esposta sull'equity) e, tra gli obbligazionari, la tipologia che investe sui bond dei Paesi emergenti. Un'area geografica che fino a un anno fa era molto redditizia e che ultimamente aveva perso un po' di smalto. Ma che adesso, a giudicare dai numeri sta progressivamente ritornando in auge. Ovviamente si parla di prodotti con un certo margine di rischio e per questo vale la pena spendere un po' del proprio tempo per fare valutazioni su quanta parte del proprio portafoglio destinare a queste tipologie. Ciò detto, c'è comunque anche un'altra considerazione da fare sul risparmio gestito e riguarda proprio le caratteristiche di alcuni prodotti che hanno offerto risultati molto positivi. Il rischio oggi è che con i bassi rendimenti che ci sono in giro, si tenda a sottoscrivere di tutto senza fare le opportune valutazioni in termini di costi, di track record, di storia del prodotto e di team di gestione. Insomma, non tutti i fondi e non tutti i gestori sono uguali: un colpo di fortuna può capitare, la continuità nei risultati, no. Plus 24 Ore. PENSIONI DA RECESSIONE Se intervenire sulle pensioni future appare quindi una via difficile da percorrere visto che già esiste una forte disuguaglianza tra le pensioni che verranno percepite da chi oggi ha 30-40 anni e quelle dei loro padri, torna il tema di un intervento sugli assegni pensionistici più alti. Quest'estate l'idea lanciata in un'intervista dal ministro del Lavoro, Giuliano Poletti, cioè intervenire sulle pensioni medio-alte per trovare risorse da destinare alla copertura degli esodati o di quelli che rischiano di diventarlo, ha scatenato molti malumori. Lo stesso Renzi ha preso le distanze dalla proposta di dare già in autunno una sforbiciata alle pensioni d'oro e d'argento. Ma in realtà il tema resta caldo. Il presidente della regione Toscana, Enrico Rossi, ha più volte dichiarato nei giorni scorsi che prima di fare ulteriori tagli alla sanità bisognerebbe intervenire sulle pensioni d'oro. Strada tuttavia non facile da percorrere. L'ultimo governo guidato da Silvio Berlusconi introdusse per primo il prelievo forzoso progressivo sulle pensioni a partire da 90 mila euro l'anno. Il taglio era del 5% tra 90 mila e 149 mila euro, del 10% sopra i 150 mila e del 15% per i redditi pensionistici oltre i 200 mila euro, circa 600 cittadini. La misura fu poi confermata dall'esecutivo Monti. Ma il contributo forzoso fu cancellato da una sentenza della Corte costituzionale che bocciò il provvedimento di Monti ritenendolo discriminatorio dal momento che riguardava solo i redditi dei pensionati e non di tutti i contribuenti. È stato poi il governo Letta l'anno scorso a reintrodurre il contributo di solidarietà per le pensioni oltre i 90 mila euro l'anno. Mentre si è arenata in Parlamento la proposta di legge a firma Giorgia Meloni (Fratelli d'Italia) per fissare un tetto alle pensioni d'oro quando le stesse non corrispondano a contributi effettivamente versati. Una proposta che coinvolge tutte le pensioni basate sul metodo retributivo viene avanzata da tempo anche da Brambilla, secondo il quale la soluzione più equa sarebbe l'applicazione di un contributo di solidarietà su tutte le pensioni basate su questo metodo. Il contributo aumenterebbe in modo proporzionale all'entità della prestazione ai diretti interessati. Brambilla ricorda che su 16,7 milioni di pensionati 7 milioni percepiscono assegni pagati in tutto o in parte dallo Stato. «Questo perché in 65 anni di vita questi pensionati non sono riusciti a mettere da parte 15 anni di contribuzione piena e pertanto, siccome la loro pensione è bassa, lo Stato la integra con le maggiorazioni sociali e l'integrazione al minimo», ha ricordato Brambilla. Il suo ragionamento è proprio questo: «Tutti dovremmo essere uguali di fronte al Fisco, ci vuole quindi un prelievo progressivo su tutte le pensioni sapendo che tutte incorporano un vantaggio dovuto al sistema retributivo». Per Brambilla si potrebbe partire da aliquote di prelievo più basse per chi percepisce meno, per esempio lo 0,5% per il pensionato che riceve fino a 700 euro. Man mano che l'importo dell'assegno aumenta, aumenterebbe anche l'aliquota arrivando anche all'8%. Le risorse raccolte potrebbero servire ad abbattere il debito pubblico in modo da alleggerire la pesante eredità che devono sostenere le generazioni più giovani (quelle assunte dopo il 1996). Che non potranno contare su alcuna integrazione da parte dello Stato nel momento dell'addio al lavoro MF