Le diverse applicazioni del ccd nella fotografia cometaria

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Le diverse applicazioni del ccd nella fotografia cometaria
Le diverse applicazioni del ccd nella fotografia cometaria
CHE COS’E’ IL CCD
Il ccd (acronimo dell’inglese Charge‐Coupled Device) consiste in un circuito integrato
formato da una griglia, di elementi semiconduttori in grado di accumulare una carica
elettrica (charge) proporzionale all'intensità della “luce” che li colpisce. Questi elementi
sono accoppiati (coupled) in modo che ognuno di essi, sollecitato da un impulso elettrico,
possa trasferire la propria carica ad un altro elemento adiacente. Inviando al dispositivo
(device) una sequenza temporizzata d'impulsi, si ottiene in uscita un segnale elettrico.
Questa informazione può essere utilizzata direttamente nella sua forma analogica, per
riprodurre l'immagine su di un monitor o può essere convertita in formato digitale per
l'immagazzinamento in file che ne garantiscano il loro riutilizzo futuro per misurazioni o
elaborazioni.
Il grande salto qualitativo rispetto alla pellicola
è l’enorme sensibilità di questi sistemi che in
taluni casi arriva anche al 90%.
Se si considera che la migliore pellicola
a malapena arrivava al 5%, potete
immaginare l’enorme salto in avanti che ha
potuto fare sia il mondo professionale
che quello amatoriale
Il ccd essendo un sistema elettronico molto sensibile, registra, oltre al segnale, anche il
rumore elettronico e termico.
Il CCD per uso astronomico, contrariamente a quelli utilizzati per le videocamere,
webcam e digicam, deve avere, causa le lunghe esposizioni, deve ridurre al minimo questi
segnali in particolare la componente più importante, quella termica. Per ottenere tale
risultato i CCD hanno una elettronica progettata appositamente per tale scopo, con la
possibilità di potersi interfacciare ad un dispositivo di raffreddamento (normalmente una
cella di Peltier), che consente di mantenere il dispositivo ad una temperatura molto
bassa. Più bassa è la temperatura di lavoro minore sarà il rumore termico catturato dal
dispositivo, per cui maggiore sarà il segnale finale che potremo utilizzare.
Comunque non potendo raffreddare i
sensori amatoriali come quelli
professionali con azoto liquido
dovremo sempre riprendere un frame
(chiamato dark) che in fase di post
processing dovremo sempre sottrarre
alla nostra ripresa iniziale per ottenere
un segnale “puro”
Un’altra cosa che dovremo considerare per poter utilizzare le nostre immagini è il fatto
che dalla sorgente che noi dobbiamo fotografare (cometa) al sensore ci sono diversi
“componenti” che portano a deteriore l’immagine iniziale:
1.Ottica (con la sua possibile vignettatura)
2.Disallineamenti dell’ottica stessa e del ccd
3.Polvere
Per questo motivo dovremo
riprendere una immagine di
un campo uniforme,chiamata
Flat che racchiude tutti i
difetti sopra indicati.
Questa immagine può essere
fatta fotografando il cielo al
tramonto attraverso un
schermo opalino, oppure
fotografando lo schermo del
portatile o meglio di tutto
facendo uno skyflat
Le comete hanno un moto proprio che varia da quando sono lontane dal Sole a quando
sono nella sua prossimità. Per questo motivo in certi momenti del loro passaggio è
Praticamente impossibile avere la cometa ferma e le stelle pure
Esistono software che aiutano nell’eliminare questo inconveniente oppure si possono
usare procedure da fare con programmi di fotoritocco tipo PhotoShop. Ma sia il primo
che il secondo caso c’è bisogno di un alto numero di riprese
Io vi propongo un sistema semplice ed efficace. Nello specifico vi spiego come si fanno
le riprese usando un ccd monocromatico e filtri, ma la procedura può essere usata
anche con fotocamere digitali.In particolare all’inizio vi spiego l’uso del ccd sulle comete a
livello “ludico”Poi quello più “serioso” da utilizzarsi per fare astrometria e fotometria
cometaria
Per fare belle foto, il ccd da usare è preferibile che sia dotato
di antiblooming, così se abbiamo nel campo stelle luminose
non avremo nessun “disturbo” dovuto al “sanguinamento”
(blooming) delle stelle più luminose
Possiamo usare qualsiasi tipo di telescopio (lenti o specchi) ;
nel caso dei telescopi a lenti
se usiamo un acromatico dovremo pagare lo scotto di avere
aloni intorno alle stelle luminose
Incominciamo con il trovare il moto proprio che ha la cometa, questo viene espresso in
arcs/min o primi d’arco/h, oltre all’angolo di posizione PA. Il primo dato è la sua velocità
apparente nel Cielo, il secondo è la direzione. Questi dati li possiamo trovare in diversi sw
Planetari.
Questo dato, il moto proprio apparente, è molto importante perché dovremo tenerne
conto per non avere un mosso eccessivo nell’immagine finale.
Però dobbiamo anche considerare la risoluzione in cui andremo ad operare.
Questa è determinata dalle caratteristiche fisiche del sensore ccd e dalla lunghezza focale
dello strumento che andremo ad usare facciamo alcuni esempi:
Ccd Sbig STL11000 : dim pix 9 micron, dim sensore 36mm x 24.7mm, 4008x2672
Telescopio apo 100mm 500mm di focale
Telescopio Nw 200mm 1000 di focale
Useremo questa formula per determinare la risoluzione:
d”= dpix x 206265/focale
Quindi avremo che con l’apo la risoluzione è di 3.7”/pix mentre con il Nw è 1.8”/pix
e con la stessa formula determiniamo il campo inquadrato:
Campo inquadrato = dim sens. x 206265 / focale
Avremo con l’apo 123’x 85’ mentre con il Nw 61’ x 43’
Ora, consideriamo una cometa come la Hartley2 che nel suo momento di maggiore
avvicinamento si muoveva di 4,4”/min.
Per esperienza si può accentare un mosso di 5‐6 pix, pertanto nel caso dell’apo questo
corrisponde a circa 20” (5‐6x3,7”)e per il Nw 10” (5‐6x1,8”); per cui complessivamente
con l’apo si potrebbero fare pose complessive di circa 5 min, mentre per il Nw non oltre i
2‐3min. Questi saranno i tempi massimi da usare considerando anche il download delle
immagini.
Un’altra cosa da sapere è che il file colore che produrremo può essere fatto con una
risoluzione diversa dal file principale, modificando il binning del sensore , potendo
accoppiare dei file colore fatti in bin 3x3 con file di luminanza in bin 1x1.
C’è poi da decidere se vorremo postare in rete una immagine da 12megapixel, cosa che in
numerosi siti non è possibile , pertanto potremo decidere di avere una immagine finale
più “piccola”,per cui lavorando nel file L in bin 2x2 potremo aumentare i tempi possibili
senza avere un mosso apprezzabile. In pratica con l’apo potremo arrivare a fare 9 minuti
complessivi e con il Nw fino a 4‐5 minuti.
Per esempio: con l’apo potremo fare 300s per il file L in bin2 e 60s per ogni canale RGB in
bin3. Oppure con il NW 120s in bin2 per il file L, e 30s per ogni canale RGB in bin 3
Con questo sistema, il mosso finale viene “affogato” nella luminosità del falso nucleo e
non sarà visibile nella foto
Adesso c’è un’altra cosa da considerare ed è quella di calibrare i colori.
Considerate che la banda passante tra filtri diversi, di ditte diverse cambia, come cambia se
si usano filtri fotometrici oppure i normali RGB; questo comporterà che sistemi diversi
possono produrre immagini di colore diverso
Quello che però è importante è che ci sia il giusto “punto” di bianco. Il sistema più corretto
è cercare nel campo della foto una stella di tipo solare e calibrare l’apporto di ogni singolo
file colore, in maniera tale che questa risulti bianca.
Con AA, basta portarsi sopra la stella e nella barra in basso vengono riportati i valori per
ogni colore; altri sw hanno funzionalità simili. A questo punto sulla casella “tricromia”
regoleremo i coefficienti moltiplicativi in maniera da avere il nostro punto di bianco
Se però non avete nel campo fotografato una stella che permette la calibrazione, potete
usare il punto più luminoso della cometa, che visto che riflette la luce del Sole è un ottimo
punto “di bianco”
A questo punto avremo i file colore che produrranno una immagine colorata calibrata, che
andremo ad utilizzare con il file L, per avere l’immagine finale
Con sw di fotoritocco finiamo gli ultimi ritocchi (eliminare leggere imperfezioni) i livelli e
saturare o meno i colori ed avremo la nostra immagine finale
Nell’uso invece scientifico delle riprese con i ccd sulle comete dovremo considerare degli
approcci completamente diversi
Astrometria – morfologia della cometa
In questo caso gli strumenti da utilizzare sono gli stessi per la foto “bella”, con la semplice
accortezza che l’esposizione deve essere al massimo pari al moto proprio della cometa. Nel
caso dei due telescopi presi in esame prima, avremo, con la cometa che si spostava di
4,4”/min, al massimo 1 min per l’apo e 30s per il Nw. Per fare le misure astrometriche ci
sono sw in rete molto potenti che permettono di allineare automaticamente centinaia
d’immagini per ottenere quella finale che può essere media, somma o mediana dei vari
frame. In questo modo si può arrivare, sommando decine di foto, a rilevare comete molto
deboli, anche di 20‐21^ magnitudine con strumenti anche di soli 10cm! Questi sw
riconoscono , una volta dati i parametri di centro foto, le stelle di campo, inserendo i dati di
spostamento ed angolo, spostano ogni singola foto del moto della cometa e alla fine della
calibrazione avremo le stelle strisciate e la cometa ferma; cliccando sul centro del nostro
oggetto avremo le coordinate dello stesso con precisioni inferiori al secondo d’arco.
Per lo studio morfologico valgono gli stessi principi sopra descritti, solo che qui
controlleremo se la cometa presenta particolari anomalie, come frammentazioni del nucleo
o particolari strutture erroneamente chiamate “getti” che possono denunciare una vivace
attività della cometa stessa. Per analizzare se il nucleo è frammentato utilizzate la funzione
profilo nei vostri sw, per i “getti” si possono usare dei filtri matematici come il Larson
Sekanina, però bisogna stare molto attenti, perché è un filtro che genera molti artefatti
Fotometria
Qui la procedura è differente e bisogna utilizzare alcuni accorgimenti
1)Il ccd è preferibile che sia lineare, si possono anche usare ccd dotati di abg, ma il loro
uso diventa più laborioso ed il risultato più incerto
2)I telescopi che si devono usare devono essere senza cromatismo, per cui sono da
preferire i telescopi a specchi, quelli a lenti devono essere dei super apo
3)Le pose devono essere lunghe la massimo pari al movimento della cometa. Quindi negli
esempi precedenti con il NW avremmo dovuto usare tempi al massimo pari a 30s per ogni
singola posa
4)Usare filtri fotometrici o meglio interferenziali. I primi sono simili agli RGB , si
differenziano per una banda più stretta e centrata su delle frequenze standard. I filtri
interferenziali sono filtri particolari centrati in determinate lunghezze d’onda
corrispondenti all’emissione di C2 Cn o polveri; sono filtri , però, che fanno passare
pochissima luce per cui la cometa deve essere molto luminosa per poter essere
fotografata.
5)Riprendere una foto della cometa ed una foto di una stella campione, che, nel caso di
studio delle polveri, dovrà essere di tipo solare, nel caso di altri filtri, di colore simile al gas
che andremo a studiare
A questo punto, con le due riprese e con opportuni sw, potremo trovare la magnitudine
della cometa per i vari filtri e con sw ancora più speciali, si potranno fare delle
considerazioni sul tasso di produzione delle polveri di questi splendidi oggetti.