Sempre la solita routine: andare a scuola, ritornare a casa, dopo ore

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Sempre la solita routine: andare a scuola, ritornare a casa, dopo ore
Elisa
I L M ISTERO DI V ILLA G EIRINGER
Sempre la solita routine: andare a scuola, ritornare a
casa, dopo ore e ore noiose, studiare, andare a
ginnastica e poi finalmente arrivare a casa e
…dormire.
Quella mattina, però, a scuola, mancava qualcosa
nella Music room…strano che me ne fossi accorta, di
solito non facevo attenzione.
E’ vero!Il quadro che campeggiava nella parete
principale della sala non c’era più. Vi era ritratto il
costruttore dell’edificio che ospita la nostra scuola, il
suo antico proprietario, un ingegnere, anche architetto,
che visse a cavallo tra l’Ottocento e il Novecento:
Eugenio Geiringer!!! Quel quadro non mi piaceva
affatto: quel volto così rigido e geometrico,
quell’espressione seria e triste: non era proprio di mio
gradimento!!!
Comunque avevo pensato che fosse stato portato a
restaurare a causa della cornice ormai danneggiata
dagli anni, così non detti ulteriore peso alla cosa.
Durante la verifica di matematica e geometria mi
accorsi, sbirciando dalla finestra, che erano arrivati dei
carabinieri: trascorsero tutto il giorno a parlare con il
preside Rossi.
Ritornando a casa, per la prima volta lessi un
quotidiano: “Il Giornale”.In prima pagina c’era un
articolo con su scritto: “Quadro scomparso a villa
Geiringer”. Mi resi conto che il quadro, nonostante
secondo me fosse orrendo, era di grande valore!!!
Nello stesso tempo pensavo che il ladro che aveva
rubato il quadro avesse dei gusti terribili in fatto d’arte.
Martedì pomeriggio, dopo le ripetizioni della
professoressa Di Drusco, con i miei quattro migliori
amici andai a esplorare il territorio boscoso della
scuola, nonostante fosse proibito. Il nostro gruppetto
era formato da me, la ragazza, da David, il bello, da
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Rudy, il furbo e da Chris, il leader. Eravamo come
fratelli: ogni sera ci sentivamo attraverso skype e
trascorrevamo le vacanze sempre insieme a Grado.
Quel
pomeriggio
d’inverno
avanzato
era
inquietante:faceva già buio, ma eravamo così
incuriositi che nessuno ci avrebbe potuto fermare.
Arrivammo alla famosa vedetta Mafalda: era una
torretta che risaliva alla fine dell’Ottocento. Ci
proibivano di salire perché era instabile e insicura. Noi
però salimmo piano piano e con cautela le scale e
scoprimmo una cosa inaspettata: c’era un passaggio
segreto!!!
Tutti noi, molto eccitati e incuriositi, percorremmo quel
tunnel; i nostri cuori battevano così forte che si
potevano sentire.
Rudy, particolarmente attento, notò che c’erano delle
iscrizioni sulle pareti: erano segni dei nazisti, quindi
capì che questa torretta era appartenuta in passato ai
tedeschi, durante la seconda guerra mondiale.
Continuammo la nostra esplorazione e scoprimmo che
c’erano tante stanze chiuse a chiave a parte una. Il
nostro istinto ci diceva di aprirla, quindi contammo fino
a tre ed entrammo senza indugio alcuno.
Ci crollò il mondo addosso…trovammo un ragazzo
disteso per terra, vicino a esso una siringa con della
droga e il laccio emostatico ancora sul braccio. Il
ragazzo si chiamava Will, aveva quattordici anni e
frequentava la terza media: non che studiasse molto,
ma era un bravo ragazzo. Aveva sulla faccia e sulle
braccia delle ferite: probabilmente si era difeso dal suo
aggressore. Il primo bottone dei suoi pantaloni era
aperto, la cintura era accanto a lui.
Sembrava un caso di suicidio, ma qualche strano
indizio non coincideva con questa prima ipotesi.
Avvisammo immediatamente il preside di questo fatto
orribile. Ci sospese per una settimana per aver
trasgredito le regole della scuola.
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I poliziotti ci dissero che avevano qualche dubbio su di
noi e quindi ci interrogarono uno per uno. Ci tennero
d’occhio per una settimana senza scoprire nulla.
Nessuno di noi disse niente di più di quello che
avevamo già riferito. Era impossibile che uno di noi
avesse potuto uccidere Will!!!
Una sera David, Chris, Rudy e io parlammo attraverso
skype del caso. Avremmo voluto investigare e saperne
di più perché volevamo bene a Will e dovevamo
provare la nostra innocenza. Le uniche cose che
sapevamo erano che Will forse si era suicidato con
un’overdose e che il suo cadavere era stato trovato in
un posto inimmaginabile. Rudy, che era molto furbo,
disse che Will doveva conoscere benissimo il
sotterraneo dove era stato ritrovato cadavere. Non
capivamo però la causa del suo gesto: aveva degli
amici, una famiglia che lo amava e tante altre cose
belle. Ovviamente nessuno si era preoccupato della
sua scomparsa, perché si pensava che fosse malato.
La Scuola non fece divulgare queste brutte, tragiche
notizie, perché non voleva perdere prestigio.
Il giorno dopo ritornammo a scuola, nonostante
fossimo un po’ tutti scombussolati. Durante l’ora della
professoressa Lulu, il suo cellulare squillò; per fare
l’alunna gentile lo presi dalla sua borsa e glielo
consegnai. Nel far ciò vidi che nella sua borsetta vi
erano delle siringhe simili a quelle ritrovate vicino al
cadavere. Riuscii a fotografarle con il cellulare.
Sicuramente questa scoperta ci avrebbe aiutato a
risolvere il caso.
Feci vedere la foto al preside che mi ringraziò
tantissimo e mi disse che il giorno dopo avrebbe
incominciato a investigare sulla professoressa Lulu. I
poliziotti si scusarono con noi per le accuse mosse nei
nostri confronti, ma nonostante ciò continuarono a
pensare che il nostro gruppetto avesse a che fare con
il delitto.
Il preside aveva una laurea in psicologia e
quindi,grazie alla sua professionalità, poteva in
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qualche modo far confessare la professoressa Lulu.
Dovevamo solo capire il movente e cercare delle prove
per incolparla. Pensammo tutti che il quadro poteva
essere un elemento importante nella vicenda.
Una sera, di nascosto, il nostro gruppo, si mise a
spiare la professoressa che ritenevamo colpevole.
Siccome la professoressa aveva capito che il preside
sospettava di lei, bruciò tutte le prove della sua
colpevolezza. Noi seguimmo le sue mosse, sino ad
arrivare a un garage molto buio, dove scoprimmo che
la professoressa aveva dei gusti terrificanti: aveva
rubato il quadro!!! Era lì, nel suo garage.
Rudy capì subito tutto: la professoressa aveva rubato
il quadro per poi rivenderlo. Will sicuramente l’aveva
scoperta e lei, per paura di perdere il lavoro e di
rovinarsi la carriera, decise di ammazzarlo; lo colpì
con una cintura di cuoio e per non farsi scoprire lasciò
accanto al cadavere una siringa con della droga. Legò
al braccio di Will il laccio emostatico per far intendere
alla gente che si trattava di suicidio. Infine trascinò il
corpo in un posto della cui esistenza pochi sapevano.
Tutto filava alla perfezione! La colpevole fu arrestata e
condannata all’ergastolo.
Eravamo così contenti di aver trovato la soluzione del
caso e pensammo che da grandi avremmo avuto un
meraviglioso futuro da… investigatori.
Eravamo quattro semplici amici che,grazie alla
complicità e alla solidarietà, erano riusciti a risolvere
brillantemente il caso.
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