Documento 1 - Autorità di Bacino del fiume Serchio
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Documento 1 - Autorità di Bacino del fiume Serchio
Distretto del Fiume Serchio Integrazioni al Rapporto Ambientale al seguito del Parere Motivato favorevole alla VAS del Piano Febbraio 2012 Riferimenti normativi: Legge 27 febbraio 2009 n. 13 (articolo 1, comma 3-bis) Direttiva 2000/60/CE del Parlamento Europeo e del Consiglio del 23 ottobre 2000 Comitato Tecnico: Seduta del 26 giugno 2009 Seduta del 11 settembre 2009 Seduta del 16 febbraio 2012 Collaboratori: La Segreteria Tecnico Operativa Gruppo di lavoro tecnico: B. Lenci, G. Pergola, M. Colman, N. Coscini, A. Di Grazia, F. Falaschi, I. Gabbrielli, F. Quilici Consulente per l’analisi economica: Prof. D. Viaggi – Dipartimento di Economia e Ingegneria Agrarie, Università degli studi di Bologna Consulente per il Rapporto Ambientale: Dott. Biologo A. Grazzini Comitato Istituzionale allargato (L.13/2009): seduta del 24 febbraio 2010 Segretario Generale Prof. Raffaello Nardi Integrazioni – Documento 1 Introduzione……………………………………………………………………………………………………………………………………………………………4 Integrazioni………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………4 1 Contenuti, obiettivi del Piano e rapporti con altri Piani/Programmi……………………………………………………………………...4 2. Stato attuale dell'ambiente ed evoluzione probabile senza il Piano……………………………………………………………………34 3. Caratteristiche ambientali, culturali, paesaggistiche delle aree potenzialmente interessate dal Piano………………51 4. Problemi ambientali esistenti, relativi al Piano, con particolare riguardo alle aree di interesse ambientale, culturale, paesaggistico………………………………………………………………………………………………………………………………………..172 5. Rapporto del Piano con gli obiettivi ambientali internazionali e comunitari……………………………………………………..308 6. Impatti significativi del Piano sull'ambiente………………………………………………………………………………………………………426 7. Misura supplementare n.9………………………………………………………………………………………………………………………………..428 8. Misure compensative e mitigative…………………………………………………………………………………………………………………….429 9. Scelta delle alternative……………………………………………………………………………………………………………………………………..432 it II 10. Sistema di monitoraggio…………………………………………………………………………………………………………………………………433 11. Integrazione all'interno del Piano di gestione di misure volte alla razionalizzazione e programmazione degli utilizzi idrici, alla revisione delle concessioni, alla regolamentazione dei prelievi e al risparmio idrico………………….435 12. Sensibilizzazione, all'interno del quadro generale delle misure del Piano di gestione, al risparmio idrico attraverso I'applicazione di metodi e tecniche da parte delle comunità per la tutela della risorsa come patrimonio da salvaguardare………………………………………………………………………………………………………………………………………………….435 13. Integrazione delle misure del Piano di gestione con quelle dei Piani di sviluppo rurale regionali…………………….436 14. Attivazione di misure che prevedano la definizione di azioni per la realizzazione di interventi di riassetto idrogeologico con tecniche di ingegneria naturalistica, tenendo conto del mantenimento delle condizioni di naturalità dei fiumi, facendo ricorso a specie autoctone per la vegetazione ripariale e retro ripariale………………….449 15. Integrazione all'interno del Piano di gestione di rnisure volte all'individuazione delle aree soggette o minacciate da fenomeni di siccita., degrado del suolo e desertificazione, in conformita a_ll'art. 93, comma 2 del d.lgs. 152/06, secondo i criteri previsti nel Piano d'azione nazionale di cui alla delibera CIPE del 22 dicembre 1998, pubblicata. riella Gazzetta Ufficiale n. 39 del 17 febbraio 1999 e secondo i docurnenti: "Linee guida del Piano di azione nazionale per la lotta alla desertificazione" del 22 luglio 1999 e "Linee guida per l'individuazione delle aree soggette a fenomeni di siccita" redatto da APAT dell'ottobre 2006…………………………………………………………………………………….449 16. Relativamente al punt() e) dell'All.VI (digs. 152/06 e s.m.i., Parte I) "obiettivi di protezione ambientale stabiliti a livello internazionale, comunitario o degli Stati mernbri, pertinenti al piano o al programma, e model in cui, durante la sua preparazione, si e tenuto conto di detti obiettivi e di ogni considerazione ambientale"……………………………..449 17. In accordo con i Piani energetici regionali, devono essere attivati studi per l'individuazione di siti idonei per la realizzazione di impianti mini e micro- idroelettrici sfruttando i salti degli acquedotti e i salti idrici esistenti sui corsi Piano di gestione delle Acque del distretto idrografico del fiume Serchio 1 Integrazioni – Documento 1 d'acqua al fine della produzione idroenergetica, solo laddove non vengano create interferenze alla risalita della fauna ittica provvedendo all'installazione di idonei manufatti……………………………………………………………………………..450 18. Il Piano di gestione, ai fini dell'aggiornamento della classificazione dei corpi idrici del Distretto e della definizione degli obiettivi………………………………………………….………………………………………………………………………………….450 19. Pubblicazione annuale del monitoraggio sull'efficacia delle misure in atto a partire dall'adozione/approvazione del Piano di gestione……….……………………………………………….………………………………………………………………………………….450 20. Il Piano di gestione deve procedere a più specifici approfondirnenti nella parte riguardante lo studio del territorio per quanto riguarda le presenze storico-culturali tutelate dal Codice dei beni culturali e paesaggistici per gli aspetti inerenti l'interconnessione esistente con il sistema acqua in modo da garantire nella fase di monitoraggio iI mantenimento di tale relazione di carattere storico-economico-culturale…………………………………………………………451 21. Nell'individuazione delle misure previste per il raggiungirnento degli obiettivi prefissati, allorchè sia stata verificata l'interferenza con il regime di tutela dei beni culturali e paesaggistici presenti nel territorio devono congiuntamente essere considerate le opere di mitigazione o minimizzazione dell'inapatto prodotto, garantendo la qualità progettuale delle opere, compensativa dell'effetto di intrusività che potrebbe derivare dalla loro realizzazione, specie allorchè si tratti di manufatti architettonici………………………………………………………………………….451 22. Le misure trasversali previste dal piano, nel tenere conto degli strumenti di tutela del paesaggio vigenti, devono essere attuate prevedendo azioni sinergiche con gli uffici del Ministero per i beni e le attivita culturali (Direzioni generali, regionali e Soprintendenze di settore), pervenendo ad opportune forme di collaborazione, anche con appositi accordi finalizzati a considerare i beni culturali e paesaggistici elementi trainanti verso possibili scenari positivi per l’ottimizzazione della qualità in termini di sostenibilità delle scelte operate………………………………………452 23. il Sistema di monitoraggio deve prevedere una implementazione degli indicatori di misure previste per la tutela della risorsa acqua, affinchè le fasi attuative del Piano siano compatibili con la tutela e la valorizzazione delle testirnonianze storico-culturali ampiamente diffuse nel territorio……………………………………………………………………….452 24. quanto sopra espresso si considera quale integrazione degli indicatori individuati nelle maniere più idonee e compatibili con gli altri indicatori previsti dal Piano per altre competenze diverse da quelle del Ministero per i beni e le attività culturali………………………………………………………………………………………………………………………………………………..453 25. il coinvolgimento dei soggetti portatori di interesse, previsto dal Piano, per quanto riguarda il Ministero per i beni e le attività culturali si ritiene altresì opportuno che avvenga anche nell'attuazione delle azioni volte a sviluppare una diffusa sensibilizzazione delle popolazioni nei confronti della tutela del suolo e della sua percezione paesaggistica, nell'ottica di un positivo coinvolgirnento delle popolazioni per creare o accrescere la sensibilizzazione nei confronti delle tematiche paesaggistiche e ambientali finalizzata a sostenere e a garantire lo sviluppo sostenibile nella gestione del territorio……………………………………………………………………………………………………………..…………………..453 26. nelle successive fasi di programrnazione, di progettazione ed attuazione dei singoli interventi deve verificarsi con specifico elaborato progettuale recepimento di tutte le osservazioni e prescrizioni del presente parere…..…..453 27. nelle successive fasi di programmazione, di progettazione ed attuazione dei singoli interventi devono essere preventivamente coinvolte le Direzioni regionali per i beni culturali e paesaggistici e le Soprintendenze di settore di questo Ministero per i beni e le attivita culturali…………………………………………………………………………..……………………..454 28. prima delle suddette fasi di programmazione, di progettazione ed attuazione dei singoli interventi deve essere redatto uno specifico piano di monitoraggio, relativo all'intero piano di gestione, basato sullo studio di specifici indicatori di sostenibilità, comprensivi degli indicatori riferiti al paesaggio ed ai beni culturali. II suddetto piano di monitoraggio, per quanto attiene alle specifiche competenze del Ministero per i beni e le attività culturali, deve essere condiviso con le Direzioni regionali e le Soprintendenze di settore……………………………………....…………………..454 Piano di gestione delle Acque del distretto idrografico del fiume Serchio 2 Integrazioni – Documento 1 29- L'integrazione nel piano in esame delle suddette prescrizioni deve essere oggetto di specifico capitolo della "dichiarazione di sintesi" prevista dall'articolo 17, comma 1, lettera b) del d.lgs 152/2006 s.m.i., come anche delle "misure adottate in merito al monitoraggio di cui all'articolo 18" del medesimo decreto legislativo…………………….454 Appendice al Documento 1. ……………………………………....………………………………………………………………………………….…..456 Piano di gestione delle Acque del distretto idrografico del fiume Serchio 3 Integrazioni – Documento 1 Introduzione All’interno del procedimento di VAS, in data 11 febbraio 2010 la Commissione Tecnica di Verifica dell’Impatto Ambientale – VIA e VAS del Ministero dell’Ambiente ha espresso parere positivo di compatibilità strategica, ai sensi dell’art. 15 del D.Lgs 152/2006 e s.m. e i., sulla Proposta di Piano di gestione delle acque, indicando però modifiche allo stesso da attuare entro un anno dalla sua adozione/approvazione. Tale parere comprende quello, espresso il 10/12/2009, del Ministero per i Beni e le Attività Culturali (Direzione Generale per il Paesaggio, le Belle Arti, l’Architettura e l’Arte Contemporanea, Servizio IV - Tutela e Qualità del Paesaggio), che a sua volta aveva indicato ulteriori prescrizioni. L’art. 17 del D.Lgs 152/2006, come modificato dal D. Lgs 4/2008, prevede che, ai fini dell’approvazione del Piano di Gestione, l’Autorità procedente provveda a elaborare una “dichiarazione di sintesi” per illustrare “in che modo le considerazioni ambientali sono state integrate nel piano o programma e come si è tenuto conto del rapporto ambientale e degli esiti delle consultazioni …”. Il Piano di Gestione delle Acque adottato dal Comitato Istituzionale dell'Autorità di Bacino Pilota del fiume Serchio nella seduta del 24 Febbraio 2010 con delibera n. 164, pubblicata, per estratto, nella Gazzetta Ufficiale n. 66 del 20/03/2010, comprendeva già aspetti innovativi rispetto alla Proposta di Piano. In particolare per quanto riguarda gli aspetti relativi alle integrazioni richieste al Piano è stato allegato il Documento 15 “Le modifiche al progetto di piano di gestione e la "dichiarazione di sintesi"” che intendeva illustrare tutte le modifiche apportate rispetto alla Proposta di Piano di Gestione e al Rapporto Ambientale già sottoposti a consultazione, per effetto: - delle osservazioni pervenute sia per effetto del processo di partecipazione attuato ai sensi della Direttiva 2000/60, sia per il procedimento di VAS; - del parere di compatibilità strategica espresso ai sensi dell’art. 15 del D. Lgs 152/2006 e s.m.i. A completamento del documento 15 del Piano di Gestione e al seguito di ulteriori approfondimenti delle tematiche del Piano, resesi possibili grazie all’arco di tempo a disposizione, e in ottemperanza alle richieste della commissione VIA-VAS da soddisfare entro un anno dalla sua adiozione – approvazione, questa Autorità di Bacino presenta pertanto tre documenti: il primo di questi, seguendone l’ordine numerico, risponde a tutte le prescrizioni richieste nel parere motivato, con l’eccezione delle modifiche al piano di monitoraggio VAS (secondo documento) e delle integrazioni richieste dal MIBAC (documento 3); il secondo documento contiene le integrazioni al piano di monitoraggio VAS (documento 2); il terzo documento costituisce integrazione alle richieste del MIBAC riguardanti le presenze storicoculturali tutelate dal Codice dei beni culturali e paesaggistici, per gli aspetti inerenti l'interconnessione esistente con il sistema acqua (documento 3). Integrazioni 1 (Contenuti, obiettivi del Piano e rapporti con altri Piani/Programmi) -Nelle note informative relative ai singoli piani/ programmi analizzati, devono essere introdotti riferimenti ad eventuali procedimenti VAS a cui tali piani/ programmi sono stati sottoposti al fine di coordinare le valutazioni ed evitare duplicazioni. (Integrazione tratta dal Documento 15 “Dichiarazione di sintesi” del Piano di Gestione). Piano di gestione delle Acque del distretto idrografico del fiume Serchio 4 Integrazioni – Documento 1 Di seguito si riporta l’elenco dei piani e programmi regionali, di cui è stata valutata la coerenza con il presente Piano di Gestione, precisando quali di essi siano stati oggetto di procedura di VAS e il link web per la lettura dei documenti. Non si ravvisano elementi di duplicazione. Piano/Programma Anno di VAS validazione regionali Procedimento seguito (Ordinario/Semplificat LINK alla consultazione del piano o) http://www.regione.toscana.it/regione/multimedia/RT/d ocuments/ O 1199957821156_programmaforestaleregionale2007_2 011.pdf Programma forestale regionale 2006 2006-2011 x Piano regionale di azione ambientale 2006 (PRAA) 2007-2010 x O Piano di indirizzo 2006 territoriale (PIT) X O Piano regionale 2006 S http://www.regione.toscana.it/regione/multimedia/RT/d ocuments/1199795791799_PRAA_2007-2010.pdf http://www.regione.toscana.it/regione/export/RT/sitoRT/Contenuti/sezioni/ambiente_territorio/visualizza_as set.html_421492227.html http://www.regione.toscana.it/regione/multimedia/RT/d Piano di gestione delle Acque del distretto idrografico del fiume Serchio 5 Integrazioni – Documento 1 per la pesca nelle acque interne 2007-2012 Piano di indirizzo energetico 2007 regionale (PIER) Piano regionale della mobilità e della logistica Piano di delle acque tutela Piano regionale delle attività estrattive, di recupero delle aree escavate e di riutilizzo dei residui recuperabili (Praer) Piano agricolo regionale (Par) 2008-2010 Programma regionale di sviluppo 20062010 ocuments/1215170372638_propescaacquacol.pdf X O http://www.regione.toscana.it/regione/multimedia/RT/d ocuments/1208949283787_10_marzo_08_PIER_per_ GRT.pdf http://www.regione.toscana.it/regione/export/RT/sitoRT/Contenuti/sezioni/trasporti/visualizza_asset.html_2 021653218.html http://www.regione.toscana.it/regione/multimedia/RT/d ocuments/1241627838073_Piano_di_tutela_delle_acq ue.pdf http://www.regione.toscana.it/regione/multimedia/RT/d ocuments/1200479376399_praer.pdf http://www.regione.toscana.it/regione/multimedia/RT/d ocuments/1241627942221_PAR.pdf http://www.regione.toscana.it/regione/multimedia/RT/d ocuments/16742_PRS.pdf Piano di gestione delle Acque del distretto idrografico del fiume Serchio 6 Integrazioni – Documento 1 - Devono essere chiariti i rapporti di coerenza/sinergia o di conflitto dei contenuti del Piano di gestione rispetto ai contenuti del Piano per l’assetto idrogeologico (PAI) e ai contenuti dei Piani / programmi regionali o locali per la gestione dei rifiuti e per la bonifica dei siti contaminati (Integrazione tratta dal Documento 15 “Dichiarazione di sintesi” del Piano di Gestione). Coerenza con il Piano di bacino, stralcio “Assetto Idrogeologico” Il Documento 9 (“Sintesi delle misure di Piano”) affronta al paragrafo “Misure supplementari” la questione della coerenza del Piano di Gestione con il Piano di bacino stralcio “Assetto Idrogeologico” (PAI). Si riporta di seguito l’estratto del citato paragrafo. “È infine importante evidenziare la coerenza delle misure supplementari individuate dal Piano di Gestione con i principi di difesa del suolo dal rischio idraulico contenuti nel vigente Piano di bacino stralcio “Assetto Idrogeologico” (PAI). Ciò emerge con evidenza dall’analisi delle seguenti misure: - n. 5: Individuazione, da parte dell’Autorità di Distretto Idrografico del fiume Serchio, di aree attigue a corpi idrici superficiali in cui promuovere la riqualificazione e la rinaturalizzazione degli ambienti fluviali mediante emanazione di apposita disciplina, congruente con le previsioni del Piano di Assetto Idrogeologico, volta a regolamentare le tipologie di intervento possibili e la metodologia per la loro effettuazione. - n.6: Definizione di un “Codice di Buona Prassi” per la gestione della vegetazione riparia lungo i corsi d’acqua. (SCHEDA 6). - n.9: Delocalizzazione degli impianti di lavorazione dei materiali inerti ubicati lungo l’asta del fiume Serchio e del suo affluente principale (torrente Lima) (SCHEDA 9) - n.11 Istituzione, a cura dell’Autorità di Distretto del fiume Serchio, di un tavolo tecnico sperimentale, costituito dai rappresentanti di tutti gli enti competenti, che costituisca la sede di confronto, elaborazione dati, scambio di informazioni e proposte operative inerenti la gestione degli svasi in coda di piena per il sistema idroelettrico. - n.23 Definizione, da parte dell’ Autorità di Distretto del fiume Serchio, della provincia di Lucca e di Pistoia, di un modello matematico per la valutazione del trasporto solido del fiume Serchio e del torrente Lima e la conseguente individuazione dei tratti in erosione o in sovralluvionamento al fine di ripristinare le originarie condizioni idromorfologiche, con il supporto di organismi universitari. - n.24: Monitoraggio dei livelli idraulici negli invasi del reticolo idraulico strategico (SCHEDA 24). Le misure suddette, avendo stretta interconnessione con la difesa del suolo dal rischio idraulico, assumono per questa Autorità di Bacino massima rilevanza. Pertanto nell’individuazione delle priorità nell’attuazione/finanziamento delle misure supplementari del presente Piano, ad esse sarà dato il massimo rilievo. Ulteriori considerazioni sulle priorità delle misure supplementari saranno effettuate, congiuntamente agli altri enti competenti, in occasione del primo aggiornamento del Piano di Gestione, sulla base degli stati di qualità dei corpi idrici e degli obiettivi individuati ai sensi della Direttiva 2000/60/CE.” Coerenza con piani per la gestione dei rifiuti e la bonifica dei siti contaminati Nel presente paragrafo si riporta l’analisi del Piano di Gestione dei rifiuti della Regione Toscana e dei Piani Provinciali di Pisa, Lucca e Pistoia all’interno delle quali ricade il territorio del Bacino del Serchio. Per i vari piani analizzati sono stati riportati gli estremi di approvazione e sono state messe in evidenza le disposizioni di piano in materia di risorse idriche o relative al territorio del Bacino del Serchio, in modo da poter successivamente effettuare con maggiore efficacia la verifica della coerenza fra il Piano di Gestione e tali piani settoriali. Il Rapporto Ambientale (Documento 11, capitolo 6) viene pertanto integrato con le tabelle di seguito riportate, relative ai piani regionali e provinciali dei rifiuti, in corso di attuazione. Piano Regionale di Gestione dei Rifiuti Piano di gestione delle Acque del distretto idrografico del fiume Serchio 7 Integrazioni – Documento 1 La Legge Regionale n. 25 del 18 maggio 1998, in attuazione del D.Lgs n. 22 del 5 febbraio 1997, detta norme in materia di gestione dei rifiuti nonché per la messa in sicurezza, la bonifica e il ripristino ambientale dei siti inquinati, stabilisce che è competenza della Regione l'approvazione del Piano regionale di gestione dei rifiuti e, all'articolo 10 c.1, afferma che il Piano può essere approvato anche per i seguenti stralci Funzionali e tematici: • Primo stralcio: rifiuti urbani; • Secondo stralcio: rifiuti speciali anche pericolosi; • Terzo stralcio: bonifica delle aree inquinate. Di seguito sono riportate le tabelle di sintesi relative ad ognuno dei tre stralci di Piano di gestione dei rifiuti della Regione Toscana. Piano di gestione delle Acque del distretto idrografico del fiume Serchio 8 Integrazioni – Documento 1 TITOLO Piano Regionale di Gestione dei rifiuti – Primo stralcio relativo ai rifiuti urbani e assimilati Ente Tipologia Codice Ambito geografico Ambito temporale Regione Toscana Deliberazione del Consiglio Regionale D.C.R. 7 Aprile 1998, n.88 Territorio regionale Il contenuto e le finalità del piano di gestione dei rifiuti sono stabiliti dalla L.R. 4/95 integrati dai principi sanciti dal D.Lgs 22/97. In generale il Piano regionale detta prescrizioni di carattere generale per la redazione dei piani provinciali e promuove la riduzione delle quantità dei volumi e della pericolosità dei rifiuti. Il Primo stralcio di Piano di Gestione dei rifiuti, relativo ai rifiuti urbani e assimilati si articola nei seguenti capitoli: 1. Premessa e indicazioni generali 2. Indicazione degli interventi più idonei ai fini della riduzione della quantità, dei volumi e della pericolosità dei rifiuti, ai fini della semplificazione dei flussi di rifiuti da inviare a impianti di smaltimento finale nonché a promuovere la regionalizzazione della raccolta, della cernita e dello smaltimento dei rifiuti urbani anche tramite la riorganizzazione dei servizi 3. L’organizzazione delle attività di raccolta differenziata dei rifiuti urbani sulla base degli obiettivi all’interno degli ATO 4. La tipologia e il complesso degli impianti di smaltimento e di recupero dei rifiuti urbano da realizzare nella regione, tenendo conto dell’obiettivo di assicurare la gestione dei rifiuti non pericolosi all’interno degli ATO, nonché l’offerta di smaltimento e di recupero da parte del sistema industriale e i relativi processi di commercializzazione 5. I criteri per l’individuazione da parte delle province, delle aree non idonee alla localizzazione degli impianti di smaltimento e di recupero dei rifiuti, nonché per l’individuazione dei luoghi o impianti adatti allo smaltimento dei rifiuti. Le condizioni e i criteri tecnici in base ai quali, nel rispetto delle disposizioni vigneti in materia, gli impianti di gestione dei rifiuti, Struttura sintetica a eccezione delle discariche, possono essere localizzati nelle aree destinati a insedianti produttivi 6. La tipologia e il complesso degli impianti di smaltimento e di recupero dei rifiuti speciali non pericolosi da realizzare nella regione tali da assicurare lo smaltimento dei medesimi in luoghi prossimi a quelli di produzione al fine di favorire la riduzione della movimentazione dei rifiuti nonché la caratterizzazione dei prodotti recuperati e i relativi processi di commercializzazione 7. La stima dei costi delle operazioni di recupero e di smaltimento e la definizione di standard tecnici economici 8. La definizione di sistemi di controllo della gestione dei servizi in relazione agli standard 9. L’indicazione delle fonti per il reperimento delle risorse finanziarie necessarie alla realizzazione degli impianti 10. I criteri per l’individuazione degli interventi prioritari da ammettere a finanziamento 11. delimitazione degli Ambiti Territoriali Ottimali (ATO) per la gestione dei rifiuti urbani 12. Piano per la bonifica delle aree inquinate 13. Piano per la gestione dei rifiuti urbani anche pericolosi DISPOSIZIONI SPECIFICHE IN MATERIA DI RISORSE IDRICHE Oggetto e finalità CONTENUTI DEL PIANO (testi estratti dalla disciplina di piano) Cap. 4, Par. 4.5 4.5 Impianti di stoccaggio definitivo … Il percolato deve essere smaltito secondo le norme vigenti in materia di depurazione delle acque. …. Deve essere effettuato il monitoraggio sia delle acque superficiali che sotterranee ….. Piano di gestione delle Acque del distretto idrografico del fiume Serchio 9 Integrazioni – Documento 1 Per le acque sotterranee devono essere effettuate su tutti i piezometri le seguenti rilevazioni: misura del livello piezometrico con cadenza almeno mensile determinazione delle caratteristiche qualitative con frequenza almeno trimestrale dei seguenti parametri: ph, conducibilità elettrica specifica, durezza….. …. Percolato: Dovrà essere effettuato il monitoraggio del livello piezometrico con frequenza da definire in funzione della soggiacienza e dell’intervallo di escursione della falda misurato durante la fase operativa …. Par. 5.1 CRITERI DI LOCALIZZAZIONE PER IMPIANTI DI TRATTAMENTO E MASLTIMENTO DEI RIFIUTI Fattori escludenti I siti idonei alla realizzazione di u impianto di trattamento e smaltimento di rifiuti urbani e assimilabili NON DEVONO ricadere in: …. Aree collocate nelle fasce di rispetto da punti di approvvigionamento idrico a scopo potabile… … Territori contermini ai laghi compresi in una fascia della profondità di 300 me dalla linea della battigia…. Aree che ricadono negli ambiti fluviali “A1” di cui alla DCRT 230/94 Aree destinate al contenimento delle piene individuate dai piani di bacino… Fattori penalizzanti Cap 5, Par 5.1 Costituiscono fattori penalizzanti per la valutazione: …. Aree sottoposte a vincolo idrogeologico… …. Aree che ricadono negli ambiti fluviali “A2” e “B” di cui alla DCRT 230/94 Aree a rischio di inondazione Fiumi torrenti e cors’ d’acqua e le relative sponde o piede degli argini per una fascia di 150 m ciascuna Zone umide incluse nell’elenco di cui al, DPR n.448/76 Interferenza con i livelli di qualità delle risorse idriche superficiali e sotterranee Cap 5, Par 5.2, 5.2.1 5.2 Criteri integrativi per le singole tipologie di impianto 5.2.1 Discariche Fattori escludenti I siti idonei alla realizzazione di discariche non devono ricadere in: aree nelel quali non sussista almeno u franco di 1,5 m tra il livello di massima escursione della falda e il piano di campagna…. Piano di gestione delle Acque del distretto idrografico del fiume Serchio 10 Integrazioni – Documento 1 TITOLO Piano Regionale di Gestione dei rifiuti – Piano di gestione dei rifiuti speciali e speciali pericolosi Ente Tipologia Codice Ambito geografico Ambito temporale Regione Toscana Deliberazione della Giunta Regionale D.G.R. 29 Marzo 1999, n.320 Territorio regionale Gli obiettivi del piano sono: - la determinazione di un quadro di conoscenze relative alla quali-quantificazione della produzione di rifiuti speciali anche pericolosi nel territorio regionale, anche attraverso ulteriori verifiche da effettuarsi in occasione della predisposizione dei Piani Provinciali di gestione; - l’indicazione di modalità e processi di riduzione alla fonte della produzione di rifiuti speciali anche pericolosi; Oggetto e finalità - lo sviluppo di azioni di recupero-riutilizzo all’interno dei cicli di produzione anche attraverso incentivi all’innovazione tecnologica; - l’innesco di rapporti orizzontali fra industrie e attività economiche diverse, finalizzati a massimizzare le possibilità di recupero reciproco degli scarti prodotti all’interno di ogni ATO; - l’implementazione e/o la realizzazione di un’ impiantistica di gestione finalizzata alla riduzione della pericolosità dei rifiuti speciali anche pericolosi prodotti all’interno di ogni ATO; - l’implementazione, l’adeguamento e/o la realizzazione di una adeguata impiantistica di smaltimento tesa a minimizzare il trasporto dei rifiuti, a ridurre gli impatti e a offrire servizi economicamente vantaggiosi all’apparato produttivo della regione. Il Secondo stralcio di Piano di Gestione dei rifiuti, relativo ai rifiuti speciali e speciali pericolosi si articola nei seguenti capitoli: 1. Premessa 2. La produzione di rifiuti speciali e speciali pericolosi in toscana 3. La situazione esistente circa le modalità di recupero, trattamento, smaltimento 4. Indicazione degli interventi più idonei ai fini della riduzione della quantità e della pericolosità dei rifiuti e forme di incentivazione Struttura sintetica 5. La tipologia e il complesso degli impianti e delle attivita’ di recupero e di smaltimento dei rifiuti pericolosi e non-pericolosi da realizzare in ambito regionale 6. I criteri di localizzazione di nuovi impianti 7. Requisiti per le tecnologie impiantistiche 8. I costi di smaltimento 9. Opportunità di agevolazione per le imprese DISPOSIZIONI SPECIFICHE IN MATERIA DI RISORSE IDRICHE Cap 4, Par 4.6 Cap 5, Par 5.4.4.2 CONTENUTI DEL PIANO (testi estratti dalla disciplina di piano) 6.4 Impianti di recupero ex art 31 e art 33 D.Lgs. 22/97 I criteri sopra individuati non si applicano agli impianti di recupero disciplinati ex artt. 3133 del DECRETO. Gli impianti di recupero ex artt. 31 e 33 DECRETO e per gli impianti di autosmaltimentoex art. 31 sono localizzabili solo all’interno di aree con destinazione urbanistica a zone industriali o a servizi tecnologici ed equivalenti. Tale localizzazione deve comunque rispettare: ….. - i vincoli normativi sulla tutela delle fonti di approvvigionamento idrico, le distanze dai corsi d’acqua, le aree protette, i rischi di frana ed erosione. 5.4 Gestione di altre particolari categorie di rifiuti 5.4.4 I rifiuti da attività agricole 5.4.4.2 Divieti E’ vietato l’abbandono sul suolo o nel suolo di prodotti fitosanitari inutilizzati e degli imballaggi primari, il loro abbandono nelle acque superficiali o sotterranee nonché tutte le forme di smaltimento difformi da quanto previsto dalla normativa vigente (incenerimento in pieno campo, interramento ecc.). Piano di gestione delle Acque del distretto idrografico del fiume Serchio 11 Integrazioni – Documento 1 Cap.6, introduzione Cap. 6, Par. 6.2 Cap. 6, Par. 6.4 Cap. 6, Par. 6.5 E’ altresì vietato lo sversamento sul suolo o nelle acque superficiali e sotterranee dei reflui di lavaggio dei contenitori di prodotti fitosanitari sottoposti a procedimenti di bonifica. Le acque residuate dalle operazioni di lavaggio debbono essere immesse esclusivamente nella miscela preparata per il trattamento fitosanitario. 6. I CRITERI DI LOCALIZZAZIONE DI NUOVI IMPIANTI … I siti idonei alla realizzazione di un impianto di trattamento termico di rifiuti speciali non devono ricadere in: … aree con presenza di insediamenti residenziali - all’interno di un centro abitato, senza considerare le case sparse - inferiori a 200 metri dal punto di scarico dei rifiuti; tale limite è posto a 500 metri qualora all’impianto siano conferiti rifiuti pericolosi; aree collocate nelle fasce di rispetto (200 m o altra dimensione superiore definita in base a valutazioni delle caratteristiche idrogeologiche del sito) da punti di approvvigionamento idrico a scopo potabile, ai sensi del DPR 236/88; zone di particolare interesse ambientale di cui alla L. 431/85 sottoposte a tutela ai sensi della legge 29 giugno 1939 n. 1497, riferite a: - territori costieri compresi in una fascia della profondità di 300 metri dalla linea di battigia anche per i terreni elevati sul mare; - territori contermini ai laghi compresi in una fascia della profondità di 300 metri dalla linea di battigia, anche per i terreni elevati sui laghi; aree che ricadono negli ambiti fluviali A1 e A2 di cui alla DCRT 230/94; aree destinate al contenimento delle piene individuate dai Piani di bacino di cui alla L. 183/89; 6.2 Impianti industriali con co-combustione di CDR e impianti di recupero energetico ex art 31 D. Lgs. 22/97 non destinati alla combustione di CDR …. Le localizzazioni industriali devono, in ogni caso, rispettare i vincoli riguardanti la tutela delle fonti di approvvigionamento idrico, le distanze dai corpi idrici, le distanze dalle aree residenziali, le aree protette, i rischi di frana ed erosione. 6.4 Impianti di recupero ex art 31 e art 33 D.Lgs. 22/97 … Tale localizzazione deve comunque rispettare: …. - i vincoli normativi sulla tutela delle fonti di approvvigionamento idrico, le distanze dai corsi d’acqua, le aree protette, i rischi di frana ed erosione. 6.5 Impianti di discarica Per gli impianti di discarica destinati allo smaltimento di rifiuti speciali non pericolosi si applicano le norme generali previste - anche nel Piano Regionale I stralcio - per gli impianti di discarica di rifiuti urbani. Per gli impianti di discarica nei quali siano conferiti rifiuti pericolosi si applicano i vincoli di localizzazione di seguito specificati. Oltre i limiti alla localizzazione di cui al punto 6 i siti idonei alla realizzazione di un impianto di discarica di rifiuti pericolosi non devono ricadere in: Aree sottoposte a vincolo idrogeologico. …. aree con presenza di insediamenti residenziali-all’interno di un centro abitato, senza considerare le case sparse-inferiore a 2000 metri dal punto di scarico dei rifiuti aree con presenza di scuole e ospedali a distanza inferiore a 2000 metri dal punto di scarico dei rifiuti aree nelle quali non sussista un franco di almeno 5 m tra il livello di massima escursione della falda e il piano di campagna ovvero il piano su cui posano le opere di impermeabilizzazione artificiale; aree collocate nelle fasce di rispetto (200 m o altra dimensione superiore definita in base a valutazioni delle caratteristiche idrogeologiche del sito ) da punti di approvvigionamento idrico a scopo potabile ai sensi del DPR 236/88 …… Territori contermini a fiumi e corsi d’acqua e relative sponde o piede degli argini per una fascia di 150 metri; zone umide incluse nell’elenco di cui al DPR 448/76 Piano di gestione delle Acque del distretto idrografico del fiume Serchio 12 Integrazioni – Documento 1 Cap. 7, Par. 7.1.1 Cap. 7, Par. 7.2.1 Cap. 7, Par. 7.3.1 Cap. 7, Par. 7.4.1.1 7.1 Impianti di stoccaggio 7.1.1 Requisiti minimi per la progettazione … I reflui inquinanti provenienti dalle operazioni di movimentazione e stoccaggio devono essere raccolti mediante un sistema di collettamento delle acque costituito da canalette, pozzetti e serbatoio di raccolta evitando qualsiasi forma di ristagno. Le acque di prima pioggia dovranno essere convogliate ad un serbatoio di raccolta per un quantitativo corrispondente ai primi 5 mm di pioggia caduti sulla superficie esterna. Il volume del serbatoio sarà quindi dimensionato in relazione all'estensione della superficie. I reflui e le acque di prima pioggia raccolti che non rientrano nella Tabella A della L. 319/76 devono essere sottoposti a processi di depurazione prima di essere convogliati allo scarico oppure devono essere conferiti a ditte autorizzate allo smaltimento. Tutti gli scarichi idrici devono essere autorizzati secondo quanto previsto dalla normativa in vigore. 7.2 Impianti di recupero di rifiuti speciali 7.2.1 Requisiti minimi per la progettazione … Il sistema di collettamento delle acque costituito da canalette, pozzetti e serbatoio di raccolta evitando qualsiasi forma di ristagno di liquidi sulla pavimentazione. Le acque di prima pioggia dovranno essere convogliate al serbatoio di raccolta per un quantitativo corrispondente ai primi 5 mm di pioggia caduti sulla superficie esterna; il volume del serbatoio sarà quindi dimensionato all'estensione della superficie. I reflui e le acque di prima pioggia raccolti nel serbatoio di raccolta devono essere sottoposti a processi di depurazione prima di essere scaricati oppure devono essere conferiti a ditte autorizzate allo smaltimento. Tutti gli scarichi devono essere autorizzati secondo quanto previsto dalla normativa in vigore, Legge 319/76 e successive modifiche, al DPR n. 962 del 20/09/1973 e ai decreti 27 gennaio 1992, n. 132 e 133) o dal regolamento di fognatura adottato dall'ente titolare del servizio. 7.3 Impianti di termodistruzione di rifiuti speciali e speciali pericolosi 7.3.1 Requisiti minimi per la progettazione … Deve essere prevista la depurazione entro i limiti di legge per lo scarico delle acque inquinate di processo (percolati. acque di lavaggio delle emissioni gassose, ecc.), delle acque di lavaggio delle superfici degli edifici e del macchinari e delle acque di prima pioggia, tutti gli scarichi devono essere autorizzati secondo quanto previsto dalla normativa in vigore (L.319/76 e successive modifiche, al DPR n. 962 del 20/09/1973 ed ai decreti 27 gennaio 1992, n 132 e 133) o dal regolamento di fognatura adottato dall'ente titolare del servizio. … Nelle aree in cui vi sia il rischio di immissione di sostanze inquinanti nel suolo o nelle acque sotterranee oppure di spandimenti di acqua inquinata a causa di rovesciamenti o di operazioni di estinzione incendi, deve essere prevista la presenza di idonei sistemi di raccolta delle acque o delle sostanze inquinanti oltre ad una adeguata capacità di deposito delle stesse. Tali sistemi devono permettere la successiva depurazione dei reflui raccolti entro i limiti di legge per lo scarico in acque superficiali in un impianto di depurazione. 7.4.1 Discarica per rifiuti pericolosi 7.4.1.1 Requisiti minimi per la progettazione ….. Il percolato raccolto alla base della discarica deve essere allontanato con continuità e in sede progettuale devono essere definite le scelte di trattamento e/o smaltimento. Si ricorda che i percolati da discarica per rifiuti speciali, pericolosi e non, sono caratterizzati da rilevanti fluttuazioni dei valori rilevabili per i parametri inquinanti ed in concomitanza con elevati valori di COD, azoto ammoniacale e salinità; inoltre presentano una difficile biodegradabilità a causa del conferimento in tali discariche di rifiuti con limitata presenza di materiale organico. Si riscontra per di più la presenza nel percolato di agenti inibitori del processo biologico e di sostanze tossiche persistenti bioaccumulabili, come identificati nella delibera del comitato interministeriale per la tutela dell'acqua dall'inquinamento (Delibera C.I. 30.12.80 G.U. 9/10.01.1981 - Allegato 4)…… Piano di gestione delle Acque del distretto idrografico del fiume Serchio 13 Integrazioni – Documento 1 TITOLO Piano regionale di gestione dei rifiuti - Terzo stralcio relativo alla bonifica delle aree inquinate Ente Tipologia Codice Ambito geografico Ambito temporale Regione Toscana Deliberazione del Consiglio Regionale D.C.R. 21 Dicembre 1999, n.384 Territorio regionale Il Piano Regionale per la bonifica, la messa in sicurezza ed il ripristino ambientale delle aree inquinate contiene: a) gli obiettivi generali ed i principi per la sua attuazione; b)l’individuazione degli ambiti di bonifica con le caratteristiche generali degli inquinanti presenti, secondo il seguente ordine di priorità: -intervento a breve termine relativo alle aree da bonificare per le quali è stato constatato un danno ambientale in atto con necessità di messa in sicurezza e/o bonifica urgente; Oggetto e finalità -intervento a medio termine relativo alle aree da bonificare per le quali esiste un potenziale inquinamento ma in cui non è stato accertato un danno ambientale in atto; c)l’individuazione dei siti con necessità di ripristino ambientale; d) le prescrizioni per la definizione degli interventi di bonifica e risanamento ambientale ; e) il programma pluriennale dei finanziamenti per la realizzazione degli interventi inseriti nel piano. Il Terzo piano stralcio di Piano di Gestione dei rifiuti, relativo alla bonifica dei siti inquinati si articola nei seguenti capitoli: 1. Premessa 2. Il primo piano - sviluppo e stato dell’arte. Struttura sintetica 3. Revisione del primo piano regionale di bonifica 4. Le azioni previste 5. Obiettivi degli interventi di bonifica 6. Indicazioni delle fonti per il reperimento delle risorse finanziarie necessarie alla realizzazione del piano DISPOSIZIONI SPECIFICHE IN MATERIA DI RISORSE IDRICHE Cap 5. Par 5.2 Cap 5. Par 5.3 CONTENUTI DEL PIANO (testi estratti dalla disciplina di piano) 5. OBIETTIVI DEGLI INTERVENTI DI BONIFICA 5.2 La bonifica dei siti riferibili a precedenti attivita’ di smaltimento dei rifiuti … Elementi relativi all’ambiente. Devono essere: • rilevati i caratteri delle rocce del fondo e delle pareti: rocce lapidee o rocce incoerenti o pseudocoerenti e loro tipo e grado di permeabilità; • studiati e definiti i rapporti con le acque sotterranee: presenza e caratteri (ivi compresi quelli dinamici) delle falde; loro vulnerabilità; loro interesse come risorsa idrica; loro attuale utilizzazione. • studiati e definiti i rapporti con le acque superficiali: rapporti con le acque di ruscellamento superficiale da monte; rapporti con le acque superficiali di valle; alluvionabilità dell’area. … 5. OBIETTIVI DEGLI INTERVENTI DI BONIFICA 5.3 La bonifica delle aree industriali dismesse Piano di gestione delle Acque del distretto idrografico del fiume Serchio 14 Integrazioni – Documento 1 Le aree inquinate a causa di vecchie attività industriali si trovano in situazioni ambientali apparentemente meno variate rispetto alle vecchie discariche; più spesso interessano pianure alluvionali o comunque situazioni morfologicamente piane o poco acclivi. Spesso in queste aree vi sono falde acquifere importanti che costituiscono una risorsa idrica ampiamente utilizzata … Dati relativi all’attività . Deve essere: … rilevata la presenza di materiali inquinanti sul soprasuolo, nel suolo, nel sottosuolo e nella falda acquifera interessata. … Dati relativi all’area Devono essere: …. studiati e definiti i rapporti con le acque sotterranee ed i caratteri (compresi quelli dinamici) della falda, la loro vulnerabilità, il loro interesse come risorsa idrica e la loro attuale utilizzazione; Studiati e definiti i rapporti con le acque superficiali e l’alluvionabilità dell’area; valutate le condizioni di stabilità dell’area; determinati i rischi naturali o indotti presenti nell’area come: i rischi di erosione, di subsidenza, di sommersione, di incendio, etc; …. Inquinamento delle acque sotterranee. In molti casi, nell’ambito di aree industriali od anche in prossimità di discariche, si riscontrano fenomeni di inquinamento di origine antropica delle falde acquifere sotterranee. Tali fenomeni sono caratterizzati da alterazioni chimiche e/o fisiche della qualità delle acque sotterranee rispetto alla loro naturale costituzione. L’origine di tali contaminazione in alcuni casi può essere evidente e facilmente riscontrabile, in altri invece le cause risultano difficilmente identificabili, spesso per interazioni con fenomeni naturali di non facile interpretazione idrogeologica. La matrice “acqua sotterranea” spesso rappresenta il veicolo di trasporto e diffusione preferenziale di elementi chimici inquinanti nei confronti dell’ambiente e dell’uomo. L’emungimento di acque sotterranee inquinate tramite pozzi e l’interconnessione di queste con le acque superficiali rappresentano la più diretta fonte di rischio. La presenza degli elementi inquinanti nelle acque sotterranee trae origine di solito da una o più “sorgenti inquinanti”. L’identificazione di quest’ultime è spesso difficile e non univoca ma in generale è possibile distinguere alcune tipologie: superficiali o profonde; arealmente estese, come ad esempio l’inquinamento di origine agricola, oppure puntuali, come ad esempio sversamenti sul suolo o direttamente in falda tramite pozzi perdenti. La fonte inquinante può essere stata prontamente rimossa oppure persistere come ad esempio nel caso di accumuli di rifiuti o materiali inquinanti sottoposti a processi di dilavamento ed infiltrazione nel terreno. Talora è ragionevole ipotizzare il permanere, a causa della conformazione idrogeologica dell’area, di sacche concentrate di sostanze che per la loro natura possono stazionare per lungo tempo. In generale è necessario distinguere fra la rimozione o neutralizzazione della sorgente inquinante ed il processo di disinquinamento vero e proprio della falda, anche se in alcuni casi le due fasi sono strettamente connesse. Elemento fondamentale per la progettazione del risanamento è costituito dalla conoscenza delle condizioni idrogeologiche ed idrochimiche della falda nonché delle condizioni di flusso e di diffusione degli elementi inquinanti al fine di costruire un modello concettuale che permetta di verificare le diverse ipotesi di intervento. In particolare dovrà essere determinata, attraverso studi ed indagini mirate: • la struttura idrogeologica dell’area; • l’andamento della falda; • le caratteristiche degli inquinanti presenti; Piano di gestione delle Acque del distretto idrografico del fiume Serchio 15 Integrazioni – Documento 1 • la concentrazione e l’estensione delle aree contaminate; • le modalità e la sorgente di contaminazione • identificazione dei flussi degli inquinanti rispetto alla direzione ed al senso di scorrimento della falda in rapporto all’ubicazione dell’area; • le variazioni temporali delle concentrazioni; • l’influenza dei contaminanti sull’uso attuale o futuro della falda; L’intervento di disinquinamento sulla falda dovrà essere mirato a ricondurre le caratteristiche della stessa alle condizioni naturali locali. Si dovrà far riferimento a quei parametri di inquinamento per i quali è stata prodotta alterazione per effetto della contaminazione dell’area da bonificare. Dal punto di vista idrogeologico si distinguono diverse tipologie di intervento che generalmente possono essere ricondotte a: drenaggio delle acque contaminate tramite emungimento della falda (valutando la necessità di successiva depurazione delle acque per lo scarico); ricarica della falda con acqua non contaminata; drenaggio e ricarica; barriere fisiche tese all’isolamento dell’area contaminata; trattamento in sito con metodi chimici, fisici, biologici o combinazioni di questi. In ogni caso l’efficacia dei metodi di disinquinamento, specie se sperimentali, andrà attentamente valutata su modelli concettuali e con campi prova in situ e raffrontata con altre tipologie alternative di intervento. Dovrà essere valutata la “durata” delle operazioni specificando l’andamento presunto nel tempo dei parametri di riferimento in modo da fissare delle “tappe” intermedie di verifica e “messa a punto” nonché indicati i risultati finali. Come prevede la L.R. all’art.20 comma 12 la certificazione finale potrà essere rilasciata dalla Provincia anche in presenza di processi di depurazione a lungo termine della falda acquifera, approvati nell’ambito dello stesso progetto di bonifica, successivamente alla neutralizzazione delle fonti inquinanti ed alla bonifica dell’area soprastante, in conformità al progetto stesso. Gli obiettivi di decontaminazione della falda saranno indicati nel certificato stesso, fermo restando che la fideiussione verrà svincolata dall’Ente che ha approvato il progetto solo all’avvenuta attuazione di tutto il progetto di bonifica. 5. OBIETTIVI DEGLI INTERVENTI DI BONIFICA 5.4 La bonifica delle aree minerarie … Caratterizzazione delle aree minerarie ai fini della bonifica e/o messa in sicurezza. Una discarica mineraria, ai fini della sua bonifica o messa in sicurezza può essere descritta attraverso diversi parametri: epoca di colmamento; natura dei materiali e loro classificazione come rifiuti; dimensioni; giacitura; condizioni di stabilità dell’ammasso; condizioni di conservazione delle superficie; stato della vegetazione; inserimento paesaggistico; rapporto con le acque superficiali e sotterranee; condizioni di inquinamento dell’aria, del suolo, delle acque sotterranee, delle acque superficiali, della flora e della fauna; uso attuale e previsto dell’area. … Rapporto con le acque superficiali Cap 5. Par 5.4 Tutte le discariche soprasuolo vengono interessate dalle acque di pioggia che cadono e ruscellano direttamente sulla superficie; le discariche di versante e di colmamento di vallette, possono essere interessate anche dal ruscellamento delle acque provenienti dalle aree poste idrograficamente a monte. Le acque di ruscellamento, se non opportunamente regolate possono determinare l’erosione anche molto intensa delle superfici o, accumularsi e ristagnare in cavità dovute al non corretto modellamento della superficie o in avvallamenti. La presenza di aree di ristagno aumenta il tasso di infiltrazione e può determinare maggiore inquinamento delle acque sotterranee e peggiori condizioni di stabilità dell’ammasso. Le acque di ruscellamento superficiale possono erodere il materiale e trasportarlo sul suolo e nei corpi idrici, disperdendoli assieme ai normali sedimenti lungo il corso. Rapporto con le acque sotterranee Le acque di ruscellamento superficiale, avendo di norma i materiali di discarica una certa permeabilità, si infiltrano nell’ammasso di discarica e, se il substrato non è impermeabile, si possono infiltrare nel sottosuolo e raggiungere le falde. Al contrario, antiche sorgenti presenti l’ammasso di materiali, variando la sua stabilità. Piano di gestione delle Acque del distretto idrografico del fiume Serchio 16 Integrazioni – Documento 1 Nelle aree minerarie, molto spesso, per le esigenze di coltivazione dei giacimenti, la falda ha subito notevoli modifiche rispetto alle sue condizioni naturali; generalmente è stata drenata ed abbassata anche per diverse centinaia di metri. Le acque di percolazione delle discariche, in aree a falda depressa, possono mescolarsi con le altre acque di miniera e fuoriuscire da gallerie di scolo funzionanti a gravità o tramite sistemi di pompaggio. Quando la miniera viene abbandonata, in relazione alle strutture drenanti, al loro principio di funzionamento ed al loro stato di conservazione, la falda può subire ulteriori notevoli variazioni. Tali variazioni possono riguardare la falda ai livelli precedenti la coltivazione o addirittura a livelli localmente superiori per il collegamento fra falde e sistemi idrici operato dal reticolo di gallerie di miniera. Agli effetti del risanamento delle discariche minerarie o dei bacini, i rapporti con la falda devono essere definiti in ogni loro aspetto. Considerare attentamente il rapporto potenziale frala discarica e la falda è importante per due ragioni principali: la prima è per gli eventuali problemi di inquinamento, la seconda è perché la stabilità del sistema ammasso-substrato potrebbe essere messa in crisi dall’aumento del livello di falda. … Acque Le acque superficiali raramente risultano inquinate: ciò non significa necessariamente che i materiali non rilascino, ma più spesso significa che i tempi di contatto e il meccanismo di dispersione e di diluizione sono sufficienti a non determinare problemi di inquinamento localmente apprezzabile. Dove esistono problemi di inquinamento delle acque superficiali in genere si tratta di acque che tornano in superficie dopo aver drenato discariche e gallerie minerarie o di acque di bacini a debole ricambio con presenza di materiali inquinanti sul fondo. Le acque sotterranee possono più facilmente presentare problemi di inquinamento anche per i tempi lunghi di permanenza a contatto con l’inquinante. Non è comunque possibile descrivere schematicamente una casistica per la molteplicità delle situazioni idrogeologiche e dei rapporti con le sorgenti di inquinamento. …. Indirizzi per la bonifica o la messa in sicurezza delle aree minerarie …. Potranno esserci una o più fasce di rispetto ed in particolare: la fascia di rispetto per la stabilità geomorfologica dell’area; la fascia di rispetto idrogeologico; la fascia di rispetto idraulico; All’interno dell’area direttamente interessata dalla bonifica non possono essere effettuati lavori e opere se non quelli previsti dal progetto; il divieto è categorico e riguarda anche piccole opere come: reti fognarie, acquedotti, linee elettriche, uso del suolo e sistemi di lavorazione del suolo, etc.. … Di seguito si indicano schematicamente le principali soluzioni adottabili: 1 - asportazione dei materiali, dei terreni e delle strutture, inquinanti; 2 - confinamento dei materiali inquinanti e dei terreni inquinati tramite varie tecnologie quali ad esempio: a) inertizzazione in situ, realizzazione di barriere impermeabili superiori, laterali, ed inferiori; b) realizzazione di barriere attive tramite pompaggio della falda ed eventuale depurazione delle acque; Ove malgrado l’utilizzo delle migliori tecnologie disponibili permanga un rischio residuo per l’ambiente e per l’uomo dovrà essere: inibito l’utilizzo dell’acqua e dei prodotti del suolo, nell’area e nella fascia di rispetto; inibito l’uso dell’area al transito delle persone e degli animali nell’area ed eventualmente nella fascia di rispetto. Piano di gestione delle Acque del distretto idrografico del fiume Serchio 17 Integrazioni – Documento 1 Piani Provinciali di gestione dei rifiuti Provincia di Pisa La Provincia di Pisa è dotata esclusivamente del Piano provinciale di gestione dei rifiuti – 1° stralcio relativo ai rifiuti solidi urbani, approvato con delibera del C.P. n° 36 del 25/02/2000. Il piano sarà tuttavia ancora valido solo fino all’approvazione del piano interprovinciale attualmente in fase di elaborazione. E’ stato redatto un Piano per i rifiuti speciali, consultabile sul sito della provincia, tuttavia mai adottato che quindi viene utilizzato solo con il valore di linee guida. I siti destinati allo smaltimento degli Rsu della Provincia di Pisa sono comunque al di fuori dell’area del Bacino del Serchio per cui il Piano ha un interesse marginale ai fini della presente valutazione. Provincia di Lucca La Provincia di Lucca è dotata esclusivamente del Piano provinciale di gestione dei rifiuti – 1° stralcio relativo ai rifiuti solidi urbani, approvato con delibera del C.P. n° 178 del 17/11/1999. Il piano sarà tuttavia ancora valido solo fino all’approvazione del piano interprovinciale attualmente in fase di elaborazione. Gli elementi di interazione fra il presente Piano di Gestione e la disciplina del Piano provinciale riguardano essenzialmente gli interventi previsti che ricadono all’interno del territorio del Bacino del Serchio, riportati nelle tabelle seguenti: Piano di gestione delle Acque del distretto idrografico del fiume Serchio 18 Integrazioni – Documento 1 CONTENUTI DEL PIANO DELLA PROVINCIA DI LUCCA (testi estratti dalla disciplina di piano) Cap. 1, Par. 1.7 Cap. 2, Par. 2.2 Cap. 4, Par. 4.2 Cap. 4, Par. 4.3 1.7. Impianti realizzati, in costruzione, progettati …. Impianto di selezione e compostaggio di Pioppogatto (Massarosa) L’impianto di selezione e compostaggio - già previsto nella precedente pianificazione regionale e provinciale - è stato progettato e posto in gara sotto gestione commissariale regionale. L’impianto di selezione e compostaggio è stato concepito come sezione integrata con un impianto di incenerimento della frazione combustibile, ma costituisce comunque una sezione funzionale, operativa anche indipendentemente dall’inceneritore. La sezione di selezione e compostaggio è in corso di costruzione e se ne prevede il completamento entro il 1999. Tale impianto - con alcune modifiche e adeguamenti non sostanziali, il principale dei quali è la previsione di destinare la sezione di trattamento biologico alla stabilizzazione della frazione umida - risulta idoneo a soddisfare i fabbisogni di trattamento e smaltimento dell’intera provincia di Lucca, una volta raggiunto almeno l’obbiettivo minimo di raccolta differenziata, in qualsiasi periodo stagionale. Tale impianto è ricompreso nelle previsioni di Piano Provinciale, con l’identificazione degli opportuni adeguamenti idonei a consentire di assolvere ad una funzione di livello provinciale. 2.2. Struttura e sviluppo del sistema di gestione dei rifiuti della Provincia di Lucca La gestione dei rifiuti della Provincia di Lucca si articolerà in tre fasi di sviluppo: … la seconda fase, a partire dalla fine del 1999 e comunque al più tardi dall’inizio dell’anno 2000, sarà caratterizzata - in aggiunta a quanto già previsto - dall’entrata in esercizio dell’impianto di trattamento meccanicobiologico di Pioppogatto (Massarosa), con il quale (Pot. Max. 140.000 t/a) dovrebbe essere sostanzialmente coperto il fabbisogno di trattamento e stabilizzazione della quasi totalità dei rifiuti generati dalla Provincia di Lucca; i sottoprodotti dell’impianto (fos, frazione secca), qualora non valorizzabili, saranno destinati a smaltimento in discarica presso l’impianto di Rosignano. 4.2. Impianti di compostaggio della frazione organica L’attuale potenzialità di trattamento biologico prevista nell’impianto di Pioppogatto risulta fortemente sottodimensionata rispetto alla domanda prevista di trattamento sia della frazione umida da selezione meccanica che della frazione organica e verde da raccolta differenziata. Il sottodimensionamento risulta particolarmente accentuato qualora si consideri che le nuove normative tecniche sui rifiuti recuperabili prevedono per i rifiuti compostabili (n. 16) destinati alla produzione di compost di qualità una durata del processo (bio-ossidazione accelerata +maturazione) non inferiore a 90 giorni. Sotto questo profilo, l’impianto di Pioppogatto risulterebbe non idoneo. Pertanto si rende necessario un nuovo impianto di trattamento biologico per la Provincia di Lucca. La ripartizione funzionale tra i due impianti di Pioppogatto e Salanetti (stabilizzazione a Pioppogatto, compostaggio di qualità a Salanetti), per quanto meno efficiente sotto il profilo della logistica, consente di semplificare le linee impiantistiche, evita duplicazioni o bassi utilizzi di linee di trattamento, non comporta ulteriori e onerose modifiche del progetto di Pioppogatto, permette di qualificare - anche sotto il profilo dell’immagine - la produzione del compost di qualità. 4.3. Impianto di trattamento meccanico-biologico L’impianto di trattamento meccanico-biologico (impianto di selezione e stabilizzazione aerobica) di Pioppogatto, in corso di realizzazione, è l’impianto di ATO per il trattamento del rifiuto residuo con pot. Max. di 140000 t/a. A regime, il fabbisogno di trattamento è stimabile tra 105.000 e 130.000 t/a (al lordo del flusso della Garfagnana). L’impianto di selezione e compostaggio - già previsto nella precedente pianificazione regionale e provinciale - è stato progettato e posto in gara sotto gestione commissariale regionale. L’impianto di selezione e compostaggio è stato concepito come sezione integrata con un impianto di incenerimento della frazione combustibile, ma costituisce comunque una sezione funzionale, operativa anche indipendentemente dall’inceneritore. La sezione di selezione e compostaggio è in corso di costruzione e se ne prevede il completamento entro il 1999. L’impianto è stato originariamente dimensionato per il trattamento di: 100.000 t/a di rsu residuo, 2.500 t/a di frazione organica e verde da raccolte differenziate, 7.000 t/a di fanghi, 9.000 t/a di frazioni secche da raccolte differenziate. Piano di gestione delle Acque del distretto idrografico del fiume Serchio 19 Integrazioni – Documento 1 Per le sue caratteristiche, l’impianto ha una elevata flessibilità per quanto concerne la selezione meccanica - che potenzialmente può trattare fino a ca. 750 t/g di rifiuti -, mentre è maggiormente vincolato per quanto concerne la capacità di trattamento biologico, dovendo garantire comunque un minimo di giorni di fermentazione e maturazione. Con le modifiche proposte all’impianto è comunque possibile garantire un adeguato periodo di fermentazione accelerata, valutabile in ca. 3 settimane anche nei periodi di picco, anche a fronte di un fabbisogno di trattamento biologico superiore alle 50.000 t/a. L’impianto sarà destinato al trattamento meccanico dei rifiuti solidi urbani residui (fino ad un max. indicativo di ca. 140.000 t/a) dell’intera provincia di Lucca. (Etc…., cfr. testo del piano) Schede descrittive interventi Schede descrittive interventi tecniche dei nuovi tecniche dei nuovi Fattori penalizzanti a carattere generale e fattori penalizzanti specifici per singole tipologie di impianto. Bonifica e ripristino ambientale discarica in località Socciglia - Borgo a Mozzano: Area sottoposta a vincolo idrogeologico ai sensi della L. 3267/23; Zona di particolare interesse ambientale di cui alla L. 431/85, sottoposta a tutela ai sensi della L. n. 1497/39, riferita a territori coperti da foreste e da boschi, limitrofa alla fascia di 150 ml dal Torrente Socciglia di cui alla lettera c) della legge indicata. Bellezze panoramiche individuate ai sensi del punto 4 dell’art.1 della L. 1497/39 Area protetta perimetrata quale categoria a) di cui alla D.C.R. n. 296/88, almeno fino a quando non sarà definitivamente approvato il P. T. C., 3.2 Località Socciglia - Comune di Borgo a Mozzano Il sito proposto è ubicato in una valle secondaria posta sul versante sinistro del Torrente Socciglia affluente di sinistra del Serchio, in posizione di mezza costa fra quota 380 e 270 m slm alle “Coste di Pianizza”, in una zona completamente disabitata alle pendici occidentali delle Pizzorne. Il sito è stato utilizzato come discarica di RSU, dal Comune di Borgo a Mozzano, fino al 1990 - 92. Attualmente le condizioni sono tali da richiedere un consistente intervento di ristrutturazione e bonifica. La discarica esistente occupa una superficie di circa 3600 mq. L’area limitrofa è caratterizzata da una densa copertura arborea, in gran parte costituita da vegetazione di scarso valore naturalistico. A seguito della realizzazione dell’impianto di discarica il versante ha subito un parziale disboscamento a cui è seguita una ricolonizzazione spontanea ad opera della flora infestante. Il torrente Socciglia è soggetto alle prescrizioni della DCRT n. 230/94 per gli ambiti A1 e B; tale vincolo non interferisce con la bonifica ambientale della discarica mentre può interessare interventi di adeguamento della viabilità di accesso all’area. Nella valle non sono presenti abitazioni, sono presenti invece un’area industriale all’imbocco del bacino, un’area estrattiva e la vecchia discarica di Socciglia. La viabilità di accesso risulta accettabile per il primo tratto fino alla cava di materiali lapidei ancora in esercizio, mentre ha bisogno di interventi di adeguamento nel secondo tratto fino alla discarica. Va rilevato che da studi commissionati da questo Ente è stato escluso il pericolo di inquinamento della sorgente “alle vene” distante circa 2500 ml (e posta in un diverso versante), sulla base dei dati esistenti, viene alimentata da un acquifero diverso da quello dell’area presa in esame (cfr Relazione Moretti agli atti del Settore Ecologia). La potenzialità di tale sito è stata teoricamente valutata in ca. 600.000 mc., conformemente ai requisiti previsti dal Piano Regionale. Stante la destinazione, si prevede di predisporre le opere necessarie alla bonifica del sito ed una fase di recupero ambientale da attuare con la FOS. Il sito viene confermato dall’Amministrazione Provinciale sulla base di: - Individuazione del sito della Socciglia nel Piano regionale approvato di cui alla DCRT n412/89; - Studio predisposto dalla Regione Toscana e affidato al Commissario straordinario Dr.ssa Giordano, per l’individuazione dei siti ove realizzare la capacità recettiva necessaria al servizio del sistema impiantistico dei Comuni appartenenti ai Bacini II e IV della Provincia, dall’esame del quale, si rileva che il sito di Pianizza Socciglia, in Comune di Borgo a Mozzano, è risultato avere il minore impatto ambientale complessivo fra i 24 esaminati. L’intervento di bonifica e ripristino ambientale indicato, risponderà alle seguenti caratteristiche tecniche: - Rispetto degli standard qualitativi imposti dalla normativa tecnica sui rifiuti, in particolare DCI 27.7.84; Piano di gestione delle Acque del distretto idrografico del fiume Serchio 20 Integrazioni – Documento 1 Provincia di Pistoia La Provincia di Pistoia è dotata di tutti e tre i piani stralcio previsti per la Gestione dei rifiuti. Lo stralcio funzionale del Piano provinciale relativo ai rifiuti urbani ed assimilati è stato approvato con delibera del C.P. n° 243 del 22/07/2003. I siti destinati allo smaltimento degli Rsu della provincia di Pistoia sono comunque al di fuori dell’area del Bacino del Serchio per cui il Piano ha un interesse marginale ai fini della presente valutazione. Lo stralcio funzionale relativo ai rifiuti speciali anche pericolosi è stato approvato con delibera del C.P. n° 190 del 15/07/2004. Gli elementi di interazione fra il presente Piano di Gestione e la disciplina del Piano provinciale riguardano essenzialmente gli interventi previsti che ricadono all’interno del territorio del Bacino del Serchio, riportati nelle tabelle seguenti: Piano di gestione delle Acque del distretto idrografico del fiume Serchio 21 Integrazioni – Documento 1 CONTENUTI DEL PIANO (testi estratti dalla disciplina di piano) Cap. 3, Par 3.10.3 3.10.3 Valorizzazione tramite compostaggio di biomasse forestali e altri scarti verdi … L’impianto per il trattamento di biomasse in oggetto verrà realizzato in località Tana a Termini nel Comune di Piteglio. L’impianto ha lo scopo di trattare flussi di biomasse in ingresso per restituire prodotti ammendanti a base di compost di qualità. In base a quanto indicato al punto 4.3.1 del Piano Regionale di Gestione dei Rifiuti – primo stralcio relativo ai Rifiuti Urbani e Assimilati, l’impianto in questione, poiché non destinato alla sola frazione verde, dovrà essere dimensionato su un flusso di almeno 15.000 t/a, dovrà essere costituito da una fase di trattamento intensivo e da una fase di maturazione e dovrà prevedere: - lo svolgimento della fase di trattamento intensivo in ambienti confinati che consentano la canalizzazione delle arie esauste per l'invio al sistema di abbattimento degli odori; - l'adozione di sistemi di trattamento intensivo della biomassa che consentano il controllo e il monitoraggio del processo e la gestione ottimale delle condizioni di aerazione e umidità della biomassa, preferenzialmente con rivoltamento e ventilazione forzata; - una durata del processo intensivo che - variabile in funzione dei sistemi tecnologici adottati - non dovrebbe comunque essere inferiore alle tre settimane e tale da conseguire, con successiva maturazione, gli indici di stabilità e di qualità richiesti; - una sezione di maturazione, che sarà dimensionata e attrezzata diversamente in funzione della qualità finale del prodotto (compost per uso agronomico o frazione organica stabilizzata per usi paesaggistici), dotata anche di spazi adeguati allo stoccaggio stagionale del prodotto ad uso agronomico e preferenzialmente corredata di linea di raffinazione per il compost di qualità. 3.10.3.1 Descrizione generale del ciclo tecnologico dell’impianto per il trattamento di biomasse La progettazione dell’impianto di compostaggio da realizzare nel Comune di Piteglio segue le linee di principio dettate dal D.M. 05/02/98, nel quale al punto 16 vengono elencati i rifiuti compostabili per la produzione di compost di qualità. Le scelte tecnologiche adottate per l’applicazione del processo di compostaggio realizzato nell’impianto mirano al raggiungimento dei migliori risultati in termini di qualità del prodotto. L’impostazione processistica dell’impianto è la seguente: - Compostaggio in cumulo statico con aerazione forzata; - Superfici confinate e poste in depressione; - Trattamento biologico delle arie esauste. Il processo è suddiviso nelle seguenti fasi (etc…) Lo stralcio funzionale relativo alla bonifica dei siti inquinati è stato adottato con delibera C.P. 98 del 01 Aprile 2003. La disciplina di piano riporta indicazioni generali per le modalità di bonifica, come il corrispondente Piano Regionale, mentre non vi sono indicazioni specifiche per il territorio provinciale che ricade nel bacino del Serchio. L’elenco dei siti da bonificare o in corso di bonifica nella Provincia di Pistoia è già riportato nel Documento 11, paragrafo 6.2. Piano di gestione delle Acque del distretto idrografico del fiume Serchio 22 Integrazioni – Documento 1 Valutazione coerenze tra Piano di Gestione e Piani di Gestione dei rifiuti Nel presente paragrafo è stata effettuata un’analisi degli gli impatti sinergici (positivi o negativi) fra i piani regionali e provinciali di gestione dei rifiuti e le misure previste dal Piano di Gestione. Nella matrice riportata di seguito sono state messe a confronto le misure con i piani appena ricordati: la colorazione verde delle caselle è indicatore di coerenza/sinergia, rosso di situazioni di conflitto sia intermini di obiettivi che di azioni, in bianco di non attinenza tra i 2 oggetti di analisi. Piano provinciale di gestione dei rifiuti – 3° stralcio relativo alla bonifica dei siti inquimati PROVINCIA DI PISTOIA Piano provinciale di gestione dei rifiuti – 2° stralcio relativo ai rifiuti speciali anche pericolocsi PROVINCIA DI LUCCA Piano provinciale di gestione dei rifiuti – 1° stralcio relativo ai rifiuti solidi urbani PROVINCIA DI PISA Piano provinciale di gestione dei rifiuti – 1° stralcio relativo ai rifiuti solidi urbani Piano regionale di gestione dei rifiuti - Terzo stralcio relativo alla bonifica delle aree inquinate Piano Regionale di Gestione dei rifiuti – Piano di gestione dei rifiuti speciali e speciali pericolosi Piano Regionale di Gestione dei rifiuti – Primo stralcio relativo ai rifiuti urbani e assimilati REGIONE TOSCANA Piano provinciale di gestione dei rifiuti – 1° stralcio relativo ai rifiuti solidi urbani PIANO MISURE 1 (Tutela corsi d’acqua in aree protette) 2 (Salvaguardia acque potabili Serchio) 3 (ATO) 4 (Disciplina DMV) 5 (Rinaturalizzazione aree contigue al corso d’acqua) 6 (Gestione vegetazione riparia) 7 (Conferma efficacia limitazioni Massaciuccoli) 8 (Bilancio idrico Ania, Pizzorna, Celetra) 9 (Delocalizzazione inerti) 10 (Tavoli Tecnici subsidenza) 11 (Tavoli Tecnici svasi in coda di piena) 12 (Tavoli Tecnici buche di sabbia silicea) 13 (Collegamento depuratore Pontetettto) 14 (Scale pesci per ripristino continuità fluviale) 15 (Riqualificazione casello idraulico) 17 (Attività di diffusione permanente) 18 (Database monitoraggi e scarichi) 19 (Monitoraggio fabbisogni irrigui Massaciuccoli) 20 (Monitoraggio coltivazioni Massaciuccoli) 21 (Modello idrogeologico della piana di Lucca) 22 (“Enclousures” lago Massaciuccoli) 23 (Modello Matematico per il trasporto solido del Serchio e del T. Lima) 24 (Monitoraggio livelli idraulici invasi Enel) 25 (Incentivazioni risparmio idrico) 26 (Monitoraggi per effetti da cave-miniereravaneti ecc.) 27 (Individuazione stati qualità corpi idrici) Piano di Gestione delle Acque del distretto idrografico del fiume Serchio 23 Integrazioni – Documento 1 Piano provinciale di gestione dei rifiuti – 3° stralcio relativo alla bonifica dei siti inquimati PROVINCIA DI PISTOIA Piano provinciale di gestione dei rifiuti – 2° stralcio relativo ai rifiuti speciali anche pericolocsi PROVINCIA DI LUCCA Piano provinciale di gestione dei rifiuti – 1° stralcio relativo ai rifiuti solidi urbani PROVINCIA DI PISA Piano provinciale di gestione dei rifiuti – 1° stralcio relativo ai rifiuti solidi urbani Piano regionale di gestione dei rifiuti - Terzo stralcio relativo alla bonifica delle aree inquinate Piano Regionale di Gestione dei rifiuti – Piano di gestione dei rifiuti speciali e speciali pericolosi Piano Regionale di Gestione dei rifiuti – Primo stralcio relativo ai rifiuti urbani e assimilati REGIONE TOSCANA Piano provinciale di gestione dei rifiuti – 1° stralcio relativo ai rifiuti solidi urbani PIANO MISURE 27 bis (Individuazione tendenze evolutive inquinanti) 28 (Monitoraggio caratteristiche economiche) 29 (Individuazione costi) 30 (Verifica perimetrazione nuove aree protette) 31 (Monitoraggio Verrucano Osservazioni: Piano regionale di Gestione dei Rifiuti La Regione Toscana, in attuazione della Legge Regionale n. 25 del 18 maggio 1998, è dotata di un Piano di Gestione dei Rifiuti suddiviso nei seguenti stralci funzionali: Primo stralcio: rifiuti urbani, approvato con D.C.R. 7 Aprile 1998, n.88 Secondo stralcio: rifiuti speciali anche pericolosi, approvato con D.G.R. 29 Marzo 1999, n.320 Terzo stralcio: bonifica delle aree inquinate, approvato con D.C.R. 21 Dicembre 1999, n.384 In generale si osserva che tutti e tre i piani stralcio hanno elementi di sinergia con quelle misure di Piano che si riferiscono alla tutela delle acque potabili, alla salvaguardia dei corsi d’acqua e alla realizzazione di interventi volti ad una incentivazione del monitoraggio della qualità dei corpi idrici, del controllo sugli scarichi o delle sostanze inquinanti. Piani provinciali di gestione dei rifiuti L’analisi dei piani provinciali (Cfr. paragrafo “Analisi dei Piani di Gestione dei Rifiuti”) non ha evidenziato particolari elementi di contrasto o sinergia con le misure del piano di gestione. Come è stato evidenziato nel paragrafo di analisi, tali piani (per altro datati e per la maggior parte in attesa di essere sostituiti da strumenti più aggiornati) si riferiscono prevalentemente ad ambiti esterni al territorio del Bacino del Serchio. Gli interventi interni al bacino in parte interessano corpi idrici e acque anche in siti di valenza conservazionistica (ad es impianto di Pioppogatto, in Comune di Massarosa- LU,c/o il SIR-SIC ZPS “Lago di Massaciuccoli”) o di particolare valore ambientale (ad es o l’impianto di compostaggio in Comune di Piteglio – PT lungo il corso del T. Lima). Nel caso della discarica di Socciglia si ravvede una positiva sinergia con la misura n° 5 (Rinaturalizzazione aree contigue al corso d’acqua). Piano di Gestione delle Acque del distretto idrografico del fiume Serchio 24 Integrazioni – Documento 1 - Relativamente alle misure di Piano di gestione che interferiscono (negativamente) con altra pianificazione (piani di settore), che le scelte devono essere condivise con gli Enti istituzionalmente competenti e preposti a tale altra pianificazione (Integrazione tratta dal Documento 15 “Dichiarazione di sintesi” del Piano di Gestione). Suggerimento accolto tramite l’articolazione delle misure secondo tre diversi gradi di cogenza: - Indirizzi non vincolanti (misure n. 2, 3, 13, 22) - Indirizzi vincolanti (misure n. 5, 6, 8, 10, 11, 12, 14, 15, 17, 18, 19, 20, 21, 23, 24, 25, 26, 27, 27 bis, 28, 29, 30, 31) - Norme di Piano (misure n. 1, 4, 9, 7). In particolare gli indirizzi non vincolanti riguardano materie di competenza anche di altri enti nei cui confronti i contenuti di tali indirizzi rappresentano dei suggerimenti operativi. Relativamente alla misura 1, che contiene elementi di possibile incoerenza rispetto al PIER della Regione Toscana, si evidenzia che la stessa Regione, in occasione delle osservazioni al Piano, ha rilevato che “il quadro delle pressioni e degli impatti è stato elaborato a partire dai dati riportati nel Piano di Tutela delle Acque, aggiornati e approfonditi alla luce della situazione attuale; i contenuti risultano pertanto coerenti con quelli del Piano di Tutela delle Acque”: alla luce di ciò il sistema delle centraline , inserito nel piano di gestione fra le pressioni significative (tav. 4.9), è da ritenersi condiviso dalla Regione stessa. Inoltre si ricorda che la stessa misura 1 contempla sempre la possibilità di realizzare “impianti di derivazione con presa e rilascio non fisicamente distinte”. Per approfondimenti sulla coerenza con il PIER si rimanda a quanto illustrato nel documento 12 del Piano di Gestione (paragrafo 2.4). - Relativamente alle problematiche comuni, deve essere valutata la coerenza del Piano di Gestione con l’adiacente Piano di Gestione del Distretto idrografico dell’Appennino Settentrionale. (In collaborazione con la Dott.ssa A. Grazzini) Il confronto fra i due piani è stato fatto sulla base delle misure supplementari di ognuno poichè le misure di base sono mutuate da altri piani e programmi già esistenti per cui non cosituiscono l’elemento di originalità e specificità per il piano di Gestione. I due piani presentano similitudini, basandosi sugli stessi riferimenti normativi, ma anche varie differenze di impostazione, dovute principalmente alla diversità dei territori coinvolti e alle differenti dimensioni di questi. In particolare le misure del Piano di Gestione del Serchio sono molto più specifiche ed orientate verso le problematiche ambientali caratteristiche del bacino, quali ad esempio quelle del comprensorio del Massaciuccoli o quelle legate alla gestione dei prelievi di acqua superficiali e sotterranei lungo tutto il reticolo idrografico. Nella matrice riportata in allegato sono state evidenziate le sinergie fra i due piani, tutti quei casi in cui le misure sono rivolte allo stesso obiettivo e interessano un territorio di confine fra i due distretti. Dalla lettura sinottica della matrice si può osservare che il massimo della sinergia si ha per quelle misure rivolte alla gestione dei prelievi e dei rilasci, all’individuazione e gestione di aree di criticità ambientale o di particolare interesse all’interno del territorio analizzato, all’individuazione di strategie per la riqualificazione ambientale, ecologica e paesaggistica degli ambiti fluviali e per la riduzione degli impatti legati all’utilizzo della risorsa idrica. Per semplicità di lettura della matrice non sono state riportate tutte quelle misure del Piano del distretto Idrografico dell’Appennino settentrionale per le quali non siano state individuati elementi in comune con il piano del Serchio. Alcune problematiche comuni ai territori dei due bacini, quali la subsidenza nella zona della Piana di Lucca (che ricade in parte nel territorio dell’Autorità di Bacino del Serchio- comune di Lucca e parzialmente comune di Capannori- e in parte nel territorio dell’Autorità di Bacino dell’Arno- comuni di Capannori, Porcari, Altopascio) e la disponibilità di risorsa idrica a fini irrigui e idropotabili, sono invece oggetto di specifici accordi di programma, riportati di seguito. ACCORDI DI PROGRAMMA stipulati tra Autorità di Bacino del Serchio e Autorità di Bacino dell’Arno Accordo di programma per la tutela delle risorse idriche del Serchio e degli acquiferi della Piana Lucchese di Capannori e Porcari e del padule di Bientina (integrativo dell’accordo di programma quadro tutela delle acque e gestione integrata delle risorse idriche, stipulato in data 18/05/1999) Il giorno 28 gennaio 2006 è stato siglato da diversi Enti Istituzionali, tra cui si ricordano il Ministero dell’Ambiente e Tutela del Territorio, la Regione Toscana, l’ARPAT, l’Autorità di Bacino del fiume Arno, l’Autorità di Bacino del fiume Serchio, le Province di Lucca e Pisa, gli AATO n. 1 – Toscana Nord e n. 2 - Basso Valdarno, l’Aquapur Multiservizi SpA, il Consorzio di Bonifica del Bientina, l’Associazione degli Industriali di Lucca, oltre ai Comuni territorialmente interessati, Piano di Gestione delle Acque del distretto idrografico del fiume Serchio 25 Integrazioni – Documento 1 un accordo di programma dal titolo “Accordo Integrativo per la tutela delle risorse idriche del Serchio e degli acquiferi della Piana Lucchese di Capannori e Porcari e del Padule di Bientina” . Tale accordo si pone diverse finalità: 1) Il miglioramento della qualità delle acque del fiume Serchio a monte delle derivazioni ad uso idropotabile esistenti o previste della piana di Lucca, attraverso il completamento delle reti fognarie e dei sistemi depurativi a servizio del settore civile ed industriale e la bonifica ed il ripristino ambientale della ex discarica di RSU di Borgo a Mozzano in località Diecimo, all’interno dell’area golenale; 2) La tutela quantitativa delle acque del Fiume Serchio, finalizzata ad un uso sostenibile della risorsa idrica e compatibile con l’obiettivo del mantenimento del Minimo Deflusso Vitale definito dall’Autorità di Bacino del fiume Serchio e degli obiettivi di qualità ambientale fissati dal Piano di Tutela della Regione Toscana; 3) Il riequilibrio del Bilancio Idrico dell’acquifero della piana di Lucca e del padule di Bientina e il progressivo raggiungimento, nelle aree di crisi in località Paganico, Pollino e Cerbaie, rispettivamente nei Comuni di Capannori, Porcari e Bientina, dei livelli obiettivo individuati dalle Autorità di Bacino del fiume Arno e del fiume Serchio con le delibere di Comitato Istituzionale del 3 marzo 2004 per la progressiva soluzione delle problematiche connesse ai fenomeni di subsidenza nella piana di Lucca e nel padule di Bientina; 4) Il miglioramento della qualità delle acque del Canale Rogio, ricettore finale degli scarichi del depuratore di Casa del Lupo per il raggiungimento degli obiettivi di qualità fissati dal Piano di Tutela per il bacino del fiume Arno ; 5) Il ripristino idraulico e ambientale e la tutela del reticolo idraulico minore della piana di Lucca al fine di garantirne gli originali regimi idrici, la disponibilità di acque per le attività agricole e per favorire la ricarica della falda. Gli interventi di ripristino dovranno privilegiare criteri di ingegneria naturalistica per assicurare adeguati livelli auto depurativi; Per gli aspetti inerenti la subsidenza sono previste una serie di azioni che coinvolgono diversi settori ed in particolare: - Miglioramento del sistema integrato di depurazione industriale del distretto cartario e per il riutilizzo delle acque reflue recuperate nelle industrie contermini Obiettivo prioritario di ridurre gli emungimenti nella centrale del campo pozzi di Paganico; a tal fine gli AATO 1 e l’AATO 2 dovranno presentare ai firmatari entro 90 gg dalla stipula dell’atto una proposta progettuale di interventi Interventi di adeguamento del Canale Nuovo da parte della Provincia con il cofinanziamento del Ministero dell’Ambiente - Progressiva riduzione del prelievo dalla falda per fini idropotabili dal campo pozzi di Paganico, per una quota stimata in circa 35 l/s in funzione dell’entrata in esercizio delle opere programmate e finalizzata al raggiungimento del livello piezometrico obiettivo; Riduzione del prelievo da falda ad uso industriale per una portata massima stimata in 210 l/s, utilizzando, in sostituzione, acque di superficie convogliate alle industrie dal tubone a seguito della realizzazione degli interventi sul Canale Nuovo; Monitoraggio dei livelli di falda con lettura a frequenza mensile e monitoraggio delle quote del terreno attraverso tecnologie basate su analisi interferometrica di immagini radar da piattaforma satellitare da parte dell’Autorità di Bacino dell’Arno Sperimentazione delle tecniche di ricarica artificiale della falda da attuarsi in località Casa del Lupo parte dell’Autorità di Bacino dell’Arno; - Manutenzione straordinaria del reticolo idrico minore dell’intera piana di Lucca da parte della Provincia Accordo di programma per la regolamentazione del trasferimento di risorse idriche dell’Ambito Territoriale Ottimale n° 1 all’Ambito Territoriale Ottimale n° 2 tramite l’acquedotto Lucca- Capannori . L’accordo è finalizzato a regolamentare il trasferimento di risorse idriche dall’Ambito Territoriale Ottimale n° 1 all’Ambito Territoriale Ottimale n° 2 attraverso l’esistente e funzionante acquedotto Lucca - Capannori, realizzato con finanziamenti ex L. 182/1989 per ridurre gli emungimenti nel campo pozzi di Paganico al fine di migliorare i fenomeni di subsidenza dell’area oltreché per soddisfare le esigenze idropotabili dei Comuni di Lucca e di Capannori nelle zone attualmente non servite dal pubblico acquedotto e in esso sono principalmente stabiliti: Gli impegni dei sottoscrittori; Il quantitativo di acqua da trasferire; I criteri per la determinazione del prezzo di cessione dell’acqua all’ingrosso; La gestione e manutenzione di opere e impianti Soggetti coinvolti: Autorità di Bacino del Fiume Arno Autorità di Bacino del Fiume Serchio Autorità di Ambito Ottimale 1 Autorità di Ambito Ottimale 2 Comune di Lucca Piano di Gestione delle Acque del distretto idrografico del fiume Serchio 26 Integrazioni – Documento 1 Comune di Capannori Esiste alla base di tutto l’accordo di programma per la “Tutela delle risorse idriche del Serchio e degli acquiferi della Piana Lucchese di Capannori e Porcari e del padule di Bientina”, stipulato in data 28/01/2006 che individua nuovi interventi, immediatamente attuabili in materia di acquedotto, fognatura e depurazione, da realizzare specificatamente nella Piana Lucchese, al fine di completare il quadro degli interventi previsti nell’Accordo di programma quadro integrativo (vd punto A). Si tratta di ridurre gli emungimenti nella centrale del campo pozzi in loc Paganico per contrastare la subsidenza e al tempo stesso garantire acqua potabile alle utenze ancora non allacciate nei comuni di Lucca e Capannori. Per questo i gestori del servizio idrico integrato devono presentare una proposta progettuale relativa all’assetto idrico che preveda il trasferimento di risorsa idrica tra Ambiti territoriali diversi e Bacini idrografici diversi e che tenga conto - dei pozzi già realizzati a San Pietro a Vico, - della possibilità di realizzare pozzi in loc. Lunata-Zone e una condotta di adduzione alla premente nord di Paganico (quale intervento alternativo per contrastare la subsidenza nell’area di Paganico) - della possibilità di realizzare ulteriori pozzi in fregio al Serchio; - della necessità di realizzare gli eventuali collegamenti tra i serbatoi di accumulo del sistema acquedottistico Tale trasferimento può essere immediato visto che il tratto funzionale dal campo pozzi di S. Piero a Vico fino al Deposito di Marlia sono già conclusi. I Piani di Ambito approvati dagli A.T.O. confermano lo schema idrico quale sistema di adduzione di risorse per il superamento dei problemi di deficit idrico (ATO 2-Basso Valdarno Soc Acque S.p.A.;ATO 1 – Toscana Nord GAIA S.p.A.). Nel Comune di Lucca, a seguito dell’ordinanza del TAR della Toscana n° 80/2005 del 26/01/2005, il servizio idrico integrato è gestito dalla società GEAL S.p.A. L’accordo è finalizzato a regolamentare il trasferimento di risorse idriche dall’Ambito Territoriale Ottimale n° 1 all’Ambito Territoriale Ottimale n° 2 attraverso l’esistente e funzionante acquedotto Lucca- Capannori, fino al deposito di Marlia e per tale motivo le parti contraenti: Convengono sulla necessità di pianificare l’utilizzo delle risorse idriche relative ai pozzi n° 1 e 2 siti in loc. S. Pietro a Vico (Lucca) mediante l’insieme delle strutture e degli impianti costituenti l’acquedotto Lucca _Capannnori Danno attuazione alle disposizioni inerenti il trasferimento di risorse idriche tra Ambiti, consistente nell’individuazione fisica cartografica di reti e impianti, nel piano degli interventi finalizzati al superamento delle criticità gestionali e nei conseguenti piano economico e finanziario, finalizzati alla determinazione della tariffa Regolano i rapporti per la gestione delle opere e degli impianti costituenti l’acquedotto Lucca-Capannori (le AATO tramite i gestori anche per interventi di manutenzione straordinaria) Istituiscono l’area di salvaguardia del campo pozzi di S. Pietro a Vico, in Comune di Lucca Entro il 31/03 di ogni anno l’autorità di ambito Territoriale Ottimale n° 1 Toscana Nord comunica all’Autorità di Bacino dell’Arno, del Serchio e alla Regione Toscana, i quantitativi di acqua effettivamente prelevati e quelli addotti tramite l’acquedotto Lucca –Capannori. Le Autorità di Bacino, nell’ambito del bilancio idrico di bacino, predisposto ai sensi dell’art. 95 del D.Lgs 152/06, si riservano la facoltà di definire, in caso di necessità, misure di salvaguardia per la tutela degli acquiferi da cui sono emunte le risorse addotte attraverso l’acquedotto Lucca- Capannori anche mediante una limitazione ai prelievi stessi. La quantità di acqua trasferita da un ATO all’altra è indicata nell’accordo volontario sottoscritto il 07/05/2004, parte integrante e sostanziale del presente Accordo di Programma e deve consentire di raggiungere gli obiettivi indicati all’art. 12 dell’accordo di Programma per la “Tutela delle risorse idriche del Serchio e degli acquiferi della Piana Lucchese di Capannori e Porcari e del padule di Bientina” stipulato in data 28/01/2006. Dovrà comunque rispecchiare l’effettiva capacità di emungimento dei pozzi n° 1 e n° 2 siti in loc. S. Pietro a Vico (Lucca). Il risultato atteso, a seguito dell’attivazione dell’acquedotto intercomunale Lucca- Capannori, è una riduzione dell’emungimento di 10l/s dal campo pozzi di Paganico (Capannori) come indicato all’art. 4 lett.a) punto 1) dell’accordo volontario sottoscritto il 07/05/2004. Entro il 31-12-2007 deve essere perseguita la riduzione fino a 35 l/s degli emungimenti nella centrale del campo pozzi di Paganico calibrata nel rispetto del raggiungimento del livello piezometrico obiettivo pari a -2,8 m misurati dal piano di campagna come da art. 12 c.4 lett. e) dello stesso accordo di programma integrativo sottoscritto in data 28/0172006. A tal fine,al momento in cui sarà attivato il trasferimento dell’acqua dall’ATO 1 all’ATO 2 nei quantitativi necessari al funzionamento dell’acquedotto intercomunale Lucca- Capannori, dovrà essere ridotto di un uguale quantità d’acqua l’emungimento dal campo pozzi di Paganico. Piano di Gestione delle Acque del distretto idrografico del fiume Serchio 27 Distretto dell’Appennino Settentrionale [1] Definizione dei bilancio idrico e del DMV per ogni bacino del Distretto (S) [3] Gestione del sistema di prelievi e rilasci, anche attraverso riduzione dei volumi concessi, finalizzata a garantire la tutela dell’ambiente e l’ottimizzazione dei processi produttivi (S) [6] Gestione controllata del rilascio delle licenze di attingimento, anche mediante la rete di monitoraggio (S) [7] Potenziamento della vigilanza e del controllo sui prelievi di acqua pubblica (S) [11] Formulazione di indirizzi e prescrizioni tecniche per mantenere e migliorare le condizioni di funzionalità idraulica e morfologica (S) [13] Predisposizione di progetti di gestione del demanio fluviale e delle pertinenze idrauliche demaniali (S) + + + + + + + Distretto del fiume Serchio + + + Piano di Gestione delle Acque del distretto idrografico del fiume Serchio 28 + + + + + + + 31 (Monitoraggio Verrucano 30 (Verifica perimetrazione nuove aree protette) 29 (Individuazione costi) 28 (Monitoraggio caratteristiche economiche) 27 bis (Individuazione tendenze evolutive inquinanti) 27 (Individuazione stati qualità corpi idrici) 26 (Monitoraggi per effetti da caveminiere-ravaneti ecc.) 25 (Incentivazioni risparmio idrico) (SCHEDA 25) 24 (Monitoraggio livelli idraulici invasi Enel) (SCHEDA 24) 23 (Modello Matematico per il trasporto solido del Serchio e del T. Lima) 22 (“Enclousures” lago Massaciuccoli). 21 (Modello idrogeologico della piana di Lucca) 20 (Monitoraggio coltivazioni Massaciuccoli) (SCHEDA 20) 19 (Monitoraggio fabbisogni irrigui Massaciuccoli) (SCHEDA 19) 18 (Database monitoraggi e scarichi) (SCHEDA 18) 17 (Attività di diffusione permanente) 15 (Riqualificazione casello idraulico) 14 (Scale pesci per ripristino continuità fluviale) 13 (Collegamento depuratore Pontetettto) 12 (Tavoli Tecnici buche di sabbia silicea) 11 (Tavoli Tecnici svasi in coda di piena) 10 (Tavoli Tecnici subsidenza) 9 (Delocalizzazione inerti) (SCHEDA 9) 8 (Bilancio idrico Ania, Pizzorna, Celetra) 6 (Gestione vegetazione riparia) (SCHEDA 6). 7 (Conferma efficacia limitazioni Massaciuccoli) (SCHEDA 7). 5 (Rinaturalizzazione aree contigue al corso d’acqua) 4 (Disciplina DMV) (SCHEDA 4). 3 (ATO) 2 (Salvaguardia acque potabili Serchio) [Misura di base] 1 (Tutela corsi d’acqua in aree protette) (SCHEDA 1). Integrazioni – Documento 1 Nella tabella seguente viene valutata la coerenza tra il Piano di Gestione del Distretto del Serchio e il Piano di Gestione del Distretto dell’Appennino Settentrionale. In particolare sono state messe a confronto le misure supplementari con elementi comuni ai due Distretti: la colorazione verde delle caselle contrassegnata con un segno positivo è indicatore di coerenza/sinergia mentre la colorazione rossa contrassegnata con segno negativo indica incoerenza. La casella bianca indica nessuna relazione tra le misure. Distretto dell’Appennino Settentrionale [14] Realizzazione di una rete di monitoraggio del trasporto solido (S) [16] Ridefinizione dello spazio di libertà dei corsi d’acqua e dell’ampiezza necessaria per i corridoi fluviali. Redazione di studi geomorfologici degli alvei, finalizzati ad individuare fenomeni storici di restringimento/allargamento, incisione aggradazione, cambiamenti di tipologia dell’alveo (S) [34] Limitazioni allo scarico secondo valori limite più restrittivi, quando indicato dai PTA (S) [37] Interventi per la promozione del risparmio idrico in agricoltura, anche attraverso il miglioramento dei prelievi, la riduzione delle perdite nelle reti irrigue di distribuzione, l’introduzione di metodi sostenibili di irrigazione e l’introduzione di sistemi avanzati di monitoraggio e telecontrollo, ove applicabili (S) + Distretto del fiume Serchio + [36] Differenziazione delle fonti di approvvigionamento idrico, prevedendo, ove sostenibile, l’adduzione e l’utilizzo di acque di minore qualità per gli usi che non richiedono risorse pregiate (S) + Piano di Gestione delle Acque del distretto idrografico del fiume Serchio 29 + + + + + 31 (Monitoraggio Verrucano 30 (Verifica perimetrazione nuove aree protette) 29 (Individuazione costi) 28 (Monitoraggio caratteristiche economiche) 27 bis (Individuazione tendenze evolutive inquinanti) 27 (Individuazione stati qualità corpi idrici) 26 (Monitoraggi per effetti da caveminiere-ravaneti ecc.) 25 (Incentivazioni risparmio idrico) (SCHEDA 25) 24 (Monitoraggio livelli idraulici invasi Enel) (SCHEDA 24) 23 (Modello Matematico per il trasporto solido del Serchio e del T. Lima) 22 (“Enclousures” lago Massaciuccoli). 21 (Modello idrogeologico della piana di Lucca) 20 (Monitoraggio coltivazioni Massaciuccoli) (SCHEDA 20) 19 (Monitoraggio fabbisogni irrigui Massaciuccoli) (SCHEDA 19) 18 (Database monitoraggi e scarichi) (SCHEDA 18) 17 (Attività di diffusione permanente) 15 (Riqualificazione casello idraulico) 14 (Scale pesci per ripristino continuità fluviale) 13 (Collegamento depuratore Pontetettto) 12 (Tavoli Tecnici buche di sabbia silicea) 11 (Tavoli Tecnici svasi in coda di piena) 10 (Tavoli Tecnici subsidenza) 9 (Delocalizzazione inerti) (SCHEDA 9) 8 (Bilancio idrico Ania, Pizzorna, Celetra) 6 (Gestione vegetazione riparia) (SCHEDA 6). 7 (Conferma efficacia limitazioni Massaciuccoli) (SCHEDA 7). 5 (Rinaturalizzazione aree contigue al corso d’acqua) 4 (Disciplina DMV) (SCHEDA 4). 3 (ATO) 2 (Salvaguardia acque potabili Serchio) [Misura di base] 1 (Tutela corsi d’acqua in aree protette) (SCHEDA 1). Integrazioni – Documento 1 Distretto dell’Appennino Settentrionale [38] Introduzione di meccanismi economico finanziari e definizione di procedure per la revisione dei canoni di concessione, al fine di ridurre lo spreco della risorsa e di incentivare la installazione e la tenuta dei contatori (S) [41] Attuazione delle condizioni per il rilascio in alveo del deflusso minimo vitale (DMV) per mantenere la capacità di diluizione e di ossigenazione e le capacità autodepurative (S) [44] Attuazione dell’art. 115 del D. Lgs. 152/2006, riguardante la tutela delle aree di pertinenza dei corpi idrici superficiali, con mantenimento e ripristino della vegetazione spontanea nella fascia immediatamente adiacente dei corsi d’acqua, con funzione di filtro dei solidi sospesi e degli inquinanti di origine diffusa e per il mantenimento della biodiversità (S) [63] Individuazione delle aree critiche per i prelievi da acque sotterranee, con riferimento anche alle porzioni di corpo interessate da fenomeni di ingressione di acqua ad alto grado di salinità (S) + + + + + [54] Sensibilizzazione dei cittadini, degli operatori e dei fruitori sulle tematiche ambientali (S) Distretto del fiume Serchio + + Piano di Gestione delle Acque del distretto idrografico del fiume Serchio 30 + + + + + 31 (Monitoraggio Verrucano 30 (Verifica perimetrazione nuove aree protette) 29 (Individuazione costi) 28 (Monitoraggio caratteristiche economiche) 27 bis (Individuazione tendenze evolutive inquinanti) 27 (Individuazione stati qualità corpi idrici) 26 (Monitoraggi per effetti da caveminiere-ravaneti ecc.) 25 (Incentivazioni risparmio idrico) (SCHEDA 25) 24 (Monitoraggio livelli idraulici invasi Enel) (SCHEDA 24) 23 (Modello Matematico per il trasporto solido del Serchio e del T. Lima) 22 (“Enclousures” lago Massaciuccoli). 21 (Modello idrogeologico della piana di Lucca) 20 (Monitoraggio coltivazioni Massaciuccoli) (SCHEDA 20) 19 (Monitoraggio fabbisogni irrigui Massaciuccoli) (SCHEDA 19) 18 (Database monitoraggi e scarichi) (SCHEDA 18) 17 (Attività di diffusione permanente) 15 (Riqualificazione casello idraulico) 14 (Scale pesci per ripristino continuità fluviale) 13 (Collegamento depuratore Pontetettto) 12 (Tavoli Tecnici buche di sabbia silicea) 11 (Tavoli Tecnici svasi in coda di piena) 10 (Tavoli Tecnici subsidenza) 9 (Delocalizzazione inerti) (SCHEDA 9) 8 (Bilancio idrico Ania, Pizzorna, Celetra) 6 (Gestione vegetazione riparia) (SCHEDA 6). 7 (Conferma efficacia limitazioni Massaciuccoli) (SCHEDA 7). 5 (Rinaturalizzazione aree contigue al corso d’acqua) 4 (Disciplina DMV) (SCHEDA 4). 3 (ATO) 2 (Salvaguardia acque potabili Serchio) [Misura di base] 1 (Tutela corsi d’acqua in aree protette) (SCHEDA 1). Integrazioni – Documento 1 Distretto dell’Appennino Settentrionale [65] Individuazione di criteri idrogeologici per la delimitazione delle zone di tutela e protezione in luogo dei criteri geometrici (S) [67] Potenziamento del controllo dei prelievi nelle aree a rischio. (S) [112] Definizione di criteri per l’individuazione di aree idonee alla realizzazione di nuovi impianti per la produzione di energia (S) [116] Individuazione e utilizzazione delle migliori tecniche disponibili per ridurre gli impatti ambientali associati con l’utilizzo della risorsa, assicurando la continuità biologica, il rilascio della portata ecologicamente accettabile (S) [118] Monitoraggio e pianificazione delle misure atte a limitare iproblemi legati alla subsidenza (S) + + + + + + [69] Realizzazione di studi specifici per aree particolarmente sofferenti o strategiche (S) + + Distretto del fiume Serchio + + + + + + + + + + + + + + + Piano di Gestione delle Acque del distretto idrografico del fiume Serchio 31 + + + + + + + 31 (Monitoraggio Verrucano 30 (Verifica perimetrazione nuove aree protette) 29 (Individuazione costi) 28 (Monitoraggio caratteristiche economiche) 27 bis (Individuazione tendenze evolutive inquinanti) 27 (Individuazione stati qualità corpi idrici) 26 (Monitoraggi per effetti da caveminiere-ravaneti ecc.) 25 (Incentivazioni risparmio idrico) (SCHEDA 25) 24 (Monitoraggio livelli idraulici invasi Enel) (SCHEDA 24) 23 (Modello Matematico per il trasporto solido del Serchio e del T. Lima) 22 (“Enclousures” lago Massaciuccoli). 21 (Modello idrogeologico della piana di Lucca) 20 (Monitoraggio coltivazioni Massaciuccoli) (SCHEDA 20) 19 (Monitoraggio fabbisogni irrigui Massaciuccoli) (SCHEDA 19) 18 (Database monitoraggi e scarichi) (SCHEDA 18) 17 (Attività di diffusione permanente) 15 (Riqualificazione casello idraulico) 14 (Scale pesci per ripristino continuità fluviale) 13 (Collegamento depuratore Pontetettto) 12 (Tavoli Tecnici buche di sabbia silicea) 11 (Tavoli Tecnici svasi in coda di piena) 10 (Tavoli Tecnici subsidenza) 9 (Delocalizzazione inerti) (SCHEDA 9) 8 (Bilancio idrico Ania, Pizzorna, Celetra) 6 (Gestione vegetazione riparia) (SCHEDA 6). 7 (Conferma efficacia limitazioni Massaciuccoli) (SCHEDA 7). 5 (Rinaturalizzazione aree contigue al corso d’acqua) 4 (Disciplina DMV) (SCHEDA 4). 3 (ATO) 2 (Salvaguardia acque potabili Serchio) [Misura di base] 1 (Tutela corsi d’acqua in aree protette) (SCHEDA 1). Integrazioni – Documento 1 + [85] Censimento dei siti di interesse del distretto (S) + Distretto dell’Appennino Settentrionale 120] Dismissione, adeguamento e gestione delle opere per l’uso della risorsa idrica al fine di migliorare i processi geomorfologici e le forme fluviali naturali (S) [123] Introduzione degli strumenti di analisi economica previsti dalla direttiva, che permettono la valutazione costi-efficacia e costibenefici, anche con riguardo ai costi ambientali (S) [127] Applicazione delle direttive regionali in materia di derivazione di acqua per uso idroelettrico (S) [128] Realizzazione di interventi per la manutenzione e riqualificazione dei canali di bonifica per il miglioramento ecologico (S) [132] Realizzazione di fasce tampone lungo il reticolo drenante naturale e artificiale (S) + + + + [131] Verifica dell’influenza dei prelievi sulla velocità di subsidenza e implementazione del relativo sistema di monitoraggio anche tramite dati satellitari (S) Distretto del fiume Serchio + + + + + Piano di Gestione delle Acque del distretto idrografico del fiume Serchio 32 + + + + + + 31 (Monitoraggio Verrucano 30 (Verifica perimetrazione nuove aree protette) 29 (Individuazione costi) 28 (Monitoraggio caratteristiche economiche) 27 bis (Individuazione tendenze evolutive inquinanti) 27 (Individuazione stati qualità corpi idrici) 26 (Monitoraggi per effetti da caveminiere-ravaneti ecc.) 25 (Incentivazioni risparmio idrico) (SCHEDA 25) 24 (Monitoraggio livelli idraulici invasi Enel) (SCHEDA 24) 23 (Modello Matematico per il trasporto solido del Serchio e del T. Lima) 22 (“Enclousures” lago Massaciuccoli). 21 (Modello idrogeologico della piana di Lucca) 20 (Monitoraggio coltivazioni Massaciuccoli) (SCHEDA 20) 19 (Monitoraggio fabbisogni irrigui Massaciuccoli) (SCHEDA 19) 18 (Database monitoraggi e scarichi) (SCHEDA 18) 17 (Attività di diffusione permanente) 15 (Riqualificazione casello idraulico) 14 (Scale pesci per ripristino continuità fluviale) 13 (Collegamento depuratore Pontetettto) 12 (Tavoli Tecnici buche di sabbia silicea) 11 (Tavoli Tecnici svasi in coda di piena) 10 (Tavoli Tecnici subsidenza) 9 (Delocalizzazione inerti) (SCHEDA 9) 8 (Bilancio idrico Ania, Pizzorna, Celetra) 6 (Gestione vegetazione riparia) (SCHEDA 6). 7 (Conferma efficacia limitazioni Massaciuccoli) (SCHEDA 7). 5 (Rinaturalizzazione aree contigue al corso d’acqua) 4 (Disciplina DMV) (SCHEDA 4). 3 (ATO) 2 (Salvaguardia acque potabili Serchio) [Misura di base] 1 (Tutela corsi d’acqua in aree protette) (SCHEDA 1). Integrazioni – Documento 1 Distretto dell’Appennino Settentrionale [147] Integrazione e coordinamento dei programmi di intervento fra tutti i soggetti competenti, che consentano di recuperare e migliorare nelle aree perifluviali la funzionalità idraulica congiuntamente al miglioramento della qualità paesaggistica ed ecologica (S) [156] Adeguamento e gestione delle opere longitudinali e trasversali per la tutela della fauna ittica (S) [157] Ottimizzazione del grado di artificialità dei sistemi, finalizzatialla riqualificazione generale dei corsi d’acqua, specie nelle areedove sono previsti interventi di difesa idraulica che devonoassicurare anche il mantenimento e la fruizione dell’ecosistema.Adeguamento e gestione delle opere longitudinali e trasversali perla tutela della fauna ittica anche tramite interventi dirinaturalizzazione al fine di ripristinare la connnettività ecologicafluviale (S) + + Distretto del fiume Serchio [177] Aggiornamento e verifica del Piano di Gestione in conformità alla Dir. 2000/60 (S) Piano di Gestione delle Acque del distretto idrografico del fiume Serchio 33 + + + [165] Aumento delle conoscenze sulle specie e habitat prioritari e redazione delle corrispondenti check-list (S) + 31 (Monitoraggio Verrucano 30 (Verifica perimetrazione nuove aree protette) 29 (Individuazione costi) 28 (Monitoraggio caratteristiche economiche) 27 bis (Individuazione tendenze evolutive inquinanti) 27 (Individuazione stati qualità corpi idrici) 26 (Monitoraggi per effetti da caveminiere-ravaneti ecc.) 25 (Incentivazioni risparmio idrico) (SCHEDA 25) 24 (Monitoraggio livelli idraulici invasi Enel) (SCHEDA 24) 23 (Modello Matematico per il trasporto solido del Serchio e del T. Lima) 22 (“Enclousures” lago Massaciuccoli). 21 (Modello idrogeologico della piana di Lucca) 20 (Monitoraggio coltivazioni Massaciuccoli) (SCHEDA 20) 19 (Monitoraggio fabbisogni irrigui Massaciuccoli) (SCHEDA 19) 18 (Database monitoraggi e scarichi) (SCHEDA 18) 17 (Attività di diffusione permanente) 15 (Riqualificazione casello idraulico) 14 (Scale pesci per ripristino continuità fluviale) 13 (Collegamento depuratore Pontetettto) 12 (Tavoli Tecnici buche di sabbia silicea) 11 (Tavoli Tecnici svasi in coda di piena) 10 (Tavoli Tecnici subsidenza) 9 (Delocalizzazione inerti) (SCHEDA 9) 8 (Bilancio idrico Ania, Pizzorna, Celetra) 6 (Gestione vegetazione riparia) (SCHEDA 6). 7 (Conferma efficacia limitazioni Massaciuccoli) (SCHEDA 7). 5 (Rinaturalizzazione aree contigue al corso d’acqua) 4 (Disciplina DMV) (SCHEDA 4). 3 (ATO) 2 (Salvaguardia acque potabili Serchio) [Misura di base] 1 (Tutela corsi d’acqua in aree protette) (SCHEDA 1). Integrazioni – Documento 1 + + + + Integrazioni – Documento 1 - la misura di base relativa al prelievo di acque dal fiume Serchio, prevista nell'ambito dell'accordo di programma per la tutela del lago di Massaciuccoli, non deve essere rilevata nel quadro delle pressioni in quanto ancora non realizzata e che deve essere previsto nel piano di monitoraggio uri indicatore che ne misuri gli impatti futuri; (Integrazione tratta dal Documento 15 “Dichiarazione di sintesi” del Piano di Gestione). Modifica effettuata in base alla considerazione che attualmente tale pressione non influenza lo stato di qualità del corpo idrico in oggetto. In merito alla valutazione degli effetti di tale futura pressione si ritiene di demandare l’individuazione di appositi indicatori di monitoraggio all’interno del programma di monitoraggio ambientale del “Piano di Bacino, stralcio bilancio idrico del bacino del lago di Massaciuccoli”, che ha individuato l’opera di cui trattasi, per il quale è attualmente in corso di elaborazione la valutazione ambientale strategica. - obiettivo di qualità buono per il lago di Massaciuccoli deve essere anticipato dal 2027 al 2021 e per la costa del Serchio dal 2021 al 2015; (Integrazione tratta dal Documento 15 “Dichiarazione di sintesi” del Piano di Gestione). . Per quanto concerne gli obiettivi di qualità, in base alle osservazioni ricevute dalla Regione Toscana (Settore strumenti di valutazioni e sviluppo sostenibile e Settore Tutela delle Acque interne e costiere – Servizi idrici), i tempi per il raggiungimento degli obiettivi del Piano di gestione delle acque vengono omogeneizzati nel Piano di Gestione con quelli indicati nel Piano di Tutela delle acque della Regione Toscana (cfr. Documento 7 del Piano di Gestione). - al fine di evitare rischi di sovrapposizione con strumenti di pianificazione diversa e di programmazione che si sviluppano nella medesima scala territoriale, si richiede di trasformare le norme di piano ("schede norma") in misure di indirizzo da fornire ai vari enti istituzionali coinvolti, indirizzi che devono essere sviluppati e trovare una loro efficacia negli strumenti programmatori e pianificatori propri degli stessi soggetti. (Integrazione tratta dal Documento 15 “Dichiarazione di sintesi” del Piano di Gestione). Suggerimento accolto tramite l’articolazione delle misure secondo tre diversi gradi di cogenza: - Indirizzi non vincolanti (misure n. 2, 3, 13, 22) - Indirizzi vincolanti (misure n. 5, 6, 8, 10, 11, 12, 14, 15, 17, 18, 19, 20, 21, 23, 24, 25, 26, 27, 27 bis, 28, 29, 30, 31) - Norme di Piano (misure n. 1, 4, 9, 7). Relativamente alla misura 1, che contiene elementi di possibile incoerenza rispetto al PIER della Regione Toscana, si evidenzia che la stessa Regione, in occasione delle osservazioni al Piano, ha rilevato che “il quadro delle pressioni e degli impatti è stato elaborato a partire dai dati riportati nel Piano di Tutela delle Acque, aggiornati e approfonditi alla luce della situazione attuale; i contenuti risultano pertanto coerenti con quelli del Piano di Tutela delle Acque”: alla luce di ciò il sistema delle centraline , inserito nel piano di gestione fra le pressioni significative (tav. 4.9), è da ritenersi condiviso dalla Regione stessa. Inoltre si ricorda che la stessa misura 1 contempla sempre la possibilità di realizzare “impianti di derivazione con presa e rilascio non fisicamente distinte”. Per approfondimenti sulla coerenza con il PIER si rimanda a quanto illustrato nel documento 12 del Piano di Gestione (paragrafo 2.4). Piano di Gestione delle Acque del distretto idrografico del fiume Serchio 34 Integrazioni – Documento 1 2. (Stato attuale dell'ambiente ed evoluzione probabile senza il Piano): - Il Rapporto ambientale deve fare riferimento, ove necessario, agli aggiornamenti pubblicati dall'Autorita procedente in data 30/11/2009; (Integrazione tratta dal Documento 15 “Dichiarazione di sintesi” del Piano di Gestione). In data 30/11/2009 sono stati pubblicati alcuni ulteriori aggiornamenti apportati alla Proposta di Piano a seguito della definizione dei corpi idrici da parte della Regione Toscana, avvenuta con D.G.R. N° 939/2009, della precisazione delle “pressioni significative” nonché della correzione di alcuni errori materiali. Ai fini della “partecipazione dinamica”, anche tali ulteriori aggiornamenti sono stati sottoposti a consultazione pubblica: le tabelle che seguono riassumono le modifiche introdotte, rispetto alla Proposta di Piano di Gestione, pubblicate il 30/11/2009 sul sito dell’Autorità di Bacino del fiume Serchio. 1. Modifiche alle tavole conseguenti alla definizione dei corpi idrici e alla precisazione delle pressioni. Argomento 3.Identificazione dei corpi idrici 4. Pressioni ed impatti significativi Tavola modificata Tav. 3.1 - Corpi idrici superficiali Tav. 3.2 - Corpi idrici superficiali – Categorie Tav. 3.3 - Tipologia dei corpi idrici superficiali Tav. 3.5 - Corpi idrici sotterranei Tav. 4.11 - Acque superficiali - Classi di rischio Tav. 4.12 - Acque sotterranee - Cave Tav. 4.13 - Acque sotterranee - Discariche e siti contaminati Tav. 4.14 - Acque sotterranee - Aree prive di fognatura e zone vulnerabili ai nitrati di origine agricola Tav. 4.16 - Acque sotterranee Captazioni rilevanti per uso potabile Tav. 4.17 - Acque sotterranee Captazioni rilevanti per uso irriguo Tav. 4.18 - Acque sotterranee Captazioni rilevanti per uso industriale Modifica ai contenuti della tavola Modificati i nomi dei corpi idrici superficiali ai sensi della DGRT 939/2009 Aggiunti Torrente Freddana e Contesora nella categoria “Fortemente modificati” ai sensi della DGRT 939/2009 Modificati i nomi dei corpi idrici superficiali ai sensi della DGRT 939/2009 Sostituiti i corpi idrici sotterranei ai sensi della DGRT 939/2009 Modificati i nomi dei corpi idrici superficiali e le classi di rischio ai sensi della DGRT 939/2009 Sostituiti i corpi idrici sotterranei ai sensi della DGRT 939/2009 Sostituiti i corpi idrici sotterranei ai sensi della DGRT 939/2009 Sostituiti i corpi idrici sotterranei ai sensi della DGRT 939/2009 Sostituiti i corpi idrici sotterranei ai sensi della DGRT 939/2009 e aggiunto campo pozzi mancante Sostituiti i corpi idrici sotterranei ai sensi della DGRT 939/2009 Sostituiti i corpi idrici sotterranei ai sensi della DGRT 939/2009 Piano di Gestione delle Acque del distretto idrografico del fiume Serchio 35 Integrazioni – Documento 1 5. Registro delle aree protette 6. Reti e programmi di monitoraggio 7. Obiettivi di piano, stati di qualità e deroghe Tav. 4.19 - Acque sotterranee - Intrusioni saline significative Tav. 4.20 - Acque sotterranee - Classi di rischio Tav. 5.1 - Aree protette – Acque utilizzate per l’estrazione di acqua potabile Tav. 5.2 - Aree protette – Aree designate per la protezione di specie acquatiche significative Tav. 6.5 - Piano di Tutela delle acque regionale – Punti di monitoraggio delle acque sotterranee Tav. 6.6 - Piano di Tutela delle acque regionale – Risultati del monitoraggio per le acque sotterranee Tav. 7.2 - Stato /Potenziale ecologico delle acque superficiali Tav. 7.3 - Stato chimico delle acque superficiali Tav. 7.4 - Stato delle acque superficiali Tav. 7.5 - Stato quantitativo delle acque sotterranee Tav. 7.6 - Stato chimico delle acque sotterranee Tav. 7.7 - Stato delle acque sotterranee Tav. 7.8 - Acque superficiali - Obiettivi di piano Tav. 7.9 - Acque sotterranee - Obiettivi di piano 2. Sostituiti i corpi idrici sotterranei ai sensi della DGRT 939/2009 Modificate classi di rischio e sostituiti i corpi idrici sotterranei ai sensi della DGRT 939/2009 Sostituiti i corpi idrici sotterranei ai sensi della DGRT 939/2009 Individuato il Lago di Massaciuccoli quale aree designata per la protezione di specie acquatiche significative Sostituiti i corpi idrici sotterranei ai sensi della DGRT 939/2009 Sostituiti i corpi idrici sotterranei ai sensi della DGRT 939/2009 Modificati i nomi dei corpi idrici superficiali ai sensi della DGRT 939/2009 Modificati i nomi dei corpi idrici superficiali ai sensi della DGRT 939/2009 Modificati i nomi dei corpi idrici superficiali ai sensi della DGRT 939/2009 Sostituiti i corpi idrici sotterranei ai sensi della DGRT 939/2009 ed aggiornato lo stato sulla base dei nuovi perimetri Sostituiti i corpi idrici sotterranei ai sensi della DGRT 939/2009 ed aggiornato lo stato sulla base dei nuovi perimetri Sostituiti i corpi idrici sotterranei ai sensi della DGRT 939/2009 ed aggiornato lo stato sulla base dei nuovi perimetri Modificati i nomi dei corpi idrici superficiali ai sensi della DGRT 939/2009 Sostituiti i corpi idrici sotterranei ai sensi della DGRT 939/2009 ed aggiornati gli obiettivi sulla base dei nuovi perimetri Modifiche alle tavole conseguenti alla correzione di errori materiali Argomento 4. Pressioni impatti ed Tavola modificata Tav. 4.2 - Acque superficiali Aree Modifica ai contenuti della tavola Corrette le aree industriali Piano di Gestione delle Acque del distretto idrografico del fiume Serchio 36 Integrazioni – Documento 1 significativi 5. Registro delle aree protette 6. Reti programmi monitoraggio e di industriali ed impianti IPPC Tav. 4.3 - Acque superficiali - Cave ed impianti di trattamento/ frantumazione inerti Tav. 4.5 - Acque superficiali Aree agricole Tav. 4.9 - Acque superficiali – Centraline idroelettriche Tav. 4.15 - Acque sotterranee - Aree agricole Tav. 5.6 - Aree protette – Aree designate per la protezione degli habitat e delle specie. Aree Naturali protette Tav. 6.1 - Piano di Tutela delle acque regionale – Punti di monitoraggio delle acque superficiali Tav. 6.3 - Piano di Tutela delle acque regionale – Risultati del monitoraggio per le acque superficiali Tav. 6.7 - Rete di monitoraggio delle aree protette Tav. 6.8 - Risultati del monitoraggio per le aree protette Corrette le aree di cava ed gli impianti di trattamento/ frantumazione inerti Corretto il titolo, eliminate le aree di potenziale dilavamento urbano, corrette le aree agricole. Correzioni dei simboli e della legenda Corretto il titolo, sostituiti i corpi idrici sotterranei ai sensi della DGRT 939/2009, eliminate le aree urbane ed industriali Chiarito l’inserimento dello specchio lacustre e le aree umide del lago di Massaciuccoli nel Parco di Migliarino San Rossore Massaciuccoli. Sostituiti i corpi idrici ai sensi della DGRT 939/2009 Corretta l’ubicazione di un punto di monitoraggio; sostituiti i corpi idrici ai sensi della DGRT 939/2009. Corretta l’ubicazione di un punto di monitoraggio; sostituiti i corpi idrici ai sensi della DGRT 939/2009. Corretta l’ubicazione di monitoraggio; sostituiti i sensi della DGRT 939/2009. Corretta l’ubicazione di monitoraggio; sostituiti i sensi della DGRT 939/2009. un punto di corpi idrici ai un punto di corpi idrici ai Come si evince dalla lettura delle tabelle, le modifiche apportate alle tavole della Proposta di Piano di Gestione, pubblicate il 30/11/2009, non ne hanno modificato i contenuti sostanziali, nè hanno comportato variazioni ai contenuti del Rapporto Ambientale e alla valutazione degli effetti delle misure supplementari del Piano sull’ambiente. Considerato che all’interno del Documento 11 (Rapporto Ambientale- Aspetti pertinenti lo stato attuale dell’ambiente”), il paragrafo 5.6 “La risorsa acqua” del capitolo 5 afferma che il quadro conoscitivo circa la risorsa acqua è sviluppato nell’ambito del Piano di Gestione delle acque, si ritiene che l’aggiornamento del quadro conoscitivo al 30/11/2009 rappresenti già parte integrante del Rapporto Ambientale. - la caratterizzazione dello stato di fatto e dell'evoluzione dell'ambiente in relazione ai cambiamenti climatici deve essere integrata con: Piano di Gestione delle Acque del distretto idrografico del fiume Serchio 37 Integrazioni – Documento 1 • • • • analisi delle tendenze in corso, basata sullo studio di serie temporali di stazioni di misura che ben rappresentano l’andamento climatico alla scala locale; analisi delle previsioni climatiche sull’area di interesse in base a tali tendenze; l'estrapolazione degli eventuali elementi di criticità, anche in relazione alle vulnerabilità specifiche del bacino idrologico; identificazione e analisi di eventuali criticità che già si sono manifestate o si stanno manifestando; la definizione di azioni o strategie di adattamento per fronteggiare le criticità o la descrizione delle azioni già programmate, per ragioni indipendenti dai cambiamenti climatici, che inglobano una risposta alle criticità identificate. • (Integrazione parzialmente tratta dal Documento 15 “Dichiarazione di sintesi” del Piano di Gestione). Caratterizzazione climatica del bacino del Serchio Il bacino del Serchio è un territorio particolarmente ricco sia di acque di scorrimento superficiale, sia sotterranee, da sempre utilizzate dall’uomo per scopi agricoli e artigianali, ed in seguito anche industriali. Tale abbondanza idrica è dovuta ad una piovosità particolarmente elevata in un territorio dotato di caratteristiche geologiche favorevoli all’accumulo di cospicue risorse sotterranee. Nella sua parte montana, il bacino idrografico del Serchio è compreso tra la Andamento delle cumulate mensili di pioggia per la stazione di dorsale delle Alpi Apuane e Borgo a Mozzano (valore medio periodo 1951 – 2008). In quella degli Appennini. grigio il grafico relativo ad un anno piovoso, in blu all’anno Entrambe si distendono medio ed in celeste i dati relativi ad un tipico anno asciutto. parallelamente alla linea della costa tirrenica, in direzione Nord Ovest – Sud Est, con altezze che superano i 2000 m sull’Appennino (Monte Cusna 2121 m, Monte Cimone 2165 m, Alpe di Succiso 2017 m, ecc.) ed arrivano ad oltre 1900 m sulle Apuane (Pania della Croce 1859 m, Monte Pisanino 1945 m). L’ostacolo che tali dorsali determinano al moto delle perturbazioni, specialmente su quelle di provenienza atlantico mediterranea, è causa ed origine degli elevatissimi valori di piovosità che si registrano in tali zone. La carta delle isoiete mostra che la media annua delle piogge riferite all’intero bacino presenta, in corrispondenza delle Alpi Apuane e del crinale Appenninico, due allineamenti di alti pluviometrici, con massimi di oltre 3000 mm, con punte eccezionali che hanno superato anche i 4000 mm (Campagrina – Alpi Apuane). Tali valori sono tra i più elevati di tutta Italia. Piano di Gestione delle Acque del distretto idrografico del fiume Serchio 38 Integrazioni – Documento 1 TERMOMETRIA - PERIDODO 1951-1980 30.0 DATI STAZIONI temp (°) Man mano che dai Pisa Lucca crinali si scende verso i 25.0 Mutigliano Castelnuovo Garfagnana fondovalle, le S. Marcello Pistoiese precipitazioni si Boscolungo 20.0 attestano intorno a 1200, 1400 mm fino ad 15.0 arrivare a valori inferiori a 1000 mm annui nella 10.0 pianura costiera del Serchio. 5.0 L’elevata piovosità è evidenziata anche dalla media annua di pioggia 0.0 cumulata, che si attesta oltre 1900 mm, valore -5.0 quasi doppio rispetto Gen. Feb. Mar. Apr. Mag. Giu. Lug. Ago. Set. Ott. Nov. Dic. alle precipitazioni dell’adiacente bacino Andamento delle temperature medie mensili in varie stazioni di misura dell’Arno. nel bacino del fiume Serchio, per il periodo 1951 – 1980. Il regime pluviometrico presenta un minimo assoluto di piogge in corrispondenza del mese di luglio, un massimo relativo tra marzo ed aprile ed il massimo assoluto a novembre. Di seguito è riportata un’analisi di maggior dettaglio estratta dal documento “Raccolta, elaborazione e analisi dei dati necessari alla definizione del bilancio idrico del bacino del fiume Serchio, alla valutazione del Deflusso Minimo Vitale (D.M.V.) in relazione alla quantificazione del bilancio idrico e alla predisposizione del relativo Piano di Gestione di cui alla Direttiva 2000/60/CE” redatto dall’Autorità di Bacino del Fiume Serchio nell’anno 2009. Infine, preme evidenziare che il programma monitoraggio (documento 13 del Piano di Gestione) sarà integrato con l’analisi dei dati del monitoraggio idropluviometrico, già presente sul sito dell’ Autorità di Bacino del Serchio alla pagina http://www.autorita.bacinoserchio.it/monitoraggio. Già allo stato attuale tale rete di monitoraggio permette una analisi completa della condizione idropluviometrica del bacino, sia in tempo reale che in postprocessing. Tale dato consentirà l’aggiornamento dei dati sullo stato dell’ambiente. Piano di Gestione delle Acque del distretto idrografico del fiume Serchio 39 Integrazioni – Documento 1 Estratto dal documento “Raccolta, elaborazione e analisi dei dati necessari alla definizione del bilancio idrico del bacino del fiume Serchio, alla valutazione del Deflusso Minimo Vitale (D.M.V.) in relazione alla quantificazione del bilancio idrico e alla predisposizione del relativo Piano di Gestione di cui alla Direttiva 2000/60/CE” Per la caratterizzazione del regime climatico sono stati raccolti una serie di dati pluviometrici e termometrici provenienti dalla rete di stazioni dell’ex Servizio Idrografico e Mareografico Nazionale, ora ampliata e gestita dal Centro Funzionale Decentrato della Regione Toscana con sede a Pisa, integrati con una serie di dati termometrici raccolti dalla rete di stazioni dell'ARSIA presenti nel bacino idrografico del fiume Serchio e nelle aree immediatamente adiacenti. I dati meteorologici sono stati organizzati in due periodi ben distinti: • un periodo recente, dal 2000 al 2008, in cui sono presenti una maggiore serie di dati • un periodo storico, dal 1951 al 2008 Questi valori sono stati utilizzati nel modello per costruire il bilancio idrologico di bacino e quindi la curva delle durate; tale modello permette in ogni caso di variare il periodo da considerare per il bilancio idrologico in modo da valutare, in sede di monitoraggio, il peso di eventuali impatti antropici o naturali su bilancio idrico, come per esempio quello dovuto ai cambiamenti climatici. Pluviometria La pluviometria del bacino del fiume Serchio è stata valutata sulla base dei dati disponibili relativi a 22 stazioni appartenenti alla rete attualmente gestita dal Centro Funzionale di Pisa. Queste stazioni, quattro delle quali sono esterne al bacino, sono state scelte per la loro rappresentatività spaziale e per la disponibilità di lunghe serie di osservazioni. Al fine di migliorare la copertura dei pluviometri disponibili sono stati aggiunti ulteriori due pluviometri fittizi (1 e 4) i cui dati sono stati ricostruiti sulla base delle serie di dati di stazioni vicine considerate simili dal punto di vista pluviometrico ed in particolare per il pluviometro fittizio 1 sono state utilizzate le stazioni di Capanne di Sillano e Campagrina e per il fittizio 4 Casone di Profecchia e Tereglio. A tutti i pluviometri, per un totale di 24 stazioni, è stato assegnato un codice e sono stati ricostruiti i topoieti con il metodo Thiessen per valutare la zona di influenza di ciascuno di essi (fig. 2.1). In fig. 2.2 sono stati ricostruiti ed evidenziati i soli topoieti e le relative stazioni che ricadono all'interno del bacino del fiume Serchio chiuso a Ripafratta che è quella che sarà utilizzata per le modellazioni idrologiche successive. I pesi calcolati per ogni stazione sono riportati nella tab. 2.1: In maniera analoga a quanto fatto in precedenza si è proceduto al calcolo dei pesi delle stazioni pluviometriche con riferimento allo stesso bacino del Serchio chiuso a Ripafratta ma suddiviso in quattro sottobacini(fig. 2.3). Tale scomposizione in sottobacini sarà infatti utilizzata per la modellazione idrologica successiva in modo da differenziare le risposte del bacino. Nella tabella 2.2 sono riportati i pesi ottenuti relativi ai quattro sottobacini individuati. Sulla base dei dati giornalieri di pioggia raccolti per le stazioni pluviometriche di interesse sono state eseguite una serie di elaborazioni al fine di predisporre l'input per il modello idrogeologico. Tutti i dati sono stati inseriti in un database in formato DSS per le successive elaborazioni che hanno riguardato in particolare l'individuazione delle caratteristiche medie di piogge annuali in termini di altezza e di giorni piovosi (tab. 2.3 e 2.4). Piano di Gestione delle Acque del distretto idrografico del fiume Serchio 40 Integrazioni – Documento 1 COD NOME STAZIONE 01 BORGO A MOZZANO Area (km2) Peso 132.3 0.101 02 BOSCOLUNGO 18.3 0.014 03 CAMPAGRINA 29.4 0.022 04 CAPANNE DI SILLANO 05 CASONE DI PROFECCHIA 100.4 0.077 48.0 0.037 0.085 06 GALLICANO 111.3 07 GOMBITELLI 62.2 0.047 08 LUCCA 2.6 0.002 09 MELO 38.6 0.029 10 MUTIGLIANO 76.5 0.058 11 PALAGNANA 70.8 0.054 12 PIAN DI NOVELLO 62.8 0.048 13 PRUNETTA 26.8 0.020 14 RIPAFRATTA 26.1 0.020 15 S.MARCELLO PISTOIESE 87.2 0.066 16 TEREGLIO 17 VAGLI DI SOTTO 18 VILLACOLLEMANDINA 19 FITTIZIO1 20 FITTIZIO4 TOTALI 120.4 0.092 96.7 0.074 110.4 0.084 27.9 0.021 63.4 0.048 1312.4 1.000 Tab. 2.1 – Pesi topoieti bacino Serchio Sottobacino A COD NOME STAZIONE 01 Area (km2) Sottobacino B Peso BORGO A MOZZANO 02 BOSCOLUNGO 03 CAMPAGRINA 29.4 0.064 04 CAPANNE DI SILLANO 100.4 0.217 05 CASONE DI PROFECCHIA 48.0 0.104 06 GALLICANO 19.7 0.043 07 GOMBITELLI 08 LUCCA 09 MELO 10 MUTIGLIANO 11 PALAGNANA 12 PIAN DI NOVELLO 13 PRUNETTA 3.7 14 RIPAFRATTA S.MARCELLO PISTOIESE 16 TEREGLIO 17 VAGLI DI SOTTO VILLACOLLEMANDINA 19 FITTIZIO1 20 FITTIZIO4 Sottobacino C Peso Area (km2) 96.7 TOTALI 0.008 Sottobacino D Peso 16.6 0.058 49.0 0.154 5.1 0.018 13.2 0.042 91.7 0.319 38.6 15 18 Area (km2) 55.1 0.192 4.4 0.015 76.3 0.266 0.1 0.000 Area (km2) Peso 66.7 0.271 62.2 0.253 2.6 0.011 0.122 58.4 0.184 26.8 0.084 87.2 0.275 44.1 0.139 317.3 1.000 76.5 0.311 12.0 0.049 26.1 0.106 246.2 1.000 0.209 110.3 0.239 27.9 0.061 25.7 0.056 37.7 0.131 461.8 1.000 287.0 1.000 Tab 2.2 - Pesi topoieti – 4 sottobacini Piano di Gestione delle Acque del distretto idrografico del fiume Serchio 41 Integrazioni – Documento 1 Fig. 2.1- Topoieti complessivi Fig. 2.2- Topoieti Bacino Serchio a Ripafratta Piano di Gestione delle Acque del distretto idrografico del fiume Serchio 42 Integrazioni – Documento 1 Fig. 2.3 – Topoieti Bacino Serchio chiuso a Ripafratta ripartito in quattro sottobacini Piano di Gestione delle Acque del distretto idrografico del fiume Serchio 43 16-TEREGLIO 17VAGLI_DI_SOT TO 18VILLACOLLEMA NDINA 19-FITTIZIO1 20-FITTIZIO4 108.0 182.8 159.7 264.3 158.6 285.5 199.1 235.4 188.1 97.1 151.8 135.0 209.3 131.6 248.8 166.6 117.7 230.2 175.9 179.2 78.5 140.3 131.9 166.5 112.3 212.4 145.6 185.4 102.3 199.1 198.5 169.8 82.7 130.3 121.0 162.8 108.8 194.4 148.6 93.2 204.3 102.2 202.3 220.6 150.6 94.2 135.1 101.8 160.9 111.4 199.0 135.8 88.8 75.8 146.1 84.7 148.6 167.1 126.1 68.7 97.5 71.1 120.9 82.6 145.9 101.9 83.5 65.0 60.1 119.2 67.5 121.5 124.7 85.2 57.0 78.0 51.5 107.2 73.5 117.4 79.9 63.0 53.4 40.4 30.4 71.8 32.6 68.9 69.4 51.0 25.0 49.8 75.1 67.1 50.7 74.0 69.1 92.0 87.1 71.4 58.5 95.0 61.2 103.4 110.9 82.8 55.4 69.9 115.0 98.5 73.8 97.2 103.5 144.5 138.9 124.5 109.8 166.9 112.2 160.4 200.5 145.0 110.5 128.6 173.0 160.4 119.7 152.8 158.8 187.1 230.8 219.7 153.1 143.4 270.0 147.3 260.1 312.4 228.5 134.8 183.8 211.1 256.3 183.9 257.8 220.9 217.8 282.2 255.5 182.2 164.6 312.0 177.4 296.5 334.6 262.2 150.5 220.7 182.2 292.4 204.2 298.2 232.2 MM MM MM 166.6 133.4 265.8 149.5 292.0 287.2 226.6 198.1 182.6 142.7 119.8 203.6 137.4 276.0 123.8 159.4 163.9 123.5 103.5 190.7 215.3 257.3 131.5 176.1 144.5 97.0 88.3 97.5 158.3 260.6 137.4 169.7 145.1 101.0 GIUGNO 76.9 114.8 184.6 107.3 132.8 102.0 LUGLIO 46.5 70.3 149.2 85.6 108.3 AGOSTO 80.3 96.0 91.6 56.5 SETTEMBRE 135.4 173.9 110.7 83.6 OTTOBRE 174.1 304.8 187.0 118.6 NOVEMBRE 206.7 362.1 328.5 DICEMBRE 177.1 307.5 378.7 MM MM MM MM 242.9 394.3 176.6 238.5 222.9 139.2 194.3 353.9 143.6 MARZO 131.5 219.1 301.0 APRILE 122.4 MAGGIO MM MM GENNAIO 153.9 FEBBRAIO MESE 02BOSCOLUNGO MM 01BORGO_A_MO ZZANO 07GOMBITELLI_IN TEGRATO MM 06-GALLICANO MM 05CASONE_DI_P ROFECCHIA MM 04CAPANNE_DI_ SILLANO MM 03CAMPAGRINA 14RIPAFRATTA MM 13-PRUNETTA MM 12-PIAN DI NOVELLO MM 11-PALAGNANA MM 10MUTIGLIANO MM 09-MELO MM 08-LUCCA 15S_MARCELLO_ PISTOIESE Integrazioni – Documento 1 ANNULAE 1541.5 2459.3 2997.3 1569.3 1995.3 1799.0 1356.3 1180.9 2230.8 1292.1 2359.0 2437.2 1895.0 1062.4 1568.7 1528.4 2066.6 1411.0 2283.3 1761.9 Tab. 2.3 - Altezze medie mensili e totale annuale di pioggia – Periodo 1951 2008 Piano di gestione delle Acque del distretto idrografico del fiume Serchio 44 01BORGO_A_MO ZZANO 02BOSCOLUNGO 03CAMPAGRINA 04CAPANNE_DI_ SILLANO 05CASONE_DI_P ROFECCHIA 06-GALLICANO 07GOMBITELLI_IN TEGRATO 08-LUCCA 09-MELO 10MUTIGLIANO 11-PALAGNANA 12-PIAN DI NOVELLO 13-PRUNETTA 14RIPAFRATTA 15S_MARCELLO_ PISTOIESE 16-TEREGLIO 17VAGLI_DI_SOT TO 18VILLACOLLEMA NDINA 19-FITTIZIO1 20-FITTIZIO4 MESE Integrazioni – Documento 1 MM MM MM MM MM MM MM MM MM MM MM MM MM MM MM MM MM MM MM MM GENNAIO 6.8 7.6 8.8 5.7 5.6 6.7 8.2 6.1 7.5 6.7 8.2 7.7 6.5 5.1 6.8 6.1 7.3 6.1 7.2 5.9 FEBBRAIO 6.0 6.5 8.2 5.1 4.9 6.4 7.6 5.5 7.1 5.7 7.6 6.7 6.3 4.1 6.2 5.3 6.3 5.3 6.6 5.1 MARZO 6.2 7.3 8.5 5.3 5.6 6.0 7.7 5.1 7.2 5.4 7.7 7.4 6.7 4.7 6.0 4.8 6.5 5.4 6.9 5.2 APRILE 6.1 8.3 8.6 6.1 6.3 6.4 8.0 5.2 8.4 5.7 8.0 8.8 6.4 5.2 6.9 5.1 6.7 6.2 7.4 5.7 MAGGIO 5.2 7.0 7.3 5.4 5.4 5.2 6.4 4.3 7.0 4.8 6.4 7.4 5.8 3.8 5.7 4.7 6.0 5.1 6.3 5.0 GIUGNO 3.9 5.4 5.6 4.0 4.2 4.3 5.0 2.9 5.5 3.3 5.0 5.7 4.3 3.0 4.4 3.3 4.9 4.1 4.8 3.8 LUGLIO 2.3 3.5 3.8 2.4 2.4 2.5 3.1 1.3 3.7 1.6 3.1 3.8 2.2 1.4 2.9 2.2 3.1 2.7 3.1 2.3 AGOSTO 3.3 4.3 4.4 3.1 3.5 3.5 4.1 2.8 4.1 2.9 4.1 4.8 3.6 2.7 3.5 2.7 4.1 3.4 3.8 3.1 SETTEMBRE 5.0 5.7 6.3 4.3 4.1 5.2 5.9 4.3 5.5 4.4 5.9 6.1 4.8 4.2 5.4 4.1 5.4 5.0 5.3 4.1 OTTOBRE 6.9 8.5 8.6 6.4 6.0 7.2 8.1 6.1 8.2 6.3 8.1 9.3 7.0 5.9 7.2 5.4 7.8 7.0 7.5 5.7 NOVEMBRE 8.3 9.8 9.6 7.3 6.9 8.1 9.0 7.3 9.7 7.6 9.0 9.1 8.0 7.0 8.2 7.0 8.5 7.5 8.5 7.0 DICEMBRE 7.7 8.3 9.6 6.3 5.9 7.3 9.1 6.5 8.5 6.9 9.1 8.4 7.2 5.4 7.6 6.1 7.9 6.4 8.0 6.0 ANNUALE 67.7 82.3 89.3 61.4 60.9 68.7 82.2 57.5 82.6 61.2 82.2 85.4 69.0 52.3 70.7 56.8 74.5 64.0 75.4 58.8 Tab.2.4 - Numero dei giorni piovosi, medie mensili e totale annuale – Periodo 1951 2008 Piano di gestione delle Acque del distretto idrografico del fiume Serchio 45 Integrazioni – Documento 1 BACINO DEL FIUME SERCHIO CHIUSO A RIPAFRATTA 300 PLUVIOMETRIA MEDIA MENSILE 250 1951-1980 1951-1980 mm 200 150 100 50 0 FEBBRAIO GENNAIO GIUGNO APRILE MARZO MAGGIO AGOSTO LUGLIO OTTOBRE SETTEMBRE DICEMBRE NOVEMBRE Fig. 2.4 – Pluviometria – Anno medio periodi 1951-1980 e 1951-2008 Sulla base delle elaborazioni compiute è stato quindi ricostruito un anno medio di precipitazioni su base giornaliera con riferimento ai periodo 1951-1980 e 1951-2208, vedi figura 2.4. In maniera analoga sono stati ricostruiti gli anni medi di pioggia da utilizzare per i quattro sottobacini in cui il bacino del Serchio è stato suddiviso. Le elaborazioni compiute sui dati pluviometrici hanno inoltre consentito la ricostruzione dell'andamento della pluviometria media annuale sul bacino del fiume Serchio dal 1951 al 2008 come riportato nella figura 2.5, dove si evidenzia un trend in diminuzione (vedi linea rossa tratteggiata). In realtà dalle successive figure 2.6 e 2.7 si può notare che nei due periodi 1951-1980 e 1981-2008 la pluviometria media annuale presenta un andamento costante con normali oscillazioni attorno ai rispettivi valori medi riportati nella tabella seguente. PERIODO PRECIPITAZIONE MEDIA ANNUALE 1951-1980 1877.2 1951- 2008 1763.4 1981-2008 1555.4 Sulla base delle elaborazioni effettuate risulta quindi che una diminuzione della pluviometria media di circa 300 mm si è verificata effettivamente tra i due suddetti periodi ma che nell'ultimo periodo il trend pluviometrico è costante. Piano di gestione delle Acque del distretto idrografico del fiume Serchio 46 Integrazioni – Documento 1 Fig. 2.5 – Andamento pluviometria media annua – periodo 1951-2008 Fig. 2.6 – Andamento pluviometria media annua – periodo 1951-1980 Piano di gestione delle Acque del distretto idrografico del fiume Serchio 47 Integrazioni – Documento 1 Fig. 2.7 – Andamento pluviometria media annua – periodo 1981-2008 Piano di gestione delle Acque del distretto idrografico del fiume Serchio 48 Integrazioni – Documento 1 Termometria Per la caratterizzazione del regime termometrico del bacino del fiume Serchio sono stati utilizzati i dati di sei stazioni dell'Ex ufficio Idrografico e Mareografico Nazionale, vedi tabelle seguenti, hanno serie di misurazioni sufficientemente estese. Al fine di spazializzare i dati puntuali delle stazioni sull'intero bacino idrografico oggetto di studio si è ritenuto opportuno adottare un criterio che tenesse in conto sia della posizione delle stazioni che della loro quota rispetto al bacino del fiume Serchio. In pratica ad ogni stazione è stato associato un peso valutato per metà sull'influenza areale della stessa stazione con il metodo dei topoieti e per metà sulla quota della stessa stazione rispetto alle porzioni di bacino del Serchio che ricadessero nelle varie fasce altimetrtiche. I risultati ottenuti sono riportati nelle tabelle seguenti e sono relativi sia all'intero bacino del Serchio che ai sottobacini in cui lo stesso bacino è stato suddiviso nelle fasi successive della modellazione idrologica. N Comune Provincia Quota (m s.l.m.) ID Sensore Rete Anno di inizio osservazioni 1 Pisa PI 6 540-544 1867 2 Lucca LU 15 512-511 1877 3 Lucca LU 62 500 1933 4 Castelnuovo Garfagnana LU 276 270 1929 5 S. Marcello Pistoiese PT 625 430 1924 6 Abetone PT 1340 350 1926 Tab.2.5 - Anagrafica stazioni termometriche Nome Gen. Feb. Mar. Apr. Mag. Giu. Lug. Ago. Set. Ott. Nov. Dic. 1 Pisa 7.7 7.0 8.1 10.2 13.3 17.2 20.6 23.1 22.9 20.1 15.8 11.2 2 Lucca 7.4 6.6 8.1 10.1 13.4 17.4 20.7 23.8 23.3 20.2 15.5 10.8 3 Mutigliano 7.1 6.3 7.5 9.8 12.9 16.7 20.2 23.0 23.2 20.1 15.7 10.7 5.4 4.4 5.7 8.1 11.3 15.4 18.9 21.4 21.2 18.2 13.8 8.9 5.3 4.1 4.9 7.0 10.1 14.3 17.7 20.4 20.2 17.3 13.1 8.3 0.1 -1.1 -0.6 1.7 4.8 9.0 12.8 15.6 15.4 12.1 7.8 3.4 4 5 6 Castelnuovo Garfagnana S. Marcello Pistoiese Boscolungo Tab.2.6 - Termometria Medie mensili - periodo 1951-1980 Piano di Gestione delle Acque del distretto idrografico del fiume Serchio 49 Integrazioni – Documento 1 Nome Gen. Feb. Mar. Apr. Mag. Giu. Lug. Ago. Set. Ott. Nov. Dic. 1 Pisa 8.1 7.3 8.2 10.7 13.5 17.5 21.0 23.6 23.2 20.5 16.3 11.6 2 Lucca 7.1 6.5 7.8 10.3 13.5 17.8 21.2 24.2 23.9 20.2 15.7 10.5 3 Mutigliano 7.5 6.7 7.7 10.1 12.9 17.0 20.4 23.5 23.8 20.5 16.1 10.9 4 Castelnuovo Garfagnana 5.4 4.6 5.9 8.5 11.4 15.7 19.2 22.1 22.0 18.5 14.2 9.1 5 S. Marcello Pistoiese 5.3 4.3 4.8 7.2 10.0 14.4 17.6 20.6 20.5 17.3 13.1 8.3 6 Boscolungo -0.1 -1.2 -0.9 1.6 4.5 9.1 12.9 16.0 15.8 12.2 7.8 3.1 Mag. Giu. Tab.2.7 - Termometria Medie mensili - periodo 1951-2008 BACINO SERCHIO CHIUSO A RIPAFRATTA SERCHIO CHIUSO A RIPAFRATTA SOTTOBACINO Gen. Feb. Mar. Apr. Lug. Ago. Set. Ott. Nov. Dic. UNICO 4.4 3.4 4.3 6.6 9.7 13.8 17.3 20.0 19.9 16.8 12.5 7.8 A 4.1 3.0 4.0 6.3 9.4 13.6 17.1 19.8 19.5 16.5 12.2 7.4 B 4.3 3.2 4.1 6.4 9.6 13.7 17.2 19.9 19.7 16.7 12.4 7.6 C 3.5 2.3 3.0 5.2 8.3 12.5 16.0 18.7 18.6 15.5 11.3 6.6 D 6.5 5.6 6.8 9.0 12.1 16.1 19.5 22.3 22.3 19.3 14.9 10.0 Tab.2.8 - Termometria Medie mensili ricostruite sul bacino idrografico - periodo 1951-1980 BACINO SERCHIO CHIUSO A RIPAFRATTA SERCHIO CHIUSO A RIPAFRATTA SOTTOBACINO Gen. Feb. Mar. Apr. Mag. Giu. Lug. Ago. Set. Ott. Nov. Dic. UNICO 4.5 3.5 4.3 6.8 9.6 14.0 17.4 20.5 20.4 17.0 12.7 7.7 A 4.1 3.1 4.0 6.5 9.4 13.8 17.3 20.3 20.2 16.7 12.4 7.4 B 4.3 3.3 4.1 6.7 9.5 13.9 17.4 20.4 20.3 16.8 12.5 7.6 C 3.4 2.4 2.9 5.3 8.1 12.6 16.0 19.1 19.0 15.6 11.3 6.5 D 6.8 6.0 6.9 9.3 12.1 16.3 19.7 22.7 22.9 19.6 15.3 10.2 Tab. 2.9 - Termometria Medie mensili ricostruite sul bacino idrografico - periodo 1951-2008 In merito alla definizione di azioni o strategie di adattamento per fronteggiare le criticità ed in merito alla descrizione delle azioni già programmate che inglobano una risposta alle criticità identificate, si veda anche l’integrazione effettuata alla prescrizione 16 del parere motivato punto 2 riguardante "la coerenza degli obiettivi del Piano con gli obiettivi internazionali (Libro bianco della Comrnissione europea su "L'adattamento ai cambiamenti climatici: verso un quadro d'azione europeo" COM (2009) 147)” In tale integrazione sono stati valutati alcuni aspetti del trend climatico per 4 stazioni situate in diverse localizzazioni del bacino, ritenute significative (Campagrina in Comune di Stazzema per la zona Apuana, Casone di Profecchia in Comune di Castiglione di Garfagnana per l’alto Appennino Tosco Emiliano, Borgo a Mozzano per la Media Valle del Serchio e Lucca per la piana). Gli aspetti esaminati sono stati il numero di giorni piovosi/anno nonché le cumulate annue di pioggia, per un periodo di circa 60 anni. Piano di Gestione delle Acque del distretto idrografico del fiume Serchio 50 Integrazioni – Documento 1 Da tale esame non sembra emergere una particolare tendenza circa il trend del numero di giorni piovosi annui, salvo che per la stazione di Casone di Profecchia ove invece tale tendenza è evidente, anche nella cumulata totale annua di pioggia. Relativamente alla pioggia annua si nota, in generale, una certa tendenza alla diminuzione dei mm di pioggia cumulata, tendenza confermata anche in altre parti del bacino. Non è tuttavia evidente se si tratta di una tendenza di lungo periodo oppure di un fenomeno attribuibile ad una qualche ciclicità. Il regime pluviometrico del bacino del fiume Serchio è tipicamente tirrenico, con un massimo assoluto autunnale (tipicamente in Novembre) ed un massimo relativo a fine inverno – inizio primavera (Marzo); i valori minimi di pioggia si realizzano in estate (Luglio). Il regime idraulico della maggioranza dei corsi d’acqua è assimilabile a torrentizio. Il periodo estivo è quindi critico dal punto di vista della disponibilità idrica, soprattutto superficiale. Già dal dal 2006 è operativo presso l’Autorità di Bacino del Fiume Serchio un tavolo tecnico, finalizzato al monitoraggio ed alla gestione della disponibilità idrica, con particolare riferimento agli invasi ENEL, in rapporto alla situazione meteorologica in atto. Tale tavolo tecnico è composto da Autorità di Bacino del Fiume Serchio, Enel Produzione Spa - Unità di Business di Bologna, ENEL Green Power SpA, Provincia di Lucca - Servizio Difesa del Suolo, Provincia di Pistoia - Servizio Difesa del Suolo, Comunità Montana della Garfagnana, Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e Regione Toscana - Direzione Generale delle Politiche Territoriali e Ambientali - Settore Tutela delle Acque Interne e Costiere. La gestione degli invasi è finalizzata a prevenire l’esaurimento della risorsa idrica e gestire, nel modo migliore possibile, la ripartizione tra le diverse esigenze (ambientali, agricole, industriali, idropotabili) delle portate defluenti dagli invasi. La progressiva diminuzione delle piogge potrebbe portare ad una estensione del periodo di gestione controllata della disponibilità degli invasi. L’altro importantissimo aspetto dell’attuale fase climatologica è l’intensificarsi, sia in termini di intensità che di frequenza, degli eventi meteorologici estremi. I drammatici eventi della Liguria di questo autunno hanno mostrato ancora una volta gli effetti di eventi pluviometrici intensi e concentrati, interessanti territori con criticità idrogeologiche. Ai fini del rischio idraulico ed idrogeologico, questa tipologia di evento è probabilmente quella più influenzata dai cambiamenti climatici complessivi e che più necessita di attenzione. Il Piano di Gestione del Rischio Alluvioni valuterà, in particolare, un’analisi complessiva volta ad individuare le aree a maggior rischio di sviluppo di tali eventi e la messa in opere delle opportune di misure di protezione, secondo un approccio multi-disciplinare che non si limita più solamente all’aspetto strettamente idraulico ma si basa su una pluralità di tematiche, quali quelle idrauliche, geologiche, geomorfologiche, di utilizzo del suolo, urbanistiche, di informazione e formazione della popolazione. - La valutazione condotta deve essere completata da considerazioni conclusive che facciano emergere quali siano gli andamenti più critici e rilevanti ai fini dei contenuti del Piano di gestione. (Integrazione tratta dal Documento 15 “Dichiarazione di sintesi” del Piano di Gestione). Si riassumono in sintesi le principali criticità del Distretto, già ampiamente illustrate all’interno del Piano di Gestione delle Acque: 1. Sovrasfruttamento idroelettrico del bacino del fiume Serchio. 2. Presenza di un forte carico antropico lungo i corsi d’acqua, con conseguente aumento del rischio idraulico, modifica dei regimi naturali del corso d’acqua e degrado della naturalità e qualità dei corpi idrici e dei loro affluenti. 3. Deficit idrico del bacino del lago di Massaciuccoli. 4. Qualità delle acque del bacino del lago di Massaciuccoli. 5. Subsidenza del bacino del lago del Massaciuccoli. 6. Mancanza di dati conoscitivi necessari alla esatta valutazione delle criticità ambientali e all’approfondimento delle misure di Piano. Piano di Gestione delle Acque del distretto idrografico del fiume Serchio 51 Integrazioni – Documento 1 3. (Caratteristiche ambientali, culturali, potenzialmente interessate dal Piano): paesaggistiche delle aree - anche ai fini della predisposizione del sistema di monitoraggio il quadro conoscitivo ambientale del Distretto deve essere approfondito con informazioni sulla fauna legata agli ambienti acquatici e agli aspetti florovegetazionali delle aree di maggior pregio: (Integrazione tratta dal Documento 15 “Dichiarazione di sintesi” del Piano di Gestione). Ampliamento della Rete Ecologica Regionale in Provincia di Lucca – Monti pisani Recentemente, a seguito delle proposte avanzate dalla Provincia di Lucca (Del. Cons. Prov. n. 102 del 26/06/2008; Del. Cons. Prov. n. 101 del 26/06/2008), la Regione Toscana con la Del. n. 80 del 22/12/2009 ha approvato l’ampliamento del SIR-SIC 27 “Monte Pisano (IT5120019) e l’istituzione del SIR-pSIC “Padule di Verciano, Prati alle Fontane, Padule delle Monache” (IT5120020). L’ampliamento della Rete ecologica interessa parzialmente anche il Bacino idrografico del fiume Serchio e in particolare: in Provincia di Lucca, l’ampliamento (c. a 1500 ha) del SIR 27 “Monte Pisano” ne estende i confini fino a ricomprendere parte dei rilievi calcarei posti a nord-ovest della Valle del Guappero e i Bottacci di Massa Pisana, casse di espansione del Torrente Guappero localizzate in corrispondenza dell’ampio sbocco della valle omonima verso la piana di Lucca. L’area di ampliamento ricade completamente nel Bacino del Fiume Serchio. Sono presenti habitat e specie legati ad ambienti umidi e ripariali rintracciabili principalmente lungo la Valle del Rio San Pantaleone (affluente in destra del T. Guappero) e nei Bottacci di Massa Pisana. Il nuovo SIR “Padule di Verciano, Prati alle Fontane, Padule delle Monache” si estende per circa 400 ha tra il comune di Lucca e quello di Capannori, e ricade parzialmente nel bacino del Fiume Serchio. Il confine piuttosto irregolare è stato tracciato per comprende le porzioni della piana alluvionale lungo il sistema Ozzori-Ozzoretto dal Perno a Ovest fino all’asse autostradale a NE e lungo il Rogio dalla località Bottaccione a occidente fino alla via di Tiglio a oriente. Comprende i boschi di Verciano e Sorbano (Prati alle Fontane) e verso Sud, lungo le pendici del Monte Pisano, il Padule delle Monache a Massa Macinaia. Le principali emergenze presenti nel sito sono costituite da specie animali e vegetali, nonché habitat legati ad ambienti ripariali, alluvionali e palustri. Maggiori approfondimenti saranno riportati nel primo aggiornamento del Piano di Gestione delle Acque, tra cui i nuovi perimetri sulle cartografie, le presenze igrofile di interesse e le misure di conservazione. Piano di Gestione delle Acque del distretto idrografico del fiume Serchio 52 Integrazioni – Documento 1 Schede del Repertorio Naturalistico Toscano 1 Di seguito, in riferimento alle tabelle riportate nel rapporto Ambientale, si riportano le schede tratte dal repertorio Naturalistico Toscano relative alle specie di flora e di fauna di interesse conservazionistico. Le schede evidenziano le principali criticità e cause di manaccia per ciascuna specie e le misure di conservazione. Esse fanno inoltre riferimento alla stessa Bibliografia del Repertorio Naturalistico Toscano, al momento non disponibile, ma richiesta alla Regione Toscana a integrazione del presente documento. Si fa presente che, a causa dell’aggiornamento in corso del sito web regionale non si dispone di tutte le schede delle specie animali elencate del Piano di Gestione. Specie di flora di interesse conservazionistico Status in Toscana CR CR CR Baldellia ranunculoides (L.) Parl. A CR VU All. L.R.56/00 Blymus compressus (L.) Pranzer Callitriche palustris L. VU Carex acutiformis Ehrh. Carex davalliana Sm. A Carex fusca All. Carex laevigata SM. Carex macrostachys Bertol. LR 28, 29, 11 28, 29 EN 29, 16, 25 EN 62, 11 VU 13, 28, 29, 30 EN A 25 25, 61, 62 LR A SIR Red List Regionale A All. Conv. Berna Anagallis tenella (L.) L. Specie All. Dir. 42/93 CEE Red List Nazionale SPECIE VEGETALI IGROFILE IN LISTE D’ATTENZIONE 62 LR Carex praecox Schreber Carex rostrata Stokes A Carex stellulata Good. A LR Ceratophyllum demersum L. A LR Circaea intermedia Ehrh. LR 14, 15, 28, 20, 21, 22, 23,11, 13, 17,16 LR 13, 28 EN 13, 28 11, 16, 25, 27, 28, 29 25, 61 LR 30 Cladium mariscus (L.) Pohl A LR Corydalis pumila (Host) Rchb. A LR Dactylorhiza incarnata (L.) Soò A VU VU 22, 23, 21 Drosera intermedia Hayne A,C CR CR 27 Drosera rotundifolia L. A,C CR CR Dryopteris oreades Fomin A LR Eleocharis acicularis (L.) R. et S. A Eleocharis uniglumis (Link) Schultes A VU VU 25, 61, 62 20, 22, 23, 21 25, 27 13, 27, 22, 23 CR 27 VU 25 1 le “misure per la conservazione” riportate fanno parte delle schede tratte dal repertorio Naturalistico Toscano relative alle specie di flora e di fauna di interesse conservazionistico. Tali schede sono state riportate quale approfondimento del quadro conoscitivo del Rapporto Ambientale insieme a “le misure di conservazione per ciascun sito della rete Natura 2000”. Esse non sono da confondere con le misure individuate dal Piano di Gestione descritte nel Documento 9 “Sintesi delle misure di Piano” consultabile alla pagina web http://www.autorita.bacinoserchio.it/files/pianodigestione/formazione/adottato/documenti/9_Sintesi_misure.pdf e nei rispettivi allegati riportati all’indirizzo http://www.autorita.bacinoserchio.it/pianodigestione/formazione_del_piano/piano_di_gestione_adottato/allegati_al_piano . In particolare l’allegato 9A riporta la “sintesi delle misure di base”, l’allegato 9C la “Sintesi delle misure supplementari” (per le misure supplementari 1,4,7,9,6,18,19,20,24,25 sono state redatte delle schede di dettaglio che sono riportate negli allegati 9D e 9E) e l’allegato 9F riporta la “ Sintesi delle misure di base per le aree protette”. Per maggiori approfondimenti cfr. Appendice 1 a termine del presente Documento. Piano di Gestione delle Acque del distretto idrografico del fiume Serchio 53 Integrazioni – Documento 1 Epilobium collinum C.C. Gmelin LR VU SIR Status in Toscana Red List Regionale Red List Nazionale All. Conv. Berna All. L.R.56/00 Specie All. Dir. 42/93 CEE SPECIE VEGETALI IGROFILE IN LISTE D’ATTENZIONE 30, 13 Epipactis palustris (L.) Crantz A Erigeron gaudinii Brugger A CR 5 Eriophorum alpinum L. (Trichophorum alpinum (L.) Pers.) A,C CR 11 Eriophorum angustifolium Honckeny A CR 21, 23, 28, 11, 29 Eriophorum latifolium Hoppe A,C VU Euphorbia palustris L. A VU Gentiana pneumonanthe L. A Geum rivale L. A,C Gladiolus palustris Gaudin A,C EN CR 16, 21, 22, 23, 24, 25, 61, 62 16, 21, 28, 29, 11, 22, 23 25, 61 CR 27 VU 14, 11, B04 VU Herminium monorchis (L.) R. Br. Hibiscus palustris L. A,C VU VU Hottonia palustris L. A VU EN Hutchinsia alpina (L.) R. Br. 23 LR 22, 23 VU 25, 62 25, 61, 62 VU Hydrocharis morsus-ranae L. A Hydrocotyle ranunculoides L. A VU EN Hydrocotyle vulgaris L. 25, 61, 62 CR CR VU CR EN VU A Juncus alpino-articulatus Chaix A LR Juncus bulbosus L. A LR 27, 62 VU Juncus subulatus Forsskal VU Leucojum aestivum L. A,C LR Listera cordata (L.) R. Br. A LR Ludwigia palustris (L.) Elliot A LR A I VU DD Menyanthes trifoliata L. A Myriophyllum spicatum L. A VU Myriophyllum verticillatum L. A VU CR EN Myrrhis odorata Scop. 30 13, 21, 23, 28, 29, 30, 22, 16 25, 61, 62 EN Marsilea quadrifolia L. 28, 29, 30, 10 25, 62 EN Lythrum virgatum L. 62 16, BO6, 28, 29, 21, 23 Juncus filiformis L. II, IV 61, 25 24, 25, 27, 61, 18, 62 Hypericum elodes L. EN 18, 21, 22, 23, 16 25, 62 25, 61 11, 13, 21, 23, 25, 28 25, 61 25 DD EN 30, 23, 16 Najas marina L. A Nymphaea alba L. A,C VU Nymphoides peltata (Gmelin) O. Kuntze A EN Oenanthe aquatica (L.) Poiret A VU 25, 61, 62 Oenanthe fistulosa L. A VU 16 Oenanthe globulosa L. A VU Oenanthe lachenalii Gmelin A VU 25, 61 Orchis laxiflora Lam. A VU 27, 61, 62 Orchis palustris Jacq. A VU 25, 27, 61, 62 EN 25 25, 61, 62 EN EN 25 Piano di Gestione delle Acque del distretto idrografico del fiume Serchio 54 Integrazioni – Documento 1 Pinguicola leptoceras Rchb. A,C Pinguicula longifolia DC. subsp. reichenbachiana (Schindl.) A,C Casper VU LR 25, 61, 24, 62 VU 20, 10, 11, 28, 22, 23 VU VU SIR Status in Toscana Red List Regionale A Red List Nazionale Periploca graeca L. All. Conv. Berna All. L.R.56/00 Specie All. Dir. 42/93 CEE SPECIE VEGETALI IGROFILE IN LISTE D’ATTENZIONE 21, 23, 11 Potamogeton trichoides Cham. et Schl. CR 62 Potamogeton coloratus Vahl. VU 25 VU 27 Potamogeton polygonifolius Pourret A VU Potamogeton siculus Tineo EW Pteris cretica L. A,C EN Ranunculus flammula L. 25 LR 18, 23, 27 VU 25, 61, 62 Ranunculus lingua L. A VU VU Rhyncospora alba (L.) Vahl. A CR EN Ruscus hypoglossum L. A,C1 Sagittaria sagittifolia L. A Salvinia natans (L.) All. A Saxifraga etrusca Pignatti A,C Saxifraga stellaris L. subsp. alpigena Temesy C 62 EN LR 25, 27 14, B06 EN VU VU VU VU 25, 61 VU VU VU 5, 10, 13, 28, 21, 22, 23, 17, 16 CR 28, 29 Scirpus mucronatus L. CR 25 Scirpus sylvaticus L. EN 30 CR 29, 28 EN 25 Sparganium minimum Wallr. I A LR CR Sparganium erectum L. subsp. microcarpum (Neum.) Domin Spiranthes aestivalis (Lam.) L.C. A Spirodela polyrrhiza (L.) Schleid. A Swertia perennis L. A IV I 25, 61 VU 27, 18, 23, 25, 61 VU VU 25, 61 VU Symphytum tanaicense Steven 13, 22, 23, 28, 28, 11 CR 25 Thelypteris palustris Schott A VU Trollius europaeus L. A,C VU Typha minima Hoppe A Utricularia australis R. Br. A EN VU Utricularia minor L. A EN CR Utricularia vulgaris L. A EW 25, 61 Vallisneria spiralis L. A VU 25, 61 24, 25, 27, 61, 62 11, 23 VU 28, 62 25, 61 CR 27 Anagallis tenella (L.) L. Classe Magnoliopsida Famiglia Primulaceae Status in Italia In pericolo critico Status in Toscana In pericolo critico Livello di Rarità Regionale Allegati Direttiva Habitat Distribuzione e tendenza della popolazione Specie atlantica, in Italia presente nella Pianura Padana dal Friuli al Piemonte, in Liguria e in Toscana fino alla Valle dell’Arno. Ovunque rarissima o quasi scomparsa (Pignatti 1982). Piano di Gestione delle Acque del distretto idrografico del fiume Serchio 55 Integrazioni – Documento 1 In Toscana era un tempo segnalata a Massaciuccoli, nella Selva Pisana, al lago di Bientina (Caruel 1863), alla Paludetta di Livorno, al lago di Sibolla (Baroni 1901). Più di recente è stata segnalata alle Cerbaie (Di Moisè 1958), a Massaciuccoli (Ferrarini 1997; confermata da Tomei 2002, ined.), a Retignano di Stazzema (Ferrarini 1997), al lago di Sibolla (Tomei 2002, conferma ined.) e a San Rossore (Garbari 2000). Ecologia Emicriptofita cespitosa di luoghi umidi, paludi, tra 0 e 500 m. Fiorisce tra aprile e luglio. Cause di minaccia Sono quelle che coinvolgono le zone umide in generale: bonifiche, degrado e calo del livello naturalità biologica e geomorfologica delle aree palustri. Misure per la conservazione Tutela delle stazioni, da realizzare tramite un controllo periodico e l’istituzione di vincoli che impediscano eventuali trasformazioni degli habitat. Quest’obiettivo risulta facilitato in quanto tutte le stazioni ricadono in aree protette e/o SIC. Bibliografia ragionata Per la corologia generale ed italiana di A. tenella e per notizie sulla sua ecologia si fa riferimento a: PIGNATTI S., 1982 – Flora d’Italia, Edagricole, Bologna. Per la distribuzione toscana, notizie pubblicate sono in Ferrarini (1997), Di Moisè (1958), Garbari (2000), Tomei (1991). Carex acutiformis Ehrh. Classe Liliopsida Famiglia Cyperaceae Status in Toscana In pericolo Livello di rarità Regionale Allegati Direttiva Habitat no Distribuzione e tendenza della popolazione Specie eurasiatica, in Italia comune nel settentrione e rara nella penisola, dove è presente con lacune, in Sicilia, in Sardegna e in Corsica. In Toscana era presente nell’agro pisano (anche verso San Rossore) e lucchese (CARUEL 1864), a San Giuliano (BARONI 1908), a Viareggio (exs. 1857 FI). Di recente, la sua presenza è stata indicata a Migliarino, Massaciuccoli, Lago di Porta, (FERRARINI 2000), Fucecchio (TOMEI ET GUAZZI 1993) e al Monte Leoni dove è rarissima, presente in una sola stazione (SELVI 1998). Ecologia Specie perenne, emicriptofita/rizomatosa, di paludi, sponde di stagni e corsi d’acqua, in un intervallo altitudinale compreso tra 0 e 800 m, raramente fino a 2000 m. Fiorisce tra aprile e giugno. Cause di minaccia La scomparsa o il degrado delle zone umide a cui C. acutiformis è ecologicamente vincolata. Misure per la conservazione La stazione di Migliarino è compresa nel Parco Regionale di Migliarino, San Rossore e Massaciuccoli; il Monte Leoni compare tra i biotopi di interesse europeo per la conservazione della natura (cfr. CORINE BIOTOPES n. 1162, 1991 e Siti Rete Natura 2000) (SELVI 1998); il Lago di Porta costituisce l’omonima Area Naturale Protetta di Interesse Locale; il Padule di Fucecchio è riserva Naturale Provinciale. Bibliografia ragionata Per l’ecologia, la distribuzione generale e italiana di C. acutiformis, si fa riferimento a: PIGNATTI S., 1982 – Flora d’Italia, Edagricole, Bologna. Per la distribuzione toscana: BARONI E. 1908 – Supplemento Generale al Prodromo della Flora toscana. G. Pellas, Firenze. CARUEL T. 1864 – Prodromo della Flora toscana. G. Pellas, Firenze. CORINE BIOTOPES MANUAL, 1991 – Habitats of the European Community. Commission of the European Communities, Brussels. FERRARINI E., Prodromo alla flora della Regione Apuana. Parte terza (Compositae - Orchidaceae). (2000). Acc. Lunig. Sci. G. Capellini. La Spezia. SELVI F., 1998 - Flora vascolare del Monte Leoni (Toscana Meridionale). Webbia, 52 (2): 265-306. TOMEI P.E., GUAZZI E., 1993 - Le zone umide della Toscana, lista generale delle entità vegetali. Atti Mus. Civ. Stor. Nat. Grosseto, n.15: 107-152. Piano di Gestione delle Acque del distretto idrografico del fiume Serchio 56 Integrazioni – Documento 1 Carex davalliana Sm. Classe Liliopsida Famiglia Cyperaceae Status in Toscana In pericolo Livello di rarità Regionale Allegati Direttiva Habitat Distribuzione e tendenza della popolazione Specie centroeuropea, in Italia comune sulle Alpi dalla Carnia alla Liguria; presente, ma molto rara, in Padania (soprattutto nella fascia pedemontana), sull’Appennino Tosco-Emiliano (Fiumalbo, Lucchese) e in Abruzzo. In Toscana era presente in passato in Garfagnana e sull’Appennino lucchese: Alpi di Soraggio alla Vetrice e alla Lama Rossa, a S. Pellegrino e alle Pracchie di Pontito (CARUEL 1864). Di recente, C. davalliana è stata confermata alla Lamarossa e trovata nelle vicinanze di questa, alla Sella di Campaiana (a NE della Pania di Corfino). Inoltre, viene segnalata anche a San Rossore (GARBARI 2000). Ecologia Specie perenne, emicriptofita, di prati umidi torbosi, torbiere basse, con acqua ricca di basi e soprattutto di calcare. E’ specie dioica: gli individui maschili e femminili hanno aspetto diverso e danno l’impressione di specie del tutto differenti. In un intervallo compreso tra 100 e 2500 m. Fiorisce tra aprile e giugno (PIGNATTI 1982). Cause di minaccia Scomparsa o degrado biologico delle torbiere. Misure per la conservazione Le stazioni sono comprese in aree protette a vario livello: Riserva Naturale Biogenetica e Riserva di luoghi Naturali (Lamarossa); Riserva Naturale di Popolamento Animale (Orecchiella); Riserva di Luoghi Naturali (Pania di Corfino); Parco Naturale di Migliarino, San Rossore e Massaciuccoli) E comunque necessario anche un monitoraggio periodico delle torbiere, ambienti a dinamismo accelerato e spesso attualmente in regresso o soggette ad un impoverimento nella biodiversità floristica. Bibliografia ragionata Per l’ecologia, la distribuzione generale e italiana di C. davalliana, si fa riferimento a: PIGNATTI S., 1982 – Flora d’Italia, Edagricole, Bologna. Per la distribuzione toscana: CARUEL T. 1864 – Prodromo della Flora toscana. G. Pellas, Firenze. GARBARI F., 2001 - La flora di S. Rossore (Pisa) aggiornata al 1999. Atti Soc. Tosc. Sci. Nat. Mem, Serie B, 107(2000): 1142. Carex fusca All. Classe Liliopsida Famiglia Cyperaceae Status in Toscana Vulnerabile Livello di Rarità Regionale Allegati Direttiva Habitat Distribuzione e tendenza della popolazione Specie diffusa in tutte le regioni settentrionali fino alla Toscana, si ritrova al centro, in Lazio e Abruzzo, e al sud in Calabria e Sicilia. Nota in Toscana per le parti più alte dell’Appennino Tosco-Emiliano in un’area ristretta al confine tra le province di Pistoia, Lucca e Modena. Qui è conosciuta per il Lago del Greppo in comune di Abetone, nell’alta Valle del Sestaione, lungo il torrente Lima ed ai laghi Nero e Piatto, risulta segnalata anche sul M. Rondinaio in comune di Coreglia Antelminelli (LU). La segnalazione per Pian Cavallaro non viene invece considerata in quanto è da riferire al toponimo situato in provincia di Modena, nei pressi del M. Cimone e non all’omonima località posta sul versante lucchese della Foce di Campolino. Si tratta di un’entità un tempo sicuramente più diffusa come testimoniano antiche segnalazioni per altre stazioni: Alpi di Mommio, M. Pisanino, Pracchie di Pontito (PT). Le popolazioni attuali sono esigue ed estremamente localizzate e la loro tendenza demografica potrebbe essere negativa a causa della contrazione del loro habitat di torbiera. Ecologia Specie igro-acidofila e semieliofila, ipsofila, tipicamente legata a paludi e torbiere acide di ambiente monatno-alpino, fino a 2800 m di quota. Cause di minaccia Disseccamento e interramento dei laghetti e delle torbiere alpine, bonifiche, drenaggi, captazione e inquinamento delle acque, piste da sci, sbancamenti e alterazioni del regime idrogeologico degli ambienti umidi di altitudine. Piano di Gestione delle Acque del distretto idrografico del fiume Serchio 57 Integrazioni – Documento 1 Misure per la conservazione Tutela degli ambienti umidi di altitudine, evitando gli interventi sopra citati. Bibliografia ragionata La sua presenza nell’Appennino Tosco-Emiliano, e il suo significato ecologico e fitogeografico, sono documentati in Raffaelli et al. (1997), Del Prete e Tomaselli (1988), Tomei et al. (2001), Arrigoni e Papini (2003). In Ferrarini (1999) la segnalazione, in passato male interpretata, per Pian Cavallaro nel modenese. Carex rostrata Stokes Classe Liliopsida Famiglia Cyperaceae Status in Toscana In Pericolo Livello di Rarità Regionale Allegati Direttiva Habitat Distribuzione e tendenza della popolazione In Toscana è oggi presente solo in stazioni montane, al Lago Padule di Fivizzano e a Filattiera (MS), al Lago Lungo, al Lago Nero e alla Foce di Campolino (PT), mentre sembra ormai scomparsa dalle stazioni planiziarie come Bientina, Sibolla e Torre del Lago dove era stata segnalata fino all’inizio di questo secolo. Le popolazioni di pianura sono ormai scomparse, ma anche quelle montane sembrano meno numerose e meno vitali che nel passato. Ecologia Specie igrofila, tipica della vegetazione a grandi carici delle sponde dei laghi e degli stagni, dalla pianura alla montagna. Cause di minaccia Bonifica, canalizzazione, interramento di laghi e stagni. Eccessiva eutrofizzazione delle acque. Misure per la conservazione Mantenimento degli habitat naturali. Bibliografia ragionata Per notizie sulla situazione attuale delle stazioni montane vedi Gerdol e Tomaselli (1987) e Tomei et al. (1980). Per le stazioni planiziarie vedi Tomei et al. (1991). Dactylorhiza incarnata (L.) Soò Classe Liliopsida Famiglia Orchidaceae Status in Toscana Vulnerabile Livello di rarità Regionale Allegati Direttiva Habitat Distribuzione e tendenza della popolazione Specie Euro-Sibirica a larga diffusione, tassonomicamente controversa per le numerose forme assunte localmente, di notevole significato geobotanico, al pari di altre entità igrofile circumboreali ed euroasiatiche che sui rilievi dell’Europa meridionale presentano areali frammentali assumendo nel contempo spiccate tendenze orofile. In Italia presente, rara, sulle Alpi e sui rilievi collinari prealpini dal Triestino alla Liguria, sui monti della penisola fino al Lazio (PIGNATTI 1982). In Toscana in passato era segnalata per l’Appennino pistoiese a Mandromini, per l’Appennino lucchese (segnalazione erronea, vedi DEL PRETE 1976) e per il Mugello al Sasso di Castro (CARUEL 1864), quest’ultima segnalazione però riferita al versante modenese (FIORI et al. 1906). Segnalata di recente sulle Alpi Apuane, per le quali non era data in passato, tra Fociomboli e Puntato (DEL PRETE 1976) e al Monte Roggio (BARTELLETTI et al. 1996). Nella località di Fociomboli la specie è abbondantemente presente su una superficie di diverse decine di metri quadrati, con tendenza demografica probabilmente stabile. Assai recente la scoperta della nuova stazione apuana nella torbiera del Monte di Roggio. La sua presenza sull’Appennino non ha ricevuto conferme recenti sicure. Un unico campione proveniente dall’Alta Valle del Sestaione va probabilmente attribuito a questo taxon (Romagnoli ined. 2001). Ecologia Specie microterma perenne, geofita bulbosa, di acquitrini, paludi oligotrofe, sfagnete. Si può comportare da igrofita o da elofita. Si trova in un intervallo altitudinale compreso tra 1600 e 2000 m. Fiorisce da giugno a luglio. Cause di minaccia La stazione posta tra Fociomboli e Puntato era, almeno al momento della sua scoperta, assai ricca (DEL PRETE 1976). A questo riguardo, si può comunque ricordare che, ancora nel 1996, BARTELLETTI et al. definiscono accettabile la Piano di Gestione delle Acque del distretto idrografico del fiume Serchio 58 Integrazioni – Documento 1 situazione della zona umida di Fociomboli, nonostante il carico turistico. La specie è comunque fortemente minacciata dalla riduzione qualitativa/quantitativa delle torbiere montane. Tra le cause di minaccia dell’habitat: interramento delle torbiere, evoluzione della vegetazione, gestione del pascolo, modificazioni del regime idraulico del bacino, attività escursionistiche e di fuoristrada, prelievo di sfagno. Misure per la conservazione La frammentazione arealica e le tendenze orofile delle specie igrofile eurosibiriche come D. incarnata testimoniano un fenomeno di regressione postglaciale, nel cui contesto le zone umide con terreni permanentemente inondati da acque a bassa temperatura assumono il significato di ambienti rifugio ad alto valore conservativo (DEL PRETE et TOMASELLI 1981). Nell’ambito della Toscana settentrionale le fitocenosi palustri montane sono, peraltro, piuttosto rare. Tanto più sulle Alpi Apuane, di cui uno degli aspetti distintivi è proprio la scarsità di laghetti ed acquitrini d’altitudine d’origine glaciale, legata alle formazioni rocciose carbonatiche prevalenti nelle porzioni più elevate. La conservazione delle poche zone umide d’altitudine delle Apuane assume dunque un grande valore geobotanico. Per la loro conservazione è valido strumento la presenza del Parco Regionale delle Alpi Apuane. In questo contesto, il monitoraggio costante delle zone umide è comunque necessario, trattandosi di situazioni climaticamente relittuali e in generale regresso, come testimonia l’impoverimento floristico di molte di esse (BARTELLETTI et al. 1996): occorre una attenta gestione del carico turistico, una analisi dei cambiamenti sul regime idraulico indotti dalla presenza di vicine strade sterrate e discariche di materiale litoide, e la verifica del carico pascolivo. Da verificare meglio la tendenza della popolazione e le problematiche di conservazione nelle rimanenti due stazioni. Bibliografia ragionata Per l’ecologia, la distribuzione generale e italiana di D. incarnata, si fa riferimento a: PIGNATTI S., 1982 – Flora d’Italia, Edagricole, Bologna. Per la distribuzione toscana e per le considerazioni geobotaniche e conservazionistiche si fa riferimento a: BARTELLETTI A., GUAZZI E., TOMEI P. E., 1997 - Le zone umide delle Alpi Apuane: nuove acquisizioni floristiche. Atti Soc. Tosc. Sci. Nat., Mem., ser. B, 103: 49-54 (1996) DEL PRETE C., 1976 - Contributi alla conoscenza delle Orchidaceae d'Italia. I. Reperti nuovi o rari per le Alpi Apuane. Atti Soc. Tosc. Sci. Nat., Mem., ser. B, 83: 75-84. Del Prete C., Tomaselli M., 1982 - Note sulla flora e vegetazione della torbiera "I Paduli" presso Fociomboli (Alpi Apuane). Atti Soc. Tosc. Sci. Nat. Mem., Ser. B, 88 (1981): 343-358. FIORI A., BÉGUINOT A. et PAMPANINI R., 1906 – Schedae ad Floram Italicam Exsiccatam. Centuria V. Nuovo Giorn. Bot. Ital., n. s., 13(4): 289-346. Drosera intermedia Hayne in Schrader Classe Magnoliopsida Famiglia Droseraceae Status in Italia Vulnerabile (VU) Status in Toscana In pericolo critico (CR) Livello di Rarità Regionale Allegati Direttiva Habitat Distribuzione e tendenza della popolazione Specie igrofila, a distribuzione subatlantica, segnalata insieme alla più comune Drosera rotundifolia, nelle Alpi di Piemonte, Lombardia, Trentino Alto-Adige e Veneto e in Toscana, che quindi sembra rappresentare il suo limite meridionale lungo la penisola. Qui è presente solo in stazioni umide di pianura e di bassa collina in corrispondenza di acquitrini e aggallati (formazioni galleggianti di muschi del genere Sphagnum). E’ attualmente nota per una sola area compresa tra le province di Pistoia, Firenze, Pisa e Lucca in località quali il Lago di Sibolla, Le Cerbaie, il Padule di Bientina e il M. Pisano, negli acquitrini di San Lorenzo a Vaccoli. Tomei, Guazzi e Kugler, in un recente studio sulle zone umide della Toscana, affermano che la specie sia da ritenere scomparsa dal Padule di Bientina. Già nell'800 era segnalata insieme a Drosera rotundifolia, per vari luoghi torbosi circostanti il lago di Bientina, come il “pollino” del Porto, il “pollino” del Grotto e il Colle di Compito al M. Pisano. Oggi la specie sembra in regressione trattandosi di un’entità estremamente sensibile ai cambiamenti ambientali e sicuramente le popolazioni sono in diminuzione rispetto al passato. Ecologia Specie igrofila, vive sugli aggallati a sfagno che si formano al bordo dei laghi e sulle torbiere acide. Cause di minaccia In passato la principale minaccia era rappresentata dalle opere di bonifica dei laghetti e delle torbiere. Attualmente il maggiore fattore di rischio consiste nell'interramento, per cause naturali, delle zone umide in cui vive. Misure per la conservazione Piano di Gestione delle Acque del distretto idrografico del fiume Serchio 59 Integrazioni – Documento 1 E’ una specie da tutelare in quanto le popolazioni planiziarie toscane rappresentano degli evidenti relitti glaciali. Mantenimento degli habitat naturali dove la specie è presente. Bibliografia ragionata Notizie sulla flora e sulle prospettive di salvaguardia delle zone umide della Toscana si trovano in Tomei (1983). Le segnalazioni storiche provengono da Baroni (1898) e Caruel (1860). Numerosi sono i lavori relativamente recenti che testimoniano la presenza della specie nelle suddette località: Tomei e Giordani (1978); Tomei e Mariotti (1979); Tomei e Pistolesi (1980); Tomei, Rapetti e Ficini (1985); Tomei (1985); Tomei, Longobardo e Lippi (1991); Tomei, Lippi e Braccelli (1991); Lamberti et al. (1993), fino al recente contributo di Tomei, Guazzi e Kugler (2001) dove tuttavia quasi mai viene specificato se il dato sia da riferire ad antiche segnalazioni o a recenti conferme. Drosera rotundifolia L. Classe Magnioliopsida Famiglia Droseraceae Status in Toscana In pericolo critico Livello di Rarità Regionale Allegati Direttiva Habitat Distribuzione e tendenza della popolazione In Toscana è presente solo in stazioni umide di pianura e di bassa collina, negli aggallati a sfagno del Lago di Massaciuccoli, negli acquitrini di San Lorenzo a Vaccoli e negli aggallati del Lago di Sibolla (LU); segnalata anche al padule di Bientina e nei vallini umidi delle Cerbaie (LU-PI). E’ specie estremamente sensibile ai cambiamenti ambientali; vi sono conferme inedite per gli anni 2001-2002 da parte di Tomei nelle stazioni di Massaciuccoli, Monti Pisani, Cerbaie e Sibolla. Attualmente le popolazioni della specie sono in diminuzione rispetto al passato. E’ specie da tutelare in quanto le popolazioni planiziarie toscane rappresentano degli evidenti relitti glaciali. Ecologia Specie igrofila, vive sugli aggallati a sfagno che si formano al bordo dei laghi e sulle torbiere acide. Cause di minaccia Bonifica dei laghetti e delle torbiere da parte dell’uomo. Interramento per cause naturali di laghetti e torbiere. Misure per la conservazione Mantenimento degli habitat naturali. Bibliografia ragionata Per una rassegna sulla flora e sulle prospettive di salvaguardia delle zone umide della Toscana vedi Tomei (1983). Per Massaciuccoli vedi Tomei et al. (1995); per S. Lorenzo a Vaccoli vedi Tomei et al. (1985); per Sibolla vedi Tomei (1985) e Lamberti et al. (1993). Eleocharis acicularis (L.) Roem. et Schult. Classe Liliopsida Famiglia Cyperaceae Status in Italia Status in Toscana In pericolo critico (CR) Livello di Rarità Regionale Allegati Direttiva Habitat Distribuzione e tendenza della popolazione Specie indicata in Italia soprattutto nelle regioni settentrionali e centrali, con qualche lacune, più rara al sud e assente in Sicilia e Sardegna; per le stazioni toscane, come si desume da studi recenti, esistevano soprattutto antiche segnalazioni delle quali, le più recentemente confermate, risultano solo Monte Pisano e Fucecchio alla Paduletta di Ramone. Anche in queste località tuttavia le ultime osservazioni risalgono agli anni Ottanta per cui la sua presenza in territorio toscano resta al momento dubbia e da riaccertare. Ulteriore indicazione recente è quella del lago di Montepulciano, mentre nel 2007 è stata osservata anche al lago di Chiusi. Ecologia Geofita rizomatosa perenne di ambienti fangosi, alluvioni, risaie, tra 0 e 1000 m. Fiorisce tra giugno e settembre. Come già fu osservato dai botanici del passato, fra cui Caruel relativamente alla flora toscana, in ambienti antropizzati, come le risaie, Eleocharis acicularis si comporta da pianta annuale. Non è chiaro se si tratti di stirpi distinte nell’ambito di una specie ad areale molto vasto, per la quale sono stati rilevati numeri cromosomici discordanti. Cause di minaccia Sono quelle che coinvolgono le zone umide in generale: le bonifiche del passato, l’attuale calo del livello di naturalità biologica e geomorfologica delle aree palustri. Piano di Gestione delle Acque del distretto idrografico del fiume Serchio 60 Integrazioni – Documento 1 Misure per la conservazione Si tratta di una specie che andrebbe riaccertata a partire dalle stazioni in cui più di recente è stata osservata. Opportuna sarà una tutela delle stazioni, da realizzare tramite un controllo periodico e l’istituzione di vincoli che impediscano eventuali trasformazioni degli habitat. Gli aspetti di regolamentazione possono essere favoriti dal fatto che le stazioni in esame rientrano in aree protette. Bibliografia ragionata Tomei et al. (1991), Tomei & Guazzi (1993) e Del Prete et al. (1991). Eleocharis uniglumis (Link) Schultes Classe Liliopsida Famiglia Cyperaceae Status in Toscana Vulnerabile Livello di rarità Regionale Allegati Direttiva Habitat Distribuzione e tendenza della popolazione Specie a distribuzione subcosmopolita, è rara per Italia settentrionale, Toscana, Marche e Paludi Pontine; è nota anche per il Matese e la Sardegna. In Toscana è segnalata presso Pisa in Castagnolo, laghetto di Sibolla, Torre del Lago, recentemente anche per Burano e Massaciuccoli. Ecologia Specie legata a paludi, bordi degli stagni, spesso sommersa alla base. Cause di minaccia Per la stazione di Burano la causa di minaccia più probabile è la sommersione dovuta all’innalzamento del livello dell’acqua del lago; per le altre segnalazioni i dati sono insufficienti per evidenziare cause di minaccia particolari. Misure di conservazione La stazione di Burano si trova all’interno dell’Oasi WWF Lago di Burano, quelle del Bosco dell’Ulivo, di Massaciuccoli e di Torre del lago sono situate all’interno del Parco Regionale di Migliarino, San Rossore e Massaciuccoli, ed è possibile una gestione adeguata dei siti. Per le altre stazioni non abbiamo dati sufficienti per delineare misure per la conservazione. Bibliografia ragionata TOMEI (1991) riporta solo un elenco delle specie presenti a Massaciuccoli; COARO (1987) riporta la specie per il Bosco dell’Ulivo e per il comprensorio di Viareggio; ANGIOLINI et al. (2002) segnalano la specie per il lago di Burano e ne evidenziano l’importanza poiché si tratta della stazione più meridionale per la Toscana; qui la specie forma una popolazione di scarsa consistenza e quindi a rischio di scomparsa. La presenza della specie a Torre del Lago e presso Pisa in Castagnolo è documentata da campioni del 1863; a Le Cerbaie da un campione del 1950. Erigeron gaudinii Brügger. Classe Magnoliopsida Famiglia Asteraceae Status in Toscana In Pericolo Critico Livello di Rarità Regionale Allegati Direttiva Habitat Distribuzione e tendenza della popolazione Specie presente sulle Alpi e sull’Appennino Tosco Emiliano in alcune stazioni sul versante emiliano e in una sola stazione della Toscana al M. Scalocchio. La popolazione è composta da pochi individui. Ecologia Specie casmofila, semieliofila, silicicola. Vive in habitat con vegetazione casmofila delle rupi su substrato siliceo (Drabo-Primuletum apenninae). Cause di minaccia La popolazione non sembra minacciata anche se composta da pochi individui a causa della scarsa accessibilità delle stazioni in cui vive. Misure per la conservazione Le popolazioni dell’Appennino Tosco Emiliano si trovano in condizioni di isolamento e per questo si consiglia di approntare un programma di conservazione ex-situ. Bibliografia ragionata Specie segnalata per la prima volta sull’Appennino da Foggi & Ricceri (1987) e Foggi (1988). Piano di Gestione delle Acque del distretto idrografico del fiume Serchio 61 Integrazioni – Documento 1 Eriophorum alpinum L. Classe Liliopsida Famiglia Cyperaceae Status in Toscana In Pericolo Critico Livello di Rarità Regionale Allegati Direttiva Habitat Distribuzione e tendenza della popolazione Specie a distribuzione circumboreale; in Italia è presente nelle Alpi dalle Carniche alle Marittime. Rarissima nell’Appennino settentrionale e in Toscana presente sulla Pania di Corfino nelle due località di Lamarossa e Sella di Campaiana. Queste popolazioni sono tuttora presenti (dati inediti, 1999). Ecologia Vive, assieme agli sfagni, nei suoli torbosi depressi poveri di sostanze organiche moderatamente ricchi di basi e debolmente acidi. Specie caratteristica della classe Scheuchzerio-Caricetea fuscae. Cause di minaccia La specie è fortemente minacciata da varie cause: eutrofizzazione e inquinamento dell’acqua, attività escursionistiche, interramento delle torbiere, evoluzione della vegetazione, prelievo di sfagno. Misure per la conservazione Conservazione delle popolazioni attraverso la conservazione dell’habitat. La stazione di Lamarossa è in pericolo da calpestamento e da prelievo di sfagno e dovrebbe essere recintata. Bibliografia ragionata Specie segnalata da Caruel (1860) e confermata da da Ferrarini (1979, 1980) e successivamente da Tomaselli & Gerdol (1983). L’ecologia della specie è stata studiata da Tomaselli & Gerdol (1983) e Gerdol & Tomaselli (1993). Eriophorum angustifolium Houcheuy Classe Liliopsida Famiglia Cyperaceae Status in Toscana In Pericolo Critico Livello di Rarità Regionale Allegati Direttiva Habitat Distribuzione e tendenza della popolazione Specie circumboreale, in Italia presente sulle Alpi e nell’Appennino Tosco Emiliano. Le stazioni della Toscana sono localizzate esclusivamente sull’Appennino Tosco Emiliano (Alta valle del Sestaione, Valle delle Pozze, Lamarossa, Torbiera di M. Roggio e Padule del Cerreto) e presso Chiusi della Verna ed Altopascio (Badia a Pozzeveri e Lago di Sibolla). La specie raggiunge in Toscana il limite meridionale del proprio areale. I campioni raccolti a Chiusi della Verna e ad Altopascio risalgono rispettivamente al 1938 ed al secolo scorso. Le stazioni dell’Appennino Tosco Emiliano risultano invece confermate da recenti ritovamenti. Ecologia Specie acidofila presente nelle paludi e nelle torbiere di montagna. Cause di minaccia Tra le cause di minaccia e modificazione risultano avere un’influenza particolarmente negativa il prelievo di sfagno, l’inquinamento e l’interramento degli specchi d’acqua ed in misura inferiore l’attività escursionistiche. Misure per la conservazione Conservazione delle popolazioni attraverso la conservazione dell’habitat. La stazione di Lamarossa è in pericolo da calpestamento e da prelievo di sfagno e dovrebbe essere recintata. Bibliografia ragionata Specie segnalata da Caruel (1860) per l’Appennino pistoiese e il padule di Bientina e confermata da Baroni (18971908); segnalata recentemente da Tomei & al. (1997) e da Gerdol & Tomaselli (1987). L’ecologia della specie è stata studiata da Gerdol & Tomaselli (1993). Gentiana pneumonanthe L. Classe Magnoliopsida Famiglia Gentianaceae Status in Italia In pericolo Status in Toscana In pericolo critico Endemismo Livello di Rarità Regionale Piano di Gestione delle Acque del distretto idrografico del fiume Serchio 62 Integrazioni – Documento 1 Allegati Direttiva Habitat Distribuzione e tendenza della popolazione Specie eurosiberiana, in Italia è attualmente segnalata per tutte le regioni a nord della Toscana (esclusa la Val d’Aosta) e per l’Abruzzo. La presenza in queste regioni era un tempo piuttosto frequente, in tempi recenti la bonifica degli ambienti palustri ha comportato un’estrema rarefazione della specie fino a farla scomparire completamente da numerose aree. In Toscana era originariamente segnalata per alcune stazioni della fascia che va dal Monte Pisano alle Cerbaie. Oggi è rarissima e sopravvive con pochi individui in stazioni torbose di risorgiva solo a S. Lorenzo a Vaccoli sul Monte Pisano, ad Orentano e alle Cerbaie. Ecologia Specie igrofila e acidofila che vive in genere in associazione con sfagni (muschi che costituiscono le torbiere). Cause di minaccia Captazione delle sorgenti e distruzione delle sfagnete naturali. Misure per la conservazione La conservazione della specie richiede, oltre che adeguati vincoli, attività di sensibilzzazione e vigilanza, per evitare danneggiamenti delle stazioni e asportazioni della torba di sfagni. Bibliografia ragionata Per la distribuzione generale e italiana il riferimento è Conti et al. (1982). Le informazioni sulla distribuzione attuale Toscana derivano da Tomei (1983); Tomei e Mariotti (1979); Tomei, Amadei e Garbari (1986); Tomei, Lippi e Braccelli (1991); Tomei, Longobardo e Lippi (1991). Indicazioni molto generiche si trovano in Tomei, Guazzi e Kugler (2001), mentre una recente conferma alla presenza di questa specie nell’area delle Cerbaie si trova nel lavoro di Guarino e Bernardini (2002). Geum rivale L. Classe Magnoliopsida Famiglia Rosaceae Status in Toscana Vulnerabile Livello di Rarità Regionale Allegati Direttiva Habitat Distribuzione e tendenza della popolazione Specie circumboreale, diffusa in tutta l’Europa settentrionale e centrale e limitata ai maggiori rilievi di quella meridionale. In Italia è presente su tutto l’arco alpino, nell’Appennino ligure, nell’Appennino Tosco Emiliano ed abruzzese. In Toscana risulta essere presente a Pian di Novello, negli acquitrini posti in vicinanza della Sella di Campaiana presso la Pania di Corfino a Pra’ di Lanna, nei cedui golenali di ontano nero presso Galleno a Fucecchio e nella Valle del Solano in Casentino. Nell’erbario di Firenze esiste un campione del 1842 raccolto all’Alpe di Limano nel Comune di Bagni di Lucca. Ecologia Specie presente negli acquitrini e nei luoghi umidi. Cause di minaccia Le pricipali cause di minaccia risiedono nell’alterazione degli habitat idonei, ma mancano precise indicazioni per evidenziare le eventuali cause dirette di una possibile riduzione delle popolazioni. Misure per la conservazione Mancano studi necessari ad indicare le eventauli misure di conservazione se non quella generale di conservazione dell’habitat in cui essa vive. Bibliografia ragionata Specie segnalata da Caruel (1860) e Levier (1891, in Baroni, 1897-1908) per alcune stazioni dell’Appennino Tosco Emiliano. Successivamente da Arrigoni (1997) per le Cerbaie, da Ferrarini (1980) per Sella Campaiana presso la Pania di Corfino, e da Del Prete & al. (1980) per Pian di Novello, Sella di Campaiana, Alpe di Limano e per le zone umide poste tra l’Orecchiella e la Pania di Corfino sulla base di vecchi campioni di erbario. Hibiscus palustris L. Classe Magnoliopsida Famiglia Malvaceae Status in Toscana Vulnerabile Livello di Rarità Regionale Allegati Direttiva Habitat Distribuzione e tendenza della popolazione Piano di Gestione delle Acque del distretto idrografico del fiume Serchio 63 Integrazioni – Documento 1 Specie circumboreale (in passato distinta in H. roseus, mediterraneo nord-orientale, e H. palustris, nord-americano) in Italia presente sul litorale friulano, in Veneto, nel mantovano, a Guastalla (Reggio Emilia), in Toscana. Ovunque rarissimo ed in molti luoghi scomparso (Pignatti 1982). In Toscana era segnalato in passato (come H. roseus, che sembra però, come accennato, identificabile con H. palustris) ai laghi di Massaciuccoli, di Bientina e di Castiglione della Pescaglia (Caruel 1860), a Viareggio, a Montramito (Baroni 1898) e a San Rossore (Corti 1955). Attualmente hanno ricevuto conferma solo le stazioni di Massaciuccoli (Tomei 2001 ined.) e San Rossore (Tomei 1993, Garbari 2000 e Tomei 2001 ined.). Ecologia Emicriptofita scaposa perenne di paludi e sponde di fossi e laghi, tra 0 e 100 m. Fioritura tra luglio e settembre. Cause di minaccia Sottoposto ai fattori di pericolo cui sottostanno le zone umide naturali: scomparsa, degrado biologico e geomorfologico. Nel caso particolare di San Rossore, il progressivo abbassamento della falda che in questi ultimi anni si è verificato nelle selve costiere della Toscana settentrionale, ha portato ad un impoverimento di tali popolazioni (Tomei com. pers.). Misure per la conservazione Le due stazioni sono comprese in un territorio dichiarato area protetta (Riserva Naturale Regionale di Migliarino, San Rossore e Massaciuccoli). Come per molte stazioni umide, non è scontato tuttavia che un non intervento sia sufficiente a garantirne la sopravvivenza. Bibliografia ragionata Per la corologia generale ed italiana di H. palustris e per notizie sulla sua ecologia si fa riferimento a: PIGNATTI S., 1982 – Flora d’Italia, Edagricole, Bologna. Per la distribuzione toscana, le notizie pubblicate più recenti sono in Tomei (1991 e 1993) e Garbari (2000). Hutchinsia alpina (L.) R. Br. Classe Magnoliopsida Famiglia Brassicaceae Status in Toscana Vulnerabile Livello di Rarità Regionale Allegati Direttiva Habitat Distribuzione e tendenza della popolazione Specie distribuita nelle montagne centro e sud europee. Diffusa in Italia lungo l’arco alpino, dalle Alpi Marittime alle Alpi Giulie, e in alcune stazioni appenniniche relitte (Appennino settentrionale, Alpi Apuane, M. Vettore, Appennino abruzzese). In Toscana risulta presente solo sulle Alpi Apuane, in alcune stazioni d’altitudine (Pizzo delle Saette, Nord Grondilice, M. Tambura – M. Roccandagia, Pania della Croce, Borra Canala, M. Pisanino, Pizzo d’Uccello). Ecologia Tipica specie glareicola e litofitica cioè presente su detriti di falda e litosuoli prevalentemente calcarei ed in stazioni fresche. Non raramente vegeta anche negli erbosi radi e nelle fessure delle rupi a quote compresa tra 1800- 2800. Nelle Alpi Apuane si localizza ad una quota compresa tra 1400 e 1800 m. Cause di minaccia In generale, a causa della sua localizzazione in un ambiente di alta quota e ad elevata naturalità, la specie non mostra particolari cause di minaccia. Solo la stazione tra il Passo della Focolaccia ed il Monte Tambura si localizza in vicinanza di un ampio bacino estrattivo marmifero. Misure per la conservazione La conservazione si attua mediante la conservazione degli attuali assetti di tutela e delle attuali destinazioni d’uso delle aree interessate dalla presenza della specie. Bibliografia ragionata La specie è segnalata da Ferrarini (1967) e da Ferrarini et al (1997). Hydrocotyle ranunculoides L. f. Classe Magnoliopsida Famiglia Apiaceae Status in Italia In pericolo Status in Toscana In pericolo critico Endemismo Livello di Rarità Regionale Allegati Direttiva Habitat Piano di Gestione delle Acque del distretto idrografico del fiume Serchio 64 Integrazioni – Documento 1 Distribuzione e tendenza della popolazione Specie tropicale e subtropicale, in Italia è presente in Toscana, nel Lazio, in Campania e in Sardegna. Non più ritrovata in Sicilia e indicata dubitativamente per la Calabria. Si tratta di una specie ovunque rara ed in via di scomparsa. In Toscana era in passato segnalata nell’agro pisano ai piedi del Monte omonimo, al lago di Bientina e presso il lago di Massaciuccoli. Attualmente è confermata al lago di Massaciuccoli e al Monte Pisano. Vi è anche una segnalazione per il lago di Porta, dove andrebbe tuttavia ricercata. Ecologia Può presentarsi sia come geofita rizomatosa, che vive nei fanghi dei pantani, sia come idrofita radicante o no, che vive nelle acque lente dei fossi e dei canali. Cause di minaccia La specie è legata ad ambienti a forte vulnerabilità e accelerato dinamismo. Inoltre, le eventuali operazioni di ripulitura e manutenzione dei canali possono influire negativamente sull’integrità delle popolazioni. Misure per la conservazione Come per molte altre piante igrofile di cui non sia noto il dinamismo popolazionale, occorrerà affiancare ad un monitoraggio periodico un’azione di salvaguardia dell’habitat, con particolare cura, in questo caso specifico, agli interventi di ripulitura della vegetazione acquatica. Bibliografia ragionata Per l’ecologia a Pignatti (1982) e Tomei et al. (1991); per la distribuzione toscana si veda Tomei et al. (1991) Hypericum elodes Huds. Classe Magnoliopsida Famiglia Clusiaceae Status in Italia Vulnerabile Status in Toscana In pericolo critico Endemismo Livello di Rarità Regionale Allegati Direttiva Habitat Distribuzione e tendenza della popolazione Specie presente solo in Toscana, visto che in Liguria non è stata più ritrovata e non è riportata per altre Regioni. In Toscana è per altro segnalata in un’unica stazione, presso il Bosco del Palazzetto a S. Rossore, in un’area limitata. Alcuni anni fa sembrava scomparsa per l’eccessivo carico di daini e cinghiali, ma recentemente è stata riosservata, sia pur in condizioni critiche, nella stazione. Ecologia Elofita perenne di stazioni palustri d’acqua dolce come stagni, acquitrini e torbiere, moderatamente tollerante l’ombra. Cause di minaccia L'eccessivo carico di ungulati costituisce il principale fattore di minaccia per la specie. Anche un eccessivo abbassamento del livello di falda potrebbe costituire a lungo termine un potenziale rischio. Misure per la conservazione Recinzione e protezione dal pascolo della stazione esistente. Vista l’unicità della stazione è indispensabile un monitoraggio costante per individuare immediatamente eventuali tendenze regressive della popolazione Bibliografia ragionata Le indicazioni sulla specie si trovano in Corti (1955 e1970). Per la recente riconferma della stazione toscana si veda Garbari (2001). Juncus filiformis L. Classe Liliopsida Famiglia Juncaceae Status in Italia Status in Toscana Vulnerabile Livello di Rarità Regionale Allegati Direttiva Habitat Distribuzione e tendenza della popolazione Piano di Gestione delle Acque del distretto idrografico del fiume Serchio 65 Integrazioni – Documento 1 Specie Circum-Artico-Alpina, in Italia presente sulle Alpi, dalle Carniche alle Marittime, dove è comune, e sull’Appennino Modenese e Pistoiese, dove è rara e in riduzione rispetto alle segnalazioni dell’inizo del ‘900 (Baroni 1908). Recentemente è stato confermato al Lago Nero (Tomei 1993). Ecologia Geofita rizomatosa, perenne, di paludi e torbiere acide, in un intervallo compreso tra 1500 e 2500 m di quota. Cause di minaccia Le maggiori cause di regressione sono dovute all’aumentata pressione antropica, diretta ed indiretta, su questi ambienti e a livello globale da una generale tendenza al riscaldamento. Misure per la conservazione Tutela delle paludi e torbiere montane; monitoraggio di questi ambienti ad accelerato dinamismo e definizione di adeguate strategie di conservazione. Bibliografia ragionata Per la distribuzione locale si fa riferimento a: Tomei & Guazzi (1993), Juncus subulatus Forsskal Classe Liliopsida Famiglia Juncaceae Status in Italia Status in Toscana Vulnerabile Endemismo Livello di Rarità Regionale Allegati Direttiva Habitat Distribuzione e tendenza della popolazione Specie ad areale S-Mediterraneo, è presente in Italia in Toscana, Lazio, Molise, Puglia, Basilicata, Calabria, Sicilia e Sardegna; non più ritrovato invece in Abruzzo. Per la Toscana, che risulta la regione più a Nord in cui la specie è presente nella penisola, è segnalata al Parco della Maremma alla Trappola, al padule di Orti Bottagone, Diaccia Botrona e padule di Scarlino (quest’ultima indicazione si riferisce peraltro ad un campione presente in Erbario). Non si conoscono le tendenze popolazionali. Ecologia Geofita rizomatosa dei pantani salmastri litoranei, risulta più rara nelle zone umide interne. Distribuita tra 0 e 600 m fiorisce tra Maggio e Giugno. Cause di minaccia Degrado delle paludi, in particolare quelle costiere. Misure per la conservazione In attesa di dati specifici sulle popolazioni toscane è auspicabile la conservazione degli ambienti dove la specie è al momento presente. Bibliografia ragionata Per l’ecologia si veda Pignatti (1982). Per le stazioni toscane si veda Arrigoni (2003), Viciani & Lombardi (2001), Sforzi & Selvi (1999) e Viciani et al. (2001). Lythrum virgatum L. Classe Magnoliopsida Famiglia Lythraceae Status in Italia Status in Toscana In pericolo Livello di Rarità Regionale Allegati Direttiva Habitat Distribuzione e tendenza della popolazione Specie Sud-Siberiana (pontica), in Italia è presente in Lombardia, Emilia-Romagna e Toscana. Ovunque è considerata rara. La conoscenza della presenza in Toscana di Lythrum virgatum è stata acquisita da poco. La specie è segnalata al Lago di Massaciuccoli e a San Rossore al Palazzetto. Ecologia Specie perenne, emicriptofita, di luoghi umidi e inondati, quali fossi e paludi, in un intervallo altitudinale compreso tra 0 e 1000 m. Fiorisce tra giugno e agosto. Cause di minaccia Piano di Gestione delle Acque del distretto idrografico del fiume Serchio 66 Integrazioni – Documento 1 Gli interventi di bonifica effettuati in passato nella nostra regione possono aver costituito un elemento di minaccia per la specie. Non sono invece individuabili fattori specifici che possono minacciare la specie nelle stazioni toscane attualmente conosciute. Misure per la conservazione Allo stato attuale delle conoscenze non sembrano individuabili specifici provvedimenti di conservazione. Entrambe le stazioni toscane conosciute sono comprese nel Parco Regionale di Migliarino, San Rossore e Massaciuccoli. Bibliografia ragionata Per l’ecologia, la distribuzione generale e italiana di Lythrum virgatum si fa riferimento alla Flora d'Italia di Pignatti (1982). Per la distribuzione toscana recente, dati pubblicati sono presenti in Garbari (2001) e in Tomei e Guazzi, (1993). Marsilea quadrifolia L. Codice Natura 2000 1428 Classe Pteridophyta (Divis.) Famiglia Marsileaceae Status in Italia Vulnerabile Status in Toscana In pericolo critico Livello di Rarità Regionale Allegati Direttiva Habitat II Distribuzione e tendenza della popolazione Specie rarissima non solo in Toscana ma in tutta Italia. Segnalata in vari luoghi della regione nel secolo XIX e inizio XX (Massaciuccoli, Pisa, Padule di Fucecchio, Bientina, Sibolla) (Baroni 1908 e vari exss. FI), poi confermata da Montelucci (1964) in tre località del comprensorio di Viareggio: San Rocchino, Massarosa e Torre del Lago. Questi ultimi ritrovamenti non sono stati confermati da studi successivi. Di recente M. quadrifolia è stata ritrovata (1998, inedito) presso S. Piero a Grado (Pisa). La stazione riaccertata nella regione può scomparire anche per interramento naturale. Ecologia Specie palustre a ciclo estivale su suoli arenacei costantemente umidi e sommersi in inverno. Cause di minaccia Interramento delle depressioni palustri, bonifiche, sviluppo di specie arboree. Misure per la conservazione Per la sua conservazione la specie richiederebbe l’esistenza di sistemi palustri non canalizzati, irregolari per esondazioni fluviali, ecc. Queste condizioni sono difficili a trovarsi attualmente per cui si dovrebbero artificialmente creare spazi prativi palustri allo scopo. Bibliografia ragionata La segnalazione attuale poggia su un dato inedito. I riferimenti bibliografici precedenti sono quelli di Baroni (1908) e Montelucci (1964). Menyanthes trifoliata L. Classe Magnioliopsida Famiglia Menianthaceae Status in Toscana In Pericolo Livello di Rarità Regionale Allegati Direttiva Habitat Distribuzione e tendenza della popolazione In Toscana la situazione della specie appare migliore che in altre Regioni Italiane.. E’ancora presente al Lago di Porta e al Padule di Sguincio (MS), al Lago di Sibolla, al Padule di Bientina (LU) e al Lago di Massaciuccoli (LU, PI); sembra invece scomparsa dai Laghi Padule di Cerreto (MS); dal Padule di Fucecchio (FI, PT), da S. Rossore (PI) e dal Lago Nero (PT). E’ stata recentemente confermata per la valle delle Pozze (Miniati et Romagnoli in stampa). La tendenza attuale delle popolazioni è in diminuzione per l’alterazione degli ambienti umidi planiziari e montani. Ecologia Specie igrofila, legata agli ambienti palustri e lacustri; indifferente alla quota altitudinale. Cause di minaccia Bonifica delle delle zone umide; riempimento di specchi e corsi d’acqua, interramento. Misure per la conservazione Mantenimento dell’ habitat naturale. Bibliografia ragionata Piano di Gestione delle Acque del distretto idrografico del fiume Serchio 67 Integrazioni – Documento 1 Per una rassegna sulla flora e sulle prospettive di salvaguardia delle zone umide della Toscana vedi Tomei (1983); per il Lago di Porta vedi Tomei e Garbari (1981); per Massaciuccoli vedi Tomei et al. (1995); per Sibolla vedi Tomei (1985) e Lamberti et al. (1993). Nymphoides peltata (S. G. Gmelin) O. Kuntze Classe Magnoliopsida Famiglia Menyanthaceae Status in Italia In Pericolo (EN) Status in Toscana In Pericolo Critico (CR) Livello di Rarità Regionale Allegati Direttiva Habitat Distribuzione e tendenza della popolazione Specie eurasiatica temperata, in Italia è presente in nord-Italia con lacune, in Toscana, Lazio e Sardegna dove è rarissima. In Toscana era presente in passato a Massa, a Viareggio, a Lucca, nell’ex lago di Bientina, nel pisano, nel lago di Chiusi e in quello di Montepulciano, nella Val di Nievole, al lago di Sibolla e nel Padule di Fucecchio. Confermata a Bientina, Le Cerbaie, Chiusi e Massaciuccoli; è riportata anche per Montepulciano. Sarebbe opportuna tuttavia una indagine mirata per confermarne la presenza ai giorni nostri; a Chiusi ad esempio, in recenti osservazioni non è stata più riscontrata; anche in altre stazioni dove era conosciuta (es. Padule di Fucecchio) non è stata più osservata da quasi dieci anni. Ecologia Idrofita ancorata al substrato tramite un sottile rizoma, vive su acque ferme o lentamente fluenti, poco profonde e con tendenza a riscaldarsi. Cause di minaccia La ripulitura dei canali influisce negativamente sulle popolazioni. Misure per la conservazione Risulta di primaria importanza la verifica della sua presenza in molte delle stazioni in cui essa è segnalata. Esse ricadono per lo più all’interno di SIR classificati anche come pSIC e come aree protette a vario titolo. L’oculata gestione della vegetazione dei canali e degli specchi d’acqua in cui è presente può risultare una misura importante per la conservazione di questa specie. Bibliografia ragionata Per la distribuzione in Italia si veda Pignatti (1982), per informazioni sulla distribuzione in Toscana si veda Tomei et al. (1991), Tomei & Guazzi (1993). Potamogeton trichoides Cham. et Schl. Classe Liliopsida Famiglia Potamogetonaceae Status in Italia Status in Toscana Vulnerabile (VU) Livello di Rarità Regionale Allegati Direttiva Habitat Distribuzione e tendenza della popolazione Specie submediterranea-subatlantica, in Italia presente, con lacune, soprattutto nelle regioni Centro-Settentrionali e nelle Isole. Ovunque raro. In Toscana era in passato segnalato al lago di Bientina, nel Padule di Fucecchio e a Poggio a Caiano. Recentemente P. trichoides è indicato per Sibolla dove tuttavia la sua permanenza è da riaccertare, visto che non compare come dato confermato nelle bibliografie successive e per Migliarino mentre ancor più recenti rinvenimenti sono da considerarsi alcuni laghetti (Marruchetone e Piscina degli Olmi) della Maremma mediterranea. Ecologia Idrofita radicante perenne, di stagni e fossati con acque limpide, con medio contenuto di nutrienti. Si trova in un intervallo altitudinale compreso tra 0 e 1600 m. Fiorisce tra Maggio e Luglio. Cause di minaccia Le bonifiche del passato possono aver rappresentato il principale fattore responsabile della contrazione della specie. Minacce più attuali sono costituite da eutrofizzazione delle acque, abbassamento della falda (S. Rossore), e da interventi antropici di modifica dell’habitat. Misure per la conservazione Piano di Gestione delle Acque del distretto idrografico del fiume Serchio 68 Integrazioni – Documento 1 Conservazione degli specchi d’acqua in cui insiste la popolazione di Potamogeton trichoides. In talune stazioni come Sibolla urge la verifica della presenza della specie. La tutela di P. trichoides può essere facilitata dal fatto che la stazione di presenza rientra nei confini del Parco Regionale di Migliarino, San Rossore e Massaciuccoli. Bibliografia ragionata Per le stazioni toscane si veda Tomei (1985), Tomei & Guazzi (1993), Tomei et al. (2001). Segnalazioni storiche derivano da Caruel (1864) e da Baroni (1908). Potamogeton coloratus Hornem. Classe Liliopsida Famiglia Potamogetonaceae Status in Italia Status in Toscana Vulnerabile Livello di Rarità Regionale Allegati Direttiva Habitat Distribuzione e tendenza della popolazione Specie subtropicale, in Italia presente con molte lacune, in alcune regioni (Trentino-Alto Adige, Campania) non più ritrovata. Ovunque rara. In Toscana era in passato segnalato al lago dell’Accesa, a Massaciuccoli, a San Rossore, presso Pescia Fiorentina. Attualmente P. coloratus è stato confermato a Massaciuccoli e al lago dell’Accesa ed è stato segnalato nel Padule di Suese e nella Macchia Lucchese e, ancor più recentemente, lungo il corso del medio-basso Merse, dove probabilmente è presente in vari punti del fiume. Ecologia Rizofita perenne di acque ferme o lentamente fluenti, oligotrofe. Si trova in un intervallo altitudinale compreso tra 0 e 500 m. Fiorisce tra Aprile e Giugno. Cause di minaccia Bonifiche ed eutrofizzazione delle acque. Modificazioni dei livelli idraulici e gestione della vegetazione acquatica. Misure per la conservazione Le misure per la conservazione passano per la tutela degli specchi d’acqua in cui si trovano le popolazioni di P. coloratus. Importante può risultare il controllo della qualità e dei livelli delle acque, del grado di interrimento dei siti e un’attenta gestione della vegetazione dei corpi idrici. Si ricorda che alcune stazioni, quali Padule di Suese e Biscottino e il lago dell’Accesa sono siti d’importanza comunitaria. La Macchia Lucchese il lago di e Massaciuccoli rientrano nei confini della Riserva Naturale di Migliarino, San Rossore e Massaciuccoli. Bibliografia ragionata Per le stazioni toscane si veda Ferrarini (2000), Tomei et al. (2001), Arrigoni (1990), Rizzotto (1982) e Angiolini et al. (2003). Informazioni storiche provengono da Caruel (1864) e Baroni (1908), la conferma per il Lago di Massaciuccoli proviene da una comunicazione personale del 2001, inedita, di Tomei. Potamogeton polygonifolius Pourret Codice flora d’Italia 895.001.005 Classe Liliopsida Famiglia Potamogetonaceae Status in Toscana Vulnerabile Livello di Rarità Regionale Allegati Direttiva Habitat no Distribuzione e tendenza della popolazione Specie paleotemperata, in Italia presente in Friuli, sulle Alpi, nella Pianura Padana, in Lazio, sul Gargano e in Corsica. Ovunque rara. In Toscana era segnalato in passato per il padule di Bientina (Caruel 1864). Attualmente è stato confermato a Bientina, a Sibolla, sul Monte Pisano e alle Cerbaie (Tomei 2001 ined.). Ecologia Idrofita radicante perenne di acque stagnanti oligotrofe. Si trova in un intervallo altitudinale compreso tra 0 e 1500 m. Fiorisce tra maggio e giugno. Cause di minaccia La bonifica delle residue zone umide di Bientina e la cattura delle sorgenti sui Monti Pisani ne minacciano le stazioni. Misure per la conservazione Tutela degli specchi d’acqua in cui trovano rifugio le popolazioni di P. polygonifolius nelle stazioni indicate. Il Monte Pisano, le Cerbaie e Sibolla sono siti d’importanza comunitaria. Bibliografia ragionata Piano di Gestione delle Acque del distretto idrografico del fiume Serchio 69 Integrazioni – Documento 1 Per la corologia generale ed italiana e per notizie sull’ecologia della specie si fa riferimento a: PIGNATTI S., 1982 – Flora d’Italia, Edagricole, Bologna. Per la distribuzione toscana, le notizie pubblicate si trovano in Tomei et Guazzi (1993). Rynchospora alba (L.) Vahl Codice flora d’Italia 941.017.002 Classe Liliopsida Famiglia Cyperaceae Status in Toscana In pericolo Livello di Rarità Regionale Allegati Direttiva Habitat Distribuzione e tendenza della popolazione Specie circumboreale, in Italia segnalata nelle Alpi, nella Pianura Padana, nella bassa valle dell’Arno, nelle Paludi Pontine. Ovunque rarissima e in molti luoghi scomparsa (Pignatti 1982). In Toscana era in passato segnalata per il padule di Bientina, per i dintorni di Altopascio (Caruel 1864) e al lago di Sibolla (Baroni 1908). Attualmente è stata confermata al lago di Sibolla e segnalata a Massaciuccoli e sul Monte Pisano (Tomei 2001 ined.). Ecoogia Emicriptofita cespitosa, perenne, di torbiere basse, in un intervallo compreso tra 0 e 1500 m. Fiorisce tra luglio e agosto. Cause di minaccia Bonifiche e degrado biologico, idrogeologico e geomorfologico dei biotopi palustri. In particolare, la captazione delle sorgenti può compromettere l’esistenza di R. alba al Monte Pisano. Misure per la conservazione Tutela delle stazioni e controllo del dinamismo delle popolazioni. Sibolla e il Monte Pisano sono siti d’importanza comunitaria. Massaciuccoli è parte del Parco Regionale di Migliarino, San Rossore e Massaciuccoli. Bibliografia ragionata Per l’ecologia, la distribuzione generale e italiana di R. alba, si fa riferimento a: PIGNATTI S., 1982 – Flora d’Italia, Edagricole, Bologna. Per la distribuzione toscana si fa pro parte riferimento a Tomei (1993). Erba pesce Salvinia natans (L.) All. Codice Flora d’Italia 198.001.001 Classe Filicopsida Famiglia Salviniaceae Status in Italia Vulnerabile Status in Toscana Vulnerabile Livello di Rarità Regionale Allegati Direttiva Habitat Distribuzione e tendenza della popolazione Specie eurasiatica-temperata, in Italia un tempo comune nella Pianura Padana (oggi in regresso per i processi di eutrofizzazione) e rara sulle Alpi e nella penisola (Pignatti 1982). In Toscana era segnalata a Viareggio, intorno a Pisa (San Giuliano), presso Lucca, nel lago di Chiusi (Caruel 1870), presso Pietrasanta, al lago di Massaciuccoli, a Poggio a Caiano, a Livorno e nel Padule di Fucecchio (Baroni 1908). Attualmente è stata confermata al lago di Chiusi, nei dintorni di Lucca (Massa Macinaia) e nel Padule di Fucecchio (Tomei 2001 ined.). Ecologia Idrofita natante annuale di acque stagnanti e risaie, in un intervallo altitudinale compreso tra 0 e 400 m. Sporifica tra luglio e settembre. Cause di minaccia Eutrofizzazione, a cui le felci acquatiche paiono particolarmente sensibili. Esse sono infatti utilizzate quali indicatori biologici della purezza delle acque (Pignatti 1982). Misure per la conservazione Tutela delle aree palustri; per salvaguardarle dall’eutrofizzazione si impone l’avviamento di una gestione oculata che comprenda anche le aree ad esse adiacenti all’interno del bacino idrografico. Bibliografia ragionata Per le notizie ecologiche e distributive generali si fa riferimento a: Piano di Gestione delle Acque del distretto idrografico del fiume Serchio 70 Integrazioni – Documento 1 PIGNATTI S., 1982 - Flora d’ Italia. Edagricole. Bologna. Per la distribuzione toscana si fa riferimento a Tomei et Guazzi (1993). Saxifraga etrusca Pignatti Codice flora d’Italia 561.001.003 Classe Magnoliopsida Famiglia Saxifragaceae Status in Italia Vulnerabile Status in Toscana Vulnerabile Livello di Rarità Regionale Allegati Direttiva Habitat Distribuzione e tendenza della popolazione Endemica dell'Appennino tosco-emiliano e delle Alpi Apuane, vicariante di S. aspera delle Alpi, si trova in varie località delle Alpi Apuane e dell'Appennino garfagnino. Ecologia Specie rupestre del piano alpino e subalpino, da 1500 a 2000 m. Vive tra detriti minuti, sassaie, rupi, in ambiente luminoso da arido a umido. Cause di minaccia Non prevedibili, in quanto specie di ambienti rupicoli o rocciosi poco frequentati e quindi non soggetti a danneggiamenti o pericoli per la sua conservazione Misure per la conservazione Non proponibili. Molte stazioni ricadono in aree a parco o riserva naturale. Bibliografia ragionata Benché inclusa fra le specie protette in Emilia-Romagna (ALESSANDRINI e BONAFEDE, 1996) non pare che questa specie rupicola dell’Alto Appennino corra pericoli di estinzione. Per altro le stazioni note, segnalate da PIGNATTI (1969) al momento della descrizione e recentemente da FERRARINI e MARCHETTI (1994), sono abbastanza numerose. Saxifraga stellaris L. ssp. alpigena Temesy Codice flora d’Italia 561.001.004 Classe Magnoliopsida Famiglia Saxifragaceae Status in Toscana In pericolo critico Livello di rarità Regionale Allegati Direttiva Habitat no Distribuzione e tendenza della popolazione Saxifraga stellaris L. ssp. alpigena Temesy è la vicariante medio-europea del gruppo di Saxifraga stellaris (S. stellaris ssp. stellaris, ssp. comosa e ssp. prolifera), che presenta areale circumboreale artico e, talvolta, fino a subartico. La ssp. alpigena è distribuita dalla penisola Iberica alla Corsica, alle montagne della Francia Centrale, ai Vosgi, alla Foresta Nera, all’intero territorio alpino, all’Appennino Settentrionale, al territorio balcanico (TEMESY 1957). In Italia è comune sulle Alpi, dalle Giulie alle Marittime; è presente, rara, sull’Appennino Tosco-Emiliano e in Corsica. In Toscana era in passato segnalata in numerose località dell’Appennino settentrionale: Monte Prado, Alpi di Mommio, Lamarossa, San Pellegrino, Tre Potenze, Lago Nero, Limano, Libro Aperto (Caruel 1862), area dell’Abetone (Baroni 1899). E’ confermata di recente solo per l’Appennino pistoiese, nella Valle del Sestaione (Romagnoli ined.). Anche dai campioni d’erbario si evince che l’areale toscano di Saxifraga stellaris L. ssp. alpigena gravitava anche nel secolo scorso in questa zona, con stazioni anche sul versante garfagnino dell’Appennino. Ecologia Erbacea perenne di ruscelli alpini, sorgenti, rupi stillicidiose, preferibilmente su silice, da 1800 a 3150 m, scende raramente fino a 1200 m. Cause di minaccia Degrado degli ambienti di elezione della pianta: opere di scasso di varia natura sono esiziali per questa integrità. Misure per la conservazione Fondamentale la tutela dell’integrità dei microhabitat legati alle sorgenti e ai ruscelli alpini. Auspicabile un loro censimento e il monitoraggio periodico del loro dinamismo. Bibliografia ragionata Per la corologia generale di Saxifraga stellaris L. ssp. alpigena si fa riferimento a: TEMESY E. 1957 – Der Formenkreis von Saxifraga stellaris Linné. Phyton 7: 40-141. Piano di Gestione delle Acque del distretto idrografico del fiume Serchio 71 Integrazioni – Documento 1 Per la distribuzione in Italia e per le notizie ecologiche: PIGNATTI S., 1982 – Flora d’Italia, Edagricole, Bologna. Scirpus mucronatus L. Codice flora d’Italia 941.003.010 Classe Liliopsida Famiglia Cyperaceae Status in Toscana In pericolo critico Livello di rarità Regionale Allegati Direttiva Habitat Distribuzione e tendenza della popolazione In passato S. mucronatus era diffuso, limitatamente agli ambienti ad esso congeniali, nella Toscana nordoccidentale, dalla zona costiera del massese e della Versilia verso l’interno (Padule di Fucecchio, Nannizzi 1938), fino al limite orientale della Val di Nievole (luoghi umidi di Serravalle, Sandri e Fantozzi 1895) e, più indietro nel tempo, fino a Poggio a Caiano e Firenze (Caruel 1864). Le stazioni più interne non sono state riconfermate nel corso degli studi effettuati nella seconda metà del XX secolo nelle aree umide superstiti (per Fucecchio la scomparsa è attestata da Tomei & Garbari 1979, per Sibolla già da Francini (Francini 1936). Per la zona costiera sono indicate in Ferrarini (2000), benché senza precisazione della data di raccolta e se si tratti di dati diretti, bibliografici o d’erbario, le seguenti zone: il carrarese, il massese (con due stazioni), la Versilia, la piana lucchese a Montramito e a Massaciuccoli [in questo caso si tratta molto probabilmente di un riferimento a campioni d’erbario risalenti rispettivamente al 1938 (RO) e 1957 (PI), o anche a Caruel (1864)], il medio Serchio. Montelucci, nel 1964, conferma la presenza nelle risaie di Massarosa. Le segnalazioni di S. mucronatus per S. Rossore fatte in questo secolo (Corti 1955) rimandano in realtà a P. Savi per la Selva Pisana (Caruel 1864). L’unica stazione osservata con certezza dopo il 1960 appare dunque quella di Montelucci (1964). Anch’essa richiederebbe però un conferma più recente. Ecologia Pianta perenne che cresce ai margini degli stagni, negli avvallamenti allagati, nei fossi, nelle paludi, su suoli limosi ricchi di nutrienti con livello d’acqua variabile, temporaneamente soggetti a prosciugamento. In certe annate compare in numerosi individui, mentre in altre giunge appena allo sviluppo. E’ pianta termofila, specialmente in passato infestante delle risaie, ove si comporta come annuale. Cause di minaccia Come per la gran parte delle piante di ambienti umidi, le cause di minaccia per S. mucronatus sono legate all’estrema riduzione cui sono andati soggetti storicamente fino ad oggi questi ambienti. Bisogna precisare che non è solo la scomparsa dell’habitat che decreta la scomparsa di S. mucronatus. Condizioni non idonee al suo sviluppo e alla sua diffusione sono possibili anche in presenza di acqua. Si tratta infatti di pianta poco competitiva, che di rado forma popolamenti densi, relegata al ruolo di pioniera delle fasce perilacuali o palustri soggette ad allagamento stagionale, elemento da precoce a intermedio delle serie dinamiche di vegetazione degli ambienti umidi. La sopravvivenza di S. mucronatus dipende dalla persistenza di un dinamismo naturale all’interno dell’area umida, dinamismo rappresentato da periodi di allagamento (o comunque ricchezza di acqua) e periodi di prosciugamento, che peraltro insistano su un territorio di sufficiente naturalità morfologica (aree alluvionali debolmente digradanti, con superfici di esondazione estese, che sono le zone elettive di colonizzazione per S. mucronatus). La regimazione delle acque, con la segregazione delle acque lotiche o lentiche entro i confini invalicabili delle arginature artificiali, rappresenta al contrario un elemento fortemente pregiudicante lo sviluppo di questa specie, che rischia di non trovare spazio nella ristretta fascia di oscillazione del livello idrico così risultante, spesso colonizzata da specie più competitive come la cannuccia o la tifa. Misure per la conservazione La conservazione di questa specie dipende dalle misure che verranno adottate nel campo della tutela degli ambienti umidi che la ospitano o potrebbero ospitarla per le loro caratteristiche. Essendo gli ambienti umidi sistemi ad elevato dinamismo, in rapida trasformazione, la loro conservazione significa quasi sempre necessità di intervento. Visto l’isolamento spaziale in cui vengono a trovarsi oggi la maggior parte delle zone umide, isolamento che denuncia il carattere di relittualità che questi ambienti rivestono nel territorio attuale, una libera evoluzione di queste singole unità può comportarne in molti casi la perdita. Molto spesso infatti, le aree umide attuali sono aree relittuali, non più efficacemente collegate ad un bacino di alimentazione attivo quale può essere un bacino di esondazione fluviale. Di conseguenza queste aree appaiono destinate ad un progressivo interramento e possono rendersi necessari interventi di escavazione, limitazione degli stadi più avanzati della vegetazione elofitica (tendenzialmente mono- od oligofitici), rinaturalizzazione dei gradienti di sponda e ripristino, ove sia possibile, di una connessione efficace con l’originario bacino di alimentazione. Data la complessità di questo tipo di interventi e i rischi che essi comportano, è necessaria Piano di Gestione delle Acque del distretto idrografico del fiume Serchio 72 Integrazioni – Documento 1 una attenta pianificazione legata alle caratteristiche locali e una chiara visione degli obiettivi che si vogliono raggiungere. Bibliografia ragionata Lavori citati in cui la specie viene confermata: D’AMATO F., 1957 – Osservazioni preliminari sulla flora e vegetazione delle risaie e delle paludi a N del lago di Massaciuccoli (Versilia). N. Giorn. Bot. Ital., 64: 153-184. FERRARINI E. 2000, Prodromo alla flora della Regione Apuana. Parte terza (Compositae - Orchidaceae). (2000). Acc. Lunig. Sci. G. Capellini. La Spezia. NANNIZZI A., 1938 – Ricerche idrobiologiche sul padule di Fucecchio. II. Fanerogame. Boll. Pesca, Piscicoltura Idrobiol., 2: 161-179. Lavori citati in cui la specie non viene confermata: CORTI, R., 1955 – Ricerche sulla vegetazione dell’Etruria. X: Aspetti geobotanici della Selva costiera. La selva pisana a S. Rossore e l’importanza di questa formazione relitta per la storia della vegetazione mediterranea. N. Giorn Bot. Ital., n. s., 62: 75-262. FRANCINI E., 1936 – Ricerche sulla vegetazione dell’Etruria marittima. II. La vegetazione del laghetto di Sibolla (Valdarno Inferiore). N. Giorn. Bot. Ital., 43: 62-130. TOMEI P.E. e GARBARI F., 1979 – Indagini sulle zone umide della Toscana. I. Il padule di Fucecchio. Lav. Soc. Ital. Biogeogr., n. s., 6: 123-144. Vecchi lavori citati, testimoni dell’areale toscano pregresso di S. mucronatus: CARUEL T., 1864 – Prodromo della Flora Toscana. Fasc. 4. Monocotiledoni. Firenze. SANDRI G. e FANTOZZI P., 1895 – Contribuzione alla flora della Val di Nievole. N. Giorn. Bot. Ital., n. s., 2:129-180(1), 289333(4). Lisca dei prati Scirpus sylvaticus L Codice flora d’Italia 941.003.005 Classe Liliopsida Famiglia Cyperaceae Status in Toscana In pericolo Livello di Rarità Regionale Allegati Direttiva Habitat Distribuzione e tendenza della popolazione Specie a distribuzione eurasiatica o, includendo la var. maximowiczii Reg. dell’estremo oriente e la var. bisselii Fern. del Nord America, circumboreale. In Toscana era presente nel secolo scorso in Lunigiana, sull’appennino lucchese al confine con l’Emilia, sull’appennino pistoiese e nell’alto Mugello. La presenza in tutte queste zone è stata confermata nella prima metà di questo secolo (ultimo ritrovamento 1958). Il livello delle conoscenze sulla distribuzione attuale di S. sylvaticus L. in Toscana si può considerare medio: da controlli compiuti nella primavera - estate del 1999, le stazioni dell’appennino lucchese, parte di quelle dell’appennino pistoiese e quelle dell’alto Mugello risultano scomparse, mentre sono state reperite due nuove stazioni nell’alta Lunigiana (Prati di Logarghena). Le popolazioni toscane sono collegate a quelle dell’Italia settentrionale tramite le adiacenti stazioni dell’Emilia Romagna: nell’appennino modenese le più recenti (1955). Verso sud, le popolazioni toscane segnano il limite settentrionale di uno iato che comprende tutta l’Italia centro - meridionale fino alla Calabria, in cui sono presenti varie stazioni (confermate almeno fino al 1958) concentrate sulla Sila. Le due stazioni della Lunigiana sono occupate l’una da una folta popolazione monofitica di ca. 2 50 m di superficie, l’altra da una più vasta popolazione in cui sono ben rappresentate anche altre specie igrofile. Poiché molte delle stazioni del secolo scorso e della prima metà di questo secolo (fino agli ultimi anni 50) non risultano confermate, la specie pare in forte calo. Ecologia Elofita estivale, in Toscana nella media montagna, fino ai 1500 m. Cresce tipicamente nelle radure boschive (per lo più di faggeta e castagneto) legate alla presenza di depressioni umide, ma lo si trova anche in praterie o pascoli con acqua affiorante, sia stagnante che lentamente corrente. Cause di minaccia Nell’appennino lucchese-modenese la scomparsa delle vecchie stazioni può essere ricondotta all’interramento degli specchi d’acqua ai quali si trovavano associate. Nell’alto Mugello può essere legata in parte alle stesse motivazioni, in parte alla urbanizzazione discontinua (per esempio nel caso della stazione di Traversa della Futa, 1906), in parte è verosimilmente connessa con l’apertura delle nuove attività estrattive di grande estensione, quale quella del Sasso di Castro (stazione del 1932). Inoltre, non è da escludere che la ceduazione del bosco influisca sulla presenza di S. sylvaticus, favorendo le elofite più eliofile. Sia nei castagneti che nelle faggete governate a ceduo attualmente presenti Piano di Gestione delle Acque del distretto idrografico del fiume Serchio 73 Integrazioni – Documento 1 in alcune delle vecchie stazioni, alcune elofite (essenzialmente Juncus e Carex spp.) proliferano negli spazi aperti creati dalla periodica riduzione dello strato arboreo. S. sylvaticus è costantemente assente da questi raggruppamenti a rapida propagazione. Misure per la conservazione La tutela delle depressioni umide dei Prati di Logarghena in Lunigiana, probabilmente interessanti anche per altre emergenze floristiche, appare fondamentale per assicurare la permanenza in Toscana di S. sylvaticus, del quale non sono state al momento accertate altre stazioni. Bibliografia Non sono noti lavori recenti che documentino la attuale distribuzione e lo stato di conservazione di questa specie in Toscana. Sparganium minimum Wallr. [Sparganium natans L.] Codice Flora d’Italia 917.001.003 Classe Liliopsida Famiglia Sparganiaceae Categoria IUCN Status in Italia Quasi a rischio (NT) Status in Toscana In pericolo critico (CR) Endemismo Livello di Rarità Regionale pop regionale/nazionale <20% Allegati Direttiva Habitat Allegati L.R. 56/2000 A Distribuzione e tendenza della popolazione Specie a distribuzione eurosibirica, presente in maniera discontinua sulle Alpi e sull’Appennino settentrionale. In Toscana è presente in un’unica località, al Lago del Greppo (Appennino pistoiese), a 1142 m di quota. La popolazione attuale è estesa su pochi metri quadri ed è costituita da un basso numero di individui. Ecologia Specie igrofila di acque stagnanti o a corso lento, tipica delle acque oligotrofe delle torbiere e dei laghetti montani, tra 500 e 1600 m di quota. Cause di minaccia Interrimento, per cause naturali o, in passato, antropiche dei laghetti e delle torbiere montane. La scomparsa dell’unica popolazione toscana oggi nota potrebbe avvenire anche per cause del tutto accidentali e scarsamente prevedibili. Misure per la conservazione La valutazione degli interventi per la conservazione passa necessariamente dal monitoraggio costante della popolazione del lago del Greppo; è probabile che il mantenimento delle condizioni attuali del biotopo sia un fattore importante per la sopravvivenza della specie. Da controllare il processo di interramento del biotopo e l’evoluzione della vegetazione. Bibliografia ragionata Per un’informazione completa sulla consistenza della popolazione di Sparganium minimum del Lago del Greppo e sul suo inserimento nel contesto vegetazionale di questo piccolo lago appenninico, vedi Raffaelli et al. (1997). Sparganium erectum L. subsp. microcarpum (Neum.) Domin Classe Liliopsida Famiglia Sparganiaceae Status in Italia Status in Toscana In pericolo Endemismo Livello di Rarità Regionale Allegati Direttiva Habitat Distribuzione e tendenza della popolazione Si tratta di una entità la cui distribuzione italiana andrebbe meglio precisata; attualmente dalla checklist della flora italiana si desume che la sua presenza in territorio nazionale viene riportata per la Toscana e, dubitativamente, per Piemonte e Umbria. Per la Toscana viene riportata in un’unica stazione, alla Macchia Lucchese presso Viareggio. Visto Piano di Gestione delle Acque del distretto idrografico del fiume Serchio 74 Integrazioni – Documento 1 che la specie Sparganium erectum s.l. è relativamente comune nelle zone umide della Toscana e in tutto il territorio nazionale, sarebbero opportune ricerche mirate per comprendere l’effettiva distribuzione della subsp. microcarpum. Ecologia Elofita perenne di stagni e dei margini dei fossi. Potrebbero essere nocive per la sopravvivenza di questa pianta eventuali alterazioni della disponibilità idrica. Cause di minaccia Alterazioni dell’habitat in cui questa sottospecie si trova a vivere. Misure per la conservazione Salvaguardia delle zone umide residue della regione ed in particolare di quelle della Macchia Lucchese che rappresenta al momento l’unica stazione toscana. Bibliografia ragionata L’unica stazione toscana è riportata da Arrigoni (1990). Symphytum tanaicense Steven Classe Magnoliopsida Famiglia Boraginaceae Status in Toscana In pericolo critico Livello di rarità Regionale Allegati Direttiva Habitat Distribuzione e tendenza della popolazione Specie distribuita in Slovacchia orientale, Polonia sud-orientale, Ungheria, Romania, fino alla Russia sud-orientale ad est del Volga. Al di fuori dell’area di distribuzione Pannonica, piante riferibili a S. tanaicense sono state segnalate in Austria, nella Valle del Reno (in Francia e Germania), in Svizzera e in Olanda, ma in questi luoghi sono state interpretate come naturalizzate piuttosto che come indigene. E’ stata segnalata per la prima volta in Italia nel 1999 da PERUZZI et al. (2001) in due stazioni toscane, una al Lago di Massaciuccoli e una a Lucca, nei canali che circondano le mura della città. Vi è anche una terza località in cui è presente la pianta, ma si tratta di un giardino privato ove essa viene coltivata (Montescudaio, Pisa). Secondo questi autori la presenza di S. tanaicense in Toscana sarebbe da interpretare come legata alle glaciazioni del Quaternario. Le zone umide planiziali della Toscana nord-occidentale hanno consentito infatti la sopravvivenza di varie specie di origine alpina e boreale, oggi considerate come relittuali (TOMEI et al. 1986, 1985). S. tanaicense potrebbe essere ascritta a questo contingente. Ecologia Erbacea perenne di luoghi umidi planiziari, paludi, sponde dei canali, suoli torbosi ricchi di acqua, dove vegeta anche con le radici immerse nell’acqua (PERUZZI et al. 2001). Cause di minaccia In passato la pianta era presente anche a Coltano e a Castagnolo (a sud-ovest di Pisa), come attestano i campioni d’erbario. Le bonifiche e l’urbanizzazione operate negli ultimi quarant’anni hanno determinato la sua scomparsa da quest’area. Interventi di questo genere rappresentano la causa fondamentale di limitazione alla diffusione della specie in Toscana. Misure per la conservazione Le due stazioni di S. tanaicense si trovano entrambe in aree sottoposte a vincoli. Una stazione rientra nel Parco Regionale di Migliarino, San Rossore e Massaciuccoli; l’altra si trova in un’area vincolata (benché dal punto di vista culturale) presumibilmente non suscettibile di trasformazioni, fatta salva la ripulitura periodica degli argini dei canali perimurari di Lucca. Un periodico monitoraggio delle stazioni di S. tanaicense sarebbe comunque auspicabile, dato il forte dinamismo che caratterizza questo tipo di ambienti. Bibliografia ragionata Per le notizie ecologiche, distributive generali e italiane nonché per gli aspetti fitogeografici e di conservazione relativi a S. tanaicense, si fa riferimento a: PERUZZI L., GARBARI F., BOTTEGA S. 2001 - Symphytum tanaicense (Boraginaceae) new for the Italian flora. Willdenowia, 31: 33-41. Altre considerazioni fitogeografiche relative all’area in cui insiste la specie sono tratte da: TOMEI P.E., AMADEI L. et GARBARI F. 1986 – Données distributives de quelches angiospermes rares de la region méditerranéenne d’Italie. – Atti Soc. Tosc, Sci. Nat. Pisa, Mem., ser. B, 92: 207-240. TOMEI P.E., GUAZZI E., BARSANTI A. 1995 - Contributo alla conoscenza floristica delle paludi e del lago di Massaciuccoli. Il bacino del Massaciuccoli. IV - Consorzio idraulico di II categoria. Canali navigabili Burlamacca, Malfante, Venti e Piano di Gestione delle Acque del distretto idrografico del fiume Serchio 75 Integrazioni – Documento 1 Quindici. Grafiche Pacini Pisa. Collana di indagini tecniche e scientifiche per una miglior conoscenza del lago di Massaciuccoli e del suo territorio: 11-78. Utricularia minor L. Classe Magnoliopsida Famiglia Lentibulariaceae Status in Italia In pericolo Status in Toscana In pericolo critico Livello di Rarità Regionale Allegati Direttiva Habitat Distribuzione e tendenza della popolazione Specie Centro-Europea, in Italia è presente nelle regioni dell’Italia settentrionale (dubitativamente per l’EmiliaRomagna), Toscana e Umbria; viene poi indicata dubitativamente per l’Abruzzo mentre non è stata più ritrovata da molto tempo in Campania. In Toscana era presente in passato nel Padule di Bientina, sul Monte Pisano, nel Padule di Fucecchio e al lago di Sibolla. Attualmente Utricularia minor è stata confermata al Monte Pisano ed è stata segnalata in provincia di Grosseto nell’area di Capalbio (lago della tenuta Marruchetone). Ecologia Pleustofita di acque stagnanti con medio contenuto di nutrienti, prevalentemente in ambienti calcarei, presente tra 0 e 1800 m di altitudine. Fiorisce tra giugno e agosto. Cause di minaccia Prosciugamenti e interramento progressivo delle aree palustri naturali; captazione delle sorgenti al Monte Pisano. Eutrofizzazione delle acque. Misure per la conservazione Tutela e controllo periodico dell’evoluzione delle stazioni, gestione dei livelli idrici e della captazione dell’acqua. Bibliografia ragionata Notizie pubblicate sono in Del Prete et al. (1991) Tomei e Guazzi (1993), Guazzi e Tomei (1993) e Tomei et al. (1991). Piano di Gestione delle Acque del distretto idrografico del fiume Serchio 76 Integrazioni – Documento 1 Specie di fauna di interesse conservazionistico Invertebrati SIR Status in Toscana Status in Italia L.R. 56/00 Conv. Berna Nome scientifico Dir. 92/43/CEE MOLLUSCHI: SPECIE IN LISTE D’ATTENZIONE Anisus (Disculifer) vorticulus (Troschel, 1834) A EN 25 Physa fontinalis (Linnaeus, 1758) A EN 25 Planorbarius corneus (Linnaeus, 1758) Unio elongatulus C. Pfeiffer, 1825 III Vertigo moulinsiana (Dupuy, 1849) Viviparus contectus (Millet, 1813) A LR 25 V A NE 25 II A VU 25 LR 25 A LR Anisus (Disculifer) vorticulus (Troschel, 1834) Codice Fauna d’Italia Classe Gasteropodi Ordine Basommatofori Famiglia Planorbidi Categoria UICN Status in Toscana In pericolo Livello di rarità Regionale Allegati Direttiva Habitat Distribuzione e tendenza della popolazione Specie ampiamente diffusa in Europa ma presente, Italia, soltanto nelle regioni centrosettentrionali. In Toscana è al limite meridionale del suo areale e attualmente è nota soltanto per i dintorni del Lago di Massaciuccoli (LU). Anisus vorticulus sembra essere andato incontro a un certo declino per la scomparsa di molti ambienti palustri in seguito alle opere di bonifica che hanno interessato vaste aree della Toscana. Ecologia Anisus vorticulus tipico di acque lentiche (laghi stagni, paludi e acque debolmente correnti) vive sul fondale e sulla vegetazione acquatica sommersa. Cause di minaccia La principale minaccia alla sopravvivenza di Anisus vorticulus è rappresentata dalla distruzione e dall’alterazione dell’habitat (bonifica di zone umide, prelievo idrico indiscriminato, inquinamento) Misure per la conservazione Protezione assoluta dei biotopi lacustri toscani Bibliografia ragionata Nessun lavoro disponibile Physa (Physa) fontinalis (Linnaeus, 1758) Codice Fauna d’Italia Classe Gasteropodi Ordine Basommatofori Famiglia Fisidi Categoria UICN Status in Toscana In pericolo Piano di Gestione delle Acque del distretto idrografico del fiume Serchio 77 Integrazioni – Documento 1 Livello di rarità Regionale Allegati Direttiva Habitat Distribuzione e tendenza della popolazione La specie è diffusa in quasi tutto i Paesi europei. In Italia è stata citata solo per le regioni centro-settentrionali palustri, in seguito delle imponenti bonifiche che hanno interessato molte aree della Toscana, sia, forse, per la competizione con una specie nordamericana, Physa acuta (Draparnaud, 1801), nota in Europa a partire dal XIX secolo. Ecologia Physa fontinalis, tipica di acque lentiche (laghi stagni, paludi e acque debolmente correnti) vive sul fondale e sulla vegetazione acquatica sommersa. Cause di minaccia La principale minaccia alla sopravvivenza di Physa fontinalis è rappresentata dalla distruzione e dall’alterazione dell’habitat (bonifica di zone umide, prelievo idrico indiscriminato, inquinamento) e, forse, dalla competizione on la con generica Physa acuta, specie introdotta in Europra dal Nord America. Misure per la conservazione Protezione assoluta dei biotopi lacustri toscani Bibliografia ragionata Nessun lavoro disponibile Planorbarius corneus (Linnaeus, 1758) Codice Fauna d’Italia 16.023.0.001.0 Classe Gasteropodi Ordine Basommatofori Famiglia Planorbidi Categoria UICN Status in Toscana A più basso rischio Livello di rarità Regionale Allegati Direttiva Habitat Riassunto Planorbarius corneus è un’entità legata agli ambienti palustri, ampiamente diffusa in Europa, al limite meridionale della sua distribuzione in Toscana. Nel corso degli ultimi due secoli sembra essere andata incontro ad un certo declino per la scomparsa di molti ambienti lacustri in seguito alle imponenti operazioni di bonifica che hanno interessato molte aree della Toscana. Distribuzione e tendenza della popolazione Specie ampiamente diffusa in Europa, presente in Italia centrosettentrionale fino alla Toscana, dove è nota per i Laghi di Chiusi e di Montepulciano (SI), per il Lago di Massaciuccoli (LU), per il Padule di Fucecchio (FI-PT), e per alcune stazioni puntiformi del Val d’Arno medio-inferiore (PO, PI, LU, LI). Una volta probabilmente era più diffusa, ma nel corso degli ultimi due secoli è scomparsa per perdita di habitat a causa delle opere di bonifica che hanno interessato la gran parte delle aree umide toscane. Le popolazioni toscane non sembrano molto numerose e la lor tendenza è sconosciuta. Ecologia Planorbarius corneus vive in acque lentiche (laghi, stagni, paludi e acque debolmente correnti), sulla vegetazione acquatica sommersa. Cause di minaccia La principale minaccia alla sopravvivenza di Planorbarius corneus è rappresentata dalla distruzione e dalla alterazione dell’habitat (bonifica di zone umide; prelievo idrico indiscriminato; inquinamento). Il prelievo di esemplari a fini scientifici o collezionistici potrebbero avere un impatto tutt’altro che trascurabile sulle popolazioni. Piano di Gestione delle Acque del distretto idrografico del fiume Serchio 78 Integrazioni – Documento 1 Misure per la conservazione Protezione assoluta dei biotopi lacustri toscani e, al limite, ricostruzione di habitat. Le popolazioni conosciute si trovano all’interno di aree protette (PR di Migliarino, San Rossore e Massaciuccoli, RNP del Lago di Montepulciano, RNP del Padule di Fucecchio, ANPIL Lago di Chiusi). Bibliografia ragionata Giusti et al. (1993) e Favilli et al. (1999) segnalano la specie per il laghi di Chiusi e Montepulciano. Segnalazioni presenti nell’archivio 29 Viviparus contectus (Millet, 1813) Codice Fauna d’Italia 14.065.0.002.0 Classe Gasteropodi Ordine Architenioglossi Famiglia Viviparidi Categoria UICN Status in Toscana A più basso rischio Livello di rarità Regionale Allegati Direttiva Habitat Riassunto Viviparus contectus è un’entità legata agli ambienti palustri, ampiamente diffusa in Europa, al limite meridionale della sua distribuzione in Toscana. Nel corso degli ultimi due secoli sembra essere andata incontro ad un certo declino per la scomparsa di molti ambienti lacustri in seguito alle imponenti operazioni di bonifica che hanno interessato molte aree della Toscana. Distribuzione e tendenza della popolazione Specie ampiamente diffusa in Europa, ma presente, in Italia, soltanto nelle regioni centrosettentrionali. In Toscana, è nota per i laghi di Chiusi e di Montepulciano, per la Val di Chiana, per il Lago di Massaciuccoli (LU), per il Val d’Arno medio-inferiore (FI, PO) e per il Padule di Fucecchio (FI-PT). Una volta molto diffusa nelle aree umide della Versilia e del Valdarno superiore, come attestano le numerose segnalazioni in letteratura storica, nel corso degli ultimi due secoli si è molto rarefatta per perdita di habitat a causa delle opere di bonifica. Tendenza delle popolazioni toscane sconosciuta. Ecologia Viviparus contectus è tipico di acque lentiche (laghi, stagni, paludi e acque debolmente correnti); vive sul fondale e sulla vegetazione acquatica sommersa. Cause di minaccia La principale minaccia alla sopravvivenza di Viviparus contectus è rappresentata dalla distruzione ed dalla alterazione dell’habitat (bonifica di zone umide; prelievo idrico indiscriminato; inquinamento). Il prelievo di esemplari a fini scientifici o collezionistici dovrebbe avere un impatto trascurabile sulle popolazioni. Misure per la conservazione Protezione assoluta dei biotopi lacustri toscani e, al limite, ricostruzione di habitat. Alcune popolazioni conosciute si trovano all’interno di aree protette (PR di Migliarino, San Rossore e Massaciuccoli, RNP del Lago di Montepulciano, RNP del Padule di Fucecchio, ANPIL Lago di Chiusi). Bibliografia ragionata Giusti et al. (1993) e Favilli et al. (1999) segnalano la specie per il laghi di Chiusi e Montepulciano. Segnalazioni presenti nell’archivio 28 Piano di Gestione delle Acque del distretto idrografico del fiume Serchio 79 Integrazioni – Documento 1 Palaemonetes antennarius (H. Milne Edwards, 1837) Potamon fluviatile (Herbst, 1785) Austropotamobius pallipes (Lereboullet, 1858) III SIR Status in Toscana Status in Italia L.R. 56/00 Conv. Berna Nome scientifico Dir. 92/43/CEE CROSTACEI: SPECIE IN LISTE D’ATTENZIONE A DD 25 V A VU 27 II, V A EN 28 VU Gambero di fiume Austropotamobius pallipes (Lereboullet, 1858) Codice Fauna d’Italia 051.0.001.0 Codice Natura 2000 1092 Ordine Decapodi Famiglia Astacidi Categoria UICN In pericolo Status in Toscana In pericolo Livello di rarità Regionale Allegati Direttiva Habitat II e V Riassunto In Toscana la specie presenta una distribuzione discontinua ed è ad alto rischio di estinzione. La sopravvivenza della specie è potenzialmente minacciata da vari fattori, quali la pesca non controllata degli individui, la distruzione e modifica degli habitat - causata per esempio dalle escavazioni e costruzione di dighe -, l’attacco da parte di un fungo parassita, l’invasione degli habitat da parte di specie non indigene e l’inquinamento. Distribuzione e tendenza della popolazione La specie vive in tutta l’Italia centromeridionale, anche se sempre più confinata a specifiche aree. In Toscana è presente in tutta la regione con distribuzione discontinua ed è in progressiva diminuzione, in parte soppiantato da una specie non indigena, Procambarus clarkii, proveniente da allevamenti privati. Le possibili cause della rarefazione sono sia le raccolte indiscriminate a scopi alimentari, sia l’inquinamento, e principalmente di quello dovuto ai pesticidi, l’alterazione dei corsi d’acqua e l’azione di alcuni micromiceti parassiti. Ecologia Il gambero di fiume vive tra le pietre dei fiumi a carattere torrentizio, limpidi e ben ossigenati, ma anche in fossi fangosi a corrente lenta, in acque stagnanti e ruscelli in zone di collina e media montagna, purché non inquinati, con argini ricchi di vegetazione. Scava tane sotto i sassi sommersi o gallerie sulle sponde fangose, dove trascorre il giorno per uscire all’imbrunire alla ricerca di cibo: è attivo infatti nelle ore del crepuscolo e dell’alba, mentre trascorre la maggior parte del tempo nella tana. Si nutre principalmente di detriti vegetali, larve di insetti, pulci d’acqua, altri gamberetti, chioccioline d’acqua, lombrichi, sanguisughe, girini, piccoli pesci e resti di animali morti. Un gambero di fiume può vivere fino a 20 anni. Cause di minaccia Progressiva rarefazione degli ambienti di vita a causa dell’inquinamento da pesticidi (in special modo di insetticidi a base di piretro) e dell’alterazione dei corsi d’acqua. Pesca incontrollata della specie a scopi alimentari. Attacchi da parte del fungo parassita Aphanomices astaci, portato dai gamberi nordamericani che hanno colonizzato gli stessi ambienti di Austropotamobius pallipes. Competizione diretta per il cibo e per l’habitat con gamberi non indigeni (Procambarus clarkii). Misure per la conservazione Evitare la distruzione degli ambienti di vita della specie. Proibizione e/o regolamentazione della raccolta a scopi alimentari. Piano di Gestione delle Acque del distretto idrografico del fiume Serchio 80 Integrazioni – Documento 1 Regolamentazione degli allevamenti di specie non indigene, in modo da tenere sotto controllo la loro diffusione. Bibliografia ragionata Le informazioni disponibili su distribuzione, biologia e status della specie in Toscana si trovano in: Giusti F., Favilli L., Manganelli G. (1993) La Fauna (pp. 343-439). In: Giusti F. (Ed.). La storia naturale della Toscana meridionale Silvana - Pizzi Ed., Cinisello Balsamo (MI). Gherardi F., Barbaresi S., Raddi A., Salvi G. (1998) Rapporto tecnico alla Provincia di Firenze per il Progetto "Distribuzione e struttura di popolazione in macrodecapodi dulcacquicoli della provincia di Firenze", pp. 1-33. Dipartimento di Biologia Animale e Genetica dell'Università degli Studi di Firenze. Gherardi F., S. Barbaresi & G. Salvi, (2000) Spatial and temporal patterns in the movement of the red swamp crayfish, Procambarus clarkii, an invasive crayfish. Aquatic Sciences 62: 179-193. Gherardi F., 2000. Are non-indigenous species 'ecological malignancies'? Ethology Ecology & Evolution 12: 323-325. Gherardi F. Barbaresi S., Vaselli A. & Bencini A. (2002) Trace metal accumulations in freshwater macro-decapods: a comparison between indigenous and alien species. Marine and Freshwater Behaviour and Physiology 35: 179-188. Segnalazioni presenti nell’archivio 61 Piano di Gestione delle Acque del distretto idrografico del fiume Serchio 81 Integrazioni – Documento 1 SIR Status Toscana Status in Italia L.R. 56/00 Conv. Berna Nome scientifico Dir. 92/43/CEE INSETTI: SPECIE IN LISTE D’ATTENZIONE Agabus striolatus (Gyllenhal, 1808) A, B CR Bidessus pumilus (Aubé, 1836) A CR 62 17, 62 Boyeria irene (Fonscolombe, 1838) A VU 27 27 Carabus granulatus interstitialis (Duftschmidt) A DD Coenonympha dorus aquilonia Higgins, 1968 A,B CR 23, 16, 17, 21 Deronectes fairmairei (Leprieur, 1859) A DD 23 Duvalius andreinii (Gestro, 1907) A,B LR 11 Duvalius apuanus apuanus (Dodero, 1917) A,B LR 18, 16, 17, 21, 22, 18, 20 Duvalius brucki brucki (Piccioli, 1870) A,B LR 14, 15 Duvalius brucki magrinii (Magrini, 1976) A,B LR 15 Duvalius casellii briani (Mancini, 1912) A,B LR 21, 22, 18 Duvalius casellii carrarae Jeannel, 1928 A,B LR 16, 18, 21, 23 Duvalius guareschi montemurroi Vanni & Magrini, 1986 A,B LR 11 Duvalius iolandae Magrini & Vanni A,B DD 16 A,B LR 9, 11, 12, 13, 14, 15, 16, 17, 18, 21, 21, 22, 23 Gnorimus nobilis (Linnaeus, 1758) A LR 15, 30 Graphoderus austriacus (Sturm, 1834) A VU 61, 62 Gyrinus paykulli Ochs A VU 62 Hydroporus gridellii Focarile, 1960 A DD 61 Euplagia [=Callimorpha] quadripunctaria Poda, 1761 II II* Hygrobia tarda (Herbst) A VU 62 Hygrotus decoratus (Gyllenhal, 1810) A VU 62, 61 Hyphydrus anatolicus Guignot, 1957 A VU 61 Laelia coenosa (Hübner, [1808]) A VU 25 Lathrobium andreinii Schatzmayr & Koch, 1934 A VU 21 Lathrobium straneoi Schatzmayr & Koch, 1934 A DD 17, 21, 22, 23 Lindenia tetraphylla (Van der Linden, 1825) II II, IV A VU 25 Lycaena dispar (Haworth, 1803) II II, IV A VU 25 16, 21 LR Oreina elongata zangherii Daccordi & Ruffo, 1986 A DD Oreina elongata zoiai Daccordi & Ruffo, 1986 A DD 16, 21, 22 Oreina speciosissima solarii Daccordi & Ruffo A DD 33 A EN 16, 21 A DD 22, 28, 29, 30 Parnassius mnemosyne (Linnaeus, 1758) II IV Plateumaris sericea L. Rhantus suturellus (Harris) A CR 62 Rhythrodytes sexguttatus (Aubé, 1836) A DD 22 Stenopelmus rufinasus i(Gyllenhal) A VU 25 Stenus bordonii Puthz, 1974 A LR 21, 22, 23 Stomis roccai mancinii Schatzmayr, 1925 A,B VU 16, 18, 22, 21, 23 Timarcha apuana Daccordi & Ruffo, 1990 A,B VU 23, 22, 17, 16, 21,18 Trithemis annulata (Palisot de Beauvas, 1805) A,B VU 25 A VU 14 Zerynthia polixena (Denis et Schiffermuller) II IV Agabus striolatus (Gyllenhal) Codice Fauna d’Italia Ordine Coleotteri Famiglia Ditiscidi Categoria UICN Piano di Gestione delle Acque del distretto idrografico del fiume Serchio 82 Integrazioni – Documento 1 Status in Toscana in pericolo critico Livello di Rarità regionale Distribuzione e tendenza della popolazione La specie è presente nell’Europa settentrionale e centrale. Per quanto riguarda l’Italia, che costituisce il suo limite meridionale, è segnalata soltanto in Toscana, dove risulta raccolta in una sola località, San Rossore, e una sola volta, nel 1981. La tendenza della popolazione è ignota. Ecologia Le larve e gli adulti, adattati alla vita acquatica, sono carnivori e vivono in stagni torbosi e in paludi di foresta con acque preferibilmente fredde Cause di minaccia Il grado di minaccia è notevolmente elevato per il fatto stesso che se, come sembra, San Rossore rappresenta l’unica stazione italiana, un’eventuale alterazione del biotopo comporterebbe la scomparsa della specie dal territorio nazionale. Misure per la conservazione Salvaguardia degli ambienti umidi Bibliografia ragionata Informazioni sulla specie sono presenti in Franciscolo (1979) e nel Libro Rosso degli insetti della Toscana (Sforzi e Bartolozzi eds, 2001) Bidessus pumilus (Aubé) Codice Fauna d’Italia Ordine Coleotteri Famiglia Carabidi Categoria UICN Status in Toscana in pericolo critico Livello di Rarità regionale Distribuzione e tendenza della popolazione La specie è presente nell’Europa mediterranea centro-occidentale. In Italia è segnalata in diverse regioni della penisola, nonché in Sardegna. Per quanto riguardala Tiscana si conoscono soltanto poche località (Gombo e S. Giovanni alla Vena entrambe in Provincia di Pisa); tali segnalazioni, tuttavia, sono basate su reperti molto vecchi. La tendenza della popolazione è ignota. Ecologia La larve e gli adulti, adattati alla vita acquatca, sono carnivori e vivono prevalentemente in pozze o stagni, sia con acque dolci che salmastre, quasi sempre a bassa quota. Cause di minaccia La minaccia è rappresentata dall’inquinamento delle acque e da qualsiasi fattore che possa alterare i biotopi adatti alla vita di questa specie, che potrebbe, peraltro, già essere estinta in Toscana. Misure per la conservazione Salvaguardia delle zone umide Bibliografia ragionata Informazioni sulla specie sono presenti in Franciscolo (1979) e nel Libro Rosso degli insetti della Toscana (Sforzi e Bartolozzi eds, 2001), nel testo di Rocchi. Carabus granulatus interstitialis (Duftschmidt) Codice Fauna d’Italia 044.014.0.001.1 Ordine Coleotteri Piano di Gestione delle Acque del distretto idrografico del fiume Serchio 83 Integrazioni – Documento 1 Famiglia Carabidi Categoria UICN Status in Toscana a più basso rischio Livello di Rarità regionale Riassunto In Toscana la sottospecie è nota in molte aree umide. Le conoscenze sulla consistenza e sulla tendenza delle popolazioni sono incomplete. La specie è legata agli ambienti boschivi umidi e paludosi. Fra le cause di minaccia la distruzione degli ambienti di vita, causata da bonifica di zone umide, riempimento di specchi e corsi d’acqua, gestione della vegetazione acquatica e riparia, inquinamento dell’acqua. Distribuzione e tendenza della popolazione Carabus granulatus è una specie a distribuzione euroasiatica, diffusa in tutta Europa (comprese le isole britanniche) fino alla Siberia e al Giappone. In Italia la sottospecie interstitialis è presente fino alla Puglia e alla Lucania. In Toscana la sottospecie è nota in molte aree umide. Le conoscenze sulla consistenza e sulla tendenza delle popolazioni sono incomplete. Ecologia La specie è legata agli ambienti boschivi umidi e paludosi. Come tutti i carabidi è un predatore di altri invertebrati. Cause di minaccia Fra le cause di minaccia la distruzione degli ambienti di vita, causata da bonifica di zone umide, riempimento di specchi e corsi d’acqua, gestione della vegetazione acquatica e riparia, inquinamento dell’acqua. Misure per la conservazione Salvaguardia degli ambienti umidi dalle cause di minaccia elencate sopra. Bibliografia ragionata Le informazioni disponibili sulla distribuzione della specie in Toscana si trovano in Magistretti (1965); note sulla distribuzione e sulla biologia in Bruno (1973) e Bordoni (1995). Segnalazioni presenti nell'archivio 17 Coenonympha dorus aquilonia (Higgins) Codice Fauna d’Italia 089.075.0.004.1 Categoria UICN Status in Toscana in pericolo in modo critico Livello di Rarità regionale Allegati Direttiva Habitat Riassunto In Toscana la specie è presente con popolazioni localizzate sulle Alpi Apuane. La consistenza delle popolazioni è limitata. La specie vive in ambienti rocciosi e aridi dalla basse altitudini fino ai 1500 metri e oltre. La specie è a rischio di estinzione a causa di incendi, pascolo, fuoristrada, percorsi e attività escursionistiche, cave. Distribuzione e tendenza della popolazione La specie nominale è distribuita in Nord Africa e Europa sud-occidentale. La sottospecie aquilonia è esclusiva dell’Italia centrale (Marche, Abruzzi, Toscana). In Toscana la specie è presente con popolazioni localizzate sulle Alpi Apuane. La consistenza delle popolazioni è limitata e la tendenza è a rischio di estinzione nel caso di alterazioni ambientali. Ecologia La specie vive in ambienti rocciosi e aridi dalla basse altitudini fino ai 1500 metri e oltre. Le piante nutrici della larva non sono note. Cause di minaccia La specie è a rischio di estinzione a causa di incendi, pascolo, fuoristrada, percorsi e attività escursionistiche, cave. Piano di Gestione delle Acque del distretto idrografico del fiume Serchio 84 Integrazioni – Documento 1 Misure per la conservazione Protezione e conservazione degli ambienti di vita. Duvalius apuanus apuanus (Dodero) Codice Fauna d’Italia 044.134.0.049.1 Ordine Coleotteri Famiglia Carabidi Categoria UICN Status in Toscana a più basso rischio Livello di Rarità assoluta Allegati Direttiva Habitat Riassunto La specie è endemica della Toscana, dove si rinviene esclusivamente in alcune grotte delle Alpi Apuane meridionali, a sud del Monte Altissimo e del torrente Turrite Secca, tutte in provincia di Lucca. La specie vive nelle grotte ed è priva di occhi e ali. Le cause di minaccia sono: cave e miniere, l’inquinamento delle acque e del suolo, la speleologia con conseguenti alterazioni del delicato equilibrio degli ambienti sotterranei. Le specie appartenenti al genere Duvalius sono anche fortemente soggette a prelievo a fini collezionistici. Distribuzione e tendenza della popolazione La specie è endemica della Toscana, dove si rinviene esclusivamente in alcune grotte delle Alpi Apuane meridionali, a sud del Monte Altissimo e del torrente Turrite Secca, tutte in provincia di Lucca. Il livello di conoscenza di questa specie è buono. La tendenza della popolazione è stabile salvo modificazioni ambientali o prelievo per collezionismo. Ecologia La specie vive nelle grotte ed è priva di occhi e ali. Vivendo in un ambiente sotterraneo, la cuticola risulta depigmentata. Vive come predatrice di altri invertebrati all’interno di grotte e cavità naturali. Duvalius brucki brucki (Piccioli) Codice Fauna d’Italia 044.134.0.051.1 Ordine Coleotteri Famiglia Carabidi Categoria UICN Status in Toscana a più basso rischio Livello di Rarità assoluta Allegati Direttiva Habitat Riassunto La specie, nel suo complesso, è presente nella bassa Garfagnana e nella media Val di Lima. Questa sottospecie è nota di varie cavità, tutte localizzate nei comuni di Bagni di Lucca e San Marcello Pistoiese. La specie è priva di occhi e ali. Le cause di minaccia sono: cave e miniere, l’inquinamento delle acque e del suolo, la speleologia con conseguenti alterazioni del delicato equilibrio degli ambienti sotterranei. Le specie appartenenti al genere Duvalius sono anche fortemente soggette a prelievo a fini collezionistici. Distribuzione e tendenza della popolazione La specie, nel suo complesso, è presente nella bassa Garfagnana e nella media Val di Lima. Questa sottospecie è nota di varie cavità, tutte localizzate nei comuni di Bagni di Lucca e San Marcello Pistoiese. Il livello di conoscenza di questa specie è buono. La tendenza della popolazione è stabile salvo modificazioni ambientali o prelievo per collezionismo. Ecologia La sottospecie vive nelle grotte ed è priva di occhi e ali. Vivendo in un ambiente sotterraneo, la cuticola risulta depigmentata. Vive come predatrice di altri invertebrati all’interno di grotte e cavità naturali. Cause di minaccia Piano di Gestione delle Acque del distretto idrografico del fiume Serchio 85 Integrazioni – Documento 1 Le grotte sono ambienti particolarmente sensibili alle modificazioni ambientali causate dall’uomo come la presenza di cave e miniere, l’inquinamento delle acque e del suolo, la speleologia con conseguenti alterazioni del delicato equilibrio degli ambienti sotterranei. Le specie appartenenti al genere Duvalius sono anche fortemente soggette a prelievo a fini collezionistici. Misure per la conservazione Protezione degli ambienti sotterranei, controllo e limitazione delle attività speleologiche, divieto o limitazione del prelievo a fini collezionistici. Bibliografia ragionata Informazioni sulla distribuzione della specie si trovano in Vanni (1988) e Magrini (1997). Notizie sulla biologia si trovano in Jeannel (1928). Alcune osservazioni ecologiche si trovano in Vanni e Magrini (1986). Segnalazioni presenti nell’archivio 11 Duvalius brucki maginii Magrini Codice Fauna d’Italia 044.134.0.051.2 Ordine Coleotteri Famiglia Carabidi Categoria UICN Status in Toscana a più basso rischio Livello di Rarità assoluta Allegati Direttiva Habitat Riassunto La specie, nel suo complesso, è presente nella bassa Garfagnana e nella media Val di Lima. Questa sottospecie ha una distribuzione più settentrionale della forma tipica e si ritrova, in grotta, presso l’Orrido di Botri e sul Monte Uccelliera (LU). La specie è priva di occhi e ali. Le cause di minaccia sono: cave e miniere, l’inquinamento delle acque e del suolo, la speleologia con conseguenti alterazioni del delicato equilibrio degli ambienti sotterranei. Le specie appartenenti al genere Duvalius sono anche fortemente soggette a prelievo a fini collezionistici. Distribuzione e tendenza della popolazione La specie, nel suo complesso, è presente nella bassa Garfagnana e nella media Val di Lima. Questa sottospecie ha una distribuzione più settentrionale della forma tipica e si ritrova, in grotta, presso l’Orrido di Botri e sul Monte Uccelliera (LU). La tendenza della popolazione è stabile salvo modificazioni ambientali o prelievo per collezionismo. Ecologia La sottospecie vive nelle grotte ed è priva di occhi e ali. Vivendo in un ambiente sotterraneo, la cuticola risulta depigmentata. Vive come predatrice di altri invertebrati all’interno di grotte e cavità naturali. Cause di minaccia Le grotte sono ambienti particolarmente sensibili alle modificazioni ambientali causate dall’uomo come la presenza di cave e miniere, l’inquinamento delle acque e del suolo, la speleologia con conseguenti alterazioni del delicato equilibrio degli ambienti sotterranei. Le specie appartenenti al genere Duvalius sono anche fortemente soggette a prelievo a fini collezionistici. Misure per la conservazione Protezione degli ambienti sotterranei, controllo e limitazione delle attività speleologiche, divieto o limitazione del prelievo a fini collezionistici. Bibliografia ragionata Informazioni sulla distribuzione della specie si trovano in Magrini (1976), Vanni (1988) e Magrini (1997). Notizie sulla biologia si trovano in Jeannel (1928). Non ci sono pubblicazioni recenti sull’ecologia della specie. Segnalazioni presenti nell’archivio 3 Piano di Gestione delle Acque del distretto idrografico del fiume Serchio 86 Integrazioni – Documento 1 Duvalius casellii briani (Mancini) Codice Fauna d’Italia 044.134.0.021.4 Categoria UICN Status in Toscana a più basso rischio Livello di Rarità assoluta Allegati Direttiva Habitat Riassunto La specie si rinviene in Liguria e Toscana; la sottospecie briani è endemica della Toscana e si ritrova in grotte delle Alpi Apuane centrali e meridionali in provincia di Lucca. La specie vive nelle grotte ed è priva di occhi e ali. Le cause di minaccia sono: cave e miniere, l’inquinamento delle acque e del suolo, la speleologia con conseguenti alterazioni del delicato equilibrio degli ambienti sotterranei. Le specie appartenenti al genere Duvalius sono anche fortemente soggette a prelievo a fini collezionistici. Distribuzione e tendenza della popolazione La specie si rinviene in Liguria e Toscana; la sottospecie briani è endemica della Toscana e si ritrova in grotte delle Alpi Apuane centrali e meridionali in provincia di Lucca. Il livello di conoscenza di questa specie è buono. La tendenza della popolazione è stabile salvo modificazioni ambientali o prelievo per collezionismo. Ecologia La specie vive nelle grotte ed è priva di occhi e ali. Vivendo in un ambiente sotterraneo, la cuticola risulta depigmentata. Vive come predatrice di altri invertebrati all’interno di grotte e cavità naturali. Duvalius casellii carrarae Jeannel Codice Fauna d’Italia 044.134.0.021.5 Categoria UICN Ordine Coleotteri Famiglia Carabidi Status in Toscana a più basso rischio Livello di Rarità assoluta Allegati Direttiva Habitat Riassunto La specie si rinviene in Liguria e Toscana; la sottospecie carrarae è endemica della Toscana e si ritrova in grotte delle Alpi Apuane settentrionali e nord-occidentali in provincia di Massa. La specie vive nelle grotte ed è priva di occhi e ali. Le cause di minaccia sono: cave e miniere, l’inquinamento delle acque e del suolo, la speleologia con conseguenti alterazioni del delicato equilibrio degli ambienti sotterranei. Le specie appartenenti al genere Duvalius sono anche fortemente soggette a prelievo a fini collezionistici. Distribuzione e tendenza della popolazione La specie si rinviene in Liguria e Toscana; la sottospecie carrarae è endemica della Toscana e si ritrova in grotte delle Alpi Apuane settentrionali e nord-occidentali in provincia di Massa Carrara. Il livello di conoscenza di questa specie è buono. La tendenza della popolazione è stabile salvo modificazioni ambientali o prelievo per collezionismo. Ecologia La specie vive nelle grotte ed è priva di occhi e ali. Vivendo in un ambiente sotterraneo, la cuticola risulta depigmentata. Vive come predatrice di altri invertebrati all’interno di grotte e cavità naturali. Euplagia [=Callimorpha] quadripunctaria (Poda) Codice Fauna d’Italia 091.067.0.001.0 Ordine Lepidotteri Famiglia Arctidi Categoria UICN Status in Toscana a più basso rischio Livello di Rarità regionale Allegati Direttiva Habitat II* Piano di Gestione delle Acque del distretto idrografico del fiume Serchio 87 Integrazioni – Documento 1 Riassunto La specie è comune e diffusa in tutta Italia, dalla pianura alla montagna, soprattutto nelle parti più calde di certe vallate. I bruchi sono polifagi cioè si nutrono di varie piante. La specie è ad ampia valenza ecologica per cui non necessita particolari misure di conservazione. Distribuzione e tendenza della popolazione La specie vive in tutta Europa esclusa la parte più settentrionale. E’ presente anche a Rodi, in Russia, in Caucaso, in Asia Minore, in Siria e in Iran. E’ comune e diffusa in tutta Italia, dalla pianura alla montagna, soprattutto nelle parti più calde di certe vallate. Manca in Sardegna. Il livello delle conoscenze sulla distribuzione delle popolazioni toscane si può considerare buono. La discontinuità della distribuzione è probabilmente imputabile alla mancanza di dati di cattura recenti. La tendenza della popolazione può considerarsi stabile. Ecologia La specie vive in zone aperte dalla pianura alla montagna. Predilige le radure di boscaglie aride e calde. I bruchi sono polifagi cioè si nutrono di varie piante. Presenta una sola generazione annuale e gli adulti appaiono da metà luglio a ottobre. E’ facile osservare l’adulto sui fiori di Eupatorium cannabinum L. Cause di minaccia Fra le potenziali cause di minaccia si possono considerare l’inquinamento dell’aria e del suolo e l’uso di pesticidi. Misure per la conservazione La specie è ad ampia valenza ecologica per cui non necessita particolari misure di conservazione. Bibliografia ragionata Informazioni sulla biologia e distribuzione della specie si trovano in Bertaccini et al. (1994) Segnalazioni presenti nell’archivio 50 Gnorimus nobilis (Linnaeus) Codice Fauna d’Italia 050.134.0.002.0 Ordine Coleotteri Famiglia Cetonidi Categoria UICN Status in Toscana a più basso rischio Livello di Rarità regionale Allegati Direttiva Habitat Riassunto Specie europea centro-meridionale, complessivamente rara e localizzata, presente in Toscana in poche stazioni boschive in provincia di Arezzo, Lucca e Pistoia; la tendenza di tali popolazioni è sconosciuta. Attiva durante il periodo primaverile-estivo, diurna, fitofaga e prevalentemente floricola. Distribuzione e tendenza della popolazione Specie europea centro-meridionale (presente anche in Anatolia), in Italia distribuita in quasi tutta la Penisola (a Sud sino alla Calabria), ma complessivamente rara e localizzata; in Toscana è nota in poche stazioni in provincia di Lucca, Arezzo e Pistoia. Il livello di conoscenze sulla tendenza di tali popolazioni deve essere considerato insufficiente. Ecologia Specie legata agli ambienti boschivi aperti e soleggiati; attiva nel periodo tardo-primaverile ed estivo, diurna. Gli adulti sono fitofagi e si rinvengono in particolare su fiori di ombrellifere e rosacee; le femmine depongono le uova nel rosume o nelle radici di vecchi tronchi, in particolare di faggi, ma anche salici, robinie e alberi da frutto. Cause di minaccia La rimozione di piante morte o morienti e la pulizia del sottobosco possono costituire fattori limitanti alla sopravvivenza della specie. Misure per la conservazione Mantenimento del grado di naturalità degli ambienti boschivi dove è presente la specie. Piano di Gestione delle Acque del distretto idrografico del fiume Serchio 88 Integrazioni – Documento 1 Bibliografia ragionata Notizie generiche relative alla distribuzione della specie sono fornite da Baraud (1992). Segnalazioni presenti nell’archivio 6 Gyrinus paykulli Ochs, 1927 Codice Fauna d’Italia 045.010.0.006.0 Ordine Coleotteri Famiglia Girinidi Categoria UICN Status in Toscana vulnerabile Livello di Rarità relativa Allegati Direttiva Habitat Riassunto La specie è presente in Europa e in Siberia, risultando molto localizzata ai limiti meridionali del suo areale. Per la Toscana abbiamo soltanto segnalazioni anteriori al 1960. Le larve e gli adulti, adattati alla vita acquatica, sono carnivori; gli adulti nuotano sulle superficie dell’acqua. Le cause di minaccia sono rappresentate dall’inquinamento o dalla distruzione dei biotopi adatti alla vita di questa specie, che potrebbe anche già essere estinta dalla Toscana. Distribuzione e tendenza della popolazione La specie è presente in Europa e in Siberia, risultando molto localizzata ai limiti meridionali del suo areale. In Italia è nota con certezza in alcune località nord-orientali, nonché di qualche altra località delle regioni centrali. Per la Toscana abbiamo soltanto segnalazioni anteriori al 1960. La tendenza delle popolazioni è sconosciuta, ma lo status viene considerato vulnerabile data la fragilità degli ecosistemi in cui vive. Ecologia Le larve e gli adulti, adattati alla vita acquatica, sono carnivori; gli adulti nuotano sulle superficie dell’acqua. Cause di minaccia La minaccia è rappresentata dall’inquinamento o dalla distruzione dei biotopi adatti alla vita di questa specie, che potrebbe anche già essere estinta dalla Toscana. Misure per la conservazione Salvaguardia degli ambienti di vita dalle cause di minaccia sopra elencate. Bibliografia ragionata Le uniche informazioni disponibili sulla distribuzione della specie si trovano in Franciscolo, 1979. Segnalazioni presenti nell’archivio 5 Hygrobia tarda (Herbst) Codice Fauna d’Italia 045.007.0.001.0 Ordine Coleotteri Famiglia Igrobiidi Categoria UICN Status in Toscana vulnerabile Livello di Rarità regionale Allegati Direttiva Habitat Riassunto In Toscana la specie è stata segnalata in alcune località, fra cui l’Isola di Capraia. La specie vive in stagni, laghetti, paludi a fondo argilloso; è rara e localizzata ovunque. Le larve e gli adulti si nutrono di oligocheti del genere Tubifex. Le cause di minaccia sono essenzialmente l’inquinamento delle acque, le bonifiche delle zone umide, una scorretta gestione del livello idrometrico, l’uso dei pesticidi. Piano di Gestione delle Acque del distretto idrografico del fiume Serchio 89 Integrazioni – Documento 1 Distribuzione e tendenza della popolazione La specie è distribuita in tutta l’Europa esclusa la Scandinavia, e nel Nord Africa. E’ citata di tutta Italia comprese le isole, ad esclusione di Trentino Alto Adige e Lazio. Per la Toscana è stata segnalata in varie località, fra cui l’Isola di Capraia. Il livello delle conoscenze sulla distribuzione si può considerare buono. La tendenza delle popolazioni è sconosciuta, ma lo status viene considerato vulnerabile data la fragilità degli ecosistemi in cui vive. Ecologia E’ una specie che vive in stagni, laghetti, paludi a fondo argilloso; è rara e localizzata ovunque. Le larve e gli adulti si nutrono di oligocheti del genere Tubifex. Cause di minaccia Le cause di minaccia sono essenzialmente l’inquinamento delle acque, le bonifiche delle zone umide, una scorretta gestione del livello idrometrico, l’uso dei pesticidi. Misure per la conservazione Salvaguardia della qualità delle acque; corretta gestione delle aree umide e dei torrenti. Bibliografia ragionata Le informazioni disponibili sulla biologia della specie si trovano in Balfour-Browne (1922) e Franciscolo (1979); informazioni sulla distribuzione in Toscana si trovano in Rocchi (1991) e Bordoni (1995). Segnalazioni presenti nell’archivio 9 Hygrotus decoratus (Gyllenhal) Codice Fauna d'Italia 045.019.0.001.0 Classe Insetti Ordine Coleotteri Famiglia Ditiscidi Categoria UICN Status in Toscana vulnerabile Livello di Rarità regionale Allegati Direttiva Habitat Riassunto In Italia è presente in alcune regioni settentrionali, nonché in Toscana, Umbria e Lazio. Per quanto riguarda la Toscana, la specie risulta localizzata in alcune stazioni intorno a Pisa e al Lago di Sibolla. Vive in acquitrini e in pozze di acqua stagnante. Le larve e gli adulti, adattati alla vita acquatica, sono carnivori. Distribuzione e tendenza della popolazione E' una specie a distribuzione tipicamente europea. In Italia è presente in alcune regioni settentrionali, nonché in Toscana, Umbria e Lazio. Per quanto riguarda la Toscana, la specie risulta localizzata in alcune stazioni intorno a Pisa e al Lago di Sibolla. Ecologia: Vive in acquitrini e in pozze di acqua stagnante. Le larve e gli adulti, adattati alla vita acquatica, sono carnivori. Cause di minaccia La minaccia è rappresentata dall’inquinamento delle acque, da opere di bonifica di zone umide e da qualsiasi intervento che possa alterare l’ambiente dove la specie vive. Misure per la conservazione: Salvaguardia degli ambienti umidi. Bibliografia ragionata Informazioni sulla distribuzione della specie sono fornite da Franciscolo (1979). Segnalazioni presenti nell'archivio: 6 Piano di Gestione delle Acque del distretto idrografico del fiume Serchio 90 Integrazioni – Documento 1 Lathrobium andreinii Schatz. & Koch Codice Fauna d’Italia 048.099.0.002.0 Ordine Coleotteri Famiglia Stafilinidi Categoria UICN Status in Toscana vulnerabile Livello di Rarità assoluta Allegati Direttiva Habitat Riassunto La specie è endemica italiana, nota unicamente in Toscana, dove si rinviene solo sulle Alpi Apuane nelle province di Lucca e Pistoia. La specie, anoftalma e attera, vive nel terreno ed è stata raccolta vagliando il terriccio prelevato sotto pietre infossate in aree per lo più montane. La specie è stata tuttavia rinvenuta anche a bassa quota (70-100 m). Fra le cause di minaccia si possono annoverare l’inquinamento del suolo, l’apertura di cave o miniere. Distribuzione e tendenza della popolazione La specie è endemica italiana, nota unicamente in Toscana, dove si rinviene solo sulle Alpi Apuane nelle province di Lucca e Pistoia. Il livello delle conoscenze sulla distribuzione si può considerare mediocre. La tendenza delle popolazioni è sconosciuta. Ecologia La specie, anoftalma e attera, vive nel terreno ed è stata raccolta vagliando il terriccio prelevato sotto pietre infossate in aree per lo più montane. La specie è stata tuttavia rinvenuta anche a bassa quota (70-100 m). Cause di minaccia Fra le cause di minaccia si possono annoverare l’inquinamento del suolo, l’apertura di cave o miniere. Misure per la conservazione Salvaguardia degli ambienti di vita dalle cause di minaccia sopra elencate. Bibliografia ragionata Le informazioni disponibili sulla distribuzione della specie si trovano in Bordoni (1972; 1984; 1996). Non ci sono pubblicazioni sulla sua ecologia. Segnalazioni presenti nell’archivio 7 Lathrobium straneoi Schatz. & Koch Codice Fauna d’Italia 048.099.0.040.0 Categoria UICN Status in Toscana carenza di informazioni Livello di Rarità assoluta Allegati Direttiva Habitat Riassunto La specie è endemica italiana, nota unicamente in Toscana, dove si rinviene solo sulle Alpi Apuane. La specie, anoftalma e attera, vive nel terreno e si rinviene vagliando il suolo sotto grosse pietre infossate. Fra le cause di minaccia si possono annoverare l’inquinamento del suolo, l’apertura di cave o miniere. Distribuzione e tendenza della popolazione La specie è endemica italiana, nota unicamente in Toscana, dove si rinviene solo sulle Alpi Apuane. Il livello delle conoscenze sulla distribuzione si può considerare scarso. La tendenza delle popolazioni è sconosciuta. Ecologia La specie, anoftalma e attera, vive nel terreno e si rinviene vagliando il suolo sotto grosse pietre infossate. Cause di minaccia Piano di Gestione delle Acque del distretto idrografico del fiume Serchio 91 Integrazioni – Documento 1 Fra le cause di minaccia si possono annoverare l’inquinamento del suolo, l’apertura di cave o miniere. Misure per la conservazione Salvaguardia degli ambienti di vita dalle cause di minaccia sopra elencate. Lycaena dispar (Haworth) Codice Fauna d’Italia 089.024.0.002.0 Ordine Lepidotteri Famiglia Licenidi Categoria UICN Status in Toscana vulnerabile Livello di Rarità regionale Allegati Direttiva Habitat Allegati II e IV Riassunto La specie è distribuita nell’Europa centro-meridionale fino alla Russia. In Italia sopravvive in popolazioni isolate nella Pianura Padana e in Toscana. In questa regione è presente in Versilia, nelle piane lucchese e pisana, nei Paduli di Fucecchio e Bientina e nella piana fiorentina. Si tratta di una specie tipica dei luoghi umidi acquitrinosi di pianura, vola nei prati e lungo i fossi alla ricerca delle piante ospiti, poligonacee del genere Rumex. Si tratta di una specie fortemente vulnerabile per l’estrema localizzazione delle popolazioni, situate in ambienti umidi, che subiscono spesso pesanti stravolgimenti a opera dell’uomo. In Europa si è rarefatta un po’ ovunque per la bonifica delle zone umide. Distribuzione e tendenza della popolazione La specie è distribuita nell’Europa centro-meridionale fino alla Russia. In Italia sopravvive in popolazioni isolate nella Pianura Padana e in Toscana. In questa regione è presente in Versilia, nelle piane lucchese e pisana, nei Paduli di Fucecchio e Bientina e nella piana fiorentina. Il livello di conoscenza sulla distribuzione è buono. La tendenza della popolazione è in diminuzione. Ecologia Si tratta di una specie tipica dei luoghi umidi acquitrinosi di pianura, vola nei prati e lungo i fossi alla ricerca delle piante ospiti, poligonacee del genere Rumex, sulla quale la femmina depone piccole uova bianche su entrambi i lati delle foglie. In Toscana sono state accertate tre generazioni: la prima da metà maggio ai primi di giugno, la seconda, scarsa, in luglio e la terza, che è la più abbondante, da fine agosto ai primi di ottobre. Sverna allo stadio larvale sulla pianta ospite. Cause di minaccia Si tratta di una specie fortemente vulnerabile per l’estrema localizzazione delle popolazioni, situate in ambienti umidi, che subiscono spesso pesanti stravolgimenti a opera dell’uomo. In Europa si è rarefatta un po’ ovunque per la bonifica delle zone umide. In molti paesi (come in Inghilterra) è praticamente scomparsa e se ne sta tentando la reintroduzione. Misure per la conservazione In alcuni casi la rarefazione è dovuta alla trasformazione delle zone umide in aree coltivate. Altrove è l’abbandono dei prati umidi a mettere a rischio l’esistenza della farfalla, infatti la crescita di rovi e di alte erbe soffoca lo sviluppo della pianta nutrice del bruco. Bibliografia ragionata Per informazioni sulla specie, può essere consultato il libro di Sforzi & Bartolozzi (2001). Segnalazioni presenti nell'archivio 44 Oreina elongata zangherii Daccordi & Ruffo Codice Fauna d’Italia 060.052.0.003.5 Categoria UICN Status in Toscana carenza di informazioni Livello di Rarità assoluta Piano di Gestione delle Acque del distretto idrografico del fiume Serchio 92 Integrazioni – Documento 1 Allegati Direttiva Habitat Riassunto La specie è endemica italiana, con diffusione discontinua alpino-appenninica. In Toscana la sottospecie zangherii è nota in due sole stazioni in provincia di Arezzo. La specie è fitofaga, vive nei boschi di montagna, legata a Composite dei generi Senecio e Adenostyles. Non si hanno notizie precise sull’ecologia della sottospecie in esame. Fra le cause di minaccia si possono considerare gli incendi e la pulizia del sottobosco. Distribuzione e tendenza della popolazione La specie è endemica italiana, con diffusione discontinua alpino-appenninica. In Toscana la sottospecie zangherii è nota in due sole stazioni in provincia di Arezzo. Il livello delle conoscenze sulla distribuzione si può considerare scarso. La tendenza delle popolazioni è sconosciuta. Ecologia La specie è fitofaga, vive nei boschi di montagna, legata a Composite dei generi Senecio e Adenostyles. Non si hanno notizie precise sull’ecologia della sottospecie in esame. Cause di minaccia Fra le cause di minaccia si possono annoverare gli incendi e la pulizia del sottobosco. Misure per la conservazione Salvaguardia degli ambienti di vita dalle cause di minaccia sopra elencate. Oreina elongata zoiai Daccordi e Ruffo Codice Fauna d’Italia 060.052.0.003.6 Categoria UICN Status in Toscana carenza di informazioni Livello di Rarità assoluta Allegati Direttiva Habitat Riassunto La specie è endemica italiana, con diffusione discontinua alpino-appenninica. In Toscana la sottospecie zoiai vive sulle Alpi Apuane in provincia di Lucca. La specie è fitofaga, vive nei boschi di montagna, legata a Composite dei generi Senecio e Adenostyles. Non si hanno notizie precise sull’ecologia della sottospecie in esame. Fra le cause di minaccia gli incendi e la pulizia del sottobosco. Distribuzione e tendenza della popolazione La specie è endemica italiana, con diffusione discontinua alpino-appenninica. In Toscana la sottospecie zoiai vive sulle Alpi Apuane in provincia di Lucca. Il livello delle conoscenze sulla distribuzione si può considerare scarso. La tendenza delle popolazioni è sconosciuta. Ecologia La specie è fitofaga, vive nei boschi di montagna, legata a Composite dei generi Senecio e Adenostyles. Non si hanno notizie precise sull’ecologia della sottospecie in esame. Cause di minaccia Fra le cause di minaccia si possono considerare gli incendi e la pulizia del sottobosco. Misure per la conservazione Salvaguardia degli ambienti di vita dalle cause di minaccia sopra elencate. Oreina speciosissima solarii Daccordi & Ruffo Codice Fauna d’Italia 060.052.0.004.2 Ordine Coleotteri Famiglia Crisomelidi Categoria UICN Piano di Gestione delle Acque del distretto idrografico del fiume Serchio 93 Integrazioni – Documento 1 Status in Toscana carenza di informazioni Livello di Rarità assoluta Allegati Direttiva Habitat Riassunto La specie è ampiamente diffusa in tutte le regioni montuose europee. La sottospecie solarii è endemica toscana, nota unicamente dell’Appennino pistoiese. La specie è fitofaga, vive nei boschi di montagna, legata a Composite dei generi Senecio e Adenostyles. Non si hanno notizie precise sull’ecologia della sottospecie in esame. Fra le cause di minaccia si possono annoverare gli incendi e la pulizia del sottobosco. Distribuzione e tendenza della popolazione La specie è ampiamente diffusa in tutte le regioni montuose europee. La sottospecie solarii è endemica toscana, nota unicamente dell’Appenino pistoiese. Il livello delle conoscenze sulla distribuzione si può considerare scarso. La tendenza delle popolazioni è sconosciuta. Ecologia La specie è fitofaga, vive nei boschi di montagna, legata a Composite dei generi Senecio e Adenostyles. Non si hanno notizie precise sull’ecologia della sottospecie in esame. Cause di minaccia Fra le cause di minaccia si possono annoverare gli incendi e la pulizia del sottobosco. Misure per la conservazione Salvaguardia degli ambienti di vita dalle cause di minaccia sopra elencate. Bibliografia ragionata Le informazioni disponibili sulla distribuzione della specie si trovano in Daccordi e Ruffo (1976); non ci sono lavori sulla biologia. Segnalazioni presenti nell’archivio 3 Parnassius mnemosyne (Linné) Codice Fauna d’Italia 089.014.0.002.0 Categoria UICN Status in Toscana in pericolo Livello di Rarità regionale Allegati Direttiva Habitat IV Riassunto La specie si trova in Toscana sulle Alpi Apuane e sull'Appennino lucchese e tosco-emiliano. La specie è localizzata e in diminuzione sulle Alpi Apuane e nelle aree montane della Provincia di Arezzo mentre è abbastanza frequente soprattutto nella zona dello spartiacque fra Casentino e Romagna. Questa specie è legata alle radure fresche di montagna, solitamente ai bordi di faggete. La specie è minacciata da diversi fattori come il pascolo eccessivo delle greggi che riducono la presenza delle piante nutrici dei bruchi, le cave di marmo che ne danneggiano l’habitat, il disturbo continuo cui è sottoposta la farfalla per la presenza di camping e il prelievo indiscriminato da parte dei collezionisti Distribuzione e tendenza della popolazione P. mnemosyne è presente dai Pirenei e dalla Francia centrale al Nord Europa giungendo ad est fino all’Iran, al Caucaso e all’Asia centrale. La specie è presente in tutta Italia inclusa la Sicilia, manca in Sardegna. In Toscana si trova sulle Alpi Apuane e sull'Appennino lucchese, tosco-emiliano e romagnolo. Il livello delle conoscenze sulla distribuzione delle popolazioni toscane di P. mnemosyne si può considerare buono. La specie è localizzata e in diminuzione sulle Alpi Apuane e nelle aree montane della Provincia di Arezzo mentre è abbastanza frequente soprattutto nella zona dello spartiacque fra Casentino e Romagna, da Poggio Scali a Prato alla Penna, sopra l'Eremo di Camaldoli. Ecologia Piano di Gestione delle Acque del distretto idrografico del fiume Serchio 94 Integrazioni – Documento 1 Questa specie è legata alle radure fresche di montagna, solitamente ai bordi di faggete, lungo torrenti e sentieri ombreggiati e nei pascoli con erbe alte. Nelle zone in cui convive con P. apollo predilige i versanti esposti a tramontana o per lo meno ombreggiati, freschi e umidi, al contrario P. apollo vive sulle pendici rivolte a mezzogiorno. Il bruco si nutre di Fumariaceae (Corydalis lutea, C. solida, C. cava). Ha un'unica generazione annuale da maggio ad agosto. Cause di minaccia Questa specie risulta assai localizzata nella zona delle Alpi Apuane dove la sua presenza è minacciata da diversi fattori come il pascolo eccessivo delle greggi che riducono la presenza delle piante nutrici dei bruchi, le cave di marmo che ne danneggiano l’habitat, il disturbo continuo cui è sottoposta la farfalla per la presenza di camping in diverse zone delle Apuane e dell'Appennino nel periodo estivo e il prelievo indiscriminato da parte dei collezionisti. Nella Provincia di Arezzo la specie è più abbondante anche se localizzata nelle radure fresche di montagna. In questi ambienti una causa di minaccia è costituita dai danni causati dalla selvaggina, in particolare il cinghiale, che con il suo calpestio provoca la distruzione dei prati dove crescono le pianti nutrici delle larve. Misure per la conservazione Evitare la distruzione degli ambienti di vita della specie causata da pascolo eccessivo, camping, attività turistiche. Plateumaris sericea Linné Codice Fauna d’Italia 060.007.0.004.0 Ordine Coleotteri Famiglia Crisomelidi Categoria UICN Status in Toscana carenza di informazioni Livello di Rarità regionale Allegati Direttiva Habitat Riassunto La specie in Toscana è nota solo in poche località in provincia di Pistoia e mancano segnalazioni recenti. La specie, fitofaga, vive in aree umide montane su Iris pseudacorus, ma gli adulti possono trovarsi anche su altre piante (in particolare Ciperacee). Fra le cause di minaccia si possono annoverare la bonifica delle zone umide e una scorretta gestione della vegetazione acquatica e riparia. Distribuzione e tendenza della popolazione La specie è diffusa in gran parte dell’Europa e il suo areale si estende fino alla Siberia e al Giappone. In Italia si rinviene nel nord della penisola, mentre nella regione appenninica la sua distribuzione è più discontinua; è assente in Puglia e nelle isole. In Toscana è nota solo in poche località in provincia di Pistoia e mancano segnalazioni recenti. Il livello delle conoscenze sulla distribuzione si può considerare scarso. La tendenza delle popolazioni è sconosciuta. Ecologia La specie, fitofaga, vive in aree umide montane su Iris pseudacorus, ma gli adulti possono trovarsi anche su altre piante (in particolare Ciperacee). Cause di minaccia Fra le cause di minaccia si possono annoverare la bonifica delle zone umide e una scorretta gestione della vegetazione acquatica e riparia. Misure per la conservazione Salvaguardia degli ambienti di vita dalle cause di minaccia sopra elencate. Bibliografia ragionata Le informazioni disponibili sulla distribuzione e sulla biologia della specie si trovano in Ruffo (1964). Segnalazioni presenti nell’archivio 2 Rhantus suturellus (Harris) Codice Fauna d’Italia 060.007.0.004.0 Piano di Gestione delle Acque del distretto idrografico del fiume Serchio 95 Integrazioni – Documento 1 Ordine Coleotteri Famiglia Ditiscidi Categoria UICN Status in Toscana in pericolo critico Livello di Rarità regionale Allegati Direttiva Habitat Distribuzione e tendenza della popolazione La specie è presente nell’Europa centro- settentrionale, più sporadicamente in quella meridionale, nonché in Siberia e Nord America. Per quanto riguarda l’Italia, risyulta nota con certezza soltanto per la costa toscana e per una sola località (Migliarino) ma i reperti sui quali si basa la segnalazione sono piuttosto vecchi (1960); altre segnalazioni, non sicure, esistono per l’Emilia Romagna e il Lazio Ecologia E’ una specie che, preferibilmente, vive in acque stagnanti e fredde e in torbiere. La larve e gli adulti, adattati alla vita acquatica, sono carnivori Misure per la conservazione Protezione degli amebineti di vita della specie Bibliografia ragionata Informazioni sulla specie sono presenti in Franciscolo (1979) e nel Libro Rosso degli insetti della Toscana (Sforzi e Bartolozzi eds, 2001), nel testo di Rocchi. Rhythrodytes sexguttatus (Aubé) Codice Fauna d’Italia 045.026.0.002.0 Categoria UICN Status in Toscana carenza di informazioni Livello di Rarità regionale Allegati Direttiva Habitat Riassunto La specie nell’area tirrenica si rinviene in Sardegna, Corsica e Toscana. In Toscana si hanno segnalazioni per l’Isola d’Elba e l’Isola di Montecristo nell’Arcipelago Toscano e per le Alpi Apuane. La specie vive, sia come larva che come adulto, nelle acque lente dei torrenti a fondo ghiaioso o roccioso. Fra le cause di minaccia per la specie l’eventuale inquinamento delle acque. Distribuzione e tendenza della popolazione La specie ha distribuzione tirreno-maghrebina e nell’area tirrenica si rinviene in Sardegna, Corsica e Toscana. In Toscana si hanno segnalazioni per l’Isola d’Elba e l’Isola di Montecristo nell’Arcipelago Toscano e per le Alpi Apuane. Il livello delle conoscenze sulla distribuzione si può considerare buono. La tendenza delle popolazioni è sconosciuta. Ecologia La specie vive, sia come larva che come adulto, nelle acque lente dei torrenti a fondo ghiaioso o roccioso. Cause di minaccia Fra le cause di minaccia si può certamente annoverare l’eventuale inquinamento delle acque. Misure per la conservazione Salvaguardia degli ambienti di vita dalle cause di minaccia sopra elencate. Stenopelmus rufinasus Gyllenhal Codice Fauna d’Italia 061.442.0.001.0 Ordine Coleotteri Famiglia Curculionidi Categoria UICN Piano di Gestione delle Acque del distretto idrografico del fiume Serchio 96 Integrazioni – Documento 1 Status in Toscana vulnerabile Livello di Rarità regionale Allegati Direttiva Habitat Riassunto In Toscana la specie è nota in poche stazioni in zone umide. E’ una specie che vive immersa nell’acqua stagnante, aggrappata alla faccia inferiore delle foglie di Azolla filiculoides e A. caroliniana, talora si può rinvenire anche sulla bassa vegetazione riparia. La larva rode le foglie basali delle piante di Azolla o Lemna. Le cause di minaccia sono rappresentate dalla distruzione degli ambienti di vita, a causa di inquinamento dell’acqua, scorretta gestione delle acque e della vegetazione acquatica e riparia, bonifiche di zone umide. Distribuzione e tendenza della popolazione E’ una specie poco comune di origine nord-americana, diffusa in Inghilterra, Francia, Olanda, Germania, Belgio e Italia. In Italia è nota in Lombardia, Veneto, Toscana, Lazio, Campania. In Toscana è nota in poche stazioni in zone umide. Il livello delle conoscenze sulla distribuzione si può considerare insufficiente. La tendenza delle popolazioni è sconosciuta, ma la specie si può considerare vulnerabile in considerazione della vulnerabilità degli ambienti in cui vive. Ecologia E’ una specie che vive immersa nell’acqua stagnante, aggrappata alla faccia inferiore delle foglie di Azolla filiculoides e A. caroliniana, talora si può rinvenire anche sulla bassa vegetazione riparia. La larva rode le foglie basali delle piante di Azolla o Lemna. Cause di minaccia Le cause di minaccia sono rappresentate dalla distruzione degli ambienti di vita, a causa di inquinamento dell’acqua, scorretta gestione delle acque e della vegetazione acquatica e riparia, bonifiche di zone umide. Misure per la conservazione Salvaguardia degli ambienti di vita dalle cause di minaccia sopra elencate. Bibliografia ragionata Le informazioni disponibili sulla distribuzione e sull’ ecologia della specie si trovano in Abbazzi & Osella (1992) e Bordoni (1995). Segnalazioni presenti nell’archivio 4 Stenus bordonii Puthz Codice Fauna d’Italia 048.075.0.021.0 Ordine Coleotteri Famiglia Stafilinidi Categoria UICN Status in Toscana a più basso rischio Livello di Rarità assoluta Allegati Direttiva Habitat Riassunto La specie è endemica italiana, nota solo in Toscana di poche località in provincia di Lucca e Pistoia. La specie, umicola e rara, vive presso corsi d’acqua, nel terriccio o sotto pietre. Le cause di minaccia possono consistere nell’inquinamento del suolo e nell’ uso di pesticidi. Distribuzione e tendenza della popolazione La specie è endemica italiana, nota solo in Toscana di poche località in provincia di Lucca e Pistoia. Il livello delle conoscenze sulla distribuzione si può considerare scarso. La tendenza delle popolazioni è sconosciuta. Ecologia La specie, umicola e rara, vive presso corsi d’acqua, nel terriccio o sotto pietre. Piano di Gestione delle Acque del distretto idrografico del fiume Serchio 97 Integrazioni – Documento 1 Cause di minaccia Fra le cause di minaccia si possono annoverare inquinamento del suolo, uso di pesticidi. Misure per la conservazione Salvaguardia degli ambienti di vita dalle cause di minaccia sopra elencate. Bibliografia ragionata Le informazioni disponibili sulla distribuzione della specie si trovano in Bordoni (1974); non ci sono lavori specifici su ecologia e biologia della specie. Segnalazioni presenti nell’archivio 3 Stomis roccai mancinii Schatzmayr Codice Fauna d’Italia 044.188.0.004.2 Ordine Coleotteri Famiglia Carabidi Categoria UICN Status in Toscana vulnerabile Livello di Rarità regionale Allegati Direttiva Habitat Riassunto Endemismo delle Alpi Apuane e dell’Appennino Ligure e Tosco-Emiliano, raro e localizzato. Specie esclusiva di ambienti collinari o montani (località comprese tra 830 e 1200 m s.l.m.), talvolta troglofila; preda piccoli invertebrati. Distribuzione e tendenza della popolazione Sottospecie endemica delle Alpi Apuane, dell’Appennino Ligure orientale e di quello Tosco-Emiliano, rara e localizzata. La consistenza e tendenza delle popolazioni sembrano stabili. Ecologia Specie esclusiva di ambienti collinari o montani (località comprese tra 830 e 1200 m s.l.m.), talvolta troglofila; preda piccoli invertebrati. Cause di minaccia Non risultano particolari cause di minaccia che possano costituire fattori limitanti la sopravvivenza di questa sottospecie; in considerazione della ridotta estensione del suo areale, va comunque ritenuta una sottospecie vulnerabile. Misure per la conservazione Nessuna. Bibliografia ragionata Informazioni sulla distribuzione della specie sono fornite da Ghidini (1957), Lanza (1961), Magistretti (1965), Monzini & Pesarini (1986). Segnalazioni presenti nell’archivio 10 Timarcha apuana Daccordi & Ruffo Codice Fauna d’Italia 060.013.0.001.0 Ordine Coleotteri Famiglia Crisomelidi Categoria UICN Status in Toscana vulnerabile Livello di Rarità assoluta Allegati Direttiva Habitat Piano di Gestione delle Acque del distretto idrografico del fiume Serchio 98 Integrazioni – Documento 1 Riassunto La specie è endemica toscana, nota unicamente delle Alpi Apuane in provincia di Lucca. La specie, fitofaga, vive su terreni calcarei, esposti e soleggiati, a quote comprese fra i 700 e i 1900 metri di altitudine. E’ stata rinvenuta su Galium paleoitalicum, sia come larva che come adulto. Fra le cause di minaccia si possono considerare gli incendi, le cave e miniere e il pascolo. Distribuzione e tendenza della popolazione La specie è endemica toscana, nota unicamente delle Alpi Apuane in provincia di Lucca. Il livello delle conoscenze sulla distribuzione si può considerare scarso. La tendenza delle popolazioni è sconosciuta. Ecologia La specie, fitofaga, vive su terreni calcarei, esposti e soleggiati, a quote comprese fra i 700 e i 1900 metri di altitudine. E’ stata rinvenuta su Galium paleoitalicum, sia come larva che come adulto. Cause di minaccia Fra le cause di minaccia si possono considerare gli incendi, le cave e miniere e il pascolo. Misure per la conservazione Salvaguardia degli ambienti di vita dalle cause di minaccia sopra elencate. Bibliografia ragionata Le informazioni disponibili sulla distribuzione e sulla biologia della specie si trovano in Daccordi e Ruffo (1990) e Bramanti (1992, 1995). Trithemis annulata (Palisot de Beauvais) Codice Fauna d'Italia 035.034.0.001.0 Ordine Odonati Famiglia Libellulidi Categoria UICN Status in Toscana vulnerabile Livello di Rarità regionale Allegati Direttiva Habitat Riassunto E' una specie africana, presente anche in Medio Oriente e nelle regioni più meridionali d’Europa. E' presente da qualche anno anche in Toscana, al Padule di Fucecchio, al Lago di Massaciuccoli, al Lago dell’Accesa e in poche altre località. La specie vive presso acque debolmente correnti o nelle acque ferme di fossati e bacini naturali o artificiali. Cause di minaccia per questa specie sono la distruzione degli ambienti di vita a causa di bonifiche delle zone umide e dell’inquinamento Distribuzione e tendenza della popolazione E' una specie africana, presente anche in Medio Oriente e nelle regioni più meridionali d’Europa. Comune nelle regioni più meridionali d’Italia è presente da qualche anno anche in Toscana, al Padule di Fucecchio, al Lago di Massaciuccoli, al Lago dell’Accesa e in poche altre località. La tendenza delle popolazioni è sconosciuta, ma alla specie viene qui attribuito lo status di vulnerabilità a causa della fragilità degli ecosistemi in cui vive. Ecologia La specie vive presso acque debolmente correnti o nelle acque ferme di fossati e bacini naturali o artificiali. Risulta adattata a diverse condizioni ambientali, pur restando legata alla pianura o comunque a basse quote. Presenta un volo rapido e saettante. Cause di minaccia Cause di minaccia per questa specie sono la distruzione degli ambienti di vita a causa di bonifiche delle zone umide e dell’inquinamento. Misure per la conservazione Piano di Gestione delle Acque del distretto idrografico del fiume Serchio 99 Integrazioni – Documento 1 Protezione delle aree umide in cui la specie vive e si riproduce. Bibliografia ragionata Informazioni sulla specie sono reperibili in Sforzi & Bartolozzi (2001). Segnalazioni presenti nell'archivio 6 Zerynthia polyxena ([Denis &Schiffermüller]) Codice Fauna d’Italia 089.015.0.001.0 Ordine Lepidotteri Famiglia Papilionidi Categoria UICN Status in Toscana vulnerabile Livello di Rarità regionale Allegati Direttiva Habitat IV Riassunto In Toscana la specie è presente nelle provincie di Firenze, Arezzo, Siena, Grosseto ed è presente anche nelle zone interne della Lunigiana. Sulla costa apuana e in Versilia da tempo la farfalla non è stata più avvistata nemmeno dove è ancora presente la pianta nutrice del bruco. Questa specie vive principalmente in ambienti umidi, sponde dei fiumi, luoghi incolti, ai margini di prati coltivati, vigneti, radure. Fra le cause di minaccia per questa specie sono da considerare le trasformazioni dei prati-pascolo in monocolture di graminacee, la pulizia e l'uso di pesticidi nei vigneti e nelle colture, la bruciatura delle stoppie e dei margini dei prati, dei pascoli e dei fossi e l'incremento dell'urbanizzazione. Distribuzione e tendenza della popolazione La specie è' distribuita in Europa meridionale e orientale e in Asia minore occidentale. E’ presente in tutta Italia inclusa la Sicilia, manca in Sardegna. Vive dal livello del mare fino ai 1000 metri circa in popolazioni isolate e poco abbondanti. In Toscana è presente nelle provincie di Firenze, Arezzo, Siena, Grosseto. E' presente anche nelle zone interne della Lunigiana. Sulla costa apuana e in Versilia da tempo la farfalla non è stata più avvistata nemmeno dove è ancora presente la pianta nutrice del bruco. Il livello delle conoscenze sulla distribuzione delle popolazioni toscane di Z. polyxena si può considerare buono. In complesso è mediamente in diminuzione nella maggior parte del territorio nazionale e in vaste aree urbanizzate è scomparsa. Ecologia Questa specie vive principalmente in ambienti umidi, sponde dei fiumi, luoghi incolti, ai margini di prati coltivati, vigneti, radure. Ha una sola generazione all'anno. E' specie tipicamente primaverile, vola dalla metà di marzo alla metà di giugno a seconda della quota. La larva si nutre di Aristolochia rotunda, A. pallida, piante che presentano al loro interno componenti tossici. A tale scopo il bruco, come l'insetto adulto, mostra una livrea di colori brillanti d'avvertimento, aposematici, per scoraggiare potenziali predatori. Cause di minaccia La specie è in regresso in tutto l'areale di distribuzione per la trasformazione degli ambienti originari in colture, si mantiene ancora in piccole popolazioni legate ad ambienti nemorali dove nel sottobosco è presente l'Aristolochia. Tali ambienti sono scomparsi nella riviera toscana per far posto a insediamenti turistico-ricettivi. Altre cause di minaccia sono da ritrovare nelle trasformazioni dei prati-pascolo in monocolture di graminacee, nella pulizia e nell'uso di pesticidi nei vigneti e nelle colture, nella bruciatura delle stoppie e dei margini dei prati, dei pascoli e dei fossi e nell'incremento dell'urbanizzazione. Misure per la conservazione E' assolutamente necessario adottare per questa specie una strategia di conservazione dei biotopi originari evitando la cementificazione delle sponde dei fiumi e la bonifica dei biotopi paludosi dove ancora vive. Favorevoli condizioni per la sopravvivenza di questa specie si verificano nelle oasi di protezione, come nella Laguna di Orbetello dove vive una delle ultime popolazioni dei litorali tirrenici. Bibliografia ragionata Piano di Gestione delle Acque del distretto idrografico del fiume Serchio 100 Integrazioni – Documento 1 Le informazioni disponibili su distribuzione, biologia e morfologia della specie in Italia si trovano in Verity (1947) e in Prola e Prola (1990). Segnalazioni presenti nell’archivio 79 Vertebrati eterotermi Alosa fallax (Lacepede, 1803) Aphianus fasciatus Nardo, 1827 Barbus plebejus Bonaparte, 1839 Cobitis taenia Linnaeus, 1758 Cottus gobio Linnaeus, 1758 Esox lucius Linnaeus, 1758 Lampetra planeri (Bloch, 1784) Leuciscus souffia (Risso, 1826) Padogobius nigricans (Canestrini, 1867) Rutilus rubilio (Bonaparte, 1837) Salmo trutta fario Linnaeus, 1758 III II, III III III III III II II II II II II II II A A, B A A,B A A, B A A, B A LR VU LR LR VU LR EN LR EN LR DD VU VU DD VU VU EN LR VU LR Minacce SIR Status in Toscana Status in Italia L.R. 56/00 Conv. Berna Nome scientifico Dir. 92/43/CEE PESCI: SPECIE IN LISTE D’ATTENZIONE A2, B6 A1, A2, D1 A2, B5 A2 A2, A3, B7, B8 A1, A2, B6 A2, A3 A2, A3 A2, A3 B8 62 25, 62 28 25, 28 5, 14, 28 25 25 28 28 28 28, 31 Barbo comune Barbus plebejus (Bonaparte, 1839) Codice Fauna d’Italia 110.071.0.002.0 Classe Osteitti Ordine Cipriniformi Famiglia Ciprinidi Categoria UICN A più basso rischio Status in Italia A più basso rischio Status in Toscana Carenza di informazioni Livello di Rarità Regionale Allegati Direttiva Habitat II e V Riassunto Il barbo comune è distribuito in Italia peninsulare fino alla Calabria. In Toscana la sua distribuzione non è ancora ben conosciuta, complici anche i problemi ancora irrisolti che complicano la sistematica dei barbi della fauna europea. Ad oggi è segnalato per alcuni corsi d’acqua del bacino del Magra, dell'Arno, del Cornia, del Cecina e dell’Ombrone grossetano. Attualmente risulta in diminuzione in molte località italiane; per la Toscana mancano dati oggettivi al riguardo, anche se sembra meno frequente rispetto al passato. Distribuzione e tendenza della popolazione Specie distribuita attorno al bacino del Mediterraneo, presente in Italia peninsulare fino alla Calabria. In Toscana la sua distribuzione non è ancora ben conosciuta, in quanto la maggior parte degli autori che si sono interessati della fauna ittica si sono limitati a citare nei loro lavori esemplari di barbi indeterminati. Inoltre recenti studi propendono per una sua origine alloctona nella nostra regione. Gli unici dati certi della sua presenza in Toscana riguardano alcuni corsi d’acqua del bacino del Magra, dell'Arno, del Cornia, del Cecina e dell’Ombrone grossetano. Sconosciuta è la tendenza delle popolazioni, anche se localmente appare in marcata flessione numerica. Ecologia Piano di Gestione delle Acque del distretto idrografico del fiume Serchio 101 Integrazioni – Documento 1 Forma primaria, da moderatamente frigofila a termofila ,il barbo comune mostra una spiccata predilezione per il tratto medio e quello superiore dei fiumi, specialmente di quelli di maggiore dimensione ed è raro o manca del tutto in quelli a breve decorso. Colonizza preferibilmente acque correnti con fondo ghiaioso anche se può stabilirsi in fondali sabbiosi o con moderata presenza di limo. Vive in gruppi numerosi presso il fondo, dove si alimenta. La dieta è formata pressoché esclusivamente da macroinvertebrati bentonici (larve di insetti acquatici, crostacei gammaridi ecc.) La riproduzione avviene in maggio/giugno; in questo periodo i barbi risalgono i corsi d’acqua per raggiungere i siti riproduttivi rappresentati da tratti con fondo a ghiaia e corrente moderata. Cause di minaccia La specie è minacciata dai prelievi di ghiaia e sabbia dagli alvei fluviali, dai dragaggi che distruggono i siti utilizzati per la deposizione delle uova e più in generale da qualsiasi tipo di intervento in alveo che modifichi i naturali regimi idrici e che costituisca un ostacolo alla libera circolazione della fauna ittica. Sebbene sia attivamente pescata, non sembra che la pesca sportiva costituisca un fattore limitante per la specie anche se localmente un certo regresso può essere imputabile a tale attività. Misure per la conservazione Salvaguardia dell’habitat (costruzione di scale di rimonta, divieto di realizzazione di opere idrauliche in alveo e di prelievi di sabbia e ghiaia riduzione ed ottimizzazione dei prelievi idrici, ecc.) e attivazione di indagini sul campo indirizzate a definire l’areale regionale della specie e verificare in modo definitivo se è autoctona o meno in Toscana. Bibliografia ragionata Le informazioni disponibili su questa specie relativamente al territorio toscano sono molto scarse . Si possono comunque consultare i contributi di CRIP (1993), Bianco (1994 1997) e di Pascale et al. (s. d.). Per quanto riguarda i vari aspetti relativi alla tassonomia e nomenclatura scientifica, alla biologia e all'ecologia del barbo canino, si rimanda a Spillmann (1961), Tortonese (1970), Gandolfi et al. (1991), Bianco (1995) e Kottelat (1997). Segnalazioni presenti nell'archivio 32. Lampreda di ruscello Lampetra planeri (Bloch, 1784) Codice Fauna d’Italia Classe Agnati Ordine Petromizontiformi Famiglia Petromizontidi Categoria UICN A più basso rischio Status in Italia In pericolo Status in Toscana Vulnerabile Livello di Rarità Regionale Assoluti Allegati Direttiva Habitat II Distribuzione e tendenza della popolazione La lampreda di ruscello abita gran parte dell’Europa occidentale e dell’area balcanica. In Italia è diffusa dalla Liguria meridionale alla Calabria, pressoché esclusivamente lungo il versante tirrenico. In Toscana, così come altrove in Italia, risulta sempre più rara e in marcata diminuzione rispetto al passato. Segnalazioni recenti della sua presenza riguardano soltanto i fiumi Magra, Serchio e il Lago di Massaciuccoli. Ecologia Moderatamente frigofila (che predilige le basse temperature), la lampreda di ruscello è una specie stanziale, che vive in ruscelli, torrenti, fiumi , canali e laghi. Si riproduce da gennaio a giugno a seconda delle località. La deposizione avviene in acque basse e fondali a ciottoli. Qualche settimana dopo la riproduzione gli adulti, che hanno intestino atrofizzato, muoiono. Le larve compiono la metamorfosi dopo 6 anni e la maturità sessuale viene raggiunta in circa 7 mesi. Cause di minaccia Le più serie minacce poer la specie provengono dalla perdita di qualità delle acque, dalla costruzione di sbarramenti e di altri interventi che alterano i siti utilizzati oer la deposizione delle uova. La specie ha un valore economico nullo ed è raramente oggetto di pesca. Piano di Gestione delle Acque del distretto idrografico del fiume Serchio 102 Integrazioni – Documento 1 Misure per la conservazione Oltre alla salvaguardia dell’habitat, è importante l’effettuazione di indagini finalizzate a conoscere la distribuzione della specie nella regione e all’individuazione delle aree riproduttive, da porre sotto tutela per favorire l’incremento delle popolazioni. Bibliografia ragionata Dati sulla lampreda di ruscellko in Toscana sono riportati da Zanandrea (1957, 1961), Bruno (1987) Cavalli e Lambertini (1990), Forneris et al. (1990), Bianco (1994) e Alessio et al. (1997). Riguardo ai vari aspetti della tassonomia e nomencaltura scientifica dell’eciologia e della biologia di questa specie si possono consultare ii contributi di Tortonese (1956), Muus e Dahlstrom (1967), Forneris et al. (1990) e Kottelat (1997). Scazzone Cottus gobio Linnaeus, 1756 Codice Fauna d’Italia 110.206.0.001.0 Classe Osteitti Ordine Scorpeniformi Famiglia Cottidi Categoria UICN Status in Italia Vulnerabile Status in Toscana Vulnerabile Livello di Rarità Regionale Allegati Direttiva Habitat II Riassunto Specie rara e localizzata in Toscana ed in tutto l’Appennino centrale, legata ad acque limpide e fresche di corsi d’acqua di zone montane e pedemontane e agli ambienti di risorgiva. Specie di interesse ecologico e biogeografico, in diminuzione per il peggioramento della qualità delle acque, per l’immissione di massicce quantità di trote (predatori degli stadi giovanili dello scazzone) e per la distruzione dell’habitat. Distribuzione e tendenza della popolazione Entità ampiamente diffusa in Europa, presente in Italia lungo l’arco alpino, nell’alta padania e nell’Appennino centrosettentrionale (Appennino tosco umbro marchigiano) fino al bacino dei fiumi Tevere e Potenza. In Toscana appare limitato all’alto bacino del Serchio (p. es. Fiume Lima), dell’Arno (p. es. Fiume Bisenzio, Torrente Carigiola e affluenti Torrente Ombrone Pistoiese e alcuni suoi tributari) e del Reno (p. es. Fiume Setta). Nel corso degli ultimi anni si è verificata una diminuzione degli effettivi della specie in tutto l’areale italiano a causa del peggioramento della qualità delle acque, dell’immissione di massicce quantità di trote (predatori degli stadi giovanili dello scazzone) e della distruzione dell’habitat. Ecologia Specie primario simile, frigofila, lo scazzone frequenta i corsi d’acqua di zone montane e pedemontane dalle acque fresche limpide ben ossigenate e dalla corrente vivace. Si associa frequentemente alla trota fario con la quale costituisce il popolamento ittico caratterizzante questi ambienti. Nell’Italia settentrionale si stabilisce anche in laghi prealpini e in acque di risorgiva sempre però dove la temperatura non superi i 16°C. Tipicamente bentonico, vive associato al fondo, sotto i sassi e altri ripari naturali. È specie territoriale in particolare durante il periodo riproduttivo quando il maschio scava una cavità sotto un sasso nella quale le femmina depone le uova che vengono sorvegliate dal maschio fino alla schiusa. La sua dieta è costituita da invertebrati in particolare crostacei gammaridi, larve di insetti e anellidi. Cause di minaccia Le più serie minacce per la sopravvivenza della specie provengono dalla perdita di qualità delle acque, dalla scomparsa dell’habitat in seguito al prosciugamento e all’eccessivo prelievo idrico a cui sono sottoposti i corsi d’acqua, dalla costruzione di sbarramenti e di altre opere in alveo e dalle massicce immissioni di trote fario predatrici e competitrici alimentari dello scazzone. La specie ha uno scarsissimo interesse ai fini della pesca sportiva. Misure per la conservazione Piano di Gestione delle Acque del distretto idrografico del fiume Serchio 103 Integrazioni – Documento 1 Salvaguardia e mantenimento dell’habitat della specie evitandone la manomissione e la distruzione, pianificazione dei ripopolamenti a salmonidi nei corsi d’acqua popolati dallo scazzone al fine di evitare l’instaurarsi di fenomeni di predazione e di competizione alimentare. Bibliografia ragionata Per notizie su questa specie si rimanda a Bianco (1994), CRIP (1990, 1991, 1995) e Voliani et al. (1996). Per gli aspetti relativi alla tassonomia e nomenclatura scientifica, alla biologia e all'ecologia si rimanda ai contributi di Tortonese (1975), Gandolfi et al. (1991) e Kottelat (1997). Segnalazioni presenti nell'archivio 31. Vairone Leuciscus souffia (Risso, 1826) Codice Fauna d’Italia 110.078.0.004.0 Classe Osteitti Ordine Cirpiniformi Famiglia Ciprinidi Categoria UICN Status in Italia A più basso rischio Status in Toscana A più basso rischio Livello di Rarità Sconosciuto Allegati Direttiva Habitat II Riassunto Specie presente in gran parte dell’Europa centrale e meridionale. In Toscana risulta ancora molto diffusa e caratterizza il tratto superiore dei corsi d’acqua, subito a valle della zona popolata dalla trota, dei principali bacini e sottobacini. Non sono disponibili dati riguardo alla tendenza delle sue popolazioni. Si ritiene tuttavia che nel complesso non abbiano subito un decremento apprezzabile rispetto al passato anche se localmente sembra essersi verificato un decremento delle popolazioni. Distribuzione e tendenza della popolazione Ciprinide distribuito in Europa centro-meridionale, presente in Francia orientale, in Germania meridionale, Svizzera, Austria centro-occidentale, Italia e in parte dell'Ungheria, della Romania e della Grecia. In Italia è più frequente nelle regioni settentrionali, in particolare nel settore occidentale e centrale e lungo il versante tirrenico della penisola, fino alla Campania mentre è più localizzato in quello adriatico. In Toscana è presente un po' in tutti i principali bacini e sottobacini, in particolare nei corsi d'acqua di ambienti collinari e di media quota dell’Appennino e dei rilievi antiappenninici. Nel complesso non sembra essere diminuito in modo apprezzabile rispetto al passato, pur non essendo disponibili dati per valutare oggettivamente il fenomeno anche se localmente si sono registrati decrementi delle popolazioni. Ecologia Forma primaria, moderatamente frigofila, il vairone colonizza acque limpide ed ossigenate di ruscelli e torrenti di ambienti collinari e pedemontani, il tratto superiore dei fiumi e meno frequentemente gli ambienti lacustri. Reofilo e moderatamente frigofilo, abita i corsi d’acqua dalla corrente vivace stabilendosi di preferenza nelle anse e nelle pozze dove l’acqua è più calma. Di abitudini gregarie, appetisce tanto sostanze vegetali (soprattutto alghe) che animali (invertebrati acquatici). Si riproduce in maggio/giugno, deponendo in acque basse correnti. Cause di minaccia Il vairone è minacciato dall'inquinamento, dagli interventi in alveo (costruzioni di briglie, sbarramenti, ecc.) e dell'eccessivo sfruttamento delle acque per scopi irrigui ed idropotabili. Localmente è oggetto di intensa attività di pesca anche con mezzi illegali. Misure per la conservazione Salvaguardia dell’habitat della specie (divieto di realizzazione di opere idrauliche in alveo, riduzione ed ottimizzazione dei prelievi idrici, ecc.). Bibliografia ragionata Piano di Gestione delle Acque del distretto idrografico del fiume Serchio 104 Integrazioni – Documento 1 Per notizie su questa specie si possono consultare i contributi di Bianco (1979, 1994), CRIP (1990, 1991, 1993, 1995), Gandolfi et al. (1991), Pascale et al. (s. d.) e Loro (2000). Per gli aspetti relativi alla tassonomia e nomenclatura scientifica, alla biologia e all'ecologia si rimanda a Tortonese (1970), Gandolfi et al. (1991) e Kottelat (1997). Segnalazioni presenti nell'archivio 236. Ghiozzo di ruscello Padogobius nigricans (Canestrini, 1867) Codice Fauna d’Italia 110.305.0.002.0 Classe Osteitti Ordine Perciformi Famiglia Gobidi Categoria UICN A più basso rischio Status in Italia In pericolo Status in Toscana Vulnerabile Livello di Rarità Assoluta Allegati Direttiva Habitat II Riassunto Entità endemica del distretto tosco-laziale (bacini del Serchio, dell’Arno, dell’Ombrone e del Tevere in Toscana, alto Lazio e Umbria), abbastanza diffusa in Toscana specialmente nei corsi d’acqua di ambienti collinari. È specie di interesse ecologico e biogeografico attualmente, minacciata dall’inquinamento e dall’alterazione dei corsi d’acqua. Distribuzione e tendenza della popolazione Specie endemica del distretto tosco-laziale, presente in Toscana, Umbria e Lazio esclusivamente nei corsi d’acqua dei bacini del Serchio, dell’Arno, dell’Ombrone grossetano e del Tevere. Nella nostra regione il ghiozzo di ruscello è ancora abbastanza diffuso sebbene negli ultimi anni abbia subito una contrazione dell'areale originario. Ecologia Forma primario simile, termofila, il ghiozzo di ruscello predilige modesti torrenti di ambienti collinari con acque limpide a corrente moderata e fondo a ciottoli o a ghiaia. Si stabilisce anche in corsi d’acqua di maggiore portata ma in questo caso colonizza le zone con acque basse e ricca presenza di ciottoli e massi. Vive sempre associato al fondo, tra i ciottoli o altri materiali sommersi La dieta è costituita essenzialmente da invertebrati acquatici. È specie territoriale, soprattutto nel periodo riproduttivo, quando il maschio appronta una cavità sotto un sasso che utilizza come nido e nella quale attira più femmine con un complesso rituale di corteggiamento. Le uova, deposte all’interno del nido, vengono difese dal maschio fino alla schiusa. Cause di minaccia Il ghiozzo di ruscello è minacciato dall'inquinamento e dalle modificazioni degli alvei fluviali (conseguenti ad opere di risagomatura delle sponde, dragaggi, costruzione di sbarramenti, ecc.) tanto che molte popolazioni si sono estinte o sono prossime ad esserlo. Un altro fattore di rischio è rappresentato dall'eccessivo sfruttamento idrico per scopi irrigui e acquedottistici che provoca prolungate secche estive e la conseguente distruzione dell'habitat. Molto probabile l'effetto negativo della competizione con il ghiozzo padano (Padogobius bonelli), specie introdotta con materiale da semina in alcuni corsi d'acqua popolati dal ghiozzo di ruscello. Il ghiozzo di ruscello è solo occasionalmente oggetto di pesca sportiva. Misure per la conservazione Salvaguardia e mantenimento dell’habitat della specie evitandone la manomissione e la distruzione, cessazione dei ripopolamenti con pesce bianco (miscellanea di ciprinidi indeterminati). Bibliografia ragionata Le informazioni disponibili sulla tassonomia e nomenclatura scientifica, sulla distribuzione, sulla biologia e sull'ecologia della specie si trovano in Gandolfi & Tongiorgi (1974), Gandolfi et al. (1991), Pirisinu & Natali (1980), CRIP (1990, 1991, 1993, 1995,), Lorenzoni et al. (1996), Kottelat (1997), Nocita & Vanni (1998) e Loro (2000). Segnalazioni presenti nell'archivio 115. Piano di Gestione delle Acque del distretto idrografico del fiume Serchio 105 Integrazioni – Documento 1 Rovella Rutilus rubilio (Bonaparte, 1837) Codice Fauna d’Italia 110.083.0.003.0 Classe Osteitti Ordine Cipriniformi Famiglia Ciprinidi Categoria UICN Status in Italia A più basso rischio Status in Toscana A più basso rischio Livello di Rarità Sconosciuto Riassunto Specie largamente distribuita in Toscana, presente in un’ampia tipologia di ambienti acquatici anche artificiali. Attualmente non risulta minacciata, tuttavia un potenziale fattore di rischio è rappresentato dalla competizione con il triotto (Rutilus erythrophthalmus), una specie alloctona introdotta per fini sportivi, che tende a sostituirsi alla rovella in situazioni di coabotazione. Distribuzione e tendenza della popolazione Specie endemica dell’Italia centro-meridionale, diffusa dalla Liguria alla Calabria ed introdotta in seguito a recenti immissioni in Sicilia. In Toscana è frequente sia in corsi d’acqua di ambienti collinari interni, che appenninici e costieri dei principali bacini e sottobacini. Non sono disponibili dati riguardo alla tendenza delle popolazioni. Si ritiene tuttavia che non abbiano subito un decremento apprezzabile rispetto al passato. Ecologia Forma primaria, termofila, la rovella è una specie ad ampia valenza ecologica. Colonizza infatti tanto il tratto superiore dei corsi d’acqua che il tratto medio e quello terminale. Si rinviene frequentemente anche in ambienti lacustri interni o costieri, perfino artificiali. Mostra, tuttavia, una spiccata preferenza per le acque a corrente moderata con fondo a ghiaia o sabbia e moderata presenza di macrofite. Spiccatamente gregaria, vive in gruppi formati da numerosi esemplari. Si nutre di una vasta gamma di sostanze vegetali e animali, quali alghe, anellidi, crostacei, larve e adulti di insetti, che ricerca sul fondo o a mezz’acqua. La riproduzione avviene in aprile/maggio in acque basse a corrente moderata. Cause di minaccia Attualmente non risulta minacciata in nessuna parte del suo areale toscano. Un potenziale fattore di rischio è tuttavia rappresentato dalla competizione con il triotto (Rutilus erythrophthalmus) e il persico sole (Lepomis gibbosus), specie alloctone che tendono a sostituirsi alla rovella in situazioni di coabitazione (p. es. nel Lago di Piediluco e nel Lago Trasimeno). La specie ha scarso interesse ai fini della pesca sportiva. Misure per la conservazione Cessazione delle semine di pesce bianco (miscellanea di ciprinidi) in modo da evitare l’instaurarsi di possibili fenomeni di competizione. Bibliografia ragionata Dati sulla distribuzione della specie in Toscana sono contenuti nei lavori del CRIP (1990, 1991, 1993), Lorenzoni et al. (1996) e Loro (2000). Per gli aspetti relativi alla tassonomia e nomenclatura scientifica, alla biologia e all'ecologia si rimanda a Gandolfi et al. (1991) e Kottelat (1997). Segnalazioni presenti nell'archivio 119. Minacce SIR Status in Toscana Status in Italia L.R. 56/00 Dir 92/43/CEE Nome scientifico Conv. Berna ANFIBI: SPECIE IN LISTE D’ATTENZIONE Piano di Gestione delle Acque del distretto idrografico del fiume Serchio 106 Integrazioni – Documento 1 II II, IV A, B Bufo viridis Laurenti, 1768 II, III IV A Hydromantes (Speleomantes) ambrosii (Lanza, 1955) III II, IV A VU LR B3, C1 18, 21, 23 Hydromantes (Speleomantes) italicus (Dunn, 1923) II IV A,B LRlc LR B3, C1 11, 17, 20, 22, 14, 15, 33, 23 Hyla intermedia Boulenger, 1882 II IV B Rana dalmatina Bonaparte, 1838 II IV Rana italica Dubois, 1987 II IV A LRlc LR Rana kl. esculenta Linnaeus, 1758 III V B1 LR LR Rana temporaria Linnaeus, 1758 III V A,B LRlc LR Salamandra salamandra (Linnaeus, 1758) III A,B LRlc LR Salamandrina terdigitata (Lacépède, 1788) II A,B LRlc LR Triturus alpestris apuanus (Laurenti, 1768) III Triturus carnifex (Laurenti, 1768) II II, IV VU LR 25, 62 24, 25, 27, 62 27, 62 A II, IV LR A1, A2, B3, 14, 18, 21, 22, 27, C1 23 Bombina pachypus (Bonaparte, 1838) LRnt A LR LR A1, A2, B3 11, 14, 16, 17, 18, 22, 27, 23 24, 16, 26, 61 5, 13, 32, 33, 30, 28, 29 A2, A4, B3, 11, 16, 17, 20, 21, B8, C1 22, 23, 29 A2, B3, C1 A2, B3, B8 17, 21, 22, 27, A2, B3, B8, 11, 21, 22, 28, 23, C1 17, 33, 127, 18, 20 24, 25, 27, 28, 61, 62, 29 Ululone dal ventre giallo appenninico Bombina pachypus (Bonaparte, 1838) Codice Fauna d’Italia 110.361.0.001.0 Codice Natura 2000 Ordine ANURA Rafinesque, 1815 Famiglia Discoglossidae Cope, 1865 Categoria UICN Status in Italia A più basso rischio Status in Toscana Vulnerabile Livello di rarità Assoluta e Regionale Allegati Direttiva Habitat II e IV L’ululone dal ventre giallo appenninico B. pachypus è una entità endemica dell’Italia appenninica, presente esclusivamente nell’area compresa fra la Liguria centrale e l’Aspromonte solo di recente elevata al rango di specie a sé stante (in precedenza era considerato una sottospecie ben differenziata di Bombina variegata). In Toscana la specie è stata segnalata un po’ ovunque (isole escluse), soprattutto nella zona collinare e montana, ma nel complesso appare alquanto scarsa e localizzata e in notevole diminuzione. E’ una specie prevalentemente diurna che dall’inizio della primavera fino a metà dell’autunno frequenta piccoli stagni, acquitrini, abbeveratoi, vasche, piccoli corsi d’acqua, canali lungo le strade, pozze di esondazione, pozze di origine meteorica o alimentate da sorgenti ecc. caratterizzati da acque poco profonde ferme o leggermente correnti. Risulta una specie poco feconda: la femmina, dalla primavera all’estate, depone infatti un numero di uova abbastanza limitato (40-100). Le larve si nutrono di sostanze vegetali e di microrganismi; gli adulti catturano soprattutto Artropodi, microalghe e materiali organici presenti nell’ambiente circostante. Le larve sono predate da Insetti acquatici, tritoni, Pesci, serpenti del genere Natrix, ecc.; gli adulti, grazie alla secrezione velenosa emessa dalle loro ghiandole cutanee (che si accompagna in genere alla tipica reazione detta “unkreflex”), hanno invece un limitato numero di predatori. Cause di minaccia sono la distruzione, il degrado e l’alterazione sotto vari aspetti degli ambienti di vita e riproduzione, spesso assai piccoli e “fragili”, non soltanto per cause antropiche ma anche per la massiccia presenza di cinghiali (predazione diretta, grufolamenti e insogli) e il prelievo di esemplari in natura. Potrebbero essere anche vittima di epizoozie o dei cambiamenti climatici che hanno portato ad estati particolarmente calde e povere di precipitazioni così da causare il prosciugamento degli ambienti umidi in cui la specie vive e si riproduce. Rospo comune Bufo bufo (Linnaeus, 1758) Codice Fauna d’Italia 110.365.0.001.0 Ordine Anuri Famiglia Bufonidi Codice Natura 2000 Categoria UICN Piano di Gestione delle Acque del distretto idrografico del fiume Serchio 107 Integrazioni – Documento 1 Status in Italia Status in Toscana Livello di rarità Allegati Direttiva Habitat Specie prevalentemente crepuscolare e notturna comune in tutto il territorio Toscano, che frequenta sia gli ambienti aperti che le aree boscate, anche in contesti antropizzati come orti e giardini. Nel periodo riproduttivo (tra gennaio e giugno) raggiunge stagni, pozze, laghi e laghetti, vasche artificiali, acquitrini, fiumi e torrenti, fossati, canali, fontane, abbeveratoi e in taluni casi si assiste a migrazioni collettive di decine o centinaia di esemplari. Al di fuori del periodo riproduttivo il rospo è una specie soprattutto terrestre. Durante i mesi più caldi e quelli più freddi trova rifugio nelle cavità naturali e artificiali,in ambienti antropici come cantine e sotterranei, sotto le pietre, nei vecchi muri, sotto le cataste di legna e anche in tane abbandonate. Si nutre di invertebrati di piccole e medie dimensioni e anche di piccoli Vertebrati, compresi Anfibi di altre e della sua stessa specie. I predatori di questo Anuro risultano scarsi (se si fa eccezione per la biscia dal collare) perché, se disturbato, il rospo può emettere un liquido trasparente dalla cloaca e una secrezione biancastra dalle ghiandole cutanee velenose e irritanti per le mucose. Anche le larve sono poco appetite dai Pesci e spesso sono le uniche, fra gli Anfibi, che riescono a sopravvivere in corpi d’acqua popolati da fauna ittica. La cause di minaccia per questa specie, in declino soprattutto nelle aree di pianura fortemente antropizzate, risiedono nella distruzione, alterazione e modificazione degli habitat, soprattutto a causa della perdita delle pozze di acqua temporanee o permanenti dove avviene la riproduzione, dei luoghi di rifugio e l’interruzione di quei corridoi ecologici che permettono gli spostamenti degli individui. Nel periodo delle migrazioni preriproduttive, molti sono gli esemplari vittima del traffico veicolare. Inoltre l’inquinamento delle acque e il crescente impiego di fitofarmaci in agricoltura, costituiscono importanti fattori limitanti per la specie. Rospo smeraldino Bufo viridis Laurenti, 1768 Codice Fauna d’Italia 110.365.0.002.0 Codice Natura 2000 1201 Ordine Anuri Famiglia Bufonidi Categoria UICN Status in Italia Status in Toscana A più basso rischio Livello di rarità Regionale Allegati Direttiva Habitat IV Riassunto La specie è presente un po’ ovunque nella zona pianeggiante e collinare della Toscana, soprattutto nelle aree costiere, ma appare in diminuzione per la distruzione e l’alterazione dei suoi ambienti vitali e riproduttivi. Il rospo smeraldino è presente anche all’Isola d’Elba, ove peraltro appare abbastanza scarso e localizzato. Distribuzione e tendenza della popolazione L’areale generale della specie è molto ampio, comprendendo l’Africa settentrionale, l’Europa meridionale e centrale (Penisola Iberica esclusa) e l’Asia centrale e sud-occidentale. In Italia il rospo smeraldino è presente in buona parte della Penisola, nelle isole maggiori e in alcune di quelle minori. In Toscana è abbastanza diffuso ma relativamente comune solo nelle aree costiere e in alcune stazioni di pianura; le popolazioni dell’Isola d’Elba appaiono localizzate e spesso, almeno nella parte occidentale, con bassa densità popolazionale. In diminuzione in gran parte del suo areale regionale. Ecologia Durante la riproduzione frequenta soprattutto le aree palustri, i canali, le pozze poco profonde, i laghetti, più di rado i fiumi e i torrenti, riuscendo a tollerare anche un certo grado di salinità delle acque. La deposizione delle uova, riunite in lunghi cordoni e in numero di 5000-13000 per ciascuna femmina, ha luogo più tardi che nel rospo comune, di solito fra marzo e metà dell’estate. Le larve sono praticamente onnivore; gli adulti si nutrono invece di molti tipi di invertebrati, anche di discrete dimensioni. Predatori di questa specie sono soprattutto Uccelli, Mammiferi e i serpenti del genere Natrix. Piano di Gestione delle Acque del distretto idrografico del fiume Serchio 108 Integrazioni – Documento 1 Cause di minaccia Bonifica, distruzione e degrado dei siti riproduttivi (nell’area costiera soprattutto a séguito dell’apertura di nuove strade e della costruzione di complessi residenziali, turistici e industriali). Come il rospo comune resta vittima in buon numero del traffico stradale nel corso delle migrazioni verso i luoghi utilizzati per la riproduzione. Misure di conservazione Salvaguardia dei siti riproduttivi. Creazione di nuovi ambienti alternativi, soprattutto nelle aree ad alta urbanizzazione e in quelle con elevata frequentazione turistica. Realizzazione di barriere e sottopassi sulle strade maggiormente frequentate nel corso delle migrazioni riproduttive. Impedire il prelievo di esemplari in natura. Bibliografia ragionata Per la biologia e l’ecologia della specie in generale si rimanda a Lanza (1983); per la distribuzione in Toscana si vedano soprattutto Corti et al. (1991) e Societas Herpetologica Italica (1996). Segnalazioni presenti nell’archivio 49 Geotritone di Ambrosi Speleomantes ambrosii (Lanza, 1955) Codice Fauna d’Italia 110.359.0.001.0 Codice Natura 2000 1181 Ordine Caudati Famiglia Pletodontidi Categoria UICN Status in Italia Vulnerabile Status in Toscana A più basso rischio Livello di rarità Regionale Allegati Direttiva Habitat II e IV Riassunto La specie è endemica della Liguria orientale e della Toscana nord-occidentale; in Toscana è presente solo nelle Alpi Apuane massesi e carraresi. Eventuali cause di minaccia possono essere rappresentate dall’apertura di nuove cave e dalla distruzione o alterazione delle cavità naturali, che costituiscono uno degli ambienti di vita della specie. Distribuzione e tendenza della popolazione Il geotritone di Ambrosi è endemico dell’area compresa fra la provincia di La Spezia e le Alpi Apuane massesi e carraresi; al confine con le Alpi Apuane lucchesi esiste una stretta fascia di ibridazione di Speleomantes ambrosii con l’affine S. italicus. Nella parte toscana del suo areale questo Anfibio risulta abbastanza comune, anche se per i suoi costumi sotterranei non risulta facile incontrarlo. La popolazione regionale appare sostanzialmente stabile. Ecologia Abita soprattutto nell’ambiente sotterraneo, sia nelle cavità naturali e artificiali accessibili all’uomo sia nella rete di microcavità e fessure del suolo e delle rocce. Di notte, col tempo umido e fresco, frequenta anche l’ambiente esterno alla ricerca di nutrimento. Ritenuto a lungo un animale cavernicolo, è da considerare in realtà un rupicolo specializzato. Si nutre di piccoli invertebrati. La femmina depone 4-10 uova nei recessi dell’ambiente sotterraneo e manifesta nei loro confronti evidenti cure parentali, proteggendole fino alla schiusa, che avviene dopo circa 10 mesi. Dato l’ambiente in cui vive, questa specie solo occasionalmente è oggetto di predazione da parte di altri animali. Cause di minaccia Dal momento che sono specie a costumi in prevalenza sotterranei, i geotritoni risentono poco delle alterazioni dell’ambiente esterno. Eventuali cause di minaccia, a livello locale, possono essere rappresentate dall’apertura di nuove cave e dalla distruzione del loro ambiente vitale a séguito della costruzione di strade, strutture turistiche, ecc. Da tenere in debito conto anche il prelievo di esemplari in natura a fini di commercio, trattandosi di animali con areale ristretto e interessanti dal punto di vista biogeografico e quindi assai ricercati dai terraristi. Misure per la conservazione Piano di Gestione delle Acque del distretto idrografico del fiume Serchio 109 Integrazioni – Documento 1 Regolamentare l’apertura di nuove cave e l’estendersi di quelle già esistenti. Se nel caso, considerare con attenzione se la costruzione di nuove strade e di strutture residenziali e turistiche possa in qualche modo alterare in maniera sostanziale l’ambiente di vita di questa e delle altre specie congeneri. Bibliografia ragionata Per la biologia, ecologia e distribuzione in Toscana di questa specie si vedano in particolare Lanza et al. (1995) e Lanza (1999a, 1999b). Per la distribuzione nella regione si rimanda anche a Corti et al. (1991) (partim) e a Societas Herpetologica Italica (1996). Segnalazioni presenti nell’archivio 32 Geotritone italiano Speleomantes italicus (Dunn, 1926) Codice Fauna d’Italia 110.359.0.005.0 Codice Natura 2000 1185 Ordine Caudati Famiglia Pletodontidi Categoria UICN Status in Italia A più basso rischio Status in Toscana A più basso rischio Livello di rarità Regionale Allegati Direttiva Habitat II e IV Riassunto Il geotritone italiano è diffuso nella Toscana collinare e montana a nord del Fiume Arno e risulta abbastanza comune. Cause eventuali di minaccia come per S. ambrosii. Distribuzione e tendenza della popolazione Si tratta di una specie endemica dell’Italia appenninica settentrionale e centrale, presente dalla provincia di Lucca a quella di Pescara. In Toscana si trova solo a nord del Fiume Arno, nelle aree collinari e montane delle provincie di Lucca (ove, sulle Alpi Apuane, esiste una stretta fascia di ibridazione con l’affine S. ambrosii), Pistoia, Prato, Firenze e Arezzo. La popolazione toscana sembra sostanzialmente stabile. Ecologia Vale quanto detto a proposito di S. ambrosii. Cause di minaccia Vale quanto detto a proposito di S. ambrosii. Misure per la conservazione Vale quanto detto a proposito di S. ambrosii. Bibliografia ragionata Per la biologia, ecologia e distribuzione in Toscana di questa specie si vedano in particolare Lanza et al. (1995) e Lanza (1999a, 1999c). Per la distribuzione nella regione si rimanda anche a Corti et al. (1991), Societas Herpetologica Italica (1996) e Vanni (2001). Segnalazioni presenti nell’archivio 140 Rana appenninica Rana italica Dubois, 1987 Codice Fauna d’Italia 110.367.0.004.0 Codice Natura 2000 1206 Ordine Anuri Famiglia Ranidi Categoria UICN Status in Italia A più basso rischio Status in Toscana A più basso rischio Piano di Gestione delle Acque del distretto idrografico del fiume Serchio 110 Integrazioni – Documento 1 Livello di rarità Regionale Allegati Direttiva Habitat IV Riassunto Specie endemica italiana, ancora ben distribuita e piuttosto comune nel territorio toscano. Localmente minacciata per gli incendi e il taglio dei boschi e per l’alterazione e l’inquinamento dei piccoli corsi d’acqua in cui vive e si riproduce. Distribuzione e tendenza della popolazione Specie endemica dell’Italia appenninica, solo di recente elevata al rango di specie a sé stante; in precedenza era considerata una semplice popolazione o una sottospecie di Rana graeca, entità propria della Penisola Balcanica. È presente esclusivamente dalla Liguria centrale alla Calabria meridionale. In Toscana è ampiamente distribuita in tutto il territorio regionale (isole escluse), in particolare nell’area collinare e medio-montana. La popolazione regionale della specie appare sostanzialmente stabile; solo in alcune stazioni essa è scomparsa o risulta in chiaro declino. Ecologia Frequenta soprattutto i torrentelli limpidi e correnti situati in ambiente boschivo o almeno con rive alberate, talora anche i fontanili, le pozze alimentate da sorgenti, le cavità sotterranee, ecc. La femmina, in primavera, depone da 2000 a 10000 uova, riunite in una o più masse rotondeggianti. Gli adulti si cibano di Artropodi e altri piccoli invertebrati; dato il loro particolare ambiente di vita, di rado essi sono predati da Uccelli acquatici, ma possono restare vittima di piccoli Mammiferi, Potamon, Austropotamobius, ecc. Larve e adulti sono intensamente predati anche dai Pesci carnivori immessi dall’uomo, soprattutto Salmonidi. Cause di minaccia Localmente la specie può essere minacciata dall’alterazione e dall’inquinamento dei piccoli corsi d’acqua in cui vive; serie cause di minaccia sono rappresentate anche dagli incendi, dal taglio indiscriminato dei boschi (soprattutto delle coperture arboree delle rive) e dalla captazione abusiva delle acque dei torrentelli a scopo irriguo, pratica pericolosa soprattutto nei mesi primaverili ed estivi, allorché si sviluppano le larve. Una causa di minaccia di estrema importanza è costituita inoltre dall’inopportuna immissione nell’ambiente di vita della rana appenninica (come anche di altri Anfibi di notevole valore ecologico e biogeografico) di Pesci carnivori, in particolare Salmonidi, la cui azione predatoria su larve e adulti può condurre in breve tempo alla completa distruzione della locale popolazione. Misure per la conservazione Evitare il taglio indiscriminato dei boschi nelle aree frequentate dalla specie, almeno per quanto riguarda la copertura arborea riparia. Impedire il degrado, l’inquinamento e la captazione delle acque dei torrentelli in cui questo Anfibio vive e si riproduce. Vietare l’introduzione in questi piccoli corsi d’acqua di Pesci carnivori, con particolare riferimento alle trote. Bibliografia ragionata Per l’ecologia e la biologia della specie in generale si veda soprattutto Lanza (1983); per la biologia e la distribuzione in Toscana si rimanda in particolare a Vanni (1979, 1986). Dati sulla distribuzione della specie in Toscana sono presenti anche in Corti et al. (1991) e Societas Herpetologica Italica (1996). Segnalazioni presenti nell’archivio 223 Rana temporaria Rana temporaria (Linné, 1758) Codice Fauna d’Italia 110.367.0.009.0 Codice Natura 2000 1213 Ordine Anuri Famiglia Ranidi Categoria UICN Status in Italia A più basso rischio Status in Toscana A più basso rischio (popolazioni appenniniche) Livello di rarità Regionale Allegati Direttiva Habitat V Riassunto Piano di Gestione delle Acque del distretto idrografico del fiume Serchio 111 Integrazioni – Documento 1 La specie, in Toscana, è distribuita con una certa continuità nell’area appenninica delle provincie di Massa-Carrara, Lucca e Pistoia. Popolazioni isolate sono presenti anche sul Monte Falterona, sull’Appennino Tosco-Romagnolo e, forse, sul Pratomagno. Localmente minacciata dalla distruzione e alterazione dei siti riproduttivi. Distribuzione e tendenza della popolazione La rana temporaria è presente nella Spagna settentrionale, in gran parte dell’Europa centrale e in una porzione di quella meridionale e nell’Asia occidentale. In Italia essa è distribuita con continuità sull’arco alpino e sull’Appennino settentrionale fino alle provincie di Pistoia e Bologna; popolazioni più isolate si trovano inoltre sul Monte Falterona (provincia di Firenze) e sull’Appennino Tosco-Romagnolo (provincie di Arezzo e di Forlì-Cesena). Una popolazione relitta del tutto isolata è poi presente sui Monti della Laga, nell’Appennino Centrale. In Toscana questo Anfibio è abbastanza comune, in quota, sull’Appennino massese, lucchese e pistoiese, mentre appare assai più scarso e localizzato nelle altre stazioni sopra ricordate. La popolazione regionale appare stabile o in lieve calo. Ecologia Frequenta soprattutto le aree boschive ben conservate e si riproduce nei corpi d’acqua (pozze, laghetti, torrenti, ecc.) situati al loro interno o a non molta distanza da essi. In Europa e in Alta Italia si spinge anche a quote abbastanza modeste; in Toscana è invece una entità chiaramente montana, di regola assente al di sotto degli 800 m. La femmina depone fino a 4000 uova, riunite in grossi ammassi gelatinosi. Si nutre di invertebrati di piccole e medie dimensioni ed è a sua volta predata da Uccelli e Mammiferi acquatici, dai serpenti del genere Natrix e, soprattutto allo stato larvale, dai Pesci a dieta carnivora, in particolare Salmonidi. Gli adulti sono occasionalmente raccolti, meno comunque che in passato, anche dall’uomo a scopi culinari. Cause di minaccia Taglio e incendio dei boschi, soprattutto di di latifoglie, in cui vive. Alterazione diretta e indiretta degli ambienti riproduttivi. Immissione in quest’ultimi di Pesci carnivori, che predano soprattutto uova e larve. In alcune località, anche prelievo da parte dell’uomo a fini alimentari. Misure per la conservazione Impedire o almeno regolamentare in maniera responsabile il taglio dei boschi nelle aree in cui la specie è presente. Evitare la distruzione e il degrado dei siti riproduttivi. Vietare l’immissione di Pesci carnivori, in particolare dei Salmonidi, nei corpi d’acqua in cui è accertata la deposizione delle uova di questo Anuro. Impedire la cattura di esemplari a scopo culinario. Ne è stato proposto l’inserimento negli Allegati II e IV della Direttiva 92/43. Bibliografia ragionata Per la biologia, l’ecologia e la distribuzione generale della specie si veda in particolare Lanza (1983); per la presenza in alcune aree toscane si rimanda a Vanni & Lanza (1978). Dati sulla distribuzione regionale sono presenti anche in Corti et al. (1991) e in Societas Herpetologica Italica (1996). Segnalazioni presenti nell’archivio 27 Salamandra gialla e nera Salamandra salamandra (Linné, 1758) Codice Fauna d’Italia 110.355.0.003.0 Codice Natura 2000 Ordine Caudati Famiglia Salamandridi Categoria UICN Status in Italia A più basso rischio Status in Toscana A più basso rischio Livello di rarità Regionale Allegati Direttiva Habitat Riassunto La specie, in Toscana, appare distribuita con una certa continuità lungo la catena appenninica, mentre risulta assai più rara e localizzata nella parte centrale e meridionale della regione. Cause primarie di minaccia sono il taglio e l’alterazione dei vecchi boschi di latifoglie e l’inquinamento, alterazione e captazione dei piccoli corsi d’acqua, in prevalenza boschivi, in cui questo Anfibio si riproduce. Piano di Gestione delle Acque del distretto idrografico del fiume Serchio 112 Integrazioni – Documento 1 Distribuzione e tendenza della popolazione La salamandra gialla e nera vive in gran parte dell’Europa e nell’Asia sud-occidentale, ma il suo areale risulta in progressiva contrazione per il taglio e l’incendio dei vecchi boschi di latifoglie e l’alterazione dei piccoli corsi d’acqua in cui si riproduce. In Italia è presente in tutta la Penisola e in Sicilia. In Toscana è abbastanza frequente e ben distribuita nella porzione appenninica, mentre nella parte centrale e meridionale della regione appare assai più rara e localizzata. In progressiva e allarmante diminuzione. Ecologia Questo Anfibio è legato soprattutto ai boschi maturi di latifoglie, anche se non manca in quelli di conifere, soprattutto in certe zone appenniniche. Gli adulti si nutrono di invertebrati legati alla lettiera; in primavera la femmina si reca nei ruscelli boschivi con acque fresche e pulite, negli abbeveratoi alimentati da sorgenti, in piccole pozze limpide, ecc. per la riproduzione. Le larve si nutrono di piccoli invertebrati acquatici e sono a loro volta predate da invertebrati carnivori (Tricotteri, Potamon, Austropotamobius) e da alcuni Vertebrati (Salmonidi, serpenti del genere Natrix, ecc.); gli adulti, grazie alla secrezione velenosa delle loro ghiandole cutanee, hanno invece pochi predatori (tra questi, ad esempio, i serpenti del genere Natrix). Cause di minaccia Progressiva riduzione delle zone adatte al ciclo vitale, per gli incendi e il taglio indiscriminato dei boschi e l’alterazione di vario tipo dei corsi d’acqua in cui si riproduce (taglio degli alberi lungo le rive, inquinamento, captazioni, ecc.). Introduzione di Pesci carnivori, in particolare Salmonidi, nei torrenti in cui la specie si riproduce. Misure per la conservazione Eliminare il degrado degli ambienti di vita della specie evidenziato nel paragrafo precedente. Evitare l’introduzione di Salmonidi e altri Pesci carnivori nei torrenti in cui essi non erano presenti naturalmente. Ne è stata proposto l’inserimento nell’allegato IV della Direttiva 92/43. Bibliografia ragionata Per la biologia e l’ecologia della specie in generale si veda soprattutto Lanza (1983), per la distribuzione in certe zone della Toscana Vanni (1986) e Vanni & Lanza (1982), per quella generale nella regione Corti et al. (1991) e Societas Herpetologica Italica (1996). Segnalazioni presenti nell’archivio 95 Geotritone italiano Speleomantes italicus (Dunn, 1926) Codice Fauna d’Italia 110.359.0.005.0 Codice Natura 2000 1185 Ordine Caudati Famiglia Pletodontidi Categoria UICN Status in Italia A più basso rischio Status in Toscana A più basso rischio Livello di rarità Regionale Allegati Direttiva Habitat II e IV Riassunto Il geotritone italiano è diffuso nella Toscana collinare e montana a nord del Fiume Arno e risulta abbastanza comune. Cause eventuali di minaccia come per S. ambrosii. Distribuzione e tendenza della popolazione Si tratta di una specie endemica dell’Italia appenninica settentrionale e centrale, presente dalla provincia di Lucca a quella di Pescara. In Toscana si trova solo a nord del Fiume Arno, nelle aree collinari e montane delle provincie di Lucca (ove, sulle Alpi Apuane, esiste una stretta fascia di ibridazione con l’affine S. ambrosii), Pistoia, Prato, Firenze e Arezzo. La popolazione toscana sembra sostanzialmente stabile. Ecologia Vale quanto detto a proposito di S. ambrosii. Piano di Gestione delle Acque del distretto idrografico del fiume Serchio 113 Integrazioni – Documento 1 Cause di minaccia Vale quanto detto a proposito di S. ambrosii. Misure per la conservazione Vale quanto detto a proposito di S. ambrosii. Bibliografia ragionata Per la biologia, ecologia e distribuzione in Toscana di questa specie si vedano in particolare Lanza et al. (1995) e Lanza (1999a, 1999c). Per la distribuzione nella regione si rimanda anche a Corti et al. (1991), Societas Herpetologica Italica (1996) e Vanni (2001). Segnalazioni presenti nell’archivio 140 Salamandrina dagli occhiali Salamandrina terdigitata (Lacépède, 1788) Codice Fauna d’Italia 110.357.0.001.0 Codice Natura 2000 1175 Ordine Caudati Famiglia Salamandridi Categoria UICN Status in Italia A più basso rischio Status in Toscana A più basso rischio Livello di rarità Regionale Allegati Direttiva Habitat II e IV Riassunto La specie è diffusa in buona parte della Toscana, anche se piuttosto localizzata. La distruzione e alterazione dei boschi ben conservati, l’inquinamento e il degrado dei piccoli corsi d’acqua e l’introduzione in essi di Pesci carnivori costituiscono le principali cause di minaccia per le popolazioni toscane di questo Anfibio. Nel complesso la salamandrina appare in leggera ma costante diminuzione nel territorio toscano; in alcune località dove era presente con sicurezza risulta del tutto scomparsa o in forte calo. Distribuzione e tendenza della popolazione La specie è endemica dell’Italia peninsulare; essa è infatti presente esclusivamente nell’area compresa fra la Liguria centrale e l’Aspromonte, soprattutto sul versante tirrenico. In Toscana è diffusa un po’ ovunque, nelle zone collinari e basso-montane, ma di regola appare piuttosto localizzata, anche per le sue peculiari esigenze ecologiche. Nel complesso questo Anfibio appare in leggera ma costante diminuzione nel territorio in esame; in alcune località dove era sicuramente presente fino a tempi abbastanza recenti risulta del tutto scomparso o in forte calo. Ecologia Vive soprattutto nei boschi maturi e ben conservati di latifoglie, sia su substrato calcareo sia su arenaria. Si riproduce in prevalenza nei piccoli torrenti con acque limpide e fresche scorrenti all’interno dei boschi, talora anche nei fontanili, nelle pozze lipide alimentate da sorgenti, ecc. L’accoppiamento è a terra e solo le femmine si recano all’acqua per la deposizione delle uova (in media circa 50 per ciascun esemplare). Gli adulti si nutrono di piccoli invertebrati della lettiera, le larve di microinvertebrati acquatici. Predatori particolarmente pericolosi per questa specie sono i Pesci carnivori, soprattutto i Salmonidi; più raramente larve e adulti sono predati anche da Austropotamobius, Potamon, piccoli Mammiferi e Uccelli, serpenti del genere Natrix, ecc. Cause di minaccia Progressiva distruzione dei boschi maturi e ben conservati e della copertura arborea lungo le rive dei piccoli corsi d’acqua. Alterazione e inquinamento dei torrentelli e captazione delle loro acque a fini irrigui. Immissione di Pesci carnivori, in particolare di Salmonidi, negli ambienti riproduttivi, con conseguente intensa predazione di larve e femmine in ovodeposizione. Prelievo di esemplari a scopi commerciali, trattandosi di un Anfibio ad areale ristretto e quindi assai richiesto dai terraristi. Misure per la conservazione Piano di Gestione delle Acque del distretto idrografico del fiume Serchio 114 Integrazioni – Documento 1 Regolamentare in maniera più responsabile il taglio dei boschi e in particolare della copertura arborea lungo i torrentelli in cui la specie si riproduce. Impedire l’inquinamento e il degrado di tali corsi d’acqua e dei fontanili e soprattutto la captazione abusiva delle acque, i cui effetti risultano particolarmente deleteri durante lo sviluppo delle larve (mesi primaverili ed estivi). Impedire l’immissione di Salmonidi nei torrenti in cui è accertata o probabile l’esistenza di siti riproduttivi della specie. Bibliografia ragionata Notizie sulla biologia e l’ecologia della specie in generale si trovano soprattutto in Lanza (1983) e Zuffi (1999). Per la distribuzione, l’ecologia e la biologia della salamandrina in Toscana si veda in particolare Vanni (1981). Per la distribuzione nella regione si rimanda anche a Corti et al. (1991) e a Societas Herpetologica Italica (1996). Segnalazioni presenti nell’archivio 156 Tritone alpestre Triturus alpestris (Laurenti, 1768) Codice Fauna d’Italia 110.358.0.001.0 Codice Natura 2000 Ordine Caudati Famiglia Salamandridi Categoria UICN Status in Italia A più basso rischio Status in Toscana A più basso rischio Livello di rarità Regionale Allegati Direttiva Habitat Riassunto In Toscana la specie è distribuita con una certa regolarità lungo la catena appenninica dalla provincia di Massa-Carrara a quella di Pistoia, poi si fa gradatamente più scarsa e localizzata; isolate popolazioni relitte di origine glaciale sono pure presenti nella parte centrale della regione. Cause principali di minaccia sono costituite dalla distruzione e alterazione dei corpi d’acqua in cui questo Anfibio vive e si riproduce e dall’introduzione in essi di Pesci carnivori, in particolare Salmonidi. Distribuzione e tendenza della popolazione Il tritone alpestre è una entità con areale di tipo medio-sudeuropeo. In Italia è presente con regolarità nella parte alpina e settentrionale e sull’Appennino settentrionale, mentre risulta più scarso e localizzato procedendo verso sud; isolate popolazioni relitte sono presenti sui Monti della Laga e sulla Catena Costiera in Calabria. In Toscana, ove è rappresentato dalla sottospecie apuanus, questo Anfibio è abbastanza frequente nella parte montana e collinare delle provincie di Massa-Carrara, Lucca e Pistoia, mentre appare assai più localizzato in quelle di Firenze e Arezzo; quest’ultimo territorio costituisce il limite meridionale dell’areale “continuo” della specie nel nostro Paese. Popolazioni isolate, chiari relitti di origine glaciale, si trovano anche nella Toscana centrale. In progressiva lieve diminuzione. Ecologia In Toscana vive e si riproduce soprattutto nei corpi d’acqua (laghetti naturali e artificiali, pozze d’acqua per l’abbeveraggio del bestiame, fontanili, pozzette alimentate da sorgenti, torrenti, ecc.) dell’area montana e medio- e alto-collinare. Si nutre di piccoli invertebrati, tanto allo stadio larvale quanto a quello adulto. In certe popolazioni la percentuale di esemplari neotenici è molto elevata. Adulti e larve sono predati da Uccelli e piccoli Mammiferi acquatici, dai serpenti del genere Natrix e soprattutto dai Pesci carnivori, in particolare Salmonidi. Cause di minaccia Distruzione e alterazione dei corpi d’acqua in cui questa specie vive e si riproduce, compresi le captazioni idriche e il pesticciamento del bestiame in abbeverata. Causa particolarmente importante di minaccia è costituita dall’immissione di Pesci carnivori, in particolare Salmonidi, negli ambienti frequentati dal tritone alpestre; la predazione da parte delle trote di larve, esemplari neotenici e adulti durante il periodo riproduttivo ha condotto nel giro di pochissimi anni all’estinzione locale della specie in varie stazioni appenniniche. Piano di Gestione delle Acque del distretto idrografico del fiume Serchio 115 Integrazioni – Documento 1 Misure per la conservazione Evitare la distruzione e/o alterazione degli ambienti frequentati dalla specie. Proibire l’immisione di trote e altri Pesci carnivori nelle stazioni in cui sia stata accertata la presenza di questo Anfibio, dato che esso è legato all’ambiente acquatico per gran parte dell’anno (per l’intero anno per ciò che riguarda le popolazioni neoteniche). Ne è stato proposto l’inserimento nell’allegato IV della Direttiva 92/43. Bibliografia ragionata Notizie generali sulla biologia e l’ecologia della specie si trovano in Lanza (1983). Per la distribuzione in Toscana si vedano soprattutto Lanza (1972), Vanni & Lanza (1982), Corti et al. (1991), Societas Herpetologica Italica (1996) e Vanni (2001). Segnalazioni presenti nell’archivio 112 Tritone crestato italiano Triturus carnifex (Laurenti, 1768) Codice Fauna d’Italia 110.358.0.002.0 Codice Natura 2000 1167 Ordine Caudati Famiglia Salamandridi Categoria UICN Status in Italia Status in Toscana A più basso rischio Livello di rarità Regionale Allegati Direttiva Habitat II e IV (come Triturus cristatus) Riassunto La specie è abbastanza frequente e ben distribuita in tutta la Toscana. Appare comunque in diminuzione soprattutto per la distruzione e il degrado dei suoi ambienti di vita. Distribuzione e tendenza della popolazione Il tritone crestato italiano è stato riconosciuto come specie a sé stante in tempi abbastanza recenti; prima era invece considerato una sottospecie di Triturus cristatus. T. carnifex è una entità in prevalenza italiana, essendo presente in gran parte della nostra Penisola, nelle regioni alpine dell’Austria, nella Foresta Viennese, nella Baviera meridionale, nella Svizzera meridionale e nella Penisola Balcanica nord-occidentale. In Toscana è abbastanza comune e diffuso in gran parte del territorio (isole escluse), dalla pianura alla zona montana, ma appare quasi ovunque in progressiva diminuzione. Ecologia Come gli altri Triturus, è una specie legata agli ambienti palustri e ai corpi d’acqua di vario tipo: pozze, laghetti, acquitrini, torrenti a lento corso, fontanili, ecc. Si nutre di piccoli invertebrati, talora anche di specie congeneri più piccole e delle sue stesse larve. Larve e adulti sono predati da Uccelli e Mammiferi acquatici, serpenti del genere Natrix, Pesci carnivori, larve di Insetti acquatici, ecc. Cause di minaccia Progressiva distruzione e/o degrado delle aree palustri e dei corpi d’acqua in cui vive e si riproduce, in particolare nelle aree periurbane e in quelle con insediamenti industriali. Introduzione di Pesci carnivori nelle pozze e nei laghetti collinari. Uccisione degli esemplari a causa del traffico automobilistico nei periodi pre- e postriproduttivi. Misure per la conservazione Evitare la distruzione e alterazione degli ambienti riproduttivi e l’immissione di Pesci carnivori negli stessi. Ripristino di opportuni ambienti idonei al ciclo vitale della specie, soprattutto nelle aree periurbane. Ne è stato proposto l’inserimento anche nell’allegato II della Direttiva 92/43. Bibliografia ragionata Notizie generali sulla biologia ed ecologia della specie si trovano soprattutto in Lanza (1983). Per la distribuzione in Toscana si rimanda in particolare a Corti et al. (1991) e a Societas Herpetologica Italica (1996). Piano di Gestione delle Acque del distretto idrografico del fiume Serchio 116 Integrazioni – Documento 1 Segnalazioni presenti nell’archivio 213 Caretta caretta (Linnaeus, 1758) II II, IV A Coronella austriaca Laurenti, 1768 II IV A Coronella girondica (Daudin, 1803) III CR A, B LRlc LRnt SIR Status Toscana Status in Italia L.R. 56/00 Conv. Berna Nome scientifico Dir. 92/43/CEE RETTILI: SPECIE IN LISTE D’ATTENZIONE CR 61 LR 15, 17, 23, 27 LR 16, 21, 23, 27 Emys orbicularis (Linnaeus, 1758) II II, IV A VU 25, 62 Natrix tessellata (Laurenti, 1768) II IV A LR 25 Podarcis muralis (Laurenti, 1768) II IV A LR 11, 14, 16, 17, 18, 20, 21, 24, 27, 32, 23, B04 Tartaruga comune Caretta caretta (Linné, 1766) Codice Fauna d’Italia 110.372.0.001.0 Codice Natura 2000 1224 Ordine Testudinati Famiglia Chelonidi Categoria UICN In pericolo critico Status in Italia In pericolo critico Status in Toscana In pericolo critico Livello di rarità Assoluta e Regionale Allegati Direttiva Habitat II e IV Riassunto La specie, a larga diffusione nei mari caldi e temperati, è ovunque in notevole diminuzione per il prelievo e l’uccisione degli esemplari, l’inquinamento marino e l’alterazione dei suoi luoghi riproduttivi. Nei mari toscani, anche se in sensibile calo, appare sporadica ma non particolarmente rara. Sembra che attualmente questa tartaruga non si riproduca in località della costa toscana. Distribuzione e tendenza della popolazione Specie cosmopolita, diffusa in tutti i mari caldi e temperati. Nelle acque dell’Italia e della Toscana è segnalata un po’ ovunque, ma appare, come nel restante areale, in allarmante diminuzione. Sembra che un tempo deponesse le uova anche in alcune località italiane e toscane; attualmente si riproduce con sicurezza solo all’Isola di Lampedusa. Ecologia Abita i mari caldi e temperati di tutto il mondo. I maschi non si recano mai a terra; le femmine, ogni 2-3 anni, si portano invece sulle rive sabbiose e, a qualche decina di metri dalla linea di battigia, scavano una profonda buca con le zampe posteriori, depositandovi da 60 a 200 uova, del diametro medio di circa 4 cm. Il periodo di incubazione dura di regola da un mese e mezzo a due. Questa tartaruga si nutre di Molluschi, Crostacei, Echinodermi e, più di rado, di Pesci e alghe. Le uova sono predate soprattutto da alcuni Mammiferi e Uccelli, che devastano i nidi; i giovani, prima di raggiungere l’acqua dopo la schiusa, vengono catturati in gran numero da Mammiferi (ratti, cani randagi, ecc.) e da Uccelli marini. Cause di minaccia Prelievo delle uova a scopo alimentare in alcuni Paesi. Pesca degli adulti sia a scopo culinario sia, e soprattutto, per il commercio di scudi ed esemplari naturalizzati come souvenirs. Antropizzazione e degrado delle aree costiere e conseguente distruzione di potenziali siti riproduttivi. Inquinamento marino. Morte a séguito dell’ingestione di ami e altri arnesi utilizzati per la pesca. Piano di Gestione delle Acque del distretto idrografico del fiume Serchio 117 Integrazioni – Documento 1 Misure per la protezione Impedire, a scala internazionale, la raccolta delle uova nei siti riproduttivi. Vietare che gli esemplari pescati, anche involontariamente, vengano uccisi. Sorvegliare attentamente il mercato legato ai souvenirs. Preservare le aree costiere ancora ben conservate nell’eventualità di deposizioni di uova da parte di qualche esemplare della specie. Bibliografia ragionata Per la presenza di questa specie nei mari toscani si rimanda soprattutto a Capocaccia (1966), Argano (1979) e Corti et al. (1991). Segnalazioni presenti nell’archivio 10 Colubro liscio Coronella austriaca Laurenti, 1768 Codice Fauna d’Italia 110.393.0.001.0 Codice Natura 2000 1283 Ordine Squamati Famiglia Colubridi Categoria UICN Status in Italia Status in Toscana A più basso rischio Livello di rarità Regionale Allegati Direttiva Habitat IV Riassunto La specie è presente in tutta la Toscana continentale e all’Isola d’Elba, ma risulta abbastanza sporadica e localizzata. In apparente diminuzione, soprattutto per le trasformazioni ambientali. Distribuzione e tendenza della popolazione La specie è diffusa in buona parte dell’Europa e nell’Asia sud-occidentale. È pure presente in tutta Italia, comprese la Sicilia e l’Isola d’Elba. In Toscana è segnalata di tutto il territorio regionale e dell’Isola d’Elba, fino alla zona montana, ma il suo incontro risulta abbastanza sporadico ovunque, forse anche per i suoi costumi elusivi. In apparente diminuzione. Ecologia Frequenta boscaglie, boschi di diverse essenze, cave, pietraie, ruderi, muri a secco, ecc. Prevalentemente diurna, si nutre di lucertole, orbettini, piccoli serpenti (comprese le vipere), topi e piccoli Uccelli. Viene a sua volta predata soprattutto da alcuni Uccelli e Mammiferi, talora da altri serpenti (ad es. il biacco); è inoltre spesso uccisa dall’uomo, in quanto scambiata per una vipera. La nascita dei piccoli, da 2 a 18, ha luogo in estate o all’inizio dell’autunno. Cause di minaccia Distruzione e alterazione dei suoi tipici ambienti vitali. Incendio e taglio dei boschi e delle boscaglie. Uccisione da parte dell’uomo. Misure per la conservazione Conservare ove possibile gli ambienti in cui questa specie vive. Opera informativa circa l’importantissimo ruolo ecologico dei serpenti, vipera compresa. Bibliografia ragionata Per la biologia, l’ecologia e la distribuzione generale della specie si rimanda a Engelmann (1993). Per la distribuzione in Toscana si vedano anche Corti et al. (1991) e Societas Herpetologica Italica (1996). Segnalazioni presenti nell’archivio 19 Colubro di Riccioli Coronella girondica Daudin, 1803 Codice Fauna d’Italia 110.393.0.002.0 Codice Natura 2000 Piano di Gestione delle Acque del distretto idrografico del fiume Serchio 118 Integrazioni – Documento 1 Ordine Squamati Famiglia Colubridi Categoria UICN Status in Italia A più basso rischio Status in Toscana A più basso rischio Livello di rarità Regionale Allegati Direttiva Habitat Riassunto La specie è presente in tutta la Toscana, isole escluse, ma risulta abbastanza rara e localizzata. In apparente diminuzione, soprattutto per le trasformazioni ambientali. Distribuzione e tendenza della popolazione La specie è presente nell’Africa nord-occidentale e nell’Europa sud-occidentale. In Italia è diffusa in buona parte della Penisola e in Sicilia. In Toscana è segnalata di tutto il territorio regionale (isole escluse), dalla pianura alla zona collinare e basso-montana, ma appare abbastanza scarsa e localizzata. In apparente diminuzione. Ecologia Frequenta boscaglie, garighe, ruderi, muri a secco, località rocciose, coltivi, ecc. A differenza del colubro liscio, è una specie con attività in prevalenza crepuscolare e notturna. Si nutre soprattutto di sauri, più di rado anche di serpentelli e grossi Insetti. I predatori sono più o meno gli stessi della Coronella austriaca. La femmina depone 6-16 uova nel corso dei mesi estivi e i piccoli di regola vengono alla luce in agosto o all’inizio di settembre. Cause di minaccia Più o meno le stesse evidenziate a proposito del colubro liscio. Misure per la conservazione Più o meno le stesse evidenziate a proposito del colubro liscio. Ne è stato proposto l’inserimento nell’Allegato IV della Direttiva 92/43. Bibliografia ragionata Per l’ecologia, la biologia e la distribuzione generale della specie si rimanda in particolare a Dusey (1993). Per la distribuzione del colubro di Riccioli in Toscana si vedano anche Corti et al. (1991) e Societas Herpetologica Italica (1996). Testuggine d’acqua Emys orbicularis (Linné, 1758) Codice Fauna d’Italia 110.369.0.001.0 Codice Natura 2000 1220 Ordine Testudinati Famiglia Emididi Categoria UICN A più basso rischio Status in Italia A più basso rischio Status in Toscana Vulnerabile Livello di rarità Regionale Allegati Direttiva Habitat II e IV Riassunto La specie è presente un po’ ovunque in Toscana, soprattutto nelle aree pianeggianti e costiere, ma è seriamente minacciata per la distruzione e alterazione dei suoi ambienti vitali e dal disturbo antropico in genere. Nella regione appare quasi ovunque in sensibile calo. Distribuzione e tendenza della popolazione La specie è presente nell’Africa nord-occidentale, nell’Europa meridionale e centro-orientale (comprese la Sicilia, la Sardegna, la Corsica e varie isole greche e dalmate) e nell’Asia occidentale. In Italia è presente un po’ ovunque, incluse le due isole maggiori, ma appare in sensibile e progressiva diminuzione in gran parte del territorio; in molte località risulta del tutto scomparsa nelle ultime decine di anni. Stesso discorso può essere ripetuto anche per la Toscana, ove Piano di Gestione delle Acque del distretto idrografico del fiume Serchio 119 Integrazioni – Documento 1 sopravvive soltanto nelle stazioni che garantiscano una buona conservazione della qualità ambientale e uno scarso disturbo antropico. Ecologia Frequenta stagni, acquitrini, paludi, pozze, laghetti, canali, torrenti, fiumi a lento corso e ricchi di vegetazione, ecc. Nuota con agilità. Si nutre di invertebrati di piccola e media taglia e talora anche di piccoli Vertebrati (nidacei di Uccelli palustri, larve e adulti di Anfibi, Pesci). Prevalentemente diurna, è una specie elusiva e sospettosa e si tuffa al minimo allarme nei corpi d’acqua presso i quali abita. Si accoppia in marzo-aprile, di regola in acqua; nella tarda primavera o all’inizio dell’estate la femmina depone 3-16 uova in buche scavate presso le rive. L’incubazione dura circa tre mesi. Cause di minaccia Distruzione, inquinamento e degrado dei suoi ambienti vitali a séguito dell’espandersi delle aree urbanizzate e industrializzate. Accresciuto disturbo antropico per le attività legate al turismo, al tempo libero, ecc. Prelievo di esemplari a scopo commerciale, in quanto si tratta di una specie richiesta e apprezzata dai terraristi; un tempo veniva talora catturata anche a scopo alimentare, in quanto considerata “cibo di magro” nei periodi di astinenza quaresimale dalle carni. Competizione con altre specie di testuggini acquatiche alloctone inopportunamente immesse allo stato libero (es. Trachemys scripta). Misure per la conservazione Evitare la distruzione e il degrado degli ambienti frequentati dalla specie, cercando anzi di ampliarli e di migliorare la loro qualità. Creare opportune zone di protezione totale nei siti ove questo Rettile risulta ancora comune. Vietare assolutamente il disturbo e il prelievo degli esemplari in natura e l’introduzione allo stato libero di testuggini acquatiche estranee alla fauna italiana. Bibliografia ragionata Per la biologia e l’ecologia della specie in generale si veda soprattutto Lanza (1983). Dati sulla distribuzione regionale sono presenti in Corti et al. (1991) e in Societas Herpetologica Italica (1996). Segnalazioni presenti nell’archivio 98 Natrice tassellata Natrix tassellata Laurenti, 1768 Codice Fauna d’Italia 110.397.0.003.0 Codice Natura 2000 1292 Ordine Squamati Famiglia Colubridi Categoria UICN Status in Italia Status in Toscana A più basso rischio Livello di rarità Regionale Allegati Direttiva Habitat IV Riassunto La specie è presente in tutta la Toscana, isole escluse, ma di regola appare piuttosto scarsa e localizzata. In diminuzione, soprattutto per l’alterazione dei corsi d’acqua in cui vive e dell’ambiente a essi circostante. Distribuzione e tendenza della popolazione La specie è distribuita nell’Europa centrale e orientale, in Italia, nell’Asia occidentale e centrale e nell’Egitto settentrionale. In Italia è presente in tutta la Penisola fino alla Sila; mentre però è comune o molto comune nell’area padana e sul versante adriatico, su quello tirrenico risulta al contrario assai più sporadica e localizzata. In Toscana il suo ritrovamento è relativamente più frequente in alcuni grossi corsi d’acqua (Arno e alcuni affluenti, Ombrone, Albegna, ecc.); altrove appare invece piuttosto scarsa. Ecologia Abita presso laghi, fiumi e torrenti ad ampio alveo, canali, paludi, risaie, ecc. e appare più legata all’acqua della congenere Natrix natrix. Si nutre soprattutto di Pesci, in minor quantità di Anfibi e piccoli Mammiferi. È predata a sua Piano di Gestione delle Acque del distretto idrografico del fiume Serchio 120 Integrazioni – Documento 1 volta da alcuni Mammiferi e Uccelli a costumi acquatici. La femmina depone 5-35 uova nel corso dei mesi estivi; i piccoli vengono alla luce dopo un’incubazione da un mese e mezzo a due mesi. Cause di minaccia Inquinamento dei corsi d’acqua, con conseguente rarefazione della fauna ittica e scarsa qualità ambientale. Distruzione e traformazione sostanziale dei suoi ambienti di vita (bonifiche, regimazione dei corsi d’acqua, cementificazione delle rive, distruzione sistematica della vegetazione riparia, ecc.). Uccisione di esemplari da parte dell’uomo, in quanto scambiati per vipere. Misure per la conservazione Preservare e/o migliorare la qualità dell’ambiente nelle località in cui la specie appare più abbondante. Evitare la regimazione e la cementificazione dei corsi d’acqua ad ampio alveo ciottoloso se non quando veramente necessario, intervenendo il meno possibile sulla vegetazione acquatica e riparia naturali. Bibliografia ragionata Per la biologia ed ecologia della specie in generale si rimanda ad esempio a Bruno & Maugeri (1990). Per la distribuzione in Toscana si vedano in particolare Corti et al. (1991) e Societas Herpetologica Italica (1996). Segnalazioni presenti nell’archivio 40 Lucertola muraiola Podarcis muralis (Laurenti, 1768) – Popolazioni insulari toscane Codice Fauna d’Italia 110.387.0.003.0 Codice Natura 2000 1256 Ordine Squamati Famiglia Lacertidi Categoria UICN A più basso rischio (a livello insulare) Status in Italia Status in Toscana Estinta la popolazione dell’Isolotto La Scarpa (Pianosa N); per il resto A più basso rischio (popolazioni insulari) Livello di rarità Regionale (a livello di popolazioni fenotipicamente differenziate, di regola considerate sottospecie). Allegati Direttiva Habitat IV Riassunto La specie è ben distribuita e molto comune in tutta la Toscana continentale e in alcune isole e isolette dell’Arcipelago Toscano. A eccezione di quella dell’Isolotto La Scarpa (situato poco a nord di Pianosa), estintasi in questo secolo molto probabilmente per cause naturali, tutte le altre popolazioni insulari toscane di questo Rettile appaiono sostanzialmente stabili. Distribuzione e tendenza della popolazione La specie è distribuita in gran parte dell’Europa centrale e meridionale e nell’Asia sud-occidentale. In Italia è comune in tutta le Penisola e in varie isole. Nella Toscana continentale è diffusa e assai abbondante in tutto il territorio, almeno fino a 1800 m di quota; per quanto riguarda la parte insulare è presente nelle isole Gorgona, Elba, Pianosa e Palmaiola e negli isolotti Scoglietto di Portoferraio e Isolotto della Paolina (a nord dell’Elba), La Scuola di Pianosa (situata presso Pianosa), Argentarola, Isola Rossa e Scoglietto di Porto Ercole (situati presso l’Argentario). A eccezione della popolazione dell’Isolotto La Scarpa, posto a nord di Pianosa, estintasi probabilmente per cause naturali fra il 1912 (anno di raccolta di alcuni esemplari) e il 1970, tutte le altre popolazioni insulari toscane di questa specie appaiono nel complesso stabili e ben strutturate quanto a ripartizione fra i sessi e le diverse classi di età. Ecologia La lucertola muraiola, anche in ambito insulare, frequenta i più vari tipi di ambiente: rocce, boschi e loro limitare, muri a secco, giardini, parchi, muri esterni di abitazioni e di altre costruzioni, ecc. Tipicamente eliofila, si riproduce in primavera ed estate; la femmina depone 2-12 uova biancastre e allungate sotto le pietre, nei vecchi muri, alla base degli alberi, ecc. Si nutre di piccoli invertebrati e più di rado di sostanze vegetali (bacche, foglie tenere, polline, ecc.), dieta talora in percentuale non trascurabile sulle piccole isole. È a sua volta predata da varie specie di Mammiferi, Uccelli e serpenti. Piano di Gestione delle Acque del distretto idrografico del fiume Serchio 121 Integrazioni – Documento 1 Cause di minaccia Le cause di minaccia nelle isole più grandi appaiono abbastanza ridotte per questa specie; tra le più rilevanti si potrebbero al limite indicare le ingenti trasformazioni ambientali (incendi, estensione dell’area urbana, distruzione di vecchi muri e manufatti, ecc.) e l’uso indiscriminato di insetticidi. Nelle isole più piccole, abitate da micropopolazioni spesso fenotipicamente ben differenziate e di regola considerate sottospecie a sé stanti, le più allarmanti cause di minaccia sono invece rappresentate da incendi e altre alterazioni dell’ambiente (anche in apparenza di modesta entità), dal disturbo antropico in genere, dall’introduzione di fauna estranea (ratti in particolare) e dal prelievo di esemplari per il commercio legato alla terraristica. Misure per la conservazione Preservare ambienti idonei alla vita della specie anche nelle aree urbanizzate e nei loro dintorni. Accordare agli isolotti abitati da peculiari popolazioni della specie una protezione integrale, impedendovi lo sbarco, l’introduzione di flora e fauna estranea e il prelievo di esemplari se non per ben motivate ragioni di studio. Bibliografia ragionata Per la biologia, l’ecologia e la distribuzione delle numerose “sottospecie” descritte per questa specie si veda in particolare Gruschwitz & Böhme (1986). Per le varie “sottospecie” presenti nelle isole toscane si rimanda anche a Corti et al. (1991). Studi morfologici e sistematici su singole popolazioni insulari toscane di questa lucertola sono stati effettuati soprattutto da Mertens (1932, 1949, 1955), Taddei (1949) e Lanza (1956, 1958). Segnalazioni presenti nell’archivio 208 Acrocephalus melanopogon (Temminck, 1823) I II A VU Acrocephalus paludicola (Vieillot, 1817) I II A EX Alcedo atthis (Linnaeus, 1758) I II A LRnt A1, A2 24, 25, 62 Anas acuta Linnaeus, 1758 II/1 III DE A1, C1 62 Anas clipeata Linnaeus, 1758 II/1, III/2 III EN A1, B1, C1 62 Anas crecca Linnaeus, 1758 II/1, III/2 III EN A1, B1, C1 62 Anas penelope Linnaeus, 1758 II/1, III/2 III NE A1, C1 62 Anas querquedula Linnaeus, 1758 II/1 III VU A1, B1, C1 25, 62 Anas strepera Linnaeus, 1758 II/1 III CR A1, B1, C1 62 A1, C1 25, 62 62 A VU Minacce SIR Status in Toscana Status in Italia L.R. 56/00 Nome scientifico Conv. Berna Dir. 79/409 CEE UCCELLI: SPECIE IN LISTE D’ATTENZIONE A1 25, 62 25 LR lc Aquila clanga (Pallas, 1811) I II Ardea alba (Linnaeus, 1758) I II A NE Ardea purpurea Linnaeus, 1766 I II A LR VU A1, B7 Ardeola ralloides (Scopoli, 1769) I II A VU VU B1, B7 25, 62 Asio flammeus (Pontoppidan, 1763) I II A2, B7 25, 62 Aythia nyroca (Guldenstadt, 1770) I III Aythya ferina (Linnaeus, 1758) II/1, III/2 III Botaurus stellaris (Linnaeus, 1758) I II Bubulcus ibis (Linnaeus, 1758) 62 NE A CR CR VU A II EN CR EN EN EN A1, B7 25, 62 A1, B1, C1 25 A1, B1, B7 25, 62 A1,C1 62 Burhinus oedicnemus (Linnaeus, 1758) I II A Calandrella brachydactyla (Leisler, 1814) I II A Charadrius alexandrinus Linnaeus, 1758 I II A Chlidonias hybridus (Pallas, 1811) I II EN A1 25, 62 Chlidonias niger (Linnaeus, 1758) I II CR B1, A2 25, 62 Ciconia ciconia (Linnaeus, 1758) I II LRnt A1, A2, A5, B7 25, 62 Ciconia nigra (Linnaeus, 1758) I II C1 25, 62 Circus aeruginosus (Linnaeus, 1758) I II B1, B7 24, 25, 62 LRnt LRnt EN NE A A1, A5 EN EN 24, 62 62, 24, 61 A2, A6 61, 62, 24 Piano di Gestione delle Acque del distretto idrografico del fiume Serchio 122 Integrazioni – Documento 1 Minacce SIR Status in Toscana Status in Italia L.R. 56/00 Nome scientifico Conv. Berna Dir. 79/409 CEE UCCELLI: SPECIE IN LISTE D’ATTENZIONE Circus cyaneus (Linnaeus, 1766) I II A EX A2, B7, C1 18, 25, 62 Circus cyaneus (Linnaeus, 1766) I II A EX A2, B7, C1 25 CR Columba oenas (Linnaeus, 1758) III A Egretta garzetta (Linnaeus, 1766) I II A Gavia arctica (Linnaeus, 1758) I II Gavia stellata (Pontoppidan, 1763) I II Gelochelidon nilotica (Gmelin, 1789) I II EN A1 Glareola pratincola (Linnaeus, 1766) I II EN A1, A2 25, 62 Grus grus (Linnaeus, 1758) I II EX A2, B8 62 Haliaeetus albicilla (Linnaeus, 1758) I II EX A2, A3, B3, B7 62 Himantopus himantopus (Linnaeus, 1758) I II A LRnt VU A1, A2 25, 62 Ixobrychus minutus (Linnaeus, 1766) I II A LR VU A1, B7 25, 62, 24 Larus audouinii I II A EN EN A2, A6, C1 62, 25 Larus melanocephalus Temminck, 1820 I II Limosa lapponica (Linnaeus, 1758) I, II/2 III 25, 62 VU I II I II A VU Milvus milvus (Linnaeus, 1758) I III A EN Numenius arquata (Linnaeus, 1758) II/2 III A A I II I II Panurus biarmicus (Linnaeus, 1758) Phalacrocorax aristotelis (Linnaeus, 1761) I C1 25, 62 25 25, 62 Milvus migrans (Boddaert, 1783) Pandion haliaetus (Linnaeus, 1758) 62 25, 62 25, 62 Luscinia svecica (Linnaeus, 1758) Nycticorax nycticorax (Linnaeus, 1758) A4, B7, D1 LR nt NE LRnt NE C1 25, 62 A1, A2, A4, B2, B7 24 A2,A4, B2 23, 25 A2 62 LRnt EX 25, 62 A2, A3, B3, B7 25 II A LRnt VU A1 25 II A LRnt VU A2, A5, A6 24 Philomachus pugnax (Linnaeus, 1758) I, II/2, III Phoenicopterus roseus Pallas, 1811 I II A DE C1 25, 62 Platalea leucorodia Linnaeus, 1758 A DE A1, C1 25, 62 Podiceps auritus (Linnaeus, 1758) I II I, II/2, III III/2 I II Podiceps nigricollis C.L. Brehm, 1831 I II A Porzana parva (Scopoli, 1769) I II CR A1 25 Porzana porzana (Linnaeus, 1766) I II EN A1, D1 25, 62 Recurvirostra avosetta Linnaeus, 1758 I II LRnt A1 25, 62 Sterna albifrons Pallas, 1764 I II VU Sterna caspia Pallas, 1770 I III NE Sterna hirundo Linnaeus, 1758 I II LRnt Sterna sandvicensis Latham, 1787 I II VU Pluvialis apricaria (Linnaeus, 1758) Tadorna tadorna (Linnaeus, 1758) II 25, 62 A 24, 25, 62 25 A A NE EN NE CR CR NE C1 24, 25, 61 A1, A2 25, 62 C1 25, 62 A1, A2, A6, B8 25, 62 A1, C1 25, 62 A1, C1 25, 62 Tringa glareola Linnaeus, 1758 I II 25, 62 Xenus cinereus (Güldenstadt, 1775) I III 62 Forapaglie castagnolo Acrocephalus melanopogon Fauna d’Italia 110.578.0.003.0 Codice Euring 12410 Ordine Passeriformi Famiglia Silvidi Categoria UICN Status in Italia Vulnerabile Piano di Gestione delle Acque del distretto idrografico del fiume Serchio 123 Integrazioni – Documento 1 Status in Toscana Vulnerabile Livello di Rarità Regionale Allegati Direttiva Uccelli I Riassunto Passeriforme tipico delle paludi con rilevanti estensioni di formazioni elofitiche sufficientemente diversificate, in Toscana il forapaglie castagnolo è attualmente presente in un numero limitato di siti, dove può essere minacciato dall’evoluzione della vegetazione o dalla gestione dei livelli idrici. La popolazione nidificante nella regione ha una consistenza valutata, nel 2000, in 700-890 coppie, ridotta negli ultimi anni per estinzioni locali. Distribuzione e tendenza della popolazione Questa specie è distribuita esclusivamente nel Paleartico centro-meridionale; in Toscana è specie almeno parzialmente sedentaria, i cui contingenti sono arricchiti da individui migratori e svernanti provenienti dai quartieri di nidificazione più settentrionali. La Toscana fa parte pertanto di un areale più vasto. La specie non è oggetto di monitoraggi specifici, ma in virtù della buona conoscenza dell’avifauna delle zone umide, la sua distribuzione riproduttiva appare nota in dettaglio: essa si concentra sostanzialmente nelle zone umide della Toscana settentrionale e della maremma livornese-grossetana. Il maggior numero di coppie si concentra nell’area del Lago di Massaciuccoli, dove nel 2000 hanno nidificato tra le 500 e le 580 coppie, e del lago di Porta, con 40-65 coppie stimate nel 2001; tra le aree interne interessate dalla nidificazione, l’unica popolazione di un certo rilievo appare quella del Padule di Fucecchio, con 160-220 coppie stimate. I laghi di Chiusi e Montepulciano ospitano un numero limitatissimo di coppie (stimate 7-15 nel 2000), così come il Padule di Scarlino (10-15 coppie). Da altre aree umide interne provengono solo segnalazioni sporadiche (ad es. stagni della piana fiorentina, ANPIL di Bottaccio e Tanali). La popolazione nidificante toscana era stimata, fino al 1996, in 1.000-2.500 coppie e ritenuta in diminuzione; alla luce dei dati degli ultimi anni tale numero appare eccessivo, tanto che la stima più recente (2000) è di 700-890 coppie. Durante l’inverno il forapaglie castagnolo è più diffuso ed è presente anche in zone umide minori; la popolazione svernante è stimata in oltre 10000 individui. Ecologia Il forapaglie castagnolo è presente nelle zone umide con folta copertura elofitica, spesso bistratificata a dominanza di Phragmites australis, Carex sp. pl., Scirpus maritimus e Cladium mariscus; le formazioni di quest’ultima specie, anche se monospecifiche o quasi, possono essere occupate con densità elevate (come avviene nel Lago di Massaciuccoli). È necessario che nei territori di nidificazione il suolo permanga allagato o molto umido nel periodo riproduttivo. Cause di minaccia La specie ha risentito in passato della bonifica delle zone umide; più recentemente, le modificazioni incorse in uno dei principali siti nazionali di nidificazione, il Padule di Castiglion della Pescaia, ne hanno provocato l’estinzione locale e hanno ulteriormente ridotto la consistenza della specie. L’evoluzione della vegetazione palustre, con la graduale infiltrazione di arbusti ed alberi nei canneti, così come il prosciugamento dei canneti in periodo riproduttivo, possono incidere negativamente sulle popolazioni nidificanti. Misure per la conservazione Il ripristino di condizioni dulcicole nel Padule di Castiglion della Pescaia porterebbe probabilmente ad una ricolonizzazione di questo sito da parte della specie. Il mantenimento di formazioni elofitiche diversificate e prive di essenze arboree ed arbustive, ottenuto mediante il taglio periodico a rotazione dei canneti stessi, e un’attenta gestione dei livelli dell’acqua sono probabilmente le principali misure gestionali da adottare nelle aree di nidificazione. In Emilia Romagna, la creazione di nuove zone umide tramite riallagamento (ad esempio di coltivi abbandonati), secondo le indicazioni del Piano di Sviluppo Rurale, ha dato ottimi risultati. Bibliografia ragionata Le informazioni disponibili su distribuzione e status della specie in Toscana, aggiornate al 1996, sono sintetizzate nell’Atlante della Toscana (Baccetti in Tellini Florenzano et al., 1997). Quaglierini (2001), riporta informazioni, aggiornate al 2000, in uno studio specifico sulla distribuzione del forapaglie castagnolo in Italia. Altri dati sono reperibili in pubblicazioni relative a singole aree della Toscana (Corsi I. et al., 2000; Corsi F. et al., 1999; LIPU, 1999; Quaglierini, 2000; Venturato et al., 2001). Segnalazioni presenti nell’archivio 204 Piano di Gestione delle Acque del distretto idrografico del fiume Serchio 124 Integrazioni – Documento 1 Pagliarolo Acrocephalus paludicola Codice Fauna d’Italia110.578.0.004.0 Codice Euring 12420 Ordine Passeriformi Famiglia Silvidi Categoria UICN Vulnerabile Status in Italia Estinto Status in Toscana Livello di Rarità Regionale Allegati Direttiva Uccelli I Riassunto Il pagliarolo si è estinto come nidificante in Toscana nel IXX secolo, analogamente a quanto è avvenuto in ampie porzioni del suo areale centro-europeo, principalmente a causa della bonifica delle zone umide. Oggi questa specie è considerata in forte diminuzione o a rischio di estinzione in quasi tutti i paesi dove è ancora presente, anche se non è ben noto il suo status nell’ex-URSS. In Toscana è attualmente una specie migratrice molto rara. Distribuzione e tendenza della popolazione L’areale di distribuzione è poco noto, ma comprende principalmente l’Europa orientale, dove è comunque frammentato a causa della ristretta adattabilità della specie. Rispetto al diciannovesimo secolo la specie appare drasticamente diminuita, essendo praticamente scomparsa dall’Europa occidentale; anche le popolazioni dell’Europa orientale appaiono in riduzione, sebbene lo status di conservazione delle popolazioni dell’ex URSS non sia noto in dettaglio. In Toscana si è estinto come nidificante a causa delle grandi bonifiche ottocentesche ed è ora presente esclusivamente in migrazione, con pochissimi individui: segnalazioni recenti provengono dall’isola di Capraia, dal lago di Massaciuccoli e dagli stagni della piana fiorentina. Ecologia Nidifica in aree palustri con estesa copertura vegetale di carici e giunchi, contenuta in altezza. Durante le migrazioni frequenta preferenzialmente aree come quelle sopra descritte, anche se si adatta anche ad altre tipologie di zone umide. Cause di minaccia La scomparsa e l’alterazione delle zone umide, e più precisamente i cambiamenti nella struttura e composizione della vegetazione legati all’eutrofizzazione, sono ritenute le principali minacce per la specie in tutto il suo areale di nidificazione. Misure per la conservazione La creazione o il ripristino di zone umide con adeguate caratteristiche vegetazionali sono le principali misure di conservazione per il pagliarolo, anche se attualmente una sua nuova colonizzazione della Toscana non sembra possibile. Bibliografia ragionata La specie non è trattata nell’Atlante della Toscana in quanto non nidificante né svernante. I pochissimi dati recenti sulla specie in Toscana si ritrovano nell’archivio del Centro Ornitologico Toscano, in quello dell’Istituto Nazionale per la Fauna Selvatica e in una pubblicazione della LIPU (1999), riguardante le specie presenti nella piana di Firenze-PratoPistoia. Segnalazioni presenti nell’archivio 10 Martin pescatore Alcedo atthis Codice Fauna d’Italia 110.536.0.001.0 Codice Euring 08310 Ordine Coraciformi Famiglia Alcedinidi Categoria UICN Piano di Gestione delle Acque del distretto idrografico del fiume Serchio 125 Integrazioni – Documento 1 Status in Italia Prossimo alla minaccia Status in Toscana Minima preoccupazione Livello di Rarità Regionale Allegati Direttiva Uccelli I Riassunto Il martin pescatore nidifica in Toscana con 300-1000 coppie e, sebbene al momento non appaia minacciato, risente negativamente dell’inquinamento idrico e della rarefazione di habitat idonei alla nidificazione. E’ presente anche in inverno con contingenti variabili stimati in 1000-3000 individui. In Europa è ritenuto in moderato declino. Sia a livello europeo che locale, la conservazione della specie è legata alla tutela degli ecosistemi fluviali. Distribuzione e tendenza della popolazione Specie ampiamente distribuita in Europa, Asia e Africa, in Italia è molto diffusa nel centro-nord, ove nidifica in tutti gli habitat adatti dal livello del mare fino a circa 500 m s.l.m., con punte ampiamente superiori. Nelle regioni meridionali la distribuzione si fa più irregolare e il numero di coppie nidificanti appare ridotto, probabilmente a causa della mancanza di ambienti idonei. La popolazione europea è in moderato declino e l’Italia figura tra i paesi nei quali tale decremento sembra più consistente. La popolazione toscana è migratrice a medio e corto raggio, forse in parte sedentaria. Come nidificante si distribuisce su tutto il territorio regionale in relazione alla presenza di siti idonei (laghi, fiumi, torrenti, ecc.), dal livello del mare fino a 600-700 m s.l.m. Ecologia In periodo riproduttivo frequenta corsi d’acqua poco profondi e con andamento lento. Predilige acque chiare ma può tollerare ambienti eutrofici purché ricchi di pesci della taglia adeguata (inferiore a 10 cm di lunghezza). Nidifica in gallerie che scava in argini di verticali di terra, anche di limitata estensione, con vegetazione scarsa o assente. In caso di assenza di argini adatti può nidificare a una certa distanza dall’acqua. Il nido è un tunnel lungo da 40 a 100 cm, di sezione circolare, al termine del quale si trova una camera in cui vengono deposte le uova. Cause di minaccia Il martin pescatore risulta molto sensibile all’andamento stagionale: a inverni particolarmente rigidi (con fiumi ghiacciati) seguono crolli delle popolazioni. Tuttavia l’elevata prolificità consente alla specie di ristabilire i propri contingenti numerici in alcuni anni. Il declino a lungo termine è invece da attribuirsi all’inquinamento delle acque e, presumibilmente in maggior misura, alla canalizzazione e cementificazione dei corsi d’acqua e alla conseguente riduzione dei siti idonei alla nidificazione. A livello regionale i fattori climatici sembrano avere influenza minore. Misure per la conservazione Le azioni necessarie sono di facile identificazione: rinaturalizzazione degli alvei fluviali e in particolare conservazione degli argini naturali; miglioramento della qualità delle acque fluviali. Bibliografia ragionata Le informazioni disponibili su distribuzione e status della specie in Toscana, aggiornate al 1996, sono sintetizzate nell’Atlante della Toscana (Ioalé in Tellini Florenzano et al., 1997). Segnalazioni e informazioni sulla nidificazione della specie, successive al 1996, sono presenti in numerosi studi effettuati in varie zone umide toscane (LIPU, 1999; Quaglierini, 2000; Gustin et al., 2001; Manganelli et al., 2001; Venturato et al., 2001; Dinetti, 2002). Segnalazioni presenti nell’archivio 391 Airone rosso Ardea purpurea Codice Fauna d’Italia 110.421.0.002.0 Codice Euring 01240 Ordine Ciconiformi Famiglia Ardeidi Categoria UICN Status in Italia Prossimo alla minaccia Status in Toscana Vulnerabile Livello di Rarità Regionale Allegati Direttiva Uccelli I Piano di Gestione delle Acque del distretto idrografico del fiume Serchio 126 Integrazioni – Documento 1 Riassunto In Toscana è presente lungo la costa e, nell’interno, presso il Padule di Fucecchio e nell’alta Val di Chiana. La popolazione nidificante toscana, stimabile in circa 175 coppie, è in aumento, anche se si sono registrate modifiche nell’areale distributivo e fluttuazioni nel numero di coppie nidificanti. Nidifica in colonie entro canneti o su formazioni arbustive e arboree ripariali, in prossimità di zone umide. Tagli, incendi e altri interventi diretti sulle garzaie, insieme alle variazioni del livello e delle caratteristiche delle acque costituiscono serie minacce. Occorre mantenere gli attuali livelli di tutela con particolare attenzione alla gestione idraulica durante il periodo primaverile-estivo. L’eliminazione del processo di salinizzazione del padule della Diaccia Botrona favorirebbe la diffusione del fragmiteto ed il possibile ritorno della specie. Distribuzione e tendenza della popolazione Specie distribuita nel Paleartico, nell’Africa tropicale e nella regione Asiatica, in Italia è migratrice, nidificante, diffusa soprattutto al nord; molto più localizzata al centro-sud e in Sardegna; svernante irregolare. In Toscana è migratrice e nidificante; la nidificazione è stata accertata, nel corso degli ultimi anni, all’interno di 6 garzaie: nel padule di Massaciuccoli (LU), in località Fornace Arnaccio (LI), nel Padule di Fucecchio (PT), a Ponte a Buriano (AR), nel Padule della Diaccia Botrona (GR), presso i Laghi di Montepulciano e di Chiusi (SI); dal 1995 si è estinto nel padule della Diaccia Botrona, per le intervenute modifiche ambientali. Dai dati di un censimento regionale effettuato nel 2002 risulta che circa 175 coppie hanno nidificato in quattro garzaie (Padule di Fucecchio, padule di Massaciuccoli, Lago di Montepulciano, Fornace Arnaccio). La popolazione toscana risulta in aumento almeno in relazione all’andamento degli ultimi venti anni, anche se si sono registrate modifiche nell’areale distributivo e fluttuazioni nel numero di coppie nidificanti; la garzaia del padule di Massaciuccoli sostiene circa l’80% dell’intera popolazione toscana. A livello italiano e comunitario la popolazione appare in largo declino numerico e di areale. Ecologia Specie gregaria in periodo riproduttivo, nidifica principalmente in formazioni di elofite a Phragmites australis, sebbene siano noti, anche per la Toscana, siti di nidificazione su formazioni arbustive (saliceti) e arboree (saliceti, ontanete, pinete) ripariali. Nel canneto i nidi sono posti ad altezza inferiori al metro, lontani dall’acqua, mentre su alberi e arbusti l’altezza dei nidi è assai variabile, disponendosi tra 2 e 20 metri. Spesso le colonie sono monospecifiche, come avviene nelle quattro garzaie toscane, ma altrove all’Airone rosso possono associarsi anche nitticora Nycticorax nycticorax, garzetta Egretta garzetta, sgarza ciuffetto Ardeola ralloides e airone cenerino Ardea cinerea; nelle colonie miste i nidi di Airone rosso sono isolati o a piccoli gruppi. Le colonie sono poste in prossimità di zone umide, utilizzate come zone di alimentazione (pesci, anfibi, insetti, crostacei). Cause di minaccia Qualsiasi intervento diretto sui siti riproduttivi (soprattutto taglio o bruciatura del canneto e delle alberature) porta alla locale scomparsa o alla drastica diminuzione della specie. Anche le variazioni di salinità delle acque, riducendo o eliminando il canneto, costituiscono una seria minaccia alla sopravvivenza della colonia, estinta per questo motivo dal padule della Diaccia Botrona. La garzaia del lago di Montepulciano è minacciata dal prelievo di acqua effettuato in primavera a scopi irrigui; la mancanza di acqua può provocare l’abbandono del sito e comunque facilita la predazione dei nidi. La specie era inserita nella Lista rossa degli uccelli nidificanti in Toscana tra le specie rare, a causa delle ridotte dimensioni della sua popolazione. Misure per la conservazione Trattandosi di specie sensibile alle modifiche ambientali ed al disturbo antropico, occorre prestare particolare attenzione agli interventi gestionali. Particolare cura andrà posta nella gestione idraulica durante il periodo primaverile-estivo e alla limitazione delle esistenti fonti di disturbo antropico. Occorre anche garantire futuri interventi gestionali che favoriscano la specie, rivolti all’area circostante (aree di alimentazione, individuazione di siti alternativi). L’eliminazione dell’impianto di piscicoltura e la gestione idrologica del padule della Diaccia Botrona, se attuate, favorirebbero la diffusione del fragmiteto e il possibile ritorno della specie. Bibliografia ragionata Le informazioni disponibili su distribuzione e status della specie in Toscana, aggiornate al 1996, sono sintetizzate nell’Atlante della Toscana (Baccetti in Tellini Florenzano et al., 1997). Un’esame dettagliato della garzaia del lago di Montepulciano è stato realizzato da A. Benocci e F. Pezzo in una recente pubblicazione di Scoccianti e Tinarelli (1999), relativa alle garzaie toscane. Corsi et al. (2000) e Bartolini et al. (2001) riportano i risultati di uno studio relativo alle Piano di Gestione delle Acque del distretto idrografico del fiume Serchio 127 Integrazioni – Documento 1 garzaie del Padule di Fucecchio. Altre segnalazioni riguardanti alcune delle più importanti aree umide toscane sono contenute in Venturato et al. (2001). Informazioni sull’ecologia e la distribuzione italiana della specie sono fornite da Barbieri e Brichetti in Brichetti et al. (1992). Segnalazioni presenti nell’archivio 104 Sgarza ciuffetto Ardeola ralloides Codice Fauna d’Italia 110.418.0.001.0 Codice Euring 01080 Ordine Ciconiformi Famiglia Ardeidi Categoria UICN Status in Italia Vulnerabile Status in Toscana Vulnerabile Livello di Rarità Allegati Direttiva Uccelli I Riassunto La sgarza ciuffetto nidifica in Toscana in cinque siti, con 55-60 coppie. La popolazione toscana è in lento ma progressivo aumento numerico, come nel resto d’Italia. Nidifica in zone umide d’acqua dolce, in boschetti di specie igrofile. La ridotta consistenza numerica, la concentrazione della popolazione in pochissimi siti e alcune cause di minaccia ai siti riproduttivi e alle aree palustri limitrofe rendono la specie vulnerabile. La tutela dei siti riproduttivi e il recupero delle zone umide interessate dalla presenza della specie sono le principali misure da adottare. Distribuzione e tendenza della popolazione Specie monotipica a distribuzione paleartica-afrotropicale, in Toscana è regolarmente presente nel periodo estivo, da aprile e settembre, e nidificante; accidentale in inverno. Le colonie dove la nidificazione avviene regolarmente sono situate presso il Padule di Fucecchio, nella Piana fiorentina, dal 2002, al Poderaccio (nei pressi della confluenza tra i fiumi Greve e Arno), nei laghi di Figline; nel lago di Chiusi ha nidificato regolarmente fino al 2001. Nella Piana fiorentina fra Firenze e Prato ha nidificato dal 1996 al 2000 nella garzaia dei Renai di Signa; nel 1981 inoltre, la specie nidificò con una coppia in località Fornace Arnaccio, nel Comune di Collesalvetti, in associazione con l’airone rosso. Il nucleo più importante è costituito dalle colonie del Padule di Fucecchio, che comprendono circa il 90% delle coppie nidificanti in Toscana. Negli ultimi due decenni la popolazione toscana di sgarza ciuffetto ha occupato, seppur non regolarmente, nuovi siti riproduttivi e ha mostrato un lento ma progressivo aumento numerico (55-60 coppie nel 2002), come nel resto del Paese, dovuto principalmente alle colonie del padule di Fucecchio. Ecologia La sgarza ciuffetto frequenta principalmente zone umide d’acqua dolce quali laghi e paludi; si nutre principalmente di insetti acquatici e loro larve, ma anche insetti terresti, di anfibi e piccoli pesci. In Toscana la nidificazione avviene generalmente in boschetti di essenze igrofile (in massima parte di Salix sp. pl.) ma, come nel caso della ex-colonia di Casabianca, presso il Padule di Fucecchio può avvenire anche in formazioni miste collinari a dominanza di altre essenze quali Pinus pinaster, P. pinea e Quercus cerris. La colonia citata era inoltre situata ad alcuni chilometri di distanza dalle principali aree di alimentazione. Tutte le colonie toscane sono miste con garzetta (Egretta garzetta) e nitticora (Nycticorax nycticorax); nella colonia di Porto dell’Uggia (nel Padule di Fucecchio) sono inoltre presenti coppie di airone guardabuoi (Bubulcus ibis) e mignattaio (Plegadis falcinellus). Cause di minaccia In Toscana la ridotta consistenza numerica e la concentrazione della popolazione in pochissimi siti rendono la specie di per sé vulnerabile. Il recente abbandono di alcuni siti riproduttivi (garzaie di Casabianca, di Chiusi, dei Renai di Signa) è probabilmente dovuto a cause antropiche (incendi, disturbo in periodo riproduttivo), favorito dall’abbassamento del livello delle acque; localmente può influire negativamente anche la pesca dilettantistica o professionale, che può provocare morti accidentali. Le principali problematiche che affliggono le aree palustri più importanti per la specie (eutrofizzazione, interrimento, gestione della vegetazione e del livello delle acque non sempre finalizzata a obiettivi conservazionistici) sono da considerare importanti cause di minaccia. Misure per la conservazione Piano di Gestione delle Acque del distretto idrografico del fiume Serchio 128 Integrazioni – Documento 1 La tutela e il recupero delle zone umide interessate dalla presenza della specie sono le principali misure da adottare. La protezione con specifici atti normativi dei siti riproduttivi può rappresentare un primo importante passo per garantire futuri interventi gestionali che favoriscano la specie, rivolti sia al sito che all’area circostante (aree di alimentazione, individuazione di siti alternativi). Inoltre, la realizzazione di ulteriori ambienti umidi mediante il riallagamento di ex coltivi potrebbe permettere un ulteriore e significativo aumento dei contingenti nidificanti in Toscana. Bibliografia ragionata Le informazioni disponibili su distribuzione e status della specie in Toscana, aggiornate al 1996, sono sintetizzate nell’Atlante della Toscana (Barlettani in Tellini Florenzano et al., 1997). La situazione invernale italiana è sintetizzata da Serra et al. (1997. Un’esame dettagliato delle garzaie è contenuto in una recente pubblicazione di Scoccianti e Tinarelli (1999), relativa alle colonie toscane. Dati recenti sulle garzaie del Padule di Fucecchio sono contenuti in Corsi et al. (2000) e Bartolini et al. (2001). Altre segnalazioni sono contenute in vari studi a scala locale (LIPU, 1999; Venturato et al., 2001; Quaglierini et al., 2001; Lebboroni et al., 2001; Dinetti, 2002). I risultati di un censimento di tutte le garzaie italiane (Censimento Nazionale Garzaie Italia 2002), organizzato dal CISO e coordinato per la Toscana dal Centro Ornitologico Toscano, sono ad oggi inediti. Segnalazioni presenti nell’archivio 55 Moretta tabaccata Aythya nyroca Codice Fauna d’Italia 110.434.0.004.0 Codice Euring 02020 Ordine Anseriformes Famiglia Anatidae Categoria UICN Prossimo alla minaccia Status in Italia In pericolo critico Status in Toscana In pericolo critico Livello di Rarità Regionale Allegati Direttiva Uccelli I Riassunto La Moretta tabaccata in Toscana nidifica con 1-5 coppie e sverna in numero fluttuante (picco massimo: 27 indd. nel 1992). La popolazione, attualmente estremamente ridotta, ha subito un forte calo in questo secolo a causa della rarefazione-degradazione degli habitat e della pressione venatoria. La specie non è cacciabile dal 1977, ma ulteriori misure di protezione sono necessarie ai fini della sua conservazione. Distribuzione e tendenza della popolazione Specie a corologia euro-turanica. In Italia è presente come migratrice regolare, svernante e localmente nidificante, con una popolazione nidificante stimata in 30-50 coppie. La specie frequenta la penisola italiana soprattutto durante i movimenti migratori, in settembre-novembre e marzo-aprile. Tuttavia, si sono riscontrati casi di individui sedentari in alcune zone umide nella porzione più meridionale dell’areale di nidificazione. Negli ultimi decenni si è assistito a un forte declino delle popolazioni nidificanti nel Mediterraneo occidentale e nell’Europa centro orientale. Durante il periodo invernale la specie occupa un maggior numero di siti e, seppur con notevoli oscillazioni annuali, è diffusa in Italia con circa 200-250 individui. In Toscana la Moretta tabaccata risulta presente come migratrice e svernante, nidificante irregolare. Le coppie nidificanti sono stimate in numero di 1-5, negli ultimi anni limitate ai laghi di Burano e Montepulciano; negli anni ’80 segnalazioni di possibili casi nella Laguna di Orbetello e nel Padule di Fucecchio. Ad oggi verosimilmente non si può parlare di una vera popolazione nidificante, ma di singole coppie provenienti da altre aree. La Moretta tabaccata era inserita anche nella precedente Lista Rossa toscana come specie minacciata di estinzione. Nel passato era sicuramente più comune in tutte le principali zone umide sia come nidificante che come svernante. Un picco di presenza invernale è stato registrato nel 1992 con 27 individui (la maggior parte dei quali nel Lago di Burano). Ecologia Durante il periodo riproduttivo la specie frequenta zone umide d’acqua dolce o debolmente salmastra caratterizzate dalla presenza di specchi d’acqua libera sufficientemente vasti (superiori a mezzo ettaro) alternati a vegetazione palustre a Phragmites, Cladium, Typha ecc. La Moretta tabaccata si nutre in genere immergendosi completamente in acque profonde almeno cinquanta centimetri. Durante lo svernamento o in periodo migratorio la specie frequenta Piano di Gestione delle Acque del distretto idrografico del fiume Serchio 129 Integrazioni – Documento 1 ambienti umidi più vari (anche artificiali) e con acque poco profonde. A differenza della maggior parte delle anatre, mostra un comportamento poco gregario. Cause di minaccia In relazione al suo precario stato di conservazione, la Moretta tabaccata è considerata globalmente minacciata e vulnerabile, con popolazioni in forte declino. Le principali cause vanno ricercate nella bonifica (in passato) e degradazione delle zone umide d’acqua dolce (ad es.: eutrofizzazione del Lago di Massaciuccoli) e nell’attività venatoria, sia come prelievo diretto che come fonte di disturbo. La caccia, infatti, impedisce la sosta e lo sfruttamento delle risorse alimentari durante tutto il periodo di svernamento nelle aree non protette. A queste cause va aggiunto inoltre l’effetto dell’inquinamento da piombo (pallini da caccia) capace di provocare danni letali soprattutto nelle anatre tuffatrici. Tali fattori agiscono in modo più o meno importante su tutti gli Anatidi; il loro impatto risulta particolarmente grave su questa specie per la ridotta consistenza della popolazione e per la sua sedentarietà. Misure per la conservazione La salvaguardia e il ripristino degli ambienti acquatici idonei delle principali zone umide risultano fondamentali per la conservazione della Moretta tabaccata. Nelle zone più idonee è essenziale anche la cessazione totale, o quanto meno su vaste aree, dell’attività venatoria; nel Lago di Montepulciano, ad esempio, si è assistito al reinsediamento spontaneo di coppie nidificanti, dopo la chiusura della caccia. Per la conservazione della specie sono stati realizzati anche progetti di reintroduzione (Lago di Burano) a cura del WWF Italia. Bibliografia ragionata Le informazioni disponibili sulla distribuzione e sullo status della specie in Toscana, aggiornate al 1997, sono sintetizzate nell’Atlante della Toscana (Arcamone in Tellini Florenzano et al., 1997). I dati sullo svernamento, derivanti dai censimenti effettuati ogni anno a metà gennaio in tutta la regione, sono disponibili in forma di rapporti annuali presso la Regione Toscana e organizzati su supporto informatico nell’archivio del Centro Ornitologico Toscano. Segnalazioni presenti nell’archivio 268 Tarabuso Botaurus stellaris Fauna d’Italia 110.415.0.001.0 Codice Euring 00950 Ordine Ciconiformi Famiglia Ardeidi Categoria UICN Status in Italia In pericolo Status in Toscana In pericolo critico Livello di Rarità Regionale Allegati Direttiva Uccelli I Riassunto Il tarabuso è una specie molto specializzata, che vive nelle formazioni a elofite, in particolare fragmiteti, strutturalmente variate, allagate e ricche di prede. In diminuzione su gran parte dell’areale, in Toscana ha fatto registrare negli ultimi anni un forte dinamismo, con la perdita dell’importante popolazione di Castiglione della Pescaia, l’incremento e la successiva diminuzione di quella di Massaciuccoli, e la presenza discontinua in siti secondari. La popolazione toscana riveste una rilevante importanza a livello nazionale, ma la consistenza comunque contenuta, la localizzazione della popolazione in pochi siti dove sussistono problemi locali di inquinamento ed alterazione delle condizioni ecologiche, ne mettono in pericolo la sopravvivenza. Distribuzione e tendenza della popolazione Distribuito nelle regioni Paleartica ed Etiopica, presenta nella porzione occidentale dell’areale un’elevata frammentazione delle popolazioni. In Toscana è risultato presente negli ultimi 10 anni nelle maggiori aree palustri (sette siti), sebbene in alcuni di essi in maniera discontinua. Probabilmente, i movimenti dispersivi dei giovani e l’afflusso degli svernanti fanno sì che queste popolazioni non siano isolate. Censimenti condotti sull’intero territorio regionale e studi dettagliati nei principali siti forniscono un quadro completo sulla presenza della specie in periodo riproduttivo. Il numero di maschi in canto (unica frazione della popolazione censibile) è risultato di 25-36 alla metà degli anni ‘90, ridotti a circa 10 ai primi anni del 2000. La specie ha avuto un chiaro aumento fra gli anni ’80 e la metà Piano di Gestione delle Acque del distretto idrografico del fiume Serchio 130 Integrazioni – Documento 1 degli anni ’90 del XX secolo (da 5-10 coppie concentrate alla Diaccia Botrona a 24-30 maschi canori nel ’95, di cui 18 a Massaciuccoli), nonostante la progressiva riduzione della popolazione della Diaccia Botrona (da 14-18 coppie nel ’91 risulta oggi estinta) per la salinizzazione dell’area umida e la conseguente diminuzione dei fragmiteti. Negli anni ’90, oltre all’incremento registrato a Massaciuccoli, la specie è stata rilevata anche in zone umide minori dove precedentemente era sicuramente assente (Lago di Porta, MS; Biscottino, LI; Orti-Bottagone, LI; Padule di Scarlino, GR). Successivamente al 1998 la popolazione di Massaciuccoli si è ridotta a circa 5 maschi in canto, mentre nei siti minori non è stata confermata. Le popolazioni nidificanti sono presenti tutto l’anno, ma durante l’inverno il tarabuso è più diffuso e abbondante, anche se il numero di individui svernanti è praticamente impossibile da stimare a causa dell’elusività della specie. Negli ultimi 5-6 anni potrebbe essere più diffuso che in passato, sono infatti pervenute segnalazioni da località dove questa specie non era stata precedentemente segnalata. Ecologia Il tarabuso nidifica in aree palustri con estesa copertura ad elofite, in particolare Phragmites australis, inondate e con abbondante presenza di prede; sono favorite le aree con una complessa rete idrica (canali, fossi e chiari), che favoriscono una diffusione capillare delle prede e danno luogo a un’elevata diversità ambientale anche su superfici ristrette. Sono poco gradite le aree con marcate fluttuazioni del livello dell’acqua, mentre i siti di estensione inferiore a 30-40 ettari difficilmente sono in grado di sostenere una popolazione, anche di piccole dimensioni; in aree planiziali dove siano presenti dei sistemi complessi di zone umide adatte alla specie, questa appare in grado di costituire delle metapopolazioni con le singole coppie che possono insediarsi anche in piccole zone umide (con un minimo di 2 ha di canneto). Ad un’alta selettività in termini di habitat si contrappone un forte eclettismo alimentare: la dieta del tarabuso include non soltanto pesci e anfibi, senz’altro le specie in generale più catturate, ma anche un gran numero di invertebrati, roditori, ecc.. Negli ultimi anni, in alcuni siti (ad es. Massaciuccoli), l’alloctono gambero della Louisiana (Procambarus clarkii) è divenuto una delle componenti principali della dieta del tarabuso. Cause di minaccia La specie è minacciata in tutto il suo areale dalla perdita di habitat dovuta alla bonifica, e dal loro deterioramento, dovuto all’evoluzione della vegetazione verso stadi seriali meno igrofili; un’altra causa di minaccia è costituita dall’impoverimento dei popolamenti di prede, dovuto all’inquinamento e a processi di eutrofizzazione. La concentrazione della popolazione nei pochi siti idonei la rende inoltre particolarmente soggetta a fattori negativi che incidono localmente. La presenza continua in un medesimo sito espone il tarabuso, più di altre specie di aironi, all’accumulo di sostanze tossiche presenti nell’ambiente e quindi nei tessuti delle specie preda; tale fattore è verosimilmente la principale causa del rapido declino della popolazione di Massaciuccoli. Le modificazioni ambientali del padule di Castiglion della Pescaia, con la conseguente perdita della copertura vegetale, costituiscono una seria minaccia per la sopravvivenza del tarabuso, avendo provocato la scomparsa della principale popolazione da cui verosimilmente si irradiavano gli individui rilevati nei siti di minore estensione. Durante lo svernamento, il disturbo antropico e gli abbattimenti illegali possono incidere localmente su piccole popolazioni svernanti o pregiudicarne l’esistenza stessa. Misure per la conservazione Il ripristino di zone umide e la loro gestione attiva, volta a favorire un’elevata diversificazione della vegetazione e della loro rete idrica, sono le principali misure che potrebbero favorire un incremento della popolazione. Le principali linee guida per la gestione delle aree palustri dovrebbero pertanto prevedere un piano di tagli a rotazione della vegetazione, in modo da favorire la presenza di canneti con differenti densità, definiti in base all’idrologia dell’area. Il recupero a condizioni dulcicole del padule di Castiglion della Pescaia è di urgenza strettissima. A livello regionale risulta di particolare importanza assicurare che le principali e più estese aree palustri offrano idonee condizioni per la presenza di nuclei stabili della specie. A tal fine si possono indicare i seguenti obiettivi: buona qualità delle acque; mantenimento di alti livelli di allagamento invernali-primaverili, senza marcate e rapide fluttuazioni in periodo di nidificazione; gestione della vegetazione secondo piani di taglio a rotazione su parcelle individuate in base all’idrologia del sito. Il riallagamento di terreni bonificati e messi in set-aside ha dato in altre regioni italiane risultati molto positivi. Bibliografia ragionata L’andamento della popolazione nidificante toscana, censita dal Dipartimento di Etologia Ecologia ed Evoluzione dell’Università di Pisa in collaborazione con il Centro Ornitologico Toscano, è riportato fino al 1997 da Puglisi et al. (1997), mentre Puglisi et al. (1995a e b, 1999, 2001), descrivono i termini del decremento della popolazione nidificante a Castiglion della Pescaia ed alcuni aspetti dell’ecologia della specie sia in periodo di svernamento che di Piano di Gestione delle Acque del distretto idrografico del fiume Serchio 131 Integrazioni – Documento 1 nidificazione. Singole segnalazioni di presenza provengono da indagini condotte nel Padule di Scarlino (Corsi et al., 1999). Segnalazioni presenti nell’archivio 164 Occhione Burhinus oedicnemus Fauna d’Italia 110.483.0.001.0 Codice Euring 04590 Ordine Caradriformi Famiglia Burinidi Categoria UICN Status in Italia In pericolo Status in Toscana In pericolo Livello di Rarità Regionale Allegati Direttiva Uccelli I Riassunto Legato agli ambienti aridi con scarsa copertura vegetale, in Toscana l’occhione è nidificante estiva e parzialmente svernante. La popolazione toscana è oggi molto meglio conosciuta che in passato. Le cause di minaccia per questa specie sono da ricercare principalmente nella perdita dell’habitat dovuta all’abbandono o alla progressiva riduzione delle forme tradizionali di conduzione dei terreni e alla modifica e cementificazione degli alvei fluviali nelle aree di pianura. Distribuzione e tendenza della popolazione L’occhione è distribuito in maniera discontinua in Europa, Asia e Nord-Africa; è presente nelle aree costiere e collinari della Toscana meridionale e con nuclei puntiformi nella parte centrale e settentrionale della regione, con una popolazione in continuità con quelle del Lazio. La specie è nidificante estiva ma anche parzialmente svernante, poiché un nucleo di 10-20 individui passa l’inverno nelle pianure del Parco della Maremma. La consistenza della popolazione nidificante è difficilmente stimabile, perché non è oggetto di rilievi, che devono essere necessariamente mirati a causa delle abitudini notturne ed elusive della specie; le coppie nidificanti possono essere stimate in 75-200, per lo più concentrate nel grossetano e nel senese. In particolare, per quanto riguarda queste due province, studi specifici recenti e ad oggi inediti riportano la distribuzione dell’occhione in Val d’Orcia e nella Valle del Trasubbie. Nel primo caso è stata indagata un’area di circa 250 km quadrati, comprendente parte del corso del Fiume Orcia e del Torrente Formone; nei due anni d’indagine (1999 e 2000) è stata rilevata la presenza rispettivamente di 12 e 15 individui nel periodo giugno-luglio. Nel secondo sito, il censimento condotto con il metodo del play back, ha evidenziato la presenza di un numero non usuale di maschi: 22 individui diversi su un’area di studio di circa 13 km quadrati. In entrambi i casi tali studi hanno permesso di valutare l’effettiva consistenza delle popolazioni di occhione, difficilmente censibile con metodi non specifici, e di poter affermare l’importanza di queste due aree per la sua riproduzione. Storicamente era molto più diffuso e comune, non vi sono invece indicazioni sull’andamento della popolazione negli ultimi decenni. Il valore notevolmente più elevato della stima fornita in questa sede rispetto a quella del 1997, riportata nell’Atlante della Toscana (20-40 cp), è riferibile solo al miglioramento delle conoscenze. Ecologia L’occhione si riproduce in terreni aperti e asciutti, con copertura del suolo scarsa e ridotta in altezza. Lo si ritrova pertanto negli ampi alvei fluviali o comunque su suoli sassosi, su terreni aridi, pascoli magri, dune sabbiose, salicornieti, garighe rade e coltivi, purché con copertura del terreno scarsa o discontinua. Si nutre prevalentemente di insetti che caccia di notte; i terreni di alimentazione possono coincidere o meno con quelli di nidificazione e sono frequenti i casi in cui gli occhioni si portano per alimentarsi su pascoli o campi a qualche chilometro di distanza dal nido. Cause di minaccia La specie ha risentito della modernizzazione delle pratiche colturali, della bonifica delle zone umide salmastre, della cessazione del pascolo e della canalizzazione dei letti fluviali. Localmente la predazione dei nidi da parte di volpi e corvidi, così come gli abbattimenti illegali di individui in fase premigratoria autunnale, possono agire negativamente sulle popolazioni. Piano di Gestione delle Acque del distretto idrografico del fiume Serchio 132 Integrazioni – Documento 1 Misure per la conservazione Le misure più importanti per la conservazione dell’occhione sono probabilmente la conservazione dei residui tratti fluviali con alvei estesi e ben conservati e il mantenimento/incremento del pascolo e delle attività agricole “a basso impatto” in aree marginali o svantaggiate di collina e pianura, all’interno dell’areale regionale della specie. E’ inoltre necessaria la conservazione in assetto naturale dei litorali sabbiosi e delle poche aree estese con mosaici di vegetazione alofila (zone umide costiere del grossetano). La specie sembra essersi avvantaggiata in aree collinari della pratica del set-aside; il prolungato abbandono e le opere di rimboschimento su terreni incolti dovrebbero essere evitati dove è presente l’occhione. Localmente, potrebbe essere valutata l’opportunità di avviare operazioni di controllo dei predatori. Una migliore conoscenza di distribuzione, consistenza numerica e tendenza delle popolazioni, così come dei principali fattori limitanti, è estremamente necessaria anche al fine di definire al meglio le misure di conservazione. Bibliografia ragionata Le notizie riportate da Meschini e Fraschetti (1989) su distribuzione e consistenza dell’Occhione in Toscana, sono state integrate ed ampliate, aggiornate al 1996, nell’Atlante della Toscana (Favilli in Tellini Florenzano et al., 1997). Altre segnalazioni e informazioni generali sulla presenza della specie sono reperibili in vari studi, riferiti ad ambiti territoriali circoscritti (Val d’Orcia, Parco della Maremma, ecc.). Informazioni dettagliate e stime sulla consistenza delle popolazioni nidificanti in due aree del senese e del grossetano (Crete Senesi e Valle del Trasubbie), derivano da due studi inediti (Chechi, 2001; NEMO srl in prep.). Segnalazioni presenti nell’archivio 109 Fratino Charadrius alexandrinus Codice Fauna d’Italia Codice Euring Ordine Caradriformi Famiglia Caradridi Categoria UICN Status in Italia Prossimo alla minaccia Status in Toscana In pericolo Livello di Rarità Regionale Allegati Direttiva Uccelli I Distribuzione e tendenza della popolazione Limicolo a distribuzione cosmopolita, in Toscana è presente sia come nidificante che come svernante, esclusivamente lungo le coste, con maggiore continuità nelle parti meridionali della regione. La specie è stata oggetto di ricerche mirate durante la nidificazione ed è compresa tra quelle interessate dai censimenti invernali degli uccelli acquatici. La popolazione nidificante dovrebbe aggirarsi sulle 50-60 coppie, in diminuzione, concentrate per più della metà lungo le coste meridionali, in continuità on quelle laziali. Durante lo svernamento sono presenti 30-50 individui, per lo più lungo le coste maremmane e nella Laguna di Orbetello; una sola segnalazione per l’arcipelago, all’isola d’Elba. La popolazione svernante è soggetta a marcate fluttuazioni annuali. Ecologia Il fratino è presente quasi esclusivamente su terreni sabbioso, in particolare sulle dune costiere nella prima fascia colonizzata da associazioni psammofile o in salicornieti radi di zone umide costiere o retrodunali. Occasionalmente può nidificare anche su terreni di riporto artificiali. Durante lo svernamento si trova su banchi di fango in aree umide salmastre e lungo le coste, in particolare in prossimità delle foci di fiumi e canali. Cause di minaccia L’erosione delle coste sta provocando la perdita di alcune delle zone occupate dalla specie; il fratino risente negativamente anche della presenza degli impianti balneari e delle attività nautiche, responsabili del disturbo in periodi di nidificazione. E’ ipotizzabile che in alcune aree molto frequentate anche nei mesi primaverili, come ad esempio la foce del Serchio, si verifichino casi di perdita di nidiate a causa della presenza di cani non tenuti al guinzaglio. Nella laguna di Orbetello alcuni siti di origine artificiale occupati negli ultimi anni sono stati recentemente oggetto di ulteriori interventi che li hanno resi, per il momento, inadatti. Piano di Gestione delle Acque del distretto idrografico del fiume Serchio 133 Integrazioni – Documento 1 Misure di conservazione Il mantenimento in assetto naturale delle coste sabbiose e la limitazione, in periodo riproduttivo, del disturbo antropico legato al turismo balneare, sembrano gli interventi prioritari in favore della specie. Nella Laguna di Orbetello occorrerebbe garantire la presenza di aree con vegetazione discontinua e substrato grossolano, quali le casse di colmata soprattutto se isolate rispetto alla terraferma e quindi inaccessibili ai predatori terrestri. Bibliografia ragionata Le informazioni sulla distribuzione e l’ecologia della popolazione toscana di fratino raccolte da Mainardi (1993-1994), in periodo di nidificazione e da Arcamone et al. (1994) in periodo di svernamento sono state poi aggiornate e riassunte nell’Atlante della Toscana (Mainardi in Tellini Florenzano et al., 1997). Altre segnalazioni provengono da una ricerca effettuata in periodo riproduttivo in alcune delle principali zone umide toscane (Venturato et al., 2001) Falco di palude Circus aeruginosus Codice Fauna d’Italia 110.451.0.001.0 Codice Euring 02600 Ordine Accipitriformi Famiglia Accipitridi Categoria UICN Status in Italia In pericolo Status in Toscana In pericolo Livello di Rarità Regionale Allegati Direttiva Uccelli I Riassunto Presente in Toscana sia come svernante che come nidificante. Nella regione è stimata la presenza di 15-20 femmine nidificanti (la specie è poliginica). I principali fattori di minaccia sono rappresentati da modificazioni ambientali delle zone umide (salinizzazione della Diaccia-Botrona) e dagli abbattimenti illegali. Distribuzione e tendenza della popolazione Specie a corologia paleartico-paleotropicale-australasiana con distribuzione discontinua legata alla presenza di ambienti idonei. In Italia è localizzato come nidificante soprattutto nella Pianura Padana, nelle regioni del centro e in Sardegna con un numero totale di coppie stimato intorno a 70. In Toscana è presente come migratore, svernante e nidificante. I siti di maggiore importanza sono distribuiti nelle zone umide costiere: le principali sono il comprensorio di Massaciuccoli (8-11 coppie), il Padule della Diaccia Botrona (3-4 coppie), il Padule di Orti-Bottagone (1-3 coppie), il Padule di Scarlino (1-4 coppie). Per quanto riguarda le aree interne, segnalazioni senza ulteriori prove di nidificazione provengono dal Padule di Fucecchio, dalla piana di Firenze-Prato-Pistoia e dai Laghi di Chiusi e Montepulciano. Altre aree, di importanza minore, sono rappresentate dal Padule della Contessa, dove si sono avuti tentativi di colonizzazione da parte del falco di palude (la modificata gestione idraulica ha portato alla scomparsa del vegetazione palustre), e la palude di Biscottino, dove 1 coppia nidifica regolarmente dagli anni ‘90. In Toscana dovrebbero essere presenti 15-20 femmine nidificanti (i maschi di questa specie sono poliginici). Nel corso del 1900, la specie ha mostrato un notevole declino a causa della riduzione delle zone umide e in seguito ad abbattimenti illegali; a partire dalla metà degli anni ’90 del XX secolo, la popolazione nidificante della Diaccia Botrona si è dimezzata. Negli ultimi anni la tendenza ha subito un’inversione, con ogni probabilità in seguito all’istituzione di aree protette (ad esempio il Padule di Scarlino) e alla diminuzione degli abbattimenti; la popolazione nidificante presso il Lago di Massaciuccoli ha subito un netto incremento. Il livello di conoscenza sulla distribuzione e consistenza della specie, nel periodo riproduttivo, è da considerarsi buono. Ecologia Durante il periodo della nidificazione il falco di palude è strettamente legato alle zone umide (anche salmastre) caratterizzate dalla presenza di estese formazioni elofitiche. Se in prossimità delle zone umide sono presenti notevoli estensioni di aree idonee alla ricerca del cibo (in particolare pianure bonificate ricche di fossi, canali e altre aree periodicamente allagate), all’interno dei canneti i nidi possono essere collocati a breve distanza fra loro. I nidi sono costruiti a terra. Si alimenta soprattutto di piccoli Mammiferi, di uccelli acquatici e, in alcuni casi, di animali morti. Cause di minaccia Piano di Gestione delle Acque del distretto idrografico del fiume Serchio 134 Integrazioni – Documento 1 Attualmente il falco di palude sembra avere, a livello europeo, un favorevole stato di conservazione. Anche in Italia è stabile o in leggero aumento. La popolazione toscana mostra un areale di distribuzione analogo a quello occupato storicamente, tuttavia il degrado di vaste aree ha ridotto l’estensione degli habitat potenzialmente idonei. La salinizzazione della Diaccia-Botrona ha portato, in anni recenti, ad una drastica riduzione dell’idoneità di una delle aree più importanti per la specie a livello regionale. Durante la stagione invernale, gli abbattimenti illegali e il disturbo indiretto dovuto all’attività venatoria rappresentano il maggior problema per la conservazione della specie. Da valutare il pericolo derivante dall’intossicazione da piombo, per la tendenza a predare anatidi feriti o debilitati perché affetti da saturnismo (patologia derivante dall’assorbimento sub-letale di piombo) e il disturbo (con eventuali distruzioni di covate) provocato dagli incendi alla vegetazione elofitica. Misure per la conservazione La conservazione della specie è direttamente correlata alla presenza di aree umide soggette a minimo disturbo antropico e caratterizzate dalla presenza di vaste estensioni di vegetazione elofitica. Inoltre la popolazione nidificante, concentrata in relativamente poche aree, necessita di interventi di risanamento, tutela e gestione ambientale (Lago di Massaciuccoli, Padule di Scarlino) e della diminuzione del livello di salinità delle acque almeno in parte della superficie della Diaccia-Botrona. Bibliografia ragionata Le informazioni disponibili su distribuzione e status della popolazione nidificante e svernante in Toscana, aggiornate al 1996, sono sintetizzate nell’Atlante della Toscana (Pezzo in Tellini Florenzano et al., 1997). Per le province di Siena e Grosseto sono disponibili informazioni sull’areale distributivo e sul numero di coppie nidificanti in Scoccianti e Scoccianti (1995). Segnalazioni presenti nell’archivio 93 Albanella reale Circus cyaneus Fauna d’Italia 110.451.0.002.0 Codice Euring 02610 Ordine Accipitriformi Famiglia Accipitridi Categoria UICN Status in Italia Estinto Status in Toscana Livello di Rarità Regionale Allegati Direttiva Uccelli I Riassunto Rapace tipico degli ambienti aperti, è presente in Toscana solo come svernante, con 80-250 individui, concentrati soprattutto nelle aree costiere, incluso l’arcipelago, e nelle aree collinari interne. Il principale problema per la specie sembra costituito dagli abbattimenti illegali. Distribuzione e tendenza della popolazione Nidifica sia nel Paleartico che nel Neartico, compiendo movimenti migratori verso le parti più meridionali delle due regioni biogeografiche, soprattutto a carico delle popolazioni più settentrionali. Le popolazioni europee svernano anche nel Nord Africa; durante lo svernamento, in Toscana, l’albanella reale è più numerosa presso le principali zone umide della fascia costiera settentrionale, in Maremma e nell’arcipelago; nelle aree interne la si rinviene in alcuni complessi collinari (Val di Cecina, Colline senesi e grossetane), lungo il corso dell’Arno nonché nelle zone umide interne quali il Padule di Fucecchio, il Lago di Bilancino (FI), i Laghi di Chiusi e Montepulciano, alcuni invasi nell’Aretino; frequenta inoltre, almeno periodicamente, anche le aree montane (es. Apuane) fino a almeno 1000 m di quota. La specie è oggetto di regolari conteggi soltanto nelle zone umide e nei principali dormitori circostanti a queste. La popolazione toscana potrebbe essere costituita da 80-250 individui. Le fluttuazioni rilevanti nel numero di individui censiti annualmente potrebbero mascherare una tendenza all’aumento negli ultimi anni. Ecologia Questo rapace frequenta, sia per lo svernamento che per la nidificazione, una vasta gamma di ambienti aperti: pascoli, coltivi, incolti, praterie, zone umide, garighe, brughiere e zone cespugliate. Caccia volando a pochi metri dal suolo e Piano di Gestione delle Acque del distretto idrografico del fiume Serchio 135 Integrazioni – Documento 1 durante lo svernamento si disperde su vaste superfici per l’alimentazione diurna, mentre per il riposo notturno sono possibili concentrazioni anche di alcune decine di individui, per lo più all’interno di zone umide con discreta copertura vegetale o in località riparate in aree collinari. Cause di minaccia Al momento la principale fonte di minaccia sembra costituita dagli abbattimenti illegali, cui probabilmente questa specie è particolarmente soggetta, date le tecniche di caccia adottate e gli ambienti frequentati. Parimenti, il disturbo esercitato dalla caccia attorno ad alcune zone umide potrebbe pregiudicarne l’utilizzo come aree di riposo notturno. Le modificazioni del paesaggio agrario, dovute sia all’abbandono delle aree sfavorevoli, sia alla perdita di eterogeneità ambientale nelle zone più adatte, provocano inoltre perdita e degradazione degli habitat. Misure per la conservazione L’attuazione di una reale ed efficace protezione, sia diretta che delle aree utilizzate, è probabilmente la più urgente misura attuabile per migliorare lo status di conservazione della specie. Sarebbe inoltre utile attuare politiche agricole tendenti a favorire la presenza di aree agricole “tradizionali”. Bibliografia ragionata Le informazioni disponibili su distribuzione e status della specie in Toscana, aggiornate al 1996, sono sintetizzate nell’Atlante della Toscana (Sposimo in Tellini Florenzano et al., 1997); la distribuzione dell’albanella reale è analizzata con riferimento particolare alle parti meridionali della regione, riportando anche alcune caratteristiche dello svernamento e dei problemi di conservazione nell’area, da Scoccianti e Scoccianti (1995). Singole segnalazioni sono contenute in studi a scala locale (LIPU, 1999; Corsi e Porciani, 1999). Segnalazioni presenti nell’archivio 293 Albanella minore Circus pygargus Fauna d’Italia 110.451.0.004.0 Codice Euring 02630 Ordine Accipitriformi Famiglia Accipitridi Categoria UICN Status in Italia Vulnerabile Status in Toscana In pericolo Livello di Rarità Regionale Allegati Direttiva Uccelli I Riassunto Specie tipica degli ambienti aperti, nidifica in differenti aree della Toscana. Le popolazioni più significative si trovano probabilmente nelle aree collinari o pianeggianti centro-meridionali, dove dovrebbe essere presente almeno la metà delle 50-100 coppie (fluttuanti) stimate per la regione. La perdita di ambienti aperti alle quote più elevate, ma soprattutto l’elevato tasso di perdita delle covate deposte nei coltivi delle zone pianeggianti e collinari, costituiscono le maggiori minacce per la conservazione di questo rapace. Distribuzione e tendenza della popolazione Specie a distribuzione euro-asiatica, con quartieri di svernamento in Africa, è diffusa in maniera discontinua in tutta la Toscana con differenti nuclei: nell’Appennino orientale, sulle Apuane, nell’area pisana e soprattutto nelle aree collinari e pianeggianti della Toscana centro-meridionale, che sono in continuità con le popolazioni laziali; segnalazioni provengono anche da aree collinari e montane settentrionali come Mugello e Monti della Calvana e Abetone. La specie è abbastanza ben conosciuta, sia grazie progetti di ricerca e salvaguardia mirati, sia grazie ad alcuni studi sull’avifauna nidificante condotti a scala regionale o provinciale (Provincia di Arezzo); la sua consistenza è valutata in 50-100 coppie, con fluttuazioni inter-annuali che potrebbero in parte nascondere un’apparente tendenza al decremento. Ecologia Questa specie è tipica di ambienti aperti con alta copertura erbacea; originariamente legata ad ambienti steppici o peripalustri, si è poi adattata a occupare anche aree coltivate a cereali o foraggere, pascoli, incolti, brughiere, Piano di Gestione delle Acque del distretto idrografico del fiume Serchio 136 Integrazioni – Documento 1 arbusteti (in particolare quelli a dominanza di eriche e/o Ulex europaeus) e giovani piantagioni di alberi. Il nido viene costruito sul terreno, spesso più coppie nidificano a breve distanza le une dalle altre. Le aree di alimentazione possono estendersi sino ad alcuni chilometri di distanza dal nido; soprattutto in aree ad agricoltura intensiva, vengono spesso perlustrati gli ambienti marginali (incolti, fossi, canali, aree prossime a siepi, bordi di strade campestri), dove sono ricercati insetti, piccoli mammiferi e uccelli, spesso nidiacei. Cause di minaccia I fattori che influenzano negativamente le popolazioni di albanella minore sono diversi nelle differenti zone occupate: in aree montane, submontane e collinari, la perdita di ambienti aperti dovuta all’abbandono, alla cessazione/riduzione del pascolo e all’evoluzione della vegetazione nelle praterie, nelle brughiere e negli arbusteti, portano certamente a una riduzione dell’habitat disponibile. Nelle aree pianeggianti, la modernizzazione dell’agricoltura, con la scomparsa di ambienti marginali, induce le albanelle minori a nidificare nei coltivi, dove la mietitura/sfalcio meccanizzati possono ridurre o addirittura annullare il successo riproduttivo; in tali aree è possibile che la specie risenta, direttamente o indirettamente, anche dell’uso dei pesticidi. Misure per la conservazione Nelle aree collinari e montane è necessario il mantenimento di complessi mosaici ambientali, dove siano ben rappresentati le praterie e gli arbusteti. Nelle aree coltivate di pianura sono frequentemente necessari interventi diretti di salvaguardia (recinzione dei nidi individuati prima delle operazioni di sfalcio o mietitura), per preservare l’integrità delle nidiate; sempre in queste aree, un recupero dell’assetto e delle pratiche colturali tradizionali favorirebbe certamente la specie. Bibliografia ragionata Le informazioni disponibili su distribuzione e status della specie in Toscana, aggiornate al 1996, sono sintetizzate nell’Atlante della Toscana (Giannella in Tellini Florenzano et al., 1997); la specie è analizzata in modo più completo per la Toscana meridionale, da Scoccianti e Scoccianti (1995). Segnalazioni relative alla presenza dell’albanella minore in periodo riproduttivo (sebbene quasi sempre senza indicazioni precise sull’effettiva avvenuta nidificazione), sono reperibili in studi condotti a scala locale (LIPU, 1999; Giovacchini, 2001; Corsi e Porciani, 1999). Segnalazioni presenti nell’archivio 139 Garzetta Egretta garzetta Codice Fauna d’Italia110.420.0.002.0 Codice Euring 01190 Ordine Ciconiformi Famiglia Ardeidi Categoria UICN Status in Italia Status in Toscana Prossimo alla minaccia Livello di Rarità Regionale Allegati Direttiva Uccelli I Riassunto In Toscana è distribuita lungo il corso dell’Arno e della Sieve, nell’alta Val di Chiana, nell’alta Val di Paglia e lungo la costa maremmana. La popolazione toscana è stimabile in circa 850 coppie ed è in espansione, numerica e di areale, in analogia con il resto dell’Italia e della regione mediterranea. Nidifica in colonie su formazioni arboree ripariali di varia tipologia, in prossimità di zone umide. Tagli, incendi e altri interventi diretti sulle garzaie, insieme alle variazioni del livello e delle caratteristiche delle acque costituscono serie minacce. La protezione con specifici atti normativi dei siti riproduttivi può rappresentare un primo importante passo per garantire futuri interventi gestionali sulle garzaie e sulle zone di alimentazione. Distribuzione e tendenza della popolazione Specie distribuita nel Paleartico, nell’Africa tropicale, nella regione Asiatica e in quella Australasiana, in Italia è specie migratrice e nidificante, diffusa soprattutto al nord; molto più localizzata al centro e in Sardegna; parzialmente svernante. In Toscana è migratrice e nidificante; la nidificazione è stata accerta nell’ultimo decennio all’interno di nove garzaie, occupate non sempre con regolarità: Padule di Fucecchio (due colonie in Provincia di Pistoia), lago della Piano di Gestione delle Acque del distretto idrografico del fiume Serchio 137 Integrazioni – Documento 1 Maddalena (GR), laguna di Orbetello (GR), pineta delle Marze (GR), invaso di Bilancino (FI; abbandonata nel 1999), ex aree estrattive del Poderaccio e di Figline (FI), Renai di Signa (FI), bonifica di Grecciano (LI). Dai dati di un censimento regionale effettuato nel 2002 risulta che circa 850 coppie nidificano in otto garzaie. Negli ultimi vent’anni in Toscana si è registrato un sensibile aumento dell’areale distributivo e delle coppie nidificanti. Tale tendenza positiva è in linea con l’andamento in atto a livello nazionale e in alcuni paesi della regione mediterranea (Francia, Spagna). Ecologia Specie gregaria in periodo riproduttivo, nidifica su formazioni arboree ripariali di varia tipologia (pioppeti, saliceti, ontanete, pinete), generalmente di dimensioni superiori a 1 ettaro; può nidificare anche a pochi metri dal suolo, in canneti e salicornieti (ad es. isolotto di Neghelli della laguna di Orbetello, 0,5 – 2 m dal suolo). La garzetta costruisce il nido su esemplari arborei anche di piccola dimensione (1,5 -2 m), anche se generalmente l’altezza dei nidi si distribuisce attorno a 10 m. Quasi sempre le colonie non sono monospecifiche, ma alla garzetta si associa la Nitticora Nycticorax nycticorax e, frequentemente, Sgarza ciuffetto Ardeola ralloides e, non in Toscana, Airone rosso Ardea purpurea; in alcune delle garzaie toscane a questi ardeidi si associano anche Airone cenerino Ardea cinerea e Mignattaio Plegadis falcinellus. Le colonie sono poste in prossimità di zone umide, utilizzate come zone di alimentazione (pesci, anfibi, larve di insetti). Cause di minaccia Interventi diretti sulle alberature delle garzaie (abbattimento, potatura, incendio) possono portare alla locale scomparsa o alla drastica diminuzione della specie. Anche le variazioni del livello delle acque potrebbero costituire (come è avvenuto ad esempio presso le garzaie di Bilancino, di Chiusi e dei Renai di Signa) una seria minaccia alla sopravvivenza della colonia, anche per la conseguente facilitazione all’accesso umano, con più probabili episodi di disturbo antropico. Era inserita nella Lista rossa degli uccelli nidificanti in Toscana tra le specie rare, a causa delle ridotte dimensioni della sua popolazione. Misure per la conservazione La protezione con specifici atti normativi dei siti riproduttivi può rappresentare un primo importante passo per garantire futuri interventi gestionali che favoriscano la specie, rivolti sia al sito che all’area circostante (aree di alimentazione, individuazione di siti alternativi). Bibliografia ragionata Le informazioni disponibili su distribuzione e status della specie in Toscana, aggiornate al 1996, sono sintetizzate nell’Atlante della Toscana (Battaglia e Sacchetti in Tellini Florenzano et al., 1997). Un’esame dettagliato delle garzaieè stato realizzato da N. Baccetti, F. Cianchi, G. Ceccolini, D. Occhiato, S. Nocciolini, G. Battaglia in una recente pubblicazione di Scoccianti e Tinarelli (1999), relativa alle garzaie toscane. Informazioni sull’ecologia e la distribuzione italiana della specie sono fornite da Alieri e Fasola in Brichetti et al. (1992). Dati recenti sulle garzaie del Padule di Fucecchio sono contenuti in Corsi et al. (2000) e Bartolini et al. (2001). Altre segnalazioni sono contenute in vari studi a scala locale (LIPU, 1999; Venturato et al., 2001; Quaglierini et al., 2001; Lebboroni et al., 2001; Dinetti, 2002). Segnalazioni presenti nell’archivio 130 Cavaliere d’Italia Himantopus himantopus Fauna d’Italia 110.481.0.001.0 Codice Euring 04550 Ordine Caradriformi Famiglia Recurvirostridi Categoria UICN Status in Italia Prossimo alla minaccia Status in Toscana Vulnerabile Livello di Rarità Regionale Allegati Direttiva Uccelli I Riassunto In Toscana è distribuito principalmente lungo la costa; le principali aree riproduttive sono costituite dal Lago di Massaciuccoli, dalla Laguna di Orbetello e dal padule della Diaccia Botrona. La popolazione toscana pare Piano di Gestione delle Acque del distretto idrografico del fiume Serchio 138 Integrazioni – Documento 1 sostanzialmente stabile, anche se notevolmente fluttuante. La consistenza della popolazione nidificante, potrebbe pertanto oscillare tra 20 e 200 coppie. Le maggiori minacce sono rappresentate dalla predazione delle uova, ad opera soprattutto di volpi, e dalle variazioni di livello delle acque. Per favorire una maggiore regolarità di nidificazione occorre pertanto gestire il livello delle acque delle aree di riproduzione e studiare misure di prevenzione e difesa delle colonie dai predatori. Risultati potenzialmente assai interessanti potrebbero inoltre provenire dalla creazione di nuove aree acquitrinose in coltivi in abbandono temporaneo, utilizzando anche finanziamenti comunitari specifici. Distribuzione e tendenza della popolazione Specie cosmopolita, in Italia è presente nella Pianura Padana e lungo le zone umide costiere, soprattutto tirreniche, comprese quelle della Sicilia e della Sardegna; più localizzato nell’interno. In Toscana è migratore e nidificante, distribuito principalmente lungo la costa pisana, livornese e grossetana, oltre che in alcuni siti lungo la valle dell’Arno e in Val di Chiana. I siti riproduttivi più importanti dal punto di vista della consistenza numerica, negli ultimi vent’anni, sono risultati il padule di Massaciuccoli, la laguna di Orbetello (e territori contermini) e il padule della Diaccia Botrona. Per quanto riguarda le aree interne, un importante sito riproduttivo è costituito dagli stagni artificiali della piana tra Firenze e Prato dove, negli anni 1998-2000, è stata stimata la presenza di oltre 30 coppie; in tale sito tuttavia, il successo riproduttivo è apparso piuttosto modesto, a causa del disturbo antropico diretto e indiretto arrecato durante la nidificazione e prima dell’involo dei giovani. Nel Padule di Fucecchio si sono avuti tentativi di nidificazione nel 2000 e nel 2001; altre aree interne sono interessate da nidificazioni sporadiche e irregolari (Castelnuovo dei Sabbioni, Castiglion Fiorentino, Lago di Montepulciano). La popolazione toscana appare fluttuante, dopo il crollo numerico avvenuto alla metà degli anni ’80 del XX secolo: la consistenza della popolazione nidificante varia pertanto da 20 a 200 coppie. Ecologia Legato in ogni periodo dell’anno agli ambienti umidi, in Toscana nidifica in zone acquitrinose, stagni artificiali, vasche di zuccherifici; nel resto dell’Italia utilizza anche risaie e saline. Specie prevalentemente gregaria, nidifica per lo più in piccole colonie, ma sono frequenti i casi di nidificazione isolata. Si nutre di piccoli invertebrati. Cause di minaccia Le variazioni del livello delle acque, soprattutto nei siti di nidificazione artificiali (stagni, vasche di zuccherifici) potrebbe spiegare gran parte delle fluttuazioni della popolazione toscana; queste aree infatti vengono spesso svuotate, a scopi gestionali, proprio nel periodo primaverile-estivo. Una ulteriore minaccia è rappresentata dalla predazione delle uova, ad opera soprattutto di volpi. Era inserito nella Lista rossa degli uccelli nidificanti in Toscana tra le specie rare, a causa delle ridotte dimensioni della sua popolazione. Misure per la conservazione La gestione idrologica delle aree di riproduzione, favorirebbe sicuramente una maggiore regolarità di nidificazione; in tutte le aree umide artificiali occorrerebbe una specifica programmazione delle modalità e della tempistica delle operazioni di manutenzione dei corpi d’acqua; in particolare, nella piana tra Firenze e Prato è necessario evitare che tutti gli stagni, destinati all’attività venatoria, vengano prosciugati nello stesso anno compromettendo così l’intera stagione riproduttiva. Occorre inoltre studiare misure di prevenzione e di difesa delle colonie dai predatori, soprattutto per i siti nella laguna di Orbetello e nei terreni contermini. Di particolare importanza potrebbe essere inoltre la realizzazione di nuove zone umide; attraverso finanziamenti Comunitari del fondo FEOGA sono stati creati in passato in Italia “prati umidi” in ex-seminativi ritirati dalla produzione; l’efficacia dell’applicazione delle misure previste da tale regolamento trova alcuni esempi in aree dell’Emilia Romagna, ove sono stati condotti studi di impatto sulla fauna a partire dal 1996. In queste aree, grazie ad una gestione differenziata della copertura vegetale (sia acquatica che non), si sono ottenuti ambienti idonei a specie dalle esigenze differenti, sia in periodo riproduttivo, sia durante le soste nel periodo migratorio, sia durante l’inverno. Bibliografia ragionata Un’esauriente illustrazione dell’indagine nazionale sulla specie, relativa agli anni ’80, è contenuta in Tinarelli (1990). La distribuzione in Toscana della specie è riportata da Cocchi in Tellini Florenzano et al. (1997). Informazioni sul sito della Diaccia Botrona sono fornite da Puglisi et al. (1995); notizie del sito di Orbetello, relative agli anni ’80 e precedenti, sono contenute in Calchetti et al. (1988). Indicazioni sulla consistenza numerica della specie in alcune tra le più importanti zone umide Toscane sono contenute in Venturato et al. (2001). Altre segnalazioni sono reperibili in alcuni studi a scala locale (LIPU, 1999; Dinetti, 2002; Quaglierini et al., 2001). Indicazioni sulla creazione e gestione di zone umide in Emilia Romagna sono contenute in Tinarelli (1999a e 1999b). Piano di Gestione delle Acque del distretto idrografico del fiume Serchio 139 Integrazioni – Documento 1 Segnalazioni presenti nell’archivio 316 Tarabusino Ixobrychus minutus Fauna d’Italia 110.416.0.002.0 Codice Euring 00980 Ordine Ciconiformi Famiglia Ardeidi Categoria UICN Status in Italia Prossimo alla minaccia Status in Toscana Vulnerabile Livello di Rarità Regionale Allegati Direttiva Uccelli I Riassunto Il tarabusino è in generale forte decremento, presumibilmente per il peggioramento delle condizioni di svernamento e migrazione in Africa. Il mantenimento di adeguate condizioni ambientali nelle aree occupate è attualmente il solo intervento possibile nell’areale di nidificazione. La popolazione toscana è stimata in 100-200 coppie. Distribuzione e tendenza della popolazione Questo piccolo airone nidifica nelle regioni Paleartica, Austaloasiatica ed Afrotropicale; in Europa è presente quasi ovunque, ad eccezione dei Paesi più settentrionali e delle isole britanniche; sverna in Africa. In Toscana è presente abbastanza diffusamente e in particolare nelle aree costiere settentrionali, della Maremma e in Val di Chiana; per quanto riguarda altre aree interne, risulta numericamente rilevante nelle zone umide localizzate lungo il corso dell’Arno, fino a Firenze. La specie non è oggetto di specifici progetti di monitoraggio, ma il buon grado di conoscenza dell’avifauna delle zone umide toscane permette una conoscenza di massima della popolazione. La specie è presente con 100-200 coppie; analogamente a quanto accade nel resto dell’areale europeo, il tarabusino è in forte calo. Ecologia Nidifica e si alimenta all’interno della vegetazione palustre in zone umide di acqua dolce, anche di estensione modesta o frammentata. Per questo la sua presenza non è confinata alle zone palustri, ma la specie si trova anche lungo canali e fiumi a corso lento, bacini estrattivi abbandonati, purché caratterizzati dalla presenza di vegetazione ripariale, in particolare fragmiteti, anche con alberi ed arbusti sparsi. In particolare, è generalmente più numeroso nei canneti più folti ed evoluti. L’alimentazione può avvenire anche ad una certa distanza dal nido, spesso nelle zone di interfaccia acqua/vegetazione, sempre su suoli allagati. La nidificazione può avvenire singolarmente o in “colonie lasse”. Cause di minaccia Per quanto il degrado di molte zone umide o corsi d’acqua (inquinamento dell’acqua, canalizzazione, interramento e riempimento di specchi d’acqua) abbia sicuramente un certo impatto negativo sulle popolazioni nidificanti, le principali cause di minaccia sembrano risiedere nelle peggiorate condizioni di svernamento e migrazione, causate dall’aumento della desertificazione in Africa. La scomparsa dei canneti ha provocato l’estinzione locale del tarabusino dal padule di Castiglion della Pescaia. Anche le attività di gestione della vegetazione palustre, condotte a fini venatori o anche conservazionistici, possono danneggiare il tarabusino qualora i tagli (o gli incendi) dei canneti siano fra loro molto ravvicinati e interessino una porzione eccessivamente elevata della superficie di tali ambienti presente nel sito. Misure per la conservazione Il ripristino di condizioni dulciacquicole nel padule di Castiglion della Pescaia potrebbe portare in tempi rapidi ad una ripresa locale della specie; da un punto di vista più generale il controllo della qualità delle acque e dei processi di interramento delle zone umide, unitamente al mantenimento delle sponde di canali e fiumi a corso lento in assetto naturale, appaiono i principali interventi gestionali attuabili in favore della specie nei quartieri di nidificazione. Tali interventi sono attuabili con successo anche in zone umide di piccole dimensioni, poiché il tarabusino si dimostra meno selettivo di altre specie di Ardeidi nei confronti delle dimensioni dell’area allagata, e si dimostra inoltre relativamente tollerante della presenza umana. Bibliografia ragionata Piano di Gestione delle Acque del distretto idrografico del fiume Serchio 140 Integrazioni – Documento 1 Le informazioni disponibili su distribuzione e status della specie in Toscana, aggiornate al 1996, sono sintetizzate nell’Atlante della Toscana (Occhiato in Tellini Florenzano et al., 1997). Singole segnalazioni o informazioni generiche di presenza/assenza della specie, sono contenute in numerosi studi condotti in varie zone umide (Scoccianti et al., 1999; LIPU, 1999; Quaglierini, 2000; Gustin, 2001; Dinetti, 2002). Il tarabusino è stato inoltre oggetto di una ricerca sul comportamento spaziale e sulle implicazioni di questo a fini conservazionistici (Pezzo et al., 2001) Segnalazioni presenti nell’archivio 205 Gabbiano corso Larus audouinii Codice Fauna d’Italia 110.508.0.002.0 Codice Euring 05880 Ordine Caradriformi Famiglia Laridi Categoria UICN Prossimo alla minaccia Status in Italia In pericolo Status in Toscana In pericolo Livello di Rarità Regionale Allegati Direttiva Uccelli I Riassunto Specie coloniale, nidifica quasi esclusivamente su coste rocciose di isole e isolette. I contingenti toscani (numero di coppie fluttuante da qualche unità a 185; 174 nel 1999) fanno probabilmente parte di una più ampia metapopolazione distribuita anche su Sardegna e Corsica. Le colonie mostrano forte mobilità inter-annuale: l'isola toscana dove la nidificazione è più regolare è attualmente Capraia. E’ minacciata soprattutto dal disturbo antropico (attività balneari e nautiche) nel periodo riproduttivo, dall’aumento del competitore/predatore gabbiano reale e da cause ancora non identificate ma probabilmente riconducibili a fluttuazioni nella disponibilità di risorse trofiche nel periodo riproduttivo. Occorrono ulteriori ricerche sui rapporti fra localizzazione delle colonie, successo riproduttivo e disponibilità di risorse trofiche, un costante monitoraggio delle colonie, azioni di informazione/sensibilizzazione, regolamenti circa lo sbarco/accesso alle colonie e anche una seria presa in esame del “problema” gabbiano reale. Distribuzione e tendenza della popolazione Specie nidificante esclusivamente nel bacino del Mediterraneo, con il 90% circa della popolazione complessiva concentrata in Spagna; gran parte degli effettivi sverna lungo le coste dell’Africa occidentale, dal Marocco al Senegal. In Toscana nidifica in varie isole dell’Arcipelago: regolarmente a Capraia e in modo più irregolare nelle altre isole (Giglio, Elba e isolotti satelliti, Montecristo, Gorgona). Dal 2000 nidifica a Pianosa, dove nel 2001 e 2002 hanno avuto sede le maggiori colonie dell’Arcipelago. La popolazione toscana è verosimilmente parte di una più ampia metapopolazione distribuita su Sardegna, Corsica e Arcipelago Toscano. La distribuzione del gabbiano corso nell’Arcipelago è stata monitorata dalla fine degli anni ’70 al 1990 circa. Dal 1999 i censimenti vengono nuovamente svolti ogni anno sull’intero Arcipelago Toscano. La notevole mobilità inter-annuale delle colonie rende estremamente oneroso il monitoraggio di questa specie, in quanto dati derivanti da indagini che non abbiano coperto tutti i siti potenziali nel corso di una stagione riproduttiva non possono essere considerati completi; anteriormente al 1999, sembra che un’indagine esaustiva sia stata compiuta solo nel 1988. La consistenza della popolazione di gabbiano corso nidificante nell’Arcipelago è assai variabile: dalla fine degli anni ’70 a oggi è risultata compresa fra poche unità e 185 coppie; nel 1999 sono state censite circa 174 coppie suddivise in 3 distinte colonie (Capraia, Elba e Giglio). Nel 2000 le colonie rilevate sono state 3 (Capraia, Giglio e Pianosa) per un totale di 172 coppie. Nel 2001 e 2002, l’isola di Pianosa ha ospitato la maggior parte della popolazione toscana, con circa 100 coppie. La tendenza della popolazione toscana deve essere inquadrata nell’ambito della metapopolazione sopra descritta che, almeno negli ultimi anni, appare sostanzialmente stabile. La popolazione complessiva ha subito un notevolissimo incremento negli ultimi 30 anni (da circa 1.000 coppie stimate nel 1966 a circa 20.000 attuali), concentrato quasi interamente in Spagna. Ecologia Nidifica tipicamente su coste rocciose, non mostrando particolari preferenze rispetto a pendenza, esposizione e copertura della vegetazione; le colonie sono quasi sempre localizzate in ambienti insulari e microinsulari. Notevole eccezione a quanto sopra è rappresentata dalla colonia del delta dell’Ebro (Spagna), nata all’inizio degli anni ’80 in un ambiente di palude salmastra, e che ad oggi ospita oltre il 50 % della popolazione totale della specie. Si nutre pescando attivamente piccoli pesci,,soprattutto Clupeidi e Cefalopodi, che ricerca prevalentemente di notte entro i Piano di Gestione delle Acque del distretto idrografico del fiume Serchio 141 Integrazioni – Documento 1 margini della piattaforma continentale; le maggiori colonie spagnole utilizzano ampiamente gli scarti delle flotte pescherecce. Cause di minaccia Nell’Arcipelago le principali cause di minaccia sembrano rappresentate dal disturbo nel periodo riproduttivo causato dalle attività balneari/nautiche (causa presumibile dell’abbandono di una delle tre colonie rilevate nel 1999) e dalla competizione, soprattutto per la scelta dei siti di nidificazione, con il più aggressivo gabbiano reale Larus cachinnans, in costante aumento. Altre cause di minaccia, di importanza presumibilmente minore o sconosciuta, sono: contaminazione da metalli pesanti e derivati organoclorurati; riduzione degli stock ittici; predazione di uova e nidiacei da parte di gabbiano reale, corvo imperiale Corvus corax, pellegrino Falco peregrinus e, forse localmente martora Martes martes (Elba), nonchè cani e gatti sfuggiti alla domesticità (potenzialmente in tutte le isole maggiori). Misure per la conservazione Le misure di seguito indicate sono tratte dall’Action Plan internazionale e da quello recentemente realizzato per l’Italia; non sono citate le misure già adottate in Toscana (ad es. designazione di ZPS e/o SIC per tutti i siti di nidificazione). Svolgere regolari campagne di monitoraggio; effettuare ricerche sull’impatto effettivo delle principali cause di minaccia; prevenire il disturbo antropico mediante campagne di informazione e sensibilizzazione (in corso su gran parte dell’Arcipelago: Progetto LIFE) e mediante divieti temporanei di attracco (in corso da alcuni anni nella costa meridionale di Capraia: Parco Nazionale dell’Arcipelago Toscano) e ancoraggio presso le colonie; controllo delle popolazioni dei principali competitori/predatori (gabbiano reale, cani e gatti); promuovere un divieto di navigazione per le petroliere attorno alle isole dell’Arcipelago; promuovere la messa a punto di un protocollo standard per il monitoraggio e la ricerca al fine di limitare il disturbo durante la nidificazione. Bibliografia ragionata Le misure di conservazione necessarie per questa specie sono riportate nell’Action Plan prodotto dal Consiglio d’Europa (Lambertini in Heredia et al., 1996) e quindi aggiornate e maggiormente dettagliate per l’Italia a cura dell’INFS (Baccetti et al 2001). Quest'ultimo lavoro contiene anche i dati dei censimenti toscani, relativi agli ultimi anni. Un lavoro che sintetizza 10 anni di monitoraggio del gabbiano corso in Toscana è stato pubblicato da Lambertini (1993). Lo status della specie in Toscana, aggiornato sino a circa il 1995, è illustrato sempre da Lambertini in Tellini Florenzano et al. (1997). Dati aggiornati sui risultati del monitoraggio condotto nell’ambito del Progetto LIFE si ritrovano nei Rapporti Tecnici prodotti annualmente dalla Regione Toscana per la Commissione Europea (Sposimo 1998; Sposimo et al. in prep.). I dati relativi all’isola di Pianosa sono contenuti in Arcamone e Sposimo (2002). Le colonie storiche sono state descritte da Baccetti (2001). Segnalazioni presenti nell’archivio 184 Nibbio bruno Milvus migrans Fauna d’Italia 110.444.0.001.0 Codice Euring 02380 Ordine Accipitriformi Famiglia Accipitridi Categoria UICN Status in Italia Vulnerabile Status in Toscana Prossimo alla minaccia Livello di Rarità Regionale Allegati Direttiva Uccelli I Riassunto Il nibbio bruno vive generalmente in aree dove la copertura boschiva si alterna a zone aperte, e spesso anche di zone umide, utilizzate per la ricerca del cibo. Le misure di conservazione da adottare per la popolazione toscana, modesta (40-60 coppie) ma apparentemente piuttosto stabile, consistono principalmente nel mantenimento degli ambienti aperti e in particolare degli agroecosistemi tradizionali ad alta eterogeneità e dei boschi ripariali. Distribuzione e tendenza della popolazione Diffusa in tutti i continenti a eccezione di quello americano, questa specie è presente in Toscana quasi esclusivamente nelle aree collinari del grossetano e del senese e nella Valdichiana meridionale, in continuità con le popolazioni laziali Piano di Gestione delle Acque del distretto idrografico del fiume Serchio 142 Integrazioni – Documento 1 e umbre. Recenti ricerche sui rapaci diurni della Toscana meridionale hanno permesso di migliorare notevolmente le conoscenze, in precedenza piuttosto sommarie, su questa specie, la cui consistenza è stimata in 40-60 coppie. Dalla letteratura storica e dai dati degli ultimi decenni la specie sembra che sia sempre stata piuttosto rara nella regione, subendo comunque evidenti fluttuazioni. Nel corso degli anni ’90 del XX secolo sembra aver subito un decremento numerico, ma le informazioni disponibili non sono sufficienti a supportare tale affermazione. Ecologia Nidifica in aree alberate o boschive alternate a zone aperte, spesso in prossimità di zone umide. La ricerca del cibo avviene in prati, pascoli, coltivi, fiumi e specchi d’acqua, ma utilizza anche le discariche. Il nibbio bruno è infatti molto adattabile in termini alimentari, nutrendosi sia di piccole prede, sia di carogne e rifiuti. Cause di minaccia Potenzialmente, la principale causa di minaccia per il nibbio bruno è rappresentata dalla prevista riduzione delle discariche. La perdita degli agroecosistemi tradizionali nelle zone pianeggianti e collinari rende tali aree meno idonee alla specie, che è inoltre minacciata dalla cementificazione degli alvei e dal taglio delle formazioni ripariali. Misure per la conservazione La conservazione del nibbio bruno in Toscana non è di importanza tale da suggerire la necessità di prevedere delle risorse alternative in caso di chiusura delle discariche utilizzate da questa specie. Il mantenimento di agroecosistemi complessi, la tutela della naturalità degli alvei fluviali e la protezione dei boschi igrofili sono le misure da adottare per la salvaguardia del nibbio bruno. Bibliografia ragionata Scoccianti e Scoccianti (1995) riportano i dati distributivi della specie nelle province di Siena e Grosseto; il quadro generale sulla presenza della specie in Toscana, aggiornato al 1996, è fornito dall’Atlante della Toscana (Nardi in Tellini Florenzano et al., 1997). Segnalazioni presenti nell’archivio 60 Nibbio reale Milvus milvus Fauna d’Italia 110.444.0.002.0 Codice Euring 02390 Ordine Accipitriformi Famiglia Accipitridi Categoria UICN Status in Italia In pericolo Status in Toscana Livello di Rarità Regionale Allegati Direttiva Uccelli I Riassunto Questo rapace, presente in Toscana ormai solo come svernante con 5-15 individui, è legato ad ambienti aperti con presenza di pascoli e terreni a conduzione agricola tradizionale; le trasformazioni ambientali e gli abbattimenti illegali sono le principali cause di minaccia per il mantenimento della popolazione toscana. Reintroduzioni effettuate nel senese nel corso del decennio passato potrebbero aver portato a singoli casi di nidificazione (mancano però dati certi in proposito). Distribuzione e tendenza della popolazione Specie presente esclusivamente in Europa, compie migrazioni verso le parti meridionali del continente. In Toscana si è estinto come nidificante probabilmente nel corso di questo secolo ed è attualmente presente solo durante lo svernamento, in particolare nelle aree collinari della provincia di Siena. Gli individui svernanti provengono almeno in parte dall’Europa centrale, ma non si possono escludere arrivi dalle contigue popolazioni laziale e corsa. La popolazione svernante è comunque costituita da pochi individui, presumibilmente compresi fra 5 e 15, ed è fluttuante negli anni. Sempre nel senese, nel corso del decennio passato sono state effettuate alcune reintroduzioni di nibbio reale, che potrebbero aver portato a singoli casi di nidificazione nelle zone collinari del senese e del grossetano, tanto che, per il 2000, informazioni inedite indicavano la possibile presenza di 2-3 coppie. Piano di Gestione delle Acque del distretto idrografico del fiume Serchio 143 Integrazioni – Documento 1 Ecologia Questo rapace frequenta prevalentemente aree ad agricoltura tradizionale estensiva, inframmezzata da aree boscate o alberate. In particolare, sono aree di caccia elettiva i pascoli, gli incolti e le coltivazioni estensive; può anche frequentare le discariche e, soprattutto durante le migrazioni, le zone umide. Si nutre sia di piccoli vertebrati che di carogne e rifiuti. Cause di minaccia L’abbandono di forme di agricoltura estensiva e la cessazione/riduzione del pascolo, con la conseguente evoluzione della vegetazione, sono probabilmente le principali fonti di minaccia per il nibbio reale in tutto il suo areale. La popolazione risente ancora, inoltre, di abbattimenti illegali. L’estinzione della popolazione nidificante è attribuibile sia all’intensa pressione venatoria, sia alle trasformazioni ambientali. La prevista, progressiva, riduzione della presenza di discariche potrebbe localmente ridurre le risorse alimentari utilizzate dal nibbio reale. Misure per la conservazione Il recupero di forme estensive di utilizzo del territorio potrebbe favorire una ripresa, anche come nidificante, del nibbio reale, per il quale sono stati anche avviati specifici progetti di reintroduzione. Non deve essere esclusa la possibilità di incrementare le disponibilità alimentari attraverso la creazione di carnai, misura da affiancare all’eventuale prosecuzione delle reintroduzioni. È inoltre indispensabile la cessazione degli episodi di bracconaggio. Bibliografia ragionata Le informazioni disponibili su distribuzione e status della specie in Toscana, aggiornate al 1996, sono sintetizzate nell’Atlante della Toscana (Pezzo in Tellini Florenzano et al., 1997). Informazioni più dettagliate sulla presenza del nibbio bruno nella Toscana meridionale sono reperibili in Scoccianti e Scoccianti (1995). Segnalazioni presenti nell’archivio 34 Chiurlo Numenius arquata Fauna d’Italia 110.500.0.001.0 Codice Euring 05410 Ordine Caradriformi Famiglia Scolopacidi Categoria UICN Status in Italia Non valutato Status in Toscana Livello di Rarità Regionale Allegati Direttiva Uccelli Riassunto Il chiurlo sverna in Toscana in ambienti aperti (prati e pascoli umidi, coltivi) in prossimità di zone umide, che sono utilizzate per il riposo notturno e in parte anche per l’alimentazione. La riduzione di questi ambienti per la cessazione o la modernizzazione delle tradizionali forme d’uso, unitamente al disturbo causato dalla caccia, sembrano i principali fattori limitanti per la popolazione svernante, valutata in 100-250 individui, moderatamente fluttuante e forse in leggero calo. Distribuzione e tendenza della popolazione Specie a distribuzione paleartica, nidifica nell’Europa centro-settentrionale ed è presente in Toscana durante le migrazioni e lo svernamento. L’areale invernale comprende l’Europa occidentale e mediterranea e, in parte, anche l’Africa, quindi la popolazione toscana è situata all’interno di un areale più vasto. Il chiurlo, dal 1991, rientra fra le specie interessate dai censimenti invernali svolti, in Toscana, dal Centro Ornitologico Toscano: la sua popolazione è compresa fra 100 e 250 individui, oltre la metà dei quali nelle zone umide della Maremma; la consistenza è soggetta peraltro a fluttuazioni annuali, che potrebbero mascherare un leggero calo. Ecologia Sebbene per la nidificazione il chiurlo si insedi prevalentemente in acquitrini e torbiere con bassa copertura vegetale, durante lo svernamento utilizza aree fangose, pascoli, prati umidi e coltivi, anche se è necessaria la presenza di estese Piano di Gestione delle Acque del distretto idrografico del fiume Serchio 144 Integrazioni – Documento 1 e tranquille zone umide dove questi uccelli si possano riunire per il riposo notturno. Tali aree, usate in parte anche per l’alimentazione diurna, sono caratterizzate in genere da isolotti circondati da ampi specchi d’acqua e possono trovarsi anche a una distanza di qualche chilometro da quelle di foraggiamento. Cause di minaccia La cessazione del pascolo e la modernizzazione delle pratiche agricole in prossimità delle zone umide, costituiscono seri problemi per la conservazione della specie in Toscana. Forse il principale fattore che ne impedisce o ne limita la presenza è costituito dall’attività venatoria praticata nelle zone umide o nelle circostanti aree di alimentazione. In alcune zone, infine, il chiurlo può essere condizionato negativamente dalla scarsità, o dall’assenza, di siti indisturbati e irraggiungibili dai predatori terrestri, necessari per l’insediamento dei dormitori. Misure per la conservazione Per garantire la conservazione della popolazione di chiurlo svernante in Toscana e favorirne un incremento numerico occorre mantenere, o realizzare, estese aree interdette alla caccia che comprendano sia zone umide, sufficientemente ampie e indisturbate con siti idonei per i dormitori, sia aree circostanti di alimentazione dove siano incentivate le forme tradizionali di conduzione dei terreni. Bibliografia ragionata I dati raccolti da Arcamone et al. (1994) sono stati successivamente integrati da Serra nell’Atlante della Toscana (in Tellini Florenzano et al., 1997), aggiornato al 1996, mentre Serra et al. (1997) e Baccetti et al. (2002) riportano la distribuzione e la consistenza della specie a livello nazionale. Segnalazioni presenti nell’archivio 151 Nitticora Nycticorax nycticorax Codice Fauna d’Italia 110.417.0.001.0 Codice Euring 01040 Ordine Ciconiformi Famiglia Ardeidi Categoria UICN Status in Italia Status in Toscana Prossimo alla minaccia Livello di Rarità Regionale Allegati Direttiva Uccelli I Riassunto In Toscana è specie migratrice e parzialmente svernante, distribuita in periodo riproduttivo in 7-9 siti riproduttivi dell’interno. La popolazione nidificante è in espansione, numerica e di areale, in contro tendenza rispetto al resto dell’Italia e dell’Europa. La popolazione svernante è localizzata con poche decine di individui. Nidifica in colonie su formazioni arboree ripariali di varia tipologia, in prossimità di zone umide. Tagli, incendi e altri interventi diretti sulle garzaie, insieme alle variazioni del livello e delle caratteristiche delle acque, costituscono serie minacce. La protezione con specifici atti normativi dei siti riproduttivi può rappresentare un primo importante passo per garantire futuri interventi gestionali sulle garzaie e sulle zone di alimentazione (specialmente nelle aree minori attualmente senza tutela). Distribuzione e tendenza della popolazione Specie subcosmopolita, in Italia è specie migratrice e nidificante con diffusione soprattutto al centro-nord; più localizzata al sud, in Sicilia e in Sardegna; parzialmente svernante. In Toscana è distribuita lungo il corso dell’Arno, della Sieve e ai limiti regionali orientali, nell’alta Val di Chiana e nell’alta Val di Paglia. Nel corso degli anni sono stati individuati 9 siti riproduttivi: presso Massaciuccoli, nell’area di S.Rossore, nel Padule di Fucecchio, nel lago della Maddalena (S.Casciano dei Bagni), ai Renai di Signa (FI), nel padule di Fucecchio (PT) (due garzaie), al Poderaccio (località del Comune di Firenze nei pressi della confluenza tra i fiumi Greve e Arno), nel Lago di Bilancino (FI) e forse nello stagno di Brolio (AR). Nel 2002 sono risultate non occupate le garzaie del Lago di Chiusi, dei Renai di Signa e del Lago di Bilancino, regolarmente occupate, rispettivamente, dal 1986, dal 1988 e dal 1996. La popolazione nidificante toscana è sicuramente in espansione, numerica e di areale (siti riproduttivi), in contro tendenza rispetto al resto dell’Italia e dell’Europa, ed è stimabile in circa 800 coppie, delle quali circa il 70% nidifica nel Padule di Fucecchio (dati Piano di Gestione delle Acque del distretto idrografico del fiume Serchio 145 Integrazioni – Documento 1 2002). Tale espansione risulta evidente sia in relazione ai dati storici che alle segnalazioni degli ultimi 15 anni. La popolazione svernante è limitata a poche decine di individui ma probabilmente in espansione; nel 2002, nel corso dei censimenti invernali organizzati dal COT, sono stati censiti 36 individui. Ecologia Specie gregaria in periodo riproduttivo, nidifica su formazioni arboree ripariali di varia tipologia (pioppeti, saliceti, ontanete ma anche pinete, come in una delle garzaie del Padule di Fucecchio, e leccete, come nel caso della colonia di Signa), generalmente di dimensioni superiori a 1 ettaro (sebbene in Toscana risultino spesso di dimensioni inferiori). La nitticora costruisce il nido su esemplari arborei anche di piccola dimensione (1,5 -2 m), anche se generalmente l’altezza dei nidi si distribuisce tra 10 e 20 m. Molto spesso (sempre, nel caso delle colonie toscane) le colonie sono plurispecifiche: alla nitticora si associano frequentemente garzetta Egretta garzetta e sgarza ciuffetto Ardeola ralloides. Le colonie sono poste in prossimità di zone umide, utilizzate come zone di alimentazione (la nitticora si nutre di pesci, anfibi, larve di insetti). Cause di minaccia Interventi diretti sulle alberature delle garzaie (abbattimento, potatura, incendio) possono portare alla locale scomparsa o alla drastica diminuzione della specie. Anche le variazioni del livello delle acque potrebbero costituire (garzaie di Signa e di Chiusi) una seria minaccia alla sopravvivenza della colonia. Era inserita nella Lista rossa degli uccelli nidificanti in Toscana tra le specie rare, a causa delle ridotte dimensioni della sua popolazione. Misure per la conservazione La protezione con specifici atti normativi dei siti riproduttivi può rappresentare un primo importante passo per garantire futuri interventi gestionali che favoriscano la specie, rivolti sia al sito che all’area circostante (aree di alimentazione, individuazione di siti alternativi) in particolare nelle zone umide minori. Bibliografia ragionata Le informazioni disponibili su distribuzione e status della specie in Toscana, aggiornate al 1996, sono sintetizzate nell’Atlante della Toscana (Battaglia e Sacchetti in Tellini Florenzano et al., 1997). Un esame dettagliato delle garzaie toscane è stato realizzato da Occhiato e Battaglia in una recente pubblicazione di Scoccianti e Tinarelli (1999). Studi sulle singole colonie sono forniti da Bartolini e Petrini (2001) e Corsi et al. (2000) per Fucecchio; Lebboroni et al. (2001) per i Renai di Signa. Altre informazioni sulla presenza della specie in periodo riproduttivo sono contenute in Dinetti (2002), Venturato et al. (2001) e LIPU (1999). Informazioni sull’ecologia e la distribuzione italiana della specie sono fornite da Fasola e Alieri in Brichetti et al. (1992). Riguardo alle presenze invernali, il resoconto a livello nazionale è fornito da Serra et al. (1997) e da Baccetti et al. (2002). Segnalazioni presenti nell’archivio 104 Basettino Panurus biarmicus Codice Fauna d’Italia 110.585.0.001.0 Codice Euring 13640 Ordine Passeriformi Famiglia Timalidi Categoria UICN Status in Italia Prossimo alla minaccia Status in Toscana Vulnerabile Livello di Rarità Regionale Allegati Direttiva Uccelli Riassunto Il basettino è una specie tipica dei canneti. La sua preferenza per quelli estesi e maturi fa sì che sia molto localizzata: in Toscana è presente in pochi siti, con un numero fluttuante di coppie (comunque inferiore a 150). La mancanza di interventi coordinati di gestione della vegetazione palustre e gli incendi dolosi dei canneti possono costituire una minaccia per la specie. Distribuzione e tendenza della popolazione Piano di Gestione delle Acque del distretto idrografico del fiume Serchio 146 Integrazioni – Documento 1 Specie a distribuzione paleartica, è presente con un areale frammentato in tutta Europa, ad esclusione delle latitudini più settentrionali. In Toscana la sua distribuzione odierna è assai inferiore a quella descritta dagli Autori del passato, ma negli ultimi decenni, come riscontrato in altre parti dell’Italia, è di nuovo in espansione. La popolazione nidificante è concentrata nei laghi di Chiusi e Montepulciano; negli ultimi anni sono stati colonizzati anche il Lago di Massaciuccoli e successivamente il Padule di Fucecchio, dove deve esserne confermata la presenza regolare. Nell’aprile 2000 due individui sono stati rilevati in alcuni laghetti presso Figline (Firenze), senza ulteriori indizi di possibile nidificazione e non rilevati successivamente. La specie compie erratismi invernali, soprattutto a carico della frazione giovanile delle popolazioni, che probabilmente collegano i diversi nuclei. La popolazione toscana, soggetta a forti fluttuazioni, è abbastanza conosciuta e dovrebbe essere costituita da meno di 150 coppie. Negli anni dal 1996 al 2000, circa 50-100 coppie erano stimate per i soli laghi di Chiusi e Montepulciano. L’attività di regimazione delle acque, unita alle primavere particolarmente siccitose (2001-2002), pare aver decimato tale popolazione. Ecologia Il basettino presenta particolari adattamenti alla vita nelle formazioni a Phragmites australis: esso va incontro a particolari modificazioni stagionali delle pareti dello stomaco che gli permettono di passare da una dieta primaverile insettivora a una invernale granivora, basata sui semi di Phragmites. La specie occupa pertanto zone umide con estesi fragmiteti, insediandosi preferenzialmente nelle aree più mature, poste su suolo allagato o in prossimità di specchi d’acqua. Soprattutto in primavera la ricerca del cibo avviene sul livello dell’acqua o comunque negli strati della vegetazione più prossimi ad esso. Cause di minaccia Le opere di bonifica compiute negli ultimi due secoli hanno pesantemente ridotto l’habitat disponibile per il basettino. Attualmente può soffrire delle modificazioni nella struttura dei canneti, dovuti da una parte alla loro evoluzione verso altre tipologie di vegetazione, dall’altra alla frequenza con cui gli incendi dolosi la ringiovaniscono; il basettino esige il canneto allagato e pertanto risente negativamente delle annate siccitose, oppure del disseccamento dell’area provocato da prelievi e captazioni idriche; inoltre, nidificando negli strati bassi della vegetazione elofitica, risulta particolarmente sensibile alle variazioni del livello idrico. L’incidenza negativa di questi fattori può essere amplificata dalla concentrazione della specie in pochi siti. Misure per la conservazione La salvaguardia del basettino richiede l’attuazione di piani di gestione che consentano il mantenimento nel tempo di adeguate condizioni di sviluppo dei canneti, ottenute principalmente con tagli a rotazione della vegetazione, la cui estensione e frequenza deve essere definita tenendo conto delle esigenze di tutte le specie di interesse conservazionistico presenti in un determinato sito. La creazione di nuove aree umide con estesi fragmiteti, possibilmente in prossimità delle aree già occupate dalla specie, dovrebbe favorirne un’ulteriore espansione. Bibliografia ragionata Le informazioni disponibili su distribuzione e status della specie in Toscana, aggiornate al 1996, sono sintetizzate nell’Atlante della Toscana (Favilli in Tellini Florenzano et al., 1997). Informazioni sulla popolazione del lago di Montepulciano sono contenute in Gustin et al. (2001), mentre quelle relative al Padule di Fucecchio sono riportate da Quaglierini (1998). Segnalazioni presenti nell’archivio 20 Marangone dal ciuffo Phalacrocorax aristotelis Codice Fauna d’Italia 110.413.0.001.0 Codice Euring 00800 Ordine Pelecaniformi Famiglia Falacrocoracidi Categoria UICN Status in Italia Prossimo alla minaccia Status in Toscana Vulnerabile Livello di Rarità regionale Allegati Direttiva Uccelli I Riassunto Piano di Gestione delle Acque del distretto idrografico del fiume Serchio 147 Integrazioni – Documento 1 La popolazione nidificante in Toscana è stimata in 30-50 coppie, fluttuante ma in aumento nel medio periodo, interamente concentrata nell’Arcipelago. Nidifica in cavità e cenge su coste rocciose, inaccessibili da terra e poco disturbate dal mare. A livello europeo, la sottospecie nominale è stabile o in aumento, quella mediterranea (desmarestii) appare invece in regresso. In Toscana, la principale minaccia è probabilmente rappresentata dalla mortalità causata dagli strumenti da pesca (ami, reti, nasse); sembra rilevante anche il disturbo causato dalla navigazione da diporto e dalla generale antropizzazione delle aree costiere. Per la conservazione, data l’esiguità della popolazione toscana, risulta di fondamentale importanza la protezione dei siti riproduttivi. Distribuzione e tendenza della popolazione Specie a distribuzione mediterraneo-atlantica, in Italia è presente, con la sottospecie desmarestii, in aree costiere della Sardegna, nelle isole Pelagie, probabilmente nelle Ponziane e in gran parte dell’Arcipelago Toscano. La popolazione toscana è sedentaria e dispersiva, presente tutto l’anno con contingenti piuttosto scarsi. Il sito di nidificazione di maggiore importanza è l’Isola di Capraia, seguito da Pianosa e dall’Elba (inclusi gli isolotti del Canale di Piombino). L’unico possibile caso di nidificazione in sito non insulare proviene dalla costa livornese. La stima più recente (1997), che indicava 20-25 coppie nidificanti nell’area, deve certamente essere incrementata alla luce delle indagini successive, che suggeriscono una consistenza di 30-50 coppie. La popolazione dell’Arcipelago è all’interno dell’areale mediterraneo. Le conoscenze sulla distribuzione e sulla nidificazione del marangone non sono molto soddisfacenti, soprattutto se confrontate a quelle relative agli altri uccelli marini; il rilevamento delle coppie nidificanti è difficoltoso a causa del periodo riproduttivo anticipato rispetto alle altre specie. La consistenza e la distribuzione della popolazione svernante è paragonabile a quella del periodo riproduttivo, anche se dalla tarda estate sino a tutto il periodo invernale si formano raggruppamenti anche cospicui, costituiti in gran parte da giovani e subadulti, in aree dove la specie non nidifica (es. area di Punta Ala). In Toscana questa specie era inserita nella precedente “Lista Rossa” come altamente vulnerabile. Ecologia Il marangone dal ciuffo nidifica in cavità e cenge su coste rocciose, inaccessibili da terra e poco disturbate dal mare. Il periodo riproduttivo va da gennaio a maggio, in Toscana non sono noti casi di nidificazione avvenuti prima di febbraio. La scelta dei siti riproduttivi è legata su ampia scala alla pescosità del mare, a livello dell’Arcipelago pare invece determinata dalla disponibilità di siti di nidificazione idonei in aree poco disturbate. I siti di svernamento non differiscono sensibilmente da quelli di nidificazione, vista anche la precocità del periodo riproduttivo. In inverno può frequentare i promontori rocciosi costieri lungo la terraferma. Si nutre di varie specie di pesci che ricerca, in gruppi o singolarmente, tuffandosi sott’acqua, sia al largo che in prossimità della costa. Le profondità a cui può spingersi variano tra 5 e 80 metri. Cause di minaccia Gli incrementi nelle dimensioni delle popolazioni atlantiche vengono attribuiti alla riduzione delle persecuzioni e del disturbo indiretto da parte dell’uomo. La sottospecie mediterranea sembra invece in declino, probabilmente a causa della crescente antropizzazione delle aree costiere. In Toscana, la mortalità causata direttamente dagli strumenti di pesca (ami, reti, nasse) è forse oggi la minaccia più rilevante. Il disturbo provocato dalla navigazione da diporto e in generale l’antropizzazione delle aree costiere dovuta al turismo estivo rappresentano un ulteriore serio pericolo, provocando una riduzione delle aree idonee alla specie. Il prelievo diretto di uova, pulcini e adulti, assai praticato in passato per vari scopi (in particolare per l’utilizzazione come esche di pulcini e adulti), attualmente dovrebbe essere cessato o per lo meno molto ridotto. La specie non sembra soggetta a predazione di uova e pulcini da parte di ratti Rattus sp., gabbiano reale mediterraneo Larus cachinnans e corvo imperiale Corvus corax. Misure per la conservazione Appare difficile intervenire per limitare la mortalità diretta causata dalla pesca. Data l’esiguità della popolazione toscana, sembra importante anche la protezione dei siti riproduttivi, oggi assicurata su gran parte dell’areale dalla presenza del Parco Nazionale dell’Arcipelago Toscano. Campagne di informazione e sensibilizzazione per limitare il disturbo ai siti di nidificazione possono contribuire a favorire la specie. Occorrono indagini mirate per ottenere una maggiore conoscenza di consistenza e distribuzione. Bibliografia ragionata Le informazioni relative alla nidificazione e allo svernamento del marangone dal ciuffo in Toscana, sono contenute in Tellini Florenzano et al. (1997), nel volume “Risultati dei censimenti degli uccelli acquatici svernanti in Italia, 19911995 (Serra et al., 1997) e successivo aggiornamento “Risultati dei censimenti degli uccelli acquatici svernanti in Italia: Piano di Gestione delle Acque del distretto idrografico del fiume Serchio 148 Integrazioni – Documento 1 distribuzione, stima e trend delle popolazioni nel 1991-2000 (Baccetti et al., 2002). I dati relativi a Pianosa sono forniti da Sposimo (1998) e da Arcamone e Sposimo (2002). Segnalazioni presenti nell’archivio 197 Fenicottero Phoenicopterus ruber Codice Fauna d’Italia 110.425.0.001.0 Codice Euring 01470 Ordine Fenicotteriformi Famiglia Fenicotteridi Categoria UICN Status in Italia Non valutato Status in Toscana Livello di Rarità Non Valutato Allegati Direttiva Uccelli I Riassunto In Italia è presente come migratrice, svernante, estivante e, a partire dal 1993, anche nidificante. L’unica nidificazione portata a termine con successo in Toscana si è avuta nel 1994 a Orbetello, dove la specie non si è stabilizzata come nidificante per cause riconducibili al livello idrico inadeguato nel periodo riproduttivo e, secondariamente, al disturbo antropico durante le fasi di insediamento. Gli interventi di conservazione effettuati non hanno portato a risultati positivi per la loro incompleta attuazione. Durante il periodo invernale, nel quinquennio 1996-2000, è risultato presente con mediamente oltre 1.500 indd., concentrati nella fascia costiera maremmana: Laguna di Orbetello, Lago di Burano e Diaccia Botrona. Distribuzione e tendenza della popolazione Specie a corologia subcosmopolita, presente in Africa, Asia sud-occidentale e in tutto il bacino del Mediterraneo con la sottospecie roseus. In Italia è presente come migratrice, svernante, estivante e, a partire dal 1993, anche nidificante. La stima sulla consistenza delle popolazioni complessive di fenicottero è assai complessa, perché la specie è caratterizzata da un comportamento altamente nomadico in relazione alle condizioni ambientali. La specie si dimostra in alcuni casi migratrice, in altri migratrice parziale e in altri ancora presenta caratteristiche di sedentarietà e nomadismo. Negli anni 1991-93, la popolazione di fenicottero nidificante nel Mediterraneo era stimata in 2800047000 coppie. Nella nostra penisola la presenza del fenicottero è andata aumentando a partire dagli anni ’70, in relazione al sensibile incremento degli individui nidificanti in Camargue. La prima nidificazione con successo accertata si è avuta in Sardegna (1993) con 800-2000 coppie seguita nel 1994 da quella ad Orbetello. La Laguna di Orbetello era comunque interessata da una popolazione estivante già a partire dal 1985 e nell’estate 1995 erano presenti addirittura 500-600 individui. Tuttavia, dopo il caso dell’estate del 1994, non sono state portate a termine altre nidificazioni; nel 1996 le presenze estive sono calate bruscamente e dal 1997 non si sono avuti tentativi di nidificazione; negli ultimi anni, invece, vi sono stati alcuni apparenti tentativi di nidificazione alla Diaccia-Botrona, non portati a termine. Durante il periodo invernale le presenze sono più consistenti e interessano un maggior numero di zone umide. In Toscana la popolazione svernante è distribuita soprattutto nella fascia costiera meridionale, con presenze che sono diventate regolari dalla seconda metà degli anni ’70. Attualmente i maggiori siti di svernamento sono Orbetello (che costituisce Sito in Importanza Internazionale), il Lago di Burano e la Diaccia Botrona; in numero più ridotto casi di svernamento si hanno anche in altre zone umide. Il totale regionale è variabile ma mediamente superiore a mille individui: nel gennaio 2002 sono stati censiti complessivamente 2991 individui. Ecologia Gli habitat preferenzialmente occupati dalla specie consistono in lagune, zone umide salmastre, stagni retrodunali aperti, poco profondi e ricchi di nutrimento, costituito in gran parte da crostacei del genere Artemia. Nelle zone umide interne la presenza è assai sporadica. Per la nidificazione necessita di ampie zone umide salmastre con isolotti a substrato fangoso, di superficie limitata, piuttosto distanti dalla terraferma, irraggiungibili da parte di predatori terrestri e con disturbo antropico scarso o assente. Le sue abitudini nomadiche sono da collegare all’elevata variabilità inter-annuale delle condizioni ambientali delle zone umide salmastre; enormi colonie possono insediarsi, in caso di condizioni ottimali, in zone umide non utilizzate da molti anni, per scomparire l’anno successivo. Anche il periodo di nidificazione può variare molto (da febbraio a settembre) in ragione delle condizioni ambientali locali. Piano di Gestione delle Acque del distretto idrografico del fiume Serchio 149 Integrazioni – Documento 1 Cause di minaccia Il notevole incremento registrato negli ultimi vent’anni è certamente da attribuire agli interventi di conservazione effettuati in Camargue, che hanno consentito alla specie di nidificare tutti gli anni, con colonie sempre più numerose, in condizioni ottimali. Nella Laguna di Orbetello la specie non si è stabilizzata come nidificante per cause riconducibili a: livello idrico inadeguato nel periodo riproduttivo, disturbo antropico (frequente passaggio di barchini da pesca) durante le fasi di insediamento. Il fenicottero era inserito nella precedente Lista Rossa Toscana come specie nidificante occasionale. La forte concentrazione dei contingenti svernanti presenti nel nostro paese (il 90% degli individui concentrati in meno di dieci siti) condiziona è una potenziale causa si minaccia per la stabilità della popolazione italiana. Misure per la conservazione La popolazione svernante non sembra richiedere alcun ulteriore intervento di conservazione. Per favorire la nidificazione della specie sono stati effettuati alcuni interventi nella Laguna di Orbetello nell’ambito di un Progetto Life Natura, principalmente finalizzati alla creazione di nuovi isolotti idonei. Tali isolotti sono stati utilizzati per la nidificazione o come dormitori da altre specie ma non hanno sortito effetti sul fenicottero. Occorre garantire la regolare applicazione delle indicazioni previste nel Piano di Gestione del suddetto progetto. Tentativi osservati negli ultimi anni fanno ritenere possibile una prossima nidificazione della specie nella Diaccia-Botrona qualora fossero effettuati opportuni interventi di gestione ambientale: creazione di isolotti fangosi, circondati da acque profonde, in aree lontane da quelle raggiungibili dai visitatori. Bibliografia ragionata Per quanto concerne lo status e la distribuzione invernale della specie in Italia si veda (Serra et al., 1997; Baccetti et al., 2002). La distribuzione della popolazione svernante e nidificante in Toscana è descritta da Dall’Antonia in Tellini Florenzano et al. (1997). Segnalazioni presenti nell’archivio 132 Spatola Platalea leucorodia Fauna d’Italia 110.424.0.001.0 Codice Euring 01440 Ordine Ciconiformi Famiglia Treschiornitidi Categoria UICN Status in Italia Non valutato Status in Toscana Livello di Rarità Regionale Allegati Direttiva Uccelli I Riassunto La spatola vive in zone umide con ampi specchi di acqua bassa, che setaccia alla ricerca di invertebrati. In Toscana un nucleo di 50-80 individui, in aumento, sverna nella Laguna di Orbetello. La concentrazione in questo unico sito e la notevole sensibilità al disturbo antropico, e in particolare all’attività venatoria praticata in zone comprese fra le aree di alimentazione e il sito di riposo, sono le cause di minaccia attualmente individuabili. Distribuzione e tendenza della popolazione La specie ha distribuzione euro-asiatica e africana; in Europa l’areale è frammentato ed esclude le parti centrosettentrionali del continente. Recentemente alcune piccole colonie si sono stabilite nell’Italia settentrionale. In Toscana è presente durante le migrazioni e lo svernamento; in quest’ultima fase si rinviene praticamente solo nella Laguna di Orbetello (una sola segnalazione, del 2002, nel Padule di Orti Bottagone), che costituisce uno degli otto siti di svernamento italiani e uno dei due di rilevanza nazionale. La spatola è regolarmente censita durante lo svernamento da parte del Centro Ornitologico Toscano: nel periodo 1991-1995 gli individui svernanti sono risultati in media 40, mentre nel quinquennio 1996-2000 sono stati 57, tutti concentrati nel sito precedentemente nominato. Ecologia La spatola è estremamente specializzata nell’alimentazione, basata su invertebrati acquatici catturati setacciando le acque stagnanti con il lungo becco piatto. Frequenta zone umide aperte, molto estese, con acqua bassa, sia dolce che Piano di Gestione delle Acque del distretto idrografico del fiume Serchio 150 Integrazioni – Documento 1 salmastra, ricca di invertebrati e pressoché sgombra di vegetazione. Durante lo svernamento sono preferite le acque salmastre. La presenza di aree adatte per il riposo notturno (isolotti, aree con adeguata copertura vegetale al riparo da qualsiasi fonte di disturbo) è necessaria perché gruppi consistenti di spatole possano permanere in un sito. Cause di minaccia La bonifica delle zone umide ha drasticamente ridotto, in passato, l’habitat disponibile per la specie; attualmente le principali cause di minaccia per la conservazione della popolazione svernante di spatola possono essere individuate nella caccia, il cui disturbo può limitare l’utilizzo di alcune zone umide o gli spostamenti fra le aree di alimentazione e quelle di riposo, e nella concentrazione in un unico sito. Misure per la conservazione La spatola può essere favorita da una gestione corretta (e localmente da modesti ampliamenti di superficie) delle zone umide costiere, rendendo disponibili ampi specchi di acqua bassa e siti idonei per il riposo notturno, compresi all’interno di estese zone con divieto di caccia.. Bibliografia ragionata Le informazioni disponibili su distribuzione e status della specie in Toscana, aggiornate al 1996, sono sintetizzate nell’Atlante della Toscana (Giannella in Tellini Florenzano et al., 1997), mentre Serra et al. (1997) e Baccetti et al. (2002) riportano la situazione a livello nazionale. Segnalazioni presenti nell’archivio 95 Piviere dorato Pluvialis apricaria Fauna d’Italia 110.487.0.001.0 Codice Euring 04850 Ordine Caradriformi Famiglia Caradridi Categoria UICN Status in Italia Status in Toscana Livello di Rarità Regionale Allegati Direttiva Uccelli AI Riassunto Il piviere dorato sverna in Toscana in aree aperte, spesso coltivate o pascolate, anche parzialmente allagate, prossime alle zone umide. La riduzione di questo tipo di ambienti e il disturbo localmente provocato dalla caccia sono i principali fattori limitanti per la specie, presente in inverno con un contingente di 120-450 individui, fluttuante. Distribuzione e tendenza della popolazione Questa specie nidifica nella tundra euroasiatica, con popolazioni disgiunte in Nord-America. In Toscana si rinviene durante lo svernamento, soprattutto in aree costiere e sporadicamente nell’entroterra; l’areale di svernamento della specie comprende tutto il bacino del Mediterraneo e l’Europa occidentale, cosicché la popolazione toscana è da considerare all’interno di un più vasto areale. La specie è oggetto di regolari censimenti invernali da parte del Centro Ornitologico Toscano e risulta presente con 120-450 individui, almeno la metà dei quali sverna nella zona di Bocca d’Ombrone; la Maremma Grossetana e il Padule di Bolgheri costituiscono siti d’importanza nazionale per lo svernamento della specie. La consistenza della popolazione è fluttuante. Ecologia Durante lo svernamento il piviere dorato si ritrova in prati, pascoli arati, acquitrini temporanei in prossimità di zone umide. Specie gregaria, forma spesso associazioni con la pavoncella (Vanellus vanellus). Cause di minaccia La bonifica e gli altri interventi di regimazione idraulica hanno causato la perdita di molte delle aree marginali alle zone umide favorevoli alla specie. Anche la cessazione e la riduzione del pascolo, sempre in prossimità delle zone umide, devono avere avuto un analogo effetto. Il disturbo provocato dalla caccia, cui il piviere dorato è molto sensibile, può limitare la presenza di gruppi svernanti in aree agricole, prossime alle aree palustri. Piano di Gestione delle Acque del distretto idrografico del fiume Serchio 151 Integrazioni – Documento 1 Misure per la conservazione L’incremento di superficie delle aree idonee alla specie appare la principale misura da adottare per la sua conservazione. Di conseguenza è necessario un incremento delle forme estensive di pascolo e, in generale, il mantenimento di tecniche di agricoltura a basso impatto in prossimità delle zone umide; anche l’interdizione dell’attività venatoria su rilevanti estensioni di aree idonee alla specie potrebbe favorirne un incremento numerico. Bibliografia ragionata I dati di distribuzione e consistenza raccolti da Arcamone et al. (1994) per le zone umide costiere sono stati integrati successivamente nell’Atlante della Toscana (Mainardi in Tellini Florenzano et al., 1997), aggiornato al 1996, mentre Serra et al. (1997) e Baccetti et al. (2002) sintetizzano il quadro a livello nazionale. Segnalazioni presenti nell’archivio 109 Avocetta Recurvirostra avosetta Fauna d’Italia 110.482.0.001.0 Codice Euring 04560 Ordine Caradriformi Famiglia Recurvirostridi Categoria UICN Status in Italia Prossimo alla minaccia Status in Toscana Livello di Rarità Regionale Allegati Direttiva Uccelli I Riassunto L’avocetta è presente in Toscana come specie svernante, migratrice e solo eccezionalmente come nidificante. Il contingente svernante sta aumentando, ma è praticamente concentrato in un solo sito. Un incremento delle superfici occupate dalle zone umide salmastre, potrebbe ulteriormente favorire la specie. Distribuzione e tendenza della popolazione Specie a distribuzione Paleartico-Etiopica, in Toscana è presente eccezionalmente come nidificante (un solo caso nella palude di Orti-Bottagone, presso Piombino), regolarmente come migratore e svernante, soprattutto nelle zone umide della Maremma. Viene regolarmente censita dal 1991 durante i conteggi invernali degli uccelli acquatici. La popolazione toscana svernante è concentrata nella Laguna di Orbetello. Nel corso degli ultimi anni ha mostrato una chiara tendenza all’aumento, in contrapposizione con l’andamento della popolazione italiana nel suo complesso: nel quinquennio 91-95 infatti, nei siti della Laguna di Orbetello e del Lago di Burano, sono stati censiti mediamente 71 individui all’anno, mentre in quello successivo (96-00) 174. Ecologia Nel periodo invernale l’avocetta frequenta banchi di fango o zone di acqua bassa di lagune o altre zone umide salmastre, dove ricerca il cibo in acqua o sulla superficie fangosa. Si nutre di piccoli invertebrati. Cause di minaccia La bonifica delle zone umide costiere nel passato ha ridotto drasticamente l’estensione di habitat disponibili per questa specie, che attualmente si concentra per lo svernamento nelle poche aree adatte. Misure per la conservazione Attualmente le zone umide adatte alla specie sono protette e non sembrano necessari particolari interventi per favorirne la presenza, anche se alcuni interventi di gestione, e soprattutto l’ampliamento delle aree allagate in alcune zone umide costiere, potrebbero permetterne una maggiore diffusione. Bibliografia ragionata Le informazioni disponibili su distribuzione e status della specie in Toscana, aggiornate al 1996, sono sintetizzate nell’Atlante della Toscana (Serra in Tellini Florenzano et al., 1997), mentre Baccetti et al. (2002) forniscono una descrizione della situazione a livello nazionale. Piano di Gestione delle Acque del distretto idrografico del fiume Serchio 152 Integrazioni – Documento 1 Segnalazioni presenti nell’archivio 73 Fraticello Sterna albifrons Codice Fauna d’Italia 110.513.0.001.0 Codice Euring 06240 Ordine Caradriformi Famiglia Sternidi Categoria UICN Status in Italia Vulnerabile Status in Toscana In pericolo critico Livello di Rarità Allegati Direttiva Uccelli I Riassunto Distribuzione e tendenza della popolazione Specie cosmopolita, nidifica lungo gran parte delle coste europee, escludendo soltanto l’estremo nord, e nell’entroterra lungo i maggiori fiumi (Reno, Danubio, Elba, ecc.). In Italia il fraticello è migratore regolare e nidificante, localizzato lungo le coste sabbiose del nord-est, in Sardegna, Sicilia e nelle zone umide della Padania. In Toscana la specie è migratrice regolare e, dal 1998, nidificante nella Laguna di Orbetello, su isolotti della laguna di Ponente, in associazione alla congenere sterna comune Sterna hirundo. La popolazione nidificante è in leggero ma costante aumento (da 3 coppie nel 1998 a 10 nel 2001). Il fraticello è indicato fra le specie in declino in Europa, mostrando decrementi numerici in quasi tutti i paesi dell’areale. L’Italia costituisce una delle poche eccezioni a tale tendenza. Alla specie è stato attribuito lo status “in pericolo critico” anche se non è nidificante regolare nel territorio regionale da almeno 10 anni, in quanto la popolazione della Laguna di Orbetello, seppur piccola, appare consolidata e in progressivo aumento, ma è certamente minacciata da cause diverse da quelle intrinseche imputabili al recente insediamento. Ecologia Il fraticello nidifica in piccole colonie, normalmente formate da non più di 50 coppie. I siti preferenziali sono costituiti da isolotti o penisole, privi di vegetazione o con vegetazione bassa e rada. Si nutre principalmente di piccoli pesci, crostacei e molluschi pelagici. Cause di minaccia A livello continentale, le principali cause di minaccia sono costituite dalla progressiva diminuzione degli habitat di nidificazione; localmente questa specie risente del disturbo diretto provocato dall’uomo, dagli animali domestici e dalle imbarcazioni. I nidi possono essere soggetti a predazione da parte di ratti e numerose specie di gabbiano. La piccola popolazione toscana è limitata principalmente dalla scarsa presenza di siti idonei per la nidificazione: l’isolotto più idoneo è inutilizzabile per la presenza di una colonia di gabbiano reale mediterraneo Larus cachinnans; l’isolotto occupato negli ultimi anni è di estensione ridottissima e minacciato dell’erosione. Notevoli variazioni nel livello delle acque lagunari possono provocare la perdita di nidiate. Non vi sono dati concernenti altre eventuali fonti di minaccia (inquinamento idrico, carenze nelle fonti trofiche, ecc.). Misure per la conservazione La conservazione di questa specie appare, al momento, essenzialmente legata al mantenimento dei siti di nidificazione, attraverso la gestione mirata. I siti di nidificazione attuali o potenziali siti di nidificazione devono essere resi maggiormente idonei tramite il taglio della vegetazione; occorrerebbe allontanare il gabbiano reale dalle altre isole idonee e realizzare nuovi isolotti. La specie può inoltre scegliere, quale sito di nidificazione, anche isolotti artificiali, appositamente realizzati con apporti di materiale sabbioso. Bibliografia ragionata La scarsissime informazioni bibliografiche presenti nell’archivio provengono da un articolo relativo alla prima nidificazione in Toscana dei due sternidi, fraticello e sterna comune (Sposimo et al., 2000). Piano di Gestione delle Acque del distretto idrografico del fiume Serchio 153 Integrazioni – Documento 1 Segnalazioni presenti nell’archivio 3 Sterna comune Sterna hirundo Codice Fauna d’Italia 110.513.0.006.0 Codice Euring 06150 Ordine Caradriformi Famiglia Sternidi Categoria UICN Status in Italia Prossimo alla minaccia Status in Toscana In pericolo critico Livello di Rarità Allegati Direttiva Uccelli I Riassunto La sterna nidifica in Toscana dal 1998, con numero di coppie variato, nel periodo 1998-2002, da un minimo di due a un massimo di nove. Attualmente non è possibile fornire indicazioni sulla tendenza della popolazione. La principali cause di minaccia risiedono nella scarsità di siti idonei alla nidificazione e alla competizione, in quelli esistenti, con il gabbiano reale. Distribuzione e tendenza della popolazione Specie oloartica, nidifica in gran parte dei Paesi europei spingendosi anche, a differenza delle altre specie del Genere Sterna, in aree interne molto distanti dalle coste. Migratrice regolare nidifica in Toscana dal 1998, nella laguna di Ponente di Orbetello, con un numero di coppie che nel periodo 1998-2002 è variato da un minimo di 2 a un massimo di 9. La popolazione europea è giudicata al momento stabile. Alla specie è stato attribuito lo status “in pericolo critico” anche se non è nidificante regolare nel territorio regionale da almeno 10 anni, in quanto la popolazione della Laguna di Orbetello, seppur piccola, appare consolidata e in progressivo aumento (con l’eccezione di un’annata), ma è certamente minacciata da cause diverse da quelle intrinseche imputabili al recente insediamento. Ecologia Nidifica in colonie, su isole o in aree costiere, presso acque sia dolci che salate. La si trova talvolta associata ad altre specie del genere Sterna o Larus, a esclusione di Larus Cachinnas e di L. ridibundus, la cui presenza è al contrario incompatibile con quella della sterna comune. Cause di minaccia La piccola popolazione toscana è limitata principalmente dalla scarsa presenza di siti idonei per la nidificazione: l’isolotto più idoneo è inutilizzabile per la presenza di una colonia di gabbiano reale mediterraneo Larus cachinnans; l’isolotto occupato negli ultimi anni è di estensione ridottissima e minacciato dell’erosione. Notevoli variazioni nel livello delle acque lagunari possono provocare la perdita di nidiate. Non vi sono dati concernenti altre eventuali fonti di minaccia (inquinamento idrico, carenze nelle fonti trofiche, ecc.). Misure per la conservazione La conservazione di questa specie appare, al momento, essenzialmente legata al mantenimento dei siti di nidificazione, attraverso la gestione mirata. I siti di nidificazione attuali o potenziali siti di nidificazione devono essere resi maggiormente idonei tramite il taglio della vegetazione; occorrerebbe allontanare il gabbiano reale dalle altre isole idonee e realizzare nuovi isolotti. La specie può inoltre scegliere, quale sito di nidificazione, anche isolotti artificiali, appositamente realizzati con apporti di materiale sabbioso. Bibliografia ragionata Tutti i dati disponibili consistono esclusivamente in un articolo specifico sulla prima nidificazione di Sterna comune e Fraticello in Toscana (Sposimo et al., 2000). Segnalazioni presenti nell’archivio 4 Volpoca Tadorna tadorna Codice Fauna d’Italia 110.429.0.002.0 Codice Euring 01730 Piano di Gestione delle Acque del distretto idrografico del fiume Serchio 154 Integrazioni – Documento 1 Ordine Anseriformi Famiglia Anatidi Categoria UICN Status in Italia In Pericolo Status in Toscana Non valutato Livello di Rarità Regionale Allegati Direttiva Uccelli Riassunto Specie ritenuta in passato scarsa od occasionale in Toscana, negli ultimi anni ha mostrato un incremento numerico probabilmente dovuto a una maggiore tutela di alcune importanti zone umide costiere, quali Orbetello e Diaccia Botrona. La volpoca appare comunque scarsa e necessita perciò di una particolare protezione, volta soprattutto a favorire la presenza di siti idonei alla nidificazione e limitare il disturbo causato dall’attività venatoria. Distribuzione e tendenza della popolazione Specie monotipica con areale di distribuzione eurocentroasiatico-mediterraneo. La popolazione europea nidificante è stimata intorno alle quarantamila coppie nidificanti (concentrate soprattutto nell’Europa nord-occidentale). In Italia è migratrice regolare, svernante (con circa 6-7 mila ind. fino al 1999) e nidificante con circa 100 coppie secondo una stima del 1994. Per quanto concerne la Toscana, la volpoca era inserita nella Lista Rossa come specie occasionale o insufficientemente conosciuta; negli ultimi anni la popolazione nidificante e svernante è apparsa in aumento. In passato infatti la specie nidificava solo occasionalmente a Orbetello e Massaciuccoli; forse grazie anche ad un progetto di reintroduzione, nella Laguna di Orbetello sono state registrate 2 coppie nel 1994, 3 nel 1995 e 2 nel 1998. Durante il periodo di svernamento la Toscana è interessata mediamente da circa 250 individui distribuiti soprattutto nella Laguna di Orbetello. Questa, il Lago di Burano e la Maremma grossetana, costituiscono siti di rilevanza nazionale per lo svernamento di questa specie. Ecologia Specie gregaria in migrazione e durante lo svernamento. L’habitat riproduttivo più comune è rappresentato da stagni salmastri o dulciacquicoli retrodunali, nonché lagune e saline. Durante il periodo invernale e quello migratorio frequenta una maggiore varietà di ambienti umidi (anche artificiali) preferendo ad ogni modo quelli costieri, in particolare saline e lagune salmastre. Se soggetta a disturbo la specie si riunisce in stormi sul mare, a breve distanza dalla costa. Si nutre prevalentemente di molluschi e crostacei acquatici. La nidificazione avviene quasi esclusivamente su isolotti irraggiungibili da parte di predatori terrestri. Cause di minaccia I fattori che hanno influenzato in passato e che tuttora determinano la scarsa presenza della volpoca vanno ricercati nella particolare sensibilità dimostrata dalla specie alla rarefazione degli habitat idonei alla sosta e alla riproduzione. La bonifica e il degrado delle zone umide salmastre, unite al disturbo esercitato dall’attività venatoria, hanno fortemente limitato le aree idonee alla specie. Anche gli abbattimenti illegali, specie quando interessano la ridottissima popolazione nidificante, possono costituire una seria minaccia. Un altro fattore limitante è rappresentato dalla scarsità di siti idonei per la nidificazione. Misure per la conservazione Nonostante che in Italia negli ultimi anni la specie abbia mostrato un generale incremento numerico (presumibilmente in parte dovuto all’aumento registrato dalle popolazioni del Mar Nero), lo status delle popolazioni svernanti e nidificanti nella nostra regione non si può ritenere soddisfacente. Una maggiore disponibilità di siti idonei per la nidificazione nella Laguna di Orbetello e alla Diaccia-Botrona, dove i recenti cambiamenti ambientali hanno certamente favorito la volpoca, potrebbe portare ad un significativo incremento. La limitazione dell’impatto causato dall’attività venatoria praticata ai margini delle principali zone umide costiere, sotto forma di abbattimenti illegali e come fonte di disturbo indiretto, appare altrettanto importante. . Bibliografia ragionata Per la popolazione italiana svernante è disponibile un resoconto delle attività di censimento invernale aggiornato al 2000 (Baccetti et al., 2002), che fornisce alcune informazioni sulla nidificazione di specie acquatiche, tra cui la volpoca, in un resoconto a scala nazionale. Le informazioni disponibili su distribuzione e status della popolazione nidificante e Piano di Gestione delle Acque del distretto idrografico del fiume Serchio 155 Integrazioni – Documento 1 svernante in Toscana, aggiornate al 1996, sono sintetizzate nell’Atlante della Toscana (Giannella in Tellini Florenzano et al., 1997). Segnalazioni presenti nell’archivio 200 Barbastella barbastellus (Schreber, 1774) II II, IV Hypsugo savii (Bonaparte, 1837) II IV Microtus multiplex (Fatio, 1905) A EN A LR A, B SIR Minacce Status in Toscana Status in Italia L.R. 56/00 Conv. Berna Nome scientifico Dir. 92/43 CEE MAMMIFERI: SPECIE IN LISTE D’ATTENZIONE EN A2, A3, A6 9 LR A3,B4 62, 20, 23 LR 15, 16 Mustela putorius Linnaeus, 1758 III V A DD EN 62, 23, 11, 16 Myotis bechsteinii (Kuhl, 1817) II II, IV A DD VU 31, 30 Myotis daubentonii (Kuhl, 1817) II IV A VU VU A1,A3 62 Myotis emarginatus (E. Geoffroy, 1806) II II, IV A VU VU A2,A3 62 Myotis mystacinus (Kuhl, 1817) II IV A VU VU A2, A3 11, 16, 28, 62 Neomys fodiens (Pennant, 1771) III Nyctalus lasiopterus (Schreber, 1780) II IV A EN EN A2,A3,A4 31 Nyctalus leisleri (Kuhl, 1817) II IV A VU LR A2,A3,A4 28, 62, 31, 30 Nyctalus noctula (Schreber, 1774) II IV A VU VU A2,A3,A4 28, 62, 31, 30 Pipistrellus kuhli (Kuhl, 1817) II IV A LRlc LR A3, B4 21, 27, 62, 23 Pipistrellus pipistrellus (Schreber, 1774) III IV A LRnt LR A3, B4 16, 20, 62, 23 Plecotus auritus (Linnaeus, 1758) II IV A LRnt EN A2, A3, A4 16, 62 Plecotus austriacus (Fischer, 1829) II IV A LRnt VU A2, A3, A4 18, 20 Rhinolophus ferrumequinum (Schreber, 1774) II II, IV A VU VU A2, A3, A6, B4 27, 62, B04, 18, 11, 16, 21, 22, 23 Rhinolophus euryale Blasius, 1853 II II, IV A VU VU A2, A3, A6,B4 16, 27 Rhinolophus hipposideros (Bechstein, 1800) II II, IV A EN EN A2, A3 16, 22, B04, 27, 23 A,B LR 21, 22, 23 Barbastello Barbastella barbastellus Codice Fauna d’Italia 110.627.0.001.0 Codice Natura 2000 1311 Ordine Chirotteri Famiglia Vespertilionidi Categoria UICN Status in Italia In pericolo Status in Toscana In pericolo Livello di Rarità Regionale Allegati Direttiva Habitat II, IV Distribuzione e tendenza della popolazione Il suo areale comprende buona parte dell’Europa, spingendosi a est fino alla Crimea, alla Turchia e al Caucaso e comprendendo parte dell’Africa nord- occidentale. In Italia la specie sembra essere presente praticamente su tutto il territorio. Molto rara, per la nostra regione è segnalata solo attraverso lo sporadico rinvenimento di singoli esemplari, Piano di Gestione delle Acque del distretto idrografico del fiume Serchio 156 Integrazioni – Documento 1 uno proveniente da una grotta nel pratese, l’altro presso Rufina (Firenze). Data l’estrema scarsità di informazioni non vi sono indicazioni sulla tendenza della popolazione. Ecologia Come tutti i Chirotteri necessita di una serie di rifugi dove ripararsi durante il giorno (nella buona stagione) dove accoppiarsi (per lo più in autunno), dove riprodursi (in primavera) e dove superare, in stato di letargo, i rigori della stagione invernale (freddo e mancanza di cibo). Predilige le zone boscose collinari e di bassa e media montagna, ma frequenta anche aree urbanizzate; è più raro in pianura. Rifugi estivi e colonie riproduttive sono nelle costruzioni, ma anche nelle cavità degli alberi. I rifugi invernali sono invece prevalentemente in cavità sotterranee. Di norma lascia il rifugio di buon’ora, se non addirittura di giorno e caccia preferibilmente lungo percorsi regolari e circolari con un diametro di 50-100 m , a 4.5 m dal suolo o dal pelo dell’acqua, più in alto quando foraggia al di sopra delle chiome degli alberi. Le prede sono rappresentate per lo più da piccoli Insetti e da altri Artropodi catturati in volo o, talora, su rami degli alberi e altri supporti. Le zone di foraggiamento sono rappresentate da corpi d’acqua, boschi e loro margini, giardini e viali illuminati. Specie sedentaria, è tuttavia capace di compiere spostamenti di una certa entità. Cause di minaccia Tra le principali cause della rarità del barbastello possiamo indicare la riduzione delle superfici boscate e la diminuzione della loro diversità vegetazionale dovuta alla gestione forestale e l’uso di pesticidi. Un ruolo decisivo va imputato anche al disturbo alle colonie ibernanti durante l’inverno (un numero eccessivo di risvegli “forzati”conduce a morte gli animali a causa dell’imprevisto consumo di riserve energetiche che non gli consente di arrivare, in letargo, alla primavera successiva), causato involontariamente o per vandalismo. Misure per la conservazione L’azione più urgente è la tutela dei vecchi alberi e la conversione a fustaia di una maggiore superficie boscata, specialmente alle quote più alte. Necessaria anche la salvaguardia delle radure e l’incremento delle strutture lineari (quali siepi, filari, canali, ecc) che collegano tra loro aree boscate isolate. Sicuramente utile è il controllo dell’uso di pesticidi. Resta inoltre fondamentale un incremento delle ricerche per meglio definire la sua distribuzione e le sue preferenze relative ai rifugi e alle aree di caccia. Bibliografia ragionata Le informazioni disponibili su ecologia, distribuzione e status della specie in Italia, sono sintetizzate in Lanza e Agnelli, all’interno dell’Iconografia dei Mammiferi Italiani (Spagnesi e Toso eds, 1999). Dati relativi alla Toscana sono riportati in vari contributi negli Atti del I convegno Italiano sui Chirotteri (Castell’Azzara, 28-29 Marzo 1998); tra questi, in particolare: Agnelli et al. “Atlante dei Chirotteri della Toscana: risultati preliminari”. Le uniche segnalazioni localizzate per la Toscana derivano da reperti museali. Pipistrello di Savi Hypsugo savii Codice Fauna d’Italia 110.627.0.001.0 Codice Natura 2000 1311 Ordine Chirotteri Famiglia Vespertilionidi Categoria UICN Status in Italia A più basso rischio Status in Toscana A più basso rischio Livello di Rarità Regionale Allegati Direttiva Habitat IV Riassunto Specie legata alle zone rocciose e alle costruzioni umane per il rifugio, sia estivo sia invernale. Minacciata dalla riduzione nella disponibilità dei rifugi. Necessaria l’adozione di tecniche mirate alla creazione di accessi per gli animali anche negli edifici di nuova costruzione. Distribuzione e tendenza della popolazione Distribuito dall’Europa centrale e meridionale e dall’Africa maghrebina, fino al Giappone, attraverso l’Asia centrale. Sembra in diminuzione in tutta Europa, dove si registrano locali estinzioni. In Italia è nota per l’intero territorio. E’ la Piano di Gestione delle Acque del distretto idrografico del fiume Serchio 157 Integrazioni – Documento 1 specie più frequente in Toscana, dopo il pipistrello albolimbato (Pipistrellus kuhlii), e in questa regione sono conosciute varie colonie riproduttive. Ecologia La specie necessita, come tutti i Chirotteri, di una serie di rifugi dove ripararsi durante il giorno (nella buona stagione), dove accoppiarsi (per lo più in autunno), dove riprodursi (in primavera) e dove superare, in stato di letargo, i rigori della stagione invernale (freddo e mancanza di cibo). Frequenta gli ambienti più vari, dal mare alla montagna, dalle aree boscate a quelle agricole, alle aree urbanizzate. I rifugi estivi si trovano prevalentemente nelle fessure delle rocce e delle costruzioni, sia abbandonate, sia di recente edificazione (in cavità, fessure o spacchi dei muri, tra le tegole, ecc); i rifugi invernali possono essere simili a quelli estivi, ma sverna anche in grotte e cavità sotterranee, talvolta negli alberi. I rifugi invernali sono generalmente occupati da animali solitari, mentre le colonie riproduttive sono costituiti al massimo da poche decine di esemplari. La femmina partorisce due piccoli l’anno, più raramente uno, tra giugno e metà luglio. Caccia spesso sull’acqua, al margine dei boschi, nei giardini, lungo le strade e intorno ai lampioni, tenendosi preferibilmente ad alta quota, anche oltre i 100 metri. Si nutre prevalentemente di piccoli Insetti volatori. Cause di minaccia Uno dei fattori che condizionano le popolazioni di questa specie è la minore disponibilità di rifugi offerta dagli edifici più moderni. Un’altra minaccia deriva dal disturbo umano alle colonie riproduttive negli edifici e alle colonie ibernanti durante l’inverno (un numero eccessivo di risvegli “forzati” conduce a morte gli animali a causa dell’imprevisto consumo di riserve energetiche che non gli consente di arrivare, in letargo, alla primavera successiva). Spesso al semplice e involontario disturbo ai rifugi, si aggiungono atti di deliberato e sconsiderato vandalismo, dovuti anche al fatto che nelle aree urbane, dove l’incontro con l’uomo è frequente, non tutte le persone sono culturalmente preparate ad una pacifica convivenza con questi animali sul cui conto si conoscono molte leggende e pochi dati di fatto. Misure per la conservazione Tra le necessarie misure di protezione c’è il mantenimento strutturale dei rifugi nei vecchi edifici per evitare il loro eccessivo degrado, se non addirittura il crollo, nonché l’uso di accorgimenti architettonici (ad es. tegole speciali per assicurare l’accesso ai sottotetti) da adottare negli edifici più moderni in modo da favorire il rifugio degli animali. Anche nel caso di ristrutturazione di un edificio, quando è presente una colonia riproduttiva, occorre valutare attentamente gli interventi ed evitare di eseguire i lavori nel periodo primaverile. Bibliografia ragionata Le informazioni disponibili su ecologia, distribuzione e status della specie in Italia, sono sintetizzate in Lanza e Agnelli, 1999 – I Chirotteri. In: Iconografia dei Mammiferi italiani, Spagnesi M. e Toso S. eds., Istituto Nazionale per la Fauna Selvatica, Ozzano Emilia, Bo. Dati relativi alla Toscana sono riportati in vari contributi di imminente pubblicazione negli Atti del I° Convegno Italiano sui Chirotteri tenutosi a Castell’Azzara (GR) il 28-29 marzo 1998. Tra questi ad esempio: Agnelli P., Dondini G., Vergari S. - Atlante dei Chirotteri della Toscana: risultati preliminari. Scaravelli D., 1993. Pipistrelli in città. (pp.167-172). In: Cencini C., Dindo M. L. (ed.) Ecologia in città. Alla scoperta dell'ambiente urbano. Lo Scarabeo Bologna. Segnalazioni presenti nell’archivio 76 Arvicola di Fatio Microtus multiplex Codice Fauna d’Italia 110.645.0.003.0 Ordine Roditori Famiglia Arvicolidi Categoria UICN Status in Italia Status in Toscana A più basso rischio Livello di Rarità Regionale Allegati Direttiva Habitat Riassunto Piano di Gestione delle Acque del distretto idrografico del fiume Serchio 158 Integrazioni – Documento 1 Endemismo alpino nord-appenninico, la cui popolazione toscana segna il limite meridionale di distribuzione della specie. Entità non molto conosciuta dal punto di vista ecologico. Distribuzione e tendenza della popolazione Specie endemica delle Alpi e del nord Appennino; è infatti presente in parte della Svizzera e in Italia nelle Alpi centrooccidentali e nell’Appennino settentrionale della Toscana, suo limite meridionale. La conoscenza sulla sua distribuzione necessita però di ulteriori approfondimenti data la scarsità di segnalazioni. La sua sicura presenza in Toscana, secondo alcuni autori, sembra avere bisogno di ulteriori studi, data la difficoltà di determinazione della specie, difficilmente distinguibile dalla molto più comune arvicola di Savi (M. savii). Infatti secondo alcuni autori (Amori G., Cristaldi M., Contoli L., 1986: Sui Roditori (Gliridae, Arvicolidae, Muridae) dell’Italia peninsulare ed insulare in rapporto all’ambiente bioclimatico mediterraneo. Animalia, 11 [1984]) per una sicura determinazione del M. multiplex è necessario effettuare analisi di tipo elettroforetico. Ecologia L’Arvicola di Fatio frequenta prevalentemente ambienti aperti quali praterie e pascoli, ma anche boschi aperti, fino a circa 2000 m di quota, dove il terreno è fresco e umido. Tende a essere un’animale diurno e si nutre di erbe, radici, tuberi, bulbi, ecc. La sua biologia è poco conosciuta. La stagione degli accoppiamenti si svolge da aprile a settembre e dopo una gestazione di 21 giorni vengono partoriti da 2 a 3 piccoli, più raramente 5; diventano indipendenti dopo circe 3 settimane. La durata della vita è di 2-4 anni. Cause di minaccia Essendo una specie endemica le cui popolazioni sono assai localizzate in Toscana alle alte quote dell’Appennino, attività che sconvolgono queste aree quali ad esempio impianti sciistici e relative attrezzature, o lavori per gasdotti o simili, possono determinare una sua ulteriore diminuzione. Misure per la conservazione Per la conservazione di questa specie montana è necessario mantenere il più possibile inalterate le condizioni vegetazionali di alta quota contenendo o evitando, per quanto possibile, attività di trasformazione di tali territori (impianti sciistici, gasdotti, ecc.). Nel caso in cui siano inevitabili tali interventi è necessario prevedere sia una accurata valutazione di impatto ambientale, prima, che un’opera di ripristino del territorio, poi. Per la conservazione di questa specie è sicuramente utile anche uno studio e un monitoraggio delle popolazioni esistenti. E’ stato proposto il suo inserimento nell’allegato II della direttiva Habitat 92/43 della CEE. Bibliografia ragionata Le informazioni sulla distribuzione e sull’ecologia sono sintetizzati nella Fauna d’Italia vol. IV (Toschi & Lanza, 1959), sulla Guida dei Mammiferi d’Europa (Corbet–Ovenden, 1985) e sull’Handbuch der Saugetiere Europas (Niethammer & Krapp, 1990). Segnalazioni presenti nell’archivio 14 Puzzola Mustela putorius Codice Fauna d’Italia 110.658.0.003.0 Codice Natura 2000 1358 Ordine Carnivori Famiglia Mustelidi Categoria UICN Status in Italia Carenza di informazioni Status in Toscana In pericolo Livello di Rarità Regionale Allegati Direttiva Habitat V Riassunto E’ una specie poco conosciuta legata ad ambiente umidi di bosco. E’ estremamente elusiva e quindi difficilmente osservabile, sembra comunque caratterizzata da una generale rarefazione a causa dei cambiamenti dell’habitat (bonifiche degli ambienti umidi) e alla persecuzione dell’uomo. Piano di Gestione delle Acque del distretto idrografico del fiume Serchio 159 Integrazioni – Documento 1 Distribuzione e tendenza della popolazione Specie euroasiatica diffusa in gran parte dell’Europa, tranne Islanda, Irlanda e Scandinavia settentrionale e isole del Mediterraneo, e presente anche in alcuni paesi dell’ex U.S.S.R. E’ presente in tutta l’Italia continentale. Le conoscenze sulla sua distribuzione sono molto scarse sia perché è un animale fortemente elusivo sia per la difficoltà di rilevamento della sua presenza sul territorio tramite segni di presenza indiretti (fatte, impronte, resti di cibo, ecc.). Anche per la Toscana le segnalazioni sono frammentarie. Le popolazioni sembrano purtroppo essere in diminuzione. Ecologia E’ una specie le cui conoscenze ecologiche e comportamentali sono tuttora scarse. E’ prevalentemente terrestre e notturna. Predilige ambienti umidi con un ampia copertura vegetale. Ha ghiandole odorifere situate ai lati dell’ano che producono una sostanza che odora di muschio, comune a tutti i mustelidi, ma che è particolarmente acre nella Puzzola e che lei libera sia quando è allarmata che quando marca il territorio. Si nutre di roditori, sembra predare regolarmente i surmolotti, lagomorfi e vertebrati a sangue freddo come rane e rospi, oltre che di uova. L’accoppiamento ha luogo da marzo a giugno e la gestazione dura 40-43 giorni. I piccoli, partoriti in tane situate in cavità degli alberi, tane di conigli, sotto cataste di legna o nelle abitazioni, variano da 4 a 6, raramente 3 o 9, e vengono curati dalla sola madre. A circa 2 mesi e mezzo si rendono indipendenti. La durata della vita è di circa 8-10 anni. Cause di minaccia Essendo una specie legata ad ambienti umidi, la progressiva scomparsa di tali aree dovuta alle bonifiche, a reso questo animale, una volta assai comune, ora raro. Anche il taglio del bosco, senza un’oculata attenzione al mantenimento di piante eterogenee per età al suo interno, crea un ulteriore ostacolo al mantenimento delle popolazioni. Inoltre, come la maggior parte dei Mustelidi, è sempre stato oggetto di persecuzione in quanto considerato animale “nocivo” dato che può causare indirettamente danni all’uomo. Misure per la conservazione E’ necessario preservare il più possibile gli ambienti umidi ancora rimasti sia di bosco che di zone aperte data la loro importanza per la sopravvivenza sia della Puzzola che di un gran numero di altre specie legate a questo tipo di habitat. Inoltre è importante avere un controllo sul territorio in modo da evitare il fenomeno del bracconaggio ancora oggi diffuso nei confronti di questa specie. Per la conservazione di questa specie è sicuramente utile anche uno studio e un monitoraggio delle popolazioni esistenti. E’ stato proposto il suo inserimento nell’allegato II e IV della direttiva Habitat 92/43 della CEE. Bibliografia ragionata Le informazioni sulla distribuzione e sull’ecologia sono sintetizzati nella Fauna d’Italia vol. IV (Toschi & Lanza, 1959), sulla Guida dei Mammiferi d’Europa (Corbet–Ovenden, 1985), sull’Handbuch der Saugetiere Europas (Niethammer & Krapp, 1990) e su I Mammiferi nel loro ambiente (Moutou F., Bouchardy C., 1992). Segnalazioni presenti nell’archivio 35 Vespertilio di Bechstein Myotis bechsteinii Codice Fauna d’Italia 110.624.0.001.0 Ordine Chirotteri Famiglia Vespertilionidi Categoria UICN Vulnerabile Status in Italia Carenza di informazioni Status in Toscana Vulnerabile Livello di Rarità Regionale Allegati Direttiva Habitat II e IV Riassunto Specie tipicamente dendrofila, legata ai boschi maturi per il rifugio. Minacciata dalla diminuzione dei vecchi alberi cavi dovuta alla pratica della ceduazione e dall’eccessivo uso di pesticidi. Necessarie la protezione dei vecchi alberi, la conversione a fustaia di più vaste superfici boscate. Distribuzione e tendenza della popolazione Piano di Gestione delle Acque del distretto idrografico del fiume Serchio 160 Integrazioni – Documento 1 Distribuito dall'Europa al Caucaso, alla Turchia e all'Iran. In Italia la specie risulta presente nella maggior parte delle regioni continentali e peninsulari, nonché in Sicilia. In Toscana è stato recentemente rilevato in area appenninica nelle province di Pistoia e di Firenze, ma è specie fra le più rare e di difficile osservazione. Ecologia Come tutti i Chirotteri necessita di una serie di rifugi dove ripararsi durante il giorno (nella buona stagione), dove accoppiarsi (per lo più in autunno), dove riprodursi (in primavera) e dove superare, in stato di letargo, i rigori della stagione invernale (freddo e mancanza di cibo). Predilige le aree boscate e le zone alberate in genere con alberi maturi, come giardini e parchi. Rifugi estivi e colonie riproduttive nei cavi degli alberi e nelle bat-box, meno spesso nelle costruzioni e di rado nelle cavità delle rocce. D'inverno si rifugia soprattutto in cavità sotterranee, naturali o artificiali, molto umide, occasionalmente anche nei cavi degli alberi. Si spinge sino a 1.350 m di quota nella buona stagione e sino a 1.800 m in inverno. Per lo più solitario, solo di rado si trova in piccoli gruppi formati al massimo da 10 individui. L'unico piccolo viene partorito tra la seconda metà di giugno e la fine di luglio, talora più precocemente, anche in maggio. Lascia il rifugio solo a notte fonda e lo riguadagna assai prima dell'alba, di solito dopo avervi fatto temporaneamente ritorno alcune volte nel frattempo; il foraggiamento si svolge di regola nelle radure dei boschi, ai loro margini e lungo le strade che li attraversano, spesso a poche centinaia di metri dal rifugio. Sedentario; il più lungo spostamento noto è di 39 km. Cause di minaccia Il Vespertilio di Bechstein è specie molto rara e quindi è attualmente impossibile stabilire qual è la tendenza delle sue popolazioni, sia in Toscana che in Italia in generale. Sicuramente può essere minacciato dal disturbo umano nei rifugi e sono soprattutto a rischio le colonie ibernanti (un numero eccessivo di risvegli “forzati” conduce a morte gli animali a causa dell’imprevisto consumo di riserve energetiche che non gli consente di arrivare, in letargo, alla primavera successiva). Spesso al semplice e involontario disturbo si aggiungono atti di deliberato e sconsiderato vandalismo. I rifugi estivi (compresi quelli riproduttivi) sono invece a rischio per il taglio dei vecchi alberi, per una gestione forestale che privilegia i boschi cedui e per la mancanza di adeguate superfici di bosco maturo. Misure per la conservazione L’azione più urgente è la tutela dei vecchi alberi cavi e la conversione a fustaia di una maggiore superficie boscosa. Necessaria anche la salvaguardia delle radure e l’incremento delle strutture lineari (quali siepi, filari, canali, ecc.) che collegano tra loro aree boscate isolate. Altra misura sicuramente utile è il controllo dell’uso incondizionato di pesticidi. Per questa specie resta inoltre fondamentale un incremento delle ricerche per meglio definire la sua distribuzione e le sue preferenze relative ai rifugi e alle aree di caccia in Italia, e in Toscana in particolare, data la estrema rarità dei dati disponibili. Bibliografia ragionata Le informazioni disponibili su ecologia, distribuzione e status della specie in Italia, sono sintetizzate in Lanza e Agnelli, 1999 – I Chirotteri. In: Iconografia dei Mammiferi italiani, Spagnesi M. e Toso S. eds., Istituto Nazionale per la Fauna Selvatica, Ozzano Emilia, Bologna. Dati relativi alla Toscana sono riportati in vari contributi negli Atti del I° Convegno Italiano sui Chirotteri tenutosi a Castell’Azzara (GR) il 28-29 marzo 1998. Tra questi ad esempio: Agnelli P., Dondini G., Vergari S. - Atlante dei Chirotteri della Toscana: risultati preliminari; Segnalazioni presenti nell’archivio 4 Vespertilio mustacchino Myotis mystacinus Codice Fauna d’Italia 110.624.0.009.0 Ordine Chirotteri Famiglia Vespertilionidi Categoria UICN Status in Italia Vulnerabile Status in Toscana Vulnerabile Livello di Rarità Regionale Allegati Direttiva Habitat IV Riassunto Piano di Gestione delle Acque del distretto idrografico del fiume Serchio 161 Integrazioni – Documento 1 Specie legata alle aree boscate, si rifugia negli edifici in estate e in cavità sotterranee d’inverno. Necessaria l’individuazione e la protezione delle colonie invernali e di quelle riproduttive. Minacciata principalmente dalla diminuzione dei rifugi disponibili e dal disturbo umano, necessita di protezione dei rifugi più importanti e di un controllo nell’uso di pesticidi. Distribuzione e tendenza della popolazione Distribuito in Europa, Marocco, Asia Centrale e Orientale fino alla Cina. Rare le segnalazioni della specie in Italia; comunque la sua presenza sembra accertata per le regioni settentrionali e centrali, per la Sicilia e la Sardegna, ed è molto probabile per quanto concerne il resto della penisola. In Toscana è conosciuto per poche catture effettuate in aree montane, ma non si sono ancora rilevate colonie riproduttive o di svernamento. Ecologia Come tutti i Chirotteri necessita di una serie di rifugi dove ripararsi durante il giorno (nella buona stagione), dove accoppiarsi (per lo più in autunno), dove riprodursi (in primavera) e dove superare, in stato di letargo, i rigori della stagione invernale (freddo e mancanza di cibo). Specie boschereccia, predilige i parchi e i giardini prossimi agli abitati e gli abitati stessi. Rifugi estivi e nursery, spesso vicini ai corsi d’acqua, negli edifici, di rado nei cavi degli alberi. Sverna nelle cavità sotterranee. I maschi generalmente vivono separati dalle femmine in primavera e nel periodo estivo precedente alla stagione degli amori. L'unico piccolo viene messo al mondo fra la metà di giugno e tutto luglio. Caccia quasi in vari tipi di ambiente, di solito vicino a terra, ma soprattutto in vicinanza di alberi isolati. Le prede sono rappresentate dai più diversi tipi di Insetti, ma soprattutto da Ditteri e Lepidotteri; nelle pause della caccia usa appendersi ai rami. Sostanzialmente sedentario, compie talvolta spostamenti di una certa entità; quello più lungo sinora accertato è di 240 km. Cause di minaccia Le popolazioni di vespertilio mustacchino è sensibile, come del resto le altre specie di Chirotteri, all’uso sconsiderato di pesticidi, che finisce per impoverire le sue aree di foraggiamento. Tra le cause di minaccia occorre poi ricordare la rimozione di siepi e boschetti che vengono utilizzati dai pipistrelli come indispensabili riferimenti nello spostamento dai rifugi alle aree di foraggiamento e il disturbo umano nei rifugi estivi e alle colonie ibernanti durante l’inverno (un numero eccessivo di risvegli “forzati” conduce a morte gli animali a causa dell’imprevisto consumo di riserve energetiche che non gli consente di arrivare, in letargo, alla primavera successiva). Spesso al semplice e involontario disturbo si aggiungono atti di deliberato e sconsiderato vandalismo. Misure per la conservazione L’azione più urgente è il censimento delle colonie (soprattutto di quelle riproduttive) per individuare i rifugi più importanti e attuare, almeno in questi, adeguate misure di protezione. Importante anche la salvaguardia e l’incremento delle strutture lineari (quali siepi, filari, canali, ecc.) che collegano i rifugi con tali aree dove gli animali si alimentano. Altra misura sicuramente utile è il controllo dell’uso incondizionato di pesticidi Bibliografia ragionata Le informazioni disponibili su ecologia, distribuzione e status della specie in Italia, sono sintetizzate in Lanza e Agnelli, 1999 – I Chirotteri. In: Iconografia dei Mammiferi italiani, Spagnesi M. e Toso S. eds., Istituto Nazionale per la Fauna Selvatica, Ozzano Emilia, Bologna. Dati relativi alla Toscana sono riportati in vari contributi negli Atti del I° Convegno Italiano sui Chirotteri tenutosi a Castell’Azzara (GR) il 28-29 marzo 1998. Tra questi ad esempio: Agnelli P., Dondini G., Vergari S. - Atlante dei Chirotteri della Toscana: risultati preliminari; Dondini G., Papalini O., Sarti R. & Vergari S. - Chirotterofauna della grotta di Castell’Azzara (Toscana, Italia). Segnalazioni presenti nell’archivio 11 Toporagno d’acqua Neomys fodiens Codice Fauna d’Italia 110.619.0.002.0 Famiglia Soricidae Categoria UICN Status in Italia Status in Toscana A più basso rischio Livello di Rarità Piano di Gestione delle Acque del distretto idrografico del fiume Serchio 162 Integrazioni – Documento 1 Allegati Direttiva Habitat Riassunto Specie a distribuzione localizzata. Si rinviene in aree montane anche se lo stato di conoscenza della sua distribuzione è ancora molto scarso. La sua alimentazione insettivora e il suo legame a corsi d’acqua non inquinati lo rende assai vulnerabile ad una scorretta gestione delle pratiche agricole e dei corsi d’acqua stessi. Distribuzione e tendenza della popolazione E’ specie euroasiatica. Il Toporagno d’acqua è diffuso in gran parte dell’Europa centrale e settentrionale eccettuate Islanda e Irlanda, isole mediterranee, gran parte della penisola Iberica e le regioni meridionali della penisola balcanica; il suo areale si estende ad est fino all’Asia settentrionale e all’Asia minore. In Italia è ampiamente distribuito su tutta la penisola anche se le nelle provincie meridionali le conoscenze alquanto scarse. E’ una specie localizzata dato il suo legame con l’acqua. E’ maggiormente microterma e montana del congenere N. anomalus; si rinviene quindi solitamente ad altitudini maggiori. Le conoscenze sulla sua distribuzione in Toscana sono scarse, probabilmente anche per la difficoltà del suo rilevamento; le informazioni per la provincia di Firenze sono però migliori in quanto sono state effettuate recenti ricerche all’interno di questa provincia. Ecologia E’ una specie che si rinviene laddove esistono corsi d’acqua, stagni, canali, torrenti o fiumi, prevalentemente di aree submontane e montane, in ottime condizioni dal punto di vista della qualità ambientale, con rive caratterizzate da una buona copertura vegetale e con argini non troppo ripidi. Per questi motivi viene utilizzato sia come bioindicatore che come ecoindicatore dei corsi d’acqua. Nuota con estrema agilità alla ricerca di prede quali Insetti e altri Artropodi, lombrichi, molluschi, ma anche piccoli Vertebrati (uova e avannotti di Pesci, uova e larve di Anfibi). Tende a essere più attivo nelle ore notturne e non attraversa un periodo di riposo invernale. Dopo 3-4 settimane dagli accoppiamenti nascono da 6 a 9 piccoli che diventano indipendenti dopo circa quaranta giorni. Cause di minaccia Il toporagno d’acqua sta subendo un forte declino a causa dell’inquinamento delle acque dovuto a una cattiva manutenzione e gestione degli scarichi antropici, al mal sfruttamento a scopi civili e agricoli dell’acqua di superficie, all’uso indiscriminato di pesticidi e all’inquinamento del suolo. Tutto questo porta alla sua rarefazione sia per cause dirette (inquinamento delle acque e del suolo, sfruttamento indiscriminato dell’acqua) che per cause indirette dovuto all’accumulo di sostanze nocive presenti negli Invertebrati da lui predati. Anche la rimozione di siepi e boschetti lungo i corsi d’acqua, dovuta al tipo di pratiche agricole, è un’ulteriore causa di minaccia dato che porta sia alla mancanza di un adeguata copertura delle rive sia a una diminuzione generale della fauna, compresa quella invertebrata. Misure per la conservazione Fondamentale per la conservazione del toporagno d’acqua è una gestione corretta del prelievo di acqua e un adeguato controllo affinché vengano applicate le norme esistenti sulla depurazioni degli scarichi, che comunque dovranno essere limitati il più possibile, oltre che evitare ogni tipo di scarico abusivo da parte dei privati cittadini. Inoltre contenere l’utilizzo di sostanze insetticide e di sostanze tossiche per il terreno almeno al di sotto dei limiti imposti dalla legge italiana. Sicuramente incentivare pratiche agricole quali la lotta integrata e l’agricoltura biologica, a minor impatto sul territorio, sono favorevoli all’espansione di tutti gli Insettivori e quindi anche di questa specie. E’ necessario anche incoraggiare interventi sul territorio mirati all’impianto di siepi e alberi sia tra estese aree coltivate che lungo i piccoli corsi d’acqua, fossati, borri. E’ stato proposto il suo inserimento negli allegati II e IV della direttiva Habitat 92/43 della CEE. Nottola gigante Nyctalus lasiopterus Codice Fauna d’Italia 110.626.0.001.0 Codice Natura 2000 1328 Ordine Chirotteri Famiglia Vespertilionidi Categoria UICN A più basso rischio Status in Italia In pericolo Status in Toscana In pericolo Livello di Rarità Regionale Allegati Direttiva Habitat IV Piano di Gestione delle Acque del distretto idrografico del fiume Serchio 163 Integrazioni – Documento 1 Riassunto Specie strettamente dendrofila, legata ai boschi maturi per il rifugio. Minacciata dalla diminuzione dei vecchi alberi cavi dovuta alla pratica della ceduazione e dall’eccessivo uso di pesticidi. Necessarie la protezione dei vecchi alberi, la conversione a fustaia di più vaste superfici boscate, nonche un incremento delle conoscenze sulla sua distribuzione e biologia. Distribuzione e tendenza della popolazione Distribuita dall’Europa (con esclusione delle regioni più settentrionali) e dall’Africa settentrionale, all’Asia centrooccidentale. Presumibilmente presente ovunque in Italia, ma rara, è stata finora segnalata solo per sei regioni italiane. Recentemente rilevata sull’Appennino pistoiese in bat-box, non veniva segnalata in Toscana dalla fine dell’800. Il livello delle conoscenze sulla sua distribuzione in Toscana è da considerare ancora scarso, principalmente per la difficoltà nel rilevamento che viene eseguito principalmente con l’ispezione delle cavità degli alberi e con l’uso di batbox. I due esemplari segnalati nel pistoiese usavano le bat-box come rifugi per l’accoppiamento. Non se ne conoscono colonie riproduttive, né colonie di svernamento. Ecologia Come tutti i Chirotteri necessita di una serie di rifugi dove ripararsi durante il giorno (nella buona stagione), dove accoppiarsi (per lo più in autunno), dove riprodursi (in primavera) e dove superare, in stato di letargo, i rigori della stagione invernale (freddo e mancanza di cibo). La biologia di questa specie è poco nota. Predilige senz’altro le aree boscate, principalmente quelle a latifoglie, ricche di vecchi alberi cavi e radure, possibilmente presso corsi d’acqua. I rifugi si trovano nei cavi degli alberi e, sembra, sia in estate che in inverno. Solo le colonie di femmine riproduttive e quelle invernali possono contare numerosi individui, mentre i maschi estivano isolatamente o in piccoli gruppi. La femmina partorisce uno o due piccoli l’anno, tra giugno e luglio. Caccia per lo più in zone aperte, spesso a diverse decine di metri di quota e in vicinanza di aree boscose, nutrendosi d’Insetti. La sua dieta è poco conosciuta. Cause di minaccia La Nottola gigante sembra essere assai rara in tutto il suo areale. Le cause di minaccia più evidenti sono dovute al governo a ceduo dei boschi, che priva gli animali dei rifugi nei vecchi alberi cavi, e per gli incendi che in alcune aree distruggono vaste aree boscate. Certamente la specie risente dello sconsiderato uso di pesticidi che impoverisce d’Insetti le sue aree di foraggiamento. Misure per la conservazione L’azione più urgente è la tutela dei vecchi alberi cavi e la conversione a fustaia di una maggiore superficie boscosa. Necessaria anche la salvaguardia delle radure e l’incremento delle strutture lineari (quali siepi, filari, canali, ecc.) che collegano tra loro aree boscate isolate. Altra misura sicuramente utile è il controllo dell’uso incondizionato di pesticidi. Per questa specie resta comunque fondamentale l’incremento delle ricerche per meglio definire la sua distribuzione e le sue preferenze ambientali. Bibliografia ragionata Le informazioni disponibili su ecologia, distribuzione e status della specie in Italia, sono sintetizzate in Lanza e Agnelli, 1999 – I Chirotteri. In: Iconografia dei Mammiferi italiani, Spagnesi M. e Toso S. eds., Istituto Nazionale per la Fauna Selvatica, Ozzano Emilia, Bologna. Dati relativi alla Toscana sono riportati in vari contributi di imminente pubblicazione negli Atti del I° Convegno Italiano sui Chirotteri tenutosi a Castell’Azzara (GR) il 28-29 marzo 1998. Tra questi ad esempio: Agnelli P., Dondini G., Vergari S. - Atlante dei Chirotteri della Toscana: risultati preliminari. E inoltre in : Vergari S., Dondini G., Agnelli P., 1997 – Supplementary records of Greater Noctule in Italy, Myotis 35: 111-112. Segnalazioni presenti nell’archivio 2 Nottola di Leisler Nyctalus leisleri Codice Fauna d’Italia 110.626.0.002.0 Codice Natura 2000 1331 Ordine Chirotteri Famiglia Vespertilionidi Piano di Gestione delle Acque del distretto idrografico del fiume Serchio 164 Integrazioni – Documento 1 Categoria UICN A più basso rischio Status in Italia Vulnerabile Status in Toscana A più basso rischio Livello di Rarità Regionale Allegati Direttiva Habitat IV Riassunto Specie strettamente dendrofila, legata ai boschi maturi per il rifugio. Minacciata dalla diminuzione dei vecchi alberi cavi dovuta alla pratica della ceduazione e dall’eccessivo uso di pesticidi. Necessarie la protezione dei vecchi alberi, la conversione a fustaia di più vaste superfici boscate. Distribuzione e tendenza della popolazione Distribuita dall’Europa e dall’Africa settentrionale, all’Asia sud-occidentale. Presumibilmente presente ovunque in Italia, è stata finora segnalata solo per le regioni settentrionali e centrali e per la Puglia. La Nottola di Leisler sembra essere piuttosto rara in tutto il suo areale, anche se recenti e mirate indagini condotte in Toscana con bat-box e batdetector hanno rilevato una distribuzione più ampia di quella fin qui ipotizzata. In Toscana è stata rilevata di recente solo sull’Appennino pistoiese e fiorentino, nel Parco Nazionale delle Foreste Casentinesi e nel livornese. Il livello delle conoscenze sulla sua distribuzione in Toscana è da considerare ancora scarso, principalmente per la difficoltà nel rilevamento che viene eseguito principalmente con l’ispezione delle cavità degli alberi e con l’uso di bat-box. Non se ne conoscono colonie riproduttive in Toscana, ma solo rifugi per l’accoppiamento e per lo svernamento. Ecologia Come tutti i Chirotteri necessita di una serie di rifugi dove ripararsi durante il giorno (nella buona stagione), dove accoppiarsi (per lo più in autunno), dove riprodursi (in primavera) e dove superare, in stato di letargo, i rigori della stagione invernale (freddo e mancanza di cibo). Predilige le aree boscate, principalmente quelle a latifoglie, ricche di vecchi alberi cavi e radure, possibilmente presso corsi d’acqua, ma frequenta anche altri ambienti dal livello del mare fino alle faggete di mezza montagna. I rifugi si trovano principalmente nei cavi degli alberi, sia in estate che in inverno, più di rado nelle fessure delle costruzioni. Specie gregaria, si riunisce in fitte colonie di decine o centinaia di esemplari, sia d’estate che d’inverno. La femmina partorisce generalmente due piccoli l’anno, talvolta uno solo, tra giugno e luglio. Caccia sopra i boschi, nelle radure, ma anche sopra e all’interno di piccoli abitati posti in prossimità di aree boscose. Si nutre d’Insetti, per lo più di piccole dimensioni, catturati al volo. Cause di minaccia Le cause di minaccia più evidenti sono il governo a ceduo dei boschi, che priva gli animali dei rifugi nei vecchi alberi cavi, e gli incendi che in alcune aree distruggono vaste aree boscate. Certamente la specie risente dello sconsiderato uso di pesticidi che impoverisce d’Insetti le sue aree di foraggiamento. Misure per la conservazione L’azione più urgente è la tutela dei vecchi alberi cavi e la conversione a fustaia di una maggiore superficie boscosa. Necessaria anche la salvaguardia delle radure e l’incremento delle strutture lineari (quali siepi, filari, canali, ecc.) che collegano tra loro aree boscate isolate. Altra misura sicuramente utile è il controllo nell’uso incondizionato di pesticidi. Bibliografia ragionata Le informazioni disponibili su ecologia, distribuzione e status della specie in Italia, sono sintetizzate in Lanza e Agnelli, 1999 – I Chirotteri. In: Iconografia dei Mammiferi italiani, Spagnesi M. e Toso S. eds., Istituto Nazionale per la Fauna Selvatica, Ozzano Emilia, Bologna. Dati relativi alla Toscana sono riportati in vari contributi di imminente pubblicazione negli Atti del I° Convegno Italiano sui Chirotteri tenutosi a Castell’Azzara (GR) il 28-29 marzo 1998. Tra questi ad esempio: Agnelli P., Dondini G., Vergari S. - Atlante dei Chirotteri della Toscana: risultati preliminari; Agnelli P., Scaravelli D., Bertozzi M., Crudele G. - Primi dati sui Chirotteri del Parco Nazionale delle Foreste Casentinesi, M. Falterona e Campigna. Segnalazioni presenti nell’archivio 14 Pipistrello albolimbato Pipistrellus kuhlii Codice Fauna d’Italia 110.625.0.001.0 Piano di Gestione delle Acque del distretto idrografico del fiume Serchio 165 Integrazioni – Documento 1 Codice Natura 2000 1319 Ordine Chirotteri Famiglia Vespertilionidi Categoria UICN Status in Italia A più basso rischio Status in Toscana A più basso rischio Livello di Rarità Regionale Allegati Direttiva Habitat IV Riassunto Specie legata principalmente alle costruzioni umane per il rifugio estivo e ad aree più o meno antropizzate per l’alimentazione. Minacciata dalla riduzione nella disponibilità dei rifugi. Necessaria l’adozione di tecniche mirate alla creazione di accessi per gli animali anche negli edifici di nuova costruzione. Distribuzione e tendenza della popolazione Distribuito in Europa meridionale, Africa settentrionale, orientale e sudorientale, Asia occidentale e a Est fino all’India nordorientale. Sembra la specie di pipistrello meno a rischio in Europa. E’ la specie più diffusa in Toscana, perché adattabile ad un largo ventaglio di tipologie ambientali; E’ stata osservata dal livello del mare fino ad oltre 800 m s.l.m. Specie antropofila, è più comune nelle aree urbanizzate. Ecologia Come tutti i Chirotteri necessita di una serie di rifugi dove ripararsi durante il giorno (nella buona stagione), dove accoppiarsi (per lo più in autunno), dove riprodursi (in primavera) e dove superare, in stato di letargo, i rigori della stagione invernale (freddo e mancanza di cibo). Predilige zone temperato-calde dalla pianura alle aree pedemontane, principalmente nei pressi degli abitati. I rifugi estivi si trovano prevalentemente negli edifici, sia abbandonati che di recente costruzione, molto più di rado nelle fessure delle rocce o nel cavo degli alberi; I rifugi invernali sono spesso gli stessi di quelli estivi, purché sufficientemente riparati. La femmina partorisce generalmente due piccoli l’anno, tra giugno e metà luglio. Caccia spesso presso le luci artificiali di lampioni e insegne, nei giardini, lungo le strade o sull’acqua, di regola a bassa quota, nutrendosi di numerose specie di Insetti volatori. Cause di minaccia Il fattore che condiziona maggiormente le popolazioni di questa specie è la minore disponibilità di rifugi offerta dagli edifici più moderni. Altra minaccia deriva dal disturbo umano alle colonie riproduttive negli edifici (si tratta spesso di rifugi facilmente accessibili) e alle colonie ibernanti durante l’inverno (un numero eccessivo di risvegli “forzati” conduce a morte gli animali a causa dell’imprevisto consumo di riserve energetiche che non gli consente di arrivare, in letargo, alla primavera successiva). Spesso al semplice e involontario disturbo ai rifugi, si aggiungono atti di deliberato e sconsiderato vandalismo, dovuti anche al fatto che, specie nelle città, non tutte le persone sono culturalmente preparate ad una pacifica convivenza con questi animali su cui in genere si conoscono molte leggende e pochi dati di fatto. Misure per la conservazione Tra le necessarie misure di protezione c’è il mantenimento strutturale dei rifugi stessi per evitare il loro eccessivo degrado se non addirittura il crollo, nonché l’uso di accorgimenti architettonici (ad es. tegole speciali per assicurare l’accesso ai sottotetti) da adottare negli edifici più moderni per favorire il rifugio agli animali. Anche nel caso di ristrutturazione di un edificio, in cui è presente una colonia riproduttiva, occorre valutare gli interventi ed evitare accuratamente il periodo primaverile, critico per la presenza della colonia in formazione. Bibliografia ragionata Le informazioni disponibili su ecologia, distribuzione e status della specie in Italia, sono sintetizzate in Lanza e Agnelli, 1999 – I Chirotteri. In: Iconografia dei Mammiferi italiani, Spagnesi M. e Toso S. eds., Istituto Nazionale per la Fauna Selvatica, Ozzano Emilia, Bologna. Dati relativi alla Toscana sono riportati in vari contributi di imminente pubblicazione negli Atti del I° Convegno Italiano sui Chirotteri tenutosi a Castell’Azzara (GR) il 28-29 marzo 1998. Tra questi ad esempio: Agnelli P., Dondini G., Vergari S. - Atlante dei Chirotteri della Toscana: risultati preliminari. Piano di Gestione delle Acque del distretto idrografico del fiume Serchio 166 Integrazioni – Documento 1 E inoltre: Haffner M., Stutz H.P., 1986. Abundance of Pipistrellus pipistrellus and Pipistrellus kuhlii foraging at streetlamps. Myotis, 23-24: 167-172. Scaravelli D., 1993. Pipistrelli in città. (pp.167-172). In: Cencini C., Dindo M. L. (ed.) Ecologia in città. Alla scoperta dell'ambiente urbano. Lo Scarabeo Bologna. Segnalazioni presenti nell’archivio 76 Pipistrello nano Pipistrellus pipistrellus Codice Fauna d’Italia 110.625.0.003.0 Codice Natura 2000 1309 Ordine Chirotteri Famiglia Vespertilionidi Categoria UICN Status in Italia A più basso rischio Status in Toscana A più basso rischio Livello di Rarità Regionale Allegati Direttiva Habitat IV Riassunto Specie legata principalmente alle costruzioni umane per il rifugio, sia estivo sia invernale, ma anche a boschi maturi e a grotte. Minacciata dalla riduzione nella disponibilità dei rifugi. Necessaria l’adozione di tecniche mirate alla creazione di accessi per gli animali anche negli edifici di nuova costruzione. Distribuzione e tendenza della popolazione Distribuito dall’Europa e dall’Africa settentrionale, attraverso l’Asia meridionale, fino alla Cina. Sembra in diminuzione in tutta Europa. In Italia è nota per l’intero territorio. Specie abbastanza frequente in Toscana, anche in zone antropizzate; sono conosciute alcune colonie riproduttive per l’area collinare e montana della Toscana settentrionale. Ecologia La specie necessita, come tutti i Chirotteri, di una serie di rifugi dove ripararsi durante il giorno (nella buona stagione), dove accoppiarsi (per lo più in autunno), dove riprodursi (in primavera) e dove superare, in stato di letargo, i rigori della stagione invernale (freddo e mancanza di cibo). Predilige zone temperato-calde dalla pianura alle aree pedemontane, principalmente nei pressi degli abitati. I rifugi estivi si trovano prevalentemente negli edifici, sia abbandonati sia di recente costruzione, per lo più in cavità, fessure o spacchi dei muri, ma anche tra le rocce o nel cavo degli alberi; i rifugi invernali possono essere simili a quelli estivi, ma sverna anche in grotte e cavità sotterranee. I rifugi sono spesso occupati da decine di animali, talvolta misti ad altre specie. Non è raro osservarlo in caccia anche durante l’inverno, durante le frequenti interruzioni del letargo. La femmina partorisce uno o due piccoli l’anno, tra maggio e luglio. Caccia spesso sull’acqua, ma anche al margine dei boschi, nei giardini, lungo le strade e intorno ai lampioni; talvolta anche assai prima del tramonto, se non addirittura in pieno giorno. Si nutre prevalentemente di piccoli Insetti volatori. Cause di minaccia Uno dei fattori che condizionano maggiormente le popolazioni di questa specie è la minore disponibilità di rifugi offerta dagli edifici più moderni. Un’altra minaccia deriva dal disturbo umano alle colonie riproduttive negli edifici e alle colonie ibernanti durante l’inverno (un numero eccessivo di risvegli “forzati” conduce a morte gli animali a causa dell’imprevisto consumo di riserve energetiche che non gli consente di arrivare, in letargo, alla primavera successiva). Spesso al semplice e involontario disturbo ai rifugi, si aggiungono atti di deliberato e sconsiderato vandalismo, dovuti anche al fatto che, specie nelle città, non tutte le persone sono culturalmente preparate ad una pacifica convivenza con questi animali sul cui conto si conoscono molte leggende e pochi dati di fatto. Misure per la conservazione Tra le necessarie misure di protezione c’è il mantenimento strutturale dei rifugi nei vecchi edifici per evitare il loro eccessivo degrado, se non addirittura il crollo, nonché l’uso di accorgimenti architettonici (ad es. tegole speciali per assicurare l’accesso ai sottotetti) da adottare negli edifici più moderni per favorire il rifugio agli animali. Anche nel caso di ristrutturazione di un edificio, quando è presente una colonia riproduttiva, occorre valutare gli interventi ed evitare di scegliere il periodo primaverile per l’esecuzione dei lavori (in primavera si forma la colonia riproduttiva). Piano di Gestione delle Acque del distretto idrografico del fiume Serchio 167 Integrazioni – Documento 1 Bibliografia ragionata Le informazioni disponibili su ecologia, distribuzione e status della specie in Italia, sono sintetizzate in Lanza e Agnelli, 1999 – I Chirotteri. In: Iconografia dei Mammiferi italiani, Spagnesi M. e Toso S. eds., Istituto Nazionale per la Fauna Selvatica, Ozzano Emilia, Bologna. Dati relativi alla Toscana sono riportati in vari contributi di imminente pubblicazione negli Atti del I° Convegno Italiano sui Chirotteri tenutosi a Castell’Azzara (GR) il 28-29 marzo 1998. Tra questi ad esempio: Agnelli P., Dondini G., Vergari S. - Atlante dei Chirotteri della Toscana: risultati preliminari. E inoltre in: Agnelli P., 1996. I Mammiferi. pp. 66-73. In: Giubelli G. (ed.). Isola d’Elba. Geologia, Flora, Fauna, Storia, Arte, Ambiente. Pro.Gra.Ms. Italia, Ferrara, 119 pp. Haffner M., Stutz H.P., 1986. Abundance of Pipistrellus pipistrellus and Pipistrellus kuhlii foraging at street-lamps. Myotis, 23-24: 167-172. Jenkins E.V., Laine T., Morgan S.E. Cole K.R., Speakman J.R., 1998. Roost selection in the pipistrelle bat, Pipistrellus pipistrellus (Chiroptera: Vespertilionidae), in northeast Scotland. Animal Behaviour, 56: 909-917. Scaravelli D., 1993. Pipistrelli in città. (pp.167-172). In: Cencini C., Dindo M. L. (ed.) Ecologia in città. Alla scoperta dell'ambiente urbano. Lo Scarabeo Bologna. Segnalazioni presenti nell’archivio 29 Orecchione bruno Plecotus auritus Codice Fauna d’Italia 110.631.0.001.0 Codice Natura 2000 1326 Ordine Chirotteri Famiglia Vespertilionidi Categoria UICN Status in Italia A più basso rischio Status in Toscana In pericolo Livello di Rarità Regionale Allegati Direttiva Habitat IV Riassunto Specie boschereccia, legata a costruzioni umane e a boschi maturi per il rifugio estivo e per l’alimentazione, ad ambienti ipogei per il rifugio invernale. Minacciata dal disturbo ai rifugi, dalle modificazioni del paesaggio, (agricoltura intensiva, riduzione aree boscate anche nelle aree collinari) dall’eccessivo uso di pesticidi. Necessaria l’individuazione e la protezione delle colonie riproduttive. Distribuzione e tendenza della popolazione Distribuito dall’Europa all’Asia paleartica fino al Giappone. E’ considerato in diminuzione in tutta Europa. In Italia è noto per le regioni settentrionali e centrali. Il livello delle conoscenze sulla distribuzione della popolazione toscana si può considerare ancora scarso. In tale regione, dove era conosciuto solo per vecchie segnalazioni, è stato recentemente rilevato in provincia di Arezzo dove, in un edificio poco frequentato, si è scoperta un’importante colonia riproduttiva. Ecologia Come tutti i Chirotteri necessita di una serie di rifugi dove ripararsi durante il giorno (nella buona stagione), dove accoppiarsi (per lo più in autunno), dove riprodursi (in primavera) e dove superare, in stato di letargo, i rigori della stagione invernale (freddo e mancanza di cibo). Predilige i boschi radi, i parchi e i giardini anche in città. I rifugi estivi si trovano nei cavi degli alberi, ma anche in batbox o in soffitte di edifici dove si insinua nelle fessure. I rifugi invernali si trovano prevalentemente nelle grotte o in altre cavità sotterranee. Le colonie riproduttive possono contare diverse decine di individui, ma sono per lo più costituite dalle sole femmine in quanto i maschi estivano isolatamente o in piccoli gruppi. D’inverno non mostra tendenze gregarie. La femmina partorisce un solo piccolo l’anno (raramente due), fra la metà e la fine di giugno. Caccia per lo più tra le fronde degli alberi con volo molto manovrato e capace persino di praticare lo “spirito santo”. Si nutre principalmente di Lepidotteri, catturati sia in volo, sia raccolti dai rami o sulle foglie. Cause di minaccia Piano di Gestione delle Acque del distretto idrografico del fiume Serchio 168 Integrazioni – Documento 1 L’Orecchione bruno ha subito un forte declino in tutto il suo areale per vari motivi: per l’uso di pesticidi che impoveriscono le sue aree di foraggiamento, per la rimozione di siepi e boschetti che vengono utilizzati come indispensabili riferimenti nello spostamento dai rifugi alle aree di foraggiamento, per gli incendi che riducono le superfici boscate, per il governo a ceduo dei boschi che riduce il numero dei vecchi alberi dove l’Orecchione trova rifugio, per il disturbo umano alle colonie riproduttive situate negli edifici. Spesso al semplice e involontario disturbo si aggiungono atti di deliberato e sconsiderato vandalismo. Misure per la conservazione L’azione più urgente è la tutela dei vecchi alberi cavi e la conversione a fustaia di una maggiore superficie boscosa. Necessaria anche la salvaguardia delle radure e l’incremento delle strutture lineari (quali siepi, filari, canali, ecc.) che collegano tra loro aree boscate isolate. Altra misura sicuramente utile è il controllo dell’uso incondizionato di pesticidi. Per questa specie resta inoltre fondamentale un incremento delle ricerche per meglio definire la sua distribuzione e le sue preferenze relative ai rifugi e alle aree di caccia in Italia, e in Toscana in particolare, perché ai limiti meridionali dell’areale. Bibliografia ragionata Le informazioni disponibili su ecologia, distribuzione e status della specie in Italia, sono sintetizzate in Lanza e Agnelli, 1999 – I Chirotteri. In: Iconografia dei Mammiferi italiani, Spagnesi M. e Toso S. eds., Istituto Nazionale per la Fauna Selvatica, Ozzano Emilia, Bo. Dati relativi alla Toscana sono riportati in vari contributi di imminente pubblicazione negli Atti del I° Convegno Italiano sui Chirotteri tenutosi a Castell’Azzara (GR) il 28-29 marzo 1998. Tra questi ad esempio: Agnelli P., Dondini G., Vergari S. - Atlante dei Chirotteri della Toscana: risultati preliminari; Agnelli P., Scaravelli D., Bertozzi M., Crudele G. - Primi dati sui Chirotteri del Parco Nazionale delle Foreste Casentinesi, M. Falterona e Campigna. Segnalazioni presenti nell’archivio 4 Orecchione grigio Plecotus austriacus Codice Fauna d’Italia 110.631.0.002.0 Codice Natura 2000 1329 Famiglia Vespertilionidae Gray, 1821 Categoria UICN Status in Italia A più basso rischio Status in Toscana Vulnerabile Livello di Rarità Regionale Allegati Direttiva Habitat IV Riassunto Specie boschereccia, legata a costruzioni umane e a boschi maturi per il rifugio estivo e per l’alimentazione, ad ambienti ipogei per il rifugio invernale. Minacciata dal disturbo ai rifugi, dalle modificazioni del paesaggio, (agricoltura intensiva, riduzione aree boscate anche nelle aree collinari) dall’eccessivo uso di pesticidi. Necessaria la protezione delle colonie riproduttive negli edifici. Distribuzione e tendenza della popolazione Distribuito dall’Europa centrale e meridionale, all’Africa occidentale, mediterranea e orientale, e verso Est fino alla Cina attraverso l’Asia paleartica. E’ considerato in diminuzione in tutta Europa. In Italia è presente praticamente in tutto il territorio, ma raro. Le conoscenze sulla distribuzione della popolazione toscana si sono recentemente incrementate con la scoperta di alcune colonie riproduttive situate in vecchi edifici. Data la recente distinzione di questa specie dall’Orecchione bruno (Plecotus auritus), occorre vagliare attentamente le segnalazioni bibliografiche precedenti agli anni ’60. Ecologia Come tutti i Chirotteri necessita di una serie di rifugi dove ripararsi durante il giorno (nella buona stagione), dove accoppiarsi (per lo più in autunno), dove riprodursi (in primavera) e dove superare, in stato di letargo, i rigori della stagione invernale (freddo e mancanza di cibo). Predilige i boschi radi, gli ambienti agrari, i parchi e i giardini anche nelle grandi città, mostrando maggior antropofilia rispetto alla specie gemella Plecotus auritus. I rifugi estivi si trovano principalmente nelle soffitte degli edifici, ma Piano di Gestione delle Acque del distretto idrografico del fiume Serchio 169 Integrazioni – Documento 1 anche nelle grotte o nei cavi degli alberi. I rifugi invernali si trovano prevalentemente nelle grotte o in altre cavità sotterranee. Le colonie riproduttive possono contare diverse decine di individui, ma sono per lo più costituite dalle sole femmine in quanto i maschi estivano isolatamente o in piccoli gruppi. D’inverno non mostra tendenze gregarie. La femmina partorisce un solo piccolo l’anno, fra la metà e la fine di giugno. Caccia per lo più tra le fronde degli alberi con volo molto manovrato e capace persino di praticare lo “spirito santo”. Si nutre principalmente di Lepidotteri, catturati in volo o raccolti dai rami e dalle foglie. Cause di minaccia L’Orecchione grigio ha subito un forte declino in tutto il suo areale per vari motivi: per l’uso di pesticidi che impoveriscono le sue aree di foraggiamento, per la rimozione di siepi e boschetti che vengono utilizzati come indispensabili riferimenti nello spostamento dai rifugi alle aree di foraggiamento, per gli incendi che riducono le superfici boscate, per il disturbo umano alle colonie riproduttive situate negli edifici. Spesso al semplice e involontario disturbo si aggiungono atti di deliberato e sconsiderato vandalismo. Misure per la conservazione L’azione più urgente è la tutela delle colonie riproduttive situate negli edifici. Necessarie anche la conversione a fustaia di una maggiore superficie boscosa, l’incremento delle strutture lineari (quali siepi, filari, canali, ecc.) che collegano tra loro rifugi e aree di foraggiamento o che connettono aree boscate isolate. Altra misura sicuramente utile è il controllo dell’uso incondizionato di pesticidi. Per questa specie resta inoltre fondamentale un incremento delle ricerche per meglio definire la sua biologia riproduttiva in Italia. Rinolòfo maggiore Rhinolophus ferrumequinum Codice Fauna d’Italia 110.623.0.003.0 Codice Natura 2000 1304 Ordine Chirotteri Famiglia Rinolofidi Categoria UICN A più basso rischio Status in Italia Vulnerabile Status in Toscana Vulnerabile Livello di Rarità Regionale Allegati Direttiva Habitat II e IV Riassunto Specie termofila, legata ad ambienti ipogei per il rifugio invernale, a costruzioni umane per il rifugio estivo e ad aree boscate e corpi d’acqua per l’alimentazione. Minacciata dal disturbo ai rifugi, dalle modificazioni del paesaggio, (agricoltura intensiva, riduzione aree boscate anche nelle aree collinari) dall’eccessivo uso di pesticidi. Necessaria la protezione delle colonie invernali e di quelle riproduttive. Distribuzione e tendenza della popolazione Distribuito dall’Europa settentrionale all’Africa maghrebina e, attraverso le regioni himalayane, fino al Giappone. E’ considerato in diminuzione in tutta Europa. Il livello delle conoscenze sulla distribuzione della popolazione toscana si può considerare ancora scarso. In tale regione è probabilmente distribuito su tutto il territorio, anche se localizzato. Specie troglofila/antropofila è stata rilevata in alcune grotte e in molti edifici abbandonati. Non se ne conoscono colonie riproduttive in Toscana, ma solo colonie di svernamento in cavità ipogee. Ecologia Come tutti i Chirotteri necessita di una serie di rifugi dove ripararsi durante il giorno (nella buona stagione), dove accoppiarsi (per lo più in autunno), dove riprodursi (in primavera) e dove superare, in stato di letargo, i rigori della stagione invernale (freddo e mancanza di cibo). Predilige zone calcaree ricche di caverne e non lontano dall’acqua, anche nei pressi degli abitati. I rifugi estivi si trovano prevalentemente negli edifici, talora in cavi degli alberi o in grotte; quelli invernali si trovano prevalentemente nelle grotte o in altre cavità sotterranee. Solo le colonie riproduttive contano numerosi individui, mentre i maschi estivano isolatamente o in piccoli gruppi. Anche d’inverno non mostra spiccate tendenze gregarie. La femmina partorisce un solo piccolo all’anno (raramente due), fra giugno e luglio. Piano di Gestione delle Acque del distretto idrografico del fiume Serchio 170 Integrazioni – Documento 1 Caccia per lo più in aree collinari a copertura arborea o arbustiva non troppo fitta, nutrendosi di numerose specie di Insetti. Cause di minaccia Il Rinolofo maggiore ha subito un forte declino in tutto il suo areale per vari motivi: per l’uso di pesticidi che impoveriscono le sue aree di foraggiamento, per la rimozione di siepi e boschetti che vengono utilizzati come indispensabili riferimenti nello spostamento tra i rifugi e le aree di foraggiamento, per il disturbo umano nei rifugi estivi (tali siti, anche se contano pochi individui, sono numerosi e molto esposti al disturbo) e alle colonie ibernanti durante l’inverno (un numero eccessivo di risvegli “forzati” conduce a morte gli animali a causa dell’imprevisto consumo di riserve energetiche che non gli consente di arrivare, in letargo, alla primavera successiva). Spesso al semplice e involontario disturbo si aggiungono atti di deliberato e sconsiderato vandalismo. Misure per la conservazione L’azione più urgente è il censimento delle colonie (soprattutto di quelle riproduttive) per individuare i rifugi più importanti e attuare, almeno in questi, adeguate misure di protezione. Tra le misure di protezione più urgenti c’è la regolamentazione dell’accesso ai rifugi (nel tempo e nello spazio), lo studio per l’individuazione delle aree di foraggiamento e la salvaguardia e l’incremento delle strutture lineari (quali siepi, filari, canali, ecc.) che collegano i rifugi con tali aree dove gli animali si alimentano. Altra misura sicuramente utile è il controllo dell’uso incondizionato di pesticidi. Bibliografia ragionata Le informazioni disponibili su ecologia, distribuzione e status della specie in Italia, sono sintetizzate in Lanza e Agnelli, 1999 – I Chirotteri. In: Iconografia dei Mammiferi italiani, Spagnesi M. e Toso S. eds., Istituto Nazionale per la Fauna Selvatica, Ozzano Emilia, Bologna. Dati relativi alla Toscana sono riportati in vari contributi di imminente pubblicazione negli Atti del I° Convegno Italiano sui Chirotteri tenutosi a Castell’Azzara (GR) il 28-29 marzo 1998. Tra questi ad esempio: Agnelli P., Dondini G., Vergari S. - Atlante dei Chirotteri della Toscana: risultati preliminari; Dondini G., Papalini O., Sarti R. & Vergari S. Chirotterofauna della grotta di Castell’Azzara (Toscana, Italia); Agnelli P., Scaravelli D., Bertozzi M., Crudele G. - Primi dati sui Chirotteri del Parco Nazionale delle Foreste Casentinesi, M. Falterona e Campigna. E inoltre: Horácek I., 1984. Remarks on the casuality of population decline in european bats. Myotis, 21-22 [19831984]: 138-147. Segnalazioni presenti nell’archivio 68 Rinolòfo minore Rhinolophus hipposideros Codice Fauna d’Italia 110.623.0.004.0 Codice Natura 2000 1303 Categoria UICN Vulnerabile Status in Italia Vulnerabile Status in Toscana In pericolo Livello di Rarità Regionale Allegati Direttiva Habitat II e IV Riassunto Specie termofila, legata ad ambienti ipogei per il rifugio invernale, a costruzioni umane per il rifugio estivo e ad aree boscate e corpi d’acqua per l’alimentazione. Minacciata dal disturbo ai rifugi, dalle modificazioni del paesaggio, (agricoltura intensiva, riduzione delle aree boscate anche nelle aree collinari) dall’eccessivo uso di pesticidi. Necessaria la protezione delle colonie invernali e di quelle riproduttive. Distribuzione e tendenza della popolazione Distribuito dall’Europa centro-settentrionale all’Africa maghrebina e all’Etiopia, a Est raggiunge l’Asia sudoccidentale. E’ considerato in diminuzione in tutta Europa. E’ una specie rara anche in Toscana, dove è localizzata soprattutto in aree collinari e di bassa montagna. In questa regione è stata rilevata in grotta e in edifici abbandonati, mentre solo di recente (1998) è stata scoperta la prima colonia riproduttiva. Ulteriori colonie sono state identificate durante le ricerche per il progetto RE.NA.TO. Piano di Gestione delle Acque del distretto idrografico del fiume Serchio 171 Integrazioni – Documento 1 Ecologia Come tutti i Chirotteri necessita di una serie di rifugi dove ripararsi durante il giorno (nella buona stagione), dove accoppiarsi (per lo più in autunno), dove riprodursi (in primavera) e dove superare, in stato di letargo, i rigori della stagione invernale (freddo e mancanza di cibo). Specie troglofila/antropofila, predilige zone calcaree ricche di caverne e non lontano dall’acqua, anche nei pressi degli abitati. I rifugi estivi si trovano prevalentemente negli edifici, talora in grotte e miniere; quelli invernali si trovano prevalentemente nelle grotte o in altre cavità sotterranee. Solo le colonie riproduttive contano numerosi individui, mentre i maschi estivano isolatamente o in piccoli gruppi. Anche d’inverno non mostra spiccate tendenze gregarie. La femmina partorisce un solo piccolo l’anno, intorno alla seconda metà di giugno. Caccia per lo più in aree collinari a copertura arborea o arbustiva rada e in parchi, nutrendosi di numerose specie di Insetti, principalmente Ditteri (zanzare, moscerini, ecc.) e Lepidotteri (falene). Cause di minaccia Il Rinolofo minore ha subito un forte declino in tutto il suo areale per vari motivi: per l’uso di pesticidi che impoveriscono le sue aree di foraggiamento, per la rimozione di siepi e boschetti che vengono utilizzati come indispensabili riferimenti nello spostamento ttra i rifugi e le aree di foraggiamento, per il disturbo umano alle colonie riproduttive negli edifici abbandonati (si tratta spesso di strutture facilmente accessibili) e alle colonie ibernanti durante l’inverno (un numero eccessivo di risvegli “forzati” conduce a morte gli animali a causa dell’imprevisto consumo di riserve energetiche che non gli consente di arrivare, in letargo, alla primavera successiva). Spesso al semplice e involontario disturbo si aggiungono atti di deliberato e sconsiderato vandalismo. Misure per la conservazione L’azione più urgente è il censimento delle colonie (soprattutto di quelle riproduttive) per individuare i rifugi più importanti e attuare, almeno in questi, adeguate misure di protezione. Tra le misure di protezione più urgenti c’è il mantenimento strutturale dei rifugi stessi per evitare il loro eccessivo degrado se non addirittura il crollo, la regolamentazione dell’accesso ai rifugi invernali (nel tempo e nello spazio), lo studio per l’individuazione delle aree di foraggiamento e la salvaguardia e l’incremento delle strutture lineari (quali siepi, filari, canali, ecc.) che collegano i rifugi con tali aree dove gli animali si alimentano. Altra misura sicuramente utile è il controllo dell’uso incondizionato di pesticidi Piano di Gestione delle Acque del distretto idrografico del fiume Serchio 172 Integrazioni – Documento 1 - deve essere esplicitato, attraverso idonea cartografia e compatibilmente con le finalità del Piano di gestione, il rapporto tra i corpi idrici sotterranei inseriti nel registro delle aree protette, le aree di salvaguardia e le aree di rispetto delle captazioni ad uso idropotabile di cui all'art. 94 del d.lgs. 152/06; (Integrazione tratta dal Documento 15 “Dichiarazione di sintesi” del Piano di Gestione). Modifica effettuata tramite la correzione della tavola 5.1 e del documento 5 del Piano di gestione delle acque. 4. (Problemi ambientali esistenti, relativi al Piano, con particolare riguardo alle aree di interesse ambientale, culturale, paesaggistico): - le criticità individuate e relative agli "habitat di interesse" devono essere più puntualmente riferite alle specifiche aree protette che tali habitat ospitano; (Integrazione tratta dal Documento 15 “Dichiarazione di sintesi” del Piano di Gestione). Le criticità delle aree protette Sono state approfondite le analisi relative alle criticità ravvisate per ciascun sito della Rete Natura 2000 in cui sono presenti habitat e specie igrofile e le minacce per habitat e specie. I dati relativi a flora, fauna e habitat segnalati per la Rete Natura 2000 presenti nel Bacino del Serchio sono stati dedotti da dati bibliografici e dalla consultazione geografica del Repertorio Naturalistico Toscano, che attualmente costituisce lo strumento ufficiale e più efficace per ottenere informazioni dettagliate circa gli elementi di attenzione valutati a livello regionale. Il Repertorio Naturalistico Toscano (RENATO) è un geodatabase contenente informazioni puntuali circa le emergenze floristiche, vegetazionali, faunistiche presenti nel territorio regionale. Si tratta di un progetto attuato da ARSIA (Agenzia Regionale per lo Sviluppo e l’innovazione nel settore Agricolo-forestale) su incarico della Direzione Generale delle Politiche Territoriali e Ambientali della Regione Toscana, nel quale sono state coinvolte le principali istituzioni scientifiche regionali (Università di Siena, Firenze e Pisa, Museo di Storia Naturale di Firenze). La prima fase di archiviazione è iniziata nel 1997 e si è conclusa nel 2003. Attualmente sono in corso campagne di aggiornamento, revisione e approfondimento dei dati. I contenuti dell’archivio RENATO sono i seguenti: segnalazioni georeferenziate degli elementi di attenzione “emergenze” (specie animali e vegetali, fitocenosi, habitat di interesse ai sensi della Dir. 92/43 CEE e della L.R. 56/00); liste di attenzione; schede sintetiche degli elementi di attenzione nelle quali si forniscono informazioni sullo status o vulnerabilità, sulla corologia, ecologia-fenologia, minacce e indirizzi di conservazione; mappe sulla distribuzione regionale delle emergenze; schede sintetiche su aree d’attenzione particolarmente importanti per la biodiversità. Le segnalazioni derivano dalla raccolta, organizzazione e valutazione di dati editi (studi scientifici) e inediti (segnalazioni da parte di esperti autorevoli, collezioni museali e private, erbari, sopralluoghi) riguardanti il territorio regionale: per la flora, vegetazione/habitat, la fauna invertebrata sono stati considerati le fonti disponibili a partire dal 1960, mentre per i vertebrati a partire dal 1980. Per le specie, la valutazione del relativo Status in Toscana tiene conto del grado di minaccia espresso secondo le categorie proposte dall’IUCN (International Union Conservation Nature and Natural Resources): EX – estinta a livello regionale CR – in pericolo critico Piano di Gestione delle Acque del distretto idrografico del fiume Serchio 173 Integrazioni – Documento 1 EN - minacciato VU - vulnerabile LR – a più basso rischio DD – con carenza di informazioni NE – non valutata Per quanto riguarda gli habitat viene valutata la vulnerabilità potenziale espressa attraverso una scala di valori (bassa, media, alta) che riassumono il punteggio derivato dalla somma di una serie di parametri come la contrazione dell’areale, il rischio di scomparsa o degrado, il grado di antropizzazione, la presenza di specie alloctone. Alla conclusione della prima fase, che ha interessato l’archiviazione delle informazioni relative a 1152 emergenze (48 molluschi, 3 crostacei, 300 insetti, 15 ciclostomi e pesci, 13 anfibi, 11 rettili, 80 uccelli, 40 mammiferi, 472 specie di flora (tracheofite), 87 habitat, 83 fitocenosi) è seguita una campagna di divulgazione attraverso una pubblicazione delle schede relative agli elementi maggiormente minacciati (EN, CR) e maggior grado di vulnerabilità e di un apposito sito web (http//www. rete.toscana.it/index.htm) che potesse permettere ricerche a più livelli nel geodatabase. Di seguito, per quelle emergenze presenti nella Rete Natura 2000 del Bacino del Serchio valutate e presenti nel Repertorio Naturalistico Toscano si riportano le relative schede sintetiche. Si sottolinea che queste sono il prodotto della prima fase di costruzione dell’archivio e sono quindi aggiornate al 2003. Per maggiori dettagli si rimanda alla seguente pubblicazione e ai relativi allegati: Sposimo P., Castelli C. (a cura di), 2005 – La Biodiversità in Toscana. Specie e Habitat di pericolo Archivio del Repertorio Naturalistico Toscano (RENATO). Allegato CD-Rom. Regione Toscana, Direzione generale delle Politiche Territoriali e Ambientali. Tipografia Il Bandino, Firenze. Come accennato sono in corso aggiornamenti che potrebbero apportare dati più dettagliati per la conoscenza delle singole emergenze (contributi da fonti bibliografiche più recenti, nuove segnalazioni inedite, azioni di monitoraggio) con approfondimenti sulla distribuzione e grado di minaccia e vulnerabilità. Questo comporta l’aggiunta o l’eliminazione di elementi di attenzione o a una variazione della categoria di status di quelli esistenti. Non potendo disporre degli aggiornamenti completi, per maggiore correttezza si fa riferimento a quanto riportato nel sito consultabile fino all’anno 2009 e aggiornato al 2003. (http://www.regione.toscana.it/regione/export/RT/sitoRT/Contenuti/sezioni/ambiente_territorio/biodiversita/rubriche/cosafare/visualizza _asset.html_1915283971.html) Le principali criticità degli habitat igrofili La tabella che segue riporta le minacce agli habitat igrofili o comunque legati ad ambienti fluviali e perifluviali presenti in ciascun sito della Rete Ecologica Regionale ricadente nel Bacino del Fiume Serchio. La compilazione è avvenuta facendo principale riferimento alle criticità e alle minacce indicate nelle seguenti fonti: Del. G.R. 644/2004 Attuazione art. 12, comma 1, lett. A) della L.R. 56/00 Norme per la conservazione e la tutela degli habitat naturali e seminaturali, della flora e della fauna selvatiche. Approvazione norme tecniche relative alle forme e alle modalità di tutela e conservazione dei Siti di importanza regionale (SIR). Schede degli habitat d’interesse ai sensi della L.R. 56/00 e della Dir. 92/43 CEE elaborate nel progetto RENATO. Nelle Norme tecniche di cui sopra, per ciascun SIR sono riportate le caratteristiche del sito tra cui le emergenze (habitat, specie animali e vegetali, fitocenosi), i principali elementi di criticità interni ed esterni al sito. A seguito nelle note conoscitive sono individuate le principali misure di conservazione da adottare nelle quale si in individuano i principali obiettivi di conservazione e le indicazioni per le misure di conservazione, la necessità di un Piano di gestione specifico per il sito o di piani di settore. Piano di Gestione delle Acque del distretto idrografico del fiume Serchio 174 Integrazioni – Documento 1 x 22 Torbiere basse di transizione e torbiere alte ed instabili. x Stagni delle depressioni interdunali permanentemente allagate. x x x x x x x x x x x x Praterie umide mediterranee di elofite dominate da alte erbe e giunchi. x Boschi palustri a ontano. x x x x x x x x x x x x Comunità di idrofite radicate e non del Nymphaeion albae. x x x x x x x x x Laghi eutrofici naturali con vegetazione del Magnopotamion o x Hydrocharition. x x x x x x Laghi e stagni distrofici naturali. x x x x x x x x x x x x x x x Torbiere intermedie galleggianti su acque oligotrofiche in aree x planiziali (Rhynchosporion). Paludi torbose neutro-basofile con formazioni a dominanza di x Cladium mariscus e/o Carex davalliana. Torbiere intermedie galleggianti su acque oligotrofiche in aree x planiziali (Rhynchosporion). Consorzi di alte erbe (megaforbie) di radure e bordi dei boschi da planiziali a subalpini. x x x x x x x x x x Torbiere basse di transizione e torbiere alte ed instabili. x x x x x Torbiere basse di transizione e torbiere alte ed instabili. x x x x x Lagune. x x Prati salsi mediterranei saltuariamente inondati. x Stagni delle depressioni interdunali permanentemente allagate. x Paludi torbose neutro-basofile con formazioni a dominanza di x Cladium mariscus e/o Carex davalliana. x x x x x x x x x x x x x Piano di Gestione delle Acque del distretto idrografico del fiume Serchio 175 Erosione costiera x Carico ungulati selvatici x Specie esotiche x Agricoltura Frequentazione turistica, escursionistica Opere idrauliche e urbanizzazione Gestione idraulica, bonifica Taglio vegetazione ripariale, Ripulitura canali, Gestione selvicolturale e vegetazione palustre x Salinizzazione x x x Boschi planiziari e/o ripariali a farnia, carpino, ontano e frassino meridionale. Praterie umide mediterranee di elofite dominate da alte erbe e x giunchi. 61 Evoluzione spontanea Torbiere basse di transizione e torbiere alte ed instabili. 29 Captazione 23 28 x Inquinamento 15 Boschi misti di latifoglie mesofile dei macereti e dei valloni su substrato calcareo (Tilio-Acerion) 27 x x Torbiere basse di transizione e torbiere alte ed instabili. 25 x x 11 24 x Interrimento SIR Nome habitat di cui all'Allegato A1 della L.R. 56/2000 Abbassamento falda freatica Nelle Schede degli Habitat di interesse elaborate dal Repertorio Naturalistico Toscano per ciascuna tipologia segnalata in Toscana, accanto a indicazioni corologiche, ecologiche e floristico-vegetazionali sono riportate informazioni circa le cause di minaccia e tipo di gestione antropica e indicazioni per le misure di conservazione da adottare. Viene inoltre riportata la qualità intrinseca e la vulnerabilità potenziale dell’habitat, verificata attraverso una scala di valori (bassa, media, alta) dedotta dalla somma dei punteggi attribuiti a parametri opportunamente scelti per la procedura valutativa. 62 Lagune. x Prati salsi mediterranei saltuariamente inondati. x x Praterie umide mediterranee di elofite dominate da alte erbe e giunchi. Paludi torbose neutro-basofile con formazioni a dominanza di x Cladium mariscus e/o Carex davalliana. Boschi palustri a ontano. x Boschi planiziari e/o ripariali a farnia, carpino, ontano e frassino x meridionale. Boschi ripari mediterranei a dominanza di Salix alba e/o Populus alba e/o Populus nigra. Stagni delle depressioni interdunali permanentemente allagate. x Agricoltura Carico ungulati selvatici x x x x x x x x x x x x x x x x x x x x x x x x x x x x x x x x x x x x x x x x x x x Erosione costiera Frequentazione turistica, escursionistica x Opere idrauliche e urbanizzazione Evoluzione spontanea x x x x Captazione x Gestione idraulica, bonifica x Specie esotiche Praterie umide mediterranee di elofite dominate da alte erbe e giunchi. Taglio vegetazione ripariale, Ripulitura canali, Gestione selvicolturale e vegetazione palustre Salinizzazione Inquinamento SIR Interrimento Nome habitat di cui all'Allegato A1 della L.R. 56/2000 Abbassamento falda freatica Integrazioni – Documento 1 x x x x La tabella è stata redatta tenendo principalmente conto delle principali criticità indicate per ciascun SIR nella Del. G. R. 644/2004 e nelle schede del Repertorio Naturalistico Toscano che si riportano di seguito. Lagune salmastre costiere Codice Natura 2000: 1150 Codice Corine: 21 Allegato I Direttiva Habitat: sì (prioritario) Valutazione della qualità dell'habitat: alta Valutazione della vulnerabilità dell'habitat: media Descrizione generale e ecologia Ambienti acquatici costieri con acque lentiche, salate o salmastre, poco profonde, caratterizzate da notevole variazioni stagionali in salinità e in profondità, in relazione agli apporti idrici (acque marine o continentali), alla piovosità e alla temperatura che condiziona l'evaporazione. Sono in contatto diretto o indiretto con il mare, dal quale sono in genere separati da cordoni di sabbie o argille e meno frequentemente da coste basse rocciose. Talora questo habitat è presente anche all'interno, presso bacini astatici di natura endoreica. Distribuzione Habitat distribuito lungo le coste mediterranee. In Italia sono presenti in Toscana, Lazio, Puglia, coste dell’Adriatico settentrionale, Sicilia, Sardegna. In Toscana i biotopi più rappresentativi sono a Orbetello (una delle lagune salmastre più grandi d’Italia) e Burano. Specie guida Ruppia maritima, R. cirrhosa Specie notevoli Althenia filiformis Tipo di gestione antropica e causa di minaccia Piano di Gestione delle Acque del distretto idrografico del fiume Serchio 176 Integrazioni – Documento 1 L’habitat è soggetto con il tempo ad un naturale processo di interramento, che porterebbe alla sua scomparsa. Le acque salmastre possono presentare tendenza ad un aumento del livello di inquinamento dovuto alla concentrazione di nutrienti in relazione alla vicinanza di colture agricole (Burano). A Orbetello è presente una situazione complessa, con attività di pesca, presenza di scarichi civici, vicinanza di insediamenti. Entrambe le località sono classificate come Zone umide di importanza internazionale (Ramsar) e come Riserve statali e provinciali. Misure per la conservazione Controllare i livelli di inquinamento ed eutrofizzazione delle acque, con interventi di regolazione degli scarichi civili e delle concimazioni nelle colture vicine. Favorire l’ossigenazione delle acque in profondità. Prati salsi mediterranei saltuariamente inondati Codice Natura 2000: 1410 Codice Corine: 15.15 (15.5) Allegato I Direttiva Habitat: si Valutazione della qualità dell'habitat: alta Valutazione della vulnerabilità dell'habitat: media Descrizione generale e ecologia Si tratta di giuncheti a dominanza di Juncus maritimus o J. acutus, il primo in condizioni di maggiore idrofilia e alofilia. Quindi partendo dal mare J. maritimus tende a formare cenosi quasi pure a queste si succedono consociazioni con J. acutus; più lontano viene sostituito da J. acutus. Presso il mare, in aree poco disturbate dal pascolo, si possono formare giuncheti chiusi mentre, in condizioni di pascolamento non eccessivo, formazioni aperte con infiltrazioni di Arthrocnemum sp.pl., Sarcocornia perennis e Limonium serotinum. Distribuzione L’habitat è distribuito lungo le coste base del Mediterraneo. In Italia è presente in varie stazioni, in quasi tutte le regioni che si affacciano sul mare. Specie guida Juncus maritimus, J. acutus, J. gerardi. Specie notevoli Arthrocnemum macrostachyum, Sarcocornia perennis, S. fruticosa, Aeluropus littoralis, Carex extensa, Artemisia caerulescens var. palmata, Linum maritimum, Juncus subulatus. Tipo di gestione antropica e causa di minaccia Gran parte delle stazioni di questo habitat sono racchiuse in aree protette. Le maggiori cause di minaccia sono l’evoluzione per interramento e svincolamento dalla serie igrofila e alofila quindi dipendenti dall’evoluzione della linea di costa. Un intenso carico di pascolo può provocare un eccesso di frammentazione delle cenosi con impoverimento delle specie guida e notevoli ed un aumento delle specie nitrofile (alcune aree della zona di Alberese). Misure per la conservazione Gestione e verifica dei livelli idrometrici e della linea di costa. Nelle aree pascolate controllo del carico del pascolo. Stagni delle depressioni interdunali permanentemente allagate Codice Natura 2000: 2190 Codice Corine: 16.31 Allegato I Direttiva Habitata: si Valutazione della qualità dell'habitat: media Valutazione della vulnerabilità dell'habitat: alta Descrizione generale e ecologia L’habitat in Italia è legato alle aree permanentemente allagate dei retroduna e ai canali di bonifica, anche di zone più interne (Hottonietum palustris). Piano di Gestione delle Acque del distretto idrografico del fiume Serchio 177 Integrazioni – Documento 1 L’habitat, di non chiara definizione, è presente, seppur sporadico, sui litorali del Mediterraneo e dell’Atlantico. In Italia la sua distribuzione è sconosciuta. In Toscana è segnalato all’interno del Parco di San Rossore, a Sibolla e presso Montieri, ma le sue esatte distribuzione e consistenza sono da accertare. Segnalazioni più frequenti sono riportate in letteratura per la specie principale, Hottonia palustris, ma non è quasi mai precisato se costituisca il tipo di fitocenosi oggetto dell’habitat. Hottonia palustris costituiva in passato dense fitocenosi in molti canali di bonifica interni (Cerbaie, Padule di Fucecchio, ecc.), stazioni nelle quali è ancora presente ma in netta regressione. Specie guida e notevoli Hottonia palustris Tipo di gestione antropica e causa di minaccia Nelle aree retrodunali litoranee l’habitat è negativamente influenzato dall’abbassamento della falda acquifera e dalle attività antropiche, che hanno consistito quasi esclusivamente nella bonifica, nella messa a coltura, nell’urbanizzazione o nello sfruttamento turistico delle aree ad esso congeniali. Per altre cause non ben individuate la superficie occupata è in rapida e netta regressione anche nei canali di bonifica più interni, dove fino a non molti anni fa era molto diffuso. Probabilmente l’attività di ripulitura dei canali e la qualità delle acque (tipo di inquinamento) sono fattori determinanti tra le cause di minaccia. In qualche caso, come per esempio a Sibolla, anche la colonizzazione degli habitat palustri da parte delle specie arboree rappresenta una minaccia. Misure per la conservazione Occorrono studi specifici atti ad accertare la reale diffusione e lo stato di conservazione dell’habitat in Toscana, mirati in particolare ad evidenziare le cause che hanno fatto regredire, fin quasi alla scomparsa, le superfici occupate da questo habitat. Laghi e stagni distrofici naturali Codice Natura 2000: 3160 Codice Corine: 22.14 Allegato I Direttiva Habitat: si Valutazione della qualità dell'habitat: alta Valutazione della vulnerabilità dell'habitat: alta Descrizione generale e ecologia Questo tipo di habitat è distribuito in tutti i paesi europei, anche se nella parte meridionale diventa raro. In Italia scarseggiano le informazioni circa la sua distribuzione. In Toscana l'habitat è stato osservato nei laghi di Sibolla e Massaciuccoli, e potrebbe essere presente nelle zone palustri meno disturbate della Toscana Nord-occidentale.ricercato Anche l'effettiva presenza e consistenza della stazioni segnalate va accertata con indagini mirate. L’habitat si colloca in laghi, stagni e torbiere con acque torbose scure, ricche in acidi umici, con pH acido (generalmente <6). Nell'accezione da noi utilizzata deve essere considerato limitato ai piccoli canali che si formano nelle rotture dell'aggallato, ed è quindi caratterizzato da specie liberamente flottanti sulla superficie dell'acqua. Specie guida e notevoli Utricularia minor, Sphagnum sp. pl. Tipo di gestione antropica e causa di minaccia Le informazioni sono insufficienti per evidenziare cause di minaccia specifiche, a parte l'alterazione della qualità delle acque che favorisce la colonizzazione di questi ambienti da parte di flora meno specializzata (Phagmites australis, Typha sp. pl., Amorpha fruticosa, ecc.). Misure per la conservazione Mancano le informazioni per delineare particolari misure per la conservazione dell'habitat. In generale sono da monitorare la qualità dell'ambiente ed in particolare l'inquinamento delle acque e da contenere le piante invasive. Piano di Gestione delle Acque del distretto idrografico del fiume Serchio 178 Integrazioni – Documento 1 Laghi eutrofici naturali con vegetazione del Magnopotamion o Hydrocharition Codice Natura 2000: 3150 Codice Corine: 22.13 Allegato I Direttiva Habitat: si Valutazione della qualità dell'habitat: medio-alta Valutazione della vulnerabilità dell'habitat: alta Descrizione generale e ecologia Habitat lacustri, palustri e di acque stagnanti eutrofiche ricche di basi con vegetazione dulciacquicola idrofitica azonale, sommersa o natante, flottante o radicante, ad ampia distribuzione, riferibile alle classi Lemnetea e Potametea. Questo tipo di habitat è distribuito in tutti i paesi europei. In Italia scarseggiano le informazioni circa la sua distribuzione. In Toscana esistono alcune segnalazioni per i laghi di Porta, Massaciuccoli, Chiusi, Acquato e di San Floriano, e per la zona ai piedi del Monte Pisano, nonché per i Paduli di Fucecchio, Bientina e Sibolla; le effettive presenze e consistenze delle stazioni vanno però accertate. L’habitat è probabilmente presente anche in altre stazioni lacustri e va ricercato. Specie guida Hydrocharition: Hydrocharis morsus-ranae, Lemna sp. pl., Spirodela sp. pl., Utricularia vulgaris, U. australis, Wolffia arrhiza.Magnopotamion: Potamogeton sp. pl. Specie notevoli Potamogeton gramineus, P. nodosus, P. perfoliatus, P. coloratus, P. polygonifolius, P. berchtoldii Tipo di gestione antropica e causa di minaccia Le informazioni sono insufficienti per evidenziare cause di minaccia specifiche, a parte la generale diminuzione delle zone umide, dovute a interramento, captazione delle acque, sfruttamento agricolo ed industriale delle aree. Misure per la conservazione Mancano le informazioni per delineare particolari misure per la conservazione dell'habitat. In generale sono da perseguire la salvaguardia ed il miglioramento delle zone umide, e la gestione oculata del livello idrometrico. Comunità di idrofite radicate e non del Nymphaeion albae Codice Natura 2000: Codice Corine: 22.4311-22.4312-22.4313 Allegato I Direttiva Habitat: no Valutazione della qualità dell'habitat: medio-alta Valutazione della vulnerabilità dell'habitat: media Descrizione generale e ecologia Questo tipo di habitat è distribuito in tutti i paesi europei ed anche in Italia, anche se ovunque sporadico e in regressione. In Toscana è segnalato in diverse stazioni lacustri in tutto il territorio regionale, ma è potenzialmente presente e da ricercare anche in altre nelle zone planiziarie. L’habitat è stato proposto per l'inserimento nell'Allegato I della Direttiva 92/43 dal Comitato scientifico Bioitaly (1995), in quanto abbastanza raro ed in netta regressione. Si tratta di cenosi dominate da idrofite radicate a grandi foglie galleggianti, come le ninfee, che si insediano in specchi d'acqua e canali a lento scorrimento. Specie guida Nymphaea alba, Nuphar lutea, Nymphoides peltata, Potamogeton natans. Specie notevoli Nymphoides peltata, Trapa natans Tipo di gestione antropica e causa di minaccia Piano di Gestione delle Acque del distretto idrografico del fiume Serchio 179 Integrazioni – Documento 1 Le informazioni sono insufficienti per evidenziare cause di minaccia specifiche, a parte l'alterazione della qualità delle acque, la bonifica delle zone umide, la gestione del livello idrometrico, ecc. In qualche caso si assiste anche alla invasione di specie esotiche. Misure per la conservazione Mancano le informazioni per delineare particolari misure per la conservazione dell'habitat. In generale sono da monitorare la qualità dell'ambiente ed in particolare l'inquinamento delle acque, la gestione del livello idrometrico, l'invasione di specie esotiche, ecc. Consorzi di alte erbe (megaforbie) di radure e bordi dei boschi e dei corsi d’acqua, da planiziali a subalpini Codice Natura 2000: 6430 (incl. 6431-6432) Codice Corine: 37.7-37.8 Allegato I Direttiva Habitat: si Valutazione della qualità dell'habitat: media Valutazione della vulnerabilità dell'habitat: media Descrizione generale e ecologia Habitat a larga distribuzione ma estremamente localizzato, con stazioni che in maggioranza coprono superfici ridottissime e quindi difficilmente censibili. Mancano dati certi per la Toscana. L’habitat si localizza nelle radure e lungo i margini dei boschi da planiziali a subalpini, nonché presso i bordi dei corsi d’acqua. Risulta costituito da due diversi tipi di vegetazione, rispettivamente localizzati nelle radure dei boschi mesoigrofili planiziali e collinari (Trifolio-Geranietea) e nelle radure dei boschi montani e subalpini (Mulgedio-Aconitetea). Si tratta in generale di un habitat che predilige stazioni fresche di penombra in condizioni eutrofiche, che si trova non di rado in stazioni con suolo profondo o su detriti stabilizzati. Specie guida Trifolio-Geranietea: Glechoma hederacea, Epilobium hirsutum, Filipendula ulmaria, Petasites hybridus, Aegopodium podagraria, Alliaria petiolata, Lythrum salicaria. Mulgedio-Aconitetea: Aconitum sp.pl., Adenostyles australis, Epilobium angustifolium, Geranium sylvaticum, Cirsium sp.pl. Specie notevoli Epilobium obscurum, Epilobium roseum, Epilobium collinum. Tipo di gestione antropica e causa di minaccia Si tratta spesso di habitat derivanti dalla realizzazione di interventi antropici in ecosistemi forestali. Non di rado si localizza nelle radure derivanti dalla realizzazione di elettrodotti, impianti di risalita, piste forestali, ecc. Non presenta quindi particolari minacce, se non nelle stazioni di maggior naturalità quali quelle del piano subalpino. Misure per la conservazione Nonostante la effettiva mancanza di studi approfonditi relativi alla distribuzione ed ecologia di questo habitat si deve sottolineare come la natura stessa di tali cenosi, spesso a costituire piccolissime superfici in mosaico con matrici forestali, non ne consente una precisa localizzazione. Non sembrano necessarie quindi particolari misure di conservazione. Torbiere basse di transizione e torbiere alte instabili Codice Natura 2000: 7140 Codice Corine: 54.5 Allegato I Direttiva Habitat: si Valutazione della qualità dell'habitat: alta Valutazione della vulnerabilità dell'habitat: alta Descrizione generale e ecologia Piano di Gestione delle Acque del distretto idrografico del fiume Serchio 180 Integrazioni – Documento 1 L’habitat è distribuito in Europa soprattutto nelle porzioni più settentrionali. In Italia è distribuito sulle Alpi e sull’Appennino settentrionale. In Toscana sono presenti alcuni siti: due sulle Alpi Apuane, uno nell’alto Appennino Tosco Emiliano, uno presso la Pania di Corfino e alcune piccole aree nell’Alta valle del Sestaione. L’altitudine varia fra 1100 e 1750 m. Non è comunque escluso che altre piccole torbiere siano presenti sui versanti toscani dell’Appennino. Sono inoltre presenti piccole stazioni residuali, quali quella del M. Tontorone sulle Alpi Apuane. Le torbiere dell’Appennino Tosco Emiliano si trovano al limite meridionale dell’areale di questo habitat, in un’area dove il clima è troppo arido e caldo per assicurare condizioni adatte allo sviluppo di questo ambiente. Si formano così comunità non perfettamente attribuibili alle tipologie presenti nel Manuale di Interpretazione (Romao, 1996) a causa della scarsa diversità floristica ed alle piccole superfici a disposizione, che non ne consentono il completo sviluppo. Piccole aree attribuibili all’habitat 7140 (54.5) permettono lo sviluppo di alcune comunità a Carex nigra e a sfagni (Sphagnum sp.pl.). In particolare sono presenti alcune cenosi attribuibili alle Caricetalia nigrae ed una attribuibile alle Scheuchzeretalia palustris al Lago del Greppo. Le torbiere dell’Appennino rappresentano uno stadio di colonizzazione dei laghetti alpestri da parte dello sfagno, che parte dai bordi e prosegue verso il centro. Si tratta in genere di habitat mosaicati in quanto vi confluiscono aree di accumulo di sfagno, ruscelletti, zone ad elofite, spesso marginali, e formazioni dei bordi dei ruscelletti. Specie guida Carex nigra (=C. fusca), Sphagnum sp.pl. Specie notevoli Eriphorum angustifolium, E. alpinum, Spagnum sp.pl. Tipo di gestione antropica e causa di minaccia Le stazioni di questo habitat si trovano tutte in aree protette, con l’eccezione dei prati di Logarghena. Poiché si tratta di un ambiente di per se stesso instabile, le minacce risiedono nell’evoluzione naturale della vegetazione, che viene favorita dall’inquinamento e dalla captazione delle acque. Una delle maggiori minacce è però dovuta alla raccolta di sfagno utilizzato in vivaismo, soprattutto nei siti prossimi a strade (Lamarossa). Anche il calpestio o il pascolo, seppur lieve, può portare a fenomeni di compattamento e aumento dei nutrienti che favoriscono la colonizzazione da parte di specie banali e nitrofile. Misure per la conservazione Le misure indispensabili alla conservazione di questi ambienti passano dalla recinzione dei siti e dalla gestione ottimale dell’apporto idrico. Torbiere intermedie galleggianti su acque oligotrofiche in aree planiziali (Rhynchosporion) Codice Natura 2000: 7150 Codice Corine: 54.6 (54.61) Allegato I Direttiva Habitat: si (54.61 proposto come prioritario) Valutazione della qualità dell'habitat: alta Valutazione della vulnerabilità dell'habitat: alta Descrizione generale e ecologia Questo tipo di habitat è distribuito in tutti i paesi europei, anche se nella parte meridionale diventa raro. In Italia, nella specifica cod. 54.6 è presente nell'Italia settentrionale, mentre nella specifica cod. 54.61, è presente solo in Toscana, nei laghi di Sibolla e Massaciuccoli e nelle sfagnete di San Lorenzo a Vaccoli. L’habitat, inteso nella specifica del cod. 54.61, è rappresentato dagli aggallati di Sphagnum sp. pl. che costituiscono il substrato per le drosere e le rincospore. Tale specifica è stata proposta come integrazione all'Allegato I della Direttiva 92/43 dal Comitato scientifico Bioitaly (1995), per meglio definire la situazione delle torbiere planiziarie galleggianti toscane. Specie guida Rhynchospora alba, R. fusca, Drosera rotundifolia, D. intermedia, Sparganium minimum, Sphagnum sp. pl. Specie notevoli Piano di Gestione delle Acque del distretto idrografico del fiume Serchio 181 Integrazioni – Documento 1 Rhynchospora alba, R. fusca, Drosera rotundifolia, D. intermedia, Sparganium minimum, Sphagnum sp. pl., Gentiana pneumonanthe. Tipo di gestione antropica e causa di minaccia Le informazioni sono insufficienti per evidenziare cause di minaccia specifiche, a parte l'alterazione della qualità delle acque che favorisce la colonizzazione di questi ambienti da parte di flora meno specializzata (Phagmites australis, Typha sp. pl., Amorpha fruticosa, ecc.). Misure per la conservazione Mancano le informazioni per delineare particolari misure per la conservazione dell'habitat. In generale sono da monitorare la qualità dell'ambiente ed in particolare l'inquinamento delle acque e da contenere le piante invasive. Praterie umide mediterranee di elofite dominate da alte erbe e giunchi Codice Natura 2000: 6420 Codice Corine: 37.4 Allegato I Direttiva Habitat: si Valutazione della qualità dell'habitat: media Valutazione della vulnerabilità dell'habitat: alta Descrizione generale e ecologia Habitat presente nelle aree pianeggianti a clima mediterraneo della penisola, in ambiente sia costiero che interno. Mancano dati precisi inerenti la Toscana, in quanto molte segnalazioni inedite dovute alle schede Bioitaly si sono rivelate inesatte, per l’oggettiva mancanza di una chiara definizione dell’habitat. E’ presumibilmente diffuso in tutte le aree planiziarie della Regione. Fisionomicamente dominato da alte erbe e giunchi, diffuso in aree umide dulcacquicole su substrati eutrofici limosi e limoso-sabbiosi. Habitat soggetto a forte dinamismo vegetazionale in quanto si localizza su superfici estese in aree umide interne o in modo relittuale lungo i principali corsi d’acqua. Non di rado costituisce mosaici con altri habitat igrofili con i quali è in stretto collegamento dinamico e spaziale. Specie guida Agrostis stolonifera, Cyperus sp.pl. Holoschoenus vulgaris, Oenanthe lachenali, Eupatorium cannabinum, Prunella vulgaris, Pulicaria dysenterica, Juncus sp.pl. Specie notevoli Juncus heterophyllus Tipo di gestione antropica e causa di minaccia La bonifica delle aree umide a scopi agricoli o di sviluppo urbanistico ha fortemente ridotto la distribuzione di tale habitat, così come ha ridotto l’estensione di altri habitat igrofili. Attualmente gran parte delle aree umide relittuali si trovano all’interno di aree protette e quindi si presume siano scongiurate ulteriori riduzioni di superficie. L’attuale mancanza di piani di gestione per le aree protette minori può incidere negativamente sulla corretta gestione dei siti. Misure per la conservazione Per la conservazione degli habitat igrofili è prioritaria la realizzazione di piani di gestione finalizzati alla corretta gestione nei siti degli apporti idrici, sia in termini quantitativi che qualitativi. La pianificazione degli interventi non può comunque prescindere da un approfondimento delle conoscenze sulla loro distribuzione ed ecologia, attualmente molto carenti. Paludi calcaree a Cladium mariscus e/o Carex davalliana Codice Natura 2000: 7210 Codice Corine: 53.3 Allegato I Direttiva Habitat: si (prioritario) Valutazione della qualità dell'habitat: alta Valutazione della vulnerabilità dell'habitat: alta Piano di Gestione delle Acque del distretto idrografico del fiume Serchio 182 Integrazioni – Documento 1 Descrizione generale e ecologia L’habitat è distribuito in tutta Europa con l’eccezione della Germania e della Grecia. In Italia mancano informazioni sulla sua distribuzione. In Toscana si trova a Torre del Lago, Lago di Massaciuccoli, Palude della Trappola e nel retroduna di Burano. La sua distribuzione è alquanto frammentaria e mancano informazioni sulla consistenza attuale di questo tipo di vegetazione. Si localizza in laghi poco profondi e depressioni retrodunali, con acque ricche in calcare, spesso in contatto con i canneti a Phragmites, soprattutto nelle aree in via di interramento. Le popolazioni più estese si trovano al Lago di Massaciuccoli. Nella zona della Palude della Trappola (Parco della Maremma) il cladieto è molto raro e, da recenti osservazioni, sembra scomparso o comunque fortemente ridotto. Specie guida Cladium mariscus, Erianthus ravennae, Oenanthe lachenalii, Lysimachia vulgaris. Specie notevoli Cladium mariscus, Oenanthe lachenalii. Tipo di gestione antropica e causa di minaccia Le stazioni ricadono in aree protette a livello regionale o locale. Le minacce risiedono nell’evoluzione della vegetazione per interramento delle aree umide con spostamento dall’idrosere verso le xerosere. Misure per la conservazione La gestione del livello idrometrico e il controllo dell’evoluzione della vegetazione sembrano le uniche misure per la conservazione di questo habitat. Boschi misti di latifoglie mesofile dei macereti e dei valloni su substrato calcareo Codice Natura 2000: 9180 Codice Corine: 41.4 Allegato I Direttiva Habitat: si (prioritario) Valutazione della qualità dell'habitat: media (9) Valutazione della vulnerabilità dell'habitat: bassa (4) Descrizione generale e ecologia L’habitat presenta una distribuzione europea. In Italia è presente sui versanti meridionali delle Alpi, in particolare quelle centrali ed orientali. In Toscana non sono presenti cenosi perfettamente riconducibili a quelle descritte nel Manuale di Interpretazione, ma si segnalano boschi a dominanza di aceri e altre latifoglie nei seguenti siti: lungo il torrente Verde in Lunigiana, all’Orrido di Botri, al Sasso di Castro, Sasso di Simone e Simoncello, nell’Alta val Tiberina, sul M. Cetona e nella Toscana meridionale fra il M. Labbro e Roccalbegna. Nell’ambito delle proposte di integrazione all’Allegato della Direttiva 92/43/CEE è stato proposto un nuovo habitat (Boschi di orniello e carpino nero dell’Appennino settentrionale e centrale, codice CORINE 41.814) che potrebbe comprendere alcuni siti qui attribuiti al Tilio-Acerion. In attesa di ulteriori approndimenti l’habitat proposto viene considerato all’interno di quello accettato. Le foreste miste di latifoglie nobili sono situate in ambienti di forra o macereto soprattutto su substrato calcareo o marnoso-arenaceo, a contatto con vari tipi di boschi: faggete (calcicole ed eutrofiche) o boschi misti di latifoglie mesofile, soprattutto cerro-ostrieti. La separazione delle cenosi di latifoglie nobili (TilioAcerion) rispetto ad altre simili comunità di latifoglie mesofile è spesso poco agevole e infatti nel recente lavoro di Arrigoni (1998) sulla vegetazione forestale questo tipo di boschi non vengono distinti a livello di alleanza. Si tratta spesso di situazioni locali spesso mal rilevabili e di difficile accesso in quanto molto isolate. Alcune cenosi sono state identificate e rilevate: sui macereti dei versanti occidentali del M.Cetona e sulle doline del M. Civitella si tratta di boschi a dominanza di aceri su substrato calcareo posti a circa 9001000 m di altitudine Nell'Alta Valtiberina i substrati sono prevalentemente marnoso-arenacei, anche se ricchi in calcare, ed al popolamento partecipa consistentemente anche il frassino maggiore. Questi siti rientrano in una concezione allargata dell’habitat 9180, da interdersi prevalentemente in senso fisionomico. Per gli altri casi si tratta di osservazioni sul campo e che quindi devono essere considerati siti “inquirendi” e meritevoli di ulteriori studi. Specie guida Piano di Gestione delle Acque del distretto idrografico del fiume Serchio 183 Integrazioni – Documento 1 Acer sp. pl., Fraxinus excelsior, Ulmus glabra, Tilia cordata, Tilia platyphyllos Specie notevoli Arisarum proboscideum, Ribes alpinum, Ribes multiflorum, diverse specie di felci (soprattutto Dryopteris sp. pl.). Tipo di gestione antropica e causa di minaccia Mancano informazioni circa l’esatta localizzazione di queste cenosi, la gestione e l’individuazione degli eventuali pericoli. In generale gli interventi selvicolturali massicci rappresentano una causa di minaccia. Misure per la conservazione Mancano informazioni per delineare modelli di gestione conservativa di questo habitat. In generale comunque le stazioni conosciute devono essere studiate, conservate e migliorate mediante appropriati piani di gestione selvicolturale. Boschi palustri a ontano Codice Natura 2000: 91E0 Codice Corine: 44.2 – 44.3 Allegato I Direttiva Habitat: sì (prioritario) Valutazione della qualità dell'habitat: alta Valutazione della vulnerabilità dell'habitat: alta Descrizione generale e ecologia Foreste alluvionali, ripariali e paludose di Alnus spp., Fraxinus excelsior e Salix spp. presenti lungo i corsi d’acqua sia nei tratti montani e collinari che planiziali o sulle rive dei bacini lacustri e in aree con ristagni idrici non necessariamente collegati alla dinamica fluviale. Si sviluppano su suoli alluvionali spesso inondati o nei quali la falda idrica è superficiale, prevalentemente in macrobioclima temperato ma penetrano anche in quello mediterraneo dove l’umidità edafica lo consente. In Toscana sono conformi a questa categoria i boschi palustri a ontano presenti nella pianura costiera (Macchia luccese, Selva pisana, Versiliana) e internamente alle Cerbaie. I popolamenti presenti sono ascrivibili ad Alnetalia glutinosae. Specie guida Fraxinus oxycarpa, Alnus glutinosa, Thelypteris palustris, Hydrocotyle vulgaris, Periploca graeca. Specie notevoli Thelypteris palustris, Hydrocotyle vulgaris, Periploca graeca, Anagallis tenella, Baldellia ranuculoides. Tipo di gestione antropica e causa di minaccia Le superfici occupate da queste cenosi hanno subito una drastica riduzione, dovuta a bonifiche, messe a coltura, urbanizzazioni ed utilizzazioni varie. I popolamenti attuali costituiscono quindi nuclei relitti, che in molti casi risentono ancora del passato condizionamento antropico. Molte stazioni si trovano all’interno di aree protette e possono essere adeguatamente salvaguardate. Per i siti ricadenti in aree non protette l’alterazione delle cenosi, lo sfruttamento selvicolturale inadeguato e soprattutto la gestione del livello delle acque (compreso captazioni, ecc.) rappresentano possibili cause di minaccia. .Misure per la conservazione In generale è opportuno che i piani di assestamento forestale siano realizzati tenendo conto dell’importanza naturalistica di queste cenosi e siano indirizzati alla loro conservazione. Boschi planiziari ripariali a farnia, carpino, ontano e frassino meridionale Codice Natura 2000: 91F0 Codice Corine: 44.4 Allegato I Direttiva Habitat: sì Valutazione della qualità dell'habitat: medio-alta Valutazione della vulnerabilità dell'habitat: alta Descrizione generale e ecologia Piano di Gestione delle Acque del distretto idrografico del fiume Serchio 184 Integrazioni – Documento 1 Boschi alluvionali e ripariali misti meso-igrofili che si sviluppano lungo le rive dei grandi fiumi nei tratti medio-collinare e finale che, in occasione delle piene maggiori, sono soggetti a inondazione. In alcuni casi possono svilupparsi anche in aree depresse svincolati dalla dinamica fluviale. Si sviluppano su substrati alluvionali limoso-sabbiosi fini. Per il loro regime idrico sono dipendenti dal livello della falda freatica. Rappresentano il limite esterno del "territorio di pertinenza fluviale".Dal punto di vista fitosociologico l’habitat comprende più associazioni, tutte però riferibili ai Populetalia albae: Carici remotae-Fraxinetum oxycarpae, propria delle depressioni molto umide, con acqua che può talvolta mantenersi anche nei mesi estivi; Fraxino angustifoliae-Quercetum roboris, che occupa posizioni più elevate e quindi relativamente meno umide rispetto alla precedente; Alno-Fraxinetum oxycarpae, associazione segnalata da diversi autori per le formazioni riparie ben sviluppate proprie dei corsi d’acqua minori In Toscana l’habitat è presente alla Macchia lucchese, San Rossore, Migliarino, e in stazioni interne (Cerbaie, Valdarno, ecc.). Specie guida Fraxinus oxycarpa, Quercus robur, Alnus glutinosa, Ulmus minor, Carpinus betulus, Carex remota, Carex pendula, Iris foetidissima Specie notevoli Iris foetidissima, Iris pseudacorus, Hypericum androsaemum, Polygonatum odoratum. Lilium croceum, Lysimachia vulgaris Tipo di gestione antropica e causa di minaccia Le superfici occupate da queste cenosi hanno subito una drastica riduzione, dovuta a bonifiche, messe a coltura, urbanizzazioni ed utilizzazioni varie. I popolamenti attuali costituiscono quindi nuclei relitti, che in molti casi risentono ancora del passato condizionamento antropico. Molte stazioni si trovano all’interno di aree protette e possono essere adeguatamente salvaguardate. Per i siti ricadenti in aree non protette l’alterazione delle cenosi, lo sfruttamento selvicolturale inadeguato e soprattutto la gestione del livello delle acque (compreso captazioni, ecc.) rappresentano possibili cause di minaccia. .Misure per la conservazione In generale è opportuno che i piani di assestamento forestale siano realizzati tenendo conto dell’importanza naturalistica di queste cenosi e siano indirizzati alla loro conservazione. Boschi ripari mediterranei a dominanza di Salix alba e/o Populus alba e/o Populus nigra Codice Natura 2000: 92A0 Codice Corine: 44.17 Allegato I Direttiva Habitat: si Valutazione della qualità dell'habitat: media Valutazione della vulnerabilità dell'habitat: alta Descrizione generale e ecologia L'habitat è presente in gran parte del territorio lungo il basso e medio corso dei principali corsi d’acqua e dei loro affluenti di diverso ordine. Molto più rari i siti in cui si è conservato un buon grado di naturalità delle cenosi, che andrebbero attivamente ricercati e tutelati. Si localizza lungo i principali corsi d‘acqua e relativi affluenti di basso e medio corso, nelle depressioni umide e nelle zone con falda prossima al livello del suolo, in aree pianeggianti o poco inclinate. E’ pertanto più diffuso nelle aree planiziali e collinari, ma si trova anche nelle zone basse montane. Risulta costituito da diversi tipi di vegetazione, dominati talvolta da salici, da pioppi, da olmo campestre, da ontano nero o da frassino ossifillo. Si tratta in generale di un habitat che predilige stazioni eliofile con falda affiorante o quasi e terreno asfittico. Specie guida Salix alba, Populus alba, P. nigra, Alnus glutinosa, Fraxinus oxycarpa, Ulmus minor Specie notevoli Generalmente non presenti. Alcune stazioni di basso corso potebbero ospitare Typha minima, mentre nelle zone collinari e montane si possono trovare individui di Salix apennina. Piano di Gestione delle Acque del distretto idrografico del fiume Serchio 185 Integrazioni – Documento 1 Tipo di gestione antropica e causa di minaccia Si tratta spesso di habitat localizzati in aree a forte antropizzazione, urbane o agricole, fortemente degradati per sottrazione di superficie, inquinamento di suolo e acqua, soggetti a forte competizione da parte di specie esotiche invadenti (robinia, ailanto, specie erbacee). Misure per la conservazione Nonostante la effettiva mancanza di studi approfonditi relativi alla distribuzione, alla attuale consistenza ed alla dinamica di questo habitat, in generale si può affermare che si tratta di un ambiente fortemente impoverito nella sua composizione floristica e seriamente minacciato dalle attività antropiche. Anche se alcune località dove è presente risultano comprese in aree protette (Parco di Migliarino, S. Rossore e Massaciuccoli, alcune Riserve Provinciali, ecc.) sarebbe auspicabile l’individuazione e la salvaguardia di altre zone (lungo i corsi di Arno, Ombrone, ecc.) che necessitano anche di azioni di ripristino ambientale. Le misure di conservazione per ciascun sito della rete Natura 2000 Le due direttive Habitat (Di 92/43/CEE) e Uccelli (Dir 79/409/CEE) prevedono che gli Stati membri adottino le opportune MISURE DI CONSERVAZIONE per evitare nelle ZSC (Zone Speciali di Conservazione) il degrado degli habitat naturali e degli habitat di specie nonché la perturbazione delle specie per cui le zone sono state designate, nella misura in cui tale perturbazione potrebbe avere conseguenze significative per il perseguimento degli obiettivi previsti. Le misure di conservazione costituiscono l’insieme di tutte le misure necessarie per mantenere o ripristinare gli habitat naturali e le popolazioni di specie di fauna e di flora selvatiche in uno stato di conservazione soddisfacente. Inoltre la direttiva Habitat prevede (art. 6, par. 2) MISURE DI SALVAGUARDIA adottate dagli Stati membri “per evitare nelle zone speciali di conservazione il degrado degli habitat di specie, nonché la perturbazione delle specie per cui le zone sono state designate nella misura in cui tale perturbazione potrebbe avere conseguenze significative per quanto riguarda gli obiettivi” della stessa Direttiva. Gli articoli 3, 4 e 6 del DPR 357/97 e successive modificazioni attribuiscono a Regioni e Province autonome la competenza di adottare, per le ZSC e per le ZPS, “le misure di conservazione necessarie che implicano all’occorrenza appropriati piani di gestione specifici o integrati ad altri piani di sviluppo e le opportune misure regolamentari amministrative o contrattuali che siano conformi alle esigenze ecologiche dei tipi di habitat naturali di cui all’allegato A e delle specie di cui all’allegato B presenti nei siti”; All’art.5 del Decreto del 17 Ottobre 2007 del Ministro dell'Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare recante “Criteri minimi uniformi per la definizione di misure di conservazione relative a Zone speciali di conservazione (ZSC) e a Zone di protezione speciale (ZPS)”; sono definiti i divieti e gli obblighi da applicare all’interno di tutte le ZPS ed è demandata alle Regioni l’adozione o l’adeguamento delle specifiche misure di conservazione ed eventuali piani di gestione per le stesse. Le misure di conservazione della Del C.R. 454/08 Allegato A -“Misure di conservazione valide per tutte le ZPS” Allegato A ZPS Serchio Bac IT5120004 Pania di Corfino IT5130002 Campolino IT5130003 Abetone IT5130004 degli Pian Ontani IT512020 Orrido di Botri Divieti Obblighi a) esercizio attività venatoria a Gennaio, con eccezione della caccia da appostamento fisso e temporaneo e in forma vagante per 2 giornate, prefissate dal calendario venatorio, alla settimana, nonché con eccezione caccia ungulati; b) effettuazione preapertura attività venatoria, con eccezione caccia di selezione ungulati; c) esercizio attività venatoria in deroga ai sensi dell'art. 9, paragrafo 1, lettera c), della Direttiva n. 79/409/CEE; d) utilizzo munizionamento a pallini di piombo all'interno delle zone umide, quali laghi, stagni, paludi, acquitrini, lanche e lagune d'acqua dolce, salata, salmastra, nonché nel raggio di 150 metri dalle rive più esterne a partire dalla stagione venatoria 2008/2009; e) attuazione pratica sparo al nido nello svolgimento attività di controllo demografico popolazioni di corvidi. Il controllo demografico delle popolazioni di corvidi è comunque vietato nelle aree di presenza del Lanario (Falco biarmicus); a) messa in sicurezza, rispetto al rischio di elettrocuzione e impatto degli uccelli, di elettrodotti e linee aeree ad alta e media tensione di nuova realizzazione o in manutenzione straordinaria o in ristrutturazione; b) sulle superfici a seminativo soggette all'obbligo del ritiro dalla produzione (set-aside) e non coltivate durante tutto l'anno e altre superfici ritirate dalla produzione ammissibili all'aiuto diretto, mantenute in buone condizioni agronomiche e ambientali a norma dell'art. 5 del Reg. (CE) n. 1782/2003, garantire la presenza di Attività da promuovere e incentivare a) repressione del bracconaggio; b) rimozione dei cavi sospesi di impianti di risalita, impianti a fune ed elettrodotti dismessi; c) informazione e sensibilizzazione della popolazione locale e dei Piano di Gestione delle Acque del distretto idrografico del fiume Serchio 186 Integrazioni – Documento 1 Allegato A ZPS Serchio Bac IT5120016 Macchia Lucchese IT5170001 Dune litoranee di Torre del Lago IT5170002 Selva Pisana IT5120021 Lago e Padule di Massacciuccoli Divieti Obblighi f) effettuazione ripopolamenti faunistici a scopo venatorio, a eccezione di quelli con soggetti appartenenti a sole specie e popolazioni autoctone provenienti da allevamenti nazionali, o da zone di ripopolamento e cattura, o dai centri pubblici e privati di riproduzione della fauna selvatica allo stato naturale insistenti sul medesimo territorio; g) abbattimento esemplari appartenenti alle specie, Combattente (Philomacus pugnax), Moretta (Aythya fuligula); h) svolgimento attività addestramento cani da caccia prima del 01/09 e dopo la chiusura della stagione venatoria. Sono fatte salve le zone di cui all'art. 10, c. 8, lett. e), della Legge n. 157/92 sottoposte a procedura di valutazione di incidenza positiva ai sensi dell'art. 5 del DPR 357/07 e s.m.i. entro la data di emanazione dell'atto di cui all'art. 3, c.1; i) costituzione nuove zone per allenamento e addestramento cani e per gare cinofile, nonché ampliamento esistenti; j) distruzione o danneggiamento intenzionale di nidi e ricoveri di uccelli; k) realizzazione di nuove discariche o nuovi impianti di trattamento e smaltimento di fanghi e rifiuti nonché ampliamento di quelli esistenti in termine di superficie, fatte salve le discariche per inerti; l) realizzazione nuovi impianti eolici, fatti salvi gli impianti per i quali, alla data di emanazione del presente atto, sia stato avviato il procedimento di autorizzazione mediante deposito del progetto. Gli enti competenti dovranno valutare l'incidenza del progetto, tenuto conto del ciclo biologico delle specie per le quali il sito e' stato designato, sentito l'INFS. Sono inoltre fatti salvi gli interventi di sostituzione e ammodernamento, anche tecnologico, che non comportino un aumento dell'impatto sul sito in relazione agli obiettivi di conservazione della ZPS, nonché gli impianti per autoproduzione con potenza complessiva non superiore a 20 kw; m) realizzazione nuovi impianti di risalita a fune e nuove piste da sci, a eccezione di quelli previsti negli strumenti di pianificazione generali e di settore vigenti alla data di emanazione del presente atto, a condizione che sia conseguita la positiva valutazione d'incidenza dei singoli progetti ovvero degli strumenti di pianificazione generali e di settore di riferimento dell'intervento, nonché di quelli previsti negli strumenti adottati preliminarmente e comprensivi di valutazione d'incidenza; sono fatti salvi gli impianti per i quali sia stato avviato il procedimento di autorizzazione, mediante deposito del progetto esecutivo comprensivo di valutazione d'incidenza, nonché interventi di sostituzione e ammodernamento anche tecnologico e modesti ampliamenti del demanio sciabile che non comportino un aumento dell'impatto sul sito in relazione agli obiettivi di conservazione della ZPS; n) apertura nuove cave e ampliamento di quelle esistenti, a eccezione di quelle previste negli strumenti di pianificazione generali e di settore vigenti alla data di emanazione del presente atto ivi compresi gli ambiti individuati nella Carta delle Risorse del Piano regionale delle Attività estrattive, a condizione che risulti accertata e verificata l’idoneità al loro successivo inserimento nelle Carte dei Giacimenti e delle Cave e Bacini estrattivi, prevedendo altresì che il recupero finale delle aree interessate dall'attività estrattiva sia realizzato a fini naturalistici e a condizione che sia conseguita la positiva valutazione di incidenza dei singoli progetti ovvero degli strumenti di pianificazione generali e di settore di riferimento dell'intervento. Sono fatti salvi i progetti di cava già sottoposti a procedura di valutazione d'incidenza, in conformità agli strumenti di pianificazione vigenti e sempreché l'attività estrattiva sia stata orientata a fini naturalistici e sia compatibile con gli obiettivi di conservazione delle specie prioritarie; o) svolgimento attività di circolazione motorizzata al di fuori delle strade, fatta eccezione per i mezzi agricoli e forestali, per i mezzi di soccorso, controllo e sorveglianza, nonché ai fini dell'accesso al fondo e all'azienda da parte degli aventi diritto, in qualità di proprietari, lavoratori e gestori; una copertura vegetale, naturale o artificiale, durante tutto l'anno e di attuare pratiche agronomiche consistenti esclusivamente in operazioni di sfalcio, trinciatura della vegetazione erbacea, o pascolamento sui terreni ritirati dalla produzione sui quali non vengono fatti valere titoli di ritiro, ai sensi del Reg.(CE) 1782/03. Dette operazioni devono essere effettuate almeno una volta all'anno, fatto salvo il periodo di divieto annuale di intervento compreso fra il 01/03 e il 31/07 di ogni anno, ove non diversamente disposto nel piano di gestione. Il periodo di divieto annuale di sfalcio o trinciatura non può comunque essere inferiore a 150 giorni consecutivi compresi fra il 15/02 e il 30/09 di ogni anno. E' fatto comunque obbligo di sfalci e/o lavorazioni del terreno per la realizzazione di fasce antincendio, conformemente a quanto previsto dalle normative in vigore. In deroga all'obbligo della presenza di una copertura vegetale, naturale o artificiale, durante tutto l'anno sono ammesse lavorazioni meccaniche sui terreni ritirati dalla produzione nei seguenti casi: 1) pratica del sovescio, in presenza di specie da sovescio o piante biocide; 2) terreni interessati da interventi di ripristino di habitat e biotopi; 3) colture a perdere per la fauna, ai sensi dell'arti 1, lett c), del DM del 7 Marzo 2002 Ministero delle Politiche Agricole e Forestali; 4) nel caso in cui le lavorazioni siano funzionali all'esecuzione di interventi di miglioramento fondiario; 5) sui terreni a seminativo ritirati dalla produzione per un solo anno o, limitatamente all'annata agraria precedente all'entrata in produzione, nel caso di terreni a seminativo ritirati per due o più anni, lavorazioni del terreno allo scopo di ottenere una produzione agricola nella successiva annata agraria, comunque da effettuarsi non prima del 15 luglio dell'annata agraria precedente all'entrata in produzione. Sono fatte salve diverse prescrizioni della competente autorità di gestione; c) regolamentazione degli interventi di diserbo meccanico nella rete idraulica naturale o artificiale, quali canali di irrigazione e canali collettori, in modo che essi vengano effettuati al di fuori del periodo riproduttivo degli uccelli, ad eccezione degli habitat di cui all'art. 6 comma 11; d) monitoraggio delle popolazioni delle specie ornitiche protette dalla Attività da promuovere e incentivare maggiori fruitori del territorio sulla rete Natura 2000; d) l'agricoltura biologica e integrata con riferimento ai Programmi di Sviluppo Rurale; e) le forme di allevamento e agricoltura estensive tradizionali; f) il ripristino di habitat naturali quali ad esempio zone umide, temporanee e permanenti, e prati tramite la messa a riposo dei seminativi; g) il mantenimento delle stoppie e delle paglie, nonché della vegetazione presente al termine dei cicli produttivi dei terreni seminati, nel periodo invernale almeno fino alla fine di Febbraio. Piano di Gestione delle Acque del distretto idrografico del fiume Serchio 187 Integrazioni – Documento 1 Allegato A ZPS Serchio Bac Divieti Obblighi p) eliminazione elementi naturali e seminaturali caratteristici del paesaggio agrario con alta valenza ecologica quali stagni, laghetti, acquitrini, prati umidi, maceri, torbiere, sfagneti, pozze di abbeverata, fossi, muretti a secco, siepi, filari alberati, canneti, risorgive e fontanili, vasche in pietra, lavatoi,abbeveratoi, pietraie; q) eliminazione terrazzamenti esistenti, delimitati a valle da muretto a secco oppure da scarpata inerbita, sono fatti salvi i casi regolarmente autorizzati di rimodellamento dei terrazzamenti eseguiti allo scopo di assicurare una gestione economicamente sostenibile; r) esecuzione livellamenti non autorizzati dall'ente gestore, sono fatti salvi i livellamenti ordinari per la preparazione del letto di semina, per la sistemazione dei terreni a risaia e per le altre operazioni ordinarie collegate alla gestione dei seminativi e delle altre colture agrarie e forestali; s) conversione superficie a pascolo permanente ai sensi dell'art. 2, punto 2 del Reg. (CE) 796/2004 ad altri usi; t) bruciatura stoppie e paglie, nonché della vegetazione presente al termine dei cicli produttivi di prati naturali o seminati, sulle superfici specificate ai punti seguenti: 1) superfici a seminativo ai sensi dell'art. 2, punto 1 del Reg. (CE) n. 796/2004, comprese quelle investite a colture consentite dai paragrafi a) e b) dell'art. 55 del Reg. (CE) n. 1782/2003 ed escluse le superfici di cui al successivo punto 2); 2) superfici a seminativo soggette all'obbligo del ritiro dalla produzione (set - aside) e non coltivate durante tutto l'anno e altre superfici ritirate dalla produzione ammissibili all'aiuto diretto, mantenute in buone condizioni agronomiche e ambientali a norma dell'art. 5 del Reg.(CE) n. 1782/03. Sono fatti salvi, in ogni caso, gli interventi di bruciatura connessi a emergenze di carattere fitosanitario prescritti dall'autorità competente o a superfici investite a riso e salvo diversa prescrizione della competente autorità di gestione; u) esercizio della pesca con reti da traino, draghe, ciancioli, sciabiche da natante, sciabiche da spiaggia e reti analoghe sulle praterie sottomarine, in particolare sulle praterie di posidonie (Posidonia oceanica) o di altre fanerogame marine, di cui all'art. 4 del Regolamento (CE) n. 1967/06; v) esercizio della pesca con reti da traino, draghe, sciabiche da spiaggia e reti analoghe su habitat coralligeni e letti di maerl, di cui all'art. 4 del Regolamento (CE) n. 1967/06. Direttiva 79/409/CEE e in particolare quelle dell'Allegato I della medesima direttiva o comunque a priorità di conservazione. Attività da promuovere e incentivare Allegato B- “Ripartizione delle ZPS in tipologie e relative misure di conservazione”. Le ZPS sono state ripartite in una o più tipologie riportate nell’Allegato 1 del Decreto Ministeriale (“Descrizione delle tipologie ambientali di riferimento per le ZPS”) e per ciascuna tipologia ambientale sono stati definiti specifici obblighi, divieti, regolamentazioni e attività da favorire. Al momento della designazione a ZSC dei SIC, con apposito DM del Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare adottato di intesa con la Regione Toscana (art. 3 c. 2 DPR 357/97), saranno approvati i criteri minimi uniformi per la definizione delle misure di conservazione valide per tutte le ZSC. Le indicazioni che riguardano la tutela del suolo, della risorsa idrica e degli ecosistemi acquatici sono sottolineate. Piano di Gestione delle Acque del distretto idrografico del fiume Serchio 188 Integrazioni – Documento 1 ZPS Caratterizzate Da presenza di ambienti aperti delle montagne mediterranee Ambienti forestali delle montagne mediterranee Rete Natura 2000 Bacino del Serchio Allegato B Obblighi e divieti IT5120004 Pania di Corfino IT5130002 Campolino IT5130003 Abetone IT5130004 Pian degl Ontani IT512020 Orrido di Botri IT5130003 Abetone IT5130004 Pian degl Ontani obbligo di integrazione degli strumenti di gestione forestale da parte degli enti competenti ai sensi della LR 39/00 al fine di garantire il mantenimento di una presenza adeguata di piante morte, dannose o deperienti, utili alla nidificazione ovvero all'alimentazione dell'avifauna nei casi specifici in cui le prescrizioni del Regolamento Forestale della Toscana siano ritenute insufficienti per la tutela dell'avifauna stessa. Qualora una ZPS o parte di essa non sia compresa in un'area protetta così come definita ai sensi della LR 49/95 e ricada nel territorio di competenza di una Comunità montana, tale integrazione deve essere concertata dalla medesima con la Provincia Regolamentazione di Attività da favorire 1. circolazione su strade ad uso forestale e loro gestione, evitandone l'asfaltatura salvo che per ragioni di sicurezza e incolumità pubblica ovvero di stabilità dei versanti; 2. avvicinamento a pareti occupate per la nidificazione da Capovaccaio (Neophron percnopterus), Aquila reale (Aquila chrysaetos), Falco pellegrino (Falco peregrinus), Lanario (Falco biarmicus), Grifone (Gyps fulvus), Gufo reale (Bubo bubo) e Gracchio corallino (Pyrrhocorax pyrrhocorax) mediante elicottero, deltaplano, parapendio, arrampicata libera o attrezzata e qualunque altra modalità; 3. tagli selvicolturali nelle aree che interessano i siti di nidificazione delle specie caratteristiche della tipologia ambientale, in connessione alle epoche e alle metodologie degli interventi e al fine di non arrecare disturbo o danno alla loro riproduzione; 4. pascolo al fine di ridurre fenomeni di eccessivo sfruttamento del cotico erboso, anche per consentire la transumanza e la monticazione estiva. 1. mantenimento delle attività agrosilvopastorali estensive e in particolare recupero e gestione delle aree a prato permanente e a pascolo; 2. mantenimento e recupero del mosaico di aree a vegetazione erbacea e arbustiva. 1. circolazione su strade ad uso forestale e loro gestione, evitandone l'asfaltatura salvo che per ragioni di sicurezza e incolumità pubblica ovvero di stabilità dei versanti; 2. tagli selvicolturali nelle aree che interessano i siti di nidificazione delle specie caratteristiche della tipologia ambientale,in connessione alle epoche e alle metodologie degli interventi e al fine di non arrecare disturbo o danno alla loro riproduzione; 3. avvicinamento a pareti occupate per la nidificazione da Capovaccaio (Neophron percnopterus), Aquila reale (Aquila chrysaetos), Falco pellegrino (Falco peregrinus), Lanario (Falco biarmicus), Grifone (Gyps fulvus), Gufo reale (Bubo bubo) e Gracchio corallino (Pyrrhocorax pyrrhocorax) mediante elicottero, deltaplano, parapendio, arrampicata libera o attrezzata e qualunque altra modalità; 4. attività forestali in merito all'eventuale rilascio di matricine nei boschi cedui, alla eventuale indicazione di provvigioni massime, di estensione ed epoca degli interventi di taglio selvicolturale, di norme su tagli intercalari; 5. apertura di nuove strade e piste forestali a carattere permanente. 6. pascolo al fine di ridurre fenomeni di eccessivo sfruttamento del cotico erboso, anche per consentire la transumanza e la monticazione estiva. 1. attività agro-silvo-pastorali in grado di mantenere una struttura disetanea dei soprassuoli e la presenza di radure e chiarie all'interno delle compagini forestali; 2. conservazione di prati e di aree aperte all'interno del bosco anche di media e piccola estensione e di pascoli ed aree agricole, anche a struttura complessa, nei pressi delle aree forestali; 3. mantenimento degli elementi forestali di bosco non ceduato, anche di parcelle di ridotta estensione, nei pressi di bacini idrici naturali e artificiali e negli impluvi naturali; 4. gestione forestale in grado di: mantenere una struttura disetanea dei soprassuoli, ovvero in grado di mantenere e promuovere una struttura caratterizzata dall’alternanza di diversi tipi di governo del bosco (ceduo, ceduo sotto fustaia, fustaia disetanea), favorire l’evoluzione all’alto fusto e l’aumento della biomassa vegetale morta e garantire una presenza adeguata di piante morte, annose o deperienti, utili alla nidificazione ovvero all'alimentazione dell'avifauna; 5. conservazione del sottobosco; 6. mantenimento delle attività agrosilvopastorali estensive e in particolare recupero e gestione delle aree a prato permanente e a pascolo; Piano di Gestione delle Acque del distretto idrografico del fiume Serchio 189 Integrazioni – Documento 1 ZPS Caratterizzate Da presenza di Presenza di ambienti misti mediterranei zone umide Rete Natura 2000 Bacino del Serchio IT5120004 Pania di Corfino IT5120016 Macchia Lucchese IT5120020 Orrido di Botri IT5170001 Dune litoranee di Torre del Lago IT5170002 Selva Pisana IT5120021 Lago e Padule di Massacciuccoli IT5170002 Selva Pisana Allegato B Obblighi e divieti interessata. 1. divieto di eliminazione dei muretti a secco funzionali alle esigenze ecologiche delle specie di interesse comunitario. 2. obbligo di integrazione degli strumenti di gestione forestale da parte degli enti competenti ai sensi della LR 39/00 al fine di garantire il mantenimento di una presenza adeguata di piante morte, annose o deperienti, utili alla nidificazione ovvero all'alimentazione dell'avifauna nei casi specifici in cui le prescrizioni del Regolamento Forestale della Toscana siano ritenute insufficienti per la tutela dell'avifauna stessa. Qualora una ZPS o parte di essa non sia compresa in un'area protettacosì come definita ai sensi della LR 49/95 e ricada nel territorio di competenza di una Comunità montana, tale integrazione deve essere concertata dalla medesima con la Provincia interessata. 1. divieto di bonifica idraulica delle zone umide naturali; 2. divieto di abbattimento, in data antecedente al 1° Ottobre, di esemplari appartenenti alle specie Codone (Anas acuta), Marzaiola (Anas querquedula), Mestolone (Anas clypeata), Alzavola Regolamentazione di 1. circolazione su strade ad uso forestale e loro gestione, evitandone l'asfaltatura salvo che per ragioni di sicurezza e incolumità pubblica ovvero di stabilità dei versanti; 2. avvicinamento a pareti occupate per la nidificazione da Capovaccaio (Neophron percnopterus), Aquila reale (Aquila chrysaetos), Falco pellegrino (Falco peregrinus), Lanario (Falco biarmicus), Grifone (Gyps fulvus), Gufo reale (Bubo bubo) e Gracchio corallino (Pyrrhocorax pyrrhocorax) mediante elicottero, deltaplano, parapendio, arrampicata libera o attrezzata e qualunque altra modalità; 3. tagli selvicolturali nelle aree che interessano i siti di nidificazione delle specie caratteristiche della tipologia ambientale, in connessione alle epoche e alle metodologie degli interventi e al fine di non arrecare disturbo o danno alla loro riproduzione. 1. taglio dei pioppeti occupati da garzaie, evitando gli interventi nei periodi di nidificazione; 2. costruzione di nuove serre fisse; 3. caccia in presenza, anche parziale, di ghiaccio; 4. trattamento delle acque reflue dei bacini di ittiocoltura intensiva o semintensiva; 5. attività che comportino improvvise e consistenti variazioni del livello dell'acqua o la riduzione della superficie di isole ovvero zone affioranti. 6. realizzazione di sbarramenti idrici e interventi di artificializzazione degli alvei e delle sponde tra cui rettificazioni, Attività da favorire 1. conservazione, manutenzione e ripristino, senza rifacimento totale, dei muretti a secco esistenti e realizzazione di nuovi attraverso tecniche costruttive tradizionali e manufatti in pietra; 2. creazione di filari arborei - arbustivi con specie autoctone lungo i confini degli appezzamenti coltivati; 3. conservazione e ripristino degli elementi naturali e seminaturali dell'agroecosistema come siepi, filari, laghetti, boschetti, stagni; 4. conservazione di una struttura disetanea dei soprassuoli e di aree aperte all'interno del bosco anche di media e piccola estensione e di pascoli ed aree agricole, anche a struttura complessa, nei pressi delle aree forestali; 5. mantenimento di una presenza adeguata di piante morte, annose o deperienti, utili alla nidificazione ovvero all'alimentazione dell'avifauna; 6. mantenimento degli elementi forestali di bosco non ceduato, anche di parcelle di ridotta estensione, nei pressi di bacini idrici naturali e artificiali e negli impluvi naturali; 7. mantenimento ovvero promozione di una struttura delle compagini forestali caratterizzata dall'alternanza di diversi tipi di governo del bosco (ceduo, ceduo sotto fustaia, fustaia disetanea); 8. controllo della vegetazione arbustiva nei prati e pascoli aridi; 9. ripristino di prati pascoli e prati aridi a partire da seminativi in rotazione; 10. ripristino di prati e pascoli mediante la messa a riposo dei seminativi; 11. conservazione del sottobosco. 1. riduzione dei nitrati immessi nelle acque superficiali nell'ambito di attività agricole; 2. messa a riposo a lungo termine dei seminativi, nonché la conversione dei terreni da pioppeto in boschi di latifoglie autoctone o in praterie sfalciabili o per creare zone umide o per ampliare biotopi relitti e gestiti per scopi ambientali nelle aree contigue a lagune costiere, valli, torbiere e laghi; 3. mantenimento e coltivazione ecocompatibile delle risaie nelle aree adiacenti le zone umide; 4. incentivazione dei metodi di agricoltura biologica; 5. creazione e mantenimento di fasce Piano di Gestione delle Acque del distretto idrografico del fiume Serchio 190 Integrazioni – Documento 1 ZPS Caratterizzate Da presenza di Rete Natura 2000 Bacino del Serchio Allegato B Obblighi e divieti Regolamentazione di Attività da favorire (Anas crecca), Canapiglia (Anas strepera), Fischione (Anas penelope), Moriglione (Aythya Folaga ferina), (Fulica atra), Gallinella d'acqua (Gallinula chloropus), Porciglione (Rallus aquaticus), Beccaccino (Gallinago gallinago), Beccaccia (Scolopax rusticola), Frullino (Lymnocryptes minimus), Pavoncella (Vanellus vanellus); 3. obbligo di monitoraggio del livello idrico delle zone umide, in particolar modo durante la stagione riproduttiva delle specie ornitiche presenti, al fine di evitare eccessivi sbalzi del medesimo. tombamenti, canalizzazioni, arginature, riduzione della superficie di isole ovvero zone affioranti; 7. epoche e metodologie degli interventi di controllo ovvero gestione della vegetazione spontanea arborea, arbustiva e erbacea all'interno delle zone sia umide e ripariali che delle garzaie, in modo che sia evitato taglio, sfalcio, trinciatura, incendio, diserbo chimico, lavorazioni superficiali del terreno, durante il periodo riproduttivo dell'avifauna, fatti salvi interventi straordinari di gestione previa autorizzazione dell'ente gestore, al fine di non arrecare disturbo o danno alla riproduzione della fauna selvatica; 8. interventi di gestione idraulica dei canali (taglio della vegetazione, risagomatura, dragaggio); 9. realizzazione di impianti di pioppicoltura; 10. utilizzo dei diserbanti e del pirodiserbo per il controllo della vegetazione della rete idraulica artificiale (canali di irrigazione, fossati e canali collettori); 11. pesca con nasse e trappole. tampone a vegetazione erbacea (spontanea o seminata) o arboreo - arbustiva di una certa ampiezza tra le zone coltivate e le zone umide; 6. creazione di zone a diversa profondità d'acqua con argini e rive a ridotta pendenza; 7. mantenimento ovvero ripristino del profilo irregolare (con insenature e anfratti) dei contorni della zona umida; 8. mantenimento ovvero ripristino della vegetazione sommersa, natante ed emersa e dei terreni circostanti l'area umida; 9. mantenimento dei cicli di circolazione delle acque salate nelle saline abbandonate al fine di conservare gli habitat con acque e fanghi ipersalati idonei per Limicoli, Sternidi e Fenicottero; 10. interventi di taglio delle vegetazione, nei corsi d'acqua con alveo di larghezza superiore ai 5 metri, effettuati solo su una delle due sponde in modo alternato nel tempo e nello spazio, al fine di garantire la permanenza di habitat idonei a specie vegetali e animali; 11. creazione di isole e zone affioranti idonee alla nidificazione in aree dove questi elementi scarseggiano a causa di processi di erosione, subsidenza, mantenimento di alti livelli dell'acqua in primavera; 12. mantenimento di spiagge naturali e di aree non soggette a pulitura meccanizzata tra gli stabilimenti balneari; 13. conservazione ovvero ripristino di elementi naturali tra gli stabilimenti balneari esistenti; 14. trasformazione ad agricoltura biologica nelle aree agricole esistenti contigue alle zone umide; 15. realizzazione di sistemi per la fitodepurazione; 16. gestione periodica degli ambiti di canneto, da realizzarsi esclusivamente al di fuori del periodo di riproduzione dell'avifauna, con sfalci finalizzati alla diversificazione strutturale, al ringiovanimento, al mantenimento di specchi d'acqua liberi, favorendo i tagli a rotazione per parcelle ed evitando il taglio raso; 17. ripristino di prati stabili, zone umide temporanee o permanenti, ampliamento di biotopi relitti gestiti per scopi esclusivamente ambientali, in particolare nelle aree contigue a lagune costiere, valli, torbiere, laghi tramite la messa a riposo dei seminativi; 18. conversione dei terreni adibiti a pioppeto in boschi di latifoglie autoctone; 19. colture a basso consumo idrico e individuazione di fonti di approvvigionamento idrico, tra cui reflui depurati per tamponare le situazioni di stress idrico estivo; 20. adozione, attraverso il meccanismo della certificazione ambientale, di pratiche ecocompatibili nella pioppicoltura, tra cui il Piano di Gestione delle Acque del distretto idrografico del fiume Serchio 191 Integrazioni – Documento 1 ZPS Caratterizzate Da presenza di Rete Natura 2000 Bacino del Serchio Allegato B Obblighi e divieti Regolamentazione di Attività da favorire mantenimento della vegetazione erbacea durante gli stadi avanzati di crescita del pioppeto, il mantenimento di strisce non fresate anche durante le lavorazioni nei primi anni di impianto, il mantenimento di piccoli nuclei di alberi morti, annosi o deperienti. Le misure di conservazione della Del G.R. 644/04 Le misure di conservazione dei siti della Rete Ecologica Regionale (SIC+SIR+ZPS) sono state definite in funzione delle specifiche criticità ed esigenze ambientali necessarie a garantire la conservazione degli habitat o specie presenti nel sito e opportunamente classificate con un livello di importanza in base alla loro priorità nel contesto ambientale del sito e, più in generale, all’interbo della rete ecologica regionale in base al valore degli elementi da conservare (EE= molto elevata; E= Elevata; M= Media; B= Bassa). All’interno delle schede della stessa Del G.R. 644/04 è stato indicato il grado di priorità che all’interno di ciascun sito ha la redazione di uno specifico piano di gestione del sito, di un Piano di gestione integrato con altri strumenti della pianificazione territoriale o un Piano di Azione. In genere è stata indicata la necessità del PdG per i siti dove la conservazione delle specie/habitat è legata ad attività umane “tradizionali” che possono cessare o modificarsi (pascoli montani, agro ecosistemi tradizionali) e per quelli oggetto di forti pressioni da parte di attività umane diversificate (es zone umide in aree fortemente antropizzate, tratti fluviali di basso corso interessati da urbanizzazione, agricoltura e problematiche di rischio idraulico). Le misure riportate negli Allegati A e B della Del. C.R. 454/08 costituiscono norme a integrazione delle norme tecniche approvate con Del G.R. 644/2004. Sono evidenziate con carattere in blu e in grassetto quelle misure di conservazione che interessano la difesa del suolo e la tutela degli ecosistemi (compresi habitat e specie) legati alla risorsa acqua. Rispondendo a quanto richiesto dalla Provincia di Lucca. Servizio Pianificazione Territoriale e Mobilità nel contributo fornito a seguito dell’invio del Rapporto Preliminare, sono stati analizzate nel dettaglio anche le misure di conservazione specifiche riguardanti la risorsa acqua previste nei Piani di Gestione approvati per il SIR-SIC n° 5 “Monte la Nuda- Monte Tondo” e per il SIR-SIC n° 10 “Monte Castellino- Le Forbici” (evidenziate in corsivo e grassetto). Piano di Gestione delle Acque del distretto idrografico del fiume Serchio 192 Integrazioni – Documento 1 Siti appenninici Principali criticità Sito Principali elementi di criticità interni al sito SIR-SIC n° 5 “Monte La NudaMonte Tondo” (IT5110005) SIR-SIC n° 9 M. Sillano Passo Romecchio (IT5120001) - Gestione pascolo- abbandono Stazioni isolate e con pochi individui di rare specie vegetali, Principali misure di conservazione da adottare Principali elementi esterni al sito di criticità Abbandono delle attività di pascolo nelle praterie sommitali e nei crinali secondari, con processi di ricolonizzazione arbustiva Gestione del Ipotesi di localizzazione pascolo: eccesso sui di impianti eolici al nardeti e abbandono Passo Pradarena. Turismo Diffusa riduzione del pascolo in aree montane, con conseguente escursionistico frammentazione dell’habitat. Presenza di strade sterrate lungo il perimetro del sito. Principali obiettivi di conservazione Mantenimento di habitat alto montani con rilevanti popolamenti ornitici (E). Conservazione elevati livelli di naturalità e di scarso disturbo antropico, (circo glaciale del M. La Nuda (E). Tutela stazioni di Primula apennina (M) e di Galium carmineum e di Erigeron gaudinii (M). Conservazione dei nardeti sommitali (M). Mantenimento del complesso di ambienti sommitali con praterie e brughiere montane e affioramenti rocciosi, che costituiscono l’habitat per numerose specie di Passeriformi nidificanti e aree di caccia di Aquila chrysaetos (E). Mantenimento delle formazioni erbose di Nardo ricche di specie (E). Mantenimento degli elevati livelli di naturalità, con particolare Indicazioni per conservazione le misure di Gestione pascolo (E) Conservazione habitat di Primula apennina (M). Programma di conservazione ex situ per la tutela delle specie vegetali rare (M). Mantenimento e miglioramento della compatibilità dei piani di settore con gli obiettivi di Conservazione Controllo popolazione di cinghiale Difesa dall’erosione nelle praterie di crinale Tutela delle stazioni di rare specie di flora Mantenimento e incremento dei popolamenti di anfibi, di uccelli e di Mammiferi di interesse comunitario e regionale Mantenimento e miglioramento della compatibilità delle attività turistiche ed escursionistiche Mantenimento e miglioramento della compatibilità dei piani di settore con gli obiettivi di conservazione Mantenimento e miglioramento di aree prative di collegamento ecologico nell’area vasta Gestione pascolo (E) Misure normative o gestionali per il turismo (B) Verifica della consistenza ed eventuale ricostituzione di popolazioni di specie preda di Aquila chrysaetos (Lagomorfi, Galliformi) (B). Necessità piano di gestione Piano redatto nell’ambito del progetto LIFE Natura “Conservazione delle praterie montane dell’Appennino Tosco-Emiliano” Approvato con Del CP (Lucca) n° 75 del 08/05/2008 Elevata Il Piano di gestione complessivo potrebbe essere sostituito da un piano di settore Necessità piani di settore Non necessari Elevata, per la gestione del pascolo brado. Piano di azione comune per la gestione del pascolo per tutti i siti di alto crinale appenninico (dalla Lunigiana al Pistoiese), Piano di Gestione delle Acque del distretto idrografico del fiume Serchio 193 Integrazioni – Documento 1 Siti appenninici Principali criticità Sito Principali elementi di criticità interni al sito Principali misure di conservazione da adottare Principali elementi esterni al sito di criticità Principali obiettivi di conservazione Indicazioni per conservazione le misure di Necessità piano di gestione Necessità piani di settore Piano redatto nell’ambito del progetto LIFE Natura “Conservazione delle praterie montane dell’Appennino Tosco-Emiliano” Approvato con Del CP (Lucca) n° 75 del 08/05/2008 Non necessari Scarsa. L’area è compresa nel patrimonio Molto elevata, per quanto riguarda la gestione del riferimento alla zona Monte di Soraggio–Le Porraie (E). Tutela delle stazioni di Primula apennina e delle altre specie di flora delle pareti rocciose e dei detriti di falda (M). Gestione pascolo (E) SIR-SIC n° 10 Monte Castellino – Le Forbici (IT5120002) Gestione del pascolo: are in abbandono e zone sovra pascolate Turismo escursionistico e importanti stazioni floristiche. Raccolte di flora. Presenza di rare specie di flora con stazioni di ridotte dimensioni (ad esempio la stazione di Rhododendron ferruginuem). Interrimento di prati umidi. SIR-SIC n°11 Parco dell'Orecchiella - Gestione pascolo- abbandono Piccoli insediamenti turistici ad alta quota e viabilità Riduzione del pascolo nell’intero comprensorio appenninico, con conseguente riduzione e frammentazione dell’habitat per le specie legate alle praterie secondarie. Abbattimenti illegali di Canis lupus. Strade sterrate di accesso ai rifugi o alle zone di crinale. Riduzione/cessazione del pascolo, diffusa su Tutela stazioni di Primula apennina, Rhododendron ferruginuem e di specie di flora delle pareti rocciose e dei versanti detritici (EE). Tutela delle rare fitocenosi (E). Conservazione del sistema di praterie sommitali, comprendente notevoli estensioni di habitat di elevato interesse conservazionistico, con notevoli popolamenti faunistici (E). Mantenimento/incremento ’idoneità ambientale delle aree alto montane per importanti popolamenti di passeriformi nidificanti e per il foraggiamento di Aquila chrysaetos (M). Diminuzione dell’isolamento e della frammentazione degli habitat di prateria del sito per fenomeni di abbandono delle aree limitrofe Conservazione del complesso di ambienti di praterie e praterie con ginepri mantenute dal pascolo, Programma di conservazione ex situ per la tutela di Rhododendron ferruginuem (E). Gestione turismo escursionistico per la tutela delle stazioni di specie floristiche rare (M). Verifica della consistenza ed eventuale ricostituzione di popolazioni di specie preda di Aquila chrysaetos (Lagomorfi, Galliformi) (B). Controllo popolazione di cinghiale Difesa dall’erosione nelle praterie di crinale Tutela delle stazioni di rare specie di flora Mantenimento e incremento dei popolamenti di anfibi, di uccelli e di Mammiferi di interesse comunitario e regionale Mantenimento e miglioramento della compatibilità delle attività turistiche ed escursionistiche Mantenimento e miglioramento della compatibilità dei piani di settore con gli obiettivi di conservazione Mantenimento e miglioramento di aree prative di collegamento ecologico nell’area vasta Gestione pascolo (EE). Verifica/adeguamento piani di gestione forestale agli obiettivi di Piano di Gestione delle Acque del distretto idrografico del fiume Serchio 194 Integrazioni – Documento 1 Siti appenninici Principali criticità Principali misure di conservazione da adottare Sito Principali elementi di criticità interni al sito Principali elementi esterni al sito Pania di Corfino Lamarossa (IT5120003) relativamente diffusa, con conseguente disturbo e frammentazione. Turismo escursionistico stagionale Le torbiere sono minacciate da varie cause: eutrofizzazione e inquinamento dell’acqua, attività escursionistiche, interrimento, evoluzione della vegetazione. Raccolte di fauna minore e flora. Abbattimenti illegali di Canis lupus e rapaci. tutto Toscano. di criticità l’Appennino Centri abitati ai confini meridionali. Principali obiettivi di conservazione Indicazioni per conservazione alternate ad ambienti rocciosi, habitat di passeriformi nidificanti (incluso Emberiza citrinella) e aree di caccia e nidificazione di Aquila chrysaetos e altre specie di rapaci (EE). Conservazione di torbiere ed aree umide con rare specie idrofitiche (ad esempio Menyanthes trifoliata) (E). conservazione del sito, così da garantire: la tutela delle formazioni boschive di forra; la conservazione/incremento delle fasi forestali mature e senescenti, con salvaguardia di alberi di grosse dimensioni e marcescenti; la conservazione della continuità della matrice forestale (E). Conservazione e incremento dei livelli di naturalità degli estesi e continui complessi forestali (E). Gestione turismo escursionistico e alpinistico (M). Analisi di dettaglio stato di conservazione di aree umide e torbiere e adozione misure di conservazione ritenute necessarie (M). Approfondimento delle conoscenze su alcuni gruppi faunistici (M). Monitoraggio qualità delle acque dei torrenti (B). Eventuale completamento della rimozione del disturbo alle specie ornitiche nidificanti nelle pareti rocciose, dovuto ad attività alpinistiche (le principali aree sono già tutelate in questo senso) (M). Conservazione degli elevati livelli di naturalità (e qualità delle acque) degli ecosistemi di forra (M). le misure di Necessità piano di gestione Necessità piani di settore agroforestale regionale (in gestione al CFS) ed è quindi garantita l’elaborazione del Piano di Gestione. pascolo. Appare, comunque, sufficiente l’adeguamento del Piano di Gestione del patrimonio agroforestale, che dovrà tenere conto degli obiettivi di conservazione del sito, in particolare per quanto riguarda le praterie, le zone umide e gli ambienti di forra. Non necessario. Non necessari. Verifica consistenza ed eventuale ricostituzione di popolazioni di specie predate da Aquila chrysaetos (Lagomorfi, Galliformi) (B) SIR-ZPSn° 12 Pania di Corfino (IT5120004) Turismo escursionistico mesi estivi. nei Turismo escursionistico nei mesi estivi. Conservazione elevati livelli di naturalità (E). Gestione turismo. Tutela dell’aquila reale e Piano di Gestione delle Acque del distretto idrografico del fiume Serchio 195 Integrazioni – Documento 1 Siti appenninici Principali criticità Sito Principali elementi di criticità interni al sito Principali misure di conservazione da adottare Principali elementi esterni al sito di criticità Principali obiettivi di conservazione delle altre rupicole (E). SIR-SIC n°13 M. Romecchio - M. Rondinaio Poggione (IT5120005) SIR-SIC n°28 Alta Valle del Sestaione (IT5130001) Pascolo ancora presente non vi sono però informazioni su carico e tendenze in atto: possibile una degradazione del suolo per compattazione, dovuta al calpestio per pascolamento nelle aree umide, con Swertia perennis, localizzate nelle selle. Turismo escursionistico Presenza rare specie di flora con stazioni di ridotte dimensioni (ad es l Campanula spicata). Impianti sciistici, attività e infrastrutture connesse, che producono antropizzazione e frammentazione degli habitat, disturbo alla fauna, inquinamento delle acque, diffusione di piante appartenenti a specie o ecotipi non locali (con rischio di inquinamento genetico), Diffusa riduzione del pascolo su tutto l’Appennino Toscano, con degradazione e frammentazione dell’habitat per numerose specie minacciate. Presenza di strade sterrate lungo il perimetro del sito. Strutture turistiche invernali sui confini del sito (Monte Gomito). Riduzione/cessazione del pascolo diffusa su tutto il crinale appenninico. Indicazioni per conservazione le misure di Necessità piano di gestione Necessità piani di settore Elevata. Potrebbero però essere sufficienti piani di settore Molto elevata la necessità di un piano per la gestione del pascolo, che potrebbe essere comune per molti siti di crinale appenninico e articolato per province. Elevata; non necessaria in caso di elaborazione di Piani d’azione Elevata necessità di un piano/programma per la gestione delle attività di fruizione turistica e delle infrastrutture connesse; elevata necessità di un Piano di azione per specie Conservazione del sistema di praterie sommitali, comprendente notevoli estensioni di habitat di elevato interesse conservazionistico, con importanti popolamenti faunistici (EE). Conservazione stazione Campanula spicata (E). Mantenimento/incremento idoneità del sito quale area di foraggiamento di Aquila chrysaetos (M). Conservazione aree umide localizzate nelle selle, con importanti stazioni floristiche (M). Riduzione eventuali impatti significativi causati dal turismo escursionistico (B). Gestione turismo escursionistico Verifica consistenza ed eventuale ricostituzione di popolazioni di specie preda di Aquila chrysaetos (Lagomorfi, Galliformi) (B). Conservazione delle Abetaie appenniniche con abete rosso autoctono e dei Faggeti degli Appennini con Abies alba (EE). Conservazione degli estesi mosaici di praterie e brughiere montane con affioramenti rocciosi, che costituiscono habitat per passeriformi nidificanti e aree di caccia per Aquila chrysaetos (EE). Gestione pascolo (EE). Programma conservazione ex situ per tutela di Campanula spicata (EE). Gestione turismo escursionistico Programma complessivo per la limitazione dell’impatto causato da infrastrutture e attività sciistiche e di protocollo/regolamento Piano di Gestione delle Acque del distretto idrografico del fiume Serchio 196 Integrazioni – Documento 1 Siti appenninici Principali criticità Sito Principali elementi di criticità interni al sito innesco di fenomeni erosivi. Riduzione/cessazione del pascolo, che provoca degradazione e scomparsa dei nardeti, perdita di habitat per specie ornitiche rare. Gestione forestale non specificamente mirata agli obiettivi di conservazione del sito. Eccessiva antropizzazione delle compagini boschive, con sviluppo di boschi coetanei monospecifici. Stato di conservazione dei nuclei di abete rosso autoctono che presentano scarsa o assente rinnovazione naturale, per competizione con il faggio e le brughiere del sottobosco. Turismo estivo concentrato soprattutto nelle zone con stazioni floristiche e habitat di particolare interesse (laghetti glaciali). Rischio di inquinamento genetico per i nuclei Principali misure di conservazione da adottare Principali elementi esterni al sito di criticità Principali obiettivi di conservazione Conservazione delle torbiere e dei laghetti glaciali con rare specie vegetali idrofitiche (Menyanthes trifoliata, Sparganium minimum) e con popolamenti di Anfibi di interesse conservazionistico (EE). Conservazione degli estesi e continui complessi forestali di elevata maturità (E). Conservazione delle formazioni erbose di nardo ricche di specie e delle brughiere subalpine (M). Conservazione dell’elevata qualità del corso d’acqua e dei popolamenti ittici (M). Indicazioni per conservazione le misure di Necessità piano di gestione per gli interventi di settoriali. ripristino ambientale, relativo a modalità di intervento, specie ed ecotipi da utilizzare (EE). Gestione pascolo (EE) Necessità piani di settore la gestione del pascolo (anche comune a tutti i Siti di alto crinale appenninico, articolato per province). Verifica/adeguamento dei piani di gestione forestale agli obiettivi di conservazione del sito, in modo da garantire: il mantenimento dei nuclei spontanei di abete rosso; la conservazione delle fasi mature e senescenti, con salvaguardia di alberi di grosse dimensioni e marcescenti; il mantenimento di parcelle di abetine mature pure, anche se artificiali (habitat di Certhia familiaris) (E). Valutazione di incidenza per tutti i progetti e/o le attività che possano comportare sovraccarichi ambientali legati all’incremento del turismo di massa invernale ed estivo, alla realizzazione d’impianti di produzione energetica e di elettrodotti e alla realizzazione di infrastrutture di Piano di Gestione delle Acque del distretto idrografico del fiume Serchio 197 Integrazioni – Documento 1 Siti appenninici Principali criticità Sito Principali elementi di criticità interni al sito Principali misure di conservazione da adottare Principali elementi esterni al sito di criticità Principali obiettivi di conservazione di abete rosso autoctono. Prelievo di erpetofauna. Presenza di specie animali alloctone, con impatto non conosciuto (marmotta). Stazioni isolate e con pochi individui di rare specie vegetali, con rischio di scomparsa. Possibili alterazioni degli ecosistemi fluviali per captazioni e ipotesi di sfruttamento idroelettrico. SIR-ZPS n°29 Campolino (IT5130002) Rischio inquinamento genetico per i nuclei di abete rosso autoctono. Stato di conservazione dei nuclei di abete rosso autoctono, che presentano scarsa o assente rinnovazione naturale, per competizione con il faggio e le brughiere del sottobosco. Indicazioni per conservazione le misure di Necessità piano di gestione Necessità piani di settore trasporto nell’intorno del sito (E). Gestione turismo escursionistico nelle vallecole alto montane di origine glaciale, caratterizzate da emergenze naturalistiche (Lago Piatto, Lago Nero, Lago Greppo) (M). Approfondimento delle conoscenze su alcuni gruppi faunistici (M). Verifica consistenza delle popolazioni di specie predate da Aquila chrysaetos (Lagomorfi, Galliformi) e loro eventuale ricostituzione (B) Programma di conservazione ex situ per la tutela delle specie vegetali rare e/o presenti con stazioni di ridotte dimensioni (M). Strutture per il turismo invernale prossime ai confini del sito. Gli impianti sciistici e le infrastrutture connesse portano a livelli molto elevati di carico antropico in inverno e in estate, con frammentazione degli habitat, disturbo alla fauna, inquinamento delle acque, diffusione di piante appartenenti a specie o ecotipi non locali (con Conservazione dei nuclei di abete rosso autoctono, caratterizzati da livelli elevati di maturità e complessità strutturale, habitat della popolazione isolata di Certhia familiaris (EE). Salvaguardia dell’integrità del laghetto glaciale, che ospita specie vegetali e popolamenti di Anfibi di interesse conservazionistico (E). Interventi finalizzati a favorire la rinnovazione naturale dell’abete rosso (EE). Monitoraggio della consistenza e della Non necessario. Appare sufficiente la verifica e l’eventuale adeguamento (presumibilmente non necessario) delle previsioni di gestione forestale della Riserva Statale. Piano di Gestione delle Acque del distretto idrografico del fiume Serchio 198 Integrazioni – Documento 1 Siti appenninici Principali criticità Sito SIR-ZPS n°30 Abetone (IT5130003) Principali misure di conservazione da adottare Principali elementi di criticità interni al sito Principali elementi esterni al sito di criticità Rischio di progressiva scomparsa delle limitate zone aperte di crinale, causata dalla cessazione del pascolo. rischio di inquinamento genetico), innesco di fenomeni erosivi. Riduzione pascolo nell’intero comprensorio appenninico, con rarefazione e isolamento delle specie legate alle praterie secondarie. Tutela delle modeste superfici di praterie montane con affioramenti rocciosi, habitat di passeriformi nidificanti e aree di caccia di Aquila chrysaetos (M). tendenza della popolazione isolata di Certhia familiaris e verifica/adeguamento delle previsioni di gestione forestale rispetto alle esigenze ecologiche della specie (conservazione delle fasi mature delle abetine pure) (E). Tutela assoluta del laghetto glaciale (E). Monitoraggio delle tendenze in atto nelle praterie di crinale e adozione delle misure di conservazione eventualmente opportune (M). Gestione pascolo Turismo estivo e invernale Lo stato di conservazione dei di abete rosso nuclei autoctono, per l’insufficiente rinnovazione naturale, dovuta a competizione con faggio e specie arbustive del Strutture per il turismo invernale prossime ai confini del sito. Gli impianti sciistici e le infrastrutture connesse portano a livelli molto elevati di carico antropico, in inverno e in estate, con frammentazione degli habitat, disturbo alla fauna, inquinamento Conservazione dei nuclei di abete rosso autoctono, caratterizzati da livelli elevati di maturità e complessità strutturale, habitat della popolazione isolata di Certhia familiaris (E). Tutela modeste superfici di praterie montane con affioramenti rocciosi, Gestione pascolo (E). Principali obiettivi di conservazione Indicazioni per conservazione le misure di Monitoraggio consistenza e tendenza della popolazione isolata di Certhia familiaris e verifica/adeguamento delle previsioni di gestione forestale rispetto alle esigenze ecologiche della specie (E). Piano complessivo per la limitazione Necessità piano di gestione Scarsa. Necessità piani di settore Elevata necessità di un piano di azione relativo alla gestione del pascolo, articolato per province, valido per tutti i siti di alto crinale Piano di Gestione delle Acque del distretto idrografico del fiume Serchio 199 Integrazioni – Documento 1 Siti appenninici Principali criticità Sito Principali misure di conservazione da adottare Principali elementi di criticità interni al sito Principali elementi esterni al sito di criticità sottobosco, appare sfavorevole. Presenza di due assi viari, di cui uno (strada del Brennero) particolarmente frequentato, e di centri abitati. Presenza di elettrodotti ad alta tensione. delle acque, diffusione di piante appartenenti a specie o ecotipi non locali (con rischio di inquinamento genetico), innesco di fenomeni erosivi. Principali obiettivi di conservazione Indicazioni per conservazione le misure di habitat di passeriformi nidificanti e aree di caccia di Aquila chrysaetos (M). Conservazione delle formazioni erbose di nardo ricche di specie (M). Conservazione degli estesi e continui complessi forestali di elevata maturità (M). dell’impatto causato dalle infrastrutture e dalle attività sciistiche ed escursionistiche, elaborazione di un protocollo relativo alle modalità di intervento con riferimento anche a specie ed ecotipi da utilizzare negli interventi di ripristino ambientale (E). Necessità piano di gestione appenninico. Necessaria la verifica, con eventuale adeguamento, delle previsioni di gestione forestale della Riserva Statale, con particolare riferimento alla problematica della rinnovazione spontanea dell’abete rosso. Interventi finalizzati alla rinnovazione naturale dell’abete rosso (E). Valutazione incidenza per tutti i progetti e/o le attività che possano comportare sovraccarichi ambientali legati all’incremento del turismo di massa invernale ed estivo, alla realizzazione d’impianti di produzione energetica e di elettrodotti e alla realizzazione di infrastrutture di trasporto nell’intorno del sito (E). SIR-ZPS n°31 Pian degli Ontani (IT5130004) Processi di chiusura delle praterie secondarie lungo il crinale principale. Modesti carichi turistici estivi legati al vicino centro di Pian di Pressione turistica, presenza di assi viari e zone urbanizzate ai limiti del sito. Conservazione degli habitat prioritari (E). Mantenimento e incremento dei livelli di maturità/naturalità delle faggete (M). Misure gestionali per limitare i fenomeni di ricolonizzazione arbustiva e arborea delle praterie secondarie (M). Adozione piani di gestione forestale Necessità piani di settore Non necessario. sufficiente la verifica e l’eventuale adeguamento (presumibilmente Piano di Gestione delle Acque del distretto idrografico del fiume Serchio 200 Integrazioni – Documento 1 Siti appenninici Principali criticità Sito Principali elementi di criticità interni al sito Principali misure di conservazione da adottare Principali elementi esterni al sito di criticità Novello. SIR-SIC n°32 Libro Aperto – Cima Tauffi (IT5130005) SIR-SIC n°33 M.te Spigolino – M.te Gennaio (IT5130006) Principali obiettivi di conservazione Mantenimento/recupero delle aree aperte di crinale (M). Eventuale riduzione/cessazione del pascolo, con conseguente scomparsa dei nardeti, riduzione dell’idoneità per specie ornitiche rare. Turismo escursionistico Presenza specie animali alloctone, con impatto non conosciuto (marmotta). Strutture per il turismo invernale sui confini del sito. Riduzione/cessazione del pascolo, diffusa su tutto il crinale appenninico. Previsione di impianti eolici a breve distanza. Riduzione attività di pascolo nelle praterie sommitali. Turismo escursionistico. Fenomeni di erosione del suolo e del cotico erboso. Presenza di ripetitori e di altre strutture per telecomunicazioni sul crinale ai confini occidentali del sito. Strada di accesso al Passo della Croce Arcana, con ampio parcheggio e con notevole carico turistico estivo. Presenza di una funivia di collegamento tra la Doganaccia ed il crinale presso Croce Arcana. Previsione di nuovi impianti eolici in aree prossime. Conservazione del sistema di praterie sommitali, comprendente notevoli estensioni di habitat di elevato interesse conservazionistico, con importanti popolamenti floristici e faunistici (EE). Mantenimento di elevati livelli di naturalità (M). Mantenimento/incremento dell’idoneità del sito quale area di foraggiamento di Aquila chrysaetos (B). Indicazioni per conservazione le misure di in grado di mantenere e migliorare le valenze naturalistiche dell’area (M). Monitoraggio tendenze in atto nelle praterie di crinale e adozione delle misure di conservazione eventualmente opportune (M). Gestione pascolo (EE). Verifica consistenza delle popolazioni di specie preda di Aquila chrysaetos (Lagomorfi, Galliformi) e loro eventuale ricostituzione (B). Riduzione di eventuali impatti significativi causati dal turismo escursionistico (B). Mantenimento del complesso di ambienti sommitali con praterie e brughiere montane e affioramenti rocciosi, che costituiscono l’habitat per numerosi passeriformi nidificanti e aree di caccia di Aquila chrysaetos (E). Mantenimento delle formazioni erbose di Nardo (E). Necessità piano di gestione Gestione pascolo (E). Gestione turismo escursionistico (B). Verifica consistenza delle popolazioni di specie preda di Aquila chrysaetos (Lagomorfi, Galliformi) e loro eventuale ricostituzione (B). Necessità piani di settore non necessario) delle previsioni di gestione forestale della Riserva Statale. Elevata. Potrebbe essere sufficiente l’elaborazione di Piani di azione relativi a singoli aspetti gestionali (cfr. sotto). Necessità di un piano/programma per gestione attività di fruizione turistica e infrastrutture connesse; elevata necessità di un Piano di azione per gestione del pascolo (anche comune a tutti i Siti di alto crinale appenninico, articolato per province). Elevata; non necessaria in caso di elaborazione di Piani d’azione Piano di Gestione delle Acque del distretto idrografico del fiume Serchio 201 Integrazioni – Documento 1 Siti appenninici Principali criticità Sito Principali misure di conservazione da adottare Principali elementi di criticità interni al sito Principali elementi esterni al sito di criticità Eccessivo carico di cinghiali (con particolare riferimento ai danneggiamenti al cotico erboso nel crinale del M.te Gennaio). Strutture turistiche alla Doganaccia (impianti sciistici) e nella zona del Lago Scaffaiolo. Riduzione/cessazione diffusa del pascolo su tutto il crinale appenninico. Principali obiettivi di conservazione Indicazioni per conservazione le misure di Mantenimento di elevati livelli di naturalità, con particolare riferimento alla zona del Corno alle Scale (E). Tutela delle stazioni di specie rare di flora (M). Necessità piano di gestione Necessità piani di settore settoriali. Riduzione di eventuali impatti significativi causati dal turismo escursionistico (B). SIR-SIC n°14 Monte Prato Fiorito – Monte Coronato – Valle dello Scesta (IT5120006) Gestione pascolo- abbandono Cessazione pratiche colturali nei castagneti da frutto. Captazioni idriche sul Torrente Scesta che accentuano gli effetti della siccità estiva. Scarsi livelli di conoscenza delle emergenze naturalistiche e delle tendenze in atto. Incendi estivi. Fenomeni di erosione dei versanti sul Monte Prato Fiorito. Rimboschimenti di conifere. Conservazione del sistema di praterie secondarie del Monte Coronato e del Monte Prato Fiorito, comprendente notevoli estensioni di habitat di elevato interesse conservazionistico, che presumibilmente supportano importanti popolamenti faunistici (EE). Diffusa riduzione del pascolo su tutto l’Appennino Toscano, con degradazione e frammentazione dell’habitat per numerose specie minacciate. Conservazione degli elevati livelli di naturalità della valle del Torrente Scesta e tutela dell’ecosistema fluviale (E). Mantenimento/incremento dell’idoneità del sito quale area di foraggiamento di Aquila chrysaetos (M). Tutela dei popolamenti di Anfibi (M). Conservazione/recupero dei castagneti da frutto, almeno nella porzione Gestione pascolo (EE). Raccolta dati naturalistici (E). Verifica previsioni della pianificazione forestale rispetto agli obiettivi di conservazione del sito, loro eventuale adeguamento, adozione di misure contrattuali o normative tali da garantire: conservazione/recupero dei castagneti da frutto almeno nelle zone servite dalla viabilità; tutela assoluta della vegetazione ripariale; conservazione/incremento delle fasi mature e senescenti dei boschi (M). Tutela delle piccole raccolte di acqua, habitat di Anfibi, e limitazione delle immissioni di trote ai soli tratti inferiori dei corsi d’acqua (M). Verifica consistenza ed eventuale ricostituzione di popolazioni di specie preda di Aquila chrysaetos (Lagomorfi, Galliformi) (B). Molto elevata per le aree interessate da praterie secondarie, medio bassa per le aree forestali. Il piano di gestione potrebbe essere sostituito da piani d’azione Molto elevata e urgente la necessità di un piano per la gestione del pascolo (che potrebbe essere coordinato con quelli degli altri siti appenninici). Necessità media di un piano per l’organizzazione e la limitazione dell’impatto della fruizione turistica. Piano di Gestione delle Acque del distretto idrografico del fiume Serchio 202 Integrazioni – Documento 1 Siti appenninici Principali criticità Sito Principali elementi di criticità interni al sito Principali misure di conservazione da adottare Principali elementi esterni al sito di criticità Principali obiettivi di conservazione Indicazioni per conservazione le misure di Necessità piano di gestione Necessità piani di settore Non necessario Non necessari meridionale del sito (M). SIR-ZPS n° 15 Orrido di Botri (IT5120020) Escursionismo nel fondovalle (regolamentato) Scarsa disponibilità di informazioni sulle emergenze naturalistiche. Riduzione/degradazione delle aree di foraggiamento dell’aquila reale per cessazione/riduzione del pascolo. Conservazione degli elevati livelli di naturalità dell’Orrido di Botri (E). Tutela dell’aquila reale e delle altre specie rupicole (E). Misure per gestione turismo (M). Individuazione e superamento delle eventuali carenze conoscitive (B). Siti Apuani Principali criticità Sito SIR-SIC n°16 Valli glaciali di Orto di Donna e Solco di Equi (IT5120008) Principali elementi di criticità interni al sito Gestione pascolo: abbandono e sovrapascolo. Fenomeni di inquinamento fisico e impermeabilizzazione dell’alveo di alcuni torrenti montani per deposizione di fanghi derivanti da limitrofi siti estrattivi. Turismo stagionale Disturbo all’avifauna e alla Principali misure di conservazione da adottare Principali elementi criticità esterni al sito di Presenza di bacini estrattivi marmiferi (cave, discariche e strade di arroccamento) con occupazione del suolo, inquinamento dei corsi d’acqua, disturbo sonoro. Pur non inclusi nel SIR, alcuni bacini estrattivi costituiscono “isole” interne al sito, aumentandone gli effetti di disturbo. Riduzione del pascolo nell’intero comprensorio apuano e appenninico. Principali obiettivi di conservazione Conservazione elevati livelli di naturalità delle zone a maggiore altitudine (sistema di cime, pareti rocciose e cenge erbose) (EE). Mantenimento integrità dei popolamenti floristici e faunistici di interesse conservazionistico (EE). Mantenimento praterie secondarie e relativi popolamenti faunistici (EE). Conservazione specie ornitiche nidificanti negli ambienti rupicoli, anche mediante la limitazione del disturbo diretto (E). Conservazione stazione puntiforme di Maculinea rebeli (E). Conservazione cenosi ad Abies alba (E) e a Taxus baccata (M) e dei vaccinieti subalpini (M). Conservazione complessi Indicazioni per conservazione le misure di Interventi di razionalizzazione e risistemazione ambientale dei bacini estrattivi (EE). Gestione pascolo (EE). Elaborazione e adozione di piani di gestione selvicolturale di tipo naturalistico, che garantiscano il mantenimento di stazioni di specie arboree di interesse conservazionistico (E). Interventi di risanamento delle discariche di cava (ravaneti) e dei tratti fluviali soggetti a fenomeni di inquinamento (E). Valutazione di incidenza per piani progetti opere nell’intorno del sito (E). Programma di conservazione ex situ per la tutela specie vegetali rare e minacciate di scomparsa (Euphorbia hyberna ssp insularis, ecotipi di Abies Necessità piano di gestione Non necessario. Piano del Parco, Necessità piani di settore In tutto il territorio apuano la necessità di piani di gestione delle aree aperte (pascoli, praterie secondarie, arbusteti, ex coltivi terrazzati), appare molto alta e strategica per la conservazione degli elevati valori naturalistici. Piano di Gestione delle Acque del distretto idrografico del fiume Serchio 203 Integrazioni – Documento 1 Siti Apuani Principali criticità Sito Principali elementi di criticità interni al sito fauna troglobia causato dalle attività alpinistiche e speleologiche. Dimensioni ridotte, ed elevata vulnerabilità, della stazione di Euphorbia hyberna ssp. insularis, prossima a un frequentato sentiero escursionistico. Presenza di “aree contigue speciali” del Parco delle Alpi Apuane potenzialmente destinate ad attività estrattive. Dimensioni ridotte ed elevata vulnerabilità del nucleo autoctono di Abies alba. Raccolte di specie rare di insetti e di specie rare o vistose di flora (in prevalenza Liliaceae, Amaryllidaceae, Orchidaceae, Paeoniaceae). Interventi di recupero ambientale dei siti di cava dismessi con rinverdimenti realizzati utilizzando materiale vegetale non autoctono. Principali misure di conservazione da adottare Principali elementi criticità esterni al sito di Principali obiettivi di conservazione carsici importanti per la fauna troglobia (M). Conservazione stazione di Euphorbia hyberna ssp. insularis (M). Tutela e riqualificazione degli ecosistemi fluviali (B). Indicazioni per conservazione le misure di Necessità piano di gestione Necessità piani di settore alba) (E). Elaborazione piano per la conservazione della stazione puntiforme di Maculinea rebeli, (E). Regolamentazione delle attività alpinistiche e speleologiche (E). Azioni di sensibilizzazione e adozione di misure normative per ridurre i danni causati dalle attività di raccolta di entomofauna e di specie vegetali con vistosa fioritura primaverile (M). Monitoraggio (naturalistico) degli interventi di rinaturalizzazione delle discariche di cava (M). Rischio scomparsa stazione puntiforme e isolata di Maculinea rebeli. Non ottimale stato di conservazione della cenosi a Taxus baccata del solco Piano di Gestione delle Acque del distretto idrografico del fiume Serchio 204 Integrazioni – Documento 1 Siti Apuani Principali criticità Sito Principali elementi di criticità interni al sito Principali misure di conservazione da adottare Principali elementi criticità esterni al sito di Principali obiettivi di conservazione Indicazioni per conservazione le misure di Necessità piano di gestione Necessità piani di settore d’Equi, in gran parte alterata dal taglio degli esemplari maggiori e dalla vicina presenza di un sito estrattivo. SIR-SIC n°17 M. Sumbra (IT5120009) SIR-SIC n° 18 Valle del Serra - Monte Altissimo (IT5120010) Gestione pascolo: sovra pascolamento con processi di erosione del suolo ed alterazione della flora; sottoutilizzo delle praterie in gran parte delle altre aree. Pressione del turismo escursionistico. Piccole porzioni del sito interne ad “aree contigue speciali” del Parco delle Alpi Apuane, potenzialmente destinate ad attività estrattive. Disturbo all’avifauna rupicola e alla fauna troglobia legato alle attività alpinistiche e speleologiche (che minacciano soprattutto i Chirotteri). Disturbo sonoro derivante dalle vicine aree estrattive. Inquinamento del torrente Turrite Secca a valle dei bacini estrattivi di Arni e Campagrina. Frequenti incendi estivi nel settore orientale. Gestione pascoloabbandono Inquinamento delle acque. Piccole porzioni del sito interne ad “aree contigue speciali” del Parco delle Alpi Apuane potenzialmente destinate ad attività estrattive. Frequenti incendi, con forte degradazione del soprassuolo arboreo nei versanti in destra idrografica del Riduzione del pascolo nell’intero comprensorio apuano e appenninico. Centri abitati e assi stradali ai confini meridionali. Mantenimento integrità ed elevati livelli di naturalità del sistema di cime, pareti rocciose verticali (circo glaciale del Monte Sumbra) e cenge erbose con popolamenti floristici e faunistici di interesse conservazionistico (EE). Conservazione delle specie ornitiche nidificanti negli ambienti rupicoli, anche mediante la limitazione del disturbo diretto (E). Conservazione degli habitat prioritari e delle fitocenosi (E). Mantenimento delle praterie secondarie (e dei relativi popolamenti faunistici) e ostacolo ai processi di chiusura e/o degrado (E). Conservazione e incremento della maturità di complessi forestali isolati quali la faggeta del Fatonero o il bosco di betulla del M.te Porreta (M). Vasti bacini estrattivi circostanti il sito, con cave, discariche e strade di arroccamento. Pur non compresi nel SIR, alcuni bacini estrattivi costituiscono “isole” interne al sito, aumentandone gli effetti di Conservazione stazioni di Hymenophyllum tunbrigense e di Campanula spicata (EE). Mantenimento praterie secondarie (e dei relativi popolamenti faunistici) e ostacolo ai processi di chiusura, particolarmente importante nella dorsale M. Focoraccia – M. Carchio (EE). Numerosi bacini estrattivi marmiferi, con cave, discariche e strade di arroccamento, ai margini del sito. Gestione pascolo (EE). Gestione selvicolturale di tipo naturalistico, (E). Valutazione di incidenza per piani progetti opere nell’intorno del sito (E). Regolamentazione delle attività alpinistiche e speleologiche (M). Interventi di risanamento delle discariche di cava (ravaneti) e dei tratti fluviali soggetti a fenomeni di inquinamento (B). Non necessario. Piano del Parco Conservazione di complessi carsici importanti per la fauna troglobia (B) Gestione pascolo Favorire la diffusione di raccolte di acqua accessibili agli anfibi (EE). Gestione selvicolturale di tipo naturalistico (E). Verifica della distribuzione e dello stato Non necessario. Piano del Parco, In tutto il territorio apuano la necessità di piani di gestione delle aree aperte (pascoli, praterie secondarie, arbusteti, ex coltivi terrazzati) appare molto alta e strategica per la conservazione degli elevati valori naturalistici. Importante anche la realizzazione di linee guida e/o piani di area vasta finalizzati alla riqualificazione dei bacini estrattivi abbandonati o in corso di dismissione. Elevata, infine, la necessità di un piano di gestione della fruizione turistica, in particolare per le attività alpinistiche (soprattutto) e speleologiche. Piano di Gestione delle Acque del distretto idrografico del fiume Serchio 205 Integrazioni – Documento 1 Siti Apuani Principali criticità Sito Principali misure di conservazione da adottare Principali elementi di criticità interni al sito Principali elementi criticità esterni al sito di Torrente Serra che permette però la conservazione degli arbusteti a Ulex ed Erica. Possibile danneggiamento delle stazioni di rare pteridofite per gli eventi alluvionali del 1996. Ridotte dimensioni della stazione di Campanula spicata,. Possibile riduzione superficie occupata dagli arbusteti a Ulex ed Erica per evoluzione della vegetazione (per prolungata assenza di incendi). Elevata pressione turistica nelle aree sommitali. disturbo. Vicina presenza di centri abitati e strade. Riduzione del pascolo nell’intero comprensorio apuano e appenninico. Principali obiettivi di conservazione Miglior inserimento ambientale siti estrattivi e salvaguardia sistema cime e pareti rocciose (E). Tutela e riqualificazione degli ecosistemi fluviali (M). Gestione selvicolturale e controllo incendi per mantenimento castagneti con sottobosco ricco di pteridofite (M). Conservazione di estensioni significative di arbusteti a Ulex ed Erica (M). Indicazioni per conservazione le misure di Necessità piano di gestione Necessità piani di settore di conservazione di Campanula spicata e Vandenboschia speciosa (E). Valutazione di incidenza per piani progetti opere nell’intorno del sito (E). Misure gestionali per assicurare la conservazione degli arbusteti, in particolare di quelli con forte presenza di Erica scoparia (ad es., attraverso il taglio periodico delle eriche, possibilmente a fini produttivi) (M). Programma di conservazione ex situ per la tutela delle specie vegetali rare e minacciate di scomparsa (M). Messa a norma scarichi civili eliminazione discariche abusive impluvi presso i abitati (M). degli ed delle negli centri Interventi di risanamento delle discariche di cava (ravaneti) e dei tratti fluviali soggetti a fenomeni di inquinamento (M). Controllo (M). degli incendi Regolamentazione attività alpinistiche e speleologiche (B). Piano di Gestione delle Acque del distretto idrografico del fiume Serchio 206 Integrazioni – Documento 1 Siti Apuani Principali criticità Sito Principali elementi di criticità interni al sito Principali misure di conservazione da adottare Principali elementi criticità esterni al sito di Gestione pascolo. SIR-SIC n°20 M. Croce - M. Matanna (IT5120012) Trasformazione prati secondari sommitali in felceti (felce aquilina) e asfodeleti, con riduzione dell’habitat idoneo alle bulbifere con fioritura primaverile. Elevata pressione turistica estiva (ad es. Albergo Matanna) con disturbo sonoro, realizzazione di sentieri e rifugi, raccolte di specie a vistosa fioritura (in particolare Liliaceae e Amaryllidaceae nei versanti del Monte Croce). Disturbo agli uccelli rupicoli causato da attività alpinistiche. Riduzione pascolo nell’intero comprensorio apuano e appenninico. Progettata strada di valico Elevata pressione tra Versilia e Garfagnana turistica. (Foce delle Porchette, Foce di Petrosciana). Erosione versanti innescata dalla rete sentieristica e dal sovrapascolo nel versante orientale del Callare Matanna. Frequenti incendi primaverili ed estivi sui pascoli sommitali. SIR-SIC n°21 M. Tambura - M. Sella (IT5120013) Gestione pascolo- abbandono Presenza di bacini estrattivi abbandonati. Presenza di “aree contigue speciali” del Presenza di bacini estrattivi le misure di Necessità piano di gestione Principali obiettivi di conservazione Indicazioni per conservazione Mantenimento integrità del sistema di cime, pareti rocciose verticali e cenge erbose, con popolamenti floristici e faunistici di interesse conservazionistico (EE). Mantenimento mosaico praterie secondarie, caratterizzato da elevata eterogeneità ambientale per presenza di alberi e arbusti sparsi e affioramenti rocciosi e ostacolo ai processi di chiusura e/o degrado delle formazioni erbacee, con particolare riferimento agli habitat prioritari (EE). Conservazione specie ornitiche nidificanti negli ambienti rupicoli, anche mediante la limitazione del disturbo diretto (E). Mantenimento delle stazioni floristiche sul Monte Croce (E). Tutela delle faggete calcicole del Callare Matanna (M). Gestione pascolo (EE) Favorire la diffusione di raccolte di acqua accessibili agli anfibi (EE). Verifica degli effetti sulle praterie dei frequenti incendi appiccati a fine inverno (E). Regolamentazione attività alpinistiche (M). Gestione turismo escursionistico (M). Riqualificazione siti degradati da sovrapascolo o da eccessivo calpestio, con fenomeni di erosione del suolo (M). Azioni di sensibilizzazione e adozione di misure normative relativamente all’attività di raccolta di specie vegetali con vistosa fioritura primaverile (B). Non necessario. Piano del Parco, Conservazione elevati livelli di naturalità delle zone a maggiore altitudine (sistema di cime, crinali, pareti rocciose e cenge erbose) (EE). Interventi di razionalizzazione e risistemazione ambientale dei bacini estrattivi (E). Non necessario. Piano del Parco Necessità piani di settore Utile l’elaborazione di alcuni piani di settore (che Piano di Gestione delle Acque del distretto idrografico del fiume Serchio 207 Integrazioni – Documento 1 Siti Apuani Principali criticità Sito Principali misure di conservazione da adottare Principali elementi di criticità interni al sito Principali elementi criticità esterni al sito di Parco Apuane potenzialmente destinate ad attività estrattive. Danneggiamento dei nuclei di Taxus baccata nella Valle di Renara. Turismo estivo escursionistico (Campocatino). Disturbo ad avifauna e fauna troglobia legato alle attività alpinistiche (modeste) e speleologiche. marmiferi (cave, discariche e strade di arroccamento), con occupazione di suolo, inquinamento delle acque e modifica degli elementi fisiografici. Pur non compresi nel SIR, alcuni bacini estrattivi costituiscono “isole” interne al sito, aumentandone gli effetti di disturbo. Riduzione del pascolo nell’intero comprensorio apuano e appenninico. SIRSIC n°22 M. Corchia - Le Panie (IT5120014) Presenza bacini estrattivi Presenza di bacini marmiferi abbandonati. estrattivi Gestione pascolo- abbandono es Prati (cave, del Puntato) e sovrapascolo (M. marmiferi Freddone). discariche e Presenza di una “area contigua Principali obiettivi di conservazione Mantenimento integrità dei popolamenti floristici e faunistici di interesse conservazionistico (E). Mantenimento castagneti da frutto c/o Campocatino (E). Mantenimento praterie secondarie (e dei relativi popolamenti faunistici) e ostacolo ai processi di chiusura e/o degrado (M). Indicazioni per conservazione le misure di Necessità piano di gestione dovrebbero riguardare tutti i siti delle Apuane), relativi alla riqualificazione dei siti degradati (necessità elevata), alla gestione forestale (media), all’organizzazione della fruizione turistica (media), alla regolamentazione delle attività speleologiche (media) e alla gestione del pascolo (media). Gestione selvicolturale di tipo naturalistico, finalizzata al mantenimento dei castagneti da frutto (attraverso misure contrattuali) e delle stazioni di specie arboree di interesse conservazionistico (misure normative o gestionali) (E). Conservazione pozze per la riproduzione di anfibi e habitat utili per specie minacciate di insetti (M). Tutela nuclei di Taxus Valutazione di incidenza per piani baccata -Val di Renara progetti opere nell’intorno del sito (E). Gestione pascolo (M). (M). Regolamentazione attività alpinistiche e Conservazione complessi speleologiche (M). di sensibilizzazione e misure carsici importanti per la Azioni normative per ridurre l’impatto delle fauna troglobia (M). attività di raccolta di entomofauna e di Conservazione specie ornitiche nidificanti negli ambienti rupicoli, anche mediante la limitazione del disturbo diretto (B). Conservazione elevati livelli di naturalità zone a maggiore altitudine (sistema di cime, crinali, pareti rocciose e cenge erbose) (EE). Mantenimento stazione di Linaria alpina sulla vetta del Pizzo delle Saette (EE). Necessità piani di settore specie vegetali a fioritura primaverile (M). Gestione pascolo (EE). Interventi razionalizzazione e risistemazione ambientale Non necessario. Piano del Parco, Utile l’elaborazione di alcuni piani di settore (che dovrebbero riguardare tutti i siti delle Apuane), Piano di Gestione delle Acque del distretto idrografico del fiume Serchio 208 Integrazioni – Documento 1 Siti Apuani Principali criticità Sito Principali misure di conservazione da adottare Principali elementi di criticità interni al sito Principali elementi criticità esterni al sito di speciale” del Parco Apuane potenzialmente destinata ad attività estrattiva. Turismo estivo escursionistico con disturbo all’avifauna legato alle attività alpinistiche (modesto) e speleologiche (che minacciano soprattutto i Chirotteri ma anche Pyrrhocorax pyrrhocorax). Possibili impatti legati all’apertura turistica dell’Antro del Corchia. Rimboschimenti a Foce Mosceta, con diffusione spontanea degli abeti nei prati circostanti e nelle formazioni forestali. Modificazioni ecologiche nelle torbiere, con perdita di specie rare. Nella torbiera di Fociomboli le cause di modificazione sono riconducibili alla gestione del pascolo e alla frequentazione turistica, da verificare ulteriori effetti legati all’apertura di piste forestali e alla strada di arroccamento alla cava del Retrocorchia. La torbiera di Mosceta è in via di interrimento ed è influenzata dalla presenza di un rifugio adiacente. Abbandono di coltivi terrazzati, con ricolonizzazione arbustiva (Prati del Puntato, Franchino, Campanice, Pian del Lago). Presenza rifugi montani e strade accesso aree sommitali. Fenomeni di erosione del suolo legati agli eventi alluvionali della primavera 1996. Pericolo scomparsa rare stazione floristiche di Linaria alpina e Herminium monorchis. per ridotte dimensioni delle stazioni, carico turistico e gestione dei prati umidi a Fociomboli per Herminium strade di arroccamento) con occupazione di suolo, inquinamento delle acque e modifica degli elementi fisiografici rilevanti (crinale del Monte Corchia). Riduzione del pascolo nell’intero comprensorio apuano e appenninico. Principali obiettivi di conservazione Conservazione/recupero aree umide di Fociomboli e Mosceta (EE). Mantenimento integrità popolamenti floristici e faunistici di interesse conservazionistico (EE). Conservazione complessi carsici importanti per la fauna troglobia (E). Conservazione specie ornitiche nidificanti negli ambienti rupicoli, anche mediante limitazione del disturbo diretto (ad es attività speleologiche nella Buca dei Gracchi) (E). Mantenimento assetti paesistici e vegetazionali dell’area del Puntato, conservazione dei prati da sfalcio e delle alberature (E). Riqualificazione bacini estrattivi abbandonati (E). Mantenimento praterie secondarie (e dei relativi popolamenti faunistici) e ostacolo ai processi di chiusura e/o Indicazioni per conservazione le misure di dei bacini estrattivi (EE). Verifica/adeguamento pianificazione forestale rispetto agli obiettivi di conservazione del sito, in modo da garantire: il mantenimento dei castagneti da frutto, dei nuclei di Tilio-Acerion e delle faggete mature dei versanti settentrionali delle Panie; l’aumento della presenza di fasi mature e senescenti, con salvaguardia di alberi di grosse dimensioni e marcescenti; il controllo della diffusione di conifere provenienti da rimboschimenti; la rinaturalizzazione degli impianti di conifere (E). Necessità piano di gestione Necessità piani di settore relativi alla gestione del pascolo (necessità molto elevata), alla riqualificazione dei siti degradati (elevata), alla gestione forestale (elevata), all’organizzazione della fruizione turistica (media), alla regolamentazione delle attività speleologiche (elevata). Per le zone di Mosceta e Fociomboli, di elevato valore naturalistico ma condizionate da vari elementi di minaccia e di degrado, potrebbe essere utile l’elaborazione di uno specifico piano particolareggiato. Regolamentazione delle attività alpinistiche e speleologiche (E). Verifica dello stato di conservazione delle torbiere (interrimento, evoluzione della vegetazione, impatto delle diverse cause di minaccia) ed eventuale adozione di misure gestionali e Piano di Gestione delle Acque del distretto idrografico del fiume Serchio 209 Integrazioni – Documento 1 Siti Apuani Principali criticità Sito Principali elementi di criticità interni al sito Principali misure di conservazione da adottare Principali elementi criticità esterni al sito di monorchis. Gestione prati del Puntato mediante periodici incendi, con banalizzazione floristica e creazione di brachipodieti monospecifici. SIR-ZPS n°23 Praterie primarie e secondarie delle Apuane (IT5120015) Gestione pascolo Presenza di “aree contigue speciali” del Parco Apuane potenzialmente destinate ad attività estrattive. Cessazione dell’agricoltura nei rilievi minori e conseguente ricolonizzazione arbustiva (con perdita degli habitat preferenziali per l’ortolano). Disturbo all’avifauna durante il periodo riproduttivo, legato alle attività alpinistiche e, in misura assai minore, speleologiche (queste ultime minacciano soprattutto i Chirotteri ma, Principali obiettivi di conservazione degrado (E). Indicazioni per conservazione le misure di Necessità piano di gestione Necessità piani di settore normative (E). Valutazione di incidenza per piani progetti opere nell’intorno del sito (E). Conservazione delle pozze per la Realizzazione di un riproduzione di anfibi programma di (M). conservazione ex situ per Conservazione del nucleo relitto di tutela delle specie Tilio-Acerion nel basso corso del la Canale delle Fredde, previa verifica di vegetali rare e minacciate consistenza e stato di conservazione di scomparsa (Herminium (B). monorchis, Linaria alpina) (E). Azioni di sensibilizzazione e misure normative per ridurre l’impatto delle attività di raccolta di entomofauna e di specie vegetali con vistosa fioritura primaverile (M). Riduzione del pascolo nei rilievi appenninici circostanti e conseguente aumento dell’isolamento per le specie di pascolo (EE). Mantenimento praterie Gestione Limitazione ulteriori espansioni bacini secondarie (e dei relativi estrattivi e infrastrutture connesse, bacini estrattivi popolamenti faunistici) e risistemazione abbandonati (E). ostacolo ai processi di Misure contrattuali (o gestionali) per attività chiusura e/o degrado mantenimento/recupero agricole tradizionali nei rilievi secondari (EE). (M). Mantenimento integrità del sistema di cime, pareti rocciose e cenge erbose (EE). Valutazione di incidenza per piani progetti opere nell’intorno del sito (E). Adozione misure Non necessario. Piano del Parco Appare necessaria e urgente l’elaborazione di alcuni piani di settore (che coprirebbero gli altri siti delle Apuane), relativi alla gestione del pascolo (necessità molto elevata) e alla Piano di Gestione delle Acque del distretto idrografico del fiume Serchio 210 Integrazioni – Documento 1 Siti Apuani Principali criticità Sito Principali misure di conservazione da adottare Principali elementi di criticità interni al sito Principali elementi criticità esterni al sito di localmente, anche Pyrrhocorax pyrrhocorax). Progressiva colonizzazione da parte di specie arboree degli arbusteti a Ulex europaeus ed Erica scoparia, in assenza di incendi o di interventi di gestione attiva. prateria. Presenza di bacini estrattivi marmiferi (cave, discariche e strade di arroccamento), con occupazione di suolo, e modifica degli elementi fisiografici. Pur non compresi nel SIR, alcuni bacini estrattivi costituiscono “isole” interne al sito, aumentandone gli effetti di disturbo. Principali obiettivi di conservazione Mantenimento/recupero eterogeneità ambientale legata alle attività agricole tradizionali sui rilievi minori (E). Mantenimento superfici adeguate di arbusteti a Ulex europaeus ed Erica scoparia. (M). Riduzione disturbo alle specie rupicole, durante la nidificazione, causato da attività alpinistiche e, in misura minore, speleologiche (M). Indicazioni per conservazione le misure di gestionali finalizzate al mantenimento di sufficienti superfici di arbusteti a Ulex europaeus ed Erica scoparia, favorendo la diffusione di quest’ultima specie (M). Monitoraggio periodico specie che, a scala regionale, sono concentrate esclusivamente o in gran parte nelle Alpi Apuane (M). Necessità piano di gestione Necessità piani di settore regolamentazione delle attività alpinistiche e speleologiche (necessità elevata). Controllo delle attività speleologiche e alpinistiche, individuando le aree e i periodi in cui tali attività possono minacciare la nidificazione di specie rare e regolamentandole opportunamente (M). Piano di Gestione delle Acque del distretto idrografico del fiume Serchio 211 Integrazioni – Documento 1 Siti costieri Principali criticità Sito Principali elementi di criticità interni al sito Principali misure di conservazione da adottare Principali elementi di criticità esterni al sito Principali obiettivi di conservazione Indicazioni per le misure di conservazione Mantenimento/incremento della qualità e biodiversità dei boschi e delle zone umide retrodunali (E). Conservazione di Periploca graeca (M). Misure di gestione forestale finalizzate a: la rinaturalizzazione (parziale) delle formazioni artificiali; il mantenimento/incremento della presenza di fasi mature e senescenti; l’eradicazione o il controllo della diffusione di specie vegetali alloctone (E). Adeguata risistemazione sistema idraulico per garantire un opportuno apporto idrico alle diverse formazioni vegetali presenti (pineta, bosco igrofilo, zone umide retrodunali) (M). Attivazione di programmi di monitoraggio finalizzati alla verifica dell’influenza delle presenze turistiche sul sito ed eventuale adozione delle misure di conservazione opportune (M). Azioni di controllo delle popolazioni di cani inselvatichiti nell'area. Incremento della sorveglianza per limitare la presenza di cani non al guinzaglio (M). Necessità piano di gestione Necessità piani di settore Non necessario. Un piano relativo all’organizzazione della fruizione turistica potrebbe essere necessario, a seguito di un’analisi dei reali effetti sul sito. Necessaria la verifica, e l’eventuale adeguamento, delle previsioni in materia forestale rispetto agli obiettivi di conservazione del sito. Non necessario. Il Parco sta affrontando la maggior parte delle problematiche evidenziate, in modo congruente con Potrebbe essere utile un piano di gestione dell’area palustre, che definisca precisi obiettivi (superfici a “chiaro”, interventi necessari, modalità operative). Artificialità di parte delle formazioni boschive e presenza specie alloctone (Amorpha fruticosa). SIR-SIC-ZPS n° 24 Macchia lucchese (IT5120016) SIR-SIC-ZPS n° 25 Lago e Padule di Massaciuccoli (ex Lago di Massaciuccoli) (IT5120021) Forte carico antropico nei mesi estivi all’interno dell’area e ai suoi confini (il sito è delimitato a est da una strada molto frequentata e confina a ovest con spiagge altrettanto frequentate). Scarsa gestione/abbandono della rete idraulica interna al sito e fenomeni di inaridimento delle fitocenosi tipiche delle depressioni di interduna fossile. Presenza di cani inselvatichiti o domestici non al guinzaglio con danni all'avifauna nidificante al suolo. Inquinamento acque, con gravi fenomeni di eutrofizzazione e morie primaverili ed estive di pesci e uccelli, crolli nei popolamenti di uccelli svernanti e nidificanti. Presenza massiccia specie alloctone invasive (pesci, gambero rosso). Elevatissimo carico antropico nei mesi estivi nelle spiagge e nei centri urbani confinanti. Abbondante presenza di specie alloctone. Agricoltura intensiva nelle aree circostanti. Presenza di due discariche controllate (Carbonaie e Pioppogatto). Aree circostanti a elevata urbanizzazione. Presenza di depuratori che scaricano nel lago (anche se è Miglioramento della delle acque (EE). qualità Conservazione delle vaste estensioni di vegetazione elofitica e idrofitica, con adeguati livelli di eterogeneità (EE). Tutela della popolazione nidificante di tarabuso (EE). Ripristino di condizioni ecologiche adatte allo Prosecuzione/intensificazione degli interventi per il miglioramento della qualità delle acque e per il rallentamento dei fenomeni di interrimento e salinizzazione (EE). Prosecuzione/intensificazione delle azioni di controllo della fauna alloctona (E). Prosecuzione degli interventi di gestione della vegetazione elofitica (E). Piano di Gestione delle Acque del distretto idrografico del fiume Serchio 212 Integrazioni – Documento 1 Siti costieri Principali criticità Sito Principali elementi di criticità interni al sito Principali elementi di criticità esterni al sito Profonda alterazione comunità vegetali (scomparsa quasi completa delle macrofite di fondale) e animali. Interrimento. Fondo fangoso con elevati livelli di inquinamento. Attività venatoria e conseguente disturbo (nell’area contigua), abbattimenti illegali (anche a carico del tarabuso, come recentemente accertato). in progetto allontamento). Crollo popolazione nidificante di tarabuso per cause in parte sconosciute. Problemi di gestione legati alla presenza di numerose aree di proprietà privata nel sito. Turismo intenso e conseguente disturbo, calpestio, sentieramento e danneggiamento delle dune. SIR-SIC-ZPS n° 61 Dune litoranee di Torre del Lago (IT5170001) Principali misure di conservazione da adottare Azioni di “pulizia” e spianamento meccanico della spiaggia, con eliminazione delle comunità associate ai materiali spiaggiati. il loro Ingressione di acqua marina dal Canale Burlamacca, per il cattivo funzionamento delle Porte Vinciane. Aree a elevata antropizzazione, ai confini settentrionali (Porto di Viareggio) e meridionali (Marina di Torre del Lago) del SIR. Erosione costiera. Principali obiettivi di conservazione Indicazioni per le misure di conservazione sviluppo di vegetazione sommersa (E). Controllo delle specie alloctone (E). Tutela della fitocenosi a drosera (E). Azioni di sensibilizzazione e sorveglianza per la riduzione degli abbattimenti illegali di tarabuso (E). Sistemazione e gestione della rete idraulica (canali e fossi) nel Padule (M). Necessità piano di gestione Necessità piani di settore gli obiettivi di gestione del sito. Appare estremamente necessario anche un coordinamento della gestione agricola e idraulica delle aree circostanti. Sistemazione e gestione degli aggallati con presenza di sfagnete e boschi igrofili (la mancanza di azioni di gestione permette a queste strutture galleggianti di spostarsi nel Lago, creando talvolta problemi, più o meno rilevanti) (B). Interventi di recupero/riqualificazione delle zone umide retrodunali (E). Eliminazione o controllo Mantenimento degli habitat specie esotiche, in dunali e retrodunali e delle particolare gli amorfeti relative comunità vegetali e retrodunali (E). Riduzione impatto causato dagli interventi animali (E). di pulizia delle spiagge (evitando la rimozione o anche lo spostamento di legni spiaggiati, utilizzando mezzi meccanici di dimensioni ridotte, evitando i periodi più critici per lo svolgimento degli interventi) Non necessario un piano aggiuntivo al Piano del Parco Regionale. Sufficiente la verifica del Piano del Parco rispetto a obiettivi e misure di conservazione del sito. Non necessari. Piano di Gestione delle Acque del distretto idrografico del fiume Serchio 213 Integrazioni – Documento 1 Siti costieri Principali criticità Sito Principali elementi di criticità interni al sito Principali misure di conservazione da adottare Principali elementi di criticità esterni al sito Principali obiettivi di conservazione Diffusione specie esotiche ( Amorpha futicosa e Yucca gloriosa.) Interrimento zone umide retrodunali, accelerato anche dalla presenza di folte cenosi di specie esotiche (in particolare amorfeti ad Amorpha futicosa). Densi rimboschimenti di conifere su dune a sud di Torre del Lago. SIR-SIC-ZPS Selva Pisana (IT5160002) Intensa presenza di specie esotiche anche derivanti da rimboschimenti. Elevato carico turistico estivo, presenza di Problema cani strutture per la inselvatichiti o fruizione turistica e vaganti per alcuni parcheggi. uccelli durante il periodo di nidificazione. Lo sviluppato sistema di sentieri che tagliano perpendicolarmente la duna, favorisce l’azione erosiva dei venti. Intensi fenomeni di Vicinanza ad aree erosione costiera con elevata (causa di alterazione artificialità (zone di ecosistemi dunali e urbanizzate e aree aree umide di agricole intensive). retroduna), Presenza di assi soprattutto a sud viari ai confini del Indicazioni per le misure di conservazione Necessità piano di gestione Necessità piani di settore (E). Azioni di informazione/sensibilizzazione e aumento della sorveglianza nei giorni festivi primaverili per impedire la presenza di cani non al guinzaglio (M). Controllo dell’impatto turistico attraverso indicazioni sulle vie di accesso preferenziali, recinzioni di aree particolarmente fragili, cartelli informativi (M). Interventi di riqualificazione habitat dunali e retrodunali (interventi di sand-fencing, razionalizzazione della rete di sentieri di accesso alla spiaggia) (M). Conservazione aree umide rispetto alle principali cause di minaccia (erosione costiera, interrimento, disseccamento) (EE). Conservazione dei boschi planiziali in condizioni di elevata naturalità e maturità (EE). Interventi di protezione della costa rispetto ai fenomeni erosivi (EE). Prosecuzione degli interventi di contenimento delle popolazioni di ungulati (E). Interventi di Non necessario. È sufficiente garantire che gli strumenti di pianificazione del Parco siano adeguati rispetto agli obiettivi di conservazione Appare necessaria l’elaborazione di piani di gestione forestale per tutto il sito o l’integrazione di quelli esistenti. Piano di Gestione delle Acque del distretto idrografico del fiume Serchio 214 Integrazioni – Documento 1 Siti costieri Principali criticità Sito Principali misure di conservazione da adottare Principali elementi di criticità interni al sito Principali elementi di criticità esterni al sito della Foce del Fiume Serchio. Danneggiamento pinete costiere per effetto di aerosol marino con tensioattivi inquinanti Inquinamento dei fiumi Serchio e Arno. Eccessivo carico di ungulati. Origine artificiale di buona parte della superficie boschiva Presenza di assi viari (strade statali, autostrada, ferrovia). Interventi di regimazione idraulica e di pulizia dei canali secondari. sito. Scarsa qualità delle acque dei fiumi e corsi d’acqua in entrata nel sito. Turismo balneare intenso con disturbo, calpestio e danneggiamento delle dune. Presenza di infrastrutture turistiche e parcheggi in aree dunali e retrodunali. Diffusione di specie esotiche, anche legate a interventi di Principali obiettivi di conservazione Indicazioni per le misure di conservazione Mantenimento degli ambienti dunali e delle relative comunità vegetali e animali (E). Tutela dell’integrità di adeguate superfici di pineta (anche per il loro valore storico e paesaggistico) e adozione di misure per favorire l’incremento dei livelli di diversità e il recupero dei popolamenti floristici di sottobosco (M). recupero/riqualificazione delle zone umide (E). Controllo dell’impatto turistico attraverso indicazioni su vie di accesso preferenziali, recinzioni o cartelli informativi (M). Riduzione dell’impatto causato dagli interventi di pulizia delle spiagge (evitando la rimozione o anche lo spostamento di legni spiaggiati, utilizzando mezzi meccanici di dimensioni ridotte, evitando i periodi più critici per lo svolgimento degli interventi) (M). Interventi di riqualificazione degli habitat dunali e retrodunali (interventi di sand-fencing, ecc.; sistemazione dei sentieri di accesso alla spiaggia) (M). Eradicazione o controllo delle specie esotiche (M). Necessità piano di gestione Necessità piani di settore del sito. Piano di Gestione delle Acque del distretto idrografico del fiume Serchio 215 Integrazioni – Documento 1 Siti costieri Principali criticità Sito Principali elementi di criticità interni al sito Principali misure di conservazione da adottare Principali elementi di criticità esterni al sito Principali obiettivi di conservazione Indicazioni per le misure di conservazione Necessità piano di gestione Necessità piani di settore rimboschimento in aree retrodunali con Tamarix sp.pl., Elaeagnus sp.pl., Yucca gloriosa, o legate alla realizzazione di verde urbano. Cani vaganti durante il periodo di nidificazione di specie ornitiche terricole. Presenza di aree a elevata antropizzazione all’interno del sito (ad es. ippodromo, poligono di tiro e aree militari). Piano di Gestione delle Acque del distretto idrografico del fiume Serchio 216 Integrazioni – Documento 1 Monti Pisani Principali criticità Sito Principali elementi di criticità interni al sito Principali misure di conservazione da adottare Principali elementi di criticità esterni al sito Principali obiettivi di conservazione Indicazioni per le misure di conservazione Necessità piano di gestione Necessità piani di settore Scarsa. Necessaria l’elaborazione di un protocollo di gestione per gli arbusteti e per i nuclei di Pinus laricio. In generale, la gestione forestale dovrebbe essere coordinata alla scala del sito, anche mediante lo strumento del piano di gestione del patrimonio agricoloforestale regionale. Estesi impianti artificiali di pini, di scarso pregio naturalistico. Presenza vecchi siti estrattivi e previsione nuove cave. SIR-SIC n°27 Monte Pisano (IT5120019) Ripetitori sulla vetta. Incendi periodici che mantengono gli arbusteti a Ulex europaeus ma rappresentano una seria minaccia per le cenosi vegetali del settore settentrionale. Presenza viabilità fino alle quote più elevate. Modificazioni aree umide (interrimento, captazioni per uso agricolo e civile lungo i corsi d’acqua, antropizzazione, ecc.). Elevato n° di cinghiali che nel periodo estivo tendono a concentrarsi nelle poche zone con disponibilità di acqua, con possibili impatti negativi per le importanti stazioni floristiche. Possibile disturbo alle colonie di Chirotteri per attività speleologiche. Tutela e, dove necessario, recupero della rete di pozze, aree umide e corsi d’acqua minori per la conservazione di specie rare di flora e fauna (E). Incendi. Condizione di isolamento, con scarsi collegamenti con aree a caratteristiche ambientali simili, in un ambito ad elevata antropizzazione. Conservazione delle aree umide di interesse floristico-vegetazionale (E). Conservazione/ampliamento delle stazioni di Pinus laricio (E). Conservazione delle popolazioni di specie minacciate di Anfibi e Chirotteri (E). Mantenimento di superfici significative di formazioni arbustive a Ulex europaeus e loro gestione a fini conservazionistici (M). Conservazione dei castagneti da frutto (M). Gestione selvicolturale finalizzata al mantenimento/recupero dei nuclei autoctoni di Pinus laricio e, in generale, a un miglioramento qualitativo del soprassuolo arboreo, anche mediante il controllo degli incendi (E). Individuazione dei siti di maggiore importanza per i Chirotteri e, se necessario, regolamentazione dell’attività speleologica (M). Definizione e attuazione di protocolli di gestione per la conservazione e il miglioramento (incremento della diversità strutturale, incremento della presenza di altre specie arbustive quali Erica scoparia) degli arbusteti a Ulex (M). Misure contrattuali per la conservazione e il recupero dei castagneti da frutto (M). Piano di Gestione delle Acque del distretto idrografico del fiume Serchio 217 Integrazioni – Documento 1 Diffusione di Robinia pseudacacia. Informazioni non complete sullo stato di conservazione e sulla distribuzione di Pinus laricio. Attività venatoria. Piano di Gestione delle Acque del distretto idrografico del fiume Serchio 218 Integrazioni – Documento 1 - devono essere analizzate eventuali criticità relative ai territori con produzioni agricole di particolare qualità e tipicità, di cui all'articolo 21 del d.lgs. 228/2001; (In collaborazione con la Dott.ssa A. Grazzini) 1-Riferimenti legislativi DECRETO LEGISLATIVO 18 maggio 2001, n. 228 Orientamento e modernizzazione del settore agricolo, a norma dell'articolo 7 della legge 5 marzo 2001, n. 57. Art. 21. Norme per la tutela dei territori con produzioni agricole di particolare qualità e tipicità 1. Fermo quanto stabilito dal D.Lgs 5 febbraio 1997, n. 22, come modificato dal decreto legislativo 8 novembre 1997, n. 389, e senza nuovi o maggiori oneri a carico dei rispettivi bilanci,lo Stato, le regioni e gli enti locali tutelano, nell'ambito delle rispettive competenze:a) la tipicità, la qualità, le caratteristiche alimentari e nutrizionali, nonché le tradizioni rurali di elaborazione dei prodotti agricoli e alimentari a denominazione di origine controllata(DOC), a denominazione di origine controllata e garantita (DOCG), a denominazione di origine protetta (DOP), a indicazione geografica protetta (IGP) e a indicazione geografica tutelata (IGT);b) le aree agricole in cui si ottengono prodotti con tecniche dell'agricoltura biologica ai sensi del regolamento (CEE) n. 2092/91del Consiglio, del 24 giugno 1991;c) le zone aventi specifico interesse agrituristico. 2. La tutela di cui al comma 1 e' realizzata, in particolare, con: a) la definizione dei criteri per l'individuazione delle aree non idonee alla localizzazione degli impianti di smaltimento e recupero dei rifiuti, di cui all'articolo 22, comma 3, lettera e), del decreto legislativo 5 febbraio 1997, n. 22, come modificato dall'articolo 3 del decreto legislativo 8 novembre 1997, n. 389, e l'adozione di tutte le misure utili per perseguire gli obiettivi di cui al comma 2 dell'articolo 2 del medesimo decreto legislativo n. 22 del 1997; b) l'adozione dei piani territoriali di coordinamento di cui all'articolo 15, comma 2, della legge 8 giugno 1990, n. 142, e l'individuazione delle zone non idonee alla localizzazione di impianti di smaltimento e recupero dei rifiuti ai sensi dell'articolo 20, comma 1, lettera e), del citato decreto legislativo n. 22 del 1997, come modificato dall'articolo 3 del decreto legislativo n. 389 del 1997. Note all'art. 21: - Il decreto legislativo 5 febbraio 1997, n. 22, reca: "Attuazione delle direttive 91/156/CEE sui rifiuti 91/689/CEE sui rifiuti pericolosi e 94/62/CE sugli imballaggi e sui rifiuti di imballaggio." - Il decreto legislativo 8 novembre 1997, n. 389, reca: "Modifiche ed integrazioni al decreto legislativo 5 febbraio 1997, n. 22, in materia di rifiuti, di rifiuti pericolosi, di imballaggi e di rifiuti di imballaggio." - Il regolamento (CEE) n. 2092/1991 del Consiglio, del 24 giugno 1991, e' relativo al metodo di produzione biologico di prodotti agricoli e alla indicazione di tale metodo sui prodotti agricoli e sulle derrate alimentari.". - Il testo della lettera e) del comma 3 dell'art. 22 del surriportato decreto legislativo 22 del 5 febbraio 1997, come modificato dall'art. 3 del surriportato decreto legislativo n. 389 dell'8 novembre 1997, e' il seguente: "3. Il piano regionale di gestione dei rifiuti prevede inoltre: a) - d) (omissis); e) i criteri per l'individuazione, da parte delle province, delle aree non idonee alla localizzazione degli impianti di smaltimento e recupero dei rifiuti, nonché per l'individuazione dei luoghi o impianti adatti allo smaltimento e recupero dei rifiuti.". - Si riporta il testo del comma 2 dell'art. 22 del suddetto decreto legislativo n. 22/1997 "2. I piani regionali di gestione dei rifiuti promuovono la riduzione delle quantità, dei volumi e della pericolosità dei rifiuti.". - La legge 8 giugno 1990, n. 142, abrogata dall'art. 274 del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, recava: "Ordinamento delle autonomie locali". 2-Prodotti DOP-IGP Di seguito si riportano le schede ricavate dal sito web dell’Agenzia Regionale per lo Sviluppo e l’Innovazione in Agricoltura http://germoplasma.arsia.toscana.it/pn_dop_igp/ Piano di Gestione delle Acque del distretto idrografico del fiume Serchio 219 Integrazioni – Documento 1 Farina di Neccio della Garfagnana DOP Consorzio di tutela o comitato promotore Associazione Castanicoltori della Garfagnana Via della Stazione, 12 55032 - Castelnuovo di Garfagnana (LU) Tel: +39 0583 641498; Fax: +39 0583 641498 e-mail: [email protected] [email protected] web: www.associazionecastanicoltori.it Organismo di controllo A.I.A.B. Associazione Italiana per l'Agricoltura Biologica Via Piave, 14 00187 - Roma (RM) Tel: +39.06.45437485-; Fax: +39.06.45437469 e-mail: [email protected] web: www.aiab.it Area di produzione La zona di produzione comprende le aree dei Comuni della provincia di Lucca di seguito elencati: Castelnuovo di Garfagnana, Castiglione Garfagnana, Pieve Fosciana, San Romano di Garfagnana, Sillano, Piazza al Serchio, Minucciano, Camporgiano, Careggine, Fosciandora, Giuncugnano, Molazzana, Vergemoli, Vagli, Villa Collemandina, Gallicano, Borgo a Mozzano, Barga, Coreglia Antelminelli, Fabbriche di Vallico, Bagni di Lucca. Descrizione del prodotto e cenni storici Il vocabolo "neccio" nella zona della Garfagnana assume il significato di "castagno" ed ha origini molto antiche. La coltivazione del castagno da frutto in Garfagnana ha inizio intorno all'anno mille quando, per far fronte al crescente incremento demografico, si misero a coltura vaste aree incolte e si ebbe così l'affermarsi del castagno, l'albero del pane. La coltura del castagno in lucchesia andò sempre più diffondendosi, grazie anche all'innesto delle cultivar più idonee alla produzione di farina, tanto che in Garfagnana ben presto il suo frutto divenne fonte principale di sostentamento per la popolazione. L'essiccazione delle castagne è storicamente fatta nei metati cioè in strutture atte a contenere le castagne per l'essiccazione. A noi oggi i metati sono pervenuti come costruzioni in muratura, generalmente sparsi nei castagneti, di ampiezza variabile, a metà altezza divisi da un solaio a stecche di legno poste una vicino all'altra, il "canniccio", sopra il quale vengono stese le castagne. Sotto si fa un fuoco leggero, senza fiamma, con ciocchi di castagno; il fumo salendo attraverso le castagne le asciuga lentamente, per circa 40 giorni, rendendole pronte per la sgusciatura e la macinatura. Nella sola Garfagnana sino agli anni '50 i metati erano più di 7000, mentre i mulini, per la macinatura delle castagne secche, circa 250. La coltivazione del castagno in Garfagnana interessa circa 5000 Ha, nella fasce altimetriche che vanno dal fondovalle fino a 900 m s.l.m., su terreni acidi o subacidi, utilizzando le seguenti varietà: Carpinese, Pontecosi, Mazzangaia, Pelosora, Rossola, Verdora, Nerona e Capannaccia; tutte varietà adatte ad essere trasformate in farina, conferendogli, ognuna di esse, particolari caratteristiche di sapore e gusto. La produzione massima ammessa è di 3500 Kg ad ettaro. La Farina di Neccio della Garfagnana si presenta finissima al tatto e al palato, di colore variabile dal bianco all'avorio scuro e con odore tipico delle castagne. Tra le ricette tipiche troviamo infatti la polenta di farina di neccio, i manafregoli (farina di neccio cotta con il latte), il castagnaccio (pizza al forno ottenuta con farina di neccio, olio, noci e pinoli) e, per concludere, quello che potremmo definire il pane della Garfagnana che prende, appunto, il nome di "neccio" ed è prodotto con farina, acqua e sale. Regolamento di approvazione Reg. CE n. 465/2004 (GUCE L077 del 13 Marzo 2004) Dati economici Piano di Gestione delle Acque del distretto idrografico del fiume Serchio 220 Integrazioni – Documento 1 Nel 2006, sono stati prodotti 256 quintali di farina certficata (dati riportati dalla ricerca "Stima del valore delle produzioni agroalimentari di qualità in Toscana", ARSIA-DEART 2007) PRINCIPALI CRITICITA’ RILEVATE Abbandono dei castagneti da frutto Numerosi i castagneti da frutto in abbandono per la scarsa rimuneratività del lavoro e la progressiva perdita della tradizionale economia agro- silvo-pastorale nelle aree appenniniche. In tempi passati “l’albero del pane” era coltivato per sfamare, riscaldare, medicare, conciare le pelli. Per aumentare la superficie coltivata a castagneto da frutto interi versanti erano stati, nei secoli, disboscati, dissodati e spesso sistemati a terrazze, sulle quali erano stati piantati i castagni. Dopo la II guerra mondiale un patogeno, il “cancro del castagno” estremamente virulento (il fungo Criptonectria parasitica) ha determinato il drastico abbandono della coltivazione dei castagneti da frutto e la loro trasformazione in castagneti cedui. Solo il governo a ceduo, infatti, previo abbattimento dell’albero e mantenimento della ceppaia, permetteva la sopravvivenza della pianta stessa, con il conseguente mantenimento della protezione idrogeologica dei versanti. Con la ceduazione però il castagno perde la capacità di fruttificare. A questo va aggiunto anche il riacuirsi di alcune patologie come il cosiddetto mal dell’inchiostro causato dal fungo Phytophthora spp.che aggredisce le radici delle piante. Diffusione del cinipide del castagno (Dryocosmus Kuriphilus Yasumatsu) A questo ora si aggiunge la diffusione del cinipide del castagno (Dryocosmus kuriphilus), una piccola vespa che proviene originariamente dalla Cina meridionale. Probabilmente è stata introdotta con materiale infestato in Europa dove l’agente è stato identificato nel 2002 a Cuneo (Piemonte). Il cinipede attacca solo il castagno deponendo le uova nelle gemme a luglio; esse si schiuderanno a primavera, quando si sviluppano le galle causando una consistente diminuzione dei frutti e la morte di piante giovani. Con D.M. 23/2/06 il Ministero ha previsto la lotta al parassita. L’abbandono della gestione dei castagneti da frutto e l’evoluzione verso il governo a ceduo soprattutto o nelle zone più facilmente accessibili. Dati gli elevati costi di gestione, non vengono praticate più cure colturali che garantiscano la continuità di produzione o il ripristino dell’efficienza funzionale del ceduo stesso. Si hanno solamente tagli periodici, con prelievo di biomassa e quindi il bosco diventa più vulnerabile all’attacco di fattori di degrado (incendi, attacchi parassitari, pascolo eccessivo). I tagli frequenti portano a una riduzione della fertilità del suolo, la presenza di attività di pascolo danneggia il soprassuolo e, in occasione di forti piogge è favorita l’erosione idrica superficiale e canalizzata, soprattutto in terreni acclivi e caratterizzati da suoli erodibili. Il castagneto – principali funzionalità: Conservazione della biodiversità- ecosistema per molte specie animali Estetico-paesaggistico Presenza di sistemi di coltivazione come le Riparate, gradoni di terra o di pietra che, oltre a fermare il rotolamento delle castagne verso valle quando cadono, trattengono l’acqua piovana e contribuiscono a ridurre l’erosione del suolo. Farro della Garfagnana Consorzio di tutela o comitato promotore Consorzio produttori del Farro della Garfagnana I.G.P Via Enrico Fermi, 25 55032 - Castelnuovo di Garfagnana (LU) Tel: +390583644344, +393356441889; e-mail: [email protected] Organismo di controllo Bioagricoop Soc. Coop. a r.l. Via Miliani n.7 40132 - Comune: n.d. (287) Tel: 051.6199753; e-mail: [email protected] web: www.bioagricoop.it Piano di Gestione delle Acque del distretto idrografico del fiume Serchio 221 Integrazioni – Documento 1 Area di produzione La zona di produzione si estende a numerosi comuni in provincia di Lucca, ricadenti nell'area geografica denominata Garfagnana Descrizione del prodotto e cenni storici Il farro (Triticum dicoccum), la cui origine è stata individuata in alcune aree dell'Asia (Mesopotamia, Siria, Palestina) e in Egitto, è il cereale più antico fra tutti quelli pervenuti fino ai nostri giorni. A causa delle mutate abitudini alimentari ed al conseguente abbandono di quei cibi ritenuti "poveri" e con l'avvento delle nuove varietà di frumento nudo (cioè prive di una protezione esterna), il farro fu definitivamente soppiantato e confinato in areali sempre più ridotti e poveri. Iniziò a scomparire già dalla fine del secolo scorso, ma in Garfagnana si continuò a produrlo, ed anche in discreta quantità, dal momento che era oggetto di commercio. Sui terreni collinari della Garfagnana trae vantaggio dal clima freddo; non richiede trattamenti antiparassitari né concimazioni e per questo è sostanzialmente un prodotto biologico con assenza di elementi inquinanti. Oggi il farro riveste una notevole importanza per l'economia locale, tenendo conto che contribuisce in modo considerevole alla integrazione del reddito di molte famiglie. L'unica specie coltivata in Garfagnana è il Triticum dicoccum a differenza di quanto accade in altri areali dove sono coltivati anche altri tipi di farro, specie lo spelta, in consociazione fra di loro. Le aziende interessate alla coltivazione del farro sono oggi circa 80-90, per una superficie complessiva che si aggira intorno ai cento ettari. L'ampiezza media è assai limitata, molte aziende coltivano meno di un ettaro, mentre circa il 10% coltiva una superficie superiore ai tre ettari. Utilizzato in saporite e tradizionali ricette della Garfagnana, è entrato a pieno titolo nella gastronomia Lucchese e non soltanto. E' altamente salutare, sazia e dà energia, nutre e non appesantisce la digestione. E' particolarmente adatto per preparare torte salate, ma in cucina è utilizzato soprattutto come ingrediente di zuppe e minestre. A seguito di un importante percorso di recupero e di valorizzazione di questa coltura è stata riconosciuta la IGP. Regolamento di approvazione Reg. CE n. 1263/96 (GUCE L.163/96 del 2 luglio 1996) Dati economici Nel 2006, sono stati prodotti 800 quintali di prodotto certificato (dati riportati dalla ricerca "Stima del valore delle produzioni agroalimentari di qualità in Toscana", ARSIA-DEART 2007) Questi alcuni dati forniti dall’ufficio Agricoltura della Comunità Montana della Garfagnana relativamente alla localizzazione e all’estensione zone di produzione del farro (anno 2009). Comune Estensione coltivazioni farro (ha) Camporgiano 23,15 Castelnuovo di Garfagnana 2,98 Castiglione di Garfagnana 9,84 Giuncugnano 18,61 Minucciano 15,58 Molazzana 0,70 Piazza al Serchio 69,64 Pieve Fosciana 4,50 S. Romano in Garfagnana 49,54 Sillano 0,60 Villa Collemandina 12,29 TOTALE 207,43 PRINCIPALI CRITICITA’ RILEVATE Ridotto N° di aziende produttrici e ridotta superficie coltivata. Negli anni 90 era compreso nell’elenco dei vegetali a rischio di erosione genetica ma dopo il riconoscimento dell IGP la sua coltivazione è aumentata significativamante tanto da permettere di toglierlo da tali liste. Piano di Gestione delle Acque del distretto idrografico del fiume Serchio 222 Integrazioni – Documento 1 Olio extra vergine di oliva Lucca DOP Consorzio di tutela o comitato promotore Consorzio di tutela Olio DOP Lucca Via delle Tagliate, 370 55100 - Lucca (LU) Tel: +39 0583 342044; Fax: +39 0583 341920 e-mail: [email protected] Organismo di controllo CERTIQUALITY-Istituto di Certificazione della QualitàVia Gaetano Giardino, 4 20123 - Comune: n.d. (287) Tel: +39028069171; Fax: +390286465295 e-mail: [email protected] web: www.certiquality.it Area di produzione Comprende i comuni di: Capannori, Lucca, Montecarlo, Altopascio, Porcari, Villa Basilica per l'area della Piana di Lucca ed i comuni di Camaiore, Massarosa, Viareggio, Forte dei Marmi, Pietrasanta, Seravezza e Stazzema per l'area della Versilia ed i comuni di Bagni di Lucca, Borgo Mozzano, Pescaglia, Barga, Coreglia Antelminelli e Minucciano per l'area della Media Valle e Garfagnana, secondo la delimitazione indicata nel disciplinare di produzione. Descrizione del prodotto e cenni storici La provincia di Lucca, già in età antica, era ricca di oliveti, la toponomastica ne dà conferma, vi sono luoghi il cui nome ha un chiaro riferimento all'olivo, come "Ulettori" località sulla collina di Pieve a Elici, "Ulivella" vicino a Camaiore, "Oliveto" presso Arliano, "Olivetecci" presso Varno. Gli oliveti venivano coltivati in salita su poggi a gradini strappati alla montagna. La coltura dell'olivo crebbe d'importanza sia come alimento che come aspetto produttivo, nel 1300-1400, momento in cui in tutta la Toscana si avverte l'esigenza di incrementare e proteggere l'olivicoltura. Nelle comunità furono scritti statuti con norme precise di comportamento che influenzarono la qualità e che potessero anche identificare le varietà più comunemente coltivate. Si censirono in provincia di Lucca alcune varietà che tutt'oggi si coltivano. Con il tempo, l'olio divenne, grazie all'abilità ed alla tenacia dei suoi mestieranti, opportunità di commercializzazione. Lucca, come testimonia lo storico lucchese Cesare Sardi, si impose nelle principali industrie dell'olio e adottò norme di commercializzazione proibendo la vendita fuori del suo territorio senza licenze e la sottrazione dolosa dal mercato ad effetto di attendere il rincaro. In lucchesia l'olivo e l'olio hanno rappresentato da sempre non solo un supporto economico ma anche stile di vita e costume sociale. Le cultivar che concorrono alla formazione dell'olio extravergine di oliva "Lucca" sono il Frantoio o Frantoiano o Frantoiana fino al 90 %, Leccino fino al 30 % e altre varietà minori fino al 15 %. Il gusto, fruttato di oliva da leggero a medio, fondamentalmente dolce e con sensazioni di piccante ed amaro legate all'intensità del fruttato rilevato è direttamente legato ad uno stadio ottimale del frutto al momento della raccolta che va da fine ottobre a fine dicembre. Il colore è giallo con toni di verde più o meno intensi. Regolamento di approvazione Reg. CE 1845/2004 (GUUE L322 del 23/10/2004) Piano di Gestione delle Acque del distretto idrografico del fiume Serchio 223 Integrazioni – Documento 1 Olio extravergine di oliva Toscano IGP Consorzio di tutela o comitato promotore Consorzio per la tutela dell'Olio Extravergine di Oliva Toscano IGP Via della Villa Demidoff, 64/D 50127 - Firenze (FI) Tel: 055/3245732; Fax: 055/3246110 e-mail: [email protected] web: www.oliotoscanoigp.it Organismo di controllo CERTIQUALITY-Istituto di Certificazione della QualitàVia Gaetano Giardino, 4 20123 - Comune: n.d. (287) Tel: +39028069171; Fax: +390286465295 e-mail: [email protected] web: www.certiquality.it Area di produzione La zona di produzione comprende l'intero territorio della regione Toscana Descrizione del prodotto e cenni storici La presenza dell'olivo in toscana è attestata fin dalla metà del VII secolo a.C. e notizie della sua coltivazione si trovano nell'epoca etrusca, romana e medioevale. A partire dal tardo Medioevo l'olivicoltura si è poi progressivamente sviluppata e diffusa in molte zone della Regione assumendo, nei secoli, l'importanza che oggi riveste. La coltivazione dell'olivo è attualmente una caratteristica dell'intero territorio toscano nel quale la produzione olearia è parte rilevante dell'economia agricola e costituisce un elemento significativo dell'ambiente, delle tradizioni e della cultura delle popolazioni che vivono sul territorio regionale. L'olivo è uno degli elementi tipici del paesaggio agricolo collinare in grado di valorizzare inoltre, insieme alla vite, aree a produttività marginale. L'olio extravergine di oliva Toscano ad indicazione geografica protetta deve possedere le caratteristiche prescritte nel disciplinare di produzione che prevede, oltre ai requisiti di qualità e tipicità, che tutte le fasi di produzione delle olive, estrazione dell'olio e confezionamento siano obbligatoriamente effettuate all'interno del territorio toscano. L'olio extravergine di oliva Toscano è prodotto con olive provenienti dalle varietà del germoplasma olivicolo autoctono regionale. Altre varietà possono concorrere fino ad un massimo del 5%. Quest'olio ha un colore dal verde al giallo con variazione cromatica nel tempo, un odore di fruttato accompagnato da un sentore di mandorla, carciofo,frutta matura e un sapore fruttato marcato. L'acidità massima consentita è pari allo 0,6%. L'olio Toscano igp è ideale per condire verdure crude e cotte, soprattutto lessate, ma anche per minestre, zuppe di legumi, pesce e carne alla griglia Regolamento di approvazione Reg CE n. 644/98 (GUCE L. n.87 del 21 marzo 1998) Dati economici Produzione certificata della campagna olivicola 2007/2008: q.li 18.754 PRINCIPALI CRITICITA’ RILEVATE Abbandono degli oliveti terrazzati Utilizzo agronomico reflui di frantoio Diffusione di Bactrocera oleae (Mosca dell’olivo): Si tratta di un dittero, la cui larva carpofaga è una minatrice della drupa dell'olivo. È considerata l'avversità più importante a carico dell'olivo arrivando a condizionare sensibilmente l'entità e la qualità della produzione nella maggior parte dell'areale di coltivazione. L'incidenza dei suoi attacchi tende ad accentuarsi nelle regioni più umide e più fresche dell'areale di coltivazione, con una notevole variabilità secondo la varietà coltivata, mentre diventa meno marcata nelle zone a estati calde e siccitose. Il decorso climatico stagionale influenza in maniera significativa l’entità delle infestazioni che si accentuano molto in caso di estati fresche e piovose. La lotta alla mosca può essere fatta con metodi chimici, biologici o integrati, forse quelli che al momento attuale offrono il risultato offrendo un compromesso Piano di Gestione delle Acque del distretto idrografico del fiume Serchio 224 Integrazioni – Documento 1 accettabile fra la riduzione del danno produttivo e il minor impatto ambientale legato alla lotta chimica tradizionale “a calendario”. Prosciutto toscano DOP Consorzio di tutela o comitato promotore Consorzio del Prosciutto Toscano D.O.P. Via G. dei Marignolli, 21/23 50127 - Firenze (FI) Tel: 055/3215115; Fax: 055/3215115 e-mail: [email protected] web: www.prosciuttotoscano.com Organismo di controllo I.N.E.Q. Istituto Nord Est Qualità Via Rodeano, 71 33038 - Comune: n.d. (291) Tel: +390432 940349; Fax: +390432 943357 e-mail: [email protected] web: www.ineq.it Area di produzione I suini devono essere nati, allevati e macellati nelle regioni tradizionalmente vocate alla suinicoltura: Emilia Romagna, Lombardia, Marche, Umbria, Lazio e Toscana. La lavorazione avviene nell'intero territorio della Regione Toscana. Descrizione del prodotto e cenni storici L'arte della conservazione delle carni suine nella regione Toscana ha avuto il suo consolidamento nel medioevo, periodo durante il quale nascono le corporazioni od "Arti", veri e propri organismi regolati da propri Statuti. Leggi riguardanti la macellazione del maiale e la conservazione della sua carne erano presenti già al tempo di Carlo Magno; è comunque intorno al XV secolo che la produzione del Prosciutto toscano viene regolamentata con disposizioni che riguardano l'intero processo produttivo, dall'allevamento fino alla distribuzione. Nel campo della produzione suinicola, la Toscana ha avuto storia ed evoluzione singolari a causa delle esclusive caratteristiche dell'allevamento e dello sfruttamento di questa specie. Come attività primaria, la Toscana è andata specializzandosi, attraverso i secoli, nell'allevamento delle scrofe mantenute con largo ricorso al pascolo ed utilizzate per la produzione di suinetti destinati ad essere ingrassati altrove. La misura di questo fenomeno è data da alcune e semplici cifre: l'85-90% dei suinetti nati in una regione che da sola allevava circa il 15-16% di tutte le scrofe presenti in Italia era destinato alle porcilaie del Nord. Come tale, la produzione del maiale grasso destinato al consumo familiare, ha assunto ben presto un significato quasi rituale, elevata al rango di cerimonia in cui genuinità, gusto, sapidità del prodotto lavorato dovevano necessariamente raggiungere livelli di eccellenza. Varcati i confini familiari per la rinomanza acquisita dalle originali caratteristiche organolettiche, prosciutti ed insaccati tipici della lavorazione rurale hanno dato vita a numerose imprese di carattere artigianale affermatesi soprattutto per aver mantenuto le tradizioni qualitative del prodotto contadino. Attualmente per la fabbricazione del prosciutto toscano DOP si utilizzano le cosce di suino fresche di animali nati, allevati e macellati nelle seguenti regioni: Emilia Romagna, Lombardia, Marche, Umbria, Lazio e Toscana, rispondenti ai requisiti del disciplinare di produzione. La produzione del Prosciutto Toscano comprende le seguenti fasi: isolamento delle cosce e rifilatura ad arco; salatura a secco; lavaggio ed asciugatura; sugnatura e stagionatura; il prodotto finito si presenta di forma tondeggiante, ad arco alla sommità, di peso normalmente intorno agli 8-9 Kg; la fetta tagliata si presenta di colore dal rosso vivo al rosso chiaro con scarsa presenza di grasso infra ed intramuscolare. In cucina è un prodotto estremamente versatile, adatto ad ogni occasione, come spuntino, merenda, antipasto e pietanza vera e propria. Si abbina perfettamente con il Chianti e il Sangiovese ed in generale con i rossi corposi e densi. Regolamento di approvazione Reg. CE n. 1263/96 (GUCE L. 163/96 del 2 luglio 1996) Dati economici Nel 2006 sono stati prodotti 25.334 quintali di prosciutto certificato (dati riportati dalla ricerca "Stima del valore delle produzioni agroalimentari di qualità in Toscana", ARSIA-DEART 2007). Piano di Gestione delle Acque del distretto idrografico del fiume Serchio 225 Integrazioni – Documento 1 PRINCIPALI CRITICITA’ RILEVATE Non si evidenziano particolari crIticità ambientali connesse alla produzione di prosciuttto toscano poichè la maggior parte dei prosciutti proviene da allevamenti al di fuori del territorio del bacino del Serchio. Piano di Gestione delle Acque del distretto idrografico del fiume Serchio 226 Integrazioni – Documento 1 3-Elenco dei prodotti agroalimentari tradizionali del Bacino del Serchio Di seguito si riporta l’elenco dei prodotti tradizionali presenti nel bacino del Serchio, tratto dal sito dell’Agenzia Regionale per lo Sviluppo in Agricoltura (ARSIA) http://germoplasma.arsia.toscana.it/pn_prodtrad/modules.php In alcuni casi si tratta di prodotti trasformati (liquori e distillati, formaggi) in altri di varietà vegetali e di razze animali. 3.1- Provincia di Lucca 3.1.1- Prodotti vegetali allo stato naturale Si riportano di seguito i prodotti vegetali allo stato naturale elencati dall’ARSIA – Agenzia Regionale per lo Sviluppo e l’Innovazione nel Settore Agricolo-forestale. Denominazione Cipolla lucchese Fagiola Garfagnina Fagiola Casciana Fagiolo aquila Fagiolo lupinaro, Fagiolo lupinajno Fagiolo cannellino Fagiolo cannellino del San GineseCompitese e Sant'Alessio Prov. Tradizionalità, regole fabbisogno irriguo Lu Si tratta di una cultivar tipica di questa zona, la sola ad essere coltivata ancora con sistemi tradizionali. LU LU LU Fagiolo cappone LU Fagiolo diecimino Fagiolo scritto rampicante LU produttive, E’ uno dei rari fagioli consumati freschi e conosciuto fin dai tempi antichi. Le Irrigazioni devono essere costanti ma non eccessive. Il fagiolo è discretamente produttivo e si possono raccogliere circa 40-50 q.li/ha di prodotto fresco Coltivato almeno fin da inizio '900 nella Piana di Lucca in terreni freschi, di medio impasto tendenti al sabbioso. Le irrigazioni vengono effettuate regolarmente senza eccedere nelle quantità somministrate (circa 1 volta la settimana). La tradizionalità del prodotto è data dalla particolarità della cultivar; il fagiolo cannellino si adatta perfettamente alle caratteristiche pedoclimatiche del luogo. L’autoproduzione delle sementi garantisce il mantenimento delle caratteristiche dell’ecotipo autoctono. Irrigazioni solo di soccorso. Tradizionalmente veniva coltivato nella piana di Lucca dove si produceva prevalentemente in terreni di medio impasto tendenti al sabbioso. Si seminava in mezzo al mais mssimizzando l’uso del terreno. Non venivano effettuate irrigazioni anche perché le colture venivano effettuate in terreni freschi e con la falda relativamente superficiale. Coltivato quasi esclusivamente in Media Valle del Serchio, nella frazione Diecimo del Comune di Borgo a Mozzano. Il Produzione: In atto A rischio Criticità Coltivata a livello amatoriale, una sola azienda agricola ne produce circa 70 quintali all’anno a scopo commerciale Si stima una produzione molto limitata intorno ai 4-5 q.li, prodotto in prevalenza in alcuni orti familiari esclusivamente per autoconsumo. A rischio Si può stimare una produzione annua intorno ai 3-4quintali compresi gli orti familiari. Il prodotto è destinato all'autoconsumo In atto 120 q di fagiolo secco e 50 di prodotto fresco sono le disponibilità annue aziendali. La crescita ulteriore della produzione trova ostacolo nella forte richiesta di manodopera di questa coltura. A rischio Sono rimasti pochi appassionati a coltivare questo fagiolo destinato all'autoconsumo. A rischio Sono rimasti pochissimi appassionati a coltivare ancora questo fagiolo e non Piano di Gestione delle Acque del distretto idrografico del fiume Serchio 227 Integrazioni – Documento 1 Denominazione Fagiolo fico Gallicano Prov. di Fagiolo giallorino della Garfagnana Fagiolo Giallorino, Fagiolo nano da sgusciare Fagiolo malato Malatino, fagiolo verdone, fagiolo giallino, fagiolo di S.Giuseppe Fagiolo mascherino Fagiolo pievarino Fagiolo rosso di Lucca Fagiolo rosso lucchese LU LU LU LU LU LU Tradizionalità, regole produttive, fabbisogno irriguo fagiolo veniva seminato consociato con il mais e utilizzava le operazioni colturali effettuate per tale coltura. La semina avveniva nel mese di giugno, le irrigazioni venivano effettuate solo di soccorso. Pare sia stato introdotto a Gallicano ai primi del '900 da un emigrante di ritorno dagli Stati Uniti d'America. Il fagiolo fico ha caratteristiche organolettiche veramente eccellenti. Le irrigazioni vengono effettuate in modo costante ma non eccessivo. La tradizionalita' del prodotto e' dovuta alla cultivar di origine locale responsabile del suo particolare sapore e aspetto. Il seme viene messo a dimora in aprile, normalmente viene seminato in abbinamento al formentone, sulle stesse file. Il fagiolo malato ha origini incerte ma fino agli anni sessanta veniva coltivato in modo abbastanza diffuso in tutta la Lucchesia data la discreta produttività prevalentemente in terreni di medio impasto tendenti al sabbioso; viene irrigato per scorrimento dopo aver effettuato una leggera sarchiatura e rincalzatura. E’ sempre stato uno dei prodotti più caratteristici della Garfagnana. Da sempre coltivato in tutta la vallata forse proveniente dalla zona di Casciana e Gramolazzo per affermarsi attualmente nei paesi vicini al capoluogo. Le irrigazioni vengono effettuate in modo costante ma non eccessivo. Il Fagiolo pievarino è sempre esistito e coltivato prevalentemente nel Comune di Pieve Fosciana nelle aree più fertili generalmente vicine ai corsi d'acqua in terreni di medio impasto tendenti al sabbioso. Viene tradizionalamnte consociato al mais. Le irrigazioni vengono effettuate di soccorso. La tradizionalità del prodotto è dovuta alla cultivar di origine locale con il suo particolare sapore e aspetto. L’irrigazione è unicamente di soccorso. Produzione: Criticità risulta possibile stimare la quantità prodotta A rischio Oggi è oltivato in pochissimi orti familiari nel Comune di Gallicano in Garfagnana. Attivo La produzione media è di 23 quintali all’anno; questa modesta quantità è dovuta alla poca semente disponibile che non permette di produrre questo fagiolo con continuità. A rischio La produzione attuale, difficilmente stimabile, dovrebbe essere di poche decine di kg. A rischio La produzione attuale è limitata e si può stimare intorno ai 4-5 q.li prodotto in prevalenza in alcuni orti familiari. A rischio Si ritiene che la produzione attuale, in pochi orti familiari, sia intorno ai 40-50 kg Attivo Negli anni 70 se ne era quasi del tutto persa la coltivazione a causa dell’elevato fabbisogno della manod’opera. Oggi, con aiuti ai produttori, la base di produzione si è di nuovo allargata. Piano di Gestione delle Acque del distretto idrografico del fiume Serchio 228 Integrazioni – Documento 1 Denominazione Fagiolo schiaccione Fagiolo scritto della Garfagnana Fagiolo scritto di Lucca Prov. Tradizionalità, regole fabbisogno irriguo produttive, Produzione: Criticità LU La particolarità del prodotto è dovuta alla cultivar di origine locale e alla sua caratteristica forma e sapore. Attivo La quantità effettivamente prodotta si aggira intorno ai 700 quintali sul fresco, 1 quintale di secco. La richiesta sul mercato è maggiore della produzione. LU E’ il fagiolo più importante della Garfagnana, prodotto nelle aree più fertili della vallata, generalmente le zone vicine al fiume Serchio che, con le sue esondazioni, aveva dato luogo a terreni di medio impasto tendenti al sabbioso. Le rrigazioni vengono effettuate solo di soccorso. Attivo Si ritiene che la produzione attuale sia intorno ai 20 q.li Attivo I notevoli costi di produzione per una coltura ancora effettuata a livello artigianale e con scarsi apporti di meccanizzazione ne avevano disincentivato la produzione. In questi ultimi anni un attento lavoro di cernita e selezione ha consentito di riportare in purezza il seme. La vendita avviene esclusivamente in zona A rischio La produzione di questo fagiolo avviene prevalentemente in orti familiari per autonconsumo. A rischio Difficile distinguere la produzione della stringa di Lucca dal serpente Toscano. A rischio Il granturco ottofile è una particolare varietà oggi in via di estinzione. Attivo LU Fagiolo stortino di Lucca Anellino giallo di Lucca LU Fagiolo stringa di Lucca Fagiolo serpente LU Il fagiolo scritto di Lucca veniva prodotto nelle aree più fertili della piana di Lucca in terreni freschi, di medio impasto tendente al sabbioso. Normalmente è seminato in abbinamento al formentone maggese sulle stesse file. Introdotto in lucchesia probabilmente importato dalle zone litoranee, si è ampiamente diffuso, per le sue qualità organolettiche e l'ottima produttività. Si produce in Piana di Lucca e in misura minore in Versilia. Le irrigazioni vengono effettuate regolarmente senza eccedere nelle quantità somministrate (circa 1 volta la settimana.) Introdotto in lucchesia da tantissimo tempo anche se non se ne conosce la provenienza. Le irrigazioni vengono effettuate regolarmente circa 1 volta la settimana. Granturco formenton ottofile della Garfagnana Formentone maggese, granturco da polenta Garfagnino LU La disposizione di chicchi sul tutolo in doppie file binate rende questa varietà molto originale. Si presta ad essere macinato per ottenere un’ottima farina. Mela casciana Rosetta, Rosina LU Il prodotto deve la sua tradizionalità e qualità sia alla particolarità della cultivar, che si adatta perfettamente alle Piano di Gestione delle Acque del distretto idrografico del fiume Serchio 229 Integrazioni – Documento 1 Denominazione Prov. Pastinocello Pastinello, Pastinaccino, Gallinaccio Pesca mora di Moriano Dolfi Pesca mora di Dolfo Pomodoro canestrino Lucca di Tradizionalità, regole produttive, fabbisogno irriguo condizioni pedoclimatiche della zona, sia alla tecnica di produzione rimasta invariata nel tempo. La mela casciana è molto diffusa nella provincia di Lucca, ma per nessuno rappresenta la produzione principale Produzione: LU Il pastinocello è una carota spontanea che può essere anche coltivata. Il prodotto deve la sua tradizionalità e qualità sia alla particolarità della cultivar che ben si adatta alle condizioni pedoclimatiche della zona, sia alla tecnica di coltivazione, rimasta invariata nel tempo A Rischio LU, MS, PI La tradizionalità della pesca mora di Dolfo è data dalla particolarità della cultivar che per le sue caratteristiche (rusticità, resistenza al freddo) si presta bene ad essere coltivata nella zona del morianese. Attivo LU, PI Il successo del canestrino è dovuto alla sua versatilià in tavola. Coltivato prevalentemente in pianura, in terreni limoso-sabbiosi, necessita di terreni ben drenati e con fertilità abbastanza elevata, oltre che di un’abbondante concimazione organica. La coltivazione viene fatta anche in serra. Attivo Pomodoro fragola di Albiano Minucciano Pomodoro fragola LU Pomodoro pendentino LU Prodotto tradizionalmente coltivato nella zona di Albiano di Minucciano seguendo i metodi tradizionali delle colture locali. Le irrigazioni generalmente sono poco frequenti. La pianta cresce ad alberello e necessita di sostegno La tradizionalità del prodotto è costituita sia dalla particolarità della cultivar sia dalla tecnica di produzione. Criticità Dal dopoguerra la sua coltivazione è in pratica caduta in disuso; solo nel 1997 un appassionato di prodotti tipici, rinvenendone qualche seme, ha ricominciato a coltivarlo. Oggi ci sono solo quattro persone impegnate nella coltivazione producendone 3-4 quintali all’anno. Il prodotto viene destinato all’autoconsumo o al regalo a conoscenti. Sono ormai pochissime le piante in produzione di questa cultivar locale e si concentrano quasi esclusivamente in un’azienda di San Quirico di Moriano.La produzione, stimabile in 15 quintali l’anno, è destinata per il 20% all’autoconsumo e per l’80% alla vendita diretta o in esercizi commerciali del luogo Il pomodoro canestrino veniva coltivato da pochi produttori delle province di Pisa e di Lucca ed era considerata una produzione a rischio. Dopo il 2002 c'è stata una inversione di tendenza e grazie ad un lavoro di selezione in purezza, la produzione è in forte crescita. A rischio Coltivato solo per il cosumo familiare Attivo La sua diffusione è limitata dalla scarsa produttività: ogni pianta produce circa 1 Piano di Gestione delle Acque del distretto idrografico del fiume Serchio 230 Integrazioni – Documento 1 Denominazione Pomodoro stella Pomodoro pesciatino o del Morianese Radicchia di Lucca Zucchina pisana mora Zucchina sarzanese Zucchina alberello di Sarzana Prov. Tradizionalità, regole fabbisogno irriguo produttive, LU, PT La tradizionalità del prodotto è costituita dalla particolarità della cultivar. FI, LU, PI La radicchia di Lucca è una varietà di indivia scarola dal colore verde intenso e dalla particolare resistenza al freddo. Sono preferibili terreni mediamente fertili e drenati. Nonostante venga utilizzata la concimazione organica, la radicchia di Lucca non è particolarmente esigente in tal senso; pure le esigenze idriche sono modeste. Produzione: Attivo Attivo LI, LU, PI La caratteristica principale della zucchina mora pisana è quella di arrivare al consumo fresca e con il fiore - molto resistente all’appassimento - ancora aperto. Attivo LI, LU, PI E' una varietà molto apprezzata e diffusa in tutta la lucchesia. La pianta è molto produttiva e viene coltivata in pianura vicino al mare Attivo Criticità kg di pomodori Nella provincia di Pistoia è un prodotto che sta ormai scomparendo. Nella zona di Luccala situazione è migliore e si stima una produzione media annua di circa 750 quintali con un solo produttore significativo. L’area di origine è la provincia di Lucca, la quantità prodotta è molto bassa. Si stima una produzione annua di circa 500 quintali. Il prodotto è destinato sia all’autoconsumo che alla vendita a negozi e mercati locali. La zucchina mora pisana, un tempo presente anche in Lucchesia, oggi viene coltivata soltanto in provincia di Pisa. Non ci sono produttori professionisti ma soltanto qualche hobbista, per questo non è possibile stimarne il quantitativo prodotto La Valle del Serchio è particolarmente vocata alla produzione di ortaggi e legumi in particolare, in quanto caratterizata da substrati freschi e ricchi di acqua, elemento che influisce in modo determinante sulla crescita e dunque sulla qualità del prodotto agricolo. Dalla tabella precedente si evince che, la maggior parte degli ortaggi tipici del territorio, sono tradizionalmente prodotti con apporti irrigui minimi e che però tali produzioni sono per la maggior parte dei casi ridotte a superfici irrisorie. Sarebbe auspicabile una politica di incentivo della produzione di queste cultivar locali che permetterebbe di ottenere il duplice obiettivo di valorizzazione del territorio attraverso dei suoi prodotti tipici e di promuovere un’agricoltura meno esigente in termini di apporti irrigui. 3.1.2-Le razze autoctone Denominazione Prov. Agnello di razza massese LU, MS, PI, PT Tradizionalità, la omogeneità della diffusione e la protrazione nel tempo delle regole produttive La carne di agnello massese deve la sua qualità alla razza di origine locale e alle tradizionali tecniche di alimentazione e di Produzione: Criticità Attivo Piano di Gestione delle Acque del distretto idrografico del fiume Serchio 231 Integrazioni – Documento 1 Capretto Apuane delle Carne di mucca pisana del parco Migliarino-S. Rossore (mucco pisano) LU. MS LI, LU, PI allevamento: il tipo di pascolo e le condizioni climatiche sono determinanti. Durante l’inverno le capre vengono alimentate in apposite mangiatoie e pernottano in ricoveri. Spesso contigua al ricovero è presente una zona recintata che consente maggiore attività motoria. Da questi ricoveri le capre accedono direttamente ai pascoli invernali situati in zone limitrofe e praticati nell'arco di qualche ora durante la giornata, per poi essere ricondotte al ricovero. Nel periodo estivo l'allevamento è praticamente di tipo brado ad eccezione degli allevamenti che producono anche formaggio i quali conducono a sera le capre nei ricoveri per la mungitura. L’allevamento della mucca pisana segue generalmente le tecniche tradizionali. L’alta adattabilità della razza ai regimi alimentari poveri consente di ottenere buoni risultati con l’allevamento di tipo semibrado A rischio Si possono contare circa 8 produttori con una produzione media degli ultimi tre intorno ai 3.300 Kg di carne. Il prodotto viene totalmente venduto in zona, in gran parte a privati direttamente in azienda. Attivo Negli ultimi venti anni c’è stato un recupero di questa razza; i capi attualmente allevati sono 263 distribuiti in 21 aziende, anche al di fuori dell’area del Parco, nella provincia di Pisa, soprattutto, ma anche di Lucca e Livorno. L’unico utilizzo, per ora è quello riproduttivo, non risulta significativa la vendita della carne. Piano di Gestione delle Acque del distretto idrografico del fiume Serchio 232 Integrazioni – Documento 1 3.1.3-I prodotti “trasformati” Denominazione Aspretto di more Biadina China Massagli Elisir di China di Pieve Fosciana Biroldo della Garfagnana Biroldo di Lucca Boccone al fungo porcino di Coreglia Carne salata (Carne nel bigoncio) Guanciale (gota) Manzo di pozza della Garfagnana (Carne garfagnina, carpaccio garfagnino) Mortadella della Lunigiana, mondiola della Garfagnana Mortadella di maiale di Camaiore (Sbriciolona) Mortadella nostrale di Cardoso Prosciutto bazzone della Garfagnana e della Valle del Serchio Bazzone, prosciutto nostrato, prosciutto contadino Salame prosciuttato di Ghivizzano Testa in cassettaSopressata Formaggio caprino delle Apuane Pecorino della Garfagnana e delle colline lucchesi Pecorino baccellone Olio di olivo quercetanoOlio di quercetana Trota iridea Trota marinata di Gallicano Miele di spiaggia del Parco di Migliarino-San RossoreMiele di spiaggia del litorale pisano Tizzone di Giustagnana Befanini (Befanotti) Buccellato di Lucca Cecina calda calda (Farinata, cinque e cinque) Crisciolette di Cascio Focaccia leva di Gallicano Frate lucchese (Bombolone lucchese, ciambella lucchese) Maccheroni della Garfagnana Marzapane Mignecci di formentone di Gallicano Neccio toscano (Bollento, gaccio,cian) Pan di ramerino Pane di patate della Garfagnana Pasimata (Passimata) Pupporina Torta co’ bischeri Torta di farro della Garfagnana (Torta di farro) Torta di verdure (Torta coi becchi lucchese) Prov. LU LU LU LU LU LU LU LU LU, SI LU LU, MS LU LU LU LU LU LU, MS LU, PI LU, MS LU, MS LU LU, PI LU LU LU LI, LU,MS,PI LU LU LU LU LU LU LU AR, FI, GR, LU-PO LU LU LU LU, PI LU LU Piano di Gestione delle Acque del distretto idrografico del fiume Serchio 233 Integrazioni – Documento 1 3.2- Provincia di Pistoia 3.2.1- Prodotti vegetali allo stato naturale Tradizionalità, regole produttive, Denominazione Prov. fabbisogno irriguo Dormiente della PT Il dormiente è un fungo spontaneo dalle Montagna limitate quantità di raccolta a causa della Pistoiese sua delimitazione distributiva. Dormiglione, marzuolo Frutti sottobosco Montagne Pistoiesi del delle PT Grano marzolo del Melo PT Mirtillo nero della Montagna Pistoiese Piuro PT Patata bianca del Melo PT Pomodoro stella Pomodoro pesciatino o del Morianese LU, PT Produzione: Criticità Attivo Essendo un prodotto che cresce spontaneamente e che viene raccolto da chiunque abbia richiesto il tesserino per l'autorizzazione alla raccolta dei funghi, non esiste una rete commerciale e di distribuzione dello stesso e non è possibile quindi stimare la quantità di raccolto. Si tratta di prodotti stagionali, la loro presenza è molto legata agli eventi metereologici, soprattutto alle gelate I frutti del sottobosco (more, lamponi, mirtilli, fragole) hanno particolari proprietà curative e lenitive, per questo sono usati anche per infusi o tisane. prodotti spontanei della Montagna Pistoiese. La coltivazione del grano marzolo nel comune del Melo era diffusa in tutte le famiglie contadine che ne traevano il necessario sostentamento. Attivo Rappresenta da sempre un’importante risorsa della Montagna Pistoiese per l’abbondanza della produttività, per la qualità del prodotto, conosciuto e apprezzato in tutta Italia e per la duttilità del suo impiego. La patata del Melo è coltivata da lungo tempo. Le aziende agricole ancora oggi applicano le stesse regole produttive e di conservazione di una volta. Attivo La tradizionalità del prodotto è costituita dalla particolarità della cultivar Attivo A rischio Attivo Il grano marzolo del Melo non è molto conosciuto al di fuori della frazione del Melo. Attualmente ci sono 3 aziende agricole che producono in totale circa 10 quintali di grano all'anno Si tratta di prodotti stagionali, la loro presenza è molto legata agli eventi meteorologici, soprattutto alle gelate. Non ci sono prospettive di aumento della quantità prodotta per la mancanza di un’adeguata promozione del prodotto che potrebbe farne aumentare la domanda, e per il prezzo poco remunerativo che spunta sul mercato.La vendita avviene per lo più in zona, anche se una piccola percentuale trova mercato nel resto della Toscana. Nella provincia di Pistoia il pomodoro stella è un prodotto che sta ormai scomparendo, molti addirittura ne ignorano l’esistenza. La produzione non è quantificabile. Nella zona di Lucca, invece, la situazione è migliore e si stima una produzione media annua di Piano di Gestione delle Acque del distretto idrografico del fiume Serchio 234 Integrazioni – Documento 1 circa 750 quintali con un solo produttore significativo. 3.2.2- Le razze autoctone Denominazione Prov. Agnello di razza massese LU, MS, PI, PT Tradizionalità, la omogeneità della diffusione e la protrazione nel tempo delle regole produttive La carne di agnello massese deve la sua qualità alla razza di origine locale e alle tradizionali tecniche di alimentazione e di allevamento: il tipo di pascolo e le condizioni climatiche sono determinanti. 3.2.3- Prodotti “trasformati” Denominazione Farina di castagne pistoiese Mortadella di Prato Caciotta dolce Vacchino dolce Caciotta Mucchino, vacchino Pecorino a latte crudo della Pecorino di Pistoia Raviggiolo di pecora pistoiese Ravaggiolo, Raveggiolo Ricotta di pecora pistoiese Neccio toscano Bollento, gaccio, cian Tortello del Melo Raviolo Produzione: Attivo stagionata Montagna Criticità Pistoiese Prov. PT PO, PT PT PT PT PT PT LU, MS, PT PT 4-Conclusioni Dall’analisi delle schede riportate sopra, in particolare delle criticità insistenti sui vari prodotti tipici, non sono state evidenziate correlazioni con il sistema acqua e quindi con le tematiche analizzate dal Piano di Gestione. Piano di Gestione delle Acque del distretto idrografico del fiume Serchio 235 Integrazioni – Documento 1 - Si raccomanda inoltre l'integrazione all'interno del Piano di gestione di misure volte all'individuazione delle aree soggette o minacciate da fenomeni di siccita, degrado del suolo e desertificazione, in conformità all'art. 93, comma 2 del d.lgs. 152/06, secondo i criteri previsti nel Piano d'azione nazionale di cui alla delibera CIPE del 22 dicembre 1998, pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 39 del 17 febbraio 1999 e secondo i documenti: "Linee guida del Piano di azione nazionale per la lotta alla desertificazione" del 22 luglio 1999 e "Linee guida per l'individuazione delle aree soggette a fenomeni di siccita" redatto da APAT dell'ottobre 2006; (In collaborazione con la Dott.ssa A. Grazzini) 1-Introduzione Alcuni documenti di interesse consultati: - Convenzione delle Nazioni Unite per la Lotta alla Desertificazione nei Paesi gravemente colpiti dalla siccità e/o desertificazione, con particolare urgenza in Africa (UNCCD) entrata in vigore il 26-12-1996 e ratificata dall’Italia con legge n° 170 del 04-06-1997. Il Comitato nazionale per la Lotta alla Desertificazione (CNLD) coordina l’attuazione della Convenzione in Italia. Per info: http://www.unccd.ch/ La convenzione è completata da quattro allegati che forniscono indicazioni e linee guida per l’attuazione della UNCCD in 4 aree geografiche ritenute critiche: Africa, Asia, America Latina e Caraibi, Nord Mediterraneo - Comunicazione Nazionale per la Lotta alla Siccità e alla Desertificazione (Deliberazione del CIPE n° 154 del 22/12/1998)- Monografia a cura del Ministero dell’Ambiente servizio Valutazione impatto ambientale, informazione ai cittadini e per la relazione sullo stato dell’ambiente - Comitato Nazionale per la Lotta alla Desertificazione (DPCM 26-09-1997- G.U. n° 43 del 21-02-1998) in attuazione dell’UNCCD – Anno 1999 - Linee guida del piano di azione nazionale per la lotta alla desertificazione – documento approvato dal comitato nazionale per la lotta alla desertificazione il 22 luglio 1999 (DPCM 26-09-1997- G.U. n° 43 del 2102-1998) - Piano di Azione Nazionale (PAN) - Linee guida per l’individuazione delle aree soggette a fenomeni di siccità APAT –Manuali e linee guida 42/2006 - Programma di azione per la lotta alla siccità e alla desertificazione- indicazione delle aree vulnerabili in Puglia- Regione Puglia- European Soil Bureau - Strategia tematica per la protezione del suolo (COM (2006)231) - Proposta per una direttiva quadro sul suolo (COM (2006) 232) - Impact assessment (SEC(2006)1165) La Convenzione delle Nazioni Unite per la Lotta alla Desertificazione (UNCCD) riconosce il problema del degrado dei suoli che tocca oggi il 65% delle superfici agricole nelle zone Aride, semi aride e subumidesecche. Le aree a rischio desertificazione nei Paesi dell’Annesso IV (Paesi europei) sono concentrate nel settore nord del bacino del Mediterraneo con particolare gravità in Grecia, Italia, Portogallo e Spagna. Per desertificazione si intende "il degrado delle terre nelle zone aride, semi-aride e subumide secche, provocato da diversi fattori, tra i quali le variazioni climatiche e il rapporto con l’attuale modello delle attività umane" (UNCCD, Art. 1.a). Essa si manifesta con "la diminuzione o la scomparsa della produttività e complessità biologica o economica delle terre coltivate, sia irrigate che non, delle praterie, dei pascoli, delle foreste o delle superfici boschive causate dai sistemi di utilizzo della terra, o da uno o più processi, compresi quelli derivanti dall'attività dell'uomo e dalle sue modalità di insediamento, tra i quali l'erosione 235 Piano di gestione delle Acque del distretto idrografico del fiume Serchio Integrazioni – Documento 1 idrica, eolica, ecc; il deterioramento delle proprietà fisiche, chimiche e biologiche o economiche dei suoli; la perdita protratta nel tempo di vegetazione naturale" (UNCCD, Art. 1.f). Sia a livello internazionale dal Comitato Scienza e Tecnologia (CST) della UNCCD, sia a livello Nazionale, nell’ambito dei Programmi di Azione Nazionale (PAN) di lotta alla desertificazione e come previsto prima dall’articolo 20 del D.Lvo n. 152/1999 sulla tutela delle acque e adesso dall’art. dall’articolo 93 del D.Lvo n. 152/2006 1 risulta di fondamentale importanza poter disporre di strumenti adeguati per identificare le aree a rischio e quindi programmare le priorità di intervento delle misure di mitigazione e recupero. In particolare il PAN italiano riconosce l’importanza del ruolo delle Regioni e delle Autorità di bacino nel quadro più generale del monitoraggio del territorio Nazionale e raccomanda che siano questi enti a predisporre azioni di monitoraggio e studio finalizzate all’identificazione dello stato e delle dinamiche di degrado delle zone a rischio. Il documento “Comunicazione Nazionale per la Lotta alla Siccità e alla Desertificazione” (1999) riporta quanto segue: “per la lotta alla desertificazione appare, quindi, fondamentale la pianificazione di bacino, sia quale strumento di analisi per ricavare quegli elementi territoriali (climatologia, idrologia, utilizzo delle acque e sistemi di irrigazione, pedologia e uso del suolo) significativi ai fini della caratterizzazione dei fenomeni della desertificazione, sia come strumento di pianificazione di interventi finalizzati alla lotta alla desertificazione.” In Italia, le regioni meridionali e insulari risultano minacciate dal rischio desertificazione in quanto esposte a stress di natura ambientale (condizioni di aridità stagionale, frequenti episodi di siccità, erodibilità dei suoli anche a causa di precipitazioni brevi e intense, pressioni e impatti antropici sulle risorse). Gli obiettivi e l’attuazione della UNCCD presentano elementi comuni e sinergie con quelli di altre convenzioni ambientali, in particolare con la Convenzione quadro sui cambiamenti climatici (FCCC) e con la convenzione sulla diversità biologica (CBD). Tutte e 3 infatti vedono la necessità di approfondire i fenomeni connessi con i cambiamenti globali in particolare il sistema climatico, meteorologico e idrologico e hanno quali capisaldi per il raggiungimento degli obiettivi: - La limitazione delle emissioni di gas serra - La prevenzione degli impatti del cambiamento climatico - La riduzione degli effetti dei cambiamenti climatici - La prevenzione del degrado dei suoli - La conservazione di ecosistemi e habitat naturali 1. “2- Le regioni e le Autorità di bacino verificano la presenza nel territorio di competenza di aree soggette o minacciate da fenomeni di siccità, degrado del suolo e processi di desertificazione e le designano quali aree vulnerabili alla desertificazione. 3- Per le aree di cui al comma 2, nell'ambito della pianificazione di distretto e della sua attuazione, sono adottate specifiche misure di tutela, secondo i criteri previsti nel Piano d'azione nazionale di cui alla delibera CIPE del 22 dicembre 1998, pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 39 del 17 febbraio 1999” 236 Piano di gestione delle Acque del distretto idrografico del fiume Serchio Integrazioni – Documento 1 Le cause di degrado del territorio Il clima e la sua variabilità - Aridità - Siccità - Erodibilità della pioggia dovuta all’intensità delle precipitazioni e aumentata dalla mancanza di copertura vegetale dei suoli I fattori ambientali Morfologia e orografia - Esposizione dei versanti - Pendenza del terreno Copertura vegetale - Tipologia di specie - Continuità e ricchezza di specie - Diffusione di specie esotiche che portano a una erosione più elevata del terreno oltre che a una riduzione della biodiversità Utilizzo delle risorse idriche Gestione forestale - Deforestazione - Decespugliamento - Incendi Agricoltura: - Lavorazioni meccaniche del terreno: compattazione e costipazione dei suoli, sistemazioni delle pendici collinari, arature in profondità che alterano la fertilità I fattori antropici del suolo - Uso delle acque a scopo irriguo - Utilizzo di fitofarmaci - Utilizzo di colture depauperanti la fertilità del suolo che necessitano di frequenti concimazioni e di colture idroesigenti Attività zootecniche - Diffusione di forme di allevamento intensivo: aumento dell’inquinamento ambientale - Riduzione del pascolo brado nelle aree pascolative con progressiva riconquista dei terreni da parte del bosco - Compattazione per pascolamento Urbanizzazione - Consumo di suolo: impermeabilizzazione e cementificazione - Aumento della densità di popolazione e conseguente maggiore pressione sulle 237 Piano di gestione delle Acque del distretto idrografico del fiume Serchio risorse Integrazioni – Documento 1 2.1- I processi di degradazione 2.1.1-Processi che determinano l’inaridimento del suolo Processi di degrado chimico Salinizzazione per massiccio emungimento delle acque dolci sotterranee e per non corrette pratiche irrigue. Fenomeno diffuso nelle aree costiere. L’accumulo di Sali nel suolo può provocare danni all’attività vegetativa e produttiva delle colture e determinare effetti fortemente negativi per la biodiversità del suolo e per la resistenza dello stesso all’erosione Perdita di sostanza organica che determina la fertilità del suolo e svolge importanti funzioni di tipo meccanico, mantenendo la formazione degli aggregati e garantendo il mantenimento della struttura e della capacità idrica dei suoli Contaminazione- il suolo svolge una fondamentale funzione protettiva quale filtro e barriera che mitiga gli effetti degli inquinanti. La contaminazione del suolo da parte di quantità eccesive di sostanze chimiche determina un’alterazione delle caratteristiche del suolo stesso che ne compromettono le funzioni protettive, produttive ed ecologiche. Le tav 4.6 e 4.13 del Piano di Gestione individuano i siti contaminati presenti sul territorio Acidificazione del suolo: poco evidente in Italia perché la maggior parte dei suoli si sviluppa su rocce sedimentarie dove prevalgono i carbonati che tamponano l’acidità apportata dalle precipitazioni Processi di degrado fisico Compattazione: distruzione della porosità strutturale dell’aggregato a causa della meccanizzazione delle lavorazioni nelle aree ad agricoltura intensiva e del sovraccarico animale e conseguente riduzione della capacità di infiltrazione dell’acqua e incremento del ruscellamento 2.1.2- Processi che determinano la perdita della risorsa suolo in termini di sottrazione di volume e di superficie Erosione idrica per processi di asportazione delle singole particelle: erosione dei singoli orizzonti del suolo a causa dell’azione della pioggia di forte intensità; dipende dall’erodibilità del suolo, ossia dalla suscettibilità del suolo a subire processi erosivi. E’ maggiore su terreni privi di copertura vegetale, caratterizzati da forte acclività e sviluppati su substrati litologici appartenenti a formazioni sedimentarie argilloso-sabbiose. Si distinguono danni in site ossia nei luoghi dove il fenomeno avviene e danni off site quando gli effetti si manifestano a distanza (alluvioni, danni alle infrastrutture, trasporto di inquinanti). Erosione per sottrazione di superficie utile o consumo di suolo per urbanizzazione e impermeabilizzazione o sigillatura del suolo (soil sealing) Il Progetto Desertnet Interreg IIIB Nel documento “linee guida del piano di azione nazionale per la lotta alla desertificazione” (1999) sono stati individuati 4 settori di intervento prioritari: Protezione del suolo Gestione sostenibile delle risorse idriche Riduzione dell’impatto delle attività produttive Riequilibrio del territorio Nello stesso documento si precisa che a scala di bacino la verifica della presenza di aree vulnerabili alla desertificazione è demandata alle regioni e alle autorità di bacino sulla base dei dati conoscitivi esistenti e di specifiche indagini relative ai principali processi di desertificazione tra cui: La salinizzazione del suolo e delle falde La frequenza ed estensione degli incendi boschivi La contaminazione del suolo e dei corpi idrici L’eccessivo sfruttamento delle risorse idriche 238 Piano di gestione delle Acque del distretto idrografico del fiume Serchio Integrazioni – Documento 1 Il degrado del suolo (perdita di suolo, compattazione e riduzione della sostanza organica) La riduzione o degrado della copertura vegetale L’urbanizzazione La Regione Toscana ha quindi aderito al Progetto DESERTNET “Monitoraggio ed azioni di lotta alla desertificazione nella regione mediterranea europea” (INTERREG IIIB MEDOCC) svoltosi nel periodo Ottobre 2002 –Dicembre 2004 e coordinato dal Nucleo Ricerca Desertificazione - NRD dell'Università di Sassari, con le finalità di: contribuire allo sviluppo di una cartografia basata su indicatori comuni tra le varie regioni italiane coinvolte nel progetto. portare avanti uno studio specifico (Work Package) sul territorio regionale sviluppando metodologie di analisi che possano divenire patrimonio comune per le altre regioni. Tale progetto si integrava con il precedente "Rete Sovrannazionale di Laboratori Ambientali Multifunzionali", finanziato dal Programma InterregIIC-MEDOCC e sviluppato in collaborazione con il LaMMA, costituendo nel complesso, un insieme organico relativo allo studio, al monitoraggio e alla gestione sostenibile delle aree a rischio di desertificazione, che si affacciano sul bacino del Mediterraneo. L’obiettivo generale del Work Package della Regione Toscana è stato identificato ne “lo studio della vulnerabilità alla desertificazione del territorio grazie all’integrazione dei dati socio-economici e climatici con l’analisi delle serie storiche dei dati telerilevati”. Questo obiettivo generale è stato perseguito secondo tre assi di attività principali o obiettivi specifici: Asse 1: Studio e miglioramento delle metodologie di analisi satellitare per la valutazione della serie storica dell’indice di vegetazione a partire dalle immagini NOAA-AVHRR. Analisi multitemporale con immagini Landsat TM sulle aree identificate come sensibili. Asse 2: Analisi climatologica della regione Toscana sulla serie storica di riferimento 1961-1990 e confronto con il successivo decennio 1991-2000. Asse 3: Integrazione degli indicatori ottenuti dall’analisi NDVI e climatica con dati socio-economici per l’identificazione delle zone vulnerabili alla desertificazione. Dal momento che il progetto si articola attraverso l’individuazione di specifici indici che descrivono quantiqualitativamente i diversi parametri che incidono sulla problematica della desertificazione (come indicati nei capitoli precedenti), si è ritenuto opportuno seguire la stessa logica, riportando, ove disponibili, i dati (prevalentemente descrittivi) relativi al territorio del distretto idrografico del Serchio. Sono state quindi riportate le cartografie di sintesi elaborate a livello regionale reperite sul sito http://www.case.ibimet.cnr.it/desertnet/home e alcune delle osservazioni presenti nel rapporto finale del Dicembre 2004 “Integrazione dei dati climatici, telerilevati e socio- economici per la definizione di indicatori di vulnerabilità alla desertificazione”. In questo modo è comunque possibile evidenziare quei fattori che possono costituire elementi di criticità e vulnerabilità per il territorio in esame e che risultano anche solo predisponenti al fenomeno della desertificazione e agire mediante misure e azioni opportune. 3- Indice di sensibilità alla desertificazione L’analisi della sensibilità alla desertificazione mostra la probabilità che ha un determinato territorio di essere esposto a fenomeni negativi. Tale indice di sensibilità (ESAI = Environmental Sensitive Area Index) integra diversi parametri: il clima, lo sviluppo della vegetazione, la disponibilità d’acqua, i fattori antropici. 239 Piano di gestione delle Acque del distretto idrografico del fiume Serchio Integrazioni – Documento 1 ESAI = Environmental Sensitive Area Index Calcolo dell’ESAI = (CQI * SQI * VQI * MQI * HPI)1/5 CQI = Climate Quality Index SQI = Soil Qualità Index VQI = Vegetation Quality Index MQI = Management Quality Index HPI = Human Pressure Index Nella prospettiva di una pianificazione sostenibile e mirata diventa fondamentale poter individuare con precisione quale tra i diversi fattori ha maggiore rilevanza nelle aree con vulnerabilità più alta. Di seguito si analizzano i diversi indici. 3.1-Analisi Climatica Per capire l’entità dei processi di degrado del suolo e di desertificazione è necessario poter disporre di un’analisi climatica approfondita che descriva nel dettaglio l’andamento pluviometrico e termometrico di un territorio. Una diminuzione delle precipitazioni può infatti determinare non soltanto problemi di carenza idrica a scopo idropotabile ma anche incidere in maniera significativa sugli ecosistemi e sulla ricarica delle riserve idriche, con effetti indiretti sulla resa delle colture, sulla salinizzazione delle falde per intrusione di acque marine lungo le coste, sui fenomeni di subsidenza con pericolo anche per le abitazioni, sull’inquinamento dei corpi idrici superficiali e sotterranei per aumento della concentrazione delle sostanze, sul rischio incendi. Importante è sottolineare la differenza tra i 2 maggiori rischi naturali dipendenti da precipitazioni e temperature: Aridità: caratteristica permanente del clima, ristretta ad aree geografiche con scarse precipitazioni e contemporanea forte evapotraspirazione. L’aridità è legata al concetto di bilancio idrico negativo permanente. Siccità: caratteristica normale e ricorrente del clima che, come tale, può verificarsi in aree a differenti regimi climatici, sebbene gli impatti possano variare da regione a regione. La siccità è legata al concetto di deficit idrico temporaneo, che cambia nel tempo. 3.2Analisi dell’aridità L’aridità viene calcolata secondo la formula UNEP (United Nations Environmental Program), come rapporto fra precipitazioni ed evapotraspirazione potenziale, calcolate sia sul trentennio 1961-1990 (periodo di riferimento per la climatologia mondiale) che sul decennio 1991-2000 per poter effettuare una analisi del trend nel tempo. In Toscana il calcolo dell’indice di Aridità è stato effettuato sia a livello annuale che stagionale utilizzando la metodologia di Thornthwaite comunque integrata e modificata. Secondo la classificazione di aridità dell’UNEP la Toscana presenta aree sub-umide secche e semi-aride solo in primavera ed estate (Figg. 2,3), mentre annualmente l’intero territorio non sembra avere problemi di aridità; il fenomeno è spiegabile con il fatto che le precipitazioni e le temperature del periodo autunnoinvernale (Figg. 4, 5) vanno a “mascherare” i problemi che invece si hanno nelle due stagioni più calde. 240 Piano di gestione delle Acque del distretto idrografico del fiume Serchio Integrazioni – Documento 1 Fig. 1 – Indice di Aridità annuale dei periodi 61-90 e 91-00. Dalla figura si osserva che il territorio del Bacino del Serchio, sia nel periodo 1961-1990 che nel periodo 1991-2000 comprende aree classificate come “umide” con indice di aridità comunque >1. Fig.2 - Indice di Aridità primaverile dei periodi 61-90 e 91-00. Anche nel periodo primaverile i valori dell’indice di aridità rimangono > 0,8 e il territorio è classificato come “umido” 241 Piano di gestione delle Acque del distretto idrografico del fiume Serchio Integrazioni – Documento 1 Fig. 3 - Indice di Aridità estiva dei periodi 61-90 e 91-00. Interessante è il confronto tra i 2 periodi considerati per quanto riguarda l’aridità estiva in quanto si nota che nel decennio 1991-2000 le aree “sub-umide-secche” sono andate estendendosi dalla zona della piana di Lucca e della Versilia anche verso le zone più interne e più settentrionali. Si ha inoltre il passaggio a una condizione semiarida per molte aree della Piana lucchese e del pisano. Diminuzioni dell’indice di aridità dalla classe 0,8-1 alla classe 0,65-0,8. Fig. 4 - Indice di Aridità autunnale dei periodi 61-90 e 91-00. Non si riscontrano differenze significative nei 2 periodi considerati sia a livello regionale che a livello del territorio dell’autorità di bacino. 242 Piano di gestione delle Acque del distretto idrografico del fiume Serchio Integrazioni – Documento 1 Fig. 5 - Indice di Aridità invernale dei periodi 61-90 e 91-00. Pur mantenendo la classificazione “umido” nel decennio 1991-2000 diminuisce in maniera estesa il valore dell’indice di aridità e tale calo interessa il bacino del Serchio in particolare nelle zone più prossime alla piana di Lucca e lungo la costa. A livello regionale l’attenzione si è concentrata sull’indice di aridità primaverile- estivo dal momento che in questi mesi si verifica in genere una riduzione delle precipitazioni e un contemporaneo aumento dell’evapotraspirazione con conseguenze dirette e indirette sulla vegetazione naturale e sulle colture agricole.. dalla carta seguente si osserva che la porzione più meridionale della provincia di Lucca è passata da una condizione “umido” del periodo 1961-1990 a una classificazione “sub-umido-secco” nel decennio 1991-2000. Nelle aree montane (comprese tra Appennino tosco-emiliano e Alpi Apuane) non si evidenziano significative variazioni 243 Piano di gestione delle Acque del distretto idrografico del fiume Serchio Integrazioni – Documento 1 Fig. 6 – Indice di Aridità primaverile-estivo per i periodi 61-90 e 91-00. Questi i valori dell’indice di aridità ricalcolati secondo la metodologia delle ESAs Fig. 7 – Carta dell’indice di Aridità del periodo 61-90 riclassificata secondo la metodologia delle ESAs. Dalla figura 7 risulta evidente che le zone critiche sono la Val di Chiana, l’Isola d’Elba centro-orientale e quasi tutta la costa toscana, in particolare il grossetano e la zona sud di Piombino, che registrano i valori più alti. Il territorio del bacino del Serchio rientra nelle zone ad aridità bassa (Score 1 in prevalenza). 244 Piano di gestione delle Acque del distretto idrografico del fiume Serchio Integrazioni – Documento 1 E’ stata poi analizzata la variazione percentuale (positiva o negativa) tra il periodo 1961-1990 e il periodo di confronto 1991-2000: a valori positivi corrisponde un aumento dell’aridità nell’ultimo decennio, a valori negativi una diminuzione, valori pari a zero indicano che non c’è stata alcuna modifica. Fig. 8 – Variazione % dell’Indice di Aridità riclassificata secondo la metodologia ESAs. L’analisi della variazione percentuale dell’indice di aridità evidenzia una riduzione dell’aridità nelle zone che risultavano critiche nel periodo di indagine precedente e un forte aumento della stessa nelle zone più interne della Regione. Interessante anche la variazione registrata nelle zone appenniniche. Il tutto può essere spiegato con l’acuirsi, negli ultimi anni, di fenomeni temporaleschi estivi; l’aumento delle temperature, comprese quelle del mare, fornendo più energia, dà origine a movimenti convettivi in grado di generare eventi improvvisi e di notevole intensità. Per contro nella parte più continentale, nelle valli fra le colline interne, si assiste ad una contrazione delle piogge. Indice di aridità nel bacino del Serchio (N. Coscini) 245 Piano di gestione delle Acque del distretto idrografico del fiume Serchio Integrazioni – Documento 1 Formula De Martonne modificata [(P/ (T +10)) + (12p/ (t+10))]/2 p = pioggia del mese più arido t= temperatura del mese più arido P= Precipitazione media annua T = Temp media annua Nel bacino del Serchio l’indice di aridità calcolato secondo la formula sopra indicata presenta valori corrispondenti allo stato subumido nelle aree della piana lucchese e della costa, con una modesta porzione con valori pari allo stato semiarido in prossimità della foce del fiume e nella zona della Tenuta di S. Rossore del parco Regionale Migliarino-S. Rossore-Massaciuccoli. La maggior parte del territorio presenta un indice di aridità compreso tra 30 e 60 tipicamente umido e, nelle aree montane appeniniche e lungo la catena apuana si alza fino ai livelli di perumido. 3.3-Analisi della siccità Gli impatti della siccità derivano dall’interazione fra evento naturale (riduzione delle precipitazioni rispetto al normale a causa della naturale variabilità climatica) e richiesta d’acqua della popolazione per i vari usi e l’entità degli effetti variano in relazione alla scala temporale in cui avvengono (ad esempio durata di periodi di assenza di precipitazioni). Per questo spesso la siccità viene distinta in tre tipi (Wilhite and Glantz, 1985): SICCITA’ METEOROLOGICA: E’ definita sulla base di un deficit di pioggia, in rapporto ad una quantità “normale” o media calcolata su un periodo sufficientemente lungo (almeno 30 anni), e della durata del periodo secco (sequenza siccitosa). SICCITA’ AGRICOLA: Si ha quando la riserva idrica nella parte del suolo interessata dalle radici è insufficiente a sostenere lo sviluppo delle colture e dei pascoli tra un evento piovoso e l’altro. La risposta delle colture al deficit varia con il tipo e lo stadio fenologico. La siccità agricola è successiva a quella meteorologica. SICCITA’ IDROLOGICA: E’ causata da un’insufficiente ricarica delle falde, dei corsi d’acqua e dei bacini superficiali e si presenta con tempi più lunghi rispetto alle altre due. Per l’analisi dei periodi siccitosi è stato scelto l’SPI, Standardized Precipitation Index (Indice di precipitazione standardizzato- McKee et al., 1993) per la facilità di reperimento dei parametri di calcolo (pioggia mensile su un periodo almeno trentennale) e per la possibilità di confrontare zone geograficamente diverse. Esso segue una distribuzione normale per cui lo SPI medio risulta pari a zero e valori positivi indicano un eccesso e valori negativi un deficit delle precipitazioni. L’analisi è stata fatta sugli stessi periodi utilizzati per l’indice di aridità per confrontare poi i risultati. Nel progetto Desertnet l’indice SPI è stato calcolato su 8 stazioni di riferimento e su una scala temporale di 3 mesi dal momento che siccità più o meno intense protratte per 90 giorni possono creare notevoli stress alle colture agricole (con variazioni nelle rese) e richiedere un forte utilizzo dell’irrigazione con conseguente sovrasfruttamento delle falde. L’indice ha mostrato un sensibile aumento dei fenomeni siccitosi invernali su tutto il territorio regionale nell’ultimo decennio, fatto che potrebbe indicare cambiamenti climatici in atto e quindi conseguenze a 246 Piano di gestione delle Acque del distretto idrografico del fiume Serchio Integrazioni – Documento 1 medio- lungo termine sulla vegetazione e sulla ricarica delle falde. Nel periodo primaverile estivo invece si registra una maggiore variabilità. E’ stata quindi redatta la carta delle % di frequenze siccitose considerando i valori di SPI registrati nel trentennio 1961-1990. Le percentuali di frequenze siccitose sono state riclassificate secondo lo score 1-2 della metodologia MEDALUS. Fig. 10 – Carta delle % di frequenze siccitose del periodo 61-90 riclassificate secondo la metodologia ESAs. Per monitorare l’evoluzione del fenomeno nel tempo e nello spazio è stata redatta la carta della variazione % delle frequenze siccitose comparando le 2 mappe percentuali delle frequenze siccitose relative ai 2 diversi periodi considerati. 247 Piano di gestione delle Acque del distretto idrografico del fiume Serchio Integrazioni – Documento 1 Fig. 11 - Variazione % delle frequenze siccitose riclassificata secondo la metodologia ESAs. Nella parte più continentale della regione e anche nell’area del bacino del Serchio si assiste a un aumento sostanziale delle frequenze siccitose. 3.4-L’Indice di qualità del Clima - CQI Secondo quanto indica la metodologia MEDALUS incrocio degli indici di aridità e di siccità e delle loro variazioni mostra le zone critiche per fenomeni di degrado del suolo e desertificazione della regione. Fig. 12- Indice di qualità del clima Alcune aree del bacino del Serchio risultano interessato da una media alta criticità climatica (colorazione dal giallo- arancio al rosso). Rischio particolarmente elevato (inteso come maggiore predisposizione ai fenomeni di desertificazione) per la costa pisana, l’area di Piombino, l’Elba, la costa settentrionale della provincia di Grosseto, l’estremo sud-est senese e soprattutto la parte del Valdarno superiore. 3.5-Il suolo I processi di degrado e riduzione del potenziale produttivo del suolo non dipendono soltanto dall’azione di fattori “indiretti” quali il clima, la vegetazione e l’uomo, ma anche dalla natura intrinseca del suolo stesso (profondità, tessitura, drenaggio, scheletro, pietrosità) che in alcuni casi può favorire i fenomeni di erosione, di lisciviazione delle sostanze nutritive o di riduzione delle riserve idriche. Per poter analizzare questa risorsa il progetto ha utilizzato la Carta Ecopedologica d’Italia integrata da informazioni provenienti da diversi punti di sondaggio in corso per la realizzazione della carta pedologica della regione, in scala 1:250000. 248 Piano di gestione delle Acque del distretto idrografico del fiume Serchio Integrazioni – Documento 1 Questi i parametri analizzati: 3.5.1- Profondità del suolo. Sono state individuate 4 classi di profondità a cui sono stati attribuiti gli score secondo la metodologia delle ESAs Fig. 13- carta della profondità media pesata dei suoli Dalla carta della profondità media pesata dei suoli si osserva che nel territorio regionale non sono presenti aree ad alta criticità (ossia con profondità < 30 cm) in cui la scarsa profondità del suolo determina la presenza di vegetazione erbacea o arbustiva e quindi una scarsa protezione contro fenomeni erosivi. Nel territorio del bacino del Serchio si hanno in prevalenza suoli profondi: i valori maggiori si riscontrano nelle zone appenniniche e collinari dove la pendenza dei versanti influisce sul run off di terreno a valle. La morfologia e la particolare orografia del territorio del bacino del Serchio concorrono a determinare la vulnerabilità del territorio a fenomeni di tipo idro-meteorico e quindi a fenomeni erosivi. Esposizione dei versanti: i versanti meridionali sono esposti a un flusso di radiazione solare che determina condizioni microclimatiche sfavorevoli alla rigenerazione della vegetazione naturale una volta rimossa dall’azione diretta o indiretta dell’uomo 249 Piano di gestione delle Acque del distretto idrografico del fiume Serchio Integrazioni – Documento 1 Fig. 14- esposizione dei versanti nel bacino del Serchio 250 Piano di gestione delle Acque del distretto idrografico del fiume Serchio Integrazioni – Documento 1 Pendenza del terreno: riduce la capacità di assorbimento aumentando la percentuale di run-off rispetto alla quantità di precipitazione che si infiltra nel terreno Fig. 14- acclività nel bacino del Serchio Classi di acclività (°) Area (kmq) 0-8 360,53 9-20 343,45 21-30 420,98 31-43 391,62 44-89 109,15 251 Piano di gestione delle Acque del distretto idrografico del fiume Serchio Integrazioni – Documento 1 3.5.2- Tessitura del suolo L’analisi della tessitura è fatta sulla frazione di terreno costituito da particelle con diametro inferiore a 2 mm. La sabbia comprende particelle aventi diametro compreso fra 2 e 0.02 mm, il limo tra 0.02 e 0.002 mm, l’argilla particelle di diametro inferiore a 0.002 mm. In base alla percentuale di particelle con dimensioni diverse si possono avere vari tipi di suoli. Legenda: F = terreni franchi FSA = terreni franco-sabbioso-argillosi FS = terreni franco-sabbiosi SF = terreni sabbioso-franchi FA = terreni franco-argillosi AS = terreni argillo-sabbiosi FL = terreni franco-limosi FLA = terreni franco-limoso-argillosi A = terreni argillosi AL = terreni argillo-limosi S = terreni sabbiosi Fig. 16- tessitura media pesata dei suoli Dalla carta di cui alla figura 16 le zone più vulnerabili risultano quelle costiere dove i suoli presentano prevalentemente tessitura sabbiosa che favorisce i fenomeni erosivi (ridotta capacità di trattenere l’acqua, una scarsa plasticità , incoerenza). Anche i suoli eccessivamente argillosi che tendono a diventare duri e compatti allo stato secco aumentano l’efficacia dei fenomeni erosivi. Nel bacino del Serchio risultano quindi a rischio non soltanto le coste sabbiose del litorale lucchese e pisano ma anche alcune zone del sottobacino del Lago di Massaciuccoli comprese in particolare nell’ansa del Serchio a Vecchiano . Studi specifici (Penny Anderson Associates- Parco Regionale Miglliarino-S. RossoreMassaciuccoli, 1997) hanno infatti dimostrato che gran parte del run off di sedimenti e nutrienti, che costituiscono causa primaria del grave stato di eutrofizzazione delle acque, avviene nella bonifica agricola meridionale del Lago a causa della particolare tessitura dei suoli e delle lavorazioni meccaniche utilizzate in relazione alle colture prevalenti,. 252 Piano di gestione delle Acque del distretto idrografico del fiume Serchio Integrazioni – Documento 1 3.5.3- Drenaggio dei suoli Il drenaggio è un fattore importante per evitare ristagni d’acqua e quindi eccessi di umidità che possano limitare lo sviluppo vegetale e per evitare processi erosivi su versanti a forte pendenza. Fig. 17- Drenaggio medio pesato dei suoli La carta del drenaggio medio pesato dei suoli rivela un drenaggio buono su quasi la totalità del territorio del bacino del Serchio. 3.5.4-Pietrosità dei suoli Per pietrosità si intende la percentuale di pietre o altro materiale di dimensione superiore a 2 mm presenti sulla superficie del suolo. In base alle dimensioni dei frammenti si possono distinguere diverse classi di pietrosità: Ghiaie 20-75 mm Ciottoli 76-250 mm Pietre 251-500 mm Blocchi … > 500 mm Una pietrosità moderata può avere degli effetti positivi sul terreno, permettendo la conservazione dell’umidità in condizioni di stress idrico moderato, come quello che si può avere in primavera ed inizio estate. Al contrario, l’eccessiva presenza di frammenti di roccia incoerente favorisce il ruscellamento superficiale e l’erosione, riducendo fortemente lo spessore di suolo ed accentua, soprattutto in climi mediterranei, la perdita di acqua per evaporazione. 253 Piano di gestione delle Acque del distretto idrografico del fiume Serchio Integrazioni – Documento 1 Nel territorio del bacino del Serchio, così come nella maggior parte del territorio regionale, si osserva una pietrosità pressoché assente. Sul crinale appenninico sono presenti suoli poco pietrosi (<20%). Fig. 18- pietrosità dei suoli 3.5.5.- Lo scheletro del suolo Lo scheletro si riferisce agli elementi litoidi presenti nel suolo, con diametro superiore a 2mm. Un terreno con una buona percentuale di scheletro è un terreno ben areato, con caratteristiche di porosità, permeabilità e circolazione delle soluzioni tali da consentire la crescita delle piante e lo sviluppo radicale in profondità. Nel territorio del bacino del Serchio si ha una notevole diversificazione dei suoli per quanto riguarda la presenza di scheletro. Si osserva che i punteggi più alti (corrispondenti a una colorazione più scura) e quindi le condizioni peggiori si hanno nelle valli e nelle pianure a carattere fortemente agricolo e lungo le coste. Sulle apuane e sui crinali appenninici Fig. 19- scheletro dei suoli 254 Piano di gestione delle Acque del distretto idrografico del fiume Serchio Integrazioni – Documento 1 3.5.6- L’indice di qualità dei suoli Dall’aggregazione degli indicatori relativi alla Profondità,alla Tessitura, al Drenaggio, alla Pietrosità e allo Scheletro, si ricava l’indice di qualità dei suoli (SQI) rappresentato dalla seguente carta. Fig. 20- indice di qualità dei suoli La cartografia evidenzia una certa vulnerabilità dei suoli lungo il litorale lucchese e pisano e lungo alcuni crinali apuani al confine tra la Provincia di Lucca e di Massa. 4- Il rischio idraulico e idrogeologico nel bacino del Serchio La particolare posizione del bacino, allungato rispetto al mare e le particolari caratteristiche geografiche ed orografiche fanno sì che l'area sia una delle più piovose d'Italia con piogge la cui intensità supera, sui rilievi apuani, i 3.000 mm annui. Tale situazione, in aggiunta alle caratteristiche geomorfologiche del bacino, rende il bacino tra le aree a maggiore pericolosità idrogeologica della Toscana e d'Italia. A causa di tale grado di pericolosità sono state perimetrate ed individuate dall'Autorità di Bacino, nel Piano Straordinario contro il rischio idrogeologico e nel progetto di Piano Assetto Idrogeologico (P.A.I.), aree a diversa pericolosità idrogeologica e su di esse sono state apposte delle specifiche norme di piano che, in alcuni casi, prevedono l'inedificabilità del territorio. Come riportato nel cap. 2.2.6 del Rapporto Ambientale, ai sensi dell’art. 17 della L.183/1989, l’Autorità di Bacino del Serchio, ha adottato con Deliberazione n° 132 del 05/10/2004 il Piano di Bacino stralcio Assetto Idrogeologico (P.A.I). Lo stesso è stato approvato dal Consiglio Regionale della Toscana con Del CR n° 20 del 01/02/2005. Nel suddetto Piano sono state individuate e cartografate, le aree a diverso grado di pericolosità sia idraulica che da frana e, per ciascuna area, sono state adottate specifiche norme vincolanti 255 Piano di gestione delle Acque del distretto idrografico del fiume Serchio Integrazioni – Documento 1 finalizzate ad azioni di tutela e di indirizzo, in funzione della pericolosità stessa. Oltre alle “norme” fanno parte della normativa di attuazione del piano anche le “direttive”, atti di indirizzo e coordinamento a contenuto prevalentemente tecnico organizzativo, tese a uniformare il comportamento degli Enti cui sono indirizzate, aventi carattere vincolante, a meno di esplicita diversa definizione, per gli Enti cui sono destinate e le “raccomandazioni”, atti a contenuto tecnico – amministrativo, tesi ad indirizzare l’attività degli enti coinvolti nella realizzazione degli obiettivi del piano. Il piano contiene poi un elenco di interventi strutturali sia carattere generale (sistemazioni idraulico forestali, etc.), sia finalizzati alla mitigazione del rischio idraulico e, più in generale, alla riduzione del rischio idrogeologico. Rischio idraulico e da frana Nel bacino del fiume Serchio sono state perimetrate nel Piano Assetto Idrogeologico aree ad elevata (P4) e media (P3) probabilità d'inondazione per 126,3 Km² (8 % della superficie dell'intero bacino e circa il 38 % delle aree di pianura), dei quali circa 12,8 Km² si riferiscono alle aree golenali e/o alvei attivi dei corsi d'acqua. In tale aree è previsto un regime di salvaguardia che prevede, nelle situazioni più gravi, l'inedificabilità del territorio. A tal riguardo si rileva che il problema connesso al rischio idraulico nel bacino del fiume Serchio ha inoltre rilevanti ripercussioni per quanto riguarda l'aspetto socio-economico. Si rileva, infatti, che la maggior parte degli insediamenti, sia abitativi sia industriali, è situata nelle zone di pianura o di fondovalle dove il territorio è stato in larga parte "consumato" dagli insediamenti stessi. In particolare si rileva che numerose sono le industrie installate nelle zone a pericolosità idraulica, che a volte costituiscono vere e proprie aree industriali (aree industriali di Castelnuovo Garfagnana, Socciglia, Diecimo, Celetra, Val Freddana, etc.). Tali industrie, che rappresentano un'importantissima risorsa economica per tutta l'area essendo tra le aree a maggior peso nell'economia provinciale, sono condizionate nel loro sviluppo dalla mancanza di possibilità d'espansione. Tale necessità degli insediamenti industriali, unitamente, seppur in modo minore, a quella degli insediamenti abitativi, provoca un'importante pressione sulle aree di pertinenza fluviale ancora libere, che dovrebbero essere invece salvaguardate come zone di naturale espansione dei corsi d'acqua e per la realizzazione di interventi idraulici volti alla mitigazione del rischio (casse di espansione). La superficie totale delle aree a molto elevata (P4) ed elevata (P3) pericolosità di frana è di circa 162,6 Km² (il 10 % della superficie dell'intero bacino) dei quali 15 Km² come frane attive, 96 Km² come frane quiescenti, oltre a circa 51 Km² di aree potenzialmente franose. In tali aree, perimetrate nel Piano stralcio Assetto Idrogeologico, si applicano specifiche norme di piano. In particolare tra le frane censite si rileva che sono state evidenziate 74 frane a rischio molto elevato (R4) ed elevato (R3) per l'incolumità delle persone e delle attività umane, che richiedono interventi prioritari. Dall’analisi delle specifiche cartografie allegate al PAI si ricava che le aree a rischio elevato di frana (P3) sono localizzate prevalentemente in territori montani mentre quelle a rischio idraulico elevato si trovano nei territori di pianura del fondovalle. Superficie complessiva Bacino Serchio: 1625 kmq Di cui: Area di pianura del fondovalle: 330 kmq (20,3%) Area “montuosa”: 1295 kmq (79,7%) Aree a rischio frana elevato /”area montuosa” bacino 281kmq/1295kmq= Serchio) Aree a rischio idraulico elevato /”area di pianura” bacino 146kmq/ 330kmq= 21,70% 44,24% 256 Piano di gestione delle Acque del distretto idrografico del fiume Serchio Integrazioni – Documento 1 Serchio Si osserva che i territori del fondovalle sono interessati in maniera significativa da un elevato rischio idraulico. Nei territori montani, che costituiscono la maggior parte del territorio compreso nel perimetro del bacino del Serchio, invece la percentuale di aree a rischio frana elevato risulta abbastanza modesta. 5- La problematica della subsidenza nel distretto Il problema della subsidenza interessa principalmente la parte orientale della piana di Lucca nei Comuni di Capannori, Porcari e Bientina, ed è indotta dai prelievi di acqua dal sottosuolo per emungimenti concentrati, che superano le disponibilità idriche della falda, dagli acquedotti di Paganico, del Pollino e delle Cerbaie e dai prelievi industriali nella zona di Capannori – Porcari. Questo fenomeno si è manifestato visivamente almeno dal 1987, con crepacciamenti nel terreno e lesioni agli edifici. Dal 1990 le Autorità di Bacino del Serchio e successivamente dell’Arno hanno cercato di contribuire alla risoluzione del problema: di concerto con i Ministeri dei Lavori Pubblici e dell’Ambiente, nonché della Regione Toscana, sono stati finanziati diversi interventi che, collegati tra di loro, avrebbero dovuto risolvere il problema o almeno attenuarlo fino a dimensioni accettabili: L’acquedotto intercomunale Lucca – Capannori, alimentato da nuovi pozzi in subalveo del Serchio a S. Pietro a Vico, che, oltre a dare acqua ad una zona sprovvista di acquedotto,avrebbe ridotto gli emungimenti localizzati a Paganico; L’acquedotto industriale per il riuso delle acque reflue del depuratore di Casa del Lupo, che avrebbe dovuto diminuire gli emungimenti per uso industriale; Il cosiddetto “Tubone”, che consiste in una derivazione di acqua dal Serchio per 450 litri al secondo, costituito da un tratto a cielo aperto preesistente (Canale Nuovo da Ponte a Moriano a Camigliano) e da una condotta interrata da Camigliano a Casa del Lupo. Tale opera avrebbe fornito, con esclusione dei mesi estivi, un quantitativo d’acqua ritenuto sufficiente a diminuire ulteriormente i prelievi dalla falda. Infatti con i 450 litri al secondo del “Tubone” e gli altri interventi ricordati sarebbe possibile abbattere gli emungimenti in atto di una quota di circa il 50%. Tali opere, ad oggi, risultano funzionanti in minima parte. Per quanto riguarda il “Tubone”, a lavori conclusi è stata prospettata l’opportunità di provvedere a sostituire il Canale Nuovo (a cielo aperto e nato per usi irrigui) con una condotta dedicata da realizzare nel tratto da Ponte a Moriano a Camigliano per garantire un afflusso di acqua costante, pur con esclusione dei mesi estivi. Inoltre, per sostituire in parte gli emungimenti per uso potabile, è necessaria la realizzazione di un impianto di potabilizzazione nei pressi del recapito finale del “Tubone”, nella zona di Casa del Lupo. E’ ritenuto necessario pertanto reperire nuove risorse finanziarie stimabili in alcuni milioni di euro. Nel frattempo, con l’istituzione degli ATO (Ambiti Territoriali Ottimali per la risorsa idrica) e delle relative società di gestione, i referenti non sono più solo gli Enti Pubblici, ma anche i privati. La società Acque SpA (gestore dell’ATO 2, competente territorialmente per i Comuni di Capannori, Porcari e Bientina) ha presentato un progetto per l’utilizzazione di un quantitativo d’acqua pari non più ai 450 litri/secondo già assentiti, ma di circa 1000 litri/secondo, con la costruzione di un “Tubone 2” e con l’aggiunta di un potabilizzatore a Casa del Lupo per avviare parte di tale acqua verso gli acquedotti del Pollino (Pescia Montecatini – Monsummano) e delle Cerbaie (Bientina - Pontedera – etc.). L’alternativa è rappresentata dal reperimento delle risorse mancanti, già sopra quantificate, mediante ulteriori finanziamenti pubblici, (per realizzare il tubo sostitutivo del Canale Nuovo ed un modulo di potabilizzazione) al fine di garantire la funzionalità del sistema ad oggi realizzato (con utilizzo dei 450 litri/secondo di acqua derivata dal fiume Serchio attraverso il “Tubone”). 257 Piano di gestione delle Acque del distretto idrografico del fiume Serchio Integrazioni – Documento 1 In questo scenario è fondamentale la individuazione del quantitativo d’acqua derivabile dal fiume Serchio. A questo proposito è importante ricordare che la portata media annuale del fiume è di circa 46 metri cubi/secondo, che la portata “minima vitale” all’altezza di Ponte a Moriano, da garantire al fiume, è di circa 6,5 metri cubi/secondo e che a Ripafratta, dove si dispone di misurazioni storiche, la portata del Serchio è inferiore al “deflusso minimo vitale” per circa 40 giorni l’anno. Questo fatto conferma che qualsiasi derivazione dal fiume deve essere effettuata con esclusione dei mesi estivi, approssimativamente nel periodo 15 giugno – 15 ottobre. In merito al quantitativo di acqua derivabile nei restanti mesi dell’anno occorre tenere in considerazione che il regime idrico attuale permette il rifornimento degli acquedotti di subalveo del Serchio posti a valle di Ponte a Moriano (S. Pietro a Vico, Salicchi, S. Alessio e Filettole, che riforniscono rispettivamente i territori di Lucca, Pisa e Livorno), oltre che la ricarica della falda della piana di Lucca, alimentata come è noto dal fiume, pensile sulla pianura. Obiettivo dell’Autorità di Bacino del Serchio è di garantire il mantenimento di un così importante equilibrio idrico. Per questo motivo è necessario far funzionare quanto prima il complesso delle opere realizzate, comportanti la derivazione dal Serchio dei 450 litri/secondo già assentiti e monitorarne gli effetti indotti su tutte le componenti del sistema idrogeologico. Solo con una adeguata scorta di dati sperimentali sulla risposta del sistema complessivo, potrà essere affrontata l’ipotesi di un eventuale incremento della portata derivata. 258 Piano di gestione delle Acque del distretto idrografico del fiume Serchio Integrazioni – Documento 1 6- Erosione della costa Nel Cap 2.2.3 del Rapporto Ambientale è stato analizzato il problema dell’erosione costiera che, nel periodo 1980-2000, ha interessato 214 km2, coinvolgendo un’estensione lineare totale di 125 chilometri di costa. La tutela dell’ambiente marino e costiero e quindi l’equilibrio idrogeologico delle aree costiere è uno degli impegni prioritari assunti dalla Regione Toscana negli ultimi anni. Con Del G.R. n° 1214/2001 è stato approvato il piano regionale di gestione integrata della costa ai fini del riassetto idrogeologico e nel 2002 è stato firmato il protocollo di intesa con le Province costiere per il completamento del quadro conoscitivo della costa e l’attuazione degli interventi di recupero e riequilibrio del litorale. I risultati dello Studio e ricerca per l’implementazione del quadro conoscitivo della costa toscana nell’ambito del Piano regionale di Gestione integrata della Costa svolto tra il 2005 e il 2008 per conto della Regione Toscana, da incaricati esterni (soc TEI S.p.A., D.E.A.M. s.r.l., HYDEA s.r.l., GEOSYSTEM PARLMA s.r.l., S.T.G) hanno rivelato che a Nord della Toscana, i maggiori fiumi (Versilia, Serchio, Arno, compresi nella Unità Fisiografica n°1) hanno un apporto sostanziale di sabbie alla costa variabile tra i 20000 e i 100000 mc medio annui. L’evoluzione del litorale comunque non dipende soltanto dall’apporto fluviale ma anche da fattori locali come le caratteristiche meteo marine e idrodinamiche oltre che dalla presenza di strutture o dalla morfologia dei fondali. A causa dell’orientazione della costa e del settore di esposizione, il trasporto longitudinale lungo questo tratto del litorale tirrenico risulta rilevante. Le opere di difesa realizzate nel tempo, interferendo con i processi naturali, hanno spesso indotto effetti positivi locali ma hanno favorito l’erosione delle spiagge contigue. Per il tratto che da Porto di Viareggio giunge fino alla Foce del Fiume Morto è previsto un generale avanzamento della linea di costa dal porto fino a Bocca di Serchio, mentre tra il Serchio e il Fiume Morto è probabile un consistente arretramento, con il rischio di perdita del cordone dunale e di intrusione di acqua salata nelle Lame (aree umide ricomprese nella Ree Natura 20000 e nel territorio del parco regionale Migliarino- S. Rossore Massaciuccoli). A nord della Foce dell’Arno, tra Marina di Pisa e le spiagge del Gombo, nella Tenuta di S. Rossore, invece, si registrano importanti fenomeni erosivi Il Piano Regionale di Azione Ambientale (PRAA) 2007-2010 nell’ambito dell’area di azione prioritaria “Natura, biodiversità e difesa del suolo” esplicita il macrobbiettivo “Mantenimento e recupero dell’equilibrio idrogeologico e riduzione dell’erosione costiera” e prevede azioni volte a garantire l’equilibrio della dinamica costiera, il recupero e la tutela del patrimonio costiero anche in riferimento alle zone umide e per mantenere l’attrattività dei litorali che hanno un importante ruolo per l’economia del turismo regionale. Il Progetto Beachmed (INTERREG IIIB Medoc e INTERREG IIIC sud) si propone il recupero ambientale e la manutenzione dei litorali in erosione mediante l’impiego di depositi di sabbie marine. Per raggiungere tale scopo i diversi soggetti coinvolti sono impegnati per progettare e realizzare strumenti tecnici per la caratterizzazione del fenomeno erosivo a scala mediterranea e per un uso sostenibile delle risorse. Si realizza attraverso 4 misure: il monitoraggio dell’erosione (OpTIMAL: Ottimizzazione delle Tecniche Integrate di Monitoraggio Applicate ai Litorali) l’erosione e i cambiamenti climatici (NAUSICAA): caratterizzazione delle condizioni idro meteorologiche dei litorali; analisi dei rischi costieri e comportamento delle opere di difesa; studio delle dinamiche di praterie di Posidonia oceanica) la ricerca di giacimenti sabbiosi sottomarini(ReGiacimenti di Sabbie Sottomarine nel Mar Mediterraneo) lo sfruttamento sostenibile (EuDREP: Compatibilità Ambientale delle Attività di Dragaggio e Ripascimento) 259 Piano di gestione delle Acque del distretto idrografico del fiume Serchio Integrazioni – Documento 1 La regione Toscana, inoltre, ha aderito al progetto UE Eurosion (2002-2004) per la gestione sostenibile delle coste (www.eurosion.org). Alcuni dati sono disponibili e scaricabili dal sito http://www.eea.europa.eu/data-and-maps/data#c5=all&c11=climate&c17=&c0=5&b_start=5. Le seguenti mappe sono state ricavate dal sito http://www.eurosion.org/reports-online/part2.pdf 260 Piano di gestione delle Acque del distretto idrografico del fiume Serchio Integrazioni – Documento 1 261 Piano di gestione delle Acque del distretto idrografico del fiume Serchio Integrazioni – Documento 1 7- Fenomeni di salinizzazione Lungo la costa nella pianura versiliese, in prossimità del bacino del Lago di Massaciuccoli, si ha una elevata densità abitativa, che aumenta nel periodo estivo per i flussi turistici balneari e, nelle aree di bonifica meccanica, si trovano estese superfici coltivate intensivamente in prevalenza a cerealicole. Nel documento ”Nuovi studi sulla crisi idrica e sulla salinizzazione a Viareggio e in Versilia” (S. Cavazza, P. Cortopassi, A. Crisci, G. Duchi, A. Pardossi, J. Simonetta, 2002) si ricava che l’acquifero sfruttato dai numerosi impianti di emungimento è quello superiore, caratterizzato da sabbie e sabbie limose che presenta, dopo i primi 13-18 metri, una diminuzione granulometrica. Esso è alimentato prevalentemente in sotterraneo: la ricarica avviene dai contrafforti collinari che “travasano” elevate quantità di acqua attraverso i depositi di conoide sepolti che quindi poi le cedono alle adiacenti sabbie marine e dall’alimentazione proveniente dal sistema di faglie profonde presenti al margine pedecollinare, da dove masse d’acqua risalgono dalle profondità, riversandosi nei livelli più permeabili. Il flusso delle acque sotterranee è fortemente richiamato verso l’area “depressa” caratterizzata dalle ex cave di sabbia silicea seguendo il gradiente piezometrico esistente. La pianura meridionale della Versilia risulta particolarmente interessata dai fenomeni di ingressione marina, sia di natura sotterranea sia superficiale lungo i corsi d’acqua defluenti in mare. I prelievi idrici a uso irriguo effettuati direttamente negli alvei dei canali (Sassaia-Farabola, Burlamacca in particolare) contribuiscono ad aumentare la salinità dei terreni interessati dalle colture. Il pompaggio di acqua eccessivo da pozzi perforati negli acquiferi costieri provoca a una risalita verso l’alto dell’acqua salata e quindi una diffusione della stessa anche ai livelli superiori dove si trovano gli acquiferi alluvionali che presentano peraltro un coefficiente di permeabilità orizzontale maggiore rispetto a quello verticale. 262 Piano di gestione delle Acque del distretto idrografico del fiume Serchio Integrazioni – Documento 1 8- La vegetazione La vegetazione esercita una notevole influenza sulla conservazione della fertilità del suolo. Essa risente di fenomeni climatici estremi come la siccità ed è vulnerabile al rischio incendi ma protegge dall’erosione sia attutendo l’impatto della pioggia sul terreno mediante le foglie e quindi il ruscellamento superficiale, sia attraverso l’apparato radicale che migliora la struttura del suolo. L’analisi del trend dell’ NDVI (Normalized Difference Vegetation Index) nel mese di Agosto, ha mostrato per il periodo 1986-2003 una diminuzione della copertura vegetale in alcune aree della Toscana. I dati sulle precipitazioni mostrano che negli ultimi 10 anni si sono intensificati i fenomeni siccitosi invernali, e la conseguente riduzione della copertura vegetale in primavera ed estate è la risposta a questo fenomeno. Fig. 21- copertura vegetale dei suoli Dalla cartografia risulta evidente che nel bacino del Serchio si è avuta prevalentemente un aumento della copertura vegetale, soprattutto nella provincia di Lucca. Diminuzioni si rgistrano invece nella zona al confine con la Provincia di Pisa in prossimità dell’area del Massaciuccoli e lungo la fascia costiera in cui ricade buona parte del Parco Regionale Migliarino-S. Rossore-Massaciuccoli. A tal proposito si tenga in considerazione che uno dei fattori di maggior impatto sulla vegetazione costiera è rappresentato dal fenomeno dell’aerosol marino che ha determinato il deterioramento di estese pinete litoranee, da alcune patologie di recente propogazione e da problemi di cuneo salino. Di seguito è descritto nel dettaglio l’uso del suolo nel bacino nel periodo 1990-2005. 263 Piano di gestione delle Acque del distretto idrografico del fiume Serchio Integrazioni – Documento 1 8.1- Analisi dell’uso del suolo nel Bacino del Serchio Sono stati analizzati in modo comparativo i dati del progetto Corine Land cover relativi agli anni 1990-20002006 e ritagliati sul limite amministrativo del Bacino del Serchio utilizzando gli shp.file disponibili e scaricabili dal sito web dell’ISPRA. Dai grafici e dalla tabella seguente si ricavano i trend per le diverse tipologie di uso del suolo Il disboscamento provoca l’asportazione degli orizzonti organici di superficie che sono responsabili della regimazione dei deflussi idrici e dell’attività biologica del suolo. Questo determina una forte riduzione della capacità di ritenzione dell’acqua da parte del suolo e quindi diminuisce la capacità di ricarica delle falde. Peggio ancora se dopo il disboscamento si ha un pascolamento Ii boschi di alto fusto sono più efficienti dei cedui in tutte quelle funzioni di copertura e protezione del suolo, regimazione delle acque e prevenzione dei dissesti 264 Piano di gestione delle Acque del distretto idrografico del fiume Serchio Integrazioni – Documento 1 Il governo a ceduo i tagli sono ravvicinati (turno breve) e comportano un denudamento del terreno Anche il decespugliamento che viene effettuato per ridurre il rischio incendio e facilitare la rinnovazione naturale dei boschi sembra determinare un aumento dell’erosione dei suoli dal momento che provoca il denudamento dei terreni 265 Piano di gestione delle Acque del distretto idrografico del fiume Serchio Integrazioni – Documento 1 1990 2000 2006 111 Zone urbanizzate 5658 5648 6244 112 121 Territori modellati 122 7749 artificialment e 7455 Zone industriali, commerciali e 1404 reti di comunicazion e 8898 1188 1901 123 131 141 390,53 386,08 Territori agricoli 32603 32609 31376 423,279 7 Aree estrattive 233 330 Zone verdi artificiali non 297 agricole 142 211 e Seminativi Tessuto urbano continuo Tessuto urbano discontinuo Aree industriali o commercial i Reti stradali e ferroviarie e spazi accessori Aree portuali 1990 2000 2006 Tren d 385,79 424,73 385,79 5272,56 5223,68 5858,01 998,09 775,06 1478,56 356,09 358,6 380,5 49,48 53,85 42,02 390,53 386,08 423,28 Zone estrattive, discariche cantieri Livello 3 Livello 2 2006 2000 Corine Land Cover (ha) Tren d 9098,6 8984,69 8806,65 7 7 5 1990 Corine Land Cover (ha) Tren d Aree verdi 235,45 233,07 urbane Aree sportive e 61,26 ricreative Seminativi 9098,67 8984,70 in aree non 229,67 99,8423 Corine Land Cover (ha) Cod Livello 1 . 8806,66 266 Piano di gestione delle Acque del distretto idrografico del fiume Serchio Integrazioni – Documento 1 Livello 2 1990 2000 2006 221 222 Colture permanenti 4266 4655 4087 223 231 Prati stabili 1387,1 1177,87 1879,46 3 2 242 Zone agricole 17852 eterogenee 17090 17304 243 311 Territori e 11996 313 boscati 120157 119620 6 ambienti semi naturali 321 Zone boscate 106391 104728 106598 312 Zone caratterizzate da 11065 vegetazione arbustiva e/o 12116 10823 Livello 3 irrigue Vigneti Frutteti frutti minori Uliveti Tren d 1990 2000 2006 225,93 292,49 220,015 58,26 91,84 e 2006 3981,48 4271,08 3867,16 Prati stabili 1387,13 1879,46 1177,87 Sistemi colturali e particellari permanenti Aree prev. occupate da colture agrarie, con spazi naturali Boschi di latifoglie Boschi di conifere Boschi misti Aree a pascolo naturale e praterie d'alta 9416,21 9748,03 8955,15 8435,41 7341,80 8349,11 2000 Corine Land Cover (ha) Tren d 86027,7 86091,9 84066,95 3 9 4639,82 5630,31 4608,75 15723,6 15897,7 15030,87 5 4 4206,79 4559,16 1990 Corine Land Cover (ha) Tren d Corine Land Cover (ha) Cod Livello 1 . 4138,02 267 Piano di gestione delle Acque del distretto idrografico del fiume Serchio Integrazioni – Documento 1 2006 Livello 2 1990 2000 2006 erbacea 323 324 331 333 334 Zone aperte con vegetazione 2510 rada o assente 1990 2000 174,88 1644,07 566,56 330,36 2006 Tren d quota 322 332 Livello 3 3313 2198 Brughiere e cespuglieti Aree a vegetazion e sclerofilia Aree a vegetazion e boschiva e arbustiva in evoluzione Spiagge, dune, sabbie Rocce nude, falesie, rupi, affioramen ti Aree con vegetazion e rada Aree percorse da incendi 2000 Corine Land Cover (ha) Tren d 555,85 1990 Corine Land Cover (ha) Tren d 6116,65 5582,68 6128,98 729,18 555,35 386,95 431,46 678,854 431,463 1349,63 1590,997 1380,02 5 Corine Land Cover (ha) Cod Livello 1 . 487,5285 268 Piano di gestione delle Acque del distretto idrografico del fiume Serchio Integrazioni – Documento 1 886,07 869,56 905,55 7 6 511 Corpi idrici 1432 1426 Livello 2 1422 2006 1426 1642 512 523 2000 Zone umide 886,07 869,567 905,556 interne Acque continentali 1642 1990 Acque marittime 9,62 Livello 3 1990 2000 Paludi 886,07 869,567 interne Corsi d'acqua, 154,19 152,1685 canali e idrovie Bacini 1267,90 1273,336 d'acqua Mari e 9,62 oceani 2006 905,556 Tren d 411 Zone umide 2006 Corine Land Cover (ha) Tren d 381,141 2000 1990 Corine Land Cover (ha) Tren d Corine Land Cover (ha) Cod Livello 1 . 1260,76 6 Complessivamente si osserva un incremento dei territori modellati artificialmente e un decremento sia dei territori agricoli che dei territori boscati dal 1990 al 2006 con oscillazioni (molto probabilmente dovute a diverse metodologie di calcolo) tra il 2000 e il 2006. Per quanto riguarda le zone agricole diminuiscono le superfici a seminativo e a prato stabile e, in parte anche le colture permanenti. L’estensione delle aree boscate aumenta e anche, nelle zone caratterizzate da vegetazione arbustiva e/o erbacea, si osserva un incremento delle aree a vegetazione boschiva e arbustiva in evoluzione e dei cespuglieti a discapito delle zone aperte (radure intrasilvatiche e praterie di crinale e prati pascolo). Questo dato, insieme a quelli di natura economica, indica la situazione di progressivo abbandono delle tradizionali attività agro-pastorali soprattutto nelle aree montane, con progressiva colonizzazione degli spazi aperti da parte di vegetazione arbustiva e poi arborea, con perdita di biodiversità (si pensi alla ricchezza in specie delle praterie primarie e secondarie), di eterogeneità del mosaico paesaggistico e dell’importante funzione di presidio a difesa del suolo mediante opere di sistemazione agraria e di regimazione idrualica. Aumentando il consumo di suolo a fini urbanistici, sia residenziali che produttivi e, conseguentemente aumentando la rete di infrastrutture, crescono le pressioni dirette e indirette sulle risorse ambientali:in primo luogo le emissioni in atmosfera, sia da sorgenti diffuse che puntuali che lineari, ma anche i consumi di energia e i fabbisogni idrici, l’aumento della produzione di rifiuti. 269 Piano di gestione delle Acque del distretto idrografico del fiume Serchio Integrazioni – Documento 1 8.2- Alcuni indicatori 8.2.1- L’indicatore di protezione dall’erosione Il valore di tale indicatore è strettamente dipendente dal grado e dal tipo di copertura (erbacea, arbustiva o arborea), dalla struttura del popolamento e dalle specie. Utilizzando come base cartografica tematica il CORINE Land Cover al 4° livello, tutte le classi relative alla vegetazione naturale e non sono state riclassificate tra 1 e 2 riprendendo la classificazione adottata nel Progetto DISMED e adattandola alle caratteristiche del territorio toscano. Fig. 22- Protezione dall’erosione Si osserva che nel bacino del Serchio si hanno valori dell’indicatore < = a 1,5. I valori più alti si riferiscono alle aree agricole, dove le coltivazioni, per lo più di tipo erbaceo, e le cure colturali messe in atto danno al terreno una protezione minore. Anche le colture arboree ed i rimboschimenti hanno un potenziale protettivo ridotto, data la natura dell’impianto, regolare e/o distanziato e monoplano che non permette un’elevata copertura del suolo. 8.2.2- L’indicatore di resistenza alla siccità Alcune specie resistono meglio a condizioni di siccità rispetto ad altre; le specie che crescono in ambiente mediterraneo si sono adattate alle particolari condizioni termo- pluviometriche ed hanno, quindi, una maggiore resistenza rispetto a specie prettamente montane. Anche per la definizione della sensibilità della vegetazione alla siccità (Fig. 41) si è ricorso al CORINE Land Cover, opportunamente riclassificato: 270 Piano di gestione delle Acque del distretto idrografico del fiume Serchio Integrazioni – Documento 1 Fig. 23- resistenza alla siccità Le aree con il punteggio più alto dell’indicatore corrispondono alla vegetazione con esigenze di fabbisogno idrico più elevato. Nel territorio del bacino del Serchio si hanno estese zone con media resistenza alla siccità lungo i versanti montani caratterizzati da boschi di latifoglie e zone che necessitano di una maggiore disponibilità d’acqua sui crinali montani appenninici; i più alti valori si osservano nelle aree coltivate della bonifica agricola del Massaciuccoli e della piana di Lucca. 8.3. Gli incendi Gli incendi boschivi sono strettamente correlati con l’uso del suolo : la vicinanza di infrastrutture stradali e di aree urbanizzate spesso è causa di un numero maggiore di inneschi ma sono importanti anche alcune attività esistenti come quella della pastorizia le caratteristiche della vegetazione dell’area in cui è avvenuto l’innesco (il grado di infiammabilità varia da specie a specie) fattori meteorologici: ad esempio la temperatura,quantità di pioggia caduta (determina un maggiore contenuto di acqua nel suolo e quindi una maggiore umidità atmosferica), n° di giorni senza pioggia,radiazione solare. caratteristiche morfologiche del territorio o pendenza: determina una maggiore propagazione e diffusione dell’incendio per rotolamento verso valle del materiale incendiato e perché esiste una maggiore probabilità di contatto delle chiome degli alberi o esposizione dei versanti: influenza lo stress idrico della vegetazione. Questo perché in genere la parte rivolta a sud presenta una radiazione solare e una temperatura più alta rispetto alla parte che guarda a Nord I danni causati dagli incendi in sintesi risultano i seguenti: - danno alla produzione legnosa - danno a prodotti non legnosi (funghi, castagne) - danno al valore naturale e conservazionistico delle aree incendiate. Gli incendi hanno effetto sulla composizione floristica, sulla struttura delle comunità vegetali e sulla loro evoluzione e conseguentemente sugli habitat disponibili per le zoocenosi 271 Piano di gestione delle Acque del distretto idrografico del fiume Serchio Integrazioni – Documento 1 - più rapida mineralizzazione della sostanza organica rispetto a quella determinata dai processi naturali, con conseguente perdita di elementi nutritivi per dilavamento o lisciviazione: predisposizione alla degradazione del suolo- alias desertificazione - aumento del rischio frane dove il suolo è poco stabile e la roccia non è compatta per azione sulla struttura del terreno: sigillando i pori e le fenditure, creando una crosta carbonizzata e formando uno strato idrorepellente si modifica l’infiltrazione dell’acqua; - danno al turismo e alle attività ricreative - danno alla produzione di selvaggina per l’attività venatoria - danni alla funzione di protezione idrogeologica per - perdita di fertilità del suolo e ritardo nel periodo di ripristino - Danni alla funzione di protezione dal cambiamento climatico esercitate dalla copertura forestale per Perdita della funzione foto sintetica che garantisce il sequestro della CO2 Aumento delle emissioni di CO2 per combustione della biomassa legnosa e della materia organica Aumento delle emissioni di gas serra nell’atmosfera (gli incendi provocano emissione di inquinanti primari come CO2, CO, NOx,CH4,SO2,NH3, idrocarburi diversi dal metano, polveri sottili o particolato PM2,5 o PM10 e di inquinanti secondari come O3 sia a livello locale che a notevole distanza dal punto di emissione). Contributo ai cambiamenti climatici - Effetti sulla salute delle comunità residenti c/o le aree interessate e su quella degli addetti alle attività di estinzione - Le alte temperature hanno effetti negativi anche sulle proprietà chimico-fisiche del suolo (ad es rendendolo meno permeabile e quindi più esposto a fenomeni erosivi) Tra il 1970 e il 2006 il numero annuo di incendi superiore a 10000 si verificato ben 13 volte; la situazione più critica si è verificata nel 1985, per n° di incendi (18664), nel 1993 per superficie boscata percorsa dal fuoco (116378 ha), nel 1981, per superficie totale interessata (229850 ha). Emblematico il caso dell’anno 2007 in cui le alte temperature che si sono mantenute su valori critici per lungo periodo, hanno predisposto maggiormente al rischio incendi il territorio italiano. Rispetto al 2006 si è registrato: n° di incendi +70% ; + 270% della superficie totale percorsa dalle fiamme, + 350% della superficie boscata andata in fumo; + 210% superficie non boscata andata in fumo)2 con danni per 3 miliardi di euro, pari al 0,6% del PIL La temperatura media globale in costante crescita come accertato dai modelli climatici oggi allo studio (vd precedente IV Rapporto IPPC) determinerà periodi estivi caratterizzati da siccità ed alte temperature (oltre i 35°C) che predisporranno maggiormente le superfici boscate al rischio incendi. Nel piano di azione regionale per la conservazione della biodiversità in fase di elaborazione, gli incendi rappresentano una causa di minaccia significativa sia per i target forestali (target 9,10,11), con particolare riferimento al target “Foreste e macchie alte a dominanza di sclerofille sempreverdi e latifoglie termofile” (29% degli habitat e 20% delle specie). Il progetto Desertnet individua i seguenti indicatori: 2 Dati del Corpo Forestale dello Stato tratti da V. Leone e R. Loveglio “la conoscenza delle motivazioni: la grande incognita nell’attività di prevenzione”nel volume “Incendi Boschivi- prevenzione, lotta e controllo con i nuovi strumenti tecnologici”(Ricerca Trasferimento Innovazione n° 8)- 2009 Regione Toscana 272 Piano di gestione delle Acque del distretto idrografico del fiume Serchio Integrazioni – Documento 1 8.3.1- Indicatore di vulnerabilità agli incendi In base alle classi del CORINE Land Cover si è ricavata la carta della vulnerabilità intrinseca della vegetazione agli incendi basata sulla diversa infiammabilità delle specie e riclassificata con score 1-2. Fig. 24- vulnerabilità agli incendi Si nota che l’indicatore nel territorio del bacino del Serchio presenta i valori più bassi (in genere tra 1 e 1.25). 8.3.2- L’indice di rischio d’incendio La probabilità che si verifichi un incendio è legata a fattori di natura “antropica” che ne determinano l’innesco. Ovviamente la propagazione è potenziata da fattori “naturali”come la quota, l’esposizione del versante e la sua pendenza ma importanti risultano anche dati circa l’uso del suolo, la distanza da strade e la densità degli abitanti. Per la cstrzione dell’indicatore sono stati utilizzati anche i dati dei punti d'innesco degli incendi avvenuti negli ultimi 20 anni, digitalizzando le informazioni contenute nelle schede AIB (Anti Incendi Boschivi) della Regione Toscana. L'Indice globale è stato realizzato moltiplicando i singoli Fattori riclassificati: Rischio Incendio Strutturale = F_quota X F_pendenza X F_esposizione X F_uso suolo X F_distanza strade X F_densità abitanti 273 Piano di gestione delle Acque del distretto idrografico del fiume Serchio Integrazioni – Documento 1 Fig. 25- rischio di incendi Come da Cap. 2.2.2. del Rapporto Ambientale, il Programma Forestale Regionale 2007-2011 riporta un’analisi dei dati 1995-2004 da cui risulta che Lucca rientra tra le Provincie più colpite insieme a Pistoia: tra le aree con gli incendi più rilevanti sono segnalati il comprensorio dei Monti Pisani, la Media valle del Serchio, l’alta Versilia. Il dato coincide con quanto evidenziato dalla cartografia. 274 Piano di gestione delle Acque del distretto idrografico del fiume Serchio Integrazioni – Documento 1 E’ stato inoltre definito un elenco dei Comuni a maggior rischio (ai sensi del Regolamento Forestale DPGR 48/R del 2003). Fig. 26- i comuni a maggior rischio incendio nel bacino del Serchio La superficie a rischio incendio è pari al 47% dell’intera superficie del Bacino del Serchio. 8.3.3- La problematica incendi nel bacino del Serchio Al fine di approfondire la problematica a scala di bacino di seguito si riporta l’elaborazione dei dati forniti dalla Regione Toscana (Dr Leonardo Franchini) per quanto concerne le province di Pisa, Pistoia e Lucca. Dalle tabelle sono stati estratti i Comuni di interesse e, per quelli che ricadono solo parzialmente nel bacino, è stata verificata l’ubicazione delle località indicate. Trattandosi spesso di toponimi di non facile reperimento, si può ipotizzare una minima imprecisione su alcuni comuni (in particolare Lucca, Capannori, Minucciano); per località poste in prossimità dei limiti amministrativi di bacino si è preferito includere i dati. I dati sono stati archiviati per data dell’evento, comune, località estensione della superficie incendiata (suddivisa tra le tipologie “boscata” e “non boscata”) 8.3.3.1 Provincia di Pistoia Il grafico seguente mostra una crescita progressiva nel n° di incendi nei comuni della provincia di Pistoia compresi nel Bacino del Serchio. Si tratta di territori montani posti lungo la parte più settentrionale della vallata del T. Lima, caratterizzati da estese aree boscate (vd Cap su Bilancio CO2) e di aree in cui sono ancora presenti attività agrosilvo pastorali tradizionali. Il Comune di Pescia è inserito per quanto concerne la porzione più settentrionale della valle del T. Pescia, lungo la linea spartiacque con il T. Lima (loc Le Pracchie) dove sono ancora praticate attività agro-silvopastorali tradizionali. 275 Piano di gestione delle Acque del distretto idrografico del fiume Serchio Integrazioni – Documento 1 Il grafico precedente evidenzia che in alcuni anni (2003 e 2008) gli incendi delle aree non boscate spesso risultano più estesi di quelli delle aree boscate. Dal grafico seguente si osserva che tali eventi si verificano prevalentemente nel Comune di S. Marcello Pistoiese dove si ha anche il maggior n° di interventi. Spesso le superfici non boscate interessate dagli incendi risultano non particolarmente estese (anche per la possibilità di attuare spesso uno spegnimento efficace con più facilità) rispetto alle aree boscate. 276 Piano di gestione delle Acque del distretto idrografico del fiume Serchio Integrazioni – Documento 1 Interessante osservare che nell’area montana, complessivamente nel decennio, il maggior n° di incendi si colloca nei mesi tardo invernali (febbraio- metà di marzo). 277 Piano di gestione delle Acque del distretto idrografico del fiume Serchio Integrazioni – Documento 1 8.3.3.2- Provincia di Lucca Anche in Provincia di Lucca, il n° di incendi che interessano il Bacino del Serchio registra un picco nel 2003 (anno particolarmente arido) e poi mostra un trend crescente dal 2004 al 2009. Il grafico seguente mostra che, nonostante l’alto indice di boscosità del Bacino (dal 66% a circa il 72% come calcolato dalla carta forestale del 2005, vd Cap 2.2.1 della relazione sullo stato dell’ambiente del Rapporto Ambientale) la maggior parte degli incendi interessa zone non boscate. 278 Piano di gestione delle Acque del distretto idrografico del fiume Serchio Integrazioni – Documento 1 I comuni in cui si osserva il n° massimo di incendi su superfici non boscate sono quelli di Pescaglia, Stazzema e Camaiore e interessano i crinali apuani compresi tra la zona delle Panie e la porzione più meridionale con il Monte Prana e le aree di Campo all’Orzo. Qua si trovano ancora numerose attività pastorali, con conduzione dei greggi allo stato brado e gestione del pascolo anche mediante frequenti incendi delle aree aperte per evitare la colonizzazione dell’arbusteto e “rinnovare” la produzione erbacea. Si tenga conto che i suddetti crinali risultano compresi in Siti della Rete Natura 2000 e parzialmente nel territorio del parco Regionale delle Alpi Apuane e sono vigenti specifiche norme che vietano tale pratica. Il Comune di Bagni di Lucca risulta quello caratterizzato dalla maggiore boscosità (vd Cap XX sul bilancio della CO2) e presenta ancora un’economia caratterizzata dalla presenza di numerose attività agro-silvopastorali. Gli incendi riguardano sia superfici boscate che superfici non boscate. Diversa la situazione per Massarosa dove gli incendi riguardano in parte le zone boscate collinare e in parte le aree di bonifica del lago e Padule di Massaciuccoli (che rientrano quasi interamente nel territorio del parco Regionale Migliarino-S. Rossore-Massaciuccoli e nel SIR-SIC-ZPS “Lago e Padule di Massaciuccoli”). 279 Piano di gestione delle Acque del distretto idrografico del fiume Serchio Integrazioni – Documento 1 Se si osserva l’andamento mensile degli incendi sull’intero decennio si osserva che questi interessano prevalentemente aree non boscate nei mesi invernali (da gennaio a marzo, con picco in febbraio) e le aree boscate nei mesi estivi (da luglio a settembre). Il n° di interventi risulta comunque massimo nei mesi estivi (agosto) quindi è da supporre la presenza di numerosi focolai che, prontamente estinti, vanno a interessare modeste superfici. Nei mesi invernali (marzo) il n° di incendi aumenta e così l’estensione di ciascuno. 280 Piano di gestione delle Acque del distretto idrografico del fiume Serchio Integrazioni – Documento 1 8.3.3.3- Provincia di Pisa Contrariamente a quanto accade per i Comuni di Pistoia e di Lucca compresi nel Bacino, in Provincia di Pisa si assiste a un calo del n° di incendi, in particolare dal 2006 al 2010. Si osserva anche in questo caso il picco registrano nel 2003, anno particolarmente siccitoso in tutta Italia. In questo territorio si assiste a una pressione sia su aree boscate che non boscate. In generale gli incendi sulle aree boscate nei diversi anni risultano i più estesi, eccetto che nel 2000 e, soprattutto, nel 2003 e nel 2009. Il territorio che presenta il maggior n° di incendi è quello del comune di Vecchiano, peraltro interamente compreso nel bacino del Serchio e qusi interamente nel territorio del Parco Regionale Migliarino S. RossoreMassaciuccoli. Gli incendi considerati in comune di Pisa sono quelli ricadenti nella Tenuta di S. Rossore e nelle zone di Migliarino al confine con il Comune di Vecchiano. Su S. Giuliano Terme la porzione compresa nel bacino del Serchio si trova sul crinale dei monti Pisani (boscati) e nel fondovalle del Fiume Serchio e della rete idraulica minore. 281 Piano di gestione delle Acque del distretto idrografico del fiume Serchio Integrazioni – Documento 1 Dal grafico seguente si osserva che gli incendi delle superfici aperte si verificano nei mesi invernali (in prevalenza a febbraio) ma il n° di interventi è scarso. Il picco degli interventi si ha in estate, nel mese di luglio, e, nei mesi da aprile a settembre, le superfici interessate sono quelle boscate. 282 Piano di gestione delle Acque del distretto idrografico del fiume Serchio Integrazioni – Documento 1 8..4- L’indice di qualità della vegetazione -VQI VQI = (Protezione dall’erosione X Resistenza alla siccità X Vulnerabilità agli incendi X Rischio d’incendio boschivo) Le maggiori criticità sono presenti nelle piane agricole lungo il corso del fiume Arno (Val di Chiana, Valdarno, piana pisana settentrionale), lungo l’asse Firenze-PratoPistoia ai piedi dell’Appennino, nel grossetano centrale, nella zona di Piombino ed in alcune zone dell’Isola d’Elba. Nel territorio del bacino del Serchio risultano particolarmente “vulnerate” le zone intorno al lago di Massaciuccoli e sul versante versiliese delle Apuane, oltre ad alcune zone della piana di Lucca. Fig. 27- indice di qualità della vegetazione 283 Piano di gestione delle Acque del distretto idrografico del fiume Serchio Integrazioni – Documento 1 9-Analisi Socio-Economica Dal momento che numerosi sono i fattori antropici che esercitano uno stress sul territorio aumentandone la vulnerabilità (incremento e densità demografica; agricoltura intensiva; abbandono dei terreni; sovrapascolamento; turismo) il progetto Desertnet, ha condotto una specifica analisi socio-economica focalizzando l’attenzione su 2 aspetti: Le fluttuazioni demografiche sia in termini di densità di popolazione che di densità turistica tra il 1993 e il 2001- definizione dell’indice HPI (Indice di Pressione Antropica) i dati relativi alla gestione del territorio sia in termini di politiche di protezione del territorio (parchi e aree protette) che in termini di gestione agro-pastorale (superficie agricola utilizzata, diffusione delle pratiche dia agricoltura biologica, utilizzo dell’irrigazione, allevamento). - definizione dell’indice MQI– Management Quality Index 9.1- HPI - Indice di Pressione Antropica Calcolo indice HPI: (Densità di popolazione2001 X Variazione % densità di popolazione 2001-1961 *X Densità turistica2001 X Variazione % densità turistica 2001-1993)1/4 Nel Cap 1.6 la descrizione dell’uso del suolo nel bacino del Serchio evidenzia dal 1990 al 2005 un progressivo aumento delle superfici modellate artificialmente per una espansione delle aree urbanizzate e delle infrastrutture funzionali. Questo accade in genere a scapito delle superfici agricole e, oltre a pressioni sulle risorse (acqua, aria, sistema rifiuti ed energia..) esercita sicuramente un forte impatto sulla qualità del suolo attraverso l’impermeabilizzazione dello stesso (soil sealing) aumentando le possibilità di formazione di eventi di piena anche repentini. Tra le principali cause di minaccia per la conservazione della biodiversità in Toscana il piano di azione regionale in fase di redazione individua il consumo di suolo e la frammentazione per urbanizzazione e infrastrutture che interessa prevalentemente i target ambientali delle aree costiere e delle pianure (target 1,2,3,4,5). L’azione è diretta per riduzione e frammentazione degli habitat, perdita di habitat di specie, disturbo acustico e luminoso, mortalità per collisioni, diffusione di specie esotiche, accentuazione dei fenomeni di erosione in aree costiere 284 Piano di gestione delle Acque del distretto idrografico del fiume Serchio Integrazioni – Documento 1 9.1.1- Densità di popolazione Fig. 28- densità di popolazione Nel territorio del bacino del Serchio la maggiore densità di popolazione all’anno 2001 si ha nei comuni della Pianura lucchese e della costa. Nella Media Valle del Serchio si notano i comuni di Barga, Gallicano, Castelnuovo Garfagnana e Borgo a Mozzano. Per l’aggiornamento dei dati dal 2004 al 2008 vd Cap 2 della relazione sullo stato dell’ambiente del rapporto Ambientale. Nella tabella di cui al cap. 2.1 si osserva che i comuni interamente ricadenti nel territorio di interesse, che presentano una densità demografica media superiore a 100 ab/kmq risultano: Barga, Borgo a Mozzano, Gallicano, Lucca, Massarosa, Viareggio, Vecchiano. 9.1.2- La variazione % della densità di popolazione Il calcolo della variazione demografica è stato fatto fra i dati del Censimento della Popolazione del 1961 e quelli del 2001. Fig. 29- variazione % della densità di popolazione I comuni che, negli ultimi 40 anni hanno più che raddoppiato la densità abitativa sono concentrati ancora una volta intorno ai centri di Firenze e Prato, anche se il capoluogo toscano, in particolare, risulta aver subito una contrazione della popolazione. Aumenti di densità di popolazione hanno riguardato i comuni della costa. Nella Media Valle del Serchio e in Garfagnana non si registra un incremento demografico, anzi un possibile decremento. 9.1.3- La pressione turistica L’indicatore è stato costruito con i dati relativi alle presenze turistiche annuali forniti dall’IRPET (Istituto Regionale per la Programmazione Economica della Toscana) e fa riferimento all’anno 2000. 285 Piano di gestione delle Acque del distretto idrografico del fiume Serchio Integrazioni – Documento 1 Fig. 30- la pressione turistica I dati relativi al bacino del Serchio aggiornati sono consultabili nel Cap. 21 della relazione sullo stato dell’ambiente del Rapporto Ambientale e conferma la situazione con una pressione consistente lungo la costa (Viareggio) e nei centri storici e culturali (Lucca, Barga..) Nel piano di azione regionale sulla biodiversità in fase di redazione anche la pressione turistica è indicata tra le cause di minaccia più diffuse in tutti i target; risulta comunque più rilevante in quelli costieri (1 e 2) e montani (7). 286 Piano di gestione delle Acque del distretto idrografico del fiume Serchio Integrazioni – Documento 1 9.1.4- La variazione percentuale della pressione turistica Il calcolo della variazione percentuale è stato effettuato sui dati di presenze turistiche degli anni 1993 e 2000. L’aumento della densità turistica per comune corrisponde a valori percentuali positivi. Fig. variazione % della pressione turistica 31- Si nota un consistente aumento della densità turistica in alcuni comuni della Media Valle e nella zona di Lucca. 9.2- L’indice di pressione antropica- HP HPI = (Dens. popol.2000 * Var. % dens. popol.1961-2000 * Dens. tur.2000 * Var. % dens.tur.1993-2000) 1/4 287 Piano di gestione delle Acque del distretto idrografico del fiume Serchio Integrazioni – Documento 1 Fig. 32- indice di pressione antropica La zona centro-settentrionale e la costa pisano-livornese sono quelle affette da maggiore vulnerabilità dal punto di vista della pressione che l’uomo esercita sul territorio. Nel bacino del Serchio vi sono comuni caratterizzati da un indice di pressione antropica elevato (>1.6) prevalentemente lungo la costa; sicuramente in questo caso esercita una forte pressione il turismo che comporta a un forte incremento demografico in circoscritti periodi dell’anno, soprattutto in estate, con una conseguente pressione sul territorio e sulle risorse idriche che va a sommarsi a quella esercitata dal clima. 9.3- -MQI - Indice di qualità della gestione Calcolo indice MQI: (Politiche di protezione X Gestione del territorio)1/2 9.3.1- Politiche di protezione = (Parchi nazionali-regionali * Direttiva Habitat 92/43/CEE-Bioitaly)1/2 Fig. 33- politiche di protezione I dati risultano comunque datati rispetto a oggi, visto che risalgono agli anni intorno al 2000 (per le aree protette, soprattutto per quanto concerne la Rete Natura 2000 la situazione a oggi è cambiata in maniera significativa). Per i dati aggiornati a livello regionale vd la Relazione sullo Stato dell’Ambiente 2008 redatta da ARPAT e Regione Toscana; a scala di bacino del Serchio vd Cap 4.1della relazione sullo stato dell’ambiente del Rapporto Ambientale e i dati integrativi prodotti che mostrano trend complessivamente positivi sia per quanto riguarda l’estensione della Rete Natura 2000 che per le aree protette. 288 Piano di gestione delle Acque del distretto idrografico del fiume Serchio Integrazioni – Documento 1 9.3.2- La gestione agro-pastorale Gli indicatori sono stati costruiti con i dati dei Censimenti Generali dell’Agricoltura effettuati dall’ISTAT, con particolare riferimento al 2° (1970) e 5° (2001). Gestione del territorio = ((Var.%SAU/Sup. comunale2001-1970) * (SAU bio/SAU) * (SAU irrigata/SAU) * (Prati-pascoli/SAU) * (UBA/Prati-pascoli))1/5 Fig. 34- la gestione agro-pastorale Complessivamente la gestione agropastorale nel territorio del distretto è a livelli ottimali, con valori dei punteggi molto bassi nonostante il diffuso stato di abbandono delle tradizionali pratiche soprattutto nelle aree montane. 289 Piano di gestione delle Acque del distretto idrografico del fiume Serchio Integrazioni – Documento 1 9.3.4- La variazione % della Superficie Agricola Utilizzata Valori positivi di variazione indicano che nel trentennio la SAU è aumentata (ad esempio +100% corrisponde a un raddoppio della superficie messa a cultura); valori negativi, invece, rivelano una contrazione (-98% indica che la SAU nel 2001 è diventata 1/50 di quella del ’70). Fig. 35- la variazione % della superficie agricola utilizzata Dalla carta relativa all’Indice di variazione percentuale della SAU si può vedere come molte delle zone “critiche” siano concentrate nella parte nord della regione, che ricade prevalentemente nel territorio del bacino del Serchio, eccezion fatta per l’Elba ed alcuni comuni del sud-est. Entrambe le situazioni possono essere negative in termini di impatto sul suolo e sulla sua fertilità, visto che, se con l’espansione della SAU vengono sottratti spazi alla vegetazione naturale ed una fetta più grande di territorio è soggetta a quelle pratiche agricole moderne di cui si è parlato in precedenza, è pur vero che gli appezzamenti agricoli vengono abbandonati, o convertiti e “cementificati” a causa dell’espansione degli agglomerati urbani. L’abbandono dell’attività agricola nelle terre marginali può innescare fenomeni di degrado, venendo a mancare tutte quelle cure colturali legate alla regimazione delle acque; un suolo abbandonato è più facilmente soggetto all’erosione idrica ed eolica rispetto ad un terreno coltivato. Allo stesso modo l’espansione delle città e delle attività industriali implica tutta una serie di problematiche legate alla impermeabilizzazione dei terreni, allo smaltimento dei rifiuti ed all’inquinamento delle falde. Come evidenziato nel Rapporto Ambientale, l’economia agrosilvo pastorale nel Bacino del Serchio risente fortemente dello sviluppo di altre attività economiche (industria e terziario) che hanno determinato nella seconda metà del secolo scorso, il progressivo abbandono di estese aree collinari e montane e quindi un forte problema di gestione delle risorse soprattutto in termini di tutela delle stesse e di presidio del territorio anche ai fini della mitigazione del rischio idrogeologico. Le attività agricole interagiscono in maniera diretta con le matrici ambientali, dal paesaggio alle componenti suolo, acqua, aria, biodiversità. La principale fonte di inquinamento dei suoli da parte dell’attività agricola è costituita dall’utilizzo di fertilizzanti e antiparassitari. Dalla Relazione sullo Stato dell’Ambiente in Toscana del 2007 si ricava che nel 2006 nel territorio regionale sono stati consumati circa 2,4 milioni di quintali di tali prodotti, pari al 5% del totale nazionale. In genere si registra un trend positivo per cui si riducono negli anni in maniera significativa 290 Piano di gestione delle Acque del distretto idrografico del fiume Serchio Integrazioni – Documento 1 gli apporti di azoto, di fosforo e di ossido di potassio contemporaneamente a un incremento delle sostanze organiche che contribuisce ad attenuare l’intensità di inquinamento del suolo. In Toscana cresce l’uso di prodotti fitosanitari biologici (dal 2000 al 2006 + 370%) e si registra una contrazione del consumo di prodotti tossici e molto tossici (dal 2000 al 2006 – 20%). Dall’analisi dei principi attivi contenuti nei fitofarmaci utilizzati nelle diverse province toscane nel 2006 emerge che la provincia di Lucca e quella di Pisa (dove si concentra la SAU del Bacino del Serchio) risultano tra le più virtuose, anche perché le produzioni che maggiormente fanno uso di tali prodotti (in particolare fungicidi) sono quelle vitivinicole, presenti prevalentemente in altre aree della regione. L’utilizzo per fini agricoli di pesticidi e fertilizzanti, insieme alla produzione di ammoniaca riconducibile alla zootecnia, determina circa il 19% dell’acidificazione del suolo e delle risorse idriche complessivamente originate a scala regionale. 9.3.5--La superficie agricola convertita a biologico Dai dati forniti dall’ISTAT attraverso il 5° Censimento si può arrivare alla determinazione di quanti ettari di Superficie Agricola Utilizzata sono interessati da sistemi di produzione di tipo biologico: Fig. 36- la superficie agricola convertita a biologico La carta relativa all’indicatore mostra come la quasi totalità dei comuni toscani abbiano una bassissima o nulla percentuale di aree in cui il biologico è praticato. Un territorio in cui viene praticata l’agricoltura biologica è meno vulnerabile rispetto ad uno soggetto ad agricoltura intensiva. Importante è evidenziare che, nell’ambito del territorio del distretto idrografico, il Lago di Massaciuccoli è stato individuato quale area sensibile e l’area circostante è stata classificata come zona vulnerabile da nitrati di origine agricola. Non sono individuate zone vulnerabili da fitofarmaci (ex art 93 del D.Lgs 152/06 e s.m.i.). 291 Piano di gestione delle Acque del distretto idrografico del fiume Serchio Integrazioni – Documento 1 9.3.6- L’intensità d’irrigazione In base ai dati dell’ultimo Censimento dell’Agricoltura è stato calcolato quanta della SAU comunale è sottoposta ad irrigazione Fig. 37- l’intensità di irrigazione L’utilizzo di pratiche intensive per il soddisfacimento degli accresciuti fabbisogni alimentari consiste anche in un maggior consumo di acqua irrigua. Il ricorso all’irrigazione permette rese maggiori, ma nel contempo rende le colture più sensibili agli stress idrici. L’eccessivo e spesso incontrollato sfruttamento delle acque profonde o dei bacini superficiali ha diverse conseguenze negative sul suolo e sulla disponibilità stessa della risorsa idrica. Inoltre, l’indagine IRPET rivela che pochi sono i casi di ricorso a procedure automatizzate che consentirebbero notevoli risparmi della risorsa idrica. Peraltro il recupero delle acque non è una pratica comune fra le aziende floricole: solo 4 aziende su 100 praticano il recupero delle acque meteoriche e la stessa quota scende drasticamente all’1% quando si tratta di acqua irrigua. Se i prelievi superano gli apporti, dovuti essenzialmente alle precipitazioni, i livelli di falda si abbassano e ciò può innescare fenomeni di subsidenza (abbassamento del livello del terreno) o salinizzazione. La salinizzazione delle falde è una caratteristica delle zone costiere dove, a seguito degli elevati emungimenti e dell’impermeabilizzazione del territorio, si assiste alla risalita del “cuneo salino” (acqua marina che si spinge nell’entroterra al di sotto dell’acqua dolce), non più ostacolato dalla presenza dell’acquifero. Può accadere, quindi, che ci possa essere un aumento del tenore di salinità nel suolo, dovuto all’utilizzo di acque irrigue contaminate; questo, unitamente ai periodi siccitosi che sempre più caratterizzano il clima toscano, provoca variazioni strutturali del terreno e perdita di fertilità. Nel bacino del Serchio il problema della salinizzazione delle falde per eccessivi emungimenti di acque sotterranee interessa l’area della Versilia e non è solamente correlato alle pratiche agricole (aree della bonifica agricola a mais e soprattutto a orticole e settore florovivaistico versiliese) ma anche alla pressione antropica, accentuata soprattutto per la consistente affluenza turistica mesi estivi 292 Piano di gestione delle Acque del distretto idrografico del fiume Serchio Integrazioni – Documento 1 Inoltre si hanno problemi di salinizzazione delle acque all’interno delle ex cave di sabbia silicea nel Lago di Massaciuccoli con conseguenze anche sull’ecosistema già particolarmente vulnerabile (anche per il grave stato di ipereutrofizzazione che porta a un disequilibrio delle dinamiche funzionali). L’Ente Parco Regionale Migliarino- S. Rossore-Massaciuccoli, insieme alla provincia di Lucca ha condotto nel 2004 uno specifico studio per l’ottimizzazione dell’uso delle acque irrigue nel bacino del Lago di Massaciuccoli che ha previsto l’analisi chimico e chimico-fisica delle acque del reticolo idrografico superficiale della bonifica agricola su 30 stazioni. I risultati hanno evidenziato la presenza di salinizzazione (cloruro di sodio) in alcuni campioni nella zona posta a sud del lago e quindi hanno messo in luce un potenziale rischio per l’uso di tali acque a uso agricolo. 9.3.7- I prati-pascoli L’indicatore proposto, a partire dai dati dell’ISTAT del 2001, calcola la percentuale di superficie a pratipascoli di cui ciascun comune dispone, rispetto alla Superficie Agricola Utilizzata Fig. 38- i prati pascoli La presenza di prati permanenti e pascoli in un dato territorio può avere una duplice valenza. In aree, soprattutto collinari e montane, in cui spesso le aziende, accanto alle coltivazioni agricole, hanno anche degli allevamenti non in stabulazione fissa, disporre di notevoli superfici a prato-pascolo riduce il carico di bestiame che grava sul terreno. Il sovrapascolamento, infatti, porta alla compattazione del suolo ed a modificazioni delle sue caratteristiche strutturali (riduzione della porosità e della permeabilità, ecc.), con conseguente accentuazione dei fenomeni di erosione idrica, tanto più grandi quanto maggiori sono le pendenze. I prati permanenti ed i pascoli, inoltre, svolgono una funzione protettiva proprio nei confronti dell’erosione, anche se meno efficace di quella di una copertura arbustiva o arborea. La perdita di paesaggi agricoli ed aree di pascolo costituisce una delle principali cause di minaccia per specie ed habitat, con particolare riferimento agli ambienti montani La causa di minaccia interessa prevalentemente i target relativi agli agroecosistemi tradizionali (n.5), gli habitat e le specie delle praterie montane, brughiere (n.7), prati aridi e garighe (n.8) ed i tre target geografici (n.13, 14 e 15) con particolare riferimento al target Alpi Apuane ed Appennino settentrionale. 9.3.8- La pressione degli allevamenti ovi-caprini Dato che la maggior parte degli allevamenti bovini è ormai effettuata in stabulazione fissa, l’indicatore scelto per rappresentare il carico di bestiame sul territorio considera i soli ovini e caprini, e rapporta le UBA (Unità Bovino Adulto) agli ettari di superficie a prato-pascolo: 293 Piano di gestione delle Acque del distretto idrografico del fiume Serchio Integrazioni – Documento 1 Fig. 39- allevamenti ovi-caprini Un eccessivo carico animale può esercitare un’azione di compattamento del suolo riducendo l’infiltrazione ed aumentando il deflusso superficiale. Il pascolamento, inoltre, agisce sull’agro-ecosistema influenzando la crescita, il vigore e la riproduzione delle piante, nonché modificandone la composizione vegetale e la biomassa. Nel territorio del bacino del Serchio si assiste a una riduzione generale del patrimonio zootecnico con conseguente riduzione delle aree pascolative e quindi una sottoutilizzazione di importanti risorse foraggere primaverili di pascoli naturali mediterranei, gradualmente in fase di riconquista da parte del bosco, quando non minacciati da incendi conseguenti alla permanenza in campo nella stagione estiva di biomassa altamente infiammabile. La riduzione del pascolo brado porta a una progressiva perdita di habitat di interesse comunitario . Si deve tener conto che nelle aree montane anche i bovini sono allevati in maniera estensiva. 9.4- Indice di qualità della gestione -MQI L’indice finale di qualità della gestione MQI è dato dall’insieme dei due indici relativi alle politiche di protezione del territorio ed alla gestione agro-pastorale . Ciascuno dei due indici è ottenuto, a sua volta, dall’incrocio delle carte dei diversi indicatori: 294 Piano di gestione delle Acque del distretto idrografico del fiume Serchio Integrazioni – Documento 1 Fig. 40- indice di qualità della gestione Le aree in cui il tipo di gestione del territorio ha maggiore impatto dal punto di vista della sensibilità a fenomeni di degrado sono per lo più concentrate nelle valli e pianure in cui l’attività agricola è più spinta, come ad esempio la Val di Chiana e l’asse a sud del Valdarno superiore. Le Misure di conservazione dei SIR (Del.G.R. 644/2004) individuano l’abbandono delle attività agricolo/pastorali come prevalente causa di minaccia nel 58% dei Siti su scala regionale. 10--L’analisi di sensibilità alla desertificazione Rappresenta una gerarchizzazione del territorio secondo la sua capacità di fare fronte a fenomeni negativi, permettendo, al tempo stesso, d’individuare il peso dei diversi fattori scatenanti, grazie ad un sistema di indicatori. 295 Piano di gestione delle Acque del distretto idrografico del fiume Serchio Integrazioni – Documento 1 Fig. 41- sensibilità alla desertificazione Dalla lettura della carta di sensibilità alla desertificazione per la regione Toscana emergono quattro macroaree che presentano sensibilità medio-alta, caratterizzate da elementi di pressione diversi, ma omogenei all’interno di ogni macro-area: Zona 1- comprende la porzione più a nord della provincia di Siena, l’asse Firenze-Prato-Pistoia e la piana lungo il corso dell’Arno, i problemi di natura climatica legati ad aridità e siccità, peraltro confermati dalla diminuzione di portata del fiume Arno, si sommano all’elevata densità di popolazione ed alla pressione turistica; Zona 2: presenta dei problemi legati alla particolare natura dei suoli nel tratto terminale dell’Arno e squilibri nello sfruttamento delle risorse naturali nel nord livornese a causa dell’attività turistica concentrata nei periodi estivi; Zona 3: comprende la Val di Cornia, il grossetano centro-settentrionale e l’Elba orientale, il fattore che più degli altri porta a valori elevati di sensibilità del territorio è il clima, con le sue estati aride e gli inverni secchi. È inoltre da rimarcare che buona parte della sensibilità climatica è determinata dalla tendenza assunta dei parametri climatici negli ultimi dieci anni. Zona 4, infine, concentrata nella Val di Chiana, subisce una forte pressione di carattere antropico, legata alle attività agricole. Interessante l’osservazione per cui le aree che risultano più sensibili al fenomeno della desertificazione sono anche quelle che presentano un bilancio netto annuale di CO2 (Osservatorio di Kyoto-Regione Toscana vd capitolo integrativo sui cambiamenti climatici) positivo, ossia sbilanciato verso alti valori emissivi più che di assorbimento. Si tratta in prevalenza di aree in cui si hanno forti pressioni antropiche. 296 Piano di gestione delle Acque del distretto idrografico del fiume Serchio Integrazioni – Documento 1 11-Evidenze idrologiche È utile confrontare i dati che emergono dallo studio suddetto con le evidenze idrologiche del bacino. Riteniamo utile paragonare i dati di pioggia e di capacità di invaso/deflusso del bacino dell’anno 2011 con i dati storici (vedi par. 2, pag. 48-49 e figure seguenti). Da tali dati emerge che l’anno 2011 è stato caratterizzato da bassa piovosità (come in tutto il territorio toscano). Al momento delle verifiche (vedi fig. 45-46 (ENEL)) il deflusso del fiume Serchio si attestava su dati medi del periodo e la capacità di invaso delle dighe principali era più alta dell’anno precedente alla stessa data. Dagli studi effettuati da questa Autorità di Bacino si riscontra che, il bacino del fiume Serchio è caratterizzato da riserve idriche abbondanti. Si evidenzia inoltre come anche a fronte della carenza degli afflussi meteorici le caratteristiche del bacino e la gestione degli invasi hanno, ad oggi, permesso di mantenere una sufficiente portata in alveo. Fig. 42: Andamento della cumulata annua di pioggia nel periodo 1951-2011 (pioggia media sul bacino del fiume Serchio chiusa a Ripafratta, in mm). La linea rossa individua la cumulata media del periodo pari a 1763 mm. 297 Piano di gestione delle Acque del distretto idrografico del fiume Serchio Integrazioni – Documento 1 Fig. 43: Cumulata mensile di pioggia sul bacino del fiume Serchio chiuso a Ripafratta.Il diagramma riporta, mese per mese, la pioggia complessivamente caduta, espressa in mm. La linea blu è relativa ai valori medi del periodo 1951-2008 mentre la linea rossa è relativa all’anno 2011. Fig. 44:Andamento della cumulata annua di pioggia nel periodo 1935-2011 al pluviometro di Torre del Lago, in mm. La linea tratteggiata individua il valore medio del periodo pari a 942 mm. Fig. 45: Andamento dei volumi utili disponibili nell’invaso ENEL di Vagli. Aggiornamento al 6/02/2012. 298 Piano di gestione delle Acque del distretto idrografico del fiume Serchio Integrazioni – Documento 1 Fig. 46:Andamento dei volumi utili complessivi disponibili nel sistema di invasi ENEL nel bacino del fiume Serchio. Aggiornamento al 6/02/2012. 299 Piano di gestione delle Acque del distretto idrografico del fiume Serchio Integrazioni – Documento 1 12-Analisi delle coerenze Nella matrice seguente si analizzano le coerenze delle misure di piano adottate con gli obiettivi enunciati nei precedenti paragrafi. La coerenza viene espressa attraverso una simbologia che assume il seguente valore: = Coerenza positiva rispetto agli obiettivi di riferimento = Nessuna relazione o effetto indifferente sull’obiettivo = Coerenza negativa rispetto agli obiettivi di riferimento Misura Provvedimenti amministrativi 1. Tutela dei corsi d’acqua ricadenti in aree di elevato interesse ambientale e naturalistico Classif. Scheda 1 2.Definizione, da parte della Regione Toscana, sentita l’Autorità di Ambito competente, di apposita disciplina di salvaguardia del corpo idrico “Serchio Lucchese” al fine di tutelare i punti Misura di captazione delle acque destinate all’uso potabile situati nelle aree di pertinenza di tali corpi di base idrici (art. 94, D. Lgs 152/2006). 3. Programmazione, da parte delle Autorità di Ambito territoriali ottimali, di interventi di realizzazione di reti fognarie e di impianti di trattamento depurativo dei reflui per le zone del territorio del bacino ancora non servite, con particolare riferimento alle aree condizionanti i seguenti corpi idrici: Torrente Acqua Bianca Torrente di Castiglione Torrente Corfino Torrente Sillico Misura di base Torrente Turrite Secca Torrente Turrite Cava Torrente Liegora Fosso di Gragnana Torrente Turrite di San Rocco Torrente Limestre Torrente Liesina Torrente Loppora Coerenza Note Tutela degli habitat ecosistemi e dei suoli. degli Tutela delle risorse idriche a uso idropotabile così da promuovere un uso sostenibile Tutela dei corpi idrici recettori delle acque reflue e quindi della qualità delle acque superficiali. Piano di Gestione delle Acque del distretto idrografico del fiume Serchio 300 ti a Integrazioni – Documento 1 Misura Classif. 4. Disciplina delle derivazioni da acque superficiali al fine di garantire il Deflusso Minimo Vitale Scheda 4 e salvaguardare l'ambiente fluviale Coerenza Note Individuazione della sostenibilità nell’uso di fonti energetiche alternative nel rispetto della capacità di resilienza degli ecosistemi e della disponibilità di risorsa idrica. 5. Individuazione, da parte dell’Autorità di Distretto Idrografico del fiume Serchio, di aree attigue a corpi idrici superficiali in cui promuovere la riqualificazione e la rinaturalizzazione degli ambienti fluviali mediante emanazione di apposita disciplina, congruente con le previsioni del Piano di Assetto Idrogeologico, volta a regolamentare le tipologie di intervento possibili e la metodologia per la loro effettuazione. 6. Definizione di un “Codice di Buona Prassi” per la gestione della vegetazione riparia lungo i Scheda 6 corsi d’acqua. 7. Limitazioni temporanee alle derivazioni da acque superficiali e sotterranee del bacino del Scheda 7 lago di Massaciuccoli 8. Definizione, da parte dell’Autorità di Distretto Idrografico del fiume Serchio, del bilancio idrico per i bacini afferenti ai seguenti corpi idrici finalizzato alla successiva valutazione, da parte della provincia competente, della capacità di autodepurazione del corpo idrico e della necessità di definire valori limite di emissione per le acque reflue industriali più restrittivi, da raggiungere in modo graduale, rispetto a quanto stabilito dall’allegato 5 alla parte terza del D. Lgs. 152/2006 (Legge Regionale Toscana 20/2006): -- Torrente Ania -- Torrente Pizzorna. Per il corpo idrico “Torrente Celetra” la necessità dell’applicazione delle presente misura sarà valutata dall’ Autorità di Distretto Idrografico del fiume Serchio, sentita la Provincia di Lucca, al Difesa del suolo dal rischio idraulico. Riduzione del rischio di erodibilità dei suoli lungo le sponde Difesa del suolo. Riduzione della erodibilità delle sponde e tutela degli habitat e degli ecosistemi Tutela del bilancio idrico del lago e aumento della disponibilità di acque di buona qualità nel bacino per contrastare il fenomeno di ipereutrofia. Riduzione del fenomeno della subsidenza e del fenomeno di salinizzazione Tutela del bilancio idrico dei corsi d’acqua e aumento della disponibilità di acque di buona qualità nel bacino. Riduzione del rischio di contaminazione delle acque Piano di Gestione delle Acque del distretto idrografico del fiume Serchio 301 Progetti di costruzione Accordi negoziati in materia ambientale ti a Integrazioni – Documento 1 Misura Classif. seguito dell’attribuzione dello stato di qualità da parte della Regione Toscana al suddetto corpo idrico ai sensi della misura 26 9. Delocalizzazione degli impianti di lavorazione dei materiali inerti ubicati lungo l’asta del Scheda fiume Serchio e del suo affluente principale (torrente Lima) 9 10. Istituzione, a cura dell’Autorità di Distretto del fiume Serchio, di un tavolo tecnico sperimentale, costituito dai rappresentanti di tutti gli enti competenti, che costituisca la sede di confronto, elaborazione dati, scambio di informazioni inerenti il fenomeno di subsidenza del bacino del lago di Massaciuccoli al fine della determinazione di proposte operative per la sua mitigazione e per il monitoraggio dell’esecuzione delle proposte stesse. 11. Istituzione, a cura dell’Autorità di Distretto del fiume Serchio, di un tavolo tecnico sperimentale, costituito dai rappresentanti di tutti gli enti competenti, che costituisca la sede di confronto, elaborazione dati, scambio di informazioni e proposte operative inerenti la gestione degli svasi in coda di piena per il sistema idroelettrico. 12. Istituzione, a cura dell’Autorità di Distretto del fiume Serchio, di un tavolo tecnico sperimentale, costituito dai rappresentanti di tutti gli enti competenti, che costituisca la sede di confronto, elaborazione dati, scambio di informazioni e proposte operative inerenti le modalità di eliminazione/riduzione delle acque saline depositate nelle ex buche di sabbia silicea presenti nel bacino del lago di Massaciuccoli. 13. Verifica della fattibilità e valutazione costi/benefici dell’intervento di realizzazione del collegamento tra il depuratore di Pontetetto in comune di Lucca e quello di Casa del Lupo in comune di Capannori. 14. Programmazione, da parte dell’Autorità di Distretto del fiume Serchio sentite le province competenti, della realizzazione di rampe di risalita dei pesci agli sbarramenti fluviali più importanti, al fine di garantire il ripristino della continuità longitudinale del corso d’acqua e quindi la riapertura dei corridoi ecologici. 15. Promozione di intervento di ristrutturazione e di riqualificazione del fabbricato costituente il Casello Idraulico esistente presso le porte Vinciane sul canale Burlamacca al fine di giungere ad suo un utilizzo pubblico quale sede di cabina di regia delle opere idrauliche e di laboratorio di analisi. Coerenza Note Difesa del idraulico suolo dal rischio Tutela del suolo da fenomeni di degrado- la subsidenza nel bacino del Massaciuccoli Tutela della risorsa idrica e degli ecosistemi da fenomeni di degrado- la salinizzazione nel bacino del Massaciuccoli Tutela della risorsa idrica e degli ecosistemi da fenomeni di degrado- la salinizzazione nel bacino del Massaciuccoli Piano di Gestione delle Acque del distretto idrografico del fiume Serchio 302 ti a Integrazioni – Documento 1 Misura Classif. 17. Messa a punto di attività di diffusione permanente alla cittadinanza del Piano di Gestione, da parte dell’Autorità di Distretto del fiume Serchio. 18. Realizzazione di banca dati georeferenziata unica ed omogenea, che raccolga i dati di: - risultati dei monitoraggi ai sensi del d.lgs. 152/2006 e s.m.i. e del d.lgs. 30/2009 -esiti dei controlli sugli scarichi dei depuratori pubblici -esiti dei controlli interni/esterni sulle acque potabili ai sensi del D.Lgs. 31/01 -esiti dei controlli agli scarichi privati -concessioni idriche -autorizzazioni allo scarico Progetti di ricerca, sviluppo e dimostrazione 19. Monitoraggio dei fabbisogni e degli utilizzi irrigui nel bacino del Lago di Massaciuccoli 20. Monitoraggio delle coltivazioni nel bacino del Lago di Massaciuccoli Scheda 18 Scheda 19 Coerenza Note Possibilità di informazione sulla problematica della lotta alla desertificazione 21. Definizione di un modello idrogeologico condiviso dell’acquifero della piana di Lucca, da parte dell’ Autorità di Distretto del fiume Serchio, dell’Autorità di Distretto dell’Appennino Settentrionale, delle province di Pisa e di Lucca, con il supporto di organismi universitari. 22. Sperimentazione nelle “enclosures” del lago di Massaciuccoli di applicazioni di flocculanti volti all’abbattimento del fitoplancton Realizzazione banca dati circa i fabbisogni idrici (concessioni idriche) Uso sostenibile delle acque a uso irriguo nel Bacino del Massaciuccoli. Effetti indiretti positivi sul problema della subsidenza e della salinizzazione Tutela del suolo e della risorsa idrica da fenomeni di degrado. 1) inquinamento da fitofarmaci. L’area del Massaciuccoli risulta area sensibile (Art. 91 D.Lgs 152/06) e zona vulnerabile da nitrati di origine agricola (Art.92) ma non è inserita tra le zone vulnerabili da prodotti fitosanitari (Art. 93). 2) utilizzo a uso irriguo delle acque Tutela delle acque sotterranee Piano di Gestione delle Acque del distretto idrografico del fiume Serchio 303 Altre misure opportune Strumenti fiscali ti a Integrazioni – Documento 1 Misura Classif. 23. Definizione, da parte dell’ Autorità di Distretto del fiume Serchio, della provincia di Lucca e di Pistoia, di un modello matematico per la valutazione del trasporto solido del fiume Serchio e del torrente Lima e la conseguente individuazione dei tratti in erosione o in sovralluvionamento al fine di ripristinare le originarie condizioni idromorfologiche, con il supporto di organismi universitari. Scheda 24. Monitoraggio dei livelli idraulici negli invasi del reticolo idraulico strategico 24 25. Individuazione delle modalità operative volte a incentivare un uso sostenibile della risorsa Scheda 25 idrica nel bacino del lago di Massaciuccoli. 26. Valutazione, da parte della Regione Toscana, della necessità di predisporre indagini specifiche, nell’ambito del programma di monitoraggio ai sensi della Direttiva 2000/60/CE, al fine di individuare gli effetti indotti dalla presenza di cave miniere e ravaneti sui seguenti corpi idrici superficiali: -- Torrente Acqua Bianca -- Torrente Corfino -- Torrente Pedogna -- Rio Guappero -- Torrente Turrite Secca -- Torrente Celetra -- Fosso di Gragnana -- Canale Burlamacca -- Lago di Massaciuccoli -- Canale Farabola -- Torrente Serchio di Gramolazzo -- Fosso Lussia -- Fosso Tambura -- Torrente Lima -- Lago di Vagli Coerenza Note Problematiche dell’erosione delle sponde fluviali e dell’erosione costiera Tutela quantitativa della risorsa acqua nel bacino del Massaciuccoli- effetto positivo sulla difesa del suolo (riduzione del fenomeno della subsidenza) Verifica degli effetti sui corsi d’acqua determinati da diversi usi del suolo (attività estrattive/attività agricole) Piano di Gestione delle Acque del distretto idrografico del fiume Serchio 304 ti a Integrazioni – Documento 1 Misura Classif. -- Fosso delle Cavine e sui seguenti corpi idrici sotterranei: -- Corpo idrico carbonatico metamorfico delle Alpi Apuane -- Corpo idrico carbonatico non metamorfico delle Alpi Apuane -- Corpo idrico della Versilia e Riviera Apuana Attività agricole sui seguenti corpi idrici superficiali: -- Torrente Freddana -- Fosso dell’Anguillara (2) -- Fosso Doppio -- Fosso di Gragnana -- Canale Ozzeri -- Costa del Serchio. 27. Individuazione, da parte della Regione Toscana, degli stati di qualità dei corpi idrici del Piano di Gestione, al seguito del recepimento delle disposizioni contenute nella disciplina normativa nazionale su: -- corpi idrici, analisi di pressioni e impatti, attribuzione dello stato di rischio (DM 131/2008); -- definizione del programma di monitoraggio ed esecuzione dello stesso (ai sensi del DM 56/2009, del D. Lgs. 30/2009, del decreto in corso di definizione sui criteri tecnici per la classificazione dello stato dei corpi idrici superficiali), finalizzato anche all’applicazione degli standard di qualità ambientale per le sostanze dell’elenco di priorità al fine di raggiungere o mantenere il buono stato chimico delle acque superficiali; e revisione del Piano di Gestione, da parte della Autorità di bacino, al seguito di tale classificazione di qualità. 27 bis - Determinazione, da parte della Regione Toscana, nell’ambito dell’attività di monitoraggio, dei dati necessari all’individuazione (da parte della stessa Regione e dell’Autorità di bacino) delle tendenze significative e durature all’aumento di concentrazioni di inquinanti e dei punti di partenza per l’inversione di tendenza, ai sensi del’art. 5, comma 1, del D. Lgs 30/2009. 28. Messa a punto di un sistema di monitoraggio delle caratteristiche economico ambientali delle proposte progettuali e di misure, volto a supportare la valutazione economica delle misure nell’aggiornamento del Piano di Gestione. 29. Identificazione degli specifici costi (finanziari, della risorsa, ambientali) legati alle diverse Coerenza Note Piano di Gestione delle Acque del distretto idrografico del fiume Serchio 305 Misure per le aree protette ti a Integrazioni – Documento 1 Misura Classif. attività nelle aree individuate come critiche dalla Relazione sull’analisi economica del Piano di Gestione, da utilizzare per l’aggiornamento del piano stesso. 30. - Verifica, da parte della Regione Toscana e di Arpat, della necessità di realizzare una carta della natura che definisca la localizzazione e l’estensione degli habitat e delle specie igrofili di interesse conservazionistico nelle zone umide segnalate nel bacino del Serchio, di seguito elencate, non comprese nel perimetro delle aree già tutelate per legge, allo scopo di istituire nuove “aree protette” e/o individuare specifiche misure di conservazione: - Bottacci di Massa Pisana (Piana di Lucca) - Padule di Verciano e Sorbano (Piana di Lucca) - Lago di Casoli (Val di Lima) - Lago del Bagno o di Pra’ di Lama (Pieve Fosciana - Garfagnana) - Laghi di Cella (Garfagnana) - Lame di Capraia (Sillico - Garfagnana) - Lago della Bega (Pugliano - Garfagnana) - Laghi di Sillano (Garfagnana). 31- Istituzione, da parte della Regione Toscana, di un monitoraggio specifico per il controllo della qualità delle acque nei punti di approvvigionamento idropotabile ubicati all’interno degli Scisti, quarziti ed anageniti del “Verrucano”, in Comune di Capannori (loc. Guamo). Coerenza Note Difesa del suolo e della biodiversità Conoscenza e controllo delle acque sotterranee Legenda: Norme di Piano Indirizzo non vincolante Indirizzo vincolante Piano di Gestione delle Acque del distretto idrografico del fiume Serchio 306 Integrazioni – Documento 1 5. (Rapporto del Piano con gli obiettivi ambientali internazionali e comunitari): - deve essere chiarito il rapporto tra gli obiettivi di sostenibilita evidenziati nel Rapporto ambientale e gli obiettivi descritti nel Piano; (Integrazione tratta dal Documento 15 “Dichiarazione di sintesi” del Piano di Gestione). L’analisi del rapporto fra gli obiettivi di sostenibilità ambientale e gli obiettivi del Piano di Gestione non può prescindere dalle seguenti considerazioni: - Il PdG è un piano di miglioramento ambientale i cui obiettivi derivano dalla direttiva 2000/60/CE che a sua volta sancisce i principi fondamentali, le strategie e gli obiettivi di sostenibilità della politica europea delle acque. - Partendo dalla premessa effettuata al punto precedente è possibile affermare che gli obiettivi e le linee operative del Piano di Gestione sono coerenti con la strategia europea di sviluppo sostenibile e concorrono alla sua attuazione. Nella tabella seguente viene evidenziata la coerenza tra gli obiettivi di sostenibilità ambientale del Rapporto Ambientale e gli obiettivi del Piano di Gestione delle Acque. Legenda: Coerenza diretta Coerenza indiretta Nessuna relazione fra gli obiettivi Incoerenza indiretta Incoerenza diretta Piano di Gestione delle Acque del distretto idrografico del fiume Serchio 308 Integrazioni – Documento 1 (Integrazione tratta dal Documento 15 “Dichiarazione di sintesi” del Piano di Gestione). OBIETTIVI DI PIANO Obiettivo generale Obiettivo generale Migliorare lo stato degli Incrementare e ecosistemi acquatici e di salvaguardare la quelli terrestri ad essi biodiversità e potenziare le Obiettivo generale Promuovere l’uso collegati e la capacità di della rete funzionalità razionale e sostenibile delle risorse auto depurazione dei corsi Obiettivo generale Riduzione degli effetti negativi indotti dalle alterazioni ecologica ed il grado di idriche d’acqua connettività morfologiche in atto OBIETTIVI SPECIFICI OBIETTIVI SPECIFICI Migliorare la Ridurre gestione degli Garantire invasi in le Riequilibrare il deflusso riferimento alle perdite le attività di minimo problematiche nel trasporto settore Riutilizzare prelievo delle vitale nei di acque risorse corsi solido e di civile ed le interrimento idriche d’acqua agricolo depurate OBIETTIVI SPECIFICI OBIETTIVI SPECIFICI Ridurre gli impatti antropici Ridurre il livello di inquinamento delle acque superficiali e sotterranee Utilizzo di pratiche agricole ambientalmente sostenibili Ridurre/limitare i fenomeni di subsidenza localizzati Recupero della funzionalità fluviale Ripristino dell’assetto fluviale naturale Protezione della biodiversità nelle aree protette Migliorare lo stato degli ecosistemi acquatici e di quelli terrestri ad essi collegati e la capacità di auto depurazione dei corsi d’acqua Acqua Fattori ambientali Promuovere l’uso razionale e sostenibile delle risorse idriche Aumentare la capacità di ricarica della falda Piano di Gestione delle Acque del distretto idrografico del fiume Serchio 310 Integrazioni – Documento 1 OBIETTIVI DI PIANO Obiettivo generale Obiettivo generale Migliorare lo stato degli Incrementare e ecosistemi acquatici e di salvaguardare la quelli terrestri ad essi biodiversità e potenziare le Obiettivo generale Promuovere l’uso collegati e la capacità di della rete funzionalità razionale e sostenibile delle risorse auto depurazione dei corsi Obiettivo generale Riduzione degli effetti negativi indotti dalle alterazioni ecologica ed il grado di idriche d’acqua connettività morfologiche in atto OBIETTIVI SPECIFICI Migliorare la Ridurre gestione degli Garantire invasi in le Riequilibrare il deflusso riferimento alle perdite le attività di minimo problematiche nel trasporto settore Riutilizzare prelievo delle vitale nei di acque risorse corsi solido e di civile ed le interrimento idriche d’acqua agricolo depurate Flora, fauna e biodiversità Suolo OBIETTIVI SPECIFICI OBIETTIVI SPECIFICI OBIETTIVI SPECIFICI Ridurre gli impatti antropici Ridurre il livello di inquinamento delle acque superficiali e sotterranee Utilizzo di pratiche agricole ambientalmente sostenibili Ridurre/limitare i fenomeni di subsidenza localizzati Recupero della funzionalità fluviale Ripristino dell’assetto fluviale naturale Protezione della biodiversità nelle aree protette Proteggere il suolo e conservare la sua capacità di svolgere funzioni ambientali e socioeconomiche Incrementare e salvaguardare la biodiversità e potenziare le funzionalità della rete ecologica ed il grado di connettività naturale Piano di Gestione delle Acque del distretto idrografico del fiume Serchio 311 Integrazioni – Documento 1 OBIETTIVI DI PIANO Obiettivo generale Obiettivo generale Migliorare lo stato degli Incrementare e ecosistemi acquatici e di salvaguardare la quelli terrestri ad essi biodiversità e potenziare le Obiettivo generale Promuovere l’uso collegati e la capacità di della rete funzionalità razionale e sostenibile delle risorse auto depurazione dei corsi Obiettivo generale Riduzione degli effetti negativi indotti dalle alterazioni ecologica ed il grado di idriche d’acqua connettività morfologiche in atto OBIETTIVI SPECIFICI OBIETTIVI SPECIFICI Migliorare la Ridurre gestione degli Garantire invasi in le Riequilibrare il deflusso riferimento alle perdite le attività di minimo problematiche nel trasporto settore Riutilizzare prelievo delle vitale nei di acque risorse corsi solido e di civile ed le interrimento idriche d’acqua agricolo depurate OBIETTIVI SPECIFICI OBIETTIVI SPECIFICI Ridurre gli impatti antropici Ridurre il livello di inquinamento delle acque superficiali e sotterranee Utilizzo di pratiche agricole ambientalmente sostenibili Ridurre/limitare i fenomeni di subsidenza localizzati Recupero della funzionalità fluviale Ripristino dell’assetto fluviale naturale Protezione della biodiversità nelle aree protette Paesaggio, beni ambientali e culturali Impedire la diffusione delle specie esotiche invasive e salvaguardare le specie autoctone che non rientrano nelle forme di tutela vigenti Promuovere la salvaguardia e il restauro dei paesaggi fluviali, lacuali, marino costieri e di transizione Promuovere il ripristino della qualità paesaggistica delle aree degradate Piano di Gestione delle Acque del distretto idrografico del fiume Serchio 312 Integrazioni – Documento 1 OBIETTIVI DI PIANO Obiettivo generale Obiettivo generale Migliorare lo stato degli Incrementare e ecosistemi acquatici e di salvaguardare la quelli terrestri ad essi biodiversità e potenziare le Obiettivo generale Promuovere l’uso collegati e la capacità di della rete funzionalità razionale e sostenibile delle risorse auto depurazione dei corsi Obiettivo generale Riduzione degli effetti negativi indotti dalle alterazioni ecologica ed il grado di idriche d’acqua connettività morfologiche in atto OBIETTIVI SPECIFICI Migliorare la Ridurre gestione degli Garantire invasi in le Riequilibrare il deflusso riferimento alle perdite le attività di minimo problematiche nel trasporto settore Riutilizzare prelievo delle vitale nei di acque risorse corsi solido e di civile ed le interrimento idriche d’acqua agricolo depurate Rischio idrogeologico- Cambiamenti climatici OBIETTIVI SPECIFICI OBIETTIVI SPECIFICI OBIETTIVI SPECIFICI Ridurre gli impatti antropici Ridurre il livello di inquinamento delle acque superficiali e sotterranee Utilizzo di pratiche agricole ambientalmente sostenibili Ridurre/limitare i fenomeni di subsidenza localizzati Recupero della funzionalità fluviale Ripristino dell’assetto fluviale naturale Protezione della biodiversità nelle aree protette Ridurre i gas ad effetto serra, ridurre i consumi energetici attraverso un aumento dell’efficienza energetica, soddisfare il fabbisogno energetico mediante l’utilizzo delle energie rinnovabili Ridurre le conseguenze negative per la salute umana, l’ambiente, il patrimonio culturale e le attività economiche connesse con le alluvioni Piano di Gestione delle Acque del distretto idrografico del fiume Serchio 313 Integrazioni – Documento 1 OBIETTIVI DI PIANO Obiettivo generale Obiettivo generale Migliorare lo stato degli Incrementare e ecosistemi acquatici e di salvaguardare la quelli terrestri ad essi biodiversità e potenziare le Obiettivo generale Promuovere l’uso collegati e la capacità di della rete funzionalità razionale e sostenibile delle risorse auto depurazione dei corsi Obiettivo generale Riduzione degli effetti negativi indotti dalle alterazioni ecologica ed il grado di idriche d’acqua connettività morfologiche in atto OBIETTIVI SPECIFICI Migliorare la Ridurre gestione degli Garantire invasi in le Riequilibrare il deflusso riferimento alle perdite le attività di minimo problematiche nel trasporto settore Riutilizzare prelievo delle vitale nei di acque risorse corsi solido e di civile ed le interrimento idriche d’acqua agricolo depurate Assetto morfologico OBIETTIVI SPECIFICI OBIETTIVI SPECIFICI OBIETTIVI SPECIFICI Ridurre gli impatti antropici Ridurre il livello di inquinamento delle acque superficiali e sotterranee Utilizzo di pratiche agricole ambientalmente sostenibili Ridurre/limitare i fenomeni di subsidenza localizzati Recupero della funzionalità fluviale Ripristino dell’assetto fluviale naturale Protezione della biodiversità nelle aree protette Riduzione degli effetti negativi indotti dalle alterazioni morfologiche in atto Popolazione e salute Fattori socio-economici Tutelare la salute pubblica e migliorare la protezione rispetto ai fattori di minaccia Assicurare e migliorare la qualità della vita come precondizione per un benessere individuale durevole Piano di Gestione delle Acque del distretto idrografico del fiume Serchio 314 Integrazioni – Documento 1 OBIETTIVI DI PIANO Obiettivo generale Obiettivo generale Migliorare lo stato degli Incrementare e ecosistemi acquatici e di salvaguardare la quelli terrestri ad essi biodiversità e potenziare le Obiettivo generale Promuovere l’uso collegati e la capacità di della rete funzionalità razionale e sostenibile delle risorse auto depurazione dei corsi Obiettivo generale Riduzione degli effetti negativi indotti dalle alterazioni ecologica ed il grado di idriche d’acqua connettività morfologiche in atto OBIETTIVI SPECIFICI Migliorare la Ridurre gestione degli Garantire invasi in le Riequilibrare il deflusso riferimento alle perdite le attività di minimo problematiche nel trasporto settore Riutilizzare prelievo delle vitale nei di acque risorse corsi solido e di civile ed le interrimento idriche d’acqua agricolo depurate Occupazione, formazione, partecipazione OBIETTIVI SPECIFICI OBIETTIVI SPECIFICI OBIETTIVI SPECIFICI Ridurre gli impatti antropici Ridurre il livello di inquinamento delle acque superficiali e sotterranee Utilizzo di pratiche agricole ambientalmente sostenibili Ridurre/limitare i fenomeni di subsidenza localizzati Recupero della funzionalità fluviale Ripristino dell’assetto fluviale naturale Protezione della biodiversità nelle aree protette Migliorare l’integrazione tra i sistemi dell’istruzione, formazione e lavoro e il rapporto con il territorio Sensibilizzare maggiormente alle problematiche ambientali e promuovere l’istruzione e la formazione in campo ambientale Piano di Gestione delle Acque del distretto idrografico del fiume Serchio 315 Integrazioni – Documento 1 OBIETTIVI DI PIANO Obiettivo generale Obiettivo generale Migliorare lo stato degli Incrementare e ecosistemi acquatici e di salvaguardare la quelli terrestri ad essi biodiversità e potenziare le Obiettivo generale Promuovere l’uso collegati e la capacità di della rete funzionalità razionale e sostenibile delle risorse auto depurazione dei corsi Obiettivo generale Riduzione degli effetti negativi indotti dalle alterazioni ecologica ed il grado di idriche d’acqua connettività morfologiche in atto OBIETTIVI SPECIFICI OBIETTIVI SPECIFICI Migliorare la Ridurre gestione degli Garantire invasi in le Riequilibrare il deflusso riferimento alle perdite le attività di minimo problematiche nel trasporto settore Riutilizzare prelievo delle vitale nei di acque risorse corsi solido e di civile ed le interrimento idriche d’acqua agricolo depurate OBIETTIVI SPECIFICI OBIETTIVI SPECIFICI Ridurre gli impatti antropici Ridurre il livello di inquinamento delle acque superficiali e sotterranee Utilizzo di pratiche agricole ambientalmente sostenibili Ridurre/limitare i fenomeni di subsidenza localizzati Recupero della funzionalità fluviale Ripristino dell’assetto fluviale naturale Protezione della biodiversità nelle aree protette Ricerca e innovazione Promuovere la partecipazione pubblica alle scelte territoriali Promuovere la ricerca di metodi, strumenti per una progettualità innovativa, finalizzata all’impiego sostenibile delle risorse ambientali Piano di Gestione delle Acque del distretto idrografico del fiume Serchio 316 Integrazioni – Documento 1 OBIETTIVI DI PIANO Obiettivo generale Obiettivo generale Migliorare lo stato degli Incrementare e ecosistemi acquatici e di salvaguardare la quelli terrestri ad essi biodiversità e potenziare le Obiettivo generale Promuovere l’uso collegati e la capacità di della rete funzionalità razionale e sostenibile delle risorse auto depurazione dei corsi Obiettivo generale Riduzione degli effetti negativi indotti dalle alterazioni ecologica ed il grado di idriche d’acqua connettività morfologiche in atto OBIETTIVI SPECIFICI OBIETTIVI SPECIFICI Migliorare la Ridurre gestione degli Garantire invasi in le Riequilibrare il deflusso riferimento alle perdite le attività di minimo problematiche nel trasporto settore Riutilizzare prelievo delle vitale nei di acque risorse corsi solido e di civile ed le interrimento idriche d’acqua agricolo depurate OBIETTIVI SPECIFICI OBIETTIVI SPECIFICI Ridurre gli impatti antropici Ridurre il livello di inquinamento delle acque superficiali e sotterranee Utilizzo di pratiche agricole ambientalmente sostenibili Ridurre/limitare i fenomeni di subsidenza localizzati Recupero della funzionalità fluviale Ripristino dell’assetto fluviale naturale Protezione della biodiversità nelle aree protette Turismo e fruizione Valorizzare i beni e le attività culturali quale vantaggio comparato per aumentare l’attrattività territoriale, la coesione sociale, la qualità della vita dei residenti Aumentare in maniera la sostenibile competitività internazionale delle destinazioni turistiche, migliorando la qualità dell’offerta Piano di Gestione delle Acque del distretto idrografico del fiume Serchio 317 Integrazioni – Documento 1 OBIETTIVI DI PIANO Obiettivo generale Obiettivo generale Migliorare lo stato degli Incrementare e ecosistemi acquatici e di salvaguardare la quelli terrestri ad essi biodiversità e potenziare le Obiettivo generale Promuovere l’uso collegati e la capacità di della rete funzionalità razionale e sostenibile delle risorse auto depurazione dei corsi Obiettivo generale Riduzione degli effetti negativi indotti dalle alterazioni ecologica ed il grado di idriche d’acqua connettività morfologiche in atto OBIETTIVI SPECIFICI OBIETTIVI SPECIFICI Migliorare la Ridurre gestione degli Garantire invasi in le Riequilibrare il deflusso riferimento alle perdite le attività di minimo problematiche nel trasporto settore Riutilizzare prelievo delle vitale nei di acque risorse corsi solido e di civile ed le interrimento idriche d’acqua agricolo depurate OBIETTIVI SPECIFICI OBIETTIVI SPECIFICI Ridurre gli impatti antropici Ridurre il livello di inquinamento delle acque superficiali e sotterranee Utilizzo di pratiche agricole ambientalmente sostenibili Ridurre/limitare i fenomeni di subsidenza localizzati Recupero della funzionalità fluviale Ripristino dell’assetto fluviale naturale Protezione della biodiversità nelle aree protette Energia Agricoltura, pesca e acquacoltura Miglioramento degli ambiti agroforestali Favorire il mantenimento delle condizioni ambientali per garantire la stabilità degli allevamenti ittici e della molluschicoltura Promuovere lo sviluppo sostenibile della pesca nelle acque interne Produzione di energia e rinnovabile miglioramento dell’efficienza energetica * * * Piano di Gestione delle Acque del distretto idrografico del fiume Serchio 318 Integrazioni – Documento 1 OBIETTIVI DI PIANO Obiettivo generale Obiettivo generale Migliorare lo stato degli Incrementare e ecosistemi acquatici e di salvaguardare la quelli terrestri ad essi biodiversità e potenziare le Obiettivo generale Promuovere l’uso collegati e la capacità di della rete funzionalità razionale e sostenibile delle risorse auto depurazione dei corsi Obiettivo generale Riduzione degli effetti negativi indotti dalle alterazioni ecologica ed il grado di idriche d’acqua connettività morfologiche in atto OBIETTIVI SPECIFICI Migliorare la Ridurre gestione degli Garantire invasi in le Riequilibrare il deflusso riferimento alle perdite le attività di minimo problematiche nel trasporto settore Riutilizzare prelievo delle vitale nei di acque risorse corsi solido e di civile ed le interrimento idriche d’acqua agricolo depurate Navigazion e e impianti portuali OBIETTIVI SPECIFICI OBIETTIVI SPECIFICI OBIETTIVI SPECIFICI Ridurre gli impatti antropici Ridurre il livello di inquinamento delle acque superficiali e sotterranee Utilizzo di pratiche agricole ambientalmente sostenibili Ridurre/limitare i fenomeni di subsidenza localizzati Recupero della funzionalità fluviale Ripristino dell’assetto fluviale naturale Protezione della biodiversità nelle aree protette Riduzione degli impatti dovuti ai trasporti *L’attuazione degli obiettivi di Piano indicati consente uno sviluppo sostenibile della produzione di energia da fonti rinnovabili, contribuendo al raggiungimento dell’obiettivo di sostenibilità. Piano di Gestione delle Acque del distretto idrografico del fiume Serchio 319 Integrazioni – Documento 1 - deve essere chiarito il rapporto tra lo stato di qualità e obiettivo "buono" riportati nel Piano di tutela delle acque e lo stato di qualità e obiettivo "buono" riportati nel Piano di gestione per i corpi idrici; sia inoltre motivato ed eventualmente rivisto, alla luce di tale chiarimento, lo slittamento al 2021 e al 2027 del raggiungimento dello stato "buono" previsto nel Piano di gestione per diversi corpi idrici, con particolare riguardo a quell classificati come artificiali e alle acque costiere; Le differenze esistenti fra gli stati di qualità riportati nel Piano di tutela delle acque e nel Piano di Gestione delle acque risiedono nella differente normativa che sta alla base dei due atti di pianificazione. Il primo è stato redatto nel 2005 e seppur anticipando alcuni contenuti dalla Direttiva 2000/60/CE costituisce attuazione dell’art. 44 del D.Lgs 152/1999. Il secondo è stato redatto ai sensi dall'articolo 13 della Direttiva stessa che a livello nazionale è stata recepita con il D.Lgs 152/2006. Le innovazioni introdotte dalla Direttiva sul sistema di monitoraggio finalizzato alla determinazione degli stati di qualità sono molte; fra le tante come esempio, il monitoraggio degli elementi biologici per i corpi idrici superficiali il D.Lgs 152/06 richiede, in aggiunta ai macroinvertebrati (già valutati ai sensi del D.Lgs 152/99 attraverso l’indice biotico esteso-IBE), il monitoraggio del fitobenthos, delle macrofite e della fauna ittica. All’epoca dell’adozione del Piano di Gestione delle acque era di recente emanazione il D. M. 14 aprile 2009, n. 56, recante criteri tecnici per il monitoraggio dei corpi idrici e l’identificazione delle condizioni di riferimento che fornisce le definizioni dei cinque stati e potenziali ecologici da definire per ogni elemento di qualità individuato per: fiumi, laghi, acque costiere, acque di transizione, corpi idrici artificiali e corpi idrici fortemente modificati. Risultava in corso di redazione il DM 260/2010 “Regolamento recante i criteri tecnici per la classificazione dello stato dei corpi idrici superficiali, per la modifica delle norme tecniche del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, recante norme in materia ambientale, predisposto ai sensi dell'articolo 75, comma 3, del medesimo decreto legislativo” (emanato l’ 811-2010), ed era di recentissima approvazione la DGRT n.100 dell’8/2/2010 che individua le reti, i criteri e le procedure per l’esecuzione dei programmi di monitoraggio e classificazione ai sensi della Direttiva 2000/60/CE1. Da un esame dei riferimenti normativi su riportati (porre attenzione alle date di emanazione) risulta chiaro perché, per l’attribuzione dello stato ecologico delle acque superficiali, ci si è dovuti attenere alle classificazioni già operate dal Piano di Tutela della acque regionale, con le integrazioni derivabili dai monitoraggi sperimentali (cfr. Documenti 6 “Reti e programmi di monitoraggio” e 7 “Obiettivi di piano, stati di qualità e deroghe” del Piano di gestione)che consentivano un’approssimazione degli elementi biologici monitorati a quelli previsti dalla direttiva 2000/60/CE. Per quanto concerne gli stati di qualità delle acque sotterranee le disposizioni della Direttiva 2000/60/CE sono state integrate da quelle della Direttiva 2006/118/CE del Parlamento europeo e del Consiglio del 12 dicembre 2006, sulla protezione delle acque sotterranee dall’inquinamento e dal deterioramento. Tale direttiva è stata recepita in Italia con il D. Lgs. 16 marzo 2009, n. 30. In particolare il procedimento che ha portato alla classificazione dei corpi idrici superficiali e sotterranei può essere così riassunto (per maggiori approfondimenti si rimanda al documento 7 “Obiettivi di piano, stati di qualità e deroghe” del Piano di Gestione): Acque superficiali: la classificazione di qualità operata dal Piano di Tutela delle acque, descritta nel documento n. 6 “Reti e programmi di monitoraggio”, conteneva già alcuni dei parametri indicati dalla direttiva 2000/60/CE, pertanto è stata utilizzata come riferimento per la definizione degli stati di qualità del Piano di Gestione; sulla base di un giudizio esperto l’indicazione del Piano di Tutela è stata inoltre confrontata con i dati risultanti dal monitoraggio sperimentale, anch’esso descritto nel citato documento n. 6, al fine di integrare nel giudizio un maggior numero di parametri aderenti alle richieste della direttiva 2000/60/CE. Acque sotterranee: anche per i corpi idrici sotterranei il riferimento inevitabile per loro classificazione di qualità è stato il Piano di Tutela delle acque regionale. È stato utilizzato l’indice di stato quantitativo delle acque sotterranee (SquAS) per determinare lo stato quantitativo. Per quanto riguarda lo stato chimico, invece, ci si è potuti avvalere alle considerazioni svolte da Arpat in merito alla verifica degli standard di qualità e dei valori soglia del D. Lgs. 30/2009 per i campioni relativi ai punti di monitoraggio delle acque sotterranee (si veda l’allegato 6B Sostanze chimiche monitorate per le acque sotterranee). In particolare, in applicazione dell’articolo 4, comma 2, lettera c) del suddetto D. Lgs. 30/2009 per alcuni corpi idrici sotterranei è stato ritenuto di dover applicare l’indagine ivi prevista. 1 ad oggi risultano da individuare, tra l’altro, i siti di riferimento per ciascuna categoria e tipo di corpo idrico. Piano di Gestione delle Acque del distretto idrografico del fiume Serchio 320 Integrazioni – Documento 1 Per quanto concerne gli obiettivi di qualità, in base alle osservazioni ricevute dalla Regione Toscana (Settore strumenti di valutazioni e sviluppo sostenibile e Settore Tutela delle Acque interne e costiere – Servizi idrici), i tempi per il raggiungimento degli obiettivi del Piano di gestione delle acque vengono omogeneizzati nel Piano di Gestione con quelli indicati nel Piano di Tutela delle acque della Regione Toscana (cfr. Documento 7 del Piano di Gestione). - deve essere valutata la coerenza degli obiettivi di Piano con gli obiettivi di produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili — che comprendono quella idroelettrica - disciplinati dalle direttive 2001/77/CE e 2009/28/CE, dalla L. 244/2007, nonche dal Piano energetico regionale della regione Toscana; (In collaborazione con la Dott.ssa A. Grazzini) (Integrazione tratta dal Documento 15 “Dichiarazione di sintesi” del Piano di Gestione). Relativamente alla considerazione dei Piani Energetici Regionali e degli usi idroelettrici, si rimanda a quanto già illustrato nel Documento 12 del Piano di Gestione, paragrafo 2.4 (“Piano di Indirizzo Energetico Regionale”). Preme comunque approfondire la problematica, evidenziando la necessità di inquadrare la questione dell’acqua nella più ampia visione strategica della gestione del territorio, considerando tutte le valenze che dall’acqua traggono beneficio. In occasione del Convegno Nazionale d’aggiornamento TAM “Energia dall’acqua in montagna” svoltosi il 13/06/2009 nel Parco delle Groane, è emerso che dati recenti del Gestore Servizi Elettrici rilevano che i nuovi impianti prevedibili al 2020 incrementerebbero di circa 0.1% la produzione necessaria al fabbisogno elettrico nazionale: un contributo minimo a fronte delle alterazioni ambientali causate dai nuovi impianti. Si rileva inoltre che l’elevata incentivazione alle fonti rinnovabili rende molto appetibili le opere di derivazione idrica in zone montane, talvolta con strade di cantiere determinanti elevati impatti idrogeologici e/o paesaggistici e ambientali, e che, poiché la gestione dei piccoli impianti è economicamente sostenibile grazie agli attuali incentivi a termine (15 anni), è prevedibile che venendo a mancare detti incentivi tali impianti vengano abbandonati e lasciati sul territorio. Per approfondimenti su tali argomentazioni si rimanda all’articolo “Energia dall’acqua in montagna”, a cura della CCTAM, pubblicato in “ La Rivista” (gennaio- febbraio 2010); per approfondimenti sugli impatti ambientali delle centraline idroelettriche si rimanda a quanto presentato alla giornata di studio organizzata dall’Autorità di bacino del Serchio il 30 Aprile 2009 e pubblicato sul sito alla pagina: http://www.autorita.bacinoserchio.it/files/pianodigestione/partecipazione/incontri/2A/Presentazione_regione.pdf . Si rileva comunque che, nella fase di attuazione delle misure e di monitoraggio degli effetti, verrà valutato approfonditamente il potenziale di produttività elettrica del bacino del fiume Serchio; in particolare verrà valutato quanto di tale potenziale è già attualmente sfruttato e quanto rimane ancora disponibile, anche in considerazione dei costi ambientali che tale sfruttamento comporta. Relativamente alla misura 1, che contiene elementi di possibile incoerenza rispetto al PIER della Regione Toscana, si evidenzia che la stessa Regione, in occasione delle osservazioni al Piano, ha rilevato che “il quadro delle pressioni e degli impatti è stato elaborato a partire dai dati riportati nel Piano di Tutela delle Acque, aggiornati e approfonditi alla luce della situazione attuale; i contenuti risultano pertanto coerenti con quelli del Piano di Tutela delle Acque”: alla luce di ciò il sistema delle centraline , inserito nel piano di gestione fra le pressioni significative (tav. 4.9), è da ritenersi condiviso dalla Regione stessa. Inoltre si ricorda che la stessa misura 1 contempla sempre la possibilità di realizzare “impianti di derivazione con presa e rilascio non fisicamente distinte”. Ad ulteriore approfondimento di quanto riportato nel Documento 15 “Dichiarazione di sintesi” del Piano di Gestione vengono effettuate di seguito ulteriori riflessioni in merito alle energie alternative. L’utilizzo dei carburanti fossili è la principale fonte antropica di emissioni di gas serra. Dall’estrazione alla combustione questa filiera rappresenta i tre quarti di emissioni di CO2 dell’umanità, circa il 20% di tutte le emissioni di metano e una quantità importante di ossido nitroso (N2O), oltre all’emissione di elevate quantità di ossidi di azoto, di idrocarburi e di monossido di carbonio che contribuiscono alla formazione di un altro gas serra come l’ozono troposferico (C. Villeneuve e F. Richard, 2008 Vivere i cambiamenti climatici). I carburanti fossili rappresentano la principale fonte di energia. Piano di Gestione delle Acque del distretto idrografico del fiume Serchio 321 Integrazioni – Documento 1 Rispetto al Cap. 3.1 della relazione sullo stato dell’Ambiente del Rapporto Ambientale è possibile calcolare i consumi elettrici nella provincia di Lucca dal 2005 al 2007 per comune grazie ai dati forniti dal quadro conoscitivo del documento di programmazione energetica e ambientale della Provincia di Lucca (2010). Questo permette di disporre di un dato relativo al bacino del fiume Serchio più realistico in quanto è stato possibile escludere i comuni di Porcari (quello con i massimi consumi energetici elettrici, pari a circa 40 GWh nel 2007, di cui il 92% imputabile al settore industriale), di Capannori (il terzo in graduatoria a livello provinciale con consumi energetici elettrici, pari a circa 30 GWh nel 2007, di cui il 64% imputabile al settore industriale), di Altopascio e di Camaiore. Consumi totali (MWh) di energia elettrica anno 2007 n° utenze elettriche relative al 2007 Le 2 immagini permettono di comprendere che in genere esiste una correlazione tra n° di utenze elettriche e consumi; al contrario, in alcuni comuni come Barga, Borgo a Mozzano, Coreglia Antelminelli, a fronte di un n° di utenze elettriche basso/medio sono stati rilevati elevati consumi elettrici per la presenza di insediamenti industriali particolarmente energivori. Piano di Gestione delle Acque del distretto idrografico del fiume Serchio 322 Integrazioni – Documento 1 Si osserva che, nonostante un aumento del n° di utenze (asse verticale secondario), nel 2007 si è registrato un calo dei consumi (in MWh asse verticale principale). Tolti i comuni della provincia di Lucca non compresi nel bacino del Serchio (o compresi parzialmente per porzioni non significative) si ha che i consumi elettrici nell’anno 2007 risultano circa il 41% di quelli provinciali totali e il 6,5% di quelli regionali. Il settore indistriale a maggior consumo energetico è quello cartario che nel 2009 rappresenta il 74% del totale dei consumi industriali della provincia di Lucca e il 48% del totale dei consumi elettrici. Piano di Gestione delle Acque del distretto idrografico del fiume Serchio 323 Integrazioni – Documento 1 Interessante il dato sui consumi di energia elettrica nel settore agricolo che evidenzia i comuni di Viareggio e Massarosa dove, oltre a colture intensive a pieno campo si trovano diverse aziende florovivaistiche. Elevati anche i consumi elettrici agricoli nel capoluogo. Nella maggior parte dei comuni della Media valle e della Garfagnana i consumi elettrici nel settore agricolo sono molto bassi, dal momento che prevalgono colture estensive gestite secondo metodi tradizionali. I consumi domestici sono strettamente correlati alla densità di popolazione. Piano di Gestione delle Acque del distretto idrografico del fiume Serchio 324 Integrazioni – Documento 1 I consumi industriali di energia elettrica ricadono nei comuni in cui sono presenti la maggior parte degli insediamenti. Si tenga conto che il valore non è strettamente legato al n° di industrie presenti ma alle necessità di energia di ciascuna tipologia. Gli alti valori di Borgo a Mozzano sono determinati dalla presenza di industrie del settore cartario. Queste incidono anche sui consumi di Bagni di Lucca e di Coreglia Antelminelli e, parzialmente, di Barga. Significativo il calo registrato nel 207 nel Comune di Castiglione di Garfagnana. Si osserva che questi dati sono comparabili con quelli relativi alle emissioni totali di CO2 riportati nel Cap 6.1.1. Il settore terziario, che risulta particolarmente energivoro, è fortemente sviluppato nei comunid i Lucca e di Viareggio, interessati da flussi turistici consistenti. Nella tabella seguente sono evidenziate le emissioni globali della catena di produzione per kWh di elettricità. Fonte di energia Carbone Petrolio Gas (naturale e GNL) Nucleare Solare (fotovoltaico) Eolico Idroelettrico Fattori di emissioni (gCO2 eq/kWh) 940-1340 690-890 650-770 8-27 81-260 16-120 4-18 Piano di Gestione delle Acque del distretto idrografico del fiume Serchio 325 Integrazioni – Documento 1 Dalla tabella risulta evidente che le fonti energetiche rinnovabili possono rappresentare una delle migliori soluzioni per la riduzione delle emissioni climalteranti in atmosfera. Dal sito della Regione Toscana, nella sezione dedicata all’energia, si ricava che nel 2004 la domanda è stata pari a circa 21 mila Gwh. L’industria ne assorbe il 35% circa, i consumi civili il 32% (di cui il 60% per riscaldamento, produzione di acqua calda e cottura dei cibi) i trasporti il 31,5% e l’agricoltura l’1,5%. In Toscana si producono oltre 19 mila Gwh, 2.000 meno di quanti se ne consuma. Il 28% dell’energia elettrica prodotta in Toscana deriva dalla geotermia, con 711 Mw di potenza installata. Un altro 5% viene dalle altre fonti rinnovabili: acqua (317 Mw installati con le centrali idroelettriche), biomasse, e in piccolissima parte energia eolica (27,8 Mw installati) e solare (3 Mw installati di fotovoltaico). Il rimanente 77% viene prodotto dalle centrali termoelettriche. Ce ne sono 59 in Toscana. In maggior parte sono alimentate a petrolio, come a Piombino e a Livorno, e rilasciano molta anidride carbonica in atmosfera. La centrale di Cavriglia è stata riconvertita a ciclo combinato a metano che da energia più pulita e a costi inferiori. La Regione Toscana ha definito le scelte fondamentali della programmazione energetica con la Legge n. 39 del 2005 “Disposizioni in materia di energia”, a cui ha fatto seguito l’elaborazione del Piano di indirizzo energetico regionale (Pier approvato dal Consiglio regionale in data 08-07-2008), valido fino al 2010 e che fa propri gli obiettivi europei fissati per il 2020: riduzione delle emissioni di gas serra del 20%, miglioramento dell’efficienza energetica del 20%, incremento fino al 20% dell’energia prodotta da fonti rinnovabili. Come riportato sul sito della Regione Toscana (http://www.regione.toscana.it/regione/export/RT/sitoRT/Contenuti/sezioni/ambiente_territorio/energia/visualizza_asset.html_347916568.html) obiettivo della Regione è di produrre entro il 2020 il 39% di energia elettrica e il 10% di energia termica impiegando fonti rinnovabili e di ridurre le emissioni annue di anidride carbonica (CO2) di 7,2 milioni di tonnellate. Biomasse. La Regione sta incentivando la produzione di energia sia termica che elettrica dalla combustione delle biomasse, i materiali vegetali di scarto del bosco e delle coltivazioni agricole che abbondano in Toscana. Il Piano energetico regionale prevede la costruzione di impianti termici di piccole dimensioni che sfruttino questa risorsa naturale. In Provincia di Lucca allo stato attuale risulta installato un solo impianto per la produzione energetica dalle biomasse a Camporgiano e altri 3 impianti sono stati autorizzati ma non realizzati Eolico. Con la forza del vento in Toscana vengono prodotti 27,8 Mw di energia elettrica all’anno. Gli impianti sono a Montemignaio e a Scansano. Il Laboratorio per la meteorologia e modellistica (Lamma), costituito dalla Regione in collaborazione con l’Istituto di biometeorologia del Consiglio nazionale delle ricerche e della Fondazione per la meteorologia applicata, ha predisposto una mappa con le zone più adatte e dove non ci siano vincoli ambientali per la costruzione di impianti eolici: entro il 2020 è prevista l’installazione di 25 centrali eoliche da 15-25 Mw. In Provincia di Lucca sono in corso studi per lo sviluppo della risorsa eolica Geotermia. La geotermia contribuisce in misura del 28% alla produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili. Le centrali geotermiche sono 33, per un totale di oltre 600 pozzi, localizzate tutte tra l’Amiata senese e grossetano e Pomarance-Larderello (Pisa). Producono 711 Mw. Il piano energetico prevede un aumento di 200 Mw, pari al 28%, ponendo due condizioni: garanzie per una geotermia sostenibile e vantaggi per le comunità locali. Solare fotovoltaico e termico. In Toscana vengono prodotti 3 Mw di energia con i pannelli solari fotovoltaici. Entro il 2020 tale produzione, secondo il Piano energetico regionale andrà aumentata di 50 volte, arrivando a 150Mw. Dal quadro conoscitivo del Documento di Programmazione energetica ed ambientale della provincia di Lucca (2010) risulta che gli impianti fotovoltaici in esercizio sono in continuo aumento e ampiamente diffusi nella maggior parte dei comuni (soprattutto in quelli della piana di Lucca e della costa) Settore idroelettrico, http://www.regione.toscana.it/regione/multimedia/RT/documents/1215774931634_TESTO_APPROVATO_IN_AULA_8 LUGLIO08.pdf) Il PER 2000 rilevava che “La produzione elettrica da fonte idraulica ha raggiunto, a livello nazionale e regionale, buoni livelli di diffusione ed economicità, vicini alla competitività anche per la piccola idraulica…” Pertanto “….le potenzialità idroelettriche residue della regione sono modeste. Infatti i siti ancora disponibili in Toscana per la realizzazione di grossi impianti, con un tempo di ritorno dell’investimento sufficientemente breve, sono già stati sfruttati; conseguentemente, gli impianti ancora da installare, possono essere unicamente di taglie ridotte (minihydro)”. Sempre nel PER troviamo un’altra utile indicazione da riprendere e riproporre: “…va ricercata la collocazione (degli) impianti all’interno di sistemi di gestione integrata delle risorse idriche: un’opzione è quella degli impianti a recupero Piano di Gestione delle Acque del distretto idrografico del fiume Serchio 326 Integrazioni – Documento 1 energetico inseriti nelle reti acquedottistiche. Il recupero energetico può intendersi sia come ottimizzazione dell’uso dell’energia utilizzata in rete (motori idraulici per l’azionamento delle pompe per il sollevamento), che come semplice inserimento di unità di produzione di energia elettrica (turbogeneratori) in sistemi idraulici realizzati per usi diversi e nei quali viene perciò dissipata parte più o meno rilevante dell’energia disponibile”. Nel PIER si precisa che, pur ricercando la massima semplificazione amministrativa per gli impianti minihydro (ossia quelli con una potenza non superiore a 3 MW) deve essere fatta salva la necessaria tutela almeno del minimo deflusso vitale e la garanzia di una minima distanza tra impianti di presa e restituzione in alveo. Riprendendo ed ampliando le previsioni elaborate in sede di PER 2000, il PIER ipotizza una possibilità di sviluppo del minihydro, al 2020, non superiore ai 100 MW. Potenza impianti installati prima dell’entrata in vigore del PIER Potenza aggiuntiva prevista Potenza complessiva prevista Producibilità prevista – MW 317,9 MW 100 MW 417,9 GWh 942 Il PIER auspica che le Province, attraverso il coinvolgimento degli enti competenti, compresi gli AATO, definiscano, laddove presenti, disposizioni in materia di rilascio di concessioni di derivazione di acqua pubblica ai fini di produzione di energia e indica che disposizioni particolari dovranno essere dettate per: i bacini dei fiumi Arno e Serchio; gli impianti da collocarsi all’interno del sistema di gestione integrata della risorsa idrica. Più in generale è sentita l’esigenza di disporre di una mappa a livello regionale delle zone maggiormente vocate ad accogliere tale tipo di impianti Il Nucleo Idroelettrico di Lucca coincide con quello della regione Toscana e risulta costituito: dall’Asta del Serchio, con gli impianti di Sillano 0, Sillano 1, Sillano 2, Corfino, Sillico, Isola Santa, Torrite, Castelnuovo Garfagnana, Fabbriche, Gallicano, Ania, Pian della Rocca, Vinchiana; da quella del Lima con le centrali di Sestaione, Rio Freddo, Livogni, Sperando e Lima; da quella dell’Arno con Ponte a Olmo, Dicomano, La Nussa, La Penna e Levane, da alcune aste minori: quella del Magra con l’impianto di Arlia, del Lucese con quello di Lombrici, del Fiora con quello di Selvena, del Gora delle Ferriere con quello di Valpiana dall’Asta del Lamone con la centrale di Marradi. Nel bacino del Serchio è presente circa il 60% del parco idroelettrico ENEL della Toscana (17 centrali del sistema idraulico strategico). Dal grafico seguente si osserva che in media circa il 90% dell’energia prodotta da fonte idroelettrica ENEL in Toscana proviene dalle centrali situate nell’asta del Serchio e del T. Lima (e quindi dal Bacino del Fiume Serchio) Piano di Gestione delle Acque del distretto idrografico del fiume Serchio 327 Integrazioni – Documento 1 % idroelettrico bacino Serchio rispetto alla produzione idroelettrica regionale 100% 90% 80% 70% 60% 50% 40% 30% 20% 10% 0% 2003 * valore riferito al I trimestre 2004 2005 2006 2007* Altri impianti RT TOTALE Serchio I dati relativi alle centrali idroelettriche sono stati tratti dalla Dichiarazione Ambientale anno 2006 e dalla Dichiarazione Ambientale 2007 relativa agli Impianti idroelettrici del Nucleo Idroelettrico di Lucca redatte da ENEL nell’ambito della certificazione EMAS. Piano di Gestione delle Acque del distretto idrografico del fiume Serchio 328 Integrazioni – Documento 1 GWh prodotti dalle centrali idrolettriche del Bacino del Serchio dal 2003 al 2006 500,00 450,00 400,00 350,00 300,00 250,00 200,00 150,00 100,00 50,00 0,00 2003 2004 2005 2006 Dal grafico si osserva che la produzione di elettricità da parte delle centrali idroelettriche presenti nel bacino del Serchio è andata calando dal 2003 al 2006 con un brusco calo nel 2005. Queste variazioni della produzione sono legate alle oscillazioni della risorsa idrica disponibile registrate nell’ultimo decennio. Su 12 invasi il volume utile di invaso a oggi è 32,8 milioni di m3. La situazione determina, per far fronte alle diverse esigenze idriche (acquedottistiche, irrigue e ambientali), spesso anche una riduzione dei rilasci dalle dighe nei mesi estivi. In merito alla problematica l’Autorità di bacino del Serchio aveva già individuato, con Delibera del Comitato Istituzionale n° 147 del 05/04/2006, i valori dei rilasci per la tutela del Deflusso Minimo Vitale dagli impianti ENEL (in l/sec). Disponendo dei dati di produzione elettrica a livello regionale 2005 (TERNA) e dei dati di produzione delle centrali idroelettriche nel bacino del Serchio nello stesso anno (anche se si nota che risulta l’anno in cui la produzione è stata molto più bassa rispetto agli altri anni) , si ha che esse incidono sul totale regionale dell’1,45%. Se si calcola il contributo della produzione elettrica da centrali idroelettriche sui consumi registrati nel 2005 per la Provincia di Lucca, si ha una percentuale di circa l’8%. Il rapporto del Dr Brunelli al II Forum c/o l’Autorità di Bacino del Serchio (30/04/2009) riporta un dato aggiornato al 2008 che dimostra che la produzione degli impianti ENEL dell’asta del Serchio copre circa il 12% del fabbisogno della Provincia di Lucca. Nella relazione sullo stato dell’ambiente del rapporto Ambientale sono inoltre riportati i dati forniti da ENEL S.p.A in merito alle quantità di emissioni evitate in atmosfera grazie all’esercizio degli impianti idroelettrici calcolate, per ciascun anno, come prodotto della produzione idroelettrica netta (produzione lorda meno i consumi per i servizi), per il coefficiente annuale di emissione specifica riferito alla produzione termoelettrica fossile Per quanto riguarda le centrali idroelettriche non appartenenti al sistema idraulico strategico si rimanda alla tabella 3.2.1.1 redatta nel quadro conoscitivo del documento di programmazione energetica e ambientale della Provincia di Lucca (2010) Non è possibile a oggi calcolare il contributo della produzione elettrica da centrali mini idro, perché non sono disponibili dati di potenza di ciascun impianto. . Ambizioso l’obiettivo del PIER di raggiungere una percentuale del +31% di produzione idroelettrica (potenziare l’idroelettrico passando dagli attuali 318 ai 418 Mw (+31%) sfruttando piccoli impianti con procedure semplificate a livello provinciale) aumentando ulteriormente il numero di impianti mini-idro (fino a un massimo di 3 MW ai sensi della normativa vigente) Nel bacino del Serchio, la presenza di un fitto reticolo idrografico caratterizzato da buone portate (data l’elevata piovosità tipica del territorio montano) e da una notevole acclività che favorisce la presenza di salti e pendenze utili, ha favorito in tempi storici la presenza di numerosi opifici idraulici che sfruttavano le acque per la produzione di energia meccanica. Oggi si assiste a una notevole distribuzione di centrali mini-idro che vanno a interessare la maggior parte dei corsi d’acqua. Il sistema dei piccoli impianti idroelettrici presenta diversi vantaggi rispetto ad altre FER: permette di produrre energia sulla base della disponibilità di acque correnti e questa risorsa è ampiamente diffusa permette di produrre energia anche in luoghi isolati e non facilmente raggiungibili da linee elettriche permette il recupero di vecchi impianti volti alla derivazione e alla utilizzazione delle acque quale forza motrice (antichi opifici idraulici come ferriere, molini, frantoi..) il “combustibile”acqua ha un basso costo Piano di Gestione delle Acque del distretto idrografico del fiume Serchio 329 Integrazioni – Documento 1 La maggior parte di quelle presenti sul territorio del Bacino del Serchio non sono state installate a fini di autoconsumo ma a fini di investimento finanziario da parte di imprese private che rivendono l’energia prodotta all’Ente Gestore. Esistono situazioni con aste fluviali fortemente sfruttate dal punto di vista della produzione di energia idroelettrica soprattutto quando si hanno situazioni cumulative per cui gli effetti derivanti dagli impianti vanno a sommarsi. Da una parte si ha la Direttiva 2009/28/CE “sulla promozione dell’uso dell’energia da Fonti Rinnovabili” (triplice obiettivo di riduzione dei consumi del 20% al di sotto del tendenziale, incremento dell’uso di energia rinnovabile per una quota pari al 20% dei consumi e taglio delle emissioni di CO2 di un eguale 20%) che assegna all’Italia, sulla base essenzialmente di calcoli economici (il PIL) l’obiettivo di soddisfare il 17% dei propri consumi finali di energia ricorrendo alle risorse rinnovabili entro il 2020, partendo dal 5,2% del 2005 (+11,8%) e che tende a semplificare le procedure per la realizzazione degli impianti. D’altra parte la “Direttiva Quadro sull’Acqua” 2000/60/CE persegue molteplici obiettivi, quali la prevenzione e la riduzione dell'inquinamento, la promozione di un utilizzo sostenibile dell’acqua, la protezione dell'ambiente, il miglioramento delle condizioni degli ecosistemi acquatici e la mitigazione degli effetti delle inondazioni e della siccità e si attua mediante i piani di gestione che mirano specificatamente a: impedire il deterioramento, migliorare e ripristinare le condizioni dei corpi idrici superficiali, fare in modo che raggiungano un buono stato chimico ed ecologico entro la fine del 2015 e ridurre l'inquinamento dovuto agli scarichi e alle emissioni di sostanze pericolose; proteggere, migliorare e ripristinare le condizioni delle acque sotterranee, evitarne l'inquinamento e il deterioramento e garantire un equilibrio fra l'estrazione e il ravvenamento; preservare le aree protette. La realizzazione degli impianti va a interessare gli alvei dei corsi d’acqua, le fasce ripariali, le aree prossime ai torrenti per il passaggio delle condotte e delle centrali di turbinazione; la presa, costituita da un’opera di sbarramento, rappresenta elemento di frammentazione del corridoio fluviale incidendo in maniera significativa sugli habitat e sulle specie. La normativa vigente prevede che tali opere, per concessioni di derivazione superiori a 200 l/sec siano sottoposte a preventiva valutazione di impatto ambientale mediante procedura di verifica di assoggettabilità. L’autorità di bacino del Serchio ha definito specifiche misure per la salvaguardia del Deflusso Minimo Vitale così da garantire la sopravvivenza dell’ecosistema fluviale. A oggi l’estesa e ampia diffusione di tali impianti, rende necessario attuare una regolamentazione nell’utilizzo e nella localizzazione di nuove derivazioni a uso idroelettrico. Anche la provincia di Lucca, nel quadro conoscitivo del documento di programmazione energetica della provincia di Lucca (2010), specifica che nella fase finale di redazione dello stesso Piano Energetico e ambientale verranno definite le potenzialità del territorio alla produzione di energia elettrica da fonte idraulica partendo dalle caratteristiche geomorfologiche, litologiche, pedologiche e di uso del suolo del territorio e dalle caratteristiche dei corsi d’acqua presenti. (..) Al termine di questa fase di caratterizzazione, con i metodi dell’idrologia e dell’idraulica, verranno calcolate le portate derivabili e il potenziale idroelettrico, tenendo ben presenti le limitazioni imposte per la salvaguardia dell’ambiente (es. mantenimento del deflusso minimo vitale). Si ritiene che nello sfruttamento delle fonti rinnovabili siano da valutare in maniera adeguata i costi economici, ambientali e sociali. Affinché una forma di energia possa qualificarsi in un’ottica di sviluppo sostenibile deve minimizzare il proprio impatto sull’ambiente a un grado tale da non lasciare perturbazioni irreversibili negli ecosistemi. Altrimenti non ha senso parlare di risorsa rinnovabile. E’ quindi da valutarsi, per ciascuna delle filiere di produzione di energia da fonti alternative l’ECOBILANCIO ossia gli impatti dei prodotti e dei servizi dalla “nascita alla morte” così da poter installare/fornire l’energia giusta al posto giusto, sia essa fotovoltaica, eolica o idroelettrica. Nel bilancio costi- benefici sono da tenere in considerazione le pressioni e gli impatti sulle risorse ambientali anche potenzialmente causati dalla posa in opera di tali impianti. presi in debita considerazione tutti gli elementi di criticità del territorio, in primis la funzionalità ecosistemica e la conservazione di habitat e specie ed eventuali effetti cumulativi. Lo sbarramento del corso d’acqua comporta in misura maggiore o minore l’alterazione delle caratteristiche morfologiche dell’alveo, l’interruzione dei flussi idrici e delle comunità biologiche presenti con dirette conseguenze sulla fauna ittica e sulle dinamiche dell’ecosistema e, la diminuzione delle portate, può influenzare l’alveo di magra e di morbida e quindi la struttura delle vegetazione ripariale del tratto sotteso. Nel caso dei grossi invasi idroelettrici si aggiungono la modifica degli apporti fluviali di materiale solido alla foce (con possibili effetti sul bilancio di sedimenti nelle aree costiere) perché si ha il deposito dei sedimenti provenienti dal bacino imbrifero a monte all’interno dell’invaso stesso e la possibilità che si verifichino alterazioni della qualità dell’acqua accumulata. E’ necessaria una corretta regolamentazione della gestione (anche in occasione dell’apertura degli organi di scarico profondi nelle operazioni di sghiaia mento e sfangamento per cui vanno redatti appositi progetti) e l’attuazione di interventi sia a livello progettuale che di esercizio che consentano il mantenimento del Piano di Gestione delle Acque del distretto idrografico del fiume Serchio 330 Integrazioni – Documento 1 minimo deflusso vitale, la possibilità di risalita dei pesci mediante specifiche scale, il controllo dei parametri di qualità delle acque. Dati gli scenari prospettati dai cambiamenti climatici in atto, con periodi di scarsità idrica e frequenti eventi di pioggia intensi, è importante pianificare l’utilizzo dell’invaso anche come strumento per attenuare le piene o quale serbatoio per garantire usi plurimi della risorsa acqua (irriguo, potabile, ricreativo..). Gli stessi cambiamenti climatici (magari attraverso un monitoraggio e un’analisi più approfonditi degli scenari locali) devono portare quindi a un’attenta riflessione circa l’ulteriore diffusione di tali impianti mini-idro, soprattutto in contesti di particolare valenza conservazionistica, caratterizzati da habitat e specie di interesse che hanno determinato la perimetrazione di siti della Rete Natura 2000 (Dir 92/43/CE). In questi casi, il bilancio vede sui piatti della bilancia sia i vantaggi energetici e la riduzione degli impatti emissivi climalteranti evidenti su scala globale (1 GWh di energia elettrica prodotta da un piccolo impianto idroelettrico consente di evitare l’emissione in atmosfera di 480 tonnellate di CO2) che il valore intrinseco delle risorse naturali interessate, oltre alla funzionalità ecologica che esse svolgono, evidenti a scala locale. Il piano di azione regionale per la biodiversità in fase di elaborazione (ottobre 2010) ha individuato tra le principali cause di minaccia la gestione idraulica che va ad agire su 37 habitat e ben 302 specie, corrispondenti all’86% degli habitat e all’88% delle specie dei corsi d’acqua (in particolare flora igrofila, molluschi, crostacei, insetti, pesci, anfibi). Per gestione idraulica si intendono le opere trasversali (come briglie, sbarramenti, impianti idroelettrici) e gli interventi sulla vegetazione ripariale (che comunque è spesso interessata da tagli per la realizzazione delle vie di cantiere e di servizio per gli impianti e la posa della condotta di derivazione fino al fabbricato di centrale). Da sottolineare che contenuto essenziale delle misure di base per le aree protette definite dal distretto idrografico del Fiume Serchio risultano le misure della Delibera di G.R. n° 644/2004 che individuano per ciascun sito della rete natura 2000 gli elementi di criticità e le necessarie misure di conservazione. Nella seguente tabella, inoltre, sono indicati gli effetti dei cambiamenti climatici in atto su tipologie di habitat e su gruppi di specie e risulta evidente la vulnerabilità sugli ecosistemi delle acque superficiali. Climate change and Biodiversity (European Environment Agency, 2010) Rispondendo anche a quanto indicato nel PIER per quanto concerne il Bacino del Serchio, le misure supplementari del piano di gestione (in particolare la Scheda norma n° 1 e la scheda norma n° 4) sono volte a garantire la sostenibilità nella realizzazione e nell’utilizzo degli impianti idroelettrici nelle aree per le quali risultano prioritari elementi di conservazione degli ecosistemi acquatici come definite dalla Direttiva quadro sulle acque. Si tratta di trasferire a scala territoriale la necessità di implementazione delle fonti rinnovabili non soltanto su una base economica (PIL) ma su conoscenze specifiche delle potenzialità che la risorsa acqua può ancora avere in merito allo sfruttamento idroelettrico. Come approfondito e meglio esplicitato nella “circolare illustrativa di attuazione delle misure supplementari n° 1,4,7,9 del piano di gestione delle acque” la ratio della disposizione che prescrive la limitazione all’incremento di derivazioni di acque superficiali all’interno delle aree ritenute di elevato interesse ambientale e Piano di Gestione delle Acque del distretto idrografico del fiume Serchio 331 Integrazioni – Documento 1 ; I naturalistico, sta nel riconoscimento che il territorio rappresentato dalle aree protette non possa sopportare ulteriori pressioni, in termini di sottrazione di acqua dai corpi idrici per utilizzi antropici. pena il mancato raggiungimento degli obiettivi del Piano. Questo non impedisce che possano esistere deroghe per utilizzi di interesse locale adeguatamente documentati, quando sussistano esigenze di approvvigionamento non altrimenti soddisfacibili per consumo umano, per uso irriguo , per produzione di energia idroelettrica a fini di autoconsumo, per produzione di forza motrice per il funzionamento di vecchi opifici idraulici. Le misure suddette risultano sinergiche con le misure supplementari n° 6 (Scheda di indirizzo vincolante “Definiione di un codice di buona prassi per la gestione della vegetazione riparia lungo i corsi d’acqua) e n° 14 “Programmazione da parte dell’Autorità di Distretto del Fiume Serchio, sentite le province competenti, della realizzazione di rampe di risalita dei pesci agli sbarramenti fluviali più importanti, al fine di garantire il ripristino della continuità longitudinale del corso d’acqua e quindi la riapertura dei corridoi ecologici”. Importante è sottolineare che il settore delle mini-idro sta conoscendo un consistente sviluppo che porta a un rapido miglioramento tecnologico; ad es recenti innovazioni hanno reso disponibili turbine in grado di sfruttare in modo efficiente anche salti molto bassi e questo consentirebbe di spostare l’attenzione dalle aree montane a quelle di pianura, utilizzando ad esempio le reti di canali di bonifica o di irrigazione oppure turbine molto piccole che potrebbero essere collocate nelle condotte idrauliche degli acquedotti montani per sfruttare l’energia che si crea per gli elevati dislivelli di quota. In questo caso si risponde alla necessità di implementare le FER con un impatto ambientale ridotto per quanto riguarda le reti idrauliche semi-artificiali delle pianure bonificate e pressoché nullo per gli acquedotti montani e si garantirebbe peraltro un uso plurimo di acque già oggetto di sfruttamento. deve essere valutata la coerenza degli obiettivi del Piano con gli obiettivi internazionali (Libro bianco della Commissione europea su "L'adattamento ai cambiamenti climatici: verso un quadro d'azione europeo" COM (2009) 147) tenendo conto delle valutazioni condotte sulla base della prescrizione II; - (In collaborazione con la Dott.ssa A. Grazzini) 1-Introduzione Il clima si definisce come un insieme di parametri che caratterizzano lo stato dell’atmosfera in un punto preciso del pianeta durante un periodo di tempo determinato. E, dal momento che tale periodo di tempo è generalmente lungo (fino a qualche migliaio di anni), si tratta quindi dell’insieme della condizioni meteorologiche a lungo termine in una data regione. I principali componenti del clima sono la TEMPERATURA e le PRECIPITAZIONI che interagiscono tra loro e con il VENTO. La natura dei diversi climi a scala regionale e locale determina le caratteristiche ecologiche degli ecosistemi. In particolare la combinazione delle temperature medie e delle precipitazioni determina la ripartizione dei biomi terrestri. Il problema dei cambiamenti climatici è stato affrontato nel Cap 3 della relazione sullo stato dell’ambiente del Rapporto Ambientale facendo riferimento agli obiettivi e alle di azione prioritarie definite dal VI Programma comunitario di azione in materia ambientale. In particolare sono state approfondite le problematiche relative ai consumi energetici e all’uso delle energie rinnovabili per la riduzione delle emissioni di CO2 quale gas serra climalterante. Di seguito la tematica è stata ulteriormente trattata sia dal punto di vista normativo che conoscitivo. Questo anche in funzione della natura pubblica del documento di VAS e quindi dell’opportunità di informare meglio gli interessati circa l’entità del problema e delle azioni in atto per limitarne gli effetti. Sono stati inoltre riportati i dati relativi alla climatologia del bacino e al bilancio di CO2 sulla base delle emissioni calcolate e degli assorbimenti determinati dall’attività foto sintetica della copertura forestale.. 2- La problematica Il contesto della problematica del riscaldamento globale è cambiato con lo sviluppo e l’adozione delle conoscenze della Convenzione quadro dell’ONU sui mutamente climatici (UNFCCC- United Nations Framework Convention on Climate Change, 1992) che teneva in considerazione i risultati di osservazioni scientifiche e di incontri internazionali svoltisi negli anni ’80. Nel 1988 a Toronto (Canada) l’UNEP e l’Organizzazione Meteorologica Mondiale (OMM) decisero di creare un organismo dedicato allo studio della problematica e nacque così l’IPPC (Intergovernmental Panel Piano di Gestione delle Acque del distretto idrografico del fiume Serchio 332 Integrazioni – Documento 1 on Climate Change) formato da esperti e ricercatori di climatologia nominati dai governi con il mandato di “valutare l’informazione scientifica, tecnica e socio-economica che riguarda il rischio di cambiamento climatico provocato dall’uomo”. Dal 1990 l’IPPC ha pubblicato 3 serie di rapporti (1990, 1995,2001) che, all’inizio del 2007 sono stati resi pubblici. Questi documenti di riferimento costituiscono il migliore stato delle conoscenze sui cambiamenti climatici e sono disponibili sul sito www.ippc.ch. L’IPPC riunisce 3 gruppi di esperti: Il primo gruppo analizza la realtà fisica dei cambiamenti climatici e chiarisce i legami esistenti tra le attività umane e il clima terrestre. Ne derivano (Parigi, 02/02/2007) le seguenti conclusioni: - Le previsioni a breve termine del rapporto 2001 si sono rivelate corrette e il riscaldamento procede più velocemente del previsto - La concentrazione di gas serra non è mai stata tanto elevata da 650.000 anni e il riscaldamento osservato si può associare con un livello di confidenza del 95%, a un incremento della forzante radiativa di 1,6 W/mq - Sono registrate modifiche della temperatura dell’aria, degli oceani - Si prevede una aumento delle temperature di 0,2 °C per decennio fino al 2030 - Si prevede un incremento delle temperature medie e massime e un aumento dei giorni di canicola su tutti i continenti con delle differenze regionali - Si prevede un incremento delle temperature minime e una diminuzione dei giorni di freddo intendo in tutti i continenti, così come una riduzione della durata dell’innevamento nell’emisfero boreale - Si prevede un aumento delle precipitazioni violente durante il XXI secolo Il secondo gruppo di esperti lavora sugli impatti dei cambiamenti climatici e sulle misure che saranno necessarie per farvi fronte. Recensiscono osservazioni e prevedono, utilizzando i modelli di previsione del primo gruppo, i probabili impatti dei cambiamenti climatici. Questi hanno presentato il loro rapporto a Bruxelles il 06/04/2007 evidenziando: Su tutti i continenti e sulla maggior parte degli oceani molti sistemi naturali sono interessati dai mutamenti climatici, in particolare dal riscaldamento Si assiste a un’espansione e una moltiplicazione dei laghi glaciali Le tempeste tropicali mostrano una tendenza a diventare più violente Si ha una maggiore instabilità del permafrost nell’Artide Si registra un aumento di frane in ambiente montano Si hanno mutamenti negli ecosistemi dell’Artide e nell’Antartide che interessano i grandi predatori Un impatto sui sistemi idrologici: le piene primaverili sono più intense e più precoci in parecchi torrenti glaciali e il riscaldamento dei laghi e dei fiumi in diverse regioni ha effetti sulla stratificazione termica e sulla qualità dell’acqua Una modifica dell’area di distribuzione e della fenologia di migliaia di specie Il terzo gruppo di lavoro è costituito da economisti e politologi che si occupano della mitigazione dei cambiamenti climatici. Ha consegnato il rapporto a Bangkok il 04/005/2007 precisando che agendo subito sarebbe possibile stabilizzare e quindi ridurre le emissioni antropiche di gas serra e limitare il riscaldamento del clima terrestre senza andare a incidere in maniera significativa sull’economia mondiale. Propongono quindi una serie di misure per raggiungere l’obiettivo di stabilizzare il livello di CO2 in atmosfera a 550 ppm, che comporterebbe un riscaldamento dell’ordine di 2-3-°C nel secolo in corso. Esse sono da attuare in diversi settori: - Energia - Trasporti - Agricoltura - Efficienza energetica degli edifici - Industria - Gestione dei rifiuti 3- Le risposte La lotta ai cambiamenti climatici impone due tipi di risposta: la riduzione delle emissioni di gas serra (vd la normativa vigente in materia) favorire l’adattamento per affrontare gli impatti inevitabili. Piano di Gestione delle Acque del distretto idrografico del fiume Serchio 333 Integrazioni – Documento 1 3.1- La riduzione delle emissioni di gas serra L’atmosfera terrestre ha uno spessore massimo di 100 km ed è composta, prevalentemente entro un’altitudine inferiore ai 2000 m dalla superficie, da diversi gas in particolare l’azoto, l’ossigeno, l’argon, l’ozono, il vapor d’ acqua, l’anidride carbonica, il metano, l’ossido di azoto e altri gas presenti in tracce; questi gas risultano permeabili alla radiazione visibile ma assorbono quella parte di energia solare riemessa dal suolo terrestre sotto forma di radiazioni infrarosse, restituendone una parte al suolo e lasciando sfuggire il resto nello spazio. L’espressione “effetto serra” sta proprio a descrivere fenomeno termodinamico per cui la luce riesce a entrare ma il calore viene trattenuto dalle pareti trasparenti. Tale proprietà dell’atmosfera: consente di mantenere la temperatura media alla superficie della Terra sui 15°C, ossia 33°C in più di quanto consentirebbe di raggiungere il bilancio radiativo senza la presenza dei gas serra. permette di mantenere la temperatura a livelli sufficienti perché la maggior parte dell’acqua resti in forma liquida garantendo la vita della maggior parte delle specie. Le modifiche della composizione dell’atmosfera portano ad aumentare la quantità di calore trattenuta dall’atmosfera stessa; tale energia deve essere dispersa nello spazio o immagazzinata temporaneamente nell’ecosfera, ossia nello strato superficiale degli oceani e della litosfera. Si parla quindi di squilibrio del bilancio energetico Terra- atmosfera dovuti all’accumulo in atmosfera di gas serra di origine antropica, in termini di forzante radiativa (radiative forcing, misurata in Watt/m2). Quando si combina la capacità di assorbimento con la concentrazione effettiva nell’atmosfera di un dato gas, si ottiene la percentuale di contributo all’effetto serra per quel gas. Questi i principali gas serra: - il vapore acqueo è il principale gas serra ma non viene considerato nello studio dei cambiamenti climatici perché : il ciclo dell’acqua trasporta ogni giorno quantità d’acqua così enormi nell’atmosfera che l’attività umana (raffreddamento centrali termiche, combustione, irrigazione..) appare assai marginale su scala globale. Un raddoppio della situazione attuale porterebbe a un aumento max di vapor acque in atmosfera pari all’1% una molecola d’acqua in atmosfera ha un tempo di residenza molto breve (max 9 gg) prima di precipitare come pioggia o neve - Anidride carbonica- CO2 gas serra molto stabile (tempo di decadimento circa 120 anni) che costituisce il prodotto finale della combustione dei materiali contenenti carbonio e la sorte ultima dei composti del carbonio digeriti dalle Piano di Gestione delle Acque del distretto idrografico del fiume Serchio 334 Integrazioni – Documento 1 celle le viventi in presenza di ossigeno. La principale sorgente di CO2 atmosferica è legata all’attività vulcanica e il principale pozzo alla fissazione oceanica dei carbonati (processo molto lungo legato a particolari condizioni di pressione e di temperatura: ad es se la temperatura dell’acqua aumenta diminuisce la solubilità della CO2 e si possono avere gravi ripercussioni anche sugli organismi marini che utilizzano i carbonati di calcio per la propria struttura). Grazie alla fotosintesi il carbonio viene assimilato nelle molecole dei vegetali producendo un rifiuto, l’ossigeno, che torna in atmosfera. In condizioni naturali la concentrazione atmosferica di CO2 è legata a fenomeni geologici e climatici. L’aumento è determinato da attività antropiche quali lo sfruttamento dei combustibili fossili per la produzione di energia e la deforestazione. La concentrazione preindustriale di CO2 in atmosfera era intorno alle 228 ppm. Nel 2008, a distanza di circa 200 anni, tale concentrazione raggiunge le 388 ppm con un aumento di circa il 10% negli ultimi 15 anni (negli anni 1950 si calcolavano 310 ppm). A oggi emettiamo ogni anno una quantità di 13 Giga tonnellate di Carbonio (GtC) delle quali più di un terzo si aggiunge allo stock di CO2 in atmosfera. - Metano (CH4) risulta il principale componente del gas naturale. Viene emesso da organismi viventi in condizioni di anaerobiosi ed è quindi abbondante nei sedimenti lacustri od oceanici, nelle risaie e nei luoghi dove si depositano grandi quantità di materia organica fosse biologiche e concimaie). Si trova in grande quantità in forma idrata nei sedimenti marini (a determinate condizioni di pressione e temperatura) e nei giacimenti petroliferi quale prodotto della degradazione batterica delle molecole organiche precedenti la formazione del petrolio. Esistono batteri metanogeni (archeobatteri) che vivono nel tubo digerente dei ruminanti favorendo la digestione della cellulosa. E’ anche un componente minore dell’atmosfera dove risulta avere una vita media di 12 anni. Qua, a contatto con radicali idrossili e in presenza di ossigeno, le molecole di CH4 tendono a ossidarsi producendo CO2 e acqua. Il suo potenziale di riscaldamento è 21 volte superiore a quello della CO2. La sua concentrazione, negli ultimi 150 anni è passata da 700 a 1750 parti per miliardo (ppb). - Ozono troposferico (O3). Si forma nella troposfera (la parte più densa dell’atmosfera a meno di 12 km dalla superficie terrestre) a seguito di forti campi elettrici e di reazioni catalizzate dalla luce in presenza di CO, di COV, di ossidi di azoto e di idrocarburi; in particolare l’assorbimento di raggi solari da parte del biossido di azoto produce ossigeno atomico che reagisce con l’ossigeno molecolare (O2) formando l’ozono. A bassa quota l’ozono contribuisce a formare lo smog fotochimico. Una delle cause della presenza di smog nei mesi estivi è da ricercarsi nella presenza di forti concentrazioni di idrocarburi che, ossidati dall’ossigeno atomico, reagiscono con l’ossido di azoto per formare NO2 e quindi O3. Le centrali termiche a carbone sono le principali responsabili dei precursori dello smog fotochimico, ma anche dello smog invernale, che è provocato dalla particelle di solfati derivate dalla combustone. Altra fonte a livello locale può essere costituita dai motori diesel e dalla combustione di legna negli impianti di riscaldamento domestici. Nella stratosfera l’ozono è più abbondante e assolve all’importante funzione di filtro di protezione dai raggi ultravioletti. - Il protossido di azoto (N2O) presenta un forte potenziale di effetto serra (310 volte quello della CO2) e ha una longevità di circa 100 anni. Risulta principalmente prodotto dall’agricoltura (52%): la maggior parte (92%) proviene da una nitrificazione incompleta, favorita dall’utilizzo di concimi chimici azotati e dallo spargimento di letame. L’industria produce il 27% delle emissioni totali di ossido nitroso, mentre il settore energetico è responsabile del 16%. - I clorofluorocarburi (CFC) sono molecole di sintesi elaborate dall’industria chimica all’inizio del XX secolo per sostituire ammoniaca nei sistemi di raffreddamento. Essi sono accusati di provocare un impatto significativo sull’ozono stratosferico e il Protocollo di Montreal ne ha sancito la messa al bando. A oggi sono sostituiti da idrofluoro carburi (HFC) e da idrofluorocarburi (HCFC) che hanno un minore potenziale distruttivo rispetto all’ozono ma presentano un elevato potenziale di riscaldamento climatico (gli HFC da 140 a 11700 volte quello della CO2). Si fa presente che i CFC (in particolare il freon 12) hanno un potenziale di riscaldamento globale fino a 10720 volte superiore a quello della CO2 e rimangono da 45 a 1700 anni in atmosfera. I perfluorocarburi (CF4 e C2F6) provengono principalmente dai processi di lavorazione dell’alluminio e hanno un potenziale di riscaldamento globale da 6500 a 9200 volte quello della CO2. - L’esafuoruro di zolfo (SF6) è un gas neutro, più denso dell’aria, usato in diversi processi industriali. Ha un potenziale di riscaldamento climatico paria 23900 volte quello della CO2. Alcune considerazioni: - I gas di origine antropica che contribuiscono al riscaldamento del clima sono più efficaci in gruppo che isolati, perché assorbono tutte le lunghezze d’onda. Esiste quindi un effetto complementare e sinergico Piano di Gestione delle Acque del distretto idrografico del fiume Serchio 335 Integrazioni – Documento 1 - A seconda del tempo di dimezzamento in atmosfera, il contributo dei gas suddetti all’effetto serra può essere maggiore di quanto non lascino supporre il coefficiente di assorbimento e la concentrazione istantanea - L’aerosol e le polveri in sospensione nell’aria possono avere un effetto si raffreddamento perché riflettono ad alta quota la luce solare verso lo spazio e quindi si ha un deficit di energia per il riscaldamento dell’atmosfera (forzante radiativa negativa) - Le fini particelle di fuliggine emesse dai camion e dalle ciminiere diminuiscono l’albedo delle nubi e quindi contribuiscono al riscaldamento - I cambiamenti dell’uso del suolo possono influenzare l’albedo - La distruzione delle foreste rimette in circolazione anidride carbonica ed elimina un pozzo di carbonio, oltre ad aumentare l’albedo 3.2-Favorire l’adattamento: Il Libro bianco "L'adattamento ai cambiamenti climatici: verso un quadro d'azione europeo", è stato presentato dalla Commissione europea il 01/04/2009. Esso è finalizzato a individuare gli strumenti più opportuni a livello di UE per diminuire la vulnerabilità di fronte agli impatti dei cambiamenti climatici e a definire un piano di lavoro nel breve e medio termine puntando prioritariamente a: – rafforzare la base di conoscenze sulla vulnerabilità ai cambiamenti climatici (impatti e capacità di adattamento) e sui costi e benefici delle varie soluzioni di adattamento; – garantire che vengano prontamente messe in atto misure prioritarie (no-regret) e vantaggiose sotto tutti i profili (win-win) e che si eviti un adattamento imperfetto integrando le problematiche dell'adattamento nelle politiche dell'UE; – istituire un processo volto a coordinare più efficacemente le politiche di adattamento e a valutare i passi successivi, come l'avvio di un dibattito sui finanziamenti futuri. Il Libro bianco si è basato sulle consultazioni varate nel 2007 dopo la pubblicazione del Libro verde "L'adattamento ai cambiamenti climatici in Europa" e su altre ricerche che hanno permesso di individuare gli interventi a breve termine. E' accompagnato da tre documenti settoriali sull'agricoltura, sulla salute e sul tema delle acque, delle coste e dell'ambiente marino. La Commissione specifica i concetti principali legati all'adattamento e i cambiamenti climatici: per vulnerabilità (IPCC, 2007) s'intende il grado di suscettibilità di un sistema agli effetti negativi dei cambiamenti climatici e la sua incapacità a farvi fronte; sono inclusi la variabilità del clima e gli eventi meteorologici estremi. La vulnerabilità dipende dalla natura, dall'entità e dalla velocità dei cambiamenti climatici e delle variazioni cui è esposto un determinato sistema, dalla sua sensibilità e dalla sua capacità di adattamento. per resilienza (IPCC, 2007) s'intende la capacità dello stesso sistema di assorbire le perturbazioni mantenendo la stessa struttura e le stesse modalità di funzionamento di base. La Commissione ritiene pertanto che serviranno misure di adattamento pianificate in grado di offrire un'impostazione multisettoriale finalizzata a potenziare la resilienza del sistema naturale ed economico e/o a favorire un adattamento specifico, spesso attraverso un approccio di medio e lungo termine. Esiste tutta una serie di strategie, piani e progetti pubblici in materia di adattamento e ciascuno di essi comporta una valutazione della vulnerabilità e dei costi e benefici. Le opzioni possibili possono tuttavia essere classificate in tre categorie più ampie, sulla base dell'impostazione generale: - approcci alle infrastrutture "grigie", ovvero interventi fisici o misure di costruzione basate su servizi di ingegneria per realizzare edifici ed infrastrutture essenziali per il benessere socioeconomico della società che siano maggiormente in grado di resistere a eventi estremi; - approcci strutturali "verdi", cioè interventi che aiutano ad aumentare la resilienza degli ecosistemi e che, pur puntando ad arrestare la perdita di biodiversità e il degrado degli ecosistemi e a ripristinare i cicli dell'acqua, utilizzino allo stesso tempo le funzioni e i servizi offerti dagli ecosistemi per realizzare soluzioni di adattamento più efficaci sotto il profilo economico, e a volte anche più praticabili, rispetto alle sole infrastrutture grigie; - approcci non strutturali "non vincolanti", ovvero la definizione e l'applicazione di politiche e procedure, controlli sull'uso del suolo, divulgazione delle informazioni e incentivi economici volti a ridurre o a prevenire la vulnerabilità alle catastrofi. Tutto ciò richiede una gestione più attenta dei sistemi antropici che stanno alla base. Le proiezioni relative ai cambiamenti climatici sono caratterizzate da una incertezza che rende difficile prendere decisioni per intervenire in tempi brevi e in maniera mirata in tutti i settori. Resta il fatto che solo in questo modo si Piano di Gestione delle Acque del distretto idrografico del fiume Serchio 336 Integrazioni – Documento 1 possono anticipare i danni potenziali e ridurre al minimo le minacce per gli ecosistemi, la salute umana, lo sviluppo economico, le proprietà e le infrastrutture, con conseguenze positive anche in termini di costi economici. Esiste tutta una serie di misure di adattamento che devono essere intraprese perché danno risultati nel breve termine a prescindere dalle incertezze delle previsioni (le cosiddette misure no- regret) oppure perché sono positive sia ai fini della mitigazione che dell'adattamento (le cosiddette misure win-win): • evitare lo sviluppo e la costruzione di infrastrutture in zone ad alto rischio (come pianure alluvionali o soggette a carenze idriche) in fase di installazione o rilocalizzazione: • progettare le infrastrutture e gli edifici in modo da ridurre al minimo il consumo di acqua e di energia e migliorare la capacità di trattenere l'acqua e la capacità di raffreddamento nelle zone urbane; • procedere a una gestione costiera e delle alluvioni che preveda la creazione o la ricostituzione di pianure alluvionali o paludi salmastre che aumentano la capacità di gestione delle alluvioni e dell'innalzamento del livello dei mari e contribuiscono alla realizzazione degli obiettivi in materia di biodiversità e conservazione degli habitat; • migliorare la preparazione e i piani di emergenza per far fronte ai rischi (compresi quelli dovuti al clima). Piano di Gestione delle Acque del distretto idrografico del fiume Serchio 337 Integrazioni – Documento 1 4- Gli impatti dovuti ai cambiamenti climatici Attraverso studi climatologici di dettaglio, è possibile determinare la reazione tra la concentrazione di gas serra, il forcing radiativo e le temperature medie terrestri e di precisare gli effetti del loro aumento. Aumento della temperatura all’equilibrio °C in più rispetto alla media preindustriale Concentrazioni di gas serra i CO2 equivalente Concentrazioni misurate in CO2 eq che (ppm) e forcing radiativo (W/mq) stimato in sarebbero suscettibili di limitare il funzione della sensibilità climatica per le riscaldamento sotto il livello stimato nella temperature espresse nella colonna 1 colonna 1 con una probabilità dell’80% CO2 eq (ppm) Forcing radiativo (W/mq) 0,6 319 0,7 305 1,6 402 2,0 356 2,0 441 2,5 378 2,6 507 3,2 415 3,0 556 3,7 441 3,6 639 4,5 484 4,0 701 4,9 515 4,6 805 5,7 565 5,0 883 6,2 601 5,6 1014 6,9 658 6,0 1112 7,4 701 6,6 1277 8,2 768 Fonte: IPPC, rapporto del gruppo di lavoro 3, anno 2007 (tratta da C. Villenevue e F. Richard “Vivere i cambiamenti climatici..e reagire per il futuro, 2008) Dalla tabella risulta evidente che con 378 pm di CO2 misurate nell’aria nel 2008, si è avuto un aumento di temperatura di 1,6 °C rispetto all’era preindustriale e che questa concentrazione, con una probabilità dell’80%, porterebbe a un aumento di temperatura stabilizzato a 2°C. Se la concentrazione di CO2 si stabilizza a un valore doppio dell’attuale, ossia superiore a 750 ppm, ci dovremmo aspettare un aumento di 4,6 °C. Il quarto rapporto di valutazione IPPC stima, per il 2100 delle emissioni totali di CO2 (considerando le sorgenti) comprese tra 5 GtCe 29 GtC contro le attuali 7GtC circa. Prevede quindi un aumento di temperatura di circa 0,6°C entro il 2100, supponendo che le concentrazioni di gas serra si stabilizzino al livello dell’anno 2000. Nello stesso periodo è previsto un innalzamento del livello del mare tra i 18 e i 59 cm, anche se in modo non uniforme in tutto il globo. Per quanto riguarda l’Europa i modelli regionali (progetto PRUDENCE) permettono di stimare che nel Sud Europa e nel Mediterraneo potrebbero verificarsi, entro la fine del XXI secolo, una diminuzione del 12% delle precipitazioni rispetto alla media annuale e un riscaldamento, in media, intorno ai 3,5 °C. La siccità estiva in area mediterranea durerà più a lungo (come quella verificatisi nel 2003) con gravi ripercussioni sull’agricoltura, sulle portate dei fiumi, sulla ricarica delle falde e sugli ecosistemi. Effetti dei cambiamenti climatici: - Riscaldamento dei poli e fusione dei ghiacci: innalzamento del livello del mare; modifiche estreme agli ecosistemi e alle loro dinamiche con estinzione locale di specie; riduzione/mancanza della funzione di intercettazione della CO2 nelle acque ghiacce del mare; diminuzione dell’albedo per scomparsa del manto nevoso e maggiore assorbimento di energia al suolo con fusione del permafrost e liberazione di CH4 peggiorando ulteriormente la situazione - L’aumento della temperatura determina una maggiore e più rapida evaporazione dell’acqua. L’aria calda e umida che viene in contatto con l’aria fredda e secca degli strati superiori dell’atmosfera, va incontro a condensazione e precipitazioni. Quindi una maggiore umidità determina rovesci e temporali più intensi. - Se aumenta la temperatura aumenta l’aridità di alcune zone continentali e aumenta il gradiente di pressione atmosferica. Insieme all’innalzamento delle temperature superficiali dell’oceano, ciò può determinare la formazione di venti violenti e tornado - Aumento del fenomeno della desertificazione - Più siccità e più inondazioni di maggiore frequenza e durata. Il Consorzio di ricerche OURANOS prevede che la ricorrenza delle precipitazioni estreme, nel 2030, sarà 0,67 volte più elevata che nel 2005 - Aumento del n° di incendi - Aumento del rischio frane Piano di Gestione delle Acque del distretto idrografico del fiume Serchio 338 Integrazioni – Documento 1 - Aumento delle patologie forestali - Un aumento di circa 4°C al 2080 porterà più di 1350 specie vegetali europee a perdere il 50% della loro area di distribuzione attuale (ad es faggio e pino silvestre) - L’aumento della CO2 atmosferica potrebbe tradursi in una accelerazione del tasso di crescita degli alberi e anche in modifiche nei tassi di crescita delle colture agricole e quindi delle rese - Stress idrico delle colture agricole - Aumento delle giornate di grande caldo nelle città - Problemi per l’adattamento delle specie alle nuove condizioni climatiche/fattori ecologici. Ad es per le specie eteroterme potrebbero esserci vantaggi (a parte che spesso la sex ratio alla nascita dipende dalla temperatura di incubazione) ma per i pesci come i salmonidi un aumento della temperatura dell’acqua potrebbe risultare letale. Potrebbero verificarsi problemi per le migrazioni degli uccelli e delle piante lungo corridoi ecologici funzionali. - La modifica del regime delle precipitazioni si traduce in una modifica del regime delle piene. Questo è in relazione anche alla natura del substrato che forma il bacino idrografico e alla sua pendenza. Anche l’aumento delle temperature va a influenzare l’evapotraspirazione e quindi il regime delle piene e dei periodi di magra. - Problematiche legate all’uso antropico dei territori soprattutto in relazione alle densità locali di popolazione - Innalzamento del livello del mare con maggiore erosione delle coste e conseguenze molto gravi per le popolazioni costiere (non soltanto in termini di rischio ma anche in relazione al funzionamento di servizi come le fognature, o alla disponibilità idropotabile ed irrigua delle acque per la salinizzazione delle falde) - Riduzione delle disponibilità idriche a uso idropotabile ed irriguo soprattutto in alcuni periodi dell’anno particolarmente siccitosi Per quanto riguarda i rischi di impatto sulla salute umana determinati dai cambiamenti climatici si riporta la seguente tabella tratta da: Organizzazione Mondiale della sanità, 2003; IPPC, Gruppo di lavoro 2, Riassunto per i decisori, 2007 Piano di Gestione delle Acque del distretto idrografico del fiume Serchio 339 Integrazioni – Documento 1 Rischio Meccanismo di azione Impatto diretto da caldo Stress termico Malattie trasmesse per via idrica o alimentare Temperature più elevate favoriscono il proliferare di batteri patogeni Le precipitazioni e la temperatura possono favorire l’abbondanza degli insetti portatori; la temperatura favorisce il tempo di incubazione del parassita nella zanzara La temperatura riduce il tempo di incubazione del virus nella zanzara Aumento delle inondazioni e degli smottamenti dovuti a precipitazioni violente e all’innalzarsi del livello del mare Diminuzione della capacità di produzione degli alimenti, disponibilità di quantità insufficienti di alimenti per abitante Aumento delle concentrazioni di ozono al livello del suolo Malattie virali Disastri naturali Denutrizione Inquinamento Effetto Colpo di calore Decessi dovuti cardiovascolari a malattie Episodi di diarrea Casi di malaria Casi di dengue Morti accidentali Ferite accidentali Stress post- traumatici Deficit alimentari qualitativi quantitativi e Malattie cardiorespiratorie Figura: Sequenza dei potenziali impatti dovuti ai cambiamenti climatici. Fonte: DG Ambiente, sulla base delle relazioni dell'AEA (2008) e dell'IPCC (2007). Tutti gli impatti potenziali considerati sono impatti che potrebbero verificarsi in caso di un mutamento previsto del clima in assenza di interventi di adattamento. Piano di Gestione delle Acque del distretto idrografico del fiume Serchio 340 Integrazioni – Documento 1 5- Analisi della problematica a livello regionale Il piano Regionale di Indirizzo Energetico (PIER) della Toscana 2007-2010, seguendo il motto “Consumare di meno, produrre di più”, ha proposto 3 azioni: - Più efficienza . Meno Sprechi - Più rinnovabili. Meno emissioni - Uscire dal fossile per salvare il clima La Toscana si pone 3 obiettivi “europei” da realizzare entro il 2020: 1-ridurre i consumi di energia del 20% mediante Riduzione dell’8% dei consumi attuali attraverso le imprese, le aziende, i Comuni Riduzione del 12% dei consumi energetici grazie a incentivi, da parte di Governo e Regione, per le abitazioni e le imprese 2-produrre con fonti rinnovabili il 20% dell’energia consumata (elettrica + termica) - arrivare al 40% dell’energia elettrica da fonti rinnovabili - arrivare al 10% dell’energia termica da fonti rinnovabili - sostituire il 10% delle benzine con biocarburanti - Aumentare di circa 10 volte la produzione di energia mediante la realizzazione di 25 centrali eoliche da 15-25 Mw (dagli attuali 27,8 a 300 MW). (…) - Passare dagli attuali 3 a 150 Mw di fotovoltaico (aumentare di 50 volte). (…) - Potenziare la geotermia passando dagli attuali 711 Mw a 911 Mw (+28%) - Potenziare l’idroelettrico passando dagli attuali 318 ai 418 Mw (+31%) sfruttando piccoli impianti con procedure semplificate a livello provinciale - Potenziale l’uso delle biomasse passando dagli attuali 71 a 171 Mw (+240%) basandosi su impianti termici di piccole dimensioni: da 0,8 a 1,2 Mw e su filiere corte nel rispetto dell’ambiente e del paesaggio 3- ridurre le emissioni di CO2 in atmosfera del 20% ossia di 7,20 milioni di tonnellate all’anno - 2 milioni in meno per l’aumento dell’uso delle fonti rinnovabili per produzione di energia elettrica pulita; 5,2 milioni in meno per la riduzione dei consumi nell’industria, nella mobilità, nelle abitazioni - incentivare l’uso dei mezzi pubblici (treno e tramvia) per ridurre il traffico giornaliero di automezzi e conseguentemente lo smog (CO2, NOx, PM10) La Regione Toscana e l’Istituto di Biometeorologia del CNR hanno attivato il progetto integrato Osservatorio Kyoto volto al monitoraggio del bilancio dell'anidride carbonica e all’attivazione di strumenti di informazione e supporto per la definizione delle politiche regionali. Il Focal Point Kyoto è uno strumento operativo di supporto alla pianificazione regionale in materia di mitigazione e adattamento al cambiamento climatico. Questi i dati disponibili sul sito www.osservatoriokyoto.it 1.Monitoraggio della capacità degli ecosistemi forestali toscani di assorbire CO2, calcolata grazie all’uso di misure e modellistica. 2-Valutazione del bilancio regionale di carbonio calcolato come differenza tra emissioni ed assorbimenti forestali. 3-Attività di comunicazione e informazione sulle tematiche relative al Protocollo di Kyoto (energia, agricoltura, trasporti,edilizia, turismo). La vegetazione assorbe CO2 dall’atmosfera e ne restituisce una parte attraverso la respirazione. L’assorbimento netto di anidride carbonica da parte di un ecosistema (NEE, Net Ecosystem Exchange) si calcola sottraendo alla quantità di CO2 utilizzata per la fotosintesi (GPP, Gross Primary Production) la quantità di CO2 restituita all’atmosfera attraverso la respirazione (Reco, Respiration of ecosystem). Piano di Gestione delle Acque del distretto idrografico del fiume Serchio 341 Integrazioni – Documento 1 CO2 utilizzata per la fotosintesi (GPP - Gross Primary Production) CO2 emessa con la respirazione = CO2 netta assorbita (NEE - Net Ecosystem Exchange) Se il saldo è negativo, vuol dire che l'ecosistema ha "respirato troppo", ovvero ha rilasciato più CO2 di quanta ne abbia assorbita, comportandosi da emettitore di CO2(source). Se il saldo è positivo, l'ecosistema ha assorbito una quantità di CO2 maggiore rispetto a quella che ha emesso,comportandosi da assorbitore di CO2 (sink). Le foreste L’assorbimento di carbonio da parte delle foreste viene calcolato annualmente mediante 2 modelli che utilizzano dati meteorologici (temperatura minima e massima, precipitazione e radiazione solare), carte del suolo (tessitura e profondità), carte della vegetazione, dati di volume, ecc.. : C-Fix è un modello parametrico guidato da dati satellitari ed è capace di stimare la fotosintesi di un ecosistema; BIOME-BGC è basato sulla conoscenza dei processi eco fisiologici che caratterizzano gli ecosistemi e produce stime anche delle respirazioni. Il 50% del territorio toscano è coperto da foreste. Con 1 milione e 151mila ettari di superficie boscata, la Toscana è in proporzione la regione più boscosa d'Italia. Nel 2007 i boschi toscani hanno assorbito 10,77 Milioni di tonnellate di CO2, "compensando" in parte le emissioni di gas serra (32,78 Milioni di tonnellate CO2), e contribuendo quindi in modo significativo a ridurre il contenuto di CO2 nell’atmosfera. Nel grafico si vede l'andamento degli assorbimenti di CO2 delle foreste toscane nel periodo 19962008. Il picco negativo in corrispondenza del 2003 è dovuto all’ondata di calore nell’estate di quell’anno, particolarmente calda e siccitosa. Sul sito è possibile trovare i Bollettini relativi all’assorbimento della CO2 delle foreste toscane nel periodo invernale 2010 e nel periodo primaverile 2010. Piano di Gestione delle Acque del distretto idrografico del fiume Serchio 342 Integrazioni – Documento 1 L’agricoltura (info tratte dal sito web www.osservatoriodikyoto.it) Il suolo è il maggiore serbatoio terrestre di carbonio organico. Si stima che contenga circa 1500 Giga tonnellate di carbonio, quasi il doppio di quello presente in atmosfera e il triplo di quello sequestrato dalla vegetazione grazie ai fenomeni di decomposizione e mineralizzazione dei resti organici a opera dei microrganismi che, in parte, trattengono il carbonio all’interno dell’humus sottraendolo al suo normale ciclo biogeochimico. Inoltre, il terreno costituisce un complesso ecosistema in cui vive una miriade di organismi (funghi, batteri, alghe, lombrichi, insetti ecc.) e in cui avvengono tantissimi processi e cicli biogeochimici fondamentali per la vita sulla terra, tra i quali la regolazione dei flussi dei principali gas serra. Oltre al suolo, anche la vegetazione assorbe e immagazzina anidride carbonica, attraverso la fotosintesi: parte viene riemessa in atmosfera attraverso la respirazione delle piante; parte resta negli organismi vegetali come carbonio organico, soprattutto sottoforma di cellulosa, amido e sostanze di riserva; parte va a finire nel suolo, aumentandone il contenuto di sostanza organica. Il Protocollo di Kyoto riconosce il ruolo centrale che l'agricoltura può avere nel contrastare i cambiamenti climatici, grazie alla sua capacità di assorbire carbonio nei suoli e nelle biomasse agro‐forestali. Crediti di carbonio I paesi che hanno assunto impegni di riduzione possono avvalersi, nel calcolo dei bilanci nazionali di gas serra, degli assorbimenti di carbonio derivanti da misure in campo agricolo e forestale, denominate attività di “uso del suolo, cambio d’uso del suolo e forestali” o LULUCF (Land use, Land-use change and Forestry). In dettaglio, le attività LULUCF previste dal Protocollo, poi integrate durante la settima Conferenza delle Parti dell’UNFCCC nel 2001 a Marrakech, sono le seguenti: creazione di nuove foreste (afforestazione, riforestazione) gestione delle superfici forestali gestione dei suoli agricoli gestione dei prati e dei pascoli rivegetazione uso delle biomasse per produrre energia La scelta di quali fra le attività legate all’uso del suolo possano generare crediti di carbonio è stato probabilmente l’argomento più controverso e discusso nell’ambito del Protocollo di Kyoto e presenta a tutt'oggi diversi problemi tra cui uno dei principali è la misurazione precisa e la contabilizzazione in modo oggettivo dei "crediti di carbonio". La scelta dell'Italia La contabilizzazione delle attività LULUFC per il raggiungimento degli impegni di riduzione delle emissioni, è opzionale. L’Italia, per il periodo di impegno che scade nel 2012, ha deciso di avvalersi solo delle attività legate alle foreste (gestione forestale, afforestazione, riforestazione) e non di quelle connesse al sistema agricolo. Questa scelta è in linea con gli altri paesi europei. Al 2006 solo Danimarca e Portogallo hanno deciso di usare la gestione delle coltivazioni come strumento di compensazione delle emissioni (Fonte: EU Climate Change Committee WG1, Marzo 2006). 5.1- Valutazione del bilancio regionale di carbonio calcolato come differenza tra emissioni e assorbimenti forestali. Emissioni: quantità di anidride carbonica emessa dalle attività antropiche (la parte positiva del bilancio) Le emissioni, derivate dall'IRSE (Inventario Regionale delle Sorgenti di Emissione), si differenziano in: - Emissioni puntuali: emissioni dovute ai grandi impianti industriali - Emissioni diffuse: emissioni ad uso civile dovute principalmente all’uso degli impianti di riscaldamento - Emissioni lineari: emissioni legate al trasporto (urbano ed extraurbano, pubblico e privato) Assorbimenti: quantità di anidride carbonica atmosferica assorbita attraverso meccanismi fotosintetici e di sequestro di carbonio da parte degli organismi autotrofi (parte negativa del bilancio) Il Bilancio di CO2 nella Regione Toscana: si ottiene sottraendo dal totale delle emissioni prodotte dalle attività umane gli assorbimenti di carbonio degli ecosistemi naturali. L’Osservatorio Kyoto realizza un’analisi di bilancio in relazione ai dati IRSE (anni 1995, 2000, 2005, 2007) per la Regione e a livello dei comuni Piano di Gestione delle Acque del distretto idrografico del fiume Serchio 343 Integrazioni – Documento 1 La situazione complessiva nel bacino del Serchio vede una diffusa buona capacità di assorbimento di CO2 (in particolare il Comune di Bagni di Lucca e i comuni della Media Valle del Serchio fino alla testata della Val di Lima e della Garfagnana) e la concentrazione delle emissioni nella zona della Piana di Lucca e della Versilia. Piano di Gestione delle Acque del distretto idrografico del fiume Serchio 344 Integrazioni – Documento 1 5.2- Pressioni sulle risorse idriche Il libro bianco di Legambiente del 2007 “L’emergenza idrica in Italia”evidenzia le conseguenze di emergenze determinate dai cambiamenti climatici in atto su un sistema idrico già in forte stato di criticità (reti di captazione, adduzione e distribuzione non efficienti, elevati consumi idrici, non riutilizzo delle acque reflue depurate, derivazioni spesso non controllate). In particolare è stata analizzata la situazione nei bacini nazionali del Po, dell’Arno, del Tevere e nelle regioni Emilia Romagna, Marche e Sardegna. In Toscana le precipitazioni meteoriche fanno cadere al suolo circa 22 miliardi di mc di acqua. Gli effetti dei cambiamenti climatici si manifesteranno in termini di siccità, ossia in una diminuzione temporanea della disponibilità di acqua ad es per minori precipitazioni, e in termini di carenza idrica, ossia con una domanda d’’acqua superore alle effettive disponibilità idriche utilizzabili “in condizioni di sostenibilità”. Le informazioni attualmente disponibili per la Regione Toscana stimano un fabbisogno idrico complessivo annuo superiore a 758 milioni di mc (dato 2004) ripartito tra i diversi settori di utilizzo. A livello regionale sono stati ricercati dati recenti sui consumi idrici sul sito del centro funzionale della Regione Toscana ma si limitano ai fabbisogni idrici dal 2007 al 2009. I dati su i consumi agricoli sono forniti dal CIBIC (Centro Interdipartimentale di Bioclimatologia). I dati su i consumi industriali e dei servizi sono forniti da IRPET (Istituto Regionale Programmazione Economica della Toscana) 5.2.1- I consumi industriali Dati recenti sono reperibili sul rapporto IRPET (2009) Stima dei consumi idrici dell’industria e del terziario in Toscana. Piano di Gestione delle Acque del distretto idrografico del fiume Serchio 345 Integrazioni – Documento 1 Questi alcuni grafici che evidenziano la variazione percentuale dell’acqua utilizzata dalle imprese dei settori esaminati e i consumi idrici dal 1995 al 2008. La variazione percentuale non è particolarmente consistente: i consumi risultano in lieve calo nel settore industriale e in leggero incremento nel settore terziario. Il grafico evidenzia che uno dei settori maggiormente idroesigenti è quello della moda (circa il 30% pari a circa 67 milioni di mc di acqua consumata) di cui il 5% attribuibile al settore del cuoio e il restante al settore del tessile e dell’abbigliamento. Seguono a grande distanza l’industria chimica e delle fibre sintetiche ed artificiali, l’industria della raffinazione del petrolio e l’industria alimentare, che assorbono ciascuna circa l’11% della domanda (rispettivamente 28, 27 e 24 milioni di mc consumati). L’industria metallurgica consuma circa il 9% dell’acqua complessiva, mentre la lavorazione di minerali non metalliferi ne consuma il 6%. Tra i settori terziari pesano sul totale in modo rilevante due categorie di servizi: Piano di Gestione delle Acque del distretto idrografico del fiume Serchio 346 Integrazioni – Documento 1 - l’industria del turismo ed è rappresentata dal settore degli alberghi e ristoranti che comprende anche le altre e diverse forme di alloggio, i campeggi, gli agriturismo, i residence, ecc. Da solo questo settore assorbe circa l’8,3% del consumo totale di acqua, circa 19 milioni di metri cubi. - il settore degli altri servizi sociali e personali, che raggruppa una congerie di attività tra le quali alcune particolarmente idroesigenti, si pensi soltanto alle attività quali i centri benessere e le palestre e piscine o ai campi da golf che Irpet stima comportino un consumo variabile tra i 3,7 e i 6 milioni di metri cubi di acqua annui. I settori elencati, insieme costituiscono il 90% circa del consumo di acqua a fini produttivi non agricoli della regione. Nella tabella seguente è evidenziato il trend dei consumi idrici per settore dal 1995 al 2008. Piano di Gestione delle Acque del distretto idrografico del fiume Serchio 347 Integrazioni – Documento 1 Piano di Gestione delle Acque del distretto idrografico del fiume Serchio 348 Integrazioni – Documento 1 5.2.2-Consumi a uso irriguo I seguenti dati sono stati tratti dal documento della http://www.cfr.toscana.it/supporto/download/consumi_idrici.pdf Regione Toscana disponibile sul sito In Toscana tra il 2000 e il 2006 si è stimata una contrazione delle superfici irrigate del 12% che ha interessato principalmente le province di Lucca, Pisa, Arezzo, Siena e Grosseto. Nelle province di Livorno, Firenze, Massa e Prato la superficie irrigua è rimasta pressoché invariata, mentre nella Provincia di Pistoia ha registrato un incremento. Considerando le superfici delle singole colture, si deduce come la maggiore riduzione in termini di estensione è stata registrata per la barbabietola da zucchero, il granturco, il girasole e le foraggere; risulta invece aumentata la superficie destinata a coltivazioni florovivaistiche, vite e patata. Il fabbisogno irriguo per il 2000, al lordo delle perdite, stimate il 30% e dovute principalmente a inefficienze dei sistemi di irrigazione, è stato pari a 156 milioni di metri cubi. A seguito degli aggiornamenti delle superfici il 2006, il fabbisogno è risultato di 148 milioni di metri cubi, con una riduzione del 5% rispetto al 2000. A livello territoriale, le province che incidono maggiormente sui fabbisogni sono quelle di Pistoia, Grosseto, Arezzo e Siena dove i fabbisogni sono legati prevalentemente alle produzioni di florovivaismo, mais e ortive. La contrazione delle superfici colturali corrisponde a una diminuzione dei fabbisogni irrigui da parte del granturco, della barbabietola, del girasole, e delle ortive mentre i prelievi dovuti al florovivaismo incrementano notevolmente. L’applicazione della metodologia integrata ha permesso di quantificare i fabbisogni idrici legati all’agricoltura, con dettaglio comunale, relativi al 2000 e al 2006 e la relativa variazione assoluta e percentuale. Piano di Gestione delle Acque del distretto idrografico del fiume Serchio 349 Integrazioni – Documento 1 5.2.3- Consumi idropotabili I seguenti dati sono tratti dal documento redatto da CISPEL Confservizi Toscana “Una strategia per l’approvvigionamento idrico in Toscana” (2008). Le disponibilità idriche delle fonti di approvvigionamento utilizzate nel Sistema Idrico Integrato in Toscana risentono pesantemente dell’andamento pluviometrico. Il Servizio Idrico Integrato (SII), a livello Toscano evidenzia i seguenti punti di criticità: - le captazioni attualmente utilizzate per soddisfare il fabbisogno idro-potabile prelevano 487 MLN mc anno; - numerose sono le fonti di approvvigionamento idrico definite “non sostenibili” che evidenziano un progressivo decadimento qualitativo della risorsa e dell’ambiente idrico (abbassamento dei livelli di falda, subsidenza, etc.), per le quali occorre promuovere da subito una progressiva riduzione dei prelievi in modo da arrestarne il degrado; - numerose sono le fonti di approvvigionamento, anch’esse “non sostenibili”, per le quali il mantenimento della captazione è da ritenersi irrazionale (mancanza dei requisiti prescritti per le Aree di salvaguardia D.lgs n.152/2006) e antieconomico (volume disponibile inferiore a 300.000 mc/anno); Fra le fonti di approvvigionamento non sostenibili sono stati esclusi i punti di prelievo, da mantenere, che alimentano le località isolate, difficilmente approvvigionabili in altro modo. Il deficit in termini di volume, ottenuto come differenza fra i quantitativi di acqua (da destinarsi ad uso potabile) emunta dall’insieme dei punti di prelievo attualmente utilizzati e i volumi prelevabili dalle captazioni “sostenibili”, per le quali è quindi possibile mantenere in futuro i prelievi individuati senza pregiudicare la stabilità qualitativa della risorsa, risulta superiore ai 158 milioni di mc/anno, con una