Palermo-Trapani A/R - Collettivo Donquixote

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Palermo-Trapani A/R - Collettivo Donquixote
palermo Bancarelle e “struscio”
notturno sul Foro Italico, lungomare
costruito sui detriti dei bombardamenti
della seconda guerra mondiale.
Quarantamila metri quadrati di manto
erboso e un’ampia passeggiata
panoramica che va dalla Cala al
quartiere della Kalsa. Questo
lungomare diventa punto di ritrovo per
gil abitanti della città specie nelle
sere d’estate, quando rinfresca.
Palermo-Trapani A/R
La buona economia
che combatte la mafia
Viaggio in una Sicilia-laboratorio. Dove imprenditori, commercianti
e giovani creativi hanno capito che ribellarsi a Cosa Nostra conviene.
E ai loro prodotti hanno dato un valore aggiunto, la vitamina L: legalità.
Capace di curare il male più antico dei siciliani: la rassegnazione
testo e foto Eloisa d‘Orsi
Cinisi
Capaci
PALERMO
Aspra
Capo zafferano
Porticello
Trapani
Nubia
88 g 57/10 u Sicilia u mafia u
ECONOMIA
Favignana
Sempre più stranieri fanno turismo etico,
alla scoperta delle bellezze dell’isola ma anche
dei luoghi della mafia, passando
per alberghi, negozi e ristoranti pizzo-free
porticello
porticello
CAPO ZAFFERANO è un piccolo
promontorio a pochi chilometri da Palermo,
ed è il regno della palma nana. Nelle vicinanze
c’è un’antica tonnara e alle sue spalle, sul monte
Catalfano, l’area archeologica di Solunto,
una città fondata dai Cartaginesi sopra un
insediamento fenicio ancora più antico.
aspra
Dall’alto, a Porticello, frazione del comune di Santa Flavia,
uno dei mercati del pesce più importanti dell’isola,
Salvatore fa un doppio lavoro: in primavera-estate è
meccanico navale, d’inverno si traveste da Babbo Natale e
con la sua Ape car porta i doni ai bimbi; un gruppo di
pescatori che giocano a carte nelle ore più calde; sul
lungomare di Aspra, borgata marinara a pochi chilometri
da Bagheria, un venditore ambulante di lumache.
55/10 g 91
palermo Donne in un vicolo dietro la
cattedrale, addobbato per la grande festa di
Santa Rosalia. La patrona della città viene
festeggiata il 15 luglio con una processione
in cui la statua della Santa e i suoi resti
vengono portati in trionfo su un carro
trainato dai buoi lungo lo storico percorso
che va dalla cattedrale al Foro Italico,
passando per corso Vittorio Emanuele.
u il
libro L’enorme tempo, Giuseppe Bonaviri, Sellerio (2010) 57/10 g 93
Sotto, dall’alto, Guido Agnello, proprietario della bottega
La coppola storta, che aderisce al movimento antimafia
Addiopizzo; il cuoco del ristorante-bar-libreria Kursaal
Kalhesa, sempre della rete Addiopizzo; Pina Maisano, la
vedova dell’imprenditore Libero Grassi che fu ucciso nel
1991 per essersi ribellato pubblicamente al pizzo,
nell’atelier della sua impresa di tessile d’arredo. La
richiesta di pagare il racket d’estorsione inizia spesso con
dell’Attack messo nel lucchetto dell’esercizio preso di mira.
pALERMO
L’aeroporto
di Palermo sorge su una sottile striscia di terra,
incastonata tra il mare e le montagne.
Lo spazio di manovra per l’atterraggio
è scarso. Mentre l’aereo plana sulla pista, mi im-
magino che per il pilota del volo AZ 112 dell’Alitalia
che nel 1972 si schiantò contro la Montagna Longa la
scelta debba essere stata tra l’acqua e la pietra. Contrasti forti. Metafora della vita a Palermo e nell’isola,
terra di aspri chiaroscuri.
Quando giungo alla stazione centrale, ci sono solo
due taxi che vengono presi d’assalto. Ma niente paura.
Un tassista mi fa accomodare al suo fianco, senza chiedere l’assenso dei due spagnoli già caricati a bordo. E
senza accendere il tassametro si dirige verso il posto
dove ho riservato la prima notte: La fuitina. Quando
dico il nome del bed&breakfast, scoppia in una risata.
«Ma sa cosa vuol dire?», mi chiede. Scoprirò solo dopo che fuitina significa la fuga di due giovani amanti
per mettere le famiglie di fronte al “fatto compiuto” e
indurle a dare il consenso per le nozze.
Il b&b me lo hanno consigliato i ragazzi
di Addiopizzo Travel che organizzano
vacanze in Sicilia all’insegna del divertimento e della cultura, ma anche
dell’impegno. «Palermo fra piazze, chiese e mo-
paLERMO
capaci Una casetta domina l’autostrada che va
dall’aeroporto di Palermo alla città, in un punto vicino
allo svincolo di Capaci: da qui Giovanni Brusca il 23
maggio 1992 azionò il telecomando per far saltare in aria
con 500 chili di tritolo le auto in cui viaggiavano Giovanni
Falcone con la moglie Francesca Morvillo e la loro scorta.
94 g 57/10 GLI ALBUM u Sono all’osso (2010), Il Pan del Diavolo u Album live 2009, Pippo Pollina
pALERMO
numenti, fra i vicoli dei mercati popolari e le specialità della gastronomia siciliana», dice il volantino
dell’agenzia. «Ripercorreremo idealmente le tappe che
hanno segnato il cammino della lotta a Cosa Nostra.
Dai luoghi-simbolo a quelli dell’impegno militante di
oggi: i negozi che aderiscono alla campagna antiracket
di Addiopizzo». Edoardo, colonna dell’associazione,
mi ha dato appuntamento di fronte alla cattedrale. Lo
trovo occupatissimo a dare spiegazioni a un gruppo
di americani appena arrivati da Siracusa dove stanno seguendo un corso di “legalità” nel Mediterranean
Center for Art and Science.
Non faccio in tempo a presentarmi a una saggista
della University of New Hampshire che è venuta a fare “turismo etico” e sto già rincorrendo questo strano
gruppo di turisti che vuole capire qualcosa di più di Cosa Nostra. Passiamo tra chiese e palazzi in rovina della
Vucciria, ci infiliamo nei vicoli di Ballarò, un vociante
mercato cittadino, tra ciotole di olive giganti, crocché e
panelle, teste di pescespada e banchetti di trippa.
57/10 g 95
Mafia: la
serie nera
}1875-76
Prime Commissioni
parlamentari
d’inchiesta sul
fenomeno mafioso.
}1878 Palermo.
Primo grande processo
di mafia, concluso con
condanne, seguito da
altro processo a
Catanzaro, finito con
assoluzioni. Inizia
l’emigrazione di mafiosi
in America.
}1929-1943
Si sviluppa fortemente
la mafia americana di
origine siciliana.
}1947 Strage di
cinisi Da sinistra a destra: Giovanni Impastato, fratello di
Peppino, da anni lavora per tenere viva la memoria del giovane
che fu fatto uccidere nel 1978 dal boss mafioso Tano
Badalamenti; una chiesa del paese, in cui è stato girato il film I
Cento passi di Marco Tullio Giordana sulla storia di Peppino.
Portella della Ginestra:
la banda di Salvatore
Giuliano spara al
comizio della Festa
del Lavoro:
1 morti e 47 feriti.
}1962 Nasce la
Commissione
Parlamentare (permanente) Antimafia.
Dietro il mercato sorge la Piazza della
Memoria, dove Edo racconta dell’omicidio di Giovanni Falcone nel maggio ’92
e dei due mesi successivi in cui l’amico
e collega Paolo Borsellino, che sapeva
di essere la vittima seguente, lavorò
freneticamente per cercare di scoprire
i mandanti della strage. Spuntarono le ma-
gliette con la scritta «Ora basta!», ma il 19 luglio ci
fu l’attentato di Via d’Amelio: Borsellino perse la vita
sotto casa di sua madre. Sono cose note, ma passare
da Capaci in auto, oltrepassare le bandiere che sventolano ai bordi dell’autostrada e pensare al momento
in cui alle 17.55 saltarono in aria 3 automobili con 5
persone a bordo è un’altra cosa.
I ragazzi di Addiopizzo portano a vedere anche
la bianca casetta che domina il versante della collina:
da lì Giovanni Brusca azionò il telecomando che fece
saltare i 500 chili di tritolo sistemati nel condotto sotto
l’autostrada. Sui muri della casetta ogni anno mani
sconosciute dipingono scritte contro la mafia. Prima
andavano a decorare di rosso sangue il guardrail di
quel pezzo maledetto di autostrada. Possono sembra96 g 57/10 u il
re piccole cose, ma sono segnali importanti. Perché la
mafia più difficile da contrastare è quella culturale. Le
stragi del ’92 segnarono l’inizio di una nuova stagione
a Palermo, furono gli albori di una rivolta civile che
piano piano sta dando i suoi frutti.
Prima di allora si delegava volentieri la lotta ad altri. Nel 1991 Libero Grassi, un imprenditore che voleva solo fare il proprio lavoro in modo onesto, pressato
da “picciotti” che pretendevano il pizzo, andò in televisione a denunciare i suoi estorsori e in una lettera
al Giornale di Sicilia invitò i colleghi a seguire il suo
esempio. La risposta, diceva, deve essere collettiva. Il
29 agosto mentre andava in fabbrica gli spararono.
Lo uccise la mafia, ma anche l’omertà e la mancanza
di sostegno dei colleghi. La Sicilia non rimase indifferente. Palermo intera sembrò provare vergogna. Ed
esplose in una rabbia cieca. Mentre prendo appunti
da Zia Pina, una trattorietta storica della Vucciria,
mi chiedo se un’alternativa economica alla mafia sia
la strada vincente: forse un’autentica rivoluzione in
questa terra bellissima, ma dalla vita così difficile.
Decidere di scendere in strada in piena estate nelle ore di punta, quando il traffico palermitano rag-
libro Nella terra degli infedeli, Alexander Stille, Garzanti (2007)
giunge il top è un’idea che potrebbe venire in mente
solo a uno straniero. O a un “continentale”. Certo non
a un isolano. Ho appuntamento con Marta Cimino
alle quattro del pomeriggio in via Maqueda: uno degli assi viari principali della città. Mi accoglie una
bella signora nella penombra delle persiane chiuse.
Assieme a lei ci sono la zia e un’amica di Modena,
che venne a Palermo nel 1992 quando Marta diede
vita al Comitato dei lenzuoli. Convinse i palermitani a mostrare dissenso verso la mafia appendendo
lenzuoli alle finestre con scritte tipo “Per non dimenticare”. Quando chiedo a Marta come nacque il
movimento, mi racconta, emozionata, del giorno in
cui sua figlia dodicenne tornò a casa dalla prima manifestazione a cui aveva partecipato, con la scuola,
per Falcone e Borsellino. Piangeva, era spaventata,
e Marta le fece una promessa: Palermo cambierà.
Esco da casa sua frastornata: è come se avessi visto
con i miei occhi la Palermo degli anni tragici. Passo
dietro la cattedrale e mi pare di assistere allo spettacolo della folla che rompe il cordone dei 4000 poliziotti
chiamati a blindare i funerali degli agenti di scorta
di Borsellino, gli insulti, i tentativi di linciaggio dei
politici, e dello stesso capo della polizia. Fu allora che
il Governo Amato varò l’operazione Vespri Siciliani:
intervento militare senza precedenti, con decine di
migliaia di soldati, bersaglieri, parà, lancieri e persino
1800 alpini. Da allora, il cammino è stato impervio,
ma Marta, contro ogni pronostico, è riuscita a tenere
fede alla promessa fatta: Palermo è cambiata. È ancora
debordante di rifiuti, di rovine della seconda guerra
mondiale, di perenni transenne. Ma è cambiata. È
piena di contraddizioni, ma è anche un laboratorio a
cielo aperto, una grande città per tanti versi all’avanguardia, che sotto la spinta di un gruppo di venticinquenni è riuscita in qualche anno a sdoganare la
parola proibita: “pizzo”.
Una mattina di giugno del 2004, Palermo si svegliò ricoperta di adesivi che
gridavano su tutti i muri: “Un intero
popolo che paga il pizzo è un popolo
senza dignità”. Erano opera di ragazzi che stavano pensando di aprire un locale e si erano posti la
solita domanda che ci si pone in Sicilia in questi casi:
se arrivano, che faccio? «Quella domanda me la sono
}1978 Il 9 maggio
a Cinisi viene
assassinato Peppino
Impastato, che su Radio
AUT denunciava
l’attività criminosa di
Don Gaetano
Badalamenti.
}1984 Su
mandato del giudice
Giovanni Falcone sono
arrestati i fratelli Salvo:
punto di collegamento
tra politica, affari e Cosa
Nostra.
}1986 Il 10
febbraio a Palermo ha
inizio il primo
maxiprocesso alla mafia
(finirà nel 1987).
}1991 Il 29 agosto
a Palermo viene ucciso
l’imprenditore Libero
Grassi, dopo aver
annunciato pubblicamente il suo rifiuto di
pagare il “pizzo”.
57/10 g 97
trapani Montagne bianche nelle saline della città,
che è legata a questa produzione naturale da tempo
immemorabile: i 25 chilometri di costa bassa tra Trapani e
Marsala sembrano “votati” geologicamente allo scopo.
Nella zona esiste la Riserva naturale orientata di Trapani e
Paceco gestita dal Wwf, in cui si possono fare visite guidate.
La mafia più difficile da contrastare è quella
culturale. Ma con le stragi del ’92
è iniziata una rivolta civile che
piano piano sta dando i suoi frutti
posta anch’io», racconta Antonella Sgrillo, la proprietaria de Il Mirto e la Rosa, un ristorantino nel cuore
della città. «E la risposta che mi sono data subito è
stata: se viene qualcuno, io non pago». La parola “pizzo” era una parola tabù. «Non ho mai sentito nessuno
dirmi “io pago il pizzo”, “tu paghi il pizzo”. Eppure
tutti pagavano. Ora giornalisti stranieri vengono e mi
chiedono perché ho aderito ad Addiopizzo. Io ribalto
la domanda e chiedo: perché non dovevo?». Antonella
è un fiume inarrestabile: «Questo è un movimento
antimafia nato da un gruppetto di persone visionarie
che hanno deciso di fare qualcosa. Siamo la dimostrazione che è possibile cambiare la situazione». E lottare
contro la rassegnazione atavica dei siciliani.
Nel 2004 alla campagna di Addiopizzo aderirono
in 11, oggi sono 470. E da quando, nel 2006, è nata
Libero Futuro, associazione che aiuta gli imprenditori
a smettere di pagare, con un appoggio psicologico,
giuridico e amministrativo, anche grosse ditte stanno
unendosi a questo nuovo tipo di azione. Una lotta
trasversale per la legalità che i consumatori possono
appoggiare, scegliendo sulle mappe di Addiopizzo gli
esercizi commerciali Pizzo free. Come il ristorante di
Antonella, o il Kursaal Kalhesa, la splendida libreria-bar-ristorante di Alberto Coppola. O ancora La
coppola storta, botteguccia del signor Agnello, che
aderisce portando avanti una singolare lotta di simboli: quella di restituire alla coppola, “usurpata” dalla
mafia, il suo valore tradizionale di berretto contadino,
rilanciandolo come simbolo della Sicilia onesta. Qui,
fino a pochissimi anni fa, qualsiasi commerciante,
dall’ambulante alle pompe funebri, se non era “amico
degli amici”, doveva pagare il pizzo. «D’altra parte il
pizzo è sempre stato la quintessenza del potere mafioso e gli estorsori contavano sull’impunità totale», dice
Salvatore Lupo, storico dell’ateneo palermitano, autore di importanti studi sulla mafia, che ci ha raggiunto
da Antonella. «Quando vanno a prendere le estorsioni
dicono che è per i picciotti arrestati, per i familiari dei
detenuti, è il loro modo bonario di presentarsi».
È un altro giorno. Con la mia scassata
Clio Renault, affittata a Punta Raisi,
mi dirigo verso Trapani, oltrepassando
centinaia di casette lungo la costa e il
mare turchese. Sto andando a Carini dove c’è la
fabbrica di gelati di Giuseppe Todaro, neopresidente
della Confindustria locale. Nella sola via della sua ditta, sono già sei gli imprenditori che hanno appeso il
cartellone di Libero Futuro, con un cielo azzurro che
fa da sfondo a un lucchetto aperto. La simbologia è
chiarissima: la richiesta di pagare cominciava con l’At-
57/10 g 99
Anni ’90:
gli attentati
nubia Nicola Clemenza, il
fondatore del Consorzio Tutela Valli
Belicine di Santa Ninfa, davanti alla
Valle del Belice, dove avvenne un forte
terremoto nel 1968: la ricostruzione
non è stata ancora completata.
}1992 Il Tribunale
di Palermo condanna a
10 anni per associazione
mafiosa Vito Ciancimino,
già sindaco di Palermo.
}12 marzo Ucciso
Salvo Lima, capo della
corrente andreot- tiana
nella DC siciliana.
favignana Un pescatore offre la sua merce freschissima
nel porto dell’isola, la più grande dell’arcipelago delle Egadi. La
tonnara ottocentesca è un esempio di archeologia industriale.
}23 maggio Un
attentato sull’autostrada
Punta Raisi – Palermo,
uccide Giovanni
Falcone, la moglie e
agenti di scorta.
}19 luglio
Palermo, via D’Amelio:
un’autobomba uccide il
giudice Paolo Borsellino.
}1993 Il 15 gen-
naio a Palermo, arresto
di Totò Riina, latitante
da 30 anni.
}27 marzo La
Procura di Palermo
chiede l’autorizzazione
a procedere nei
confronti di Giulio
Andreotti, per
associazione mafiosa.
}Maggio-ottobre:
si susseguono attentati
contro persone e luoghi
in tutta Italia (Firenze,
Milano, Roma…).
}15 settembre
Palermo: ucciso don
Pino Puglisi, parroco nel
quartiere Brancaccio.
}1996 Il 7 marzo è
approvata la legge che
consente la confisca dei
beni di mafiosi.
}20 maggio
Arresto di Giovanni
Brusca, feroce
capomafia.
}2006 11 aprile a
Corleone arresto di
Bernardo Provenzano,
capo di Cosa Nostra.
100 g 55/10
tack messo nel lucchetto dell’esercizio preso di mira.
Una violenza che lasciando il proprietario fuori dal
proprio locale mirava a fargli capire che non era più
padrone della sua attività.
Todaro produce cannoli al gelato invece che con la
ricotta, ed è sotto scorta da quando ha deciso di sporgere denuncia. Aveva iniziato la sua attività imprenditoriale a Cinisi, «a casa del ladro», dice. Un paesino
ad altissima concentrazione mafiosa, che fu il quartier
generale di capimafia come Don Tano Badalamenti,
condannato negli Usa a 45 anni di carcere per “Pizza
connection”: un giro di narcotraffico che dal 1975 al
1984 usò pizzerie come punti di spaccio. Sempre Badalamenti fu poi condannato all’ergastolo per l’assassinio del giovane Peppino Impastato, che dalle onde di
Radio Aut lo aveva denunciato ripetutamente. Oggi la
dimora di Peppino a Cinisi è una “casa memoria”.
Nel mio andare lo scenario cambia,
la terra rossiccia si trasforma in colline verdi di vigne e campi di ulivo. Sono
nella Valle del Belice. A un bar di Santa Nin-
fa, viene a recuperarmi in scooter Nicola Clemenza,
promotore di un consorzio che vorrei visitare. Mi
porta a pranzo a Selinunte da una ristoratrice che cucina il pesce pescato nella notte dal marito. Mentre
mangiamo delle orate freschissime, Nicola racconta
i suoi progetti di smaltimento rifiuti entrati in lizza a
bandi europei in competizione con le multinazionali
della chimica farmaceutica. Progetti dai quali è stato
escluso dopo minacce sufficientemente chiare: ormai
l’interesse prevalente va verso gli inceneritori.
«A proposito», lo interrompo, «ho sentito di una
macchina bruciata all’inaugurazione del Consorzio
Tutela Valli Belicine. Ne sai qualcosa?» «E certo! Era la
mia!». Il consorzio è nato per tutelare il territorio e la
libertà di chi vi opera, saltando la rete di distribuzione
mafiosa. Finora Nicola ha radunato 270 piccoli produttori di olio e viticultori distribuiti su 12 comuni.
Insieme, i produttori sono riusciti a risparmiare sui
costi di spremitura, imbottigliamento e sponsorizzazione. E sono usciti dal meccanismo del prezzo imposto, infimo. Hanno quindi capito che opporsi alla
mafia può essere conveniente, prima ancora che giu-
sto. Gino, uno di questi produttori d’olio, si alza prima
delle 5, lavora fino alle 12 e poi torna alla sua casetta di
Partanna, dove si mette a fare i lavori di muratura che
non può pagarsi. Partanna, come Santa Ninfa, Salaparuta e Poggioreale: paesini le cui condizioni di vita
erano già durissime, e che dopo il terremoto del ’68 si
spopolarono. Gli abitanti, probabilmente consci che la
“ricostruzione” sarebbe durata decenni, si trasferirono al Nord, in Canada, negli Usa e in Australia. Oggi
a Poggioreale nuova, a 3 chilometri dal paese vecchio
abbandonato all’incuria, vivono meno di mille abitanti, mentre a Sydney pare ne risiedano circa 5000.
Gino faceva il muratore, poi con il terremoto lavoro non ce ne fu più. Allora tornò all’antico mestiere
tramandato da generazioni. Quando gli chiedo perché
ha deciso di entrare nel consorzio mi risponde: «Per i
soldi». E così siamo davanti a un fatto nuovo. Iniziative come questa possono funzionare rimanendo nella
logica del mercato. Perché anche se Gino ha accettato
per ragioni economiche, con i ricavi previsti potrà
produrre un olio ecologico di origine protetta che è
anche una risorsa culturale. Lentamente, Gino e gli
altri cominciano a capire che i loro prodotti hanno un
valore aggiunto, che Nicola chiama “la vitamina L”: la
legalità. Proprio come i prodotti dei negozi Pizzo free.
Dalla Valle del Belice tutte le strade
portano a Trapani. Una va verso Selinunte e i suoi templi dove natura e arte
sembrano indistricabili, fuse da millenni. Da lì imbocco la S115, che serpeggia verso
l’araba Mazzara per poi attraversare Marsala, le saline
di Nubia e infine approdare al porto industriale. Questa città-paesone sembra soffocata da un sole africano, sotto il quale rischio il passeggio sullo splendido
lungomare alla ricerca di un posto dove mangiare. Un
pescatore con cui mi metto a chiacchierare di reti e
maree mi indirizza alla Cantina Siciliana. Il proprietario, tal Pino, è un affabile buongustaio, ma anche
un buontempone: la conversazione finisce subito sul
Grillo, l’Insolia, e le famose olive della Nocellara del
Belice. Visto il tipo, non posso fare a meno di parlargli
del mio recente incontro con Nicola del consorzio e
tutto il resto. «Sto cercando storie positive nella città
u il
film Mery per sempre (1989), di Marco Risi 57/10 g 101
più impenetrabile dell’isola: Trapani», gli confesso,
dubbiosa. L’unica che conosco è quella del Calcestruzzi Ericina di “Libera”. Un’azienda unica a livello nazionale con un’attività confiscata alla mafia trapanese,
gestita dal 2000 in amministrazione giudiziaria e oggi
resa ai siciliani per riutilizzare gli “sfabbrici”, ossia trasformare gli inerti.
Per il resto tutti i racconti conducono a Matteo
Messina Denaro, il re della regione. Ricercato per associazione di stampo mafioso, omicidio, strage, devastazione, detenzione e porto di materiale esplosivo,
furto e altro, latitante. Pino per smorzare la tensione si
mette a raccontarmi di Mauro Rostagno, e di quando
nell’81 diede vita, nei pressi di Trapani, a Saman, una
comunità che si occupava del recupero di tossicodipendenti per poi finire a metà degli anni ’80 a lavorare
come giornalista per la tv locale Rtc, dove denunciava
le collusioni tra mafia e politica. Nell’88 venne ritrovato morto nella sua Fiat Duna vicino alla comunità.
Quando chiedo a Pino qual è il lato positivo di questa
storia mi dice: «Beh, è stato un gran personaggio della
lotta alla mafia a Trapani».
Una lotta che continua anche oggi. Gli investigatori del pool antimafia diretto da Giuseppe Linares ogni
giorno lavorano assiduamente per capire il funzionamento locale di Cosa Nostra. Qui sembra che il pizzo
non venga esatto a tappeto come a Palermo, ma a botte di 3 per cento di ogni grande appalto agli imprenditori che provengono dal resto del territorio nazionale.
«Mentre con gli imprenditori del posto Cosa Nostra
ricerca rapporti che possono consistere anche solo in
decenni di acquiescenza e subordinazione psicologica
al fenomeno. Una mafia borghese, insomma, che si è
fatta sistema». Questo non lo dice Pino, lo dice Linares. Ma il fatto che Pino, che a 15 anni voleva andare
al Nord, sia ancora qui e creda nella sua terra e nel
suo lavoro, è segno che stiamo assistendo a una lenta
risalita, e che figure come quella di Ivanhoe Lo Bello,
presidente di Confindustria Sicilia, stanno ponendo le
basi per una nuova coscienza imprenditoriale.
favignana Le acque cristalline e azzurrissime della Cala Rossa. In tutta
l’isola, e anche nelle due “sorelle” Marettimo e Levanzo, la vita subacquea è molto
ricca e sono parecchi i turisti che vengono per fare immmersioni nell’arcipelago.
102 g 57/10 u www.addiopizzo.org u www.addiopizzotravel u www.liberofuturo.org u Consorzio Valli Belicine: su Facebook
Eloisa d’Orsi Nata in Francia nel 1977, dopo studi di formazione classica si è
avvicinata alla fotografia a Parigi, dove ha svolto uno stage presso l’Agenzia
Magnum e un altro come photoeditor all’agenzia Vu. Da anni opera come
freelance e collettivamente, realizzando reportage, e dopo aver vissuto a Torino,
Siviglia e Parigi ora abita a Barcellona, dove fa parte del collettivo Donquixote.
In Italia, i suoi lavori sono stati pubbicati su Specchio, Il Venerdì e Internazionale.
dopo 15 giorni intensissimi, è che Cosa Nostra non la
si combatte con le buone intenzioni, ma con un’azione
mirata a tutti i livelli e su tutto il territorio nazionale. Perché, come una mano anonima ha scritto sotto
l’albero di Via D’Amelio, davanti al condominio dove
viveva mamma Borsellino, «non tutti i siciliani sono
mafiosi e non tutti i mafiosi sono siciliani».
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Esco dal ristorante di Pino dimentica di
mafia e di tritolo, riconciliata con questa terra che lascerò domani. Quello che so,