Palermo-Trapani A/R - Collettivo Donquixote
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Palermo-Trapani A/R - Collettivo Donquixote
palermo Bancarelle e “struscio” notturno sul Foro Italico, lungomare costruito sui detriti dei bombardamenti della seconda guerra mondiale. Quarantamila metri quadrati di manto erboso e un’ampia passeggiata panoramica che va dalla Cala al quartiere della Kalsa. Questo lungomare diventa punto di ritrovo per gil abitanti della città specie nelle sere d’estate, quando rinfresca. Palermo-Trapani A/R La buona economia che combatte la mafia Viaggio in una Sicilia-laboratorio. Dove imprenditori, commercianti e giovani creativi hanno capito che ribellarsi a Cosa Nostra conviene. E ai loro prodotti hanno dato un valore aggiunto, la vitamina L: legalità. Capace di curare il male più antico dei siciliani: la rassegnazione testo e foto Eloisa d‘Orsi Cinisi Capaci PALERMO Aspra Capo zafferano Porticello Trapani Nubia 88 g 57/10 u Sicilia u mafia u ECONOMIA Favignana Sempre più stranieri fanno turismo etico, alla scoperta delle bellezze dell’isola ma anche dei luoghi della mafia, passando per alberghi, negozi e ristoranti pizzo-free porticello porticello CAPO ZAFFERANO è un piccolo promontorio a pochi chilometri da Palermo, ed è il regno della palma nana. Nelle vicinanze c’è un’antica tonnara e alle sue spalle, sul monte Catalfano, l’area archeologica di Solunto, una città fondata dai Cartaginesi sopra un insediamento fenicio ancora più antico. aspra Dall’alto, a Porticello, frazione del comune di Santa Flavia, uno dei mercati del pesce più importanti dell’isola, Salvatore fa un doppio lavoro: in primavera-estate è meccanico navale, d’inverno si traveste da Babbo Natale e con la sua Ape car porta i doni ai bimbi; un gruppo di pescatori che giocano a carte nelle ore più calde; sul lungomare di Aspra, borgata marinara a pochi chilometri da Bagheria, un venditore ambulante di lumache. 55/10 g 91 palermo Donne in un vicolo dietro la cattedrale, addobbato per la grande festa di Santa Rosalia. La patrona della città viene festeggiata il 15 luglio con una processione in cui la statua della Santa e i suoi resti vengono portati in trionfo su un carro trainato dai buoi lungo lo storico percorso che va dalla cattedrale al Foro Italico, passando per corso Vittorio Emanuele. u il libro L’enorme tempo, Giuseppe Bonaviri, Sellerio (2010) 57/10 g 93 Sotto, dall’alto, Guido Agnello, proprietario della bottega La coppola storta, che aderisce al movimento antimafia Addiopizzo; il cuoco del ristorante-bar-libreria Kursaal Kalhesa, sempre della rete Addiopizzo; Pina Maisano, la vedova dell’imprenditore Libero Grassi che fu ucciso nel 1991 per essersi ribellato pubblicamente al pizzo, nell’atelier della sua impresa di tessile d’arredo. La richiesta di pagare il racket d’estorsione inizia spesso con dell’Attack messo nel lucchetto dell’esercizio preso di mira. pALERMO L’aeroporto di Palermo sorge su una sottile striscia di terra, incastonata tra il mare e le montagne. Lo spazio di manovra per l’atterraggio è scarso. Mentre l’aereo plana sulla pista, mi im- magino che per il pilota del volo AZ 112 dell’Alitalia che nel 1972 si schiantò contro la Montagna Longa la scelta debba essere stata tra l’acqua e la pietra. Contrasti forti. Metafora della vita a Palermo e nell’isola, terra di aspri chiaroscuri. Quando giungo alla stazione centrale, ci sono solo due taxi che vengono presi d’assalto. Ma niente paura. Un tassista mi fa accomodare al suo fianco, senza chiedere l’assenso dei due spagnoli già caricati a bordo. E senza accendere il tassametro si dirige verso il posto dove ho riservato la prima notte: La fuitina. Quando dico il nome del bed&breakfast, scoppia in una risata. «Ma sa cosa vuol dire?», mi chiede. Scoprirò solo dopo che fuitina significa la fuga di due giovani amanti per mettere le famiglie di fronte al “fatto compiuto” e indurle a dare il consenso per le nozze. Il b&b me lo hanno consigliato i ragazzi di Addiopizzo Travel che organizzano vacanze in Sicilia all’insegna del divertimento e della cultura, ma anche dell’impegno. «Palermo fra piazze, chiese e mo- paLERMO capaci Una casetta domina l’autostrada che va dall’aeroporto di Palermo alla città, in un punto vicino allo svincolo di Capaci: da qui Giovanni Brusca il 23 maggio 1992 azionò il telecomando per far saltare in aria con 500 chili di tritolo le auto in cui viaggiavano Giovanni Falcone con la moglie Francesca Morvillo e la loro scorta. 94 g 57/10 GLI ALBUM u Sono all’osso (2010), Il Pan del Diavolo u Album live 2009, Pippo Pollina pALERMO numenti, fra i vicoli dei mercati popolari e le specialità della gastronomia siciliana», dice il volantino dell’agenzia. «Ripercorreremo idealmente le tappe che hanno segnato il cammino della lotta a Cosa Nostra. Dai luoghi-simbolo a quelli dell’impegno militante di oggi: i negozi che aderiscono alla campagna antiracket di Addiopizzo». Edoardo, colonna dell’associazione, mi ha dato appuntamento di fronte alla cattedrale. Lo trovo occupatissimo a dare spiegazioni a un gruppo di americani appena arrivati da Siracusa dove stanno seguendo un corso di “legalità” nel Mediterranean Center for Art and Science. Non faccio in tempo a presentarmi a una saggista della University of New Hampshire che è venuta a fare “turismo etico” e sto già rincorrendo questo strano gruppo di turisti che vuole capire qualcosa di più di Cosa Nostra. Passiamo tra chiese e palazzi in rovina della Vucciria, ci infiliamo nei vicoli di Ballarò, un vociante mercato cittadino, tra ciotole di olive giganti, crocché e panelle, teste di pescespada e banchetti di trippa. 57/10 g 95 Mafia: la serie nera }1875-76 Prime Commissioni parlamentari d’inchiesta sul fenomeno mafioso. }1878 Palermo. Primo grande processo di mafia, concluso con condanne, seguito da altro processo a Catanzaro, finito con assoluzioni. Inizia l’emigrazione di mafiosi in America. }1929-1943 Si sviluppa fortemente la mafia americana di origine siciliana. }1947 Strage di cinisi Da sinistra a destra: Giovanni Impastato, fratello di Peppino, da anni lavora per tenere viva la memoria del giovane che fu fatto uccidere nel 1978 dal boss mafioso Tano Badalamenti; una chiesa del paese, in cui è stato girato il film I Cento passi di Marco Tullio Giordana sulla storia di Peppino. Portella della Ginestra: la banda di Salvatore Giuliano spara al comizio della Festa del Lavoro: 1 morti e 47 feriti. }1962 Nasce la Commissione Parlamentare (permanente) Antimafia. Dietro il mercato sorge la Piazza della Memoria, dove Edo racconta dell’omicidio di Giovanni Falcone nel maggio ’92 e dei due mesi successivi in cui l’amico e collega Paolo Borsellino, che sapeva di essere la vittima seguente, lavorò freneticamente per cercare di scoprire i mandanti della strage. Spuntarono le ma- gliette con la scritta «Ora basta!», ma il 19 luglio ci fu l’attentato di Via d’Amelio: Borsellino perse la vita sotto casa di sua madre. Sono cose note, ma passare da Capaci in auto, oltrepassare le bandiere che sventolano ai bordi dell’autostrada e pensare al momento in cui alle 17.55 saltarono in aria 3 automobili con 5 persone a bordo è un’altra cosa. I ragazzi di Addiopizzo portano a vedere anche la bianca casetta che domina il versante della collina: da lì Giovanni Brusca azionò il telecomando che fece saltare i 500 chili di tritolo sistemati nel condotto sotto l’autostrada. Sui muri della casetta ogni anno mani sconosciute dipingono scritte contro la mafia. Prima andavano a decorare di rosso sangue il guardrail di quel pezzo maledetto di autostrada. Possono sembra96 g 57/10 u il re piccole cose, ma sono segnali importanti. Perché la mafia più difficile da contrastare è quella culturale. Le stragi del ’92 segnarono l’inizio di una nuova stagione a Palermo, furono gli albori di una rivolta civile che piano piano sta dando i suoi frutti. Prima di allora si delegava volentieri la lotta ad altri. Nel 1991 Libero Grassi, un imprenditore che voleva solo fare il proprio lavoro in modo onesto, pressato da “picciotti” che pretendevano il pizzo, andò in televisione a denunciare i suoi estorsori e in una lettera al Giornale di Sicilia invitò i colleghi a seguire il suo esempio. La risposta, diceva, deve essere collettiva. Il 29 agosto mentre andava in fabbrica gli spararono. Lo uccise la mafia, ma anche l’omertà e la mancanza di sostegno dei colleghi. La Sicilia non rimase indifferente. Palermo intera sembrò provare vergogna. Ed esplose in una rabbia cieca. Mentre prendo appunti da Zia Pina, una trattorietta storica della Vucciria, mi chiedo se un’alternativa economica alla mafia sia la strada vincente: forse un’autentica rivoluzione in questa terra bellissima, ma dalla vita così difficile. Decidere di scendere in strada in piena estate nelle ore di punta, quando il traffico palermitano rag- libro Nella terra degli infedeli, Alexander Stille, Garzanti (2007) giunge il top è un’idea che potrebbe venire in mente solo a uno straniero. O a un “continentale”. Certo non a un isolano. Ho appuntamento con Marta Cimino alle quattro del pomeriggio in via Maqueda: uno degli assi viari principali della città. Mi accoglie una bella signora nella penombra delle persiane chiuse. Assieme a lei ci sono la zia e un’amica di Modena, che venne a Palermo nel 1992 quando Marta diede vita al Comitato dei lenzuoli. Convinse i palermitani a mostrare dissenso verso la mafia appendendo lenzuoli alle finestre con scritte tipo “Per non dimenticare”. Quando chiedo a Marta come nacque il movimento, mi racconta, emozionata, del giorno in cui sua figlia dodicenne tornò a casa dalla prima manifestazione a cui aveva partecipato, con la scuola, per Falcone e Borsellino. Piangeva, era spaventata, e Marta le fece una promessa: Palermo cambierà. Esco da casa sua frastornata: è come se avessi visto con i miei occhi la Palermo degli anni tragici. Passo dietro la cattedrale e mi pare di assistere allo spettacolo della folla che rompe il cordone dei 4000 poliziotti chiamati a blindare i funerali degli agenti di scorta di Borsellino, gli insulti, i tentativi di linciaggio dei politici, e dello stesso capo della polizia. Fu allora che il Governo Amato varò l’operazione Vespri Siciliani: intervento militare senza precedenti, con decine di migliaia di soldati, bersaglieri, parà, lancieri e persino 1800 alpini. Da allora, il cammino è stato impervio, ma Marta, contro ogni pronostico, è riuscita a tenere fede alla promessa fatta: Palermo è cambiata. È ancora debordante di rifiuti, di rovine della seconda guerra mondiale, di perenni transenne. Ma è cambiata. È piena di contraddizioni, ma è anche un laboratorio a cielo aperto, una grande città per tanti versi all’avanguardia, che sotto la spinta di un gruppo di venticinquenni è riuscita in qualche anno a sdoganare la parola proibita: “pizzo”. Una mattina di giugno del 2004, Palermo si svegliò ricoperta di adesivi che gridavano su tutti i muri: “Un intero popolo che paga il pizzo è un popolo senza dignità”. Erano opera di ragazzi che stavano pensando di aprire un locale e si erano posti la solita domanda che ci si pone in Sicilia in questi casi: se arrivano, che faccio? «Quella domanda me la sono }1978 Il 9 maggio a Cinisi viene assassinato Peppino Impastato, che su Radio AUT denunciava l’attività criminosa di Don Gaetano Badalamenti. }1984 Su mandato del giudice Giovanni Falcone sono arrestati i fratelli Salvo: punto di collegamento tra politica, affari e Cosa Nostra. }1986 Il 10 febbraio a Palermo ha inizio il primo maxiprocesso alla mafia (finirà nel 1987). }1991 Il 29 agosto a Palermo viene ucciso l’imprenditore Libero Grassi, dopo aver annunciato pubblicamente il suo rifiuto di pagare il “pizzo”. 57/10 g 97 trapani Montagne bianche nelle saline della città, che è legata a questa produzione naturale da tempo immemorabile: i 25 chilometri di costa bassa tra Trapani e Marsala sembrano “votati” geologicamente allo scopo. Nella zona esiste la Riserva naturale orientata di Trapani e Paceco gestita dal Wwf, in cui si possono fare visite guidate. La mafia più difficile da contrastare è quella culturale. Ma con le stragi del ’92 è iniziata una rivolta civile che piano piano sta dando i suoi frutti posta anch’io», racconta Antonella Sgrillo, la proprietaria de Il Mirto e la Rosa, un ristorantino nel cuore della città. «E la risposta che mi sono data subito è stata: se viene qualcuno, io non pago». La parola “pizzo” era una parola tabù. «Non ho mai sentito nessuno dirmi “io pago il pizzo”, “tu paghi il pizzo”. Eppure tutti pagavano. Ora giornalisti stranieri vengono e mi chiedono perché ho aderito ad Addiopizzo. Io ribalto la domanda e chiedo: perché non dovevo?». Antonella è un fiume inarrestabile: «Questo è un movimento antimafia nato da un gruppetto di persone visionarie che hanno deciso di fare qualcosa. Siamo la dimostrazione che è possibile cambiare la situazione». E lottare contro la rassegnazione atavica dei siciliani. Nel 2004 alla campagna di Addiopizzo aderirono in 11, oggi sono 470. E da quando, nel 2006, è nata Libero Futuro, associazione che aiuta gli imprenditori a smettere di pagare, con un appoggio psicologico, giuridico e amministrativo, anche grosse ditte stanno unendosi a questo nuovo tipo di azione. Una lotta trasversale per la legalità che i consumatori possono appoggiare, scegliendo sulle mappe di Addiopizzo gli esercizi commerciali Pizzo free. Come il ristorante di Antonella, o il Kursaal Kalhesa, la splendida libreria-bar-ristorante di Alberto Coppola. O ancora La coppola storta, botteguccia del signor Agnello, che aderisce portando avanti una singolare lotta di simboli: quella di restituire alla coppola, “usurpata” dalla mafia, il suo valore tradizionale di berretto contadino, rilanciandolo come simbolo della Sicilia onesta. Qui, fino a pochissimi anni fa, qualsiasi commerciante, dall’ambulante alle pompe funebri, se non era “amico degli amici”, doveva pagare il pizzo. «D’altra parte il pizzo è sempre stato la quintessenza del potere mafioso e gli estorsori contavano sull’impunità totale», dice Salvatore Lupo, storico dell’ateneo palermitano, autore di importanti studi sulla mafia, che ci ha raggiunto da Antonella. «Quando vanno a prendere le estorsioni dicono che è per i picciotti arrestati, per i familiari dei detenuti, è il loro modo bonario di presentarsi». È un altro giorno. Con la mia scassata Clio Renault, affittata a Punta Raisi, mi dirigo verso Trapani, oltrepassando centinaia di casette lungo la costa e il mare turchese. Sto andando a Carini dove c’è la fabbrica di gelati di Giuseppe Todaro, neopresidente della Confindustria locale. Nella sola via della sua ditta, sono già sei gli imprenditori che hanno appeso il cartellone di Libero Futuro, con un cielo azzurro che fa da sfondo a un lucchetto aperto. La simbologia è chiarissima: la richiesta di pagare cominciava con l’At- 57/10 g 99 Anni ’90: gli attentati nubia Nicola Clemenza, il fondatore del Consorzio Tutela Valli Belicine di Santa Ninfa, davanti alla Valle del Belice, dove avvenne un forte terremoto nel 1968: la ricostruzione non è stata ancora completata. }1992 Il Tribunale di Palermo condanna a 10 anni per associazione mafiosa Vito Ciancimino, già sindaco di Palermo. }12 marzo Ucciso Salvo Lima, capo della corrente andreot- tiana nella DC siciliana. favignana Un pescatore offre la sua merce freschissima nel porto dell’isola, la più grande dell’arcipelago delle Egadi. La tonnara ottocentesca è un esempio di archeologia industriale. }23 maggio Un attentato sull’autostrada Punta Raisi – Palermo, uccide Giovanni Falcone, la moglie e agenti di scorta. }19 luglio Palermo, via D’Amelio: un’autobomba uccide il giudice Paolo Borsellino. }1993 Il 15 gen- naio a Palermo, arresto di Totò Riina, latitante da 30 anni. }27 marzo La Procura di Palermo chiede l’autorizzazione a procedere nei confronti di Giulio Andreotti, per associazione mafiosa. }Maggio-ottobre: si susseguono attentati contro persone e luoghi in tutta Italia (Firenze, Milano, Roma…). }15 settembre Palermo: ucciso don Pino Puglisi, parroco nel quartiere Brancaccio. }1996 Il 7 marzo è approvata la legge che consente la confisca dei beni di mafiosi. }20 maggio Arresto di Giovanni Brusca, feroce capomafia. }2006 11 aprile a Corleone arresto di Bernardo Provenzano, capo di Cosa Nostra. 100 g 55/10 tack messo nel lucchetto dell’esercizio preso di mira. Una violenza che lasciando il proprietario fuori dal proprio locale mirava a fargli capire che non era più padrone della sua attività. Todaro produce cannoli al gelato invece che con la ricotta, ed è sotto scorta da quando ha deciso di sporgere denuncia. Aveva iniziato la sua attività imprenditoriale a Cinisi, «a casa del ladro», dice. Un paesino ad altissima concentrazione mafiosa, che fu il quartier generale di capimafia come Don Tano Badalamenti, condannato negli Usa a 45 anni di carcere per “Pizza connection”: un giro di narcotraffico che dal 1975 al 1984 usò pizzerie come punti di spaccio. Sempre Badalamenti fu poi condannato all’ergastolo per l’assassinio del giovane Peppino Impastato, che dalle onde di Radio Aut lo aveva denunciato ripetutamente. Oggi la dimora di Peppino a Cinisi è una “casa memoria”. Nel mio andare lo scenario cambia, la terra rossiccia si trasforma in colline verdi di vigne e campi di ulivo. Sono nella Valle del Belice. A un bar di Santa Nin- fa, viene a recuperarmi in scooter Nicola Clemenza, promotore di un consorzio che vorrei visitare. Mi porta a pranzo a Selinunte da una ristoratrice che cucina il pesce pescato nella notte dal marito. Mentre mangiamo delle orate freschissime, Nicola racconta i suoi progetti di smaltimento rifiuti entrati in lizza a bandi europei in competizione con le multinazionali della chimica farmaceutica. Progetti dai quali è stato escluso dopo minacce sufficientemente chiare: ormai l’interesse prevalente va verso gli inceneritori. «A proposito», lo interrompo, «ho sentito di una macchina bruciata all’inaugurazione del Consorzio Tutela Valli Belicine. Ne sai qualcosa?» «E certo! Era la mia!». Il consorzio è nato per tutelare il territorio e la libertà di chi vi opera, saltando la rete di distribuzione mafiosa. Finora Nicola ha radunato 270 piccoli produttori di olio e viticultori distribuiti su 12 comuni. Insieme, i produttori sono riusciti a risparmiare sui costi di spremitura, imbottigliamento e sponsorizzazione. E sono usciti dal meccanismo del prezzo imposto, infimo. Hanno quindi capito che opporsi alla mafia può essere conveniente, prima ancora che giu- sto. Gino, uno di questi produttori d’olio, si alza prima delle 5, lavora fino alle 12 e poi torna alla sua casetta di Partanna, dove si mette a fare i lavori di muratura che non può pagarsi. Partanna, come Santa Ninfa, Salaparuta e Poggioreale: paesini le cui condizioni di vita erano già durissime, e che dopo il terremoto del ’68 si spopolarono. Gli abitanti, probabilmente consci che la “ricostruzione” sarebbe durata decenni, si trasferirono al Nord, in Canada, negli Usa e in Australia. Oggi a Poggioreale nuova, a 3 chilometri dal paese vecchio abbandonato all’incuria, vivono meno di mille abitanti, mentre a Sydney pare ne risiedano circa 5000. Gino faceva il muratore, poi con il terremoto lavoro non ce ne fu più. Allora tornò all’antico mestiere tramandato da generazioni. Quando gli chiedo perché ha deciso di entrare nel consorzio mi risponde: «Per i soldi». E così siamo davanti a un fatto nuovo. Iniziative come questa possono funzionare rimanendo nella logica del mercato. Perché anche se Gino ha accettato per ragioni economiche, con i ricavi previsti potrà produrre un olio ecologico di origine protetta che è anche una risorsa culturale. Lentamente, Gino e gli altri cominciano a capire che i loro prodotti hanno un valore aggiunto, che Nicola chiama “la vitamina L”: la legalità. Proprio come i prodotti dei negozi Pizzo free. Dalla Valle del Belice tutte le strade portano a Trapani. Una va verso Selinunte e i suoi templi dove natura e arte sembrano indistricabili, fuse da millenni. Da lì imbocco la S115, che serpeggia verso l’araba Mazzara per poi attraversare Marsala, le saline di Nubia e infine approdare al porto industriale. Questa città-paesone sembra soffocata da un sole africano, sotto il quale rischio il passeggio sullo splendido lungomare alla ricerca di un posto dove mangiare. Un pescatore con cui mi metto a chiacchierare di reti e maree mi indirizza alla Cantina Siciliana. Il proprietario, tal Pino, è un affabile buongustaio, ma anche un buontempone: la conversazione finisce subito sul Grillo, l’Insolia, e le famose olive della Nocellara del Belice. Visto il tipo, non posso fare a meno di parlargli del mio recente incontro con Nicola del consorzio e tutto il resto. «Sto cercando storie positive nella città u il film Mery per sempre (1989), di Marco Risi 57/10 g 101 più impenetrabile dell’isola: Trapani», gli confesso, dubbiosa. L’unica che conosco è quella del Calcestruzzi Ericina di “Libera”. Un’azienda unica a livello nazionale con un’attività confiscata alla mafia trapanese, gestita dal 2000 in amministrazione giudiziaria e oggi resa ai siciliani per riutilizzare gli “sfabbrici”, ossia trasformare gli inerti. Per il resto tutti i racconti conducono a Matteo Messina Denaro, il re della regione. Ricercato per associazione di stampo mafioso, omicidio, strage, devastazione, detenzione e porto di materiale esplosivo, furto e altro, latitante. Pino per smorzare la tensione si mette a raccontarmi di Mauro Rostagno, e di quando nell’81 diede vita, nei pressi di Trapani, a Saman, una comunità che si occupava del recupero di tossicodipendenti per poi finire a metà degli anni ’80 a lavorare come giornalista per la tv locale Rtc, dove denunciava le collusioni tra mafia e politica. Nell’88 venne ritrovato morto nella sua Fiat Duna vicino alla comunità. Quando chiedo a Pino qual è il lato positivo di questa storia mi dice: «Beh, è stato un gran personaggio della lotta alla mafia a Trapani». Una lotta che continua anche oggi. Gli investigatori del pool antimafia diretto da Giuseppe Linares ogni giorno lavorano assiduamente per capire il funzionamento locale di Cosa Nostra. Qui sembra che il pizzo non venga esatto a tappeto come a Palermo, ma a botte di 3 per cento di ogni grande appalto agli imprenditori che provengono dal resto del territorio nazionale. «Mentre con gli imprenditori del posto Cosa Nostra ricerca rapporti che possono consistere anche solo in decenni di acquiescenza e subordinazione psicologica al fenomeno. Una mafia borghese, insomma, che si è fatta sistema». Questo non lo dice Pino, lo dice Linares. Ma il fatto che Pino, che a 15 anni voleva andare al Nord, sia ancora qui e creda nella sua terra e nel suo lavoro, è segno che stiamo assistendo a una lenta risalita, e che figure come quella di Ivanhoe Lo Bello, presidente di Confindustria Sicilia, stanno ponendo le basi per una nuova coscienza imprenditoriale. favignana Le acque cristalline e azzurrissime della Cala Rossa. In tutta l’isola, e anche nelle due “sorelle” Marettimo e Levanzo, la vita subacquea è molto ricca e sono parecchi i turisti che vengono per fare immmersioni nell’arcipelago. 102 g 57/10 u www.addiopizzo.org u www.addiopizzotravel u www.liberofuturo.org u Consorzio Valli Belicine: su Facebook Eloisa d’Orsi Nata in Francia nel 1977, dopo studi di formazione classica si è avvicinata alla fotografia a Parigi, dove ha svolto uno stage presso l’Agenzia Magnum e un altro come photoeditor all’agenzia Vu. Da anni opera come freelance e collettivamente, realizzando reportage, e dopo aver vissuto a Torino, Siviglia e Parigi ora abita a Barcellona, dove fa parte del collettivo Donquixote. In Italia, i suoi lavori sono stati pubbicati su Specchio, Il Venerdì e Internazionale. dopo 15 giorni intensissimi, è che Cosa Nostra non la si combatte con le buone intenzioni, ma con un’azione mirata a tutti i livelli e su tutto il territorio nazionale. Perché, come una mano anonima ha scritto sotto l’albero di Via D’Amelio, davanti al condominio dove viveva mamma Borsellino, «non tutti i siciliani sono mafiosi e non tutti i mafiosi sono siciliani». ▲ ▲ Esco dal ristorante di Pino dimentica di mafia e di tritolo, riconciliata con questa terra che lascerò domani. Quello che so,