il mio calcio

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il mio calcio
LICEO SCIENTIFICO STATALE “ LUIGI LANFRANCONI ”
INDIRIZZO TRADIZIONALE
A.S. 2013/2014
ANDREA PELICCI
IL MIO CALCIO
RACCONTO DI UNA PICCOLA SOCIETA’ SPORTIVA DILETTANTISTICA CHE
NASCE NEL SEGNO DELL’ AMICIZIA, COME SUPERAMENTO DI HANDICAP E
COME AGGREGAZIONE
INDICE:
− Presentazione argomento e motivazioni
− 1° capitolo: Nascita dell' Edera
1.1 inquadramento storico
1.2 fondazione Edera
− 2° capitolo: I primi passi dell' Edera
2.1 gli inizi
2.2 palloni in evoluzione
− 3° capitolo: Ormai una squadra
3.1 gli anni 70/80
3.2 gli effetti delle droghe sul corpo
− 4° capitolo: I nostri giorni
4.1 fusioni e nascita Praese
4.2 valori che si stanno perdendo
− Conclusione: Umberto Saba 'squadra paesana'
Andrea Pelicci
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Presentazione argomento e motivazioni
Ho deciso di rappresentare “il mio calcio” perché il calcio mi
accompagna praticamente da sempre.
Avevo infatti solo tre anni quando davo i primi calci ad un pallone.
Da quel momento ad oggi non ho mai abbandonato questo sport.
Gioco e giocherò ancora e un giorno insegnerò, sarò il “mister” di
un gruppo di ragazzini che credono nel valore dello sport del calcio.
Insegnerò loro quello che ho imparato dalle mie esperienze, positive
e negative, insegnerò loro quei valori che mio nonno, stella d’oro del
CONI per meriti sportivi e morali, tanto tempo fa, alla fine degli
allenamenti, prendendo un borsone troppo grande per le spalle di
un bimbo di sette anni e portandolo sulle sue, accompagnandomi
per mano, mi raccontava e insegnava cosa era il calcio, parlandomi
dell’Edera, società da lui fondata, di cui racconterò la storia nelle
pagine seguenti.
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1° capitolo: Nascita dell' Edera
1.1 inquadramento storico
8 Settembre 1943, svolta per la guerra in Italia: il generale Badoglio
annuncia l'armistizio segreto fatto con gli Alleati, i tedeschi prendono il
potere, soprattutto nel Nord-Italia dove, con la liberazione di Mussolini e
la nascita della Repubblica Sociale Italiana, inizia una guerra civile tra
nazifascisti e i gruppi di resistenza italiani.
Ciò accadde anche a Genova, dove la popolazione si fece sentire
organizzando grandi scioperi, come ad esempio quello del marzo 1944,
avvenuto nei complessi industriali della Val Polcevera e del Ponente.
Questi scioperi danneggiarono i nazifascisti ma anche la popolazione, in
quanto iniziarono deportazioni di massa da parte dei tedeschi ed alcuni
edifici furono usati come centri di tortura, famoso esempio è la Casa dello
Studente in corso Gastaldi, alla quale, il 23 aprile 1945, i tedeschi diedero
fuoco nel tentativo di bruciare tutte le prove di ciò che avevano
commesso. Proprio in questo giorno infatti, alle ore 21 ci fu una riunione
del Comitato Liberazione Nazionale Liguria (Clnl) per decidere se dare il
via o no all'insurrezione.
Il Comando germanico, tramite il cardinale Pietro Boetto e il suo vescovo
ausiliare Giuseppe Siri, che erano in contatto con Paolo Emilio Taviani,
membro del Clnl, era disposto a rinunciare alla distruzione del porto di
Genova in cambio di quattro giorni di tregua per permettere la ritirata
delle truppe tedesche.
La richiesta non fu accolta e il giorno successivo alle cinque del mattino a
Genova, prima fra tutte le città dell'Italia settentrionale, iniziò la
rivoluzione. La battaglia si protrasse per tutta la giornata, alcune
delegazioni vennero liberate quali Sestri Ponente, Cornigliano,
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Pontedecimo e altre, alcune rimasero in mano ai tedeschi. La giornata si
concluse con un ultimatum che i partigiani diedero al comandante
tedesco Meinhold. Truppe tedesche erano state prese in ostaggio da
gruppi partigiani, bloccate senza cibo né acqua in una galleria e per la
loro liberazione venne chiesto a Meinhold di firmare un atto di resa.
Il 25 Aprile gli scontri ripresero all'alba, la Resistenza prese sempre più
campo, i paesi vennero liberati uno dopo l'altro. Alle ore 15:00 l'epilogo: il
generale Meinhold e dei suoi collaboratori vennero scortati dai partigiani a
Villa Migone, nel quartiere di San Fruttuoso; alle ore 19:30 il generale
firmò l'atto di resa e Genova fu libera grazie all'azione coraggiosa dei suoi
giovani, proprio per questo nel 2009 venne insignita della medaglia d'oro
alla Resistenza.
Testo dell'atto di resa delle forze tedesche a Genova:
"In Genova il giorno 25 aprile 1945 alle ore 19:30, tra il sig. Generale Meinhold, quale
Comandante delle Forze Armate Germaniche del settore Meinhold, assistito dal Capitano Asmus,
Capo di Stato Maggiore, da una parte; il Presidente del Comitato di Liberazione Nazionale per la
Liguria, sig. Remo Scappini, assistito dall'avv. Errico Martino e dott. Giovanni Savoretti, membri
del Comitato di Liberazione Nazionale per la Liguria e dal Maggiore Mauro Aloni, Comandante
della Piazza di Genova, dall'altra; è stato convenuto:
1. Tutte le Forze Armate Germaniche di terra e di mare alle dipendenze del sig.
Generale Meinhold SI ARRENDANO alle Forze Armate del Corpo Volontari
della Libertà alle dipendenze del Comando Militare per la Liguria;
2. la resa avviene mediante presentazione ai reparti partigiani più vicini con le
consuete modalità e in primo luogo con la consegna delle armi;
3. il Comitato di Liberazione Nazionale per la Liguria si impegna ad usare ai
prigionieri il trattamento secondo le leggi internazionali, con particolare riguardo
alla loro proprietà personale e alle condizioni di internamento;
4. il Comitato di Liberazione Nazionale per la Liguria si riserva di consegnare i
prigionieri al Comando Alleato anglo-Americano operante in Italia.
Documento in quattro esemplari di cui due in italiano e due in tedesco
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1.2 fondazione edera
L’U.s. Edera è stata una delle prime società sportive sorte nell’immediato
dopoguerra. Nasce il 5 maggio 1945, come unione sportiva, dall’iniziativa
di un gruppo di amici di Longarello (quartiere di Pra’), tra i quali il “mitico”
Baciccia Ferrando. Il nome viene ripreso dalla preesistente società
sportiva che era scomparsa nel periodo prebellico, l’omonima U.s. Edera.
Questa società vede i natali presso l’osteria “Vittorio” a Longarello, per
poi trasferirsi in via Roana nella sua prima sede ufficiale.
Come colori ufficiali vengono scelti il bianco e il verde, essendo appunto il
verde la tinta dominante dello stemma di Pra’.
Non è soltanto una squadra di calcio quella che nasce ma, come dice
appunto il nome, un’ “unione sportiva”, dedita a diverse attività ricreative:
lo scopo è quello di “raccogliere” la gioventù che nell’immediato
dopoguerra non ha ancora precisi punti di riferimento.
E’ proprio ai
giovani, che
vivevano nel ricordo
del dolore dei loro
morti e della loro
città distrutta, che i
fondatori pensano
quando decidono di
fondare la squadra,
convinti che la
passione, con la “P” maiuscola, possa aiutare a superare quel triste
momento rimanendo uniti, creando amicizie che durarono per sempre nel
tempo.
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2° capitolo: I primi passi dell' Edera
2.1 gli inizi
Il calcio a quei tempi, anche nelle piccole città, era molto diverso da
quello attuale e sicuramente molto diverso da quello delle grandi
squadre, fatto di campi in erba, belle divise e scarpette perfette per
giocare nel migliore dei modi.
Negli anni 50/60 i soldi non erano molti e come del resto oggi, una
squadra di calcio dilettantistica aveva bisogno di uno sponsor, si andava
in giro per il paese con una piccola risma di biglietti chiedendo ai
negozianti di partecipare con la squadra, chi dava magliette, chi borse,
che non erano mai
abbastanza per tutti, però a
quel tempo pur di giocare e
divertirsi ci si arrangiava, le
magliette erano solo per chi
giocava titolare, gli altri
come capitava (anche in
camicia, come si vede nella
foto affianco) poi quando c’era la sostituzione la maglia te la dava il
compagno. Si andava in giro per le piazzette e si osservavano i ragazzini
che giocavano, a quelli che sembrava avessero qualche dote in più si
offriva un provino. All’epoca i giocatori superavano minimo i 13/14 anni,
prima era difficile far parte di una squadra, ed iniziava l’ avventura.
All’interno di queste società composte da poche persone si faceva di
tutto: i padri fondatori erano allenatori, arbitri, massaggiatori, fratelli,
padri, zii e amici. Gli allenamenti si svolgevano con i propri vestiti, la
disciplina era rigorosa e gli allenamenti difficili e massacranti soprattutto
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nelle sere di inverno con l’acqua fine e costante, tipica della Liguria, con il
vento, sempre presente a far si che l’acqua si infilasse da tutte le parti,
facendo bruciare la faccia, appesantendo i vestiti, le scarpe, il pallone,
rigorosamente di cuoio, che più pioveva e più si appesantiva, il campo
ridotto in un lago di fango, ma se non si partecipava la domenica non si
giocava.
2.2 l’evoluzione dei palloni
Sarà vero che gli ultimi palloni in confronto ai primi fanno tutta questa
differenza nel gioco del calcio?
Il pallone ha una storia lunga quasi 150 anni; fece la sua prima comparsa
nel 1863 in Inghilterra e, dopo circa dieci anni, si stabilirono
definitivamente le regole sulla sua forma, sul suo peso e sulla pressione
dall’International Football Association Board (IFAB), all’interno della
regola n°2 denominata “il pallone”. Questa definiva che la palla doveva
essere di forma sferica con circonferenza compresa tra 68 e 70 cm, il
peso tra i 410 e 450 grammi e la pressione tra 0,6 e 1,1 atmosfere.
La storia del pallone ha avuto tre fasi: la
prima fase ha inizio nel 1863 dove il pallone
era realizzato con vesciche di maiali, molto
impreciso e pesante, infatti venne subito
sostituito da uno internamente composto da
una camera d’aria e rivestito con 12 fasce di
cuoio legate insieme. Era un pallone ancora
molto pesante e non impermeabile.
La seconda fase iniziò nel 1963, quando Adidas si dedicò ad uno studio
per realizzare palloni più performanti. Il loro lavoro diede i suoi frutti ai
mondiali del Messico del 1970, dove fece la sua comparsa il “telstar”, di
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colore bianco e nero, per ragioni televisive, formato da 12 pentagoni e 20
esagoni di cuoio cuciti insieme per ottenere una forma sferica.
Questa forma però non è originale, infatti si
tratta di un icosaedro troncato, uno dei
tredici poliedri ideati da Archimede. Egli
aveva ottenuto questo solido troncando le 12
cuspidi ad 1/3 della lunghezza del lato
dell’icosaedro, formando 32 facce ( 20
esagoni e 12 pentagoni), 90 spigoli e 60
vertici.
Il problema però, era quello di formare una sfera perfetta partendo da
oggetti piani cucendoli insieme, proprio per questo si passò alla terza
fase.
In quest’ultima, infatti, i palloni non sono più realizzati con le cuciture di
oggetti piani ma utilizzando superfici curve termosaldate. Questo metodo,
tutt’ora utilizzato, ha avuto inizio nel 2006 con i mondiali di Germania,
però ci fu un ulteriore problema, infatti il pallone era paradossalmente
troppo perfetto. Dato che un oggetto che si muove in un liquido o in un
gas produce due tipi di movimento, laminare e turbolento, la sua
perfezione causava un moto laminare, il quale rallentava il pallone
rendendolo più sensibile alle forze devianti come il vento, con il risultato
di una traiettoria meno stabile.
Infatti se consideriamo un corpo in moto e un fluido fermo, le particelle
del fluido a contatto con il corpo dovranno essere in moto con l’oggetto.
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Egli quindi eserciterà sulle particelle più prossime del fluido un’ azione
accelerante. Il fluido quindi per il principio di azione e reazione eserciterà
una resistenza sul corpo, rallentando il suo moto. Poiché in un corpo
tozzo, come la palla da calcio, un flusso laminare è meno capace di
mantenere lo strato limite attaccato al corpo in moto del fluido, esso
risulta più rallentante rispetto ad un moto turbolento che sarebbe causato
se la palla fosse, per esempio, come quella da golf con delle rientranze.
Questo problema sarà superato con lo “Jabulani” il pallone dei mondiali
del Sud Africa del 2010 che fu realizzato con otto superfici tondeggianti
termosaldate con minuscole asperità che crearono effetti di turbolenza
per non diminuire la velocità.
Altri miglioramenti sono stati apportati nell’ ultimo pallone ideato per gli
attuali mondiali il “Brazuca” dove le superfici tondeggianti diminuiscono
ancora passando a sei. Vedremo se le modifiche avranno gli effetti
desiderati.
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3° capitolo: Ormai una squadra
3.1 gli anni 70/80
Gli anni 70 non sono un bellissimo periodo per la gioventù, assistiamo ad
un “inquinamento” nella mente dei giovani, ci si trova di fronte ad un
grande problema: la droga.
Purtroppo anche alcuni ragazzi che giocavano a calcio, che erano
impegnati nello sport, furono
attratti da questo “mostro”. Alcuni
di loro erano veramente buoni
giocatori e iniziavano ad essere
chiamati nelle categorie superiori,
Baciccia non li abbandonò, credette
in loro, cercò di aiutarli e di dar loro
fiducia, di sgridarli come avrebbe
fatto un padre e cosi una buona
parte si salvò, non dimenticando
mai più Baciccia i suoi consigli,i suoi
L’allenatore “Baciccia” portato in trionfo
insegnamenti e ciò che aveva fatto
per loro.
In quel periodo però non assistiamo solo a fatti tristi e socialmente
gravi,nel mio paese proprio negli anni ’70 arrivano dal Piemonte, spinti
dal clima che non era dei migliori, un gruppo di giostrai, i “cinti”, per i
quali non era facile integrarsi nella realtà di un piccolo borgo come Pra’
poiché non venivano accettati da tutti.
La piccola società sportiva dell’Edera e i suoi soci però fecero in modo di
accogliere alcuni ragazzi, di inserirli nell’ambiente.
Iniziarono ad allenarsi con i ragazzi di Pra’, a diventare amici.
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Ancora oggi quei ragazzi diventati grandi “nonni” sono insieme ed alcuni
di loro seguono sui campi da calcio i nipoti.
Oggi che e’ così difficile parlare di integrazione,sembra impossibile che
una piccola società, tanti anni fa, sia riuscita a riunire nell’amore per il
calcio persone così differenti tra di loro sia dal punto di vista intellettuale
che economico.
3.2 gli effetti delle droghe sul corpo
Ma perché bisognava liberarli da questo “mostro” ?
Le droghe, grazie all'azione mirata sul sistema nervoso, provocano effetti
che alterano la percezione e la visione delle cose, in questo modo anche
le prestazioni risultano meno
efficaci.
Il nostro organismo, infatti, è
dotato di un centro di
comunicazione degli impulsi
nervosi, all'interno del quale si
trovano i neuroni che si passano
le informazioni grazie ai dendriti,
una fitta rete di filamenti, e all'assone, filamento più lungo che si
attaccherà alla cellula bersaglio grazie al recettore presente su di essa,
passando l’informazione attraverso la fessura sinaptica, che si trova tra
l’assone di un neurone e quello di un altro. All'interno dell'assone sono
presenti i neurotrasmettitori che arrivano nel recettore, si legano ad esso
e comunicano il segnale nervoso, quando finiscono il loro lavoro vengono
eliminati da enzimi o si allontanano dalla cellula.
Molte droghe agiscono sostituendosi al neurotrasmettitore e alterando in
questo modo la trasmissione del segnale, altre inibendo enzimi che
distruggono il neurotrasmettitore e ne impediscono l'azione.
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Il problema della droga, però, non
era solo a livello fisico ma anche
sociale e psicologico. Inibendo la
trasmissione dell'impulso, chi
assumeva sostanze stupefacenti
aveva una perdita della capacità
di reagire agli stimoli, incapacità
di valutare e controllare le proprie
azioni, sdoppiamento della personalità, alterazioni mentali, distorta
percezione dello spazio e del tempo. In effetti, a causa di molte droghe il
soggetto rischia di restare in una dimensione tra il passato e il presente,
mescolando gli avvenimenti. Questo problema ricade anche nel gioco del
calcio ponendo il rischio di azioni controverse da parte della persona che
potrebbe reagire in modo violento a situazioni tranquille.
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4° capitolo: I nostri giorni
4.1 fusioni e nascita praese
Agli inizi degli anni 70 a Pra’ nasce una seconda società sportiva la
Folgore , per anni divertenti ed entusiasmanti furono i derby tra le due
società Edera e Pra’ Folgore.
Il 24 Maggio del 1991, proprio per unire gli sforzi economici e favorire
l’allestimento di un campo sportivo sulla “Fascia di rispetto”, l’Edera si
fonde con la Pra’ Folgore, dando vita alla A.S.D. Praese 1945.
Non e’ stata per entrambi i fondatori
delle Società Don Giorgio Parodi e
Baciccia (nella foto in ordine il
secondo e il terzo da sinistra) una
scelta facile, ma per il bene della
comunità hanno accettato di unire le
forze. Insieme hanno scelto il colore
delle maglie cercando di mantenere i
colori che li rappresentavano, al verde
dell’Edera si e’ aggiunto il giallo della Folgore. Sono aumentati i soci, le
riunioni per accettare i cambiamenti furono tante e non sempre si
trovavano tutti d’accordo, ma alla fine prevaleva sempre il buon senso e
cercavano di accontentarsi a vicenda.
La nuova Società ha
permesso il formarsi di una
scuola calcio, dove possono
partecipare tutti i bambini dai 4 anni in poi, dove viene regalata loro la
gioia di correre sui campi verdi, di entusiasmarsi, di sperare e sognare .
Grazie all’unione di piccole realtà, si e’ formata un'unica grande realtà.
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4.2 valori che si stanno perdendo
La storia sportiva dell’Edera non è ricca di grandi imprese, ma è lo stesso
una bella storia. Un intreccio fitto fitto di tanti piccoli episodi, tanti gesti,
tanti entusiasmi che messi insieme alle vittorie e alle sconfitte, ai giorni
belli ed a quelli tristi, alle promozioni e alle retrocessioni hanno fatto
appunto la storia. Una storia ordinaria che però ha inciso
straordinariamente nella vita di chi l’Edera l’ha vissuta.
Ho parlato con alcuni di loro i pochi rimasti, mi hanno disegnato un
mondo che oggi non riconosco, la squadra era la squadra, l’errore di uno
era l’errore di tutti, la vittoria non era solo del bomber ma di tutti, le palle
entrate in porta non erano solo colpa del portiere ma di tutta la squadra,
perché è cosi che dovrebbe essere, l’unione faceva la forza.
Io gioco in una squadra (categoria juniores) e purtroppo, a malincuore,
devo constatare che ciò non sempre accade, oggi vince il prepotente,
vince quello che non passa la palla per cercare il gol impossibile, vince il
difensore che spacca le caviglie all’avversario, spesso incitato dai genitori.
Questa non è unità ma individualismo e voglia di emergere anche a
scapito di un “compagno”.
Oggi ci lamentiamo se la società non ci passa il borsone, la muta nuova e
si fa a gara a chi ha le scarpe più belle, colorate, di marca.
Mio nonno mi raccontava che i calciatori dell’Edera si pagavano i pullman
per le trasferte, le scarpe si usavano per degli anni anche se erano
bucate, ma l’importante continuava a rimanere solo e sempre la passione,
la voglia di stare insieme e di vincere insieme una coppa.
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Umberto Saba: squadra paesana
Anch'io tra i molti vi saluto, rossoalabardati,
sputati
dalla terra natia, da tutto un popolo
amati.
Trepido seguo il vostro gioco.
Ignari
esprimete con quello antiche cose
meravigliose
sopra il verde tappeto, all'aria, ai chiari
soli d'inverno.
Le angoscie
che imbiancano i capelli all'improvviso,
sono da voi così lontane! La gloria
vi dà un sorriso
fugace: il meglio onde disponga. Abbracci
corrono tra di voi, gesti giulivi.
Giovani siete, per la madre vivi;
vi porta il vento a sua difesa. V'ama
anche per questo il poeta, dagli altri
diversamente - ugualmente commosso.
Ho scelto questo testo per la conclusione poiché vi è racchiuso lo spirito
con cui dovrebbe essere vissuta una partita di calcio e questo sport.
Saba inizialmente descrive la folla a cui lui si lega, una folla dove spicca
vitalità a cui lega l’immagine del gioco. Lui vede nel calcio un gioco che
invita ad essere giocato con trasporto (Trepido seguo il vostro gioco)
anche se, come la vita, comporta fatica, sacrificio e conosce sia
l’esultanza della vittoria che l’amaro della sconfitta.
Emerge inoltre il tema della giovinezza, infatti, Saba ritrae l’energia e la
gioia dei giocatori in campo legati con la madrepatria. Di questa
giovinezza l’autore esalta e rimpiange l’ignoranza, ignoranza del tempo e
della morte. Solo grazie a questo si può riuscire a vivere con intensità
l’esistenza.
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Bibliografia e sitografia
• COMITATO CULTURALE PRAESE, Antologia Praese, Nuova Editrice
Genovese, Genova 1997, pp. 231-232
• http://it.wikipedia.org/wiki/Storia_del_movimento_partigiano_a_Ge
nova
• http://www.treccani.it/enciclopedia/genova_res-de137645-87e511dc-8e9d-0016357eee51_%28Enciclopedia-Italiana%29/
• http://www.ilsole24ore.com/art/notizie/2010-06-10/fisica-pallone125800.shtml
• http://www.informazioninelweb.com/2013/02/storia-del-palloneda-calcio.html?m=1
• http://it.wikipedia.org/wiki/Resistenza_fluidodinamica
• http://www.my-personaltrainer.it/salute/droghe1.html
• http://www.atuttascuola.it/collaborazione/depani/le_droghe_e_i_lo
ro_effetti.htm
• http://www.scuolissima.com/2012/08/squadra-paesana-diumberto-saba.html
• google immagini
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