Scarica gli Atti - SIEF Società Italiana di Educazione Fisica

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Scarica gli Atti - SIEF Società Italiana di Educazione Fisica
I.D. Educazione Fisica
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XI CONGRESSO NAZIONALE SIEF
GINNASTICA E GINNASTICA MEDICA OGGI.
Riflessioni sul “De Arte Gymnastica” di Girolamo Mercuriale.
Forlì, Hotel della Città, 17-18 febbraio 2007
Presentazione
C. Baroni
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In occasione delle celebrazioni per il 400° anniversario della morte del grande forlivese Girolamo Mercuriale, autore del famoso trattato “De arte gymnastica”, la SIEF (Società Italiana di Educazione Fisica) propone un momento
di riflessione.
Riflessione resa necessaria ed urgente, date le condizioni in cui versa oggi la ars gymnastica, dimenticata nella sua
dimensione più propria, quella scolastica; sostituita in modo ingiustificato nel suo più profondo significato dai
termini di fitness o di wellness; infine confusa e resa inutile dalla invadenza con cui il termine sport si è imposto
oggi nel parlare comune ma anche nelle pubblicazioni e nella terminologia scientifica e politica, dando origine ad
un equivoco di fondo che non fa che nuocere al raggiungimento dell’obiettivo, pur ben presente come volontà
politica, di apportare vero beneficio, vera “salute sociale” a tutta la popolazione.
Infatti, coloro che conoscono il testo di Mercuriale non possono rimanere indifferenti di fronte ai nostri figli, che
crescono inetti, scoordinati e deboli, senza poter sfruttare a fondo le potenzialità enormi di quell’ irrecuperabile
“momento d’oro” che è l’età evolutiva; di fronte ad una popolazione che, pur potendo usufruire di “più anni alla
vita”, non può sfruttare appieno questa grande conquista perché ad essa non si accompagna una efficienza fisica
a 360 gradi ( in termini di scioltezza articolare, di forza muscolare, di capacità coordinative, di educazione nella
postura e nei movimenti) che solo una ginnastica pensata e studiata appositamente per questo fine può dare; di
fronte ad un’ortopedia che, di fronte al generale decadimento dell’aspetto e dell’efficienza fisica, prende in considerazione solamente la chirurgia o i presidi ortopedici, negligendo completamente il grande, grandissimo, insostituibile apporto che potrebbe dare la “arte ginnastica”.
Ma questa “arte ginnastica” abbisogna di studi, approfondimenti, e soprattutto di aggiornamenti che invece è così
difficile portare avanti…
Comprendere bene il significato del messaggio di Girolamo Mercuriale quindi non è, non può e non deve essere,
solo un viaggio nel passato: la sua voce deve arrivare fino a noi e scuotere le coscienze, istigare al cambiamento e
costringerci all’impegno.
Solo così potremo avviarci verso un mondo veramente moderno e civile, in cui ogni disciplina scientifica può concorrere, l’una vicino all’altra ed a pari titolo, al miglioramento della nostra qualità della vita.
Solo così potremo rendere vero omaggio a questo grande personaggio, che credeva fino in fondo all’importanza,
per ogni persona, di qualunque età ed in qualunque condizione fisica, di svolgere dell’esercizio fisico, mirato e
razionale, per godere il più a lungo possibile, lontano dalle necessità della “ginnastica militare” e dalle aberrazioni
della “ginnastica atletica”, della massima efficienza fisica e mentale, obiettivo precipuo della sua “vera gymnastica”.
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Presidente S.I.E.F.
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Programma
Sabato 17 febbraio
14,30
15,00
15,30
Apertura Segreteria e registrazione partecipanti
Saluto delle Autorità
Inizio lavori della I Sessione
L’attività e le opere di Girolamo Mercuriale in ambito medico (G. Cerasoli)
Problematiche interpretative del “De Arte Gymnastica” (A. Arcangeli)
- Arte medica e arte ginnastica nella cultura scientifica di fine Cinquecento (M. Rippa
Bonati – M. Rinaldi)
Il significato del termine “ginnastica medica” nel “De Arte Gymnastica” (C. Baroni)
20,00
Cena sociale
Domenica 18 febbraio
9,00
Inizio lavori della II Sessione
- Storia della ginnastica come sport (V. Dell’Aquila)
La Ginnastica medica oggi. Finalità, limiti e prospettive (D. Matteucci)
Il “De Arte Gymnastica” negli Educatori Fisici successivi (F. Reitano)
La situazione attuale della ginnastica. Che ne è degli insegnamenti dei grandi maestri
dell’Educazione Fisica? (M. Pecchioli – C. Baroni)
12,30
Chiusura dei lavori
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Saluto alle autorità e apertura dei lavori congressuali
Come Presidente di questo XI Congresso Nazionale della Società Italiana di Educazione Fisica, do il benvenuto
a tutti i partecipanti, ed in particolare alle Autorità presenti o che comunque interverranno nel corso dei lavori,
ed in particolare a GIANFRANCO MARZOCCHI, Assessore alla Cultura del Comune di Forlì; a BRUNO
GRANDI, attuale Vicepresidente del CONI ed ex membro del CIO (Comitato Olimpico Internazionale),
Presidente della Federazione Ginnastica d’Italia negli anni dal 1977 al 2000 e attuale Presidente della Federazione
Internazionale della Ginnastica; all’ing. VINCENZO DELL’AQUILA, presidente del CONI delle province ForlìCesena; a Prima di dare loro la parola, vorrei sottolineare il significato e l’importanza di questo Congresso, che
abbiamo voluto organizzare all’interno delle celebrazioni che la città di Forlì ha svolto e svolgerà ancora nel corso
di quest’anno in occasione del 400° anniversario della morte di Girolamo Mercuriale, grande medico ed umanista forlivese (1530-1606), la cui ampia produzione è stata recentemente1 studiata e sistematizzata da GIANFRANCO CERASOLI, oggi presente anche come relatore, e la cui figura è stata oggetto negli ultimi anni di studi e ricerche approfondite, come si evidenzierà nel corso delle relazioni oggi in programma.
Come Società Italiana di Educazione Fisica, chiaramente la nostra attenzione si pone in modo particolare su una
delle sue opere, quella senz’altro più famosa, il De Arte Gymnastica: questo testo costituisce per la nostra Società
un caposaldo, certamente per il valore intrinseco dell’opera ma soprattutto per la chiarezza con la quale viene delineato il significato della nostra materia.
Il significato quindi di questo Congresso è quello di costituire un momento particolare di “incrocio di culture”:
da una parte, troviamo infatti gli studiosi di Mercuriale nel suo complesso, in prevalenza medici (G. CERASOLI), storici della medicina (A. ARCANGELI) o storici della scienza (M. RINALDI), dall’altra gli eredi della ars
gymnastica di Mercuriale, vale a dire il settore di studi relativo alla “ginnastica”, rappresentato dalla SIEF.
La SIEF infatti è la società scientifica della materia, che pone tra i suoi obiettivi primari quello di “promuovere ed
incoraggiare lo studio e la ricerca nel campo dell’Educazione Fisica e della ginnastica” (art. 2 dello Statuto), partendo da una esatta definizione dei termini (e quella relativa alla ginnastica è tratta proprio da Mercuriale 2) fino
ad arrivare a quello studio puntuale dell’esercizio fisico “mirato e razionale”, che, valutata l’indagine storica alla
luce delle moderne acquisizioni scientifiche, essa ritiene costituire lo strumento fondamentale ed essenziale, la conditio sine qua non, per una vera riqualificazione della nostra materia.
Ed ecco allora che con il Congresso di oggi possiamo riflettere su un momento veramente “storico” per la “arte
ginnastica”, forse ineguagliato, nel quale, pur nell’arretratezza delle conoscenze scientifiche dell’epoca, possiamo
trovare quella chiarezza terminologica e quel rigore metodologico, la cui mancanza impedisce oggi di dare alla
“ginnastica” quel ruolo e quella dignità ai quali già Mercuriale, nel Cinquecento, aspirava.
Auguro a tutti i presenti buon lavoro.
Il Presidente del Congresso
Cristina Baroni
CERASOLI GIANFRANCO, GARAVINI BRUNELLA, ‘La bibliografia delle opere a stampa di Girolamo Mercuriale’,
Medicina e Storia, 11, pp. 85 – 119.
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G. MERCURIALE, De Arte Gymnastica, Venezia 1601, p. 10F: “ (Ita dicere poterimus) artem gymnasticam esse facultatem
quandam omnium exercitationum facultates contemplantem, eorumque varietates opere ipso edocentem, vel gratia bonae valetudinis conservandae, vel gratia optimi corporis habitus acquirendi atque tuendi (trad. “L’arte ginnastica è la disciplina che esamina
l’efficacia di tutti gli esercizi e che insegna con l’opera le loro varietà, al fine o di conservare la buona salute, o di acquisire e
mantenere un ottimo aspetto del corpo”).
La definizione di Ginnastica accettata dalla SIEF è la seguente: “La ginnastica è la scienza che studia l’esercizio fisico, gli
effetti che con esso si possono produrre sull’organismo umano e che ha per fine il conseguimento ed il mantenimento della
buona salute (da G. MERCURIALE, modificata)”.
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Girolamo Mercuriale e il suo tempo
Giancarlo Cerasoli
Girolamo Mercuriale (1530-1606) fu tra i più importanti esponenti dell’umanesimo medico della seconda metà
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del secolo XVI . Nato a Forlì il 30 settembre 1530, studiò a Padova e si laureò in filosofia e medicina a Venezia
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nel 1555 . Nel 1562 fu inviato dalla comunità forlivese in missione da Papa Pio IV, a Roma, dove rimase fino al
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1569, trovando protezione ed aiuto alla corte del cardinale Alessandro Farnese . In quegli anni ebbe modo di viaggiare in molte città d’Italia dedicandosi allo studio di testi antichi in compagnia di filologi e cultori delle memorie del passato.
L’opera che lo fece conoscere ai contemporanei e sulla quale è fondata la sua fama iniziale è il De arte gymnastica,
stampata per la prima volta a Venezia nel 1569. Si tratta del primo testo nel quale viene tracciata in maniera sistematica la storia dell’attività motoria. In esso vengono fornite precise indicazioni su come utilizzare gli esercizi
ginnici per prevenire e curare alcune patologie. La celebrità acquisita tramite questo testo enciclopedico e le
relazioni con altri influenti studiosi del tempo gli valsero nel 1569 la chiamata all’insegnamento della Medicina
Pratica presso l’ateneo di Padova, dove rimase sino al 1587. In quell’anno ottenne a Bologna la cattedra di
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Medicina Teorica che occupò fino al 1592 , quando ritenne più conveniente insegnare a Pisa . Dalla Toscana si
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mosse solo per fare qualche consulto e per tornare a morire a Forlì l’8 novembre del 1606 .
Una delle caratteristiche più importanti della sua attività risiede nella capacità di unire alla conoscenza dei testi scientifici e filosofici del passato la passione verso la storia e l’interesse verso l’arte classica, soprattutto greca e latina.
Queste doti si poterono sviluppare grazie ad una vasta rete di contatti con letterati, filologi, filosofi, medici e scienziati dell’epoca fra i quali Galileo Galilei, Torquato Tasso, Latino Latini, Aldo Manuzio, Pietro Vettori, Ulisse
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Aldrovandi, Bonaventura Grangerio e Francesco Padovani . In quel secolo era infatti fiorente l’interesse verso i
documenti dell’antichità sia che fossero codici manoscritti, papiri, reperti archeologici, opere d’architettura, sculture ed altre testimonianze del passato. Mercuriale partecipò all’entusiasmo di coloro che, sorretti da una cultura
enciclopedica, seppero guardare al presente facendo tesoro del confronto con le conoscenze dei tempi passati. Il
suo interesse verso l’arte e le usanze dell’antichità è bene evidente nel De arte gymnastica dove le diverse forme di
esercizio fisico praticate fin dai tempi più remoti sono prese in esame facendo ampio ricorso a testimonianze
scritte, dipinti, sculture ed opere architettoniche. Questo libro, dalla seconda edizione pubblicata a Venezia nel
1573, fu corredato da importanti illustrazioni, commissionate all’architetto e storico Pirro Logorio, che rappre8
sentavano attività legate alla cura del corpo, come esercizi ginnici e bagni termali .
Molti dei professionisti della salute che operavano nella seconda metà del Cinquecento in Italia avevano interesse
verso forme d’arte e di cultura non strettamente legate al campo della medicina. Bisogna ricordare, infatti, che il
percorso educativo seguito in quegli anni dagli studenti di medicina comprendeva discipline non strettamente sci9
entifiche, quali la retorica, la logica e la filosofia naturale . Lo stesso Mercuriale, consigliava ai propri allievi di
approfondire le nozioni apprese a lezione direttamente sui testi dell’antichità invitandoli a leggere anche opere di
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poeti, filosofi e storici .
In campo medico l’interesse di Mercuriale comprese numerose discipline quali l’igiene, l’epidemiologia, la ginecologia, la pediatria, la puericultura, la dermatologia, l’oculistica, l’otorinolaringoiatria, la tossicologia e la storia
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della medicina
Le sue guide furono i maggiori medici greci e romani, soprattutto Ippocrate e Galeno dei quali curò la riedizione
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delle opere, ma anche autori arabi ed ebraici. Nei suoi testi a stampa Mercuriale diede prova di una cultura vastissima citando decine di medici, botanici, storici, architetti, padri della Chiesa, filosofi, filologi, poeti e molti altri
letterati. Basti pensare che l’indice degli autori citati nelle Praelectiones Patavinae. De cognoscendis et curandis umani
corporis affectibus, pubblicate nel 1617 a Venezia dai Giunti, comprende 183 nomi. Il medico forlivese pubblicò
numerosi libri a stampa. La maggior parte di essi contiene i testi delle lezioni dettate nelle Università e venne stam12
pata a cura dei suoi allievi . La sua fama non è legata a scoperte scientifiche ma alla capacità di compendiare gran
parte dei testi di medicina dell’antichità di cui aveva una conoscenza vastissima. Egli cercava di armonizzare le differenze tra i vari autori e, nel caso delle maggiori autorità in campo medico, aveva cura di presentare il loro insegnamento in maniera coerente con l’ortodossia medica del suo tempo.
Note
1.
N.G. SIRAISI, History, antiquarianism, and medicine: the case of Girolamo Mercuriale, «Journal of the history of ideas», LXIV
(2003), pp. 231-255, R. PALMER, Mercuriale Girolamo in Dizionario Biografico della Storia della Medicina e delle Scienze
Naturali, a c. di R. PORTER, v. III, Milano 1988, pp. 118-119.
2.
M. DESGENETTES, voce Mercuriali Jerome, in Dictionnaire Historique de la Médecine ancienne et moderne, a c. di M.J.
DEZEIMERIS, t. III, parte II, Paris 1837, pp. 569-573 e F. SENECA, Un fallito tentativo di Girolamo Mercuriale di tornare
all’ateneo patavino, in Rapporti tra le università di Padova e Bologna. Ricerche di filosofia, medicina, scienza, a c. di L.
ROSSETTI, Trieste 1988, pp. 161-172. Il periodo di studio a Bologna è contestato in D.VALENTINI, Biografia di Girolamo
Mercuriale, in Biografie e ritratti di XXIV uomini illustri romagnoli, a c. di A. HERCOLANI, v. I, Forlì 1834-1839, pp. 22-56
e discusso in A. SIMILI, Gerolamo Mercuriale lettore e medico a Bologna. Nota I: la condotta di Girolamo Mercuriali a Bologna,
«Rivista di storia delle scienze mediche e naturali», XXXII (1941), pp. 161-196.
3.
Mercuriale rimase fedele per tutta la vita alla famiglia Farnese, ed in particolare al ramo che governò il ducato di Parma,
come dimostra l’ampio carteggio messo in luce da Paoletti e Di Donato. Cfr I. PAOLETTI, Gerolamo Mercuriale e il suo
tempo: studio eseguito su 62 lettere e un consulto inediti del medico forlivese giacenti presso l’Archivio di Stato di Parma, Lanciano
1963; M. DI DONATO, Prima raccolta cronologica con otto lettere inedite, dell’epistolario di Girolamo Mercuriale [99 lettere],
in Girolamo Mercuriale ed il suo trattato sull’arte ginnastica, a c. di G. NOVARA, Trapani 1964.
4.
Vedi il lavoro di Simili ricordato alla nota 2 e dello stesso autore: Gerolamo Mercuriale lettore e medico a Bologna. Nota II:
il soggiorno e gli insegnamenti, «L’Archiginnasio», LX (1965), opuscolo di pp. 86; Gerolamo Mercuriale lettore e medico a
Bologna. Nota III: la partenza, «Minerva Medica», LVII (1966), pp. 1129-1142 e Gerolamo Mercuriale nell’ombra e nella luce
del suo tempo, «Policlinico, Sezione pratica», XLVIII (1941), pp. 170-180.
5.
Per il soggiorno di Mercuriale in Toscana in quegli anni cfr. M. BATTISTINI, Gerolamo Mercuriali lettore nello studio di Pisa,
«L’Archiginnasio», 1917, pp. 159-160.
6.
D. BARBACCIANI FEDELI, Prolusione per l’apertura degli studi nel ginnasio di Forlì. In lode di Girolamo Mercuriale, detta il 5
novembre 1839, Forlì 1840; F. AULIZIO, Su alcuni documenti dell’archivio di stato di Forlì riguardanti Girolamo Mercuriali
ed il figlio Massimiliano, «Romagna Medica», XIV (1962), pp. 361-383.
7.
Il vasto carteggio e i luoghi nei quali è custodito sono indicati in P.O. KRISTELLER, Iter Italicum, Leiden-Brill 1963-1997,
I-VII.
8.
Sull’importanza del De arte gymnastica e delle xilografie che lo illustrano vedi V. NUTTON, Les exercices et la santé:
Hieronymus Mercuriali set la gymnastique médecale, in J. CÉARD, M.M. FONTAINE, J.C. MARGOLIN, Actes du XXX Colloque
International de Tours, 1987, Paris, 1990, pp. 259-308 e G. VANGENHEIM, Le dessin de L’essercitio gladiatorio de Pirro Ligorio
et le De arte gymnastica de Girolamo Mercuriale. De la recherche antiquarie à la propagande de la Contre-Réforme: l’exemple
du corps au combat, «Ludica. Annali di storia e civiltà del gioco», 1997, pp. 91-101, R. A. BERNABEO B. R. D’ESTE, Attualità
dell’opera di Gerolamo Mercuriale, «Nuova Civiltà delle Macchine», 1994, anno XII, n. 2-3, pp. 168-173.
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9.
N.G. SIRAISI, Medicine and the Renaissance. Wordl of learning, «Bulletin of the History of Medicine», LXXVIII (2004), pp.
1-36. Sull’insegnamento a Padova ai tempi di Mercuriale vedi B. BERTOLASO, Ricerche d’archivio su alcuni aspetti dell’insegnamento medico presso l’Università di Padova nel Cinque e Seicento, «Acta Medicae Historiae Patavinae», 1960, pp. 17-37;
G. ONGARO, La Medicina nello Studio di Padova e nel Veneto, in G. ARNALDI, M. PASTORE STOCCHI, Storia della cultura
veneta. Dal primo Quattrocento al Concilio di Trento, III, Vicenza, Neri Pozza, 1981, pp. 75-134 e J. J. BYLEBYL, The School
of Padua: humanistic medicine in the sixteenth century, in C. WEBSTER, Health, medicine and mortality in the sixteenth century, Cambridge, Cambridge University Press, 1979, pp. 335-370.
10.
R. J. DURLING, Girolamo Mercuriale’s De modo studendi, «Osiris», 1990, pp. 181-195.
11.
R. BERNABEO – M. PANTALEONI, L’eccletismo medico di Girolamo Mercuriale e gli spunti di specializzazione nella sua opera,
in Atti della IV Biennale della Marca e dello Studio Firmano, Fermo, 28-30 aprile 1961, Montegranaro, 1962, pp. 79-95.
12.
Per la bibliografia di Mercuriale cfr. G. Cerasoli e B. Garavini, La bibliografia delle opere a stampa di Girolamo
Mercuriale, «Medicina & Storia», 2006, n. 11, pp. 85-120.
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Problematiche interpretative del De arte gymnastica
Alessandro Arcangeli
Il tema che mi è stato proposto oggi pomeriggio mi lascia relativa libertà nella scelta degli spunti di riflessione.
Avendo appena ascoltato, nell’intervento di Giancarlo Cerasoli, una presentazione dell’opera medica di Mercuriale
nel suo insieme, sarebbe però incongruo saltare a questioni di dettaglio, senza passare per una discussione di problematiche più generali che riguardano il De arte gymnastica. L’opera è troppo nota ai partecipanti a questo congresso perché ci sia bisogno di introdurla. Ma a questa sua indubbia fama non corrisponde una altrettanto netta
concordanza fra gli studiosi nel valutare le caratteristiche essenziali dei sei libri di Mercuriale: la sua originalità; le
intenzioni dell’autore, il senso che per lui poteva avere occuparsi del tema; l’impatto della pubblicazione non solo
o tanto nella repubblica delle lettere – una sfera a cui il libro in quanto oggetto, la sua scrittura e lettura in quanto pratiche, indubbiamente appartengono – ma più specificamente sulle prassi mediche e pedagogiche del suo
tempo. Questioni generalissime eppure – accennavo – dalla soluzione tutt’altro che scontata.
Partiamo dalla originalità. Un libro costruito – così com’è esplicitamente quello di Mercuriale – a partire da altri
libri (libri spesso direttamente posseduti da un loro ghiotto collezionista qual era il medico forlivese, o comunque
da lui consultati) non può pretendere di essere straordinariamente nuovo. Gli si dovrà riconoscere – a confronto
con altri possibili contendenti – la profondità dello scavo, e di conseguenza le dimensioni della raccolta di dati,
che non hanno paragoni. Si osserverà, inoltre, che sarebbe anacronistico proiettare sul Cinquecento l’estetica moderna che valorizza il nuovo a scapito del consueto, mentre le attese del lettore del tempo richiedevano variazioni
su quanto è già familiare. Si potrà aggiungere che, se il materiale è riutilizzato, nuovo è l’edificio, la struttura che
l’autore vi sovraimpone. Su questo punto, peraltro, abbiamo ora qualche dubbio su quanto della concezione e dell’ordinamento dell’opera si debba interamente a Mercuriale in persona, dato che risultano ripetute corrispondenze nei materiali preparatori all’opera enciclopedica, mai pubblicata, di un suo conoscente e comune frequentatore
del circolo romano del cardinale Farnese, l’antiquario veronese Onofrio Panvinio.
Rimarrà comunque un punto fermo il fatto che – messe pure fra parentesi tutta questa serie di distinzioni che la
nozione di originalità impone di fare – il De arte gymnastica è la prima opera a stampa del suo periodo ad occuparsi sistematicamente del suo tema. In realtà anche questo dato non è incontestabile. Già nel 1509, infatti, veniva pubblicata a Milano la Exercitiorum atque artis militaris collectanea di Pietro Monti (un autore di cui non è del
tutto certa nemmeno la nazionalità), che, come rivela espressamente il titolo, presenta la sfera dell’esercizio in connessione con l’arte militare, entrando nel dettaglio nel descrivere anche le modalità dello svolgimento corretto di
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quelle che presentano le sembianze di gare sportive, come la corsa fra due contendenti . Di più, da tempo si è fatto
notare che sedici anni prima del De arte gymnastica, nel 1553, il medico andaluso Cristóbal Méndez pubblicava,
in volgare, un ampio Libro del ejercicio corporal y de sus provechos, per el qual cadauno podrà entender que exercicio
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le sea necessario para conservar la salud . Mercuriale non cita nessuna delle due opere. Le conosceva? Rimane dubbio, perlomeno per il testo spagnolo.
Le concordanze fra i testi di Méndez e di Mercuriale ci sono, ma anche le differenze. La prospettiva di Méndez è
più rigorosamente medica; voglio dire che vi sono scarsamente presenti due tipi di curiosità, competenze, atteggiamenti che rivelano invece le pagine di Mercuriale: quello di antiquario e quello che per comodità etichetterei come
di educatore fisico, con l’attenzione dettagliata per la varietà degli esercizi. Una rassegna su questi ultimi non
manca dal testo castigliano (forse concepito quando l’autore era in Messico). Ma vi domina una dimensione fisi-
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ologica, che dedica ampio spazio alla descrizione di come il movimento giovi al corpo umano producendo calore.
Anche la serie degli esercizi rivela le sue profonde radici nella tradizione della medicina umorale, proponendo per
esempio, sulla scia del trattato ippocratico De diaeta, esercizi per il potenziamento di ciascuno degli organi di
senso.Già l’incipit del primo dei quattro trattati in cui si articola il testo di Méndez rivela le fonti più comuni –
ma qui siamo nell’ambito delle corrispondenze, piuttosto che delle differenziazioni da Mercuriale: «Dize Galeno
que la medicina es sciencia de los sanos, enfermos y neutros, que son los que entre éstos median, que ni están enfer3
mos ni se pueden dezir sanos» . Il secondo capitolo di Méndez introduce un leitmotiv della tradizione dell’igiene
antica, in cui si inscrive anche il De arte gymnastica: Donde se prueva cómo la conservación de la salud es de mayor
perfeción y primor que su redución y preservación; e aggiunge uno spunto che era ben presente anche nella cultura
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medica italiana del tempo: Y dize cómo muchos animales naturalmente curan sus enfermedades . Gli esempi zoologici, ricavati dalle fonti classiche, sono numerosi. Come accennavo, il tema era frequentato anche dall’editoria medica veneta degli stessi anni: nelle dediche che fanno da paratesto alla stampa, ad opera di Michele Tramezzino, di
traduzioni italiane del De vita di Ficino e del De sanitate tuenda di Galeno – imprese editoriali il cui valore di scelte
culturali nel panorama del tempo non andrebbe sottovalutato – l’exemplum costituito dal fatto che anche gli animali si curano è una presenza costante. La sua funzione retorica, evidentemente, è quella di assegnare la cura di sé
all’ambito della natura, piuttosto che sottolinearne il carattere artificiale.
Rispetto a questo sfondo, allora, la pagina iniziale del primo libro del De arte gymnastica, con la malattia presentata come figlia del vizio, e l’origine della medicina assegnata a questa aurora della civiltà dove le raffinatezze
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degenerate dei banchetti sono la causa della caduta da una edenica condizione originaria di salute – la civiltà che
corrompe, come in un discorso di Rousseau – sembra appartenere ad un’altra temperie culturale. In realtà ha
anch’essa i suoi precedenti classici, e le due narrazioni costituiscono, per la sensibilità del tempo, due topoi non
mutuamente incompatibili. Lo spunto ci permette però di introdurre un tema ineludibile della prospettiva di
Mercuriale e dei suoi contemporanei, quello cioè dell’interfaccia fra medicina e morale, in una concezione dell’essere umano in cui non si ergono barriere fra la dimensione fisica e quella psichica – anzi: si insiste sugli effetti
positivi che gli esercizi possono e debbono avere sia sul corpo sia sull’animo. Si tratta d’altra parte di una costante
di questa letteratura, e questa duplice valenza psicofisica era già richiamata da Galeno anche in un testo pur breve
e dalle pretese limitate come il libro sul gioco con la palla piccola (di nuovo, un altro testo che l’editoria del
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Cinquecento mette in circolazione anche in italiano) . Su questi temi si è soffermato recentemente Jean-Michel
Agasse, in un saggio in cui impiega la strumentazione critica legata alla ricerca di Michel Foucault, per esplorare
la cura di sé così come la propone il De arte gymnastica, oscillando fra un apprezzamento del valore del piacere e
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le preoccupazioni che questo solleva .
In De la gymnastique aux sports moderns, Jacques Ulmann sottolineava la problematizzazione morale soprattutto in
opere successive a quella di Mercuriale, come il De sanitate tuenda di Marsilio Cagnati, che data alla fine del sec8
olo, e rubrica l’interesse per l’igiene sotto una più generale preoccupazione per la continenza . Un accenno al confronto fra Mercuriale e Cagnati è inevitabile, dato che il secondo si misura espressamente con il primo, sia prendendo le distanze (e non è l’unico dei contemporanei a farlo) dalla sua passione squisitamente antiquaria; sia mettendo in discussione più in generale lo statuto e la legittimità della ginnastica. In un dialogo che figura all’inter9
no del De sanitate tuenda – e che ho già avuto occasione di rivisitare altrove – Cagnati riprende la quaestio a suo
tempo sollevata dallo scritto A Trasibulo di Galeno, e cioè il dubbio un po’ scolastico se la ginnastica sia parte della
medicina, e vi risponde negativamente. Il medico veronese – archiatra pontificio – prende su qualche punto le distanze da Galeno, preferendogli un richiamo diretto ad Ippocrate. Ma è chiaro che – anche dove non lo esplicita –
ha un bersaglio più esplicito in Mercuriale, che assegna decisamente la ginnastica al campo della medicina conservativa (e manifesta a sua volta una certa vocazione per questo terreno delle definizioni e classificazioni, al quale
non manca di apportare contributi personali, pur ben innestati sul tronco della tradizione).
La collocazione della ginnastica si collega all’altro nodo fondamentale, quello del senso o intenzione dell’autore in
questa impresa. I suoi ingredienti sono abbastanza chiari: c’è, fondamentale e perdurante nel tempo, la competenza e l’interesse del medico (medico curante e ,di lì a poco, docente universitario); c’è anche fortemente presente,
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soprattutto negli anni romani che sono quelli di gestazione del De arte gymnastica, la curiosità antiquaria, condivisa da generazioni di umanisti. Ma il cocktail che ne esce vuol essere opera di consultazione per i curiosi di antichità, manuale di riferimento per il medico praticante, testo a disposizione per il lettore comune interessato a
curarsi della propria salute, o più d’una di queste cose assieme, o altro ancora? Tanto per cominciare, le tre dimensioni indicate sono tutte enunciate nel frontespizio («opus non modo medicis, verum etiam omnibus antiquarum
rerum cognoscendarum, et valetudinis conservandae studiosis admodum utile»); e questo, sia pure non senza scopi
pubblicitari, avrà sempre dovuto far i conti con usi realisticamente possibili del libro. L’ultima citata (testo per il
self-help medico del lettore generico) non è da trascurare, se si tiene presente che era proprio una cifra caratteristica della medicina umorale, nel suo insieme, l’intenzione di mettere a disposizione del soggetto sano un apparato concettuale e un repertorio di pratiche, in senso lato dietetiche, che, se adottate coerentemente, dovevano essere
in grado di alimentare una ragionevole speranza di mantenersi in salute. Le limitazioni sociali di questo destinatario sono ovvie, e affondano le loro radici nelle determinazioni di etnia, di genere, di condizione civile e d’età
dell’uomo greco-romano soggetto ed oggetto della cultura classica. Ciononostante altre possibili limitazioni, che
avrebbero potuto ridurre la ginnastica a materia specifica per atleti più fisicamente dotati o allenati (e qui la sintonia con la filosofia del vostro congresso è significativa), o anche sociali, che riducessero la possibilità del loisir
dell’esercizio a un ristretto ceto particolarmente agiato, vengono espressamente esclusi dalla tradizione in cui
Mercuriale si inscrive. Lo stesso libretto di Galeno sulla palla insisteva ripetutamente nel raccomandare un ludus
disponibile a tutti e sempre, a differenza della caccia che richiede un forte investimento economico, e circostanze
esterne – come quelle atmosferiche – che la permettano. Qui l’orientamento degli studiosi si è sostanzialmente
diviso: da un lato Vivian Nutton ha messo in dubbio che Mercuriale avesse veramente un interesse pratico o un
significativo impatto sulla prassi medica del tempo (e chi vi parla ha trovato a fatica raccomandazioni all’esercizio
fisico all’interno della raccolta dei consigli medici dell’autore); dall’altro, Cristina Baroni e Jean-Michel Agasse, con
passione e con il conforto di numerosi riferimenti testuali, così come della continua cura prestata da Mercuriale
al suo testo nel corso degli anni e attraverso numerose edizioni, sostengono che il De arte gymnastica non avrebbe
avuto senso e non sarebbe stato concepito se non per essere messo in pratica. Il dibattito è aperto e ci invita tutti
all’esercizio, anche intellettuale.
Note
1
2
3
4
5
Petrus Montius, Exercitiorum atque artis militaris collectanea, (Mediolani, per Ioannem Angelum Scinzenzeler, 1509). Cfr.
Marie Madeleine Fontaine, Le condottiere Pietro del Monte, philosophe et écrivain de la Renaissance (1457-1509), Genève,
Slatkine, 1991; Ead., Comment Pietro del Monte, condottiere italien, parlait espagnol, «Bibliothèque d’Humanisme et
Renaissance», LIV (1992), pp. 163-173; Ead., Pietro del Monte et Baldassar Castiglione. Capitaines et courtisans, in Parcours
et rencontres. Mélanges de langue, d’histoire et de littérature françaises offerts à Enea Balmas, réunis par Paolo Carile, et al., I,
Paris, Klincksieck, 1993, pp. 281-298; Ead., Le développement technique des exercices corporels dans la préparation militaire
(fin XVe-début XVIe s.), in «Micrologus», 1 (1993), pp. 61-80; Sydney Anglo, The Martial Arts of Renaissance Europe, New
Haven, CT-London, Yale University Press, 2000, pp. 317-18.
Cristóbal Méndez, Libro del ejercicio corporal y de sus provechos, estudio, edición crítica y notas de Eduardo Álvarez del
Palacio, prólogo por Gaspar Morocho Gayo, Universidad de León, 1996.
Ibid., I, 1, p. 249.
Ibid., I, 2, p. 251.
Hieronymus Mercurialis, De arte gymnastica libri sex, Venetiis, apud Iuntas, 16014 (facs. Torino, 1960), p. 1B-C:
«Postquam vero intemperantiae nefanda lues, coquorum exquisitae artes, delicatissima epularum condimenta vinorumque
peregrinae temperaturae inter homines irrepsere, morborum simul varia continuo genera succrescentia ad inveniendam
12
I.D. Educazione Fisica
medicinam eis coegerunt. Qua semper carere profecto licuisset nisi humana, vel potius ferina, ingluvies, omnium vitiorum
soboles, eius usum omnium maxime necessarium effecisset». Girolamo Mercuriale, Arte ginnastica, trad. di I. Galante pubblicata assieme al facs. Torino, 1960, cit., p. 3: «Ma dopo che la nefanda calamità dell’intemperanza, la raffinata abilità dei
cuochi, i più delicati condimenti delle vivande e i vini di importazione si insinuarono tra gli uomini, i diversi tipi di malanni, che di pari passo si svilupparono, costrinsero questi a cercare dei rimedi: dei quali certamente avrebbero potuto fare a
meno, se l’umana, e diremmo meglio bestiale, ghiottoneria, madre di tutti i vizi, non ne avesse reso indispensabile la pratica». Cfr. Girolamo Mercuriale, L’art de la gymnastique. Livre premier. De arte gymnastica. Liber primus, édition, traduction,
présentation et notes par Jean-Michel Agasse, Paris, Les Belles Lettres 2006, p. 3 (p. 2 per la trad. francese).
6
7
8
9
Trad. italiana moderna in Adolfo Noto, La ginnastica igiene dell’anima: Galeno e “Il giuoco della piccola palla”, «Lancillotto
e Nausica», a. I (1984), n. 1, pp. 56-61 (58-61).
Jean-Michel Agasse, Le souci de soi dans le «De arte gymnastica» de Girolamo Mercuriale (1569), in Vivre pour soi, vivre dans
la cité, de l’Antiquité à la Renaissance, sous la dir. de Perrine Galand-Hallyn et Carlos Lévy, Paris, Presses de l’Université de
Paris-Sorbonne, 2006, pp. 187-99.
Jacques Ulmann, De la gymnastique aux sports modernes, Paris, J. Vrin, 19773 (trad. it. Ginnastica, educazione fisica e sport
dall’antichità ad oggi, Roma, Armando, 19733).
Alessandro Arcangeli, Una controversia veronese su ginnastica e medicina, in Girolamo Fracastoro fra medicina, filosofia e scienze della natura, a cura di Alessandro Pastore ed Enrico Peruzzi, Firenze, Olschki, 2006, pp. 163-71.
I.D. Educazione Fisica
13
“Nec enim omnes uno calopodio calciari possunt”:
arte medica e arte ginnastica nel De tuenda sanitate di
Rodrigo de Fonseca
Massimo Rinaldi
1. Vorrei esordire evocando un brano celebre, che per il valore emblematico (oltre che artistico) di cui è investito
può agevolmente offrirci una sorta di viatico per avanzare alcune osservazioni sul senso attribuito all’educazione
dei corpi nel Cinquecento, strumento e specchio del rinnovamento delle pratiche pedagogiche e della riflessione
1
medica nel secolo di Mercuriale .
Il brano è famoso: il giovane Gargantua, abbandonati i vacui farfugliamenti dei suoi vecchi precettori sorbonisti,
affida la propria formazione al raffinato umanista Ponocrate, il quale “per cominciare, gli ordina di continuare a
vivere nel modo suo abituale, al fine di capire con che sistema gli antichi precettori fossero riusciti a renderlo così
2
stupido, goffo e ignorante” . Gargantua, allora, fedele alle antiche consuetudini, comincia la giornata con la solita colazione: trippe, prosciutti e capretti in quantità. Ponocrate gli fa osservare che non dovrebbe ingozzarsi a quel
modo senza prima aver fatto qualche esercizio. Subito, il giovane replica: “Come sarebbe? Più esercizi di così!
Prima di alzarmi mi sono rotolato sei o sette volte per il letto. Non è forse abbastanza? Papa Alessandro faceva lo
3
stesso… e visse fino alla morte a dispetto degli invidiosi” . Dopo qualche tempo, iniziato il nuovo percorso di
studi, il cambiamento è radicale, e Gargantua, assolte le incombenze dello studio e completata la digestione, trascorre buona parte del pomeriggio nella rieducazione del proprio fisico: equitazione, caccia, lotta; giochi di lancia,
di picca, di spada; corsa, salto, nuoto; esercizi con pertica, barra, palla e corda. “Trascorso così il tempo destinato
a questi esercizi, conclude il brano, fatto un buon massaggio, ripulito e rinfrescato, si cambiava e se ne tornava
4
senza fretta” .
5
Il racconto di Rabelais è qualcosa di più del divertito sberleffo di uno scrittore geniale; medico e umanista , l’autore si fa carico di rappresentare le tensioni profonde che attraversano la cultura pedagogica del suo tempo: il rinnovamento dei modelli di conoscenza e di formazione non passa solo attraverso il recupero della lezione degli antichi, né solamente per il rispetto delle forme testuali della Classicità; anche il corpo ne è coinvolto, e l’addestramento intellettuale procede di pari passo con la riforma delle pratiche di educazione dei comportamenti e degli
6
stili di vita .
La lezione erasmiana del De pueris instituendis, che rielabora, accanto alla rilettura di alcuni passi plutarchei, suggestioni quattrocentesche di area italiana, vivifica in profondità i paradigmi pedagogici del periodo, saldando in
un ampio progetto enciclopedico aspetti etici e percorsi culturali, in cui si fa strada con forza l’idea della pertinen7
za della salute fisica, del bonus habitus o della valetudo, alla ricostruzione delle forme di civilitas e di paidèia : essa
anzi diviene il fondamento di una nuova ‘arte del vivere’ che trova nell’equilibrio, nella moderazione, nell’armonia dei gesti e dei detti la propria espressione più alta. Sulle orme di Erasmo, Giovanni Ludovico Vives nel De
ratione studii pueri, o Jacopo Sadoleto nel Phaedrus insisteranno nell’attribuire all’educazione del corpo un valore
8
civile e sociale, oltre che fisicamente preservativo . Un interesse che non si limita a indagare i percorsi di maturazione fisica propri del principe o del cortigiano, sul processo di disciplinamento corporeo dei quali si esercitano le
9
penne di schiere di medici, filosofi ed educatori sulla scia del Secretum pseudoaristotelico , ma anche quelli del gio10
vane borghese, del contadino, della donna .
È indispensabile richiamarsi a tali esperienze per comprendere come l’attenzione di Mercuriale nei confronti della
gymnastica quale strumento dell’agire del medico si sviluppi all’interno di un dibattito sul ruolo delle exercitationes ben più ampio e profondo, fortemente radicato nella cultura europea del Cinquecento, in cui i medici stessi
14
I.D. Educazione Fisica
11
intervengono per discutere della legittimità o meno del loro coinvolgimento nella questione ; a partire da tali posizioni vengono promosse con sempre maggior convinzione nuove linee di lettura e di interpretazione del ricco corpus testuale antico dedicato al problema.
2. Nel corso del Cinquecento, oltre che nella trattatistica di formazione e nei libri di condotta, il problema dell’educazione fisica viene affrontato all’interno del genere medico-letterario di ascendenza ippocratico-galenica perì
hygieinà, ovvero de sanitate tuenda, o de tuenda valetudine, nella versione latina; vale a dire l’ambito di studi dedicato alla conservation della sanità, così come vogliono le traduzioni volgari del tempo, che non mancano di presentare precocemente gli esiti di un dibattito dall’interesse non limitato alle categorie di persone che potevano affron12
tare la lettura delle lingue classiche .
Nell’ideologia umoralistica di matrice ippocratica, che informerà il pensiero medico fin dentro la modernità, la
salute, come è noto, dipende dall’equilibrio e dalla perfetta miscela dei quattro umori fondamentali, bile gialla,
bile nera, sangue, flemma, i quali, insieme alle parti costituenti del corpo (elementi e membra, virtù – “vires” – e
spiriti – “facultates”) rientrano nella categoria di res naturales; quando l’equilibrio si rompe si verifica la malattia
(che con le sue cause e i suoi sintomi rientra nelle res contra naturam). L’atto terapeutico, o anche meramente preventivo, deve dunque mirare all’integrazione degli umori difettosi o all’espulsione degli umori eccedenti, principalmente attraverso la regolazione del regime di vita, intervenendo, cioè, nel vasto campo delle cosiddette res non
naturales, che a differenza delle precedenti si qualificano per essere totalmente dipendenti dalla volontà dell’uomo,
13
aperte alla discrezionalità del paziente e del medico .
14
La tradizione araba e medievale cristallizza le ambigue e vagamente contraddittorie indicazioni galeniche contenute nell’Ars medica e nel De sanitate tuenda in alcuni gruppi di fattori, che tuttavia sfuggono ad una precisa, uni15
voca e condivisa standardizzazione ; generalmente ne vengono annoverati sei: alimentazione (cibi e bevande),
ritenzione ed evacuazione (escrementi e flusso mestruale), condizioni ambientali (clima e aria) moto e quiete (attività motorie e pratiche igieniche), sonno e veglia (i modi di dormire), passioni dell’animo (sogni, preoccupazioni,
amori, ansie).
La scarsa rigidità delle categorie menzionate permette alla trattatistica medica di muoversi all’interno delle res non
naturales operando delle scelte, delle censure, delle integrazioni: da un lato, è possibile assegnare un tema specifico di riflessione all’una piuttosto che all’altra delle res; ad esempio, l’attività sessuale può rientrare nella categoria
16
delle evacuazioni, così come in quella del moto ; ma può essere anche indagata come un aspetto particolare del
turbamento psichico, cioè una passio animi; oppure andare a costituire un ulteriore elemento non naturale, come
propone Fabio Paolini nel suo commento ad Avicenna del 1608, facendo riferimento ad una specifica tradizione
17
di studi . Santorio Santorio, a sua volta, arriva a ridurre le sex non naturales a quattro gruppi: le cose che si assumono (“ea quae sumuntur”), quelle che avvengono nell’animo e nel corpo (“ea quae fiunt in animo vel in corpore”), le cose che si ritengono e che si espellono (“Ea quae excernuntur et retinentur”), le cose che avvengono all’e18
sterno (“ea quae foris adhibentur”) .
Dall’altro lato, ci troviamo di fronte a trattazioni che articolano i contenuti in maniera fortemente squilibrata tra
l’una e l’altra sezione, dando maggior peso e visibilità ad uno specifico gruppo di fattori e toccando solo marginalmente gli altri, fino a proporre studi su specifiche categorie o addirittura su singoli temi ad esse inerenti, giungendo di fatto a identificare la possibilità di intervento con l’azione su una particolare res ritenuta maggiormente
19
rilevante al fine di conservare la salute : il problema della alimentazione, in particolare, è al centro delle preoccupazioni di molti medici e di molti pazienti, in un’epoca in cui, secondo le osservazioni di Massimo Montanari,
Nada Patrone e altri, vari settori della società sono soggetti a processi di distinzione sempre più marcati da stili
20
diversi di consumo alimentare e da differenti possibilità di scelta . Così, il precoce trattato De tuenda sanitate del
21
medico piacentino Giorgio Valla è esclusivamente incentrato sulla natura dei cibi e sui costumi alimentari ; e nell’omonimo lavoro di Girolamo Cardano, del 1580, ben metà della trattazione è riservata al problema nutriziona22
le, che pure rappresenta solo una delle sei sezioni dell’opera .
Un’ulteriore variante è rappresentata dal corpus di testi che si preoccupano di declinare la precettistica preservati-
I.D. Educazione Fisica
15
va in relazione ad un particolare gruppo socio-professionale o a una specifica classe anagrafica: i letterati, ad esempio, cui rivolgono i loro consilia, sulla scorta del De vita ficiniano, Guglielmo Gratarolo nel 1562 o Jean Dubois
23
nel 1574 ; o i militari, sulla salute dei quali interviene il medico polacco Anton Schneeberger con il suo De bona
24
militum valetudine del 1564 ; oppure i bambini, su cui si soffermano le opere di Ognibene Ferrari (1577) o di
25
Sebastianus Austrius (1549) ; o ancora i vecchi, che, almeno a partire dalla Gerontocomia di Gabriele Zerbi
26
(1489), sono al centro di un ampio dibattito medico e sociale sulla longevità .
Se non mancano le testimonianze medievali e protomoderne, che attestano, con Arnaldo di Villanova, Marsilio
Ficino, Ugo Benzi e con la lunga tradizione dei regimina sanitatis, la presenza nella cultura europea di un forte
27
interesse per la questione , è a partire dalle prime traduzioni latine e volgari dell’originale greco del De tuenda sani28
tate galenico che si assiste ad un incremento consistente della trattatistica sulla tutela della salute articolata intorno alla classificazione delle res non naturales. Se si procedesse ad un inventario di tale materiale, si potrebbero
incontrare nomi noti di celebri medici e più modesti compilatori. Per limitarci ai titoli di maggiore spicco, si possono ricordare, oltre ai già citati lavori di Cardano, Grataroli, Ferrari, le opere di Georg Pictorius, Juan Valverde,
29
Conrad Gessner, Jeronimus Montuus, Giulio Alessandrini, di Castore Durante .
3. Il problema della gymnastica viene dunque affrontato all’interno della categoria di non naturali che ha per oggetti il moto e la quiete, in cui le diverse tipologie di exercitationes sono presentate generalmente in rapporto all’alimentazione e alle pratiche di igiene personale, come i bagni, le lavande, le frizioni: il Tesoro di sanità del già citato Castore Durante, addirittura, riserva buona parte delle pagine dedicate agli esercizi ad indicazioni dettagliate
sui modi di lisciare la barba e pettinare i capelli (che contrariamente all’opinione diffusa, dice l’autore, bisogna in
30
verità pur lavare qualche volta), sull’espettorazione mattutina, sulla pulizia dei denti .
Tuttavia, per una valutazione complessiva dello stato della questione nell’età di Mercuriale, può essere utile rivolgere l’attenzione ad un breve trattato del medico portoghese Rodrigo de Fonseca, che si propone al lettore come
un agile resoconto delle conoscenze approvate dagli autori del passato, da cui vengono pregiudizialmente estromesse le tensioni polemiche che erano emerse nei decenni precedenti in merito a molti aspetti del problema, per
addivenire ad una sorta di vademecum scevro da soverchie sofisticherie teoretiche e fedele all’origine pratica e alla
31
funzione utilitaristica proprie del genere . Un modello sufficientemente aderente, dunque, alle opinioni diffuse e
condivise dalla comunità medica della fine del secolo: “Di questa materia i medici d’hoggi, così i greci, come i latini e gli arabi ne scrissero con somma diligenza. Ma Galeno sopra tutto ne ha trattato in sei libri da lui intitolati
De tuenda valetudine; e benché molte difficultà si scorghino in questo negozio, né per tante varie liti, et contese
paia potersi ristrignere in breve ragionamento, nondimeno ho risoluto di ridurre insieme tutte le regole di quest’arte a guisa di tante conclusioni, le quali non saranno solamente confermate et approvate dall’istessa esperienza, ma ancora da vive ragioni et dall’autorità d’huomini gravissimi poiché intendo scrivere non solo a i medici ma
eziandio a tutti coloro, che a qual si voglia altra professione attendono, co’ i quali sarebbe in vero cosa vana il voler
disputare de precetti di quest’arte, oltre che crescerebbe la materia in tant’abbondanza che ne potrebbe avvenire
noia ad ogni persona (…). Scrissero invero in molti del conservare la sanità, ma per quel che io intenda, non s’ha
notizia d’alcuno che abbia ogni cosa in breve compendio raccolto, che abbi determinato le gravissime contese, che
sono intorno a questo tra gli antichi e moderni medici, che lasciate le vane ciance, solo le cose necessarie habbi
32
insegnato” . E, in linea con tale progetto ideologico, le modalità di composizione del testo si conformano ad una
strategia di scrittura che procede attraverso la selezione e la rielaborazione dei materiali testuali antichi e moderni
disponibili: “Adunque, imitando io coloro, che molte volte le arene rivolgono, per raccoglerne l’oro, e le perle,
eleggerò dalle contese degli antichi, e nuovi medici le leggi di conservare la sanità, quasi tante perle, ma al certo
33
tanto più preziose, quanto è più da desiderarsi la salute, sopra tutte le ricchezze” .
Studioso di Ippocrate (i suoi commentaria agli Aforismi sono ancora pubblicati alla fine del XVII secolo), di tera34
peutica e farmacologia , Fonseca arriva a Pisa nel 1575 come professore di logica; nel 1581 ottiene la cattedra di
filosofia, per passare nell’84 a quella di medicina che occupa fino al 1615, quando decide di trasferirsi presso lo
35
Studio patavino, incaricato della lettura di medicina pratica. Morirà a Roma nel 1622 .
16
I.D. Educazione Fisica
L’opera De tuenda sanitate ac de vita producenda viene pubblicata a Firenze da Bartolomeo Sermartelli nel 1602, e
già l’anno successivo (“acciò i nostri la possino in lingua propria intendere, et più participare di così prezioso teso36
ro”, recita la lettera di dedica) appare una traduzione italiana, per i tipi della stessa officina, ad opera di un giovanissimo Poliziano Mancini, prima uscita alle stampe per il letterato che nei decenni seguenti sarà celebre per una
37
trilogia romanzesca di grande successo .
La struttura del testo, pur ricalcando il modello tradizionale delle sex res non naturales (alimentazione, moto, aria,
evacuazioni, sonno e veglia, passioni dell’animo), non manca di presentare alcuni elementi di novità: in primo
luogo, l’ordinamento seguito si rivela infatti piuttosto inusuale, dal momento che la trattazione degli esercizi fisi38
ci viene insolitamente collocata in apertura , subito dopo una sommaria ricapitolazione delle caratteristiche meto39
dologiche e delle giustificazioni teoriche dell’arte , a sottolineare la rilevanza del tema ai fini della conservazione
della salute: “discorriamo primeramente del moto – dice l’autore – o vero dell’esercizio a cui meritamente si deve
40
il primo luogo” .
Un ulteriore elemento di interesse è rappresentato dall’atteggiamento di Fonseca nei confronti dell’autorità galenica in merito alla natura delle exercitationes: “Seguirò dunque Galeno, il quale ho giudicato doversi anteporre a
tutti. Ma avendo egli scritto oscuramente di questa materia, secondo la qualità della sua dottrina, poiché egli si
serve con le dimostrazioni, che a pena da i ben dotti medici sono intese. Di più trattando egli molte cose tanto a
lungo, che vengono a noia, e molte, che hoggi non sono più in uso, come tanti bagni, fregagioni, unzioni, e tutto
il discorso degli esercizii, e però essendo da molti moderni ripreso, non sarà di poca fatica cavarne l’utile, diffini41
re le liti, e finalmente abbracciar tutte le cose con brevità, ma con sufficienza e con facilità” . Galeno rappresenta
naturalmente l’imprescindibile termine di riferimento per chi desideri avvicinarsi alle pratiche di tutela della salute; tuttavia, le sue complesse architetture teoriche, il suo stile argomentativo, i condizionamenti culturali della sua
epoca impongono una revisione contenutistica e un adeguamento formale dei suoi scritti ai mutati costumi di vita
e alla necessità di estenderne gli ambiti di comprensione e di fruibilità.
L’argomentazione di Fonseca, nella sezione sul moto e la quiete, si dipana, dunque, in cinque densi capitoli, il
42
primo dei quali è dedicato alle “Differenze dell’esercizio et del moto universale” . Il quadro interpretativo in cui
si inserisce la teoria del moto è offerto dal rapporto tra esercizio fisico e ciclo della nutrizione: l’esercizio “disciogliendo il corpo, sveglia l’appetito, accrescendo il caldo, porge perfezzione a digerire il cibo; et allargando le vene,
43
et aprendo le vie del nostro corpo, scaccia fuor gli escrementi e comparte la sostanza del nutrimento” . Ma prima
di passare ad analizzare come concretamente esso debba essere affrontato, è necessario introdurre due ordini di
44
distinzioni: il moto infatti può essere leggero (“piacevole”, “levis”) o intenso (“gagliardo”, “vehementior”) . E a
loro volta le due tipologie possono essere ulteriormente differenziate in attività che traggono origine dal soggetto
stesso (“da noi”, “a nobis”) e attività che derivano da fattori esterni (“da gli altri”, “ab aliis”). Avremo così, ad esempio, il passeggiare (moto leggero che deriva da noi) e l’andare in carrozza (moto leggero che deriva dagli altri); il
45
correre (moto gagliardo che deriva noi) e il cavalcare (moto gagliardo che deriva dagli altri), e così via .
Tali precisazioni sono estremamente importanti per potere calibrare con cura l’esercizio in relazione a ogni specifica tipologia di soggetto, poiché, dice Fonseca sottolineando la difficoltà della disciplina, non tutti possono “cal46
zare la medesima scarpa” (“nec enim omnes uno calopodio calciari possunt”) . Questa è anche la ragione per la
quale il trattato di Galeno sulla conservazione della salute deve essere integrato da nuove ricerche: il celebre medico di Pergamo, infatti, stabilì di far riferimento unicamente all’uomo di costituzione sana e di condizione libera,
sorvolando sulla infinita varietà di stati che possono affettare la natura umana, cosa che invece si propone di indagare l’autore trattando del “modo d’esercizio”, ovvero “qualità, quantità et tempo” del moto, adeguato alle “diver47
se maniere di vivere” .
L’ordine del discorso prosegue dunque con una precisa gerarchizzazione dei soggetti: in primo luogo i corpi sani
(vale a dire temperati) e liberi, secondo la lezione galenica; quindi quelli sani ma soggetti alla condizione servile;
successivamente saranno presi in considerazione i temperamenti alterati, propri di uomini “che godono la libertà”
48
oppure “alla servitù sottoposti” . Un procedimento argomentativo che per ogni classe dovrà ulteriormente specificarsi in relazione all’età del soggetto stesso. Dopo alcune indicazioni sulle cartteristiche fenotipiche del soggetto
I.D. Educazione Fisica
17
49
sano finalizzate alla consapevole elezione del coniuge per la procreazione di una prole di buona costituzione ,
Fonseca passa alla disamina del regime durante la gravidanza, non senza avere fornito gli opportuni consigli per
l’accoppiamento, e quindi alla presentazione di alcune norme di puericultura, che ovviamente riguardano mag50
giormente la sfera dell’igiene del corpo che quella del moto . Successivamente, si entra nel merito dell’educazione fisica del bambino di buona complessione, nel cui processo di crescita si dovrà intervenire proponendo con
estrema cautela e con rigida gradualità esercizi via via più intensi, ma mai “gagliardi”: se intorno ai tre-quattro anni
ci si accontenterà di brevi passeggiate in lettiga, più tardi (verso i sette-otto) sarà permesso al fanciullo di giocare
51
a palla (parva pila), a rotella (trocus), alle due pombe (“ludus ille, quem vulgares dicunt far a bomba”) . Solo dopo
i quattordici anni gli esercizi potranno farsi più “violenti”: ancora il gioco della palla, “quello che per le vie lunghe
con le mestole (“ligneis spatulis”) […] è in usanza”, o quello della “pall’e maglio”, la caccia con la balestra (non
52
con l’archibugio, estremamente traumatico per il capo), oppure il ballo alla gagliarda . Dai venti ai quarant’anni
53
ci si potrà dedicare a tali attività con assiduità, ma sempre nei limiti della moderazione . Successivamente, sarà
necessario diminuire progressivamente la quantità e l’intensità degli esercizi, fino a quando verso i sessantaciquesettant’anni sarà sufficiente il passeggiare o “l’andar in barchetta”. Devono poi i vecchi fare attenzione a non sottoporre a sforzo le parti del corpo debilitate o sofferenti, riservando l’esercizio solo a quelle ancora robuste e vigo54
rose .
Nel considerare i soggetti di buona complessione, ma di condizione non libera – vale a dire dediti a qualche occupazione –, occorre distinguere coloro che sono versati in attività sedentarie da coloro che invece sono costretti a
55
lavori fisicamente impegnativi : tra i primi, i letterati e i politici, che devono riservare alcune ore del giorno al
“mediocre esercizio”; certo non il giocare a palla, l’andare a caccia o il ballare, attività “mediocri” ma sconvenien56
ti per chi è tenuto a comportamenti gravi e contegnosi: il camminare a lungo di buona lena sarà sufficiente ; tra
i secondi, i contadini, gli artigiani, i soldati, i postiglioni. Questi, al contrario dei primi, devono assuefarsi ad esercizi intensi e faticosi (correre, saltare, giocare alla lotta, lanciare il palo, tirare di scherma, cacciare) per affrontare
57
preparati i travagli cui la vita li costringe . Nella categorie dei soggetti sottoposti a servitù, deve ancora essere annoverata la natura femminile, per il fisico della quale sono indicate le attività dello spazzare, fare il pane, lavare, salire le scale, che consentono di interrompere, senza soverchio affaticamento, l’assuefazione all’ozio e alla sedentarie58
tà che ne caratterizza l’esistenza .
Per venire alle nature intemperate, soggette dunque costituzionalmente a squilibri umorali, sarà cura, dice Fonseca,
dei temperamenti caldi e secchi il cavalcare al passo o il camminare a lungo a velocità moderata; i freddi e secchi
azzardino qualcosa di più, mentre le le nature fredde e umide, e a maggior ragione quelle calde e umide, invece,
59
dovranno darsi ad esercizi più violenti, tutti naturalmente in rapporto all’età e allo stile di vita .
L’esercizio fisico, tuttavia, per essere efficace e non dannoso deve rispettare rigorosamente tempi e modi di somministrazione: tutta la letteratura de tuenda sanitate (poche sono le eccezioni) concorda sulla necessità di esercitarsi “una volta al giorno, la mattina a digiuno, dopo che’l cibo della sera […] s’è finito di cuocere, il che dall’orina
60
[…] si conosce”; quando si comincerà a percepire una leggera stanchezza, allora bisognerà terminare gli esercizi .
Galeno, inoltre, si sofferma lungamente sulle pratiche di unzione e frizione del corpo – riferisce Fonseca – sia in
61
funzione preparatoria allo sforzo, sia per purgare le superfluità accumulate nel corso delle exercitationes ; se tali
considerazioni sono pertinenti per chi, come i lottatori, i remieri, e così via, svolge quell’“immoderato moto” che
è “di grandissimo danno alla sanità”, poiché la “caldezza naturale distrugge” rendendo “più breve il corso della
62
vita” , si rivelano del tutto inadeguate e superflue per coloro che si dedicano alle tipologie di esercizio moderato
raccomandate. Lo stesso Galeno, soggiunge Fonseca difendendolo dalle critiche mossegli da Cardano, il quale lo
aveva accusato di fornire ammaestramenti “opportuni a formare un soldato” piuttosto che utili “a difendere la vera
63
sanità” , era ben consapevole dei pericoli derivanti da un’attività fisica troppo intensa e violenta, che “consuma
l’humido radicale, ci violenta allo spesso mangiare e bere, onde maggior copia di escrementi vien prodotta”; lungi
dall’approvare “così gagliardi esercizi”, Galeno intendeva solamente mostrare come possa comunque vivere senza
64
ricevere soverchi danni chi a “seguitar quelli è sforzato” . Il testo galenico deve dunque essere interpretato corret65
tamente e i suoi insegnamenti declinati secondo le necessità e le consuetudini del presente .
18
I.D. Educazione Fisica
La severa catalogazione di Fonseca, recuperando e riordinando gli elementi di un dibattito antico e serrato, contribuiva così a consegnare al nuovo secolo un patrimonio di conoscenze sul quale sarebbero ancora intervenute con
rinnovato vigore le voci di generazioni di medici per ribadire la pertinenza della scienza delle exercitationes alla sfera
della tutela sanitaria dei singoli e delle collettività, aprendo la strada alle strategie di medicalizzazione della società che si sarebbero imposte nei decenni a venire.
Note
1
Per un primo orientamento sulla figura di Mercuriale e sul contesto storico della sua opera, cfr. i saggi contenuti nel numero monografico di “Medicina e Storia”, VI, 11 (2006), e negli atti del convegno internazionale di studi Girolamo Mercuriale
e lo spazio scientifico e culturale europeo del Cinquecento, a cura di Alessandro Arcangeli e Vivian Nutton, Firenze, Olschki,
in corso di pubblicazione.
2
François Rabelais, Gargantua e Pantagruele, a cura di Augusto Frassinetti, I, Milano, Rizzoli, 1984, p. 115.
3
Ivi, p. 117.
4
Ivi, pp. 133-141.
5
Per la biografia di Rabelais cfr. Manuel de Dieguez, Rabelais par lui-meme, Paris, Seuil, 1960. Imprescindibili inoltre Lucien
Febvre, Le probleme de l’incroyance au XVIe siecle: la religion de Rabelais, Paris, Michel, 1962, e Michail Bachtin, L’ opera di
Rabelais e la cultura popolare: riso, carnevale e festa nella tradizione medievale e rinascimentale, Torino, Einaudi, 2001.
Sull’umanesimo di Rabelais si veda in particolare Madeleine Lazard, Rabelais l’humaniste, Paris, Hachette, 1993, mentre,
sul suo pensiero pedagogico restano importanti i volumi di Gustave Vallat, Rabelais: sa vie, son genie et son oeuvre. Extraits
du Roman de Gargantua sur l’education, Paris, Fontemoing, 1899, e Albert Coutaud, La pedagogie de Rabelais, Geneve,
Slatkine Reprints, 1970 (riprod. facs. ed. Paris 1899); un più recente inquadramento dell’ideologia pedagogica di Rabelais
in Jerome Schwartz, Irony and ideology in Rabelais: structures of subversion, Cambridge, Cambridge University Press, 1990.
6
Cfr. Eugenio Garin, L’educazione umanistica in Italia, Bari, Laterza, 1953; Id., L’educazione in Europa (1400-1600), Bari,
Laterza, 1957; Anthony Grafton, Lisa Jardine, From Humanism to the Humanities: Education and the Liberal Arts in
Fifteenth- and Sixteenth-Century Europe, London, Duckworth, 1986. Un’agile panoramica sulla questione in Francisco
Rico, Il sogno dell’Umanesimo. Da Petrarca ad Erasmo, Torino, Einaudi, 1998.
7
Cfr. Jean-Claude Margolin, Érasme par lui-même . Paris, Éditions du Seuil, 1965. Per il De pueris erasmiano si è consultata l’ed. De pueris statim ac liberaliter instituendis, libellus et novus et elegans D. Erasmi Roterodami. Eiusdem De civilitate
morum puerilium. De ratione studii. De ratione instituendi discipulos. Concio de puero Iesu, Lione, Seb. Gryphius Lugduni
excud., 1531. Si veda ora in trad. it. Erasmo da Rotterdam, Per una libera educazione, a cura di Luca D’Ascia, Milano,
Rizzoli, 2004. Sulla fortuna del De liberis educandis di Plutarco, cfr. Eugenio Garin, Il pensiero pedagogico dell’umanesimo,
Firenze 1958.
8
I testi di Juan Luis Vives e Jacopo Sadoleto sono riuniti (insieme alle opere pedagogiche di Erasmo, Melantone, Rodolfo
Agricola, Christoph Hegendorff, Otto Brunfels e Reinhard Lorich) nella silloge curata da Philipp Bech De disciplina puerorum, recte que formandis eorum et studiis et moribus, ac simul tam preceptorum quam parentum in eosdem officio: doctorum
virorum libelli aliquot vere aurei, ad ingenuorum adolescentum commoditatem atque usum collecti, Basileae, per Ioannem
Oporinum, 1556.
9
Tra le tante edizioni cinquecentesche della lettera pseudoaristotelica ad Alessandro Magno si veda ad es. la trad.it. di
Giovanni Manente Il segreto de segreti, le moralità, et la phisionomia d’Aristotile, dove si trattano e’ mirabili ammaestramenti
ch’egli scrisse al Magno Alessandro sì per il reggimento de l’imperio, come per la conservatione de la sanità, et per conoscere le persone a che siano inclinate, In Vinegia, per Zuan Tacuino da Trino, 1538.
I.D. Educazione Fisica
19
10
Marylin Nicoud, Hygiène, pathologies et médicalisation du “petit peuple”: discours et pratiques médicales à la fin du Moyen Âge,
in Le petit peuple dans l’Occident médiéval: terminologies, perceptions, réalités, ed. Par Pierre Boglioni, Robert Delort, Claude
Gauvard, Paris, Sorbonne, 2002, pp. 659-672.
11
Si vedano, ad esempio, gli estremi del dibattito nell’edizione curata da Iunio Paolo Crasso della lettera a Trasibulo di Galeno
(Liber de optima secta ad Thrasibulum. Liber, nunquid tuenda sanitas ad medicum pertineat an ad vocatum gymnasticum, ad
Thrasibulum, Venetiis, per Bernardinum de Bindonibus Mediolanensem, 1538), e nell’opera di Marsilio Cagnati, De sanitate tenda libri duo, Patavini, apud F. Bolzettam, 1605, cap. III, p. 93 segg.: “Utrum medicinae, an gymnasticae sit exercendi rationem esaminare; et utrum gymnastica pertineat ad medicinam”. Precise indicazioni sulla natura della questione in
Alessandro Arcangeli, Una controversia veronese su ginnastica e medicina, in Girolamo Fracastoro fra medicina, filosofia e scienze della natura, a cura di Alessandro Pastore ed Enrico Peruzzi, Firenze, Olschki, 2006, pp. 163-171.
12
Il crescente interesse storiografico per la questione de sanitate tuenda ha dato luogo negli ultimi anni a numerosi studi; in
particolare, nelle considerazioni che seguono si sono tenute presenti i seguenti contributi: Ken Albala, Eating Right in the
Renaissance, Berkeley, University of California Press, 2002; Alessandro Arcangeli, Davide o Salomè? Il dibattito europeo
sulla danza nella prima età moderna, Treviso-Roma, Fondazione Benetton Studi Ricerche-Viella, 2000, in part. p. 265
segg.; Alessandro Arcangeli, Del moto e della quiete. Esercizio e igiene nella prima età moderna, “Medicina & Storia”, IV, 8
(2004), pp. 35-55; Pedro Gil Sotres, Le regole della salute, in Storia del pensiero medico occidentale, a cura di Mirko D.
Grmek, I, Roma-Bari, Laterza, 1993, pp. 399-438; Heikki Mikkeli, Hygiene in the Early Modern Medical Tradition,
Helsinki, Finnish Academy of Science and Letters, 1999; Richard Palmer, Health, Hygiene and Longevity in Medieval and
Renaissance Europe, in History of Hygiene, ed. by Yosio Kawakita, Shizu Sakai, Yasuo Otsuka, Tokio, Ishiyaku Euro
America, 1991, pp. 75-98.
13
Cfr. Per-Gunnar Ottoson, Scholastic Medicine and Philosophy: A Study of Commentaries on Galen’s Tegni (ca. 1300-1450),
Napoli, Bibliopolis, 1984; Jole Agrimi-Chiara Crisciani, Edocere medicos. Medicina scolastica nei secoli XIII-XV, Milano,
Guerini, 1988; Nancy G. Siraisi, Medieval and Early Renaissance Medicine. An Introduction to Knowledge and Practice,
Chicago-London, University of Chicago Press, 1990; Mikkeli, Hygiene, cit.; Ian Maclean, Logic, Signs and nature in the
Renaissance. The Case of Learned Medicine, Cambridge, Cambridge University Press, pp. 251-273.
14
In part., cfr. Galeno, ed. Kuhn, Ars parva, I.371, e De tuenda sanitate, 6.358.
15
Cfr. Maclean, Logic, Signs and Nature, cit., pp. 251-253. Sulla tradizione della nozione di res non naturales cfr. L.J.
Rather, The “Six Things Non-Natural”: Origins and Fate of a Doctrine and a Phrase, “Clio Medica”, III (1968), pp. 337347, e Arcangeli, Davide o Salomè?, cit., pp. 267-268, n. 6.
16
Ad es., Bartolomeo Castelli, nel suo Totius artis medicae methodo divisiva compendium, Messane, Petrus Brea, 1597, tab.
XXIII, p. 43, annota in calce al consueto elenco di res non naturales: “aliqui addunt Venerem, sed ad motum reducitur”.
17
Si veda la sinossi di Fabio Paolini premessa a Avicenna, Libri Canonis, Venetiis, apud Iuntas, 1608, citato in Maclean,
Logic, Signs and Nature, cit., p. 252.
18
Santorio Santorio, Methodi vitandorum errorum omnium, qui in arte medica contingunt libri quindecim, Geneva, apud
Petrum Aubertum, 1630, p. 421, citato in Maclean, Logic, Signs and Nature, cit., p. 253.
19
Cfr. Arcangeli, Del moto e della quiete, cit., pp. 36-42. Inoltre: Jean Céard, La dietetique dans la médecine de la
Renaissance, in Pratiques et discours alimentaires à la Renaissance, ed. par Jean-Claude Margolin et Robert Sauzet, Paris
1982, pp. 21-36.
20
Anna Maria Nada Patrone, Il cibo del ricco e il cibo del povero. Contributo alla storia qualitativa dell’alimentazione. L’area
pedemontana negli ultimi secoli del Medio Evo, Torino, Centro Studi Piemontesi, 1981; Massimo Montanari, La fame e
20
I.D. Educazione Fisica
l’abbondanza. Storia dell’alimentazione in Europa, Roma-Bari, Laterza, 1993; Piero Camporesi, Il pane selvaggio, Bologna,
Il Mulino, 1998. Per il concetto di “distinzione” si rimanda naturalmente a Pierre Bordieu, La distinzione. Critica sociale
del gusto, Bologna, Il Mulino, 1983.
21
22
Giorgio Valla, De tuenda sanitate per victum et quae secundum cuiusque naturam in victu sequenda aut fugienda sunt,
Argentinae, per Henricum Sybold, 1529ca.
Girolamo Cardano, Opus nouum cunctis de sanitate tuenda, ac uita producenda studiosis apprime necessarium, Romae, apud
Franciscum Zanettum, 1580. Cfr. Nancy Siraisi, The Clock and the Mirror. Girolamo Cardano and Renaissance Medicine,
Princeton (N.J.), Princeton University Press, 1997, pp. 71-90.
23
Marsilio Ficino, De vita libri tres, recens iam a mendis situque vindicati. Quorum primus, de studiosorum sanitate tuenda.
Secundus, de vita producenda. Tertius, de vita coelitus comparanda, Basileae, apud Io. Beb., 1529; Guglielmo Gratarolo, De
literatorum et eorum qui magistratibus funguntur conservanda praeservandaque valetudine, illorum praecipue qui in aetate
consistentiae, vel non longe ab ea sunt, compendium, cum ex probatioribus autoribus, tum ex ratione ac fideli experientia concinnatum, Parisiis, apud Federicum Morellum, 1562; Jean Dubois, De studiosorum et eorum qui corporis exercitationibus
addicti non sunt tuenda valetudine libri duo, Duaci, ex officina J. Bogardi, 1574.
24
Anton Shnebergeer, De bona militum valetudine conservanda liber, ex veteribus rerum bellicarum historiis, excellentissimorum medicorum libria erutus, et secundum sex rerum, ut medici vocant, non naturalium ordinem conscriptus, Cracoviae
1564.
25
Ognibene Ferrari, De arte medica infantium, libri quatuor. Quorum duo priores de tuenda eorum sanitate, posteriores de
curandis morbis agunt, Brixiae, apud Franciscum, et Pet. Mariam fratres, de Marchettis, 1577.
26
Disponibile anche in edizione moderna: Gabriele de Zerbis, Gerontocomia. On the Care of the Aged, ed. by L.R. Lind,
Philadelphia, American Philosophical Society, 1988.
27
Si veda: Jole Agrimi - Chiara Crisciani, Malato, medico e medicina nel Medioevo, Torino, Loescher, 1980.
28
Galeno, Libri sex prefulgentissimi ac medicine principis Galeni De sanitate tenda, Thoma Linacro medico Anglico interprete,
Venetiis, per heredum q. d.ni Alexadri de Bindonis, sumptibus vero ac impensis Ioanis Baptiste de Pederzanis Brixiensis,
1523; Galeno, Delli mezzi, che si possono tenere per conseruarci la sanità. Recato in questa lingua nostra da M. Giouanni
Tarcagnota, In Venezia, per Michele Tramezzino, 1549.
29
Georg Pictorius, De tuenda sanitate tractatus 7. Rerum sex, quas non naturales medici vocant, Basileae, per Henrichum
Petri, 1549 (anche in traduzione italiana: Dialogi del eccellente medico M. Giorgio Pittore Villingano, del modo del conservare la sanita. Nuouamente dalla lingua latina nella volgar italiana tradotto, In Vinegia, nella bottega d’Erasmo di Vincenzo
Valgrisi, 1550); Juan Valverde, De animi et corporis sanitate tuenda libellus, Lutetiae, apud Carolum Stephanum, typographum Regium, 1552; Konrad Gessner, Sanitatis tuendae praecepta cum aliis, tum literarum studiosis hominibus, et iis qui
minus exercentur, cognitu necessaria. Contra luxum conviviorum. Contra notas astrologicas ephemeridum de secandis venis,
Tiguri, per Andream Gesnerum f. et Iacobum Gesnerum, fratres, 1556ca.; Jeronimus Montuus, De activa medicinae
scientia commentarii duo. Quorum primus de salubritate non modo tuendae sanitatis, verum etiam producendae ad multos
annos vitae rationem modumque docet. Alter vero invernales, qui ad morborum curationes pertinent, canones explanat, Lyon,
apud Ioan. Tornaesium et Gul. Gazeium, 1557 (traduzione francese: Conservation de santé et prolongation de vie, Paris,
chez Simon Calvarin, 1572); Giulio Alessandrini, Salubrium sive De sanitate tuenda, libri trigintatres, Coloniae
Agrippinae, apud Geruinum Calenium, et haeredes Quentelios, 1575; Castore Durante, Il tesoro della sanita, di Castor
Durante da Gualdo, medico, et cittadino Romano. Nel quale s’insegna il modo di conservar la sanità, et prolungar la vita, et si
tratta della natura de’ cibi, et de’ rimedij de’ nocumenti loro, In Venetia, appresso Andrea Muschio, 1586 (anche in edizione
moderna, a cura di Elena Camillo, Milano, serra e Riva, 1982). Per altri titoli si rimanda alla bibliografia contenuta nel
I.D. Educazione Fisica
21
volume di Alessandro arcangeli, Davide o Salomè?, cit., pp. 329-371, e, dello stesso autore, Del moto e della quiete, cit.,
pp. 51-55.
30
31
Durante, Tesoro di sanità, cit., cap. II, pp. 11-19. “… la mattina, nel levarsi, bisogna stropicciarsi la testa, et pettinarsi,
con pettine d’avorio, dalla fronte verso la nuca, dando almenoquaranta pettinate, poi con panno ruvido, o con l’ugne, o
con spugna, stropicciando la testa, se ne levi ogni superfluità, che vi fosse, acciocché gli spititi s’assottiglino, e s’aprano i
meati del capo, acciocché le fumosità più liberamente svaporino, che così si corroborano tutte le virtù interiori, cioè l’imaginativa, la cogitativa, et la memorativa; et l’uso del pettine ristora mirabilmente la vista, massime guardando nello
specchio, il quale eccita tutte le virtù animali, et massime la vista; et il pettinarsi spesso il giorno, tira i vapori alle parti
superiori, et facilmente gli rimuove da gl’occhi” (p. 15). Sul pettinarsi come esercizio per il capo si sofferma a lungo
anche Guglielmo Gratarolo, De literatorum, cit., cc. 19r-v, all’interno di una serie di considerazioni sulla tutela delle
facoltà intellettive. Sull’igiene della testa, cfr. in part. c. 20r: “Invalit opinio apud multos, praesertim vulgares homines,
caput non esse abluendum, habentque vulgatum, sed minori ex parte verum carmen, Saepe manus, raroque pedes, caput
vero numquam. Quibus breviter dico, ea precipue capita lavari debere, quae cerebrum habent humidum: vel eorum qui
comam nutriunt, in quibus superfluitatum interiorum expulsio retinetur, ob capitis et capillorum immunditiam, quae
non parum nocet, cum vaporum ac fumorum poros ostruendo, egressiones resolutionesque impediat: quae sordicies per
convenientem capitis ablutionem removetur”.
Rodrigo de Fonseca, De tuenda valetudine, et producenda vita liber, Florentiae, apud Bartholomaeum Sermartellium
Iuniorem, 1602. La traduzione italiana (da cui sono tratte le citazioni nel testo) esce l’anno successivo: Del conservare la
sanità. Opera del dottor Roderigo Fonseca portoghese primo lettor di medicina nello Studio di Pisa. Tradotta dal latino in toscano da Poliziano Mancini da Montepulciano. Con un singolar segreto dell’acqua di Lentisco per guarire e mitigare la gotta, et
ogni sorte di catarro, e molti altri mali, In Firenze, nella stamperia di Antonio Sermartelli, 1603. La versione latina viene
pubblicata anche a Francoforte, ex Officina Paltheniana, 1603.
32
Fonseca, Del conservare la sanità, cit., Proemio, pp. 1-2.
33
Ivi, p. 2.
34
L’elenco delle sue opere, oltre al De tuenda valetudine, comprende: De calculorum remediis qui in renibus et vesica gignunt
libri duo ad Sixtum V pont. max., Roma, apud Io. Angelum Ruffinellum, 1586; In Hippocratis legem, commentarium, quo
perfecti medici natura explicatur, Romae, ex typographia Titi et Pauli de Dianis fratrum, 1586; In primum, et secundum
Aphorismorum librum commentaria ordine contexta, quo puncta doctoratus exponi solent, Florentiae, apud Bartholomæum
Sermartellium, 1591; Opusculum quo adolescentes ad medicinam facile capessendam instruuntur, casus omnium febrium
methodice discutiuntur, et curantur; iuxta normam in punctis tentativis, pro doctoratu recitandis vsitatam, ut post uniuersalem
medendi methodum, in particularibus se quisque exercere possit. Adduntur eiusdem auctoris consultationes, Florentiae, apud
Michaelangelum Sermartellium, 1596; In Hypp. prognostica commentarii: quibus uniuersa eius doctrina in conclusiones
deducitur, Patauii, apud Franciscum Bolzetam, 1597; De hominis excrementis libellus, Pisis, Boschettus et Fontanus, 1613;
Consultationes medicae, singularibus remediis refertae ... Accessit de consultandi ratione breve compendium, et consultatio de
plica colonica, Venetiis, apud J. Guerilium, 1620; In septem libros aphorismorum Hippocratis commentaria eo ordine contenta quo doctoratus (ut aiunt) puncta exponi consuevere. Accessit huic tertiae editioni eiusdem auctoris tractatus de remediis
febrium acutarum et pestilentium, Venetiis, apud Ioannem Guerilium, 1621.
35
Per un profilo biografico e una contestualizzazione dell’attività di Fonseca nell’ambiente accademico pisano, cfr. Angelo
Fabroni, Historia academiae Pisanae, II, Excudebat Cajetanus Mugnainius, 1791, p. 285, e i saggi di Giuliana Volpi
Rosselli, I portoghesi nell’Ateneo Pisano in epoca medicea (1543-1737), e Barbara Marangoni, Un medico portoghese nello
studio di Pisa – Rodrigo Fonseca, contenuti nel volume Toscana e Portogallo. Miscellanea storica nel 650° anniversario dello
Studio Generale di Pisa, Pisa, ETS, 1994.
22
36
37
38
I.D. Educazione Fisica
Dedica del traduttore all’arcivescovo di Pisa, Carlo Antonio Puteo
Poliziano Mancini, Il cavaliere Altomiro di Lusitania fortunato, Padova 1644; Il cavaliere Altomiro di Lusitania travagliato,
Padova 1644; Il cavaliere Altomiro di Lusitania regnante, Roma 1650.
Rapportato alle sex res non naturales, l’ordine di presentazione della materia si articola nel modo seguente: moto e quiete
(capp. 3-7); cibo e bevande (capp. 8-15); veleni (capp. 16-17); sonno e veglia (cap. 18); ritenzione ed evacuazione (in cui
si può far rientrare l’assunzione di veleno, capp. 16-17, l’atto venereo (cap. 19), l’espulsione degli escrementi, capp. 2022, il flusso mestruale, cap. 23, la flebotomia, cap. 27); passioni dell’animo (cap. 24); aria (capp. 25-26).
39
Fonseca, Del conservare la sanità, cit., cap. I (nel quale si sciolgono certe ragioni apparenti contrarie a quest’arte) e cap. II
(Degli strumenti di quest’arte), pp. 3-10.
40
Ivi, p. 10.
41
Ivi, pp. 2-3.
42
Ivi, cap. III, pp. 10-12.
43
Ivi, p. 11.
44
Ivi, p. 10. Per i corrispondenti termini latini si rimanda alla citata edizione del 1602.
45
Ivi, pp. 10-11.
46
Ivi, Proemio, p. 3. La necessità di rapportare lo stile di vita, e il moto in particolare, alla specifica natura del soggetto rappresenta il fondamento teorico di tutte le pratiche di conservazione della salute. Nel capitolo introduttivo essa viene
infatti a giustificare l’intervento del medico nell’elaborazione di regimina differenziali e individualmente calibrati, in contrapposizione a quantiritengono per natura insita in ogni specie vivente la tensione verso ciò che risulta utile al mantenimento della salute: “rispondiamo essere in vero cosa certa, che haviamo per incitamento della natura di seguitare le cose
utili, e di fuggire le dannose; ma ella non può distintamente la quantità, la qualità, il tempo, et il modo delle cose diffinire; e però si richiede l’arte, accioché la natura divenga moderata” (p. 5).
47
Ivi, pp. 11-12. Fonseca insiste sulla opportunità di differenziaziare l’attività fisica: la scoperta degli effetti positivi dell’esercizio “indusse alcuni medici a credere, che’egli fusse a tutte le nature conveniente, prendendolo in quel primo modo,
quando ogni gagliardo moto contiene. Ma perché apertamente si vedeva, che non potendo alcuni la violenza di quello
sofferire a spesse infermità soggiacevano; venne un’altra setta di medici, che solamente quell’esercizio a ogni natura concedeva qual fusse moderato […]. Altri ancora stimorno dover a ciascuno quel solo esercizio seguitare, a cui s’è per l’addietro
assuefatto […]. Ma l’errore a tutti loro comune è, che non puole essere un sol moto d’esercizio a tutte le nature, all’età, ai
tempia i luoghi, et a diverse maniere di vivere proporzionato, ma è di necessità ch’egli vada variando”.
48
Ivi, p. 12.
49
Ivi, pp. 12-13: “Chi desidera ammogliarsi, et havere sani i figloli, deve havere ogni mira, che tanto il marito, quanto la
moglie siano di sanità lodata. Tra le donne […] più feconde sono le picciol, che le grandi, le magre, delle grasse, le bianche delle brune, le brune delle olivastre […]. Di più è bisogno che habbino le mammelle grandi, et rilevate, et i suoi purgamenti ogni mese ben colorati, et di quantità moderata. Ma i segni della lunga vita così nel maschio, come nella femmina questi si raccontano. L’esser nato da gagliardi genitori, che siano da lungo tempo senza malattie vissuti, l’occhio vivace, la faccia rosseggiante, i denti ben saldi, et di buon numero, le mani, i piedi, l’orecchie, il naso, et le labbra grandi, e di
bella proporzione, l’ugne chiare, e risplendenti, l’umbilico assai lontano dal petto”.
50
Ivi, pp. 14-15. Si consiglia ad esempio di “non mangiare e bere sopra modo”prima dell’amplesso, o, per quanto riguarda
I.D. Educazione Fisica
23
l’attività fisica durante la gravidanza, si raccomanda che la donna “leggiermente si muova senza usare violenza alcuna”,
ma non rinunciando ad “andare in sedia, o in barchetta per il fiume”. Per un’analisi di questi temi nella cultura rinascimentale si veda il volume di Rudolph M. Bell, How to Do It. Guides to Good Living for Renaissance Italians, ChicagoLondon, The Unibversity of Chicago Press, 1999.
51
Ivi, p. 16.
52
Ivi, pp. 17-18. Sul ballo come esercizio fisico cfr. Arcangeli, Davide o Salomè?, cit.
53
Ivi, p. 18.
54
Ivi, pp. 18-19.
55
Ivi, p. 19 segg.
56
Ivi, p. 19.
57
Ivi, pp. 19-20.
58
Ivi, pp. 21-22. Non rappresentano invece un’adeguata attività fisica il cucire e il filare “perché oltre che in tal mestiero
non s’esercita tutto il corpo, la fatica del cucire offende la vista, et travaglia il petto, et la spina. Il filare ancora turba la
testa, secca le canne della gola, et muove li catarri”.
59
Ivi, pp. 26-27.
60
Ivi, p. 22.
61
Ivi, pp. 22-23.
62
Ivi.
63
Ivi, pp. 20-21. Sulla posizione di Cardano si veda Siraisi, The Clock and the Mirror, cit.
64
Ivi, p. 21.
65
Ivi.
24
I.D. Educazione Fisica
I.D. Educazione Fisica
25
Il significato del termine “Ginnastica Medica” nel De arte
gymnastica
C. Baroni
L’esigenza di una relazione su quest’argomento nasce dalla consapevolezza di poter dare una possibile risposta alle
numerose problematiche interpretative che il testo ha da sempre sollevato negli studiosi, di fronte ad un
Mercuriale-medico ed un Mercuriale-filologo che mal riescono a integrarsi, a giustificarsi e che, considerati in sé
ed in modo dicotomico, impediscono di darne una precisa collocazione storica.
Per quanto riguarda infatti la storia dell’Educazione Fisica, generalmente il De Arte Gymnastica viene relegato, per
così dire, all’interno di un settore particolare della storia della ginnastica, settore in qualche modo contrapposto al
filone della ginnastica “Educativa” propugnata dai pedagogisti , in una visione anche qui dicotomica tra aspetto
educativo (giochi per educare) e aspetto “tecnico” (esercizi fisici per curare) che certo non giova alla chiarezza relativa alla nostra materia, l’Educazione Fisica, ed al suo strumento, la Ginnastica.
Infatti con questo testo Mercuriale viene pressoché sempre interpretato, oltre che come “precursore della medicina sportiva”, come “fondatore della ginnastica medica moderna”, di quella ginnastica cioè praticata in ambito sanitario, oggi definita fisioterapia, o scienze della riabilitazione, (ginnastica comunque svolta da personale medico o
paramedico in ambito sanitario), che attualmente si sta sempre più organizzando come laurea, come legislazione
e via dicendo, a scapito di quella GINNASTICA CHE FA BENE (MA CHE NON RIENTRA IN AMBITO
SANITARIO) , la cui mancanza oggi si fa sentire in modo drammatico in tutte le fasce della popolazione, mentre al suo posto vengono proposte tutta una serie di attività fisiche di varia forma e natura (sport per i bambini,
fitness per gli adulti, Attività Motoria Adattata per gli anziani).
L’ambizioso obiettivo di questo mio intervento è quello di proporre una interpretazione alternativa del testo, e con
essa fare chiarezza sulla identità (e sulla grandezza) della nostra materia, la GINNASTICA.
Come sappiamo, nel testo di Mercuriale ricorre la distinzione tra gymnastica medica, gymnastica bellica e gymnastica vitiosa seu athletica.
Esplicitamente, Mercuriale dice di occuparsi solo della prima, scusandosi e giustificandosi per i suoi frequenti
accenni, nel corso dell’opera, alle altre due ginnastiche, affermando che comunque “mai si negherà con diritto che
non appaia chiaramente che noi abbiamo voluto trattare dell’arte ginnastica soggetta alla medicina, e non di nessun’altra (numquam iure infitiabitur, quin manifeste appareat nos de gymnastica arte medicinae subiecta et non de
ulla alia tractare voluisse, III,1)”.
Nella sua ferma condanna verso la ginnastica atletica, com’è risaputo, Mercuriale ripete lo stesso giudizio nettamente negativo già espresso dal grande medico GALENO (indubitabilmente sua fonte principale ma , come
vedremo, non indiscussa autorità), riservando alla ginnastica bellica (preparazione militare) un posto comunque
solo settoriale rispetto alla grandezza della sua “gymnastica vera seu legitima”.
Effettivamente, nel testo troviamo ripetute quasi ossessivamente, in contrapposizione agli altri due tipi di ginnastica, le espressioni
Gymnastica medica
Gymnastica medicorum (“ginnastica dei medici”)
Medicina gymnastica
26
I.D. Educazione Fisica
Gymnastica medicinae (“ginnastica della medicina”)
Gymnastica, quae ad medicinam facit (“ginnastica che giova alla medicina”)
Gymnastica ars, medicinae subiecta (“arte ginnastica soggetta alla medicina”)
Ciò ha portato tutti gli studiosi ad affermare che l’oggetto di Mercuriale sia la ginnastica medico-terapeutica, svolta da medici a fini curativi, tanto da indurre alcuni traduttori, anche tra i più attenti, a tradurre queste espressioni esplicitamente come “ginnastica terapeutica o curativa” (ed. dell’Elefante p.186 e 199).
Tra parentesi, il problema della traduzione investe molte altre parti del testo, a partire appunto da queste espressioni fino a termini come pedotriba , valetudo o moltissimi altri, inficiati da una visione troppo “sportiva” della ginnastica.
Mercuriale affronta più volte nel testo, da un punto di vista teorico, il problema del rapporto tra medicina e ginnastica, argomento molto discusso già nel mondo antico e al quale M. cerca di dare una risposta che non disturbi la discussione sulla subalternatio scientiarum et artium (superiorità delle scienze e delle arti) in atto ancora al suo
tempo.
Su questo aspetto, il testo presenta dei segnali contrastanti.
Da un lato infatti, noi abbiamo le espressioni viste prima, che apparentemente non lasciano dubbi.
D’altro canto però, leggendo attentamente il testo, e al di là delle precisazioni che faremo in seguito relative alla
storia e alle figure professionali preposte a questa ginnastica, ciò che va sottolineata è la precisazione di Mercuriale
per cui la ginnastica appartiene alla medicina in quanto capace di bonam valetudinem conservari, in quanto quindi appartenente non alla parte curativa o terapeutica bensì ad una delle quattro branche in cui si suddivide la
medicina preventiva (igiene).
Per quanto riguarda la sua autonomia come disciplina, se da un lato come abbiamo visto Mercuriale non ha dubbi
che la ginnastica appartenga alla medicina, nel quarto capitolo del I libro, riportando l’opinione di Galeno, afferma che “Galeno volle che la ginnastica certamente fosse parte della medicina, in modo tuttavia che, come la parte
in qualche modo è separata dal tutto, similmente la ginnastica venga distinta dalla medicina”
(“Galenus… voluit, gymnasticam medicinae quidem partem esse, ita tamen, ut veluti pars a suo toto aliquo modo seiungitur, similiter gymnastica a medicina distinguatur”)
Questo è solo uno dei segnali di apparente contraddizione nel testo, sul quale torneremo una volta affrontato un
po’ più nel dettaglio il testo di Mercuriale.
Noi riteniamo infatti che il testo di Mercuriale vada letto con una sorta di “doppia lente” che da un lato ci mostri
l’operato del Mercuriale nel suo faticoso e meticoloso lavoro di ricostruzione filologica delle testimonianze antiche, dall’altro lo illumini in quelle parti che sono solo apparentemente marginali, ma che nel loro insieme conferiscono all’intera opera un significato che va bel al di là del lavoro filologico fine a sé stesso o del supposto (e vano)
tentativo di riabilitare una ars gymnastica al servizio della attività terapeutica della medicina.
Questa “doppia lente” consiste anche nel distinguere tra una precisa consapevolezza dell’Autore relativamente al
lavoro che sta svolgendo, ed il significato che questo stesso lavoro può rivestire in una più generale storia della cultura, in relazione al diverso procedere delle varie discipline scientifiche.
Allora, di che cosa sta parlando, e vuole parlare, Mercuriale?
Per capire bene quale sia l’oggetto del suo interesse, e quale sia la ARS GYMNASTICA per la quale lancia, nella
lettera dedicatoria all’imperatore Massimiliano II fin dalla II edizione del 1587, quel disperato appello perché
venga strappata alla rovina e all’oblio, e perché i Principi si impegnino in prima persona a farla tornare di nuovo
alla luce e all’onore degli uomini, bisogna partire dalla lettura delle parti forse più noiose del testo, quelle solo
apparentemente descrittive, quasi pedanti, relative ai ginnasi e alle palestre, al significato dato dagli antichi a questi termini, e soprattutto alla descrizione dei FREQUENTATORI (I,7) e delle FIGURE PROFESSIONALI ruotanti attorno a tali ambienti (“gymnasiorum ministri”, I, 12).
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Tra mille difficoltà, derivanti dalle incertezze, contraddizioni e lacune presenti nelle sue fonti, M. si avvia quindi
nella sua ricostruzione storica, partendo da un’indagine sui significati, non sempre univoci, dei termini “ginnasio”,
“palestra” e, presso i Latini, di “terme”, termine questo spesso usato, afferma M., per indicare l’intero ginnasio.
Entrando dentro ai ginnasi per descriverne i frequentatori, M. ci fa scoprire tutto un mondo in primo luogo di
filosofi e retori, poi di giovani (“adolescentes”), che “frequentavano i ginnasi per imparare dai ginnasti le regole
e le tecniche degli esercizi”, di atleti, che si esercitavano nei ginnasi per poi essere in grado di divertire gli spettatori dei giochi e delle cerimonie sacre, e di conquistarsi la vittoria e i premi”, e di tutti coloro che, di nobile condizione o meno, (“sive nobiles sive ignobiles”) si dedicavano ad esercizi di vario genere o per coltivare la disciplina militare e per rafforzarsi o per salvaguardare la propria salute e acquisire una sana e robusta costituzione” (p.26
in I,7), ovvero coloro che, in molte altre parti del testo, Mercuriale chiama i valetudinis studiosi.
Troviamo inoltre chi andava nei ginnasi per farsi massaggiare o per fare il bagno, ed in più molto spettatori per
ammirare i ginnasti (sulla presenza, attestata a Sparta , delle donne nei ginnasi romani, Mercuriale preferisce sorvolare, date le numerose testimonianze “lascive” sul comportamento delle donne nei bagni romani, dicendo quello non essere il luogo per discutere se questo uso possa davvero portare, come invece dice Platone riguardo al costume spartano, “ ad felicem rerum publicarum statum” (p.27 in I,7).
Per quanto riguarda le FIGURA PROFESSIONALI, Mercuriale cita:
- il GYMNASIARCA (principe del luogo, “princeps loci”)
- il SISTARCA (maestro degli atleti, “athletarum magister”)
- il GINNASTA (“maestro di tutti gli esercizi, il quale conoscendo bene (callens significa “essersi fatto il callo”)
la loro efficacia nei confronti della salute, insegnava sia agli atleti sia a tutti gli altri in che modo dovessero essere fatti, per quanto tempo, e quali a chi convenissero)
(“magister omnium exercitationum, qui eorum vires ac potentias ad sanitatem conducentes callens, quomodo fieri
debent, quam diu, e quae quibus convenirent, tam athletas quam caeteros omnes exercitatores edocebat”)
- il PEDOTRIBA, sorta di “istruttore”, distinto, seguendo ARIST. e contro l’opinione di PLAT, dal precedente,
in quanto ”ignorava il valore degli esercizi, eseguiva solamente gli ordini del ginnasta, in quanto conosceva
bene sì per una certa qual esperienza la pratica (usum, non da tradurre con “utilità” come invece Galanti nella
trad. del 1960), le differenze e la tecnica degli esercizi, ma a causa dell’ignoranza spesso sbagliava”)
“exercitationum omnium facultatem ignorabat, gymnastaeque praecepta solum faciebat, utpote qui et usum et differentias et modum exercitationum experientia quadam calleret, sed ob ignorantiam saepenumero aberraret” ).
A questi associa lo SFERISTICO, come “maestro di coloro che giocavano a palla, simile al pedotriba e che secondo Galeno conosceva bene (callebat) ogni tiro, ogni presa, ogni respinta (non “il calciare, lo stoppare, il ribattere”
come nella traduzione “calcistica” del 1960), ma che ignorava del tutto quale effetto avessero sul corpo”).
“eorum, qui pila ludebant, institutor, ac veluti paedotriba quive secundum Galenum, omnem pilae iactum, exceptum,
repulsumve callebat, minime tamen quem corpori affectum parerent hi, noscebat” (p.80 2°-63, in I,12).
A questi sono da aggiungere figure minori, come i MASSAGGIATORI, GLI UNGITORI, I MEDIASTINI , I
SERVI PER IL BAGNO, I FUOCHISTI, I DEPILATORI, I PORTINAI, I VENDITORI AMBULANTI, ed
infine, ma solo collateralmente , anche i MEDICI, la cui presenza nei ginnasi è solo ipotizzata dal M.(“opinor”),
in parallelo con quanto avveniva negli spettacoli pubblici.
Nella descrizione di questi “ministri” del ginnasio, Mercuriale si attarda sulla differenza esistente tra il GINNASTA
(colui che sa) e il PEDOTRIBA (colui che ha esperienza, ma non conosce profondamente gli effetti dei singoli
esercizi sul singolo individuo).
L’esigenza di distinguere tra queste due figure è talmente sentita già dagli Autori antichi (come (GAL. E ARIST.),
da portarli, secondo Mercuriale, ad usare persino il termine “scienza” (episthmh) per definire la “scienza ginnastica”, volendo con ciò porla in contrapposizione ad un suo uso meramente empirico da parte di coloro che modernamente potrebbero essere definiti gli “istruttori”: ma Mercuriale ritiene (ma segue in questo molti Autori antichi) che la ginnastica sia una ARS (tevcnh) e non già una scienza, in quanto disciplina avente una finalità pratica
(OPUS) che le scienze non hanno, sottolineando così quell’aspetto pratico della ginnastica che anche oggi la
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dovrebbero distinguere, in modo chiaro, dalle scienze motorie, con le quali invece la si è voluta sostituire. Ma su
questo torneremo domani.
Nella sua “ricognizione storica” dell’uso della ginnastica presso gli antichi, M. si trova quindi di fronte ad un
mondo che, come quello di tutti i tempi, faceva usi diversi dell’esercizio fisico: chi per spettacolo, diletto degli spettatori, vittorie e premi (ginnastica atletica, condannata già da GALENO come vitiosa), chi per vincere il nemico
in battaglia (ginnastica militare); chi infine, i più, per preservare la propria buona salute (valetudinis studiosi).
E a questo proposito Mercuriale osserva e fa notare una cosa lapalissiana, cioè che non esiste una distinzione tra
gli esercizi nelle varie ginnastiche, ma esiste solamente un modo diverso di svolgerli, o di proporli: la maggior parte
degli esercizi infatti discussi nel secondo e terzo libro sono presenti i tutte e tre le ginnastiche, mentre solo pochissimi sono riservate a una piuttosto che all’altra: ad es. gli esercizi dello “stare in piedi”, la vociferazione, con il
pianto ed il riso, o il camminare (deambulatio), ritenute tanto UTILI dai medici ed tanto usate quindi nella medicina gymnastica, non sono mai state usate né nella preparazione militare né tantomeno dagli atleti, mentre il combattimento con i cesti (pugni di ferro) non ha mai trovato posto nella ginnastica medica.
Quello che importa qui sottolineare è che a quest’ultima ginnastica erano preposte quelle figure che per competenza erano più in grado di farlo, i GINNASTI, per indicare i quali M. usa termini quali gymnastae, gymnastici,
optimi gymnastici. Nel terzo libro, l’uso di questi termini diventa più complesso, e troviamo, oltre a termini come
sanitatis professores (in parallelo con gli athleticae professores e agli histrionicae professores p.156) espressioni come
medicinae gymnastici (ginnasti (ci) della medicina), medici gymnastici (medici ginnasti) o come medicorum gymnastae (ginnasti dei medici?), di cui ogni studioso ha sentito la difficoltà relativa alla traduzione.
Questo ultimo termine, usato molto frequentemente da Mercuriale, pone il problema del rapporto tra i ginnasti
ed i medici, figure peraltro la cui presenza nei ginnasi, come abbiamo visto, è solo ipotizzata da Mercuriale.
Non so se siano mai stati fatti studi approfonditi su questo problema, ma se non sono mai stati fatti, di sicuro
sarebbe bene farli, partendo da un utilizzo delle tecniche digitali e, attraverso la scannerizzazione dell’intero testo,
arrivare alla individuazione esatta di tutti i termini, dalla loro frequenza e dal contesto in cui vengono utilizzati.
Ancora nel III libro, troviamo ad es. l’espressione “medici vel medicorum gymnastae”, che ripropone lo stesso tipo
di problema.
Di certo, noi abbiamo la descrizione che del ginnasta fa Mercuriale e che abbiamo sopra riportato, dove alla descrizione del ginnasta come magister omnium exercitationum, qui eorum vires ac potentias ad sanitatem conducentes callens,… viene aggiunta la frase : eo quod vel medicus esset, vel medico in multis par (come se fosse medico, o pari
ad un medico).
Quello che possiamo comunque affermare con certezza è il grande ruolo svolto dai medici non tanto, o non solo,
nel prescrivere ma piuttosto nel raccomandare questo e quel genere di esercizio, accomunati in questo ruolo dai
filosofi, spesso citati da Mercuriale insieme alla dizione più generica di antiqui. Ciò è particolarmente evidente
all’inizio del IV libro, dove M. afferma esplicitamente di accingersi nella seconda parte del testo, al meticoloso
lavoro di descrizione particolare di ogni esercizio, in ogni suo aspetto, seguendo “la via lodata dagli antichi filosofi e medici” (ab antiquis philosophis atque medicis laudatam viam).
Nel secondo capitolo del II libro, nell’accettare da PLATONE piuttosto che da GALENO la sua distinzione della
arte ginnastica in saltatoria e palestrica ( le “duas primarias atque universales partes” della ginnastica affrontate nei
primi due libri) Mercuriale si pone il problema di giustificare il fatto che “che in molte cose, nel trattare un argomento medico, noi riteniamo così autorevole Platone, che nessuno sano di mente ritiene essere medico (quod in
pluribus Platonis, quem medicum nemo sanus reputat, auctoritatem in tractanda re medica tanti faciamus) : e ricordando che comunque GALENO lo reputa Hippocratis imitatorem (?), ritiene Platone in questa parte superiore a
Galeno, anche nella sua impostazione potremmo dire “militaresca” della ginnastica, ritenendo che “anche Platone
intende conseguire un bell’aspetto del corpo e conservare la salute, come (fosse) un medico” (Plato quoque bonum
corporis habitum parare, valetudinemque conservare intendit, sicut medicus).
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Anche in questo caso, possiamo notare l’esigenza di unire filosofia e medicina, quasi come “padre e madre” della
ars gymnastica.
Nella ricostruzione storica sulle origini della ginnastica (la “paternità” come ogni genitore peraltro sa benissimo,
costituisce nello stesso tempo anche una separazione) vengono ben distinti i rispettivi ruoli nella formazione di
questa ARS.
Infatti Mercuriale, pur ritenendo, anche qui in contrapposizione a GALENO (che situa l’origine tout court della
ginnastica ai tempi di Platone), che “la ginnastica è naturale all’uomo, e quindi è sempre esistita” (gymnasticam
naturalem homini esse, et idcirco sempre existisse ,in I,5), situa in un momento tra Erodico (maestro di Ippocrate) e
l’opera di Erasistrato (I metà del III sec. a. C.), la sua sistematizzazione come vera e propra ARS, e afferma:
“Quei primi e poi i GINNASTI successivi, su suggerimento, com’è verisimile, dei medici e dei filosofi, avendo
appreso del grande giovamento apportato ai corpi da quegli esercizi, alcune cose moderandole, altre aggiungendole, e trasferendoli dai luoghi pubblici a luoghi particolari e peculiari, finalmente le conclusero (le sistematizzarono) in regole, precetti e termini, generando (pario= creare, partorire) così tutta quell’arte, chiamata gumnastkhv, dal greco gumnavzesqai, cioè da “esercitarsi”.
In questa ricostruzione storica del formarsi della ars Gymnastica, della quale, dice M. non ci resta niente, essendo
scomparsi tutti i testi relativi (“Chi infatti, dice Mercuriale in I,12, ai tempi nostri ha visto gli scritti di Ippocrate,
di Diocle, di Prassagora, di Filotimo, di Erasistrato di Erofilo e di Asclepiade, citati dagli autori greci e latini?…o
gli scritti di Teone, o quelli del ginnasta Diotimo sugli esercizi e sulle traspirazioni, celebrati da Teofrasto?”) si evidenziano due cose:
- la prima, che detentori di questo sapere erano comunque i ginnasti
- la seconda, il confluire, nella ars gymnastica degli antichi ed in quella che Mercuriale vuole riportare alla luce
(suggerita da filosofi e medici ma portata a perfezionamento da altre figure che medici e filosofi non sono) delle
sue culture, appunto medicina e filosofia.
E da esse Mercuriale mutua dei concetti che sono fondamentali per la sua ars gymnastica: il primo è quello di UTILITA’, che costituisce il concetto guida nell’analisi del Mercuriale di tutti i generi di esercizio fisico, e specialmente di quelli del III libro, non rientranti, come abbiamo visto, nella suddivisione classica platonica, ma che vengono
inclusi nella ginnastica in quanto “tutti i medici confessano che molto apportino al bell’aspetto del corpo ed alla
salute” (amplius eadem ad bonum habitum corporis atque ad valetudinem conferre omnes medici fatentur”) (III, 1).
Questo concetto viene teorizzato all’inizio del II libro, quando l’esercizio fisico de qua medici interest tractare viene
definito, in autonomia rispetto all’autorità sia di GALENO che di AVERROE ed AVICENNA, come quel “moto
del corpo umano violento, volontario, con alterazione del respiro, fatto o per conservare la salute o per conseguire un bell’aspetto del corpo” (motus corpori humani vehemens, voluntarius cum anhelitu alteratu vel sanitatis tuendae, vel habitus boni comparandi gratia factus” (II, 1), in una definizione che, pure in ossequio alle quattro cause
aristoteliche, appare come assolutamente personale (Ideo NOS aliter definientes dicamus, quod…)., e che consente
al M. di chiarire un aspetto importante per quanto riguarda la teoria della ginnastica, quello cioè relativo al fatto
che il LUOGO in cui l’esercizio viene svolto, non entrando nella definizione, non definisce l’esercizio stesso, per
il quale basta l’osservanza delle caratteristiche suddette.
Il secondo concetto chiave è quello di NATURA, come appare in modo particolare nel III libro, nel quale esercizi come l’ambulatio (il camminare) la respirazione e la vociferazione vengono annoverati tra gli esercizi rientranti nella ars gymnastica in quanto NATURALI e quindi UTILI:
- “Tra gli altri e molti e necessari usi che ha la respirazione nella vita umana, non infimo luogo ha la vociferazione”
- “Quanto di utile il camminare assicuri alla vita umana lo ha dimostrato chiaramente la sapientissima natura, che
con una perizia veramente meravigliosa e con una singolare e quasi divina provvidenza ha fabbricato per noi i piedi
non per altro perchè noi potessimo camminare, e camminando, (potessimo) portare a termine quelle cose, per le
quali siamo nati”
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I.D. Educazione Fisica
(Quantum commodi humanae vitae deambulatio praestet, satis aperte sapientissima natura demonstravit, quae mirifico quodam artificio singularique et prope divina providentia nobis pedes non ob aliud fabricavit nisi ut deambulare,
atque deambulantes actiones illas ad quas nati sumus, perficere valeremus” (III,2).
A questo servono i nostri piedi (“per portarci in giro senza darlo a vedere” come dice Marco Pecchioli).
I nostri piedi, la nostra colonna vertebrale hanno questo compito grande: di “poter compiere quelle cose per le
quali siamo nati”, devono cioè essere funzionali all’uomo. Non perfetti esteticamente. E allora quando si vuole
infilare una vite nel seno del tarso di un bambino con il Piede Piatto, od operare le Scoliosi per fini ormai esplicitamente solo estetici, bisognerebbe chiedersi qual è il vero fine per il quale vengono proposte queste cose, e se
non sarebbe invece il momento, da parte del mondo ortopedico, di considerare seriamente il ruolo che la GINNASTICA può avere nella riconquista FUNZIONALE di quel piede , di quella colonna, e di quella persona.
Le cose ad quas nati sumus, ribadisce Mercuriale non sono certo le gare, né gli spettacoli, né le guerre: la ars gymnastica medicinae subiecta (ed abbiamo visto in che senso “soggetta alla medicina”) è quella che “sebbene sembri
occuparsi solamente del corpo, tuttavia, come dice Platone nel Timeo, ha cura di esercitare insieme quello e l’anima, in modo tale da non permettere che il corpo per la robustezza e la grassezza inferocisca a tal punto (insolenter ferocire) da non sottometterlo ai moti dell’animo e che da questo non sia domato, castigato e diretto secondo
la ragione: ciò che non è avvenuto nella ginnastica atletica”
(quae tametsi corporis uni curae operam navare videatur, ita tamen, et illius et animae simul exercitationis, quod in
Timaeo admonebat Plato, curam gerit, ut non sinat ita corpus prae robore atque crassitie insolenter ferocire, quin animi
motionibus secundum rationem sese domandum, castigandum atque dirigendum subiicia : id quod athleticam non effecisse) (III,1).
Nella sua condanna verso le aberrazioni della ginnastica atletica e di coloro che la praticano fin dalla notte dei
tempi (origine nel mito Licaone – Ercole), Mercuriale accomuna il suo disprezzo a quello degli antichi medici e
filosofi, definendo gli “atleti” come coloro che, abbruttendo il proprio corpo in nome della vittoria, dei premi e
dello spettacolo, vengono meno alla propria dignità di uomini.
Il passo latino (I, 14) è così espressivo che merita di essere letto:
…corpori incrassando roborique comparando nimium incumbebant, mentem etiam crassam, sensusque omnes hebetes,
torpidos ac segnes reddebant (gli atleti… si dedicavano troppo ad ingrossare il corpo e ad acquisire robustezza, rendevano anche la mente grassa e tutti i sensi ebeti, torpidi e pigri)
E qui, da uno stimolo ancora una volta platonico, M. rivela il suo essere non solo e non tanto medico, quanto
uomo del Rinascimento, che vede nella rivalutazione del corpo, nel rispetto della sua integrità e nel suo profondo
legame con la parte “spirituale” dell’uomo, il fulcro di ogni discorso legato alla ginnastica.
E allora quando si parla di Mercuriale oggi non possiamo in tutta onestà affermare che il suo messaggio sia quello che “sport, salute e spettacolo possono convivere”: questo possiamo crederlo, o sperarlo noi, ma non lo pensava Mercuriale.
Mercuriale ha scritto la sua opera “De arte gymnastica” per difendere, e riportare alla luce, una grande disciplina,
che numerosi altri dopo di lui hanno ripreso, costituendo la “storia dell’Educazione Fisica”.
In essa ritroviamo molti temi già accennati: e penso alla “Ginnastica Naturale “ di Georges HEBERT, alla frase di
F. AMOROS “il mio metodo e i miei esercizi si fermano là dove cessa l’utilità ed inizia il funambolismo” (nel suo
“Manuel d’éducation physique, gymnastique et morale” edito a Parigi nel 1830), o alle affermazioni del grande maestro di ginnastica italiano Emilio BAUMANN, relative a “Corpo e mente nella educazione fisica” (v. opuscolo
SIEF , Firenze 2004, p.15): ma su questi temi avremo modo di ascoltare domattina la relazione, dedicata proprio
a questo argomento, di Francesca REITANO.
Tra parentesi, Emilio BAUMANN era medico, ma fu il suo testo “Psicocinesia” a dare il via alla Psicomotricità
francese, come testimonia la lettera del 1905-6 del prof. GALMOT, docente di studi pedagogici all’Università di
Parigi (in E. BAUMANN, “L’Educazione Fisica italiana e le panzane del prof. Angelo MOSSO, Roma 1906, p.12
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in “I.D. Educazione Fisica”, a. VI – n.1) E laddove Mercuriale, in due o tre punti del testo, esplicitamente afferma questa ars gymnastica, una volta “trasportata nei ginnasi ed in luoghi definiti e conclusa in norme” (ad gymnasia et certos locos traducta et sub normis conclusa), esser fondamentale non solo per conservare la salute di tutti e per
acquisire una buona costituzione (pro omnium salutate tuenda ac pro bono habito parando) ma anche per l’educazione dei bambini (pro pueris edocentis), meritandosi così veramente il nome di “ginnastica” (gymnasticae vere
nomen, in I,5), egli dà a questa disciplina una unitarietà che dovrebbe spiazzare chi suole dividere la storia
dell’Educazione Fisica nei vari filoni, riservando alla cosiddetta“ginnastica medica” di Mercuriale una intenzione
meramente applicativa all’interno delle possibilità ( e relative incapacità) curative della medicina del tempo.
Per quanto riguarda quest’ultimo aspetto, pensiamo che davvero sia necessaria quella lettura “a doppia lente” di
cui abbiamo parlato all’inizio: doppia lente per spiegare le apparenti contraddizioni del testo relative al riconoscimento dell’autonomia della ars gymnastica , e legate da un lato ad una progressiva scoperta, nel corso delle varie
riedizioni dell’opera, del valore della ars gymnastica, della sua reale consistenza e della sua valenza, dall’altro dalla
limitatezza delle possibilità terapeutiche della medicina dell’epoca, tanto da far affermare a Mercuriale all’inizio
dell’opera: “questa parte (conservativa) sembra essere tanto superiore alla curativa, quanto gli stessi medicamenti
sono superati dagli esercizi” (haec pars… curativam partem tanto antecellere videtur, quanto medicamenta ipsa ab
exercitationibus superantur, in I,2).
In quest’ultima frase, l’uso del tempo presente indica comunque un momento di difficoltà, e soprattutto di presa
di coscienza di tali difficoltà, nella terapia medica.
Le limitate possibilità terapeutiche della medicina dell’epoca quasi infatti obbligavano Mercuriale a dover tener
conto anche dell’apporto dei esercizi fisici quali il trasporto in lettiga o la navigazione.
Il tempo presente è usato anche in un altro punto del testo, nel quale M., parla dei tempi di Ippocrate, vale a dire
quando, secondo la sua ricostruzione, venne aggiunta alla medicina curativa quella che oggi chiameremmo la
medicina preventiva (IGIENE):
“(La medicina conservativa) presso molti acquisì una tale autorità da giudicare questa sola degna di essere chiamata “vera medicina” , dicendo che quella (curativa) fosse incerta, falsa, mera impostura di uomini miranti ad
ingannare altri uomini e che anzitutto si serva di misere congetture e di deboli argomenti nella diagnosi dei mali,
poi perché per la loro cura quasi tutti i medici si servono per lo più di rimedi scelti a caso e infine perché sia nella
diagnosi che nella cura non di rado si sbagliano. Chiunque tuttavia avrà voluto considerare serenamente quali
progressi avrebbero fatto le malattie se non venisse in soccorso la curatrix medicina, conoscerà facilmente in quale
gravissimo errore questi si trovino” (I,1).
Ma le difficoltà in cui si dibatteva ancora la medicina “curativa” ai tempi di Mercuriale sono state poi nel tempo
superate, così come il rinnovamento relativo al discorso scientifico è andato oltre al dibattito sul rapporto e sulla
superiorità di una scienza o arte rispetto alle altre, con il quale ancora M. invece, come abbiamo visto, doveva fare
i conti.
Allora, in una visione moderna della storia e soprattutto in relazione allo sviluppo successivo, della medicina da
un lato, della ars gymnastica dall’altro, occorre riconoscere nel De arte un momento decisivo nella formazione di
una disciplina nuova, distinta e autonoma rispetto alla ars medica sorta, come del resto tutte le altre tranne quelle di recente data, dal ricupero dei testi e della grande cultura del mondo antico.
Mercuriale sembra in parte rendersi conto di questo, nonostante tutte le difficoltà dette prima.
Negli ultimi tre libri, nell’affrontare nello specifico ogni tipo di esercizio fisico, nella consapevolezza (e il concetto è mutuato dalla medicina) che ognuno di essi può fare bene o male a seconda di come venga somministrato,
Mercuriale valuta anche, per ciascuno di essi, una possibile applicazione nel caso di persone malate, ma lo fa del
tutto collateralmente, ed in una parte non a caso rimasta “piccolina” rispetto al progressivo accrescersi, nel corso
delle varie edizioni dell’opera, della prima parte, sentendo comunque l’esigenza di puntualizzare (V,1) che “la gin-
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nastica si occupa principalmente della conservazione della salute, conseguentemente della cura” (gymnasticam
principaliter circa sanitatis conservationem versari, consequenter circa curativam).
Il grande concetto che sta alla base, forse in modo non del tutto consapevole ed esplicito, di questo modo di considerare l’esercizio fisico, e che verrà anche questo ripreso dagli Educatori Fisici, medici e non, dell’Ottocento, è
che nell’ambito della GINNASTICA CHE FA BENE c’è posto anche per gli esercizi che giovano o che possono
comunque essere proposti anche a chi ha qualche problema: ma questo, come vedremo nella relazione di domattina di Danilo MATTEUCCI, è un settore particolare della Ginnastica, chiamata, ancora ma modernamente,
GINNASTICA MEDICA.
Note:
Tutti i rimandi al De Arte Gymnastica, quando non altrimenti indicato, si riferiscono all’edizione del 1960, la quale
si basa sulla 4° ed. del testo: MERCURIALE, G., De Arte Gymnastica, Libri sex, Venezia 16014 (trad.it. RINALDI, G., Dell’arte ginnastica, Faenza 1856; BIANCHINI, A., Il trattato dell’Arte Ginnastica di G.Mercuriale ristretto e volgarizzato, Imola 1884; GALANTI, I., Arte Ginnastica, a cura del Banco di S. Spirito, Roma 1960; De Arte
Gymnastica, Luoghi scelti, tradotti ed annotati da M. Napolitano, Ed. dell’Elefante 1996).
Per un approfondimento dei temi affrontati: BARONI, C – PECCHIOLI, M., “La figura e l’opera di Girolamo
Mercuriale in relazione alla situazione attuale dell’educazione fisica”, a cura dell’Istituto Duchenne, Firenze 1997
(con bibiografia); BOSI,G. - PECCHIOLI, M., In memoria di Mario Gallo, a cura dell’Istituto Duchenne, Firenze
1992.
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Storia della ginnastica come sport
Vincenzo dell’Aquila
Certo non è possibile stabilire una data, né riferimenti a segni su resti archeologici, o tanto meno a scritture, possono consentire di individuare l’inizio da parte dell’uomo di una qualsivoglia attività sportiva. Sono, queste, forme
di espressione, indicative di capacità intellettive dell’uomo in via di sviluppo, attraverso le quali è dato di conoscere che già in precedenza lo sport era praticato.
E’ opinione diffusa e molto probabilmente non errata, che l’educazione del fisico, sia pure in forme primordiali,
sia nata con l’uomo. Nell’uomo, infatti, il movimento è il primo istinto ed il comando dell’attività muscolare è
strettamente connesso all’istinto stesso ed è la prima espressione di superiori capacità psichiche.
Se poi si considera quali dovevano essere ai primordi le esigenze dell’uomo per la vita, non si può essere lontani
dal vero nel pensare che l’educazione del fisico era uno dei problemi più importanti, poiché nelle capacità fisiche
stavano le possibilità stesse di vita.
L’importanza notevole dello sport, beninteso concepito come educazione del fisico a determinati fini, trova conferma altresì nel momento in cui l’uomo inizia a concepire un’Entità superiore. E’ in questo momento che l’attività del fisico supera il significato di allenamento per la lotta della vita, per acquisire un più elevato valore di avvicinamento a questa Entità nelle forme di invocazione o di ringraziamento. L’uomo ha così percepito i valori etici
della vita, dimostrando di avere iniziato la sua evoluzione, evoluzione che proseguirà in ogni campo, ma che nello
sport, in particolare, attraverso ricorrenti cicli, tornerà sempre sino ai giorni nostri al più elevato significato di
astrazione dalle dispute contingenti e di corretta contesa che, lungi dal dividere, unisce nel superamento di ogni
interesse materiale.
Lo sviluppo delle attività sportive non ha seguito uniformità di tempi in ogni regione della terra, bensì possono
essere individuati periodi distinti per ciascuna regione che, normalmente, sono strettamente legati al processo di
civiltà dei popoli ivi stanziati. La Cina, dalla millenaria civiltà è comunemente considerata la regione ove per prima
si concepì l’esercizio fisico come disciplina, ed in essa fiorirono le molteplici attività la cui pratica si estese rapidamente ai popoli dei territori confinanti ed in particolare al Giappone ove, a differenza della Cina, lo sport fu inteso esclusivamente quale ausilio nella preparazione del guerriero.
Con lo sviluppo della civiltà, quindi, si ebbe anche lo sviluppo dello sport e, quasi seguendo un percorso ideale,
lentamente, nel tempo, il concetto più evoluto dello sport si spostò verso Occidente attraendo, mano mano, tutti
i popoli. Così, dopo i popoli dell’India, gli Assiro-Babilonesi ed i Persiani, si interessarono alle discipline sportive
i popoli del bacino mediterraneo. Fu questo il momento più importante ai fini dell’ulteriore sviluppo dello sport,
a causa della relativa facilità di contatto fra i popoli affacciantisi sul Mediterraneo. Tale Mare, infatti, a differenza
dei più vasti Oceani che a lungo l’uomo ha temuto non azzardandosi a navigarli, è stato l’elemento che ha facilitato gli scambi fra i popoli rivieraschi. Se poi si considera che sul Mediterraneo si affacciano ben tre continenti,
può comprendersi con quale intensità si è andata sviluppando la cultura del fisico e quindi della ginnastica, sia
sotto l’aspetto medico, sia sotto quello guerriero, dal momento che, grazie alle possibilità di scambi commerciali,
i popoli del vicino Oriente se ne fecero portatori presso i popoli dell’Africa settentrionale e dell’Europa meridionale.
Tra i popoli che, per primi nel bacino del Mediterraneo, presero interesse allo sport come disciplina furono gli
Egizi e ciò è più che comprensibile in relazione all’avanzato studio della civiltà in tale popolo.
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I.D. Educazione Fisica
A circa 4.000 anni avanti Cristo risalgono le prime notizie sulla pratica dello sport in Egitto, pratica che successivamente si diffuse sempre maggiormente, come ci mostrano le numerose incisioni scoperte, in particolare, sulle
pietre tombali di militari.
Reperti archeologici egizi risalenti a circa il 2.000 a.C., ci consentono di ammirare lo sviluppo di numerose discipline sportive ancora oggi in auge come la marcia, il pugilato, il salto, la corsa, il nuoto e la ginnastica. Nelle rappresentazioni degli esercizi ginnici figurano dapprima solamente uomini, mentre successivamente risultano
ammesse anche le donne i cui atteggiamenti sembrano riportarci di un balzo alla ginnastica ritmica moderna tanto
mirabili ci appaiono le immagini dei loro movimenti.
Allo stesso periodo risale il fiorente sviluppo dell’Isola di Creta, che, grazie alla sua posizione, fu faro di civiltà sulle
terre bagnate dal Mediterraneo orientale, interessando in particolare le sponde del Mare Egeo ove i resti delle antiche città sono valida testimonianza della notevole importanza cui erano assurte le pratiche sportive.
Sorge, quindi, una nuova civiltà che presenta in embrione gli elementi che saranno propri della civiltà greca e che
riesce a diffondersi nella costa asiatica, ove primeggia la città di Troia, e nel Peloponneso, in cui sovrastano due
evolute città: Tirinto e Micene. E’ questa la civiltà cretese, indicata poi con l’appellativo di cretese-micenea per il
sostituirsi di Micene a Creta quale centro di progresso civile, origine della successiva civiltà ellenica. E di questa
ultima già si scorgono i caratteri essenziali, tra i quali fondamentale per le nostre conoscenze la pratica della scrittura.
Non saranno più le incisioni sulla pietra o i segni scolpiti sui monumenti tombali a tramandarci le notizie, ma
l’uomo illustrerà con la scrittura i più importanti avvenimenti e i sentimenti che ogni fatto avrà suscitato nell’individuo e nella folla.
Tra i primi documenti che narrano di competizioni sportive non si può ignorare l’Iliade, poema attribuito come
è noto, ad Omero della cui esistenza non si hanno prove certe, ma che tuttavia si considera vissuto tra l’VIII ed il
VII secolo a.C. e. pertanto, al declino della civiltà cretese-micenea.
Nel Poema sono cantate con infinita bellezza le otto gare sportive volute da Achille per onorare la memoria dell’amico Patroclo.
L’educazione o cultura del fisico ,giunta dal lontano oriente come attività dell’individuo tendente all’irrobustimento del corpo, talora per fini militari, talora per fini medici raccolta da popoli notevolmente differenti per origini e
sistemi di vita, subisce, sia pure lentamente, una evoluzione che porta al criterio sostanzialmente nuovo dell’organismo; sorge così il concetto base dello sport quale oggi ancora è inteso. E questa nuova forma di attività si divulga durante il periodo di civiltà normalmente indicato come ellenico, che ebbe la sua culla nell’Ellade (l’antica
Grecia).
Sparta ed Atene sono i centri diffusori della nuova civiltà, da cui l’ellenismo prende vigore e si irradia nei popoli
abitanti le terre bagnate dal Mediterraneo.
Ma due diversi criteri presiedono all’indirizzo delle due città. Sparta autocratica, assimilando il concetto di educazione fisica ne sviluppa la pratica al fine della preparazione militare dei cittadini.
Atene, invece, partendo dal concetto di educazione del fisico per scopi militari, trasforma tale indirizzo fino a concepire l’attività sportiva in senso agonistico quale confronto delle capacità degli atleti.
E’ in tale evoluzione, dovuta ad Atene, che risiede il maggiore interesse sportivo all’epoca ellenica.
Grazie alla sua avanzata civiltà ed all’eccezionale sviluppo della vita intellettuale e sociale, Atene riesce ad intuire
nello sport un diverso valore, ben più alto che non quello ristretto della preparazione militare o dell’esercizio medico.
Atene brucia le tappe dell’evoluzione, trasferendo la pratica degli esercizi fisici dalle zone all’aperto, ove si svolgeva la preparazione militare, a locali organizzati per lo specifico fine: la palestra.
Successivamente, attorno alla palestra vengono costruiti altri locali per l’insegnamento della cultura intellettuale e
per le vere e proprie gare sportive.. Questi ultimi furono detti: « stadio » mentre il complesso fu chiamato « ginnasio ». Ogni città aveva il suo ginnasio; Atene ne ebbe inizialmente tre ai quali nel corso dei secoli ne aggiunse
altri sei.
I.D. Educazione Fisica
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Nella palestra, infine, si iniziò l’ulteriore evoluzione dell’attività sportiva che vide differenziarsi in varie discipline
la educazione fisica dei giovani. L’insegnamento aveva scopo agonistico in quanto preparava i giovani per la gara
e, pertanto, si cercavano i migliori risultati con l’allenamento, la ricerca dello stile, le gare interne ed infine con
manifestazioni esterne, alle quali partecipavano giovani appartenenti a diverse palestre.
Di qui l’ardore con cui i giovani si preparavano alla gara che perpetuava lo spirito nel quale erano stati allevati in
palestra, ove non si disgiungeva la cura del fisico dalla educazione morale.
Certamente questo è lo spirito con cui il barone Pierre De Coubertin ha inteso dar vita alle Olimpiadi Moderne
che, pertanto, si ricollegano strettamente nei loro ideali agli antichi Giochi di Olimpia.
Questi sani concetti morali che presiedevano all’insegnamento nel ginnasio, portarono ad un rapido sviluppo delle
attività intellettuali, morali e fisiche, che, desiderose di confrontarsi, fecero scendere in gare esterne i giovani delle
« polis », influenzando anche Sparta che non aveva subito lo stesso processo evolutivo.
Così, dal primordiale concetto di educazione fisica a scopo eminentemente militare e medico, Atene sviluppò il
nuovo concetto agonistico che è poi quello moderno. E l’agonismo, dalla generica preparazione sportiva, trasse i
fondamenti di specializzazione che portarono ad una prima individuazione di differenti discipline.
Dall’interesse per le discipline sportive, dall’acceso agonismo ebbero inizio le Olimpiadi la cui prima edizione si
fa risalire al 776 a.C.
I Giochi di Olimpia non erano però le sole manifestazioni a carattere sportivo organizzate nell’antichità. Durante
il ciclo olimpico numerose altre gare avevano luogo, quali le Pitiche, le Nemee, le Istmiche e le Panatenee Queste
ultime che sono quelle di origine più antica videro inserito nel loro svolgimento, ad opera di Pisistrato nel 566
a.C., (traja 53a e 54a Olimpiade), le gare di ginnastica come disciplina a sé stante.
Le Olimpiadi, sorte inizialmente per i soli popoli del Peloponneso, tanto che essenziale era l’origine del concorrente, si diffusero rapidamente interessando tutti i popoli del Mediterraneo. E pur dopo che Roma impose il suo
predominio, sottoponendo anche la Grecia, Olimpia continuò a brillare di intensa luce, indicando all’unanime
rispetto l’atleta laureato Campione.
La potenza romana, anzi, si inchinò davanti al concetto sportivo dei greci e, attraverso l’universalità promanante
da Roma, ai Giochi derivò un valore universale. Tutti gli uomini soggetti alla legge di Roma ebbero il diritto di
cimentarsi nelle gare alle quali i romani per primi ambirono di partecipare, consapevoli della importanza di quell’educazione sportiva. Consapevolezza, questa, che deriva dall’antica passione di Roma per i ludi non solo equestri, ma anche ginnici.
Roma, infatti, vantava un’antica tradizione nelle gare, di cui testimonianza è ancora oggi il Circo Massimo ove si
disputavano corse di atleti ed altre competizioni.
Sin dall’epoca repubblicana era praticata l’educazione fìsica, ma ad Augusto si fa comunemente risalire la percezione della necessità di dare una forma organizzata all’addestramento fisico dei giovani. Egli, infatti, creò i «
Collegia juvenum » centri ove si curava la preparazione dei giovani negli esercizi fisici. Sono questi « collegia », in
embrione, le Società sportive, che a distanza di secoli, fiorirono nella nostra Penisola adottando in pieno il concetto di agonismo che Roma assimilò dai greci.
La percezione dell’importanza dell’educazione del fisico fu indubbiamente notevole in Augusto che oltre a creare
l’organizzazione di tale attività, istituì anche agoni ginnici che furono dedicati a ricordo della battaglia di Azio.
Da forme confuse, pertanto, di attività fisica la Grecia per prima delineò una differenziazione delle varie discipline, seguita da Roma in tale orientamento che, sviluppato, in tempi moderni, porterà alla specializzazione dell’agonismo.
Pervenuto al livello più alto, il significato dell’attività sportiva rapidamente decadde per il dissolversi di quei valori morali che sono alla base dell’agonismo e che rifuggono il professionismo.
La servitù politica della Grecia e la decadenza spirituale del suo popolo svaluta i sani concetti di contesa per il primato, che tanto fulgore erano riusciti a dare ai giochi.
Roma, che dalla Grecia aveva saputo assimilare l’elevata valutazione per la cultura fisica ed il rispetto per l’agoni-
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I.D. Educazione Fisica
smo, rapidamente vede degenerare l’attività sportiva in manifestazioni che nulla hanno a che vedere con l’agonismo inteso come forma di elevazione morale.
Con l’opulenza scompare il rispetto per il valore dello spirito : ricchezza e piacere sono la massima aspirazione dell’uomo che vuole ancora le gare ma al solo scopo di distrazione. Colui che gareggia, scende in campo non più per
cingere la corona ma per sete di guadagno.
Lo stadio si trasforma in circo, l’agonismo è finito.
La decadenza dei valori morali trascina inesorabilmente lo sport, per il quale inizia un periodo di assoluta opacità.
Gli atleti sono derisi in quanto i loro sforzi sono intesi esclusivamente quale espressione di forza fisica disconoscendosi alla loro attività ogni valore che non sia materiale.
Si giunge alla degradazione ultima dello sport che tale non può essere più appellato per la venalità di coloro che
si esibiscono, portando la loro attività ai più bassi livelli, nulla aventi in comune con la purezza dello sport, estrinsecazione di valori spirituali e fisici.
Quasi un millesimo durerà il disconoscimento di ogni valore morale allo sport a seguito della degradazione spirituale della vita.
Solamente intorno al 1.000 dopo Cristo l’Europa ha un risveglio agonistico. Esso si esprime inizialmente nei tornei cavallereschi in cui si esalta la perizia ed il valore.
Successivamente i tornei non si limitano a gare equestri, ma estendono le prove a gare di lotta ed a competizioni
atletiche e ginniche.
E’ la ripresa dello spirito sportivo giustamente inteso nella sua purezza, anche se di limitata importanza, a causa
delle condizioni politiche dell’Europa che impongono al torneo un interesse che non va, di norma, oltre le mura
della città.
La lunga desuetudine dell’attività sportiva aveva reso negletto, inoltre, il significato spirituale dell’agonismo. La
ripresa dello spirito agonistico, pertanto, non fu concepita dalla totalità ma solo le classi più evolute seppero
riprendere integro l’elevato significato morale della gara.
Solo più tardi, con l’evoluzione delle altre classi componenti la città, lo sport riprende vita. Le nuove classi prendono coscienza dei loro diritti e della loro forza, si emancipano dal dispotismo della nobiltà dando vita ad un moto
di ringiovanimento delle strutture che porta ad una più vasta partecipazione a tutti gli aspetti della vita.
Tra questi si riscopre per il suo valore formativo e morale lo sport agonistico.
Prorompe l’Umanesimo e con esso, strettamente connesso, l’agonismo in tutto il suo significato spirituale e quindi umanistico.
La letteratura si interessa allo sport nei suoi vari aspetti e nelle diverse discipline.
E’ del 1577 il trattato « De arte gymnastica », vasta opera del medico forlivese Girolamo Mercuriale, suddivisa in
sei libri nei quali è illustrata la ginnastica medica, atletica e bellica con particolare riguardo ai suoi riflessi per la
salute ed il miglioramento dell’organismo.
Lo sport diventa un mezzo inestimabile per migliorare la gioventù non solo nel fisico, per allontanarla dalle cattive abitudini e per inculcarle più elevati concetti morali. Si ripropongono gare di squadra che risvegliano lo spirito di associazione.
L’attività fisica acquista una ineguagliabile finalità sociale, finalità che può trasformare rapidamente il suo significato se non si cura che lo sport sia vivificato da una sempre più estesa partecipazione.
Questo concetto che già si affaccia negli studi di numerosi cultori intorno al 1700, non può che giungere nel suo
sviluppo ultimo, ad un’unica soluzione : l’istituzione di gare periodiche aperte a giovani di tutti i paesi e qualunque sport essi pratichino, nel concetto di purezza agonistica rispettato dall’antica Grecia.
Non senza difficoltà tale sogno diverrà realtà, ma ;tale idea è il seme da cui germoglieranno con rinnovato vigore
i Giochi di Olimpia, l’Olimpìade Moderna.
Il Barone Pierre de Coubertin sarà l’animatore che, ripresa l’idea, riuscirà a conseguire l’auspicato traguardo facendo approvare dal « Congresso per lo studio del dilettantismo », tenuto ne] 1894 a Parigi, la ripresa dei Giochi
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Olimpici.
Merito di de Coubertin fu l’instancabile attività svolta perché si realizzasse quanto auspicato, nello spirito di una
rinnovata affermazione degli alti valori spirituali dello sport, inteso come agonismo e dilettantismo, quale l’antica
Grecia lo aveva concepito.
Concetti questi che trovano la loro migliore espressione nel seguente pensiero che de Coubertin rivolse a tutti i
congressisti con una circolare in data 15 giugno 1894 :
“ Prima di tutto è necessario che noi conserviamo allo sport le caratteristiche di nobiltà e di cavalleria che l’hanno distinto nel passato, in modo che esso continui a far parte dell’educazione dei popoli di oggi, così come ha contribuito mirabilmente ad essa nel tempo dell’antica Grecia. L’umanità tende a trasformare l’atleta olimpico nel gladiatore pagato:
bisogna scegliere tra questo o quello che sono tra loro incompatibili “.
Nobiltà e cavalleria sono e saranno i caratteri essenziali della ginnastica, che, come nell’antica Grecia, è principalmente scuola di morale e come tale si ricollega ai più elevati concetti dello sport, ne è partecipe e nello stesso tempo
fondamento.
Non a caso il rinnovato interesse per lo sport coincide con il risveglio della pratica della ginnastica e l’indirizzo che
a tale pratica è dato risulta differente nelle varie nazioni e congeniale alla mentalità che nel tempo il relativo popolo si è formata.
Pertanto, la ginnastica viene nuovamente studiata sotto gli aspetti educativo, militare e medico.
Rapidamente in tutta Europa l’interesse per la ginnastica si risveglia, il merito di ciò va principalmente dato agli
studiosi e cultori dell’educazione fisica Guts-Muhts, F. Jahn, P. Enrico Ling, Adolfo Spiess, Cristiano Enrico
Woltke, Col. Amoros, Col. Docx, J. Niggeler, Girolamo Bagatta e Col. Joung.
In Italia, gli inizi dell’attività ginnastica sono dovuti dapprima nel Lombardo Veneto a Bagatta nel 1807, seguito
nel 1820 da Joung. Tale attività ebbe essenzialmente un indirizzo educativo poiché essa fu introdotta dai predetti
cultori nei rispettivi collegi, quale pratica tendente a migliorare il fisico.
Ben presto, però, l’interesse per la ginnastica si destò anche in un altro Stato italiano: il Regno Sardo - Piemontese.
Qui diversi erano i motivi che avevano attirato l’attenzione sulla ginnastica e, quindi, differente fu l’indirizzo che
prevalse nella pratica della disciplina. L’organizzazione militare, aveva infatti necessità di una migliore formazione
fisica del soldato perché fosse ben addestrato al combattimento.
Così nel 1833 il Ministro della Guerra del Piemonte chiamò Rodolfo Obermann a Torino per istruire nella ginnastica gli allievi dell’Accademia militare.
Il piccolo ma agguerrito esercito piemontese si teneva costantemente aggiornato nell’organizzazione seguendo con
attenta costanza ogni progresso conseguito dagli eserciti stranieri, per cui non sfuggì l’importanza che nelle altre
nazioni veniva attribuita alla ginnastica.
In Piemonte, perciò, la ginnastica ebbe agli inizi un prevalente indirizzo militare con l’adozione da parte di
Obermann del sistema tedesco di Spiess.
Successivamente tale indirizzo fu modificato perché Obermann, con l’aiuto di appassionati amici, estese la sua attività nell’ambito civile determinando simpatie ed entusiasmi sempre maggiori intorno alla nascente ginnastica italiana.
L’opera di proselitismo fu senz’altro intensa e capace, poiché dopo solo 11 anni, nel 1844, sotto il patronato
dell’Arcivescovo, Torino ebbe la prima Società Ginnastica italiana, a capo della quale fu posto il conte Ernesto
Ricardi Di Netro.
I tempi stavano rapidamente maturando a favore della ginnastica in ogni nazione d’Europa ed a questa positiva
evoluzione non fu seconda l’Italia che vide svilupparsi in diverse città, quasi provocata da un movimento di opinione, la pratica della ginnastica, pratica che con il diffondersi sempre più fra i giovani determinò la necessità di
un coordinamento.
Sorsero così a Genova nel 1863 la Società Operaia e nel 1864 la Società Ginnastica Ligure che nel 1869 si fusero
assumendo la denominazione di «Cristoforo Colombo» e, seguendo l’esempio, si costituirono Società ginnastiche
a Pisa, Venezia, Trieste, Firenze, Brescia, Verona, Trento, Gorizia, Milano, Napoli.
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I.D. Educazione Fisica
Queste Società ebbero sin dall’inizio una vita fiorentissima e di certo superiore alle aspettative di coloro che, credendo nella ginnastica, avevano creato i presupposti per la loro fondazione e ad essa avevano dedicato ogni entusiasmo.
La necessità di non mantenere nell’ambito ristretto delle Società e delle palestre le rispettive esperienze, fece ben
presto sentire l’opportunità di rapporti, almeno periodici, fra le diverse Società al fine, anche, di coordinare le singole attività per meglio cooperare agli scopi per i quali erano sorte: la diffusione della educazione fisica tra la gioventù.
Nel 1868, così, fu costituito un Comitato promotore composto dal prof. Costantino Reyer di Trieste, dal prof.
Pietro Gallo di Venezia e dall’ing. Domenico Pisoni sempre di Venezia.
Il Comitato invitò le Società ginnastiche e tutti i sostenitori delle discipline ginniche ad intervenire al I Congresso
- Concorso ginnastico italiano indetto per il 15-17 marzo 1869 a Venezia. La convocazione fu comunicata a mezzo
del giornale « La Ginnastica » fondato da Reyer nel 1866.
Il 15 marzo 1869, furono aperti i lavori del I Congresso delle Società di ginnastica. E’ questa una data di fondamentale importanza per la Ginnastica italiana perché segna, anche se attraverso notevoli difficoltà, gli inizi di un
coordinamento delle singole attività che solo può consentire il conseguimento di migliori risultati.
Al I Congresso intervennero solamente 12 cultori di ginnastica. Il discorso inaugurale fu tenuto dall’ing. Pisoni
nella sua qualità di presidente del Comitato promotore, illustrando il fine che si voleva conseguire e raccomandando la massima operosità ai congressisti allo scopo di determinare il maggiore e più rapido sviluppo della disciplina ginnastica in Italia.
Si procedette quindi all’elezione per le cariche dell’Assemblea e risultarono eletti a presidente il prof. Francesco
Ravano di Genova e a vicepresidente il signor Cajol.
Il Concorso che avrebbe dovuto aver luogo in concomitanza con il Congresso non fu tenuto poiché, su proposta
di Ravano, non si ritenne che il numero esiguo dei concorrenti ne giustificasse lo svolgimento.
E’ da ritenere decisione di carattere positivo la mancata effettuazione del Concorso, per il quale, fra l’altro, sarebbero potute sorgere divergenze con riflessi negativi in sede di discussione degli argomenti proposti al Congresso.
Inoltre, ben numerosi erano tali argomenti, la cui importanza non doveva né poteva essere sottovalutata a causa
della necessità di trovare una base comune per un indirizzo a carattere unitario dell’attività di tutte le Società già
esistenti, nonché di quelle che di lì a breve sarebbero state costituite come il generale entusiasmo lasciava sperare.
Gli argomenti all’ordine del giorno per la discussione erano i seguenti:
1) E’ conveniente che gli alunni delle scuole pubbliche e private prendano parte a convegni e concorsi ginnastici
(Baumann)?
2) Regolamento modello per le Società Ginnastiche italiane;
3) Formazione dell’Associazione Ginnastica Italiana;
4) Norme per i convegni e concorsi ginnastici;
5) Programma degli esercizi di concorso obbligatorio nei convegni ginnastici;
6) Compilazione di una tecnologia ginnastica italiana;
7) Materie di esame teorico-pratico per ottenere il brevetto di maestro di ginnastica elementare e superiore
(Pisoni);
8) Se debba ritenersi utile e conveniente di unire il canto ai ritmi ginnastici (Ravano);
9) Sono preferibili molte piccole Società ginnastiche distribuite in vari punti di una città, ad una grande centrale)
10) Sull’utilità dell’abrogazione di parte della circolare ministeriale 5 febbraio 1862 (Cajol);
11) Sull’abuso di intitolare ginnastica tutto ciò che è acrobazia, funanbolismo, ecc. (Cajol);
12) Sull’abuso di accettare quale Maestro di ginnastica chiunque se ne arroghi il titolo, senza aver subito gli adeguati esami ed ottenuto il voluto brevetto (Cajol).
L’elencazione degli argomenti all’ordine del giorno offre da sola un esauriente quadro non solo della importanza
delle questioni che si volevano risolvere, ma anche della profonda preparazione degli uomini che, riuniti in
Comitato, avevano predisposto l’ordine dei lavori del Congresso. Persone dall’esperienza sofferta che avevano
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saputo unire alla pratica della vita di palestra lo studio non superficiale di tutti gli aspetti di vita organizzata della
palestra stessa e che avevano già percepito i problemi futuri della ginnastica italiana, secondo concetti da ritenere,
per l’epoca, senz’altro avanzati.
Non tutti gli argomenti sottoposti dall’ordine del giorno all’attenzione dell’Assemblea furono messi in discussione, né d’altro canto è da pensare che in una prima riunione potessero essere prese tante determinazioni e tutte di
non indifferente rilievo, peraltro mai affrontate in un dibattito responsabile di competenti quale per la prima volta
si ebbe, appunto, a Venezia nel marzo 1869.
Tuttavia, a prescindere dal valore storico del primo Congresso, di notevole importanza furono le determinazioni
adottate e gli orientamenti emersi concordi nelle loro linee fondamentali circa la sentita necessità di procedere in
ogni campo secondo indirizzi uniformi oltreché unitari.
Nel quadro di tale orientamento fu, infatti, discusso il regolamento modello per le Società ginnastiche italiane, fu
approvata la proposta di costituire la Federazione Ginnastica Italiana di cui fu approvato, altresì, lo Statuto e furono dettate le norme per i successivi Congressi. Né si ignorò la necessità di stabilire il programma degli esercizi
obbliga tori per i Concorsi ginnastici.
II complesso delle tre deliberazioni su indicate consente la più ampia valutazione della mole di lavoro che
fu svolta nel I Congresso della Ginnastica italiana, imponente sia sotto lo aspetto delle approfondite discussioni che portarono a consapevoli decisioni, sia sotto l’aspetto intrinseco delle determinazioni stesse che, a
distanza di un secolo, ci appaiono in tutto il loro significato di proposito unanime tendente a costituire le basi
neces-sarie per lo sviluppo di una coscienza sportiva nazionale.
L’attenzione dell’Assemblea fu richiamata, inoltre, con approfondite argomentazioni anche sul punto 3° dell’ordine del giorno, relativo al problema che si presentava, nel prevedibile sviluppo della ginnastica, circa l’opportunità
di costituire nelle grandi città una o più Società ginnastiche.
La decisione presa fu di favorire il costituirsi, nei grandi centri, di più Società.
Tale decisione può apparire ad un primo superficiale esame in contrasto con lo spinto unitario che necessariamente fu a fondamento della volontà costitutiva della Federazione, derivante dalla esigenza di creare unità nelle iniziative che sempre più si moltìplicavano. Si deve, invece, ritenere un significativo atto di coraggio oltreché di fiducia
nelle fortune della Ginnastica italiana.
In quegli anni, infatti, ogni iniziativa, qualunque campo interessasse, tendeva a rafforzare quello spirito unitario
che le lotte di un intero popolo avevano mostrato di volere, consentendo all’Italia di rientrare nella comunità politica europea come nazione.
La Ginnastica italiana che nelle sue palestre con l’educazione del fisico aveva alimentato i valori morali da cui lo
sport è permeato, aveva già superato la fase di amalgama degli ideali unitari, per cui poteva ormai dedicarsi alla
successiva fase di sviluppo della sua attività estendendo sempre più capillarmente la pratica della disciplina sportiva e gli ideali di purezza dei valori umani
Con tale indirizzo, pertanto, il I Congresso della Ginnastica italiana seppe dare un ulteriore valido contributo a
quel processo unificativo cui le sue palestre, anche se non unite, da sempre avevano partecipato.
Con la chiusura dei lavori del I Congresso, avvenuta il 17 marzo 1869, si inizia l’attività realizzatrice delle delibere adottate, opera-cui si accinse con eccezionale entusiasmo il prof. Francesco Ravano nella sua qualità di presidente eletto.
Dal suo intervento al II Congresso, tenuto a Genova pochi mesi dopo e cioè nel settembre del 1869, in cui riferì
all’Assemblea sui risultati conseguiti dalle prime iniziative, è da ritenere che le determinazioni prese dal I
Congresso trovarono non poche difficoltà in sede di applicazione.
Tuttavia, molteplici furono i risultati positivi che l’opera appassionata e volitiva di Ravano seppe dare alla
Ginnastica italiana, specie se posti in relazione ai limiti di tempo.
L’azione del prof. Ravano ebbe l’eccezionale ausilio di tutti i cultori della ginnastica, primi fra i quali Reyer, Pisoni,
Gallo e Baumann Ma la figura di Ravano, per la passione che lo distinse e per i poliedrici aspetti della sua attività, acquista un risalto che lo pone in una luce particolare.
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I.D. Educazione Fisica
Egli, come lo definì Daniele Marchetti, fu: « un apostolo autentico dell’educazione fisica; uno che lavorò sempre senza
mire di lucro o di onori ma unicamente per un ideale sublime: la formazione di una gioventù sana, forte, coraggiosa,
utile a sé ed al Paese ».
Sin dal 1854, con il fratello Carlo, allestì in un giardino di sua proprietà una palestra ove praticava esercizi di ginnastica insieme con gli amici. Nel 1856, sempre con il fratello, inaugurò una più grande palestra ove si dedicò
all’insegnamento della ginnastica alla gioventù genovese, dopo avere abbandonato l’attività di notaio ed il fratello
Carlo quella di procuratore.
Nel 1861 a seguito di un concorso per esami, fu nominato Luogotenente dei Civici pompieri e anche in questo
settore inserì la preparazione ginnastica. Nello stesso anno fu incaricato, contemporaneamente ad Obermann a
Torino, di tenere il primo corso magistrale a Genova.
Nel 1863, fondò a Genova la Società Ginnastica Operaia e nell’anno successivo, sempre a Genova costituì la
Società Ginnastica Ligure.
Nello stesso 1864, iniziò una lunga serie di pregevoli pubblicazioni con il volume « Della ginnastica antica e
moderna - Trattato teorico pratico secondo i dettami dell’anatomia, dell’igiene e della pedagogia ».
L’opera ricca di ben 200 figure di cui oltre 150 anatomiche, è il primo volume in Italia che studia la ginnastica nei
suoi vari aspetti. In essa Ravano, oltre a mostrare una profonda conoscenza della storia dell’educazione fisica e a
sostenere sue personali valuta-zioni sulla sua origine e sul suo successivo sviluppo, si rivela scrittore di valore nonché vero esperto in tutti i campi della ginnastica che illustra con intuizione di notevole interesse.
Nel 1868 aprì un apprezzato Istituto di educazione fisica correttiva, citato ad esempio da Paolo Mantegazza e nel
1873 fondò, con il prof. E. Calezia, e diresse per molto tempo l’Istituto dei rachitici.
Non fu solo uno studioso dei problemi della ginnastica, ma anche un uomo d’azione che nel 1859 e nel 1866,
con i suoi ginnasti, seppe combattere per l’Italia, dimostrando, così, validi i concetti che dall’antichità, e nella sua
valutazione, erano propri della ginnastica: militare, medico, educativo.
Nel 1869, come già detto, fu a Venezia tra i fondatori della Federazione Ginnastica Italiana, assumendone la
Presidenza ed organizzando a sue complete spese il I Concorso e Congresso ginnastico.
Se si tiene conto che per tale organizzazione spese ben 33 mila lire, somma notevole per l’epoca, si può affermare
che ten gli si addica anche il titolo di mecenate della ginnastica.
Attività, quindi, disinteressata oltreché appassionata che nel tempo si ripete; fece, tra l’altro, stampare - sempre a
proprie spese - la voluminosa tesi di laurea di Emilie Baumann dal titolo : « La ginnastica nei suoi rapporti con la
medicina e l’igiene ».
Fu, inoltre, oratore caldo ed elegante, chiamato spesso a tenere applaudite conferenze.
Il pensiero di Ravano non fu ancorato alla tradizione, ma seppe essere in evoluzione continua con il progresso,
mostrando una viva modernità di idee costantemente aggiornate alle rinnovantesi esigenze della ginnastica e dei
giovani. Sono sempre presenti, in ogni sua trattazione, quelle cognizioni scientifiche che oggi sono giustamente
tenute nella dovuta considerazione, ma assolutamente innovative per i suoi tempi allorché gli insegnanti di educazione fisica davano al loro insegnamento un’impostazione dominata dallo empirismo.
Dopo avere insegnato per oltre 60 anni, creando contemporaneamente solide basi alla ginnastica italiana, il 15
maggio 1915, il prof. Ravano fu collocato a riposo con L. 3.30 di pensione al giorno.
Iniziò allora una vita meno intensa, ma non per questo tralasciò di interessarsi ai problemi della ginnastica che
seguì con vivace attenzione sino a quando il 1° marzo 1930, improvvisamente si spense a Genova.
Fu un lutto per la ginnastica italiana che in Lui aveva avuto un grande Maestro e un precursore, capace di intuire le necessità del momento e di dettare gli elementi della ginnastica moderna.
Ma a Lui ed agli altri cultori che nel 1869 si unirono a Venezia va, inoltre, un altro merito che di certo non riveste minore importanza : intuendo il maturarsi di un nuovo spirito fra i giovani dettero inizio alla vita associativa
dello sport italiano.
Infatti, or è più di un secolo la ginnastica era lo sport, poiché in essa si identificavano tutte le discipline sportive
che solo successivamente si differenziarono fra loro.
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La Ginnastica, quindi, va giustamente orgogliosa di essere stata la matrice di tutte le altre discipline sportive che
in essa vedevano il centro coordinatore e propulsore.
Solamente la ginnastica per l’esperienza e la diffusione già conseguita nella prima metà del secolo XIX, poteva validamente porre il problema dell’unione delle Società che si dedicavano alla pratica dello sport.
Il grandioso sviluppo dell’attività sportiva, poi, e la necessità di specializzazione degli atleti hanno portato via via
alla qualificazione delle varie discipline, nelle quali tutte, però, si ritrova una base che decisamente va riferita alla
ginnastica.
Il processo evolutivo che ha determinato la nascita delle altre discipline sportive non ha avuto la sua origine esclusiva nella sentita necessità di differenziazione, bensì è stata conseguente alla stessa evoluzione interiore della ginnastica che, attraverso la sensibilità dei suoi organi, ha provocato quell’indirizzo di specializzazione tecnica che oggi
consente di pretendere dai ginnasti
prestazioni ritenute irraggiungibili cento anni or sono.
I tempi, maturi per la ginnastica, trovarono il favore degli entusiasmi determinati dall’Unità Nazionale, particolarmente sentiti tra i giovani educati alla lealtà della palestra in ogni luogo d’Italia. L’impulso che ne derivò all’attività della ginnastica ed al suo sviluppo fu subito enorme.
II coordinamento effettuato dalla Federazione e la sagacia dei suoi Fondatori fecero rapidamente sentire in ogni
regione il valore determinato dall’unità degli sforzi per migliorare ed incrementare la disciplina sportiva.
Le altre discipline, pertanto, non mancarono di considerare la fondamentale importanza dell’iniziativa presa dalla
Ginnastica italiana, per cui successivamente ebbe inizio quel processo di organizzazione unitaria delle singole attività sportive, perfezionatasi, poi, con il coordinamento di tutte le Federazioni nel massimo Organo sportivo nazionale, il CONI.
Bibliografia
Riccardo Agabio - Ginnastica generale - edit. Soc. Stampa Sportiva - Roma
Angelo Riva - Cento anni di vita della F.G.I. - edit. La Tipografica - Roma
Serafino Mazzarocchi - Trattato di educazione fisica - I^ vol. Ginnastica - edit. Mareggiani-Bologna
Bruno Grandi - Didattica e metodologia della ginnastica artistica - edit. Soc. Stampa Sportiva - Roma
Karl Pock - L’A.B.C. della ginnastica - Soc. Stampa Sportiva - Roma
Valletti - Baumann - Guida illustrata per l’insegnamento della ginnastica - edit. F.G. Valle - Roma
Gaverdovskij - SmolevskiJ - Organizzazione, programmazione, tecnica dell’allenamento nella ginnastica artistica –
edit. Soc. Stampa Sportiva - Roma
A. Maglietta Ruffa - Storia, tecnica e didattica della ginnastica ritmica - edit. Stampa Sportiva - Roma
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I.D. Educazione Fisica
I.D. Educazione Fisica
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Intervento di Bruno Grandi
Ho ascoltato i vostri interventi e vi devo dire che il nostro mondo si attrae da una parte una grande simpatia e dall’altra una grande antipatia. Purtroppo di tutto questo siamo responsabili noi insegnanti; io mi considero un insegnante perché per molto tempo ho insegnato sia a scuola sia a livello universitario, presso gli ISEF di Urbino,
Bologna, Roma. Quindi mi sono fatto la bellezza di 20 anni presso gli Isef e credo di conoscere bene il nostro
mondo.
Ci attraiamo questo doppio aspetto di simpatia e antipatia per una serie di motivi.
Nel primo dopoguerra l’insegnante di ginnastica viene visto come una figura emblematica del fascismo e ne ha
tratto di conseguenza gli effetti negativi per molti anni; poi la costituzione degli Istituti Superiori di Educazione
Fisica ha riequilibrato un po’ le cose.
L’educazione fisica veniva assorbita totalmente dallo sport, per cui è rimasta pellegrina nelle mani di tante speculazioni ideologiche e lo sport è quello che domina il paese. Ci manca poco che domini il paese. E quello sport che
doveva essere penalizzato in maniera adeguata per recuperare una certa dignità, non lo è stato e tutto è ritornato
nella normalità. Non vorrei che dovessimo piangere per qualche altro avvenimento, come è stato in quest’ultimo
periodo per gli incidenti che si sono verificati.
Purtroppo la dominante è questa: si è perso il concetto di educazione fisica.
Ho fatto parte della commissione gestita dalla professoressa Daccà quando gli ISEF sono stati trasformati in corsi
di carattere più titolato, universitario (come se prima non lo fossero stati…).
Ho sempre ritenuto che il passaggio sarebbe stato pagato da quella che è la vera scienza motoria, perché avendo
vissuto per vent’anni presso gli ISEF, mi sono sempre reso conto che le cose erano fatte abbastanza male. C’era
poca serietà; c’era una dominante delle materie tecniche, fatte e non fatte.
“Fatte” nel senso della comunicazione e non sotto l’aspetto scientifico.
Per parti scientifiche intendo anatomia, fisiologia, endocrinologia, meccanica del movimento (conoscere i rapporti di causa effetto che il movimento produce sull’organismo), sulla quale quasi tutti gli istituti hanno insistito troppo poco; noi invece dovremmo essere maestri della meccanica del movimento.
Quindi Istituti Superiori un po’ nel limbo, che volevano fare 33 materie in tre anni, quando tutti i corsi universitari fanno 23/24 esami; un superfluo enorme, approfondimenti minimi sugli aspetti di cui noi dovremmo diventare padroni, i tecnici.
Io spesso ho detto ai miei studenti: “ l’educazione fisica è una grande scienza se è fatta bene, ma è gran poca cosa
se è fatta male.”
E noi spesso la facciamo male, soprattutto nell’ambiente dove dovremmo stare, che è la scuola, e ci attiriamo delle
critiche dal mondo culturale classico.
Alla fine della giornata ci rendiamo conto che abbiamo giocato molto (e non dico a cosa se no penalizzo sempre
lo stesso sport) e abbiamo fatto poca educazione fisica, innestando già nei bambini (quando la fanno) il pregiudizio di fare qualcosa di inutile, non facendogli capire invece che stanno facendo qualcosa di importante per la loro
vita futura; perché finché si è giovani tutto va bene, ma dopo i trent’anni iniziano a manifestarsi alcuni fenomeni
degenerativi.
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I.D. Educazione Fisica
Allora questo patrimonio i ragazzi dovrebbero portarselo dietro con il convincimento di farlo per sé stessi, per la
collettività nella quale vivono.
Dovremmo conoscere di più la nostra materia, la tecnica del movimento, soprattutto nell’ambito della ginnastica
medica, termine che non apprezzo molto, e che non ho mai considerato come terapia fondamentale, ma d’appoggio al recupero funzionale.
Anzi, il recupero funzionale, fisiologicamente studiato, ha dato molta conoscenza al mondo dello sport, molto di
più di quello che la fisiologia e la fisioterapia abbiano recuperato dallo sport, perché lì siamo a livelli estremi, ai
quali arrivano in pochissimi: ha valore come conoscenza di quello che possono essere i limiti verso i quali l’uomo
può arrivare, con tutti gli aspetti positivi che possono essere riversati nella conoscenza scientifica.
Sono stato per diciotto anni Vicepresidente del comitato olimpico italiano (CONI) e in qualità di professore di
ed. fisica mi mandavano nei convegni e avevo rapporti col ministero. Il sindacato ha sempre difeso le cose più
sbagliate.
Ad esempio, io ritengo che l’educazione fisica non possa essere fatta nell’orario curricolare. Non posso portare il
ragazzo dopo un’ora di matematica, in un ambiente lontano, dove tra spogliarsi e rivestirsi farà al massimo, di
movimento fatto bene, venti minuti, se l’insegnante ha coscienza.
Quindi dobbiamo portare fuori l’educazione fisica dall’orario curricolare, ma non perché non faccia parte del processo educativo globale del soggetto. Non è né compensazione né svago, ma spesso, purtroppo, è una scusa per
fare i compiti per l’ora dopo.
Come vedete sono critico a 360° sul nostro mondo.
Non so se sapete cos’è la ginnastica artistica nel mondo. Sono più di venti anni che lotto contro la precocità agonistica. La ginnastica artistica viene fatta fare a soggetti giovanissimi perché gli apprendimenti motori neurologicamente sono più facili dai 4 ai 14 anni che a 20, come le lingue.
Dalle Olimpiadi di Monaco nel 1972, con Olga Korbut, si iniziò ad esaltare la precocità.
Dal ’72 io combatto quest’idea perché ritengo che la ginnastica deve essere artistica e non acrobatica. Nel 2011
ho ottenuto dall’assemblea che per la qualificazione olimpica di Londra (2011) le ragazze non potranno avere
meno di sedici anni, quindi potranno essere già maturi fisiologicamente.
C’è grande speculazione nel mondo. Sono stato criminalizzato per averlo umanizzato. Se voi aveste visto i centri
di addestramento di un certo paese, di cui non faccio il nome perché è affiliato alla mia federazione, avreste visto
fare delle cose per cui in Italia si va in galera.
Tornando all’educazione fisica, dobbiamo avere molta coscienza per affrontare sul piano culturale la nostra
materia, che io considero una scienza se è ben fatta: la scienza della geometria del movimento, della fisiologia del
movimento, della meccanica del movimento. Bagaglio di nozioni indispensabili. Siamo lontani un secolo.
Dio vi benedica per quello che fate, andando alla ricerca della vera scienza e della vera cultura.
Ho avuto paura che SIEF fosse un’altra sigla sindacale e allora non avrei sicuramente partecipato, ma non perché
sono antisindacalista ma perché si fa del sindacalismo a carattere corporativo e speculativo, ma non per la materia.
A livello internazionale ho costituito delle scuole di ginnastica. Chi vuole diventare tecnico deve avere un brevetto rilasciato dalla nostra federazione. Così si passerà da un mondo empirico a un mondo scientifico. Spero che i
miei successori abbiano il buon senso di continuare sulla stessa strada.
Buon lavoro e continuate.
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Il De arte gymnastica negli educatori fisici successivi
F. Reitano
Nell’anno 2000 venne pubblicata una riedizione italiana del “De arte gymnastica” di Girolamo Mercuriale
(1569), la cui introduzione curata dal professore Jacques Gleyse dell’ Università di Montpellier ad un certo punto
recita così:”questo capolavoro monumentale sta all’ educazione fisica come il Colosseo a Roma, il Louvre a Parigi,
le piramidi all’ Egitto. E’ prezioso come un affresco del suo contemporaneo Tiziano o come l’ opera di Niccolò
Copernico “sul moto dei corpi celesti”.
L’opera di Mercuriale infatti è il trattato più completo che ci possa essere sulla storia della ginnastica antica e per
dirla con le parole dell’autore fu scritto per “rimettere in luce un’ arte oscura e quasi distrutta, che però un tempo
ebbe un altissimo valore.”Un libro dove dopo secoli di oscurantismo medioevale, mortificazioni corporali e penitenze, il corpo umano ,qui vero oggetto di studio, si riappropria di un valore e di una dignità ed è riconosciuto
suscettibile di ottenere e conservare attraverso la ginnastica la buona salute. Sia per l’autorevolezza del personaggio che lo scrisse, sia per i suoi contenuti ebbe una grande risonanza e fortuna in Italia e in Europa e segnò il
momento di fondazione di una disciplina che da allora in poi “ebbe le carte in regola per avviare il suo cammino
verso la sistematizzazione scientifica”.
Tra gli altri ebbe inoltre il merito di stimolare i medici, i pedagogisti e coloro che erano interessati alla ginnastica a studiare gli autori greci e romani ivi citati e di convincere gli stessi della necessità di ripristinare quest’ arte
nella società e di cercare tutti i mezzi per migliorarla.
Non a caso i contenuti di quest’ opera hanno costituito un filo conduttore nella storia dell’ educazione fisica, se
non altro fino al momento in cui essa è stata “grande”; ed anche se ogni Maestro ha dato un importante contributo e un tocco di originalità al proprio metodo alla luce delle conoscenze scientifiche e pedagogiche del tempo e
della situazione politica che si trovava a vivere, non vi è dubbio che i fondatori delle maggiori scuole di ginnastica in Europa siano stati ispirati da questo testo in maniera più o meno consapevole.
Vorrei ora sintetizzare in quattro punti quelli che fra i contenuti del “De arte” hanno continuato a vivere nell’
opera e nelle attività degli educatori fisici successivi:
Innanzi tutto l’idea di considerare la ginnastica una panacea universale per molti mali fisici e psichici e la convinzione che essa debba essere praticata da tutti ( Mercuriale esclude solo i febbricitanti ), purchè si sia scrupolosi nella
scelta del metodo, nel dosaggio degli esercizi e che si personalizzino a seconda dei casi.
La chiara distinzione tra i diversi tipi di ginnastica, in questo caso fra la ginnastica bellica (destinata alla preparazione dei militari), quella atletica detta anche viziosa ( corrispondente al moderno sport) e la legittima o medica
chiamata così solo perché facente parte della medicina profilattica. Nel corso dei secoli le classificazioni dei diversi tipi di ginnastica sono state più o meno ampliate o rimaneggiate;però bisogna notare che fino quando gli insegnanti sono stati consapevoli di queste distinzioni e cioè fino a quando hanno coltivato lo studio della storia della
loro materia, non c’è mai stata la confusione che oggi regna sovrana .E anzi quando dai paesi anglosassoni verso
la fine dell’800 iniziò diffondersi la moda dei giochi e dello sport, la categoria fece sentire la sua voce critica e fu
ben agguerrita nel rivendicare il ruolo preminente della ginnastica rispetto a questi ultimi ,
La raccolta stessa degli esercizi riesumati da Mercuriale e da lui sistematizzati è stata ed è per certi versi ancora un
punto di riferimento; ad essa dalla fine del Settecento in poi venne aggiunto lo studio dei grandi attrezzi di scuo-
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la tedesca, svedese e francese .Le attività che il medico forlivese classificò nella ginnastica palestrica e saltatoria
(quelle classiche come la lotta, il pugilato , i lanci, i salti e poi la danza e i giochi con la palla) furono ad esempio
le materie di base nell’istituto” Filantropino”di Dessau in Germania diretto dal Basedow alla fine del Settecento,
che fu la culla dell’ educazione fisica moderna e poi anche a Schnepftental dove essa prese definitivamente slancio
con Federico Guts Muths (1759-1839) che nel suo libro “Ginnastica per la gioventù”, pubblicato nel 1793 dice
:”la celebre opera sulla ginnastica di Mercuriale fu scritta da un medico che voleva soprattutto rendersi utile ai suoi
contemporanei e incoraggiarli a rimettere in uso antichi ed ottimi esercizi, onde rendere più sani e forti i loro
corpi.”Più tardi, nei primi anni dell’ ottocento, con lo Jahn, la pratica della ginnastica acquisterà una nobiltà il
nuoto, i giochi e la danza .Quando poi Mercuriale analizza attività come il passeggio, la corsa, l’equitazione, il
trasporto, la navigazione, il nuoto, le salite alle funi e i vari generi di combattimento, non si può non andare con
la mente al decalogo di Georges Hebert(1875-1957) ed anche al metodo eclettico del suo maestro Francisco
Amoros (1770-1847) che tra l’ altro come l’autore del “De arte” riconosce grande valore allo studio del canto per
i benefici che può apportare al fisico, ai costumi, ai caratteri e a tutta l’educazione.
La descrizione dei bellissimi ginnasi greci e delle palestre romane riportate nella prima parte dell’opera, e della vita
che ferveva intorno a questi luoghi, deve aver suggestionato e non poco quei maestri che tentarono di riportare
la ginnastica agli antichi fasti. Mi vengono in mente le splendide descrizioni degli ambienti in cui lavorarono i
tedeschi Guts Muths e Jahn o lo Spiess in Svizzera, o le diverse scuole dell’ Amoros che in un passo del suo
“Manuel (1830) scrive:” Nulla deve essere trascurato nell’arredamento delle palestre. Esse debbono concorrere a
creare nei giovani un grande fervore altruistico: le pareti devono contenere scritte e massime edificanti, gruppi
scultorei, ricordare atti di abnegazione e di altruismo, resi possibili dalle abilità acquistate attraverso l’educazione
fisica.”
In Italia il libro fin dal Seicento fu oggetto di grande attenzione da parte degli studiosi. Gli stimoli forniti dal
Mercuriale furono sicuramente raccolti e messi in pratica dai fondatori della ginnastica italiana di fine dell’800
come Costantino Reyer ed Emilio Baumann (che tra l’ altro si laureò alla facoltà di medicina con una tesi dal titolo“ la ginnastica nei suoi rapporti con la medicina e l’igiene), poi più tardi da personalità come Mario Gallo e
Carlo Pais, medico ortopedico, che nel 1952 fondarono la Società Italiana di ginnastica medica. Nel ‘900, educatori fisici come Walter Brunoni e Michele Bartoli fra gli altri, dedicarono i loro scritti all’ analisi di quest’ opera.
Dopo la guerra comunque quando la situazione dell’ educazione fisica andò peggiorando, chi scrisse di Mercuriale,
lo fece spesso distorcendo il suo messaggio magari facendolo anche passare per un crociato dello sport, nonostante nella sua opera egli ribadisca più volte di essersi voluto occupare solo della ginnastica “medica”e di concordare
pienamente con Galeno nel definire la ginnastica atletica (ossia lo sport) una “mala arte”, in quanto gli atleti “
mentre con la speranza della vittoria e del premio miravano ad ingrossare il corpo e ad acquisire robustezza, rendevano invece la mente ottusa, e tutti i sensi duri intorpiditi e pigri.”
A tutt’oggi il libro di Mercuriale è sconosciuta al grande pubblico ed anche alla maggior parte degli educatori fisici; eppure la lettura di opere di questo tipo come del resto la conoscenza della illustre storia della ginnastica avrebbero il potere di risvegliare nella nostra categoria l’ orgoglio per l’ insegnamento e la diffusione della nostra materia alla quale un così glorioso passato conferisce sicuramente dignità e importanza. Forti di tutto questo sapere
non ci saremmo fatti così facilmente disorientare e poi scippare il posto dallo sport , dal fitness, dalla psicomotricità e da tutte le altre novità più o meno credibili.
Mi piacerebbe concludere con una frase di Antonio Bianchini che nel 1884 presentando l’opera di Girolamo
Mercuriale scrisse: ”Pare a moltissimi altro non essere la ginnastica che un trastullo da giovinetti, o un mestier di
giullari, o a farle il più grande onor che si possa, un ammaestramento per coloro che devon trattar le armi . Io non
so dire se questa erronea ma universale opinione abbia fatto spregiare e dimenticare uno studio in altri tempi
comune; o piuttosto le nuove forme di reggere i popoli (diversi ma non superiori alle antiche) abbiano tolto a
quest’ arte la vita, la nobiltà e la memoria.”
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Bibliografia
Arte ginnastica - G. Mercuriale Minerva Medica 2000
Storia dell’ educazione fisica e sportiva - Michele Di Donato, Ed. Studium Roma 1962
La figura e l’opera di Girolamo Mercuriale in relazione alla situazione attuale dell’educazione fisica - Cristina Baroni
e Marco Pecchioli, Tipografia artistica fiorentina
Ginnastica, educazione fisica e sport dall’ antichità ad oggi - Jacques Ulmann, Armando editore 1973 Roma
Francisco Amoros pioniere e fondatore dell’ educazione fisica in Francia e in Spagna - Adriano Lenzi, Società Stampa
Sportiva Roma 1983
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I.D. Educazione Fisica
I.D. Educazione Fisica
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La situazione attuale della “ginnastica”
Che ne è dei grandi insegnamenti dell’educazione fisica?
Marco Pecchioli - C. Baroni
Oggi nella terminologia ufficiale il termine “ginnastica” non esiste più, tranne che per indicare lo specifico Sport della
“Ginnastica artistica, oppure ritmica, oppure attrezzistica”. Il nome dell’attuale corso Universitario in Italia è:
“Corso di Laurea in Scienze Motorie”
e non certo di “Ginnastica”, o neppure di “Educazione Fisica”.
Le singole materie previste nel piano di studio di quel Corso di Laurea sono denominate col termine di
“Attività Motoria”
Poi esiste il termine Sport.
Da nessuna parte si legge il termine “ginnastica”.
Così:
Teoria Tecnica e Didattica dell’ Attività Motoria per l’Età Evolutiva
Teoria Tecnica e Didattica dell’ Attività Motoria Preventiva e Compensativa
Ecc.
Così:
Teoria Tecnica e Didattica degli Sport Individuali
Teoria Tecnica e Didattica dell’ Attività Motoria e Sportiva Adattata
Teoria Tecnica e Didattica degli Sport di Squadra
Ecc.
Uscendo dal campo degli studi universitari, nel parlare comune, o nelle disposizioni amministrative e nelle decisioni politiche, la terminologia dominante è quella di
SPORT
ATTIVITA’ MOTORIA
ATTIVITA’ FISICA
FITNESS
WELLNESS
EDUCAZIONE MOTORIA
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I.D. Educazione Fisica
STRETCHING
PSICOMOTRICITA’
FISIOTERAPIA
CHINESITERAPIA
Ecc. ecc.
Ma mai GINNASTICA.
Fa eccezione la “Società Italiana di Ginnastica Medica, Medicina Fisica, Scienze Motorie e Riabilitative”. Qui in
modo evidente viene tenuto ben distinto proprio nel titolo, come per dire “a scanso di equivoci”, che “Ginnastica
Medica” è diverso da “Scienze Motorie e Riabilitative”, tant’è vero che è necessario indicare tutti e due i termini
ad asseverarne la distinzione. Tale distinzione, se il Corso di Scienze Motorie fu istituito proprio per prendere il
posto dei preesistenti ISEF, resta ambigua.
Si badi bene che tutti questi nomi vengono suggeriti e messi in campo dai Diplomati ISEF, o dagli attuali
Scienziati Motori, o dai docenti delle Università e corsi di studi Universitari relativi a tali materie. Sono loro che
guidano la terminologia e le scelte decisionali che poi sono nelle mani dei politici e degli amministratori della cosa
pubblica in merito a ciò ed a loro i politici si rivolgono perché loro sono gli esperti, le figure professionali “competenti” per indicare i nomi e l’oggetto da realizzare in pratica.
Una curiosità:
scorrendo i programmi presentati dai docenti universitari per le proprie materie – anno accademico 2005-2006,
mi sono imbattuto in queste frasi che qui riporto come le ho scaricate da INTERNET.
“Finalità del corso (si tratta di “Teoria Tecnica e Didattica dell’Attività Motoria Preventiva e Compensativa” del
CORSO DI LAUREA IN SCIENZE MOTORIE di Firenze):
Il programma europeo 2003-2008 denominato “Europa della Salute” rileva l’importanza dell’inserimento delle pratiche di attività fisica nei sistemi nazionali della Salute riconoscendo all’esercizio fisico una importanza basilare per la
prevenzione di molte malattie “contemporanee” e per l’apprendimento di corretti stili di vita:
l’attività motoria come prevenzione all’insorgere di molte malattie
l’esercizio fisico come uno degli aspetti da considerare e da promuovere in tutta la popolazione per migliorarne la condizione di salute
l’attività fisica come requisito non eliminabile di promozione alla salute.”
Così si esprime un Docente Universitario introducendo il suo programma ed iniziando dalle Finalità del Corso ed
io ho difficoltà a capire quello che egli voglia significare perché dalle espressioni usate viene spontaneo di chiederci quale sia la differenza fra l’attività motoria e l’attività fisica e che cosa sia l’ersercizio fisico di cui sono o dovrebbero essere fatte quelle due diverse “attività”.
Non mi dilungherò a discutere dei programmi e delle materie di studio della Facoltà e Corsi di Scienze Motorie
e semplifico affermando che essi sono in linea con la preparazione di uno studioso che debba dedicarsi agli studi
del movimento ad un livello teorico, ma non certo applicativo. Per essere più chiari, nella palestra della scuola
media “Carducci”, si presume che il Professore di Educazione Motoria e Sportiva (sembra essere questo il nome
attuale) dovrà insegnare ai suoi alunni gli esercizi e/o gli Sport e non potrà dedicare il tempo delle sue ore di lezione alla spiegazione delle problematiche di Biochimica, di Fisica Meccanica, di Biologia Applicata, di Farmacologia,
o di Elettronica Biomedica...
I.D. Educazione Fisica
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Sempre sintetizzando, ben venga la “Facoltà di Scienze Motorie” e siamo tutti d’accordo, ma bisognerebbe allora
essere d’accordo anche sul fatto che sarebbe opportuno istituire adesso, prima possibile, la “Facoltà di Ginnastica”
che oggi manca. Essa manca perché c’è assoluto bisogno di esperti di Ginnastica che la conoscano bene e che la
sappiano insegnare, magari seguendo le indicazioni di scienziati che dello studio fine a se stesso del movimento fanno
la loro professione e per tale compito vengono preparati da specifici corsi Universitari come Scienze Motorie, che
già è stato istituito. L’equivoco però è che tale corso universitario era stato istituito per sostituire a pieno titolo i
precedenti ISEF e non per un obiettivo diverso dalla Educazione Fisica e dalla Ginnastica.
Forse deve essere difficile a capire, ma lo studio della Ginnastica è uno studio estremamente difficile ed
eclettico...ed anche molto selettivo, perché poche possono essere le persone capaci di studiare e di imparare fino al
punto di poterla insegnare ad altri, una materia così impegnativa che pone sotto pressione massima il fisico e l’intelligenza di una persona, come pure le sue capacità mnemoniche e morali.
Il massimo del degrado attuale però lo si legge nella definizione di SPORT data dal Consiglio d’Europa, Carta
Europea dello Sport 1992, art.2.:
Definizione di SPORT:
“QUALSIASI FORMA DI ATTIVITA’ FISICA CHE, ATTRAVERSO UNA PARTECIPAZIONE ORGANIZZATA O NON ORGANIZZATA, ABBIA PER OBIETTIVO
L’ESPRESSIONE O IL MIGLIORAMENTO DELLA CONDIZIONE FISICA E PSICHICA,
LO SVILUPPO DELLE RELAZIONI SOCIALI
O L’OTTENIMENTO DI RISULTATI IN COMPETIZIONI DI TUTTI I LIVELLI”
Proviamo a fare degli esempi per capire se calzano a questa definizione, ma anche per capire se questa definizione
sta in piedi.
Esempio n. 1
Una squadra di calcio giuoca in uno stadio per vincere la partita ed il relativo premio, in presenza di un pubblico
di tifosi urlanti, alcuni dei quali hanno anche scommesso su chi dovrebbe vincere.
Secondo la definizione questo è SPORT.
Esempio n. 2
Un gruppo di persone si sono incontrate al maneggio una domenca mattina e passeggiano a cavallo lungo una
spiaggia del mare.
Secondo questa definizione anche questo è SPORT
Esempio n. 3
In una palestra un gruppo di anziani, ciascuno con la sua artrosi, fa degli esercizi specifici e precisati, sotto la guida
di un Maestro di Ginnastica.
Secondo questa definizione questi anziani fanno SPORT
Esempio n. 4
Passando col treno vedo in un campo un gruppo di agricoltori che zappano insieme la terra del loro campo e mentre zappano cantano in coro una musica per darsi il ritmo.
Secondo questa definizione questi fanno SPORT
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I.D. Educazione Fisica
Esempio n. 5
Un signore di mezza età si mette a tavola davanti alla sua scacchiera e studia delle mosse esercitandosi per domani quando giocherà col vicino di casa.
Secondo la stessa defnizione questo signore fa Sport.
Questi cinque esempi sono molto diversi fra di loro, ma soprattutto non sono e non possono essere la stessa cosa
e quindi non possono essere indicati con lo stesso nome, altrimenti resta molto difficile capirsi, anche tra non
scienziati...ma soprattutto diventa difficile giustificare per tutte una certa spesa di denaro pubblico, come pure una
specifica promozione alla loro pratica...
Così, questa definizione non ha assolutamente le caratteristiche per trovare posto in un contesto scientifico.
Eppure è la definizione data dal Consiglio d’Europa ed è scritta nella Carta Europea dello Sport. Ma chi erano
quelle persone che l’anno formulata ? Quali competenze avevano per meritare di fare una cosa del genere? Quali
società scientifiche hanno consultato per addivenire ad una simile formulazione così equivoca ? Chi dà loro l’autorità e quale vaolre ha una tale definizione ? Ma soprattutto quali conseguenze sul piano applicativo, ossia politico ed economico e sociale ne sono scaturite ? ...Hanno mai letto Girolamo Mercuriale quelle persone così altolocate ?
Secondo un buon senso condiviso, almeno mi auspico, il signore dell’esempio n. 5, che studia gli scacchi (il giuoco degli scacchi è uno sport riconosciuto dal CONI) fa del “passatempo”. Questo è il termine già esistente nella
nostra lingua e condiviso da tutti. Non importa scomodare lo Sport.
Gli agricoltori che zappano la loro terra cantando – esempio n. 4 - stanno lavorando e quello è “lavoro”, ma non
certo Sport.
Quelle persone a cavallo di domenica – esempio n. 2 - stanno passeggiando a cavallo e possiamo dire che anch’esse facciano un bon uso del loro tempo libero, ma non Sport. Forzando un po’ i termini, potrebbeo fare della “ginnastica” se magari si mettessero a studiare degli esercizi a cavallo, o dei percorsi particolari.
Quegli anziani in palestra – esempio n. 3 - stanno facendo proprio della ginnastica; ma in italiano si chiama già
da almeno 4 secoli ginnastica, come ci ha insegnato il Dott. Girolamo Mercuriale e non è necessario scomodare
lo Sport.
Quei calciatori - del primo esempio - stanno facendo proprio Sport e quello si chiama e si deve chiamare Sport,
per distinguerlo dal lavoro, dalla ginnastica, dal passatempo e queste sono quattro cose completamente diverse e
NON POSSONO essere accomunate in un solo termine, altrimenti diventa impossibile capirci; altrimenti come
possono fare ad orientare le loro scelte politiche, sociali ed amministrative i Ministri, gli Assessori, gli
Amministratori in generale della cosa pubblica ? Perché lo Sport è e deve essere proprio Sport, con quelle caratteristiche, con i tifosi che scommettono e che urlano e si sfogano delle loro frustrazioni, con i campioni che vincono e che meritano i lauti premi come accade nel Tennis, con gli stadi “a norma di legge” per evitare che i tifosi si
scannino fra di loro, perché quello è ed è necessario che così sia lo Sport, distinguendosi dalla Ginnastica che è e
deve essere proprio Ginnastica, con quelle specifiche caratteristiche della Ginnastica già dettate dal Mercuriale,
distinguendosi dal lavoro, che è e non può che essere proprio lavoro, distinguendosi dallo Sport, che è e non può
che essere Sport e distinguendosi dal passatempo, che è e resta e deve essere passatempo e non può essere ginnastica, o Sport, o lavoro, altrmenti non è più passatempo...Non è quindi ammissibile usare un solo termine, quello di Sport per indicare tutte queste diverse voci. Il nostro vocabolario non può essere così primitivo.
Devo precisare per timore di essere frainteso e non voglio assolutamente essere frainteso, che non sto parlando di
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che cosa sia da preferire, che cosa sia meglio, che cosa sia più utile e così via dicendo. Questi sono ben altri discorsi che io non voglio neppure sfiorare in questa sede. Sto soltanto dicendo che bisogna tenere distinte le cose
quando ci si esprime, perché è necessario capire e farsi capire in modo inequivocabile. Questo prinicipio vale tanto
più quanto più alte sono le responsalbilità e quanto più alta è la posta in giuoco.
La scienza si caratterizza per la ricerca della verità verificabile, documentabile e ripetibile. Gli scienziati per capirsi fra di loro studiano per prima cosa in assoluto il significato dell’oggetto dei loro studi e la Terminologia così
derivata è la base ed il linguaggio per la trasmissione certa ed assoluta, ossia priva di possibilità di equivoco, del
pensiero scientifico nello spazio e nel tempo.
Allora come si fa a capirsi se secondo questa definizione “autorevole”, col termine “SPORT” si riuniscono concetti diversi ed anche antagonisti fra di loro ?
Questo fatto blocca qualsiasi possibilità di discussione e per corollario qualsiasi scelta decisionale, perché ogni volta
che si pronuncia il termine “Sport” in una discussione, o in una controversia, o in un contesto qualsiasi, come può
essere un Convegno, un articolo di giornale, un libro di scuola, un Congresso di medicina o una Conferenza tra
politici, ecc., non è chiaro di che cosa si stia parlando, se dell’uno, o dell’altro, o dell’altro ancora dei concetti insiti nella definizione di una sola e stessa parola “SPORT”. Per esempio non è più possibile in base a questa definizione affermare che “...lo Sport fa bene”. Di quale accezione del termine Sport sto parlando ?
Questa definizione può trovare spazio in un ipotetico dizionario della lingua parlata dalla gente comune e senza
compiti di responsabilità politica, sociale, amministrativa, scientifica, ecc., ma non può essere inserita in un elenco terminologico di una scienza, per scienziati che quando parlano o studiano devono sapere che cosa dicono e
che cosa studiano per potersi capire fra di loro e farsi capire, per dare alla gente comune la certezza della scienza
che quella gente comune si aspetta e pretende da loro. Così “...lo Sport fa bene ?” Se è sì si promuove e bisogna
promuovere lo Sport, ma di fronte alla definizione data dal Consiglio d’Europa che cosa faccio ? A chi do i soldi:
ai calciatori, agli anziani, agli scacchi, o ai cavalieri ? Ma se non facesse bene, che cosa si fa ? Ma la Ginnastica è
nata proprio per far bene, come ci ha insegnato il Mercuriale e fa bene per da vero e la si lascia in disparte dando
i soldi allo Sport perché intanto esso comprende la anche la Ginnastica secondo la definizione del Consiglio
d’Europa ? Ma chi fa poi la divisione dei soldi ? Di tutte le enormi spese per lo Sport, quanti soldi vengono dati
oggi alle scuole per promuovere e diffondere nella sede naturale e per tutta la popolazione la Ginnastica ?
Per precisare ancor meglio il mio pensiero e non mi importa di ripetermi, da quanto la questione mi sembra
importante e attualmente disattesa, sull’importanza delle definizioni e sulla necessità di una loro assoluta chiarezza ed univocità, voglio fare un esempio banale. La parola “sale” presa da sola significa almeno tre cose diverse: il
“sale” da cucina e tutti i sali chimici, le “sale” di un palazzo e “sale” terza persona del presente del verbo salire. Tutto
ciò è vero, ma parlando fra scienziati e dicendo la parola “sale” da sola, non posso capire che cosa essa voglia significare, proprio come la parola “Sport” definita in quella maniera non mi permette di capire quale dei tre significati, che le vengono attribuiti per definizione, si debba intendere.
Passando alla seconda parte della nostra relazione si può dire che i grandi Maestri della Ginnastica e dell’Educazine
Fisica non li conosce quasi più nessuno, neppure tra gli studenti e gli insegnanti di Scienze Motorie. Questa affermazione va intesa in senso statistico e se, tanto per fare un paragone, si pensasse di chiedere ad uno studente di
Filosofia chi era Platone, noi ci disporremmo a sentirci rispondere che egli sicuramente lo conoscesse, altrettanto
non si potrebbe dire - ed ho comunque dei forti dubbi - chiedendo ad uno studente di Scienze Motorie, chi era
Girolamo Mercuriale.
Quando poi noi stessi andiamo a leggere i gandi Maestri della Ginnastica del settecento e dell’ottocento avvertia-
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I.D. Educazione Fisica
mo subito una forte puzza di stantio, che diventa fetore leggendo della Educazione Fisica fascista e nazzista.
Sicuramente molte delle affermazioni di tali Maestri ci spiazzano o contrastano fortemente con le nostre convinzioni e soprattutto con le nostre conoscenze. Dico questo per affermare che i loro libri vanno saputi leggere e riportare al loro tempo. Aggiungo poi che non si devono dimenticare le controversie anche feroci fra di loro, per cui
soltanto quel Maestro è nel giusto e tutti gli altri sono nell’errore. Quindi il nostro pensiero, nel leggere gli scritti dei Maestri della Ginastica e dell’Educaizone Fisica deve essere disponibile al buon senso ed è necessario saper
prendere il buono che ci ha tramandato ognuno di loro e trascurare l’inutile o il superfluo, o quello che non è più
al passo con i tempi. Tutto ciò è molto scoraggiante ed anche difficile e rappresenta comunque un cattivo biglietto da visita per la nostra materia e per gli auspici prospettati dal Mercuriale. Ma vale anche per tutte le altre scienze e ciò per esse è accettato, perché non si dovrebbe accettare per la Ginnastica ?
Concludo dicendo che il caos in cui ci troviamo oggi non è poco e chi ne fa le spese purtroppo è la gente comune che resta senza la Ginnastica nelle scuole e nella vita privata e viene sballottata di qua e di là da messaggi per lo
più guidati dall’interesse commerciale ed orientata così, genericamente, verso lo Sport in modo molto, molto e
pericolosamente improvvisato.
Soprattutto manca, né si intravede una soluzione vicina, un faro guida accettato da tutti, o almeno da una cospicua maggioranza come autorevole e condiviso, per sapere da che parte andare.
La nostra Società Italiana di Educazione Fisica è sorta anche per cercare di dare delle risposte a questo ultimo problema. Speriamo di farcela. Serve anche il vostro aiuto, ma ognuno si deve preoccupare prima di tutto di sapere
che cosa dice...e deve studiare molto e confrontarsi serenamente con altri studiosi, ma veri studiosi e conoscitori
della Ginnastica ed anche della Medicina. Sicuramente sarebbe bene che chi sale in cattedra a discutere di ginnastica, conoscesse almeno Girolamo Mercuriale.
Traducendo queste ultime frasi in una sintesi estrema, la Società Italiana di Educazione Fisica (S.I.E.F.) chiede
aiuto a tutti coloro – e ritengo che non siano pochi – che potrebbero fare qualcosa per ridare alla GINNASTICA
il posto che si merita, soprattutto perché ciò è a beneficio della gente - non tanto della Ginnastica - e le persone
stesse ne avvertono in modo “disastroso” la necessità, dove il termine “disastroso” va letto come danneggiamento
grave dell’organismo col passare degli anni, provocato dalla mancanza della pratica della Ginnastica.
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+ EDUCAZIONE
FISICA
=
- OSPEDALI
- CRIMINALITÁ
> QUALITÁ
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BISOGNA
FARE
PRESTO