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SETUP ART s.r.l.
via Gandino 3
40137 Bologna
[email protected]
www.setupcontemporaryart.com
Location
Autostazione di Bologna
Piazzale XX Settembre 6
40126 Bologna
Presidente
Simona Gavioli
Direttore
Alice Zannoni
Comitato scientifico
Giuseppe Casarotto
Silvia Evangelisti
Galleries Coordinator
Giulia Giliberti
Executive Assistant
Giulia Fasiello
Gaia Fattorini
VIP Relations
Beatrice Bianca Bertoli
VIP Assistant
Michela Cesta
Martina Colozzo
Social Media Coordinator
Lucrezia Giovanardi
Segreteria Organizzativa
Roberta Filippi
Ufficio Stampa
Culturalia di Norma Waltmann
Graphic design
Emanuele Bruscoli, Agenzia NFC
Catalogo edito da
Agenzia NFC
di Amedeo Bartolini & C. sas
ISBN: 9788867260867
© 2016 - SETUP ART S.R.L.
© 2016 - Agenzia NFC
Tutti i diritti sono riservati. è vietata la riproduzione anche parziale dell’opera, in
ogni sua forma e con ogni mezzo, inclusa la
fotocopia, la registrazione e il trattamento
informatico, senza l’autorizzazione del possessore dei diritti.
PATROCINI
Media Partner
SPONSOR TECNICO
Segreteria organizzativa
Partner
Press Office
SER DATA
Solution Expert
Ringraziamenti
Giovanni Allegri e Aleart tutta
Francesco Amante
Matteo e Alessandro Amante
Marco Ascenzi e Monica Gaggi
Il Presidente e il team
dell’Autostazione
Paolo Balboni
Amedeo Bartolini
Beatrice Calia
Massimiliano Capo e Serena Achilli
Paolo Castelli
Ing. Mario Ciammitti
Benedetta Cucci
Stefano dell’Enel
Paolo Degli Esposti
Sommario
Gloria Evangelisti
9
Perchè SetUp?
Carlotta Ferrozzi
25
Premi
35
Indice espositori
205
Special projects
241
Programma culturale
Silvana Montagna
251
Talk
Milena Naldi
289
Special Area
Giovanni Gaggia
Giorgio Gavioli
David Metz e Matteo Cambuli
Luca Molinari
Nonna Zita
Renato Pellizzari e tutto lo staff della P.L.L.
Silvia Raschi
Emmanuele Serra
Massimo Treggia
I ragazzi della Velostazione
Norma Waltmann
Perché
SetUp?
Perché SetUp?
Simona Gavioli
Presidente SetUp Contemporary Art Fair
Alice Zannoni
Direttore SetUp Contemporary Art Fair
Questo testo, “Perché SetUp?”, lo stiamo scrivendo per la
quarta volta. Alle spalle abbiamo quattro anni di esperienza
che ci hanno fatto crescere assieme a questo progetto che
all’inizio sembrava, e forse lo era, una follia. Quattro anni
sono 1460 giorni e non c’è giorno in cui non abbiamo pensato a SetUp. A questa domanda infatti, Perché SetUp?, rispondiamo quotidianamente con il nostro impegno, con il nostro
tempo e con la nostra passione; ormai SetUp è un approccio
all’esistenza, una questione di principio, un dovere, una responsabilità verso noi stesse e verso coloro che hanno creduto in
noi quando SetUp non esisteva, quando ha iniziato a prendere
forma e verso coloro che sceglieranno di farne parte.
Il desiderio di un futuro migliore è la mappa su cui tracciamo
con ambizione il disegno di questo progetto sempre più strutturato; la voglia di fare sempre meglio è quello che ci direziona nelle scelte; l’amore per una professione che coincide con
l’essenza stessa delle persone che siamo è il punto fermo su
cui ruota fin dall’inizio SetUp. Non è cambiato nulla dal primo
anno, se non la consapevolezza che il sogno non è un sogno,
ma una realtà. Sono stati quattro anni “in crescendo”, piccoli
passi fatti di numeri positivi e con la convinzione che tutto ciò
che stiamo facendo ha un senso perché non è autoreferenziale ma coinvolge gli altri. Leggere la soddisfazione e la gioia
negli occhi di galleristi, artisti e visitatori è una prospettiva
che ci fa lavorare di anno in anno con un ottimismo e una
tenacia fuori da ogni limite.
Con queste coordinate noi continuiamo a sognare lo stesso e
il motto resta sempre quel “se si può sognare si può fare” che
dal 2013 ci accompagna assieme a questa impresa apparentemente irrealizzabile.
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Perché SetUp?
Andrea Leonardi
Presidente di Autostazione s.r.l.
L’Autostazione di Bologna è tra le realtà più importanti d’Italia
per quanto concerne la sosta bus relativa al traffico nazionale
ed internazionale di passeggeri. Da quattro anni a questa parte
l’Autostazione ha aderito ad un progetto culturale diventando la
sede dove di svolge SetUp Contemporary Art Fair e con essa,
da ottobre 2015, ospita le attività culturali di Caravan SetUp,
associazione nata da una costola della manifestazione fieristica,
con l’obiettivo di far vivere gli spazi in attesa della loro ristrutturazione.
Seguo SetUp fin dalla prima edizione e dalla terza, in coincidenza con il mio incarico di Presidente di Autostazione, ho visto
crescere questo progetto grazie alla tenacia delle organizzatrici,
grazie alla loro professionalità e alla loro presenza costante sul
campo. Il sostenere SetUp e le sue iniziative sempre frizzanti e
creative ha permesso all’Autostazione e alla città di Bologna di
diventare un luogo di incontro, scambio e condivisione di cultura
e culture, con la consapevolezza che il coraggio di alcune scelte
possono essere la chiave di volta per dare ad un luogo una nuova vita anche con un respiro internazionale.
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Perché SetUp?
Milena Naldi
Presidente Quartiere San Vitale
Perché siamo alla quarta edizione di SetUp? Perché riuscimmo
a partire nel 2013?
Perché esiste, forse, un’alchimia negli incontri che fa nascere
le cose? Perché l’entusiasmo di iniziare nuove avventure trova
seguaci? Perché battere strade non tracciate è affascinante?
Perché andare controcorrente è faticoso, ma bello? Perché
avere un cuore gigantesco che batte per l’amore dell’arte e della
contemporaneità, ovvero della vita, contamina chi ti sta vicino?
Non lo so, ma un mattino di quattro anni fa nel mio ufficio del
Quartiere San Vitale ci incontrammo. Quel giorno conobbi Simona e Alice, un normale appuntamento, come tanti. Cercavano,
come tanti, un luogo, un posto dove svolgere, non si sapeva ancora molto bene, un progetto d’arte contemporanea, forse una
fiera indipendente. Ebbene una profonda vibrazione mi colpì,
qualcosa che colpisce il cuore e il cervello nello stesso momento,
produce gioia e entusiasmo, allarga il sorriso e fa intuire che
qualcosa sta accadendo, non si sa se proprio subito, o tra un po’,
un domani, ma che accadrà. Due donne, diverse, una bionda una
scura, contrapposte, ma complementari, senza nulla da perdere,
e per fortuna, libere. Non so se definirlo un colpo di fulmine o
un’occasione che abbiamo colto insieme, ma dissi, senza troppo
pensare: “Sì il luogo c’è, è l’Autostazione, è vuoto, momentaneamente, è bruttissimo, ma bellissimo, andiamo a vederlo”. E la storia incominciò.
Allora Perché SetUp? perché l’arte, come la vita, come la politica - come le cose che arrivano prima e danno speranza che
la vita abbia un senso - sono e saranno sempre quelle che aggiungono all’intelligenza e alla concretezza una dose di coraggio
che nasce dal cuore. Questo lo si percepisce ed è stato e sarà
sempre il motore vero di SetUp.
Le curatrici le ho viste poi crescere in questi quattro anni,
lavorare duro, tessere relazioni con artisti e collezionisti, fare
nuovi incontri, conquistare apprezzamenti, partner importanti e
rispetto, le ho viste passare dalla incoscienza coraggiosa alla
consapevolezza responsabile; tutto nel furore dell’empatia e
del valore aggiunto che sta nel credere alle proprie passioni,
nell’avere empatia con il mondo. E l’arte è un mondo che mette
in armonia il mondo, anche quando lo distrugge.
Gettare le basi per predisporre il cambiamento quindi non è
cosa banale e allora gettiamo il nostro cuore in SetUp e divertiamoci frequentando gli spazi non più dismessi dell’Autostazione.
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Perché SetUp?
Giuseppe Casarotto
Comitato scientifico
…. Perché come nel campo della ricerca e sviluppo di macchine
industriali, settore in cui opero da anni, il termine setup ricorre
quasi quotidianamente nel definire una serie di operazioni necessarie per l’avvio di un progetto o la messa in produzione di
una nuova macchina, così trovo che anche per l’arte contemporanea il termine setup possa ben rappresentare lo sviluppo di
nuove proposte artistiche, dopo la ricerca il setup, dopo l’elaborazione dei concetti la necessaria preparazione per l’avvio di un
nuovo progetto artistico.
…. Perché penso che la denominazione “Setup Contemporary
Art Fair” possa corrispondere perfettamente allo spirito che
anima questa manifestazione nel presentare al pubblico una
libera proposta artistica non ridondante con le numerose fiere
legate principalmente al secondo mercato, per le quali appunto l’operazione di setup non è necessaria trattandosi di attività
consolidate.
… Perché un collezionista esperto troverà maggior interesse nel
valutare giovani progetti curatoriali, settati con la cooperazione
di gallerista, curatore ed artista nel proporre la miglior espressione contemporanea del fare arte.
… Perché l’aspetto più interessante per il collezionista, per il direttore di un museo, per il critico e curatore nel frequentare le
fiere è quello della scoperta di giovani talenti senza l’obbligo di
attraversare booths che presentano lavori più o meno importanti, ma sempre di artisti consolidati.
… Perchè l’arte contemporanea è giovane per definizione ed il
format di SetUp Contemporary Art Fair punta esclusivamente
sugli artisti e curatori under 35; escludendo qualche eccezione,
la storia insegna che i capolavori che determinano un cambiamento sono realizzati in giovane età, quando l’artista esprime la
massima potenzialità creativa.
… Perché il tema SetUp 2016, “Orientamento”, offre molteplici
opportunità di espressioni artistiche e presenta una relazione
tra la creatività dell’artista nell’indicare la sua “direzione”, la capacità del curatore nel descriverla e la sensibilità del fruitore nel
percepire il risultato finale in senso poetico ed estetico.
… Perché SetUp 2016 rappresenta una nuova sfida che mi vede
partecipe nel valutare il lavoro di artisti e curatori da un diverso punto di vista, quello del confronto tra un numero finito di
proposte presentate cercando di individuare quella che più rappresenta una piacevole novità, supportata da un gesto artistico
di qualità e che possibilmente incontri i miei gusti estetici. Per
questa volta tendenze di mercato ed aspetti commerciali non
influiranno sulla scelta.
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Perché SetUp?
Silvia Evangelisti
Comitato scientifico
Perché SetUp? Diverse sono le ragioni che si possono elencare a
supporto della creazione e del sostegno di una nuova fiera d’arte
contemporanea come SetUp, in particolare nello scenario attuale del mercato dell’arte. E non tanto perchè il mercato dell’arte
contemporanea non è mai stato così competitivo e speculativo
- in soli quattro anni il fatturato mondiale realizzato alle aste è
stato quasi raddoppiato dopo la frenata del 2009-2010-, ma
piuttosto per scelta precisa e determinata di dedicarsi esclusivamente alle più nuove ricerche artistiche, proposte da giovani
e giovanissime gallerie. A quel settore dell’arte contemporanea,
dunque, che non ha ancora mercato ma che, forse, l’avrà domani.
Gli appassionati d’arte e i collezionisti potranno così trovare una
finestra aperta sul futuro. Un grande collezionista, il conte Giuseppe
Panza di Biumo, raccontava, ricordando gli inizi del suo collezionare negli anni Cinquanta e Sessanta: “L’arte contemporanea, quella
che ho seguito io, è un’arte che cambia il modo di fare arte. è un’arte
proiettata nel futuro, è del futuro, non è molto interessata al presente, di conseguenza, per capirla bisogna abbandonare i vecchi schemi e rifarsi ad una visione diversa. Ho sempre comperato artisti che
venivano disprezzati da altri. Quando compravo Rothko i direttori di
musei mi dicevano che non era arte, che sbagliavo. Quando c’erano
i Rauschemberg la gente si metteva a ridere e diceva che era arte
fatta raccogliendo materiale dalla pattumiera.”
Rothko, Rauschenbeng, così come Kline o Twombly, sono oggi artisti
famosissimi, dalle quotazioni stellari, ma allora, quando il conte
Panza acquistava le loro opere, erano giovani alle prime mostre,
e Panza di Biumo ha sempre avuto una predilezione particolare
per l’acquisto di opere di giovani artisti, “scommettendo” sulla
loro qualità e originalità. Ecco cosa offre SetUp ai collezionisti di
oggi: di “scommettere” su un giovane che cattura la loro attenzione con le sue opere, che li affascina, li incuriosisce, li incanta
con la sua purezza non ancora contaminata dal grande mercato.
“Scoprire” un giovane artista è una straordinaria esperienza, che
coinvolge il collezionista nella vicenda futura dell’artista stesso,
poiché il successo di quell’artista diventerà il successo del collezionista che l’ha capito e vi ha investito quando ancora non era noto.
E non tanto perché tale riconoscimento si traduce, per il collezionista, in guadagno economico (comunque gradito!), ma soprattutto
perché si crea una sorta di empatia, di complicità, tra il collezionista
e il giovane artista a cui dona fiducia. Dal momento in cui una opera
di quel giovane artista entra nella sua casa diventerà “uno di famiglia” e farà “il tifo” per lui, lo seguirà nella carriera, gioirà per i suoi
successi quasi come fossero i propri. Ed in un certo senso lo sono.
Io ho insegnato per oltre trent’anni all’Accademia di Belle Arti di Bologna, ho avuto migliaia di studenti, e la mia più grande soddisfazione è
stata quella di vederne alcuni farsi strada nel mondo dell’arte contemporanea, vincere premi prestigiosi, riscuotere l’approvazione di critici e
collezionisti. Se vincono loro ho l’intima soddisfazione di vincere anch’io.
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Perché SetUp?
Paolo Castelli
Amministratore Delegato
Da sempre la storia della nostra azienda coniuga arte e artigianato, d’altro canto SetUp è un contenitore culturale che
favorisce le sinergie e le relazioni tra giovani talenti. E lo fa
riuscendo ad essere una magnifica opportunità per dare ai
più giovani una visione del futuro attraverso i valori dell’arte
e della cultura. È con questa stessa visione che, con estremo
piacere, abbiamo accettato la collaborazione con questa manifestazione. Arte, cultura e giovani talenti rappresentano il
nostro patrimonio più grande: valori per cui il nostro Paese è
conosciuto nel mondo e che il mondo ci invidia.
La Paolo Castelli, azienda che negli anni è passata attraverso
grandi trasformazioni ed è cresciuta confrontandosi con i suoi
135 anni di storia, ha voluto essere presente a SetUp con un
allestimento nel luogo delle relazioni e dello scambio sociale:
la Vip Lounge è uno spazio che favorisce conversazione, condivisione e sapere. SetUp, spazio dedicato all’arte contemporanea, si rivolge alle nostre migliori risorse, i giovani, perché
coniuga arte e cultura unitamente alla formazione delle nuove
leve creative. La Paolo Castelli è un’azienda bolognese profondamente radicata nel territorio e operativa nel settore del contract, dell’arredamento e del design, e crede molto nella forza
dei giovani talenti e nell’innovazione per continuare ad essere competitiva sul mercato. Nel corso dell’ultimo anno siamo
cresciuti grazie a commesse importanti e dall’elevato ricono-
scimento internazionale: abbiamo allestito la nuova Sala Museo al Castello Sforzesco che ospita la Pietà Rondanini; siamo
presenti con gli allestimenti della Mostra Cucine e Ultracorpi
presso il Triennale Design Museum, ed Expo è stata la nostra
più grande sfida. Ci ha dato grande visibilità, a livello nazionale e soprattutto internazionale. Grazie a Expo abbiamo avuto
l’opportunità di crescere, formare giovani leve motivate e con
desiderio di imparare, in uno scambio virtuoso che ci proietta
verso le nuove sfide.
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Perché SetUp?
Perché SetUp?
Amedeo Bartolini
Agenzia NFC
Luigi Zanolio
Presidente e Direttore Creativo di Luis.it
Matteo Amante
Amministratore Delegato e Vice Presidente di Luis.it
In latino si dice NOMEN OMEN, cioè Il Nome è Destino… ed in
questo caso la scelta del nome SETUP, racconta oltre alla meta,
anche il percorso di quest’idea, che poi è diventata Setup Contemporary Art Fair.
Con grande orgoglio, Agenzia NFC ed NFC Edizioni fanno parte di questo percorso; collaborando alla realizzazione grafica
ed editoriale del catalogo, e condividendo da 3 anni, l’idea di
questa NUOVA e GIOVANE fiera d’arte contemporanea… sarà
perché noi, forse più di altri, ci rendiamo conto del lavoro e
dell’impegno che si “nasconde” dietro ad ogni edizione, sarà che
vediamo nascere, e crescere, tra le nostre mani il catalogo, sarà
per l’attenzione al programma culturale in cui viene spostata
l’attenzione dall’OPERA, alla CULTURA che essa ha generato; è
per questi motivi, e per tanti altri, che NOI ci sentiamo parte di
questa meravigliosa, grande famiglia che è SETUP!
Quindi posso asserire che è un piacere, oltre che un crescere
personale e professionale, collaborare con Alice, Simona e tutto
lo staff di SetUp.
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Perché non potevamo non incontrarci. A
partire dal nome della manifestazione, che
per noi già una garanzia. Luis.it è un’agenzia creativa e la parola SetUp evoca svariati significati, dalla pianificazione all’installazione fino alla nostra libera e ironica “traduzione”: “Sette volte Sopra”, ossia sette spanne
sopra agli altri. Non solo. Molto spesso cultura e business sono considerati elementi
che percorrono binari diversi. Luis.it crede
da sempre nell’importanza della cultura
come strumento per poter ampliare il proprio business.Non a caso la nostra agenzia
di comunicazione ha al proprio interno un reparto, LuisCult, dedicato all’arte e allo spettacolo.
La sezione si occupa di realizzare progetti culturali, artistici, didattici
e di formazione. La cultura fatta con intelligenza e in maniera efficace, può diventare un moltiplicatore di forza del business, donandogli
un’anima e una credibilità. Parallelamente la cultura si può innovare
e rinnovare attraverso il plus delle nuove tecnologie. Realtà aumentata, App, Social Media, video: sono tools tanto innovativi, quanto
efficaci. La nostra agenzia ha da sempre creduto nella cultura come
elemento differenziante nei processi di comunicazione: business e
cultura trovano in Luis.it un nuovo punto d’incontro.
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PREMI
Premio SetUp
Premio Luis.it
Sponsor Tecnico
Simona Gavioli
Presidente SetUp Contemporary Art Fair
Luigi Zanolio
Presidente e Direttore Creativo di Luis.it
Alice Zannoni
Direttore SetUp Contemporary Art Fair
Matteo Amante
Amministratore Delegato e Vice Presidente di Luis.it
Conferire un premio è sempre una grande responsabilità. Conferirlo per quattro anni di seguito, oltre ad essere un’emozione,
vuole e continua ad essere un forte segnale. SetUp si impegna
anche per questa quarta edizione a valorizzare i talenti emergenti con un simbolico premio in denaro. SetUp Contemporary
Art Fair si evolve, si trasforma, cresce, ma il suo orizzonte resta
ben preciso: scommettere e sostenere i futuri attori del sistema
dell’arte.
Lo facciamo perché crediamo che sia impossibile ragionare e
lavorare sull’arte contemporanea senza tenere aperta la porta
alle giovani leve creative, perché ci auguriamo che SetUp rappresenti per questi artisti e curatori una occasione di crescita e
di maturazione professionale.
L’arte contemporanea parte da qui, e non perché ci sentiamo al
centro dell’universo, ma perché ci impegniamo quotidianamente
affinché SetUp sia una stazione di partenza sicura da cui possano spiccare il volo i grandi artisti e curatori di domani.
Così come accade nelle grandi città del mondo, da Parigi a Londra, passando per Berlino o New York, ogni Fiera internazionale
è accompagnata da importanti iniziative fuori salone. Questo fa,
da quattro anni, SetUp durante Arte Fiera, sottolineando e creando una realtà che fino ad allora a Bologna mancava. Si crea così
una dimensione alternativa che dà finalmente spazio ai giovani e
concede loro la possibilità di esprimersi attraverso l’utilizzo di nuovi
strumenti.
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Coerentemente con la propria attività di agenzia di comunicazione, Luis.it offre un video-portfolio di presentazione, realizzato con
compositing e infografiche animate, alla galleria che presenterà il
miglior progetto curatoriale. L’espositore selezionato avrà la possibilità di raccontare la propria storia, i propri progetti, le proprie
ambizioni attraverso un video in grado di emozionare, colpire, suscitare, ricordare e farsi ricordare. Ad occuparsi della realizzazione
del Premio sarà la casa di produzione video interna all’agenzia. Il
lavoro finale rappresenterà una vetrina da mettere in mostra anche
in ambito digital e sui diversi canali social.
Premio
Residenza Sponge
ArteContemporanea
Giovanni Gaggia
Direttore di Sponge ArteContemporanea
La filosofia d’azione di SetUp è pienamente condivisa e praticata da Sponge ArteContemporanea, e consiste nel mettere in
moto un processo per ripensare al sistema-arte. Sette anni fa
abbiamo deciso di aprire le porte della mia casa, Casa Sponge,
e far sedere attorno al tavolo principale tutti gli operatori di
settore, artista, curatore, gallerista, collezionista, giornalista e
pubblico, ed insieme dibattere, discutere per ripensarsi e spingere la ricerca nelle arti visive. Il sodalizio è stato naturale, il
fronte è comune ed è per questa ragione che in questa quarta
edizione di SetUp abbiamo pensato ad una rassegna performativa che metta in discussione il senso del termine performance ed il rispettivo campo d’azione, teatro, arti visive o danza.
Per gli stessi motivi è stato riconsiderato anche il Premio Residenza Sponge ArteContemporanea, quest’anno rivolto ad un
giovane curatore che avrà la possibilità di campeggiare con
altri suoi 8 colleghi per 9 giorni a Casa Sponge ed in queste
giornate incontrare artisti e senior curators che hanno davvero
cambiato l’assetto culturale, e a volte strutturale, dei luoghi in
cui operano. Totalmente immerse nella natura, le nuove leve
della curatela discuteranno tra loro, attivando uno scambio
che li spinga a riflettere sull’attuale sistema dell’arte contemporanea, tutto questo sotto le stelle tra una tenda da campeggio
e l’altra.
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Premio 43 gradi in
Sardegna / Zona 9
Gabriella Locci
Presidente di Casa Falconieri e del FIG
Festival International Print
Dario Piludu
Direttore artistico di Casa Falconieri
e del FIG Festival International Print
Premio Residenza
Fusion Art Gallery
Walter Vallini
Fondatore di Fusion Art Gallery Barbara Fragogna
Direttore di Fusion Art Gallery
Perché questo é un viaggio, un viaggio nuovo e denso di situazioni magiche, che con l’arte a volte stanno bene, a volte no. Il
viaggio inizia da lontano, da un confronto di idee avvenuto a
Madrid e ritrovato tempo dopo, intatto nei suoi contenuti e dinamicamente propositivo; viaggiamo nella necessità di un cambiamento, dentro la certezza di qualità e identità emergenti, con
la consapevolezza di un sistema di relazioni che sceglie di essere affettivo e emotivo. Dentro SetUp perché uno spazio aperto; dentro SetUp, Casa Falconieri crea un nuovo viaggio con
la residenza d’artista “43 gradi in Sardegna / Zona 9”. Il premio
é una residenza d’artista, strumento utile per confrontare il proprio processo creativo con quello di altri paesi o culture. Fuori
dei circuiti omologati dell’arte, l’artista instaura un rapporto più
diretto e autentico con il territorio, può capirne le peculiarità e
i suoi abitanti. Essere in residenza significa quindi concentrare
un periodo della propria creatività per farlo diventare opera,
un’opera con una forma e una propria natura, e ciò che assume
un aspetto fondamentale
è il luogo: il genius loci,
l’interazione di luogo e
identità, il vero e proprio
carattere del luogo.
L’intento di gettare e consolidare le basi di un cambiamento
all’interno del mondo dell’arte contemporanea in Italia, rispecchia l’impulso che la Fusion Art Gallery ha di scardinare una serie
di motti, atteggiamenti e regole che sembrano imbrigliare in una
rigidità formale i meccanismi del sistema stesso, senza privilegiare autori, artisti e progetti che valorizzino la produzione contemporanea al di fuori del mainstream.
La Fusion Art Gallery, fondata a Torino da Walter Vallini nel 2003,
si propone come spazio indipendente di sperimentazione e ricerca,
con una nuova direttrice Barbara Fragogna (artista, ex curatrice
della KunstHaus Tacheles di Berlino e fondatrice del progetto editoriale Edizioni Inaudite) e un nuovo programma, che include lo scambio internazionale attraverso il progetto di residenze Fusion AIR,
con l’obiettivo di esporre/proporre artisti italiani e stranieri nella sua
sede di Piazza Peyron. In occasione di SetUp, all’artista selezionato
sarà offerta una residenza artistica nelle prime due settimane di settembre 2016, nella quale potrà sviluppare un progetto nuovo o portare avanti la sua ricerca. L’artista sarà ospitato nell’appartamento
atto a residenza e potrà lavorare nello studio/laboratorio della galleria. La residenza
si chiuderà con una mostra/presentazione al
pubblico a metà Settembre oltre alla produzione di un’edizione limitata possibile grazie
alla collaborazione con Edizioni Inaudite.
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Premio
Dispensa
Premio
Emil Banca 2016
Martina Liverani
Direttore responsabile di Dispensa
Dispensa è con SetUp sin dalla prima edizione, condividendone
lo spirito i valori. Si può dire che Dispensa e SetUp siano nati quasi insieme, entrambi come antidoto a mondi precostituiti: quello
delle fiere d’arte in un caso e dell’editoria cartacea nell’altro. Entrambi abbiamo scelto di essere indipendenti e controcorrente,
di essere in prima linea, attori del cambiamento, una boccata
d’aria fresca.
Siamo una banca del territorio e ogni giorno lavoriamo per far
crescere le comunità di cui facciamo parte puntando, attraverso
il nostro modo differente di fare banca, ad uno sviluppo socioeconomico equilibrato e sostenibile. Sostenere ed affiancare
una realtà come SetUp Contemporary Art Fair è quindi assolutamente coerente con la mission fissata dal nostro statuto di
cooperativa di credito, che ci vuole motori della crescita economica, ma anche culturale, del nostro territorio d’appartenenza.
In più, attraverso SetUp confermiamo il nostro impegno a favore
dei più giovani: sono stati proprio gli Young Tutor Emil Banca,
i referenti under 35 che i nostri soci e clienti possono trovare
in tutte le filiali, che hanno sostenuto con forza la necessità di
impegnarsi nel mondo dell’arte puntando sui giovani talenti e su
un’iniziativa che da quattro anni porta innovazione e freschezza
nell’universo culturale bolognese. Da questa sinergia lo scorso
anno è nato anche il Premio Emil Banca che, dopo le soddisfazioni della scorsa edizione, sarà riproposto anche quest’anno in
una nuova formula.
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Editoria
INDICE
espositori
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MAIN SECTION
A-Space
ABC Arte Bologna Cultura
ART and ARS GALLERY
barcel-one
BI-BOx Art Space
BonelliLAB
Bonioni Arte
Burning Giraffe Art Gallery
CASA FALCONIERI Centro di ricerca e sperimentazione
Casa Turese arte contemporanea
D406 fedeli alla linea
EGGERS 2.0 (factory creativa)
exfabbricadellebambole associazione culturale
FEDERICO RUI ARTE CONTEMPORANEA
Galleria 13 – arte moderna e contemporanea
Galleria B4
Galleria PrimoPiano
INCREDIBOL
LOPPIS OPENLAB
MARTA MASSAIOLI ARTE CONTEMPORANEA (MMAC)
MARTINA’S GALLERY
Museo Nuova Era
Opificio Arti Performative
PORTANOVA12
Print About Me
RICCARDO COSTANTINI CONTEMPORARY
Sponge ArteContemporanea
Tedofra Art Gallery
TemporarySpace
Viridian Artists
VITA PRIVATA Home Gallery
VV8 artecontemporanea
White Noise Gallery
ZAK PROJECT SPACE (in tour)
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50
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138
142
146
150
154
158
162
164
168
SOLO Show
BonelliLAB
Galerie am PI
Galleria Flaviostocco
RRN Project
UNCERTAIN STATES
Yab (young artists bay)
172
176
180
184
188
192
DRAWING THE WORLD
Focus Santander
A cura di Mónica Álvarez Careaga
Espacio Creativo Alexandra
Estela Docal
JosèdelaFuente
Siboney
200
201
202
203
A-Space
Le mie pareti rocciose
a cura di Marina Lutz
Rheinfelden
Main Section
Sito web
www.a-spacegallery.com
Direttore
Roy Hofer e Marina Lutz
Artisti in fiera
Kaspar Bucher
Thomas C Chung
Roy Andres Hofer
Genya Krikova
Marina Lutz
Tyrone Richards
Artisti rappresentati
Kaspar Bucher
Thomas C Chung
Roy Andres Hofer
Louise Isbjoern
Genya Krikova
Marina Lutz
Tyrone Richards
Satoru Takahashi
Masae Wada
Premio SetUp under 35
Artista
Marina Lutz
Curatore
Marina Lutz
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Essendo cresciuta in una valle nelle Alpi svizzere l’artista è abituata sin dall’infanzia a vedere fuori dalla finestra aspre pareti
rocciose. Le montagne formano un confine geografico che impedisce allo sguardo di aprirsi verso la distanza. Vivere fra queste
pareti rocciose influenza anche il modo di pensare delle persone.
Diventa più difficile avere una prospettiva aperta quando non
si riesce a vedere i propri vicini. Allo stesso tempo però, queste
maestose formazioni rocciose, rappresentano la pura forza della
natura. In più le montagne hanno la capacità di orientare: è difficile perdersi quando si può solo scegliere se salire o scendere
una vallata.
Marina Lutz utilizza colori potenti e forti contrasti per creare il
suo paesaggio immaginario. Il dipinto acrilico è principalmente
figurativo, ma nasce dalla somma di pennellate astratte e campiture di colore. Uno scintillante strato di scale di grigi costituisce
la base del dipinto, successivamente le pennellate e le campiture costruiscono una struttura all’interno della superficie. L’artista
utilizza pennelli di diverse dimensioni a seconda del gesto che
intende effettuare. Le pennellate derivanti da pennelli calligrafici formano i dettagli più sottili del dipinto. Alberi e cespugli sono
dipinti in maniera semplice e infantile rispecchiando la visione
personale del soggetto che ha l’artista. Lo stile libero del dipinto
viene enfatizzato attraverso pennellate e superfici che puntano
alle sommità della montagna. L’intera immagine sembra così ingigantirsi in costante movimento.
L’arte di Marina Lutz può essere vista da due diverse prospettive:
contenuto e forma. Da un lato c’è il paesaggio montano come
elemento biografico che esprime un sentimento ambivalente
di ammirazione e frustrazione. Dall’altro, l’artista esplora la sua
ricerca artistica dipingendo in maniera giocosa. Così facendo,
Marina Lutz, allude ai temi contrastanti della forza e della fragilità. In questo modo, le pennellate astratte e le campiture invitano
l’osservatore a vedere non solo una mera parete rocciosa.
39
Marina Lutz
My rocky walls, 2015
Acrilico su tela, 80x60 cm
Marina Lutz
My rocky walls, 2015
Acrilico su tela, 140x120 cm
40
41
ABC Arte Bologna Cultura
Bologna
Main Section
Sito web
www.abcbo.it
Direttore
Lavinia Turra
Artisti in fiera
Valentina D’Accardi
Artisti rappresentati
Valentina D’Accardi
Marco Bolognesi
Mustafa Sabbagh
Premio SetUp under 35
Artista
Valentina D’Accardi
Curatore
Maria Letizia Tega
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FIUME
a cura di Maria Letizia Tega
Quanto è volgare l’insulto di chi ci raccomanda di diventare
solo dei graziosi animaletti domestici!
MARY WOLLSTONECRAFT
Bologna, 1972. Un corpo senza vita trascinato dalla corrente.
In quei giorni, mentre le indagini nicchiano e gli accertamenti
non arrivano, quella donna, gettatasi nel fiume, segue il corso
dell’acqua, attraversando la bassa bolognese e, arrivando ai
confini con il ferrarese, ritorna al suo paese di origine. Come
per ricongiungersi con una serenità perduta.
Il 17 maggio la donna viene trovata e identificata. Elsa. Madre
di tre figli. “Era esaurita”.
Lo stesso giorno in cui avviene l’omicidio del commissario Calabresi, l’Italia ha altro a cui pensare che a una donna suicida.
Non c’è spazio per la diversità, per la depressione, per i momenti di difficoltà. Quando la protagonista è femminile la società etichetta come folle qualsiasi comportamento non ordinario.
Non è ancora così d’altronde? Non sono ritenute umorali, con
il ciclo, o bisognose di sesso, quelle donne con un carattere
ostinato e forte? Lo stesso carattere che a un uomo conferisce
personalità e rispetto?
Valentina D’Accardi si muove in un territorio difficile, nella sua
opera vi sono più aspetti: una vicenda e un dolore personale,
un complicato e multiforme processo artistico e una forte presa di coscienza della condizione femminile nei suoi aspetti più
sottili, radicati nella società, che ancora oggi in parte sopravvivono.
L’artista bolognese ha deciso di rivivere il gesto di Elsa, la madre di sua madre, di capirlo, e di metabolizzare quello che ancora oggi è celato, qualcosa di cui non si parla in famiglia.
Come se fosse una vergogna.
Valentina ripercorre l’episodio in prima persona: vestita come
la nonna fu ritrovata, indossando un suo scialle, ripercorre a
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piedi il percorso del corpo nel fiume; in parte omaggia Elsa, la
rievoca, ma esorcizza anche il ricordo di un segreto raccontato
malvolentieri alle generazioni che sono venute dopo.
I mezzi con cui lo fa sono quelli che lei conosce, la fotografia, il
disegno, l’emotività e la dedizione.
Un progetto ambizioso, articolato, in cui i protagonisti, ovvero
l’assenza e l’abbandono, non si aprono a un’unica lettura, non
riguardano solo quei figli ritratti soli, senza nulla intorno, ma
includono anche ciò che quella donna può aver provato per
arrivare ad un gesto cosi estremo.
Valentina D’Accardi
FIUME#5, 2015
Matita su carta, 35x24,5 cm
Valentina D’Accardi
44.660145, 11.436167, 2015
Stampa ai sali d’argento, 18x18 cm
44
45
ART and ARS GALLERY
Galatina, Lecce
Main Section
Sito web
www.artandarsgallery.it
Direttore
Gigi Rigliaco
Artisti in fiera
Dario Agrimi
Fabrizio Fontana
Artisti rappresentati
Dario Agrimi
Hernan Chavar
Francesco Cuna
Fernando De Filippi
Raffaele Fiorella
Fabrizio Fontana
Fontana-Loschi
Gianmaria Giannetti
Massimiliano Manieri
Salvatore Masciullo
Ezia Mitolo
Premio SetUp under 35
Artista
Dario Agrimi
Curatore
Carmelo Cipriani
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SPASMI
a cura di Carmelo Cipriani
Nel contesto contemporaneo sono innumerevoli i materiali connessi alla pratica artistica, così come i metodi di produzione e
di presentazione. La tecnica, ormai libera da supporti e aspetti
prestabiliti, si apre al mondo per assumerne i molteplici volti, riprodotti ma anche concretamente adottati. I materiali, non più
estranei o intoccabili, si piegano all’attività creativa assecondando il flusso di pensiero dell’artista, il suo talento creativo.
Esempio emblematico di una contemporaneità irrisolta e mutevole è Dario Agrimi, artista istrionico e multiforme, per il quale il
vecchio detto “una ne fa e cento ne pensa” è diventato dogma
e stile di vita. Lo spasmo è una contrazione involontaria di un
muscolo, condizione dolorosa che l’artista trasferisce alla mente
in qualità di cortocircuito speculativo e inedita possibilità creativa. Capelli, resine, gusci d’uovo, animali in tassidermia, object
trouvé nella sua produzione si associano ai mezzi tradizionali del
fare arte in nome di una creatività convulsa che non conosce
impedimenti e soluzioni di continuità.
Riluttante a rivelare se stesso e i meccanismi reconditi che sottendono le sue creazioni, Agrimi è sardonico demistificatore della realtà, creatore di lavori puramente speculativi, non di rado
amorali e dissacranti. Installazioni stranianti, create attingendo
sia alla rassicurante banalità degli stereotipi pop che all’inquietante repertorio dell’immaginario collettivo. Suggestiona
la pubblica coscienza inscenando atti compromissori, finanche
blasfemi attraverso materiali e linguaggi – il plurale è d’obbligo –
inusuali e seducenti. In “Non dice chi è” Lucifero è l’angelo ribelle
che tenta l’ascesa al Paradiso travestito da uomo medio avvolto
in un luttuoso manto nero e con i piedi nudi a vista. Un’anonima presenza, protagonista anche in “Limbo” dove, annaspando,
cerca di emergere da un liquido catramoso, soffocante e terrifico, ma per quanti sforzi faccia, come in una sabbia mobile, ne è
inesorabilmente vinto. L’affannoso respiro diviene l’ultimo gesto
dell’esistenza, l’atto estremo dell’attaccamento alla vita e ai suoi
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valori più autentici. Più ironico, invece, è “More difficult” lavoro
di evidente impostazione concettuale che nella problematicità
di comporre un puzzle completamente bianco nasconde l’annullamento della pittura e l’annichilimento del tutto. Opere ad alto
grado di spettacolarità, che attingono al dadaismo tanto quanto
al surrealismo e al post-human, imbastite con linguaggio aperto
e mutevole, fatto di inventiva e immaginazione.
Dario Agrimi
Non dice chi è, 2015
installazione materiali vari, 200x250x80 cm
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Dario Agrimi
Autocombustione, 2013
installazione animal art taxidermy, 40x30x30 cm
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barcel-one
Barcelona - Spagna
Main Section
Sito web
www.barcel-one.com
Direttore
Roberto Silvestrini Garcia
Artisti in fiera
Maria E.Santiso
R.S.V.P. Project
Roberto Silvestrini Garcia
Paz Vicente
Artisti rappresentati
Mercedes Andreu
David Arteagoitia
Jean Cocteau
Salvador Dalí
Maria E.Santiso,
Joan Miró
Pablo Picasso
R.S.V.P. Project
Roberto Silvestrini Garcia
Antoni Tapies
Maria Verdugo ALthofer
Paz Vicente
Premio SetUp under 35
Artista
Maria E. Santiso
Curatore
Basilisa Fiestras Cachafeiro
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Cos’e il Silenzio?
a cura di Basilisa Fiestras Cachafeiro
Tessere e generare con nodi forme che posso stendersi infinite.
Comporre trame di fili o di altri materiali uniti tra loro. Creare
superfici con le quali presentare nuovi strati di significato che, a
loro volta, offrono la possibilità di essere sciolti o disfatti diluendosi in incroci ed incontri.
Il lavoro di María E. Santiso è legato al ciclo dell’esistenza, alle
strutture sociali e al divenire, trasformandosi in un meta-linguaggio della propria essenza.
Protagonista è il filo che è, a sua volta, atma (il sí) e prana (l’alito)”, affermazione e speranza. Esso si presenta come un elemento di unione che ripara e cicatrizza, cucendo insieme forti cariche
simboliche, fatte di sottili linee temporali, che formano nodi e
vincoli “esistenziali” che ci intrappolano in un sistema di lacci o
ci proteggono e distanziano, per condurci alla solitudine, all’isolamento, al silenzio.
María E. Santiso si pone al centro di questi due stati, raccontandoci complesse storie che si fondono sottilmente con i fili, che
incorniciano e percorrono molte sue creazioni.
I suoi lavori ci portano a uno stato intimo e privato del quotidiano e ci mostrano scintille, cariche di luce ed energia. Si presentano come motivi innocui della realtà, istanti catturati dallo
sguardo, diretti al precipizio delle emozioni.
Santiso assume la parte di oggetto e soggetto, presentandosi
come contenitore in cui si accumulano i pensieri. Parte dalla riproduzione della propria immagine o dall’intervento di altri corpi, personaggi isolati fuori dal loro contesto che, per proteggersi,
occupano ed abitano mondi annodati e deserti che evocano la
riflessione sulla “staticità dell’Io”.
L’artista si ferma per mostrarci due illusioni: una introspettiva
onirica e fugace che affonda nell’inconscio e si riflette nelle opere Ventanas al Alma, Buscando el equilibrio, Silencio; un’altra, reale e terrena che ritroviamo nelle opere No dejes de andar, La
música o Caminos.
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Le linee e le pieghe plastiche che percorrono questi due stati,
trasformano il tessuto nella casa intesa come focolare-luogo
di comprensione e riconoscenza, come esemplificano le opere
Instantes. Qui i tessuti “esterni” vengono studiati per creare empatia con lo spettatore, l’intenzione è quella di interagire con i
ricordi e emozioni più profonde dello spettatore.
María E. Santiso
Ventana al alma, 2015
disegno e filo 110x30 cm
R.S.V.P. project
Aprox, 2015
Seta e specchi, 21x21 cm
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BI-BOx Art Space
Biella
Main Section
Sito web
www.bi-boxartspace.com
Direttore
Irene Finiguerra
Artisti in fiera
Joaquìn Artime
Alessio Bolognesi
Massimo Corona
GEC
Micaela Lattanzio
Alessandra Maio
Vincenzo Merola
Fabio Romano
Artisti rappresentati
Alessio Bolognesi
Francesco Casolari
Massimo Corona
Foto Marvellini
GEC
Micaela Lattanzio
Alessandra Maio
Elisa Mearelli
Vincenzo Merola
Luciano Pivotto
Davide Prevosto
Premio SetUp under 35
Artista
Joaquìn Artime
Curatore
Irene Finiguerra
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Azúcar añadido
a cura di Irene Finiguerra
Joaquin Artime, artista e performer spagnolo (1984), indaga sul disorientamento dell’uomo, che non riesce a rileggere e comprendere
il proprio passato e, allo stesso modo, non riesce a trovare nel suo
spaesamento, scopi e mete da raggiungere. Come spesso capita,
l’arte ci indica strade inedite e inaspettate per interpretare il grande mistero della vita. Nell’opera “azúcar añadido”, performance e
una serie di acquerelli che immortalano alcuni momenti dell’azione,
Artime addolcisce ciò che gli è stato amaro. Addolcire è un’abitudine che svolgiamo quotidianamente anche quando aggiungiamo
zucchero al caffè, così l’artista aggiunge zucchero a quelle persone
che in un momento determinato della sua vita gli hanno arrecato
un danno. Nella performance l’artista ha scelto come protagonista
sua madre, che impassibile subisce quanto l’artista ha scelto per lei:
viene prima inumidito il suo volto con uno spruzzino d’acqua e poi lo
cosparge di zucchero. Una volta “addolcita”, l’artista si misura l’indice glicemico, per poi iniziare a leccare lo zucchero dal volto della
donna. Terminato il lavoro, l’artista si rimisura la glicemia e scopre
che, pur avendo ingerito una grande quantità di zucchero, il suo
sangue ha meno zucchero di prima. Come mai? La scienza si piega
all’arte: lo zucchero nel sangue dell’artista è stato assimilato come
elemento amaro, come il suo rapporto con la madre. Artime ha cercato in questo modo di appianare gli aspri ricordi che sono rimasti
registrati nella sua memoria, ha cercato di cambiare un ricordo
duro e violento. Sul volto della madre ha sparso la dolcezza per poi
leccare la sua scia con il proposito di trovare una trasformazione
visiva e mentale. L’artista fa sua la frase del filosofo danese Soeren Kierkegaard “La vita può essere capita solo all’indietro, ma va
vissuta in avanti”, infatti solo così Joaquin riesce a dare una nuova
accezione alla sua vita. Ha esaminato il passato, attraverso un vaglio di ciò che ormai è immutabile ed è alle sue spalle. Attraverso
un rito di passaggio, è riuscito ad assimilare ciò che è stato, per
poi essere pronto a correggersi, a emendarsi, persino a convertirsi
radicalmente, pronto per una nuova vita.
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Joaquìn Artime
Azúcar añadido vol 02 - acuarela 02, 2014
acquerello, 30x17 cm
Joaquìn Artime
Azúcar añadido vol 02 - acuarela 05, 2014
acquerello, 30x17 cm
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Vincenzo Merola
SCR050414, 2014
Penna Bic su carta giapponese, 90x90 cm (4 elementi 40x40 cm)
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BonelliLAB
Canneto sull’Oglio (MN)
Main Section
Sito web
www.bonelliarte.com
Direttore
Giovanni Bonelli
Artisti in fiera
Vincenzo Frattini
Artisti rappresentati
Alessandro Bazan
Paul Beel
Kim Dorland
Elena Monzo
Marco Pace
Wainer Vaccari
William M. Zanghi
Cromatici
a cura di Pasquale Ruocco
Un approccio, potremmo dire, concretista, nel senso del
MAC napoletano di Barisani, Tatafiore e Venditti, impronta,
infine, il percorso di Vincenzo Frattini, sempre in bilico tra
pittura e scultura per la sua naturale propensione a dialogare con lo spazio.
Per Frattini il ricorso a semplici forme geometriche quali il
quadrato, il rettangolo, il trapezio, il cubo, nonché l’uso di colori, soprattutto quelli primari, stesi per campiture piatte e
compatte, costituiscono la via verso la sua personale ricerca dell’armonia nonché dell’analisi dell’impatto percettivo
dell’opera sullo spettatore.
Una prospettiva che più di recente si accompagna ad un azione di perforazione delle superfici mettendo in luce una stratigrafia cromatica, al contempo traccia memoriale del processo creativo e invito a una visione più profonda dell’opera, che
non si fermi sulla superficie ma che indaghi la profondità, la
complessità e l’articolarsi del fare creativo.
Premio SetUp under 35
Artista
Vincenzo Frattini
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Vincenzo Frattini
Senza titolo 3-15, 2015
colore acrilico scolpito su legno e resina, 21x28,5x18,5 cm
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Vincenzo Frattini
Senza titolo 2-15, 2015
colore acrilico scolpito su legno e resina, 38x38x14 cm
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Bonioni Arte
Reggio Emilia
Main Section
Sito web
www.bonioniarte.it
Direttore
Federico Bonioni
Artisti in fiera
Fosco Grisendi
Premio SetUp under 35
Curatore
Niccolò Bonechi
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Storyboard
a cura di Niccolò Bonechi
Storyboard è un prototipo di mostra, un rapido colpo d’occhio
sulla recente produzione artistica di Fosco Grisendi. All’interno
del piccolo spazio dello stand sono raccolte una quindicina di
opere tutte appartenenti agli ultimi cicli pittorici come “Cruel”
e “Stand you ground”. A quest’ultimo appartengono il maggior
numero di tele esposte, una ricerca che ha profondamente
coinvolto l’artista nell’ultimo biennio e che, partendo da una
considerazione di forma sulla pratica popolare del wrestling,
lo ha condotto a riflettere sulla società contemporanea e sulla
perversione che muove le sue logiche. Questa ricerca nasce da
un fatto di cronaca recente avvenuto negli USA che ha particolarmente colpito la sensibilità di Grisendi, ovvero l’omicidio
dell’adolescente Trayvon Martin ad opera di un vigilante, successivamente assolto in tribunale sulla base della Stand your
ground law, che autorizza una persona a proteggere la propria
vita e difendere l’incolumità fisica contro ogni tipo di minaccia,
anche percepita, utilizzando qualsiasi livello di forza.
Da qui l’interesse per il wrestling come metafora della nostra
società, dove è sempre più confuso il limite tra realtà e finzione,
dove l’uomo ha perso il suo ruolo primario.
Il titolo del progetto è tratto da un termine che Walt Disney
introdusse negli anni Venti e con il quale indicava la rappresentazione grafica delle inquadrature di un fumetto o di un’opera
filmata (nel suo caso d’animazione); si tratta cioè di una prima e
approssimativa visualizzazione di tutte le scene che andranno
a creare la composizione. Da questo punto di vista Grisendi si
immedesima sia nella figura del disegnatore sia del regista: si
cimenta di fatto nella realizzazione delle “tavole” così da approfondire i contenuti della storia, studia e sceglie le “inquadrature” migliori concentrando sempre l’attenzione sull’atto
saliente.
Nelle tele di Grisendi si riscontra il trionfo dell’à plat, sancito da
un linearismo sinuoso, da un segno netto che definisce lo sche63
ma della composizione, dall’utilizzo di pochissimi colori che non
distolgono l’attenzione dello spettatore da eventuali intenzioni
ornamentali. Così anche il fondo nero, come una quinta teatrale,
accoglie l’azione in superficie senza aggiungere complementi superflui, mentre l’assenza di chiaroscuro cancella ogni ambizione
di leziosità.
Fosco Grisendi
Ogni Opera di Confessione, 2015
acrilico su carta, 42x30 cm
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Fosco Grisendi
Hello #1, 2015
acrilico su carta, 42x30 cm
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Burning Giraffe Art Gallery
Torino
Main Section
Sito web
www.bugartgallery.com
Direttore
Andrea Rodi
Artisti in fiera
Antonella Aprile
Silvia Argiolas
Werther Banfi
108 (Guido Bisagni)
Anna Capolupo
Otto D’Ambra
Simone Geraci
Artisti rappresentati
Antonella Aprile
Silvia Argiolas
108 (Guido Bisagni)
Anna Capolupo
Ivan Cazzola
Yasmine Dainelli
Giuseppe Lo Schiavo
Premio SetUp under 35
Artista
Anna Capolupo
Curatore
Andrea Rodi
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WAYS OF ABSTRACTION
a cura di Andrea Rodi
Attraverso il progetto espositivo Ways of Abstraction, Burning
Giraffe Art Gallery intende costruire l’outline di uno strumento
in grado di orientare lo spettatore attraverso le innumerevoli manifestazioni dell’Astrazione che popolano l’attuale scena
pittorica nazionale, mostrando una serie di esempi delle sue
diverse applicazioni.
Astrazione concepita in senso prettamente artistico, come forma espressiva non-rappresentazionale nata a inizio Novecento
in seno ai movimenti avanguardistici e ancora viva in ambito
contemporaneo, sia nella sua forma più pura (108), che come
arricchimento espressionistico di una figurazione decisamente
più interiore e intima, che non meramente fotografica, tanto in
ambito ritrattistico, quanto paesaggistico (Silvia Argiolas, Anna
Capolupo). Astrazione cromatica, dove l’uso di una figurazione
classica viene reso ambiguo e straniante grazie all’utilizzo di un
unico colore (Simone Geraci). Astrazione intesa in senso più ampio e filosofico, come forma del pensiero che permette recedere
dalla realtà fisica e logica, per dare spazio all’immaginazione e
generare esseri immaginari, appunto, formalmente ineccepibili
(Antonella Aprile, Werther Banfi, Otto D’Ambra).
I non-luoghi ritratti da Anna Capolupo sono ambienti periferici
e post-industriali che accomunano una metropoli all’altra e legano gli uni agli altri gli inconsci metropolitani dei loro abitanti.
I paesaggi vengono rigorosamente trattati con disincanto, senza ricorrere ad alcuna trasfigurazione romantica. Si tratta di
luoghi della memoria, sia perché tracciano il passaggio dell’artista nei luoghi stessi, nelle città che ha toccato attraverso i
suoi viaggi e in cui ha vissuto per periodi più o meno lunghi,
sia perché è proprio grazie all’ausilio fallibile della facoltà
mnemonica che essi vengono ricostruiti. Sono non-luoghi della
memoria, perché, pur avendo una resa visiva estremamente realistica, quasi tattile – grazie all’utilizzo della carta grezza e ru67
vida come supporto alle stratificazioni di colori acrilici, pastelli,
tempere e grafite; un amalgama di sovrapposizioni e strappi
che rende materica e percettibile la presenza tattile di alcuni
degli elementi ritratti, come il ferro e il cemento – non hanno
nulla di fotografico, ma vivono della tensione che l’artista pone
nel tentativo di superare la fotografia.
Anna Capolupo
Loveyou Up, 2015
tecnica mista su carta applicata su tela, 140x140 cm
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108
Derealizzazione, Depersonalizzazione, 2015
inchiostro di china su carta da acquarello, 30,5x40,6 cm
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CASA FALCONIERI
da sud a nord -- bai e torra a cura di Ilaria Medda
Cagliari
Main Section
Sito web
www.casafalconieri.it
www.figbilbao.com
Direttore
Dario Piludu
Artisti in fiera
Rafael Angulo
MasauR
Gabriella Locci
Veronica Paretta
P&B
Roberto Puzzu
Premio SetUp under 35
Artista
Veronica Paretta
Orientarsi attraverso il gesto. I segni rapidi, spesso discontinui, i colori traslati in narrazione sono le chiavi di lettura del
lavoro di Veronica Paretta. Il disegno e la pittura convivono
sullo stesso piano di lavoro in cui tratti di matita convergono
con pennellate a volte decise, a volte evanescenti di colore.
Una macchia d’acquerello accostata ai grumi di un pastello a
cera. Non un’indecisione, bensì una scelta espressiva, la piena
consapevolezza della potenzialità narrativa del colore, che in
questa installazione, frammentata in dodici tavole, trova una
continuità priva di intoppi, quasi si sfogliasse un taccuino d’appunti, come quelli in cui il pensiero dell’artista trova la sua prima forma. I taccuini sono una mappa, una raccolta di tracce, il
preambolo alla pagina di diario dipinta, testimone del solo momento in cui l’artista ha tracciato quelle linee. Per questo motivo sovente, le sue opere portano come titolo una data. Definire
un periodo, un lasso ti tempo di breve durata, darsi una collocazione precisa. Una forma spietata di orientamento, quella che
porta l’individuo a rimarcare la propria presenza nella società.
L’artista, con il suo tratto in apparenza indeciso vuole perdere
questo orientamento, e sarà proprio la perdita che porterà al
ritrovamento dello stesso. Perdere per ritrovare. è nella linea
di demarcazione tra queste due condizioni che cerca sé stessa
in un districarsi di segni, superfici, colori e forme, sottolineando
come il gesto più ardito consista nell’annullare la pesantezza
del perdersi costantemente nella realtà quotidiana, ritrovandosi nella leggerezza dei suoi segni.
Curatore
Ilaria Medda
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Veronica Paretta
Delineazioni ritmiche, 2016
Matite e acquerello e acrilico su carta, misure 14x9 cm
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Roberto Puzzu
Senza titolo, 2015
calcografia e materiali vari, 140x80 cm
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CASA TURESE arte contemporanea
Vitulano (BN)
Main Section
Sito web
www.casaturese.it
Direttore
Tommaso De Maria
Artisti in fiera
Michele Attianese
Sabrina Casadei
Pino Deodato
Stefano Di Stasio
Enzo Esposito
Annalisa Fulvi
Angelo Maisto
Gian Marco Montesano
Carlo Alberto Rastelli
Artisti rappresentati
Michele Attianese
Sabrina Casadei
Angelo Casciello
Giorgio Cattani
Mary Cinque
Pino Deodato
Stefano Di Stasio
Salvatore Emblema
Enzo Esposito
Annalisa Fulvi
Angelo Maisto
Klaus Karl Mehrkens
Gian Marco Montesano
Carlo Alberto Rastelli
Igor Verrilli
Premio SetUp under 35
Artista
Annalisa Fulvi
Curatore
Luigi Mauta
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Che cosa vedi?
a cura di Luigi Mauta
La realtà come visione dell’irreale.
La pittura come testimonianza articolata, preziosa e raffinata
di questa (ir)realtà messa in essere da Annalisa Fulvi.
Tagli di luce e di colore, incanalati dentro argini geometrici
perfettamente incastrati in composizioni che fluiscono su tela,
giocano a gara con sagome passeggere e riposte forme.
La realtà, o meglio definirla ‘cosa reale’, per la sua anonimia,
risulta incapace di simili accostamenti di colore, di quei tagli
inattesi. La loro particolare tonalità cromatica suscita nell’osservatore un senso di meraviglia: dai toni bruni dei primi piani,
attraverso le verticalità del secondo mediano, si passa all’immensità di un cielo inatteso. Il talento di Annalisa Fulvi è riposto
infatti nella sua particolare visione del mondo che prospetta,
si struttura e si orienta in sequenze che evocano solo lontanamente lo stabile materiale della terra, ma si rielaborano in
opere visive leggere e affini.
A prima vista già si intuisce che l’eternità è solo uno sforzo
beffardo del saggio, l’artista invece ne percepisce la tragedia,
la caducità e li evoca. Così il talento ha reinventato l’idea di
paesaggio.
Nell’attimo esatto in cui si discosta lo sguardo da una visione,
pur rinunciando ad ogni diritto personale nel volerla ricordare,
le emozioni già l’hanno riconcepita, reinventata.
La disciplina morale ha perso questa ennesima battaglia e si
evolve in stile, in arte.
Bisogna accettare una tale contraddizione per lasciarsi trasportare.
Eppure non vi è alcuna falsità negli angoli acuti delle sue volte,
nelle forme architettoniche esagonali, nei costoni geometricamente affilati, nella liricità dell’inconsueto e dell’inverosimile.
L’immenso bagaglio visivo viene cullato dall’orientamento intimo di Annalisa Fulvi, dalla testimonianza che quel paesaggio
contemporaneo ormai è solo un paesaggio mentale, eterno
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solo nella sua resa su tela. Ciò non è vena retorica, è ingegno
creativo seu narrativo e sintattico, capace di agitare grandi
complessi e di aprire profondità prospettiche inusitate, di moltiplicare modelli compositivi al pari di elaborate scatole cinesi
e (sic) di sottolineare l’eccellenza dei singoli materiali.
Gli inseguimenti turbinosi delle trame grafiche e delle masse
plastiche sono i cardini visivi della poetica di Annalisa Fulvi attorno a cui ruota il suo racconto scenografico, animato da una
grazia che pochissime volte si ammira in un artista quando gli
viene posta la domanda: “Che cosa vedi?”
Annalisa Fulvi
Notturno, 2015
acrilico su tela, 60x45 cm
Stefano Di Stasio
Attesa, 2015
tempera su carta, 50x35 cm
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D406 fedeli alla linea
Modena
Main Section
Sito web
www.d406.it
Direttore
Andrea Losavio
Artisti in fiera
Fausto Gilberti
Nico Mingozzi
Sergio Padovani
Denis Riva
Michelangelo Setola
Gianluigi Toccafondo
Artisti rappresentati
108, 2501, Daniela Alfarano,
Silvia Argiolas, Aris, Herbert
Baglione, Giorgio Bartocci,
Bastardilla, Andrea Bruno,
Giovanna Caimmi, Luca
Caimmi, Andrea Chiesi, Luca
Coser, Gianluca Costantini,
Sara Dell’Onze, Dem, Francesco Igory Deiana, Ericailcane, Anke
Feuchtenberger, Lorenzo Fonda, Alessandro Formigoni, Marina
Gasparini, Francesca Ghermandi, Gabriella Giandelli, Fausto Gilberti, Gilberto Giovagnoli, Gola, Giuliano Guatta, Aurelie William
Levaux, Fabrizio Loschi, Giovanni Manfredini, Piercarlo Marin, Lorenzo Mattotti, Nico Mingozzi, Giacomo Nanni, Marino Neri, Laurina Paperina, Beatrice Pucci, Stefano Ricci, Denis Riva, Michelangelo Setola, Gianluigi Toccafondo, Nicola Toffolini, Alessandro Tota,
Amanda Vahamaki, Alberto Zamboni
Premio SetUp under 35
Artista
Michelangelo Setola
Curatore
Liliana Cupido
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Pipistrelli, operai, aghi di pino
a cura di Liliana Cupido
Michelangelo Setola ama disegnare con minuzia. I sassolini sulla
terra battuta, le venature del legno, gli infiniti segni, le crepe, le
macchie presenti su un muro, gli aghi di pino. Cerca di riprodurre
la superficie degli oggetti, la ruvidità, la liscezza, le asperità, con
la giustapposizione infinita o la totale assenza di linee. Disegnare
quasi tutti i peli di un cane, non alla ricerca di virtuosismo, ma per
puro piacere autistico.
Setola è interessato a tutto il visibile. La realtà che si può sentire,
odorare, toccare, gustare. La sua peculiarità non sta solo nel tratto preciso e affabulatore per la capacità con cui sa raccogliere la
sporcizia del vivere, ma anche dall’ossessione per il dettaglio significativo, una tensione che genera continuamente spunti narrativi.
Se il particolare è la linfa della narrativa, nel disegno il dettaglio
visivo ne fa venire in mente altri e suggerisce più di quanto non
dica. La sua propensione è stare sempre un po’ di scarto, ma molto
attento a rielaborare la visione del reale con una stortura nel segno, nelle fisionomie, nelle forme, e creare quella frattura su cui si
concentra l’attenzione di chi guarda. Un imprevisto simile a quello
dei racconti di Cechov, o dei dipinti di Hopper.
Setola con il suo segno a grafite esile e minuzioso riesce a condensare nel gesto preciso la potenza dell’incisione con l’evocazione di
una narrazione fatta anche di tremolii e continui ripensamenti. Si
tratta di un tormento lieve che svela la freschezza espressiva del
tratto. Il suo lavoro, che centrifuga le visioni di artisti come Kiki
Smith, Helge Reumann, Bernd e Hilla Becher, ci offre una gamma
grafica varia e complessa, fatta di variazioni di tratteggio, sfumature di grigio, linee incise o evaporate, sempre radicate in una dimensione narrativa.
È un territorio duplice quello in cui si muove Setola: così tenacemente legato alla vita, di cui si respira la polvere, e allo stesso
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tempo a una dimensione altra al limite del surreale e il grottesco.
Come nei film di Aki Kaurismaki, dove la poesia sta nel gesto più
piccolo e dove l’umanità stessa dei personaggi, mostrati nella loro
nudità, nella loro follia o nella loro banalità, basta a dire tutto, così
atmosfere e azioni dei disegni ci raccontano sensazioni ed esistenze che hanno la capacità di essere evocative, di aprire porte su
qualcosa di più lontano e più grande rispetto a quello che vediamo.
Michelangelo Setola
pausa pranzo, 2014
grafite su carta, 100x100 cm particolare
80
Fausto Gilberti
Rosemary’s baby, 2004
china su carta, 21x15 cm
81
EGGERS 2.0 (factory creativa)
Torino
Main Section
Sito web
www.eggerslab.com
Direttore
Guido Avigdor
Artisti in fiera
EBLTZ
(duo formato da Elisa
Baldissera e Luigi Leto)
Chiara Fuca’
Stefano Gioda
Artisti rappresentati
EBLTZ
(duo formato da Elisa
Baldissera e Luigi Leto)
Chiara Fuca’
Stefano Gioda
Premio SetUp under 35
Artista
Stefano Gioda
Curatore
Roberta Tedesco
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GoOld. Alchimia di una corsa scomposta
a cura di Roberta Tedesco
Stefano Gioda (Torino, 1988) potrebbe essere considerato un
moderno alchimista impegnato a creare un nuovo codice di immaginazione della realtà fatto di segni in continua mutazione.
Formatosi come illustratore, l’artista si serve del disegno come
punto di partenza della maggior parte dei suoi progetti, per
dar vita ad un processo di ricerca che è frutto di un preciso e
intenso lavoro manuale.
Il suo tratto minuzioso, fitto di dettagli, delinea un universo ibrido abitato da curiose creature zoomorfe, cristallizzate su carta
con china, acquerello e penna. Partendo da uno studio analitico degli insetti, centro e origine di questo universo, l’artista
plasma un’opera allegorica dell’essere umani: gli entomi sono
creature ignote in divenire che svelano l’inganno dell’identità, forme evolute in disordine alfabetico che sembrano essere
state raccolte da un entomologo surrealista nel corso di una
spedizione senza tempo.
La tecnica è meticolosa, l’approccio scientifico, la rappresentazione immaginifica. Come già in Anomàlia (The Others Fair,
2014), l’artista si concentra sull’anomalo per sperimentare
come questo interferisca con le regole. La forma inaspettata
che assume provoca ghigni e sorrisi, repulsione e attrazione. La
creazione, confinata entro territori organici, è esercizio mosso
da un impulso che vuole classificare ed esibire un modo di esistere atipico.
In mostra a SetUp, l’artista presenta una serie di lavori inseriti
in un progetto collettivo site specific dal titolo GoOld. Alchimia
di una corsa scomposta, una riflessione sul corpo e la materia
che avanza per simboli e stadi.
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La serie - Opera al nero screziato in legno e ferro - è il primo
stadio di un processo in cui la materia si dissolve densa e scura
in un’architettura cacofonica di corpi deformi che corre. È una
corsa bestiale senza direzioni, un percorso necessario, inciso e
scolpito con l’intenzione divertita della libertà.
I disegni e le opere mixed media esposte sembrano oggetti
viventi fissati nel tempo e scrutati nel loro temperamento, indicativi di una pratica artistica ibrida e seriale, che osa ripetersi
e illudere.
Chiara Fucà
Julien, 2015
Mixed media on paper, 30x40 cm
Stefano Gioda
Fantino, 2015
Digital Painting, 50x40 cm
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85
exfabbricadellebambole associazione culturale
Milano
Main Section
Sito web
www.exfabbricadellebambole.com
Direttore
Rosy Menta
Artisti in fiera
Daniela Bombelli
Daniele Cabri
Mattia Di Rosa
Rita Nanni
Edoardo Vaira
Artisti rappresentati
Daniela Bombelli
Gianna Bucelli
Daniele Cabri
Andrea Clementi
Mattia Di Rosa
Rita Nanni
Luce Resinanti
Edoardo Vaira
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Orientamento
a cura di Rosy Menta
exfabbricadellebambole associazione culturale no profit, partecipa per la prima volta ad una fiera che, guarda caso, ammesso che il caso esista, ha come tema “L’orientamento” che è
soggetto basilare della mission del suo lavoro.
Oggi come oggi, con un’arte contemporanea in profonda crisi dove, l’avvento tecnologico e mediatico, ha aperto a nuove
possibilità promozionali, di comunicazione e visibilità, di contro,
spesso ha come ripercussione l’appiattimento artistico e l’omologazione, in cui l’artista si confonde e si perde un marasma
massificato.
Per exfabbricadellebambole “orientamento” significa, tramite
anche workshop e laboratorio di confronto, tra artisti, direttore
artistico e consulenti, accedere a tutte le informazioni su “cos’è
oggi la professione artistica” che, ormai, non si limita più o,
comunque non soltanto, al lavoro dell’artista nel proprio studio, ma c’è un’esigenza imprenditoriale per poter accedere al
sistema-circuito dell’arte e al mercato d’arte che non è composto solo da quotazioni, concorsi, critici o realtà espositive,
ma anche da legiferazioni, leggi, decreti in cui l’artista, spesso
ignorandole e non sapendosi muovere, rischia di incappare in
sanzioni pecuniarie o penali.
L’orientamento, quindi, viene ripartito fra informazioni-aggiornamenti teorici e approcci di confronto e ricerca pratici in cui
l’artista, studiando e sperimentando, incontra la sua “cifra”
d’identificazione artistica e l’espressività tecnica più idonea
per un riconoscimento individuale della sua poetica e maggiori
possibilità di distinzione dalla massa.
Orientamento per collocarsi, per contestualizzarsi, per avviare
una carriera professionale seria usando gli strumenti più attuali sia rispetto al mercato ma, soprattutto, in relazione a contesti
artistici e valorizzare la qualità produttiva.
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Edoardo Vaira
Passaggio interrotto, 2015
acrilico, vernice bituminosa e vetrificatore navale su
cartoncino applicato su tavola di MDF, 70x50 cm
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Mattia Di Rosa
n°12, 2015
tecnica mista su carta, 70x50 cm
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FEDERICO RUI ARTE CONTEMPORANEA
Milano
Main Section
Sito web
www.federicorui.com
Direttore
Federico Rui
Artisti in fiera
Alfio Giurato
Magdalena Lamri
Alan Rankle
Artisti rappresentati
Martina Antonioni, Claudio
Bonichi, Federico R. Bayter,
Alessandro Busci, Linda
Carrara, Chiara Caselli,
Gianluca Chiodi, Luca Conca, Roberta Coni, Giovanni
Gasparro, Alfio Giurato,
Giovanni Iudice, Magdalena Lamri, Andrea Mariconti,
Margherita Martinelli, Guido Pecci, Barbara Nahmad,
Davide Puma, Alan Rankle,
Enrico Savi, Walter Trecchi
Premio SetUp under 35
Artista
Magdalena Lamri
Curatore
Alessandra Frosini
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Erased
a cura di Alessandra Frosini
La memoria è l’unico fondamento reale dell’uomo, rappresenta
la sua identità, ma al tempo stesso ha la tendenza a selezionare, a cancellare, a sovrapporre, a modificare incessantemente.
Così maledettamente fragili, conflittuali, compresenti e contraddittori i nostri pensieri e il nostro modo di percepire il mondo ci guidano in labirinti fatti di presenze e assenze.
Erased è una cancellatura con cui si cela qualcosa che esiste
e in cui rimane traccia del segno fatto cancellando, senza che
questo comporti una totale eliminazione di ciò che viene rimosso, ma, appunto, lasciando memoria di ciò che dovrebbe
esserci. Un groviglio di immagini incapaci di manifestarsi se
non attraverso lampi di pensieri, reminiscenze, miraggi che ci
pongono davanti all’ignoto che si cela dietro le cose, messo in
luce proprio attraverso la sottrazione.
è la fragilità di noi stessi e del nostro mondo naturale, il suo
mistero, che abbraccia anche l’arte e si richiama all’intuizione
dell’oggetto in sé, alla sua ricostruzione, che passando attraverso la memoria riesce a cogliere l’incessante divenire dell’esistenza.
La conoscenza diviene perciò flusso dinamico, tensione al congiungimento con ciò che origina.
è un equilibrio cercato fra naturale e artificioso, tra presenza
e assenza, fra silenzio e voce, in echi che si rincorrono in una
pittura più vicina ad una ricerca filosofica, ad un percorso complesso e stratificato, che trova riscontro nel divenire incessante
della realtà, colto nel momento in cui si crea nella nostra mente. Erased è piacere sottile di una pittura che è finzione illusoria, ma anche “funzione” dello sguardo e della mente, capace
di risvegliare sequenze di pensieri che subiscono un costante
perfezionamento.
Così in Alan Rankle tutta la tradizione artistica del paesaggio, da Claude Lorraine a Francesco Guardi all’ultimo Turner
si fondono col post-modernismo e l’espressionismo astratto per
91
portarci ad una riflessione che investe il mondo circostante e
la sua mutabilità, dunque nella sua concezione come flusso e
mutamento. L’armonia dell’incessante mutamento si può raggiungere attraverso il con-sonare dei contrari, così le luci che
nascondono (in apparente contraddizione) di Alfio Giurato,
che ci portano dentro il mondo delle percezioni, attraverso
tratti gestuali densi e foschi vicini alla Nuova Figurazione. Non
è oblio, ma un modo di nascondere, cancellando, per proteggere, per cullare immagini, per aprire porte chiuse, come nelle
opere di Magdalena Lamri, in cui figure sospese e scenari diversi si sovrappongono in materializzazioni oniriche che a tratti
scompaiono. L’intima natura di tutte le cose ci osserva in un
incessante divenire.
Alfio Giurato
insieme, 2015
olio carta intelata, 78x57 cm
Magdalena Lamri
The absurd running, 2015
Olio su tela, 81x60 cm
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Galleria 13 – arte moderna e contemporanea
Reggio Emilia
Main Section
Sito web
www.galleria13.com
Direttore
Sara Cavagnari
Artisti in fiera
Carla Bedini
Enrico Ingenito
Michael Kenna
Leonardo Naveiras de Uña
Artisti rappresentati
Nobuyoshi Araki
Enrico Bay
Carla Bedini
Omar Galliani
Alviani Getulio
Hans Hartung
Enrico Ingenito
Paul Jenkins
Michael Kenna
Antonio Ligabue
Alberto Manfredi
Carlo Mattioli
Yoko Mizutani
Leonardo Naveiras de Uña
Emilio Scanavino
Mario Tozzi
Premio SetUp under 35
Artista
Leonardo Naveiras de Uña
Curatore
Ilaria Gentilini
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Immersioni
a cura di Ilaria Gentilini
Il lavoro del giovane artista spagnolo Leonardo Naveiras de
Uña, passa attraverso la necessità di riscoprire un equilibrio
personale e sull’idea di abbandono. L’artista sfugge dalla compressione spaziale e temporale contemporanea per cercare
nell’altrove nuove corrispondenze, nuovi orientamenti. Lascia
l’appiglio delle sue tradizioni d’origine per diventare un ibrido,
un punto cardinale di sé stesso o un ponte tra la nostra realtà
quotidiana e il mondo e lo stile di vita che ci precludiamo.
Decide di lasciare il suo lavoro nel campo pubblicitario, un’esistenza sicura ma eticamente controversa e dedicare la vita al
viaggio, in un percorso immersivo e totalizzante; sceglie una
meta lontana da usi, costumi e familiarità, nel tentativo di ripartire dall’inconnu, l’ignoto. L’artista ritrova equilibrio orientando il proprio cammino verso territori in cui è necessario un
altro tipo di spaesamento. La vera operazione artistica sta nel
viaggio, sostenuto, poi, dalla fotografia che lo aiuta a raccogliere paesaggi lungo il cammino. La macchina fotografica diventa supporto ad un processo artistico che trasporta l’artista
in una dimensione riscoperta, a cavallo tra esperienza lasciata
ed esperienza trovata.
Le immagini sono avvolgenti e diventano un’occasione di scambio, una suggestione che invoglia a rivedere il nostro punto di
osservazione sul mondo. Gli scatti accompagnano, ma diventano anche un reportage necessario agli occhi dello spettatore
per avvicinarsi al vissuto dell’artista. Il colore, più di tutto, è
chiave di questa lettura; guida lo sguardo all’interno dell’immagine e traccia un percorso che consente di inoltrarsi fisicamente nell’opera, nel territorio e negli istanti raccontati. Il
nostro sguardo si immerge nel cammino esplorato dall’artista,
così come l’artista si immerge nelle realtà dei protagonisti conosciuti.
Il viaggio si trasforma per desiderio di una nuova ragione di
orientamento individuale; un’immersione in ciò che si incontra
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momento per momento. Lo spostamento geografico è necessario, e necessari sono la processualità e il modo in cui allontanarsi dal consueto per avvicinarsi al non ordinario. Il tempo e
l’attimo acquisiscono un valore indispensabile all’esplorazione
e al reportage di immagini raccolte. È in questi termini che il
tempo acquisisce un valore soggettivo; Naveiras de Uña cede
sé stesso al presente. Le immagini profumano di esperienza
vissuta, ma non di memoria, sono come documenti di un passato che appare vivo nel presente ed è in grado di trasmettere
nell’immediatezza le emozioni di quell’attimo raccolto e donato.
Donare per l’importanza che il dono porta con sé e per l’essenza dell’haul, lo spirito dell’oggetto donato.
Il percorso di Naveiras de Uña è in cerca di quello spirito, di
uno spazio fisico, del fascino del semplice e di ciò che nel tempo
e nello spazio presente ha modo di scoprire. Le sue immagini
vogliono dare attenzione all’attimo e appaiono come l’inizio di
un nuovo ciclo, una nuova storia, un nuovo viaggio, un nuovo
orientamento appunto.
Michael Kenna
Torii Gate, Study 2, Shosanbetsu, Hokkaido, Japan 2014
Stampa su carta baritata ai sali d’argento
Formato 19,5x20,5 cm, montata su passepartou bianco 41x61 cm
Firmata e numerata a matita al fronte.
Certificata Archivio Michael Kenna al retro
Leonardo Naveiras de Uña
Married women with baby
buying vegetables, Varanasi,
India, 2012
Stampa InkJet su carta
baritata, 20x30 cm
96
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Galleria B4
Bologna
Main Section
Sito web
www.galleriab4.it
Direttore
Lodovico Pignatti Morano
Artisti in fiera
Guy Lydster
Lodovico Pignatti Morano
Adonai Sebhatu
Luca Serio
Artisti rappresentati
Stefano Bertolucci
Guy Lydster
Alessandra Alma Masi
Luca Parmeggiani
Bruno Pegoretti
Lodovico Pignatti Morano
Francesco Roviello
Adonai Sebhatu
Luca Serio
Gerald Thomaschütz
Lolita Timofeeva
Pierluigi Vannozzi
Premio SetUp under 35
Artista
Luca Serio
Curatore
Angela Sofia Di Sirio
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Altera immagine: perdersi per poi ritrovarsi
a cura di Angela Sofia Di Sirio
La locuzione Altera immagine o l’altra immagine, proposta in
riferimento alle opere degli artisti selezionati dalla galleria, inquadra da subito l’obiettivo di una ricerca che mira - attraverso
i tratti dello sconvolgimento pittorico e creativo - a ideare un
nuovo modo di guardare, di percepire lo spazio e di relazionarsi
con gli oggetti che lo circondano, per giungere a un ri-orientamento degli attori sociali. Disorientare è la parola chiave del
nostro progetto, il leitmotiv che unisce gli artisti, accomunati
dalla loro propensione a perdersi coscientemente in uno stato
confusionale per poi ritrovarsi, alla ricerca di una propria nota
stilistica, personale e innovativa. Luca Serio - artista versatile
ed eclettico - genera immagini altre attraverso le cancellazioni
e modificazioni delle pagine di una delle riviste più prestigiose
nel campo della moda, “Vogue”. Modelle, attori, protagonisti
di set pubblicitari, perdono i loro connotati per apparire come
fantasmagoriche figure in tensione, assorte di fronte all’incombere del vero e impegnate a dare segni e spessori alle reazioni
individuali, ai sentimenti e alle emozioni del privato. La ricerca
di una nuova figura ha alla base una poetica del resettaggio
iconografico, mirante alla cancellazione dei vecchi preconcetti
artistici, per focalizzarsi sull’importanza del ritrovare una propria identità personale all’interno di una mercificazione della
raffigurazione; l’arte del togliere giunge addirittura al nonfinito come condizione interiore che matura nell’atto creativo
dell’artista, nel quale è impossibile indicare un punto di arrivo
preciso. La distruzione che va di pari passo con la fantasia creativa dell’artista in un incessante e ossessivo processo di definizione della forma, si configura come momento necessario
per scavare nell’animo umano, nell’intento di perdersi per poi
ritrovarsi. Adonai Sebhatu, i suoi paesaggi futuristici e cibernetici ci catapultano in un’altra dimensione, persi, disorientati
dalla capacità dell’artista di sfruttare un comune strumento di
comunicazione come il computer, per fare arte. Le fotografie
99
di Lodovico Pignatti Morano trovano il soggetto preferito nelle lattine di birra, gettate dall’incuria della gente, oggetti che
subiscono una continua trasformazione dovuta alle intemperie, al deterioramento provocato da azioni meccaniche o, più
semplicemente, dal trascorrere del tempo. Infine, nei lavori di
Guy Lydster, il gesto creativo diventa il tramite tra la natura
e l’uomo: usando un’argilla che asciutta e cotta diventa bianca, modella le sue sculture dall’anatomia quasi assente, spesso
bianchi tori che portano in groppa creature informi e acrobati.
Luca Serio
Senza titolo, 2014
tecnica mista su Vogue, cm 21,5x15 cm
100
Lodovico Pignatti Morano
Senza titolo, 2014
Stampa lambda su alluminio, 90x70 cm
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Galleria PrimoPiano
Napoli
Main Section
Sito web
www.primopianonapoli.com
Direttore
Antonio Maiorino
Artisti in fiera
Chiara Celeste
Aristide Gagliardi
Luigi Grassi
Cristina Milito Pagliara
Massimo Pastore
Giovanni Scotti
Ciro Vitale
Artisti rappresentati
Chiara Celeste
Aristide Gagliardi
Luigi Grassi
Massimo Pastore
Giovanni Scotti
Karen Stuke
Wowe (Wolfgang Wesener)
Luca Zanier
Premio SetUp under 35
Artista
Chiara Celeste
Curatore
Elvira Buonocore
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ΜΗΔΕΝ ΑΓΑΝ [Mēden agān]
Nulla di troppo:
assenze e i loro spazi di esercitazione
a cura di Elvira Buonocore
Per SetUp 2016 in mostra sette artisti dallo sguardo prospiciente e libero, capaci di una visuale d’affaccio assolutamente privilegiata. Gli autori, Chiara Celeste - Luigi Grassi - Massimo Pastore
- Aristide Gagliardi - Giovanni Scotti - Ciro Vitale - Cristina Milito
Pagliara, sono capaci di ricondurre, attraverso questo particolare diritto di veduta, ad un momento esiziale, al di sopra delle
cronologie, in una dimensione altra che sembra sopraggiunta
alla fine della storia e riconoscibile alla maniera vaga dei ricordi.
È dunque un’operazione profondamente panoramica, che mira
a riferire gli spazi, a ricondurli in un confine comprensibile e talvolta trascendendo da essi, sia pure attraverso diverse tecniche
espressive, a segnalarne le tracce dall’alto, in un gioco aereo da
cui sono visibili i resti di quei luoghi divenuti posizioni, ambientazioni di esperienze.
Tracciando una linea tra queste opere, solo in apparenza molto diverse, ci si figura una sorta di pomerio, uno spazio sacro di
segnalazione, dentro il quale gli artisti si calano, mostrando un
attaccamento febbrile a quel luogo, che diventa evenemenziale
e narrativo.
Le diverse forme che gli artisti realizzano, rispondono in un modo
criptico, ma in fondo visibile, alla stessa traccia: appare cioè un
comune sentire quel vacante che un tempo era lo sconosciuto
horror vacui e che diviene ora compagno intimo, una vera constatazione. Emerge a questo punto un’arrendevolezza dichiarata, davanti a questa tautologia del vuoto. E questo lasciare
andare che non è stanchezza ma sussurrata tensione emotiva, si
traduce in una serie di scelte tecniche mirate, ma frutto comunque di una selezione spontanea dei modi espressivi più adatti a
quel vacante che è traccia delle narrazioni, il vacante in mostra
coi suoi elementi quasi assoggettati, carichi di sbigottimento.
Prevale il senso di una mancata appartenenza, se non ad un to103
talitarismo senza segnaposti e dominato dalle assenze, nel quale
si è inconsapevolmente spostati in uno spazio sfigurato e indistinguibile. Invisibili gli uomini in una luce che cancella i margini
e annulla le prospettive.
La strada di questa esposizione è dunque felicemente tracciata.
Lavori che autonomamente hanno ricorso a soluzioni differenti,
rinvigoriscono nella coerenza dell’insieme, nel dare-avere che è
il solo movimento dell’opera d’arte.
Chiara Celeste
Non era abbellirvi 16, 2015
Lumen print, passepartout e cornice in legno Ayous, 18x24 cm
no edition
104
Massimo Pastore
Tokens 31, 2015
Fotografia – Light box, 20x14,96 cm
edition 1/5
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Incredibol
Bologna
nell’installazione proposta da Saint Etienne, città del design. Una
piccola panoramica per suscitare interrogativi, portare all’attenzione un tema cruciale e incontrare altre città creando nuovi cortocircuiti e “spillover” creativi.
INCREDIBOL! PRESENTA GLI ‘SPILLOVER CREATIVI’ DALLE
CITTà UNESCO DI FABRIANO (Italia), JINGDEZHEN (Cina)
E SAINT ETIENNE (Francia)
SANDRO TIBERI - Fabriano
Artista e Maestro Artigiano, esperto nell’arte della fabbricazione
della carta a mano. Nasce e vive a Fabriano, insegna in corsi e workshop anche in ambito internazionale. I suoi lavori sono stati esposti
anche nella sede dell’UNESCO a Parigi. Crea prodotti di altissimo
livello utilizzando materie prime pregiate, puntando sull’innovazione e sul design e proiettando questo mestiere nel futuro.
Main Section
Sito web
www.incredibol.net
IncrediBOL! - l’innovazione creativa di Bologna è un progetto
regionale coordinato dal Comune di Bologna attivo dal 2010,
che si occupa di favorire lo sviluppo delle professioni e delle imprese del settore artistico, culturale e creativo. Poiché Bologna
fa parte, come città della Musica, della rete delle Città Creative
UNESCO, importante network internazionale multidisciplinare e
piattaforma di scambio culturale, in occasione di SetUp 2016 abbiamo deciso di esplorare il tema dello “spillover creativo”, su cui
lavoriamo dal 2012 grazie al progetto URBACT “Creative spin –
creative spillovers for innovation”, invitando le altre città creative
UNESCO di tutto il mondo a presentarci artisti e progetti che in
qualche modo riflettessero una loro visione di “spillover”.
Ma che cos’è lo “spillover”? Il tema ha a che fare con quello
dell’orientamento, a cui SetUp 2016 è legato, in quanto rappresenta uno degli assi principali di lavoro per esplorare un approccio integrato all’arte in relazione con i settori economici tradizionali e le istanze sociali contemporanee: significa attraverso l’arte
creare collegamenti, abbattere barriere disciplinari, lavorare
sul rapporto con la tradizione, l’artigianato, l’industria, il design,
il cibo e molto altro ancora. A loro modo, i tre artisti selezionati
rappresentano una visione di “spillover”: il rapporto tra artigianato, industria cartiera e arte nel caso di Fabriano, città creativa
nella categoria “Folk Art”; il rapporto tra la pittura e la porcellana
nella cultura figurativa cinese con Jingdezheng, anch’essa città
della ‘Folk Art’; il rapporto tra design, arte e temi della nutrizione
106
CONTAMINAZIONI
Sperimentazioni dal Maestro Sandro Tiberi
Sandro Tiberi è un esempio tangibile di come la carta a mano non
sia solo un sistema di produzione, ma un vero e proprio linguaggio
artistico. Le sue creazioni sono tutte realizzate con cotone 100%,
quindi di alto pregio e sostenibilità. Il progetto che viene presentato riguarda una parte della sua produzione artistica relativa a
diverse forme di contaminazione della carta a mano, dove materiali
differenti immersi nella carta diventano una cosa sola. Una tecnica
rielaborata per creare emozioni, con il bianco del cotone dominante sulle ombre. Le
tecniche innovative
utilizzate da Sandro
Tiberi per la realizzazione delle sue opere
aprono nuovi scenari
creativi, e il suo lavoro ha dato un contribuito determinante
al riconoscimento a
Fabriano del titolo
di Città Creativa da Sandro Tiberi
Reciprocità, 2015
parte dell’UNESCO.
Fogli di carta, con inserti di acciaio inox e filo tessile
107
LEA PRUYKEMAQUERE
Saint Etienne
Diplomata alla Scuola Superiore
di Arte e Design di Saint-Etienne
nel 2014, nel 2014-15 è assistente design manager alla Cité du
Design per la mostra di oggetti
urbani ‘Banc d’essai’, nell’ambito della della Biennale Internazionale del Design di Saint-Etienne
2015. Il suo lavoro si concentra sull’alimentazione del futuro e in particolare sulle pratiche entomofaghe (dieta a base di insetti). Il suo
progetto di diploma Insect Beauty è stato esposto alla Biennale Internazionale del Design di Saint-Etienne 2015 e ai D’DAys di Parigi.
INSECT BEAUTY – un rituale sperimentale ai sapori entomofagi
Progetto realizzato in collaborazione con lo chef Gilbert Isaac in
partenariato con l’impresa Micronutris. Gli studi annunciano un
aumento della popolazione del 34% entro il 2050: come nutrire 9
miliardi di abitanti senza influire sulle risorse del nostro pianeta? E
se gli insetti fossero un’alternativa alle proteine di origine animale
della nostra dieta? Mangiare insetti è oggi la soluzione più praticabile dal punto di vista ecologico, nutrizionale ed economico per
preservare il nostro ambiente. Gli insetti sono consumati da 2,5 miliardi di persone in tutto il mondo; 1417 specie sono commestibili e
500 vengono regolarmente consumate in Africa, Asia e America.
In Occidente, e in particolare in Francia, l’idea di integrare i nostri
insetti nel patrimonio culinario rimane tuttora improbabile. Sinonimi di impurità, parassiti, gli insetti
sono esclusi radicalmente dall’idea
di cibo. Questo progetto artistico
mira a suscitare curiosità e invita a
trasformare le nostre paure e superare i pregiudizi del nostro immaginario collettivo.
108
WU YANZHANG - Jingdezheng
Nato nella provincia di Shandong in Cina nel 1976, Wu Yanzhang
è fondatore di Ink -art e senior fellow del Laboratorio Cheng Dali
della Scuola di Arti dell’Università di Pechino. è segretario generale
della China Culture Economy International Exchange Association,
Associate Dean dell’Accademia Cinese per la Poesia, calligrafia e
le Belle Arti, segretario generale della Scuola di Belle Arti Xishan
Lanting di Pechino ed è stato direttore dell’ Executive Committee for
Porcelain Art of JooMoo all’EXPO
di Milano 2015.
INK ART – Song & Yuan Dynasty sulla pittura e la porcellana cinese
La parola inglese ‘China’ identifica
oggi sia il Paese sia la porcellana;
ciò suggerisce come la porcellana
fosse il simbolo del Paese, e come
da essa il mondo abbia iniziato a conoscere e a definire la Cina.
L’arte della porcellana si è sviluppata attraverso i secoli, ma i pittori
avevano pochi contatti con gli artigiani, ed erano di rado coinvolti
nella lavorazione della porcellana. Per la stessa ragione, i criteri di
valutazione della porcellana tradizionale non sono gli stessi della
pittura cinese: adattare il linguaggio della pittura alla porcellana è
perciò un’impresa difficile. Sebbene molti artisti si dedichino a combinare queste due arti, ancora oggi ci rendiamo conto che si tratta
di categorie fondamentalmente differenti, e che il ponte tra le due
non è mai stato realmente costruito, e la profonda comunicazione
tra le tecniche mai raggiunta. Il progetto si propone di prendere la
porcellana come medium; apprendere dalla pittura delle dinastie
Song e Yuan, apice di tale arte, e rendere un tributo ai classici in
maniera comprensibile dal pubblico, realizzando una forma di integrazione tra pittura cinese e porcellana cinese.
109
LOPPIS OPENLAB
Parma
Main Section
Sito web
www.openlabgallery.it
Direttore
Eleonora Deidda
Artisti in fiera
Enrico Azzolini
Ilaria Gasparroni
Samuel Mello
Pixel Pancho
Conrad Roset
Artisti rappresentati
Enrico Azzolini
Cristiano Baricelli
Elisa Bertaglia
Ilaria Gasparroni
Enrico Ingenito
Samuel Mello
Giacomo Mha
Chuck Olson
Pixel Pancho
Conrad Roset
Agnese Skujina
Guim Tiò Zarraluki
Premio SetUp under 35
Artista
Samuel Mello
Curatore
Federica Melegari
110
NON COME LA NOTTE
a cura di Federica Melegari
Per chi vede al di là della linea d’orizzonte.
Per chi non accetta l’indifferenza e scava nel profondo.
Per chi ancora crede che da un diverso modo di guardare le
cose possa nascere un nuovo mondo.
Nella società del disorientamento e dell’incertezza, quella che
il sociologo Bauman definisce la “modernità liquida”, l’uomo si
avvicina sempre più a diventare “macchina” e a convertire le
proprie idee e i propri sentimenti in azioni d’ordinaria abitudine.
In un mondo quasi completamente tecnologizzato si scatena il
paradosso della difficoltà di comunicazione che rende l’uomo
vulnerabile davanti alla fugacità dei rapporti umani.
Solo gli Occhi di chi sa guardare “oltre”, riescono ad innescare
la speranza e ad offrire un appiglio per un futuro pieno di luce
e di umanità, a dare la forza per alzare il sipario della notte. Lo
Sguardo è il custode della volontà d’azione, la nostra fonte di
luce e bussola per il futuro.
“È di notte che è bello credere alla luce.” (Edmond Rostand)
Samuel Mello presenta il progetto“Istruzioni per non ritrovare
la strada di casa” nel quale il protagonista attraverso una pratica di disorientamento compie delle azioni che lo inducono a
smarrirsi nello spazio e nel tempo che già gli appartengono.
Come la lava si raffredda e diventa roccia, così è necessario abbandonare il proprio stato precedente per concorrere
all’evoluzione.
“La modernità ha fallito. Bisogna costruire un nuovo umanesimo altrimenti il pianeta non si salva.” (Albert Einstein)
La ricerca di Pixel Pancho racchiude l’essenza dell’uomo, integrato e radicato nella quotidianità, che si trasforma in “macchina”, un ingranaggio di un sistema complesso ed organizzato
dal quale è difficile liberarsi.
111
“Chiunque sia in grado di mantenere la capacità di vedere la
bellezza, non diventerà mai vecchio.” (Franz Kafka)
Le Muse di Conrad Roset sono fragili corpi intrappolati in un
mondo imperfetto, ma incarnano la bellezza dei colori e delle
passioni che nascono in chi spera, in chi non si ferma allo strato
superficiale delle cose e crede in un ideale.
“Ho passato la vita a guardare negli occhi della gente, è l’unico luogo del corpo dove forse esiste ancora un’anima.” (José
Saramago)
Nei volti di Enrico Azzolini lo sguardo è la finestra che si affaccia sull’interiorità. In esso si riflettono le inquietudini e le
angosce umane, la paura per il presente e il rischio di rimanere
prigionieri di se stessi.
“Homo faber fortunae suae” (Appio Claudio Cieco)
Ilaria Gasparroni in “Avrei voluto scriverti..” racconta come
nell’epoca moderna i rapporti umani siano spesso fugaci ed
immateriali, resi tali dall’approccio tecnologico.
Avrei voluto scriverti…ma non l’ho fatto ed ora sono solo davanti allo specchio.
Samuel Mello
Istruzioni per non ritrovare la strada di casa, 2015
bozzetto preparatorio tecnica mista su carta, 30x40 cm
112
113
MARTA MASSAIOLI ARTE CONTEMPORANEA
Fabriano (AN)
Main Section
Sito web
www.museoartecontemporaneamartamassaioli.com
Direttore
Marta Massaioli
Artisti rappresentati
Gino De Dominicis
Goncalo Mabunda
Mario Macilau
Kazuo Shiraga
Artisti in fiera
Sveva Angeletti
Christophe Costantin
Vettor Pisani
Ringo of Dakar
Alfredo Saino
Premio SetUp under 35
Artista
Sveva Angeletti
L’ESSERE COME ESPERIENZA
a cura di Giovanni Damiani
Numerosi piccoli elementi si dispongono (ed espongono) solo
apparentemente in modo casuale sul pavimento, fuoriuscendo dalla “Valigia” in cui sono geometricamente disposti a riempirla totalmente. Si mostrano nudi all’osservatore, il quale
pazientemente sedendosi sul piccolo e semplice sgabelletto
in legno, lontano ricordo di manufatto artigianale, può costui costruirne la trama, dissolverne l’enigma. Ogni foto, ogni
brandello scritto e ogni poesia, sono un momento, irrimediabile e inafferrabile nello scorrere del tempo e del vissuto dell’artista, della donna e dell’uomo, dell’essere umano tutto. Istanti
di un passato che seppur persi sono sedimentati, costituiscono quel bagaglio inconscio e trasparente che prende il nome
di esperienza. Quel bagaglio invisibile che via via nel trascorrere del vissuto si amplia di contenuti, si modifica e muta. Una
valigia appunto, che come viandanti eterni del e sul mondo
portiamo sempre con noi, aggiungendo immagini, momenti,
frasi, che se anche sono singoli e frammentati, assomigliano
ai tizzoni ardenti della brace di un focolare, nel quale unendo le reciproche energie sprigionano poi forze potenti. Così
questo lavoro riassume e contiene un significato oltre al suo
particolare visivo, è il simulacro di una metafora esistenziale dell’essere umano, costretto o forse non, a viaggiare nel
mondo con la sua valigia finché morte non li separi, e fino ad
allora nella sua valigia trattenere di volta in volta ciò che gli
è più caro, più utile al viaggio.
Curatore
Giovanni Damiani
114
115
Sveva Angeletti
A casa ovunque, 2015
stampa fotografica, polaroid, carta, cartone ondulato, legno
250x190 cm
116
Ringo of Dakar
Africa Souma rewe
cromogenic print on d-bond, 100x200 cm
ed. unica
117
MARTINA’S GALLERY
Seregno (MB)
Main Section
Sito web
www.martinasgallery.com
Direttore
Martina Corbetta
Artisti in fiera
Lucas Beaufort
Elisa Bertaglia
Michela Picchi
Artisti rappresentati
Lucas Beaufort
Elisa Bertaglia
Linda Carrara
Eracle Dartizio
Francesco De Molfetta
Patrizia Novello
Daniela Novello
Michela Picchi
Anna Turina
Giulio Zanet
Premio SetUp under 35
Artista
Elisa Bertaglia
Curatore
Martina Corbetta
118
Line
a cura di Martina Corbetta
Line è un progetto a cura di Martina Corbetta i cui interpreti
sono Lucas Beaufort, Elisa Bertaglia e Michela Picchi.
Sperimentazione, pittura e illustrazione in “line up”. Lo scopo?
Un progetto per un giusto orientamento verso l’arte di oggi,
ancora così poco per tutti.
Golden reveries è il ciclo di dipinti e disegni su carta realizzato
ad hoc da Elisa Bertaglia. Varcando lo spazio, lo sguardo
incontra la serie, che si snoda attraverso piccoli pezzi dalla
lettura ininterrotta, il cui concetto di rêverie, termine francese
derivante dalla matrice reve, sogno, è l’interpretazione.
L’immagine d’invenzione, fantastica, che sta alla base della
rêverie, per definizione stessa di Gaston Bachelard (filosofo
francese, autore de La poetica della rêverie, 1960), si dipana
in linguaggio poetico e lirico. In Golden reveries il linguaggio
onirico si sviluppa dalle immagini archetipiche delle reveries,
essenza del cogito creativo intrisa di memoria e di ricordo.
Dalla pittura eterna e velata di Bertaglia all’illustrazione
volitiva e determinata di Picchi. Dalla collezione di Tigre contro
Tigre, le immagini sono esuberanti e rigogliose, avverate
grazie alla ricerca stravagante e al colore brillante steso per
campiture piene. In spazi immaginari fluttuano soggetti, scene
o scritte che marcano di colpo la memoria. In un’importante
intervista, Milton Glaser, designer e illustratore statunitense,
celebre per il logo “I love NY” e per il poster di Bob Dylan del ’66,
parla della contaminazione e delle influenze che determinate
persone possono avere su altre. Chiunque, secondo la terapia
della Gestalt, ufficializzata da Fritz Perls, la combinazione di
due soggetti può essere tossica oppure salubre e per questo
motivo bisognerebbe essere responsabili dei nostri sentimenti
senza che gli atri individui dettino le nostre emozioni. Infine,
incontriamo Lucas Beaufort. Impariamo a conoscerlo. Francese
di nascita, Rue James Grant Milne è la via di casa, è la strada e
il luogo d’infanzia di un bambino dall’immaginazione accesa. È
119
quell’angolo in cui mostri, frutto dell’irreale fantasia, prendono
vita in modo chimerico e illusorio. Spaventato, ma allo stesso
tempo affascinato dai film horror, in particolare di Sam Raimi
– Samuel Marshall Raimi – famoso per aver diretto La casa e la
serie Spider Man, Beaufort si dispone come regista della sua
immaginazione. Love me monster propone la visione completa
del percorso artistico di Beaufort, dalle cover Thrasher di
Darrell Stanton, ai ritratti a viso coperto di Geoff Rowley (Ph.
Davy Van Laere), fino ai disegni su carta. Dalla ballata di Elvis
Love me tender alla versione pittorica di Love me monster,
Beaufort parla di sé con immagini e segni, ormai ravvisabili,
capaci di raccontare e descrive una vera passione.
Elisa Bertaglia
Golden reveries, 2015
Oil, charcoal and graphite on paper, 42,3x30,3 cm
120
Michela Picchi
Circle, 2015
Fine art, Epson print ultra chrome k3
vivid magenta on paper, 330g_m2, high gloss - A4, A3, A2, A1
121
Museo Nuova Era
Bari
Main Section
Sito web
www.museonuovaera.it
Direttore
Rosemarie Sansonetti
Artisti in fiera
Carlo Battisti
Beppe Biagi
Francesco Granito
Giovanni Lamorgese
Rosemarie Sansonetti
Premio SetUp under 35
Artista
Monica Casalino
Curatore
Isabella Battista
122
Disorizzonti
a cura di Isabella Battista
L’opera Disorizzonti seleziona nove scatti di una ricerca fotografica intorno alla sensazione di spaesamento.
Nell’installazione di Monica Casalino, l’essenza è la relazione
tra le fotografie, e non il singolo scatto, che proprio grazie alla
relazione, sfugge all’idea retorica di paesaggio, ricordo, atmosfera.
La luce i piani di profondità e il rapporto figure sfondo, diventano dati grafici, perdono una qualsiasi significazione romantica:
nessuna narrazione, nessuna presenza umana solo lo sguardo
dell’artista con la sua prospettiva, sommata alla prospettiva
dello spettatore, che coglie non il momento, ma i momenti che
portano a quella relazione.
In contrappasso rispetto al tema dell’orientamento, qui non ci
si orienta ci si perde, nessun riconoscimento geografico, nessuna storia, una negazione dell’orizzonte in cui alberga il desiderio dello sguardo. Ora l’orizzonte è schiacciato da un cumulonembo, ora è perso nel buio e nella polvere di pietra, ora
frantumato dalla pioggia. Il risultato è una leggerezza estetica,
che è il trait d’union che lega la giovane Monica Casalino agli
altri artisti più maturi presenti in mostra, in un progetto che
segue la ricerca della realtà nelle sue forme. L’orientamento
ludico e concettuale di Carlo Battisti è raggiunto tramite la
sua ricerca su un testo letterario. Le piccole strisce di carta
intersecate tra loro, formano un gioco manuale e mentale in
cui il testo narrativo è trasformato in piccolo oggetto–scultura.
Beppe Biagi presenta su fogli di carta indiana i suoi piccolissimi
racconti, attimi, pieni di raffinate variazioni cromatiche. I suoi
dipinti a china ricordano istantanee in bianco e nero, in equilibrio tra il vissuto e il sogno. Le sculture in pietra di Francesco
Granito sono sempre in bilico tra l’attrazione per il peso della
pietra e l’esigenza di conquistare leggerezza nei soggetti scolpiti, risultato di un connubio tra ricerca formale della scultura e
levità del pensiero ad essa sottesa. In Giovanni Lamorgese, la
123
ricerca sulla realtà simbolica e l’identità si fonde nei soggetti
riprodotti, traducendo in chiave contemporanea le riflessioni
sulla ritualità. Nella ricerca di Rosemarie Sansonetti, la luce
fa risaltare la leggerezza dei supporti evidenziando le immaterialità dei soggetti che è una caratteristica del suo lavoro e
allude a simulacri umani, inscatolati controluce, come piccole
apparizioni.
Monica Casalino
Disorizzonti, 2014
Installazione fotografica, 150x100 cm
124
Carlo Battisti
Senza titolo (sfera) Biblioteca di Babele, 2008
Lavoro tridimensionale in teca di plexiglas e base in marmo nero del
Belgio, strisce (largh. mm.2 ) di righe di testo ritagliate e montate da
stampa tipografica
carta Conqueror, composizione in corpo 4, diametro 8 cm
125
Opificio Arti Performative
Frattamaggiore Napoli (NA)
Main Section
Sito web
goo.gl/W1Ybrc
Direttore
Enzo Palumbo
Artisti in fiera
Pina Della Rossa
Nicca Iovinella
Salvatore Lendi
Angelo Marra
Antonella Pagnotta
Enzo Palumbo
Valentino Silvestre
Artisti rappresentati
Lello Lopez
Angela Maione
Daniela Morante
Laura Niola
Gloria Pastore
Rosa Persico
Felix Policastro
Maria Pugliese
Amedeo Sanzone
Carla Viparelli
Premio SetUp under 35
Artista
Valentino Silvestre
Curatore
Marcello Francolini
126
Dis-Orientarsi
a cura di Marcello Francolini
L’Opificio Arti Performative, presenta per l’edizione di SetUp
Contemporary Art Fair 2016, un progetto curatoriale dal titolo
Dis-Orientarsi. Sebbene il tema scelto per quest’anno è Orientamento, la formulazione del progetto si attesta un attimo prima che
tale azione si possa compiere. Potrebbe a prima svista, il visitatore, confondersi con la titolazione, propendendo per l’accezione
negativa del perdersi o dello smarrirsi, disorientamento appunto.
Ma siccome il prefisso non si lega direttamente, ma per mezzo di
una congiunzione lineare, così scritto dis-orientamento sta ad indicare un moto verso l’orientamento, potremmo quasi chiamarlo
ri-orientamento.
Tutto ciò ha inevitabilmente a che fare con la spazialità geografica dei soggetti coinvolti: artista, opera, fruitore, che si trovano ad
abitare il medesimo luogo che è in ultimo quella cima inerpicata
in cui si diramano i meccanismi di comprensione dell’opera d’arte.
L’immagine da cui siamo partiti è quella del viandante nella nebbia di Friedrich, dove il perdersi non spaventa, ma anzi seduce. Il
Fruitore è quel viandante, che rientra in uno spazio dove nessun
significato è già dato ma è un campo di possibili accadimenti su
cui ognuno costruisce il senso a seconda del proprio peregrinare.
Le opere sono quella nebbia, disposte secondo un continuum che,
a prima vista, cela le pause come fosse un testo unico senza punteggiatura. Il piccolo formato è qui imposto per aumentare il grado di intimità con l’ambiente, da un lato, e dall’altro per convivere
in modo proporzionato con gli oggetti personali degli artisti che
contribuiscono alla formazione dei sentieri, che sono quell’avvicinarsi all’origine dell’arte: sia grazie all’opera sia al vissuto dell’artista. L’opera è un giudizio possibile dell’artista sul mondo, in quanto
cosa creata. L’oggetto è una significanza storica, un estratto della
sua vita, in quanto cosa vissuta.
Entrambe le cose presentate appartengono all’artista: e in ciò
l’opera totale così esposta costituisce l’antologia non tanto del,
ma bensì, degli artisti dell’Opificio.
127
Opificio Arti Performative
Manifesto 2014
Valentino Silvestre
Vigor, 2015
olio su tela, 41x56 cm
128
129
PORTANOVA12
Salvatore Ligama - Serendipity
a cura di Alessandra Ioalé
Bologna
Main Section
Sito web
www.facebook.com/portanova12
Direttore
Antonio Storelli
Artisti in fiera
Nicola Alessandrini
Bambi Kramer
Casciu e Crisa
Paolo Ferro
Gola Hundun
Salvo Ligama
NeSpoon
Opiemme
UNO
Artisti rappresentati
Nicola Alessandrini
Bambi Kramer
Dissenso Cognitivo
Gola Hundun
Salvo Ligama
NeSpoon
Opiemme
UNO
Premio SetUp under 35
Artista
Salvo Ligama
Curatore
Alessandra Ioalé
130
Figlio del suo tempo, Salvo Ligama è un giovane artista siciliano la cui ricerca pittorica è definita dal proprio orientamento
geografico e sociale quale nativo digitale che sfrutta le comuni
tecnologie a lui disponibili, per sondare possibilità inedite di
fruizione e percezione della realtà che lo circonda e riattualizzare la pittura di genere all’interno del panorama artistico odierno. Vediamo coinvolto il proprio sistema culturale in
un gioco percettivo che si risolve nella realtà del dispositivo
digitale, che ne ricostruisce l’immagine nell’attimo in cui vi si
guarda attraverso, esaltandone l’urgenza quotidiana e il profumo pregnante delle atmosfere in un ritratto contemporaneo.
Nella realtà dello spazio concreto, la realtà fisica dell’opera
pittorica diviene coincidente e compresente alla realtà virtuale
dell’immagine in essa celata. Due mezzi espressivi tanto opposti si piegano fino a toccarsi, per chiudere un cerchio visivo e
diventare complementari alla visione dell’immagine pittorica
“digitalizzata” e “nascosta”, riducendo distanze concettuali, tematiche e tecniche impensabili e portando ad alti livelli estetici
ed espressivi la tecnica di scomposizione digitale dell’immagine applicata alla pittura. Un ritratto attuale che nella ricerca
dell’artista assume inedite istanze concettuali, superando e
dilatando i limiti del genere, con l’opera “Mare in scatola”. In
un’era in cui tutto può diventare prodotto in scatola, anche il
mare di Sicilia può subire la stessa liofilizzazione in pixel. Ogni
pixel è un pezzo di mare, staccato e indipendente, dipinto e
fatto asciugare alla brezza di mare, con la presenza costante
di altri prodotti organici o non classificabili, per un vero ritratto
D.O.C. in scatola, pronto per essere sparpagliato su qualsiasi
superficie. Autonoma, l’opera agisce nello spazio producendo
un’illusione concettuale ed estetica che predispone a una fruizione per niente scontata e retorica, regalandoci la possibilità
di essere curiosi e sorprenderci.
131
Opiemme
Antarctica Vortex, 2015
92x73,5 cm
Salvo Ligama
Mare in Scatola, 2015
132
133
Print About Me
La Print About Machine
a cura di Print About Me
Torino
Main Section
Sito web
www.printaboutme.it
Direttore
Paolo Berra, Mattia
Macchieraldo, Beatrice Zanelli
Artisti in fiera
Paolo Berra
Daniele Catalli
Giulia Garbin
Wim Starkenburg
Studio Fludd
Elisa Talentino
Artisti rappresentati
108
Veronica Azzinari
Paolo Berra
Daniele Catalli
Raffaele Cesano
Giulia Garbin
Anna Guazzotti
Wim Starkenburg
Studio Fludd
Elisa Talentino
Premio SetUp under 35
Artista
La Print About Machine
Curatore
Print About Me
134
“È assodato che le operazioni dell’Automa sono regolate dalla mente, e da essa soltanto.”
[E.A. Poe, Il giocatore di scacchi di Maelzel, in “Southern Literary
Messenger”, aprile 1836, p. 5]
Così Edgar Allan Poe descrive nel suo pamphlet il funzionamento
del famoso giocatore di scacchi di Maelzel, inventato nel 1769 dal
barone ungherese e famoso ingegnere Wolfgang von Kempelen.
La portentosa “macchina” consisteva in un manichino abbigliato
alla turca, seduto ad un tavolino al quale era fissata una scacchiera, pronto a sfidare lo spettatore ad una partita a scacchi.
All’inizio di ogni esibizione il barone mostrava al pubblico l’interno della macchina, che grazie ad un’illusione ottica sembrava
colma di ingranaggi. In realtà un piccolo vano nascondeva un
maestro di scacchi che muovendo le pedine provocava stupore
nel grande pubblico.
È il medesimo stupore che vuole ricreare La Print About Machine.
Mentre nel XVIII secolo l’invenzione ingegneristica voleva dimostrare le possibilità dell’uomo di possedere il segreto della creazione dando vita a un automa, oggi, dopo secoli di scoperte in
campo industriale che hanno portato la macchina a sostituire
il lavoro artigianale, La Print About Machine riposiziona l’uomo
al centro e all’interno di essa, a sottolineare che per quanto la
scienza avanzi, la qualità del lavoro sarà sempre determinata
dall’essere umano.
In un periodo storico nel quale la macchina, strumento concepito per stampare illimitatamente, diventa mezzo per produrre
tirature limitate, certificate e numerate, pressoché indistinguibili,
Print About Me propone una machine che consente di ottenere
serigrafie in tiratura illimitata, trasgredendo alla perfetta qualità con qualche lieve imprecisione, frutto del lavoro manuale.
135
La Print About Machine, 2015
installazione performativa site specific, ingombro 200x200 cm
136
La Print About Machine, 2015
installazione performativa site specific, ingombro 200x200 cm
137
RICCARDO COSTANTINI CONTEMPORARY
Torino
Main Section
Sito web
www.rccontemporary.com
Direttore
Riccardo Costantini
Artisti in fiera
Gigi Piana
Artisti rappresentati
Aqua Aura
Monica Biancardi
Mario Daniele
Paco Guillen
Piero Mollica
Francesco Pergolesi
Edoardo Romagnoli
Ray Smith
Melissa Steckbauer
Santiago Ydanez
Premio SetUp under 35
Curatore
Sara Locatelli
138
direzioni_d_identità
a cura di Sara Locatelli
Orientarsi è un processo primario, primordiale. Interessa l’uomo
nell’interazione con l’ambiente che lo circonda. Interessa l’individuo che cerca di conoscersi intimamente e di ri-conoscersi
all’interno della cultura e società che abita. “Abitare” nel senso di
rapporto con il territorio e la comunità, “abitare” il corpo stesso:
facoltà umane sottili, profonde, cadute nell’oblio delle sovrastrutture sociali moderne. L’alienazione dalla “naturalità” di rapporti e
relazioni, sempre più mediate da strumenti digitali, è sostanziale.
Occorre un’operazione di ri-orientamento e ri-identificazione sentita e sincera, coraggiosa.
Queste le basi che muovono l’operare di gigi piana nell’indagine
concettuale e tecnica che produce la serie “ricerca_d_identità”, riconducibili alle analisi antropologiche di La Cecla in “Perdersi”.
L’artista elegge a personale cifra stilistica due elementi fondamentali: l’intreccio e la trasparenza. E li utilizza per suggerire
direzioni, per dare strumenti di possibile comprensione del reale,
nell’ottica di un’arte attiva, vitale e viva, compartecipata. Una concezione di arte che richiama quella beuysiana di “arte come esperienza globale, processo totalizzante di rigenerazione e liberazione dell’individuo”. Il gesto artistico peculiare che compie l’artista
biellese nella definizione di identità, parte proprio dalla tradizione
del territorio natio: piana intesse tele macroscopiche partendo da
stampe su acetato trasparente. Le immagini fotografiche che ritraggono l’abbraccio di due corpi nudi, femminile e maschile (uno
dei soggetti è, necessariamente e responsabilmente, l’artista stesso) sono tagliate con minuziosa precisione in trame orizzontali e
orditi verticali per essere poi intrecciate sul telaio della cornice.
Il risultato è la coesistenza di entrambi i generi, nell’incontro con
l’altro/a da sé che può avvenire solo a patto di riconoscere i confini sfumati dell’uomo e donna in noi stessi.
L’orientamento, dunque, ha come punto di partenza la conoscenza
e l’accettazione comprensiva del proprio io, arricchito dal rapporto paritario con l’altro/a. L’operazione di piana, tuttavia, sconfina e
139
si amplia in senso globale nella serie dei “planisferi”, in cui l’intreccio e la trasparenza fanno da base viva e mobile all’(in)definizione
dei confini geografici. L’attualità del tema è stringente: i planisferi
disegnati con tratto rosso sulle trame trasparenti mostrano confini sfilacciati, non più definibili, mutevoli/mutanti nei fenomeni migratori e nella fragilità degli ecosistemi globali.
gigi piana,
generare mondi, 2016
tecnica mista, 90x50 cm
gigi piana
riflessioni, 2016
tecnica mista, 35x35 cm
140
141
Sponge ArteContemporanea
Pergola (PU)
Main Section
Sito web
Direttore
www.spongeartecontemporanea.net Giovanni Gaggia
Artisti in fiera
Leonardo Aquilino
Sacha Turchi
Artisti rappresentati
Antonio Bardino, Cristiano
Berti, Simona Bramati,
Cristiano Carotti, Pierluca
Cetera, Gianni Colosimo,
Rocco Dubbini, Alessandro
Fonte, Eva Gerd, Antonello
Ghezzi, Andrea Guerzoni,
Vincenzo Marsiglia, Cristina
Nuñez, Roberto Paci Dalò,
Gianluca Panareo, Francesca
Romana Pinzari, Filippo
Riniolo, Giacomo Rizzo,
Piero Roi, Stefano Scheda,
Mona Lisa Tina, Cristina
Treppo, Maurizio Vicerè
Premio SetUp under 35
Artista
Sacha Turchi
Curatore
Giovanna Giannini Guazzugli
142
Models of Guidance
a cura di Giovanna Giannini Guazzugli
Models of Guidance racconta una diversa possibilità di percezione e osservazione, proponendo nuovi “modelli di orientamento”. L’apparenza immediata richiama un laboratorio, un ambiente dove nell’immaginario comune una persona viene esaminata,
valutata nelle proprie capacità attraverso schemi prefissati.
Leonardo Aquilino e Sacha Turchi invece si affiancano alla persona, suggerendo si uno sforzo, ma per rimetterla attivamente
al centro vitale della percezione, tentando di eliminare le sovrastrutture mentali che la condizionano. Pur molto differenti nella
ricerca e negli strumenti di indagine, i due artisti si incontrano
facilmente nella realizzazione di opere che lasciano intendere
cambiamento, evoluzione, perdita di un’identità originaria per
una trasformazione lenta ma continua, inesorabile. Opere che
suggeriscono con vibrante rigore e un’estetica impeccabile che
tutto può essere altro.
Ecco che un ottòtipo, lo strumento tradizionalmente utilizzato
per determinare l’acutezza visiva, sostituisce i suoi simboli identificabili (le lettere) con immagini, e diviene un invito ad abbandonare la leggibilità in favore della percezione. Se in un esame
della vista bisogna necessariamente riconoscere ogni singola
lettera per ottenere un esito positivo, qui al contrario bisogna lasciarsi stimolare dalle immagini per molteplici suggestioni. Sono
quindici immagini di macerie appartenenti a qualcosa di distrutto e riutilizzate per essere qualcosa di nuovo.
Un dente, immagine conosciuta e riconoscibile, cresce ad altezza
d’uomo, allunga le sue radici fino a diventare un ibrido autonomo
che risponde al tocco con il suono. è un ibrido fatto della stessa materia minerale dei denti, ma la componente proteica è stata sostituita con un corrispettivo vegetale; il DNA in essa contenuto è ormai
perduto, ma il totem rimane come simbolo di una memoria genetica
e familiare che si tramanda. Si tratta di un secondo molare e come
tale è Natus parva, nato piccolo, più piccolo, di norma, degli altri
molari. Ma qui non c’è norma né parametri di riferimento.
143
Giocando tra il concetto dell’importanza dell’orientarsi (attraverso la propria percezione) e dell’orientatività, cioè flessibilità,
di questi “modelli” proposti, gli artisti evidenziano il fatto che non
esistono moduli prestabiliti e appropriati per qualsiasi individuo.
Sacha Turchi
Natus Parva, 2016
Struttura in ferro, tessuto 100% Cotone, Calcio Carbonato, Calcio Fosfato, Collagene, Idrossiapatite, base
proteica vegetale (cellulosa, amido del mais, Destrina di
mais, Gomma Xantano), 70x70x140 cm
144
Leonardo Aquilino
Senza titolo, Ottotipo, 2016
Legno, plexiglas, neon, 80x35x15 cm
145
Tedofra Art Gallery
Padova
Main Section
Sito web
www.galleriatedofra.it
Direttore
Alice Baldan
Artisti in fiera
Laura Bisotti
Giuseppe Inglese
Daniela Novello
Patrizia Novello
Francesco Sisinni
Christian Verginer
Matt Verginer
Nicola Villa
Artisti rappresentati
Laura Bisotti
Giuseppe Inglese
Daniela Novello
Patrizia Novello
Davide Paglia
Francesco Sisinni
Ttozoi
Christian Verginer
Matt Verginer
Nicola Villa
Premio SetUp under 35
Artista
Laura Bisotti
Curatore
Stefano Volpato
146
Perdersi e restare. Orientarsi in gocce di memoria
a cura di Stefano Volpato
“Perché vuoi combattere contro il labirinto? Assecondalo,
per una volta.
Non preoccuparti,
lascia che sia la strada a decidere da sola il tuo percorso,
e non il percorso a farti scegliere le strade.
Impara a vagare, a vagabondare. Disorientati. Bighellona.”
Tiziano Scarpa
Vagare tra le stanze della propria casa dà un senso di protezione e di stabilità emotiva certa: gli oggetti diventano il ricordo del
passato vissuto.
La perdita del senso di orientamento e di direzione porta alla
ricerca di sensazioni perdute con un passato fatto di recuperi e
inquietudini.
La protagonista dell’opera di Laura Bisotti è la nonna dell’artista, figura scomparsa che lascia traccia di sé nella casa ormai
vuota, dove gli oggetti si caricano di valenze emotive da cui affiorano atmosfere sospese tra delicati colori scoloriti dal tempo.
È qui rappresentato visivamente e in maniera soave la perdita
delle certezze di una persona anziana confusa nella mente e
nel tempo a causa dell’Alzheimer.
Nulla è più chiaro e sicuro, né le pareti di casa, né gli oggetti né
tantomeno la consapevolezza di dove trovarsi, la certezza di un
punto preciso dal quale partire o ritornare come porto sicuro.
Perdersi, disorientarsi, confondersi, vagare in una nebbia che
offusca la realtà e la casa diventa il simbolo di una certezza.
A tratti un ricordo riaffiora come ectoplasmi confusi: un gruppo
di persone, un viso, un’identificazione precisa di dove ci si trova, poi tutto scompare con l’Alzheimer che ritorna vincitore e
rimescola e fa perdere l’indicazione di sé e di dove ci si trova.
Il lavoro di Laura Bisotti affronta la necessità di orientare una
persona perduta: la perdita della memoria, la mancanza di un
punto di riferimento, il vuoto e lo smarrimento di un luogo sicu147
ro che non si riconosce e trova.
Pochi gli elementi di cui si ha certezza: i ricordi, la casa, le figure
cardine della famiglia, venendo a mancare questi punti di riferimento si crea il vuoto e lo spaesamento nella riconoscibilità di sé.
Rimangono immagini sbiadite, affioramenti che si perdono poi
come la spuma del mare e diventa evanescente la corrispondenza tra ciò che è reale e ciò che è riflesso in un’immagine,
pulviscolo del tempo alla ricerca di una rotta precisa dove
orientarsi: “(…) E al mare nostro più non resta viva che l’immagine fatta di memoria” (Im Spiele der Wellen - Guido Gozzano).
Laura Bisotti
Distanza, 2015
fotografia analogica su carta Hahnemühle Museum Etching,
350 gsm e disegno su vetro smerigliato, 3 pezzi 20x100 cm
148
Daniela Novello
Lost and Found#6, 2015
Piombo 12 elementi da 5x9,5x0,2 cm
149
TemporarySpace
Reggio Emilia
Main Section
Direttore
Andreina Pezzi
Artisti in fiera
Achille Ascani
Maurizio Mantovi
Artisti rappresentati
Achille Ascani
Silvia Casali
Francesca Cesari
Maurizio Mantovi
Silva Marina Nironi
Sandro Pezzi
150
compresenzA
a cura di Andreina Pezzi
Uomo, unico e insostituibile al centro tra il naturale e l’ artificiale.
Uomo in senso simbolico e non figurativo, egli infatti è presente
senza mai comparire nelle opere.
Il progetto COMPRESENZA è una sintesi di linee luminose, sottili, colorate e spesse. La luce vibra e produce forme continue
che mai sembrano trovare collocazione. Nella natura le forme
si semplificano e l’assenza di artifici addolcisce l’immagine in
poche linee delicate. La natura ci restituisce il silenzio che
l’artificio toglie. La conquista del territorio orienta l’uomo alla
deformazione dello stesso, all’interno del quale spesso non si
riconosce affatto.
La compresenza di effetti naturali ed artificiali rappresenta il
punto d’incontro dell’uomo in quel rapporto complesso ma efficace che forma un essere unico e diverso nel mondo.
Sono il valore culturale e quello umano ad essere griglia di lettura del progetto fotografico COMPRESENZA, curato da Andreina Pezzi per Temporaryspace in questa edizione di SetUp 2016.
Achille Ascani presenta Light box in cui viene presentata la
luce naturale legandosi al tema delle energie rinnovabili. Le
immagini rappresentano dettagli urbani in cui l’uomo presenta
il suo intervento attraverso la luce artificiale di insegne, lampioni e locali illuminati. Opere caratterizzate dal bianco dato
dalla luce stessa del led che le illumina dal retro, alimentato
dall’energia solare.
è nel progetto di Maurizio Mantovi che risalta l’aspetto estetico-stilistico. Le opere di forme orizzontali ed allungate si abbandonano ad un romantic-minimal. Nel bianco e nero in cui
la nebbia risalta e le nuvole esplodono in cielo, dove l’albero
solitario o insiemi di pioppi, emblema della pianura emiliana, si
disegnano netti e scuri, noi sogniamo, seguendo la strada del
sentimento.
151
Achille Ascani
Scorrere i livelli, 2014
stampa su plexiglass-retroilluminato a luce led, 120x90 cm
152
Maurizio Mantovi
Orbeterracqueo 6, 2015
Scatto digitale, stampa su canvas, 150x70 cm
153
Viridian Artists
New York (USA)
Main Section
Sito web
www.viridianartists.com
Direttore
Vernita Nemec
Artisti in fiera
Filippo M. Prandi
Artisti rappresentati
Renee Borkow, Henry Coupe,
May De Viney, Du Lin, Eliana
Donini, Arthur Dworin, Bernice Faegenburg, Arlene Finger, Tazuko Fujii, Alan Gaynor, Wally Gilbert, Kathleen
King, Namiyo Kubo, Matakia,
Matthias Merdan, Michael
Miller, Stacey Clarfield Newman, Filippo M. Prandi, Bruce
Rosen, Oi Sawa, Barbara K.
Schwartz, Susan Sills, Virginia
Evans Smit, Angela Christine
Smith, Robert Smith, Deborah Sudran, Bob Tomlinson
Premio SetUp under 35
Artista
Filippo M. Prandi
Curatore
Maria Letizia Tega
154
L’ Ingannevole Deformazione Del Tempo a cura di Maria Letizia Tega
I believe in a story that holds abstractions, and a story that can
be told based on ideas that come in an unconventional way.
David Lynch
Le opere di Filippo M. Prandi non sono semplici fotografie ma
pagine da leggere, piene di ironia, doppi sensi, giochi di parole
e labirinti di realtà distorta in cui perdersi e ritrovarsi.
Niente è come appare, in ogni senso.
Le sue fotografie sono letteralmente pennellate di luce, in cui
nulla viene lasciato al caso e ogni dettaglio è orchestrato e
incastrato all’altro per poter raggiungere non solo la perfezione di una nuova tecnica, ma la mise-en-scène di una realtà
parallela.
Le radici professionali di Prandi arrivano dal cinema, è importante sapere che è un affermato film-maker, un dettaglio fondamentale per comprendere appieno il suo linguaggio: nel suo
processo creativo attesa è la parola chiave. Attesa significa
dedizione, significa tentare fino allo sfinimento, lavorare incessantemente.
Il tempo quindi, è nodale nella sua tecnica.
Filippo non è interessato alla post-produzione, al digitale e a
qualsiasi genere di elaborazione dopo lo scatto: la sua pittura
di luce non cattura l’istante casuale ma mette letteralmente in
scena un’idea ben precisa.
I suoi strumenti sono davvero pochi: innanzitutto la precisione
e la pazienza, poi una fidata 35 millimetri, e un uso chirurgico
del tempo, dell’esposizione e della luce.
I soggetti presentati sono protagonisti di una narrazione magica, una vicenda spesso paradossale che riesce a raccontare tutti i suoi retroscena in una sola immagine; incuriosiscono,
pongono delle domande, ma riescono anche a fornire delle
risposte, inaspettate.
La particolarità degli scatti risiede anche nella continua evo155
luzione che avviene ad ogni ulteriore sguardo: piccoli particolari che erano sfuggiti acquistano corpo, senso e importanza,
donando nuovi spunti all’attimo che Filippo ha trattenuto nella
pellicola. Nella sua poetica vi sono riferimenti di grande cultura
sia fotografica che cinematografica, ottimamente fusi: l’ironia
e il gioco, già citati, non possono non ricordare il dadaismo di
Man Ray, l’assurdo che tiene i piedi per terra di Duchamp, ma
anche il surrealismo onirico di David Lynch.
Una fotografia di Filippo M. Prandi è un compendio di elementi
stilistici, di citazioni colte, di innovazioni, ma al tempo stesso un
equilibrio perfetto tra creatività e studio delle angosce umane,
impeccabilmente attuale.
Filippo M. Prandi
Heaven’s Upstairs, 2013.
Lunga ed impervia è la strada che dall’inferno si snoda
verso la luce - John Milton Paradise Lost.
fotografia a lunga esposizione / light painting.
Effetto inalterato. Formato: 35 mm. Dimensioni variabili
156
Filippo M. Prandi
Self Portrait # Fuck YourSelfie, 2015
Ogni fotografo dovrebbe avere un auto-ritratto. Ogni fotografo dovrebbe
odiare i selfies
fotografia a lunga esposizione / light painting. Effetto inalterato.
Formato: 35 mm. Dimensioni variabili
157
VITA PRIVATA Home Gallery
Cremona
Main Section
Sito web
www.vitaprivatahg.it
Direttore
Cinzia Manfredini
Artisti in fiera
Dorothy Bhawl
Saturno Butto’
Max Cavallari
Tiziana Cera Rosco
Ramiro Clemente
Guido Duty Gorn
Silvia Manazza
Rocio Perez Vallejo
Silvia Trappa
Artisti rappresentati
Dorothy Bhawl
Max Cavallari
Guido Duty Gorn
Silvia Manazza
Rocio Perez Vallejo
Premio SetUp under 35
Artista
Silvia Trappa
Curatore
Rebecca Lou Zaffanella
158
WHICH WAY, WHICH WAY? [L. Carroll]
a cura di Rebecca Lou Zaffanella
Sezione 1
Il labirinto genera mostri, sogni, paure
Saturno Butto’ Sezione 2
Il labirinto determina rapporti familiari malati
Rocio Perez Vallejo
Silvia Trappa
Silvia Manazza
Sezione 3
Il labirinto genera corpi feriti e deformità: la stanza del
Minotauro
Installazione di corpi e letture
Tiziana Cera Rosco
Sezione 4
Il labirinto genera gabbie e maschere
Max Cavallari
Ramiro Clemente
Dorothy Bhawl
Uscita
Uscire dal labirinto è solo questione di orientamento?
Guido Duty Gorn
Come ciechi mostri errano nel labirinto obliquo e ingannevole della
vita, così le opere degli artisti qui esposte stabiliscono i punti di un
sistema di riferimento da seguire, determinando una direzione e la
capacità di stabilirla.
Questo percorso iniziatico è costellato di punti cardinali che segnano il nostro angolo di tiro, la nostra disposizione: una ricerca di
comprensione e interpretazione della realtà. Essi sono le modulazioni estetiche grazie alle quali si traccia un viatico, che faccia cessare ogni interpretazione percettiva e, nell’isolamento di un intrico
di strade o di un mare di sabbia, dia luogo alla meditazione e alla
rinascita. Le perturbanti sacralità delle contaminazioni di Saturno
159
Buttò e le ancestrali lipsanoteche femminili di Rocio Perez Vallejo,
si alternano all’impronta furtiva, al filo di Arianna delle maschere
ceroplastiche e dei materassi di Silvia Manazza, o agli xoanà: idoli
silvani e zoomorfi di Silvia Trappa.
Sia che il visitatore venga risucchiato dal labirinto, come i volti dei
personaggi di Max Cavallari, che sono ingoiati da gorghi di anamorfosi comunicativa, sia che egli si riconosca per empatia nei
traumi dei leggerissimi calchi di Tiziana Cera Rosco, sia che egli sia
catturato nel bestiario non convenzionale di Dorothy Bhawlcome,
l’effetto sarà comunque quello di disorientare l’insieme di funzioni
psichiche per cui l’individuo è cosciente, per poi istradarlo, grazie
al segno grafico, ombrageux di Ramiro Clemente, all’icasticità delle
strisce segnale di Guido Duty Gorn.
In questo percorso il (dis)orientamento testimonia le verità artistiche, ciò che gli artisti vogliono salvare. L’apparato effimero che ci
digerisce e il duodeno meante di questo dedalo nutrono i visitatori,
dapprima inghiottendoli e restituendoli poi non tanto alla salvezza,
ma alla giustizia: alla possibilità di poter rinascere ascoltando le
voci delle opere esposte. La gestazione dello stupore (unico sentimento che non svanisce), esige la giustizia della loro attenzione. Per
quanto un curatore possa mettere in atto tutti i cataclismi possibili, infatti, non riuscirà a cancellare l’orientamento della fila
di formiche che si sposta da un
greppo a un muro, la fila del mostro fatto di occhi che è simbolo
della perplessità e della poetica
combinatoria degli sguardi.
Silvia Trappa
rabbit girl - bestie
quotidiane series, 2014
resina patinata, carta di
giornale 70x12x10 cm
Saturno Buttò
leda breath control, 2015
olio su tavola, 70x70 cm
160
161
VV8 artecontemporanea
Reggio Emilia
Main Section
Sito web
www.vv8artecontemporanea.it
Direttore
Chiara Pompili
Artisti in fiera
Fabrizio Cicconi
Leonardo Greco
Oriella Montin
Chiara Tagliazucchi
Artisti rappresentati
Aqua Aura
Simone Bubbico
Luca Gilli
Leonardo Greco
Oriella Montin
Luca Serra
Chiara Tagliazucchi
Alberto Zamboni
ORIENTAMENTO
a cura di Chiara Pompili e Alberto Soncini
Nel panorama dell’arte contemporanea orientarsi, significa per
noi, fare proprio quello che è stato, per ricercare un linguaggio
“attuale”, in equilibrio tra passato e presente. Orientarsi verso
la realizzazione dell’opera, mantenendo fede al rigore formale
della composizione, all’armonia dei cromatismi, dal semplice
bianco/nero, all’utilizzo della scala cromatica completa, al valore estetico dell’opera, che più di tutti, i parametri citati, si è
modificato nel tempo.
Orientarsi quindi nel passato della storia dell’Arte, soprattutto
del ‘900, per tracciare una nuova strada nel presente, che sia,
ma questo non possiamo essere noi a dirlo, significativa.
Fabrizio Cicconi
Ritratti famosi - Mimmo Jodice, 1992/1994
Stampa al bromuro d’argento, 15x10 cm
Edizione 1/1 SetUp 2016
162
163
White Noise Gallery
Roma
Main Section
Sito web
www.whitenoisegallery.it
Direttore
Eleonora Aloise
Carlo Maria Lolli Ghetti
Artisti in fiera
Bruno Cerasi
Luca Di Luzio
Stefano Gentile
Artisti rappresentati
Bruno Cerasi
Annabella Cuomo
Diamond
DiegoKoi
Stefano Gentile
Javier Rubin Grassa
Mar Hernandez
Jesus Herrera Martinez
Pax Paloscia
Dario Puggioni
Stefano Tedeschi
Alexandra Waespi
Premio SetUp under 35
Artista
Bruno Cerasi
Curatore
Eleonora Aloise
Carlo Maria Lolli Ghetti
164
DECLINAZIONE MAGNETICA
a cura di Eleonora Aloise e Carlo Maria Lolli Ghetti
La Declinazione magnetica scientificamente è l’angolo tra il nord
geografico ed il nord magnetico, una variabile che muta costantemente sia nel tempo che da nazione a nazione.
Il Nord rappresenta il principio universale salvifico per l’orientamento in assenza di ogni altro riferimento spaziale; la declinazione
magnetica ne distrugge concettualmente l’oggettività rappresentando l’instabilità e l’impossibilità fisica di identificare una meta
esatta, costante e immobile.
“Gli uomini sono una specie migratoria” La situazione attuale parla di una nuova geografia umana, una
deriva dei continenti culturale in cui due forze opposte si scontrano: da un lato la migrazione di massa, dall’altra la paura diffusa
di uno sconvolgimento dell’identità territoriale, dimenticando l’individuo, poiché gli esseri umani con le loro contaminazioni, esattamente come cellule di un unico organismo vivente, mutano e si
muovono senza sosta nel tempo, generando una forma più consapevole di se stessa.
Il progetto Declinazione Magnetica vuole decodificare, attraverso
il lavoro corale di tre artisti, altrettanti aspetti consequenziali del
fenomeno dell’orientamento, partendo da una visione generale
del fenomeno per arrivare al valore del singolo.
Stefano Gentile incentrerà il corpus di opere sul tema della migrazione fisica. La naturale migrazione animale e quella forzata
dell’uomo, generata spesso da barbarie e circostanze geopolitiche ormai universalmente accettate alla stregua di incontrovertibili eventi naturali. Tanto gli animali quanto gli umani si orientano
nello spazio obbedendo al più forte dei vincoli: la spinta alla sopravvivenza. Luca Di Luzio, in contrapposizione con l’interpretazione sociale, realizzerà il progetto Atlas, un vero e proprio atlante
geografico in cui i territori saranno le impronte del suo stesso corpo impresse su carta. Generando tramite una gestualità istintiva
e mai violenta vere e proprie catene montuose, laghi, fiumi e confini, Di Luzio pone l’uomo davanti al compito di ridefinire se stesso
165
nello spazio, questa volta non adattandosi ma plasmandolo a sua
immagine. Bruno Cerasi attraverso un’installazione site-specific,
affronterà il tema della relatività del concetto di orientamento,
raccontando lo stravolgimento del sistema cardinale nella geografia sociale umana.
Un pendolo di Foucault graffierà con il suo lento e costante incedere l’effige del Mediterraneo tracciando nuove linee fisiche in
corrispondenza delle principali rotte migratorie. L’uomo traccia
nuove linee cardinali figlie di un sistema di orientamento parallelo
a quello naturale. L’opera parla di un mondo in cui tutte le bussole
puntano ad un nord fittizio ed esclusivamente umano, in cui il progresso ed il benessere sono le nuove stelle polari e la ricchezza
personale il nuovo sestante. Bruno Cerasi
Untitled VIII, 2015
Spray e marker su vetro, 30x40x5 cm
166
Luca Di Luzio
Atlas, 2015,
Tecnica mista, 30x40 cm
167
ZAK PROJECT SPACE (in tour)
Monteriggioni (SI)
Main Section
Sito web
www.galleriazak.com
Direttore
Gaia Pasi
Artisti in fiera
Andrea Barzaghi
Alessandro Cardinale
Alessio De Girolamo
Cristina Gori
Simona Paladino
Silvia Scaringella
TTozoi
Giulio Zanet
Artisti rappresentati
Andrea Barzaghi
Laura Bisotti
Alessandro Cardinale
Hsing Chun Shih
Daniele Girardi
Ronald Moran
Andreas Marti
Simona Paladino
TTozoi
S imone
B urratti
Premio SetUp under 35
Artista
Andrea Barzaghi
Curatore
Simone Burratti
168
169
Andrea Barzaghi
Quasi umano, 2015
Olio su tela, 135x155 cm
Andrea Barzaghi
Protesi, 2015
Olio su tela, 115x160 cm
170
171
BonelliLAB
Orientarsi nella pittura
Canneto sull’Oglio (MN)
Solo show
Sito web
www.bonelliarte.com
Direttore
Giovanni Bonelli
Artisti in fiera
Marta Sesana
Artisti rappresentati
Alessandro Bazan
Paul Beel
Kim Dorland
Elena Monzo
Marco Pace
Wainer Vaccari
William M. Zanghi
Foreste incantate, spazi magici che sembrano usciti da libri
di fiabe sconosciute. Non luoghi reali, come spesso accade
nell’arte. Più semplicemente, costituiscono la concretizzazione
di un mondo altrove, cui l’artista da vita per adagiarvi i suoi
fluidi pensieri, che usciti allo scoperto, si solidificano in quelle
buffe e goffe figure coloratissime. Creature dal grande naso a
patata e con occhioni da bambola, a metà tra pupazzi di cartapesta e fantocci di morbida gommapiuma. Mostrano fattezze
umane, ma sono solo una lontana idea di uomo. E stanno lì,
fermi in attesa di conoscere chi siano. I loro occhi spalancati attestano quello sbigottimento di chi si trova in un posto per caso
e non sa spiegarsi il perché. Foreste incantate, spazi magici
che sembrano usciti da libri di fiabe sconosciute. Non vogliono
raccontare, non sanno niente, ma piuttosto sono impazienti di
essere raccontati, di scoprire il proprio nome e cosa stiano facendo. E l’artista li accontenta, da’ loro titoli suggestivi. Allora
essi prendono vita, sentendo la loro ragione di esistere. Non
più solo nella mente dell’artista.
Premio SetUp under 35
Artista
Marta Sesana
172
173
Marta Sesana
La valle, 2015,
olio su tela, 100x120 cm
Marta Sesana
Il cinghiale, 2015,
olio ad acqua su tela, 45x65 cm
174
175
Galerie am Pi
Weißenseifen - Germania
Solo show
Sito web
www.galerie-am-pi.de
Direttore
Christiane Hamann
Artisti in fiera
Laura Danzi
Artisti rappresentati
Doina Banescu
Werner Bitzigeio
Pierre Doome
Hubert Glaser
Albrecht Klauer-Simonis
T.Libelle
Marianne Lomme
Mauga (Houba-Hausherr)
Joachim Mennicken
Volker Wessendorf
Mark Wohlrab
176
Retrocomputing
a cura di Elisa Baldini
La civiltà umana si basa su diverse visioni di come sarà il futuro.
Le scelte che compiamo oggi determinano il domani che verrà.
Come ogni attività umana, l’arte è soprattutto frutto di scelte,
veri e propri atti di anticipazione che esercitano una forte influenza sul presente e sulla nostra comprensione del passato,
unico e vero terreno di coltura di ogni futuro possibile. Il nostro
presente è caratterizzato dalla tecnologia digitale che vediamo progressivamente insinuarsi nelle attività quotidiane integrandosi al nostro organismo quasi a livello sensoriale. È logico
che si immagini un futuro dove queste tecnologie si faranno
progressivamente più duttili e indispensabili per ogni nostra
attività. D’altro canto, l’accelerazione alla quale le nostre vite
sono sottoposte, si riflette nella caducità delle estensioni digitali che orientano lo svolgersi della nostra quotidianità.
In tempi antichi ci si orientava grazie all’osservazione dei punti cardinali, che erano ammantati da un’aura mistica legata
ai cicli del sole. Un analogo misticismo di ritorno pervade le
“vestigia mortali” di quella tecnologia un tempo immaginata
come futuro, poi concretizzatasi nel nostro presente e presto
accantonata in favore nuove più luccicanti e miracolose meraviglie tecnologiche. Perché ogni futuro è destinato a diventare
passato ad un ritmo sempre più incalzante.
Operando tra arte e retrocomputing, Laura Danzi reinterpreta
antiche tecniche plastiche e coniuga la severità della scultura
lignea, pratica primitiva per eccellenza, ad uno squisito gusto
per la decorazione e per i materiali preziosi nella creazione di
moderni reliquiari, custodi di un futuro che non è più.
177
Laura Danzi
Digi-Dust, 2015
Legno di tiglio, cellulare dorato e laccatura dorata, 32x37x17 cm
178
Laura Danzi
Startup, 2015
Legno di tiglio, lastra di rame dorata e laccatura dorata, 36x34x30 cm
179
Galleria Flaviostocco
Castelfranco Veneto (TV)
Solo show
Sito web
www.flaviostocco.it
Direttore
Jacopo Stocco
Artisti in fiera
Mattia Novello
Artisti rappresentati
Marco Bernardi
Giulio Catelli
Enrico Della Torre
Gea D’Este,
Alberto Gianquinto
Mattia Novello
Paolo Patelli
Raffaele Rossi
Giancarlo Tramontin
Paolo Valle
Silvia Vendramel
Premio SetUp under 35
Artista
Mattia Novello
Curatore
Jacopo Stocco
180
Simmetria del movimento
a cura di Jacopo Stocco
L’origami è un’antica tecnica di piegatura manuale della carta,
nata in Giappone, per realizzare forme e figure di ogni tipo. Questa tecnica non è altro che la trasformazione di una cosa materiale in qualcosa di diverso, superiore.
Per il piegatore giapponese, la gioia di quest’arte non risiede nel
foglio di carta, ma nell’atto stesso del piegare: una danza di mani
che lavorano per dar vita a una figura. Quest’arte è considerata
un atto creativo, in quanto genera un oggetto mai esistito prima,
concretizzazione di concetto ideale che, come tale, è soggetto
alle leggi della natura.
Mattia Novello è un artista dal lavoro articolato che, come gran
parte dei nuovi talenti emergenti sul panorama contemporaneo,
sente di non potersi limitare a un solo mezzo e crea ambientazioni più complesse. Novello, ha creato questo recente ciclo di
opere con l’uso di questa tecnica.
L’orientamento dell’artista sta in questa forma d’arte, che deriva
da movimenti–piegamenti ben studiati. Il tutto parte da una forma
quadrata e piatta che, attraverso il gesto, modifica dando vita alle
più svariate forme. Nascono così opere come “il cigno di Bukhara”,
“il piccolo cigno di Bukhara” e “Aereo”. Per lui, non è la tecnica a
spingere la dimensione poetica, ma l’intenzione a generare il movimento della superficie. In queste ultime opere esce la sua forte
propensione verso la scultura, come uno scultore classico che ha di
fronte un blocco di marmo da modellare, ogni piega diventa un imprevedibile cambio di direzione. L’artista interviene destabilizzando
il pensiero di orientamento degli origami, solitamente fatti in carta, utilizzando il tappeto. Un oggetto iconico, il cui topos è inserito
nell’immaginario collettivo, ma che in queste opere abbandona il
suo scopo di utilizzo e assume una valenza simbolica totalmente
nuova. L’effetto di chi osserva l’opera è un disorientante senso di
precarietà. L’artista continua a stupire nel disattendere la verità,
attraverso un’intenzione straniante fatta di ambivalenze, paradossi,
contrapposizioni, equilibri semantici e bilanciamenti concettuali.
181
Mattia Novello
Aereo,2015
tappeto,130x70x35 cm
Mattia Novello
Il piccolo cigno di Bukhara, 2015
tappeto,40x30x30 cm
182
183
RRN Project
Life
a cura di Manuela Valentini
Vibo Valentia (VV)
Solo show
Sito web
www.raffaelemontepaone.it
Direttore
Roberta Congiusta
Artisti in fiera
Raffaele Montepaone
Artisti rappresentati
Raffaele Montepaone
Premio SetUp under 35
Artista
Raffaele Montepaone
Curatore
Manuela Valentini
184
Sette lettere, quattro vocali e tre consonanti: anziano. Un aggettivo che in grammatica si riferisce ad una qualità che, in
questo caso, intende evidenziare come dietro alla fragilità e
all’incapacità di difesa degli stessi, si celi spesso una saggezza
tale da fare invidia anche al più brillante dei trentenni. È questo
il mondo indagato da Raffaele Montepaone, giovane fotografo
vibonese che, con il suo progetto intitolato Life, desidera raccontare per immagini la storia di quanti hanno vissuto la propria esistenza sporcandosi le mani. Il primo scatto fu realizzato
nel 2007 a Stilo, un piccolo borgo jonico reggino, poi la ricerca
è proseguita lungo gli angoli più remoti della Calabria, nel tentativo di registrare una realtà fatta di piccole cose. Una realtà
legata in particolare alle vecchie generazioni locali, da sempre
fedeli ad usi e costumi divenuti ormai rari e da salvaguardare
dalla frenesia dei tempi moderni. Montepaone varca le soglie
delle loro umili case per trascorrere un’intera giornata al loro
fianco, poi stipa la lezione appresa in un’immagine che può dirsi
pronta a sprigionare un’intensa miscela di fisicità e spiritualità.
Le sue fotografie sono infatti poesie che cantano la semplicità,
avvalendosi di uno stile che rifiuta qualsiasi tipo di artificio o
figura retorica per assicurarsi di non tradire in alcun modo l’essenza dello spaccato di vita analizzato. Montepaone concentra
la sua attenzione soprattutto nei confronti delle mani, in quanto simbolo di un passato trascorso costantemente nella dimensione del fare, di cui le rughe e le callosità ne rappresentano la
massima espressione. E ancora le mani, come i volti di quegli
anziani signori, parlano delle fatiche versate su una terra che
costituisce anche il perno attorno al quale ha sempre ruotato
la loro esistenza intera. I soggetti delle sue opere si tramutano
dunque in figure depositarie di una memoria laconica, da concepire a sua volta come fortezza di antichi segreti da custodire
contro le insidie della vita urbanizzata.
185
Raffaele Montepaone
Untitled (Hands), 2015
Stampa fotografica su carta, 50x70 cm
ed. 1/3
186
Raffaele Montepaone
Memoria (Life), 2015
Stampa fotografica su carta, 50x70 cm
ed. 1/5
187
Uncertain States
Family Archaeologies
Londra, Gran Bretagna
Solo show
Sito web
www.uncertainstates.com
Direttore
David George, Spencer
Rowell, Fiona Yaron-Field
Artisti in fiera
Sonia Lenzi
Artisti rappresentati
Susan Andrews, Sally Annet,
Richard Ansett, James Russel
Cant, Etienne Clement, Julie
Cockburn, Ania Dabrowska,
Francisco Gomez De Villaboa,
John Paul Evans, Charlie
Fjätström, Lydia Goldblatt,
John Goto, Robin Grierson,
Tracy Holland, Laura Hynd,
Federica Landi, Yaron Lapid,
Grace Lau, Carolyn Lefley, Lucy
Levene, Heather McDonough,
Agatha A. Nitecka, Kennard
Phillipps, Adrian Samson, Elena
Sarghiuta, Richard SawdonSmith, Simon Brann Thorpe,
Paul Trevor, Mick Williamson,
Aviv Yaron
188
La casa rappresenta il sé autobiografico, quell’idea che ciascuno di noi elabora di sé, l’immagine che nel tempo costruiamo di
chi siamo, attraverso un rimodellamento continuo del passato
che si è vissuto o si è pensato di vivere, mediante altre storie e
altre immagini.
La casa di famiglia è soprattutto il luogo delle origini, dove
sono passate e hanno vissuto generazioni, e che si è in parte trasformata nel tempo, insieme a noi che l’abbiamo vissuta.
Le assenze, di persone ed oggetti che non si trovano più nella
casa, diventano presenze malinconiche.
Il progetto si concretizza in una installazione, in cui vengono
esposte fotografie e tracce degli abitanti della casa e del borgo appenninico dove la casa si trova, e in un libro d’artista. è
suddiviso in tre parti che si compenetrano simultaneamente,
scardinando l’ordine temporale.
Nella prima si compie un viaggio interiore, un sogno, dove il
passato si mescola a un presente recente e viceversa, tramite
i luoghi e gli oggetti della quotidianità e la ricerca dei segni
lasciati sulle pareti dalla memoria vissuta. Ricorrono immagini
di relazioni familiari, rappresentate sia dal rapporto nonna-nipote, sia dal rapporto madre-figlia che significa il nostro essere
venuti al mondo, di cui non abbiamo memoria.
Nella seconda e nella terza parte si intrecciano, attraverso
cartoline e agendine, gli inizi degli amori, in quei luoghi e tra
quelle mura, di due coppie, negli anni Dieci e Trenta del Novecento. Della storia d’amore precedente, quella di Maria, “la
Bersagliera”, nata nel 1850, e di Giacomo, sono rimaste solo le
fotografie che li ritraggono, separatamente: le prime fotografie
degli abitanti di quella casa, la casa di famiglia.
Il progetto è stato presentato a Londra nel novembre 2015
nell’ambito della mostra annuale di Uncertain States, curata da
Zelda Cheatle. Uncertains States è un collettivo di artisti londinesi formato nel 2009 dai fotografi Fiona Yaron-Field, David
189
George e Spencer Rowell. Pubblica e distribuisce un giornale
gratuito trimestrale che presenta lens-based-art e tiene incontri mensili sulla fotografia contemporanea. Ne fanno parte una
confederazione di oltre 100 scrittori, artisti e studiosi che condividono la stessa filosofia: creare una piattaforma di lavoro incentrata sul modo in cui le percezioni si formano nella società,
che favorisca la crescita di una comunità di artisti indipendenti.
Sonia Lenzi
Family Archaeologies, Untitled, 2015
fine art print on cotton paper, 23,50x17 cm
ed. 5
190
Sonia Lenzi
Family Archaeologies, Untitled, 2015
fine art print on cotton paper, 23,50x17 cm
ed. 5
191
Associazione Yab (young artists bay)
Carrara (MS)
Solo show
Sito web
www.yabonlineblog.wordpress.com
Direttore
Andrea Zanetti
Artisti in fiera
Zino
Artisti rappresentati
Carolina Barbieri
Lorenzo Devoti
Lorena Huertas
Stefano Lanzardo
Roberta Montaruli
Enrica Pizzicori
Francesco Siani
Stefano Siani
Zino
Zino: Landmarks, links to our era
a cura di Andrea Zanetti
“Ehi Cedrone ma dove ti ho portato?”
“Dove mi hai portato?”
Nella sequenza di Marrakech Express di Salvatores, Ponchia
si rivolge a Cedrone nel mezzo del deserto, persi in un viaggio
alla ricerca di un amico e ammicca sulla straordinaria forza del
perdersi per il gusto di perdersi. Un viaggio, quello di Ponchia
e dei suoi compagni, che ha l’epica della spinta generazionale,
quella che permette di concepire il viaggio come evasione da
sé, per godere ogni minuto e ogni singolo secondo della leggerezza del tempo che scorre.
Un viaggio che perde l’orientamento, anzi non lo vuole ma che
trova nell’alchimia del gruppo i punti di riferimento necessari
per godere di questa stessa perdita; senza orientamento ma
con la forza di sentirsi parte di un qualcosa, con qualcuno.
Difficile trovare, oggi, la bussola della contemporaneità.
L’orientamento, come ce lo hanno insegnato, si è perso nella
palude di una società che si fa liquida e flessibile. Un orientamento che diventa favola contemporanea di regole evanescenti, spingendo ognuno di noi nella palude di persone che naviga
tra reti fluttuanti e necessità pratiche, alla ricerca di un qualcosa che non conosce. Se la retorica contemporanea ci invita ad
immaginare nuovi racconti o ad usare un nuovo storytelling per
declinare la società e trovarvi il nostro pezzo di mondo, quello
che fa più paura è la perdita complessiva dei punti di riferimento che hanno caratterizzato fino ad oggi le nostre ricerche.
Non è uno sguardo nostalgico ai tempi passati, bensì la consapevolezza che ciò che occorre ricostruire non è la società nelle
sue mille declinazioni, ma l’individuo e la sua etica di singolo.
192
193
Se Bergonzoni ci dice che “abbiamo bisogno di chirurgia etica
perché dobbiamo rifarci il senno”, è la testimonianza di come,
nella perdita di orientamento e punti di riferimento, la necessità sia proprio quella di ripartire dall’ individuo. Un insieme di
viaggi singoli che diventa un possibile nuovo racconto; fondato
sulla ricostruzione di sé, sulla memoria individuale e la coerenza, sugli abbracci e le passioni.
Zino ci regala un viaggio che dall’iconografia surreale di punti
di riferimento contemporanei, arriva ai colori di una nuova intimità; ci esorta a tuffarci nella leggerezza del gioco e nell’immediatezza di un sorriso per ritrovare la giusta pesantezza
individuale. La costruzione/decostruzione dei simboli che Zino
propone, crea un nuovo significato delle immagini: un’interpretazione che necessita di libertà di pensiero e di una sosta, ad
occhi chiusi, tra i colori. E le immagini che si ricompongono nei
Lego diventano il rifugio ideale per una nuova intimità; senza
orientamento ma con la consapevolezza del nostro io.
“Ehi Zino, ma dove ci hai portato?”
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Zino
New faiths, 2015
trittico 50x70 cm
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DRAWING THE WORLD
FOCUS SANTANDER
a cura di Mónica Álvarez Careaga
Con il sostegno della Giunta regionale della Cantabria
e il Comune di Santander
In risposta all’invito di SETUP Bologna, la curatrice Mónica
Álvarez Careaga ha selezionato quattro progetti di artisti
spagnoli: Antonio Díaz Grande, Hondartza Fraga, Daniel R.
Martín e Nacho Zubelzu, rappresentati da quattro gallerie del
panorama artistico di Santander, che hanno in comune una
presenza del disegno come medium fondamentale per la concezione o cristallizzazione della loro opera artistica.
Probabilmente grazie e a questa base di disegno, i progetti
presentati non rinunciano mai alla loro connessione con la realtà e aspirano a disegnare il mondo, la natura, l’essere umano
e il risultato della loro interazione. Il disegno entra in rapporto
con quasi tutte le attività umane: serve per capire il mondo,
per documentarlo e per immaginarlo in un modo diverso. Molte
volte caratterizzato dalla sua economia di mezzi, può essere
solo un gesto o un atto mentale, il disegno è, indiscutibilmente,
un medium che è riuscito a conquistare la sua propria autonomia tra le possibilità scelte dagli artisti contemporanei per
mostrare la loro singolarità. Figurativi, minimalisti, tridimensionali, performativi, narrativi, sensoriali… la forza dei disegni presentati si inquadra nell’enorme vitalità dell’espressione grafica
attuale, una produzione di nuove immagini che nascono dalla
linea per conquistare nuove forme di comunicazione.
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FOCUS SANTANDER
La Fondazione Botín, che sta per inaugurare una nuova sede
progettata dall’architetto italiano Renzo Piano, o la Fiera Artesantander, che giunge quest’anno alla sua venticinquesima
edizione, sono alcune delle istituzioni che rendono Santander,
la città costiera del nord della Spagna, un punto di interesse
privilegiato dell’arte contemporanea spagnola e internazionale. A queste dinamiche istituzionali si aggiunge un tessuto
di gallerie particolarmente dinamico, rappresentato in questa
edizione di SETUP Bologna da quattro dei suoi migliori esempi:
le gallerie JosédelaFuente, Espacio Creativo Alexandra, Siboney e Estela Docal.
ARTISTI
Antonio Díaz Grande / josédelaFuente Gallery
Vive e lavora a Santander (Cantabria, Spagna)
Artista multidisciplinare, ama mescolare tecniche per produrre
opere elaborate attraverso un processo di immagini, forme e
idee che si mettono in relazione per creare un discorso globale. Il lavoro di Antonio Díaz Grande si concentra, soprattutto,
sullo spazio domestico, i suoi usi e i personaggi che vi possono
transitare, intervenire o generare attività sullo stesso, modificandolo o attribuendogli un nuovo significato. Nei suoi progetti si nutre delle risorse decorative di questi spazi, dell’arredo
come oggetto funzionale ma anche metaforico, utilizzato da
personaggi che sono al tempo stesso figura e sfondo, scuse che
servono per parlare dei rispettivi generi e della loro identità,
nonché dei differenti rapporti che creano.
Hondartza Fraga / Espacio Creativo Alexandra
Vive e lavora a Leeds (Regno Unito)
Hondartza Fraga utilizza il disegno, l’animazione e la fotografia come mezzi espressivi per esplorare il nostro rapporto, sia
individuale che collettivo, con il mondo che ci circonda e le diverse ‘distanze’ tra noi e tutti gli altri: distanze fisiche, temporali, emozionali, culturali e immaginate. Protagonisti frequenti
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delle sue opere sono i plastici di imbarcazioni rotte, le mappe
incomplete, i mappamondi in bianco e altri oggetti domestici
che evocano avventure o luoghi remoti. Il mare è un punto di
riferimento costante nella sua opera, una metafora dello sconosciuto e dell’immenso, che può essere facilmente idealizzato.
Daniel R. Martín / Galería Siboney
Vive e lavora a Santander (Cantabria, Spagna)
La natura, le cose primordiali e primitive sono i territori preferiti dello scultore Daniel R. Martín, che ha costruito il suo delicato mondo partendo dalla fragilità, leggerezza e diversità
di materiali, dal poliestere al ferro patinato e la resina. Sia i
suoi disegni che le sue sculture approfondiscono nella materia
e il flusso vitale nel loro costante processo di crescita. La sua
ricerca iniziatica, permanente, traccia un crocevia tra il ciclo
della vita e il processo creativo in cui i processi industriale e
artigianale si collocano in primo piano e la natura sullo sfondo.
Nacho Zubelzu / Estela Docal
Vive e lavora a Reinosa (Cantabria, Spagna)
Il lavoro dell’artista Nacho Zubelzu è una riflessione sulla finitezza del mondo e sul contesto fisico e culturale in cui si sviluppano le vite umane. Creatore con molta esperienza di viaggi
e un ampio lavoro sulla natura e la cultura rurale, Zubelzu ci
propone in ogni occasione di rivisitare le nozioni di locale e
globale. Zubelzu crede che l’arte sia qualcosa di intimamente
collegato alla vita, basato sull’osservazione, la visione, l’empatia, la memoria e l’interpretazione. Nella sua opera troviamo
echi di filosofia, antropologia e archeologia.
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CURATRICE
Mónica Álvarez Careaga
Storica dell’arte laureata presso l’Università di Oviedo e museologa proveniente dalla École du Louvre (Parigi). La sua attività come curatrice si è concentrata sui rapporti tra l’identità,
l’architettura e l’ambito domestico, prestando speciale attenzione a supporti come il disegno e la fotografia. Ha curato numerose mostre individuali di artisti quali Candida Höfer, Pedro
Barateiro, Carlos Bunga, Ellen Kooi, Georges Rousse, Wolf Vostell, Sara Huete, Iñaki Larrimbe, Rosa Muñoz o Concha García
e collettive in Spagna, Portogallo, Germania, Polonia, Belgio,
Stati Uniti, Cina e Giappone.
Nel suo percorso professionale ha ricoperto anche importanti responsabilità nell’ambito dell’organizzazione di festival e
fiere. È stata direttrice del Festival Miradas de
Mujeres nel 2014. Dal 2007 al 2011 è stata
consulente artistica di Arte Lisboa ed è responsabile della cura di progetti della fiera
Swab-Barcelona dal 2008. Attualmente dirige il progetto DRAWING ROOM MADRID.
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Espacio Alexandra
Drawing the world
Galería Estela Docal
Drawing the world
Sito web
espaciocreativoalexandra.com
Direttore
Alexandra García Núñez
Sito web
www.esteladocal.com
Direttore
Estela Docal
Artisti in fiera
Hondartza Fraga
Artisti rappresentati
Judas Arrieta, Iria do
Castelo, Nadia Barkate,
Hondartza Fraga, Vicky
Kylander, José Luis Ochoa,
David Artegoitia, Santiago
A. Sagredo, Juanjo Viota,
Laura Bisotti, Sonia Higuera
Artisti in fiera
Nacho Zubelzu
Artisti rappresentati
Juan Alcalde, Guillermo
Oyágüez, Carlos Morago,
Eduardo Úrculo, Antón
Hurtado, Juan Manuel
Fernández Pinedo, Guillermo
Mora, Julián Grau Santos,
Joaquín Millán, David
Morago, Eduardo Sanz, Luis
Mayo, Manuel Mediavilla,
Antonio Santos.
Hondartza Fraga
Shell-ters (Couple), 2015
Lápiz y papel sobre concha de ostra, 10x10x10 cm
Cortesía: Galería Espacio Creativo Alexandra
200
Nacho Zubelzu
Serie Oro Parece, 2015
Aceite de lino, betún y pan de oro sobre papel 28,5x21,5 cm c/u
Cortesía: Galería Estela Docal
201
JosédelaFuente
Drawing the world
SIBONEY
Drawing the world
Sito web
josedelafuente.gallery
Direttore
José Luis de la Fuente
Sito web
www.galeriasiboney.com
Direttore
Juan González de Riancho
Bezanilla
Artisti in fiera
Antonio Díaz Grande
Artisti in fiera
Daniel R. Martín
Artisti rappresentati
Kyungwoo Chun, Arturo Hernández Alcázar, Ángela Cuadra,
Raúl Hevia, Antonio Díaz Grande, Juan Duque, Enric Fort
Ballester, Paco Guillén, Miguel Ángel García, Ion Macareno, Rui
Pedro Jorge, Emilio Roja, Nacho Martín Silva, Alberto Reguera.
Artisti rappresentati
Alberto Gálvez, Aldo Iacboelli, Alvaro Trugeda, Arancha
Goyeneche, Carlos García-Alix, Charris, Concha García,
Damián Flores, Daniel R. Martín, Daniel Verbis, Dis Berlín, El
Roto, Emilio González Sainz, Emilio Pemjean, Enrique Larroy,
Fernando Martín Godoy, Fernando M. Romero, Gómez Bueno,
Guillermo Pérez-Villalta, Javier Arce, José Lourenço, José Luis
Mazarío, Juan M. Moro, Luis Cruz Hernández, Pep Guerrero,
Ricardo González, Serzo, Susanne Wehmer, Teresa Moro, Vicky
Uslé, Xesús Vázquez.
Antonio Díaz Grande
El desacuerdo, 2009
Mixta (madera y tapicería), 2 fotografías inkjet / RC de 50x50 cm c/u,
Medidas Variables. Cortesía: Josédelafuente Art Gallery
Daniel R. Martín
Autumnus Quercu Ferrum, 2012
Hierro Patinado, 50x50x50 cm
Cortesía: Galería Siboney
202
203
SPECIAL
PROJECTS
204
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Che Peccato!
di AAART SUNNY
Che Peccato! desidera fornire una visione disincantata e veritiera sulla consapevolezza relativa alle proprie azioni, giuste o
sbagliate che siano. Cosa sono i peccati? Per cosa oggi si chiede
perdono? Conoscere il ‘male’ — se così si può chiamare tale —
permette di vivere con il dovuto rispetto il rapporto con gli altri e,
con se stessi. L’esclamazione che dà il titolo al progetto, tinta dal
melanconico e finto stupore che caratterizzano il nostro tempo,
gioca sull’ambivalente senso di chi solamente dice ‘Oh, ma che
peccato!’, restando in superficie, senza provare emozioni né preoccuparsi delle conseguenze dei propri gesti e, d’altro canto, chi
pensa al peccare come l’abito del male - come scrisse Aristotele
-, vestito che imbruttisce prima di tutto sé. La via più breve, dunque, sembra quella di chiedere perdono tramite azioni deputate
alla presunta possibilità di ‘cancellare’ i propri sbagli, anche i più
stupidi come non saper collegare l’amplificatore al computer o
cucinare una bistecca troppo cotta.
I nostri ironici biglietti, stampati da una Macchina che per
l’occasione eroga indulgentiae accessibili (opere d’arte), sono
cartine di Tornasole da immergere dentro l’anima, per lasciare
che si inzuppino bene, anche solo per pochi minuti, quelli da
dedicare a questa performance.
Entrando all’interno di una Cappella suis generiis, diventa facile confessarsi attraverso una Macchina, che - evitando qualsiasi
imbarazzo - ci permette di ricevere (acquistare) la nostra (im)
meritata indulgentia.
Re-interpretato in chiave estetica, da un lato il perdono è accessibile a tutti coloro che senza esitazioni e con un pizzico di
stupore danno vita al miracolo artistico di questa performance
a dir poco anomala: quella di un parcometro che per la modica
cifra di cinquanta centesimi ‘distribuisce’ opere d’arte sotto for206
ma di indulgentiae accessibili. D’altro lato il perdono eterno può
essere ricevuto solo attraverso la chiave ermeneutica dell’arte,
lasciapassare attraverso cui si aprono varchi impensabile alla
ragione. È così che l’arte, travestita da parcometro, permette a
chi si avvicina di orientarsi, riportando il proprio sguardo ‘dentro’. Anche una piccola opera stampata su biglietto della sosta
può diventare cartina, mappa, bussola (navigatore), utile per
aiutare ognuno di noi a trovare il proprio chimerico percorso.
AAART SUNNY
Visitatore in attesa di acquistare la
propria indulgentia accessibile
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AAART SUNNY
VL_2212
Ozzehg e il Castello di Chiara
di Paolo Balboni
Ozzehg e il Castello di Chiara, è un progetto che vede protagonista una speciale modella; il soggetto, una vera e propria “gigantessa”, pur richiamando gli eccessi formali di Botero, è trattato
con grazia evitando, come ha scritto Lucio Scardino, le facili lusinghe “ipertrofiche” suggerite dall’iconografia del pittore colombiano. La castellana delle favole dei fratelli Grimm diventa qui la
“tabaccaia” felliniana di Amarcord grazie a un pulviscolare “flou”
che l’avviluppa dolcemente, ammorbidendo la crudezza della situazione. La luce naturale che filtra dalle vecchie finestre del castello e che sembra scrivere, come su una antica tela, ombre e
segni prima invisibili, diviene l’impalpabile essenza che trasforma i
gesti vezzosi della assai formosa ragazza in qualcosa che, pur nella sgradevolezza di canoni estetici fuori scala, attrae lo sguardo.
L’opera si compone di 11 scatti inseriti in cornici in foglia d’oro di
diverse misure e provenienze.
Paolo Balboni, (Bologna 1974) fotografo autodidatta, libero nell’espressione e nell’immagine, rappresenta la vera figura di artista che attende l’ispirazione non forzata, ma veritiera e autentica.
In continuo contatto sinergico con la macchina fotografica, le sue fotografie nascono dalla pura casualità non solo dello scatto, ma, nell’attenta
osservazione del luogo in cui si trova e delle persone che incontra facendole diventare il racconto che ognuno di noi vorrebbe poter ascoltare. Dal
2010 ad oggi ha esposto in importanti gallerie e manifestazioni artistiche
italiane ed estere tra cui: Galleria Bongiovanni, International Art Center
& Gallery, Galleria Cavour Bologna, Alexander Museum Pesaro, Cappella
Orsini Roma, Art Hotel, Hotel Hermitage Milano, Royal Garden Hotel di
Assago, Royal Hotel Carlton Bologna, Galleria Cesari, Ex Gam (Galleria
d’Arte Moderna di Bologna), Palazzo del BIM Sondrio, Castello Visconteo
Abbiategrasso, “l’Arte” Gallery Lady, Galleria d’Arte L’Incontro, Galleria
Maurizio Nobile di Bologna e Parigi, Galleria all’Angolo Mendrisio (Svizzera), Biennale di Roma 2015, Galleria di Paolo Arte.
208
Paolo Balboni
Ozzehg e il Castello di Chiara, scatto n.° 7,
stampa digitale applicata su forex e plexiglass, 120x80 cm, 2014,
courtesy Di Paolo Arte Contemporanea
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EDDI BIRTHDAY AND MEMORIES
e MEDUSA MEDULLA
di Paolo Balboni e Pol Palli
Protagonista dell’installazione Eddi birthday and memories è Eddi,
un pupazzetto alto appena quattro centimetri, realizzato in ceramica e ferro nel 1880. Paolo Balboni, ha trovato Eddi che proviene da
un mercatino parigino e ha colto, nella sua natura di oggetto, un
mezzo che passando di mano in mano nei suoi lunghi 130 anni ha vissuto la storia diventando un reperto emotivo. La frizione tra l’aspetto
infantile del bambolotto e la sua anagrafica portatrice, in realtà, di
un’identità ultracentenaria è espressa dagli scatti fotografici raccolti in un album d’altri tempi che accompagna la scultura; le fotografie, anch’esse trovate nei mercatini, hanno il sapore vissuto dei
dagherrotipi con la carta consunta, le tinte sabbiate e diventano lo
spazio temporale per accogliere Eddi che è integrato digitalmente
mantenendo, a differenza di tutti i soggetti che sono cancellati con
delle incisioni e graffiature manuali, la sua presenza integra. Eddi
Birthday and Memories, diviene la rappresentazione della perpetuità degli oggetti, rispetto alla limitatezza del corpo, che è inesorabilmente legato allo scorrere del tempo che passa e, quindi, della “vita
a tempo”. Concettualmente speculare a Eddi è Medusa Medulla, di
Pol Palli. L’opera rappresenta il distacco dell’uomo dal tangibile, dai
vincoli del tempo e delle cose e rappresenta una rinascita protesa
all’ideale. L’installazione è la scena di uno scarno teatrino fatto di un
piccolo letto di metallo su cui è adagiata una figura antropomorfa
con i tratti appena abbozzati e la pelle consunta da cui germogliano
protuberanze filamentose che avvolgono l’atmosfera come tentacoli
della medusa. L’installazione Medusa Medulla dialoga con le “memorie” di cui Eddi è custode, non solo da punto di vista concettuale, ma
anche accogliendo nel suo impianto compositivo una piccola foto
della sculturina su un comodino; in questo modo l’opera di Pol Palli
diviene il pertugio che conduce lontano da sé stessi, dalle terrene
inquiete spoglie, dagli istanti effimeri del nostro divenire.
210
Paolo Balboni
Eddi birthday and memories
stampa su carta, 30x50 cm, 2015,
courtesy Di Paolo Arte Contemporanea
Pol Palli
Medusa Medulla
installazione mixed media,
dimensioni variabili, 2015
Pol Palli nasce nel 1977 in provincia di Bologna, dove vive e lavora tuttora.
Intraprende studi letterari, prima di dedicarsi alla scultura, attraverso una
ricerca individuale sulla materia che lo circonda. Motivi di ispirazione iniziale
per la sua tecnica artistica sono ravvisabili negli elementi di riciclo che vengono rimodellati in maniera spontanea e creativa. La sua poetica si evolve
nel tempo verso l’utilizzo di elementi primigeni, quali fuoco, carbone e materiali inorganici. Pol Palli utilizza il policarbonato modellandolo con fusioni,
tagli e arricchendo la materia con l’aggiunta di diversi elementi riciclati, tra
cui sassi raccolti lungo torrenti e sostanze ferrose. Pol Palli vanta nella sua
carriera artistica la presenza in diverse mostre a Bologna e provincia, Milano
e provincia, Monza, Firenze, Modena, Capri e Sondrio.
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Francesca Sensi Arte A Colori GALLERIA presenta
Nicola Bertellotti
Francesca Sensi 43.421186, 11.114135
Nicola Bertellotti 43.957423, 10.231658
44.504129, 11.346026
IO SONO QUI
Esiste un inizio: e spesso, sapere dove sei, è l’inizio.
Oggi, nel 2016 pare impossibile perdersi o smarrirsi. Gli strumenti tecnologici che abbiamo a disposizione sembrano sostenere
la nostra necessità di relazionarci con lo spazio circostante, con
l’istantaneo momento x (hic et nunc), con il dovere di comunicare
la nostra posizione al fine di garantirci una identificazione, una
appartenenza, una dichiarazione del “io ci sono”, insomma di una
indiscutibile voglia di reperibilità, di farci trovare: vogliamo esserci, anche noi, nel nostro piccolo e dimostrarlo. E in ogni caso non
abbiamo scelta, sempre più stretti da una morsa di identificazione e di monitoraggio sociale, da cui, anche volendo è difficile sottrarsi. Tutto questo succede nel momento in cui le nostre certezze
franano, la terra sotto piedi sembra instabile come sabbia mobile, i ghiacci imperituri e solidi sotto di noi stanno per sciogliersi
e noi sentiamo vicina la sensazione di affogare. Che le due cose
siano in relazione? L’arte come risponde a questo quesito?
Il lavoro di Nicola Bertellotti, artista fotografo, affronta di sbieco,
questo tema e ci rivolge, attraverso il suo sguardo, ciò che egli
vede, che non è più ma è ancora. Qualcosa esiste nonostante i
frantumi della decadenza e diventa solenne presenza poiché immortalata nello scatto fotografico e ci restituisce una possibilità
di estrema sopravvivenza alle cose. I luoghi come testimoni di un
punto da cui ripartire, di una rinascita, di una seconda chance,
di una evoluzione. Ci siamo stati e ci siamo ancora. Non è forse
lecito chiedersi dove siamo? Il percorso di ricerca di Bertellotti
parte proprio dalle mappe, dall’individuazione dei luoghi tramite coordinate satellitari: latitudine e longitudine sono il taccuino
degli appunti dell’artista, il suo menabò e il suo canovaccio. Da
questo punto di origine sfocia la sorgente che prende vita e si
trasforma in sensibilità artistica e potenzialità poetica.
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Nicola Bertellotti,
Le grand-bleu, 2015
stampa fine art, 135x90 cm
Nicola Bertellotti
Solaris, 2015
stampa fine art, 135x90 cm
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Exposure
di Marco Biscardi
Il linguaggio dell’artista denuncia con immagini forti ma allo
stesso tempo ironiche e dissacranti, quell’enorme catino di decadenza di valori e di mancanze di rispetto che è diventato il
mondo della pubblicità.
Gli slogan ci sommergono. In qualsiasi luogo siamo, dobbiamo
essere consapevoli di essere potenziali bersagli. Siamo sotto tiro.
Allo stadio, in metro, sul bus, in macchina mentre ascoltiamo la
radio, sul divano davanti alla tv, mentre guardiamo un filmato
su internet, mentre leggiamo il giornale. Sempre, dovunque, e
spesso senza consapevolezza. Tutto ormai è pubblicità. Siamo
ufficialmente sotto attacco.
L’artista si appropria delle strategie di marketing ed esaspera il
concetto di advertising facendolo diventare il mezzo significante, o meglio, come direbbe McLuhan, se il medium è il messaggio,
Marco Biscardi entra nella falla dell’overdose comunicativa mettendo in luce proprio la saturazione visiva che coincide in realtà
con un vuoto esistenziale, un vuoto pieno di brand che riempiono
di apparenti gioie e di marchi superficialmente indispensabili,
senza i quali, oggi, pare non si riesca a trovare una collocazione
sociale.
L’artista porta la réclame a un punto di non ritorno collocando i
brand in contesti bellici e disastrosi, integrando il “marchio riconoscibile” in situazioni drammatiche, normalmente non associabili, ma proprio per questo mettendo in luce l’assurda, possibile,
prossima realtà; dice l’artista: “Se abbiamo accettato che tutto,
ma proprio tutto, sia ormai una pubblicità, i pubblicitari e i loro
committenti accetteranno allora che i loro slogan siano associati
a situazioni ed eventi così fortemente scomodi.”
Marco Biscardi lavora con il paradosso giocando così sulla dualità del significato delle immagini che divengono altro dal mero
contenuto visivo che rappresentano. Se il primo impatto è l’evidente ironia, il lavoro in realtà solca una profonda riflessione critica del presente e lo fa nello stesso modo della pubblicità, con
la stessa irriverenza, al limite della propaganda, ma con un’inversione proporzionale del quoziente quantitativo che, nell’unicità dell’opera, esprime nuovamente la raffinatezza concettuale
della sua poetica.
214
215
Postilla dell’artista
La legge stabilisce un uso lecito del marchio altrui qualora subentri il cosiddetto “giusto motivo”. Si può parlare di giusto motivo quando tale uso sia fatto in chiave critica o parodistica e dia
luogo a un’autonoma opera artistica, manifestazione del diritto
costituzionalmente garantito alla libertà d’espressione.
Le creazioni di opere d’arte possono essere fonte d’ispirazione
e di citazione e allo stesso tempo forma espressiva dell’intento
parodistico o ironico.
La ratio e lo spirito della creazione artistica non vuole recare
pregiudizio alla rinomanza del marchio o alla sua capacità distintiva, così come non ha di certo l’obiettivo di sfruttarne la notorietà per una più facile commercializzazione dei prodotti su cui
è apposto stante anche, e soprattutto, l’assoluta diversità della
categoria merceologica.
Il destinatario della critica e della satira è il modus operandi della pubblicità, non certo i marchi scelti come esempio, che anzi
sono da me citati come omaggio al loro essere divenuti ormai
parte del nostro immaginario collettivo. Essi non possono più essere classificati semplicemente come “Brand”. Sono parte della
nostra vita, sono simboli che ci accompagnano per tutta la nostra esistenza, sono compagni di viaggio, sono parte del mondo,
della società, della cultura popolare, così come possono esserlo
la statua della libertà, il muro di Berlino, la cappella Sistina, il
ciuffo di Elvis e il volto di Marilyn Monroe.
Ho operato in totale buona fede, con l’unico intento di far riflettere e sorridere su un aspetto della nostra società così contemporaneo e importante come quello della pubblicità.
Marco Biscardi è nato in Puglia nel 1986. Dopo le scuole superiori si trasferisce per alcuni anni a Roma e in seguito a Firenze; a Roma si laurea
all’Accademia di Cinecittà, dove studia Arti visive e Cinematografia.
Negli ultimi anni ha vissuto e lavorato a Los Angeles e New York.
Ha all’attivo una decina di mostre, tra le quali ad Antigua (Caraibi) e New
York, di cui si ricorda Group Show – America presso l’Arthouse Gallery di
Soho, classificata dal magazine americano Timeout tra le cinque gallerie
più importanti della grande mela.
Il lavoro di Marco Biscardi è stato menzionato tra le pagine di: La Repubblica, Il Corriere della sera, Il quotidiano, La gazzetta del mezzogiorno e
altre cinquanta testate tra quotidiani nazionali e riviste del settore.
Marco Biscardi
Il casco figo, 2015
stampa su plexiglas, 100x70 cm
Marco Biscardi
Dì en Gì, 2015
stampa su plexiglas, 100x70 cm
216
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D 406 fedeli alla linea presenta
THE MOTHERFUCKER
di Gianni Colosimo
L’allestimento di Colosimo per Setup 2016, coordinato dalla
Galleria D 406 di Modena, ha come opera chiave una grande
fotografia su cui l’artista farà un intervento pittorico in occasione
della sua performance The motherfucker prevista per il giorno
della Preview ( 28 gennaio 2016) alle ore 22 00.
Con essa verranno presentate un centinaio di Portafortuna, opere di piccolo formato avente per soggetto delle banconote, e
alcuni Passaporto per l’immortalità.
Per la prima volta, verranno presentate alcune “Reliquia de Wallpaper - Il vortice del desiderio è privo d’orizzonte - 2006, Milano,
Galleria Pack”. Le ‘reliquie’ sono dei contenitori che racchiudono frammenti di carta da parati costituita da banconote da un
dollaro che, Gianni Colosimo, ha utilizzato per la realizzazione
dell’ormai mitica installazione “Wallpaper - il vortice del desiderio è privo d’orizzonte”. Per codesta installazione l’artista ha tappezzato l’intera galleria, compreso il pavimento, con banconote
da un dollaro. Nel 2011 il grande artista tedesco Hans-Peter Feldmann, anch’egli tappezza un intero ambiente del Guggenheim di
New York con 100 000 banconote da un dollaro frutto della vincita del prestigioso Hugo Boss Prize.
Maurizio Cattelan, venuto a conoscenza della querelle giudiziaria
tra Colosimo ed il Guggenheim, in occasione della mostra “Shit
and Die” da lui curata, ha fatto realizzare all’artista americano Eric
Doeringer (uno specialista del plagio!) la medesima installazione
all’interno della scalinata di Palazzo Cavour di Torino, intitolandola “The Hug”: a sottolineare l’abbraccio estetico tra Colosimo e
Feldmann. Le curiose e strambe coincidenze che hanno coinvolto
Richard Armstrong, direttore del Guggenheim Museum, Hans- Peter Feldmann, Maurizio Cattelan ed Eric Doeringer rendono veramente leggendaria l’installazione di Colosimo del 2006.
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Gianni Colosimo
Portafortuna, 2014
tecnica mista su cartamoneta da un dollaro
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D406 fedeli alla linea e Moduli d’arte presentano un grande disegno
Carlo Zinelli e Gilberto Giovagnoli
a cura di Valerio Dehò
Si ringrazia la Fondazione Carlo Zinelli per la preziosa collaborazione
Tutte le storie del mondo
si potrebbe partire da uno storico dell’arte e psichiatra tedesco
che si chiamava Hans Prinzhorn. Agli inizi del Novecento trovò
delle straordinarie analogie tra i comportamenti e i disegni dei
suoi pazienti e gli artisti. Studiò centinaia di casi, catalogò e raccolse dipinti e schizzi, scrisse libri, realizzò un museo di 14.000
opere nella celebre università dell’altrettanto celebre città di
Heidelberg. Questo singolare intellettuale e medico scrisse fra
l’altro: “Ci troviamo di fronte ad un fatto sorprendente: l’affinità
tra il sentimento del mondo schizofrenico e quello che si manifesta nell’arte contemporanea può essere descritto con gli stessi
termini... se si osservano attentamente le forme d’espressione
del nostro tempo, si riscontra ovunque, nelle arti plastiche come
nei vari generi letterari, una serie di tendenze, che troverebbero soddisfazione solo presso un vero schizofrenico (...). Sentiamo
ovunque un gusto istintivo per la particolarità che conosciamo
bene negli schizofrenici...” I confini sono fatti per essere superati,
ma qualcuno deve pur cominciare. Non è nemmeno detto che
non debbano restare delle inevitabili differenze tra gli artisti e
i disturbati mentali, ma nessuno prima di Prinzhorn si era dedicato ad una forma artistica marginale, ad una quasi-arte che
sembrava solo in farnetichio di una mente instabile.
Carlo Zinelli è uno dei più apprezzati artisti dell’Art Brut. è stato
rinchiuso in manicomio 20 anni e per un lungo periodo ha comunicato con il mondo esterno solo attraverso i suoi disegni. Oggi
lo comprano gli americani e i francesi come se fosse un artista
come gli altri, e in effetti, è così, anche se la sua sofferenza e
solitudine restano. In quel dorato genere che è ormai diventata
l’Outsider art o Art Brut, Zinelli ha un ruolo importante. Ha una
sala al museo di Losanna, è uno degli artisti storici della collezio-
ne voluta da uno dei grandi artisti del Novecento, Jean Dubuffet.
Strana storia questa dell’arte dei matti, dei diversi, degli strani,
perché ha dovuto aspettare gli artisti contemporanei per essere riconosciuta. Le teorie estetiche degli anni sessanta hanno
cercato di arginare il fenomeno, dicendo che se non vi è consapevolezza non vi è arte. Ma sembra difficile parlare, discutere, e
accertare la consapevolezza o meno di stare “facendo arte” per
soggetti con legami problematici con il mondo. Restano le opere
e basta. Del resto sono i medici che hanno scoperto l’arte degli
alienati mentali (adopero termini vistosamente retrò come tutto
questo fenomeno), li hanno catalogati, seguiti come è stato con
lo psichiatra modenese Mario Marini con Carlo Zinelli. Marini
negli anni cinquanta dirigeva l’ospedale psichiatrico di San Giacomo alla Tomba, a Verona, e aprì l’Atelier dedicato alle espressioni artistiche. Zinelli ne fu certamente un protagonista.
L’arte dei matti ha una storia che ha a che vedere con la potenzialità della pittura e del disegno di liberare forze inconsce,
energie che covano nella mente di individui con relazioni incerte
con la realtà. Carlo Zinelli, o semplicemente “Carlo”, come era
chiamato in manicomio in cui i cognomi si perdevano spesso per
strada, ha certamente un talento straordinario. Le carte disegnate e colorate sia nel recto che nel verso sia per risparmiare
carta, sia per un tipico horror vacui di questo tipo di espressioni,
sono di una ricchezza meravigliosa, con centinaia di personaggi
che ruotano attorno a microstorie, che coinvolgono pretini, “pinocchi”, figure stellate, animali che convergono in un universo
plurimo in cui la ripetizione scandisce lo spazio visivo. Gli stessi
personaggi ritornano in misure diverse, in importanze diverse
attribuite dall’autore, il quale non rinunciava mai ad attingere
a modalità estetiche di tipo formale. Il brulichio, la “fermentazio-
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ne” delle figure, ha come risultato una spazialità bidimensionale
sorretta spesso dall’affollamento o da degli sfondi colorati in cui
Carlo Zinelli mostra doti non comuni. è chiara la sua ricerca che
non si ferma all’espressione, alla necessità di colmare il vuoto tra
l’lo e il mondo, ma va verso la tenera inutilità dell’arte, all’essere
le forme non solo proiezioni della realtà, ma dotate di una vita
propria sulla carta e nella relazione con i colori.
Che un fantastico disegnatore come Gilberto Giovagnoli abbia
dedicato un suo immenso lavoro, quasi 5 metri x 3, allo Zinelli, è
tutto dire. “Crepa Carlo, tutto va bene” del 1998 è un “arazzo”
composto come al solito di migliaia di disegni assemblati insieme
a raccontare la storia delle storie, un paesaggio con (moltissime) figure che racchiude episodi veri o presunti di come l’artista
romagnolo vede le cose del presente e come legge la storia. In
effetti è un lavoro così gigantesco per progetto e realizzazione
che ricorda gli affreschi del Lorenzetti e Simone Martini nel Palazzo Pubblico di Siena. Giovagnoli nella sua totale irriverenza e
violenza iconoclasta, creare un’arte che più classica non si può,
un’arte che trabocca di passione civile, di idiosincrasie personali, di odi feroci e di amori appassionati. Se nel titolo richiama il
Godard di “Crepa padrone, tutto va bene”, il suo film di carta
lo dedica alle immagini egiziache, alle trame corporee, alle sequenze reiterate e sbilenche per cui Carlo Zinelli sarà ricordato.
La dedica va anche al mondo interiore dell’artista e alla sua schizofrenia, al mistero che si è portato dentro e a quel canale con
gli altri che ha costituito il suo “grande” disegno. Gilberto Giovagnoli, come artista diciamo “normale”, che ha sempre giocato
sulla differenza e sulla veemenza di un disegno fuori schema e
fuori da qualsiasi logica mercantile, ha dedicato al compagno
di viaggio ideale nei sentieri dell’arte, una vera e propria enci-
clopedia del disegno, onnivora come un buco nero e tessuta di
fitte trame visive come un arazzo di Arras. Un storia delle storie
che le riassume tutte e tutte le annuncia, perché la parola “fine”
nessuno la potrà mai pronunciare e nemmeno scriverla senza
mentire, perché il tempo non ci appartiene…
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Carlo Zinelli
Grandi alpini giallo e viola,
siringa e fucile, anno 1967-68
tempera su carta, 70x50 cm
collezione privata, Verona
Carlo Zinelli
Grande alpino viola e siringa
su fondo giallo, scala, cane e
personaggi nero su bianco,
anno 1967-68
tempera su carta, 70x50 cm
collezione privata, Verona
Carlo, un mondo nuovo
testo di Lorenza Roverato
L’essere
è il quattro
In movimento
Uno alla fine
Sergio Marinelli, Carlo (Zinelli), La Galleria IV, 2015
Gilberto Giovagnoli
Crepa Carlo, tutto va bene, 1998
tecnica mista e collages su carta plastificata, cm 276x490 cm
Il lavoro di Carlo Zinelli (Verona, 1916-1974) si inserisce perfettamente entro la silhouette concettuale del disegno contemporaneo così nitidamente delineata da Valerio Dehò nella sua prolusione al “gemellaggio” Ericailcane Marcel Dzama; Raymond Pettibon Gilberto Giovagnoli (Un grande disegno, Bologna 2015):
disegnare è “ri/comporre un’idea del mondo”, “riempire i grandi
spazi della carta di segni che sono echi di una visione reale”.
Ultimo rifugio dopo la fuga da un mondo disperato, i quasi mille
fogli di Carlo, dipinti/disegnati per la maggior parte con le sole
tempere su entrambi i lati, rincorrono il desiderio e la necessità
di ricostruire una realtà visibile, di riappropriarsi di un mondo
in cui la gerarchia delle cose e degli eventi assuma una verità
personale e profonda, a volte conosciuta solo al suo imperscrutabile io. La libertà del gesto, nei primi lavori minuto e trattenuto
entro la scala dell’alfabeto pittografico, un registro ordinato e
compulsivo allo stesso tempo, si palesa nell’arco di diciassette
anni di paziente e maniacale elaborazione, raggiungendo un
equilibrio profondo, intimo, follemente personale. La totale libertà espressiva di Carlo, che talvolta si avvicina con freschezza e
originalità alle formule più innovative dell’arte contemporanea
(in alcuni casi anticipandole inconsapevolmente) lo mette al riparo da ambigue etichettature: nella sua esclusione dal mondo
della presunta normalità, internato per metà della sua breve vita
nel Manicomio di San Giacomo alla Tomba di Verona, Carlo di-
segna per se stesso, divertendosi e soffrendo, ridendo, piangendo, ricreando un universo in assenza di gravità dove galleggiano
personaggi e animali, aggeggi del suo quotidiano vecchio e nuovo, parole in semi-libertà solo apparentemente sconclusionate.
Non potendo restare insensibili davanti all’esuberanza del suo
segno geniale, anche sanitari e mentori di Carlo sentono la
necessità di presentare questo fiore extraterrestre al mondo
dell’arte ufficiale, sebbene consapevoli del pericolo di esporlo ad
un’atmosfera assai poco salubre; ma è Jean Dubuffet a raccogliere l’insolito germoglio che andrà ad impreziosire l’hortus conclusus dell’Art Brut, giardino incantato entro i cui ristretti confini
Carlo è stato celebrato e trattenuto a lungo.
Nell’occasione di oggi, il dialogo con i maestri del disegno contemporaneo apre una finestra che inonda di nuova luce l’opera di Carlo. è Gilberto Giovagnoli che si confronta direttamente con lui in
modo sincronico, animando lo stesso spazio con un lavoro di grande
respiro, Crepa Carlo, tutto va bene (1998) dedicato proprio all’artista veronese, aprendo in senso diacronico una particolare simmetria dello sguardo: la ripresa di una narrazione brulicante di vita
ma senza filtri, che nella sua consapevole conoscenza del mondo
affianca la visione di Carlo offrendo l’altra faccia della medaglia,
preservando sotto il velo della plastica il vero, l’autentico, l’umano.
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CALL ME ISHMAEL
Enrico Fuser alias EL Fooser
Le carte nautiche insieme alle stelle, sono stati i primi mezzi di
orientamento che l’uomo ha avuto a disposizione, queste fanno
parte del mio vissuto, in quanto ex marinaio.
Gli animali marini che dipingo, colossi fluttuanti dal ritmo flemmatico, sanno con certezza qual è la giusta direzione.
I miei soggetti più ricorrenti sono i cetacei, che hanno un linguaggio complesso, ancora non decifrato dalla scienza; tra
le loro caratteristiche spicca il canto e l’orientamento tramite
biosonar, grazie al quale, con una serie di “click” emessi, sono in
grado di dirigersi verso un punto od un oggetto di loro interesse, addirittura di aiutare un loro simile,o un capitano che con la
sua nave era rimasto intrappolato tra i ghiacci.
L’orientamento è quindi fondamentale per la vita?
Come sarebbe vivere senza? Sicuramente,non avremmo nemmeno la cognizione di noi stessi.
Io ho impostato la mia rotta verso la scoperta dell’anima.
EL Fooser
Che cosa vedi? (dettaglio), 2015
tecnica mista su carta nautica, 70x112 cm
EL Fooser
Bang the drum slowly (dettaglio), 2015
tecnica mista su carta nautica, 70x102,5 cm
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ART and ARS Gallery presenta
G15 di Fabrizio Fontana
Con G15 Fontana riprende il tema provocatorio del “Giganteschio” proposto nel 2012, ne raddoppia le dimensioni, cimentandosi in un operazione che, aumentando di complessità, restituisce un effetto di maggiore imponenza fisica e concettuale.
“Il Giganteschio di Fabrizio Fontana fa il verso all’ossessione per
l’iconografia del teschio che in tempi recenti ha talvolta otturato
(e al contempo alimentato) il sistema dell’arte contemporanea
internazionale. Il Giganteschio del pugliese Fabrizio Fontana si
pone difatti come esplicito sberleffo ‘iconografico’ della celebre
opera di Damien Hirst, il geniaccio della Young British Art che
alcuni di anni fa ha tempestato di oltre ottomila diamanti il calco
di un teschio. Fontana risponde con la sua spregiudicata ironia,
proponendo un grande teschio tempestato di pupazzetti e piccoli oggetti in plastica presi in prestito dagli ovetti Kinder e dalla
scatola dei giochini di un bambino. Il risultato è un’opera coloratissima.” LORENZO MADARO, Repubblica, 7.3.2012.
La sperimentazione su questo soggetto iconografico non si ferma, rimane costante la matrice del colore, ma in questa seconda
fase di rielaborazione, assume dei caratteri quasi monumentali.
Il ritorno su quest’opera è sicuramente un esercizio di stile, il risultato di un perfezionamento artistico, ma anche la dilatazione
di un’idea provocatoria, che come detto in precedenza, ha come
bersaglio un fenomeno artistico di portata mondiale. L’obiettivo
è quello di amplificare l’effetto finale, creare stupore e destabilizzare lo spettatore, pur mantenendo inalterato l’aspetto ludico e
disimpegnato, che rappresenta il fil rouge sul quale si muove da
sempre l’artista. In questa fase Fontana gioca con lo spazio, imponendosi con un prodotto di grande precisione e meticolosità.
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Fabrizio Fontana
G15, 2015
materiali vari, 115x116x153 cm
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Kir Royal Gallery presenta
DECÓR
di Chus García-Fraile
Questo lavoro ha origine da un viaggio in Marocco nel dicembre
del 2013, l’obiettivo del viaggio era visitare alcune delle zone
dove le diseguaglianze e i conflitti sociali sono più evidenti, per
poi tradurre l’esperienza in un’opera d’arte.
Il supporto scelto per sviluppare questo progetto sono i tappeti
marocchini che costituiscono una delle principali industrie manifatturiere del paese, ed inoltre sono uno dei prodotti di vendita
turistica per eccellenza. Il turismo di qualsiasi tipo ci dà sempre
un’immagine distorta del paese che visitiamo, alcune cose vengono messe a fuoco, altre confuse o perse. Questa distorsione
cambia ovviamente il nostro orientamento e la visione di ciò che
è l’altro, il diverso. Un souvenir difficilmente può spiegare le condizioni in cui è stato prodotto ed il suo contesto sociale.
Questi oggetti decorativi qui vengono sovvertiti. La decorazione
astratta interferisce con un’immagine che ci parla di altre situazioni, della lotta di genere, l’immigrazione, la schiavitù. I tappeti
vengono disposti al suolo di un’Europa sviluppata di fronte alla
quale si affollano gli emarginati. Possiamo camminare, sporcare,
pestare anche se non si tratta più di astrazioni ma di immagini,
quasi di carattere giornalistico, che rappresentano un esplicito
conflitto sociale.
Chus García Fraile
Article 1 (Universal Declaration of Human Rights, Arabic), 2015
materiali vari, 117x450 cm
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Chus García Fraile
Melilla Seaside, 2015
Handmade 100% pure new wool Ed.3 + 1 AP, 171x315 cm
Chus García Fraile
Melilla Border, 2015
Handmade 100% pure new wool Ed.3 + 1 AP, 170x3102 cm
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DIREZIONI
Corn79 + ETNIK
Nell’ottica della riqualificazione, il progetto Direzioni nasce e si
sviluppa con l’intento di dare una nuova pelle all’atrio dell’Autostazione di Bologna, un luogo di transito frequentato dai passeggeri, un luogo con una forte identità. Uno spazio da “rivedere” e
da vivere, non solo da attraversare per prendere la corriera.
Facendo propria la citazione di Dostoevskij: “la bellezza salverà
il mondo”, l’operazione di wall painting si posiziona con il preciso
obiettivo di cambiare la percezione dello spazio, con l’auspicio
che chi passa possa alzare gli occhi e sentirsi migliore, perché
circondato dalla bellezza. Questo è il potere dell’arte.
Il concept dell’intervento nasce pensando allo spazio che lo ospita: uno spazio pubblico, crocevia per molte destinazioni, melting
pot di culture e personalità eterogenee.
Da questo, l’idea di trasformare il concetto di questo flusso multietnico, in un percorso cromatico di tinte pastello per dare carattere e vivacità all’ambiente, senza renderlo troppo oppressivo.
A dare un segno caratterizzante ai gradienti che compongono
i fondali, appaiono in primo piano, i simboli stilistici degli artisti che hanno realizzato l’opera, ovvero le geometrie astratte di
Corn79 e le prospettive di ETNIK.
Il progetto è di Corn79 e ETNIK per l’Associazione “Il Cerchio
E Le Gocce” e a cura di Caravan SetUp, in collaborazione con
Autostazione s.r.l.
Corn79 + ETNIK per Il Cerchio E Le Gocce, Direzioni,
Autostazione di Bologna, 2016
Credit ph @Rosy Dennetta
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Caravan SetUp
è un’associazione le cui finalità sono la promozione della cultura per mezzo dell’arte visiva. L’associazione nasce con l’intento di far vivere quotidianamente gli spazi in disuso dell’Autostazione di Bologna e con il preciso
l’obiettivo di mettere in atto un processo di riqualificazione urbana e sociale. Il nome dell’associazione CARAVAN è emblematico delle volontà
dei soci fondatori: realizzare uno spazio ABITATO dai progetti e fruito
dai soci con l’umore confidenziale di una dimora, uno spazio in grado di
attivare amore per la cultura della quale ci si prende cura come “cosa”
propria. CARAVAN è un progetto impresso fin dal principio da un’ospitalità culturale, gitana nel suo essere arrangiata, errante nel suo essere
aperta alle discipline e MOBILE nella definizione dei contenuti.
CARAVAN, contenitore metaforicamente nomade, vuole accogliere i
progetti e le iniziative per essere polo culturale, e assieme ad altri costruire la “carovana” per attraversare la storia e segnare una rotta nel
panorama dell’arte. L’Associazione è stata fondata nell’Ottobre 2015 da
Alice Zannoni, Simona Gavioli e Giulia Giliberti e la sua sede operativa è
l’Autostazione di Bologna.
CORN79
Riccardo “Corn79” Lanfranco è nato nel 1979 a Torino.
Si laurea al DAMS di Torino – indirizzo multimediale con tesi di semiotica
dal titolo: Bellezza e degrado della città. Progetti contemporanei per la
riqualificazione estetica murale in Italia – ma il suo percorso artistico inizia
da writer nel 1996. Presto il suo lavoro trova spazio tra le pagine delle
principali riviste dedicate al mondo del writing (Aelle, Defrag, Stylefile,
Xplicit Grafx, Innercity...), lo porta a partecipare a decine di convention
e a dipingere in molti paesi europei. Realizza importanti opere murali di
riqualificazione urbana con artisti di fama internazionale e, fino al 2009,
è membro del collettivo Opiemme. Promotore della creazione del progetto Murarte della Città di Torino, tuttora in progress, nel 2001 fonda
“il Cerchio e Le Gocce”, la prima associazione italiana dedicata alla promozione della creatività urbana. Dal 2008 è titolare del “Drip Studio”,
specializzato in comunicazione visiva. Lavora, inoltre, come creativo per
la Martini Rossi e tutti i brand da lei distribuiti.
ETNIK
ETNIK nasce a Stoccolma (Svezia). Vive attualmente a Torino.
Attivo dai primi anni ‘90 nella scena del writing italiano, ETNIK lavora
da subito su grandi superfici organizzando spesso la regia delle pareti
con più artisti a cui affianca parallelamente l’organizzazione di eventi in
Piemonte. Dice di sé: «La mia naturale evoluzione dal lettering agli attuali
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‘AGGLOMERATI URBANI’ è stato un passaggio graduale; non voglio perdere la mia radice di ‘’writer’’ e nello stesso tempo voglio raccontare e
criticare il mondo (metropolitano) in cui sono immerso». Per questo la città
è da sempre il teatro della sua azione ed è il soggetto stesso della sua
analisi. La mancanza di punti di appoggio, il diverso punto di vista delle
cose, fino all’intersezione violenta dei volumi sono una metafora sul concetto di città moderna a cui fa da contraltare una visione fantasiosa e
scenografica e il lettering diviene un punto di partenza su cui costruire
l’impianto pittorico.
Nel 2009 crea con Duke1, il collettivo Bunker108 che collabora con enti
sia pubblici che privati, per il restyling di edifici e aree urbane e con il
quale organizza workshop e eventi espositivi.
Il Cerchio E Le Gocce
Il Cerchio E Le Gocce è un’associazione culturale, fondata a Torino nel
2001. L’interesse radicato per le culture underground, la street-art e il
graffiti-writing da promuovere all’interno della città, in modo finalmente
legale, porta alla nascita di questa realtà.
Nel 1999 a seguito del progetto Murarte – il primo progetto italiano che
avesse come obiettivo una massiva riqualificazione urbana –, i fondatori
de Il Cerchio e Le Gocce strutturarono un nuovo tipo di associazione, in
grado di mediare fra il mondo del graffiti-writing e le istituzioni.
Questo dialogo, instaurato nel 2001, si è esplicitato in diversi interventi
massivi ed estesi non solo all’Italia, ma al resto d’Europa. L’associazione
Il Cerchio E Le Gocce è riuscita, in varie occasioni, a coordinare artisti
internazionali e italiani nella realizzazione di grandi progetti. Si ricorda:
Picturin, Festival torinese di arte urbana, iniziato nel 2010 e proseguito
fino al 2012; le sei convention di Street Attitudes (dal 2002 al 2011), Leggende Tra I Monti, Muridamare.
Negli ultimi anni l’associazione si è impegnata nella promozione dell’arte urbana sul territorio per aumentarne la fruibilità, con due progetti
capofila: Inkmap (www.inkmap.it), una mappa-percorso che permette
di individuare e raggiungere le opere di arte murale e Torino e SATStreet Art Tour (www.facebook.com/streetartourtorino), una passeggiata in città per conoscere il mondo della street-art e del muralismo
contemporaneo. In questi undici anni sono stati realizzati centinaia di
interventi murali legali non solo in sedi italiane. Grandi nomi hanno
preso parte ai progetti proposti da Il Cerchio E Le Gocce. Alcuni esempi: Aryz, Blu, Etnik, Satone, Zedz, Erosie e l’artista ormai scomparso Dare.
Inutile aggiungere che l’associazione Il Cerchio E Le Gocce è stata parte
integrante di una rivoluzione incisiva nel modo di intendere gli spazi cittadini,
l’arredo urbano e la fruizione delle opere d’arte, ormai esposte a cielo aperto.
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The Garden of Interaction Play / 01
di muschi&licheni design network
Un’opera che unisce interattività, video, suono e scrittura, con un
aspetto analogico e una struttura tecnologico-digitale.
Un’installazione artistica che ridefinisce il concetto di linearità
filmica, in cui gli utenti, toccando un tavolo di legno dipinto con
una vernice che conduce gli impulsi elettrici, possono decidere
l’ordine delle scene, le relazioni tra le immagini e il suono: una
creazione collettiva in cui i fruitori diventano co-autori attivi e non
semplici spettatori. Il risultato è un’esperienza collettiva, un video
(ogni volta diverso) senza inizio e senza fine. Una narrazione corale che esprime molto più delle sue singole parti: 70 video, 12
suoni e varie tracce testuali, vengono gestiti da un software che
trasforma gli input registrati da una scheda Touch Board - Bare
conductive (Arduino). Il software gestisce le informazioni ma non
l’esperienza. L’opera non è solo un video, ma è anche una performance che diventa multivisione, come un giardino fiorito, sempre
in movimento, pieno di relazioni inaspettate. Una produzione realizzata con la collaborazione del festival di cinema “Cineramnia”.
Questo allestimento è stato reso possibile grazie al sostegno di
Cyanagen e al coordinamento organizzativo di Camilla Falcioni.
muschi&licheni design network
Studio multidisciplinare di Bologna che si occupa di azioni nella comunicazione, nell’arte e nell’espressione visiva. Realizza progetti di comunicazione per istituzioni culturali, aziende, enti, eventi artistici. Progetta
materiali promozionali, editoria, web, video e allestimenti multimediali.
Tra i tanti, ha sviluppato progetti per: MART Museo d’Arte Moderna e
Contemporanea di Trento e Rovereto, MAMbo Museo d’Arte Moderna di
Bologna, IBM, Museo Morandi, Cineramnia, Festival del Virtuale, Palazzo
Diamanti di Ferrara, Pinacoteca Nazionale di Bologna, Technogym, Unipol, Vivo Film, Furla, ASSET banca, Gruppo TEA, CapGemini, Fondazione del Monte di, Bologna e Ravenna, Fondazione Cassa di Risparmio di
Carpi, Baskerville Editore, Comune di Bologna, Accademia di Belle Arti
di Urbino. www.muschielicheni.net
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muschi&licheni design network, The Garden of Interaction Play / 01,
videoinstallazione interattiva, dimensioni variabili, 2015
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Symbols - Simboli di libertà
Raul
Cercare senza sosta la libertà. Da tutto ciò che ci circonda, dal
potere, dai condizionamenti esterni, dalle maschere, dagli altri.
Ma cercarla innanzitutto partendo da noi, dalle mille barriere
che ogni giorno ci imponiamo, magari senza accorgercene. è la
sfida che Raul impone a se stesso e a chi entra in fiera con la sua
opera Symbols. Creata appositamente per SetUp 2016, l’opera
site specific, accoglie all’ingresso i visitatori offrendo fin da subito una chiave di orientamento nell’approccio all’arte e non solo.
Il segno incessante, ripetitivo, imperfetto, uguale a se stesso eppure diverso ogni volta e diverso per ognuno, è un invito a liberare per liberarsi. Raul traccia con i suoi segni distinti e rapidi,
preistorici e contemporanei, una via essenziale e senza intellettualismi verso la libertà.
Non certo una via facile: lo suggeriscono i suoi Symbols, ricchi
di curve, sfumature e dubbi. Ma una strada che, forse, è l’unica
possibile, con le sue contraddizioni, le sue incertezze, i suoi slanci
e le sue battute d’arresto.
Raul ci ricorda che la ricerca della libertà è faticosa e mai perfetta. Ci pone di fronte, senza sconti, alle nostre debolezze. La
liberà ha bisogno di un impegno costante, di una corsa continua,
barcollante, senza fiato. Per Raul, la liberà è la ragione principale per cui vale la pena vivere.
Raul, Symbols, Autostazione di Bologna, 2016
credit ph @Rosy Dennetta
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programma
culturale
RASSEGNA PERFORMATIVA IN CORPO VI
Giovanna Giannini Guazzugli
In corpo VI intende generare un dialogo tra le arti visive e la
danza contemporanea, aprendo a una riflessione sulla performance in relazione alle due categorie. Per questo motivo questa
edizione della rassegna è firmata in prima persona da Giovanni
Gaggia, artista / performer e direttore artistico di Sponge ArteContemporanea, in collaborazione con Gilberto Santini direttore dell’A.M.A.T (Associazione Marchigiana Attività Teatrali) e
Civitanova Danza. Quattro gli artisti invitati: Leonardo Carletti,
Gianni Colosimo, Manuela Macco e Francesco Marilungo, due
provenienti dalle arti visive e due dalla danza d’autore.
Gianni Colosimo, che come performer ha iniziato la sua carriera
artistica nel 1977, in The Motherfucker riprende gli elementi fondanti della sua ricerca - l’esistenza, l’agire, il “sistema”, il denaro
- e li unisce nella sua consueta cifra spettacolare e sorprendente.
L’esibizionismo pervade anche la performance di Leonardo Carletti SUP_R_ME[e], che mette in mostra un parterre di personalità
venerate e imitate dal grande pubblico nel tentativo di assumerne la potenza iconografica. Una danza sensuale, a tratti erotica,
ironica, che con sfrontatezza ammicca a un diffuso desiderio di
riconoscimento. Francesco Marilungo in Paradise indaga un’altra sfera del desiderio umano, il desiderio di fuga in una realtà
altra in cui la felicità è raggiungibile. Uno dei modi sempre più
diffusi nel mondo occidentale per raggiungere il proprio paradiso è il masochismo. L’artista sottopone se stesso ad un’azione
intensa, plastica, drammatica, e il pubblico ad un racconto totale
di suoni e visioni altrettanto intenso e drammatico.
Con Manuela Macco si torna ad una dimensione più essenziale
dell’azione, che in Black Bag si fa strumento di stimolo intellettuale partendo da un’esperienza fisica che coinvolge attivamente l’osservatore. 242
L’idea della danza e quella delle arti visive si sublimano in questi
artisti nel concetto di espressività; la primordialità del movimento del corpo unito ad una ritualità, anche forma di aggregazione
e socialità, si orienta per disorientare e per far nascere altro dalla profondità delle viscere, scovando un’universalità grandiosa
ed una nuova direzione priva di codifiche.
Giovanni Gaggia, Konope_ion, foto Leonardo Aquilino
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Giovanni Gaggia nasce a Pergola (PU) nel 1977 dove attualmente vive
e lavora. Nel 2008 fonda Sponge ArteContemporanea assumendone la
direzione artistica. L’opera di Giovanni Gaggia è fondamentalmente ricerca d’equilibrio fra azione performativa e disegno. Sono questi i luoghi
in cui la sua poetica, sempre e comunque aderente alla fisicità del corpo, è andata definendosi negli anni. In particolare essa si è concentrata
sull’immagine del cuore; un cuore anatomico e carnale, protagonista di
alcune azioni dal grande impatto emotivo alle quali è seguita una ricerca
più delicata, seppur ugualmente potente, evidenziata dalla recente dedizione al ricamo.
Identità, ritualità, sacrificio e condivisione sono gli elementi cardine
delle performance, tutte caratterizzate da intense interazioni con l’altro.
In esse le identità in gioco subiscono contaminazioni reciproche che
rimandano a rituali sciamanici ed iniziatici dove a mutare è lo spirito
più profondo dell’essere umano. Il contenuto delle azioni ed i richiami al
sacrificio possono essere visti, quindi, come metafora di liberazione e
come epifania dell’anima.
Nel 2015 è stato protagonista di due importanti progetti intexěre tempus,
una performance ed una personale a sostegno di Amnesty International,
a cura di Diego Sileo, con i preziosi contributi dell’artista guatemalteca
Regina José Galindo ed il regista Alessandro D’Alatri; Inventarium, disegni e performance legati alla Strage di Ustica, l’artista ha immaginato un
viaggio tra Arte e Memoria al contrario, da Palermo a Bologna.
244
Sponge ArteContemporanea è un’Associazione Culturale che nasce nel
2008 per promuovere l’arte contemporanea in uno spazio ai margini
del circuito convenzionale. Due sono le caratteristiche che compongono
l’essenza di Sponge ArteContemporanea: da una parte la scelta di operare nel territorio della provincia italiana; dall’altra un ‘idea innovativa
di ricerca artistica che vede curatori e artisti lavorare insieme rendendo
incerta la divisione dei ruoli. Questi due elementi si fondono sprigionando
una grande forza creativa. Il nostro spazio Sponge Living Space si trova
alla sommità di una collina in un casolare di campagna dell’entroterra
marchigiano. è una vera abitazione, vissuta come tale, che ogni mese
apre le sue porte al pubblico con eventi, mostre, discussioni e work-shop.
La casa ogni volta si trasforma attraverso queste attività. L’artista e il
curatore hanno totale libertà d’azione e il pubblico interagisce direttamente con le proposte artistiche in un ambiente “casalingo” e informale:
l’ aprire la porta della propria abitazione al pubblico diventa un gesto importante in una società sempre più chiusa in se stessa e ben rappresenta
la natura e la direzione di Sponge e del suo collettivo. In questa cornice
l’artista espone la propria opera in maniera intima e sincera…entrare in
questo spazio privato e per scelta allo stesso tempo pubblico, vuole dire
far cadere le difese e accettare una realtà in divenire, inaspettata e umanamente vera.
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giov 28/01
ven 29/01
THE MOTHERFUCKER
Gianni Colosimo
SUP_R_ME[e]
Leonardo Carletti
Gianni Colosimo (Crotone 1953). Gianni Colosimo inizia la sua attività
artistica come performer nel 1977. Tra il ‘78 e l ‘81 svolge a Roma la sua
attività nell’ambito della ricerca teatrale realizzando L’uomo di Cosenza,
Secret Message, La tenebrosa notte di William J. Peirce e alla Galleria Nazionale d’Arte Moderna Il grande sonno della trapezista. Negli stessi anni
su invito di Renato Barilli, Francesca Alinovi e Roberto Daolio partecipa
alla Seconda ed alla Quarta Settimana della Performance di Bologna.
Nel 2000 crea e finanzia il festival Torino chiama! Infinito ltd performing
arts festival ed apre la Galleria d’Arte Infinito ltd. Nel 2006 crea l’ormai celeberrima installazione Wallpaper-Il vortice del desiderio è privo
d’orizzonte dove tappezza l’intera galleria Pack di Milano con biglietti da
un dollaro. Nel 2014 Maurizio Cattelan rende omaggio a Colosimo (e
a Hans-Peter Feldmann) incaricando l’artista citazionista Eric Doeringer
a realizzare un ‘installazione con 40.000 dollari presso la scalinata di
Palazzo Cavour a Torino sede della mostra Shit end Die.
Leonardo Carletti nasce a Jesi (AN), nel 1986. Inizia a studiare danza
all’età di sette anni con l’insegnante Cinzia Scuppa. Nel 2005 si trasferisce a Roma per approfondire gli studi. Dal 2009 al 2012, a Firenze,
fa parte della MaktubNoir compagnia di danzatori di Pietro Pireddu e
Valentina Fruzzetti. Nel 2014 presenta #FOSSIFIGO presso il Teatro Nuovo di Capodarco (Fermo) per RemarcheBLE week. La stessa creazione
gli consente di far parte dell’edizione 2014 di Nuove Traiettorie XL, del
Network Anticorpi XL. Nello stesso anno partecipa ad un progetto di residenza per il B.I.D.E. la cui creazione viene presentata presso il Grec
Festival. Nel 2015 continua lo sviluppo di #FOSSIFIGO che cambierà
nome in SUP_R_ME[e]. Attualmente lavora come free-lance e collabora
con Giosy Sampaolo coreografa della compagnia HUNT, con sede a Civitanova Marche (MC).
Gianni Colosimo,
foro “Shit end Die”
Renato Ghiazza
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Leonardo Carletti,
I wish I looked like
foto Natalia Benosilio
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sab 30/01
dom 30/01
PARADISE
Francesco Marilungo
BLACK BAG
Manuela Macco
Francesco Marilungo (Ancona 1982). Dopo gli studi in Ingegneria Termomeccanica, frequenta l’Atelier di Teatrodanza presso la Scuola d’Arte
Drammatica Paolo Grassi di Milano. Dal 2010 viene a contatto con danzatori e coreografi di fama internazionale - Lisa Kraus ed Elena Demyanenko (Trisha Brown Dance Company), Julie Anne Stanzak, Juliana Neves
e Quan Bui Ngoc (Les Ballets C de la B), Gabriela Carrizo, Masaki Iwana,
Geraldine Pilgrim, Iris Karayan, Yasmine Hugonnet e Claudia Dias. Dal
2012 è interprete stabile della Compagnia Enzo Cosimi ed è presente in
due spettacoli attualmente in tournée: Calore e Welcome to My World.
Parallelamente all’attività di danzatore intraprende un proprio percorso
autoriale alla ricerca di un codice personale che metta in relazione la
performing art, la danza e le arti visive.
Manuela Macco nasce a Biella nel 1970, vive e lavora tra Torino e Berlino.
Si laurea in Storia dell’Arte presso l’Università di Torino e compie parallelamente un intenso percorso di indagine sul movimento dedicandosi allo
studio di diverse tecniche corporee. Artista visiva lavora, a partire dal
2000, con la performance, il video, la fotografia e l’installazione. Attraverso azioni minimali l’artista riflette sulle relazioni corpo-mente, oggettoconcetto, spazio personale-spazio sociale, esplorando le zone di confine.
Nella sua ricerca, il corpo, oltre che presenza, diventa spesso luogo di
esperienza e di relazione.
Francesco Marilungo
Paradise, foto Chiara Caterina
Manuela Macco
black bag
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TALK
ALGORITMO
Serena Achilli curatore: Direttore artistico Algoritmo Festival
Massimiliano Capo: Presidente Algoritmo Festival
SetUp è la fiera d’arte contemporanea che si rivolge agli artisti
emergenti con l’obiettivo di aggiornare le coordinate con cui il
sistema dell’arte contemporanea pensa se stesso e la propria
relazione col mondo.
Il nostro obiettivo è stimolare un approfondimento legato ai temi
del fare arte, del racconto che se ne fa e del mercato, chiamando a discuterne gli operatori del settore e chi sull’arte riflette.
Novità di questa edizione di SetUp è l’allestimento dello spazio dibattiti che sarà ubicato all’ingresso dell’Autostazione, in
modo da consentire al pubblico di seguire i talk e le presentazioni liberamente, aprendo così nuovi spazi di partecipazione,
con un’attenzione particolare rivolta soprattutto ai più giovani.
‘Orientamento’ è la parola chiave che SetUp ha scelto per
questa edizione. Orientamento, mappa, descrizione, curiosità, apertura sono i temi su cui abbiamo chiamato gli ospiti
dell’area talk a misurarsi.
Scegliere il confronto è un’indicazione precisa ed è lo sviluppo
di un percorso che riporta la parola sull’arte ad essere protagonista a fianco delle opere, in uno scambio virtuoso e produttivo. Per questo abbiamo scelto di essere SetUp.
252
Serena Achilli è nata e vive a Viterbo.
Da almeno due decenni si occupa
con passione e ostinazione di cura
e organizzazione di eventi culturali,
perché l’arte contemporanea aiuta a
conoscere la realtà (‘’Is it a flag or is it
a painting?”).
Ha un’intensa attività come mamma
di un seienne e ogni tanto scrive qui:
cirandablog.tumblr.com
Massimiliano Capo è nato 48 anni
fa a Viterbo, dove attualmente vive.
è il Direttore artistico del festival
di cultura digitale Medioera e cura,
ormai da anni, l’organizzazione di
eventi culturali.
Romanista e bibliofilo, adora i tacchi e
le rosse. In rete lo trovate qui:
www.facebook.com/massimilianocapo
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ven 29/01
Orizzontalitá dell’arte.
Creatività istituzionale e creatività individuale
Fabio Cavallucci: Direttore del Centro per l’Arte Contemporanea Luigi
Pecci di Prato
Maria Letizia Paiato: storico dell’arte e curatore
Stefano W. Pasquini: artista, curatore, scrittore
La creativitá e l’arte possono essere patrimonio di tutti? L’arte
può diventare cosí democratica da includere l’operato di artista e
fruitore nello stesso modo? Ci può essere un dialogo alla pari tra
istituzioni e pubblico?
Un esempio di orizzontalitá può essere il metodo sperimentale con
cui si è svolto il recente Forum dell’Arte Contemporanea, ideato
da Fabio Cavallucci, e svoltosi lo scorso settembre 2015 al Centro
per l’Arte Contemporanea Luigi Pecci di Prato. Un Forum al quale
hanno preso parte operatori del settore ma anche liberi cittadini,
chiamati a una discussione allargata sui temi della cultura, dell’arte
e della politica. Durante il talk saranno affrontati alcuni nodi emersi durante il Forum: dalla necessità di separare politica e cultura
a quella della formazione (sia per gli addetti che per il pubblico),
sino al rafforzamento delle relazioni con la società, la comunità, il
territorio e il privato. Temi che anche l’artista Stefano W. Pasquini
porta avanti nella sua ricerca, fatta di esperienze trasversali ed
eterogenee, attraverso la creazione di opere non costrette da
cliché e sostenute da un’idea di “orizzontalità creativa”, teorizzata
nel volume di prossima uscita per Diogene Edizioni. Nell’ottica di
una dimensione inclusiva di creatività istituzionale e creatività individuale verranno vagliati i futuri possibili dell’arte contemporanea.
Fabio Cavallucci è stato Direttore della galleria
d’arte contemporanea Vero Stoppioni di Santa Sofia, ha insegnato Fenomenologia degli Stili all’Università di Bologna e fondato e diretto Tusciaelecta, Arte Contemporanea nel Chianti. Nel 2001 ha
curato (refreshing_) per la Biennale di Venezia e
fino al 2008 è stato Direttore della Galleria Civica di Arte contemporanea di Trento, coordinando
nello stesso anno Manifesta 7. Biennale europea di
254
arte contemporanea. Nel 2009 ha curato l’apertura dello spazio Alt (Arte,
Lavoro, Territorio) di Alzano Lombardo (Bergamo), nel 2010 ha diretto la
XIV Biennale Internazionale di Scultura di Carrara e nello stesso anno è nominato Direttore del Centro d’arte contemporanea Castello Ujazdowski di
Varsavia. Fabio Cavallucci ha pubblicato numerosi testi, libri e cataloghi e
collaborato con varie riviste di arte ed estetica come Rivista di Estetica, New
York Arts, Arte Mondadori, Flash Art Italia e Flash Art International, Exibart
e Abitare. Per ottobre 2016, dopo aver promosso il Forum dell’Arte contemporanea, è programmata la riapertura del Centro per l’Arte Contemporanea Luigi Pecci di Prato del quale è Direttore dal 2014.
Storico dell’arte e curatore, Maria Letizia Paiato vive
e lavora tra Pescara e Ferrara. Dopo la Laurea
in Lettere all’Università di Ferrara, frequenta la
Scuola di Specializzazione in Storia dell’Arte
dell’Università di Padova, conseguendo poi il titolo di Dottore di Ricerca (Ph.D) all’Università di
Ferrara con una dissertazione dal titolo Il Linguaggio della satira a Modena, materiali per una storia
dell’illustrazione tra Otto e Novecento, coerentemente
agli studi sul disegno d’illustrazione di primo ‘900. è Direttore artistico di
Yoruba: diffusione arte contemporanea. è autrice di saggi, contributi critici
per cataloghi di mostre e articoli divulgativi per riviste specializzate del
settore. Dal 2012 è redattore della rivista Segno di Pescara.
Stefano W. Pasquini, artista, curatore e scrittore, ha
esposto in sedi prestigiose quali, tra le altre, l’ICA
di Londra, la National Portrait Gallery (Londra),
Art in General (New York), Mambo (Bologna),
Newhouse Center for Contemporary Art di Staten Island (New York) e al MACRO di Roma. Oltre
ad aver pubblicato più di 500 articoli di arte contemporanea per riviste quali New York Arts, Collezioni Edge, Sport & Street, Luxos ed altri, è autore di
Accidental//Coincidental e co-autore, con Maria Teresa Roberto, di Incorporeo. È editore del magazine Obsolete Shit e direttore del podcast Why
the Fuck not Ppodcast. Dal 2013 è curatore della galleria Studio Cloud 4 e
conduce con Fedra Boscaro Coxo Spaziale, un programma di arte e cultura
su Radio Città Fujiko. Insegna Tecniche Grafiche Speciali all’Accademia Albertina di Belle Arti di Torino. Le sue opere sono disponibili da Enrico Astuni
a Bologna, L’Arte a Molinella (BO) e MelePere a Verona.
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ven 29/01
Collezionare l’arte contemporanea
Antonio Valentino: Presidente Associazione Giovani Collezionisti
Modera Massimiliano Capo: Presidente Algoritmo Festival
Come si diventa collezionisti di arte contemporanea?
C’è bisogno di avere budget elevati? Come si impara a scegliere
un artista di qualità? Come si investe sul Picasso del domani?
A queste domande proveremo a rispondere insieme a Antonio
Valentino, Presidente di Giovani Collezionisti.
Antonio Valentino. 40 anni, maturità classica, laurea in Giurisprudenza e
master in Comunicazione e Relazioni Istituzionali. Iscritto all’Associazione
Giovani Collezionisti dal 2007, ne è segretario generale nel 2011- 2012
e Presidente dal 2013. è membro del consiglio direttivo degli Amici dei
Musei di Roma dal 2012.
Massimiliano Capo è nato 48 anni fa a Viterbo, dove attualmente vive. è
il Direttore artistico del festival di cultura digitale Medioera e cura, ormai
da anni, l’organizzazione di eventi culturali.
Romanista e bibliofilo, adora i tacchi e le rosse. In rete lo trovate qui:
www.facebook.com/massimilianocapo
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ven 29/01
L’artista “aumentato”. Ricerca artistica,
percezione di sé e dialogo con il pubblico
ai tempi dei social media online
Alessio Jacona: giornalista, si occupa di tecnologia, innovazione
e nuovi media
Filippo Lorenzin: critico new media art
Quali mutamenti hanno introdotto Facebook, Twitter e tutte le
altre piattaforme sociali online nelle attività e nelle pratiche
degli artisti? Cosa è cambiato nel loro rapporto con il pubblico? Come sono state influenzate le loro ricerche artistiche
nel corso di questi anni? Il giornalista Alessio Jacona e il critico
Filippo Lorenzin discuteranno di questi e altri temi affrontando
e spiegando dinamiche sempre più evidenti e cocenti tanto per
gli addetti ai lavori quanto per gli altri utenti che frequentano
attivamente i social media.
Giornalista, Alessio Jacona si occupa di
tecnologia, innovazione e nuovi media.
Come freelance collabora con Wired, La
Repubblica, l’Espresso, Nòva24 (Il Sole
24 Ore). Tra novembre 2012 e febbraio
2013 è stato inviato sul tema “Invenzioni
e nuove tecnologie” per la trasmissione E
Se Domani, in onda su RaiTre. Da Giugno
conduce LifeApp, trasmissione televisiva
dedicata al mondo dei device mobili e delle
applicazioni in onda su La3.
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Filippo Lorenzin è un curatore indipendente e critico d’arte contemporanea. Lavora come autore e commentatore per diverse riviste internazionali, tra cui Artribune e Digicult. La sua ricerca è incentrata
sulle dinamiche inerenti le interazioni tra individui, contesti culturali e
strumenti. Ha sviluppato numerosi studi sul rapporto tra arte contemporanea, internet e pubblico on-line, occupandosi di tematiche quali il
crowdfunding e le mostre d’arte virtuali. In qualità di curatore e critico,
ha lavorato a diverse mostre, eventi e serie di lezioni ponendo particolare attenzione al rapporto tra i cambiamenti socio-tecnologici e l’arte,
basandosi sul punto di vista di McLuhan. Ha collaborato in vari modi
con, tra gli altri, La Biennale di Venezia, Saatchy Gallery, Paris College of Art, Goethe Institut, François Pinault Foundation, Pirelli HangarBicocca, Accademia di Brera e
Accademia di Belle Arti di Venezia.
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ven 29/01
Artisti Cinesi nel mondo
Shao Kangchunzi: curatrice
Wang Yu: artista
Andrea Chiesi: artista
Del problema di coniugare la tradizione con la modernità si discute negli ambienti artistici cinesi da più di un secolo. La tradizionale pittura a inchiostro su carta di riso dà libertà e fluidità,
spesso con risultati inaspettati. Durante questo periodo fino ad
arrivare ai nostri giorni, gli artisti cinesi hanno studiato e ricercato costantemente i diversi linguaggi artistici dell’Occidente.
Affrontando la globalizzazione, ci sono tanti artisti cinesi che vivono o hanno vissuto in altri paesi, e che usano la loro esperienza
maturata nel proprio paese di nascita con le novità che respirano
nel paese dove vivono. D’altro lato ci sono anche tanti artisti stranieri che vanno in Cina per mostre e periodi di soggiorno.
In questo incontro, presentiamo il lavoro come curatrice di Shao
Kangchunzi e la pittura a inchiostro nel XXI secolo; il lavoro
di Wang Yu e di altri artisti cinesi che vivono o hanno vissuto
all’estero; la mostra pechinese di Andrea Chiesi, e la sua esperienza in Cina, soprattutto in luoghi buddisti.
SHAO Kangchunzi è iscritta a un dottorato in
Cultural Heritage Studies presso l’Università
di Bologna con sede a Ravenna. Dopo
essersi laureata all’Università di Scienze della
Comunicazione di Pechino, ha conseguito la laurea
Magistrale al Master del programma GIOCA
(Gestione e Innovazione delle Organizzazioni
Culturali e Artistiche) alla Facoltà di Economia e
Commercio presso l’Università di Bologna. Crescendo sotto la grande
influenza di suo nonno, artista specializzato in inchiostro e pittura ad acqua,
ha sviluppato uno specifico e intenso interesse per l’arte cinese tradizionale
e contemporanea. Ha lavorato come educatore museale presso il Museo
Nazionale d’Arte di Cina a Pechino, e come manager presso la Galleria
d’Arte Shoubai di Shanghai.
260
Wang Yu nasce nell’entroterra della Mongolia nel
1985. Nel 2008 si laurea con il massimo dei voti in
Pittura ad olio e letteratura presso la Central Academy of Fine Arts di
Pechino. Nel 2011 consegue con lode la Laurea Magistrale in Arti Visive
dell’Accademia di Belle Arti di Bologna. Ha esposto in gallerie private,
spazi pubblici e musei, tra a cui il Museo delle Arti di Daegu, Corea del
Sud; area 798 Galleria anteriore, Cina; Palazzo Ducale di Mantova, Museo
d’Arte Contemporanea He Xiangning di Shen Zhen (Cina). Vive e lavora
tra la Toscana e Pechino.
Andrea Chiesi si forma nella scena della
controcultura punk dei primi anni Ottanta, come
disegnatore per pubblicazioni underground.
Sviluppa una ricerca sul paesaggio contemporaneo,
attraverso una pittura a olio su tela di lino, lenta
e rigorosa. Ha esposto personali con le gallerie Being3 di Pechino,
Guidi&Schoen, Genova; Patricia Acal, Madrid, X-Lab, Berlino, Nohra Haime,
New York; Otto Gallery, Bologna; Corsoveneziaotto, Milano; Lipanjepuntin,
Trieste; Luciano Inga Pin, Milano. Ha esposto in numerosi spazi pubblici:
Istituto Italiano di Cultura, New York; Villa Olmo, Como; Palazzo Reale,
Torino; LIV Biennale di Venezia; Palazzo Reale, Milano; Chelsea Art Museum,
New York; Villa Manin, Passariano, Prague Biennale; Palazzo delle Papesse,
Siena, PAC, Milano, GAM Bologna. Ha vinto i premi Gotham Prize, Istituto
Italiano di Cultura New York; I Premio Terna; V Premio Cairo Editore.
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ven 29/01
ven 29/01
Arte e mercato: tra collezionismo e mecenatismo
Andrea Bizzarro: curatore e gallerista Bibo’s Place
Matteo Boetti: curatore e gallerista Bibo’s Place
“Più che la fama e il successo è fondamentale che un artista
abbia piena consapevolezza della sua posizione nella storia
dell’arte, che capisca con lucidità assoluta la sua posizione nel
mercato.” Anna D’Ascanio amava ripetere questa frase a Matteo
Boetti negli anni ’90 e rappresenta la sintesi di come andrebbe
pensata e ripensata la relazione tra artista e mercato alla luce di
una ridefinizione dei ruoli resa necessaria dalla trasformazione
degli spazi di mercato e di committenza.
Andrea Bizzarro. La sua passione per l’arte viene da
lontano; già il suo bisnonno a Napoli collezionava
negli anni Venti dipinti ottocenteschi e poi suo
padre si è aperto al moderno. Un suo prozio,
Guido Alberti ideatore del Premio Strega,
lo avvicina al mondo dell’arte. La scelta di
laurearsi in Storia dell’arte è stata quindi la più
naturale; dopo una iniziale collaborazione con
l’Antiquario Piero di Nepi a Roma comincia un’attività
di consulenza e di Art Dealer. Da anni segue il mercato dell’arte, con
una particolare attenzione ai fenomeni visivi italiani del Secondo
Dopoguerra. L’amicizia con Matteo Boetti e la scelta di aprire con lui una
galleria a Todi è l’evoluzione fisiologica della sua attività per offrire al
mondo dell’arte moderna contemporanea uno sguardo diverso.
Matteo Boetti si avvicina al mercato dell’arte lavorando dal 1990 al 1992
come assistente nella galleria Anna D’Ascanio di Roma. Nel 1993, inaugura gli spazi della galleria Autori Messa, che diventa uno dei pochi punti di
riferimento a Roma per le generazioni allora emergenti di artisti e curatori. Dal 1994 è tra i membri fondatori dell’Archivio Alighiero Boetti, istituzione volta alla documentazione, tutela e salvaguardia dell’opera del
padre. Tra il 1995 e 1996 è curatore unico della galleria Anna d’Ascanio.
Nel 2002 apre un secondo spazio, Autori Cambi, che nel 2005 si evolve
nello Studio Matteo Boetti (project managing studio), realizzando eventi
e mostre con partner pubblici e privati. Oggi con Bibo’s Place, concretizza
il proprio ritorno sulla scena dell’arte assieme all’amico Andrea Bizzarro.
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Biodiversità e ibridazione: da Biophilia a Waiting
Posthuman Project
Lucia Zappacosta: Direttore artistico Alviani ArtSpace
Azzurra Muzzonigro: architetto e membro di Waiting Posthuman
Vincenzo Santarcangelo: filosofo e membro di Waiting Posthuman
Laura Cionci: artista e membro di Waiting Posthuman
Biophilia a tasteful exhibition, il progetto a cura di Lucia Zappacosta che lo scorso anno si è aggiudicato il premio curatoriale
della fiera SetUp, prendeva spunto dalle teorie etologiche secondo cui l’uomo ha una predisposizione biologica che lo porta
a cercare il contatto con le forme naturali. Attraverso una serie
di opere, si mostrava come la natura fosse in grado di riprodursi
algoritmicamente nonostante il costante tentativo dell’uomo di
imporre il suo controllo. Lo sviluppo naturale di questa ricerca
coincide con l’incontro del gruppo eterogeneo e polifonico che
ha dato vita a A Waiting Posthuman, un progetto che presenta
una nuova idea di Postumano, anticipando hic et nunc una riflessione sulle forme di vita dopo la fine dell’antropocentrismo.
Il postumano distrugge il concetto di umanità che conosciamo
e che imprigiona l’Homo Sapiens all’interno del perimetro di
alcune presunte capacità esclusive e crea una nuova umanità
in continuità con l’animalità, ibridata ad essa, ecologicamente
orientata e profondamente liquida, in continua evoluzione, priva
della ossessiva ricerca di una definizione che la caratterizzi in
modo assoluto. waitingposthuman.com
Lucia Zappacosta. Vincitrice del Premio SetUp 2015 Miglior curatore
under 35, Lucia Zappacosta dirige dal 2013 l’Alviani ArtSpace, uno
spazio di ricerca e di contaminazione tra linguaggi artistici e tecnologici
all’interno dell’Aurum di Pescara. Dottore di ricerca in Culture, linguaggi e
politica della comunicazione vive all’incrocio tra arte e tecnologia. Premio
Startimpresa 2009 Confindustria Giovani Pescara con
la startup Videoartscope, per gestire archivi di video
arte, dal 2012 è Presidente di Metro Olografix, la
più antica associazione italiana che dal 1994 si
occupa di innovazione digitale e cultura hacker ed
è stata selezionata da Wired per l’Audi Innovation
Awards 2015.
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Azzurra Muzzonigro è architetto e vive e
lavora a Milano. Si laurea nel 2009 con la
tesi Savorengo Ker/la Casa di tutti. Nel 2011
completa il MSc in Building and Urban Design
in Development al Development Planning
Unit (UCL London) con la tesi Dwell the
Threshold: an opportunity of encounter among
differences. Dottore di ricerca in Studi Urbani
con la tesi Abitare la Soglia: spazi e pratiche per
una città plurale, dal 2013 è assistente accademica
e di ricerca del professore Stefano Boeri presso il Politecnico di
Milano. L’attenzione è posta sul potenziale della Biodiversità nelle
trasformazioni urbane: l’approccio non-antropocentrico come chiave di
un nuovo equilibrio fra la sfera umana, quella naturale e quella animale.
Da Giugno 2015 collabora con Waiting Posthuman.
Laura Cionci, nata a Roma nel 1980, vive e lavora tra l’Italia e il Sud
America. Diplomata all’Accademia di Belle Arti di Roma, inizia il suo
percorso artistico nel 2009 collaborando con importanti gallerie
italiane. La sua ricerca inizia a svilupparsi intorno ai fenomeni sociali,
approfondendo gli aspetti antropologici che rendono leggibili i
diversi codici culturali, sociali e politici. Nel 2012 inizia il suo percorso
internazionale a Sao Paulo, in Uruguay, in Argentina e in Colombia. Nel
2013 è in residenza all’Istituto di cultura Italiano di Montevideo e a
cavallo tra 2014 e 2015 presso la Fondazione AMALGAMA Cultural, a
Cali in Colombia. Inizia il suo percorso fotografico alla galleria Toselli di
Milano. Negli ultimi due anni concentra la sua ricerca
sugli interstizi del corpo, dell’architettura e della
biodiversità con il progetto FRICHE. Del 2015
collabora con Waiting Posthuman.
Vincenzo Santarcangelo è dottore di ricerca in
filosofia e membro del gruppo di ricerca LabOnt
presso l’Università di Torino. Ha tenuto corsi di
estetica presso l’Università di Genova, il Castello di
Rivoli Museo di Arte Contemporanea (Rivoli) e il MADRE Museo di Arte
Contemporanea DonnaRegina (Napoli). Collabora con il Corriere della
Sera (La Lettura) e con Rai Cultura. Su Artribune cura le rubriche Octave
Chronics e Dialoghi di Estetica. È direttore artistico della rassegna musicale
Dal Segno al Suono presso il MUSMA di Matera, e consulente di Firenze
Suona Contemporanea ed EstOvest Festival. Del 2015 collabora con
Waiting Posthuman.
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Hackerare l’arte. L’opera d’arte nell’epoca della
riproducibilità tecnica e dell’accessibilità digitale
Arte pubblica - Contaminare i borghi storici con
la contemporaneità. Il caso Civita di Bagnoregio
Cosa vuol dire fare arte nell’ecosistema digitale in cui ci troviamo immersi? Come si racconta oggi il sistema dell’arte? Come
e dove si esercita la creatività contemporanea? Un viaggio da
internauti tra piattaforme, nicchie, codici e linguaggi vecchi e
nuovi alla scoperta di intersezioni e visioni impreviste.
Ripensare la relazione tra borghi storici e contemporaneità a partire
dal caso di Civita di Bagnoregio consente di riflettere su un tema da
sempre all’ordine del giorno di chi amministra i piccoli borghi disseminati nel nostro paese: raccontare attraverso la valorizzazione della storia e delle tradizioni le trasformazioni della modernità. Civita di
Bagnoregio è un caso esemplare di come si possa, virtuosamente,
riqualificare gli spazi urbani attraverso un uso intelligente della Rete
e politiche pubbliche aperte alla contaminazione dei linguaggi.
Giovanni Boccia Artieri: academic activist on the cultural implications of technologies
Antonio Pavolini: business analyst, digital Media
Giovanni Boccia Artieri è docente di Sociologia dei media digitali e Internet studies
all’Università di Urbino Carlo Bo, dove presiede il corso di laurea in Informazione, Media,
Pubblicità. Si occupa delle culture della Rete
e delle mutazioni digitali, prestando particolare attenzione a come i social media cambiano
il nostro modo di essere pubblici, cittadini e
consumatori. Fra i suoi volumi Facebook per
genitori (2011), Stati di connessione. Pubblici,
cittadini e consumatori nella (Social) Network
Society (2012). Cura dal 2004 il blog Mediamondo e la rubrica Post-Bit sulle culture digitali
per DoppioZero.
Antonio Pavolini. Uno dei primi podcaster italiani e blogger dal 2003, Antonio Pavolini è
impegnato da diversi anni nell’esplorazione
dei nuovi modelli di business e di nuovi trend
d’uso del video sul web. Autore e conduttore
di trasmissioni radiofoniche su questi temi, collabora con università ed enti di ricerca internazionali come il Fraunhofer Institut. È tra gli
autori di Connecting television. La televisione
al tempo di Internet (Guerini e Associati, 2012).
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Claudio Libero Pisano: curatore e critico
Francesco Bigiotti: Sindaco di Bagnoregio (VT)
Luca Profili: Vice Sindaco di Bagnoregio (VT)
Claudio Libero Pisano (vive a Roma), per molti anni
si è dedicato al restauro di opere d’arte antica e
contemporanea, in Italia e all’estero. Da tempo si
occupa di curatela, è direttore artistico del CIAC,
Centro Internazionale per l’Arte Contemporanea
di Castello Colonna a Genazzano. Ha approfondito la sua esperienza in diversi progetti istituzionali
che hanno coinvolto artisti, sia italiani che stranieri.
è responsabile per l’Arte Contemporanea per il
Progetto ABC della Regione Lazio.
Francesco Bigiotti, 54 anni, farmacista, è sindaco
di Bagnoregio dal 2009. Dal 2015 è Presidente
dell’Unione dei Comuni della Teverina. Appassionato di arte contemporanea e nuove tecnologie,
alla sua amministrazione si deve il rilancio di Civita di Bagnoregio e gli straordinari risultati, in
termini di presenze e proposte culturali, raggiunti
negli ultimi mesi dal piccolo borgo.
Luca Profili, 26 anni, appassionato di politica,
social media e calcio è vice sindaco di Bagnoregio dal maggio del 2014.
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sab 30/01
Polivocalità - Nuove strategie nelle arti
contemporanee
Antonio Arévalo: poeta, critico e curatore di mostre d’arte
contemporanea
Gian Maria Cervo: drammaturgo
“Si fa con tutto”, recitava il titolo di un bel libro sull’arte contemporanea di qualche anno fa. Si fa con tutto ed è soprattutto una
storia di voci, di lingua, di linguaggio e di codici. L’arte è il territorio della contaminazione, del ridisegno continuo di confini e
di nuove mappe, della ricerca costante di nuovi percorsi e degli
approdi temporanei. Agire la polivocalità significa aprire a nuovi
spazi di riflessione nella narrazione della postmodernità.
Antonio Arévalo, nato a Santiago del Cile, è un
poeta, critico e curatore di mostre d’arte contemporanea. Vive e lavora in Italia. Considerato uno
dei curatori più attivi dell’America Latina in Europa. Dal 2003 al 2009 è collaboratore permanente dell’Istituto Italo-Latinoamericano di Roma.
Ha organizzato e curato esposizioni, festival e
eventi culturali internazionali per importanti istituzioni, fondazioni, musei e gallerie d’arte.
Dal 2001 è stato Commissario del Padiglione del
Cile alla Biennale di Venezia, nella 49ª edizione
della Biennale di Venezia nel 2001, 2009, 2011
e nel 2013; nella 55° Biennale d’arte di Venezia,
Commissario dello Special Project I/O (Io è un
Altro), Commissario del Padiglione del Cile 56
Biennale d’Arte di Venezia. Nel 2014 è nominato
dal Presidente del Cile Michelle Bachelet, addetto Culturale del Cile in Italia.
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Gian Maria Cervo è uno dei drammaturghi italiani più attivi a livello globale. Notato per il suo
stile personale a un festival spagnolo dal collega
tedesco Roland Schimmelpfennig, è stato nominato da Andreas Beck autore in residenza della
Deutsches Schauspielhaus, Teatro Nazionale di
Amburgo, per la stagione 2001-2002. I suoi testi sono stati rappresentati in alcuni dei maggiori
teatri e festival d’Europa, in prestigiosi teatri russi e sono stati messi in scena da noti registi inglesi e americani. Nel 2013 Cervo è stato il primo
autore italiano dopo Goldoni, Pirandello e Dario
Fo ad essere messo in scena dalla Shanghai
Theatre Academy, la più prestigiosa istituzione
teatrale in Cina. Tra i suoi testi più recenti Call
Me God scritta a 8 mani con Marius von Mayenburg, Albert Ostermaier e Rafael Spregelburd.
Nel 1997 ha fondato il Festival di drammaturgia
contemporanea Quartieri dell’Arte, di cui mantiene ancora oggi la direzione.
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sab 30/01
Lei ed io
Nina Baratta: fotografa, filmaker
Lorenza Fruci: autrice
Lei ed io è un progetto di indagine e ricerca artistica sul rapporto che le donne hanno con la propria femminilità: “Lei” è la
femminilità ed “io” è ogni “donna”. Nasce da un’idea della fotografa Nina Baratta che, per rappresentare tutte le sfaccettature
di questo rapporto e per capire quanto la percezione del proprio
corpo possa essere influenzata dalla società, dalla famiglia, dal
lavoro, ha pensato di coinvolgere anche la scrittrice Lorenza
Fruci per affiancare ai suoi ritratti “per immagini” anche dei ritratti “a parole”. L’intero sviluppo del progetto Lei ed io ha ruotato e ruota ancora intorno all’orientamento. L’orientamento nella
selezione delle donne da rendere protagoniste del progetto che
ad oggi sono dieci ma mirano a diventare cento. L’orientamento
iniziale nella scelta e nell’uso dei mezzi espressivi (fotografia e
scrittura) per svolgere l’indagine: tutte le donne protagoniste di
questo progetto sono state invitate a raccontare la loro storia
attraverso una chiacchierata conoscitiva. I singoli incontri con
ognuna di loro hanno fornito il materiale per il ritratto a parole
di Lorenza Fruci e per ispirare la fotografia di Nina Baratta, scattata in un secondo momento. E poi l’orientamento nella scelta
degli strumenti di fruizione del progetto da parte del pubblico:
la commistione dei differenti linguaggi della fotografia e della
scrittura hanno dato vita ad una mostra con foto e QR code alla
Galleria AOCF 58 Roma, perfomance, video proiezioni e reading teatrali, oltre che al libro Lei ed io. Ritratti a parole e immagini
della femminilità edito Cultura e dintorni.
270
Autrice, Lorenza Fruci ha pubblicato diversi racconti e alcuni saggi
tra cui Mala femmina. La canzone
di Totò (Donzelli), Burlesque. Quando lo spettacolo diventa seduzione
(Castelvecchi) e Betty Page. La
vita segreta della regina delle pinup (Perrone). è autrice inoltre di
corti e documentari come Burlesque. Storia di donne, La Zibaldina.
Una storia di crowdfunding e Danceability, premiati e in concorso in
vari festival. Come giornalista si
occupa principalmente di temi al
femminile, di costume e di cultura.
Nina Baratta. Fotografa e filmaker. Realizza documentari e video
andati in onda sui canali Sky e Rai
che ricevono premi e menzioni.
Lavora come fotografa freelance
e come cameraman per varie tv.
Ha realizzato reportage fotografici esposti in mostre collettive e
personali.
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Mangiafilm. Dizionario enciclopedico
della cucina al cinema.
Salvatore Gelsi: sociologo della comunicazione
Martina Liverani: giornalista e scrittrice
Un’enciclopedia, o meglio un dizionario enciclopedico, il più
ampio ed esaustivo osservatorio del “visibile”, quando si fonde
con l’atto del mangiare e del bere: 700 voci, 4000 film, 25
schede-ritratti di registi, generi, attori; e inoltre, assoluta novità, vengono classificate le oltre 300 opere (film a soggetto,
documentari, cortometraggi) che rimandano alla questione del
cibo. A disposizione del lettore una gustosa e ricca dispensa di
citazioni, battute, curiosità, scene, racconti, piatti, vini, ricette,
frutto di una ricerca decennale su cinema e pubblicità, televisione e rete, mode e consumi, lungo un filo che si dipana nella storia dell’immagine e dell’immaginario dalla fine dell’Ottocento
ai giorni nostri. Esaminando le parole, le metafore e i simboli
che hanno segnato il passaggio dalla civiltà contadina a quella
delle trattorie e dei ristoranti, dalla cucina di casa a quella dei
Contest e degli Chef, ecco di riflesso quanto i media siano stati
specchio e schermo delle nostre abitudini e dei nostri desideri,
come i piaceri e i bisogni ne siano stati condizionati nell’atto
della rappresentazione, come i nostri sensi ne siano stati inevitabilmente coinvolti.
272
Giornalista e scrittrice, nel 2013
Martina Liverani ha fondato Dispensa, la prima bookzine indipendente che racconta il cibo e i suoi
protagonisti tramite storie di Generi Alimentari & Generi Umani.
Salvatore Gelsi si occupa di sociologia della comunicazione nei
media, in particolare nel cinema.
È l’iniziatore di un campo di ricerche che collegano il cinema all’alimentazione, il vedere al mangiare,
confluite poi nei fortunati volumi
pubblicati da Tre Lune Ciak si
mangia (2000), Lo schermo in
tavola. Cibo, film e generi cinematografici (2002), A tavola con
Hitchcock. Film e ricette di un
grande gourmet (2004). Tra le
sue pubblicazioni: Zucca e tortelli.
Archeologia, mito, storia (Tre Lune,
1998), Lo schermo dell’architetto
(Tre Lune, 2007), A pelle nuda.
Corpo, sesso e pornografia nel
secolo del cinema (Milano 2013),
l’e-book Click, la multimedialità
(2014).
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L’artista allo specchio
Serena Achilli: curatore, Direttore artistico Algoritmo Festival
Gino Sabatini Odoardi: artista
La storia, le esperienze, le idee, la visione dell’arte di Gino Sabatini Odoardi. Parlare, confrontarsi con un artista rappresenta
un frammento, un tassello che ci aiuta a capire che cosa è l’arte
contemporanea, che ci introduce nella dimensione creativa, intima, di un processo interiore del quale noi vediamo sempre e
solo il risultato finale.
Serena Achilli è nata e vive a Viterbo. Da
almeno due decenni si occupa con passione e ostinazione di cura e organizzazione di
eventi culturali, perché l’arte contemporanea
aiuta a conoscere la realtà (‘’Is it a flag or is
it a painting?”). Ha un’intensa attività come
mamma di un seienne e ogni tanto scrive qui:
cirandablog.tumblr.com
Nel 2011 Gino Sabatini Odoardi ha partecipato alla
54° Esposizione Internazionale d’Arte La Biennale
di Venezia, Padiglione Italia (Arsenale). Artista
poliedrico, ma con solidi riferimenti all’arte concettuale, ha al suo attivo un nutrito curriculum di
mostre importanti, in Italia e all’estero. Determinanti nella sua formazione gli incontri con Fabio
Mauri (performer nel 1997 in Che cosa è il fascismo
alla Kunsthalle di Klagenfurt) di cui diviene assistente
e Jannis Kounellis. Tra i vari premi: nel 1999 ha ricevuto da Alfred Pacquement (Centre George Pompidou) Le prix des Jeunes Createurs all’Ecole
Nationale Supérieure des Beaux-Arts di Parigi. Termoformatura in polistirene è la definizione tecnica del procedimento sfruttato dall’artista per
realizzare parte dei suoi lavori, l’appropriazione di tale processo materico lo rende artista unico nel panorama italiano e internazionale. Dal
2013 è rappresentato dalla galleria Gowen Contemporary di Ginevra.
Vive e lavora tra Pescara e Roma.
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Da Cuore di pietra a Lavoro ad arte, un progetto
di arte pubblica, un libro, un film documentario
Andreco: artista.
Giorgia Boldrini: esperta di industrie culturali e creative, Responsabile
del progetto Incredibol!
Ethnos (Elisa Mereghetti e Marco Mensa): registi
Mili Romano: artista e docente dell’Accademia di Belle Arti di Bologna
Mona Lisa Tina: artista
Cuore di pietra, la manifestazione di arte pubblica curata da Mili
Romano che dal 2005 accompagna il processo di trasformazione
urbanistica del centro di Pianoro, ha affrontato negli ultimi due
anni il rapporto fra arte e lavoro, arte e memoria produttiva, arte
e ambiente industriale e artigianale. Gli artisti, in stretta relazione
con gli abitanti, gli imprenditori e gli operai di molte fabbriche del
territorio hanno creato installazioni temporanee e permanenti,
attivando, fra aree urbanistiche abitualmente distanti, uno scambio che ha permesso di cancellare, seppur temporaneamente, la
separazione fra luoghi di vita e luoghi del lavoro.
Da questa esperienza sono nati il film Lavoro ad arte di Marco
Mensa e Elisa Mereghetti e Cuore di pietra/Lavoro. Quaderno Numero Tre, appena pubblicato da Fausto Lupetti Editore.
Fra gli artisti: Andreco, Laura Bisotti e Simona Paladino, Loop,
Anna Rossi, Daniela Spagna Musso, Mona Lisa Tina, Thierry Weyd
e molti giovani allievi dell’Accademia di Belle Arti di Bologna.
www.cuoredipietra.it
275
Andreco è nato a Roma nel 1978. Nel 2002 si trasferisce a Bologna dopo alcuni periodi trascorsi
all’estero. è dottore di ricerca in Ingegneria Ambientale e ha condotto ricerche sui benefici delle
tecnologie verdi in aree urbane con l’Università
di Bologna e la Columbia University di New York.
Dal 2000 porta avanti la sua ricerca artistica sul
rapporto tra spazio urbano e paesaggio naturale, tra
uomo e ambiente. Utilizza varie tecniche, dal disegno alla pittura, dalla
scultura al video; realizza installazioni, murales e progetti di arte pubblica. Fra i suoi lavori più recenti, il progetto CLIMATE 01 a Parigi.
Operatrice culturale, Giorgia Boldrini è responsabile del progetto Incredibol! - l’innovazione
creativa di Bologna per lo sviluppo delle professioni e imprese legate all’arte, la cultura e
la creatività, attivo dal 2010 sul territorio regionale. Ha iniziato a lavorare sul tema del spillover
creativo, cioè del rapporto tra arte, cultura, creatività
e industria nel 2012, nell’ambito del progetto europeo Creative Spin, in
collaborazione con KEA European Affairs. è inoltre autrice di film documentari per CARTA BIANCA.
Elisa Mereghetti e Marco Mensa nel 1995 fondano
a Bologna la società di produzione televisiva
ETHNOS. Insieme realizzano decine di
documentari su tematiche storiche, ambientali e
culturali per conto di diverse emittenti televisive,
istituzioni, associazioni, organizzazioni non
governative italiane e internazionali, tra cui il
Programma delle Nazioni Unite per lo Sviluppo.
Producono anche numerose campagne di
comunicazione sociale. Le produzioni ETHNOS,
girate in tutto il mondo, sono state trasmesse
da diverse reti televisive italiane ed estere
e hanno ottenuto importanti riconoscimenti.
www.ethnosfilm.tv
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Mili Romano è artista e curatrice. Insegna Antropologia culturale all’Accademia di Belle Arti di
Bologna. Si occupa di antropologia urbana e di
arte negli spazi pubblici. I suoi interessi e le sue
tecniche espressive si muovono tra letteratura,
videoarte, fotografia, installazioni e progetti di
arte pubblica indagando la memoria dei luoghi e
i processi di trasformazione e di progressiva cancellazione degli spazi. Fra le manifestazioni di public
art ha curato, a Bologna, con Roberto Daolio, Accademia in stazione, e,
con Gino Gianuizzi, Container. Osservatorio/Laboratorio di arte pubblica.
Dal 2005 cura a Pianoro Cuore di pietra.
Artista, performer e arte-terapeuta, Mona Lisa
Tina vive e lavora a Bologna. Si è diplomata
nel 2005 in Pittura all’Accademia di Belle
Arti di Bologna e si è specializzata nel 2012 in
Arte Terapia presso Art Therapy Italiana. Dal 2011
coordina, insieme a Stefano Ferrari, docente di Psicologia
dell’arte all’Università di Bologna, il gruppo di studio Psicologia e Arte
Contemporanea. Ha esposto in musei di arte contemporanea in Italia
e all’estero. è stata selezionata alla settima l’edizione del premio d’arte
under 40, Fondazione Vaf – Posizioni attuali dell’arte italiana 2016-2017.
La prima tappa è prevista al MACRO, Roma.
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Pop Up! Presentazione del Festival POP UP! ARTE
CONTEMPORANEA NELLO SPAZIO URBANO
e del documentario ZIO ZIEGLER alla Cava di Arcevia, prodotto da Sky Arte per la serie MURO
Elisa Sellari: co-curatrice del Festival POP UP!,
responsabile comunicazione MAC
Il festival d’avanguardia internazionale POP UP! Arte
Contemporanea nello Spazio Urbano, a cura di MAC Manifestazioni
Artistiche Contemporanee, dal 2008 invita artisti di tutto il mondo
a realizzare opere d’arte pubblica in luoghi d’uso quotidiano nella
regione Marche, creando visioni inaspettate, bellezza e potenza
evocativa. Nel tempo il festival ha creato una galleria d’arte
pubblica a cielo aperto lasciando in eredità 24 opere d’arte
contemporanea permanenti che ampliano l’offerta culturaleturistica del territorio marchigiano. Per l’edizione POP UP! 2015,
l’artista californiano Zio Ziegler ha realizzato l’opera The Nature of
Resistance sugli edifici di una cava dismessa ad Arcevia ai piedi del
Monte Sant’Angelo, un luogo carico di memoria, ricordi dolorosi di
guerra e oggi al centro di un’opera di riqualificazione ambientale.
È qui che è ambientato il terzo appuntamento di Muro, serie curata
da David Diavù Vecchiato in collaborazione con Il Fatto Quotidiano
prodotta da Sky Arte HD e Level 33.
Elisa Sellari. Classe 1980, laureata in Scienze dei Beni Culturali con
indirizzo in Storia dell’Arte Contemporanea, Elisa Sellari lavora con
MAC Manifestazioni Artistiche Contemporanee come responsabile della comunicazione. Insieme all’architetto Monica
Caputo si occupa dell’ideazione, progettazione,
curatela e realizzazione di progetti sperimentali, interculturali e internazionali come il Festival
POP UP!, Officine del Colore Naturale, Intruders
Urban Explorers, Area Spazio per Comunicare,
collaborando con enti, istituzioni, imprese private, associazioni, case editrici e artisti d’avanguardia di tutto il mondo.
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Presentazione del libro Percorsi d’Arte in Italia
a cura di Giorgio Di Genova e Enzo le Pera,
Rubbettino Editore, 2015.
Maurizio Vitiello: critico d’arte, docente Fondazione Humaniter di
Napoli, responsabile Area Cultura e Arti Visive dell’Associazione
Nazionale Sociologi – Dipartimento Campania.
Paolo Bolpagni: ricercatore universitario in Storia dell’arte
contemporanea, direttore della Collezione Paolo VI - arte
contemporanea, Presidente del Comitato scientifico della Fondazione
Ragghianti di Lucca.
Enzo Le Pera: saggista e critico d’arte, fondatore della Galleria d’arte Il
Triangolo di Cosenza, commissario del Premio internazionale Limen arte
di Vibo Valentia
Raffaele Quattrone: sociologo e curatore di arte contemporanea
Percorsi d’Arte in Italia, 2015, Rubbettino Editore, 2015 è il titolo
della pubblicazione, a cura di Giorgio Di Genova ed Enzo Le Pera, che sarà presentato a Bologna, a SetUp, domenica 31 gennaio
2016, alle ore 15. Alla presentazione, moderata dal sociologo e
critico d’arte Maurizio Vitiello, interverranno Paolo Bolpagni, storico e critico d’arte, Enzo Le Pera, saggista e critico d’arte e Raffaele
Quattrone, sociologo e curatore di arte contemporanea.
In Percorsi d’Arte in Italia 2015, dopo il successo dell’edizione
del 2014, prosegue la rilevazione di interessanti artisti, italiani e
stranieri, viventi o scomparsi, che oggi operano o hanno operato
nella seconda metà del secolo scorso sul territorio nazionale.
Gli artisti presenti nel volume sono stati scelti da una commissione critica formata da: Paolo Bolpagni, Carmelo Cipriani, Giorgio
Di Genova, Enzo Le Pera e Maurizio Vitiello.
Sono artisti di varie tendenze e instancabili operatori; insomma, ricercatori dell’arte con il pregevole costante intento di migliorarsi.
Questa pubblicazione è indirizzata a un vasto pubblico di artisti,
collezionisti, critici d’arte, galleristi, addetti ai lavori o semplici curiosi, amanti comunque dell’arte.
Questa “bussola-guida” permette di conoscere i molteplici linguaggi visivi, odierni o di ieri, e consente di orientarsi nella
complessa dialettica delle varie realtà artistiche.
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Enzo Le Pera, saggista e critico d’arte, nel 1973
ha fondato la galleria d’arte Il Triangolo a cui è
subentrato il figlio Giorgio. Ha organizzato e curato sia nella galleria che in altre sedi in Italia 270
mostre personali dei più grandi artisti italiani e stranieri.
Commissario del Premio internazionale Limen arte di Vibo Valentia per
tutte e sei le edizioni, del Premio Sulmona e di altri ancora.
Raffaele Quattrone è sociologo e curatore di
arte contemporanea. Cura una propria rubrica
dedicata al rapporto arte contemporanea e
sociologia sul Wall Street International magazine
e sulla rivista Equipèco. L’attenzione costante alle
ricerche in ambito contemporaneo è testimoniata anche
dal suo ultimo libro IN ITINERE. Arte contemporanea in trasformazione,
pubblicato da EQUIPèCO ed arricchito da due importanti contributi: una
prefazione del noto artista Michelangelo Pistoletto ed una conversazione
con il famoso artista cinese Wang Qingsong.
Maurizio Vitiello è critico d’arte, docente presso
la Fondazione Humaniter di Napoli, responsabile Area Cultura e Arti Visive dell’Associazione
Nazionale Sociologi – Dipartimento Campania. Da libero articolista
ha scritto una lunga serie di riflessioni, articoli, asterischi, saggi, note
e considerazioni su varie riviste, settimanali, periodici, quotidiani locali e nazionali. Ha curato oltre 400 personali e collettive in tutt’Italia,
programmi radiofonici e televisivi; ha tenuto cicli di conferenze e
ha moderato presentazioni di libri e incontri culturali. Nel 2004 ha
vinto il Premio Sulmona per la sezione Giornalismo e Critica d’Arte.
Paolo Bolpagni, ricercatore universitario in
Storia dell’arte contemporanea, è curatore di
mostre in sedi prestigiose come Palazzo Fortuny
a Venezia, il Macro e Villa Torlonia a Roma, la
Fundaciòn Loewe a Madrid, il Museo del Risorgimento e la Galleria San Fedele a Milano, la Fondazione Ragghianti a Lucca, dove è Presidente del
Comitato scientifico, il Museo Santa Giulia a Brescia, e del nuovo allestimento e delle attività del museo Collezione Paolo VI – arte contamporanea, inaugurato nel 2009 da Papa Benedetto XVI a Concesio, paese
natale di Papa Montini.
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Street art: di chi è l’opera? Diritti, tutela
e conservazione. Riflessioni attraverso
la legislazione sulle opere dell’ingegno
Lavinia Savini: avvocato, partner dello studio legale Idealex
(Bologna-Milano), esperta di diritto del mercato dell’arte.
Riflessioni attraverso la legislazione sulle opere dell’ingegno
Alla luce dei recenti dibattiti suscitati dall’iniziativa di archiviare
e musealizzare alcune opere di street art sorge spontanea e
necessaria una riflessione sui diritti vantati dai writers sul loro
lavoro e su un possibile contemperamento degli stessi con
l’esigenza di tutela e archiviazione delle loro opere.
Lavinia Savini. Avvocato specializzato in proprietà
intellettuale e diritto del mercato dell’arte. Vincitrice di borse di studio presso l’Università Parigi I Phanteòn Sorbonne e presso l’Università La
Normale di Pisa. Managing Partner di IDEALex,
Studio Legale per la tutela e la promozione
della proprietà intellettuale con affiliazioni in
Spagna, Francia e Giappone, svolge la professione d’avvocato tra l’Italia (Bologna e Milano) e Parigi.
Pubblica regolarmente articoli e scrive saggi in materia di diritto d’autore
e diritto industriale.
Relatrice in numerose conferenze in materia di proprietà intellettuale
in Italia e all’estero e relativamente alle stesse svolge attività didattica.
È rappresentante dell’UIA (Union Internationale des Avocats) presso
l’OMPI (organizzazione mondiale della proprietà intellettuale) ed è responsabile UIA per l’Emilia Romagna.
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Pause, intervalli, disorientamenti: strategie
del silenzio nella fotografia contemporanea.
Un dialogo fra il critico d’arte Fulvio Chimento e Gigliola Foschi,
autrice del libro: Le fotografie del silenzio. Forme inquiete
del vedere, Mimesis/Accademia del silenzio, 2015.
Gigliola Foschi: giornalista, critica d’arte e della fotografia
Fulvio Chimento: critico d’arte, curatore
Quasi a voler creare un controcanto rispetto ai cliché dominanti, molta fotografia contemporanea d’autore non si offre
come una semplice rappresentazione o un’interpretazione
della realtà, ma condensa al proprio interno aspetti ambigui e contradditori che inquietano il vedere e al contempo
lo catturano. Con il termine “fotografie del silenzio” non si intendono quelle opere che si limitano a rappresentare luoghi
silenziosi o incantati, ma le immagini che sanno creare uno
spazio di silenzio dentro di sé, un intervallo inquieto che ferma
e sospende i nostri sguardi e i nostri pensieri per aprirli verso
un altrove, verso un “non noto” che ci disorienta e ci interpella. Attraverso l’esempio di alcune ricerche di autori italiani e
stranieri ci chiederemo come agisce il silenzio nello spazio fotografico. Quando può trasformarsi in una “forza” capace di
incrinare le nostre certezze e le nostre modalità percettive improntate al mero consumo visivo. Quando diviene un alleato
di opere che rivelano e nascondano, orientano e disorientano
per invitarci a vedere diversamente.
283
Gigliola Foschi, giornalista, critica d’arte e della fotografia, è docente di
Storia della Fotografia presso l’Istituto Italiano di Fotografia di Milano.
Scrive per la rivista Gente di fotografia e ha collaborato con il quotidiano l’Unità e con numerose riviste d’arte e fotografia. Ha partecipato ai
volumi: Tra luce e ombra (2004); Perché non parli? Le discipline dell’arte
contemporanea raccontate dagli autori (2010); The History of European
Photography Vol.I 1900-1938 (2010); Scorci di Corea/
Glimpses of Korea (2013). è autrice di numerosi testi per cataloghi, tra i più recenti: America ’70. La
fotografia tra sogno e realtà, (2014); Luigi Tazzari, 2013,(2014).
Nato a Roma nel 1979, Fulvio Chimento vive e
lavora in Emilia. Si interessa alle molteplici forme
della comunicazione artistica e alla genesi dei
processi creativi, con l’obiettivo di far emergere
la problematicità del reale; organizza più di
30 eventi espositivi. Dal 2012 è ideatore della
residenza d’artista ITALIA-ORIENTE, giunta nel
2015 alle IV edizione, e principale referente del
progetto video Spazio Arte, teso a creare un archivio
filmico sugli artisti contemporanei. Dal 2013 al 2015 collabora in veste
di tutor al Master di alta formazione sull’immagine contemporanea della
Fondazione Fotografia di Modena; attualmente scrive per la rivista Inside
Art con sede a Roma. Nel 2014 pubblica Arte italiana del terzo millennio,
volume presentato al MART di Rovereto, al Dams di Bologna e in spazi
pubblici e privati a Bruxelles, Roma e Milano.
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Simone Pellegrini. GUADI. Conversazioni
sull’arte, l’uomo e la parola.
Alessandra Angelucci: giornalista e critico d’arte
Simone Pellegrini: artista e docente di pittura all’Accademia di Belle Arti
di Urbino
Guadi è il titolo scelto per il libro-intervista in cui l’artista Simone
Pellegrini si racconta attraverso le domande della giornalista
Alessandra Angelucci, per aprirsi ad una conversazione intima e
sincera sull’arte, l’uomo e la parola. Tre temi, tre elementi – confessa Pellegrini nel libro – che restituiscono «immediatamente ad
un insieme più vasto, onnicomprensivo, di cui l’uomo è il carattere più esemplare ma anche vessillifero involontario». Un libro
che ricostruisce attraverso la voce dell’artista non soltanto il suo
modo di vedere e sentire l’arte, ma che rivela al lettore quanto
la parola arrivi ad essere importante nella vita dell’uomo: «domicilio» afferma Pellegrini.
Il libro Guadi. Conversazioni sull’arte, l’uomo e la parola, con
la prefazione di Marco Vallora, uscirà nel mese di marzo e si
presenta come secondo appuntamento della collana d’arte Fili
d’erba, diretta da Alessandra Angelucci per la Di Felice Edizioni.
Una collana che pone particolare attenzione alla voce di chi
crea, di chi in un gesto ha immortalato un’esistenza.
www.edizionidifelice.it/ [email protected]
Simone Pellegrini è nato ad Ancona nel 1972.
Nel 2000 si diploma in pittura presso l’Accademia di Belle Arti di Urbino dove attualmente insegna
presso la Cattedra di Pittura. Nel 2003, con la personale Rovi da far
calce, inizia la sua collaborazione con la Cardelli & Fontana. Nel 2006
inaugura la sua prima personale presso la galleria Hachmeister di Münster, che diviene la sua galleria di riferimento in Germania. Vive e lavora
a Bologna.
Alessandra Angelucci è nata nel 1978 e vive a
Giulianova. Docente di Lettere, è giornalista e
critico d’arte per il quotidiano di Teramo La Città,
in vendita nelle edicole in allegato a Il Resto del
Carlino, e per le riviste Exibart e Contemporart.
In passato ha diretto il mensile d’informazione Lo
Strillone ed è stata conduttrice per l’emittente TV6.
Dal 2014 dirige la collana d’arte Fili d’erba per la Di Felice Edizioni.
Ha curato mostre sia in Italia che all’estero. Collabora con la Fondazione
Malvina Menegaz per le Arti e le Culture di Castelbasso. Per l’emittente
radiofonica Radio G di Giulianova cura la rubrica d’arte Colazione da
Alessandra.
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SPECIAL
AREA
Paolo Castelli Vip Lounge
La Paolo Castelli ha voluto essere presente a SetUp curando l’
allestimento dell’area Vip lounge, un ambiente esclusivo e accogliente che favorisce la conversazione, la condivisione e il sapere. Un Luogo di relazioni e scambio sociale.
Lo spazio si articola in un’ area relax e in un punto dedicato al
food and beverage e ospita una selezione di arredi delle collezioni Inspiration e Domodinamica. Un insieme di arredi di interni
per raffinate residenze private e forniture in ambito contract.
Inspiration con la sua ricca e sofisticata collezione è “ispirata”
al gusto del design di interni degli architetti che hanno operato
tra Londra e Parigi tra gli anni ’30 e ’50 dello scorso secolo, rielaborato in chiave contemporanea con una grande attenzione
ai dettagli, ai nuovi stili abitativi di una clientela internazionale
e dal gusto sofisticato e con una forte possibilità di esser personalizzato affinché ogni oggetto della collezione possa diventare
un pezzo unico per misure e dettagli, sulla base di un vastissimo
campionario di tessuti, materiali e finiture che l’azienda propone.
Lo spirito della collezione Domodinamica, nata come espressione della spinta creativa verso il design di interni della famiglia
Castelli, è da sempre quello di realizzare prodotti distinguibili
per originalità e creatività del disegno lasciando libera espressione a grandi designer internazionali. Tra i prodotti icona la poltrona CALLA di Stefano Giovannoni, lo sgabello VITESSE di Denis Santachiara e la libreria AUTUM firmata da Paolo Castelli.
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Hula Hoop, Design Francesco Paretti e Stefano Giovannoni
Nell’area Vip lounge sono presenti:
Mambo design Massimo Iosaghini
Calla design Stefano Giovannoni
Elle collection Coffe Table design Luca Scacchetti
Hula Hoop Design Francesco Paretti e Stefano Giovannoni
Vitesse design Denis Santachiara
Autum design Paolo Castelli
Black and Gold Round Table: Design Luca Scacchetti
Sedute Elle collection design Luca Scacchetti
Nell’area PAOLO CASTELLI Vip Lounge sono presenti le opere
“Symbols” di Raul.
Saranno presenti inoltre i ragazzi dell’Accademia del Bar coordinati da Alessandro Romoli che hanno studiato per SetUp il cocktail PECCATI DI GOLA.
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KINDER SETUP
SetUp dedica particolare attenzione alla presenza dei bambini
all’interno della manifestazione, accogliendoli in uno spazio creato
appositamente per loro per nutrire il loro interesse verso l’arte offrendo laboratori creativi e giocosi. L’Area Kinder SetUp è a cura di
Beatrice Calia in collaborazione con ReMida Bologna_Terre d’Acqua
L’ARTE di Orientarsi
Il tema della manifestazione è l’ORIENTAMENTO, ovvero la facoltà
di sapersi orientare nel scegliere una direzione da seguire. Attraverso la sperimentazione, l’ascolto e il gioco, i bambini ne potranno
conoscere le molteplici sfaccettature. Lo spazio ospita una gigantografia della mappa del centro di Bologna arricchita da alcuni strumenti per orientarsi, un omaggio alla città che ci ospita. Beatrice
Calia grazie all’aiuto di una speciale mappa, guiderà i piccoli ospiti
alla scoperta delle opere d’arte presenti nelle molteplici gallerie di
SetUp Art Fair. Il senso di orientamento è come un radar che si aggiunge ai nostri 5 i sensi. Balene, delfini, pipistrelli, uccelli migratori
si spostano per migliaia di kilometri seguendolo. Per andare dove?
Per fare cosa? Gli animali lo fanno istintivamente, si fidano, e noi?
Tracce, intrecci, grovigli e una lettura animata con proiezioni di luce
e di suoni condotta dalle funambule di ReMida accompagneranno
i piccoli esploratori alla scoperta, per filo e per segno... bambini vi
attende un mondo pieno di sorprese, portate il vostro stupore!!!
Quando:
• Venerdì 29 gennaio: alle ore 17.30 - 19.00 - 21.00;
• Sabato 30 gennaio: alle ore 17.30 – 19.00 – 21.00;
• Domenica 31 gennaio: alle ore 14.30 – 16.00 – 17.30 – 19.00.
Durata:
un’ora
Per chi:
ciascun laboratorio è rivolto a bambini dai 3 anni in su si
richiede la presenza di un genitore per i bambini sotto i 6 anni
Costi:
l’atelier è un servizio gratuito, incluso nel prezzo del biglietto
di ingresso, offerto da SetUp ai piccoli visitatori della fiera
Beatrice Calia. Il mio obiettivo è
creare BenEssere e riaccendere i
sorrisi nei Cuori. La Cultura del Ben
Essere passa dal nutrirsi di Bellezza e dal sapiente uso di un potente
strumento a nostra disposizione che
é il Cibo Sano unito all’Acqua Viva. Io
sono “l’Erbana”, sono figlia del Cielo
e della Terra, interpreto il linguaggio
delle stelle e delle erbe e lo utilizzo in
tutto ciò che faccio. Il mio lavoro spazia dagli incontri culturali per grandi
e piccini, alla stesura di articoli e libri
sul BenEssere, al riconoscimento di
erbe e fiori spontanei per uso alimurgico. Sono una chef specializzata
in Cucina Natural Green e adoro
insegnarla con lezioni teoriche e
pratiche. Conosco il cibo dalla terra alla tavola, collaboro con alcune
fattorie didattiche, con medici e con
professionisti della nutrizione. Faccio
didattica nelle scuole per far conoscere la filiera alimentare e l’importanza del mangiare frutti e verdure
fresche. Con Cali Carmela Patania
porto avanti il progetto “SiAmo Semplici”. Sono redattrice del mensile Vivere Sostenibile e autrice di “L’Erbana una Selvatica in Cucina”.
ReMida Bologna_Terre d’Acqua
ll progetto ReMida nasce nel 1996
a Reggio Emilia da un’idea del Comune ed Iren Emilia. ReMida Bologna_Terre d’Acqua è un Centro
di Riuso Creativo dei Materiali di
Scarto Aziendale, gestito e curato
dall’Associazione Funamboli, con il
contributo di Geovest e promosso
dal Comune di Calderara di Reno,
raccogliendo al suo interno i materiali. In sintesi ReMida Bologna_Terre d’Acqua si occupa di:
- Raccolta e distribuzione del materiale di scarto derivanti dalla produzione industriale e artigianale,
dando così nuova vita e valore agli
errori di produzione, attraverso nuovi utilizzi e funzioni;
- Percorsi di Formazione per operatori socio-educativi e insegnanti
e accoglienza di gruppi di studio e
delegazioni italiane e straniere;
- Workshop in collaborazione con
artisti, stilisti, eco-designer;
- Attività Didattiche, per le scuole di
ogni ordine e grado;
- Servizio Ludoteca per le famiglie;
- Esposizioni ed Eventi rivolti alla cittadinanza.
Per maggiori info: sito web:
www.remidabologna.it ;
pagina facebook:
www.facebook.com/remidabologna
Prenotazioni: [email protected]
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BOOKSHOP
All’interno di SetUp Contemporary Art Fair si trova il Bookshop,
uno spazio in cui poter trovare cataloghi e libri d’arte, collane
editoriale e le ultime novità editoriali.
Il Bookshop è curato da Agenzia Nfc
La filosofia LAGO “Interior Life” è racchiusa in un manifesto di
11 punti che tratteggia gli elementi chiave di questo pensiero.
Il punto 6 delManifesto LAGO è come uno spazio vuoto da arredare: ognuno lo riempirà con le proprie esperienze e i propri
valori.
L’allestimento del Bookshop è realizzato da LAGO, innovativo
brand del design italiano, LAGO ha una visione estesa del design: una disciplina che produca senso e non solo prodotti, capace di innovare l’intera filiera produttiva e di proporre nuove visioni e nuovi modelli del vivere. Più che prodotti, LAGO disegna
alfabeti e invita il consumatore a usarli, dando vita a un design
condiviso che si arricchisce delle energie del fruitore.
Se una persona trascorre la maggior parte del proprio tempo
in ambienti di qualità migliore, allora anche la qualità della sua
vita sarà migliore.
Questa è la visione del design che ispira LAGO riassumibile nel
claim “Interior Life”, un’espressione che indica sia la vita interiore, riferibile allasfera emozionale di ciascuno di noi, sia la vita
degli interni, quella che conduciamo in uffici, abitazioni, alberghi,
ospedali, scuole; spazi da progettare con un design che faccia
sentire bene.
Che l’ambiente circostante influenzi profondamente la nostra
vita interiore lo hanno confermato da tempo anche le neuroscienze. Occorre, quindi, entrare in empatia con gli spazi abitati.
Stabilire una relazione, o meglio ancora una risonanza interiore
tra noi e lo spazio che ci circonda.
Partendo da questo principio ispiratore LAGO ha sviluppato un
design modulare che funziona come un alfabeto da usare per
arredare gli ambienti in armonia con la propria vita interiore.
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IL LUMACHINO
RISTORANTE
Prima di iniziare a cucinare, senza che nessuno glielo avesse mai insegnato,
Ringo, avvicinava con garbo gli alimenti al viso,
parlava a loro con gli occhi chiusi, come fossero creature appena nate.
Ascoltava la voce degli ingredienti, con il naso e con le guance.
Sentiva, annusava, si sincerava della loro condizione
e gli domandava come volessero essere cucinati.
Loro, rispondevano e suggerivano sempre il modo più appropriato.
SetUp, quest’anno avrà il suo speciale Ristorante ispirato al libro “Il
ristorante dell’amore ritrovato” che racconta la storia di Ringo,
una giovane che lavora nelle cucine di un ristorante turco di Tokyo
e che dopo essere rientrata a casa con l’intenzione di cucinare per
il suo fidanzato, trova la casa completamente vuota. Non c’è più
nulla: frigo, televisione, lavatrice, mobili. Spariti persino gli utensili
da cucina e, soprattutto, sparito il suo fidanzato indiano, maître
del ristorante accanto al suo, un ragazzo con la pelle profumata
di spezie. Lo choc di Ringo è tale da farla rimanere impietrita
al centro della casa vuota, la voce non le esce più dalla bocca.
Decide, quindi, di ritornare al suo villaggio natio.
Nella quiete dei monti, Ringo decide di aprire, in un vecchio
granaio di famiglia, un ristorante ospitando una sola coppia al
giorno. Il ristorante si chiama IL LUMACHINO.
IL LUMACHINO di SetUp, è un luogo in cui si riappropria del tempo.
Ci si dedica uno spazio per parlare nella convivialità della tavola.
Una realtà in cui poter assaporare la cucina tipica bolognese. I
sapori antichi delle lasagne, della petroniana, del bollito con le salse
serviti al carrello. La tradizione che incontra la contemporaneità
attraverso il matrimonio tra arte culinaria gestita da Party
Ricevimenti e arte visiva realizzata dall’artista EL FOOSER.
Come scrive El FOOSER: “Le carte nautiche, insieme alle stelle, sono
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stati i primi mezzi di orientamento che l’uomo ha avuto a disposizione.
Gli animali marini che dipingo, colossi fluttuanti dal ritmo flemmatico,
sanno con certezza qual è la giusta direzione.
L’orientamento è quindi fondamentale per la vita? Come sarebbe
vivere senza? Sicuramente, non avremmo nemmeno la cognizione di
noi stessi. Io ho impostato la mia rotta verso la scoperta dell’anima”.
Vogliamo pensare che i piatti, AL LUMACHINO, siano piatti
dell’amore ritrovato. Amore per il cibo, per l’arte, per noi stessi,
per il tempo che ci dedichiamo e destiniamo agli altri. Vogliamo
orientarci, pensando che con amore si possano creare piatti svestiti
dagli orpelli, che facciano battere il cuore così come lo fa un’opera
d’arte. AL LUMACHINO la cucina riesce a farci essere davvero ciò
che vogliamo essere. In cucina, come in arte, non si può fingere.
Menù Ristorantino
I primi piatti
Il dessert
La classica lasagnetta alla
bolognese
Torta di riso
Tortellini in brodo di cappone
La tagliatella
Salame al cioccolato in crema di vaniglia
La zuppa (vegetariana)
Tagliata di frutta fresca
I secondi
Vini DOC delle nostre colline (a calice o bottiglia)
Zuppa inglese
Il carrello dei bolliti con purè di
patate e salsa verde
Acque minerali
Tagliere con salumi e formaggi
tipici regionali con grissini e
crescente
Caffè espresso
Petroniana in fondente di zucca
e cipolla caramellata
Polpettine di vitello, pomodoro
fresco, piselli e maggiorana
Tortino di patate rosse, bietola e
crema di grana
L’insalatona
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SetUp on air
@ Radio Città Fujiko
Nel fumetto Fujiko è l’icona della bellezza e del desiderio senza
regole. Nella realtà, Fujiko è una radio indipendente, che seleziona gemme nascoste per farle risplendere nella più completa
libertà espressiva. Nella città, Fujiko diffonde queste gemme a
quanti, tanti, hanno orecchie per desiderare idee, musiche e colori diversi.
Radio Città Fujiko 103.1 FM, catalizzatrice delle più innovative e
brillanti realtà attive sul territorio e oltre, trova in SetUp il luogo
e il partner congeniale per esprimere la varietà caleidoscopica
nell’etere. Terminale operativo di questo incontro: Coxo Spaziale
– L’arte come non l’avete mai, un programma di Fedra (C.) Boscaro e Stefano W. Pasquini, in onda tutti i giovedì dalle 19 alle
20: sessanta minuti da non perdere, tra il locale interstellare e
il globale provinciale [un] contenitore radio che scorrazza senza
soluzione di continuità lungo l’intero ventaglio della cultura; promettendo arte, teatro, musica e pure cucina (Francesco Sala).
Fedra è artista multi-disciplinare che dopo un primo incontro
con le arti visive, riconosce nella scena teatrale il luogo in cui
far confluire la sua ricerca. Dal 2007 è direttrice artistica del
programma di ricerca Per un Novissimo Bestiario. Stefano è artista, curatore e scrittore. Oltre ad aver pubblicato centinaia di
articoli per varie riviste arte contemporanea, è editore del magazine Obsolete Shit e direttore del podcast Why the Fuck not
Ppodcast.
www.radiocittafujiko.it
www.coxospaziale.blogspot.com
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space creators
CREATORI di spazi
SOLUZIONI ESPOSITIVE VINCENTI SOLUTIONS ON AIR
IL DESIGN DESIGN I VOLUMI SHAPES PROTAGONIST
FATE VEDERE CHI SIETE! STRUT YOUR STUFF IL COLORE
UN ARCOBALENO DI IDEE RAINBOW OF IDEAS
LA RICERCA SOPHISTICATION
L’ARTE DI ESPORRE ART TO EXHIBIT
OVUNQUE ANYWHERE
congressi • eventi • fiere
dove c’è casa
c’è ASPPI
www.asppi.bo.it
www.clubgamec.it
Club GAMeC Via San Tomaso, 53 24121 Bergamo
[email protected] tel. +39 035 236962
cell. +39 349 2987801
Il Club GAMeC è un’associazione culturale, regolarmente
costituita nel 2005, per promuovere e sostenere GAMeC
Galleria d’Arte Moderna e Contemporanea di Bergamo, nella
diffusione della conoscenza dell’arte del nostro tempo.
Essere socio significa contribuire personalmente allo sviluppo
dei programmi dell’associazione per il Museo, partecipare alle
numerose iniziative in programma e condividere esperienze
privilegiate con i protagonisti della cultura visiva
contemporanea.
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“Ho sbattuto
contro un muro”
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Curated by Olivia Spatola | Manuela Valentini
From January 27 to February 28, 2016
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January 27, 2016 | h.18.30 - 21.30
ART WHITE NIGHT
January 30, 2016 | h. 18.30 - 24.00
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Vi aspettiamo
alla quinta edizione di SetUp
gennaio 2017
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Finito di stampare nel mese di gennaio 2016 presso Modulgrafica Forlivese, Forlì,
per conto di Agenzia NFC di Amedeo Bartolini & C. sas - www.agenzianfc.com