Investimenti/PIL

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Investimenti/PIL
L’INPS non se la passa bene, non è una novità. Ma pur sapendolo, gli italiani non hanno ancora preso coscienza
del tutto del problema pensione. La colpa è anche delle trappole cognitive che ostacolano le nostre decisioni.
Il sistema previdenziale italiano sta attraversando tempi duri (ormai da un po’). L’INPS non riesce a far fronte alle
uscite e le sue casse continuano a svuotarsi: il presidente dell’Istituto, Tito Boeri, ha annunciato che anche per il
2017 si prevede di chiudere i conti in rosso, seppur in miglioramento rispetto al 2016. Nel bilancio preventivo per
il nuovo anno si stima un disavanzo di 6,1 miliardi di euro, decisamente negativo anche se meno peggio dei 7,6
miliardi messi in conto per il 2016.
Il messaggio comunque resta chiaro: c’è la possibilità – e non è poi così remota – che l’ente previdenziale
nazionale non sia in grado di pagare tutte le pensioni di chi smetterà di lavorare negli anni a venire. Significa che
si rischia di trovarsi con un pugno di mosche in mano quando sarà il momento di ritirarsi dal lavoro.
Pensare al futuro è una responsabilità individuale
Per questo è importante rendersi conto della situazione e prendere in mano in prima persona il proprio futuro
previdenziale. Eppure questa presa di coscienza sembra ancora lontana. Secondo l’ultimo rapporto Censis, fare
investimenti di lungo periodo è un’opzione solo per il 22,1% degli italiani, una quota molto inferiore a quella di chi
vuole potenziare i propri risparmi (il 56,7%) e tagliare ancora le spese ordinarie per la casa e l’alimentazione (il
51,7%). Il risultato? Dall’inizio della crisi a oggi gli italiani hanno accumulato liquidità aggiuntiva per 114,3 miliardi
di euro – un valore superiore al PIL dell’Ungheria. Alla fine del secondo trimestre 2016, la liquidità detenuta dagli
italiani in contanti o depositi non vincolati ammontava a 818,4 miliardi di euro, con il 36% degli intervistati che
tiene regolarmente contante in casa per le emergenze e una quota di investimenti sul PILitaliano pari solo al
16,6% (nel 2015).
Investimenti/PIL
25%
20%
16,6%
16,9%
Italia
Regno Unito
19,5%
19,7%
19,9%
Media UE
Spagna
Germania
21,5%
15%
10%
5%
0%
Fonte: Censis, 50^ Rapporto sulla situazione del Paese / 2016
Francia
Pessimismo sulla situazione economica
Si tratta di un atteggiamento “difensivo” che è probabilmente figlio di un certo pessimismo: secondo il report
Censis, il 61,4% degli intervistati è convinto che il proprio reddito non aumenterà nei prossimi anni, e il 57% è
sicuro che i figli e i nipoti non vivranno meglio di loro. Ma questo giocare in difesa non paga.
Inoltre, secondo un recente studio di Schroders, gli italiani che investono i loro soldi lo fanno per periodi troppo
brevi: in media restano investiti per 2,6 anni, contro una media europea di 3,3 anni e il 29% si ferma a meno di 12
mesi.
Ma perché gli investitori rimandano a tempo indefinito il momento in cui occuparsi del proprio futuro
previdenziale? Sicuramente un ruolo lo giocano le ristrettezze finanziarie, che spingono a utilizzare i risparmi per
esigenze quotidiane. Ma non è solo questo: si tratta anche di una specie di barriera mentale che ci porta a non
pensare troppo al futuro.
Se la mente ci mette il bastone tra le ruote
Avete mai sentito parlare di projection bias? È la tendenza a pensare che le nostre opinioni ed esigenze del
presente rimarranno invariate in futuro, cosa assai poco probabile. E di “focus sul presente”? In questo caso ci
riferiamo alla tendenza a concentrarsi sull’ hinc et nunc (qui e ora), dando priorità ai guadagni immediati. Senza
considerare che, quando siamo giovani, il nostro cervello in genere si rifiuta di pensare agli anni della vecchiaia.
Sono tutte trappole cognitive che ostacolano una corretta pianificazione finanziaria.
Rendersi conto dei meccanismi che scattano è già un primo passo per riuscire a riconoscerli ed evitarli.
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