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Domenica 5 giugno 2016
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Novità editoriali
Il libro intervista sulla vita di Gerardo Sacco
l’orafo crotonese, dagli esordi al successo
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Domenica 5 giugno 2016
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Gli inizi difficili come garzone
di un barbiere e poi la fama cui la sua
arte e la sua abilità lo hanno destinato
IL MAESTRO
DELLA BELLEZZA
S
i intitola “Sono nessuno. Il mio
lungo viaggio tra arte e vita” il libro intervista di Gerardo Sacco
con Francesco Kostner, edito da
Rubbettino, da pochi giorni in libreria. Nel volume, di cui pubblichiamo un
estratto, l’orafo crotonese, incalzato dalle domande di Kostner, racconta la sua vita partendo dalle umili origini in una povera casa di
Crotone, dagli inizi difficili come garzone di
un barbiere, alla fama cui la sua arte e la sua
abilità lo hanno destinato.
Quella volta all’università
C’era qualcosa di magico sul volto di Gerardo Sacco, dopo aver pronunciato l’ultima
parola dell’intervento con cui il 26 febbraio
2008 aveva concluso la giornata in suo onore, nell’Aula Magna dell’Università della Calabria. Una testimonianza semplice, ma particolarmente apprezzata dalle centinaia di
studenti, docenti, rappresentanti del mondo
culturale, istituzionale, politico, religioso,
arrivati ad Arcavacata da ogni parte della regione.
Un capolavoro comunicativo del maestro
crotonese. Come forse non sarebbe riuscito
al più navigato degli oratori. Capace di scegliere con cura ritmi, pause, iperbole verbali,morbidi atterraggi semantici.
Sciorinando, insomma, l’armamentario
di una tecnica espressiva efficace e raffinata. Il rimpianto di non aver potuto studiare,
il difficile contesto familiare in cui era cresciuto, le gravose responsabilità che aveva
dovuto assumersi ancora ragazzo, avevano
catturato l’attenzione della platea; e così il
racconto del suo successo, costruito a prezzo
di durissimi sacrifici.
Il pubblico osservava Sacco con un misto
di simpatia e tenerezza mentre, impacciato e
timoroso, provava a leggere il suo intervento. La voce tremolante gli impediva di nascondere l’emozione con cui aveva ingaggiato un difficilissimo confronto, ben prima di
avviarsi verso il podio. Ma tutto era avvenuto in una sorta di empatia collettiva. Come se
quella storia, improvvisamente, fosse diventata il simbolo di una vicenda artistica e
umana in cui potersi riconoscere, guardando alla vita con fiducia e positività.
Che non si trattasse solo di un’impressione personale, il fatto di aver partecipato a un
evento per molti aspetti memorabile, fu il
lunghissimo applauso che, alla fine, venne
tributato all’orafo-artigiano.
Sono nato il 24 maggio 1940. I pochi ricordi che conservo sono legati alla guerra.
Lampi di memoria: il suono delle sirene, mia
madre che fugge portandomi in braccio. E,
poi, un buco nero e due sagome rotonde di
vetro; il primo, come nel tempo sono riuscito a capire, era un rifugio antiaereo;
le altre, gli occhiali di una vecchia
maestra, 24 maggio 1940 che non
ho mai capito perché siano rimasti così impressi nella mia
mente, peraltro separate dal
viso di chi li portava. Poi, soprattutto, l’assenza di mio padre, morto prematuramente
di tubercolosi. Una malattia di cui non potevo
parlare, per non rischiare di essere emarginato. Dovevo dire, invece, che aveva avuto un
infarto. Ho molto sofferto per la sua mancanza.
Non so nemmeno dove riposi. Ho solo una sua foto: un
bell’uomo! Spesso ho sognato
d’incontrarlo. Anche oggi, a distanza di tanto tempo, penso alla
gioia che mi avrebbe regalato giocare con
lui.
Mia madre si risposò, ma per il mio patrigno ero un peso. Una presenza fastidiosa in
una famiglia che nel tempo sarebbe cresciuta con l’arrivo di quattro figli.
Finita la quinta elementare, il mio patrigno decise che avrei dovuto lasciare la scuo-
la andando a lavorare. Solo così avrei avuto
diritto a rimanere in casa! Fu un durissimo
colpo.
Non ci fu verso di fargli cambiare idea.
Aveva pensato di affidarmi a un muratore,
ma mia madre chiese al fratello di farmi
lavorare nella sua sala da barba.
Tra i clienti del salone c’era anche
l’orafo crotonese Carmine Rocca.
Cercava un garzone tuttofare e
mio zio, che non vedeva l’ora di
mandarmi via, gli garantì di
avere la soluzione giusta.
«Caro amico – gli disse
come se stesse privandosi del miglior collaboratore – questo ragazzo fa
al caso Vostro!».
Entrai nella sua bottega a dieci anni; a ventidue
capii che era arrivato il momento di mettermi in proprio. La mia prima opera
fu una collana di cuticchie:
piccole pietre marine, dalle
forme più varie, che l’acqua
modella e trasforma in sassolini lisci. La espongo ancora oggi con orgoglio, perché rappresenta l’inizio del cammino che ho seguito fin da ragazzo per valorizzare l’identità del territorio. Vincenzo
Campana, un insegnante che frequentava
assiduamente il laboratorio, rimase particolarmente colpito da quel lavoro per la novità
concettuale che esprimeva e la semplicità
con cui era stato concepito. «Somiglia a un
gioiello etnico», disse, facendomi i complimenti. Il mio maestro annuì compiaciuto e,
volendo a sua volta sottolineare le caratteristiche e l’originalità del gioiello, aggiunse:
«È vero, ricorda alcune tipiche creazioni siciliane!». Notai l’espressione divertita del
professor Campana che, tuttavia, si guardò
bene dal mettere in difficoltà l’amico.
Fu così che nel 1962 trascorsi sei mesi a
Valenza Po presso la fabbrica Scorcione e Vitale.
Fu un’esperienza faticosa, ma esaltante,
vista la modernità delle soluzioni adottate
dall’azienda sia per migliorare la produzione che la qualità degli oggetti. Durante il
giorno imparavo a usare nuovi macchinari,
affinando continuamente le mie conoscenze
tecniche; la sera, invece, frequentavo l’Istituto d’istruzione Benvenuto Cellini. Vissi
uno straordinario periodo di formazione,
studiando educazione artistica, storia dell’arte, disegno, gemmologia e altre discipline, direttamente o indirettamente, collegate
al mio lavoro.
A un certo punto, il titolare della fabbrica
mi propose di rimanere a Valenza Po, offrendomi uno stipendio di 600 mila lire al mese!
Con quei soldi potei così ottenere un prestito e tornare a Crotone.
Guardavo i segni dell’antichità presenti
sul territorio e mi chiedevo: «Perché no?», riferendomi alla straordinaria capacità, che
individuavo in quelle vestigia del passato, di
comunicare l’energia di un’identità senza
confronto. Era l’elemento che, più di ogni altra cosa, sentivo di dover privilegiare nel-
Robert De Niro con il Taormina Award realizzato da Sacco
Brooke Shields con il cagnolino regalatole da Gerardo Sacco
foto di Liz Taylor con dedica
l’impostazione della mia nuova esperienza
artistica.
Fu così, per esempio, nel 1966, in occasione della visita che il presidente della Repubblica Giuseppe Saragat e il vice presidente
della Camera Sandro Pertini fecero a Crotone, per inaugurare il monumento ai fratelli
Bandiera in località Bucchi. Era sindaco il
professor Salvatore Regalino, storico preside dell’istituto magistrale Gravina, che mi
chiese di creare una copia della colonna di
Hera Lacinia per donarla agli illustri ospiti.
Non esisteva Internet, che oggi rende tutto
più semplice. Fotografai la colonna da ogni
angolazione, così da rispettarne fedelmente
la simmetria. Coglierne i particolari. Le scanalature. I gradoni del basamento. Utilizzai
anche un piccolo trapano a pile che avevo costruito per l’occasione e, grazie al quale, riuscii a lavorare il calco alla perfezione: non in
laboratorio, ma sul luogo. Alla fine Regalino
rimase molto soddisfatto.
Qualche mese dopo, alcune persone si fermarono davanti alla mia bottega. Sentendole parlare mi resi conto che non erano di Crotone. Dopo un’occhiata fugace, continuai a
lavorare. Due ragazze in particolare espressero giudizi lusinghieri sulle opere esposte
in vetrina: due paia di orecchini e alcune collane. Mi chiesero se appartenessero a una
collezione gentilizia e quando risposi che
ero stato io a realizzarli rimasero piacevolmente sorprese, facendomi un sacco di complimenti. Erano alcuni attori del film: L’armata Brancaleone, diretto da Mario Monicelli, le cui riprese venivano girate a Le Ca-
stella. Del cast facevano parte anche Barbara Steele eMaria Grazia Buccella – le due ragazze di cui ho parlato – le quali, alla fine, acquistarono i gioielli utilizzandoli sul set.
LE STAR
Liz Taylor
La conobbi all’hotel Plaza di Bari. Era bellissima, nella parte di una cantante lirica
nell’Aida. Si era dovuta tingere la pelle,
per le esigenze di scena, ma affermò
che le sarebbe piaciuto avere quel
colore nella realtà più di qualunque altra cosa. Quando mi tradussero le sue parole osservai che, mentre
avrebbe potuto condividere quel sogno con milioni di persone, i suoi occhi non avevano confronti. Dicevo solo la verità:
diventavano viola, verde, nocciola, in rapporto all’ambiente in cui si trovava. Mi abbracciò affettuosamente. Poi comprò tutti i miei gioielli che aveva indossato sul set. Le chiesi cosa
avrebbero potuto aggiungere ai
tanti che già possedeva. La sua risposta mi lasciò di stucco: «Qualcuno sostiene
che io abbia le pietre più preziose della terra,
ma i manufatti più belli certamente sono
questi!».
Erano presenti numerosi giornalisti e
quella frase fece il giro del mondo. Fu uno
spot di incredibile efficacia. E, soprattutto,
senza spendere una lira! Oggi una velina,
anche solo per ripetere parte di quelle parole, chiederebbe una fortuna. Allora, invece,
fu tutto casuale. Spontaneo. Sincero. Un
grande omaggio della Taylor che porterò
sempre nel cuore.
Glenn Close, Mel Gibson e Robert De Niro
La conobbi a Edimburgo, sul set del
film Amleto: «L’inchino di una regina
al re dei gioielli», disse salutandomi.
Mi fece una carezza, dopo
aver notato che le sue parole
mi avevano messo in soggezione. Si mostrò meravigliata
di sapere che non vivevo in una grande città.
Posò con me in tantissime foto. Al contrario di
Mel Gibson. In occasione
della conferenza stampa
organizzata per presentare il film, il suo agente
mi avvicinò per concordare il
cachet grazie al quale sarei potuto rimanere vicino all’attore
americano, beneficiando dell’attenzione dei giornalisti. Il mio
sguardo gli fece capire cosa pensassi di
lui e della sua assurda richiesta. Non solo:mi
alzai immediatamente e presi posto, lontano
da Gibson, dall’altra parte del tavolo.
Tutt’altro stile ha un mito del cinema internazionale: Robert De Niro.
È la semplicità personificata. Con garbo,
dalla prefazione di Francesco Kostner
Gli inizi
Ho iniziato presto a capire cosa può essere
la vita. Non ho conosciuto la spensieratezza,
l’allegria, che i bambini dovrebbero avere alla loro età. Ma questo non mi ha limitato. Né
ha pesato sul mio carattere.
Anzi! A beneficiarne è stata la mia sensibilità. L’amore con cui ho sempre guardato al
mondo. Mi piace ricondurre ogni cosa a una
volontà superiore. A un disegno grandioso,
anche se imperscrutabile, nel quale credo
profondamente.
Con Papa Francesco in occasione del Giubileo degli artisti
La riproduzione in argento della Colonna di Capo Colonna realizzata per il presidente Saragat in visita a Crotone; Gerardo Sacco con Sophia Loren
educazione, stile soprattutto, conquista la
scena senza fatica. Ogni gesto, anche una
semplice stretta di mano, lo colloca naturalmente al centro dell’attenzione.
La classe, come si dice, non è acqua! Ho
avuto il privilegio di consegnargli il Taormina Awards alla carriera, la mia creazione
raffigurante i pupi siciliani con cui vengono
omaggiati i vincitori della prestigiosa kermesse.
Brooke Shields
Ci siamo frequentati per un lungo periodo; in senso artistico, sia chiaro! Una volta
venne in Italia e praticamente non la lasciai
un attimo. A New York mi restituì la cortesia. Organizzò una festa alla quale erano
presenti famosi attori. Pensavo fosse un’occasione come un’altra, in cui il mondo del cinema s’incontra, invece era una serata in
mio onore. Me ne resi conto solo quando
Brooke, a un certo punto, mi presentò ai suoi
amici parlando dei miei gioielli come di capolavori senza pari. Si era innamorata di un
cagnolino bianco. Sembrava un batuffolino
di lana, tanto era piccolo e delicato. Il giorno
dopo le feci trovare quel simpatico animaletto in uno scatolo infiocchettato. Era così minuto che lo teneva all’interno della camicetta, accarezzandolo continuamente. Era una
scena simpaticissima che Brooke rese ancora più divertente: «Stai buono. Non sai come
sei fortunato! Chissà quanti vorrebbero trovarsi al tuo posto!».
Gerardo Sacco
estratto dal libro “Sono nessuno. Il mio lungo
viaggio tra arte e vita” edito da Rubbettino