L`assetto giusto

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L`assetto giusto
Corso di pesca
L’assetto giusto
S
i fa presto a dire traina… Ma esche, naturali o
artificiali, luoghi, profondità, tempi e catture, che spesso comportano velocità assai diverse, richiedono lenze e schemi diversi. Vediamo di cominciare a orientarci tra piombi, dispositivi di affondamento e lenze piombate
Nello scorso numero della rivista, l’ultimo dell’anno 2012, ci siamo occupati della traina a predatori
importanti come dentici e ricciole con l’uso di
quella che è universalmente considerata la miglior
esca viva in assoluto, ovvero l’aguglia. In ogni caso, al di là del tipo di esca, di come catturarla, conservarla nelle migliori condizioni e innescarla come abbiamo visto, quando si parla di traina è necessario saper distinguere nettamente fra le varianti tecniche vere e proprie, per andare oltre il semplice atto del trainare una lenza con una barca affidando il risultato alla remota probabilità. Occorre
distinguere, per esempio, fra la traina di superficie
e quella di fondo. Nel primo caso, infatti, si parla
solitamente di quella effettuata a galla utilizzando
esche artificiali trainate senza alcuna piombatura o
sistema di affondamento, mentre quando si mira a
prede che stazionano nei pressi del fondo, o se
stanno addirittura intanate fra le rocce di una secca, è necessario ricorrere a metodi di affondamento
che consentano di far viaggiare l’esca alla corretta
batimetria, soprattutto utilizzando il pesce vivo o
altri bocconi naturali come la seppia. Ovviamente,
dato l’elevato peso specifico e la “morbidezza” nel
lasciarsi manipolare - quella che nell’industria viene definita duttilità - il materiale più utilizzato come zavorra è il piombo. Certamente il dettaglio è
comune anche a molte altre tecniche di pesca ma i
piombi da traina se ne differenziano notevolmente
per forma, che deve essere idrodinamica per ridurre la resistenza durante il movimento nell’acqua, e
sistema di aggancio alla lenza.
I più utilizzati sono i piombi cosiddetti “a tortiglione”, disponibili nei negozi di pesca in una gamma
che va da 30 a 500 grammi di peso, che hanno una
caratteristica forma allungata e una scanalatura
ben delineata onde permettere l’avvolgimento e il
fissaggio della lenza madre proveniente dal mulinello, unitamente alle due piccole spirali metalliche (solitamente di rame) fissate alle due estremità per evitare che il piombo si stacchi: un sistema di agganciosgancio assai semplice e sicuro ma che
talvolta risulta un
po’ lento. Più pratici
e veloci da mettere e
togliere sono gli ultimi nati, i cosiddetti
“j-tuna”: sono piombi di forma “a siluro”
dotati di doppio gancio metallico e protezione in gomma che
preserva la lenza dal
Due bobine di lenza metallica (il
pericolo di lesioni; si
Dacron e il Monel), soluzione
ottima per gli artificiali
agganciano diretta-
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mente alla lenza madre tramite pratici attacchi e
sono i migliori in assoluto quando le lenze da affondare provengono da una canna con mulinello.
E per chi usa ancora la lenza a mano? Beh, in questo caso la zavorra più utilizzata è ancora il classico
piombo a oliva che viene fissato sulla lenza madre
e recuperato in barca insieme a tutto il resto. Già,
ma prima di calare una lenza zavorrata dai piombi
bisogna calcolare anche la velocità della barca: in
condizioni di movimento, infatti, l’attrito dell’acqua riduce notevolmente anche l’affondamento di
zavorre pesanti, spingendo la lenza a salire verso la
superficie, quindi non è facile raggiungere il fondo
e lo è ancor meno se la traina si svolge ad andature
spedite, al di sopra dei 5 nodi. A velocità così allegre, possibili e redditizie quasi esclusivamente utilizzando le esche artificiali, come pesci finti e cucchiaini ondulanti, non resterebbe che ricorrere a
un trucco da vecchi lupi di mare, ovvero montare
sulla lenza più zavorre distanziate, per un peso totale anche oltre i 3 chili... Un sistema, però, che
può essere utilizzato solo nella traina con lenza tenuta a mano, essendo impossibile da mettere in
pratica con canna e mulinello. E allora? Nulla di
che perdersi d’animo, perché la tecnologia e il
commercio ci mettono nelle condizioni di scegliere fra “monel” e dacron piombato.
Monel o dacron
per gli artificiali
Se entriamo in un ben fornito negozio di articoli
da pesca chiedendo del monel ci vedremo appoggiare sul banco alcune bobine su cui è avvolta una
lenza metallica (da 100 a 300 metri di lunghezza)
che normalmente va da 40 fino a 80 libbre. Non è
casuale, perché il grado di affondamento cambia in
base al libbraggio: tanto per fare un esempio, un
monel da 60 libbre scende di 1 metro per ogni 10
calati in acqua e, se stiamo trainando un’esca artificiale, a tale proporzione dobbiamo aggiungere l’attrito della paletta metallica o sintetica sistemata in
testa al pesce finto, che induce il tutto a un ulteriore affondamento. In pratica, trainando con un
paio di centinaia di metri di monel fuori poppa si
riesce a far viaggiare un minnow anche a 25 metri
di profondità. La lenza metallica, tuttavia, comporta anche qualche svantaggio, perché il suo attrito
nell’acqua provoca un accumulo di corrente galvanica che alla lunga potrebbe danneggiare il mulinello, a meno che non si adottino un paio di pre-
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cauzioni come scegliere un mulinello dalla bobina
in plastica dura oppure coprire il fondo della bobina metallica (più robusta) con uno spessore di nastro isolante prima di avvolgere il monel. Per quanto riguarda l’attrito del monel all’interno degli
anelli passafilo della canna, invece, non c’è trucco
che tenga: gli anelli vanno controllati costantemente e sostituiti quando mostrano segni di scalfitura o abrasioni eccessive. Ci sono, poi, molti pescatori che usando la lenza metallica ricorrono al
mulinello elettrico. Ebbene, è solo questione di
preferenze: se è vero che l’uso del “piccolo argano”
sottrae una parte della soddisfazione durante il
combattimento con la preda allamata, è pur innegabile che aiuti moltissimo nei numerosi recuperi,
sollevandoci della fatica dovuta al notevole peso
del monel, e nel controllo dell’esca che diventa
inefficace quando raccoglie piante acquatiche e altri detriti. Per quanto riguarda l’accumulo di corrente galvanica, in ogni caso, i rimedi sono quelli
già descritti per i mulinelli non elettrici.
Detto sin qui del monel, veniamo ora all’alternativa rappresentata dal dacron piombato. Anch’esso
disponibile in vari libbraggi, è composto da fili intrecciati con all’interno un’anima metallica. Nell’utilizzo comporta qualche problema in meno ma
il suo modo di affondare è diverso rispetto a quello del monel: il dacron favorisce l’affondamento
lineare di un artificiale ma fino a una decina di
metri al massimo, di conseguenza il suo impiego è
consigliabile più che altro nel sottocosta, alla ricerca di spigole e pesci serra, oppure più al largo
per la cattura di palamite e tonnetti. Se invece si
cerca il dentice a profondità rilevanti, anche di 50
e più metri, non resta che tornare al monel oppure
ricorrere ad altri sistemi di affondamento.
Piombo guardiano
e affondatori
Il cosiddetto “guardiano” è un normale piombo a
forma di pera, eventualmente con l’aggiunta di
una piccola deriva trasversale in alcuni modelli, e
il suo peso va dai 200 ai 700 grammi a seconda
della profondità da raggiungere, anche compatibilmente con il tipo di esca e la velocità di traina.
Si lega a uno spezzone di nylon dello 0,35-0,40
lungo un paio di metri da collegare in deriva a circa 15 metri dall’esca. La bassa velocità di traina richiesta dalla pesca con l’esca viva, vale a dire da 1
a 2 nodi, fa sì che questo schema mantenga il
complesso pescante alla profondità desiderata, solitamente molto vicino al fondo. L’attacco del
guardiano è effettuato direttamente sulla girella a
barilotto che collega la lenza madre al terminale,
nel caso si usi una girella in grado di passare attraverso gli anelli della canna durante il recupero,
oppure ricorrendo al cosiddetto “nodo senza nodo” sulla lenza che arriva dal mulinello. Questo
piombo serve proprio a “fare la guardia” a lenza ed
esca durante la traina: tiene il vivo nella giusta posizione, strusciando il fondo e sbattendo qua e là
sulle asperità ma al tempo stesso permettendoci di
percepire la forma del fondale senza incagliare; e
anche se ciò dovesse capitare, basterà uno strattone per perdere soltanto lo spezzone con il piombo
guardiano e salvare il resto della lenza. Il guardiano, quindi, è un classico dei vecchi pescatori che
con l’uso di questo piombo collegato in deriva su
uno spezzone indipendente “accarezzano” il fondo ma riescono a salvaguardare la lenza pur restando sempre in pesca al meglio, anche perché
possono sfruttare le “informazioni” che il piombo
trasmette loro, per alzare o abbassare la lenza oppure ridurre o accelerare la velocità di traina. Non
a caso, il più vecchio dei suoi utilizzi prevede la
lenza tenuta a mano.
Molto diverso il concetto di affondatore in-line:
una sorta di “barchetta”, in plastica o materiale simile, che viene montata sulla lenza madre prima
di calarla in acqua. In coda viene collegato il terminale, normalmente lungo 10-15 metri, che porta l’esca artificiale. Il vantaggio di questi accessori
è che affondano oltre i 15 metri ma risalgono a
galla quando il pesce abbocca o se incontrano erbe
e detriti che ne inficiano l’andatura. Lo svantaggio? Beh, durante la traina creano una notevole
resistenza dovuta all’attrito e quindi richiedono
lenze di spessore piuttosto elevato. In ogni caso,
gli affondatori in linea sono molto usati nella traina costiera e per la pesca dei calamari.
Completamente diversi sono gli affondatori cosiddetti “a palla di cannone”, definizione dovuta alla
forma che ricorda certi antichi proiettili di grosso
calibro. Tuttavia, anche se i vecchi piombi sferici
si usano ancora, oggi i preferiti sono quelli dotati
di deriva in piombo o in acciaio, oppure a forma
di pesce, oltre alle ancor più recenti forme a disco
che assicurano un buon affondamento della lenza
anche senza ricorrere a pesi eccessivi. Per calare e,
soprattutto, sollevare tutte queste pesanti zavorre,
Piombo guardiano da impiegare con l’argano
però, sono indispensabili veri e propri arganetti
(ne esistono di manuali ed elettrici), dotati di
piombature da 3 a 8 chili e oltre che consentono
di mantenere in profondità sia le esche vive sia
quelle artificiali. L’affondatore sferico è formato da
un corpo principale in materiale plastico o metallico (acciaio inox) dotato di una ruota che avvolge
un cavetto d’acciaio o robusto multifilo trecciato
che sorregge la zavorra. Alla palla di cannone viene fissata una pinza da sgancio collegata alla lenza
da affondare: al momento dell’abboccata, la pinza
rilascia la lenza e il pesante piombo rimane sospeso al filo metallico (praticamente in verticale sotto
la barca), senza disturbare durante il combattimento col pesce. L’affondatore viene piazzato sulla barca in particolari bicchieri metallici oppure in
un portacanne a incasso; solitamente nella in dotazione c’è anche un contametri per tenere sotto
controllo la profondità della zavorra. Le palle di
cannone si recuperano agendo sulla manovella
che comanda la ruota ma esistono anche modelli
con motore elettrico che ci evitano ogni fatica.
Con gli affondatori a palla di cannone, infine, si
possono filare in acqua anche un paio di lenze a
diversa profondità: la principale sistemata a fondo, vicino al piombo, l’altra a mezz’acqua, trattenuta da una pinza a sgancio direttamente sul cavetto che regge la grossa zavorra.
Riccardo Zago
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