La scrittura

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La scrittura
La scrittura
Secondo il linguistica M.A.K. HALLIDAY (nel volumetto Spoken and Written Language, Oxford
University Press, 1990 (1985)) l’origine della lingua parlata consiste nella progressiva associazione
di un sistema simbolico fonico con un sistema concettuale. Lo stesso vale per l’origine della
scrittura, vista anch’essa come il perfezionarsi di un sistema simbolico che si associa ad un sistema
concettuale. Se ne conclude che la relazione che si istituisce tra lingua scritta e lingua orale è una
convergenza di due sistemi simbolici paralleli. Ciascuno dei due sistemi realizza aspetti che l’altro
sistema non riesce. In particolare, il linguaggio scritto non riesce a rappresentare gli aspetti
prosodici e paralinguistici.
Il rapporto che c’è tra scritto e parlato si collega con l’evoluzione della società verso la stanzialità e
la divisione del lavoro.
“Language had to be reduced to a form where it existed rather than simply happening – where a text could be referred
to over and over again, instead of having to be performed each time like the literature and sacred texts of oral
communities. In modern jargon, a process had to be transformed into a product.” (p. 39-40)
Ma col tempo lo scritto diviene una forma culturale:
“Whether you write or not, once you are functionally literate in a literate society, you are in fact participating in the
exchange of meanings through written language; and this has considerable significance, since the kinds of meaning that
are transmitted in writing tend to be somewhat different from the kinds of meaning transmitted through speech.”
(p.41)
Quest’ultima affermazione mostra fino a che punto sia stretta l’interconnessione tra scrittura e
lingua e fino a che punto la scrittura può condizionare la lingua e viceversa.
Il sistema di scrittura che utilizziamo oggi ha origine da una famiglia di scritture semitiche che, pur
nascendo come rappresentazione “pittografica” di oggetti, evolve ben presto verso un uso
propriamente alfabetico, cioè fonetico.
Come si osserva in questa tabella, il sistema pittografico sinaitico (cioè utilizzato dai popoli del
Sinai, terza colonna da sinistra) è una sorta di stilizzazione dei geroglifici egizi. Ben presto ciascun
segno viene utilizzato come simbolo del suono corrispondente all’iniziale della parola
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rappresentata. Così il simbolo della seconda riga rappresenta una “casa”, corrispondente in molte
lingue semitiche a beth diventa il greco beta e rappresenta il suono b; il simbolo del 15° rigo è
“acqua”, che in molte lingue semitiche è mem e sta per il suono m; il simbolo del quart’ultimo rigo
è la “testa”, rosh e sta per r. La quart’ultima colonna riporta la versione Sud-arabica (sabateo e
nabateo) da cui nascerà l’alfabeto arabo attuale. L’ultima colonna è l’ebraico.
Di seguito vediamo, attraverso un’iscrizione osca, che gli alfabeti italici derivano anch’essi dalla
scrittura sinaitica attraverso la mediazione dei Fenici e dei Greci.
Lo stesso vale per l’umbro
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per l’etrusco e per molte altre scritture, incluse le rune dei vichinghi.
Un interessante sviluppo di questa famiglia di alfabeti si avrà in oriente, nell’area indiana, dove si
sono trasformati in una scrittura sillabica, in cui ogni segno consonantico include la vocale sillabica
che lo accompagna.
Un’altra grande famiglia di scritture è quella “cuneiforme”. Anch’essa deriva da una scrittura
pittografica, come mostra la tabella
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La prima colonna mostra l’origine dei segni nelle tavolette sumeriche e la loro rotazione nella fase
più tarda. Le colonne successive mostrano l’evoluzione in babilonese e assiro. I segni mantengono
la loro caratteristica di ideogrammi.
Presto, però, sorge un sistema misto in cui l’ideogramma viene completato foneticamente da un
altro ideogramma letto come sillaba, come mostra il seguente esempio accadico.
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L’accadico raggiunge livelli di notevole complessità, come mostrano gli esempi:
I nomi sono resi in forma sillabica; inoltre viene fatto uso di forme prefisse come
indica “divinità” o
che
che indica città. Si tratta di indicatori di natura semantica che orientano
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il lettore nell’interpretazione. La scrittura cuneiforme elamica evolve definitivamente verso una
forma sillabica (vedi sotto) che viene recepita dai Persiani che scrivevano i loro documenti sia in
elamico (lingua semitica che fungeva da lingua diplomatica dell’epoca) che in persiano, una lingua
indo-europea. .
In epoca di massimo splendore, le iscrizioni degli imperatori Persiani vengono scritte ancora in
cuneiforme, ma ormai trasformato in perfetta scrittura sillabica, come si vede dall’esempio qui sotto
ba
dio
ga
| va
z(a) ra ka | a
grande
u
ra
ma
z(a) d(a) ā
Auramzda
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La scrittura ideografica sumerica ha diverse varianti come quella di Uruk
o l’antico elamico
Che ricordano scritture come quelle dell’area indiana di Mohenjo-Daro e Harappa
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O la scrittura lineareB cretese e micenea, che però era una scrittura sillabica
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Anche l’ittito, lingua indoeuropea, viene scritta sia con caratteri cuneiformi che con geroglifici che
sembrano vicini a quelli elamici
Il percorso generale della scrittura, quindi, sembra andare da una versione primitiva ideografica che
evolve verso un uso fonetico sia esso inteso come suono per suono o come sillaba per sillaba. Il
momento di passaggio pare che sia quello in cui si ha una scrittura mista con ideogrammi utilizzati
come tali che si mescolano con elementi sillabici.
Qualcosa di simile accade in giapponese moderno, che dispone di una doppia scrittura, il Kanji
formato da ideogrammi e il kana che è sillabico. Il kanji è una scrittura importata di sana pianta
dalla Cina, ma nel transito gli ideogrammi cinesi hanno ricevuto due letture, una che ricopre termini
giapponesi ed ha una pronuncia giapponese (Kun-yomi:
), ed una che ricopre concetti non
presenti in giapponese ed ha una pronuncia cinese (On-yomi:
). Così, ad esempio,
l’ideogramma
indica “montagna” e in cinese è shan, diviene in giapponese san in lettura on-yomi, e yama
in lettura kun-yomi.
A questo si aggiunge un alfabeto sillabico, in due versioni, hiragana, che si usa per completare i
segni kanji con gli elementi morfologici, e katakana, che si usa quando non c’è possibilità di
trovare corrispondenze in kanji o hiragana. Una riga di giapponese moderno appare come segue
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Su-be-te no nin-gen wa
“tutti gli esseri umani”
dove la scrittura sillabica (hiragana) include due segni kanji (ningen)
Un caso di evoluzione completamente diverso è il cinese. La grafia cinese nasce come pittografia,
come tutte le altre, evolvendo verso una grafia altamente stilizzata che rimane ideografica
Lo sviluppo è lungo e passa attraverso numerose fasi
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I cinesi distinguono, nella parola, ci “forma fonica” da zì “rappresentazione”, intendendo per
quest’ultima la forma grafica.
L’elemento interessante è che ancora oggi nella scrittura cinese prevale l’aspetto visivo, tanto che il
dizionario cinese non è ordinato in modo fonetico (per ordine di suoni) ma in modo ideografico,
cioè per ordine di numero di pennellate per segno (da 1 a n). Anche l’etimologia di una parola
cinese si ricostruisce guardando la forma grafica, piuttosto che ricostruendone la fonetica.
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