Discriminazione, emarginazione e Diritti delle donne

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Discriminazione, emarginazione e Diritti delle donne
Amnesty International
Gruppo Italia 115 Collegno – Grugliasco – Rivoli
CLUB D’IMPEGNO CIVILE E SOLIDARIETA’ SOCIALE - ONLUS
GRU CLUB ADB
Progetto di educazione ai Diritti Umani – 2º Percorso
Edizione 2005
Cosa accade nel mondo: alcune situazioni reali
Viaggio nel mondo dei Diritti Umani
Discriminazione,emarginazione e Diritti delle Donne
INDICE
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Legislazione internazionale sui diritti delle donne
7
10
15
Donne e Società
Scheda Arabia Saudita
Scheda Nigeria
20
23
27
Donne comprate e vendute
Scheda Pakistan
Scheda Ucraina
30
33
40
Nascere Bambine
Scheda Cina
Scheda India
45
48
53
Donne e guerra
Scheda Bosnia-Erzegovina
Scheda Congo
58
61
65
Le mutilazioni genitali
Scheda Somalia
Scheda Sudan
72
76
84
Tortura in detenzione
Scheda Stati Uniti
Scheda Turchia
APPENDICI
90
CONVENZIONE SULL'ELIMINAZIONE DI OGNI FORMA DI DISCRIMINAZIONE
NEI CONFRONTI DELLA DONNA
100
PROTOCOLLO FACOLTATIVO
Iniziativa gratuita realizzata insieme al
Centro Servizi V.S.S.P.
Per promuovere il volontariato e la cultura della solidarietà
Numero verde 800 590000
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Discriminazione,emarginazione e Diritti delle Donne
LEGISLAZIONE INTERNAZIONALE
DIRITTI DELLE DONNE
SUI
Convenzione sull‟Eliminazione di tutte le forme di Discriminazione ai danni delle Donne
La Convenzione sull‟Eliminazione di tutte le forme di Discriminazione ai danni delle Donne
(Convention on the Elimination of All Forms of Discrimination against Women, CEDAW) è stata
adottata dalla Assemblea Generale dell‟Onu nel 1979, costituisce la principale garanzia che il diritto
internazionale offre al rispetto dei diritti delle donne 1. È costituita da un preambolo e da 30 articoli
nei quali viene definita l‟ “agenda” delle azioni da intraprendere a livello nazionale per porre fine
alla discriminazione.
La Convenzione definisce discriminazione “ogni distinzione, esclusione o restrizione basata sul
sesso, che abbia come conseguenza, o come scopo, di compromettere o distruggere il
riconoscimento, il godimento o l‟esercizio da parte delle donne (…) dei diritti umani e delle libertà
fondamentali in campo politico, economico, sociale, culturale e civile o in ogni altro campo”.
La Convenzione riconosce, quindi, che la discriminazione impedisce alla donne di godere della
totalità dei diritti umani. Stabilisce, inoltre, gli obblighi che ricadono sui governi al fine di far
cessare tale discriminazione nella vita pubblica, come in quella sociale e familiare. Fra questi
obblighi vi è quello di stilare periodicamente un rapporto sulle misure intraprese da far pervenire al
Comitato che monitora l‟implementazione della Convenzione, il quale si esprime in merito,
emanando eventuali raccomandazioni.
Ovviamente, nel momento in cui uno Stato ratifica la Convenzione contrae l‟obbligo di adeguare ad
essa le proprie leggi e le proprie pratiche, allo scopo di garantire i diritti civili, culturali, economici,
politici e sociali delle donne. La parità fra uomini e donne deve quindi essere assicurata, ad
esempio, nel campo della partecipazione politica, dell‟educazione, della sanità, del diritto di
famiglia e dell‟uguaglianza di fronte alla legge.
La protezione da tutte le forme di discriminazione contro le donne si estende anche alla violenza
basata sul genere, definita dalla Convenzione come “violenza che è diretta contro una donna in
quanto tale o che tocca le donne in misura sproporzionata”, e che costituisce una breccia delle
protezioni garantite dalla Convenzione stessa.
La Convenzione protegge le donne contro la discriminazione da parte delle autorità pubbliche e
degli agenti statali. Inoltre, e si tratta di un passo significativo, ritiene gli Stati-parte responsabili
della discriminazione commessa da individui e organizzazioni private. Questo aspetto è rilevante
per la vita di molte donne poiché riguarda l‟integrità ed il benessere fisico e psicologico, in
particolare quando le pratiche che attentano ad essi sono supportate da usi, abitudini e tradizioni di
lungo corso (ad esempio, la pratica della mutilazione genitale femminile ,gli “omicidi di onore” e le
morti per dote, lo stupro - compreso lo stupro nei conflitti armati o da parte del marito - o la
violenza domestica). Se le autorità non sono in grado di offrire protezione da queste pratiche e da
questi abusi attraverso, ad esempio, la legislazione o l‟educazione pubblica, o non perseguono
legalmente i responsabili di tali abusi e non risarciscono le vittime, lo stato contravviene alle
obblighi stabiliti dalla Convenzione.
1
Un altro fondamentale strumento legislativo internazionale è la Dichiarazione sulla Eliminazione della
Violenza contro le Donne (DEVAW), che però non possiede lo stesso valore “coercitivo” di una
convenzione.
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La Convenzione tocca una molteplicità di tematiche per quanto riguarda i diritti delle donne
(riproduzione, relazioni familiari, nazionalità, ecc.). Fra questi vi è anche la protezione da tutte le
forme di tratta e di sfruttamento, ed il conseguente obbligo per i singoli governi di prendere efficaci
misure in merito.
Accettando la Convenzione, gli stati si impegnano, quindi, a intraprendere una serie di azioni per far
cessare la discriminazione contro le donne
 incorporando i principi di eguaglianza fra uomini e donne nei loro sistemi legali, abolendo
ogni legge discriminatoria e adottando appropriati provvedimenti che proibiscano la
discriminazione.
 facendo in modo che il sistema giudiziario, come tutte le istituzioni pubbliche, assicuri un
effettiva protezione delle donne dalla discriminazione.
 assicurando l‟eliminazione di ogni atto discriminatorio contro le donne da parte di singole
persone, organizzazioni o imprese.
La Convenzione sull‟Eliminazione di tutte le forme di Discriminazione ai danni delle Donne è stata
ratificata da 170 stati. Nonostante questa considerevole cifra, Amnesty International nota con
preoccupazione che sono state espresse un numero maggiore di riserve a questa Convenzione che a
qualsiasi altro trattato internazionale. Ogni riserva che limiti gli obblighi degli Stati rischia di
indebolire la piena implementazione della Convenzione a livello nazionale.
Protocollo opzionale alla Convenzione sull’Eliminazione di tutte le forme di Discriminazione
contro le Donne
Il Protocollo opzionale alla Convenzione sull‟Eliminazione di tutte le forme di Discriminazione
contro le Donne (CEDAW) è entrato in vigore il 22 dicembre del 2000. Si tratta di un Protocollo
supplementare alla Convenzione che per essere applicato richiedeva la ratifica di almeno dieci stati
(la decima ratifica è stata proprio quella dell‟Italia).
La Convenzione sull‟Eliminazione di tutte le forme di Discriminazione contro le Donne è stata
ratificata da 170 stati, ma sono 75 gli stati che ne hanno firmato il Protocollo opzionale e soltanto
47 di essi lo hanno pure ratificato. L‟applicazione a livello nazionale del Protocollo è legata alla
ratifica da parte di ogni singolo stato.
L‟entrata in vigore del Protocollo opzionale alla Convenzione sull‟Eliminazione di tutte le Forme di
Discriminazione contro le Donne rappresenta un significativo avanzamento nella protezione e nella
promozione dei diritti umani delle donne, in quanto offre a singole donne e ad associazioni di donne
un meccanismo di accesso diretto alla Comitato che monitora il rispetto della Convenzione. È
finalmente un mezzo che il Comitato ha per controllare che quanto contenuto nella Convenzione
non rimanga un insieme di regole e raccomandazioni astratte, ma contribuisca alla reale attuazione
dei diritti delle donne. In questo modo, qualora i singoli governi si siano resi responsabili o abbiano
tollerato forme di discriminazione ai danni delle donne, i diritti delle vittime di tali discriminazioni
possono essere riconosciuti ad un livello internazionale, indipendente ed autorevole, quello delle
Nazioni Unite. Il Protocollo opzionale offre, quindi, alle donne un mezzo diretto per ottenere
riparazione per le violazioni dei propri diritti aprendo loro le porte del Comitato delle Nazioni Unite
che controlla l‟implementazione della Convenzione. Questo organismo ne può richiedere
l‟applicazione direttamente alle situazioni effettive che donne di ogni parte del mondo devono
quotidianamente affrontare, facendo sì che la Convenzione non rappresenti per loro soltanto una
serie di principi vaghi ed inefficaci.
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Il testo del Protocollo opzionale è stato adottato dalla Assemblea Generale delle Nazioni Unite il 6
ottobre del 1999 ed è composto da 21 articoli, di cui i primi due di importanza fondamentale, poiché
attraverso di essi uno stato riconosce la competenza del Comitato a ricevere e considerare denunce
da parte di persone o gruppi interni alla propria giurisdizione.
Art. 1
Uno Stato parte del presente Protocollo (che da ora in avanti sarà definito “Stato Parte”) riconosce
la competenza del Comitato sull‟Eliminazione della Discriminazione nei confronti delle Donne (che
da ora in avanti sarà definito “il Comitato”) a ricevere e prendere in esame le comunicazioni ad esso
presentate in conformità con quanto previsto dal successivo articolo 2.
Art. 2
Le comunicazioni potranno essere presentate a titolo individuale o a nome di gruppi di persone, le
quali rientrino nella giurisdizione di uno Stato Parte, che lamentino di essere stati vittime della
violazione di uno qualsiasi dei diritti esposti nella Convenzione dallo Stato Parte in questione. (…)
Il Protocollo Opzionale prevede la possibilità di inoltrare petizioni individuali e garantisce quella di
indagare su violazioni sistematiche della Convenzione, fornendo un mezzo a carattere
internazionale per rendere giustizia alle donne che hanno subito abusi dei propri diritti umani. Vi
sono due tipi di procedure previste dal Protocollo:
1) La procedura per comunicazione, la quale permette a singole donne o a gruppi di donne di
inoltrare al Comitato una denuncia di violazione dei diritti protetti dalla Convenzione
sull‟Eliminazione di tutte le forme di Discriminazione contro le Donne. Per poter essere ricevuta,
una denuncia deve essere già stata sottoposta, senza risultati soddisfacenti, agli organi interni alla
giurisdizione statale.
2) La procedura di inchiesta, la quale permette al Comitato di svolgere inchieste in situazione di
violazioni gravi o sistematiche dei diritti delle donne. Al momento della firma o della ratifica uno
stato può, ad ogni modo, rifiutare di riconoscere valida questo tipo di procedura.
In entrambi i casi, perché il Comitato possa prendere in considerazione e pronunciarsi, è
ovviamente necessario che lo stato oggetto di indagine abbia firmato e ratificato la Convenzione
sull‟Eliminazione di tutte le forme di Discriminazione contro le Donne.
La ratifica del Protocollo opzionale

permette l‟investigazione da parte di esperti internazionali su abusi dei diritti umani ai danni
delle donne. La procedura di inchiesta, in particolare, può essere utile nel caso in cui la
denuncia individuale non sia in grado di riflettere il carattere diffuso della violazione, come
nel caso in cui individui o gruppi non denuncino gli abusi, a causa del timore di rappresaglie
o per altri motivi.

Offre al Comitato l‟opportunità di indirizzare raccomandazioni per quanto riguarda la natura
della violazione, nel caso anche affrontando la causa strutturale e l‟insieme delle
problematiche legate alla discriminazione all‟interno di un paese.

Contribuisce a migliorare la comprensione della Convenzione da parte dello Stato e dei
cittadini. Nel corso delle procedure di comunicazione o di inchiesta allo stato saranno
indirizzate specifiche richieste. Ciò comporterà un chiarimento per quanto riguarda gli
obblighi che lo stato si è assunto nel momento in cui ha sottoscritto la Convenzione. Come è
avvenuto per altre Convenzioni, emergeranno, quindi, linee-guida per la condotta dello stato
e per la rivendicazione dei diritti dei singoli individui.
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
Spinge gli stati, desiderosi di evitare denuncie e censure, verso una maggiore
implementazione della Convenzione. La possibilità di rivolgersi ad un Comitato
internazionale costituisce un incentivo per migliorare le procedure interne.

Stimola un cambiamento delle leggi e delle pratiche discriminatorie. Il Comitato, infatti, può
richiedere al singolo stato di intraprendere misure specifiche come emendare la legislazione,
far cessare comportamenti discriminatori, implementare azioni volte ad affermare i diritti
riconosciuti alle donne dalla Convenzione.

Incrementa la consapevolezza pubblica a proposito delle norme internazionali sui diritti
umani per quanto riguarda la discriminazione contro le donne. Il Protocollo opzionale
prevede che lo stato renda pubblico e diffonda l‟informazione sulla possibilità di rivolgersi
al Comitato. Le comunicazioni e le inchieste riceveranno una pubblicità destinata ad
aumentare la consapevolezza sui diritti sanciti dalla Convenzione, come è avvenuto per altri
trattati, come è il caso del primo Protocollo opzionale al Patto Internazionale sui Diritti
Civili e Politici.
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DONNE E SOCIETA’
La discriminazione di genere
Nel febbraio 1996, Grace Patrick Akpan, cittadina italiana di origine nigeriana, venne fermata dalla
polizia di Catanzaro per un controllo d‟identità. Gli agenti avvisarono la centrale che stavano
arrivando con una “prostituta di colore”: in realtà, si trattava di una studentessa di medicina e
moglie di un carabiniere. Dopo essere uscita dalla questura, Grace venne ricoverata per due
settimane in ospedale. Tre anni dopo, il Tribunale di Catanzaro condannò due agenti di polizia a due
mesi di libertà vigilata e a pagare le spese processuali per abuso di potere e per aver causato lesioni
alla donna.
Il preambolo della Convenzione sull‟eliminazione di tutte le forme di discriminazione contro le
donne, adottata dalle Nazioni Unite nel 1979, afferma che la discriminazione viola il principio di
uguaglianza di diritti e il rispetto per la dignità umana, costituisce un ostacolo alla partecipazione
delle donne, su base paritaria rispetto agli uomini, alla vita politica, sociale, economica e culturale
dei loro paesi e indebolisce lo sviluppo della famiglia e della società. Nonostante questo, in ogni
parte del mondo le donne sono sottoposte a trattamenti discriminatori.
Le leggi di alcuni paesi sono esplicitamente discriminatorie, poiché stabiliscono pene più severe per
le donne che commettano un reato (è il caso dell‟adulterio, che in alcuni paesi, tra cui la Nigeria, è
considerato un crimine da punire con la lapidazione), oppure perché nei processi in cui l‟imputato è
una donna si richiede un maggior numero di prove e testimonianze a sostegno della sua innocenza.
In molti paesi sono costrette a subire l‟imposizione di rigidi codici di condotta, quali quelli relativi
all‟abbigliamento o al comportamento da tenere in luoghi pubblici.
Assai diffusi sono, inoltre, gli abusi nei contesti familiari, contraddistinti sia dalla gravità e
dall‟efferatezza dei reati che dall‟assenza di protezione da parte dalle autorità: “delitti d‟onore” in
Pakistan, torture col fuoco in India e con l‟acido in Bangladesh, sfregi, vendita a scopo di
prostituzione in decine di paesi del mondo. In Russia, almeno 14.000 donne muoiono ogni anno per
mano dei propri mariti o di altri parenti, che non possono essere perseguiti penalmente a causa della
mancanza di norme che puniscano la violenza domestica, nonostante siano stati presentati ben 50
progetti di legge su questo argomento.
Le mutilazioni genitali femminili rappresentano il più drammatico ed evidente caso di
discriminazione di genere radicata nella tradizione: si calcola che circa 6000 bambine subiscano
ogni giorno l‟amputazione del clitoride o l‟infibulazione, quasi sempre in condizioni igieniche
precarie che portano in molti casi alla morte per infezione.
Il Caso
Amina Lawal – una donna musulmana – è stata giudicata colpevole nel marzo 2002 per aver avuto
un figlio al di fuori del matrimonio. Secondo i “Codici penali della Svaria”, introdotti in Nigeria nel
1999 e in vigore in alcuni Stati del nord del paese, questo è stato sufficiente a condannarla per
adulterio e a chiamarla a comparire in giudizio di fronte ad un tribunale della Sharia per rispondere
di un “crimine” che ora è punito con la pena di morte per lapidazione.
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Restrizioni che ostacolano il risarcimento legale
Le restrizioni alla libera circolazione delle donne, alle loro iniziative e ai diritti legali possono
ulteriormente ostacolare l‟accesso agli strumenti legali per le vittime di violenza.
In Arabia Saudita una donna che lascia la propria casa per chiedere aiuto alla polizia, corre il rischio
di essere arrestata per il fatto di mostrarsi in pubblico non accompagnata da un parente maschio,
come un fratello o uno zio, ed è di solito ricondotta a casa. In Pakistan, le donne che vivono in aree
rurali, in genere non conoscono che le immediate vicinanze della propria abitazione, non hanno
accesso a denaro, e desterebbero immediato sospetto se camminassero fuori dal loro villaggio o
prendessero un autobus.
In alcuni paesi le donne non possono presentarsi di persona davanti a una corte – i loro parenti
maschi sono delegati a rappresentarne gli interessi. Per esempio in Arabia Saudita, è considerato
vergognoso per una donna comparire in un tribunale per far valere i propri diritti.
Perseguite a causa del loro ORIENTAMENTO SESSUALE
In Iran una relazione lesbica può costare la vita: per il reato di lesbismo è prevista la condanna a
morte. In circa 70 paesi vi sono leggi che puniscono col carcere – ma in alcuni paesi anche con pene
corporali e condanne a morte - gli atti sessuali con persone del proprio sesso, rafforzando in questo
modo i pregiudizi sulla “sessualità malata o distorta”.
La discriminazione nei confronti di lesbiche, gay, bisessuali e transessuali (LGBT) - persone che
non si comportano secondo l‟orientamento sessuale “di maggioranza” - è un fenomeno la cui
dimensione non è ancora completamente nota, a causa dei timori o dei pregiudizi che frenano molte
persone dal denunciare i trattamenti subìti. Essa è comunque diffusa in ogni parte del mondo e si
presenta sotto numerose forme: negazione del lavoro, rifiuto di affittare abitazioni, violazione della
riservatezza, mancato riconoscimento legale dei legami affettivi, omicidi e violenze omofobiche,
aggressioni e torture.
Un po‟ ovunque nel mondo, i detenuti e le detenute LGBT subiscono assalti ed aggressioni sessuali
da parte di altri reclusi o di guardie penitenziarie: è il caso, tra gli altri, degli Stati Uniti e
dell‟Ecuador. Questi abusi sono causati sia dall‟omofobia e dal sessismo del personale di guardia
sia da regolamenti che non contemplano misure di protezione specifiche per i detenuti e le detenute
LGBT o prevedono forme di isolamento che finiscono per favorire maltrattamenti e torture.
Le lesbiche – il cui comportamento è stigmatizzato ancora più di quello dei gay - sono sottoposte in
molti paesi a una dura persecuzione: umilianti irruzioni e perquisizioni nei luoghi di ritrovo, stupri
da parte dalle guardie penitenziarie per avere “ciò che ci spetta”; violenze all‟interno della propria
famiglia, comprese gravidanze forzate, per “raddrizzare” il loro comportamento.
«Mi hanno chiuso in una stanza e lo hanno portato da me ogni giorno, per violentarmi, in modo che
io rimanessi incinta e fossi costretta a sposarlo. Mi hanno fatto questo fino a quando non sono
rimasta incinta…»
Questo resoconto di violenza sessuale e di gravidanza imposta con la forza può riportare alla mente
le atroci brutalità compiute contro le donne, durante i recenti conflitti nei Balcani o nell‟Africa
centrale. Invece, un tale atto di tortura non è avvenuto in stato di detenzione o durante un conflitto
armato, ma è accaduto ad una ragazza adolescente, nella sua 'tranquilla' casa familiare, in
Zimbabwe. Coloro che hanno organizzato lo stupro non erano comandanti militari nemici; si
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trattava degli stessi genitori della ragazza, che erano così determinati a «correggere» il lesbismo
della loro figlia da costringerla ad essere ripetutamente violentata da un uomo più anziano. 74
Molte delle violenze subite da persone lesbiche e gay hanno luogo all‟interno della comunità o in
famiglia. Al pari della tortura da parte di pubblici funzionari, la violenza all‟interno della comunità
è intenzionalmente usata per punire, per intimorire e per rafforzare le discriminazioni contro le
persone LGBT. Come la tortura subita in stato di detenzione, tali violenze sono talvolta fatali, e le
loro conseguenze sono sempre devastanti.
[Brani tratti da: Broken bodies, shattered minds - Torture and ill-treatment of women killings of
girls and women (2001), The louder we will sing (1999) e Crimes of Hate, Conspiracy of Silence
(2001) – pubblicazioni di Amnesty International]
74
La citazione è stata riportata in un'intervista del dicembre 1994 da Bev Clark, autore di Lesbian Activism in Zimbabwe.
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Saudi Arabia (the Kingdom of)
Regno dell'Arabia Saudita
Capo di stato e del governo: re Fahd Bin Abdul Aziz Al-Saud
Pena di morte: mantenitore
Statuto di Roma della Corte penale internazionale: non firmato
Convenzione delle Nazioni Unite sulle donne: ratificata con riserve
Protocollo opzionale alla Convenzione delle Nazioni Unite sulle donne: non firmato
Le uccisioni da parte delle forze di sicurezza e di gruppi armati si sono intensificate, inasprendo la
già spaventosa situazione dei diritti umani nel Paese. Decine di persone, tra cui critici pacifici dello
Stato, sono state arrestate e oltre una ventina sospettate in relazione alla “guerra al terrorismo” sono
state detenute dopo essere state rimpatriate forzatamente da altri Paesi. Almeno cinque possibili
prigionieri di coscienza sono stati processati in udienze che non hanno rispettato gli standard
internazionali, ma lo status di altri, compresi centinaia trattenuti da anni, è rimasto oscuro. Il
dibattito sulla discriminazione contro donne, che era iniziato negli anni precedenti, ha conosciuto un
ulteriore slancio focalizzando l‟attenzione sulla violenza domestica e attirando la partecipazione
politica. Sono stati segnalati casi di tortura e la fustigazione, che costituisce una pena crudele,
inumana e degradante e che equivale a tortura, è rimasta una pratica di routine. Almeno 33 persone
sono state messe a morte. Approssimativamente 600 rifugiati iracheni del campo militare di Rafha
hanno continuato a vivere di fatto come prigionieri. Tra gli operai stranieri si è diffuso un certo
ottimismo dopo che il governo ha annunciato misure per proteggere i loro diritti economici e sociali
e il Paese si stava avviando ad alleviare la situazione di povertà. Ad AI continua a essere negato
l‟accesso al Paese.
Contesto
Il governo ha continuato a sostenere riforme politiche in un clima di crescente violenza e di
situazione spaventosa dei diritti umani. A marzo ha creato la prima Associazione nazionale per i
diritti umani (NHRA) che sia mai stata autorizzata ufficialmente. Tale associazione è composta da
41 membri, di cui 10 donne. Tra gli obiettivi dichiarati dall‟NHRA figurano la protezione dei diritti
umani e la cooperazione con altre organizzazioni internazionali.
È stato completato l‟iter di preparazione alle prime elezioni nazionali comunali (anche se parziali)
che erano state annunciate nel 2003. Le elezioni erano previste in tre fasi e i comuni sono stati
suddivisi in raggruppamenti regionali. La prima fase prevedeva l‟iscrizione degli elettori della zona
di Riyadh, dove il voto era previsto per febbraio 2005. Le altre due fasi dovevano concludersi entro
l‟aprile 2005. Il regolamento elettorale pubblicato ad agosto prevede l‟elezione di metà dei
candidati di ogni comune e la nomina dell‟altra metà da parte del governo. Alle donne non è stato
concesso né il diritto di voto né quello di candidarsi (vedi di seguito).
Uccisioni
È aumentato il numero di uccisioni da parte delle forze di sicurezza e di gruppi armati determinando
decine di vittime. La maggior parte delle uccisioni da parte delle forze di sicurezza sono avvenute a
Riyadh, La Mecca e Jeddah. Alcune sono avvenute durante scontri con gruppi armati e banditi
ricercati dalle autorità, come nel caso di Abdul Aziz Muqrin, presunto leader di al-Qaeda in Arabia
Saudita, che è stato ucciso a giugno a Riyadh. Tuttavia, la maggior parte delle uccisioni è avvenuta
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durante inseguimenti in auto oppure durante irruzioni in case da parte delle forze di sicurezza. Il
governo ha immancabilmente annunciato che i morti sarebbero stati dei criminali armati, ma per
motivi di segretezza non è stato possibile valutare l‟accuratezza di queste informazioni.
Decine di persone sono state uccise da gruppi armati e da banditi in varie parti del Paese. Le
uccisioni si sono verificate durante attacchi armati o nel corso di concitate operazioni a seguito della
cattura di ostaggi.

A maggio tre persone armate sono entrate negli uffici e in complessi residenziali di impiegati di
compagnie petrolifere ad al-Khobar, nella Provincia Orientale, prendendo in ostaggio decine di
persone, soprattutto lavoratori stranieri. Hanno ucciso alcuni degli ostaggi, pare soprattutto
persone di religione non musulmana. Forze di sicurezza hanno preso d‟assalto l‟edificio nel
quale venivano trattenuti gli ostaggi. Secondo quanto riferito, alla fine dell‟operazione
sarebbero rimasti uccisi 22 civili, sette membri delle forze di sicurezza e un bandito.

A giugno Frank Gardner, un giornalista di una televisione britannica e il suo cameraman, Simon
Cumbers, sono stati attaccati da persone armate, mentre filmavano un servizio giornalistico a
Riyadh. Simon Cumbers è morto in ospedale. Frank Gardner è stato ferito gravemente.
Prigionieri politici e possibili prigionieri di coscienza
Durante tutto l‟anno sono avvenuti arresti di sospetti membri e simpatizzanti di gruppi armati e, in
alcuni casi, di critici pacifici dello Stato.
Decine di persone sono state arrestate perché sospettate di essere in contatto con gruppi armati. Tra
di loro figurano alcuni il cui il nome era apparso su una lista pubblicata dal governo nel dicembre
2003. Gli arresti sono stati eseguiti durante scontri armati, inseguimenti stradali, irruzioni in
abitazioni, rimpatri forzati da altri Paesi, o dopo la resa del sospettato durante l‟amnistia della
durata di un mese che era stata annunciata dal governo il 23 giugno. Lo status legale, i luoghi di
detenzione e le condizioni della maggior parte dei detenuti sono rimasti avvolti in segretezza, in
violazione degli standard internazionali che proibiscono prolungate detenzioni in incommunicado e
“sparizioni”.
Alcuni degli arrestati in quanto critici dello Stato sono stati rilasciati dopo un breve periodo di
detenzione. Almeno 5 di loro sono stati processati. Lo status legale dei restanti, a decine nel corso
dell‟anno e a centinaia negli anni precedenti, è rimasto oscuro.

Cinque presunti critici dello Stato sono stati processati in tre casi distinti. Uno di questi ha vist o
coinvolti due professori universitari, il dottor Matrouk al-Falih e il dottor Abdullah al-Hamid, e
uno scrittore, Ali al-Damayni. I tre erano tra gli undici accademici e intellettuali arrestati a
marzo perché avevano chiesto riforme politiche e criticato il governo. Otto di loro sarebbero
stati rilasciati dopo aver firmato una dichiarazione con la quale s‟impegnavano a non ripetere
mai più tali richieste e critiche. Gli altri tre si sarebbero rifiutati di firmare l‟impegno e sono
rimasti in detenzione. In una rara apertura alla solita situazione di segretezza, ai tre è stato
concesso di ricevere la visita dei familiari e degli avvocati. Ad agosto è iniziato il loro processo
che si sarebbe tenuto a porte aperte. AI aveva intenzione di inviare un osservatore al processo,
ma ai delegati non è stato concesso il visto. La prima sessione del processo si è tenuta a porte
aperte, ma è stata aggiornata a metà del dibattimento in quanto una parte del pubblico avrebbe
disturbato. Le successive udienze si sarebbero svolte a porte chiuse. Gli altri due casi hanno
visto coinvolti il dottor Said bin Zu‟air e suo figlio Mubarak, entrambi arrestati nel corso
dell‟anno. Il dottor Said bin Zu‟air è stato dichiarato colpevole di accuse vaghe come
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disobbedienza al sovrano del suo Paese ed è stato condannato a 5 anni di carcere. Suo figlio
Mubarak è stato condannato in un processo separato a 10 mesi di detenzione per analoghe
accuse. Lo status legale di un altro figlio, Sa‟d, che era stato arrestato nel 2002, è rimasto
incerto. Il dottor Said bin Zu‟air era già stato detenuto senza accusa né processo per 8 anni per il
fatto di essere un critico dello Stato.

Ahmed Abu „Ali, un cittadino statunitense di 24 anni, era stato arrestato nel giugno 2003
all‟Università di Medina, dove studiava. La statunitense FBI (Federal Bureau of Investigation)
l‟avrebbe interrogato o avrebbe collegato il suo interrogatorio a un altro caso in corso negli Stati
Uniti – Stati Uniti contro Royer – relativo a 11 persone accusate di reati collegati al
“terrorismo”. Ahmed Abu „Ali aveva collegamenti con uno degli imputati, ma quest‟imputato è
stato assolto. Ahmed Abu „Ali è rimasto trattenuto in Arabia Saudita senza accusa né processo e
senza poter accedere a un avvocato.
Diritti delle donne
Durante l‟anno è proseguito il dibattito sui diritti delle donne il quale è stato focalizzato sulla
violenza domestica e sul diritto alla partecipazione politica. Il tema della violenza domestica ha
riscosso una forte attenzione nazionale e internazionale quando ad aprile Rania al-Baz, che era stata
picchiata dal marito, ha reso pubblico il suo caso per sensibilizzare l‟opinione pubblica sulla
violenza che subiscono le donne all‟interno delle mura domestiche in Arabia Saudita. La
presentatrice televisiva e madre di due figli Rania al-Baz è stata aggredita da suo marito il 4 aprile
nella loro abitazione di Jeddah, apparentemente dopo che lei aveva risposto al telefono. La donna ha
riportato 13 fratture facciali. Suo marito l‟ha caricata nel suo furgone e l‟ha scaricata in stato di
incoscienza all‟ospedale di Jeddah sostenendo che la moglie era stata vittima di un incidente
stradale. L‟uomo è rimasto latitante fino a consegnarsi alla polizia il 19 aprile. Secondo quanto
riferito, è stato accusato di tentato omicidio, ma l‟accusa è stata in seguito ridotta a lesioni personali
aggravate delle quali è stato ritenuto colpevole a maggio. È stato condannato a 6 mesi di reclusione
e a 300 frustate. Rania al-Baz aveva di fronte a sé l‟opzione di una causa civile con la quale poteva
chiedere un risarcimento (qisas) nelle forma di un indennizzo o di una punizione fisica in
proporzione al danno che aveva subito, ma ha apparentemente scelto di perdonare il marito in
cambio del divorzio e della custodia dei suoi due figli. Suo marito ha scontato più della metà della
pena. Non è noto se abbia subito le frustate.
Quando la faccia sfigurata di Rania al-Baz è apparsa sulle prime pagine dei giornali, l‟evento ha
posto in primo piano le gravi forme di discriminazione che facilitano e perpetuano la violenza
contro donne in Arabia Saudita, così come il tema della impunità. Si tratta del primo caso del
genere nel Paese che si è concluso in un tribunale con condanna e pena sotto gli occhi dell‟opinione
pubblica. Rania al-Baz ha rivelato di aver subito per anni la violenza del marito, ma che non poteva
lasciarlo per la preoccupazione di perdere l‟affidamento dei figli. Nel momento in cui aveva cercato
di lasciarlo, lui le aveva impedito di vedere i figli per due mesi. In Arabia Saudita il divorzio è
principalmente prerogativa dell‟uomo. I diritti delle donne in questo campo sono talmente limitati
che diventa pressoché impossibile per loro esercitarli. Per ottenere il divorzio, a differenza
dell‟uomo, la donna deve provare di aver subito danni o il torto del marito, essere in grado di pagare
un risarcimento, affrontare il rischio di perdere l‟affidamento dei figli ed essere in grado di
convincere una magistratura esclusivamente maschile. I problemi sono aggravati dalle pesanti
restrizioni che le donne subiscono nei loro movimenti, dalla totale dipendenza dai parenti maschi e
dallo stigma sociale che accompagna il divorzio. Attiviste per i diritti delle donne, scrittrici,
giornaliste e avvocate hanno chiesto cambiamenti legali e giudiziari per porre fine a questo tipo di
discriminazione e per combattere l‟impunità di cui godono le persone che commettono atti di
violenza contro donne. Fonti hanno riferito che a novembre il ministro per gli Affari Sociali ha
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Discriminazione,emarginazione e Diritti delle Donne
proposto misure per combattere la violenza domestica che erano in attesa di essere approvate dal
Consiglio dei ministri.
A ottobre il governo ha annunciato che le donne sarebbero state escluse dalla partecipazione alle
elezioni comunali del 2005, anche se il regolamento elettorale introdotto ad agosto non escludeva in
maniera esplicita la partecipazione femminile. Tale decisione è in contrasto con i passi intrapresi dal
governo per il miglioramento delle opportunità di lavoro delle donne e per ridurre le aree di
discriminazione contro le donne.
Tortura e maltrattamenti
La rigida segretezza che circonda arresti e detenzioni rende difficile la valutazione delle forme di
tortura e maltrattamenti che subiscono le persone arrestate durante o dopo scontri violenti oppure
nell‟ambito della “guerra al terrorismo”. Tuttavia, hanno destato preoccupazione le “confessioni” di
alcuni detenuti trasmesse alla televisione. Sono stati inoltre segnalati casi di tortura.

A settembre tre detenuti sono stati mostrati alla televisione di Stato come membri di un gruppo
armato. I tre hanno “confessato” dettagli relativi al gruppo, compreso l‟uso di fotografie che
ritraevano detenuti torturati dalle forze di sicurezza, allo scopo di reclutare nuovi membri e di
incutere loro timore affinché non si arrendessero alla polizia. Confessioni di sospetti che erano
state teletrasmesse in passato erano state ottenute sotto tortura o maltrattamenti o con l‟inganno.

Secondo quanto riferito, sei yemeniti avrebbero sostenuto di essere stati sottoposti a percosse,
privazione del sonno e tenuti incatenati uno all‟altro per la maggior parte del tempo. Tutti
sarebbero stati arrestati durante una visita preso l‟abitazione del loro datore di lavoro a Jeddah
dove la polizia avrebbe trovato armi. Sarebbero stati rilasciati dopo 18 giorni di interrogatorio e
rimpatriati nello Yemen senza essere incriminati o processati.

Brian O‟Connor, un indiano di religione cristiana di 36 anni, sarebbe stato picchiato duramente
dalla polizia religiosa in seguito al suo arresto a marzo a Riyadh, secondo quanto riferito perché
era in possesso di una Bibbia o di altra letteratura cristiana. È stato accusato di aver venduto
alcol e condannato a 10 mesi di reclusione e a 300 frustate. Tuttavia, a novembre è stato
rimpatriato in India.

A maggio un gruppo di cittadini britannici che aveva denunciato di aver subito torture in Arabia
Saudita nel 2001 hanno presentato ricorso nel loro Paese contro una sentenza dell‟Alta Corte del
Regno Unito in una causa intentata da Ron Jones contro i suoi presunti torturatori in Arabia
Saudita. L‟Alta Corte aveva archiviato il caso per motivi di sovranità ai sensi della legge UK
1978 Act. A ottobre la Corte d‟Appello ha deciso che i querelanti potevano citare in giudizio i
singoli funzionari che li avevano torturati ma non il governo.
***Fustigazione
La fustigazione è rimasta una punizione corporale applicata di routine dai tribunali, sia come pena
principale sia accessoria.

Secondo quanto riferito, ad agosto, 42 giovani sono stati fustigati per teppismo, distruzione di
macchine e molestie contro donne a La Mecca. In questo caso la fustigazione è stata una pena
accessoria alla carcerazione e a un‟ammenda.
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Discriminazione,emarginazione e Diritti delle Donne
Rifugiati
Secondo quanto riferito, il rimpatrio spontaneo di circa 3.500 rifugiati iracheni della guerra del
Golfo del 1991 è stato sospeso a maggio in seguito al deterioramento della situazione di sicurezza in
Iraq. Circa 600 rifugiati sarebbero rimasti di fatto prigionieri nel campo militare di Rafha nel
deserto settentrionale al confine con l‟Iraq. A loro è stata negata la possibilità di chiedere asilo in
Arabia Saudita.
Pena di morte ed esecuzioni
Almeno 33 persone, tra cui una cittadina dello Sri Lanka e 13 uomini stranieri, sono state messe a
morte. Secondo il governo le persone erano state condannate per omicidio, furto o reati di droga. Il
numero dei prigionieri in attesa di esecuzione non è noto ad AI, ma tra questi figura Sara Jane
Dematera, una cittadina filippina condannata nel 1993 al termine di un processo segreto e sommario
per l‟omicidio del suo datore di lavoro. Ad aprile le è stato concesso di ricevere una visita della
madre.
Diritti economici e sociali
Tra gli oltre sette milioni di lavoratori stranieri si è diffuso un certo ottimismo riguardo ai loro diritti
economici e sociali e le Nazioni Unite hanno indicato che l‟Arabia Saudita aveva compiuto
progressi nella lotta contro la povertà. Il governo ha annunciato progetti di riforma del diritto del
lavoro che migliorerebbero la protezione dei diritti dei lavoratori stranieri. Ha inoltre annunciato
che avrebbe intrapreso misure punitive nei confronti di agenzie di collocamento e datori di lavoro
che avrebbero maltrattato i lavoratori. Il governo ha altresì dichiarato di aver rafforzato i
meccanismi di reclamo dei lavoratori e ha chiesto ai lavoratori maltrattati di sporgere denuncia.
Alcuni lavoratori stranieri avrebbero dato vita ad associazioni di assistenza per i loro connazionali
nella presentazione dei reclami. In un caso i lavoratori avrebbero creato una struttura di accoglienza
per le lavoratrici che avevano subito violenza domestica.
Rapporti di AI
The Gulf and the Arabian Peninsula: Human rights fall victim to the “war on terror” (AI Index:
MDE 04/002/2004)
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Discriminazione,emarginazione e Diritti delle Donne
Nigeria (the Federal Republic of)
Repubblica federale della Nigeria
Capo di Stato e del governo: Olusegun Obasanjo
Pena di morte: mantenitore
Statuto di Roma della Corte penale internazionale: ratificato
Convenzione delle Nazioni Unite sulle donne e relativo Protocollo opzionale: ratificati
Sono continuate le condanne a morte per lapidazione per reati correlati alla sfera sessuale; nel corso
dell‟anno non vi sono state esecuzioni. Sono stati segnalati attacchi violenti, alcuni dei quali hanno
coinvolto anche membri delle forze di sicurezza, nella zona del Delta del Niger. La violenza sulle
donne è risultata molto diffusa e le discriminazioni di fatto e di diritto basate sul genere hanno
continuato a destare grave preoccupazione. Le autorità non hanno condotto indagini indipendenti in
merito alle violazioni dei diritti umani e non sono riuscite a portare i responsabili davanti alla
giustizia. Gli oppositori del governo hanno subito minacce e intimidazioni.
Pena di morte
Durante l‟anno non sono state effettuate esecuzioni. Sentenze di condanna a morte sono state
emesse sia dalle Corti di grado superiore che dalle corti della sharia (legge islamica) nel nord della
Nigeria.
Le corti di appello hanno ribaltato tre sentenze di condanna a morte emesse dai tribunali negli Stati
del nord secondo la nuova legislazione penale basata sulla sharia. La nuova legislazione penale
basata sulla sharia ha continuato a criminalizzare i comportamenti definiti come zina (reati correlati
alla sfera sessuale) e ha cambiato le pene per i musulmani accusati di zina passando dalla
fustigazione al ricorso alla condanna a morte, applicabile a coloro che sono o sono stati sposati. I
reati definiti in questo modo sono utilizzati per negare a uomini e donne il diritto alla riservatezza e
alla libertà di espressione e di associazione, e frequentemente anche per negare in pratica alle donne
l‟accesso alla giustizia. Le norme relative alle prove, discriminanti nei confronti delle donne,
continuano a essere applicate, sottoponendo le donne a maggiori rischi di condanna per l‟accusa di
zina. I processi secondo la nuova legislazione penale basata sulla sharia sono stati in generale
gravemente iniqui, negando ai poveri e ai più vulnerabili i diritti fondamentali come quello di
accedere a un avvocato. La nuova legislazione penale basata sulla sharia ha inoltre esteso la
giurisdizione dei casi capitali alle corti di primo grado del sistema giudiziario della sharia.

A marzo, una Corte Suprema della sharia nello Stato di Bauchi, nel nord-est della Nigeria, ha
assolto Jibrin Babaji. Egli era stato condannato a morte per lapidazione nel settembre 2003 da
un tribunale della sharia di Bauchi, dopo essere stato condannato per “sodomia”. Le motivazioni
principali della sua assoluzione sono riconducibili al fatto che gli era stato negato il diritto a un
processo equo e il tribunale di primo grado aveva commesso errori procedurali relativi all‟uso
della sua “confessione” come prova.

A settembre, la Corte Suprema della sharia di Katanga, nello Stato di Bauchi, ha condannato
Saleh Dabo a morte per lapidazione dopo averlo ritenuto colpevole di stupro.
15
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Discriminazione,emarginazione e Diritti delle Donne

A novembre, la Corte Suprema della sharia dello Stato di Buachi ha assolto Hajara Ibrahim, che
era stata ritenuta colpevole di zina e condannata a morte per lapidazione all‟inizio dell‟anno. Tra
le motivazioni della sua assoluzione vi era il fatto che non era mai stata sposata e pertanto non
poteva essere emessa contro di lei una condanna a morte.

A dicembre, la Corte Suprema della sharia di Ningi, nello Stato di Bauchi, ha assolto Daso
Adamu, che era stata ritenuta colpevole di zina e condannata a morte per lapidazione a
settembre. Tra le motivazioni della sua assoluzione vi era il fatto che la Corte di primo grado
della sharia aveva commesso errori procedurali in relazione all‟uso della sua “confessione”
come prova. La donna è stata detenuta nella prigione di Ningi con la sua figlioletta di tre mesi
finché è stata rilasciata su cauzione. L‟uomo coinvolto nel caso ha respinto le accuse e non è
stato condannato.

Un appello contro la condanna a morte per lapidazione per zina nei confronti di Fatima Usman e
Ahmadu Ibrahim, pronunciata nel maggio 2002, in seguito rinviato al 2004 dalla Corte
d‟Appello della sharia di Minna, nello Stato del Niger, a fine anno era ancora in corso. La
coppia era stata rilasciata per motivi umanitari in attesa dell‟esito dell‟appello.
A ottobre, il Gruppo di studio nazionale sulla pena di morte, istituito dal presidente Obasanjo nel
novembre 2003, ha pubblicato il suo rapporto, raccomandando l‟adozione di una moratoria sulle
esecuzioni finché il sistema giudiziario nigeriano potrà garantire processi fondati ed equi. A fine
anno il governo federale non aveva adottato la moratoria.
Delta del Niger: petrolio, diritti umani e violenza
Sono proseguite le violenze nel Delta del Niger e sono stati segnalati casi di uso eccessivo della
forza da parte delle forze dell‟ordine o di sicurezza. Secondo quanto riferito, parecchie centinaia di
persone sono state uccise nello Stato del Delta, di Bayelsa e del Rivers. I diritti economici, sociali e
culturali degli abitanti del Delta del Niger, la regione maggior produttrice di petrolio nel Paese,
hanno continuato a non essere generalmente rispettati, accrescendo la frustrazione e la tensione sia
tra le comunità che all‟interno delle stesse. La situazione si è aggravata a causa della facile
disponibilità di armi nella regione. I dipendenti e le infrastrutture delle compagnie petrolifere, come
gli oleodotti, sono stati frequentemente obiettivo di attacchi e sabotaggi

A gennaio, la comunità ohoror-uwheru dell‟amministrazione locale del Nord degli Ughelli,
nello Stato del Delta, è stata attaccata da uomini armati, secondo quanto riferito anche
appartenenti all‟operazione Restore Hope, una task force congiunta militare e di polizia. Un
numero imprecisato di civili sono stati uccisi nell‟attacco e almeno 50 tra donne e ragazze
sarebbero state stuprate.

Ad agosto, almeno 20 civili risultano essere stati uccisi negli scontri tra gruppi rivali in
un‟ondata di violenza a Port Harcourt e dintorni, nello Stato del Rivers. Secondo organizzazioni
non governative, la cifra complessiva sarebbe molto più alta. Si ritiene che un gran numero di
persone abbia lasciato la zona circostante Port Harcourt per sfuggire alla violenza.
Violenza sulle donne
La violenza sulle donne è rimasta molto diffusa e persistente. Tra le violenze basate sul genere
riferite nel corso dell‟anno figurano violenze sessuali, violenze all‟interno della famiglia,
mutilazioni genitali femminili e matrimoni forzati. La legislazione discriminatoria è rimasta in
vigore. Ad esempio, il codice penale, applicabile negli Stati del sud, prevede tre anni di reclusione
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Discriminazione,emarginazione e Diritti delle Donne
per le aggressioni illecite e indecenti se la vittima è un uomo, ma due anni se la vittima è una donna.
Il codice penale applicato negli Stati del nord stabilisce che a un uomo è consentito “correggere” un
bambino, allievo, servo o moglie che abbia sbagliato, a patto che ciò non equivalga a gravi lesioni
fisiche.
Sebbene le statistiche sulla violenza all‟interno della famiglia non siano disponibili, si ritiene che
questo tipo di violenza sia molto diffusa. Nel corso dell‟anno sono stati segnalati casi di abusi sia
contro uomini che donne, tra cui aggressioni fisiche, incesti e stupri di lavoratori domestici. Le
difficoltà economiche, le leggi discriminatorie e le consuetudini relative al divorzio, al
mantenimento dei figli e al lavoro delle donne fanno sì che molte donne siano costrette a vivere
all‟interno di relazioni violente.
Nello Stato del Lagos un disegno di legge sulla violenza domestica, che era stato oggetto di doppia
lettura presso l‟Assemblea legislativa, ha continuato a incontrare resistenza ed è stato oggetto di un
acceso dibattito sui valori culturali.
La violenza all‟interno della famiglia spesso non viene denunciata a causa dell‟assenza di un quadro
legislativo per la protezione delle vittime della violenza domestica e, tra le altre cose, a causa delle
procedure e degli atteggiamenti delle forze dell‟ordine e dei leader religiosi. Pochissimi responsabili
di questo tipo di violenza vengono assicurati alla giustizia.
Impunità
La Nigeria continua a non riuscire ad assicurare alla giustizia non solo i responsabili delle
violazioni dei diritti umani in Nigeria, ma anche soggetti accusati di gravi reati secondo il diritto
penale internazionale.
Non vi sono stati progressi nelle indagini relative alle violazioni dei diritti umani commesse dalle
forze armate nigeriane sotto l‟attuale governo, in particolare l‟uccisione di civili a Odi, nello Stato
di Bayelsa, nel 1999 e nello Stato di Benue nel 2001.
Le conclusioni della Commissione d‟inchiesta sulle violazioni dei diritti umani, nota come Oputa
Panel, non sono ancora state rese pubbliche e il governo non ha fatto alcuna dichiarazione riguardo
ai piani per far rispettare le raccomandazioni entro la fine dell‟anno. Istituita nel 1999 per indagare
sulle violazioni dei diritti umani commesse tra il 1966 e il ritorno al governo dei civili nel 1999, la
Oputa Panel aveva riferito le conclusioni delle proprie udienze e indagini pubbliche al presidente
Obasanjo nel maggio 2002.

È rimasto sconosciuto il luogo in cui si trova l‟ufficiale del distretto di polizia implicato
nell‟omicidio del sedicenne Nnaemeka Ugwuoke e del diciassettenne Izuchukwu Ayogu,
avvenuti nello Stato di Enugu nel marzo 2002. Egli sarebbe fuggito dalla custodia della polizia
ad Abuja. I corpi mutilati dei due studenti erano stati trovati abbandonati presso un cantiere due
settimane dopo che essi erano stati arbitrariamente arrestati da agenti di polizia dello Stato di
Enugu. Quasi tre anni dopo, nessuno è stato portato davanti alla giustizia per le uccisioni.
Charles Taylor
Nell‟agosto 2003, il presidente della Liberia Charles Taylor abbandonò il potere lasciando la
Liberia per la Nigeria con l‟implicita garanzia da parte del governo nigeriano che non sarebbe stato
né perseguito in Nigeria né consegnato al Tribunale speciale per la Sierra Leone. Nei suoi confronti
era stato spiccato un mandato di cattura internazionale dopo che, nel giugno 2003, il Tribunale
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Cosa accade nel mondo: alcune situazioni reali
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Discriminazione,emarginazione e Diritti delle Donne
speciale aveva annunciato la sua incriminazione per crimini di guerra, crimini contro l‟umanità e
gravi violazioni del diritto internazionale umanitario durante il conflitto armato interno della Sierra
Leone sulla base del suo sostegno attivo fornito all‟opposizione armata della Sierra Leone. AI ha
protestato in quanto il governo nigeriano aveva violato i propri obblighi secondo il diritto
internazionale, ma la richiesta di consegnare Charles Taylor al Tribunale speciale o di procedere
contro di lui presso i tribunali nigeriani in vista di un‟incriminazione o dell‟estradizione è stata
ignorata.
Il 31 maggio, l‟Alta Corte Federale della Nigeria ha disposto il rilascio di due nigeriani che erano
stati torturati da membri dell‟opposizione armata mentre in Sierra Leone avevano contestato l‟asilo
concesso dal governo nigeriano a Charles Taylor con la motivazione che egli non era qualificato per
godere del diritto d‟asilo e non erano state seguite le corrette procedure per la concessione
dell‟asilo. A novembre, una nota amicus curiae sottoposta da AI all‟Alta Corte Federale è stata
accolta. In essa AI contestava la decisione del governo nigeriano in quanto questa violava gli
obblighi della Nigeria secondo il diritto internazionale, compresa la Convenzione delle Nazioni
Unite sui rifugiati e la Convenzione dell‟Unione Africana regolante gli aspetti specifici dei
problemi dei rifugiati in Africa. A fine anno i procedimenti erano ancora in corso.
Attacchi a difensori dei diritti umani e giornalisti
Difensori dei diritti umani e giornalisti che erano stati critici nei confronti del governo, e in
particolare del presidente Obasanjo, hanno continuato a subire intimidazioni e vessazioni. Diversi
giornalisti e sindacalisti sono stati arrestati e interrogati dalla polizia.

Il 4 ed il 5 settembre il Servizio di Sicurezza di Stato (SSS) ha arrestato due dipendenti e
l‟addetto alla sicurezza della rivista Insider Weekly perché avrebbero pubblicato articoli critici
nei confronti del presidente. Copie della successiva edizione della rivista sono state confiscate,
così come computer e fascicoli. I tre uomini sono stati interrogati e trattenuti in incommunicado
prima di essere rilasciati senza accusa il 10 settembre.

Il 9 settembre il SSS ha arrestato il giornalista Isaac Umunna mentre cercava di ottenere il
rilascio di sua moglie su cauzione dopo che quest‟ultima era stata arrestata dal SSS il giorno
precedente. Isaac Umunna era un ex giornalista di Insider Weekly e al momento dell‟arresto
lavorava per la rivista Africa Today con sede a Londra e per il settimanale Global Star di Lagos.
Il 15 settembre è stato trasferito in una località sconosciuta. È stato rilasciato senza accusa il 17
settembre.

Il 29 aprile il SSS ha arrestato Buba Galadima, un membro della Conferenza dei partiti politici
nigeriani (CNPP) e presidente del comitato di mobilitazione del CNPP. Egli è stato trattenuto in
incommunicado per qualche tempo prima di essere rilasciato senza accusa il 13 maggio. Il suo
arresto gli ha di fatto impedito di prendere parte a una protesta contro il governo prevista per il 3
maggio.
Rapporti e missioni di AI
Nigeria: The death penalty and women under the Nigeria penal systems (AI Index: AFR
44/001/2004)
Open Letter to the Chairman of the African Union (AU) seeking clarifications and assurances that
the Establishment of an effective African Court on Human and Peoples‟ Rights will not be delayed
or undermined (AI Index: IOR 63/008/2004
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Discriminazione,emarginazione e Diritti delle Donne
Nigeria: The security situation in Rivers State – an open letter from Amnesty International to Peter
Odili, State Governor of Rivers State (AI Index: AFR 44/027/2004)
Nigeria: Amicus Curiae brief submitted to the Federal High Court reviewing refugee status granted
to Charles Taylor (AI Index: AFR 44/030/2004)
Nigeria: Are human rights in the pipeline? (AI Index: AFR 44/031/2004)
Delegati di AI hanno si sono recati in Nigeria a marzo e a novembre.
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Discriminazione,emarginazione e Diritti delle Donne
DONNE COMPRATE E VENDUTE
Tratto da: Broken bodies, shattered minds - Torture and ill-treatment of women killings of girls and
women (AI Index: ACT 40/001/2001)
La negazione del diritto all'uguaglianza, spesso basata sulla discriminazione razziale, etnica o di
classe, facilita gli abusi contro il diritto della donna a non essere torturata. La povertà, la mancanza
di educazione e le disuguaglianza nell'accesso ai servizi sanitari tra uomini e donne negano i diritti
sociali ed economici basilari ed ostacolano le rivendicazioni femminile. Alle donne comprate e
vendute è raramente concessa una possibilità di risarcimento ed esse non trovano appoggio quando
cercano aiuto, al contrario, spesso devono affrontare ulteriori abusi se si ribellano.
Tratta delle donne
“Ebbi una crisi di nervi. Volevo scappare da questo posto e chiesi ad un cliente di aiutarmi. Risultò
essere uno di loro e fui picchiata dai padroni. Non potevo scappare da nessuna parte: le mie finestre
erano barricate e le guardie mi controllavano sempre, giorno e notte”. Valentina, una psicologa ed
assistente sociale ventisettenne di origine ucraina, arrivò in Israele nell'agosto del 1998. Pensava
che avrebbe lavorato come rappresentante di un'azienda. Il suo denaro, il suo passaporto ed il suo
biglietto di ritorno le furono però sottratti e fu condotta in un appartamento dove per due mesi fu
costretta a lavorare come prostituta.
“Le condizioni erano terribili. Una ragazza fu obbligata a prostituirsi per otto mesi nelle cantine
dell'edificio. Era molto umido là sotto e come risultato si ammalò di tubercolosi. La maggior parte
delle ragazze soffrivano delle più svariate malattie veneree o dell‟apparato genitale in genere. Non
auguro nemmeno ai miei peggiori nemici quello che dovemmo sopportare”.
Valentina alla fine riuscì a scappare ma fu arrestata nel marzo del 1999 in quanto non possedeva
regolari documenti o una carta di credito. Aveva paura di testimoniare contro l'uomo che l'aveva
venduta ai proprietari del bordello, perché egli sapeva dove vivevano i suoi familiari in Ucraina.
Quando Amnesty International la intervistò, Valentina non sapeva per quanto tempo le autorità
israeliane volessero trattenerla o quando le sarebbe stato permesso ritornare a casa.
Il traffico di esseri umani è la terza più grande fonte di profitto del crimine organizzato
internazionale, dopo la droga e le armi, con un guadagno annuale di miliardi di dollari. La vastità
del problema è enorme: si stima che circa quattro milioni di persone siano comprate e vendute ogni
anno. Le donne vittime della tratta, avviate al mercato della prostituzione sarebbero, nella sola
Europa Occidentale, 500.000.
Una statistica resa nota nel 2000 dal Dipartimento di Stato degli USA ha rilevato che ogni anno tra
45.000 e 50.000 donne e bambine sono vendute negli Stati Uniti.
Un'azione proibizionista a livello nazionale in Cina portò nei primi mesi di attività, secondo quanto
riportato, al salvataggio di più di 10.000 donne e bambine, destinate ad essere vendute al mercato
della prostituzione nel sud delle Cina o obbligate a sposarsi con agricoltori 23 .
23
AFP, 10 maggio 2000.
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Cosa accade nel mondo: alcune situazioni reali
Viaggio nel mondo dei Diritti Umani
Discriminazione,emarginazione e Diritti delle Donne
Le donne sono convinte a emigrare dal loro paese di origine con false promesse, quando non sono
addirittura sequestrate. Alcune donne vengono completamente imbrogliate sulla natura del lavoro
che le aspetta, ad altre vengono dette mezze verità, altre sono coscienti della natura del lavoro ma
non delle condizioni nelle quali lo svolgeranno. Trasportate altrove e vendute con diversi fini di
sfruttamento, come il lavoro forzato - lavoro domestico compreso - e l'abuso sessuale connesso sia
ai matrimoni combinati che al turismo sessuale.
Le donne coinvolte nella tratta sono soggette ad una vasta gamma di abusi riguardanti i diritti
umani, molti dei quali costituiscono tortura o maltrattamento. Coloro le quali sono vendute per
sfruttamento sessuale sono spesso violentate e stuprate con il fine di annientarle fisicamente e
psicologicamente, per costringerle alla prostituzione. Molte sono picchiate e violentate per aver
tentato di fuggire o per aver rifiutato di praticare sesso con i clienti. Nonostante il rischio di
contrarre il virus dell‟HIV/AIDS, sono punite se si rifiutano di avere rapporti sessuali non protetti.
Oltre alla violenza fisica queste donne subiscono anche altri tipi di abusi come il sequestro illegale,
la confisca dei documenti d'identità e persino la riduzione a schiavitù. Queste violenze sono rese
ancora peggiori dal trattamento che le donne vittime di tratta ricevono dagli ufficiali dello stato, che
le trattano come criminali piuttosto che come vittime.
Il traffico è proibito alla luce di varie leggi internazionali dei trattati sui diritti umani inclusa la
Convenzione Supplementare sull'Abolizione della Schiavitù, il Commercio di Schiavi e delle
Istituzioni e Pratiche simili alla Schiavitù. La Convenzione delle Nazioni Unite sull'Eliminazione di
ogni tipo di Discriminazione contro le Donne afferma: “Gli stati devono prendere tutte le
appropriate misure, legislazione inclusa, per sopprimere ogni forma di commercio e di sfruttamento
della prostituzione delle donne”. Una nuova Convenzione contro il Crimine Organizzato
Internazionale, adottata dall'assemblea generale delle Nazioni Unite nel novembre del 2000, include
un Protocollo per la Prevenzione, Soppressione e Repressione del Commercio di Persone,
Soprattutto delle Donne ed i Bambini.
Le donne vittime della tratta trovano particolarmente difficile ottenere giustizia, in quanto in molte
parti del mondo esse sono considerate alla stessa stregua dei criminali, piuttosto che come vittime. 2
La tratta prevede il reclutamento, il trasporto, la compravendita di esseri umani con la violenza, il
rapimento, la forza, la frode e l‟inganno, la coercizione e la schiavitù per debito, a scopo di
sfruttamento. 3
Nel Dicembre 1998, 53 donne asiatiche vittime della tratta, sono state arrestate a Toronto insieme
ad alcuni agenti e sfruttatori che le avevano introdotte illegalmente nel paese e forzate alla
prostituzione per ripagare il debito contratto per il loro trasporto in Canada.
Le donne sono state accusate di reati collegati all‟esercizio della prostituzione e reati connessi
all‟immigrazione illegale. I trafficanti non sono stati accusati di tortura o schiavitù sessuale, ma solo
di reati minori connessi al sequestro delle donne. Gli agenti erano riluttanti ad usare il termine
schiavitù sessuale, data l‟esistenza di “contratti”, in base ai quali i documenti delle donne erano
confiscati, i loro movimenti soggetti a restrizione ed esse erano forzate a ripagare il loro debito con
400-500 prestazioni sessuali. Dato che le donne avevano acconsentito ad immigrare per lavorare nel
racket della prostituzione, gli agenti hanno concluso che esse “sapessero esattamente a cosa
andavano incontro”. 4
2
Il Rapporto Speciale ONU sulla violenza contro le donne ha messo in evidenza il ruolo delle politiche ufficiali anti-immigrazione
nel considerare le vittime della tratta come criminali. E/CN.4/2000/68 paragrafi 43-46.
3
Vedi il Rapporto Speciale ONU sulla violenza contro le donne, UN Doc. E/CN.4/2000/68. Il nuovo Protocollo alla Convenzione
ONU contro il Crimine Organizzato Trasnazionale contiene una utile definizione di traffico di esseri umani all‟Articolo 3a.
4
E/CN.4/2000/68, para 45.
21
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Discriminazione,emarginazione e Diritti delle Donne
Il Rapporto Speciale ONU del 2000 sulla violenza contro le donne ha sottolineato che le politiche
anti-immigrazione, in realtà, aiutano e favoriscono i trafficanti, le politiche inflessibili di esclusione,
rafforzate da condanne di natura penale e rimpatrio, indirettamente alimentano il traffico illegale; il
racket della tratta, che deriva da una combinazione di offerta, domanda e illegalità, si sviluppa con
minore probabilità in situazioni in cui esistono effettive opportunità di lavoro e un adeguato
inquadramento giuridico dell‟immigrazione”. 5
Sfruttamento per debiti
Milioni di persone nel mondo hanno debiti che pagano lavorando senza percepire denaro. Intere
famiglie diventano contraggono debiti perché hanno bisogno di un prestito per malattia, per i
raccolti danneggiati o per spese di famiglia come per esempio matrimoni. Queste famiglie sono
costrette a vivere dove lavorano e solo il capofamiglia viene pagato e naturalmente il suo stipendio
non copre tutte le spese. Si crea quindi una sorta di circolo vizioso in quanto le famiglie sono
costrette a richiedere ulteriori prestiti. Molti dei lavoratori morosi sono analfabeti e non hanno
nessuna nozione di matematica, di conseguenza non possono provare che hanno saldato il loro
debito - a volte molto più di quello che realmente dovevano- attraverso il loro lavoro e quello delle
loro mogli ed dei loro figli. In alcuni casi si crea un vero e proprio commercio dei lavoratori in cui
membri di alcune famiglie sono venduti ad altre senza considerazione per le relazioni familiari che
li legano.
Lo sfruttamento per debiti è stato riconosciuto come una pratica simile alla schiavitù 24.
Il vincolo che lega questi lavoratori ai propri sfruttatori, è mantenuto mediante detenzioni illegali,
abusi e minacce. In molti casi i loro “padroni” li rinchiudono a chiave dopo il lavoro, a volte li
incatenano per evitare che scappino o per punirli.
I proprietari terrieri ed i loro amministratori convocano spesso le ragazze e le donne per costringerle
ad avere rapporti sessuali con loro. Una donna ridotta a questo tipo di schiavitù in Pakistan raccontò
ad Amnesty International: “Tutte noi donne eravamo sottoposte a violenza sessuale di gruppo. Che
potevamo fare se ci convocavano? A volte nemmeno lo facevano e ci violentavano di fronte ai
nostri mariti e figli. Se ne fregavano della nostra vergogna…violentarono anche alcune delle
ragazze giovani, alcune avevano solo 10-11 anni … alcune di noi partorirono figli a seguito di tali
stupri, … i nostri mariti non potevano fare niente, erano rinchiusi o mandati via se disubbidivano”.
5
E/CN.4/2000/68, paras 61- 65.
24
Il concetto di schiavitù è definito nella Convenzione sulla schiavitù del 1926 come "quando esistono o si esercitano
poteri su di una persona che di conseguenza perde la propria libertà".
22
Cosa accade nel mondo: alcune situazioni reali
Viaggio nel mondo dei Diritti Umani
Discriminazione,emarginazione e Diritti delle Donne
Pakistan (the Islamic Republic of)
Repubblica islamica del Pakistan
Capo di stato: Pervez Musharraf
Capo del governo: Shaukat Aziz (subentrato a Chaudhry Shujaat
Hussain ad agosto, che aveva a sua volta sostituito Mir Zafarullah
Khan Jamali a giugno)
Pena di morte: mantenitore
Statuto di Roma della Corte penale internazionale: non ratificato
Convenzione delle Nazioni Unite sulle donne: ratificata con riserve
Protocollo opzionale alla Convenzione delle Nazioni Unite sulle donne: non firmato
Sono continuati gli arresti e le detenzioni nel contesto della “guerra al terrorismo”. Diverse persone
risultano “scomparse”. Nelle zone tribali, sono pervenute denunce di arresti arbitrari e possibili
esecuzioni extragiudiziali nel corso di operazioni di sicurezza. Il governo non ha saputo tenere sotto
controllo la violenza settaria, che è costata centinaia di vite umane. Le leggi contro la blasfemia
continuano a essere usate per perseguire appartenenti alle minoranze. Le iniziative del governo per
migliorare la protezione dei diritti delle donne e dei giovani hanno apportato soltanto un lieve
miglioramento. I minorenni continuano a essere perseguiti come se fossero adulti. Almeno 394
persone sono state condannate a morte e 15 sentenze sono state eseguite.
Contesto
Il ruolo politico dei militari si è consolidato quando in aprile con una legge del parlamento è stato
istituito il Consiglio per la sicurezza nazionale. Presieduto dal capo dello Stato, e con otto
rappresentanti del governo e cinque dell‟esercito, il Consiglio ha un ruolo consultivo nelle questioni
relative alla sicurezza. A novembre è stata approvata una legge che permette al generale Musharraf
di rimanere presidente e capo dell‟esercito, contrariamente alle promesse precedenti secondo cui i
due ruoli sarebbero stati separati.
Nel corso dell‟anno le relazioni tra Pakistan e India sono migliorate. A giugno è stata concordata
una moratoria sui test nucleari e a settembre sono cominciati i colloqui su diverse questioni fra cui
quelle relative al Jammu e Kashmir.
Operazioni si sicurezza nelle zone tribali
Per tutto l‟anno sono continuate le operazioni si sicurezza nelle zone tribali vicine al confine con
l‟Afghanistan che restano inaccessibili ai giornalisti e ad altri osservatori. Obiettivo delle operazioni
era quello di prelevare persone sospettate di attività “terroristiche” che cercavano rifugio tra la
popolazione tribale.
A marzo sono stati riportati arresti e detenzioni e possibili esecuzioni extragiudiziali nel Waziristan
del sud. Secondo quanto riferito, i combattenti tribali, che è possibile fossero associati ai Taliban o
ad al-Qaeda, avrebbero preso ostaggi e perpetrato uccisioni illegali.

Il 26 marzo sono stati rinvenuti i corpi di otto membri del gruppo paramilitare Frontier Corps,
apparentemente uccisi a bruciapelo con le mani legate dietro la schiena. Gli uomini erano stati
trattenuti da militanti dell‟opposizione durante un attacco a un convoglio quattro giorni prima.
23
Cosa accade nel mondo: alcune situazioni reali
Viaggio nel mondo dei Diritti Umani
Discriminazione,emarginazione e Diritti delle Donne
Arresti arbitrari e “sparizioni”
La legge anti-terrorismo (ATA) è stata emendata a ottobre al fine di prevedere l‟ergastolo per chi
favoreggia i “terroristi” e per consentire alla polizia di sequestrare i passaporti di sospetti
“terroristi”. Ad aprile, la Corte Suprema ha sentenziato che le persone condannate per “terrorismo”
non possono beneficiare delle disposizioni di legge relative all‟omicidio, che consente agli eredi
della vittima di perdonare il colpevole in qualsiasi momento, ponendo in tal modo fine al
procedimento penale.
Decine di persone sono state arrestate durante manifestazioni o per presunta appartenenza ad
organizzazioni messe al bando. La maggio parte è stata rilasciata dopo diverse ore ma alcuni sono
stati trattenuti per periodi prolungati in detenzione arbitraria e in incommunicado. Alcuni sono
“scomparsi” per periodi più lunghi, nonostante gli sforzi delle famiglie di rintracciarli attraverso i
tribunali.

Gli studenti Akdas Iqbal e Sujeel Shahid, cittadini rispettivamente britannico e olandese, sono
stai fermati da un‟agenzia sconosciuta il 14 giugno a Lahore in un‟ondata di arresti di persone
sospettate di legami con organizzazioni “terroristiche”. Durante le udienze relative a richieste di
habeas corpus presentate dai parenti, le autorità hanno negato la loro detenzione. Entrambi sono
stati rilasciati senza accuse dopo un mese.
Diversi giornalisti sono stati trattenuti in incommunicado per avere esercitato il loro diritto alla
libertà di espressione.

Khawar Medhi Rizvi fu arrestato il 16 dicembre 2003 a Karachi assieme a due giornalisti
francesi al loro rientro dal Balochistan. A gennaio, i giornalisti francesi sono stati condannati
con sospensione della pena, ai sensi della legge sugli stranieri, per essersi recati nell‟area senza
autorizzazione ufficiale. Tuttavia, le autorità governative hanno ripetutamente negato la
detenzione di Khawar Medhi Rizvi. Egli è stato portato davanti a un tribunale a Quetta il 26
gennaio e accusato di sedizione e cospirazione criminale per presunta complicità nella
preparazione di falsa documentazione relativa a episodi accaduti nella regione. A fine anno il
processo non si era ancora concluso.
Diverse persone “scomparse” sospettate di collegamenti a organizzazioni “terroristiche” erano di
nazionalità non pachistana.

Il cittadino tanzaniano Ahmed Khalfan Ghailani è “scomparso” dopo essere stato arrestato il 25
luglio a Gujarat, nella provincia del Punjab, assieme a diversi altri cittadini di nazionalità non
pachistana, tra cui diverse donne e minorenni. Egli era stato accusato di avere legami con alQaeda, ma non è stato incriminato né processato e a fine anno non era noto dove si trovasse.
Almeno alcune delle persone trattenute in detenzione arbitraria sono state torturate.

24
Il religioso islamico di nazionalità afghana Mohammad Noor, arrestato a Faisalabad ad agosto
con l‟accusa di legami con “terroristi”, è morto durante il fermo di polizia quattro giorni dopo
l‟arresto. Un‟autopsia ha riscontrato diverse ferite sul suo corpo.
Cosa accade nel mondo: alcune situazioni reali
Viaggio nel mondo dei Diritti Umani
Discriminazione,emarginazione e Diritti delle Donne
Mancata protezione per le minoranze
Almeno 25 persone sono state incriminate per blasfemia e almeno 6 di loro erano in carcere a fine
anno. L‟ostilità verso chiunque sia accusato di blasfemia mette a repentaglio la loro vita.

Samuel Masih, un cristiano di ventisette anni, fu arrestato nell‟agosto 2003 e accusato di aver
gettato dei rifiuti per terra vicino a una moschea a Lahore. L‟atto è stato ritenuto un reato ai
sensi dell‟art.295 del codice penale pachistano, che prevede fino a due anni di carcere per la
profanazione di un luogo di culto. Samuel Masih era detenuto nella prigione di Lahore ma è
stato trasferito in ospedale a maggio, in quanto affetto da tubercolosi. È deceduto dopo che la
guardia addetta alla sua sorveglianza lo aveva aggredito in ospedale. L‟agente di polizia ha
affermato di aver compiuto il proprio “dovere religioso” ed è stato incriminato per omicidio.
Il governo non ha adottato provvedimenti adeguati per prevenire le aggressioni nei confronti di
congregazioni religiose. Nel solo mese di ottobre, circa 80 persone sono morte in seguito a episodi
di violenza settaria. Sono stati registrati frequenti attacchi di rappresaglia. Il 1° ottobre, in seguito a
un attentato dinamitardo a una riunione sciita a Sialkot che aveva ucciso circa 30 persone, è stata
scagliata una bomba contro la moschea sunnita di Multan dove sono rimaste uccise 41 persone.
Decine di persone sono state arrestate per aggressioni nel corso di attacchi settari ma la maggior
parte è stata rilasciata per mancanza di prove.
Violenza sulle donne
Sono continuate le denunce di violenze sulle donne all‟interno della comunità, compresi “delitti
d‟onore”. La Commissione per i diritti umani del Pakistan ha riferito che nel 2003 più di 600 donne
erano state uccise con l‟accusa di aver infranto “l‟onore”. Molti casi non sono stati denunciati e fra
le vittime figuravano ragazzine in tenera età.

A giugno un consiglio tribale ha concluso che la bambina di sette anni Mouti era stata uccisa per
una presunta relazione illecita con un bambino di otto anni. Suo padre ha rifiutato di accettare il
verdetto e si è rivolto all‟amministratore del distretto locale che gli ha fornito protezione.
Le disposizioni di legge che consentono a chi commette omicidi per motivi di “onore” di chiedere il
perdono agli eredi della vittima hanno continuato a far sì che questi reati non fossero perseguiti.

Sempre a giugno, Shamim Badshah ha perdonato il marito per l‟omicidio della loro figlia Fozia,
uccisa perché sospettata di intrattenere una relazione illecita. Un tribunale di Lahore dove si è
tenuto il processo per l‟omicidio ne ha disposto la scarcerazione.
Nonostante i gruppi femminili abbiano richiesto che la rinuncia di azioni penali per i delitti
“d‟onore” da parte degli eredi della vittima fosse vietata allo scopo di dissuadere eventuali
esecutori, tale provvedimento è rimasto invariato. A Ottobre l‟Assemblea Nazionale ha approvato
un progetto di legge che ascrive a reato penale offrire una donna quale compenso per un omicidio,
reato punibile fino a 3 anni di carcere. In base a un altro emendamento, le indagini relative ad
accuse penali ai sensi della legge sulla blasfemia e della zina (sesso illecito) devono essere condotte
solo da alti funzionari di polizia. Tuttavia, a fine anno gli emendamenti non erano stati ancora
convertiti in legge.
Nonostante l‟Alta Corte di Sindh abbia stabilito in aprile che i processi condotti dalle jirgas
(consigli tribali) sono illegittimi, è stato riferito che il governo provinciale starebbe preparando una
legge che renderebbe legale questo sistema di giustizia privata. Continuano a pervenire notizie di
processi jirga e non risultano iniziative contro coloro che vi prendono parte.
25
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Viaggio nel mondo dei Diritti Umani
Discriminazione,emarginazione e Diritti delle Donne
Violenza sui minorenni
L‟applicazione della legge sulla giustizia minorile (JJSO) del 2000 si è rivelata inadeguata, per cui i
minorenni hanno continuato a essere detenuti e processati come adulti. Ad aprile, il ministro
competente ha dichiarato che erano state approntate misure al fine di garantirne l‟applicazione.
Il divieto di imporre la pena di morte per i minorenni contenuto nella JJSO è stato in alcuni casi
ignorato. I problemi nella determinazione dell‟età dei minorenni hanno anche fatto sì che minorenni
condannati alla pena capitale non beneficiassero dell‟ordine di commutazione della pena emesso nel
2001.

A febbraio, il diciassettenne Shahzad Hameed è stato condannato a morte a Sheikhupura, nella
provincia del Punjab.

Saifullah Khan, che aveva 16 anni quando secondo l‟accusa avrebbe ucciso un altro ragazzo,
nell‟aprile 2001 a Chardassa, era stato condannato a morte nel 2002. A ottobre, nel corso
dell‟appello, l‟Alta Corte di Peshawar ha sospeso la condanna e ha stabilito che doveva essere
processo ai sensi della JJSO.
A ottobre, la JJSO è stata estesa alle Zone tribali ad amministrazione provinciale. La legge non
veniva ancora applicata nelle Zone tribali ad amministrazione federale in cui sono vigenti i
Regolamenti sui reati di frontiera del 1901. Secondo tali Regolamenti, i familiari di una persona
sospettata di un reato possono essere puniti assieme o al posto di quella persona. Si ritiene che
almeno 70 minorenni, compresi sedici al di sotto dei 10 anni d‟età siano detenuti ai sensi di tali
Regolamenti.
A dicembre la JJSO è stata revocata dall‟Alta Corte di Latore che ha giudicato la legge
«incostituzionale» e «impraticabile». I tribunali minorili istituiti dalla JJSO sarebbero stati dunque
aboliti e i casi pendenti trasferiti presso tribunali ordinari. Di conseguenza i minorenni avrebbero
potuto essere nuovamente condannati alla pena capitale.
Pena di morte
Almeno 394 persone sono state condannate a morte. Sono state riferite almeno 15 esecuzioni. A
novembre Asif Mahmood, che aveva trascorso 15 anni nel braccio della morte per un omicidio
commesso nel 1989, è stato riconosciuto innocente e rilasciato. Era in attesa d‟appello da 13 anni.
A giugno, la sentenza di morte a carico di Rehmat Shah Afridi, capo redattore del Frontier Post, che
era stato condannato a morte nel luglio 2001 con l‟accusa di aver trafficato in hashish, è stata
commutata in ergastolo. L‟Alta Corte ha sentenziato che la pena di morte era una punizione
sproporzionata per il traffico di hashish. AI considera Rehmat Shah Afridi prigioniero di coscienza,
processato e condannato unicamente per il suo lavoro di giornalista.
Rapporti di AI
Pakistan: Human rights abuses in the search for al-Qa‟ida and the Taleban in the tribal areas (AI
Index: ASA 33/011/2004)
Pakistan: Open letter to President Pervez Musharraf (AI Index: ASA 33/003/2004)
26
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Discriminazione,emarginazione e Diritti delle Donne
Ukraine
Ucraina
Capo di stato: Leonid Kuchma
Capo del governo: Viktor Yanukovych
Pena di morte: abolizionista per tutti i reati
Statuto di Roma della Corte penale internazionale: firmato
Convenzione delle Nazioni Unite sulle donne e relativo Protocollo opzionale: ratificati
Sono stati denunciati frequenti episodi di tortura e maltrattamenti durante la custodia cautelare da
parte della polizia. Le manifestazioni di protesta sono state proibite, e i dimostranti arrestati e
maltrattati. In tutto il Paese si sono verificate aggressioni di matrice razzista. Le indagini sul caso
della “sparizione” di Georgiy Gongadze non hanno prodotto risultati.
Contesto
Il secondo turno delle elezioni presidenziali di novembre è stato seguito a una vera sommossa
popolare e da proteste di massa allorché il leader dell‟opposizione, Viktor Yushchenko, si è rifiutato
di accettare i risultati ufficiali. L‟Organizzazione per la sicurezza e la cooperazione in Europa
(OSCE) ha dichiarato che «le elezioni erano al di sotto degli standard stabiliti dall‟OSCE, dal
Consiglio d‟Europa e di altri standard europei relativi a democratiche elezioni». In particolare, i
diritti alla libertà di riunione e di associazione erano stati violati, e vi era stato un notevole
sbilanciamento in favore del candidato del governo, Viktor Yanukovych, da parte dei media a
controllo statale. Il terzo turno delle elezioni il 26 dicembre ha prodotto la palese vittoria di Viktor
Yushchenko, ma i risultati ufficiali non hanno potuto essere proclamati fino a quando Viktor
Yanukovych non ha potuto completare il suo ricorso.
Tortura e maltrattamenti
A dicembre il Comitato europeo per la prevenzione della tortura e delle pene o trattamenti inumani
o degradanti ha pubblicato il suo rapporto sulla visita effettuata in Ucraina nel 2002. Questo
reiterava le conclusioni dei precedenti rapporti relativi alle visite del 1998 e del 2000 secondo cui le
persone private della loro libertà per mano della milizia erano particolarmente a rischio di essere
fisicamente maltrattate mentre erano trattenute in custodia. Le condizioni nei centri di detenzione
temporanea gestiti dal ministero dell‟Interno venivano descritte come insostenibili mentre il
sovraffollamento rimaneva un grave problema. L‟accesso all‟aria aperta risultava limitato e gli
standard d‟igiene inadeguati. Venivano inoltre riferiti alti tassi di infezione da tubercolosi (TBC).

Ad agosto, Beslan Kutarba e Revaz Kishikashvili sono stati arrestati dalla polizia e trattenuti da
agenti di polizia presso la questura di Nakhimovsky, a Sebastopoli, nella penisola di Crimea, nel
sud del Paese. Sono stati accusati di scippo, un‟accusa che avrebbero confessato. Tuttavia, i loro
avvocati sostengono che la confessione era stata estorta sotto tortura. Gli uomini non hanno
ricevuto cure mediche e hanno avuto un accesso limitato ad avvocati e familiari. A fine anno, i
due uomini erano ancora agli arresti presso il centro di detenzione temporanea di Sebastopoli. I
loro avvocati hanno riferito che le loro condizioni erano migliorate e che non erano più stati
maltrattati. Il procuratore locale e l‟ufficio del ministero dell‟Interno a Sebastopoli hanno negato
le accuse di tortura, malgrado queste non siano mai state oggetto di indagini tempestive,
complete e imparziali.
27
Cosa accade nel mondo: alcune situazioni reali
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Discriminazione,emarginazione e Diritti delle Donne

Andrey Ovsiannikov, un detenuto che ha contratto la TBC in un centro di detenzione
temporanea presso Sebastopoli, ha finalmente ricevuto cure mediche ed è stato ricoverato in
ospedale, dopo gli sforzi e le pressioni della sua famiglia e del Gruppo per i diritti umani di
Sebastopoli. Era stato arrestato nel giugno 2003 perché sospettato di spaccio di sostanze
stupefacenti e successivamente gli era stata diagnosticata la TBC. Tuttavia, non era stato
informato della sua malattia fino a scoprirla per caso nel novembre 2003, dopo un
peggioramento delle sue condizioni. Il 30 giugno è stato ricondotto in carcere, dove a fine anno
continuava a essere recluso.

Il 28 luglio, 10 giovani membri di un gruppo comunista rivoluzionario, arrestati nel dicembre
2002, sono stati dichiarati colpevoli coinvolgimento in un tentato colpo di Stato, di banda
armata, tentato omicidio e condannati a pene fra i 6 e i 14 anni di carcere. Gli imputati hanno
denunciato di essere stati torturati durante le indagini. Secondo quanto riferito, una appartenente
al gruppo, una ragazza di 17 anni, è stata stuprata durante la detenzione. Non è stata condotta
alcuna indagine sulle denunce. Un undicesimo membro del gruppo era deceduto in circostanze
sospette nel novembre 2003.
“Sparizione” di Georgiy Gongadze
Le pressioni sul governo ucraino per individuare i responsabili della “sparizione” del giornalista
Georgiy Gongadze, avvenuta nel settembre 2002, si sono intensificate, ma non vi sono stati
progressi nelle indagini sul caso. A marzo, il capo della commissione parlamentare d‟inchiesta che
si occupava della vicenda ha richiesto l‟impeachment per il presidente Kuchma per «gravi reati
violenti». A giugno, il quotidiano britannico Independent ha pubblicato alcuni documenti che erano
trapelati i quali accusavano funzionari d‟alto rango di aver fermato le indagini sulla “sparizione”,
asserendo che Georgiy Gongadze era sotto sorveglianza da parte del ministero dell‟Interno al
momento del suo rapimento. A giugno, l‟ufficio del procuratore generale ha annunciato di aver
identificato il responsabile dell‟uccisione del giornalista.
Libertà di espressione e di associazione
A ottobre, durante il primo turno delle elezioni presidenziali, alcuni sostenitori dell‟opposizione
sono stati arrestati e alcuni manifestanti sono stati maltrattati dalla polizia.

Membri dell‟associazione giovanile Pora (È il momento) sono stati arbitrariamente arrestati e
maltrattati. Aleksander Tsitsenko è stato arrestato da poliziotti a volto coperto il 21 ottobre a
Kirovograd mentre raccoglieva volantini e adesivi. È stato rilasciato senza accusa il 25 dello
stesso mese. Il ventenne Andriiy Kulibaba è stato arrestato il 20 ottobre a Vinnytsya e
condannato a dieci giorni di carcere per “intenzionale disobbedienza alle richieste della polizia”.
La sentenza è stata in seguito commutata in ammenda ed è stato rilasciato il 23 ottobre.
Aleksander Pugach, di 18 anni, è stato arrestato a Vinnytsya il 21 ottobre per essersi rifiutato di
fornire le proprie generalità alla polizia, ma è stato assolto dall‟accusa. Appena alcuni minuti
dopo, mentre usciva dal tribunale, è stato nuovamente arrestato, con l‟accusa di “teppismo”.
Tutte le accuse contro di lui sono state in seguito archiviate, ma i membri di Pora hanno
continuato a essere nel mirino durante il periodo pre-elettorale.
Rifugiati
In giugno, l‟Assemblea parlamentare del Consiglio d‟Europa (PACE) ha raccomandato all‟Ucraina
di attenersi ai principi fondamentali del diritto internazionale riguardo alla protezione dei rifugiati e
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Cosa accade nel mondo: alcune situazioni reali
Viaggio nel mondo dei Diritti Umani
Discriminazione,emarginazione e Diritti delle Donne
dei richiedenti asilo, invitando le autorità del Paese a mostrare impegno e volontà politica
nell‟affrontare il problema. La legge sui rifugiati in Ucraina contravviene gli standard internazionali
imponendo un limitato periodo di tempo fra i 3 e i 5 giorni dopo l‟arrivo nel Paese quale termine
per la presentazione delle domande.
Violenza sulle donne
La tratta di donne a scopo di sfruttamento sessuale continua a destare grave preoccupazione. La
Turchia e la Russia sono fra le destinazioni più frequenti della tratta di ragazze provenienti
dall‟Ucraina. Il governo ha intrapreso misure per affrontare il problema e, dopo l‟introduzione di un
nuovo articolo nel codice penale, l‟art.149, che stabilisce che la tratta di donne costituisce reato, le
incriminazioni sono aumentate. Tuttavia le sentenze di condanna rimangono poche. Spesso ai
giudici mancano termini di confronto, precedenti legali sull‟argomento, e raramente alle donne
trafficate viene offerta la protezione di cui godono normalmente i testimoni. Nonostante sia stato
creato un dipartimento speciale presso il ministero dell‟Interno, alla polizia spesso mancano risorse
e addestramento specifico.
Discriminazione
Aggressioni antisemite e di matrice razzista si sono verificate in diverse zone dell‟Ucraina. Membri
della comunità ebraica di Donetsk, ad esempio, hanno riferito un drammatico aumento di
aggressioni antisemite nel corso dell‟anno. La polizia ha continuato a negare che gli attacchi ai
cimiteri e ai luoghi di culto ebraici fossero di stampo razzista. A Odessa, si sono verificate
aggressioni a stranieri, soprattutto africani, attribuiti a bande di skinhead.
Rapporti e missioni di AI
Europe and Central Asia: Summary of Amnesty International‟s Concerns in the Region, JanuaryJune 2004: Ukraine (AI Index: EUR 001/005/2004)
Delegati di AI si sono recati in Ucraina nel mese di giugno.
29
Cosa accade nel mondo: alcune situazioni reali
Viaggio nel mondo dei Diritti Umani
Discriminazione,emarginazione e Diritti delle Donne
NASCERE BAMBINE
Introduzione
Nascere bambine in alcuni paesi del mondo significa letteralmente “rischiare la vita”. Si stima,
infatti, che almeno 100 milioni di bambine “manchino all‟appello” in Asia meridionale, Cina,
Medio Oriente e Nord Africa dato che ci sono molte meno femmine di quante dovrebbero esserci in
base all‟andamento demografico. Questo perché la discriminazione nei confronti delle bambine si
traduce, nei primi anni di vita, in meno cibo e meno cure mediche e a volte nell‟eliminazione fisica.
Aborto selettivo/Infanticidio
In Cina per migliaia di anni è stato praticato l‟infanticidio selettivo: nelle campagne le donne
usavano partorire con un secchio di acqua vicino al letto, per
affogare il neonato nel caso fosse stato femmina. Questo
perché nella tradizione contadina solo i figli maschi
garantivano la vecchiaia dei genitori e la continuità della loro
memoria nel culto degli antenati. Nelle famiglie povere,
perciò, era consuetudine sacrificare le bambine, in attesa del
figlio maschio. Oggi il fenomeno dell‟annegamento nel
secchio è molto ridotto, tuttavia la politica demografica che
consente un solo figlio per coppia, fa si che per potersi
garantire un figlio maschio si ricorra sempre più all‟aborto
selettivo, dopo l‟amniocentesi. Un‟indagine ufficiale ha
stabilito che il 12% delle gravidanze di feti di sesso
femminile termina con un aborto. In India, in alcuni stati
sono stati addirittura proibiti i test per determinare il sesso
del nascituro per arginare il fenomeno dell‟aborto
clandestino (su 8.000 aborti effettuati a Bombay, 7.999 erano di feti di sesso femminile). Nelle
campagne è tuttora diffuso l‟infanticidio.
Meno cibo, meno cure 6
In India nel 1991 vi erano 929 femmine su 1000 maschi. Le ragioni non dipendono solo da un
minor numero di nascita, ma anche da una elevata mortalità delle femmine nella fascia tra i 0 e i 5
anni. Si calcola che dei 12 milioni di femmine che nascono all‟anno 25% (un quarto) non raggiunga
i 15 anni. Tra 1 e 4 anni la mortalità passa, infatti, da 109 bambine morte su 100 bambini a 300 su
100. Tutto ciò perché alle figlie sono dati meno cibo, meno cure mediche e assistenza, dato che per
la cultura tradizionale le femmine sono solo un peso. Esse, infatti, devono essere “mantenute” per
poi diventare una “proprietà” della famiglia del marito. Inoltre, non solo esse non portano reddito
alla famiglia, ma il pagamento di una dote spesso onerosa, può ridurre in rovina la famiglia.
Secondo uno studio dell‟Unicef, riferito all‟India, solo il 30% delle neonate viene allattato al seno,
contro il 51% dei maschi e in caso di malattia solo il 63% delle bambine malate viene portato dal
medico contro l‟80% dei maschi. In Pakistan il 71% dei bambini ricoverati in ospedale sono
6
Fonte:www.unicef.it (UNICEF)
30
Cosa accade nel mondo: alcune situazioni reali
Viaggio nel mondo dei Diritti Umani
Discriminazione,emarginazione e Diritti delle Donne
maschi. Ad Haiti, su 1000 bambini tra i 2 ed i 5 anni muoiono 61 femmine e 48 maschi, in Costa
Rica 8 femmine e 5 maschi.
E‟ più alta anche la percentuale delle bambine malnutrite, poiché ricevono meno cibo dei coetanei
maschi. La malnutrizione ha effetti sulla salute perché rende le bambine più deboli e suscettibili di
malattie.
Istruzione
Le bambine che sopravvivono sono comunque destinate ad una vita di discrimininazioni. L‟accesso
all‟istruzione, anche primaria, mostra in genere un divario tra maschi e femmine, che aumenta
considerevolmente nell‟istruzione secondaria e terziaria (università). Il divario nell‟accesso
all‟istruzione primaria è consistente nell‟Asia meridionale
e in alcuni paesi africani. La differenza si attesta in genere
sul 10-15%, ma può aumentare in alcuni casi. Ad esempio
in Benin gli alunni maschi sono il 30% in più delle loro
coetanee. In Asia meridionale la differenza è intorno al
29%. In Afganistan il regime dei Talebani ha vietato
l‟accesso alle scuole a bambine e ragazze. In questi paesi
l‟accesso all‟istruzione è comunque basso per tutti e
quindi è ancora più forte l‟effetto della differenza di
scolarizzazione tra i due sessi che determina una bassa
alfabetizzazione
femminile.
Le
cause
della
discriminazione sono molteplici, ma si basano tutte
fondamentalmente sulla svalorizzazione e svalutazione
del sesso femminile. Se i costi dell‟istruzione sono
gravosi per l‟economia familiare, si privilegiano i figli
maschi, destinati a portare reddito in famiglia. Infatti, non
si concepisce che una donna possa lavorare al di fuori
delle mura domestiche e che sia destinata ad altro che al
matrimonio e a “produrre” di figli. Inoltre, le femmine possono essere costrette a rimanere a casa
per aiutare la madre nei lavori domestici (cucinare, attingere acqua, raccogliere legna) o nei lavori
agricoli o per prendersi cura dei fratelli più piccoli.
La mancata istruzione delle bambine è estremamente dannosa per i paesi sottosviluppati, dato che la
donna è il fulcro dell‟economia domestica. E‟ dimostrato, infatti, che l‟istruzione femminile
influenza positivamente la crescita economica, con un maggior controllo sulla crescita demografica.
Inoltre una donna istruita riesce a prendersi meglio cura dei propri figli, facendo diminuire la
malnutrizione e l‟incidenza delle malattie infantili.
Pratiche tradizionali
In alcuni paesi esistono pratiche tradizionali che riguardano diversi aspetti della vita femminile
estremamente discriminatori nei confronti delle bambine o che si configurano come vere e proprie
forme di schiavitù, come le mutilazioni genitali femminili, la prostituzione sacra o il matrimonio
precoce forzato.
Prostituzione sacra. Nella regione meridionale del lago Volta, esistono le trokosi. Si tratta di
donne, ma più spesso bambine di 4-5 anni che vengono portate ai santuari del dio Tro, una delle
divinità del sistema religioso vudù, per espiare colpe commesse dalla famiglia, anche in un lontano
passato: debiti, omicidi, furti ecc. Le trokosi passano tutta la loro vita nei santuari, a lavorare i
31
Cosa accade nel mondo: alcune situazioni reali
Viaggio nel mondo dei Diritti Umani
Discriminazione,emarginazione e Diritti delle Donne
campi dei sacerdoti del dio Tro e quando diventano più grandi ne diventano le concubine. La vita
delle trokosi è un‟esistenza di stenti: non possono cibarsi di quello che coltivano, vengono spesso
picchiate e possono riconquistare la loro libertà solo in tarda età. Si conta che vi siano circa 10 12.000 trokosi in Ghana, ma ve ne sono anche in Togo e in Benin.
Una pratica analoga è la devadasi in India. Anche in questo caso le ragazze vengono dedicate alle
divinità e coinvolte in matrimoni ritualistici con gli dei. Non di rado sono poi vendute per la
prostituzione. In Nepal viene invece attuata la deukis. In questo caso per espiare le loro colpe, le
famiglie ricche possono addirittura “comprare” ragazze povere da offrire al tempio. Queste ragazze
diventano “mogli” delle divinità o essere avviate alla prostituzione. Secondo le Nazioni Unite nel
1992, vi erano circa 17.000 deukis in Nepal.
Matrimonio precoce e forzato. Alcune pratiche matrimoniali tradizionali comportano un “acquisto”
della sposa, spesso troppo giovane per opporsi ad un matrimonio combinato, e la fanno diventare
una proprietà della famiglia del marito. Questa rende possibile, che la ragazza, se vedova, venga
ereditata, come qualsiasi altra proprietà (“levirato”) da il più prossimo parente maschio e costretta
ad un nuovo matrimonio.
La legislazione internazionale
“ Ad ogni individuo spettano tutti i diritti e tutte le libertà […], senza distinzione alcuna, per
ragioni di razza, colore, di sesso, di lingua, di religione, di opinione politica o di altro genere, di
origine nazionale o sociale, di ricchezza, di nascita o di altra condizione” (art. 2.1 della
Dichiarazione Universale dei Diritti Umani)
La legislazione internazionale vieta ogni forma di discriminazione contro donne e bambine. I
principi sanciti dalla Dichiarazione Universale sono stati ripresi, infatti, da convenzioni e
dichiarazioni internazionali tra cui la Convenzione sull‟eliminazione della discriminazione nei
confronti delle donne del 1979, la Piattaforma d‟azione di Pechino, approvata dalla IV Conferenza
dell‟Onu sulle donne del 1995, le Azioni chiave per l‟ulteriore applicazione del programma
d‟azione della conferenza internazionale su popolazione e sviluppo, della 21° Sessione Speciale
dell‟Assemblea dell‟Onu tenutasi a New York il 1 luglio 1999 e il documento finale Donne 2000.
Uguaglianza di genere, sviluppo e pace della 23° Sessione Speciale dell‟Assemblea dell‟Onu del
10 giugno 2000.
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Discriminazione,emarginazione e Diritti delle Donne
China (the People's Republic of)
Repubblica popolare cinese
Capo di stato: Hu Jintao
Capo del governo: Wen Jiabao
Pena di morte: mantenitore
Statuto di Roma della Corte penale internazionale: non firmato
Convenzione delle Nazioni Unite sulle donne: ratificata con riserve
Protocollo opzionale alla Convenzione delle Nazioni Unite sulle donne: non firmato
Si sono registrati progressi nell‟introduzione di riforme in alcune aree, ma ciò non ha avuto effetti
significativi sulle gravi e diffuse violazioni dei diritti umani perpetrate in tutto il Paese. Decine di
migliaia di persone hanno continuato a essere detenute arbitrariamente o incarcerate per aver
esercitato il loro diritto alla libertà di espressione e associazione, esposte a grave rischio di tortura o
maltrattamenti. Migliaia di persone sono state condannate a morte e molte delle sentenze sono state
eseguite, spesso in seguito a processi iniqui. Sono aumentate le proteste pubbliche contro gli sfratti
espropriativi e la requisizione di terre senza ricompenso adeguato. Nella regione dello Xinjiang, la
Cina ha continuato a servirsi del pretesto della “guerra al terrorismo” internazionale per giustificare
la repressione contro gli uighuri. In Tibet, e in altre zone abitate da etnie tibetane, le libertà di
espressione e religione hanno continuato a essere fortemente limitate.
Contesto
La nuova amministrazione, in carica dal marzo 2003, ha consolidato la propria autorità, in
particolare in seguito alle dimissioni a settembre del presidente uscente Jiang Zemin dal ruolo di
presidente della Commissione militare centrale. Sono state introdotte alcune riforme legali, tra cui
nuovi regolamenti per la prevenzione della tortura nei casi di custodia da parte della polizia e un
emendamento alla Costituzione varato a marzo che stabilisce che «lo Stato rispetta e protegge i
diritti umani». Tuttavia, la mancata introduzione delle necessarie riforme istituzionali ha
gravemente compromesso l‟attuazione di tali riforme.
Le autorità hanno dimostrato un atteggiamento più attivo riguardo alla gestione dell‟epidemia di
HIV/AIDS nel Paese, incluso il varo di una nuova legge ad agosto che intende incrementare le
misure per la prevenzione dell‟AIDS e rendere illegale la discriminazione contro le persone affette
da AIDS o altre malattie infettive. Tuttavia, attivisti locali impegnati nella richiesta di migliori
condizioni di vita per i malati hanno continuato a essere arbitrariamente detenuti.
Sono continuate le repressioni politiche contro determinati gruppi, tra cui il movimento spirituale
Falun Gong, gruppi cristiani non ufficiali, e i cosiddetti “separatisti ed estremisti religiosi” nella
regione dello Xinjiang e in Tibet.
Le autorità hanno continuato a “dialogare sui diritti umani” con altri Paesi, ma hanno sospeso
qualsiasi colloquio con gli Stati Uniti in seguito alla proposta da parte di questi ultimi di una
risoluzione sulla Cina alla sessione di marzo della Commissione delle Nazioni Unite sui diritti
umani. La Cina ha richiesto all‟Unione Europea (UE) di rimuovere l‟embargo sulle armi imposto in
seguito alle repressione, attuata dalla Cina nel giugno 1989, contro il movimento per la democrazia
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Discriminazione,emarginazione e Diritti delle Donne
e ha ottenuto il supporto di alcuni Stati dell‟EU. Tuttavia, a fine anno l‟embargo era ancora in
vigore.
La Cina ha posticipato la visita del Relatore speciale delle Nazioni Unite sulla tortura, previsto per
giugno, mentre il Gruppo di lavoro delle Nazioni Unite sulla detenzione arbitraria (WGAD) si è
recato in visita in Cina a settembre. Le autorità hanno continuato a negare l‟accesso al Paese a
organizzazioni non governative (ONG) internazionali di tutela dei diritti umani per svolgere
ricerche indipendenti.
Difensori dei diritti umani
Le autorità hanno continuato ad avvalersi di articoli del codice penale in riferimento ai reati di
“sovversione” o “divulgazione di segreti di Stato” e altre accuse relative a reati non ben definiti in
materia di sicurezza nazionale per perseguire pacifici attivisti e riformisti. Avvocati, giornalisti,
attivisti per i diritti delle persone affette da HIV/AIDS e attivisti per i diritti contro gli sfratti
espropriativi sono stati tra coloro che hanno dovuto subire vessazioni, detenzioni o incarcerazioni
per aver documentato casi di abusi dei diritti umani, richiesto riforme, o per aver tentato di ottenere
risarcimenti in favore di vittime di violazioni.

A marzo, Ding Zilin, fondatrice del gruppo “Madri di Tienanmen”, impegnata nella
realizzazione della giustizia in seguito all‟uccisione del figlio a Pechino il 4 giugno 1989, è stata
detenuta dalla polizia che intendeva impedirle di esprimere le sue motivazioni. È stata inoltre
posta sotto una forma particolare di arresto domiciliare per alcuni giorni alla vigilia del 15°
anniversario della repressione allo scopo di impedirle di presentare ricorso legale per conto di
altre 126 persone che avevano perso un congiunto negli eventi del 1989.

Ad agosto, Li Dan, attivista per i diritti delle persone affette da AIDS, è stato detenuto dalla
polizia nella provincia di Henan nell‟apparente tentativo di impedirgli di protestare contro le
misure adottate dal governo per fronteggiare l‟epidemia di AIDS. Sebbene sia stato rilasciato
dopo un giorno, Li Dan è stato in seguito percosso da due assalitori sconosciuti. Li Dan aveva
fondato una scuola per orfani da AIDS nella provincia, dove si stima che un milione di persone
circa siano diventate sieropositive all‟HIV dopo che avevano venduto il loro plasma sanguigno
a stazioni di raccolta del sangue statali prive di precauzioni igienico-sanitarie. A luglio, la scuola
è stata chiusa dalle autorità locali.
Violazioni nel contesto della riforma economica
Non sono cessate le pesanti restrizioni al diritto alle libertà di espressione e di associazione dei
rappresentanti dei lavoratori, mentre i sindacati indipendenti hanno continuato a essere considerati
illegali. Secondo alcune fonti, nel contesto della riforma economica, alle numerose vittime di sfratti
espropriativi, espropriazioni terriere e licenziamenti sono state negate congrue indennità. Sono
aumentate le proteste pubbliche e per la maggior parte pacifiche contro tali prassi, il che
determinato ha in risposta numerose detenzioni e ad altri tipi di abusi.
Pechino è stata spesso al centro delle proteste, dovute in parte all‟attività di demolizione degli
edifici in vista dei giochi olimpici che la città ospiterà nel 2008. Le vittime degli sfratti provenienti
da altre parti del Paese si sono inoltre recate a Pechino per richiedere alle autorità centrali
l‟indennità negata dalle autorità locali. Secondo quanto riferito, decine di migliaia di richiedenti
sono stati tratti in stato di fermo dalla polizia di Pechino nel corso di operazioni di sicurezza alla
vigilia degli incontri ufficiali tenutesi a marzo e a settembre.
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Cosa accade nel mondo: alcune situazioni reali

Viaggio nel mondo dei Diritti Umani
Discriminazione,emarginazione e Diritti delle Donne
Ad agosto, Ye Guozhu è stato arrestato perché sospettato di “disturbo dell‟ordine sociale” in
seguito alla sua richiesta di autorizzazione per una manifestazione di protesta di massa contro
gli sfratti espropriativi a Pechino. A dicembre è stato condannato a 4 anni di carcere. Ye Guozhu
e la sua famiglia erano stati espropriati della loro casa a Pechino lo scorso anno, con ogni
probabilità per spianare la strada alle opere di costruzione in vista delle Olimpiadi del 2008.
Violenza sulle donne
Numerosi articoli sulla violenza domestica sono apparsi sui media nazionali, riflettendo il diffuso
timore che tali abusi non fossero realmente affrontati. Fonti hanno continuato a riportare gravi
violazioni contro donne e ragazze, dovute all‟applicazione della politica di pianificazione familiare
che comprende aborti e sterilizzazioni forzate. A luglio, le autorità hanno dato pubblicamente
maggior spinta al divieto di aborto selettivo di feti femminili, nel tentativo di invertire il divario
crescente del rapporto fra maschi e femmine.
Le donne in detenzione, comprese numerose seguaci del movimento Falun Gong, sono rimaste
esposte al rischio di tortura, inclusi stupri e abusi sessuali.
A gennaio sono state varate nuove normative che impediscono alla polizia di comminare ammende
immediate alle prostitute. Tuttavia, la politica di “custodia ed educazione” ha continuato a essere
utilizzata per detenere presunte prostitute e i loro clienti senza accuse né processo.

Ad aprile, Mao Hengfeng è stata condannata a 18 mesi di lavori forzati nel programma di
“rieducazione attraverso il lavoro” per aver incessantemente presentato istanze alle autorità
riguardo a un aborto forzato subito 15 anni prima, quando rimase incinta in violazione della
politica di pianificazione familiare cinese. Secondo quanto riferito, nel campo di lavoro è stata
tenuta legata, appesa al soffitto e percossa violentemente. In precedenza, Mao Hengfeng è stata
detenuta diverse volte in unità psichiatriche, dove le era stato imposto l‟elettroshock.
Attivisti politici e utenti di Internet
Attivisti politici, compresi sostenitori di gruppi politici illegali, sostenitori di cambiamenti politici o
fautori di una maggiore democrazia hanno continuato a subire arresti arbitrari. Alcuni di loro sono
stati condannati e incarcerati. Nel corso dell‟anno, AI ha ricevuto conferma che oltre 50 persone
erano detenute o imprigionate per aver letto o fatto circolare via Internet informazioni politiche
delicate.

A settembre, Kong Youping, membro di spicco del Partito democratico cinese ed ex sindacalista
della provincia di Liaoning, è stato condannato a 15 anni di reclusione per “sovversione”. Era
stato arrestato alla fine del 2003 dopo aver pubblicato articoli su Internet in cui denunciava la
corruzione ufficiale e richiedeva una rivalutazione del movimento per la democrazia del 1989.
Repressione di gruppi spirituali e religiosi
Il movimento spirituale Falun Gong è rimasto al centro della repressione, che non avrebbe escluso
numerose detenzioni arbitrarie. La maggior parte delle persone detenute sono state assoggettate a
periodi di “rieducazione attraverso il lavoro” senza accuse né processo, nel corso della quale sono
state gravemente esposte a rischio di torture o maltrattamenti, soprattutto nel caso in cui si fossero
rifiutate di abiurare il proprio credo. Altri seguaci sono stati incarcerati o rinchiusi in ospedali
psichiatrici. Secondo fonti straniere riconducibili al Falun Gong, dal 1999 sono morte oltre 1.000
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Discriminazione,emarginazione e Diritti delle Donne
persone che erano state arrestate in relazione al movimento, la maggior parte in seguito a torture e
maltrattamenti.
Altre cosiddette “organizzazioni eretiche” e gruppi religiosi non ufficiali hanno subito attacchi.
Sono aumentate le segnalazioni di arresti e detenzioni di seguaci di cattolici non autorizzati e
seguaci di “chiese domestiche” protestanti non riconosciute. Le persone che hanno cercato di
documentare tali violazioni e di trasmetterne notizia all‟estero hanno rischiato a loro volta l‟arresto.

Ad agosto, Zhang Shengqi, Xu Yonghai e Liu Fenggang, tre attivisti protestanti indipendenti,
sono stati condannati rispettivamente a uno, due e tre anni di reclusione dal Tribunale popolare
intermediario di Hangzhou, per “divulgazione di segreti di Stato”. Le accuse riguardavano la
diffusione di informazioni all‟estero sulla repressione nei confronti dei protestanti e la chiusura
di chiese non ufficiali nella regione.
Pena di morte
La pena di morte ha continuato a essere applicata in modo esteso e arbitrario, ed è stata spesso
determinata da interferenze politiche. Sono state eseguite condanne a morte per reati non violenti,
come la frode fiscale e l‟appropriazione indebita, ma anche per reati di droga e crimini violenti. Le
autorità hanno continuato a mantenere segrete le statistiche nazionali sulle condanne a morte e sulle
esecuzioni. A fine anno, in base ai rapporti pubblici disponibili, AI ha stimato almeno 3.400
esecuzioni e almeno 6.000 condanne a morte, sebbene si ritenga che le cifre reali siano molto più
alte. A marzo, un alto esponente del Congresso nazionale del popolo ha dichiarato che la Cina
esegue circa 10.000 condanne a morte all‟anno.
La mancanza di garanzie di tutela fondamentali dei diritti degli imputati ha continuato a concorrere
alla condanna a morte e all‟esecuzione di un numero elevato di persone in seguito a processi iniqui.
A ottobre, le autorità hanno annunciato l‟intenzione di reintrodurre la revisione da parte della Corte
Suprema dei casi capitali e di varare nuove riforme legali per la tutela dei diritti dei sospetti
criminali e degli imputati. Non sono stati tuttavia chiariti i tempi di introduzione di tali misure.

Secondo quanto riferito, a febbraio, Ma Weihua, una donna condannata alla pena di morte per
reati di droga, è stata obbligata ad abortire mentre era in custodia di polizia, al fine di consentire
che la condanna fosse eseguita “legalmente”, in quanto la legge cinese impedisce l‟esecuzione
di donne in gravidanza. Ma Weihua era stata arrestata a gennaio perché trovata in possesso di
1,6 kg di eroina. Il suo processo, iniziato a luglio, è stato sospeso dopo che il suo avvocato
aveva fornito dettagli riguardo alla forzata interruzione di gravidanza. A novembre la donna è
stata infine condannata all‟ergastolo.
Tortura, detenzione amministrativa e processi iniqui
Torture e maltrattamenti continuano a essere pratiche diffuse in molte istituzioni statali, nonostante
l‟entrata in vigore di diversi nuovi regolamenti per la prevenzione di tali fenomeni. I metodi di
tortura più comuni comprendono calci, percosse, scosse elettriche, sospensioni per gli arti superiori,
incatenamenti in posizioni dolorose e privazione del cibo e del sonno. Interferenze politiche
nell‟esercizio della giustizia, limitazioni all‟accesso al mondo esterno per i detenuti, e incapacità di
instaurare efficaci meccanismi di ricorso e d‟inchiesta hanno continuato a essere fattori determinanti
per il proliferare di tali pratiche.
Le autorità hanno annunciato ufficialmente l‟intenzione di riformare il sistema di detenzione
amministrativa denominato “rieducazione attraverso il lavoro”, impiegato per detenere centinaia di
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Discriminazione,emarginazione e Diritti delle Donne
migliaia di persone fino a 4 anni senza accusa né processo. Tuttavia l‟esatta natura e il campo di
applicazione della riforma restano oscuri.
Le persone accusate di reati politici e penali continuano a veder loro negato il diritto a un processo.
Il diritto dei detenuti di accedere ai propri avvocati e familiari continua a essere gravemente
limitato. I processi politici restano molto al di sotto degli standard internazionali che definiscono un
equo processo. Gli imputati di reati relativi a “segreti di Stato” e “terrorismo” hanno subito
limitazioni dei loro diritti legali e sono stati giudicati a porte chiuse.

A ottobre, seguaci stranieri del Falun Gong hanno distribuito un filmato relativo a Wang Xia,
una donna rilasciata di recente dal carcere di Hohhot, nella regione interna della Mongolia, dove
aveva scontato due anni di una sentenza di sette per aver distribuito materiale divulgativo sul
Falun Gong. La donna appariva deperita e il suo corpo era ricoperto di cicatrici. Secondo quanto
riferito, la donna era stata legata a un letto, appesa e percossa. Inoltre le erano state iniettate
sostanze sconosciute ed era stata colpita con manganelli elettrici dopo che aveva intrapreso lo
sciopero della fame per protestare contro la sua detenzione.
Richiedenti asilo nordcoreani
Durante l‟anno, nelle regioni nord orientali della Cina, centinaia, forse migliaia, di richiedenti asilo
provenienti dalla Corea del Nord sono stati arrestati e rimpatriati forzatamente. La Cina ha
continuato a negare ai nordcoreani qualsiasi tipo di procedura per la determinazione dello status di
rifugiato, anche in presenza di prove evidenti che dimostravano come molti avessero motivi
concreti per presentare richiesta di asilo, in violazione della Convenzione delle Nazioni Unite sui
rifugiati, di cui la Cina è Stato parte.
Le persone sospettate di aiutare i richiedenti asilo nordcoreani, tra cui membri di organizzazioni di
cooperazione internazionali e religiose, cittadini cinesi di etnia coreana, e giornalisti che cercavano
di documentare tale situazione, sono state trattenute per essere interrogate, e alcune di loro sono
state incriminate e condannate a periodi di detenzione.

Ad agosto, Noguchi Takashi, un attivista giapponese appartenente a una ONG che aiuta i
nordcoreani in Cina a cercare asilo in un Paese terzo, è stato deportato dopo essere stato
detenuto nella regione autonoma dello Guangxi Zhuang. Era stato condannato a otto mesi di
reclusione e al pagamento di un‟ammenda di 20.000 yuan (2.400 dollari americani) per l‟accusa
di “tratta di esseri umani”.
Regione autonoma dello Xinjiang Uighur
Le autorità hanno continuato a richiamarsi alla “guerra al terrorismo” internazionale come pretesto
per le dure repressioni attuate nella regione dello Xinjiang, che hanno determinato gravi violazioni
dei diritti umani contro la comunità degli uighuri. Le autorità hanno continuato a non distinguere
quanti commettono atti di violenza da quanti esercitano una resistenza passiva. La repressione si è
manifestata con la chiusura di moschee non riconosciute, l‟arresto di imam, restrizioni all‟uso della
lingua uighura e il divieto di diffondere determinati libri e giornali uighuri.
Sono continuati gli arresti di persone sospettate di essere “separatisti, terroristi ed estremisti
religiosi”, e migliaia di prigionieri politici, compresi prigionieri di coscienza, sono rimasti in
carcere. Fonti riferiscono che molte delle persone accusate di essere “separatisti” o “terroristi” sono
state condannate a morte e “giustiziate”. Attivisti di etnia uighura che avevano cercato di divulgare
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Discriminazione,emarginazione e Diritti delle Donne
informazioni all‟estero sull‟entità della repressione sono stati esposti al rischio di detenzione
arbitraria e incarcerazione.
La Cina ha continuato a utilizzare il pretesto della “guerra al terrorismo” internazionale per
rafforzare i propri legami politici ed economici con i Paesi confinanti. Persone di etnia uighura che
erano fuggiti in Asia centrale, Pakistan, Nepal e altri Paesi, fra cui richiedenti asilo e rifugiati,
hanno continuato a rischiare di essere rimpatriati forzatamente in Cina. La Cina ha continuato a
esercitare pressioni sugli Stati Uniti affinché le 22 persone di etnia uighura detenute nel campo di
detenzione statunitense di Guantánamo Bay, a Cuba, venissero rimpatriate. A giugno le autorità
statunitensi hanno dichiarato che gli uighuri non sarebbero rientrati in Cina per il timore che
potessero essere sottoposti a tortura o condannati a morte.

Abdulghani Memetimin, un insegnante e giornalista di 40 anni, ha continuato a scontare una
pena detentiva di nove anni a Kashgar. Era stato condannato per aver “fornito segreti di Stato a
entità straniere” nel giugno 2003, quando aveva inviato informazioni in Germania a una ONG
fondata da uighuri riguardo alle violazioni dei diritti umani contro persone di etnia uighura
perpetrati nella provincia dello XUAR e per aver effettuato traduzioni di discorsi ufficiali.
Regione autonoma del Tibet e altre zone etniche tibetane
Le libertà di religione, di associazione e di espressione hanno continuato a essere pesantemente
limitate e non sono cessati gli arresti arbitrari e i processi iniqui. Oltre un centinaio di prigionieri di
coscienza tibetani, principalmente monaci e suore buddisti, sono rimasti nelle carceri. I colloqui fra
le autorità cinesi e i rappresentanti in esilio del governo tibetano sono proseguiti, dimostrando
qualche segnale di progresso. Tuttavia, ciò non ha portato ad alcun mutamento significativo
nell‟atteggiamento politico verso una maggiore tutela dei diritti umani fondamentali dei tibetani.

Secondo alcune fonti, ad agosto, Topden e Dzokar, due monaci provenienti dal monastero di
Chogri, situato nella contea di Drakgo (Luhuo), nella provincia di Sichuan, assieme a Lobsang
Tsering, un laico, sono stati condannati a tre anni di reclusione per aver affisso manifesti in
favore dell‟indipendenza del Tibet. I tre erano stati fermati a luglio assieme a numerose altre
persone, in seguito rilasciate dopo diversi giorni di detenzione. Testimoni hanno riferito che
sarebbero stati percossi durante la detenzione.
Regione ad amministrazione speciale di Hong Kong
Non è stato compiuto alcun tentativo per reintrodurre la legislazione proposta dall‟art.23 della Basic
Law (legge fondamentale), che proibisce atti di tradimento, secessione, tumulto o sovversione,
proposta contro la quale si era innescata la protesta dell‟opinione pubblica nel 2003. Tuttavia, una
sentenza formulata in Cina continentale ad aprile, che limita la libertà di Hong Kong di perseguire
proprie riforme politiche, ha incrementato i timori riguardo l‟erosione dei diritti umani nella regione
ad amministrazione speciale.
A maggio, le dimissioni rassegnate da tre conduttori di trasmissioni radiofoniche hanno acceso i
timori di possibili restrizioni alla libertà di espressione, in quanto essi avrebbero ricevuto
intimidazioni per aver richiesto una maggiore democrazia ad Hong Kong. La detenzione
amministrativa in Cina di un candidato del Partito democratico di Hong Kong in vista delle elezioni
di settembre è stata considerata da molti dettata da motivi politici. A novembre, un corte d‟appello
ha ribaltato le condanne per “ostruzione pubblica” emesse contro 16 seguaci del movimento Falun
Gong, che erano stati arrestati dopo che avevano organizzato una dimostrazione nel marzo 2002.
Altre condanne per ostruzione e aggressione nei confronti della polizia sono state confermate.
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Cosa accade nel mondo: alcune situazioni reali
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Discriminazione,emarginazione e Diritti delle Donne
Residenti di Hong Kong hanno continuato a essere condannati a morte in altre regioni della Cina,
mentre non è stato ancora raggiunto un accordo formale di interpretazione tra Hong Kong e la Cina.
A giugno, la Corte Suprema d‟appello di Hong Kong ha stabilito che le autorità della regione
devono valutare singolarmente le dichiarazioni di ciascun richiedente asilo politico che stia
fuggendo dalla tortura, prima di emettere un ordine di rimpatrio. Tuttavia, i richiedenti asilo politico
e altri gruppi, tra cui lavoratori migranti, vittime di violenza domestica, omosessuali e lesbiche,
rimangono suscettibili di discriminazione. A settembre si è registrato un passo positivo in questa
direzione, grazie alla pubblicazione di un documento a consultazione pubblica riguardo a una
proposta di legge contro la discriminazione razziale.
Rapporti di AI
Executed “according to law”? – the death penalty in China (AI Index: ASA 17/003/2004)
Uighurs fleeing persecution as China wages its “war on terror” (AI Index: ASA 17/021/2004)
People‟ Republic o China: Human rights defenders at risk (AI Index: ASA 17/045/2004)
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Viaggio nel mondo dei Diritti Umani
Discriminazione,emarginazione e Diritti delle Donne
India (the Republic of)
Repubblica dell'India
Capo di stato: A.P.J. Abdul Kalam
Capo del governo: Manmohan Singh (subentrato a Atal Bihari
Vajpayee a maggio)
Pena di morte: mantenitore
Statuto di Roma della Corte penale internazionale: non firmato
Convenzione delle Nazioni Unite sulle donne: ratificata con riserve
Protocollo opzionale alla Convenzione delle Nazioni Unite sulle donne: non firmato
In molti casi gli esecutori di violazioni dei diritti umani hanno continuato a godere dell‟impunità. Le
autorità dello Stato del Gujarat non sono riuscite ad assicurare alla giustizia i responsabili delle
diffuse violenze del 2002. La legislazione sulla sicurezza è stata utilizzata per facilitare arresti
arbitrari, torture e altre gravi violazioni dei diritti umani, spesso contro oppositori politici e gruppi
emarginati. Nello Stato del nord orientale del Manipur, gruppi locali si sono opposti alle violazioni
dei diritti umani avvenute ai sensi della legge sui poteri speciali delle Forze armate, e ne hanno
chiesto l‟abrogazione. In numerosi Stati i difensori dei diritti umani hanno subito vessazioni. Il
nuovo governo dell‟United Progressive Alliance (UPA) ha fatto alcune promesse che, se attuate ,
potrebbero migliorare la situazione dei diritti umani. Gruppi socialmente ed economicamente
emarginati, come i dalit, gli adivasi, le donne e le minoranze religiose, hanno continuato a subire
discriminazioni da parte della polizia e del sistema di giustizia penale.
Contesto
Le relazioni tra India e Pakistan sono migliorate durante il corso dell‟anno grazie ai colloqui e ai
progressi nella costruzione di una reciproca fiducia. A luglio il governo dell‟Andhra Pradesh ha
revocato dopo otto anni l‟interdizione dei maoisti (naxalite) Gruppo per la guerra del popolo (PWG)
e di sei organizzazioni associate. A ottobre si sono tenuto i primi colloqui di pace in assoluto tra
funzionari dello Stato e rappresentanti del PWG. In altre zone a bassa intensità di conflitto,
compresi l‟Assam e il Manipur, sono aumentate le tensioni.
A maggio l‟Alleanza democratica nazionale, al governo, guidata dal partito Bharatiya Janata (BJP),
ha subito una sconfitta a sorpresa nelle elezioni nazionali che hanno portato al potere il governo di
coalizione dell‟UPA, guidato dal Partito del Congresso. Manmohan Singh è stato nominato primo
ministro dopo che la leader del partito, Sonia Gandhi, aveva rinunciato alla carica.
Il BJP ha mantenuto il potere in diversi Stati ed è tornato a un programma politico più apertamente
a favore del nazionalismo indù.
Più di 15.000 persone sono rimaste uccise o disperse e oltre 112.000 sfollate in seguito allo tsunami
del 26 dicembre che ha devastato i distretti costieri degli Stati dell‟Andhra Pradesh, di Kerala e
Tamil Nadu e due Territori dell‟Unione, le isole Andamane e Nicobare e Pondicherry. I soccorsi
locali e nazionali sono intervenuti immediatamente.
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Discriminazione,emarginazione e Diritti delle Donne
Violenza sulle donne
Nonostante gli sforzi rivolti dai difensori dei diritti delle donne contro il diffuso problema della
violenza domestica, l‟India manca ancora di una legislazione che affronti in maniera esauriente la
violenza domestica.
Il governo non è stato in grado di presentare per tempo i rapporti periodici al Comitato delle
Nazioni Unite per l‟eliminazione della discriminazione nei confronti delle donne (CEDAW).
Gran parte dei responsabili degli stupri e omicidi largamente perpetrati nel Gujarat nel 2002 hanno
continuato a godere dell‟impunità. Durante le violenze tra comunità le donne musulmane ne sono
state deliberatamente prese di mira e diverse centinaia di donne e ragazze sono state minacciate,
stuprate e uccise; alcune sono state bruciate vive (vedi di seguito Gujarat).
Impunità
Membri delle forze di sicurezza hanno continuato a godere di fatto dell‟impunità per le violazioni
dei diritti umani.
Ad aprile donne appartenenti all‟Associazione dei genitori delle persone scomparse sono state
picchiate dalla polizia mentre dimostravano a Srinagar contro il persistere dell‟impunità per i
responsabili delle “sparizioni” nello Stato del Jammu e Kashmir. Sebbene lo Stato nel 2003 abbia
ammesso che, dall‟inizio della rivolta nel 1989, siano “scomparse” 3.744 persone, gli attivisti dei
diritti umani ritengono che la cifra reale superi quota 8.000. A fine anno nessuno era stato
condannato.
Nel Punjab la stragrande maggioranza dei poliziotti responsabili di gravi violazioni dei diritti umani
durante il periodo dello stato di guerra a metà degli anni Novanta ha continuato a sottrarsi alla
giustizia nonostante le raccomandazioni di diverse inchieste e commissioni giudiziarie. In risposta
ai 2.097 casi registrati di violazioni dei diritti umani, la Commissione nazionale sui diritti umani ha
ordinato allo Stato del Punjab di provvedere al risarcimento di 109 casi riguardanti persone che
prima della loro morte erano state in custodia di polizia. La cultura dell‟impunità sviluppata durante
tale periodo ha continuato a prevalere e non sono cessate le notizie di abusi, tra cui tortura e
maltrattamenti.
Gujarat
Ad agosto la Corte Suprema ha emesso una importante sentenza in relazione alle violenze tra
comunità avvenute nello Stato del Gujarat nel 2002. Le violenze erano seguite all‟incendio di un
treno nel febbraio 2002 nel quale erano morti 59 indù; gruppi della destra indù avevano accusato
dell‟incendio musulmani locali. Nelle violenze che ne erano seguite erano rimaste uccise oltre 2.000
persone, in maggioranza musulmani. La Corte ha disposto la revisione delle oltre 2.000 denunce
archiviate dalla polizia e la riapertura di circa 200 casi di assoluzione.

Bilqis Yakoob Rasool era incinta di cinque mesi quando fu vittima di uno stupro di gruppo e
assistette all‟uccisione della figlioletta di tre anni da parte di un commando nel marzo 2002. La
donna denunciò poi lo stupro e l‟omicidio di 14 familiari alla polizia. Nel gennaio 2003 la
polizia chiuse il caso con la motivazione che non era stato possibile trovare i responsabili. Una
successiva indagine dell‟Unità investigativa centrale ha riscontrato che le indagini erano state
insabbiate dalla polizia. Ad aprile, 12 persone sono state arrestate per stupro e omicidio. Inoltre
sei agenti di polizia sono stati accusati di coinvolgimento nell‟insabbiamento delle indagini e
due medici sono stati accusati di aver falsificato le perizie legali. Ad agosto la Corte Suprema ha
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Discriminazione,emarginazione e Diritti delle Donne
decretato che il processo doveva svolgersi al di fuori del Gujarat. A fine anno, il processo era in
corso di svolgimento.

Diversi familiari di Zahira Sheikh morirono nell‟incendio della Best Bakery, a Vadodara nel
marzo 2002. Il processo contro le 21 persone accusate di aver appiccato il fuoco alla panetteria
fu interrotto nel giugno 2003 quando Zahira Sheikh e diversi testimoni avevano ritirato le loro
deposizioni dopo che avevano ricevuto minacce di morte. Ad aprile la Corte Suprema ha
disposto la riapertura del processo nello Stato del Maharashtra. La Corte ha individuato gravi
lacune nel sistema di giustizia penale, ma ha anche accusato il governo del Gujarat di aver
ignorato le violenze e di proteggere gli esecutori. Le associazioni per i diritti umani hanno
giudicato il pronunciamento come una sentenza storica. A novembre, Zahira Sheikh ha
nuovamente ritrattato la sua deposizione. Presso l‟Unità investigativa centrale è stata depositata
una petizione con cui si richiede di indagare su quest‟ultimo sviluppo.
A fine anno, le richieste di trasferimento di diversi altri processi ai tribunali fuori del Gujarat erano
in attesa di pronunciamento.
Il nuovo governo si è impegnato a emanare un modello di legge di vasta portata per affrontare le
violenze tra comunità.
Abusi da parte di gruppi di opposizione
Sono stati segnalati abusi, tra cui torture, attacchi e uccisioni di civili, da parte di gruppi armati in
alcuni Stati nord orientali e anche nell‟Andhra Pradesh, Bihar, Jharkhand, e Bengala Occidentale.
Nel Jammu e Kashmir, membri di gruppi di opposizione si sono resi responsabili dell‟uccisione
deliberata di civili. Le vittime comprendevano familiari di funzionari statali e persone sospettate di
lavorare per il governo. L‟uso di esplosivo ha avuto come conseguenza l‟uccisione indiscriminata di
civili.

Ad aprile, Asiya Jeelani, un‟attivista dei diritti umani, e il suo autista sono stati uccisi quando la
sua auto, che stava trasportando un gruppo di osservatori elettorali, ha urtato un ordigno
esplosivo che sarebbe stato collocato da gruppi di opposizione contrari alle elezioni. Un altro
membro del gruppo, Khurram Parvez, ha perso una gamba nell‟episodio.
Legislazione sulla sicurezza
A settembre il governo ha realizzato la promessa elettorale di revocare la legge sulla prevenzione
del terrorismo (POTA) che si ritiene sia stata applicata in maniera “fortemente impropria” e che ha
portato a diffuse violazioni dei diritti umani. Tutti i processi celebrati ai sensi della suddetta legge
dovranno essere rivisti entro un anno.
Tuttavia, sono state espresse preoccupazioni riguardo agli emendamenti alla legge sulla prevenzione
delle attività illecite, che include clausole simili a quelle previste dalla POTA. Sono stati inoltre
espressi timori che la vaga definizione di “atto terroristico” nel testo della legge possa prestarsi a
un‟interpretazione estensiva. Diversi Stati si sono dichiarati favorevoli all‟introduzione di una
legislazione contenente clausole simili a quelle presenti nella POTA.
La legge sui poteri speciali delle Forze armate (AFSPA) del 1958 resta in vigore nelle “zone a
rischio” che comprendono vaste aree del nord-est. Un certo numero di articoli dell‟AFSPA
contravvengono agli standard internazionali. Ad esempio, la legge autorizza le forze di sicurezza ad
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Discriminazione,emarginazione e Diritti delle Donne
effettuare arresti senza un mandato e ad aprire il fuoco per uccidere in circostanze che no n
implicano minaccia imminente. La legge inoltre accorda ai membri delle forze armate l‟immunità
dall‟incriminazione per azioni compiute sotto la sua giurisdizione.

L‟ 11 luglio, Thangjam Manorama (conosciuta anche come Henthoi) è morta dopo essere stata
arrestata ai sensi dell‟AFSPA da membri dell‟Assam Rifles a Greater Imphal, nel Manipur. Il
suo corpo è stato poi rinvenuto lo stesso giorno a pochi chilometri dalla sua abitazione e,
secondo quanto riferito, mostrava segni di tortura e ferite multiple da arma da fuoco. Fonti
hanno riferito che era stata stuprata. La sua morte è stata seguita da proteste da parte della
comunità e di gruppi femminili che le forze di sicurezza hanno cercato di reprimere arrestando i
partecipanti e sparando sui dimostranti, ferendo diverse decine di persone. A fine anno era in
corso un‟inchiesta giudiziaria.
L‟abrogata legge sulle attività terroristiche e distruttive continua a essere utilizzata da alcune
autorità dello Stato per trattenere e sottoporre a vessazioni i difensori dei diritti umani e gli
oppositori politici.
Pena di morte
Almeno 23 persone sono state condannate a morte e una sentenza è stata eseguita. Non sono state
fornite informazioni complete sul numero di persone condannate a morte, ma permangono
preoccupazioni riguardo alla prolungata permanenza di alcuni prigionieri nel braccio della morte,
fattore che si configura come trattamento crudele, inumano o degradante.

Dhananjoy Chatterjee è stato messo a morte per impiccagione ad agosto dopo aver trascorso 13
anni in carcere. Era stato condannato per stupro e omicidio nel 1990. Si tratta della prima
esecuzione capitale di cui si ha notizia in India dal 1997.
Difensori dei diritti umani
Difensori dei diritti umani sono stati oggetto di vessazioni e attacchi in molte parti del Paese.

Il 21 agosto almeno 13 membri dell‟Associazione per la protezione dei diritti democratici
(APDR), sono stati attaccati a Greater Kolkata, nel Bengala Occidentale, presumibilmente da
sostenitori del partito di governo. Un gruppo di circa 60 persone ha attaccato una riunione
pacifica, prendendo a calci e bastonando i partecipanti. Benché la stazione di polizia si trovasse
a meno di 50 m., la polizia non è intervenuta per aiutare o proteggere i membri dell‟APDR
finché gli aggressori non si sono dispersi diverse ore più tardi. Diverse vittime, che avevano
riportato gravi ferite, sono dovute ricorrere a cure ospedaliere.
Diritti economici, sociali e culturali
Nonostante i progressi economici degli anni recenti, circa 300 milioni di persone continuano a
vivere in povertà.
A ottobre un portavoce del Fondo Globale per la lotta all‟AIDS, la tubercolosi e la malaria, ha
affermato che per l‟AIDS/HIV il tasso d‟infezione era in crescita e che l‟India aveva probabilmente
il maggior numero di persone sieropositive del mondo.
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Discriminazione,emarginazione e Diritti delle Donne
Bhopal 20 anni dopo
A vent‟anni dalla fuoriuscita di gas tossici dallo stabilimento di produzione di pesticidi della Union
Carbide Corporation (UCC) di Bhopal, la zona circostante non è stata ancora risanata e residui
tossici continuano a inquinare l‟ambiente e le falde acquifere. Nel 1984, oltre 7.000 persone
morirono subito dopo la fuoriuscita e altre 15.000 sono morte negli anni successivi in seguito ai
residui tossici, mentre altre decine di migliaia vivono affette da malattie croniche e debilitanti.
Ancora oggi ai sopravissuti vengono negati indennizzi adeguati, oltre che cure mediche e
riabilitative. I responsabili della fuga di gas non sono stati chiamati in giudizio. La Union Carbide
Corporation e la Dow Chemicals (che ha rilevato la Union Carbide nel 2001) hanno pubblicamente
dichiarato di non avere responsabilità per la fuga di gas o per le sue conseguenze. La Union Carbide
Corporation si è rifiutata di comparire davanti al tribunale di Bhopal e nel 1989 il governo indiano
si è accordato per un risarcimento definitivo, rivelatosi del tutto inadeguato e che non è stato
neppure interamente pagato. A metà dell‟anno la Corte Suprema ha ordinato che il resto del
risarcimento in termini monetari per le vittime della fuga di gas doveva essere pagato. AI si è unita
ad altri attivisti e ai sopravissuti nel richiedere l‟immediata bonifica dalle sostanze inquinanti in
tutta l‟area e nelle zone limitrofe e un completo risarcimento per le vittime, e ha chiesto che i
responsabili fossero chiamati in giudizio.
Rapporti e missioni di AI
Clouds of injustice: Bhopal disaster 20 years on (AI Index: ASA 20/015/2004)
Open letter on human rights defenders attacked in West Bengal (AI Index: ASA 20/095/2004)
India: Punjab – Twenty years on impunity continues (AI Index: ASA 20/099/2004)
Delegati di AI hanno partecipato al World Social Forum a Mumbai a gennaio per discutere
argomenti che comprendevano il controllo delle armi, responsabilità sociale delle imprese e la
violenza sulle donne.
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Discriminazione,emarginazione e Diritti delle Donne
DONNE E GUERRA
Tratto da: Broken bodies, shattered minds - Torture and ill-treatment of women killings of girls and
women (AI Index: ACT 40/001/2001)
In tutti i conflitti armati indagati da AI nel 1999 e 2000, è stata segnalata la tortura di donne, incluso
lo stupro. La tortura, da parte dei soldati, verso le donne appartenenti alla popolazione vinta ha una
lunga storia – una storia di sottomissione, terrore e vendetta. I conflitti armati non coinvolgono solo
gli uomini nel campo di battaglia, né sono atti di distruzione indipendenti dal genere. Prove raccolte
da organizzazioni per i diritti umani e da tribunali nazionali e internazionali, indicano che le donne
sono prese di mira a causa del loro genere, e che le forme di abuso inflitte su di loro tendono ad
essere specifiche per il genere.
Le donne sono frequentemente scelte come oggetto di tortura nei conflitti armati a causa del loro
ruolo di educatrici e di simbolo della comunità. Donne di etnia Tutsi nel genocidio del 1994 in
Ruanda, e donne di etnia Serba, Croata, Musulmana e Albanese nella Ex-Yugoslavia, sono state
torturate perché appartenenti ad un particolare gruppo etnico, nazione o religione.
La maggior parte degli abusi commessi sulle donne durante i conflitti armati riguarda l‟uso della
violenza sessuale. La violenza sessuale è spesso un prologo macabro e rituale all‟omicidio. E‟ stato
riportato che nell‟est della Repubblica Democratica del Congo molte donne, uccise nelle più recenti
riprese del conflitto (1999 – 2000), sono state trovate completamente denudate con evidenti segni di
stupro.
In Guatemala, durante la guerra civile degli anni „70 e ‟80, i massacri degli abitanti dei villaggi
maya furono preceduti dallo stupro di donne e bambine. Nel dicembre 1972 per esempio, soldati
guatemaltechi entrarono nei villaggi di Dos Erres, La Libertad nella zona nord di Petén. Dopo che
se ne andarono, tre giorni più tardi, fu stimato che più di 350 persone – uomini donne e bambini –
erano state uccise. Le donne e le bambine furono soggette a stupro di massa prima di essere
massacrate.
Lo stupro ed altre forme di violenza sessuale su bambine e donne da parte delle forze ribelli sono
stati sistematici e largamente diffusi durante i nove anni di conflitto armato interno in Sierra Leone.
Mutilazioni (specialmente amputazioni deliberate), commesse durante il conflitto, hanno ricevuto
una considerevole attenzione internazionale, ma la violenza sessuale è stata ancora più rilevante.
Quasi tutte le migliaia di bambine e donne che sono state sequestrate dalle forze ribelli sono state
stuprate e costrette a prostituirsi. La violenza sessuale è stata inflitta a donne di tutte le età, incluse
ragazze molto giovani. Una bambina di 11 anni, rapita a Freetown quando le forze ribelli
attaccarono la capitale nel Gennaio 1999, fu liberata sette mesi più tardi. Descrisse di essere stata
trascinata via dalla propria casa e raggiunta da moltissime altre bambine man mano che le forze
ribelli andavano di casa in casa. Le ragazze che non furono scelte per essere la “moglie” di un
comandante ribelle, furono ripetutamente stuprate da innumerevoli altri combattenti.
Quasi tutte le vittime di stupro in Sierra Leone hanno avuto bisogno di cure mediche a causa delle
ferite riportate durante le loro tragiche vicende. Una donna di 29 anni che fuggì dalla città di
Makeni nella Provincia Settentrionale nel Maggio 2000, ha raccontato a membri di AI un mese più
tardi: “Sto ancora allattando ma cinque ribelli RUF mi hanno stuprato. Sto ancora sanguinando”. La
maggior parte delle vittime di stupro hanno contratto malattie veneree, e si ritiene che molte
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Discriminazione,emarginazione e Diritti delle Donne
abbiano contratto l‟HIV/AIDS. Nessuno sa quante gravidanze e nascite di bambini ne siano
conseguite. 7
Gli atti di tortura in un conflitto armato sono commessi in un contesto caratterizzato dal venir meno
del sistema di polizia e giudiziario. Le normali misure di controllo sugli atti di violenza contro le
donne sono quindi assenti. Violenze e privazioni costringono le donne a “sottomettersi” anche a
rapporti sessuali non-consensuali. I conflitti armati e gli spostamenti di massa di persone che ne
derivano, portano a un aumento di tutte le forme di violenza, inclusa la violenza domestica sulle
donne.8
La violenza sulle donne non è un evento accidentale della guerra: è un‟arma della guerra che può
essere usata per determinati propositi come spargere terrore; destabilizzare la società e annientare la
sua resistenza; premiare i soldati; estorcere informazioni. La violenza sulle donne, inclusa la tortura,
è stata anche usata come mezzo di pulizia etnica e come elemento di genocidio. Nella maggior parte
delle situazioni indagate da AI, c‟è una chiara evidenza che forze militari hanno usato la violenza
sulle donne per diversi di questi propositi.
Le donne che sono state torturate spesso non riescono ad ottenere l‟accesso alle cure mediche e ai
rimedi legali. Indagini condotte in regioni fra cui la Ex-Yugoslavia, l‟Uganda settentrionale, il
Congo orientale e l‟India hanno dimostrato che la maggior parte delle vittime non hanno la forza di
ammettere di essere state stuprate per paura di essere discriminate dalla società o rifiutate dai propri
mariti. Fatti dimostrano che queste paure sono fondate: donne stuprate sono state incapaci di trovare
un compagno, e quelle che erano sposate sono state spesso abbandonate dai rispettivi mariti.
Tortura di donne che fuggono da un conflitto
Per molte donne e bambine non esiste una via sicura per fuggire dalle zone di guerra. Le donne che
fuggono in barche sono frequentemente attaccate da pirati. Le donne che viaggiano per strada sono
aggredite da banditi, dalle forze di sicurezza, dalle guardie di frontiera, da contrabbandieri e da altri
rifugiati. I rifugiati sono spesso costretti a rivolgersi ai contrabbandieri come unico modo per
attraversare il confine e fuggire. Donne in questa situazione subiscono spesso abusi da parte dei
contrabbandieri, i quali offrono loro aiuto in cambio di prestazioni sessuali.
Donne rifugiate e vittime di spostamenti di massa interni che vivono nei campi di accoglienza,
possono subire abusi fisici e sessuali. Le guardie dei campi e i rifugiati uomini possono considerare
le donne e le bambine non accompagnate come proprietà sessuale comune. Le donne che sono già
state stuprate possono essere trattate come se avessero perso la loro dignità e possono quindi essere
facilmente molestate. Devono anche sopportare il danno fisico e psicologico del trauma che hanno
subito, senza un adeguato supporto medico o legale. 9 Spesso la violenza domestica sulle donne
aumenta nei campi di accoglienza per i rifugiati. In molti campi le condizioni materiali accrescono
la predisposizione alla violenza sulle donne: i campi possono essere sovraffollati e il loro progetto e
dislocazione possono rendere le donne particolarmente vulnerabili ad aggressioni, sia da dentro che
da fuori il campo. La discriminazione contro le donne nella distribuzione dei beni e dei servizi può
portare ad abusi sessuali su donne rifugiate rese vulnerabili dagli stenti.
7
Per ulteriori informazioni si veda Sierra Leone: Rape and other forms of sexual violence against girls and women (AI
Index: AFR 51/35/00).
8
Si veda ad esempio, Sexual violence against refugees, Guidelines on prevention and response. Geneva, United
Nations High Commissioner for Refugees, 1995.
9
Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati, Guidelines on the Protection of Refugee Women, Geneva, July
1991, p.34.
46
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Discriminazione,emarginazione e Diritti delle Donne
Le donne che raggiungono altri paesi e presentano domanda di asilo, affrontano continuamente
difficoltà nella loro ricerca della sicurezza. Molti governi, desiderosi di non assumersi le proprie
responsabilità nel fornire protezione ai rifugiati, stanno richiedendo requisiti sempre più restrittivi
per riconoscere lo status di rifugiato. Un certo numero di paesi nega lo status di rifugiato a persone
perseguite da gruppi armati di opposizione, e pochi paesi garantiscono asilo dove lo stato è venuto
meno nella protezione contro la tortura da parte di individui privati.
Donne richiedenti asilo



La definizione di rifugiato nella legislazione internazionale (la Convenzione del 1951 riguardo
allo Status dei Rifugiati e il suo Protocollo del 1967) resta applicabile in situazioni in cui un
intero gruppo di individui è stato costretto a uno spostamento di massa e membri del gruppo
sono a rischio di violazione di diritti umani a causa di alcune caratteristiche comuni.
La protezione internazionale è d‟obbligo per coloro ai quali il proprio stato non riesce o non
vuole garantire protezione da abusi, inclusi gli abusi commessi da gruppi armati e individui
privati.
La violenza sessuale ed altre forme di abusi riguardanti il genere costituiscono una forma di
persecuzione così come definita nella Convenzione del 1951. Nessuno dovrebbe essere
rimpatriato verso un paese dove è altamente probabile che egli od ella subisca tortura o
persecuzione.
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Discriminazione,emarginazione e Diritti delle Donne
Bosnia and Herzegovina
Repubblica di Bosnia-Erzegovina
Capo di Stato: presidenza a rotazione – Dragan Ţoviš, Sulejman
Tihiš e Borislav Paravac
Capo del governo: Adnan Terziš
Presidente della Federazione croato/musulmana di Bosnia-Erzegovina: Niko Loţanţiš
Presidente della Republika Srpska: Dragan Ţaviš
Pena di morte: abolizionista per tutti i reati
Statuto di Roma della Corte penale internazionale: ratificato
Convenzione delle Nazioni Unite sulle donne e relativo Protocollo opzionale: ratificati
L‟impunità per i crimini di guerra e i crimini contro l‟umanità commessi durante la guerra del 19921995 è rimasta dilagante. Migliaia di “sparizioni” sono rimaste irrisolte. Mentre i responsabili delle
violazioni compiute durante la guerra hanno continuato a godere dell‟impunità, alle vittime e alle
loro famiglie è stato negato l‟accesso alla giustizia e al risarcimento. La mancanza di cooperazione
con il Tribunale penale internazionale per la ex Jugoslavia (Tribunale), particolarmente da parte
della Republika Srpska (RS), ha rappresentato un grave ostacolo per la giustizia. Gli sforzi delle
autorità per affrontare l‟impunità nei procedimenti davanti a corti interne sono stati largamente
insufficienti, sebbene siano stati celebrati alcuni processi per crimini di guerra. Secondo l‟Alto
Commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati (ACNUR), il numero di persone sfollate a causa
della guerra e rientrate alle loro case aveva raggiunto il milione in luglio. Tuttavia, spesso i rientri si
sono rivelati insostenibili poiché al ritorno molti hanno continuato a subire discriminazioni e, in
alcuni casi, aggressioni violente.
Contesto
La Bosnia ed Erzegovina (BE) è rimasta divisa in due entità semi-autonome, la RS e la Federazione
di Bosnia ed Erzegovina (FBE), con uno status speciale garantito per il Distretto di Brţko. La
comunità internazionale ha continuato a esercitare una significativa influenza sul processo politico
del Paese, in particolare attraverso l‟Alto Rappresentante, con poteri esecutivi, nominato dal
Consiglio di attuazione della pace, un organo intergovernativo che controlla l‟attuazione degli
Accordi di pace di Dayton.
A dicembre, in base agli accordi di pace di Dayton, è stata lanciata l‟operazione di peacekeeping
Althea/EUFOR, condotta dall‟Unione Europea (UE) come derivazione diretta della Forze di
stabilizzazione della NATO (SFOR). Oltre ai circa 7.000 soldati della SFOR, sono rimasti circa 150
soldati della NATO, secondo quanto riferito, per assistere le autorità nel combattere il “terrorismo”
e difendere il processo di riforma. Anche la missione di polizia dell‟UE, che comprendeva circa 500
agenti di polizia, è rimasta con funzioni di monitoraggio e supervisione delle attività della polizia
locale.
A gennaio è stata istituita una speciale Commissione dei diritti umani nell‟ambito della Corte
Costituzionale, con il compito di gestire l‟arretrato relativo ai casi registrati presso la Camera per i
diritti umani prima della sua chiusura nel dicembre 2003. A dicembre, la Commissione aveva
risolto 3.231 richieste, mentre 5.710 rimanevano pendenti.
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Discriminazione,emarginazione e Diritti delle Donne
Violazioni dei diritti umani durante la guerra
***Procedimenti internazionali
Il Tribunale ha continuato a processare i presunti responsabili di gravi violazioni del diritto
internazionale umanitario, ma ha dovuto confrontarsi con una crescente insufficienza di fondi.
A marzo il Tribunale ha condannato Jadranko Prliš, Bruno Stojiš, Slobodan Praljak, Milivoj
Petkoviš, Valentin Šoriš e Berislav Pušiš, ex comandanti del Consiglio di difesa croato (HVO), le
forze armate croato-bosniache. Essi erano accusati di crimini contro l‟umanità e crimini di guerra
contro la popolazione non croata. Tutti gli accusati si erano consegnati spontaneamente al
Tribunale.
Sempre a marzo, Ranko Ţešiš, ex membro dell‟Esercito della RS (VSR) e della polizia riservista di
Brţko, è stato condannato a 18 anni di carcere dopo che aveva riconosciuto la propria responsabilità
in 12 capi di accusa per crimini contro l‟umanità e crimini di guerra. Miroslav Deronjiš, ex
presidente del Consiglio municipale di Bratunac del Partito democratico serbo, ha ricevuto una
sentenza a 10 anni di carcere dopo essersi dichiarato colpevole di crimini contro la popolazione non
serba nel villaggio di Glogova. Darko MrŤa, ex agente di polizia di Prijedor, è stato condannato a
17 anni di carcere dopo aver ammesso il suo ruolo nell‟uccisione di oltre 200 civili non serbi nel
1992.
Ad aprile la Camera d‟Appello del Tribunale ha riconosciuto che a Srebrenica, nel 1995, era stato
commesso un genocidio e ha condannato Radislav Krstiš, ex generale dell‟esercito serbo-bosniaco,
a 35 anni di carcere per concorso e favoreggiamento nel genocidio.
A giugno i giudici del processo a carico di Slobodan Miloševiš, ex presidente della Repubblica
Federale di Jugoslavia, hanno respinto una mozione che chiedeva che il crimine di genocidio e altre
accuse fossero ritirate.
A ottobre, Ljubiša Beara, ex capo della sicurezza del VSR, incriminato per presunti crimini
commessi contro la popolazione non serba di Srebrenica, è stato trasferito sotto la custodia del
Tribunale. Il Tribunale ha tolto il segreto d‟ufficio sull‟incriminazione contro Miroslav Bralo, ex
membro dell‟HVO, accusandolo di crimini commessi nel 1993 contro musulmani bosniaci nella
valle di Lašva. Egli si era consegnato spontaneamente a novembre ed è stato trasferito sotto la
custodia del Tribunale.
A dicembre, Dragomir Miloševiš, che era stato incriminato per il suo presunto ruolo nel
bombardamento di Sarajevo in qualità di comandante del VRS, si è consegnato spontaneamente alle
autorità di Serbia e Montenegro ed è stato in seguito trasferito sotto la custodia del Tribunale.
La cooperazione tra le autorità della RS e il Tribunale è rimasta inadeguata. Dei 19 indiziati
pubblicamente incriminati a fine anno ancora latitanti, la maggioranza erano serbo-bosniaci la cui
presenza era ritenuta nella vicina Serbia e Montenegro o nella RS. Ad aprile la polizia della RS ha
fatto irruzione nelle abitazioni di Milan Lukiš e Sredoje Lukiš, incriminati dal Tribunale per
presunti crimini contro la popolazione non serba vicino alla città di Višegrad. L‟irruzione non ha
prodotto alcun arresto, e il fratello di Milan Lukiš, Nevica, è rimasto ucciso.
***Indagini e procedimenti interni Tra settembre e ottobre è stata approvata la legislazione che
regola il funzionamento di una Camera per crimini di guerra che diventerà operativa all‟interno
della Corte di Stato della Bosnia ed Erzegovina all‟inizio del 2005. Vi è stato un qualche progresso
nel rendere pienamente operativa la nuova agenzia nazionale d‟indagine penale (SIPA). A luglio
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Discriminazione,emarginazione e Diritti delle Donne
l‟Ufficio dell‟Alto Rappresentante ha istituito una commissione di riforma della polizia con
l‟obiettivo di sviluppare politiche di riforma e bozze di legge, la quale a dicembre ha proposto che
la SIPA, il Servizio frontiera di Stato e le forze di polizia locale vengano riunite in un‟unica
struttura di polizia nazionale.
A ottobre, nel corso di un‟operazione congiunta, agenti della SFOR e della SIPA hanno arrestato un
uomo sospettato di crimini di guerra contro la popolazione musulmana bosniaca a Foţa. Secondo
quanto riferito, l‟uomo è stato ferito da colpi d‟arma da fuoco mentre, sparando, cercava di sfuggire
all‟arresto.
Il sistema giuridico interno è stato costantemente incapace di perseguire attivamente i presunti
criminali di guerra così come sia la magistratura e le forze di polizia della FBE che della RS non
sono riuscite a cooperare tra di loro. A novembre la polizia della RS ha arrestato 8 uomini accusati
di aver commesso crimini di guerra contro la popolazione musulmana bosniaca, ma alcuni indiziati
d‟alto rango hanno continuato a sottrarsi all‟arresto.
Le vittime, i testimoni e i tribunali non hanno ricevuto adeguata protezione da vessazioni,
intimidazioni e minacce, in attesa della piena applicazione di un programma sulla protezione dei
testimoni. I processi per crimini di guerra che hanno avuto luogo nei tribunali interni si sono svolti
soprattutto nella FBE.

A gennaio il tribunale cantonale di Mostar ha prosciolto Ţeljko Dţidiš, Mate Aniţiš, Ivan
Škutor e Erhard Pozniš dalle accuse di crimini di guerra, compreso il loro presunto
coinvolgimento nella “sparizione” di 13 soldati serbo-bosniaci a Mostar nel 1993, secondo
quanto riferito, per mancanza di prove.

A febbraio, Ratko Gašoviš, ex membro delle forze paramilitari serbe, è stato condannato a 10
anni di carcere dalla corte cantonale di Sarajevo per crimini di guerra contro la popolazione
civile, tra cui lo stupro di una donna non serba. A novembre la sentenza è stata ridotta a 8 anni
in appello.

A maggio è iniziato presso il tribunale distrettuale di Banja Luka il processo a 11 ex agenti di
polizia di Prijedor. Gli imputati erano accusati del rapimento e omicidio di Padre Tomislav
Matanoviš, un prete cattolico, e dei suoi genitori nel 1995. A fine anno il processo era ancora in
corso.

A giugno, presso il tribunale cantonale di Zenica, è ripreso il procedimento contro Dominik
Ilijaševiš, un ex comandante croato bosniaco accusato di crimini di guerra contro civili bosniaci
a Stupni Do, nella Bosnia centrale. A quanto è stato riportato, il processo è dovuto iniziare da
capo dopo che era stato sospeso per un periodo superiore ai 30 giorni. A fine anno non si era
ancora concluso.

A dicembre, Zoran Kneţeviš, ex membro del VRS, è stato condannato a 10 anni di carcere dal
tribunale cantonale di Sarajevo per aver stuprato due donne non serbe nel distretto di Sarajevo
di Grbavica, tra il 1992 e il 1994.
Commissione di Srebrenica
A gennaio la Commissione d‟inchiesta su Srebrenica ha iniziato a indagare sulle massicce
violazioni dei diritti umani dopo la caduta della città nel luglio 1995. Nel 2003 la Camera per i
diritti umani aveva ordinato alle autorità della RS di condurre una completa, significativa e
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Cosa accade nel mondo: alcune situazioni reali
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Discriminazione,emarginazione e Diritti delle Donne
approfondita inchiesta sulle violazioni dei diritti umani che ebbero luogo all‟interno e nei dintorni di
Srebrenica tra il 10 e il 19 luglio 1995. Dopo che ad aprile il rapporto preliminare della
commissione aveva messo in luce il sistematico ostruzionismo delle autorità militari, di polizia e di
intelligence della RS, l‟Alto Rappresentante ha ordinato alcune misure di sostegno al lavoro della
Commissione, tra cui il congedo del presidente della Commissione e di altri funzionari della RS.
A ottobre, il rapporto finale della Commissione conteneva le prove della partecipazione della
polizia della RS e di forze armate nell‟uccisione di 7.800 non serbi dopo la caduta di Srebrenica. È
stato individuato il luogo delle fosse comuni, alcune delle quali erano precedentemente sconosciute.
A novembre, per la prima volta il governo della RS si è scusato per le violazioni dei diritti umani
dentro e nei dintorni di Srebrenica.
“Sparizioni” e persone disperse
Secondo i dati forniti dal Comitato Internazionale della Croce Rossa, circa 17.000 persone disperse
durante il conflitto mancano ancora all‟appello. Molte di queste erano “scomparse” dopo essere
state tratte in arresto dalle forze militari e di polizia. I responsabili hanno continuato a godere
dell‟impunità.
L‟esumazione di fosse comuni identificate dalla Commissione di Srebrenica è iniziata a giugno. A
fine anno, erano stati esumati e identificati i corpi di circa 1.300 persone uccise dopo la caduta di
Srebrenica.
Tra agosto e novembre sono stati esumati i resti di 456 persone da una fossa comune a Kevljani,
vicino Prijedor. Si ritiene che si tratti dei corpi di detenuti musulmano bosniaci dei campi di
detenzione di Omarska e Keraterm gestiti dalle autorità serbo-bosniache.
Diritto al ritorno in sicurezza e dignità
Tra gennaio e ottobre, secondo la missione sul campo in Bosnia ed Erzegovina dell‟ACNUR, circa
18.900 persone avevano fatto ritorno alle loro case di prima della guerra. Sebbene si stimi che dalla
fine del conflitto siano oltre un milione le persone sfollate tornate alle loro case, centinaia di
migliaia non sono ancora ritornate o non sono riuscite a rimanere nella loro comunità di prima delle
guerra. Molti erano stati dissuasi dalla mancanza di lavoro o dall‟impossibilità di accedere al
collocamento. Anche a causa degli effetti di un‟economia debole e delle difficoltà della transizione
economica e della ricostruzione post-bellica, coloro che sono ritornati hanno dovuto affrontare
discriminazioni etniche durante la ricerca di lavoro e in taluni casi sono stati vittime di violenze a
sfondo etnico.
Violazioni delle forze di peacekeeping
Le truppe della SFOR hanno continuato a detenere arbitrariamente persone sospettate di crimini di
guerra sotto processo presso il Tribunale. Contro tali detenuti non risultavano mandati d‟arresto e
alcuni di loro sono rimasti trattenuti senza accusa né processo per diverse settimane.
Ad aprile, le truppe della SFOR hanno compiuto un‟irruzione in una chiesa serbo ortodossa e nella
vicina casa del parroco di Pale, secondo quanto riferito, nel tentativo di arrestare l‟ex leader della
RS Radovan Karadţiš, incriminato dal Tribunale per genocidio, crimini contro l‟umanità e crimini
di guerra. L‟operazione non ha portato all‟arresto, ma il parroco e suo figlio sono stati seriamente
feriti, presumibilmente in seguito a una carica esplosiva usata nel forzare l‟entrata della residenza
del parroco.
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Cosa accade nel mondo: alcune situazioni reali
Viaggio nel mondo dei Diritti Umani
Discriminazione,emarginazione e Diritti delle Donne
“Guerra al terrorismo”
A febbraio, Amgad Fath Allah Yusuf „Amir è stato rimesso in libertà nella FBE. Egli era stato
arrestato nel luglio 2003 con l‟accusa di possesso di documenti falsi. Le autorità egiziane ne
avevano conseguentemente richiesto l‟estradizione, dichiarando che egli era un membro di un
gruppo islamista armato. AI ha espresso il timore che, una volta estradato, potesse rischiare la pena
di morte.
Secondo quanto riferito, a maggio, la moglie di uno dei 6 uomini di origine algerina che erano stati
trasferiti illegalmente sotto custodia degli Stati Uniti nel 2002 dalle autorità della FBE e detenuti a
Guantánamo Bay, a Cuba, è stata picchiata da aggressori non identificati nel suo appartamento di
Sarajevo. Sul caso è stata aperta un‟indagine penale. A luglio i casi riguardanti due uomini sono
stati inseriti in un‟istanza di richiesta di habeas corpus dal Centro per i diritti costituzionali di New
York, che tentava di contestare la legalità della loro detenzione.
Tratta di essere umani
A marzo la Corte di Stato ha imposto sentenze di carcerazione fino a 9 anni per 4 membri di una
rete criminale organizzata attiva nella tratta di donne e ragazze a scopo di prostituzione forzata in
una catena di locali notturni a Prijedor. Gli accusati sono stati condannati per crimine organizzato e
tratta di esseri umani. A luglio la Corte di Stato ha condannato 2 uomini, compreso il proprietario di
un locale notturno a Kiseljak, vicino Sarajevo, a pene fino a 15 mesi di carcere per reati legati alla
tratta di donne a scopo di prostituzione forzata.
Rapporti di AI
The apparent lack of accountability of international peace-keeping forces in Kosovo and Bosnia
and Herzegovina (AI Index: EUR 05/002/2004)
Europe and Central Asia, Summary of Amnesty International‟s Concerns in the Region, JanuaryJune 2004: Bosnia and Herzegovina (AI Index: EUR 01/005/2004)
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Cosa accade nel mondo: alcune situazioni reali
Viaggio nel mondo dei Diritti Umani
Discriminazione,emarginazione e Diritti delle Donne
Congo (Democratic Republic of )
Repubblica Democratica del Congo
Capo di stato e del governo: Joseph Kabila
Pena di morte: mantenitore
Statuto di Roma della Corte penale internazionale: ratificato
Convenzione delle Nazioni Unite sulle donne: ratificata
Protocollo opzionale alla Convenzione delle Nazioni Unite sulle donne: non firmato
Il governo transitorio di coalizione non ha compiuto grandi progressi nell‟avanzamento di leggi e
riforme essenziali per la sicurezza e il rispetto dei diritti umani. L‟autorità del governo è rima sta
debole o inesistente in diverse zone orientali della Repubblica Democratica del Congo (RDC) che si
sono di fatto trovate sotto il controllo di gruppi armati. Sono continuate le tensioni inter-etniche,
l‟insicurezza e le violazioni dei diritti umani, comprese uccisioni illegali, stupri diffusi, torture,
reclutamento e impiego di bambini soldato. Il governo e la comunità internazionale hanno compiuto
ben pochi sforzi comuni per dare una risposta alle immense necessità di una popolazione civile
segnata dalla guerra. Secondo il Comitato Internazionale di Soccorso, a causa del conflitto sono
morte circa 31.000 persone ogni mese. I sopravvissuti a violazioni dei diritti umani hanno avuto
scarso, se non nullo, accesso alle cure mediche.
Contesto
Il governo di transizione, costituitosi nel luglio 2003 e composto da rappresentati di tutti i gruppi
belligeranti firmatari dell‟Accordo di pace del 2002, è stato tormentato da conflitti interni e da una
serie di crisi politiche e militari. Il governo ha compiuto solo progressi limitati nel miglioramento
della sicurezza e del rispetto per i diritti umani e non è riuscito a estendere la propria autorità a
molte zone orientali della RDC, dove permangono situazioni di instabilità e violenza localizzata,
che minacciano di sfociare nuovamente in conflitto aperto.
Sono stati compiuti alcuni progressi, benché lenti, nell‟approvazione di riforme essenziali per
migliorare la sicurezza e l‟unificazione nazionale. Sono stati programmati piani per l‟integrazione
degli ex combattenti in un esercito nazionale unificato, e per il disarmo, la smobilitazione e il
reinserimento nella vita civile di circa 200.000 altri combattenti, ma a fine anno pochi di questi
programmi, che avrebbero dovuto beneficiare di finanziamenti e assistenza tecnica internazionale,
erano stati avviati. Solo il capo di Stato maggiore dell‟esercito e altri ufficiali di alto rango, e una
sola brigata dell‟esercito erano stati integrati nel corso dell‟anno. A maggio le cariche di
governatore provinciale sono state suddivise tra i partiti. A settembre è stato lanciato nel distretto
dell‟Ituri un programma pilota di disarmo, smobilitazione e reinserimento. Tuttavia, a fine anno
soltanto un numero esiguo dei circa 15.000 combattenti del distretto erano stati smobilitati. Si
ritiene che i capi dei gruppi armati abbiano sottoposto a intimidazioni i combattenti per impedire
loro di partecipare al processo di disarmo, smobilitazione e reinserimento nell‟Ituri.
Alcune leggi chiave riguardanti la nuova Costituzione e l‟organizzazione delle elezioni nazionali
sono state rinviate e a fine anno non erano ancora state approvate dal parlamento. Una legge che
definisce la nazionalità congolese è stata promulgata in dicembre.
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Cosa accade nel mondo: alcune situazioni reali
Viaggio nel mondo dei Diritti Umani
Discriminazione,emarginazione e Diritti delle Donne
Si è avuta notizia di tentativi di colpo di Stato a Kinshasa nei mesi di marzo e giugno, sebbene
permangano dubbi circa l‟attendibilità della notizia. Il primo tentativo è stato attributo a ufficiali
mobutisti delle ex Forze armate dello Zaire (Forces armées zairoises – FAZ), che erano fuggiti nel
Congo-Brazzaville nel 1997. Il secondo tentativo sarebbe stato opera di un ufficiale della Guardia
speciale di sicurezza presidenziale (GSSP).
Il protrarsi della crisi militare e politica, con epicentro nelle strategiche province del Kivu ai confini
col Rwanda, ha rischiato di far fallire il processo di transizione. A febbraio, nel Kivu del sud,
soldati del Raggruppamento congolese per la democrazia-Goma (Rassemblement congolais pour la
démocratie-Goma – RCD-Goma) si sono opposti con la forza all‟autorità del comandante regionale
nominato dal governo. Lo stallo che ne è risultato è culminato in giugno in uno scontro militare tra
le forze filogovernative ribelli dell‟RCD-Goma per il controllo di Bukavu, capitale della provincia.
I civili sono stati presi di mira da entrambe le fazioni. Violente dimostrazioni in tutta la nazione,
dirette soprattutto contro le forze di peacekeeping delle Nazioni Unite e gli avamposti governativi,
hanno seguito la presa di Bukavu da parte delle forze ribelli dell‟RCD-Goma. Le tensioni etniche
fra i vari gruppi presenti nella regione, deliberatamente manipolate da alcuni capi-fazione, hanno
subito una rapida escalation. Ad agosto più di 150 rifugiati tutsi, per lo più congolesi, sono stati
massacrati a Gatumba, nel Burundi (vedi Burundi). Sempre ad agosto, l‟RCD-Goma ha sospeso
temporaneamente la propria partecipazione al governo. La maggior parte delle forze ribelli
dell‟RCD-Goma si sono successivamente riorganizzate nel Kivu settentrionale, dove hanno
continuato ad agire in aperta sfida all‟autorità centrale. A fine anno la crisi non era ancora stata
risolta quando nuovi combattimenti si sono verificati a Kanyabayionga (Kivu settentrionale) fra
soldati filo RCD-Goma e l‟esercito nazionale.
A ottobre la RDC, il Rwanda e l‟Uganda, i principali protagonisti del conflitto nella RDC, hanno
firmato un accordo di sicurezza tripartito e hanno istituito una commissione per affrontare i
problemi relativi alla sicurezza comune. La sfiducia fra questi Stati è tuttavia rimasta la dinamica
regionale prevalente. Il Rwanda ha minacciato tre volte di rinnovare le proprie operazioni militari
nella parte orientale della RDC, citando (in giugno) la necessità di proteggere i tutsi congolesi dalla
violenza etnica e (in aprile e novembre) la necessità di controbattere la minaccia esercitata verso il
Rwanda da forze ribelli rwandesi basate nella RDC orientale. Secondo fonti attendibili, unità
dell‟esercito rwandese sono entrate nella RDC in ciascuna di queste tre occasioni, sebbene il
governo rwandese abbia negato che ciò sia mai avvenuto. Il Rwanda avrebbe inoltre esercitato un
certo controllo sulle forze armate dell‟RCD-Goma nel Kivu settentrionale e meridionale.
Le forze di peacekeeping delle Nazioni Unite (MONUC) hanno continuato a cercare di contenere la
violenza e a proteggere i civili nella parte orientale della RDC. Il Consiglio di Sicurezza delle
Nazioni Unite ha autorizzato a ottobre un aumento del dispiegamento da 10.700 a 16.600 unità, ma
diverse zone orientali del Paese sono rimaste al di fuori della capacità operativa della MONUC. Un
embargo sulla vendita di armi imposto dalle Nazioni Unite nel luglio 2003 e monitorato dalla
MONUC è stato di efficacia solo limitata. A luglio il Gruppo di tecnici esperti sulla RDC nominato
dalle Nazioni Unite ha riferito che i gruppi armati che operavano nella parte orientale della RDC
ricevevano assistenza diretta e indiretta, compresa la fornitura di armi e munizioni in violazione
dell‟embargo, sia da Paesi confinanti che dall‟interno della RDC.
A fine anno, secondo fonti della MONUC, il programma di rimpatrio volontario di combattenti
(soprattutto ribelli rwandesi), sotto la supervisione dalla MONUC, aveva rimpatriato circa 11.000
combattenti e i loro familiari verso il Rwanda, il Burundi e l‟Uganda. Tuttavia, molte migliaia di
ribelli rwandesi e un numero inferiore di burundesi e ugandesi sono rimasti nella RDC orientale,
dove hanno continuato a commettere abusi.
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Cosa accade nel mondo: alcune situazioni reali
Viaggio nel mondo dei Diritti Umani
Discriminazione,emarginazione e Diritti delle Donne
Sono state riferite violazioni dei diritti umani in tutto il Paese. La situazione nella parte orientale
della RDC ha continuato ad essere particolarmente allarmante, in quanto sia i gruppi armati che le
milizie hanno perpetrato gravi violazioni dei diritti umani contro i civili nelle province del Kivu
settentrionale, Kivu meridionale, Maniema, Orientale (sopratutto nel distretto di Ituri ), Kasai
Orientale e Katanga.
Uccisioni illegali
Tutti i gruppi armati e le forze armate si sono resi responsabili di uccisioni illegali di civili durante
l‟anno. Tali uccisioni si sono verificate quasi quotidianamente.
Tra la fine di maggio e i primi di giugno, le forze ribelli dell‟RCD-Goma hanno ucciso decine di
civili e hanno compiuto molti stupri, a Bukavu, nella provincia del Kivu meridionale, dopo aver
assunto il controllo della città. Anche le forze fedeli al governo, che in seguito hanno riconquistato
la città, hanno commesso abusi. Molte uccisioni hanno avuto luogo durante il saccheggio di
abitazioni private. Fra gli uccisi si contano Lambert Mobole Bitorwa, ucciso nella propria
abitazione di fronte ai propri figli; Jolie Namwezi, uccisa a davanti ai suoi figli per avere resistito
allo stupro; Murhula Kagezi; e una ragazzina di tredici anni, Marie Chimbale Tambwe, uccisa sul
balcone di casa, apparentemente per avere fatto delle smorfie a un soldato intento ai saccheggi in
strada.
Bambini soldato
Decine di migliaia di bambini permangono nei ranghi dei gruppi armati e delle milizie, che
continuano a reclutare nuovi bambini soldato. In alcuni casi, ex bambini soldato in corso di
riabilitazione da parte di organizzazioni non governative locali nella RDC orientale sono stati
reintegrati nei ranghi con la forza. Altri bambini hanno tentato di ritornare volontariamente a far
parte di gruppi armati nella prospettiva di ricevere pagamenti da parte del governo della RDC
destinati a tutte le forze combattenti e di essere integrati nell‟esercito nazionale.

Jim, di tredici anni, è stato reclutato a febbraio da un gruppo armato nella provincia del Kivu
meridionale con la promessa di ricevere un salario governativo. Due settimane dopo ha ricevuto
5.000 franchi congolesi, l‟equivalente di circa 11 dollari americani, 3.000 dei quali ha dovuto
consegnare al suo comandante. Pochi giorni dopo, Jim è stato gravemente ferito al braccio
destro durante un‟esercitazione con le armi. Il braccio gli è stato in seguito amputato.
Violenza sulle donne
Nel corso del conflitto nella RDC, decine di migliaia di donne e ragazze sono state vittime di stupro
sistematico da parte delle forze combattenti. Durante tutto l‟anno donne e ragazze venivano
continuamente aggredite nelle proprie abitazioni, nei campi o durante lo svolgimento delle normali
attività quotidiane. Molte hanno subito stupri di gruppo o sono state ridotte in stato di schiavitù
sessuale dai combattenti. Sono stati anche segnalati stupri di uomini e ragazzi. Lo stupro veniva
spesso preceduto o seguito dal ferimento deliberato, dalla tortura o dall‟uccisione della vittima.
Alcuni stupri sono stati commessi in pubblico o di fronte a familiari della vittima, bambini
compresi. Alcuni membri della MONUC, fra cui personale militare e di polizia, oltre che civili, si
sono resi responsabili di stupri o di sfruttamento sessuale di donne e ragazze.
I diritti delle vittime sopravvissute allo stupro venivano ulteriormente violati, aggravando in tal
modo la loro sofferenza. Le donne che avevano riportato ferite o contratto malattie a seguito dello
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Viaggio nel mondo dei Diritti Umani
Discriminazione,emarginazione e Diritti delle Donne
stupro, in alcuni casi tali da metterne in pericolo la vita, si sono viste negare l‟assistenza medica. Il
sistema sanitario della RDC, che in molte zone è completamente devastato, non è stato in grado di
offrire neppure le cure più elementari. A causa dei pregiudizi, molte donne sono state abbandonate
dai mariti ed escluse dalla loro comunità, finendo col condannarle assieme ai loro figli a condizioni
di povertà estrema. A causa della totale inefficienza del sistema giudiziario esse non hanno potuto
beneficiare della giustizia né di risarcimenti per i crimini di cui erano state vittime.

A marzo delegati di AI hanno visitato Odette, una bambina di sei anni, in un ospedale della città
di Kindu, nella provincia di Maniema. La bambina era stata stuprata diverse settimane prima da
un soldato mayi-mayi mentre giocava davanti casa. L‟uomo l‟ha trascinata nel terreno della
scuola poco lontano, dove l‟ha stuprata. L‟aggressione le ha causato gravi lesioni vaginali.

All‟inizio dell‟anno, Lotsove, di 12 anni, è stata stuprata da alcuni soldati mentre cercava di
sfuggire agli scontri fra due gruppi armati che si contendevano il controllo dell‟area delle
miniere d‟oro nella zona di Mongbwalu, nel distretto di Ituri. Durante l‟attacco, aveva perso
contatto con le sue due sorelle e sei amiche che si trovavano con lei. È riuscita a ritrovare le
sorelle, Lolo e Vita, di 13 e 14 anni, tre giorni dopo in un villaggio vicino. Entrambe erano state
stuprate. Nonostante i dolori al basso ventre, Lotsove non è mai stata visitata da un medico.
Tortura e detenzione illegale
Arresti arbitrari e detenzioni illegali hanno continuato a essere frequenti in tutta la RDC. Molte
persone hanno trascorso lunghi periodi in detenzione senza accuse né processo. Secondo quanto
riferito, diversi hanno subito torture o maltrattamenti. Difensori dei diritti umani e giornalisti
impegnati in legittime inchieste e critiche sono anch‟essi stati minacciati e detenuti illegalmente.

A ottobre un uomo di nome Musimbi è stato arrestato dai servizi di sicurezza di Uvira, nel Kivu
meridionale e ripetutamente picchiato con bastoni di legno, a quanto pare perché aveva accusato
le autorità locali di fomentare l‟insicurezza. Dopo avere perso conoscenza è stato riportato a
casa, dove gli agenti di sicurezza hanno preteso dalla sua famiglia una “multa”.
Pena di morte
Fonti riferiscono che sarebbero circa 200 le persone nel braccio della morte. Sono state comminate
almeno 27 nuove condanne. Non sono state riferite esecuzioni.
Giustizia internazionale e transizionale
A ottobre la Corte penale internazionale (ICC) e il governo della RDC hanno firmato un accordo di
cooperazione che permette all‟ICC di iniziare le indagini sui crimini di guerra e i crimini contro
l‟umanità commessi nel Paese. Investigatori dell‟ICC hanno visitato l‟Ituri, dove si sono
concentrate le indagini iniziali dell‟ICC.
L‟impunità per i responsabili di violazioni dei diritti umani, e la mancanza di risarcimento per le
vittime, sono rimaste pressoché assolute. L‟efficacia del sistema giudiziario congolese continua a
essere inficiata dalla mancanza di risorse umane e materiali, di adeguati meccanismi di tutela per le
vittime e i testimoni, e dalla devastazione delle infrastrutture. L‟unico caso di condanna è stato
quello del comandante di un gruppo armato dell‟Ituri, Rafiki Saba Aimable, a venti anni di
detenzione per tortura da un tribunale di Bunia.
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Discriminazione,emarginazione e Diritti delle Donne
Rifugiati e sfollati
A fine anno erano circa 2,3 milioni i civili che vivevano lontano dalle loro case, soprattutto nella
parte orientale della RDC. Molti non hanno avuto accesso ad alcun tipo di aiuto umanitario. In
alcune zone i gruppi armati hanno impedito l‟accesso ai volontari delle organizzazioni di soccorso,
hanno attaccato i convogli di aiuti, saccheggiato le derrate alimentari, o sequestrato i veicoli delle
agenzie di soccorso.
Le autorità congolesi non hanno adottato misure per assicurare l‟incolumità e la dignità delle
persone che rientravano nella RDC, rifugiati compresi.
Fra il dicembre 2003 e il mese di aprile, decine di migliaia di congolesi sono stati espulsi con la
forza dall‟Angola verso la RDC. Molti erano estremamente deboli a causa della disidratazione,
della fame e delle lunghe marce affrontate. Gli espulsi hanno riferito di violazioni dei diritti umani
verificatesi in entrambi i Paesi, e di essere stati oggetto di detenzioni e maltrattamenti da parte delle
forze di sicurezza della RDC. A fine anno si trovavano nella RDC circa 40.000 profughi.
Tra settembre e ottobre rifugiati tutsi congolesi, tra cui donne e bambini, che facevano ritorno dal
Burundi nella provincia del Kivu meridionale, sono stati attaccati a colpi di pietra dalla locale
popolazione non tutsi.
Rapporti e missioni di AI
Democratic Republic of the Congo: Mass rape – time for remedies (AI Index: AFR 62/018/2004)
2004) 019 62 AFR Index: (AI east the from Voices – rape Surviving Congo: of Republic
Democratic)
Democratic Republic of Congo: Public appeal: Still under the gun – More child soldiers recruited
(AI Index: AFR 62/009/2004)
Democratic Republic of Congo: Comments and recommendations of the July 2003 draft law
implementing the Rome Statute of the International Criminal Court (AI Index: AFR 62/008/2004)
Tra febbraio e marzo delegati di AI hanno visitato il Kivu settentrionale, il Kivu meridionale e il
Maniema. Tra maggio e giugno, delegati di AI hanno visitato l‟Ituri e la capitale Kinshasa. A
ottobre, delegati di AI hanno lanciato un rapporto e incontrato le autorità di governo di Kinshasa.
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Viaggio nel mondo dei Diritti Umani
Discriminazione,emarginazione e Diritti delle Donne
LE MUTILAZIONI GENITALI
Il fenomeno
Sono almeno 135 milioni,
secondo
l‟Organizzazione
Mondiale della Sanità, le ragazze
e le bambine che hanno subito
mutilazioni sessuali e ogni anno
se ne aggiungono altri due
milioni. Le MGF sono praticate
soprattutto in Africa e in alcuni
paesi del Medio Oriente (Egitto,
Yemen Emirati Arabi). Vi sono
anche casi di mutilazioni in
alcune parti dell‟Asia, nelle
Americhe e in Europa - compresa l‟Italia - all‟interno delle comunità di immigrati.
Cosa sono le Mutilazione Genitali.
Esistono tre tipi di mutilazioni genitali: la clitoridectomia in cui viene tolta tutta, o parte della
clitoride; l‟escissione che consiste nella asportazione della clitoride e delle piccole labbra;
l‟infibulazione, la forma estrema, che prevede oltre alla clitoridectomia e all‟escissione, anche il
raschiamento delle grandi labbra che sono poi fatte aderire e tenute assieme, così che, una volta
cicatrizzate, ricoprano completamente l‟apertura della vagina, a parte un piccolo orifizio che servirà
a far defluire l‟urina e il sangue mestruale.
Il tipo di mutilazione, l‟età delle vittime e le modalità dipendono da molti fattori tra cui il gruppo
etnico di appartenenza, il paese e la zona (rurale o urbana) in cui le ragazze vivono. Nel Tigrai la
mutilazione viene praticata sette giorni dopo la nascita, in altre zone alla prima gravidanza, ma nella
maggior parte dei casi l‟età è compresa tra i quattro e gli otto anni.
La pratica
“..Subii la mutilazione quando avevo 10 anni. Mia nonna mi disse che mi portavano al fiume per
una cerimonia particolare e che dopo avrei ricevuto molto cibo da mangiare. Ero una bambina
innocente e fui condotta, come una pecora, al massacro. Entrate nella boscaglia fui condotta in una
casupola buia, e spogliata. Fui bendata e denudata completamente. Due donne mi trascinarono nel
luogo dell‟operazione. Fui costretta a sdraiarmi sulla schiena da quattro donne robuste, due mi
afferrarono saldamente ciascuna gamba. Un‟altra si sedette sul mio petto per impedire che la parte
superiore del mio corpo si muovesse. Mi ficcarono a forza un pezzo di stoffa in bocca per
impedirmi di urlare. Poi fui rasata. Quando l‟operazione iniziò, cominciai a lottare. Il dolore era
terribile ed insopportabile. Mentre mi divincolavo fui mutilata malamente e persi molto sangue.
Tutte quelle che prendevano parte all‟operazione erano mezze ubriache. Altre danzavano e
cantavano [...].Fui mutilata con un temperino spuntato.
Hannah Koroma, Coordinamento Donne della sezione ghanese di Amnesty International
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Viaggio nel mondo dei Diritti Umani
Discriminazione,emarginazione e Diritti delle Donne
Per la mutilazione vengono anche usati vetri rotti,
coperchi di lattine, forbici, rasoi o altri oggetti
taglienti. Se ha luogo l‟infibulazione, per assicurare
l‟aderenza delle grandi labbra vengono usate spine
di acacia o fili di crine e poi le gambe sono tenute
legate fra loro per un periodo di quaranta giorni. Per
favorire la cicatrizzazione sulla ferita viene applicata
una pasta a base di erbe, latte, uova, cenere e sterco.
Le conseguenze fisiche
La mutilazione causa intenso dolore, provoca shock
ed emorragie post-operatorie che possono portare a
morte le bambine. Vi possono essere inoltre danni permanenti agli organi vicini, ascessi e tumori
benigni ai nervi che innervavano la clitoride. L‟uso di strumenti non sterilizzati, di spine di acacia e
di crini provoca infezioni, e può essere veicolo di trasmissione di HIV.
Nel caso dell‟infibulazione le complicanze sono più gravi. Infatti, a lungo andare la ritenzione di
urina sviluppa infezioni che possono interessare sia il tratto urinario e i reni che la vagina. Il
ristagno del flusso mestruale può provocare infezioni a carico all‟apparato riproduttivo che possono
portare alla sterilità. Quando le ragazze diverranno adulte il loro primo rapporto sessuale è molto
doloroso e spesso si rende necessario praticare un taglio alle grandi labbra prima del rapporto
sessuale. E così pure prima del parto, altrimenti il bambino non potrebbe uscire. Dopo il parto le
donne sono spesso infibulate di nuovo. L‟allargamento e il restringimento dell‟apertura vaginale ad
ogni parto crea aderenze dolorose e cicatrici estese a tutta l‟area genitale.
Le conseguenze psicologiche
Gli effetti psicologici delle mutilazioni sono più difficili da studiare di quelli fisici. Le
testimonianze raccolte parlano di ansia, terrore, senso di umiliazione e di tradimento, che possono
avere effetti a lungo termine. Alcuni esperti suggeriscono che lo shock e il trauma della operazione
possono contribuire a rendere le donne “più calme” e “docili”, qualità molte apprezzate nelle
società che praticano le mutilazioni genitali.
Le motivazioni della pratica
I motivi che portano a praticare le mutilazioni sessuali possono suddividersi in cinque gruppi.
Identità culturale: in alcune società, la mutilazione stabilisce chi fa parte del gruppo sociale e la sua
pratica viene mantenuta per salvaguardare l‟identità culturale del gruppo.
Identità sessuale: la mutilazione viene ritenuta necessaria
perché una ragazza diventi una donna completa. La rimozione della clitoride e delle piccole labbra “parte maschile” del corpo della donna - sono indispensabili per esaltare la femminilità, spesso
sinonimo di docilità ed obbedienza.
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Discriminazione,emarginazione e Diritti delle Donne
Controllo della sessualità: in molte società vi è la convinzione che le mutilazioni riducano il
desiderio della donna per il sesso, riducendo quindi il rischio di rapporti sessuali al di fuori del
matrimonio. Non si ritiene possibile che una donna non mutilata si mantenga fedele per propria
scelta. Nella pratica, le mutilazioni sessuali riducono la sensibilità, ma non il desiderio, che dipende
dalla psiche.
Credenze sull‟igiene, estetica e salute: le ragioni igieniche portano a ritenere che i genitali
femminili esterni siano “sporchi”. In alcune culture si pensa che i genitali possano continuare a
crescere fino ad arrivare a “pendere” tra le gambe, se la clitoride non viene recisa. Alcuni gruppi
credono che il contatto della clitoride con il pene di un uomo ne causerebbe la morte; altri che se la
clitoride toccasse la testa del neonato, durante il parto, esso morirebbe.
Religione: la pratica delle mutilazioni genitali femminili è antecedente all‟Islam e la maggior parte
dei mussulmani non la usano. Tuttavia nel corso dei secoli questa consuetudine ha acquisito una
dimensione religiosa e le popolazioni di fede islamica che la applicano adducano come motivo la
religione. Il Corano non parla delle mutilazioni, esistono solo alcuni hadith (detti attribuiti al
Profeta) che ne fanno cenno. In un di essi si racconta che Maometto vedendo praticare una
escissione abbia detto alla donna che la praticava: “Quando incidi non esagerare, così facendo il suo
viso sarà splendente e il marito sarà estasiato”. A conti fatti le mutilazione genitali vengono
praticate anche da cattolici, protestanti, animisti, copti e falasha (ebrei etiopi) nei vari paesi
interessati.
Paesi africani in cui le
mutilazioni sono vietate
per legge (in ordine di
entrata in vigore):
La lotta alle mutilazioni
Gli sforzi internazionali per sradicare la mutilazione genitale
femminile hanno una lunga storia, ma è solo in questo secolo,
grazie anche alla crescente pressione delle organizzazioni
Guinea, Repubblica Centro
femminili africane, che si sono raggiunti risultati concreti. La
Africana, Ghana, Etiopia,
Commissione sui Diritti Umani delle Nazioni Unite sollevò il
Djbouti, Uganda, Egitto,
problema delle mutilazioni genitali femminili nel 1952 e questa
Burkina Faso, Costa
d‟Avorio, Tanzania, Togo,
questione fu a lungo oggetto di studi e di dibattito. Finalmente nel
Senegal.
1984 l‟ONU creò a Dakar, un “Comitato interafricano sulle
pratiche tradizionali pregiudizievoli per la salute delle donne e dei
bambini” (IAC). L‟obiettivo principale dello IAC era dar vita a campagne di sensibilizzazione e
formazione per attivisti locali, levatrici e membri autorevoli delle comunità locali. A partire dagli
anni „90 le mutilazioni genitali femminili vennero riconosciute dalla comunità internazionale come
una grave violazione dei diritti delle donne e delle bambine.
Nella Dichiarazione sulla violenza contro le donne del 1993, le MGF vennero dichiarate una
forma di violenza nei confronti della donna e nel 1994 la collaborazione tra le agenzie dell‟ONU e
le ONG portò al varo di un Piano di azione per eliminare le pratiche tradizionali pregiudizievoli
per la salute della donna e delle bambine. Questa intenzione venne poi riaffermata con la
Conferenza di Pechino nel 1995. Nel settembre 1997 lo IAC tenne un convegno per giuristi nella
sede dell‟Organizzazione per l‟Unità Africana (OUA) ad Addis Abeba che elaborò la Carta di
Addis Abeba, un documento che chiede a tutti i governi africani di adoperarsi per eradicare (o
drasticamente ridurre) le mutilazioni genitali femminili entro il 2005. Le mutilazioni vengono
vietate anche dall‟art.21 della Carta Africana sui diritti e il benessere del fanciullo.
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Cosa accade nel mondo: alcune situazioni reali
Viaggio nel mondo dei Diritti Umani
Discriminazione,emarginazione e Diritti delle Donne
Somalia
Capo del governo nazionale di transizione (fino a ottobre):
Abdiqasim Salad Hassan
Capo di Stato del governo federale di transizione (da ottobre):
Abdullahi Yusuf Ahmed
Capo del governo federale di transizione (da dicembre): Ali
Mohamed Gedi
Presidente della Repubblica del Somaliland: Dahir Riyaale Kahin
Presidente dello Stato regionale del Puntland: Mohamed Abdi Hashi (subentrato ad Abdullahi
Yusuf Ahmed a ottobre)
Pena di morte: mantenitore
Statuto di Roma della Corte penale internazionale: non firmato
Convenzione delle Nazioni Unite sulle donne e relativo Protocollo opzionale: non firmati
Il primo passo verso l‟istituzione di un nuovo governo federale di transizione è stato l‟insediamento
a ottobre di un presidente, dopo 14 anni di collasso statale e di violenza politica e due anni di
colloqui di pace in Kenya. Nella Carta Costituzionale, intesa per i cinque anni della transizione,
sono stati inserite garanzie per i diritti umani. Tuttavia, i principali “signori della guerra”,
responsabili dei combattimenti fra fazioni che sono proseguiti nelle regioni centrali e meridionali,
sono entrati a far parte del nuovo governo, a dispetto delle violazioni dei diritti umani che avevano
compiuto. Migliaia di civili sono fuggiti dal Paese o sono sfollati. In diverse zone giornalisti sono
stati arrestati e difensori dei diritti umani minacciati. La violenza sulle donne è stata un fenomeno
largamente diffuso. Nel sud lo Stato di diritto è stato inesistente. Nel Somaliland si sono celebrati
processi politici iniqui, compreso quello che ha portato all‟incarcerazione di una ragazza di 16 anni
per spionaggio, e sono stati riferiti episodi di tortura.
Contesto
In tutta la Somalia centrale e meridionale e nella capitale, Mogadiscio, ha prevalso un clima di
costante insicurezza a causa dei frequenti combattimenti tra fazioni. Dal 1991 manca un governo o
un‟amministrazione nazionale o un sistema di polizia e di giustizia. Il governo nazionale di
transizione (GNT), istituito nel 2000, è riuscito a controllare solo una piccola parte di Mogadiscio.
Altre zone sono rimaste sotto il controllo di vari leader di clan armati, alcuni appartenenti al
Consiglio somalo per la riconciliazione e la ricostruzione (CSRR), una coalizione sostenuta
dall‟Etiopia.
La siccità ha continuato a creare un‟emergenza umanitaria nel nord-ovest. Gli operatori umanitari
sono stati spesso a rischio. Un membro dello staff delle Nazioni Unite è stato rapito a gennaio a
Kismayu e trattenuto per diversi giorni, e un operatore kenyano e un somalo sono stati uccisi a
marzo nel Somaliland.
In seguito a una visita dell‟Esperto indipendente per la Somalia delle Nazioni Unite, la
Commissione delle Nazioni Unite sui diritti umani ha approvato una risoluzione ad aprile, che
chiedeva a tutte le parti di fermare la violenza e di rispettare i diritti umani e gli standard
internazionali umanitari. La Commissione ha esteso il mandato dell‟Esperto internazionale per la
Somalia di un anno. AI ha fatto pressione sull‟Ufficio dell‟Alto Commissario per i diritti umani
affinché fosse nominato un consigliere sui diritti umani per la Somalia.
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Cosa accade nel mondo: alcune situazioni reali
Viaggio nel mondo dei Diritti Umani
Discriminazione,emarginazione e Diritti delle Donne
Ad agosto un Gruppo di esperti delle Nazioni Unite che monitoravano l‟embargo internazionale
sulle armi verso la Somalia, ha emesso il suo terzo rapporto sui trasferimenti illegali di armi dai
governi limitrofi e da trafficanti di armi privati.
L‟autoproclamato Stato regionale del Puntland, costituito nel nord-est nel 1998, ha accolto la nuova
Carta federale e il presidente del Puntland è diventato presidente della Somalia. Le elezioni nel
Puntland erano previste per gli inizi del 2005, ma a fine anno i partiti politici non si erano ancora
costituiti.
Il terremoto nell‟Oceano Indiano e il conseguente disastro causato dallo tsunami a dicembre hanno
causato la morte di oltre 150 persone e migliaia di sfollati sulle coste del Puntland.
***Somaliland
La Repubblica del Somaliland, istituita nel nord-ovest nel 1991, è l‟unica parte dell‟ex Repubblica
somala ad avere un governo, una pubblica amministrazione, un sistema multipartitico e un sistema
giudiziario. Era anche in via di costituzione una Commissione nazionale sui diritti umani, con il
sostegno di organizzazioni non governative locali.
Il Somaliland ha fatto richiesta di riconoscimento internazionale e ha rifiutato di partecipare ai
colloqui di pace in Kenya o di far parte della nuova Somalia federale. Vi sono stati brevi
combattimenti tra l‟esercito del Somaliland e il vicino Puntland a gennaio e a ottobre per il possesso
di regioni al confine orientale.
Governo federale di transizione
A ottobre il GNT è terminato con l‟insediamento del presidente per il nuovo governo federale di
transizione (GFT), dopo due anni di colloqui di pace nel vicino Kenya. Conformemente alla Carta
di transizione (una costituzione temporanea), è stato formato un parlamento con seggi assegnati ai
quattro maggiori clan e alle comunità di minoranza. Il parlamento ha eletto un presidente nazionale
che ha nominato a sua volta un primo ministro per formare un governo, che entrasse in carica
all‟inizio del 2005, per un periodo di transizione di cinque anni. La Carta richiede lo scioglimento
delle milizie dei “signori della guerra”. Un attacco pianificato da un “signore della guerra”, generale
Mohamed Said Hersi “Morgan”, contro il porto di Kismayu, è stato sventato per poco a settembre.
Ai primi del 2005, quando la sicurezza lo permetterà, è previsto il trasferimento del GFT dal Kenya
in Somalia.
La comunità internazionale ha promesso futura assistenza per la ricostruzione dello Stato, come
parte di un accordo per il riconoscimento internazionale e di sostegno al GFT. Gli accordi designati
a garantire la pace, il buon governo e la protezione dei diritti umani erano in corso di discussione.
Una coalizione di forze di pace dell‟Unione Africana stava preparandosi a fornire assistenza per la
sicurezza e la smobilitazione delle milizie delle fazioni.
Stato di diritto
È del tutto mancato un sistema efficiente o competente di amministrazione della giustizia che
affermasse lo Stato di diritto o fornisse un‟equa protezione dei diritti umani. Il GNT e i leader delle
fazioni non sono riusciti a proteggere i cittadini. Le milizie delle fazioni hanno compiuto
impunemente abusi, compreso l‟utilizzo di bambini soldato. Alcuni tribunali della sharia (legge
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Cosa accade nel mondo: alcune situazioni reali
Viaggio nel mondo dei Diritti Umani
Discriminazione,emarginazione e Diritti delle Donne
islamica) hanno funzionato su base locale, ma non erano conformi agli standard internazionali
sull‟equo processo.
Le milizie delle fazioni basate sui clan hanno protetto i membri del proprio clan, lasciando le
minoranze disarmate esposte agli abusi. Le condizioni nella prigione centrale del GNT a
Mogadiscio sono risultate molto dure.
Nel Somaliland vi sono stati arresti arbitrari, denunce di tortura e processi politici iniqui.

A gennaio, Osman Mohamoud (noto come “Bur-Madow”), leader di un clan, è stato arrestato e
accusato di aver insultato il presidente e di aver demoralizzato l‟esercito. Egli aveva cercato di
mediare il conflitto tra Somaliland e Puntland nella regione di Sool. È stato condannato per la
prima delle due accuse a sei mesi di reclusione.

A giugno, 30 etiopi-somali, arrestati nel dicembre 2003 e accusati di essere combattenti del
Fronte nazione di liberazione Ogaden (una forza di opposizione etiope), sono stati condannati a
3 e 5 anni di carcere. A fine anno erano ancora in attesa di appello.

A dicembre, Zamzam Ahmed Dualeh, 16 anni, è stata condannata a cinque anni di reclusione
per spionaggio, al termine di un processo gravemente iniquo, dove non erano stati riconosciuti i
suoi diritti di minorenne. Il giudice ha respinto sommariamente le sue denunce di stupro e
tortura da parte degli agenti di polizia e ha condannato i suoi quattro avvocati difensori a 3 anni
di carcere per oltraggio alla corte, ma questi sono stati rilasciati in appello dopo il pagamento di
un‟ammenda.
Giornalisti
Almeno 17 giornalisti sono stati arrestati durante l‟anno, la maggior parte per brevi periodi, e alcuni
sono stati picchiati, perché avevano riferito di abusi dei diritti umani o avevano criticato i “signori
della guerra” o altre autorità politiche.

Nel Puntland, Abdishakur Yusuf Ali, direttore del quotidiano War Ogaal è stato arrestato per la
settima volta ad aprile e condannato a sei mesi di carcere, ma rilasciato a giugno su appello e
previo pagamento di un‟ammenda.

Nel Somaliland, Hassan Said Yusuf, direttore del quotidiano Jamhuuriya (Il Repubblicano), è
stato arrestato ad agosto per un articolo sui colloqui di pace. Egli ha denunciato che i poliziotti
lo avevano minacciato di morte. A ottobre è stato accusato di aver pubblicato notizie false. Si
ritiene che fosse il suo 15° arresto per accuse di questo tipo.
Difensori dei diritti umani
Nonostante i rischi, i difensori dei diritti umani in Somalia e nel Somaliland hanno promosso una
campagna per il rispetto dei diritti umani e hanno documentato violenze contro le donne e le
minoranze, uccisioni tra fazioni, arresti arbitrari, rapimenti e processi politici.

Durante il processo contro Zamzam Ahmed Dualeh, nel Somaliland, attivisti dei diritti umani
hanno criticato pubblicamente sia il procedimento che l‟incarcerazione degli avvocati difensori.
Alcuni sono stati arrestati fuori dal tribunale, ma sono stati rilasciati senza accuse dopo alcune
ore.
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Cosa accade nel mondo: alcune situazioni reali
Viaggio nel mondo dei Diritti Umani
Discriminazione,emarginazione e Diritti delle Donne
Diritti delle donne
Nell‟assegnazione dei seggi al parlamento di transizione non si è riusciti a raggiungere la quota del
12% alle donne, come stabilito nella Carta. Nel Somaliland e nel Puntland le donne hanno avuto
scarse possibilità di accesso al processo decisionale e alla giustizia.
Le organizzazioni per le donne in tutte le zone hanno promosso campagne contro la violenza sulle
donne, compresa la mutilazione genitale femminile che continua a essere diffusa. Anche le attiviste
dei diritti umani si sono mobilitate in campagne contro la violenza domestica e lo stupro delle
donne sfollate.
Diritti delle minoranze
Un certo progresso verso il riconoscimento dei diritti delle minoranze ha avuto come conseguenza
l‟assegnazione alle comunità di minoranza di 31 seggi del parlamento di transizione. Tuttavia, la
discriminazione sociale e gli abusi da parte dei membri dei clan non sono cessati, in particolare
contro il discriminato gruppo bantu (noto anche come jarir) e i gruppi di occupazione come i
midgan.
Rifugiati e sfollati
I rifugiati hanno continuato a fuggire da combattimenti tra fazioni, rapimenti, minacce ai difensori
dei diritti umani e altri abusi.
Più di un terzo del milione di sfollati è vissuto in condizioni di estrema povertà nei campi, dove gli
approvvigionamenti alimentari venivano spesso dirottati dalle milizie dei clan e lo stupro delle
donne appartenenti a gruppi di minoranza era largamente diffuso. A Kismayu le famiglie
appartenenti a gruppi di minoranza sono state obbligate a cedere buona parte degli
approvvigionamenti ai membri dei clan e molti hanno dovuto pagare gli stessi a ffinché li
proteggessero dalle fazioni locali.
Pena di morte
I tribunali ufficiali, compresi quelli islamici e i “tribunali” informali dei clan, hanno continuato a
imporre la pena di morte e in diverse zone sono state effettuate esecuzioni. Quale alternativa
all‟esecuzione, in alcuni casi di omicidio è stato pagato un risarcimento o “diya”.

A luglio, nel Somaliland due uomini sono stati condannati a morte (uno in contumacia) per il
coinvolgimento in un attacco armato all‟aeroporto di Hargeisa nel marzo 2003, attacco in
sostegno di Jama Mohamed Ghalib, un oppositore del governo che era stato brevemente
detenuto e poi deportato. A fine anno l‟appello contro la sua condanna e le pene carcerarie
imposte ad altri 11 non era ancora stato ascoltato.
Rapporti di AI
Somalia: Urgent human rights message to the peace talks in Kenya (AI Index: AFR 52/002/2004)
Somaliland: 16-year-old girl jailed for five years in grossly unfair espionage trial should be
released or re-tried (AI Index: AFR 52/005/2004)
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Cosa accade nel mondo: alcune situazioni reali
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Discriminazione,emarginazione e Diritti delle Donne
Sudan (the Republic of the)
Repubblica del Sudan
Capo di stato e del governo: Omar Hassan Ahmad al-Bashir
Pena di morte: mantenitore
Statuto di Roma della Corte penale internazionale: firmato
Convenzione delle Nazioni Unite sulle donne e relativo Protocollo opzionale: non firmati
Nella regione occidentale del Darfur le forze governative e le milizie alleate hanno continuato a
uccidere migliaia di persone e a sfollare decine di migliaia di abitanti delle zone rurali, soprattutto
durante i primi tre mesi dell‟anno. Delle persone uccise, centinaia sono state vittime di esecuzioni
extragiudiziali compiute dalle forze armate, dall‟intelligence militare o dalle milizie. Un cessate il
fuoco siglato nel mese di aprile tra il governo e i gruppi armati con base nel Darfur, l‟Esercito di
liberazione del Sudan (SLA) e il Movimento giustizia e uguaglianza (JEM), è stato violato da
entrambe le parti. Alla data di dicembre, circa 1,8 milioni di sfollati rimanevano nei campi
all‟interno del Darfur o in altre zone del Sudan e oltre 200.000 profughi del Darfur si trovavano in
Ciad. L‟SLA e il JEM hanno effettuato rapimenti tra i gruppi nomadi, attaccato convogli umanitari
e, stando alle notizie, compiuto esecuzioni extragiudiziali. Il 31 dicembre sono stati firmati i
protocolli finali del processo di pace Nord-Sud. Nel corso dell‟anno, il cessate il fuoco tra il
governo e l‟Esercito popolare di liberazione del Sudan (SPLA), guidato da John Garang, è rimasto
in vigore, ma è stato infranto da attacchi condotti dalle milizie sostenute dal governo nei dintorni di
Malakal che hanno determinato decine di migliaia di sfollati. Centinaia di persone sono state
arrestate senza accusa per motivi politici dalla sicurezza nazionale, dall‟intelligence e dalle forze di
polizia; di queste, almeno un centinaio si trovavano ancora detenute a fine anno. La tortura è stata
molto diffusa, specialmente nel Darfur. Almeno tre detenuti sono deceduti in custodia in circostanze
tali da far supporre che la causa della loro morte fosse la tortura. Sono state comminate più di 100
sentenze di morte e si ritiene che siano state effettuate esecuzioni. Sono state pronunciate condanne
alla fustigazione per numerosi reati e solitamente le pene sono state eseguite immediatamente. Sono
state inoltre comminate condanne all‟amputazione, anche crociata, ma non si è avuta notizia di
sentenze eseguite durante l‟anno. Nel Darfur decine di persone sono state condannate di fronte a
speciali corti penali al termine di processi sommari e iniqui. Nelle zone controllate dall‟SPLA sono
state comminate pene crudeli come la fustigazione e detenzioni in condizioni crudeli, inumane e
degradanti.
Sudan meridionale
Nel corso dell‟anno, i colloqui di pace tra l‟SPLA e il governo sono continuati a fasi alterne. A
gennaio è stato siglato un protocollo di suddivisione delle ricchezze e a maggio tre protocolli
d‟intesa sulla divisione del potere e la risoluzione del conflitto nelle zone di Abyei, Kordofan del
Sud e delle Montagne Nuba e della provincia meridionale nel Nilo Blu (le cosiddette “zone
marginali”). Il protocollo di suddivisione delle ricchezze conteneva un elenco di diritti umani e
libertà fondamentali da rispettare da entrambe le parti.
Nonostante il cessate il fuoco e il processo di pace in corso, nel Bahr al-Ghazal e nell‟Alto Nilo
sono scoppiati combattimenti. A maggio, centinaia di appartenenti al popolo shilluk sono stati
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Cosa accade nel mondo: alcune situazioni reali
Viaggio nel mondo dei Diritti Umani
Discriminazione,emarginazione e Diritti delle Donne
uccisi nell‟Alto Nilo e oltre 60.000 sarebbero stati sfollati in seguito agli attacchi compiuti dalle
milizie sostenute dal governo. A fine anno gli sfollati rimasti erano almeno 20.000. Circa 400.000
sfollati degli anni precedenti hanno fatto ritorno nelle regioni del Bahr al-Ghazal e dell‟Equatoria.
Stando alle fonti, nelle zone sotto il controllo dell‟SPLA i detenuti sono stati sottoposti a pene
crudeli, inumane e degradanti, come la fustigazione, al termine di processi sommari o senza
processo alcuno; i comandanti dell‟SPLA avrebbero spesso ribaltato le sentenze dei tribunali. Le
condizioni dei detenuti si sono configurate come pene o trattamenti crudeli, inumani e degradanti.
La maggior parte delle prigioni erano semplicemente grandi buche scavate nel terreno.
Crisi nel Darfur
Il conflitto nel Darfur si è intensificato all‟inizio dell‟anno. Gli attacchi sono stati sferrati sia dalle
forze governative, talvolta per mezzo di bombardieri Antonov ed elicotteri da combattimento, sia da
milizie nomadi, note come Janjawid, armate e sostenute dal governo. Migliaia di civili sono stati
uccisi e altre decine di migliaia sono rimasti senza casa. Altri sono stati rapiti. Centinaia di villaggi
sono stati distrutti o saccheggiati. Migliaia di donne sono state stuprate, talvolta in pubblico, e molte
sono state prese come schiave sessuali dai soldati o dai miliziani Janjawid. Nel mese di aprile, a
N‟Djaména, in Ciad, è stato siglato un Accordo umanitario di cessate il fuoco tra il governo
sudanese e l‟SLA e il JEM. Entrambe le parti hanno violato l‟accordo che li impegnava a non
prendere di mira i civili.
Nel mese di marzo sono cresciuti i timori di una crisi alimentare, con oltre un milione di sfollati
ospitati nei campi mentre il governo continuava a limitare l‟accesso agli aiuti umanitari. L‟allora
coordinatore umanitario delle Nazioni Unite ha descritto il Darfur come «la più grande crisi
umanitaria della nostra epoca». A maggio, a seguito delle forti pressioni internazionali, il governo
ha acconsentito a concedere libero accesso alle organizzazioni umanitarie. A luglio, nelle principali
città, sono stati dispiegati osservatori sul cessate il fuoco dell‟Unione Africana (UA) e un
contingente di protezione. A ottobre il Consiglio di pace e sicurezza dell‟UA ha esteso il mandato
del contingente alla protezione dei civili in imminente pericolo, ma a fine anno il programmato
aumento del personale a oltre 3.000 unità non era stato ancora pienamente attuato.
A luglio e settembre le risoluzioni delle Nazioni Unite rispettivamente 1556 e 1564 hanno
minacciato un intervento nel caso in cui il governo si fosse dimostrato incapace di disarmare le
Janjawid e di proteggere i civili. Tuttavia, le Janjawid sono rimaste armate e sono state in gran parte
assorbite nelle forze paramilitari sudanesi come le Forze popolari di difesa. A novembre ad Abuja,
in Nigeria, sono stati siglati i Protocolli umanitari e di sicurezza tra il governo e l‟SLA e il JEM,
con cui i firmatari si impegnavano a rispettare il diritto internazionale umanitario. Tuttavia, gli
attacchi sono proseguiti da ambe le parti, determinando migliaia di sfollati. L‟aviazione governativa
ha violato gli accordi sganciando bombe sui civili.
***Uccisioni illegali
Le forze governative e le milizie Janjawid hanno compiuto centinaia di esecuzioni extragiudiziali.

66
A marzo, agenti dell‟intelligence militare sudanese e dell‟esercito e miliziani Janjawid hanno
arrestato più di 135 persone di etnia fur in 10 villaggi nella provincia di Wadi Saleh nello Stato
del Darfur Occidentale. Gli arrestati sono stati detenuti nel villaggio di Deleij, bendati e
trasportati in gruppi di circa 40 persone a bordo di autocarri dell‟esercito in una zona dietro una
collina vicino Deleij. Secondo quanto riferito, è stato loro detto di stendersi a terra e sono stati
quindi uccisi a colpi d‟arma da fuoco da circa 45 membri dell‟intelligence militare e delle
Janjawid.
Cosa accade nel mondo: alcune situazioni reali
Viaggio nel mondo dei Diritti Umani
Discriminazione,emarginazione e Diritti delle Donne
***Violenza sulle donne
Le forze armate e i miliziani hanno stuprato migliaia di donne e altre decine di migliaia hanno
subito altre forme di violenza e sono state sfollate a causa del conflitto nel Darfur. Le donne sono
state stuprate nel corso di attacchi e sono state spesso rapite e ridotte in schiavitù sessuale per giorni
o mesi. Le donne hanno continuato a essere stuprate anche al di fuori dei campi profughi.

Una donna di 18 anni ha descritto come, dopo un attacco su Mukjar a gennaio, circa 45 donne
fossero state prese dal villaggio da soldati e da miliziani che indossavano uniformi militari e
stuprate. La giovane è stata stuprata da sei uomini e data a un soldato che l‟ha tenuta come
schiava sessuale per un mese a Nyala per poi portarla a Khartoum, dove è rimasta per due mesi
prima di fuggire. A fine anno il soldato era sotto inchiesta.

Secondo quanto riferito, ad agosto, uomini armati in uniforme, apparentemente delle milizie,
hanno stuprato tre ragazze adolescenti che raccoglievano legna fuori del campo sfollati ad
Ardamata. Le ragazze hanno denunciato lo stupro alla polizia che le ha inviate a sottoporsi un
esame medico ma che ha successivamente abbandonato il caso.
***Rifugiati e sfollati
Nel Darfur il numero degli sfollati è più che raddoppiato. Alla data di dicembre, circa 1,8 milioni di
persone erano sfollate e circa 200.000 si erano rifugiate in Ciad.
Fino a maggio, quando il governo ha permesso l‟accesso alle agenzie umanitarie, alla maggior parte
degli sfollati mancavano cibo, acqua e aiuti sanitari e venivano costantemente molestati dalle
milizie Janjawid. Gli sfollati hanno continuato a riferire di attacchi fuori dei campi da parte delle
Janjawid e vessazioni da parte delle forze di sicurezza e di polizia. Funzionari governativi hanno
esercitato pressioni sugli sfollati affinché facessero ritorno in zone poco sicure e la polizia ha
ricollocato forzatamente di notte gli sfollati.

Ad aprile, una missione delle Nazioni Unite ha descritto come 1.700 sfollati, i cui villaggi erano
stati bruciati, fossero stati confinati nella città di Kailek nel distretto di Shattaya, nel Darfur
Occidentale, senza accesso a cibo o acqua. La città è stata circondata dalle Janjawid che
avrebbero preso le donne di notte per stuprarle e gli uomini per condurli ai lavori forzati.

Almeno 40 sfollati del campo di Abu Shouk di al-Fasher e Kabkabiya sono stati arrestati a
luglio dopo che avevano parlato con delegazioni straniere, comprese quelle del segretario di
Stato americano Colin Powell e del ministro degli Esteri francese Michel Barnier.

A novembre, la polizia ha attaccato gli sfollati di al-Jeer a Nyala, nello Stato del Darfur del Sud,
almeno quattro volte per svuotare il campo. Nella notte tra il 9 e il 10 novembre hanno usato gas
lacrimogeni, proiettili di gomma e bulldozer per condurre fuori la gente in presenza di
osservatori internazionali e dei media.
***Abusi da parte di gruppi armati
L‟SLA e il JEM si sono resi responsabili di uccisioni illegali, attacchi a convogli umanitari e
rapimenti.
67
Cosa accade nel mondo: alcune situazioni reali

Viaggio nel mondo dei Diritti Umani
Discriminazione,emarginazione e Diritti delle Donne
A ottobre, 18 passeggeri appartenenti a gruppi nomadi sono stati fatti scendere da un autobus fra
Niyertiti e Thur, nello Stato del Darfur del Sud, da membri dell‟SLA. Si ritiene che 13 dei
sequestrati siano stati uccisi.
Tortura
La tortura di detenuti da parte delle forze di sicurezza, dell‟intelligence militare e della polizia è
stata diffusa, soprattutto nel Darfur.

Dodici persone di Mellit, Stato del Darfur del Nord, arrestate dalla Sicurezza Positiva ad agosto,
sono state torturate per farle confessare di aver fabbricato una videocassetta che mostrava degli
stupri. Quattro donne, Mariam Mohamed Dinar, Su‟ad Ali Khalil, Su‟ad al-Nur Abdel Rahman
e Fatma Rahma sono state picchiate con una cinghia e prese a calci e a pugni. A Mariam
Mohamed Dinar sono state estratte le unghie con delle pinze. Anche gli uomini che erano stati
arrestati assieme a loro risultano essere stati torturati. Le accuse a loro carico sono state
archiviate e a novembre sono stati tutti rilasciati.
Decessi in custodia
Almeno tre persone sono decedute mentre erano in custodia. La causa del loro decesso sarebbe stata
la tortura.

Abdel Rahman Mohamed Abdel Hadi è morto in custodia il giorno del suo arresto,
apparentemente in seguito alle torture subite. Era una delle nove persone arrestate ad agosto
dall‟intelligence militare che, secondo quanto riferito, erano state torturate nella caserma
dell‟esercito a Mellit.

Shamseddin Idris, uno studente di Nuba, e Abdel Rahman Suleiman Adam, uno studente del
Darfur, entrambi membri del partito del Congresso Popolare (opposizione islamista al Partito
del Congresso Nazionale al potere) arrestati a settembre in seguito a un giro di vite sul partito,
sono morti subito dopo il loro arresto, apparentemente dopo essere stati duramente picchiati. A
fine anno era in corso un‟indagine sulla loro morte.
Detenzione in incommunicado
Detenuti politici, compresi molti prigionieri di coscienza, hanno continuato a esser trattenuti in
prolungata detenzione in incommunicado senza processo ai sensi dell‟art.31 della legge sulle Forze
di sicurezza nazionali.

A fine anno sei abitanti del Darfur arrestati a Khartoum a febbraio rimanevano detenuti senza
accusa e per lo più in incommunicado. Uno di loro, il leader fur Ma‟mun Issa Abdel Gader, di
50 anni, da Niyertiti, Darfur Occidentale, è stato prima detenuto nella prigione di Kober a
Khartoum, in seguito trasferito alla prigione di Dabak a nord di Khartoum e infine alla prigione
di Wad Medani, a sud di Khartoum. Alla sua famiglia è stato permesso di vederlo solo due
volte.

Più di 100 membri del partito del Congresso Popolare sono stati arrestati a Khartoum in
settembre, sulla base di accuse non comprovate del governo di un complotto per un colpo di
Stato. I detenuti, compresi alti esponenti del partito, attivisti studenteschi, persone originarie del
Darfur e parenti di membri del partito sono stati trattenuti in incommunicado. Il dirigente di
partito Hassan al-Turabi è stato trasferito dagli arresti domiciliari, dove era rimasto senza accusa
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Cosa accade nel mondo: alcune situazioni reali
Viaggio nel mondo dei Diritti Umani
Discriminazione,emarginazione e Diritti delle Donne
per mesi, alla prigione di Kober. Era stato precedentemente rilasciato nell‟ottobre 2003 dopo
due anni di detenzione senza processo. A fine anno alcuni erano stati rilasciati e circa 90
risultavano essere stati accusati di coinvolgimento in un colpo di Stato.
Difensori dei diritti umani
Difensori dei diritti umani hanno continuato a essere minacciati e arrestati.

Il dottor Mudawi Ibrahim Adam, direttore dell‟Organizzazione per lo sviluppo sociale in Sudan,
fu arrestato nella sua abitazione a Khartoum nel dicembre 2003 dopo aver visitato il Darfur. È
stato successivamente accusato di reati relativi a crimini contro lo Stato, alcuni dei quali punibili
con la pena di morte. Tra le prove a suo carico vi erano alcuni documenti pubblici di AI. Tutte
le accuse contro di lui sono state archiviate ad agosto.

Saleh Mahmud Osman, un avvocato impegnato nella difesa dei diritti umani in Darfur, è stato
arrestato a febbraio a Wad Medani e trattenuto senza contatti col mondo esterno per sei
settimane. È stato rilasciato senza accusa a settembre dopo sette mesi di detenzione.
Pena di morte e altre pene crudeli, inumane e degradanti
Nel Darfur, Corti penali speciali hanno comminato sentenze di morte e pene corporali dopo processi
sommari che non hanno rispettato gli standard internazionali di equità processuale. A Khartoum
donne e uomini hanno continuato a esser portati innanzi a corti di ordine pubblico e a essere
condannati alla fustigazione per reati quali relazioni sessuali illecite, per aver trasgredito il codice di
vestiario o venduto alcol o the senza licenza.

La sentenza a 100 frustate imposta a Nyala a una ragazza di 14 anni incinta e non sposata,
condannata per una relazione sessuale illecita nel 2003, è stata commutata.

Al-Tayeb Ali Ahmad, membro dell‟SLA, è stato condannato a morte a gennaio per crimini
contro lo Stato, con l‟accusa di aver preso parte a un attentato all‟aeroporto di al-Fasher nel
2003. Questi ed altri due coimputati, condannati a pene detentive, sono stati torturati subendo
percosse con tubature dell‟acqua e bastoni prima del loro processo innanzi alla Corte penale
speciale di al-Fasher dove non sono stati rappresentati da un legale.

Alakor (Madina) Lual Deng è stata condannata a morte per lapidazione a Nahud, nel Kordofan,
per adulterio. Al suo processo non aveva un avvocato difensore ed è stata condannata a morte
solo sulla base della propria confessione. A giugno l‟Alta Corte di Giustizia ha accolto il suo
appello e ha annullato la sentenza.

Le condanne a morte di 88 appartenenti al popolo rizeiqat, compresi due minorenni, condannati
nel luglio 2002, sono state annullate a dicembre e le persone sono state rilasciate.
Restrizioni alla libertà di espressione
La libertà di stampa ha continuato a essere limitata. Giornalisti sono stati arrestati e convocati dalle
autorità per essere interrogati e quotidiani sono stati censurati. Le forze di sicurezza hanno inoltre
costretto i direttori a ritirare articoli sul Darfur.

Zuhair al-Sarraj, un giornalista del quotidiano al-Sahafa, è stato convocato per essere interrogato
negli uffici dei servizi di sicurezza diverse volte a novembre dopo aver scritto un articolo in cui
69
Cosa accade nel mondo: alcune situazioni reali
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Discriminazione,emarginazione e Diritti delle Donne
lamentava l‟utilizzo di altoparlanti per il richiamo alla preghiera durante il Ramadan. Secondo
quanto riferito, in una di queste occasioni, è stato duramente picchiato.
Organizzazioni internazionali
Ad aprile l‟Ufficio dell‟Alto Commissario per i diritti umani ha inviato una missione d‟inchiesta in
Ciad e nel Darfur che ha pubblicato rapporti sulle uccisioni e sulle deportazioni forzate nel Darfur e
sul ruolo del governo in queste. A luglio il Segretario Generale delle Nazioni Unite ha nominato un
Rappresentante speciale per il Sudan. Ad agosto sono stati schierati nel Darfur osservatori delle
Nazioni Unite sui diritti umani. L‟Alto Commissario delle Nazioni Unite per i diritti umani, il
Consigliere speciale sulla prevenzione del genocidio, il Rappresentante speciale sugli sfollati e i
Relatori Speciali delle Nazioni Unite sulle esecuzioni extragiudiziali, sommarie o arbitrarie e sulla
violenza contro le donne si sono recati in Sudan. Il Consiglio di Sicurezza ha approvato tre
risoluzioni sul Sudan. La risoluzione 1564 ha stabilito una Commissione d‟inchiesta delle Nazioni
Unite per indagare sui rapporti di violazioni delle norme internazionali sui diritti umani e del diritto
internazionale umanitario e per determinare se fossero stati compiuti atti di genocidio.
Il Consiglio di pace e sicurezza dell‟UA ha inviato in Darfur osservatori sul cessate il fuoco e un
contingente di protezione. L‟UA ha anche mediato una tregua e protocolli di pace fra le parti del
conflitto nel Darfur. La Commissione Africana ha inviato una propria missione d‟inchiesta.
I rappresentanti dell‟Unione Europea (UE) sono stati in visita nel Darfur. L‟UE ha mantenuto un
embargo sulle armi e ha minacciato altre sanzioni sul Sudan.
La Lega Araba ha inviato una missione d‟inchiesta nel Darfur ad aprile che ha posto l‟attenzione sul
peggioramento della situazione dei diritti umani.
Rapporti e missioni di AI
Sudan/Darfur: “Too many people killed for no reason” (AFR 54/008/2004)
Sudan/Darfur: Incommunicado detention, torture and special courts – Memorandum to the
government of Sudan and the Sudanese Commission of Inquiry (AFR 54/058/2004)
Sudan/Darfur: Rape as a weapon of war – sexual violence and its consequences (AFR
54/076/2004)
Sudan: Intimidation and denial – Attacks on freedom of expression in Darfur (AFR 54/101/2004)
Sudan: Civilians still under threat in Darfur – An agenda for human rights protection (AFR
54/131/2004)
Sudan: Arming the perpetrators of grave abuses in Darfur (AFR 54/139/2004)
Sudan: No one to complain to – No respite for the victims, impunity for the perpetrators (AFR
54/138/2004)
Sudan: What hope for the future? Civilians in urgent need of protection (AFR 54/164/2004)
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Cosa accade nel mondo: alcune situazioni reali
Viaggio nel mondo dei Diritti Umani
Discriminazione,emarginazione e Diritti delle Donne
A maggio, delegati di AI si sono recati in visita ai rifugiati sudanesi in Ciad. Nei mesi di settembre
e ottobre delegati di AI si sono recati a Khartoum e nel Darfur e hanno incontrato funzionari di
governo.
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Viaggio nel mondo dei Diritti Umani
Discriminazione,emarginazione e Diritti delle Donne
TORTURA IN DETENZIONE
Tratto da: Broken bodies, shattered minds - Torture and ill-treatment of women killings of girls and
women (AI Index: ACT 40/001/2001)
In tutti i paesi del mondo, donne sono state torturate dalla polizia, da soldati ed altri funzionari delle
autorità. Donne di tutte le età, gruppi etnici, classi e credo sono state oggetto di violenza fisica e
sessuale mentre si trovavano in custodia o nelle mani di gruppi politici armati.
La tortura è usata come uno strumento di repressione politica, per isolare e punire le donne che
sfidano l‟ordine vigente sia con la non violenza che impugnando armi. Comunque, la maggior parte
delle donne vittime di tortura da parte delle autorità sono persone sospettate di reati criminali. In
molti paesi, pestaggi crudeli e altri abusi fisici e psicologici sono una prassi normale per donne
arrestate sospettate di crimine o per donne emarginate che hanno a che fare con la legge. Nella
maggior parte dei paesi, il retroscena razziale, etnico o religioso delle donne, o la loro povertà, le
rendono particolarmente vulnerabili di fronte ad atti di tortura o maltrattamento.
Amnesty International ha denunciato innumerevoli casi di tortura o trattamento crudele nei
confronti di donne in custodia da parte di ufficiali di polizia, guardie carcerarie, soldati ed altri
funzionari delle autorità. Sono state picchiate, sottoposte a elettroshock, esecuzioni simulate e
minacce di morte, privazione del sonno e privazione sensoriale. Sono state mantenute sospese in
aria, picchiate sulle piante dei piedi, soffocate ed immerse in acqua.
In molti paesi, atti di violenza sessuale da parte di agenti governativi sono un comune metodo di
tortura o di trattamento inumano inflitto alle donne. 10 Simili atti includono stupro e altre forme di
abuso sessuale, verifica della verginità, espressioni verbali sessualmente offensive e palpazioni.
Nei soli nove mesi che vanno da Gennaio a Settembre 2000, Amnesty International ha documentato
casi avvenuti in moltissimi paesi tra cui Bangladesh, Cina, Repubblica Democratica del Congo,
Ecuador, Egitto, Francia, India, Israele, Kenya, Libano, Nepal, Pakistan, Filippine, Russia, Arabia
Saudita, Spagna, Sri Lanka, Sudan, Tajikistan, Turchia e USA.
Negli Stati Uniti, la tortura o il maltrattamento di donne detenute include percosse, stupro e altre
forme di abuso sessuale; l‟uso crudele, inumano e degradante mezzi di costrizioni sulle donne
detenute, incluse quelle incinte o gravemente malate; accesso inadeguato a cure mediche;
condizioni terribili in celle di isolamento e lavori duri e punitivi. Le denunce di abusi sessuali su
donne detenute negli Stati Uniti chiamano in causa quasi sempre il personale carcerario maschile a
cui, contrariamente agli standard internazionali, è consentito l‟accesso, senza alcuna supervisione,
alle carceri e agli istituti di pena femminili in molte giurisdizioni.
In Cina, molte donne, in particolare lavoratrici migranti, sono state detenute, accusate di
prostituzione, e soggette a stupro e violenza sessuale. La polizia ha il potere di emettere all‟istante
multe in base al solo sospetto di prostituzione e può tenere presunte prostitute ed i loro clienti in
detenzione amministrativa fino a due anni. Frequenti sono i rapporti sulle detenzioni ed i
maltrattamenti di donne da parte della polizia usati per estorcere liste di “clienti”. Simili pratiche
10
AI e Centro Internazionale per i Diritti Umani e lo Sviluppo Democratico (ICHRDD), Documenting Human Rights Violations by
State Agents: Sexual Violence, Montreal: ICHRDD, 1999.
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Viaggio nel mondo dei Diritti Umani
Discriminazione,emarginazione e Diritti delle Donne
sono diventate di uso così comune che negli ultimi anni si sono rivelate come una delle maggiori
fonti di entrate per molte stazioni di polizia in diverse regioni.
Molte presunte prostitute e clienti sono morti in custodia a causa di tortura e maltrattamenti. Altre si
sono suicidate subito dopo il rilascio, credendo che le loro vite fossero ormai rovinate dal segno di
queste accuse e dall‟umiliazione per gli abusi che avevano subito.
Nelle Filippine le donne detenute in custodia dalla polizia sono facilmente oggetto di torture o
maltrattamenti fra cui stupro, abusi sessuali, minacce, schiaffi, pugni e calci. In particolare sono a
rischio i membri più emarginati della società, specialmente prostitute, ragazze di strada (molte delle
quali fuggono da casa per sfuggire agli abusi all‟interno della famiglia), tossico-dipendenti e
mendicanti. In molti casi la polizia usa la legge anti-vagabondaggio – legislazione che discrimina in
particolare poveri e donne – per estorcere denaro e compiere abusi sessuali sulle donne. Molestie ed
abusi sessuali fra i quali lo stupro avvengono anche nelle carceri.
In Turchia la tortura di donne detenute è una pratica largamente diffusa. Metodi di tortura
ripetutamente denunciati ad Amnesty International includono l‟elettroshock e le percosse al petto e
ai genitali, l‟essere denudate, e gli abusi sessuali inclusi stupro e minacce di stupro.
Le donne sono torturate non solo nelle stazioni di polizia, nelle prigioni, nelle caserme militari e in
altri edifici pubblici appartenenti alle agenzie di sicurezza. Sono anche torturate da membri delle
forze dell‟ordine in centri di detenzione segreti o non ufficiali, a casa delle vittime stesse o per
strada.
Per esempio, nella Repubblica Democratica del Congo donne detenute a Kinshasa sono
normalmente oggetto di tortura, in particolare stupro. Nel 1999 Jeannine Bouchez Mwayuma fu
condotta da un ufficiale militare e da diversi soldati in un albergo nel distretto di Kintambo di
Kinshasa, dove la interrogarono e stuprarono.
Molti paesi utilizzano mezzi di punizione per le donne detenute che consistono in torture o
trattamenti crudeli, inumani e degradanti. In Arabia Saudita, per esempio, “crimini morali”, di cui le
donne sono più facilmente accusabili degli uomini 11, possono essere puniti mediante la fustigazione.
In uno stato degli USA le donne detenute sono state punite mediante la reclusione in una gabbia di
2,4 x 1,2 metri, chiamati “box di detenzione”, a temperature superiori a 38 gradi centigradi.
Secondo una ex-detenuta, le prigioniere venivano fatte stare in piedi nella gabbia e veniva loro
negato l‟accesso ai bagni, costringendole qualche volta a defecare ed urinare nella gabbia. Venivano
bagnate con getti d‟acqua ogni 90 muniti. Secondo la testimonianza, le detenute assegnate ai lavori
forzati venivano costrette a svolgere lavori duri e punitivi senza motivo, e spesso punite con la
detenzione nella gabbia perché non riuscivano a sostenerne gli sforzi. 12 Ufficiali del Texas hanno
negato che il trattamento fosse inumano, ma hanno confermato che “qualsiasi criminale che si rifiuti
di eseguire i doveri assegnatele sarà rinchiusa nel box di detenzione per la durata del periodo di
lavoro”.
Le donne che hanno subito violenze in custodia devono affrontare una lunga e ardua battaglia per
ottenere giustizia. Le donne detenute trovano generalmente molto difficile riuscire a fermare
condotte fuorilegge o a far sì che un colpevole venga portato davanti alla giustizia. La vittima può
avere buone ragioni per temere una ritorsione in caso di reclamo, o che gli inquirenti non credano
alla sua parola di fronte alla negazione di una guardia.
11
12
Saudi Arabia: Gross human rights abuses against women, AI Index: MDE 23/57/00
USA (Texas) - Allegations of Cruel and Degrading Punishment Against Women, AI Index: AMR 51/090/00
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Discriminazione,emarginazione e Diritti delle Donne
Molti rapporti di abusi non sono stati neanche indagati. Le mancate indagini delle autorità riguardo
alle accuse di tortura, non solo permettono ai torturatori di restare impuniti, ma spesso
contribuiscono a processi iniqui ed ingiusti imprigionamenti quando affermazioni estorte sotto
tortura vengono addotte come prove.
Se le indagini hanno luogo, i reclami di torture o maltrattamenti di donne in custodia raramente
portano a provvedimenti disciplinari o condanne per i membri delle forze dell‟ordine, perfino in
casi in cui sembra esserci un‟indiscutibile evidenza che un reato è stato commesso.
La mancanza della volontà politica di perseguire i membri delle forze dell‟ordine sospettati di
stupro o abusi sessuali sulle donne in loro custodia, crea un clima di impunità, contribuendo ad
ulteriori abusi sui diritti umani delle donne.
La tortura è proibita dalle Costituzioni, dai codici penali, dalle convenzioni internazionali.
“Nessun individuo sarà sottoposto a tortura o a trattamenti o a punizioni crudeli inumane o
degradanti” (art.5 della Dichiarazione Universale dei Diritti Umani)
La tortura è proibita dalla Convenzione contro la tortura ed altri trattamenti o punizioni crudeli
inumane o degradanti delle Nazioni Unite, del 1984.
Nell‟agosto del 1995 Gülderen Baran, 22 anni, venne arrestata e portata alla sede centrale del
dipartimento antiterrorismo della polizia di Istanbul. Qui, secondo la sua denuncia, venne picchiata,
denudata, colpita da getti di acqua gelata, bendata, privata del sonno, sottoposta a molestie sessuali
e sospesa per lunghi periodi di tempo per le braccia. Da allora, ha perso sensibilità ad entrambi gli
avambracci.
Il 12 marzo 2002, il procedimento giudiziario nei confronti dei cinque poliziotti accusati di averla
torturata è stato interrotto, a causa di continui rinvii per motivi pretestuosi e nonostante due imputati
avessero ammesso le proprie responsabilità.
Situazioni di questo genere rischiano di contribuire a perpetuare l‟impunità per i responsabili della
tortura, compresa la violenza sessuale, e di altre violazioni dei diritti umani. Uno degli imputati non
solo non è stato sospeso dal servizio, ma ha ottenuto anche una promozione.
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Viaggio nel mondo dei Diritti Umani
Discriminazione,emarginazione e Diritti delle Donne
Il caso di Marina T.
Il 5 marzo 1999, Marina T. (pseudonimo), di venti anni, venne fermata dalla polizia mentre
guidava nella città di Yaroslavl'. Gli agenti l'accusarono di essere ubriaca, e la condussero presso
un'apposita struttura della polizia per guida in stato di ebbrezza. Marina T. ha dichiarato che gli
agenti la spogliarono, le sbatterono la testa contro il muro e la picchiarono sul volto. I quattro
uomini la violentarono, e a turno la costrinsero a rapporti orali.
“Mi picchiarono sulla testa, e sul collo,da dietro,così che non riuscivo a muovere la testa.
Fui colpita alle costole costantemente.
Mentre uno di loro mi violentava l ‟altro mi teneva ferma spingendomi la testa sul letto ”.
Marina T.
La mattina dopo Marina T. dovette presentarsi presso il Tribunale di Zavolzhskii, dove venne
multata di 800 rubli (circa US$25) per guida in stato di ebbrezza e per resistenza a pubblico
ufficiale.
Successivamente, la ragazza sporse denuncia presso la locale procura, dove gli agenti notarono i
segni della violenza sul suo volto.
Un'indagine di reato venne aperta il 9 marzo 1999 contro i tre agenti per tortura e maltrattamenti,
ma le accuse vennero fatte cadere il 18 maggio 2000 per “insufficienza di prove”. Il caso rimase
aperto, tuttavia, per le accuse di abuso di ufficio, per lesioni e per negligenza - capi d'imputazione
che prevedono condanne più lievi di quelle per stupro e maltrattamenti.
Il caso venne riaperto e chiuso diverse volte, prima che finalmente potesse esser discusso nel
marzo 2002 presso il Tribunale distrettuale di Zavolzhskii. Il Tribunale dichiarò colpevole uno
degli agenti per aver premeditato lesioni alla ragazza: ma venne rilasciato subito grazie ad
un'amnistia prevista per i reati minori. Due altri agenti furono dichiarati colpevoli di abuso di
ufficio, minacce e uso di violenza. Ricevettero la sospensione della pena e sospensione dal lavoro
per due anni.
La procura e l'avvocato di Marina T. fecero appello contro il verdetto. Nell'aprile 2002 il Tribunale
Regionale di Yaroslavl ha annullato la sentenza e ha rinviato il caso presso il Tribunale di
Zavolzhskii. Alla metà del 2002, il processo era ancora pendente.
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Discriminazione,emarginazione e Diritti delle Donne
United States of America (the)
Stati Uniti d'America
Capo di stato e del governo: George W. Bush
Pena di morte: mantenitore
Statuto di Roma della Corte penale internazionale: firmato
Convenzione delle Nazioni Unite sulle donne: firmata
Protocollo opzionale alla Convenzione delle Nazioni Unite sulle donne: non firmato
Centinaia di detenuti hanno continuato a essere trattenuti senza accusa né processo presso la base
navale di Guantánamo Bay, a Cuba. Migliaia di persone sono state arrestate nel corso di operazioni
militari e di sicurezza in Iraq e Afghanistan senza che fosse loro assicurato il diritto di avere accesso
a un legale o ai familiari. Sono state condotte indagini sulle denunce di torture e maltrattamenti ai
danni di detenuti perpetrate da personale statunitense ad Abu Ghraib in Iraq e sono state aperte
inchieste sui casi di maltrattamenti e di decessi in custodia avvenute in Iraq, Afghanistan e a
Guantánamo. Sono venute alla luce prove che dimostrerebbero come l‟amministrazione statunitense
avesse autorizzato tecniche di interrogatorio proibite dalla Convenzione delle Nazioni Unite contro
la tortura. A Guantánamo sono iniziate le udienze preliminari di fronte alla commissione militare,
ma sono poi state sospese in attesa della sentenza di una corte federale statunitense. Negli Stati
Uniti, più di quaranta persone sono decedute dopo che erano state colpite con un taser dalla polizia,
sollevando preoccupazioni sulla reale sicurezza di queste armi. La pena di morte ha continuato a
essere comminata e vi sono state esecuzioni.
Corte penale internazionale
Il governo statunitense ha intensificato i propri sforzi per limitare le prerogative della Corte penale
internazionale. A dicembre il Congresso ha approvato una disposizione nel bilancio di spesa che
permetterebbe all‟esecutivo di negare aiuti economici ai Paesi che si rifiutassero di garantire ai
cittadini statunitensi l‟immunità nei confronti della Corte.
Guantánamo Bay
A fine anno, più di 500 persone provenienti da circa 35 Paesi rimanevano detenute senza accusa né
processo nella base navale di Guantánamo Bay in quanto sospettate di avere legami con al-Qaeda o
il regime dei Taliban. Almeno 10 detenuti sono stati trasferiti a Cuba dall‟Afghanistan e più di
cento sono stati rimpatriati nei Paesi di origine per continuare la detenzione o essere rilasciati.
Almeno tre minorenni sono stati rilasciati, ma si ritiene che a fine anno altri due minorenni al
momento dell‟arresto si trovassero ancora a Guantánamo. Il Dipartimento della difesa ha continuato
a non diffondere i nomi e il numero dei detenuti a Guantánamo, alimentando la preoccupazione che
alcuni di loro potessero essere stati trasferiti nella base senza comparire nelle statistiche ufficiali.
Nel mese di giugno, con una sentenza storica, la Corte Suprema degli Stati Uniti ha stabilito che le
corti federali degli Stati Uniti hanno giurisdizione sui detenuti di Guantánamo. Tuttavia il governo
ha cercato di tenere qualsiasi revisione sui casi dei detenuti il più lontano possibile dalle aule di
tribunale. A questo scopo è stato creato il Tribunale di revisione dello status dei combattenti
(Combatant Status Review Tribunal – CSRT), un organismo amministrativo di revisione articolato
in commissioni composte da tre militari che dovrebbero stabilire se i detenuti siano “combattenti
nemici”. I detenuti compaiono di fronte al CSRT senza avere l‟assistenza di un legale e rischiando
che contro di loro possano essere utilizzate prove tenute segrete. Molti reclusi hanno boicottato le
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Cosa accade nel mondo: alcune situazioni reali
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Discriminazione,emarginazione e Diritti delle Donne
udienze, ciononostante a fine anno il CSRT aveva stabilito che oltre 200 detenuti erano
“combattenti nemici”, mentre altri due non lo erano e nei loro confronti si poteva procedere al
rilascio. Le autorità hanno anche annunciato che a tutti i detenuti riconosciuti come “combattenti
nemici” sarebbe stata garantita una revisione annuale del loro status di fronte al Comitato di
revisione amministrativa (Administrative Review Board – ARB) al fine di determinare se essi
debbano rimanere in carcere o meno. Anche in questo caso i detenuti subirebbero l‟inchiesta senza
accesso a una consulenza legale e con la possibilità di essere accusati sulla base di prove segrete.
Sia il CSRT sia l‟ARB potranno avvalersi di testimonianze e confessioni estorte sotto tortura o
coercizione. A dicembre, il Pentagono ha reso noto di aver istruito la prima udienza di fronte
all‟ARB.
Il governo ha informato i detenuti del fatto che essi potevano intentare cause di habeas corpus
presso le corti federali – avendo quindi la possibilità di comparire di fronte a un giudice, essere
pienamente informati delle accuse e contestarle in un regolare processo – e ha provveduto a fornire
loro l‟indirizzo della Corte distrettuale federale di Washington DC. Tuttavia, il governo ha aggiunto
che in quella sede i detenuti di Guantánamo non avrebbero il diritto di contestare sulla base della
Costituzione degli Stati Uniti o del diritto internazionale la legittimità della propria detenzione. A
fine anno, sei mesi dopo la sentenza della Corte Suprema, nessun detenuto aveva goduto di alcuna
revisione giuridicamente legale sulla legittimità delle propria detenzione.
Detenzioni in Afghanistan e in Iraq
Ad agosto, in seguito alla pubblicazione delle foto riguardanti le torture e i maltrattamenti compiuti
da personale statunitense nella prigione di Abu Ghraib in Iraq (vedi oltre), la Commissione
indipendente per la revisione delle procedure detentive del Dipartimento della difesa, nominata dal
segretario alla Difesa Donald Rumsfeld, ha reso noto che dall‟inizio dell‟invasione dell‟Iraq e
dell‟Afghanistan circa 50.000 persone erano state arrestate durante le operazioni militari e di
sicurezza condotte dalle forze statunitensi.
I militari statunitensi hanno operato in 25 strutture detentive in Afghanistan e in 17 in Iraq (vedi
oltre). In ognuna di esse, ai detenuti è stato usualmente negato l‟accesso ad avvocati e familiari. In
Afghanistan, il Comitato internazionale della Croce Rossa (ICRC) ha potuto visitare solo alcuni
detenuti delle basi aeree di Bagram e Kandahar.
Detenzioni in località segrete
Un certo numero di detenuti, quelli giudicati dalle autorità statunitensi più interessanti dal punto di
vista dell‟intelligence, si troverebbero rinchiusi in località segrete. In alcuni casi le modalità del loro
arresto e della loro reclusione sono ascrivibili a vere e proprie “sparizioni”. Si ritiene cha alcuni di
loro siano detenuti in queste condizioni da circa tre anni. Il rifiuto o l‟incapacità delle autorità
statunitensi di chiarire la situazione di questi reclusi, lasciandoli al di fuori della protezione della
legge per periodi così prolungati, costituisce chiaramente una violazione degli standard sanciti nella
Dichiarazione delle Nazioni Unite sulla protezione di tutte le persone dalle sparizioni forzate.
Si è continuato a nutrire il sospetto che le autorità statunitensi siano coinvolte nel trasferimento
segreto di detenuti da un Paese all‟altro, esponendoli così al rischio di subire torture e
maltrattamenti.
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Commissioni militari
A fine anno, 15 detenuti erano soggetti alle disposizioni del 2001 sulla detenzione, il trattamento e il
processo di cittadini stranieri durante la guerra al terrorismo, che vanno sotto il nome di Military
Order. I detenuti ai quali si applica il Military Order possono essere rinchiusi senza accusa né
processo oppure giudicati da commissioni militari. Tali commissioni sono organi esecutivi, non
tribunali indipendenti e imparziali, con il potere di comminare la pena di morte e contro le cui
sentenze non è possibile appellarsi.
Nel corso di alcune udienze preliminari iniziate ad agosto, quattro dei 15, gli yemeniti Ali Hamza
Ahmed Sulayman al Bahlul e Salim Ahmed Hamdan, l‟australiano David Hicks e il sudanese
Ibrahim Ahmed Mahmoud al Qosi, sono stati accusati di cospirazione finalizzata a commettere
crimini di guerra e altri reati.
L‟8 novembre, il giudice distrettuale James Robertson, chiamato a presiedere all‟istanza di habeas
corpus presentata da Salim Hamdan, ha stabilito che l‟uomo non poteva essere processato da una
commissione militare. Il giudice Robertson ha disposto che a meno che e fino a quando un
«tribunale competente» – così come richiesto dall‟art.5 della Terza Convenzione di Ginevra – non
avesse determinato che Hamdan non aveva diritto allo status di prigioniero di guerra, egli poteva
essere giudicato unicamente da una corte marziale in conformità al codice penale militare
statunitense.
Il magistrato ha affermato che, anche nel caso in cui a Salim Hamdan non fosse riconosciuto lo
status di prigioniero di guerra da parte di un «tribunale competente» (sicuramente non per ordine
presidenziale o del CSRT), un eventuale processo di fronte a una commissione militare sarebbe
comunque illegale in quanto tale organismo prevede l‟esclusione dell‟imputato da determinate fasi
del dibattimento e l‟utilizzo di prove “riservate” non rivelabili alla difesa. A fine anno, i
procedimenti presso la commissione militare restavano sospesi in attesa dell‟esito dell‟appello
presentato dal governo contro la sentenza del giudice Robertson.
Torture e maltrattamenti di detenuti reclusi al di fuori degli Stati Uniti
Le prove fotografiche delle torture e dei maltrattamenti subiti dai detenuti di Abu Ghraib in Iraq
sono diventate di dominio pubblico verso la fine di aprile, suscitando profonda preoccupazione
negli Stati Uniti e nel resto del mondo. Il presidente Bush e altri membri dell‟amministrazione si
sono affrettati ad affermare che il problema era limitato ad Abu Ghraib e a pochi soldati indegni.
Il 22 giugno, dopo la diffusione di precedenti documenti del governo relativi alla “guerra al
terrorismo” secondo i quali in un tale contesto eventuali torture e maltrattamenti erano da
considerarsi prevedibili, l‟amministrazione statunitense ha deciso di rendere noti alcuni documenti
riservati allo scopo di “fare chiarezza sulla questione”. Tuttavia, il contenuto della documentazione
ha mostrato come il governo avesse autorizzato tecniche di interrogatorio che violavano la
Convenzione delle Nazioni Unite contro la tortura e che lo stesso presidente, in un memorandum
datato 7 febbraio 2002, aveva affermato che nonostante i valori degli Stati Uniti «richiedessero di
trattare i prigionieri umanamente» non tutti «avevano diritto legale a un tale trattamento». I
documenti, tra l‟altro, riguardavano i modi in cui gli agenti statunitensi avrebbero potuto aggirare il
divieto internazionale a ricorrere alla tortura e ad altri trattamenti crudeli, inumani e degradanti,
avvalendosi anche del fatto che il presidente avrebbe potuto travalicare le leggi nazionali e
internazionali in materia. Gli incartamenti hanno portato alla luce la decisione del presidente Bush
di non applicare le Convenzioni di Ginevra alle persone catturate in Afghanistan su suggerimento
del proprio consigliere legale, Alberto Gonzales. In tal modo i funzionari statunitensi preposti agli
interrogatori avrebbero avuto mano libera nella “guerra al terrorismo” e i procedimenti giudiziari
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per crimini di guerra contro agenti statunitensi sarebbero stati meno probabili. All‟indomani delle
elezioni presidenziali di novembre, il presidente Bush ha nominato Alberto Gonzales quale
Procuratore Generale della nuova amministrazione.
Il 30 dicembre, poco prima dello svolgimento delle udienze di fronte al Senato per la ratifica della
nomina di Gonzales, il Dipartimento di giustizia ha aggiornato uno dei memorandum sull‟uso della
tortura più controversi, datato agosto 2002. Nonostante il nuovo memorandum costituisse un
miglioramento del precedente, molti aspetti della versione originale potevano essere ritrovati in un
altro documento governativo, il Rapporto del Gruppo di lavoro del Pentagono sugli interrogatori dei
detenuti nella guerra globale al terrorismo, redatto il 4 aprile 2003, che a fine anno era ancora
operativo.
A febbraio, sono trapelati alcuni passi di un rapporto dell‟ICRC sugli abusi perpetrati dalle forze
della Coalizione in Iraq, in alcuni casi definiti «equivalenti a torture», e il resoconto delle indagini
condotte dal generale dell‟esercito statunitense Antonio Taguba. Il rapporto Taguba aveva
riscontrato «numerosi casi di abusi criminali sadici, manifesti e perversi» ai danni dei detenuti di
Abu Ghraib tra l‟ottobre e il dicembre 2003. Secondo il rapporto inoltre, nella prigione, gli agenti
degli Stati Uniti avevano tenuto nascosto agli occhi dei funzionari dell‟ICRC un certo numero di
detenuti, definiti “detenuti fantasma”. In seguito è stato reso noto che uno dei prigionieri era
deceduto in detenzione, uno dei vari casi di decesso rivelati nel corso dell‟anno in cui si ritiene che
torture e maltrattamenti abbiano avuto un ruolo determinante.
Nel corso dell‟anno, le autorità hanno intrapreso diverse indagini, hanno aperto procedimenti
giudiziari contro soldati ritenuti responsabili di abusi e parimenti hanno svolto revisioni sui metodi
e le pratiche di interrogatorio e detenzione. Le varie inchieste hanno registrato
«approssimativamente 300 casi di denunce di abusi in Afghanistan, Iraq e a Guantánamo». Il 9
settembre, il maggiore Paul Kern, supervisore di una delle inchieste militari, ha riferito alla
Commissione del Senato sulle Forze armate che in Iraq sarebbero stati presenti circa 100 “detenuti
fantasma”. Il segretario alla Difesa Rumsfeld ha ammesso di aver autorizzato almeno in un caso la
CIA (Central Intelligence Agency) a tenere un detenuto al di fuori da qualsiasi registro carcerario.
In ogni caso ha destato preoccupazione il fatto che gran parte delle inchieste fossero esclusivamente
militari, pertanto non in grado di indagare ai più alti livelli di comando. Le attività della CIA in Iraq
e altrove, ad esempio, sono rimaste largamente circondate dal più stretto riserbo. Non sono state
aperte inchieste sul coinvolgimento degli Stati Uniti in trasferimenti segreti di detenuti tra Paesi e
sulle torture e maltrattamenti conseguenti. Molti documenti sono rimasti riservati. AI ha chiesto
l‟istituzione di una commissione d‟inchiesta su tutti gli aspetti della “guerra al terrorismo” condotta
dagli Stati Uniti, sui metodi e sulle pratiche di detenzione e interrogatorio.
Nel corso dell‟anno, diversi detenuti rilasciati da Guantánamo hanno raccontato di aver subito
torture e maltrattamenti mentre si trovavano nelle mani delle autorità statunitensi in Afghanistan e a
Guantánamo. Sono emerse prove secondo cui qualcuno, compresi agenti dell‟FBI (Federal Bureau
of Investigation) e funzionari dell‟ICRC, avevano scoperto che tali abusi erano stati perpetrati
contro i detenuti.
Detenzione negli Stati Uniti di “combattenti nemici”
Nel mese di giugno la Corte Suprema degli Stati Uniti ha stabilito che Yaser Esam Hamdi, un
cittadino statunitense tenuto in custodia delle autorità militari da oltre due anni senza accusa né
processo in qualità di “combattente nemico”, aveva diritto a un processo e alla revisione di habeas
corpus della sua detenzione di fronte a una corte degli Stati Uniti. Il suo caso è stato poi rinviato a
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tribunali di grado inferiore per ulteriori procedimenti. Quando l‟ultimo di questi era ancora in corso,
in ottobre, Hamdi è stato rilasciato dagli Stati Uniti ed estradato in Arabia Saudita, in base a
condizioni concordate dai suoi avvocati con il governo degli Stati Uniti. Questi comprendevano la
rinuncia alla cittadinanza statunitense, l‟obbligo di non lasciare l‟Arabia Saudita per cinque anni e il
divieto di recarsi in Afghanistan, Iraq, Israele, Pakistan e Siria.
José Padilla, cittadino statunitense, e Ali-Saleh Kahlah Al-Marri, cittadino del Qatar, sono rimasti
reclusi senza accusa né processo in qualità di “combattenti nemici”. José Padilla ha presentato un
richiesta d‟appello di fronte alla Corte Suprema analogamente a Yaser Esam Hamdi, ma la Corte ha
rigettato la sua richiesta in quanto presentata alla giurisdizione sbagliata. A fine anno, il suo caso
era ancora sotto esame nella Carolina del Sud, lo Stato in cui si trovava detenuto in un carcere
militare.
Prigionieri di coscienza
Due obiettori di coscienza, il sergente Camilo Mejía Castillo e il sergente Abdullah William
Webster sono stati incarcerati e pertanto considerati prigionieri di coscienza. A fine anno si
trovavano ancora in prigione.
Il sergente Camilo Mejía Castello è stato condannato a una anno di reclusione per diserzione dopo
che si era rifiutato di ritornare alla sua unità di stanza in Iraq per motivi morali in relazione ai suoi
dubbi sulla legittimità della guerra e per la condotta delle truppe statunitensi nei confronti della
popolazione civile irachena e dei prigionieri. Il processo è avvenuto nel mese di maggio nonostante
si fosse ancora in attesa della decisione dell‟esercito in merito alla sua richiesta per l‟ottenimento
dello status di obiettore di coscienza.
A giugno, il sergente Abdullah William Webster, in servizio presso l‟esercito dal 1985, è stato
condannato a 14 mesi di reclusione e alla perdita della paga e delle indennità per essersi rifiutato di
partecipare al conflitto in Iraq a causa del suo credo religioso. Webster aveva ricevuto l‟ordine di
recarsi in Iraq nonostante avesse presentato una richiesta per essere rassegnato a incarichi che non
prevedessero il servizio attivo. La sua domanda per ottenere lo status di obiettore di coscienza è
stata rifiutata in quanto la sua opposizione sarebbe stata rivolta a un conflitto specifico e non alla
guerra in generale.
Rifugiati, migranti e richiedenti asilo
A novembre, l‟emittente radiofonica National Public Radio ha riportato una serie di denunce di
abusi commessi ai danni di immigrati rinchiusi in tre prigioni del New Jersey, tra cui la prigione di
Passaic e il centro correzionale della contea di Hudson. Due detenuti sarebbero stati picchiati
mentre erano in manette e altri sarebbero stati morsicati dai cani da guardia. AI aveva registrato
maltrattamenti simili nel 2003. Molte delle presunte vittime sono state deportate prima che le
indagini fossero completate. Il Dipartimento per la sicurezza della patria ha reso noto di aver
avviato una revisione di diverse strutture carcerarie a gestione privata, ma non ha fornito conferme
su quali carceri fossero oggetto del provvedimento.
Maltrattamenti e uso eccessivo della forza da parte delle forze dell’ordine
Sono giunte notizie di maltrattamenti e decessi in custodia in cui sarebbero coinvolti taser della
“nuova generazione”, vale a dire potenti armi a scossa elettrica in grado di sparare dardi metallici
utilizzati da più di 5.000 tra dipartimenti di polizia e strutture detentive. Più di 40 persone hanno
perso la vita dopo essere stati colpiti da queste armi, portando a più di 70 il numero totale di morti
80
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dal 2001. Mentre in genere i coroner attribuiscono le cause della morte a fattori come
l‟intossicazione da droghe, in almeno 5 casi i taser sono stati considerati tra i fattori direttamente
responsabili del decesso.
La maggioranza delle vittime erano disarmate e non sembravano costituire una seria minaccia
quando sono state colpite. Molti hanno subito scosse a più riprese, ed alcuni sono stati anche irrorati
con spray al pepe o incatenati in modo pericoloso, come nel caso della tecnica detta del hogtying
(con le mani e i piedi legati assieme dietro la schiena).
Secondo alcune testimonianze, i taser sarebbero abitualmente utilizzati dagli agenti per stordire
persone mentalmente disturbate o che semplicemente non obbediscono agli ordini. Anche
minorenni e anziani sono stati oggetto di simili trattamenti. In molti dipartimenti i taser sono
diventati gli strumenti di lavoro più largamente utilizzati.
AI ha reiterato la propria richiesta alle autorità statunitensi affinché sospendano l‟utilizzo e la
vendita di taser e di altre armi a scossa elettrica fino a quando non venga condotta un‟inchiesta
indipendente e rigorosa sul loro utilizzo e sui loro effetti.
Pena di morte
Nel corso dell‟anno, sono state eseguite 59 sentenze capitali, portando a 944 il numero di prigionieri
messi a morte da quando la Corte Suprema pose fine a una moratoria nel 1976. Lo Stato del Texas
ha ucciso 23 condannati assommando complessivamente 336 esecuzioni dal 1976. Cinque persone
sono state liberate dal braccio della morte in quanto riconosciute innocenti, portando dal 1973 a 117
il numero dei rilasci di persone innocenti.
Otto persone condannate in Texas nella contea di Harris sono state messe a morte durante l‟anno,
nonostante le preoccupazioni riguardanti l‟attendibilità delle perizie legali esaminate dal laboratorio
del dipartimento di polizia di Houston (HPD), dove si erano palesati gravi problemi nel 2003. A
ottobre, un giudice della Corte d‟Appello del Texas ha affermato che si sarebbe dovuto stabilire
«una moratoria su tutte le esecuzioni nei casi in cui le condanne erano state basate su prove
provenienti dalla polizia di Houston fino a quando l‟attendibilità delle prove non fosse verificata».
Si tratta dell‟unica opinione contraria quando la stessa corte ha negato l‟istanza di sospensione
presentata da Dominique Green sulla base dei dubbi riguardanti l‟accuratezza della perizia balistica
condotta dall‟HPD e sulla scoperta di 280 scatole contenenti prove catalogate malamente che
potrebbero aver inficiato migliaia di casi. Dominique Green è stato messo a morte il 26 ottobre.
Gli Stati Uniti hanno continuato a violare il diritto internazionale ricorrendo alla pena di morte nei
confronti di persone minorenni al momento del crimine. Durante l‟anno il braccio della morte
contava circa 70 persone in questa situazione, oltre un terzo delle quali in Texas.

A gennaio, la Corte Suprema degli Stati Uniti ha accettato di prendere in considerazione un
appello presentato dallo Stato del Missouri riguardante il caso di Christopher Simmons, che
aveva 17 anni all‟epoca del reato. La Corte Suprema del Missouri aveva revocato la sua
condanna a morte nel 2003 in quanto avrebbe incontrato l‟ostilità dell‟opinione pubblica,
contraria alla pena capitale nei confronti dei minorenni. Le esecuzioni di un certo numero di
minorenni al momento del reato sono state sospese in attesa della sentenza della Corte Suprema
attesa all‟inizio del 2005.
Il 31 marzo, la Corte Internazionale di Giustizia si è espressa in merito a una causa intentata dal
Messico riguardo ai propri cittadini arrestati, privati dei diritti consolari e condannati a morte negli
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Discriminazione,emarginazione e Diritti delle Donne
Stati Uniti. La Corte ha riscontrato come gli Stati Uniti avessero violato gli obblighi assunti con la
Convenzione di Vienna sulle relazioni consolari e li ha invitati a riconsiderare gli effetti di tali
violazioni nei casi che vedono coinvolti cittadini stranieri. La stessa Corte di Giustizia ha ribadito la
propria «forte preoccupazione» riguardo al fatto che era stata fissata la data dell‟esecuzione di
Osvaldo Torres Aguilera, uno dei cittadini messicani citati nella causa. La condanna di Aguilera è
stata in seguito commutata dal governatore dell‟Oklahoma dopo che il presidente messicano aveva
presentato una richiesta di clemenza e la commissione statale incaricata di esaminare tali richieste
aveva emesso una raccomandazione in tal senso. Il 10 dicembre, la Corte Suprema degli Stati Uniti
ha accettato di esaminare la domanda di appello di José Medellin, un cittadino messicano rinchiuso
nel braccio della morte in Texas, allo scopo di determinare quali debbano essere gli effetti della
sentenza della Corte Internazionale di Giustizia sui tribunali degli Stati Uniti. La sentenza era
prevista nel 2005.
Prigionieri affetti da gravi malattie mentali hanno continuato a essere condannati a morte e le loro
sentenze sono state eseguite.

Charles Singleton è stato messo a morte in Arkansas il 6 gennaio. Durante il periodo trascorso
nel braccio della morte, la sua malattia mentale si era manifestata in modo talmente acuto da
spingere i medici a sottoporlo a trattamento sanitario obbligatorio.

Kelsey Patterson, al quale era stata diagnosticata una schizofrenia paranoide, è stato messo a
morte in Texas il 18 maggio. Il governatore dello Stato aveva rigettato una raccomandazione per
la clemenza presentata dalla Commissione sulla libertà sulla parola e la clemenza del Texas.

Il 5 agosto James Hubbard, di 74 anni, è stato messo a morte in Alabama. Si tratta della persona
più anziana messa a morte negli Stati Uniti dal 1977 ed era rimasto nel braccio della morte per
oltre un quarto di secolo. James Hubbard soffriva di demenza che talvolta lo portava a
dimenticare chi era e perché si trovasse nel braccio della morte.
Rapporti e missioni di AI
USA: Dead wrong – The case of Nanon Williams, child offender facing execution on flawed
evidence (AI Index: AMR 51/002/2004)
USA: “Where is the compassion?” – The imminent execution of Scott Panetti, mentally ill
offender(AI Index: AMR 51/011/2004)
USA: Another Texas injustice – The case of Kelsey Patterson, mentally ill man facing execution (AI
Index: AMR 51/047/2004)
USA: Osvaldo Torres, Mexican national denied consular rights, scheduled to die (AI Index: AMR
51/057/2004)
USA: Undermining security -- violations of human dignity, the rule of law and the National Security
Strategy in „war on terror‟ detentions (AI Index: AMR 51/061/2004)
USA: An open letter to President George W. Bush on the question of torture and cruel, inhuman or
degrading treatment (AI Index: AMR 51/078/2004)
USA: Appealing for justice – Supreme Court hears arguments against the detention of Yaser Esam
Hamdi and José Padilla (AI Index: AMR 51/065/2004)
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Discriminazione,emarginazione e Diritti delle Donne
USA: Restoring the rule of law – The right of Guantánamo detainees to judicial review of the
lawfulness of their detention (AI Index: AMR 51/093/2004)
USA: A deepening stain on US justice (AI Index: AMR 51/130/2004)
USA: Human dignity denied – Torture and accountability in the „war on terror‟ (AI Index: AMR
51/145/2004)
USA: Guantánamo: Military commissions – Amnesty International observer‟s notes, No. 3 –
Proceedings suspended following order by US federal judge (AI Index: AMR 51/157/2004)
USA: Excessive and lethal force? Amnesty International‟s concerns about deaths and ill-treatment
involving police use of tasers (AI Index: AMR 51/139/2004)
USA: Proclamations are not enough, double standards must end – More than words needed this
Human Rights Day (AI Index: AMR 51/171/2004)
Nel mese di aprile delegati di AI si sono recati nello Yemen e hanno avuto colloqui con i familiari
dei detenuti di Guantánamo provenienti dalla regione del Golfo. Un delegato di AI ha assistito alle
udienze preliminari di fronte alla commissione militare tenutesi a Guantánamo Bay nei mesi di
agosto e novembre.
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Discriminazione,emarginazione e Diritti delle Donne
Turkey (the Republic of)
Repubblica di Turchia
Capo di stato: Ahmet Necdet Sezer
Capo del governo: : Recep Tayyip Erdoğan
Pena di morte: abolizionista per tutti i reati
Statuto di Roma della Corte penale internazionale: non
firmato
Convenzione delle Nazioni Unite sulle donne: ratificata con riserve
Protocollo opzionale alla Convenzione delle Nazioni Unite sulle donne: ratificato
Il governo ha introdotto ulteriori riforme giuridiche e di altra natura, allo scopo di adeguare la
legislazione turca agli standard internazionali. Tuttavia, la messa in atto di tali riforme è stata
frammentaria e nel diritto sono rimaste ampie restrizioni all‟esercizio dei diritti fondamentali.
Nonostante positive modifiche alle norme sulla detenzione, non sono cessati tortura e
maltrattamenti commessi dalle forze di sicurezza. L‟uso di forza eccessiva contro i manifestanti ha
continuato a essere motivo di grave preoccupazione. I responsabili di tali violazioni raramente sono
stati condotti dinanzi alla giustizia. Chi ha cercato di esercitare il proprio diritto a manifestare
pacificamente o a esprimere dissenso su certi argomenti ha continuato a rischiare l‟incriminazione
penale o altre sanzioni. Funzionari statali non sono stati in grado di adottare misure adeguate per
prevenire e punire la violenza sulle donne.
Contesto
Il governo ha proseguito nell‟introduzione di riforme costituzionali e giuridiche al fine di soddisfare
i criteri richiesti per l‟avvio dei negoziati di adesione all‟Unione Europea. Il 17 dicembre, il
Consiglio d‟Europa ha dichiarato l‟intenzione di iniziare i negoziati con la Turchia nell‟ottobre
2005.
A gennaio la Turchia ha firmato il Protocollo n.13 alla Convenzione europea sui diritti umani e ad
aprile ha firmato il secondo Protocollo opzionale al Patto internazionale sui diritti civili e politici,
relativo all‟abolizione della pena di morte.
Nel mese di giugno, il Congresso del popolo curdo (Kongra Gel), successore del Partito dei
lavoratori del Kurdistan (PKK), ha annunciato che avrebbe posto fine al suo cessate il fuoco
unilaterale. Nella seconda metà dell‟anno sono stati segnalati molti scontri tra esponenti del gruppo
armato ed esercito e forze di sicurezza nel sud-est del Paese.
Nel corso dell‟anno almeno 33 persone, di cui 13 minorenni, sono state uccise da mine antipersona
o da armi e munizioni abbandonate. I feriti sono stati molti di più.
Riforme legislative
L‟anno ha visto l‟introduzione di molti significativi cambiamenti nel sistema giuridico turco. Le
corti per la sicurezza di Stato sono state abolite e sostituite da speciali tribunali per reati gravi. È
stata data precedenza al diritto internazionale sulla legislazione interna. Tutti i richiami alla pena di
morte sono stati cancellati dalla Costituzione e dal codice penale. Gli esponenti dell‟esercito sono
stati allontanati dal Consiglio d‟istruzione superiore (YÖK) e dal Consiglio superiore per le
trasmissioni radio-televisive (RTÜK).
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Discriminazione,emarginazione e Diritti delle Donne
Tra la legislazione introdotta vi sono una nuova legge sulla stampa, una nuova legge sulle
associazioni e i nuovi codici penale e di procedura penale. Tutte queste norme hanno incluso
sviluppi positivi e spesso si sono rivelate meno restrittive delle leggi precedenti. Ad esempio, dal
nuovo codice penale sono stati cancellati molti articoli discriminatori in base al genere ed è stata
introdotta una definizione di tortura più vicina a quella stabilita dal diritto internazionale. Ciò
nonostante, molte di queste nuove leggi hanno mutuato dal vecchio ordinamento norme che erano
state impiegate per limitare senza necessità i diritti fondamentali. Inoltre, la messa in atto delle
riforme è stata spesso irregolare e in alcuni casi sembra aver incontrato la resistenza di funzionari
pubblici.
È stata approvata anche una legge per l‟indennizzo delle perdite causate da terrorismo e dalla lotta
contro il terrorismo, il cui obiettivo era il risarcimento delle persone sfollate forzatamente nel corso
degli anni Novanta, durante il conflitto tra le forze governative e il PKK. Le associazioni per i diritti
umani hanno espresso preoccupazione per la bassa entità dei risarcimenti previsti e hanno lasciato
intendere che la legge fosse stata studiata per impedire la presentazione di istanze presso la Corte
europea dei diritti umani.
Tortura e maltrattamenti
Le norme sulla detenzione che hanno dotato i detenuti di miglior protezione hanno portato a una
apparente riduzione dell‟uso di alcune tecniche di tortura come la sospensione per le braccia e la
falaka (percosse sotto le piante dei piedi). Tuttavia, la nuova regolamentazione spesso non è stata
messa in atto. La tortura e i maltrattamenti durante il fermo nelle stazioni di polizia e gendarmeria
hanno continuato ad essere motivo di grave preoccupazione e sono pervenute denunce di percosse,
scosse elettriche, detenuti costretti a restare nudi e minacce di morte.
Sono state ampiamente segnalate anche torture che non lasciano segni durevoli sul corpo della
vittima. La privazione di cibo, acqua e sonno e l‟essere costretti a mantenere per lungo tempo
posizioni scomode sono i metodi che hanno continuato ad essere oggetto di denuncia, nonostante
una circolare del ministro degli Interni avesse proibito l‟uso di tali tecniche. Inoltre, le persone sono
state percosse durante l‟arresto, mentre venivano portate in giro in auto o dopo essere state condotte
in un luogo deserto per l‟interrogatorio.

Derya Aksakal ha denunciato di essere stata trascinata in un minibus il 3 marzo mentre stava
camminando per le strade di Istanbul. Quindi è stata bendata e interrogata sulle sue attività
politiche da tre uomini a volto coperto; la donna ha riconosciuto tra questi un agente di polizia.
Secondo quanto riferito, i tre uomini le hanno spento sigarette sul corpo, hanno minacciato di
stuprarla e l‟hanno sottoposta a una finta esecuzione prima di rilasciarla circa due ore dopo.

Il 27 ottobre Aydın Ay è stato fermato e trattenuto alla stazione di polizia di Carşı a Trabzon
perché sospettato di furto. Ha dichiarato di essere stato spogliato completamente, sottoposto a
scosse elettriche e a schiacciamento dei testicoli per costringerlo a firmare documenti di cui non
conosceva il contenuto.
Un alto numero di denunce di maltrattamenti si riferivano all‟eccessivo uso della forza da parte
delle forze di sicurezza durante le manifestazioni. Nonostante il ministro degli Interni abbia emesso
una circolare in cui dava istruzioni agli agenti di non utilizzare forza sproporzionata, vi sono state
continue segnalazioni di dimostranti picchiati e spruzzati con gas irritante al pepe anche dopo
l‟arresto.
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Discriminazione,emarginazione e Diritti delle Donne
Impunità
Non sono stati posti in essere meccanismi efficaci per controllare l‟applicazione delle norme sulla
detenzione e per investigare sui modelli di abuso da parte delle forze di sicurezza. I consigli
provinciali e regionali per i diritti umani non sono stati in grado di indagare efficacemente le
denunce di episodi di tortura o maltrattamenti, né hanno dimostrato la necessaria imparzialità o
indipendenza.
Le inchieste sulle denunce di tortura e maltrattamenti condotte dalle procure raramente sono
risultate adeguate e solitamente si sono concluse con il non luogo a procedere. La mancanza di
completezza di tali inchieste ne ha messo in questione l‟imparzialità. Spesso le decisioni sono state
basate su insufficienti visite mediche dei detenuti, il più delle volte effettuate alla presenza di agenti
delle forze di sicurezza, nonostante i regolamenti proibissero tale pratica. Le indagini e i processi
che ne sono conseguiti generalmente non hanno preso in esame la catena di comando e gli agenti
accusati spesso non sono stati sospesi dal servizio attivo durante tali procedimenti.
I procedimenti giudiziari contro persone accusate di tortura e maltrattamenti sono stati abitualmente
prolungati in modo eccessivo e, in alcuni casi, la decorrenza dei termini di prescrizione ne ha
bloccato il proseguimento.

Il 10 novembre la Corte d‟Appello ha confermato la sentenza a carico di un agente di polizia
coinvolto nel decesso del sindacalista Süleyman Yeter, morto a causa delle torture subite
durante il fermo di polizia, nel marzo 1999. Il tribunale di prima istanza aveva ridotto la sua
pena da 10 anni di reclusione a 4 anni e due mesi per «buona condotta», di cui dovrà scontare
soltanto 20 mesi. Nel frattempo, per decorrenza dei termini di prescrizione, l‟11 novembre sono
stati abbandonati i procedimenti legali contro 9 agenti di polizia accusati di aver torturato
Süleyman Yeter e altri 14 detenuti in un altro episodio nel 1997.

Nonostante l‟esistenza di referti medici a sostegno dell‟accusa, il 2 dicembre è stato rinviato per
la 30ª volta il processo di quattro agenti di polizia accusati di aver torturato, anche sessualmente,
due studentesse di scuola superiore a Iskendurun nel marzo 1999. Nel frattempo una delle due
ragazze, Fatma Deniz Polattaş, è rimasta in carcere perché accusata di appartenere al PKK sulla
base di dichiarazioni presumibilmente estorte sotto tortura.
Chi ha querelato la polizia per uso eccessivo della forza durante l‟arresto o nel corso di
manifestazioni spesso è stato accusato di “resistenza aggravata a pubblico ufficiale e violenza o
minacce” o di aver violato la legge n.2911 su riunioni e manifestazioni.

Secondo le segnalazioni pervenute, studenti dimostranti arrestati ad Ankara il 12 aprile sono
stati maltrattati dalla polizia antisommossa che è ricorsa a un uso eccessivo della forza per
disperdere e arrestare i manifestanti. Gli studenti sarebbero stati maltrattati anche alla stazione
di polizia e in tribunale. Il giudice incaricato del caso ha ignorato le denunce di maltrattamenti e
gli studenti sono stati accusati di violazione della legge su riunioni e manifestazioni e rilasciati
in attesa del processo.
Uccisioni in circostanze controverse
Secondo quanto riferito, almeno 21 civili sarebbero stati uccisi dalle forze di sicurezza, soprattutto
nelle province sud-orientali e orientali del Paese. Nella maggioranza dei casi le forze di sicurezza
hanno dichiarato che le vittime non avevano osservato l‟ordine di fermarsi.
86
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Discriminazione,emarginazione e Diritti delle Donne

Il 28 maggio, ad Adana, un presunto appartenente a Kongra Gel, Şiyar Perinçek, è stato colpito
da un agente di polizia in borghese dopo essere stato fatto cadere da una motocicletta. I
testimoni hanno affermato che l‟uomo non era armato e che non era stato pronunciato alcun
avvertimento. Egli è morto in ospedale due giorni più tardi. L‟autista della motocicletta,
Nurettin Başçı, è stato arrestato e, a quanto risulta, torturato. Il 4 ottobre tre agenti di polizia
sono stati processati per i “maltrattamenti” ai danni di Nurettin Başçı; un agente è stato
incriminato anche per l‟ “omicidio involontario” di Şiyar Perinçek che, secondo l‟atto di accusa,
era avvenuto dopo che Şiyar Perinçek aveva sparato all‟agente. A fine anno il processo era
ancora in corso.

Il 21 novembre alcuni agenti di polizia hanno ucciso Mehmet Kaymaz e suo figlio dodicenne
Uğur dinanzi alla loro abitazione a Kızıltepe. Le autorità hanno affermato che essi erano
membri del Kongra Gel, che erano armati e che avevano sparato per primi in direzione degli
agenti, i quali avevano quindi risposto al fuoco. I testimoni hanno denunciato che si era trattato
di una esecuzione extragiudiziale e che le armi erano state messe addosso alle due vittime
quando erano già morte.
Libertà di espressione e difensori dei diritti umani
Sebbene la Corte d‟Appello e alcuni tribunali di grado inferiore abbiano emesso sentenze senza
precedenti che confermano il diritto alla libertà di espressione, numerose persone sono state
incriminate per la pacifica espressione delle proprie opinioni. Sono state avviate cause e inchieste a
carico di persone per via delle loro opinioni o attività pacifiche. Tali procedimenti hanno
rappresentato una forma di vessazione giudiziaria; raramente sono approdati a sentenze di
condanna, ma spesso hanno comportato il pagamento di pesanti sanzioni pecuniarie. I processi sono
stati istruiti ai sensi di vari articoli del codice penale: è il caso, per esempio, di quelli che
stabiliscono punizioni per “ingiuria” a vari organi dello Stato o “incitamento all‟ostilità e all‟odio”.
Nondimeno, sono stati aperti procedimenti anche per violazione di molte altre norme, in particolare
della legge anti-terrorismo, la legge su riunioni e manifestazioni e altre leggi sull‟ordine pubblico e
sulle associazioni e fondazioni. Esponenti politici sono stati incriminati per aver utilizzato nella
propaganda elettorale lingue diverse dal turco. Quotidiani e giornalisti sono stati condannati al
pagamento di pesanti ammende sia ai sensi della precedente legge sulla stampa sia della nuova.

Nel mese di novembre il giornalista Hakan Albayrak è stato rilasciato da un carcere nella
provincia di Ankara dopo aver scontato 6 mesi di una condanna a 15 mesi di reclusione per un
articolo in cui aveva espresso alcune critiche sul funerale di Mustafa Kemal Atatürk, il
fondatore della Repubblica turca.

Il 30 dicembre un tribunale di Ankara ha proseguito le udienze del procedimento aperto nei
confronti dello scrittore Fikret Başkaya per aver intenzionalmente “insultato o deriso lo Stato
turco” nel suo libro Contro corrente. Se ritenuto colpevole, egli rischia una condanna fino a tre
anni di reclusione.
Queste leggi sono state utilizzate anche contro difensori dei diritti umani, tra cui avvocati, medici,
ambientalisti e sindacalisti, che hanno continuato a essere oggetto di vessazioni nonostante una
maggior volontà da parte del governo di consultare i rappresentanti della società civile. Le
vessazioni sono state diverse a seconda delle province. In alcuni casi sono stati vietati
l‟organizzazione di petizioni, la lettura di comunicati stampa o lo svolgimento di manifestazioni. Il
Rappresentante speciale delle Nazioni Unite sui difensori dei diritti umani ha compiuto una visita in
Turchia a ottobre, esprimendo preoccupazione per l‟apertura di un gran numero di azioni giudiziarie
e raccomandando la revisione di tutti i casi ancora aperti contro difensori dei diritti umani. Persone
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Cosa accade nel mondo: alcune situazioni reali
Viaggio nel mondo dei Diritti Umani
Discriminazione,emarginazione e Diritti delle Donne
che avevano preso parte ad attività legate ai diritti umani spesso sono anche state soggette a
sanzioni di natura professionale come licenziamento, sospensione o trasferimento in località lontane
dal luogo di residenza.

A giugno è stata avviata un‟azione giudiziaria finalizzata alla chiusura del maggiore sindacato
turco, il sindacato degli insegnanti Eğitim Sen. Il caso è stato fondato su un‟affermazione
contenuta nello statuto del sindacato secondo la quale esso avrebbe «difeso i diritti dei singoli
all‟istruzione nella loro lingua madre», dichiarazione che la pubblica accusa riteneva
incostituzionale. La sentenza di assoluzione di Eğitim Sen emessa a settembre è stata ribaltata a
novembre dalla Corte d‟Appello.

Sempre a giugno, la professoressa Şebnem Korur Fincancı e il suo collega Sermet Koç sono
stati rimossi dalla carica di presidi delle due facoltà di medicina legale negli ospedali annessi
all‟Università di Istanbul. Essi avevano espresso alla stampa preoccupazione per la mancanza di
indipendenza dell‟Istituto di medicina legale. Şebnem Korur Fincancı era stata precedentemente
allontanata dall‟incarico che svolgeva all‟Istituto per aver redatto una relazione in cui
concludeva che una persona era deceduta in custodia a causa delle torture subite.
Rilascio di prigionieri di coscienza
Il 21 aprile, il Tribunale per la sicurezza di Stato n.1 di Ankara ha confermato le condanne a
quindici anni di reclusione comminate a quattro ex parlamentari del Partito della democrazia (DEP):
Leyla Zana, Hatip Dicle, Orhan Doğan e Selim Sadak. Il nuovo processo era stato celebrato grazie a
una legge che autorizzava nuovi procedimenti giudiziari laddove una sentenza della Corte europea
dei diritti umani avesse giudicato il verdetto originale contrario alla Convenzione europea sui diritti
umani. Tuttavia, agli inizi di giugno il procuratore capo della Corte d‟Appello ha richiesto il
capovolgimento della condanna, sottolineando che anche il nuovo processo si era svolto in
violazione degli standard internazionali di equità processuale e che gli imputati avrebbero dovuto
sostenere un nuovo processo ma essere rilasciati in attesa di giudizio. Il 9 giugno i quattro ex
parlamentari sono stati rilasciati dal carcere Ulucanlar di Ankara. Il nuovo processo è iniziato il 21
ottobre presso il Tribunale speciale per reati gravi n.11 di Ankara.
Violenza sulle donne
I diritti umani di centinaia di migliaia di donne in Turchia hanno continuato a essere violati a causa
del fenomeno della violenza domestica. Sono pervenute segnalazioni di percosse, stupri, omicidi o
induzione al suicidio. Le autorità si sono dimostrate incapaci di adottare misure per proteggere le
donne in modo appropriato. Le indagini nei casi di violenza familiare spesso non sono risultate
adeguate e raramente i responsabili delle violenze sono stati condotti dinnanzi alla giustizia. In tutto
il Paese il numero delle strutture di accoglienza per le donne a rischio di violenza è risultato
davvero esiguo.
A seguito delle congiunte attività di lobby esercitate dalle organizzazioni femminili, dal nuovo
codice penale sono state eliminate molte norme discriminatorie in base al genere. Tra le misure
positive introdotte vi sono l‟abolizione dell‟opportunità per il responsabile di uno stupro di vedersi
ridurre, rimandare o annullare la condanna nel caso in cui questi accetti di sposare la vittima;
l‟esplicito riconoscimento dello stupro coniugale quale reato; e la definizione di violenza familiare
prolungata e sistematica quale tortura.
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Discriminazione,emarginazione e Diritti delle Donne
Rapporti e missioni di AI
Turkey: From paper to practice – making change real, Memorandum to the Turkish Prime Minister
on the occasion of the visit to Turkey of a delegation led by Irene Khan, Amnesty International‟s
Secretary General (AI Index: EUR 44/001/2004)
Turkey: Restrictive laws, arbitrary application – the pressure on human rights defenders (AI Index:
EUR 44/002/2004)
Turkey: Women confronting family violence (AI Index: EUR 44/013/2004)
Europe and Central Asia – Summary of Amnesty International‟s concerns in the region, JanuaryJune 2004: Turkey (AI Index: EUR 01/005/2004)
Delegati di AI si sono recati in Turchia nei mesi di febbraio, giugno e dicembre. A febbraio la
Segretaria generale di AI ha incontrato importanti esponenti del governo, compreso il primo
ministro Recep Tayyip Erdoğan.
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CONVENZIONE SULL'ELIMINAZIONE DI OGNI FORMA DI DISCRIMINAZIONE NEI
CONFRONTI DELLA DONNA
Il testo della presente Convenzione è stato adottato dall'Assemblea generale dell'ONU il 18
dicembre 1979.
Gli Stati parti della presente Convenzione,
Visto lo Statuto delle Nazioni Unite che riafferma la fede nei diritti fondamentali dell'uomo, nella
dignità e nel valore della persona umana e nella uguaglianza dei diritti dell'uomo e della donna,
Vista la Dichiarazione universale dei diritti umani che afferma il principio della non
discriminazione e dichiara che tutti gli esseri umani nascono liberi ed uguali in dignità e diritto e
che a ciascuno spettano tutti i diritti e tutte le libertà ivi enunciate senza distinzione alcuna, in
particolare basata sul sesso,
Visto che gli Stati firmatari dei Patti internazionali sui diritti umani hanno il dovere di garantire
l'uguaglianza dei diritti dell'uomo e della donna nell'esercizio di tutti i diritti economici, sociali,
culturali, civili e politici,
Considerate le convenzioni internazionali concluse sotto l'egida dell'Organizzazione delle Nazioni
Unite e degli Istituti specializzati al fine di promuovere l'uguaglianza dei diritti dell'uomo e della
donna,
Tenute altresì presenti le risoluzioni, dichiarazioni e raccomandazioni adottate dall'Organizzazione
delle Nazioni Unite e dagli Istituti specializzati al fine di promuovere l'uguaglianza dei diritti
dell'uomo e della donna,
Preoccupati tuttavia di constatare che nonostante l'esistenza di tali strumenti le donne continuano ad
essere oggetto di gravi discriminazioni,
Ricordato che la discriminazione nei confronti della donna viola i principi dell'eguaglianza dei
diritti e del rispetto della dignità umana, ostacola la partecipazione della donna, alle stesse
condizioni dell'uomo alla vita politica, sociale, economica e culturale del suo paese, rende più
difficoltosa la crescita del benessere della società e della famiglia ed impedisce alle donne di servire
il loro paese e l'umanità tutta nella misura delle loro possibilità,
Preoccupati del fatto che, nelle zone di povertà le donne non accedono che in misura minima alla
nutrizione, ai servizi medici, all'educazione, alla formazione, alle possibilità di impiego ed alla
soddisfazione di altre necessità,
Convinti che l'instaurazione di un nuovo ordine economico internazionale basato sull'equità e sulla
giustizia contribuirà in maniera significativa a promuovere l'uguaglianza tra l'uomo e la donna,
Sottolineato che l'eliminazione dell'apartheid, di ogni forma di razzismo, di discriminazione razziale
di colonialismo, di neo-colonialismo, d'aggressione, d'occupazione, dominio straniero o ingerenza
negli affari interni degli Stati è indispensabile perché uomini e donne possano pienamente godere
dei loro diritti,
Affermato che il rafforzamento della pace e della sicurezza internazionali, l'attenuarsi della tensione
internazionale, la cooperazione tra tutti gli Stati, indipendentemente dai loro sistemi sociali ed
90
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Discriminazione,emarginazione e Diritti delle Donne
economici, il disarmo generale e completo e, in particolare, il disarmo nucleare sotto controllo
internazionale rigoroso ed efficace, l'affermazione dei principi della giustizia, dell'uguaglianza e del
reciproco interesse nelle relazioni tra paesi nonché la realizzazione del diritto dei popoli - soggetti a
dominio straniero e coloniale o ad occupazione straniera all'autodeterminazione e all'indipendenza,
il rispetto della sovranità nazionale e dell'integrità territoriale favoriranno il progresso sociale e lo
sviluppo e contribuiranno di conseguenza alla realizzazione della piena parità tra uomo e donna,
Convinti che lo sviluppo completo di un paese, il benessere del mondo intero e la causa della pace
esigono la partecipazione totale delle donne, in condizioni di parità con l'uomo, in tutti i campi,
Tenuta presente l'importanza del contributo delle donne al benessere della famiglia ed al progresso
della società, che finora non è stato pienamente riconosciuto, l'importanza del ruolo sociale della
maternità e del ruolo dei genitori nella famiglia e nell'educazione dei figli, e consapevoli del fatto
che il ruolo procreativo della donna non deve essere all'origine di discriminazioni e che l'educazione
dei fanciulli richiede una suddivisione di responsabilità tra uomini, donne e società nel suo insieme,
Consapevoli che il ruolo tradizionale dell'uomo nella famiglia e nella società deve evolversi insieme
a quello della donna se si vuole effettivamente addivenire ad una reale parità tra uomo e donna,
Risoluti a mettere in opera i principi enunciati nella Dichiarazione sull'eliminazione della
discriminazione nei confronti della donna e, a questo fine, ad adottare le misure necessarie a
sopprimere tale discriminazione in ogni sua forma e ogni sua manifestazione,
Convengono quanto segue:
PARTE PRIMA
Articolo 1
Ai fini della presente Convenzione, l'espressione “discriminazione nei confronti della donna”
concerne ogni distinzione esclusione o limitazione basata sul sesso, che abbia come conseguenza, o
come scopo, di compromettere o distruggere il riconoscimento, il godimento o l'esercizio da parte
delle donne, quale che sia il loro stato matrimoniale, dei diritti umani e delle libertà fondamentali in
campo politico, economico, sociale, culturale e civile o in ogni altro campo, su base di parità tra
l'uomo e la donna.
Articolo 2
Gli Stati parti condannano la discriminazione nei confronti della donna in ogni sua forma,
convengono di perseguire, con ogni mezzo appropriato e senza indugio, una politica tendente ad
eliminare la discriminazione nei confronti della donna, e, a questo scopo, si impegnano a:
a.
iscrivere nella loro costituzione nazionale o in ogni altra disposizione legislativa appropriata,
il principio dell'uguaglianza tra uomo e donna, se questo non è ancora stato fatto, e garantire per
mezzo della legge, o con ogni altro mezzo appropriato, l'applicazione effettiva del suddetto
principio;
b.
adottare le misure legislative e ogni altro mezzo adeguato, comprese, se necessario, le
sanzioni tendenti a proibire ogni discriminazione nei confronti delle donne;
c.
instaurare una protezione giuridica dei diritti delle donne su un piede di parità con gli uomini
al fine di garantire, attraverso i tribunali nazionali competenti ed altre istanze pubbliche, l'effettiva
protezione delle donne da ogni atto discriminatorio;
d.
astenersi da qualsiasi atto o pratica discriminatoria nei confronti della donna ed agire in
maniera da indurre autorità ed enti pubblici a conformarsi a tale obbligo;
91
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Discriminazione,emarginazione e Diritti delle Donne
e.
prendere ogni misura adeguata per eliminare la discriminazione praticata nei confronti della
donna da persone, organizzazioni o enti di ogni tipo;
f.
prendere ogni misura adeguata, comprese le disposizioni di legge, per modificare o abrogare
ogni legge, disposizione, regolamento, consuetudine o pratica che costituisca discriminazione nei
confronti della donna;
g.
abrogare tutte le disposizioni penali che costituiscono discriminazione nei confronti della
donna.
Articolo 3
Gli Stati parti prendono in ogni campo, ed in particolare nei campi politico, sociale, economico e
culturale, ogni misura adeguata, incluse le disposizioni legislative, al fine di assicurare il pieno
sviluppo ed il progresso delle donne, e di garantire loro su una base di piena parità con gli uomini,
l'esercizio e il godimento dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali.
Articolo 4
1.
L'adozione, da parte degli Stati, di misure temporanee speciali, tendenti ad accelerare il
processo di instaurazione di fatto dell'eguaglianza tra gli uomini e le donne non è considerato atto
discriminatorio, secondo la definizione della presente Convenzione, ma non deve assolutamente dar
luogo al permanere di norme ineguali o distinte; suddette misure devono essere abrogate non
appena gli obiettivi in materia di uguaglianza, di opportunità e di trattamento, siano raggiunti.
2.
L'adozione da parte degli Stati di misure speciali, comprese le misure previste dalla presente
Convenzione, tendenti a proteggere la maternità, non è considerata un atto discriminatorio.
Articolo 5
Gli Stati prendono ogni misura adeguata:
a.
al fine di modificare gli schemi ed i modelli di comportamento socioculturale degli uomini e
delle donne e di giungere ad una eliminazione dei pregiudizi e delle pratiche consuetudinarie o di
altro genere, che siano basate sulla convinzione dell'inferiorità o della superiorità dell'uno o
dell'altro sesso o sull'idea di ruoli stereotipati degli uomini e delle donne
b.
al fine di far sì che l'educazione familiare contribuisca alla comprensione che la maternità è
una funzione sociale e che uomini e donne hanno responsabilità comuni nella cura di allevare i figli
e di assicurare il loro sviluppo, restando inteso che l'interesse dei figli è in ogni caso la
considerazione principale.
Articolo 6
Gli Stati prendono ogni misura adeguata, comprese le disposizioni legislative, per reprimere, in ogni
sua forma, il traffico e lo sfruttamento della prostituzione delle donne.
PARTE SECONDA
Articolo 7
Gli Stati parte prendono ogni misura adeguata ad eliminare la discriminazione nei confronti delle
donne nella vita politica e pubblica del paese ed, in particolare, assicurano loro, in condizioni di
parità con gli uomini, il diritto:
a.
di votare in tutte le elezioni ed in tutti i referendum pubblici e di essere eleggibili in tutti gli
organi pubblicamente eletti;
b.
di prendere parte all'elaborazione della politica dello Stato ed alla sua esecuzione, di
occupare gli impieghi pubblici e di esercitare tutte le funzioni pubbliche ad ogni livello di governo;
c.
di partecipare alle organizzazioni ed associazioni non governative che si occupano della vita
pubblica e politica del paese.
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Discriminazione,emarginazione e Diritti delle Donne
Articolo 8
Gli Stati parte prendono ogni misura adeguata affinché le donne, in condizione di parità con gli
uomini e senza discriminazione alcuna, abbiano la possibilità di rappresentare i loro governi a
livello internazionale e di partecipare ai lavori delle organizzazioni internazionali.
Articolo 9
1.
Gli Stati parte accordano alle donne diritti uguali a quelli degli uomini in materia di
acquisto, mutamento e conservazione della cittadinanza. In particolare, garantiscono che né il
matrimonio con uno straniero, né il mutamento di cittadinanza del marito nel corso del matrimonio
possa influire automaticamente sulla cittadinanza della moglie, sia rendendola apolide sia
trasmettendole la cittadinanza del marito.
2.
Gli Stati parte accordano alla donna diritti uguali a quelli dell'uomo in merito alla
cittadinanza dei loro figli.
PARTE TERZA
Articolo 10
Gli Stati parte prendono tutte le misure adeguate per eliminare la discriminazione nei confronti delle
donne al fine di assicurare loro gli stessi diritti degli uomini per quanto concerne l'educazione e, in
particolare, per garantire, su basi uguali tra l'uomo e la donna:
a.
le medesime condizioni di orientamento professionale, di accesso agli studi, di acquisizione
dei titoli negli istituti di insegnamento di ogni ordine e grado, tanto nelle zone rurali che nelle zone
urbane. L'uguaglianza deve essere garantita sia nell'insegnamento prescolastico, generale, tecnico,
professionale e superiore, sia in ogni altro ambito di formazione professionale;
b.
l'accesso agli stessi programmi, agli stessi esami, ad un personale docente avente le
qualifiche dello stesso grado, a locali scolastici e ad attrezzature della medesima qualità;
c.
l'eliminazione di ogni concezione stereotipata dei ruoli dell'uomo e della donna a tutti i
livelli e di ogni forma di insegnamento, incoraggiando l'educazione mista e altri tipi di educazione
che tendano a realizzare tale obiettivo e, in particolare, rivedendo i testi ed i programmi scolastici ed
adattando i metodi pedagogici in conformità;
d.
le medesime possibilità nel campo della concessione di borse e altre sovvenzioni di studio;
e.
le medesime possibilità di accesso ai programmi di educazione permanente, compresi i
programmi di alfabetizzazione per adulti e di alfabetizzazione funzionale, in particolare allo scopo
di ridurre nel più breve tempo la differenza di livello di istruzione che oggi esiste tra uomini e
donne;
f.
la riduzione del tasso d'abbandono femminile degli studi e l'organizzazione di programmi di
recupero per le bambine e le donne che hanno abbandonato prematuramente la scuola;
g.
le medesime possibilità di partecipare attivamente agli sports e all'educazione fisica;
h.
l'accesso alle specifiche informazioni di carattere educativo tendenti a garantire la salute ed
il benessere familiare, comprese le informazioni ed i consigli relativi alla pianificazione familiare.
Articolo 11
1.
Gli Stati parte si impegnano a prendere ogni misura adeguata al fine di eliminare la
discriminazione nei confronti della donna nel campo dell'impiego e di assicurare, sulla base della
parità tra uomo e donna, gli stessi diritti, in particolare:
a.
il diritto al lavoro, che è diritto inalienabile di ogni essere umano;
b.
il diritto ad usufruire delle medesime opportunità di impiego, inclusa l'adozione dei
medesimi criteri in materia di selezione nel campo dell'impiego;
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Discriminazione,emarginazione e Diritti delle Donne
c.
il diritto alla libera scelta della professione e dell'impiego, il diritto alla promozione, alla
stabilità dell'impiego ed a tutte le prestazioni e condizioni di lavoro, il diritto alla formazione
professionale ed all'aggiornamento professionale e alla formazione permanente;
d.
il diritto alla parità di remunerazione, comprese le prestazioni, ed all'uguaglianza di
trattamento per un lavoro di eguale valore, nonché il diritto all'uguaglianza di trattamento nel campo
della valutazione della qualità del lavoro;
e.
il diritto alla sicurezza sociale, alle prestazioni di pensionamento, di disoccupazione, di
malattia, di invalidità e di vecchiaia e per ogni altra perdita di capacità lavorativa, nonché il diritto
alle ferie pagate;
f.
il diritto alla tutela della salute ed alla sicurezza delle condizioni di lavoro, inclusa la tutela
della funzione riproduttiva.
2.
Per prevenire la discriminazione nei confronti delle donne a causa del loro matrimonio o
della loro maternità e garantire il loro diritto effettivo al lavoro, gli Stati parte si impegnano a
prendere misure appropriate tendenti a:
a.
proibire, sotto pena di sanzione, il licenziamento per causa di gravidanza o di congedo di
maternità e la discriminazione nei licenziamenti fondata sullo stato matrimoniale;
b.
istituire la concessione di congedi di maternità pagati o che diano diritto a prestazioni sociali
corrispondenti, con la garanzia di mantenimento dell'impiego precedente, dei diritti di anzianità e
dei vantaggi sociali;
c.
incoraggiare l'istituzione di servizi sociali di sostegno necessari affinché i genitori possano
conciliare i loro obblighi familiari con le responsabilità professionali e la partecipazione alla vita
pubblica, in particolare favorendo l'istituzione e lo sviluppo di una rete di asili-nido;
d.
assicurare una protezione speciale alle donne incinte per le quali è stato dimostrato che il
lavoro è nocivo.
3.
Le leggi di tutela della donna, nei settori considerati dal presente articolo, saranno riviste
periodicamente in funzione delle conoscenze scientifiche e tecniche e saranno sottoposte a
revisione, abrogazione o rinnovo, a seconda delle necessità.
Articolo 12
1.
Gli Stati parte prenderanno tutte le misure adeguate per eliminare la discriminazione nei
confronti delle donne nel campo delle cure sanitarie al fine di assicurare loro, in condizione di parità
con gli uomini, i mezzi per accedere ai servizi sanitari, compresi quelli che si riferiscono alla
pianificazione familiare.
2.
Nonostante quanto disposto nel paragrafo 1 del presente articolo, gli Stati parte forniranno
alle donne, durante la gravidanza, al momento del parto e dopo il parto, i servizi appropriati e, se
necessario, gratuiti, ed una alimentazione adeguata sia durante la gravidanza che durante
l'allattamento.
Articolo 13
Gli Stati parte si impegnano a prendere tutte le misure adeguate per eliminare la discriminazione nei
confronti delle donne negli altri campi della vita economica e sociale, al fine di assicurare, sulla
base dell'uguaglianza tra l'uomo e la donna, i medesimi diritti ed in particolare:
a.
il diritto agli assegni familiari;
b.
il diritto ad ottenere prestiti bancari, prestiti ipotecari ed altre forme di credito finanziario;
c.
il diritto di partecipare alle attività ricreative, agli sports ed a tutte le forme di vita culturale.
Articolo 14
1.
Gli Stati parte tengono conto dei problemi particolari che sono propri delle donne delle zone
rurali e del ruolo importante che queste donne hanno per la sopravvivenza economica della loro
famiglia, particolarmente grazie al loro lavoro nei settori non monetari dell'economia, e prendono
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ogni misura adeguata per garantire l'applicazione delle disposizioni della presente Convenzione alle
donne delle zone rurali.
2.
Gli Stati parte prendono ogni misura adeguata per eliminare la discriminazione nei confronti
delle donne nelle zone rurali al fine di assicurare, su base di parità tra uomo e donna, la loro
partecipazione allo sviluppo rurale ed ai suoi benefici, in particolare garantendo loro il diritto:
a.
di partecipare pienamente all'elaborazione ed all'esecuzione dei piani di sviluppo ad ogni
livello;
b.
di poter accedere a servizi appropriati nel campo della sanità, comprese le informazioni, i
consigli ed i servizi in materia di pianificazione familiare;
c.
di beneficiare direttamente dei programmi di sicurezza sociale;
d.
di ricevere ogni tipo di formazione e di educazione, scolastica e non, compresi i programmi
di alfabetizzazione funzionale e di poter beneficiare di tutti i servizi comunitari e di
volgarizzazione, anche per accrescere le loro competenze tecniche;
e.
di organizzare gruppi di mutuo soccorso e cooperative, al fine di consentire l'uguaglianza di
opportunità nel campo economico sia per il lavoro salariato che per il lavoro autonomo;
f.
di partecipare ad ogni attività comunitaria;
g.
d'aver accesso al credito ed ai prestiti agricoli, ai servizi di commercializzazione ed alle
tecnologie adeguate; nonché di ricevere un trattamento eguale nelle riforme fondiarie ed agrarie e
nei progetti di pianificazione rurale;
h.
di beneficiare di condizioni di vita decenti, in particolare per quanto concerne l'alloggio, il
risanamento, la fornitura dell'acqua e dell'elettricità, i trasporti e le comunicazioni.
PARTE QUARTA
Articolo 15
1.
Gli Stati parte riconoscono alla donna la parità con l'uomo di fronte alla legge.
2.
Gli Stati parte riconoscono alla donna, in materia civile, una capacità giuridica identica a
quella dell'uomo e le medesime possibilità di esercitare tale capacità. Le riconoscono in particolare
diritti eguali per quanto concerne la conclusione di contratti e l'amministrazione dei beni,
accordandole il medesimo trattamento in tutti gli stadi del procedimento giudiziario.
3.
Gli Stati parte convengono che ogni contratto e ogni altro strumento privato, di qualunque
tipo esso sia, avente un effetto giuridico diretto a limitare la capacità giuridica della donna, deve
essere considerato nullo.
4.
Gli Stati parte riconoscono all'uomo e alla donna i medesimi diritti nel campo della
legislazione relativa al diritto che ogni individuo ha di circolare liberamente e di scegliere la propria
residenza o domicilio.
Articolo 16
1.
Gli Stati parte prendono tutte le misure adeguate per eliminare la discriminazione nei
confronti della donna in tutte le questioni derivanti dal matrimonio, e nei rapporti familiari e, in
particolare, assicurano, in condizioni di parità con gli uomini:
a.
lo stesso diritto di contrarre matrimonio;
b.
lo stesso diritto di scegliere liberamente il proprio congiunto e di contrarre matrimonio
soltanto con libero e pieno consenso;
c.
gli stessi diritti e le stesse responsabilità nell'ambito del matrimonio ed nell'anno del suo
scioglimento;
d.
gli stessi diritti e le stesse responsabilità come genitori, indipendentemente dalla situazione
matrimoniale, nelle questioni che si riferiscono ai figli. In ogni caso, l'interesse dei figli sarà la
considerazione preminente;
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e.
gli stessi diritti di decidere liberamente, e con cognizione di causa, il numero e l'intervallo
delle nascite, e di accedere alle informazioni, all'educazione ed ai mezzi necessari per esercitare tali
diritti;
f.
i medesimi diritti e responsabilità in materia di tutela, curatela, affidamento ed adozione di
minori, o simili istituti allorché questi esistano nella legislazione nazionale. In ogni caso, l'interesse
dei fanciulli sarà la considerazione preminente;
g.
gli stessi diritti personali al marito e alla moglie, compresa la scelta del cognome, di una
professione o di una occupazione;
h.
gli stessi diritti ad ambedue i coniugi in materia di proprietà, di acquisizione, gestione,
amministrazione, godimento e disponibilità dei beni, tanto a titolo gratuito quanto oneroso.
2.
I fidanzamenti ed i matrimoni tra fanciulli non avranno effetto giuridico e tutte le misure
necessarie, comprese le disposizioni legislative, saranno prese al fine di fissare un'età minima per il
matrimonio, rendendo obbligatoria l'iscrizione del matrimonio su un registro ufficiale.
PARTE QUINTA
Articolo 17
1.
Al fine di esaminare i progressi realizzati nell'applicazione della presente Convenzione,
viene istituito un Comitato per l'eliminazione della discriminazione nei confronti della donna (qui di
seguito detto il Comitato) composto, al momento dell'entrata in vigore della Convenzione, di 18, e
dopo la ratifica o l'adesione del trentacinquesimo Stato parte, di 23 esperti di alta autorità morale ed
eminentemente competenti nel campo nel quale si applica la presente Convenzione, eletto dagli
Stati parte tra i loro cittadini e che siederanno a titolo personale, tenendo conto del principio di una
equa ripartizione geografica e della rappresentatività delle diverse forme di cultura e dei principali
sistemi giuridici.
2.
I membri del Comitato sono eletti a scrutinio segreto su una lista di candidati designati dagli
Stati parte. Ciascuno Stato parte può designare un candidato scelto tra i suoi cittadini.
3.
La prima elezione ha luogo sei mesi dopo la data di entrata in vigore della presente
Convenzione. Almeno tre mesi prima della data di ciascuna elezione, il Segretario generale
dell'Organizzazione delle Nazioni Unite indirizza una lettera agli Stati parte per invitarli a proporre
le loro candidature entro due mesi. Il Segretario generale stabilisce un elenco in ordine alfabetico di
tutti i candidati, con l'indicazione degli Stati dai quali sono stati designati, e comunica la lista degli
Stati parti.
4.
I membri del Comitato sono eletti nel corso di una riunione degli Stati parte convocata dal
Segretario Generale nella sede dell'Organizzazione delle Nazioni Unite. A questa riunione, dove il
quorum è costituito dai due terzi degli Stati parte, vengono eletti membri del Comitato i candidati
che hanno ottenuto il maggior numero di voti e la maggioranza assoluta dei voti dei rappresentanti
degli Stati parte presenti e votanti.
5.
I membri del Comitato sono eletti per quattro anni. Tuttavia, il mandato di nove dei membri
eletti alla prima elezione, terminerà dopo due anni. Il Presidente estrarrà a sorte i nome di questi
nove membri immediatamente dopo la prima elezione.
6.
L'elezione dei cinque membri aggiunti del Comitato verrà effettuata in conformità alle
disposizioni contenute nei paragrafi 2, 3 e 4 del presente articolo, in seguito alla trentacinquesima
ratifica o adesione. Il mandato di due dei membri aggiunti eletti in questa occasione terminerà dopo
due anni. Il nome di questi due membri sarà estratto a sorte dal Presidente del Comitato.
7.
Per coprire le vacanze fortuite, lo Stato parte il cui esperto ha cessato di esercitare le proprie
funzioni di membro del Comitato nominerà un altro esperto tra i suoi cittadini, con riserva di
approvazione da parte del Comitato.
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8.
I membri del Comitato riceveranno, con l'approvazione dell'Assemblea generale, degli
emolumenti prelevati dalle risorse dell'Organizzazione delle Nazioni Unite alle condizioni fissate
dall'Assemblea considerata l'importanza delle funzioni del Comitato.
9.
Il Segretario generale dell'Organizzazione delle Nazioni Unite mette a disposizione del
Comitato il personale ed i mezzi materiali necessari per l'espletamento efficace delle funzioni che
gli sono affidate in virtù della presente Convenzione.
Articolo 18
1.
Gli Stati parte si impegnano a presentare al Segretario generale dell'Organizzazione delle
Nazioni Unite, per esame da parte del Comitato, un rapporto sulle misure di ordine legislativo,
giudiziario, amministrativo o di altro genere, che hanno adottato per dar seguito alle disposizioni
della presente Convenzione e sui progressi realizzati in merito:
a.
durante l'anno seguente all'entrata in vigore della Convenzione nello Stato interessato
b.
quindi ogni quattro anni, ovvero su richiesta del Comitato.
2.
I rapporti possono indicare i fattori e le difficoltà che influiscono sulle condizioni di
applicazione degli obblighi previsti dalla presente Convenzione.
Articolo 19
1.
Il Comitato adotta il proprio regolamento interno.
2.
Il Comitato elegge il proprio Ufficio per un periodo di due anni.
Articolo 20
1.
Il Comitato si riunisce normalmente durante un periodo di due settimane al massimo ogni
anno per esaminare i rapporti presentati in conformità all'art. 18 della presente Convenzione.
2.
Le sessioni del Comitato hanno luogo normalmente nella Sede dell'Organizzazione delle
Nazioni Unite o in altro luogo adatto stabilito dal Comitato stesso.
Articolo 21
1.
Il Comitato rende conto ogni anno all'Assemblea generale delle Nazioni Unite attraverso il
Consiglio economico e sociale delle Nazioni Unite, delle sue attività ed ha facoltà di formulare
suggerimenti e raccomandazioni generali basate sull'esame dei rapporti e delle informazioni
ricevute dagli Stati parti. Questi suggerimenti e raccomandazioni sono inclusi nel rapporto del
Comitato, accompagnati, se del caso, dalle osservazioni degli Stati parte.
2.
Il Segretario generale trasmette, per informazione, i rapporti del Comitato alla Commissione
della condizione della donna.
Articolo 22
Gli istituti specializzati hanno diritto di essere rappresentati in occasione dell'esame
dell'applicazione di ogni disposizione della presente Convenzione che rientri nell'ambito delle loro
competenze. Il Comitato può invitare gli Istituti specializzati a presentare dei rapporti
sull'applicazione della Convenzione nei campi che rientrano nell'ambito delle loro attività.
PARTE SESTA
Articolo 23
Nessuna disposizione della presente Convenzione pregiudicherà le disposizioni più favorevoli per
realizzare l'uguaglianza tra l'uomo e la donna che possono essere contenute:
a.
nella legislazione di uno Stato parte, oppure
b.
in ogni altra Convenzione, trattato o accordo internazionale in vigore in tale Stato.
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Articolo 24
Gli Stati parti si impegnano ad adottare ogni misura necessaria, sul piano nazionale, a garantire il
pieno esercizio dei diritti riconosciuti nella presente Convenzione.
Articolo 25
1.
La presente Convenzione è aperta alla firma di tutti gli Stati.
2.
Il Segretario generale dell'Organizzazione delle Nazioni Unite è designato come depositario
della presente Convenzione.
3.
La presente Convenzione è soggetta a ratifica e gli strumenti di ratifica saranno depositati
presso il Segretario generale dell'Organizzazione delle Nazioni Unite.
4.
La presente Convenzione sarà aperta all'adesione di tutti gli Stati. L'adesione si effettuerà
con il deposito degli strumenti di adesione presso il Segretario generale dell'Organizzazione delle
Nazioni Unite.
Articolo 26
1.
Ogni Stato parte può chiedere, in qualsiasi momento, la revisione della presente
Convenzione indirizzando una comunicazione scritta in tale senso al Segretario generale
dell'Organizzazione delle Nazioni Unite.
2.
L'Assemblea generale delle Nazioni Unite decide sulle misure da prendere, se del caso, in
merito ad una richiesta di questo tipo.
Articolo 27
1.
La presente Convenzione entrerà in vigore il trentesimo giorno dalla data del deposito presso
il Segretario generale dell'Organizzazione delle Nazioni Unite del ventesimo strumento di ratifica o
di adesione.
2.
Per ciascuno degli Stati che ratificheranno la presente Convenzione o che vi aderiranno dopo
il deposito del ventesimo strumento di ratifica o di adesione, la Convenzione entrerà in vigore dopo
trenta giorni dalla data del deposito dello strumento di ratifica o d'adesione dello Stato medesimo.
Articolo 28
1.
Il Segretario generale dell'Organizzazione delle Nazioni Unite riceverà, e comunicherà a
tutti gli Stati il testo delle riserve che saranno state fatte al momento della ratifica o dell'adesione.
2.
Non sarà autorizzata nessuna riserva incompatibile con l'oggetto e lo scopo della presente
Convenzione.
3.
Le riserve potranno essere ritirate in qualsiasi momento per mezzo di notifica indirizzata al
Segretario generale dell'Organizzazione delle Nazioni Unite, che informerà tutti gli Stati parti della
Convenzione. La notifica avrà effetto alla data di ricezione.
Articolo 29
1.
Ogni controversia tra due o più Stati parte concernente l'interpretazione o l'applicazione
della presente Convenzione che non sia regolata per via negoziale, sarà sottoposta ad arbitrato, a
richiesta di una delle parti. Se nei sei mesi che seguono la data della domanda di arbitrato le parti
non giungono ad un accordo sull'organizzazione dell'arbitrato, una qualsiasi delle parti può
sottoporre la controversia alla Corte internazionale di giustizia, depositando una richiesta conforme
allo Statuto della Corte.
2.
Ogni Stato parte potrà dichiarare, al momento della firma, della ratifica o dell'adesione alla
presente Convenzione che non si considera vincolato alle disposizioni del paragrafo 1 del presente
articolo. Gli altri Stati parti non saranno vincolati dalle suddette disposizioni nei confronti di uno
Stato parte che avrà formulato tali riserve.
98
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Discriminazione,emarginazione e Diritti delle Donne
3.
Ogni Stato parte che avrà formulato una riserva in conformità alle disposizioni del paragrafo
2 del presente articolo, potrà, in qualsiasi momento togliere tale riserva, per mezzo di una notifica
indirizzata al Segretario generale dell'Organizzazione delle Nazioni Unite.
Articolo 30
La presente Convenzione, i cui testi, inglese, arabo, cinese, spagnolo, francese e russo fanno
ugualmente fede, sarà depositata presso il Segretario generale dell'Organizzazione delle Nazioni
Unite.
In fede di che i sottoscritti deliberatamente autorizzati hanno firmato la presente Convenzione.
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Discriminazione,emarginazione e Diritti delle Donne
CONVENZIONE SULL'ELIMINAZIONE DI OGNI FORMA DI DISCRIMINAZIONE NEI
CONFRONTI DELLA DONNA
PROTOCOLLO FACOLTATIVO ALLA CONVENZIONE
Il seguente Protocollo Facoltativo è stato approvato dall‟Assemblea Generale delle Nazioni Unite
mediante la risoluzione A/RES/54/4 del 15 ottobre 1999.
Gli Stati parti del presente Protocollo
Visto lo Statuto delle Nazioni Unite che riafferma la propria fiducia nei diritti umani fondamentali,
nella dignità e nel valore della persona umana e sull‟uguaglianza dei diritti fra uomini e donne,
Visto altresì che la Dichiarazione Universale dei Diritti Umani afferma che tutti gli esseri umani
nascono liberi e uguali per dignità e diritti e che, pertanto, ognuno di essi ha la facoltà di beneficiare
di tutti i diritti e le libertà in essa citati, senza distinzioni di nessun genere, nemmeno quelle fondate
sul genere sessuale,
Ricordando che la Convenzione Internazionale sui Diritti Umani e altri documenti giuridici
internazionali sui diritti umani proibiscono la discriminazione basata sul sesso,
Ricordando inoltre la Convenzione sull‟Eliminazione di Tutte le Forme di Discriminazione contro
le Donne (che da ora in avanti sarà definita “la Convenzione”), nella quale gli Stati parti
condannano la discriminazione nei confronti delle donne in tutte le sue forme e concordano sulla
necessità di perseguire con tutti i mezzi appropriati e senza ritardi una politica per l‟eliminazione
della discriminazione nei confronti delle donne,
Riaffermando la propria determinazione a garantire il pieno e paritario godimento di tutti i diritti
umani e di tutte le libertà fondamentali da parte delle donne e di assumere delle misure efficaci per
prevenire le violazioni di tali libertà e diritti,
hanno concordato quanto segue:
Articolo 1
Uno Stato parte del presente Protocollo (che da ora in avanti sarà definito “Stato Parte”) riconosce
la competenza del Comitato sull‟Eliminazione della Discriminazione nei confronti delle Donne (che
da ora in avanti sarà definito “il Comitato”) a ricevere e prendere in esame le comunicazioni ad esso
presentate in conformità con quanto previsto dal successivo articolo 2.
Articolo 2
Le comunicazioni potranno essere presentate a titolo individuale o a nome di gruppi di persone, le
quali rientrino nella giurisdizione di uno Stato Parte, che denuncino di essere state vittime della
violazione di uno qualsiasi dei diritti esposti nella Convenzione dallo Stato parte in questione.
Laddove una comunicazione venga presentata per conto di un individuo o di un gruppo di persone,
questo avverrà con il loro consenso a meno che, nel caso di una mancanza di tale consenso, l‟autore
della comunicazione non possa comunque dimostrare di agire in sua, o loro, rappresentanza,.
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Discriminazione,emarginazione e Diritti delle Donne
Articolo 3
Le comunicazioni saranno sempre presentate in forma scritta e non potranno mai essere anonime.
Nessuna comunicazione verrà accettata dal Comitato nel caso in cui essa riguardi uno Stato Parte
alla Convenzione che non sia parte del presente Protocollo.
Articolo 4
1.
Il Comitato non prenderà in esame alcuna comunicazione a meno che esso non abbia
accertato che tutti i possibili rimedi disponibili a livello nazionale siano stati esauriti o che
l‟applicazione di tali rimedi venga prolungata irragionevolmente o non possa verosimilmente
portare a una soluzione efficace.
2.
Il Comitato dichiarerà inammissibile una comunicazione nel caso in cui:
(i)
La medesima questione sia già stata esaminata dal Comitato o sia stata o debba essere presa
in esame in base a un‟altra procedura di indagine o di accordo;
(ii)
sia incompatibile con le clausole della Convenzione;
(iii) sia manifestamente infondata o non sufficientemente fondata;
(iv)
rappresenti un caso di uso non corretto del diritto di presentare una comunicazione;
(v)
i fatti cui si riferisce la comunicazione si siano verificati prima dell‟entrata in vigore di
questo Protocollo per gli Stati Parte interessati, a meno che tali fatti non siano continuati anche
dopo tale data.
Articolo 5
1.
In un qualunque momento successivo al ricevimento di una comunicazione e prima che sia
stata raggiunta una determinazione in proposito, il Comitato potrà trasmettere allo Stato Parte
interessato una richiesta che dovrà essere esaminata con urgenza affinché lo Stato parte in questione
assuma quei provvedimenti temporanei che possano rendersi necessari onde evitare alla vittima o
alle vittime della violazione incriminata dei danni eventualmente irreparabili.
2.
Laddove, in conformità con quanto disposto dal paragrafo 1 del presente articolo, il
Comitato eserciti la propria discrezionalità, questo non implicherà alcuna decisione in merito
all‟ammissibilità o al valore della comunicazione stessa.
Articolo 6
1.
A meno che il Comitato non reputi inammissibile una comunicazione senza consultarsi con
lo Stato Parte interessato, e a condizione che l‟individuo o gli individui acconsentano a rivelare la
propria identità allo Stato Parte, il Comitato sottoporrà confidenzialmente all‟attenzione dello Stato
stesso qualunque comunicazione che gli sia stata presentata in conformità con quanto disposto dal
presente Protocollo.
2.
Entro il termine di sei mesi lo Stato Parte che abbia ricevuto una comunicazione dovrà
presentare al Comitato delle spiegazioni scritte o un rapporto in merito all‟argomento in discussione
e ai rimedi che possano essere stati attuati dallo Stato in questione.
Articolo 7
1.
Il Comitato prenderà in esame le comunicazioni ricevute in conformità con quanto previsto
dal presente Protocollo alla luce di tutte le informazioni che saranno state messe a sua disposizione
a titolo individuale o in rappresentanza di gruppi di individui e dallo Stato Parte interessato,
provvedendo che tali informazioni vengano trasmesse alle parti interessate.
2.
Nel prendere in esame le comunicazioni presentate in conformità con quanto disposto dal
presente Protocollo il Comitato dovrà svolgere riunioni ristrette.
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3.
Dopo aver preso in esame una comunicazione, il Comitato trasmetterà alle parti in causa il
proprio parere in proposito, unitamente a eventuali raccomandazioni.
4.
Lo Stato Parte darà la debita considerazione al parere espresso dal Comitato, come pure alle
sue raccomandazioni, e dovrà presentare al Comitato, entro il termine di sei mesi, una risposta
scritta comprendente le azioni eventualmente assunte alla luce del parere e delle raccomandazioni
avanzate dal Comitato.
5.
Il Comitato potrà invitare lo Stato Parte a fornire ulteriori delucidazioni in merito alle
misure che lo Stato Parte abbia assunto per soddisfare il parere o le raccomandazioni avanzate dal
Comitato stesso, nel caso in cui ne siano state espresse, comprendendo quanto venga giudicato
appropriato da parte del Comitato, nel successivo rapporto presentato dallo Stato Parte in
conformità con quanto previsto dall‟articolo 18 della Convenzione.
Articolo 8
1.
Nel caso in cui il Comitato riceva informazioni attendibili indicanti che uno Stato Parte
abbia perpetrato delle violazioni gravi o sistematiche dei diritti esposti nella Convenzione, il
Comitato inviterà quello Stato a collaborare alla verifica dell‟informazione e, a tale scopo, a
presentare le proprie osservazioni in merito all‟informazione in questione.
2.
Nel prendere in esame qualsiasi osservazione che possa essere stata presentata dallo Stato
Parte interessato, come pure qualunque altra informazione attendibile disponibile, il Comitato potrà
designare uno o più dei suoi membri affinché conducano un‟inchiesta e riferiscano urgentemente in
proposito al Comitato stesso. Nel caso in cui ciò sia stato autorizzato e abbia ottenuto il consenso
dello Stato Parte, l‟inchiesta potrà prevedere anche una visita sul territorio dello Stato stesso.
3.
Dopo aver verificato i risultati di tale inchiesta, il Comitato li trasmetterà allo Stato Parte
interessato, unitamente ai propri commenti e raccomandazioni.
4.
Lo Stato parte interessato dovrà, entro il termine di sei mesi dalla data di ricevimento dei
risultati dell‟inchiesta, dei commenti e delle raccomandazioni trasmesse dal Comitato, presentare al
Comitato le proprie considerazioni in proposito.
5.
Tale inchiesta dovrà essere condotta in modo confidenziale e la cooperazione dello Stato
parte dovrà essere ricercata in tutti gli stadi dell‟indagine.
Articolo 9
1.
In conformità con quanto disposto dall‟articolo 18 della Convenzione, il Comitato potrà
invitare lo Stato Parte interessato a includere nel proprio rapporto i particolari relativi ad eventuali
misure assunte a seguito di una inchiesta condotta conformemente all‟articolo 8 del presente
Protocollo.
2. Al termine del periodo di sei mesi cui si fa riferimento nell‟articolo 8.4, il Comitato potrà, se
necessario, invitare lo Stato Parte interessato a informarlo in merito alle misure deliberate in
conseguenza dell‟inchiesta condotta dal Comitato stesso.
Articolo 10
1.
Ciascuno degli Stati Parte potrà, al momento della firma o della ratifica di questo Protocollo
o al momento della sua adesione, dichiarare di non riconoscere la competenza del Comitato per
quanto riguarda gli articoli 8 e 9.
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2. Qualunque Stato Parte che abbia presentato una dichiarazione conforme con quanto disposto dal
paragrafo 1 del presente articolo potrà, in qualunque momento, recedere dalla sua posizione
semplicemente dandone comunicazione al Segretario Generale delle Nazioni Unite.
Articolo 11
Uno Stato Parte dovrà assumere tutte le misure appropriate per garantire che le persone che
rientrano nella sua giurisdizione non siano soggette a maltrattamenti o intimidazioni in conseguenza
di comunicazioni presentate al Comitato in conformità con il presente Protocollo.
Articolo 12
Conformemente a quanto disposto dall‟articolo 21 della Convenzione, il Comitato includerà nel suo
rapporto annuale un riassunto delle attività svolte in conformità al presente Protocollo.
Articolo 13
Ciascuno Stato Parte si impegna a diffondere e divulgare la Convenzione e il presente Protocollo e a
facilitare l‟accesso alle informazioni relative ai pareri e alle raccomandazioni avanzate dal
Comitato, in particolare per quelle questioni che coinvolgano direttamente lo Stato stesso.
Articolo 14
Il Comitato designera` le proprie norme procedurali che dovranno essere seguite nell‟esercizio delle
funzioni ad esso conferite in base al presente Protocollo.
Articolo 15
1.
Il presente Protocollo sarà aperto alla firma di qualunque Stato che abbia sottoscritto,
ratificato o accettato la Convenzione.
2.
Il presente Protocollo sarà soggetto a ratifica da parte di qualunque Stato che abbia ratificato
o aderito alla Convenzione. I documenti ufficiali per la ratifica saranno depositati presso il
Segretario Generale delle Nazioni Unite.
3.
Potrà aderire al presente Protocollo qualunque Stato che abbia ratificato o aderito alla
Convenzione.
4.
L‟adesione sarà realizzata mediante il deposito di un documento ufficiale di adesione presso
il Segretario Generale delle Nazioni Unite.
Articolo 16
1.
Il presente Protocollo entrerà in vigore tre mesi dopo che, presso il Segretario Generale delle
Nazioni Unite, sia stato depositato il decimo documento ufficiale di ratifica o adesione.
2.
Il presente Protocollo diverrà giuridicamente vincolante per qualunque Stato che lo ratifichi
o aderisca ad esso dopo la sua entrata in vigore, tre mesi dopo la data di deposito del documento
ufficiale di ratifica o adesione.
Articolo 17
Non sarà consentita alcuna limitazione al presente Protocollo.
Articolo 18
1.
Qualunque Stato Parte potrà proporre un emendamento al presente Protocollo e depositarlo
presso il Segretario Generale delle Nazioni Unite. Il Segretario Generale informerà gli Stati parti su
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ogni emendamento proposto, richiedendo che essi gli notifichino se siano favorevoli o meno allo
svolgimento di una conferenza degli Stati parti per esaminare e mettere ai voti la proposta. Nel caso
in cui almeno un terzo degli Stati Parte sia favorevole a tale conferenza, il Segretario Generale
convocherà la conferenza sotto l‟egida delle Nazioni Unite. Qualunque emendamento adottato da
una maggioranza degli Stati Parte presenti alla conferenza e che abbiano espresso il proprio voto
dovrà essere sottoposta all‟Assemblea Generale delle Nazioni Unite per la necessaria approvazione.
2.
Gli emendamenti entreranno in vigore solo dopo essere stati approvati dall‟Assemblea
Generale delle Nazioni Unite e accettati da una maggioranza di due terzi degli Stati Parte al
presente Protocollo, in conformità con i rispettivi processi costituzionali.
3.
Nel momento in cui gli emendamenti entreranno in vigore essi diverranno legalmente
vincolanti per quegli Stati Parte che li abbiano accettati; gli altri Stati Parte continueranno a essere
vincolati alle clausole del presente Protocollo e ad eventuali emendamenti accettati
precedentemente.
Articolo 19
1.
Ogni Stato Parte potrà, in qualunque momento, denunciare il presente Protocollo mediante
una notifica scritta indirizzata al Segretario Generale delle Nazioni Unite. La denuncia entrerà in
vigore sei mesi dopo la data di ricevimento della notifica da parte del Segretario Generale.
2.
Le denunce non avranno alcun effetto sull‟applicazione delle clausole del presente
Protocollo relativamente a qualunque comunicazione che sia stata presentata prima della data
effettiva della denuncia, in conformità con quanto disposto dall‟articolo 2 o per qualsiasi indagine
che abbia avuto inizio in conformità con quanto previsto dall‟articolo 8.
Articolo 20
Il Segretario Generale delle Nazioni Unite informerà tutti gli Stati in merito a:
(a)
Firme, ratifiche e adesioni al presente Protocollo;
(b)
data di entrata in vigore del presente Protocollo e di qualunque altro emendamento secondo
quanto disposto dall‟articolo 18;
(c)
qualunque denuncia presentata ai sensi dell‟articolo 19.
Articolo 21
1.
Il presente Protocollo, i cui testi arabo, cinese, inglese, francese, russo e spagnolo fanno tutt e
ugualmente fede, verrà depositato presso gli archivi delle Nazioni Unite.
2.
Il Segretario Generale delle Nazioni Unite trasmetterà copie autentiche del presente
Protocollo a tutti gli Stati cui ci si riferisce nell‟articolo 25 della Convenzione.
Traduzione non ufficiale a cura del Centro di Informazione delle Nazioni Unite
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