2. il contratto di vendita di un pacchetto turistico.

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2. il contratto di vendita di un pacchetto turistico.
Il contratto di vendita di un pacchetto turistico
2. Il contratto di vendita di un pacchetto turistico.
2.1. Il “pacchetto turistico”.
Il contratto di vendita di un pacchetto turistico, come sopra evidenziato, Definizione
è disciplinato dagli artt. 34 ss. del nuovo Codice del turismo.
In particolare, l’art. 34 del Codice, riprendendo la definizione già con­
tenuta nell’art. 84 D.L.vo 206/2005, etichetta i “pacchetti turistici” come la
combinazione di almeno due elementi fra il trasporto, l’alloggio e i servizi
turistici non accessori al trasporto e all’alloggio (itinerari, visite ed escur­
sioni o altri specifici servizi concordati tra l’organizzatore o il venditore e
il consumatore).
Il venditore del pacchetto che effettui, in favore del consumatore, la
prenotazione della camera d’albergo, offre un servizio attinente all’allog­
gio, la cui remunerazione (l’onerosità del servizio è elemento essenziale
del contratto, come si ricava sia dalla disciplina generale della vendita,
sia dalla stretta correlazione posta dall’art. 34 cit. fra gli elementi costi­
tutivi del pacchetto turistico offerto o venduto e il loro prezzo a forfait)
può presumersi conglobata nel corrispettivo forfettario, che, normalmente,
comprende quanto occorre a ricompensare l’operatore commerciale per
la sua prestazione, la quale include, appunto, i contatti telefonici, i fax o i
collegamenti telematici necessari ad effettuare le prenotazioni.
Inoltre, il pacchetto turistico, ancorché articolato in varie mete, deve con­
siderarsi un prodotto unitario, che, come tale, resta assoggettato per intero alla
normativa in materia, poiché ciò che viene offerto e venduto al consumatore
è il viaggio o la vacanza complessivamente concepiti e non le loro singole
tappe, ossia l’insieme e non le sue parti, secondo un’opzione interpretativa
corroborata, oltre che dal tenore complessivo della disciplina sulla vendita
dei pacchetti turistici e dalla loro definizione legislativa, anche dalla specifica
indicazione offerta dall’art. 34, co. 2, del Codice del turismo, laddove dispone
che la separata fatturazione degli elementi di uno stesso pacchetto turistico non
sottrae l’organizzatore o il venditore ai loro obblighi.
Per quanto riguarda la forma del contratto, secondo l’art. 35 del Codice Forma del contratto
del turismo “il contratto di vendita di pacchetti turistici è redatto in forma
scritta in termini chiari e precisi. Al turista deve essere rilasciata una copia
del contratto stipulato e sottoscritto dall’organizzatore o venditore”.
Una parte della dottrina ritiene necessaria la forma scritta ad substantiam, ossia a pena di nullità: il rimedio contrattuale della nullità, si afferma,
è più consono ai principi dell’ordinamento, poiché le norme di un decreto
emesso in attuazione di una direttiva partecipano della sua stessa imperati­
vità [Carrassi, in Viaggi, vacanze e circuiti tutto compreso, a cura di Roppo,
in Nuove leggi civ., 1997, 1].
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Altri, invece, ritengono che la forma scritta sia richiesta soltanto ad
probationem [Pierallini, Viaggi, vacanze e circuiti tutto compreso. Primo
commento al decreto legislativo di attuazione della direttiva 90/314/CEE,
Roma, 1995, 31].
Una tesi ulteriore esclude la necessità sia della forma scritta ad substantiam, sia di quella ad probationem: la sola conseguenza posta a carico del­
l’organizzatore o del venditore per l’inosservanza degli obblighi di forma e
documentazione del contratto consisterebbero nella responsabilità dei soggetti
inadempienti per i danni che il consumatore abbia a subire dalla violazione
della norma di legge. A supporto di tale profilo viene invocato l’analogo caso
della sanzione risarcitoria a carico dell’organizzatore che non osservi le pre­
scrizioni relative alla redazione e consegna del documento di viaggio poste
dall’art. 7 della convenzione di Bruxelles sul contratto di organizzazione di
viaggio (Ccv) [Silingardi-Morandi, La tutela del turista nella disciplina comunitaria, in Riv. giur. circolaz. e trasp., 1997, suppl. al n. 6, 22].
La tesi della forma scritta ad substantiam è senza dubbio la più corretta.
Va premesso che, a tal fine, un’indagine non può arrestarsi al dato
meramente negativo del presunto carattere imperfetto della norma, ossia
dell’omessa previsione della nullità come conseguenza espressa del difetto
del requisito formale, non riuscendosi, per questa via, a fornire risposte
appaganti e risolutive sul significato e sulla portata del precetto legislativo,
netto e perentorio, circa l’obbligatorietà della forma scritta per i contratti di
tour package (“il contratto ... è redatto in forma scritta”), precetto al qua­
le l’interprete è invece tenuto a dare un preciso significato giuridico, non
potendo ritenerlo sic et simpliciter inoperante sul piano della coattività per
mancanza della contestuale norma sanzionatoria, tanto più se la sanzione
può ricollegarsi a disposizioni più generali.
Il riferimento immediato è, per quanto qui interessa, all’art. 1418, co. 2,
c.c., a tenore del quale la nullità del contratto è prodotta dalla mancanza di
uno dei requisiti indicati dall’art. 1325 c.c., fra i quali è compresa “la forma
quando risulta che è prescritta dalla legge sotto pena di nullità”.
È altrettanto noto che i casi di forma vincolata del contratto (atto pub­
blico o scrittura privata), a pena di nullità, sono, oltre quelli tipici espressa­
mente contemplati dall’art. 1350, nn. 1-12, c.c., tutti quegli altri “special­
mente indicati dalla legge” (art. 1350, n. 13, c.c.), per cui la perentorietà
della forma scritta sancita dal legislatore in ipotesi speciali, ancorché non
tipizzate dall’art. 1350 c.c., partecipa della sanzione della nullità prevista
dalla proposizione introduttiva dello stesso articolo in relazione a tutti gli
atti che devono farsi per iscritto.
Se, dunque, un valore giuridico preciso può e deve darsi alla formula­
zione dell’art. 35, co. 1, del Codice del turismo, esso va rinvenuto nell’ob­
Il contratto di vendita di un pacchetto turistico
bligatorietà della forma scritta per la validità del contratto di vendita dei
pacchetti turistici, dovendosi escludere la possibilità, pure sostenuta da
taluno in dottrina nel vigore dell’analoga disposizione prevista dal Codice
del consumo, che il dato testuale in esame, siccome carente della conte­
stuale previsione sanzionatoria della “nullità”, debba far propendere per la
soluzione della forma scritta ad probationem, laddove si consideri che il
precetto con il quale tal genere di forma viene imposto si traduce invariabil­
mente nell’obbligo espresso, nella specie del tutto insussistente, di “provare
per iscritto” un determinato tipo di atto negoziale (artt. 1659, 1888, 1967,
2556, 2581, 2596 c.c.).
Ma è, soprattutto, nella ricerca della ratio della disciplina speciale in
esame che prende respiro la convinzione che la nuova tipologia contrattua­
le sia assoggettata alla forma scritta ad substantiam.
In tale ottica, acquista primario rilievo l’indagine sulla funzione del­
l’atto negoziale, nel senso che l’onere della forma vincolata si ricollega
normalmente a esigenze di ordine generale e di valenza pubblica che il
legislatore intende garantire mediante l’aggravamento delle modalità di
formazione dell’accordo contrattuale, al fine di consentire ai contraenti
maggiori possibilità di conoscenza e di riflessione circa gli impegni assunti,
in considerazione della particolare gravità delle conseguenze che possono
derivarne o dell’elevata importanza politico-sociale ed economica della
materia di riferimento dell’affare o della posizione debole di una determi­
nata categoria di parti.
Nel caso dei contratti di vendita di pacchetti turistici appare inequivoca­
bile, per un verso, l’alto tasso di rilevanza del turismo nell’economia nazio­
nale e in quelle di tutti gli Stati membri della Comunità europea, e per altro
verso l’esigenza di tutela forte del consumatore, acquirente o cessionario
del pacchetto, l’uno e l’altro certamente avvertiti dal legislatore in base a
quanto si evince sia dalle premesse esplicative della direttiva 90/314/CEE,
sia da alcuni tratti caratterizzanti della disciplina nazionale di attuazione
(quali il necessario possesso, da parte di chi opera professionalmente nel
campo della vendita dei pacchetti, di determinati requisiti, soggetti al con­
trollo pubblico preventivo, in forma di autorizzazione regionale; la lunga e
minuziosa elencazione dei contenuti del contratto; i diritti di informazione
e di recesso del consumatore; l’obbligo di copertura assicurativa gravan­
te sull’organizzatore e sul venditore; l’istituzione di un fondo nazionale
di garanzia dei diritti economici del consumatore), da interpretarsi anche
alla luce della normativa comunitaria, fortemente permeata da una diffusa
istanza di protezione del consumatore, quale fattore di chiarezza e di omo­
geneizzazione delle discipline degli Stati membri nonché di realizzazione
effettiva del mercato comune (oltre alla menzionata direttiva n. 314, si pen­
si, fra le altre, alle direttive 85/577/CEE in materia di contratti negoziati fuori
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IL DANNO DA VACANZA ROVINATA
dai locali commerciali; 94/450/CE e 87/357/CEE in materia di pubblicità
ingannevole e di prodotti aventi apparenza diversa dalla realtà; 92/41/CE in
materia di immissione in commercio di prodotti del tabacco; 93/13/CE in
materia di clausole abusive nei contratti con i professionisti; 94/47/CE, in
materia di contratti di vendita delle “multiproprietà”).
Il principio dell’interpretazione del diritto nazionale comunque orientata
sul diritto comunitario vigente, nelle materie di competenza di quest’ultimo,
trova larga affermazione nella giurisprudenza della Corte di giustizia (sent.
14/7/1994, causa C-91/92; 16/12/1993, causa C-334/92), ed è stato persino
positivizzato dal legislatore italiano, con riferimento a materie comunitarie
(vedi, ad esempio, l’art. 1, co. 4, L. 287/1990, in tema di concorrenza).
In sintesi, se è vero che l’ordinamento comunitario punta ormai da
tempo, e non solo nel settore dei servizi turistici, a garantire condizioni di
uniformità e di trasparenza delle regole, a beneficio immediato e diretto
della più larga fascia degli utenti del mercato comune (i consumatori) e in
prospettiva della sua piena ed efficace attuazione, non può negarsi che il
modo più sicuro per conseguire quella garanzia è costituito, nella materia
di riferimento, dalla possibilità data al viaggiatore non tanto di dimostrare
l’esistenza del contratto al fine di far valere le sue ragioni in una futura sede
giudiziale, quanto di conoscere subito e con esattezza i contenuti qualifi­
canti dell’accordo concluso nonché i diritti e le obbligazioni conseguenti,
al fine di esperire con immediatezza tutti i rimedi previsti dalla legge, com­
presi quelli negoziali, stragiudiziali e precontenziosi. Il che risulta perfetta­
mente coerente con un sistema di stipulazione del contratto in cui la forma
scritta sia ad substantiam e non ad probationem.
Né la conclusione in tema di forma soffre della presunta fungibilità piena
del contratto scritto con ogni altra forma comprensibile e accessibile per il
consumatore prospettata dalla direttiva (art. 4, co. 2, lett. b), atteso che, una
volta acclarata la finalità di tutela del consumatore perseguita dal legislatore
comunitario, non v’è dubbio che lo Stato membro sia libero di adottare tutte
le misure utili al raggiungimento del risultato, compresa la prescrizione sulla
forma vincolata del contratto, siccome coerente con l’esigenza di tutela del
contraente protetto (Trib. Bari 8/8/2000, in Foro it., 2001, I, 2089).
2.1.1. La direttiva 90/314/CEE.
Viaggi
L’obiettivo primario della direttiva 90/314/CEE, riguardante i viaggi
tutto compreso “tutto compreso”, è stabilire le norme minime in merito alle informazioni
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che devono essere fornite al consumatore, i requisiti formali per i contratti di viaggio “tutto compreso”, le norme imperative da applicare alle
obbligazioni contrattuali (cancellazione, modifica, responsabilità civile de­
gli organizzatori e/o venditori dei viaggi “tutto compreso”, ecc.) e garantire,
pertanto, una reale tutela dei consumatori in caso di insolvenza o di falli­
mento dell’organizzatore del viaggio.
Il contratto di vendita di un pacchetto turistico
La direttiva include i viaggi organizzati da un’agenzia di viaggi su do­
manda del consumatore o di un gruppo ristretto di consumatori e confor­
memente alle loro richieste (Corte giustizia UE, 30-4-2002, n. 400/00).
La Corte di giustizia ha avuto occasione di pronunciarsi più volte sul­
l’interpretazione di talune disposizioni contenute nella direttiva suddetta.
Quanto all’ambito d’applicazione della normativa, la pronuncia Rechberger (sent. 15/6/1999, causa C-140/1997) vi ha fatto rientrare anche i viaggi
che, nell’ambito di un’azione pubblicitaria illegittima sotto il profilo nazionale
della concorrenza, erano stati offerti in omaggio da un quotidiano a esclusi­
vo vantaggio dei suoi abbonati e per i quali il contraente principale pagava,
se avesse viaggiato da solo, le tasse aeroportuali, nonché il supplemento per
camera singola, oppure, se fosse stato accompagnato da una persona tenuta a
pagare integralmente il prezzo del viaggio, unicamente le tasse aeroportuali;
per contro, la decisione Afs Intercultural Programs Finland ry (sent. 11/2/1999,
causa C-237/1997) ha ritenuto che la direttiva non si applichi a viaggi: a) che
consistono in scambi scolastici della durata approssimativa di sei mesi oppure
di un anno; b) che hanno come finalità il fatto che lo studente frequenti un
istituto scolastico in un paese ospitante affinché familiarizzi con la sua società e
con la sua cultura; c) durante i quali lo studente soggiorna gratuitamente presso
una famiglia ospitante, come se fosse un membro della stessa.
Particolare attenzione è stata rivolta all’art. 7 della direttiva, che impone
agli Stati membri l’obbligo di far sì che l’organizzatore o il venditore, parti
del contratto di viaggio, diano prove sufficienti di disporre di garanzie tali
da assicurare il rimborso dei fondi depositati o il rimpatrio del consumatore,
in caso di insolvenza o di fallimento di tali soggetti.
La citata sentenza Rechberger, con riferimento alla legislazione austria­
ca, ha statuito che l’art. 7 non può dirsi correttamente trasposto nel diritto
interno quando la norma nazionale di recepimento si limiti a imporre, per la
copertura del rischio, un contratto di assicurazione o una garanzia bancaria
con un capitale assicurato pari almeno al 5% del fatturato derivante dall’at­
tività dell’organizzatore nel corrispondente trimestre dell’anno precedente,
e prescriva a un organizzatore esordiente di basarsi sulla stima del fatturato
corrispondente all’attività prevista, senza prendere in considerazione gli
aumenti di fatturato che si verifichino nell’anno in corso.
La decisione Ambry (sent. 1/12/1998, causa C-410/1996), premesso che
l’art. 7 introduce un obbligo minimo, sì che nulla impedisce agli Stati mem­
bri di prevedere che le garanzie ivi menzionate debbano essere non solo
costituite, ma anche rese immediatamente operative in caso di rimpatrio
del viaggiatore, si è espressa nel senso della non compatibilità con il diritto
comunitario, di una normativa nazionale con cui si richiede, all’atto della
costituzione di garanzie finanziarie presso un istituto di credito o un’im­
presa di assicurazioni con sede in un altro Stato membro, che tale garante
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concluda un accordo supplementare con un istituto di credito o un’impresa
di assicurazioni con sede nel territorio nazionale.
La pronuncia Verein für Konsumenteninformation c. Österreichische
Kreditversicherungs AG (sent. 15/5/1998, causa C-364/1996), ha stabilito
che rientra nell’orbita dell’art. 7, a titolo di rimborso dei fondi depositati,
una situazione in cui l’acquirente di un viaggio “tutto compreso”, il qua­
le prima della partenza ha pagato una somma di denaro per le spese di
soggiorno all’organizzatore, sia costretto, a seguito dell’insolvenza di que­
st’ultimo, a pagare la stessa somma all’albergatore, non potendo altrimenti
lasciare l’albergo per effettuare il viaggio di ritorno.
La decisione Dillenkofer (sent. 8/10/1996, cause riunite C-178/1994,
C-179/1994, C-188/1994, C-189/1994 e C-190/1994), nell’esaminare la
legislazione tedesca, ha precisato che: a) l’obbligo prescritto dall’art. 7 a
carico degli organizzatori o venditori di viaggi “tutto compreso” comporta
altresì l’attribuzione all’acquirente di diritti, dal contenuto sufficientemente
individuato, volti a garantire il rimborso dei versamenti effettuati e il suo
rimpatrio; b) qualora uno Stato membro consenta all’organizzatore del
viaggio o al venditore, controparti del contratto, di chiedere un anticipo sul
prezzo del viaggio, non superiore al dieci per cento e fino ad un importo
massimo determinato, l’obiettivo di protezione perseguito dall’art. 7 è rag­
giunto solo a condizione di garantire anche il rimborso di tale anticipo in
caso di insolvenza o di fallimento; c) le garanzie richieste dall’art. 7 non
possono ritenersi sussistenti qualora i viaggiatori, al momento di pagare il
prezzo del viaggio, siano in possesso di titoli che li legittimano a pretendere
il beneficio di prestazioni da parte dei diversi fornitori di servizi coinvolti
nel viaggio (compagnia aerea, albergatore, e così via).
Quanto agli sviluppi e alle prospettive della disciplina comunitaria in
tema di viaggi “tutto compreso”, vanno segnalate la relazione della com­
missione sul recepimento della direttiva 90/314/CEE nella legislazione na­
zionale dei paesi membri, pubblicata a distanza di oltre nove anni dalla
sua adozione [Sec (1999) 1800 def.], nonché le conclusioni adottate il 13
febbraio 2001 dal gruppo di esperti che hanno partecipato — alcuni in rap­
presentanza delle imprese operanti nel settore, altri in rappresentanza delle
associazioni di consumatori ed altri ancora nominati dalla commissione —
alla Round table on package travel contracts.
Risarcimento danni
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Si deve ricordare, inoltre, che l’art. 5, n. 2, co. 1, della direttiva impone
agli Stati membri di adottare le misure necessarie affinché l’organizzatore
di viaggi risarcisca i danni arrecati al consumatore dall’inadempimento o
dalla cattiva esecuzione del contratto.
A tale riguardo, va rilevato che la direttiva ha per scopo l’eliminazione
delle divergenze accertate tra le normative e le prassi nei diversi Stati mem­
Il contratto di vendita di un pacchetto turistico
bri in materia di viaggi “tutto compreso” e atte a generare distorsioni di
concorrenza tra gli operatori stabiliti nei diversi Stati membri.
È pacifico che, nel settore dei viaggi “tutto compreso”, l’esistenza di
un obbligo di risarcire i danni morali in taluni Stati membri e la sua man­
canza in altri avrebbe come conseguenza delle distorsioni di concorrenza
notevoli, tenuto conto del fatto che, come osservato dalla commissione, si
rilevano frequentemente danni morali in tale settore.
Si deve inoltre rilevare che la direttiva, e più particolarmente l’art. 5,
mira a offrire una tutela ai consumatori e che, nell’ambito dei viaggi turi­
stici, il risarcimento del danno per il mancato godimento della vacanza
assume, ovviamente, un’importanza particolare.
È alla luce di tali considerazioni che si deve, pertanto, interpretare l’art.
5 della direttiva.
Se questo articolo si limita, nel suo n. 2, co. 1, a rinviare in modo ge­
nerale alla nozione di danni, si deve rilevare che, prevedendo, al suo n. 2,
co. 4, la facoltà per gli Stati membri di ammettere che, per quanto riguarda
i danni diversi da quelli corporali, l’indennizzo sia limitato in virtù del con­
tratto, a condizione che tale limitazione non sia irragionevole, la direttiva
riconosce implicitamente l’esistenza di un diritto al risarcimento dei danni
diversi da quelli corporali, tra cui il danno morale.
Perciò, l’art. 5 della direttiva del consiglio 90/314/CEE deve essere inter­
pretato nel senso che il consumatore ha diritto al risarcimento del danno
morale derivante dall’inadempimento o dalla cattiva esecuzione delle pre­
stazioni fornite in occasione di un viaggio “tutto compreso” (Corte di Giu­
stizia UE, sent. 12/3/2002, causa C-168/2000).
2.2. Causa concreta e impossibilità della prestazione nei contratti di viaggio.
È opinione corrente quella secondo la quale la prima elaborazione del Cause del negozio
concetto di causa (sostanzialmente estranea all’esperienza romana come giuridico
elemento costitutivo del negozio, che doveva corrispondere essenzialmen­
te a “modelli” formali) sia stata il frutto della riflessione dei giuristi d’ol­
tralpe che, tra il 1625 ed il 1699, distinguendo per la prima volta sul piano
dogmatico i contratti commutativi dalle donazioni, individueranno nell’ob­
bligazione di una parte verso l’altra il fondamento della teoria causale (e
di qui, l’origine storica della perdurante difficoltà a superare la dicotomia
contratto di scambio-liberalità donativa).
Gli stessi rapporti tra la causa e gli altri elementi del contratto, appa­
rentemente indiscussi nei relativi connotati di alterità, appaiono, nel pro­
gressivo dipanarsi del concetto di causa negotii, sfumare in zone di confine
più opache: si pensi alla relazione causa/volontà nei negozi di liberalità,
a quella causa/forma e all’avvicinamento delle due categorie concettuali
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IL DANNO DA VACANZA ROVINATA
verificabile nei negozi astratti, a quella causa/oggetto con le possibili con­
fusioni a seconda della nozione che, di entrambe le categorie giuridiche, ci
si risolva di volta in volta ad adottare, essendo oggetto del contratto tanto
la rappresentazione ideale di una res dedotta in obbligazione quanto la res
stessa, ed essendo la causa la funzione dello scambio in relazione proprio
a quell’oggetto.
Tutte le possibili definizioni di causa che si sono succedute nel tempo
(che un celebre civilista degli anni ‘40 non esitò a definire “oggetto molto
vago e misterioso”) hanno visto la dottrina italiana in permanente disaccor­
do (mentre negli altri Paesi il dibattito è da tempo sopito), discorrendosi, di
volta in volta, di scopo della parte o motivo ultimo (la c.d. teoria soggettiva,
ormai adottata dalla moderna dottrina francese), di teoria della contropre­
stazione o teoria oggettiva classica (che sovrappone il concetto di causa del
contratto con quello di causa/fonte dell’obbligazione), di funzione giuridica
ovvero di funzione tipica (rispettivamente intese in guisa di sintesi degli
effetti giuridici essenziali del contratto, ovvero di identificazione del tipo
negoziale - che consente ad alcuni autori di predicare la sostanziale validità
del negozio simulato sostenendone la presenza di una causa, intesa come
“tipo” negoziale astratto, sia pur fittizio, quale una donazione, una com­
pravendita, ecc.), di funzione economico-sociale, cara alla teoria oggettiva,
formalmente accolta dal codice del ‘42, del tutto svincolata dagli scopi
delle parti all’esito di un processo di astrazione da essi. Per tacere delle
teorie anticausalistiche, di derivazione tedesca, con identificazione della
causa nell’oggetto o nel contenuto del contratto, non indicando il codice
tedesco la causa tra gli elementi costitutivi del contratto.
La definizione del codice è quella di funzione economico-sociale del
negozio, ossia la funzione riconosciuta rilevante dall’ordinamento al fine di
giustificare la tutela dell’autonomia privata (così, testualmente, la relazione
del ministro guardasigilli).
✒ Da parte della più attenta dottrina e di una sporadica e minoritaria giurisprudenza (Cass.
4612/1998, 7266/1997, 4503/1996 in tema di rendita vitalizia) si discorre da tempo di
una fattispecie causale “concreta”, e si elabora un concetto di causa che, sul presupposto
della obsolescenza della matrice ideologica che configura la causa del contratto come
strumento di controllo della sua utilità sociale, affonda le proprie radici in una serrata
critica alla teoria della predeterminazione causale del negozio (che, a tacer d’altro, non
spiega come un contratto tipico possa avere causa illecita), ricostruendo tale elemento in
termini di sintesi degli interessi reali che il contratto stesso è diretto a realizzare (al di
là del modello negoziale adoperato). Sintesi, e dunque ragione concreta, della dinamica
contrattuale, e non della volontà delle parti. Causa, dunque, ancora iscritta nell’orbita
della dimensione funzionale dell’atto, ma, questa volta, funzione individuale del singolo
contratto posto in essere, a prescindere dal relativo stereotipo astratto, seguendo un iter
evolutivo del concetto di funzione economico-sociale del negozio che, muovendo dalla
cristallizzazione normativa dei vari tipi contrattuali, si volga a cogliere l’uso che di essi
hanno inteso compiere i contraenti, adottando quella determinata, specifica (a suo modo
unica) convenzione negoziale (Cass. 10490/2006).
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