2. il contratto di vendita di un pacchetto turistico.
Transcript
2. il contratto di vendita di un pacchetto turistico.
Il contratto di vendita di un pacchetto turistico 2. Il contratto di vendita di un pacchetto turistico. 2.1. Il “pacchetto turistico”. Il contratto di vendita di un pacchetto turistico, come sopra evidenziato, Definizione è disciplinato dagli artt. 34 ss. del nuovo Codice del turismo. In particolare, l’art. 34 del Codice, riprendendo la definizione già con tenuta nell’art. 84 D.L.vo 206/2005, etichetta i “pacchetti turistici” come la combinazione di almeno due elementi fra il trasporto, l’alloggio e i servizi turistici non accessori al trasporto e all’alloggio (itinerari, visite ed escur sioni o altri specifici servizi concordati tra l’organizzatore o il venditore e il consumatore). Il venditore del pacchetto che effettui, in favore del consumatore, la prenotazione della camera d’albergo, offre un servizio attinente all’allog gio, la cui remunerazione (l’onerosità del servizio è elemento essenziale del contratto, come si ricava sia dalla disciplina generale della vendita, sia dalla stretta correlazione posta dall’art. 34 cit. fra gli elementi costi tutivi del pacchetto turistico offerto o venduto e il loro prezzo a forfait) può presumersi conglobata nel corrispettivo forfettario, che, normalmente, comprende quanto occorre a ricompensare l’operatore commerciale per la sua prestazione, la quale include, appunto, i contatti telefonici, i fax o i collegamenti telematici necessari ad effettuare le prenotazioni. Inoltre, il pacchetto turistico, ancorché articolato in varie mete, deve con siderarsi un prodotto unitario, che, come tale, resta assoggettato per intero alla normativa in materia, poiché ciò che viene offerto e venduto al consumatore è il viaggio o la vacanza complessivamente concepiti e non le loro singole tappe, ossia l’insieme e non le sue parti, secondo un’opzione interpretativa corroborata, oltre che dal tenore complessivo della disciplina sulla vendita dei pacchetti turistici e dalla loro definizione legislativa, anche dalla specifica indicazione offerta dall’art. 34, co. 2, del Codice del turismo, laddove dispone che la separata fatturazione degli elementi di uno stesso pacchetto turistico non sottrae l’organizzatore o il venditore ai loro obblighi. Per quanto riguarda la forma del contratto, secondo l’art. 35 del Codice Forma del contratto del turismo “il contratto di vendita di pacchetti turistici è redatto in forma scritta in termini chiari e precisi. Al turista deve essere rilasciata una copia del contratto stipulato e sottoscritto dall’organizzatore o venditore”. Una parte della dottrina ritiene necessaria la forma scritta ad substantiam, ossia a pena di nullità: il rimedio contrattuale della nullità, si afferma, è più consono ai principi dell’ordinamento, poiché le norme di un decreto emesso in attuazione di una direttiva partecipano della sua stessa imperati vità [Carrassi, in Viaggi, vacanze e circuiti tutto compreso, a cura di Roppo, in Nuove leggi civ., 1997, 1]. 39 IL DANNO DA VACANZA ROVINATA 40 Altri, invece, ritengono che la forma scritta sia richiesta soltanto ad probationem [Pierallini, Viaggi, vacanze e circuiti tutto compreso. Primo commento al decreto legislativo di attuazione della direttiva 90/314/CEE, Roma, 1995, 31]. Una tesi ulteriore esclude la necessità sia della forma scritta ad substantiam, sia di quella ad probationem: la sola conseguenza posta a carico del l’organizzatore o del venditore per l’inosservanza degli obblighi di forma e documentazione del contratto consisterebbero nella responsabilità dei soggetti inadempienti per i danni che il consumatore abbia a subire dalla violazione della norma di legge. A supporto di tale profilo viene invocato l’analogo caso della sanzione risarcitoria a carico dell’organizzatore che non osservi le pre scrizioni relative alla redazione e consegna del documento di viaggio poste dall’art. 7 della convenzione di Bruxelles sul contratto di organizzazione di viaggio (Ccv) [Silingardi-Morandi, La tutela del turista nella disciplina comunitaria, in Riv. giur. circolaz. e trasp., 1997, suppl. al n. 6, 22]. La tesi della forma scritta ad substantiam è senza dubbio la più corretta. Va premesso che, a tal fine, un’indagine non può arrestarsi al dato meramente negativo del presunto carattere imperfetto della norma, ossia dell’omessa previsione della nullità come conseguenza espressa del difetto del requisito formale, non riuscendosi, per questa via, a fornire risposte appaganti e risolutive sul significato e sulla portata del precetto legislativo, netto e perentorio, circa l’obbligatorietà della forma scritta per i contratti di tour package (“il contratto ... è redatto in forma scritta”), precetto al qua le l’interprete è invece tenuto a dare un preciso significato giuridico, non potendo ritenerlo sic et simpliciter inoperante sul piano della coattività per mancanza della contestuale norma sanzionatoria, tanto più se la sanzione può ricollegarsi a disposizioni più generali. Il riferimento immediato è, per quanto qui interessa, all’art. 1418, co. 2, c.c., a tenore del quale la nullità del contratto è prodotta dalla mancanza di uno dei requisiti indicati dall’art. 1325 c.c., fra i quali è compresa “la forma quando risulta che è prescritta dalla legge sotto pena di nullità”. È altrettanto noto che i casi di forma vincolata del contratto (atto pub blico o scrittura privata), a pena di nullità, sono, oltre quelli tipici espressa mente contemplati dall’art. 1350, nn. 1-12, c.c., tutti quegli altri “special mente indicati dalla legge” (art. 1350, n. 13, c.c.), per cui la perentorietà della forma scritta sancita dal legislatore in ipotesi speciali, ancorché non tipizzate dall’art. 1350 c.c., partecipa della sanzione della nullità prevista dalla proposizione introduttiva dello stesso articolo in relazione a tutti gli atti che devono farsi per iscritto. Se, dunque, un valore giuridico preciso può e deve darsi alla formula zione dell’art. 35, co. 1, del Codice del turismo, esso va rinvenuto nell’ob Il contratto di vendita di un pacchetto turistico bligatorietà della forma scritta per la validità del contratto di vendita dei pacchetti turistici, dovendosi escludere la possibilità, pure sostenuta da taluno in dottrina nel vigore dell’analoga disposizione prevista dal Codice del consumo, che il dato testuale in esame, siccome carente della conte stuale previsione sanzionatoria della “nullità”, debba far propendere per la soluzione della forma scritta ad probationem, laddove si consideri che il precetto con il quale tal genere di forma viene imposto si traduce invariabil mente nell’obbligo espresso, nella specie del tutto insussistente, di “provare per iscritto” un determinato tipo di atto negoziale (artt. 1659, 1888, 1967, 2556, 2581, 2596 c.c.). Ma è, soprattutto, nella ricerca della ratio della disciplina speciale in esame che prende respiro la convinzione che la nuova tipologia contrattua le sia assoggettata alla forma scritta ad substantiam. In tale ottica, acquista primario rilievo l’indagine sulla funzione del l’atto negoziale, nel senso che l’onere della forma vincolata si ricollega normalmente a esigenze di ordine generale e di valenza pubblica che il legislatore intende garantire mediante l’aggravamento delle modalità di formazione dell’accordo contrattuale, al fine di consentire ai contraenti maggiori possibilità di conoscenza e di riflessione circa gli impegni assunti, in considerazione della particolare gravità delle conseguenze che possono derivarne o dell’elevata importanza politico-sociale ed economica della materia di riferimento dell’affare o della posizione debole di una determi nata categoria di parti. Nel caso dei contratti di vendita di pacchetti turistici appare inequivoca bile, per un verso, l’alto tasso di rilevanza del turismo nell’economia nazio nale e in quelle di tutti gli Stati membri della Comunità europea, e per altro verso l’esigenza di tutela forte del consumatore, acquirente o cessionario del pacchetto, l’uno e l’altro certamente avvertiti dal legislatore in base a quanto si evince sia dalle premesse esplicative della direttiva 90/314/CEE, sia da alcuni tratti caratterizzanti della disciplina nazionale di attuazione (quali il necessario possesso, da parte di chi opera professionalmente nel campo della vendita dei pacchetti, di determinati requisiti, soggetti al con trollo pubblico preventivo, in forma di autorizzazione regionale; la lunga e minuziosa elencazione dei contenuti del contratto; i diritti di informazione e di recesso del consumatore; l’obbligo di copertura assicurativa gravan te sull’organizzatore e sul venditore; l’istituzione di un fondo nazionale di garanzia dei diritti economici del consumatore), da interpretarsi anche alla luce della normativa comunitaria, fortemente permeata da una diffusa istanza di protezione del consumatore, quale fattore di chiarezza e di omo geneizzazione delle discipline degli Stati membri nonché di realizzazione effettiva del mercato comune (oltre alla menzionata direttiva n. 314, si pen si, fra le altre, alle direttive 85/577/CEE in materia di contratti negoziati fuori 41 IL DANNO DA VACANZA ROVINATA dai locali commerciali; 94/450/CE e 87/357/CEE in materia di pubblicità ingannevole e di prodotti aventi apparenza diversa dalla realtà; 92/41/CE in materia di immissione in commercio di prodotti del tabacco; 93/13/CE in materia di clausole abusive nei contratti con i professionisti; 94/47/CE, in materia di contratti di vendita delle “multiproprietà”). Il principio dell’interpretazione del diritto nazionale comunque orientata sul diritto comunitario vigente, nelle materie di competenza di quest’ultimo, trova larga affermazione nella giurisprudenza della Corte di giustizia (sent. 14/7/1994, causa C-91/92; 16/12/1993, causa C-334/92), ed è stato persino positivizzato dal legislatore italiano, con riferimento a materie comunitarie (vedi, ad esempio, l’art. 1, co. 4, L. 287/1990, in tema di concorrenza). In sintesi, se è vero che l’ordinamento comunitario punta ormai da tempo, e non solo nel settore dei servizi turistici, a garantire condizioni di uniformità e di trasparenza delle regole, a beneficio immediato e diretto della più larga fascia degli utenti del mercato comune (i consumatori) e in prospettiva della sua piena ed efficace attuazione, non può negarsi che il modo più sicuro per conseguire quella garanzia è costituito, nella materia di riferimento, dalla possibilità data al viaggiatore non tanto di dimostrare l’esistenza del contratto al fine di far valere le sue ragioni in una futura sede giudiziale, quanto di conoscere subito e con esattezza i contenuti qualifi canti dell’accordo concluso nonché i diritti e le obbligazioni conseguenti, al fine di esperire con immediatezza tutti i rimedi previsti dalla legge, com presi quelli negoziali, stragiudiziali e precontenziosi. Il che risulta perfetta mente coerente con un sistema di stipulazione del contratto in cui la forma scritta sia ad substantiam e non ad probationem. Né la conclusione in tema di forma soffre della presunta fungibilità piena del contratto scritto con ogni altra forma comprensibile e accessibile per il consumatore prospettata dalla direttiva (art. 4, co. 2, lett. b), atteso che, una volta acclarata la finalità di tutela del consumatore perseguita dal legislatore comunitario, non v’è dubbio che lo Stato membro sia libero di adottare tutte le misure utili al raggiungimento del risultato, compresa la prescrizione sulla forma vincolata del contratto, siccome coerente con l’esigenza di tutela del contraente protetto (Trib. Bari 8/8/2000, in Foro it., 2001, I, 2089). 2.1.1. La direttiva 90/314/CEE. Viaggi L’obiettivo primario della direttiva 90/314/CEE, riguardante i viaggi tutto compreso “tutto compreso”, è stabilire le norme minime in merito alle informazioni 42 che devono essere fornite al consumatore, i requisiti formali per i contratti di viaggio “tutto compreso”, le norme imperative da applicare alle obbligazioni contrattuali (cancellazione, modifica, responsabilità civile de gli organizzatori e/o venditori dei viaggi “tutto compreso”, ecc.) e garantire, pertanto, una reale tutela dei consumatori in caso di insolvenza o di falli mento dell’organizzatore del viaggio. Il contratto di vendita di un pacchetto turistico La direttiva include i viaggi organizzati da un’agenzia di viaggi su do manda del consumatore o di un gruppo ristretto di consumatori e confor memente alle loro richieste (Corte giustizia UE, 30-4-2002, n. 400/00). La Corte di giustizia ha avuto occasione di pronunciarsi più volte sul l’interpretazione di talune disposizioni contenute nella direttiva suddetta. Quanto all’ambito d’applicazione della normativa, la pronuncia Rechberger (sent. 15/6/1999, causa C-140/1997) vi ha fatto rientrare anche i viaggi che, nell’ambito di un’azione pubblicitaria illegittima sotto il profilo nazionale della concorrenza, erano stati offerti in omaggio da un quotidiano a esclusi vo vantaggio dei suoi abbonati e per i quali il contraente principale pagava, se avesse viaggiato da solo, le tasse aeroportuali, nonché il supplemento per camera singola, oppure, se fosse stato accompagnato da una persona tenuta a pagare integralmente il prezzo del viaggio, unicamente le tasse aeroportuali; per contro, la decisione Afs Intercultural Programs Finland ry (sent. 11/2/1999, causa C-237/1997) ha ritenuto che la direttiva non si applichi a viaggi: a) che consistono in scambi scolastici della durata approssimativa di sei mesi oppure di un anno; b) che hanno come finalità il fatto che lo studente frequenti un istituto scolastico in un paese ospitante affinché familiarizzi con la sua società e con la sua cultura; c) durante i quali lo studente soggiorna gratuitamente presso una famiglia ospitante, come se fosse un membro della stessa. Particolare attenzione è stata rivolta all’art. 7 della direttiva, che impone agli Stati membri l’obbligo di far sì che l’organizzatore o il venditore, parti del contratto di viaggio, diano prove sufficienti di disporre di garanzie tali da assicurare il rimborso dei fondi depositati o il rimpatrio del consumatore, in caso di insolvenza o di fallimento di tali soggetti. La citata sentenza Rechberger, con riferimento alla legislazione austria ca, ha statuito che l’art. 7 non può dirsi correttamente trasposto nel diritto interno quando la norma nazionale di recepimento si limiti a imporre, per la copertura del rischio, un contratto di assicurazione o una garanzia bancaria con un capitale assicurato pari almeno al 5% del fatturato derivante dall’at tività dell’organizzatore nel corrispondente trimestre dell’anno precedente, e prescriva a un organizzatore esordiente di basarsi sulla stima del fatturato corrispondente all’attività prevista, senza prendere in considerazione gli aumenti di fatturato che si verifichino nell’anno in corso. La decisione Ambry (sent. 1/12/1998, causa C-410/1996), premesso che l’art. 7 introduce un obbligo minimo, sì che nulla impedisce agli Stati mem bri di prevedere che le garanzie ivi menzionate debbano essere non solo costituite, ma anche rese immediatamente operative in caso di rimpatrio del viaggiatore, si è espressa nel senso della non compatibilità con il diritto comunitario, di una normativa nazionale con cui si richiede, all’atto della costituzione di garanzie finanziarie presso un istituto di credito o un’im presa di assicurazioni con sede in un altro Stato membro, che tale garante 43 IL DANNO DA VACANZA ROVINATA concluda un accordo supplementare con un istituto di credito o un’impresa di assicurazioni con sede nel territorio nazionale. La pronuncia Verein für Konsumenteninformation c. Österreichische Kreditversicherungs AG (sent. 15/5/1998, causa C-364/1996), ha stabilito che rientra nell’orbita dell’art. 7, a titolo di rimborso dei fondi depositati, una situazione in cui l’acquirente di un viaggio “tutto compreso”, il qua le prima della partenza ha pagato una somma di denaro per le spese di soggiorno all’organizzatore, sia costretto, a seguito dell’insolvenza di que st’ultimo, a pagare la stessa somma all’albergatore, non potendo altrimenti lasciare l’albergo per effettuare il viaggio di ritorno. La decisione Dillenkofer (sent. 8/10/1996, cause riunite C-178/1994, C-179/1994, C-188/1994, C-189/1994 e C-190/1994), nell’esaminare la legislazione tedesca, ha precisato che: a) l’obbligo prescritto dall’art. 7 a carico degli organizzatori o venditori di viaggi “tutto compreso” comporta altresì l’attribuzione all’acquirente di diritti, dal contenuto sufficientemente individuato, volti a garantire il rimborso dei versamenti effettuati e il suo rimpatrio; b) qualora uno Stato membro consenta all’organizzatore del viaggio o al venditore, controparti del contratto, di chiedere un anticipo sul prezzo del viaggio, non superiore al dieci per cento e fino ad un importo massimo determinato, l’obiettivo di protezione perseguito dall’art. 7 è rag giunto solo a condizione di garantire anche il rimborso di tale anticipo in caso di insolvenza o di fallimento; c) le garanzie richieste dall’art. 7 non possono ritenersi sussistenti qualora i viaggiatori, al momento di pagare il prezzo del viaggio, siano in possesso di titoli che li legittimano a pretendere il beneficio di prestazioni da parte dei diversi fornitori di servizi coinvolti nel viaggio (compagnia aerea, albergatore, e così via). Quanto agli sviluppi e alle prospettive della disciplina comunitaria in tema di viaggi “tutto compreso”, vanno segnalate la relazione della com missione sul recepimento della direttiva 90/314/CEE nella legislazione na zionale dei paesi membri, pubblicata a distanza di oltre nove anni dalla sua adozione [Sec (1999) 1800 def.], nonché le conclusioni adottate il 13 febbraio 2001 dal gruppo di esperti che hanno partecipato — alcuni in rap presentanza delle imprese operanti nel settore, altri in rappresentanza delle associazioni di consumatori ed altri ancora nominati dalla commissione — alla Round table on package travel contracts. Risarcimento danni 44 Si deve ricordare, inoltre, che l’art. 5, n. 2, co. 1, della direttiva impone agli Stati membri di adottare le misure necessarie affinché l’organizzatore di viaggi risarcisca i danni arrecati al consumatore dall’inadempimento o dalla cattiva esecuzione del contratto. A tale riguardo, va rilevato che la direttiva ha per scopo l’eliminazione delle divergenze accertate tra le normative e le prassi nei diversi Stati mem Il contratto di vendita di un pacchetto turistico bri in materia di viaggi “tutto compreso” e atte a generare distorsioni di concorrenza tra gli operatori stabiliti nei diversi Stati membri. È pacifico che, nel settore dei viaggi “tutto compreso”, l’esistenza di un obbligo di risarcire i danni morali in taluni Stati membri e la sua man canza in altri avrebbe come conseguenza delle distorsioni di concorrenza notevoli, tenuto conto del fatto che, come osservato dalla commissione, si rilevano frequentemente danni morali in tale settore. Si deve inoltre rilevare che la direttiva, e più particolarmente l’art. 5, mira a offrire una tutela ai consumatori e che, nell’ambito dei viaggi turi stici, il risarcimento del danno per il mancato godimento della vacanza assume, ovviamente, un’importanza particolare. È alla luce di tali considerazioni che si deve, pertanto, interpretare l’art. 5 della direttiva. Se questo articolo si limita, nel suo n. 2, co. 1, a rinviare in modo ge nerale alla nozione di danni, si deve rilevare che, prevedendo, al suo n. 2, co. 4, la facoltà per gli Stati membri di ammettere che, per quanto riguarda i danni diversi da quelli corporali, l’indennizzo sia limitato in virtù del con tratto, a condizione che tale limitazione non sia irragionevole, la direttiva riconosce implicitamente l’esistenza di un diritto al risarcimento dei danni diversi da quelli corporali, tra cui il danno morale. Perciò, l’art. 5 della direttiva del consiglio 90/314/CEE deve essere inter pretato nel senso che il consumatore ha diritto al risarcimento del danno morale derivante dall’inadempimento o dalla cattiva esecuzione delle pre stazioni fornite in occasione di un viaggio “tutto compreso” (Corte di Giu stizia UE, sent. 12/3/2002, causa C-168/2000). 2.2. Causa concreta e impossibilità della prestazione nei contratti di viaggio. È opinione corrente quella secondo la quale la prima elaborazione del Cause del negozio concetto di causa (sostanzialmente estranea all’esperienza romana come giuridico elemento costitutivo del negozio, che doveva corrispondere essenzialmen te a “modelli” formali) sia stata il frutto della riflessione dei giuristi d’ol tralpe che, tra il 1625 ed il 1699, distinguendo per la prima volta sul piano dogmatico i contratti commutativi dalle donazioni, individueranno nell’ob bligazione di una parte verso l’altra il fondamento della teoria causale (e di qui, l’origine storica della perdurante difficoltà a superare la dicotomia contratto di scambio-liberalità donativa). Gli stessi rapporti tra la causa e gli altri elementi del contratto, appa rentemente indiscussi nei relativi connotati di alterità, appaiono, nel pro gressivo dipanarsi del concetto di causa negotii, sfumare in zone di confine più opache: si pensi alla relazione causa/volontà nei negozi di liberalità, a quella causa/forma e all’avvicinamento delle due categorie concettuali 45 IL DANNO DA VACANZA ROVINATA verificabile nei negozi astratti, a quella causa/oggetto con le possibili con fusioni a seconda della nozione che, di entrambe le categorie giuridiche, ci si risolva di volta in volta ad adottare, essendo oggetto del contratto tanto la rappresentazione ideale di una res dedotta in obbligazione quanto la res stessa, ed essendo la causa la funzione dello scambio in relazione proprio a quell’oggetto. Tutte le possibili definizioni di causa che si sono succedute nel tempo (che un celebre civilista degli anni ‘40 non esitò a definire “oggetto molto vago e misterioso”) hanno visto la dottrina italiana in permanente disaccor do (mentre negli altri Paesi il dibattito è da tempo sopito), discorrendosi, di volta in volta, di scopo della parte o motivo ultimo (la c.d. teoria soggettiva, ormai adottata dalla moderna dottrina francese), di teoria della contropre stazione o teoria oggettiva classica (che sovrappone il concetto di causa del contratto con quello di causa/fonte dell’obbligazione), di funzione giuridica ovvero di funzione tipica (rispettivamente intese in guisa di sintesi degli effetti giuridici essenziali del contratto, ovvero di identificazione del tipo negoziale - che consente ad alcuni autori di predicare la sostanziale validità del negozio simulato sostenendone la presenza di una causa, intesa come “tipo” negoziale astratto, sia pur fittizio, quale una donazione, una com pravendita, ecc.), di funzione economico-sociale, cara alla teoria oggettiva, formalmente accolta dal codice del ‘42, del tutto svincolata dagli scopi delle parti all’esito di un processo di astrazione da essi. Per tacere delle teorie anticausalistiche, di derivazione tedesca, con identificazione della causa nell’oggetto o nel contenuto del contratto, non indicando il codice tedesco la causa tra gli elementi costitutivi del contratto. La definizione del codice è quella di funzione economico-sociale del negozio, ossia la funzione riconosciuta rilevante dall’ordinamento al fine di giustificare la tutela dell’autonomia privata (così, testualmente, la relazione del ministro guardasigilli). ✒ Da parte della più attenta dottrina e di una sporadica e minoritaria giurisprudenza (Cass. 4612/1998, 7266/1997, 4503/1996 in tema di rendita vitalizia) si discorre da tempo di una fattispecie causale “concreta”, e si elabora un concetto di causa che, sul presupposto della obsolescenza della matrice ideologica che configura la causa del contratto come strumento di controllo della sua utilità sociale, affonda le proprie radici in una serrata critica alla teoria della predeterminazione causale del negozio (che, a tacer d’altro, non spiega come un contratto tipico possa avere causa illecita), ricostruendo tale elemento in termini di sintesi degli interessi reali che il contratto stesso è diretto a realizzare (al di là del modello negoziale adoperato). Sintesi, e dunque ragione concreta, della dinamica contrattuale, e non della volontà delle parti. Causa, dunque, ancora iscritta nell’orbita della dimensione funzionale dell’atto, ma, questa volta, funzione individuale del singolo contratto posto in essere, a prescindere dal relativo stereotipo astratto, seguendo un iter evolutivo del concetto di funzione economico-sociale del negozio che, muovendo dalla cristallizzazione normativa dei vari tipi contrattuali, si volga a cogliere l’uso che di essi hanno inteso compiere i contraenti, adottando quella determinata, specifica (a suo modo unica) convenzione negoziale (Cass. 10490/2006). 46