sentenza Avv Stivanello – compensi sportivi

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sentenza Avv Stivanello – compensi sportivi
7/11/2014
FiscoSport
GIURISPRUDENZA
GIOVEDÌ 02 OTTOBRE 2014
COMPENSI PER ATTIVITA’ SPORTIVA DILETTANTISTICA: una recente pronuncia (Trib. VE sez. lav.,
18/8/2014 n. 536 ) "promuove" gli istruttori di fitness e di nuoto
Nel panorama delle sentenze di merito, ormai numerose,
che si occupano della legittimità dei compensi agli sportivi
dilettanti, questo recente intervento del Tribunale di
Venezia segna un punto a sfavore dell’INPS toccando varie
questioni che interessano la disciplina dei redditi diversi
regolati dall’art. 67 comma I lett. m) T.U.I.R.: l’esercizio
diretto di attività sportiva dilettantistica, la professionalità
della prestazione, l’onere della prova in ordine alla pretesa
contributiva.
Biancamaria STIVANELLO
AVVOCATO
IN
PADOVA
1. Il caso
Il contenzioso è sorto a seguito di verifica fiscale dell’Agenzia delle Entrate nei confronti di un'a.s.d. che
svolgeva attività di fitness e nuoto: ritenuta la commercialità delle attività praticate e l’assenza dei requisiti
di democraticità della struttura, l’amministrazione finanziaria disconosceva la natura di associazione
sportiva dilettantesca con conseguente accertamento a fini iva, sul reddito e - per quanto qui di interesse anche in ordine all’erogazione dei compensi.
Sono seguite specifiche attività ispettive sia della Direzione Provinciale del Lavoro sia dell’ENPALS che,
ritenuta la natura autonoma delle prestazioni, ha accertato la debenza contributiva per tutti i lavoratori
censiti (ben 52): si trattava prevalentemente di istruttori di fitness e nuoto inquadrati dall’a.s.d. con lettere di
incarico per lo svolgimento di attività sportiva dilettantistica ai sensi dell’art. 67 comma I lett. m) TUIR 1 e di
alcuni addetti alla segreteria per i quali erano stati stipulati co.co.co amministrativo-gestionali ai sensi
dell’art. 90 l. 289/02 2, che ha esteso il regime dei redditi diversi anche a tali collaborazioni.
Per gli istruttori, l’ENPALS con il verbale di accertamento contestava sia il mancato esercizio di attività
sportiva dilettantistica perché sarebbe emerso che l’attività svolta avrebbe i caratteri di una normale attività
commerciale diretta ad erogare servizi consistenti in lezioni di fitness o nuoto e programmi per il
miglioramento della forma fisica forniti da personale specializzato, priva di finalità agonistica e in assenza
delle tipiche figure di atleti, allenatori dilettanti e giudici di gara; sia la professionalità delle prestazioni
perché rese con abitualità e continuità, a fronte di compensi non marginali e da personale con specifica
formazione tecnica.
Ne conseguiva l’inquadramento previdenziale dei lavoratori censiti e l’emissione della cartella di pagamento
che veniva impugnata e opposta dall’a.s.d. affermando che le prestazioni rese dagli istruttori (cosi come
dagli altri collaboratori) rispettavano i requisiti dell’art. 67 comma I lett. m) per i seguenti motivi:
a)
la ricorrente possedeva i requisiti formali per l’erogazione dei predetti compensi ( riconoscimento
a fini sportivi e iscrizione al Registro Coni), svolgeva le attività statutarie per le quali aveva conseguito
tale riconoscimento ( e non altre) e aveva peraltro attuato nel concreto le clausole statutarie imposte
dall’art. 90 l. 289/02 ;
b)
il concetto di attività sportiva dilettantistica non doveva intendersi circoscritto alle attività
agonistiche, in specie dopo l’intervento di interpretazione autentica attuato dall’art. 35 comma V del
D.L. 30/12/08 N. 207 convertito in l. 27/2/09 n. 14 che vi ha ricompreso “la formazione, la didattica, la
preparazione e l’assistenza
all’attività sportiva dilettantistica”, recepito anche dalla prassi
amministrativa 3;
c)
l’Ente aveva l’onere di provare nel giudizio di opposizione al ruolo ogni elemento costitutivo della
pretesa contributiva e quindi anche la professionalità delle prestazioni;
d)
non sussisteva comunque la professionalità delle prestazioni svolte dagli istruttori perché
nonostante la continuità si trattava di attività rese al di fuori di una vocazione professionale, a
prescindere dal possesso di titoli specifici o dall’ammontare dei compensi e in presenza di altra
attività lavorativa per alcuni o di situazioni che comunque ne escludevano la sussistenza, per altri (
studenti, casalinghe, pratica dell’attività sportiva anche per se stessi).
2. La decisione
All’esito dell’istruttoria, ove venivano introdotte prove documentali e assunte le testimonianze di alcuni
collaboratori, il Giudice del Lavoro di Venezia ha reso la sentenza con la quale ha riconosciuto e affermato
la legittimità dei compensi per tutti gli istruttori di fitness e di nuoto annullando la cartella di pagamento per
http://www.fiscosport.it/editoriale/fiscale/giurisprudenza/4240/compensi-per-attivita-sportiva-dilettantistica-una-recente-pronuncia-trib-ve-sez-lav-18-8-20…
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la parte relativa ad essi, ed escluso invece l’agevolazione per i co.co.co. amministrativo-gestionali,
ritenendo che si trattasse per questi ultimi di prestazioni lavorative in senso proprio in quanto tali
assoggettabili a contribuzione, con spunti critici, che esulano dalla presente nota e verranno analizzati in un
prossimo approfondimento.
3. Il commento
Gli istruttori di fitness e di nuoto sono dunque stati “promossi”, giusto per indicare una difformità di
trattamento rispetto alle “bocciature” registrate in specifici precedenti quali ad esempio Trib. Milano n.
4111/2011(se ne veda il commento in COMPENSI PER ATTIVITA' SPORTIVA DILETTANTISTICA: Nota a sent. Trib.
Milano, sez. lavoro, 16-19/9/2011, n. 4111), in Newsletter n. 19/2011) o Trib. Roma n. 9284/2013 e Trib. Firenze n.
671/2013 (su queste v. COMPENSI PER ATTIVITA’ SPORTIVA DILETTANTISTICA: due recenti pronunce di merito (Trib.
Roma, sez. lav., 11/7/2013 n. 9284 e Trib. Firenze, sez. lav., 6/6/2013 n.671 ) “bocciano” gli istruttori dilettanti, in Newsletter n.
17/2013).
Vediamo come.
La sentenza interviene innanzitutto sul concetto di esercizio diretto dell’attività sportiva dilettantistica e,
conformandosi ad un orientamento che possiamo considerare assolutamente prevalente e consolidato,
esclude che l’agevolazione spetti esclusivamente alle associazioni che preparano atleti per le gare;
argomentando dall’art. 35, comma 5, d.l. 207/09 e dalla circolare Enpals 18/09 il giudicante ritiene che
nella definizione rientri “... qualsiasi attività didattica / di istruttore / preparatorio all’attività … non essendo
requisito necessario né indefettibile la funzionalità o connessione con gare sportive”.
Passando poi a esaminare il requisito della natura professionale o non professionale della prestazione, il
G.L. pone in particolare risalto il tenore letterale della norma che per gli sportivi dilettanti – a differenza di
quanto indicato per i co.co.co. amministrativo-gestionali (e, deve aggiungersi, per i direttori artistici e
collaboratori tecnici di cori, bande ecc.) non menziona espressamente la natura “non professionale”, come
in senso conforme avevano argomentato alcuni specifici precedenti del Tribunale di Venezia.
In ogni caso, afferma il giudicante, l’onere della prova della pretesa professionalità, a fronte delle precise
contestazioni dell’opponente, spetta all’ente previdenziale.
Per gli istruttori, conclude la motivazione, sussistono dunque tutti i requisiti soggettivi e oggettivi per
l’applicazione della norma agevolativa anche perché le prove orali hanno comunque confermato “… la
marginalità dei compensi, trattandosi di istruttori che operavano a volte come secondo lavoro, a volte nei
ritagli di tempo dallo studio universitario, a volte di compensi per periodi in cui l’istruttore presente in
palestra non svolgeva in via esclusiva l’insegnamento/allenamento altrui, bensì anche allenamenti per se
stesso, in proprio”.
***
Sul passaggio della sentenza che evidenzia il tenore letterale della norma sull’uso dell’accezione “non
professionale” viene da chiedersi se la particolare formulazione possa avere un significato determinante o
se si tratti di una mera svista o ripetizione del legislatore, alla luce del contenuto dell’incipit dell’art. 67 che,
quale premessa comune a tutte le diverse ipotesi individuate tra i redditi diversi, richiede che questi non
derivino da lavoro dipendente o dall’esercizio di arti e professioni.
Senza voler qui approfondire il tema, con argomentazioni di ordine sistematico, basti evidenziare che anche
il giudicante veneziano, pur valorizzando il testo della disposizione, ha in ultima analisi accertato la
sussistenza di alcuni indici concreti (continuità della prestazione, ammontare dei compensi,
esclusività/principalità) che sono individuati dalla prassi dell’ente e dalla giurisprudenza quali indicatori di
professionalità per una diversa qualificazione del rapporto.
Proprio in ordine alla valutazione di tali criteri la sentenza sembra aver colto alcuni aspetti caratteristici
dell’attività sportiva dilettantistica, spesso completamenti trascurati da altri precedenti giurisprudenziali e
che meritano alcune riflessioni.
a)
la continuità della prestazione
Pur non affermando espressamente il principio che le prestazioni degli istruttori non sono professionali
ancorchè continuative, la pronuncia valorizza l’elemento insito nella pratica sportiva e ammette la legittimità
dei compensi per istruttori che, all’esito delle prove testimoniali risultavano svolgere l’attività con frequenza
bi-trisettimanale, ma anche quotidianamente e per una o più stagioni sportive, anche consecutive.
Del resto appare evidente che la continuità, nella pratica sportiva, non possa essere sinonimo di stabilità
per definire la natura professionale del rapporto e che sia del tutto irrilevante se non addirittura fuorviante
utilizzare un criterio meramente quantitativo (quante volte, per quanto tempo, da quanto tempo).
Innanzitutto se oggetto dell’agevolazione è “l’esercizio diretto di attività sportiva” nell’ambito di organismi
riconosciuti a fini sportivi e quindi in relazione allo sport organizzato, si deve necessariamente ritenere che
la norma faccia riferimento anche ad attività continuativa (e ripetitiva) nel tempo.
Inoltre, proprio perché - vista l'interpretazione autentica introdotta dall'art. 35 comma 5, d.l. n. 207/08 e la
portata dell'art. 90 l. 289/02 per l'espresso riferimento alle attività didattiche e formative e di assistenza allo
sport - l’agevolazione non è circoscritta allo svolgimento di manifestazioni sportive o eventi, non può
interpretarsi restrittivamente riservando la legittimità dei compensi alle sole prestazioni occasionali o
saltuarie ma deve ricomprendere anche rapporti non occasionali per i quali i compensi possano essere
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ricondotti nella categoria dei redditi diversi e non da lavoro autonomo professionale, nonostante la
continuità delle prestazioni.
Il G.L. di Venezia sembra dunque aver riconosciuto la caratteristica della prestazione degli istruttori che è
proprio e per sua natura continuativa e non ha escluso la legittimità dei compensi percepiti sulla scorta della
verificata continuità, aprendo così a una interpretazione della norma più consona alla finalità della stessa.
Ad opposte conclusioni invece erano giunti i giudici di Roma e Firenze nelle sentenze citate, che avevano
applicato il criterio della continuità/stabilità della prestazioni richiamando le norme dettate per i lavoratori
dello spettacolo: nulla di più irrilevante ed erroneo, considerato che per questi ultimi ai fini dell’iscrizione
all’ente, la professionalità sussiste anche in presenza di prestazioni saltuarie od occasionali. L’esito di
quelle decisioni era una prova evidente dell’impossibilità di applicare gli stessi criteri nell’ambito sportivo
dilettantistico ove invece la prestazione è caratterizzata proprio (o prevalentemente ) dalla continuità.
b)
l’ammontare del compenso
Nella sentenza in commento. pur indicando genericamente i compensi percepiti dagli istruttori come
marginali, non si individua alcun criterio preciso; anzi sull’analisi dei precedenti giurisprudenziali specifici, il
G.L. riconosce l’opinabilità (e quindi una certa irrilevanza) della questione. Del resto come indice di
marginalità alcune sentenze (come Trib. Venezia 25/11/2010) individuano quello di imponibilità fiscale
ex art. 67/69 T.U.I.R. (€ 7.500,00); altre, come Trib. Venezia 707/12, Trib. Firenze e Trib. Roma sopra
citate, un importo inferiore alla soglia, che tuttavia viene considerato sintomatico e decisivo a fronte della
durata pluriennale del rapporto di collaborazione.
Vale qui l’ulteriore considerazione che l’importo del compenso da solo non può essere discriminante ai fini
di una diversa qualificazione del rapporto, soprattutto se si ritiene, come appare corretto e doveroso, che la
prestazione dello sportivo sia continuativa e quindi che possa determinare anche un ammontare del
compenso in qualche modo commisurato al tempo e alla frequenza.
Si consideri poi che il legislatore con l’art. 37 della l. n. 342/2000 ha introdotto un’importante modifica
sull’assetto preesistente (art. 25, l. n. 133/99 – art.81 comma 1 lett.m) TUIR) [4] estendendo il regime dei
redditi diversi - già previsto per le sole indennità di trasferta e i rimborsi forfetari di spesa fino ad un
determinato importo - anche ai “compensi” per i quali è stata riconosciuta non solo l’esenzione fiscale (fino
alla soglia imponibile, oggi, di euro 7500,00) ma l’esclusione tout court dall’imponibilità a fini contributivi.
L’introduzione di veri e propri “compensi” accanto alle indennità e ai rimborsi forfetari di spesa, non può
essere priva di significato e deve consentire anche prestazioni a titolo oneroso. Fermo restando che l’entità
del compenso rimane un indicatore importante del potenziale rapporto di natura professionale.
c)
esclusività/principalità della prestazione - l’allenamento per se stessi
Per rientrare nei redditi diversi l'attività sportiva dilettantistica deve essere "non esclusiva" o "non principale"
o prevalente? Anche tale criterio può non essere determinante o risolutivo nella corretta interpretazione
della norma.
E per contro va segnalato che proprio la definizione di reddito da lavoro autonomo professionale delineata
dall’art. 53 T.U.I.R., si riferisce a “professionale abituale, ancorchè non esclusiva“ e che la stessa prassi
dell’ente (cfr. circolare Enpals 13/2006) ritiene che sussista un reddito assoggettabile a contribuzione
quando l’attività, anche se esercitata in via non esclusiva né preminente, si sviluppi con caratteristiche di
abitualità.
Ancora una volta se si interpreta il significato di abitualità secondo criteri meramente quantitativi, quale
sinonimo di ripetitività, regolarità, continuità, nel senso contrario ad occasionalità - come afferma la prassi
dell’ente - e secondo anche l’orientamento giurisprudenziale formatosi più in generale sulle categorie di
lavoratori autonomi assoggettabili agli obblighi contributivi, si finisce per circoscrivere la legittimità dei
compensi agli sportivi dilettanti ai casi di prestazioni saltuarie e occasionali, con evidente abrogazione di
fatto della portata della norma, come è avvenuto ad esempio nei precedenti citati.
Un più attento esame delle circostanze e delle caratteristiche delle prestazioni degli istruttori e una obiettiva
valutazione della continuità della pratica sportiva consentono invece una chiave di lettura più consona alle
finalità dell’agevolazione estesa dalle manifestazioni sportive alle attività didattiche non connesse e non
funzionali alle gare o competizioni. Su tale premessa potrà poi inserirsi ogni ulteriore valutazione sulla
esclusività o prevalenza della prestazione dilettantistica rispetto ad altra attività o posizione reddituale.
In tale ottica pare inserirsi la sentenza in commento che a sostegno della legittimità dei compensi ha
valutato l’esistenza di altro lavoro per alcuni istruttori o la posizione di studente universitario per altri. Ma
soprattutto la motivazione appare interessante e presenta un elemento di novità laddove riconosce un dato
di fatto non trascurabile: alcuni istruttori (per i quali non erano emerse altre posizioni reddituali) erano
presenti in palestra non solo per insegnare ad altri ma anche per allenarsi, “in proprio”. Viene qui in rilievo
dunque anche una valutazione sulla causa del rapporto che, a maggior ragione per coloro che continuano a
praticare anche per se stessi l’attività sportiva, ben può essere idonea ad escludere l’esercizio di attività
lavorativa (professionale), ancorchè continuativa e a titolo oneroso.
1 Art. 67 comma I lett. m) T.U.I.R. “ le indennità di trasferta, i rimborsi forfetari di spesa, i premi e i compensi … erogati nell’esercizio diretto di attività sportiva
http://www.fiscosport.it/editoriale/fiscale/giurisprudenza/4240/compensi-per-attivita-sportiva-dilettantistica-una-recente-pronuncia-trib-ve-sez-lav-18-8-20…
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dilettantistiche dal CONI, dalle Federazioni Sportive Nazionali, dall’Unire, dagli Enti di Promozione Sportiva e da qualunque organismo, comunque
denominato, che persegua finalità sportive dilettantistiche e che da essi sia riconosciuto”.
2
L’art. 90 l.289/02 ha aggiunto all’art.67 comma I lett.m) il seguente periodo ” Tale disposizione si applica anche ai rapporti di collaborazione coordinata e
continuativa di carattere amministrativo gestionale di natura non professionale resi in favore di società e associazioni sportive dilettantistiche”.
3
Cfr. circolare Enpals n. 18/09 ove si legge che ..”non assume alcuna rilevanza la circostanza che le attività medesime siano svolte nell’ambito di
manifestazioni sportive ovvero siano a queste ultime funzionali. … rientra pertanto nella predetta nozione qualsiasi attività di formazione, didattica,
preparazione e assistenza svolta nell’ambito dell’attività sportiva dilettantistica”; e risoluzione AE n.38/E secondo la quale l’art. 35 ha eliminato di fatto il
requisito del collegamento fra l’attività resa dal percipiente e l’effettuazione della manifestazione sportiva.
4
Art.81 lett.m) T.U.I.R.:“le indennità di trasferta, i rimborsi forfetari di spesa, i premi e i compensi erogati nell’esercizio diretto di attività sportive dilettantistiche
…” Lettera così sostituita dall’art.37 comma I lett.c) l. 21/11/2000 n.342. Precedente formulazione (in vigore fino al 1/1/2000): “le indennità di trasferta e i
rimborsi forfetari di spesa percepiti da soggetti che svolgono attività sportiva dilettantistica, di cui alla l.25/3/86 n.80”.
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