Inquinanti dell`acqua e nel suo ciclo: principali fonti e conseguenze
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Inquinanti dell`acqua e nel suo ciclo: principali fonti e conseguenze
Atti dei Seminari Un percorso interdisciplinare sull’acqua a cura di Ilenia Grandi & Elena Camino Assessorato Ambiente Gruppo di Ricerca in Didattica delle Scienze Naturali -1- Centro Studi Sereno Regis -2- Acqua: la risorsa che dà valore alla vita L’uomo che vive in città (....) ha preso l’abitudine di aprire il rubinetto e servirsi di quanta acqua vuole, senza essere consapevole del miracolo che sta dietro questo elementare gesto. Tornare ad essere consapevoli dell’origine dei miracoli è un modo di stare al mondo. Un miracolo è una sorgente d’acqua che zampilla tra le pietre, l’acqua che sgorga dalla terra, ai piedi di una montagna, un ghiacciaio che si scioglie, una pioggia che cade al momento giusto, un bicchiere d’acqua posato sulla tavola o un’acqua che lava il corpo e rinfresca lo spirito, ecco dove sta il miracolo. Dalla semplicità del mondo e dai suoi elementi nascono le gioie più grandi ed i valori più essenziali. (TAHAR BEN JALLOUN) Tutto deve essere fatto perché questo miracolo possa stupire ancora i nostri figli. “Buon giorno”, disse il piccolo principe. “Buon giorno”, disse il mercante. Era un mercante di pillole perfezionate che calmavano la sete. Se ne inghiottiva una alla settimana e non si sentiva più il bisogno di bere. “Perché vendi questa roba?” disse il piccolo principe. “È una grossa economia di tempo”, disse il mercante. “Gli esperti hanno fatto dei calcoli. Si risparmiano cinquantatre minuti alla settimana”. “E che cosa se ne fa di questi cinquantatre minuti?” “Se ne fa quel che si vuole....” “Io”, disse il piccolo principe, “se avessi cinquantatre minuti da spendere, camminerei adagio adagio verso una fontana...”. (ANTOINE DE SAINT-EXUPERY) -3- Indice Indice _____________________________________________________________ - 3 Indice _____________________________________________________________ - 4 Acqua______________________________________________________________ - 6 Le acque dell’oblio (Nanni Salio) ____________________________________ - 8 Presentazione ____________________________________________________ - 10 I Seminari ________________________________________________________ - 13 Inquinanti dell’acqua e nel suo ciclo: principali fonti e conseguenze (Maurizio Aceto) ______________________________________ - 15 L’acqua: una risorsa per l’evoluzione della vita sulla terra e per lo sviluppo delle società umane (Marco D. Tonon)__________________ - 37 La conservazione dell’acqua e del suolo (Andrea Giordano) ________ - 51 Perturbazioni antropiche del ciclo dell’acqua… con quali conseguenze? (Luca Mercalli) ______________________________________ - 65 Risparmio idrico e consumo responsabile dell’acqua (Paolo Bernardi) __________________________________________________________ - 87 La gestione dell’acqua: i pro e contro della sua privatizzazione (Gianfranco Durin) _________________________________________________ - 99 Allegati __________________________________________________________ - 107 Piccola sintesi sui cambiamenti climatici _______________________ - 107 Normativa e filtri domestici per le acque potabili ________________ - 109 -4- Dichiarazione di Roma del 10 dicembre 2003 __________________ - 111 Manifesto italiano per un governo pubblico dell’acqua___________ - 117 Bibliografia ______________________________________________________ - 147 Sitografia ________________________________________________________ - 152 Sguardo sistemico e spunti didattici ____________________________ - 156 Spunti per approfondire _________________________________________ - 169 Note biografiche _________________________________________________ - 199 - -5- Acqua Ci sono parole che da sempre, pur espresse con simboli e suoni diversi, fanno parte della comunicazione e del linguaggio umano, indicano o richiamano “cose”, fenomeni, fatti, sensazioni strettamente intrecciati con la vita, di cui sono la condizione, il substrato, cibo, sole, casa, luce, fuoco, dolore, paura, gioia. Acqua è una di queste. Da quando un primo ominide immergendo la testa in una pozza limpida, in modo scomposto, primordiale, esausto dopo una caccia ha bevuto con soddisfazione, provandone piacere, dopo aver percepito che quella “cosa” rinfrescava, puliva, lavava e ha trovato il modo di comunicarlo ai suoi compagni, da quel momento l’acqua, con un salto di consapevolezza che dall’istintivo fisiologico passava al culturale, è diventata risorsa. Tale è rimasta nel corso dei secoli. Ha consentito il formarsi delle prime civiltà, la nascita dei grandi aggregati urbani, ha permesso gli scambi ed i contatti fra i popoli, ha fornito alimentazione, energia, ha consentito l’agricoltura, ha ispirato versi immortali ed opere d’arte. L’abbiamo studiata, analizzata, abbiamo scoperto che l’evoluzione parte dall’acqua e che siamo noi stessi in buona percentuale acqua. Ma non l’abbiamo capita né rispettata. Per arrivare ad essere miliardi di uomini l’abbiamo costretta, forzata, piegata, sfruttata per soddisfare le crescenti, reali, esigenze della nostra specie dominante. Con imprevidenza, però, e superficialità, l’abbiamo sporcata, ridotta, inquinata. Con lo stesso atteggiamento di prepotenza ed arroganza, che ha portato uomini a sfruttare e rendere schiavi altri uomini, la società umana si è comportata con le ricchezze naturali che hanno consentito alla vita di evolvere. Solo ora cominciamo, lentamente, a capire, a renderci conto, ad essere consapevoli, a cercare soluzioni. Solo ora affianchiamo al concetto di “risorsa” un’altra idea, che necessariamente si impone, quella di “limitatezza”. Ma si rende necessario un altro radicale salto culturale che unisca alla -6- consapevolezza, il senso dell’agire con responsabilità e limite, la volontà e la capacità di previsione e prevenzione, come patrimonio di una organizzazione sociale che superi quello puramente individuale. Bene vengano quindi le azioni di informazione, di sensibilizzazione, di educazione ambientale. Ben venga l’impegno di sollecitazione ed aiuto reciproco verso un obiettivo di sostenibilità che non possiamo permetterci di mancare. Questo volume è quindi un nuovo, ulteriore contributo che l’Assessorato all’Ambiente della Regione Piemonte ha voluto sostenere per tradurre in atto concreto lo spirito, la vocazione ed il compito primario che è chiamato a svolgere, almeno per la parte di territorio che gli compete, di difensore e garante, per tutti, della qualità dell’ambiente e delle risorse. Nicola DE RUGGIERO Assessore Ambiente – Regione Piemonte -7- Le acque dell’oblio (Nanni Salio) In uno dei molteplici contributi di cui gli siamo grati, H2O e le acque dell’oblio, Ivan Illich ci aiuta a riportare alla memoria il percorso storico e sociale con cui il genere umano si è impantanato in un nuovo problema globale, quello dell’acqua. E in un altro dei suoi interventi, ci rammenta di come sia stato colpito dall’efficacia con cui José Bové ha sostenuto “qualcosa di veramente semplice, quasi banale, che [gli] ha aperto gli occhi: «Ciò che era gratuito diventa a pagamento»”. Ma aggiunge: “Permettetemi di fare una variazione: ciò che era buono è stato trasformato in valore.” La gratuità e il dono sono due degli aspetti più significativi del rapporto che le società tradizionali hanno saputo stabilire sia con la natura sia, sebbene non sempre, nell’ambito delle singole comunità. Vandana Shiva descrive questo rapporto con le parole con cui le donne del movimento Chipko cantano in coro quando abbracciano gli alberi per difenderli dalla distruzione: Che cosa dà la foresta? Suolo, acqua e aria pura. Il suolo, l’acqua e l’aria pura sostentano la terra e tutti i suoi esseri. Da tempo, i processi di modernizzazione hanno cancellato questa consapevolezza, sostituendola con la privatizzazione a tutto campo, con conseguenze che si stanno rivelando disastrose sul piano relazionale e non sostenibili su quello ambientale. Faticosamente, c’è chi tenta di invertire questo processo provando a costruire nuove comunità postmoderne che sappiano cogliere il meglio della tradizione e della modernità. Questa sfida è tuttora in corso e si svolge nei luoghi e secondo i percorsi più disparati. -8- I contributi raccolti in questo testo sono un esempio di come vari soggetti (Regione Piemonte, Università di Torino, Centro Sereno Regis) possono collaborare per ricreare attraverso una aggiornata e rigorosa conoscenza scientifica uno dei presupposti necessari per recuperare la consapevolezza perduta delle nostre relazioni ecologiche. Ma oltre all’approccio più intellettuale occorrerà attivare modalità esperienziali che ci permettano di vivere direttamente la complessa problematica dell’acqua e ci aiutino ad assumere comportamenti responsabili per avviare a soluzione almeno le questioni più immediate e pressanti. -9- Presentazione Un ciclo di seminari L’evento che ci ha portate a curare la stampa di questo testo risale al 2003. La Giornata Mondiale dell’Ambiente, che si celebra ogni anno il 5 giugno, era dedicata quell’anno a una serie di iniziative volte a richiamare l’attenzione del pubblico sul tema dell’acqua. Grazie al contributo finanziario della Provincia di Torino il Centro Studi Domenico Sereno Regis di Torino, in collaborazione con il Gruppo di Ricerca in Didattica delle Scienze Naturali e alcuni docenti dell’Università di Torino e del Piemonte orientale, organizzò un ciclo di Seminari su questo tema, allo scopo di offrire nuove conoscenze, spunti di riflessione, inviti all’azione in un’ottica di sostenibilità ambientale e sociale. Il ciclo di Seminari era rivolto a un pubblico non specializzato, e si proponeva di interpretazioni collegare sul tema e integrare dell’acqua gli sguardi, offerte dalle le conoscenze, diverse le discipline scientifiche. I cittadini, posti di fronte a relazioni analitiche approfondite, esposte con linguaggio tecnico da grandi esperti, si sentono spesso inadeguati, tendono ad assumere atteggiamenti passivi e a delegare ad altri le scelte. Ci sembrava importante proporre un approccio rigoroso ma espresso con un linguaggio semplice, e al tempo stesso interdisciplinare, cioè attento a presentare una varietà di sguardi. Speravamo così di favorire la costruzione, nella mente delle persone presenti nel pubblico, di uno scenario più ampio, entro il quale fosse possibile cogliere la complessità delle problematiche connesse all’acqua, a individuare complementarietà, contraddizioni, incongruenze, incertezze, a sviluppare riflessioni critiche in vista di una maggiore assunzione di responsabilità. Una opportunità di integrazione Più di un anno dopo la conclusione dei Seminari è stata presentata al Centro Studi Domenico Sereno Regis e al Gruppo di Ricerca in Didattica - 10 - delle Scienze Naturali la possibilità di pubblicare gli Atti dei Seminari, grazie al sostegno finanziario della Regione Piemonte. L’Assessorato all’Ambiente tramite il settore “Politiche di prevenzione, tutela e risanamento ambientale”, ci ha proposto di curare la pubblicazione in modo da farne uno strumento chiaro e agile, aggiornato sui principali dibattiti in corso e didatticamente efficace. Abbiamo colto l’occasione per integrare i contenuti delle relazioni con alcuni documenti che illustrano ulteriori punti di vista sul tema dell’acqua, non affrontati dai relatori a suo tempo intervenuti, e per fornire alcuni aggiornamenti su problematiche di particolare attualità. La collaborazione tra il Centro Studi con la sua ricchissima biblioteca e il Gruppo di Ricerca con le sue competenze didattiche ha permesso di organizzare la pubblicazione in modo articolato, e di offrirla ai lettori accompagnata da alcune riflessioni, indicazioni di approfondimento, spunti per attività educative. Oltre alle relazioni dei Seminari e alle relative bibliografie i lettori troveranno quindi, in sequenza: una serie di schemi che sintetizzano gli argomenti principali trattati dai relatori; una ‘mappa concettuale’ che evidenzia alcune delle possibili connessioni tra i diversi sguardi offerti nei Seminari alcuni documenti e osservazioni volti a presentare altri temi relativi all’acqua, non presi in esame o appena accennati nei Seminari. A quali destinatari ci rivolgiamo? Pensiamo che la lettura di questo volume possa offrire nuove conoscenze scientifiche al pubblico non specialista, e aiutarlo a sviluppare un approccio ‘sistemico’, cioè in grado di apprezzare la molteplicità di sguardi e di punti di vista delle diverse discipline e di mettere in luce le connessioni e le interdipendenze tra le problematiche relative all’acqua. Inoltre ci auguriamo che educatori e insegnanti possano trovare qualche suggerimento metodologico per affrontare il tema dell’acqua valorizzandone - 11 - gli aspetti di complessità e problematicità e incoraggiando bambini e giovani ad accompagnare le competenze acquisite con atteggiamenti e comportamenti coerenti. Le scelte in corso, a livello locale e globale, sull’uso e sulla gestione dell’acqua - risorsa vitale e scarsa - condizioneranno i destini dei viventi (non solo umani) in questo secolo. In una prospettiva di democrazia i cittadini devono essere messi in condizione di capire, di esprimere il loro parere, e di essere ascoltati. Speriamo che le letture qui offerte possano contribuire a questo scopo. Ringraziamenti Il nostro grazie va a tutti i membri del Gruppo di Ricerca in Didattica delle Scienze Naturali per i suggerimenti, gli stimoli e l’incoraggiamento donati durante la progettazione e stesura di questi Atti. Grazie al Centro Studi Sereno Regis per la progettazione dei Seminari, l’ospitalità durante gli incontri, infine per la vasta documentazione fornita attraverso la propria biblioteca. Un ringraziamento particolare ai relatori, che hanno offerto gratuitamente le loro “conversazioni” in occasione dei Seminari 2003 e sono rimasti disponibili in occasione di questa pubblicazione fornendo i testi scritti con preziosi aggiornamenti e suggerimenti bibliografici. E infine grazie al Dott. Carlo Bonzanino che da anni sostiene l’impegno comune di gruppi universitari e associazioni nel promuovere una cultura e una prassi orientate alla sostenibilità. - 12 - I Seminari “Un percorso interdisciplinare di conoscenza sull’acqua” Nell’ambito di questa iniziativa sono stati ideati e realizzati sei Seminari, rivolti a un pubblico desideroso di approfondire i molteplici aspetti che la questione dell’acqua contempla. La serie di seminari si proponeva di fornire un’informazione accurata sui vari aspetti dell’acqua, con un approccio che tenesse conto sia delle problematiche scientifiche che di quelle socio-culturali. Particolare rilievo è stato dato ad alcuni settori specifici del ciclo dell’acqua e del suo utilizzo razionale. I Relatori - attraverso i loro punti di vista - hanno aiutato i partecipanti ad approfondire argomenti come la nascita della vita sulla Terra, i cicli dell’acqua a tempi brevi e lunghi, la distribuzione della vita nell’acqua, i delicati equilibri tra acqua e suolo, le cause di immissione di sostanze inquinanti nell’acqua e nel suo ciclo, e le conseguenze a breve e a lungo termine, le perturbazioni del ciclo dell’acqua conseguenti ai cambiamenti climatici. È stata poi approfondita la riflessione sulla gestione dell’acqua, in particolare dell’acqua potabile, e sulle opportunità da parte del pubblico di praticare un consumo responsabile e di orientare i decisori politici con le proprie scelte. In particolare i seminari si proponevano di affrontare le seguenti domande: Quali sono stati i cambiamenti avvenuti nel corso dell’evoluzione della Terra alla distribuzione delle acque? Che perturbazioni apporta l’uomo al ciclo dell’acqua? Come si muove l’acqua nella biosfera? Quali sono le conseguenze degli inquinanti di origine antropica? Come e perché attuare il consumo responsabile dell’acqua? - 13 - Come viene ‘vista’ l’acqua dalle società industriali? Come gestire una risorsa così fondamentale? Guidando la riflessione sia sui macro-aspetti globali sia sulle piccole e diversificate situazioni locali, uno degli obiettivi dei seminari è stato quello di stimolare nel pubblico la comprensione e l’interiorizzazione non solo degli aspetti scientifici, ma anche quelli culturali e sociali di una risorsa così importante come l’acqua. Un altro obiettivo era quello di far emergere la complessità del problema ‘acqua’, di mettere in luce alcune delle interconnessioni tra la situazione dell’acqua e le altre problematiche ambientali a livello macroscopico, e di sottolineare l’importanza delle scelte collettive e individuali nell’affrontare quella che sta diventando sempre più chiaramente una “emergenza acqua” a livello mondiale. - 14 - Inquinanti dell’acqua e nel suo ciclo: principali fonti e conseguenze (Maurizio Aceto) Dopo aver illustrato le tipologie di acqua per uso umano disponibili sul nostro pianeta e averne descritto le caratteristiche principali, il relatore prende in esame le possibili cause di contaminazione dell’acqua, distinguendo i contaminanti in inorganici, organici e biologici. Spesso si tratta di sostanze non degradabili o che impiegano tempi lunghissimi per decomporsi. Inoltre sono numerosissime: si ritiene che attualmente siano alcuni milioni le sostanze chimiche conosciute. Quelle effettivamente disponibili sul mercato sono circa 100.000 di cui circa 8000 tossiche e 200 ritenute cancerogene e sospette cancerogene; solo per 2100 prodotti sono stati individuati i rispettivi valori limite di tossicità. Nella parte conclusiva del suo intervento il relatore illustra le principali caratteristiche delle acque in bottiglia, in relazione alla presenza di sostanze da un lato essenziali e dall’altro potenzialmente tossiche operando un interessante confronto con le acque potabili. Le acque ad uso umano Sotto la dizione acque ad uso umano vengono raggruppate tutte le tipologie di acque che, secondo l’attuale normativa, sono distinte in: • acque potabili • acque di sorgente • acque minerali-naturali • acque termali Questa distinzione ha una fortissima connotazione economica, in quanto il costo delle varie acque, per motivi vari, è molto diverso (l’acqua erogata dalla rete pubblica costa mediamente 1,5 lire (circa 0,1 centesimi di euro) al litro, contro le 500 lire (circa 26 centesimi di euro) al litro dell’acqua in bottiglia!). Acque potabili Per acque potabili si intendono principalmente le acque distribuite tramite pubblici acquedotti, ma anche in cisterne, in bottiglie e altri contenitori, impiegate per usi domestici, nelle industrie alimentari e nella - 15 - preparazione dei cibi e bevande. Le fonti di approvvigionamento possono essere diverse: si possono usare sia acque sotterranee che superficiali anche salmastre, se opportunamente trattate. Con l’introduzione del D.L. n. 31/2001, integrato dal D.L. n. 27/2002 (in attuazione della direttiva CE n. 83/1998) è consentita la commercializzazione anche per l’acqua destinata al consumo umano, ovvero quella potabile o di rubinetto, ovviamente in osservanza alle norme stabilite per l’imbottigliamento, i trattamenti chimico-fisici autorizzati e i parametri analitici del prodotto. Nella maggior parte degli acquedotti le acque sono sottoposte a disinfezione. Ad eccezione del trattamento con raggi ultravioletti, la disinfezione comporta sempre il contatto con sostanze chimiche che lasciano tracce e alterazioni dell’acqua; i composti del cloro, comunemente impiegati per tale scopo, possono determinare la formazione di derivati organoalogenati, sostanze dotate di una tossicità più o meno elevata in funzione della loro natura e quantità. Minori problemi si hanno nell’applicazione di ozono (O3) che però ha un’azione limitata nell’ambito della linea di erogazione, e nell’utilizzo di radiazioni UV. Dai trattamenti di disinfezione si hanno due conseguenze: • le acque possono contenere sostanze indesiderate per la salute dei consumatori; • non tutte le acque di acquedotto manifestano quella gradevolezza che sarebbe necessaria per un loro impiego potabile: spesso il trattamento di disinfezione prima dell’immissione in rete modifica i caratteri organolettici (odore e sapore). Per questi motivi le acque di acquedotto vengono talvolta sottoposte a trattamenti definiti genericamente di depurazione. Acque di sorgente Per acque di sorgente si intendono quelle disciplinate dal Decreto Legislativo 04-08-1999 n. 339. Le principali caratteristiche di queste acque sono: • origine rigorosamente sotterranea; - 16 - • nessuna disinfezione; • non possono essere trasportate se non attraverso le tubature di adduzione allo stabilimento, e quindi sono confezionate all’origine; • la composizione chimica e la temperatura non devono subire variazioni significative nel tempo; • i valori dei parametri organolettici (odore, sapore, ecc), di composizione e le sostanze contaminanti devono rispettare i valori limite indicati per le acque destinate al consumo umano (DPR 236/88); • il contenuto dei sali disciolti non può superare il valore di 1500 milligrammi per litro; • non si possono attribuire a queste acque proprietà favorevoli alla salute; • nelle etichette sui contenitori, a differenza di quanto avviene per le acque minerali naturali, non è obbligatorio riportare la composizione chimica; • sono acque per le quali è previsto il riconoscimento del Ministero della Salute. L’attuale produzione di queste acque si aggira intorno a 50 milioni di litri/anno: rispetto a quelle minerali naturali è una produzione molto bassa. Acque minerali Per acque minerali naturali si intendono acque “...con caratteristiche igieniche particolari e, eventualmente, proprietà favorevoli alla salute”. Ovvero possono avere proprietà favorevoli alla salute ma questa non è una caratteristica fondamentale. L’acqua minerale si differenzia dall’acqua potabile soprattutto per l’assenza di qualsiasi trattamento di disinfezione. Spesso, quindi (ma non sempre) è di qualità superiore ad un’acqua potabile soprattutto nelle caratteristiche più evidenti come sapore e odore e pertanto è generalmente più gradevole. L’assenza di trattamenti di disinfezione richiede una serie di precauzioni e l’uso di impianti - 17 - avanzati per l’estrazione e l’imbottigliamento. Gli investimenti conseguenti sono spesso elevati: per questo un’acqua minerale ha costi tanto differenti rispetto ad altre tipologie di acque. Il surplus di investimento richiesto è però facilmente recuperato mediante un impatto pubblicitario molto convincente. Se dal punto di vista organolettico l’assenza di prodotti secondari della disinfezione garantisce una maggiore purezza delle acque minerali rispetto a quelle di acquedotto, dal punto di vista sanitario, paradossalmente, le acque minerali possono risultare fuori controllo. Ad esempio, per esse non è previsto un limite per il contenuto dei sali disciolti, al contrario di quanto avviene per le acque potabili e di sorgente (1500 mg/l). Esistono acque minerali che non sarebbero da considerare potabili per il loro contenuto salino, pur essendo considerate più pregiate. Acque con residuo fisso molto elevato o molto basso non dovrebbero essere impiegate in alternativa alle acque potabili se non dietro prescrizione medica, in quanto potrebbero determinare degli squilibri. Acque termali La legge n. 323 del 24 ottobre 2000 definisce “...le acque termali come le acque minerali naturali, di cui al regio decreto 28 settembre 1919 n. 1924, e successive modificazioni, utilizzate a fini terapeutici...”. L’impiego delle acque termali in Italia ha una tradizione che risale a tempi antichissimi: molte acque sono conosciute a fondo nelle loro proprietà chimiche, chimicofisiche e terapeutiche. Più complessa è invece l’identificazione dal punto di vista legislativo: molti sono gli elementi in comune con le acque minerali, di cui possono essere considerate una categoria. Composizione delle acque Le sostanze che si trovano naturalmente disciolte nell’acqua sono sali che provengono dal processo di dissoluzione dei minerali che costituiscono le rocce ed i suoli attraversati dall’acqua di origine piovana che ha effetto dilavante (figura 1). - 18 - Figura 1 - Ciclo naturale dell’acqua Il tipo di sali presenti dipende dalle rocce attraversate e dal tempo di contatto. Le rocce calcaree (cioè contenenti CaCO3, come marmo, dolomite ecc.) cedono ioni bicarbonato, calcio, magnesio; le rocce contenenti gesso (solfato di calcio biidrato, CaSO4·2H2O) cedono ioni calcio e solfato; gli ioni sodio e cloruro possono invece provenire da rocce contenenti cloruro di sodio. In linea di massima, quindi, la composizione delle acque alla fonte riflette quella delle rocce nelle cui vicinanze si formano i bacini. I sali sono presenti come ioni, cioè specie aventi cariche positive o negative: ione sodio ⇒ Na+ ione cloruro ⇒ ClIn generale, gli ioni più comuni nelle acque sono: • Na+, K+, Ca2+, Mg2+ tra gli ioni positivi • Cl-, SO42-, HCO3- tra gli ioni negativi Altri elementi presenti nelle rocce e rilasciati in acqua, tendono a formare sostanze insolubili che precipitano, es. il ferro forma idrossido, Fe(OH)3. N.B. la quantità di ioni positivi e ioni negativi in un’acqua è uguale! Funzione delle acque Come tutti sanno, l’acqua ha una funzione insostituibile per gli organismi viventi. Gli ioni presenti nell’acqua sono importanti per le cellule che svolgono funzioni varie perché sono immerse in soluzioni saline a concentrazione costante; i sali assunti con l’acqua contribuiscono a - 19 - mantenerle nel giusto equilibrio. L’acqua potabile è una soluzione di ioni (ione calcio, ione sodio, ione bicarbonato ecc.) in concentrazione ottimale. Per questo motivo, essa è una componente essenziale della nostra dieta. Acqua distillata, acqua piovana, acqua di fusione delle nevi sono da considerare non potabili perché prive di sali disciolti: non danno nutrimento. Contaminazione dell’acqua La contaminazione di un’acqua può avere cause naturali o, più spesso, derivare dall’attività umana collegata ad insediamenti urbani, industriali o agricoli-zootecnici. Si possono distinguere i contaminanti in inorganici, organici e biologici. Contaminanti inorganici Possiamo distinguerli in: • metalli come cadmio, piombo, mercurio • anioni (cioè ioni negativi) quali nitrato, nitrito, fosfato • altre specie (semimetalli, sali). Metalli pesanti e di transizione Tra i metalli che possono essere presenti nelle acque sono di rilevanza tossicologica quelli comunemente noti come metalli pesanti (cadmio, cromo, piombo, mercurio, nichel, ecc.) per i quali la contaminazione naturale è piuttosto rara. La loro origine è infatti quasi sempre antropica: scarichi industriali, attività agricole, ecc. I metalli pesanti, data la loro tossicità, hanno una soglia di concentrazione ammessa molto bassa, dell’ordine dei microgrammi per litro. Sono sufficienti quantità piccolissime di metalli pesanti per rendere un’acqua non idonea all’uso potabile: es. 5 milligrammi di cadmio bastano per contaminare 1 metro cubo di acqua. I metalli, dal punto di vista fisiologico, hanno un comportamento che si - 20 - può rappresentare con una curva gaussiana (figura 2). difetto ottimale eccesso Figura 2 - Effetto della concentrazione di due diversi metalli a livello fisiologico. (In ascissa la concentrazione, in ordinata l’efficienza metabolica) Una classificazione dei metalli in base al loro comportamento biologico è riportata nella tabella seguente. Tabella 1 - Comportamento biologico degli elementi Ca, Cu, Fe, K, Mg, Mn, Na, P, Elementi essenziali ad animali e piante Se, Zn Elementi essenziali ad alcune classi di animali o piante Co, Cr, Mo, Si, V Elementi essenziali a una o due specie Al, Ba, Li, Ni, Sr Elementi essenziali ma di funzione ignota Rb, Sn Elementi non essenziali o tossici As, Cd, Hg, Pb Gli effetti tossici dei metalli pesanti sono molteplici e notevoli, a causa della loro persistenza nell’ambiente: gli ioni positivi Cd2+, Hg2+ e Pb2+, ad esempio, riescono a sostituire ioni essenziali in reazioni fisiologicamente importanti come il trasporto dell’ossigeno o reazioni enzimatiche. I casi di contaminazione da metalli in acque sono purtroppo ampiamente noti. Solo recentemente si può citare il caso del mercurio nelle acque del porto di Priolo (SR), nelle quali, a causa degli scarichi dagli impianti Enichem è stata riscontrata una percentuale di mercurio 20.000 volte - 21 - superiore ai limiti di legge. Nel passato, il caso di Minamata è ampiamente (e tristemente) noto. I contaminanti inorganici sono in grado di alterare le caratteristiche organolettiche (colore, odore, sapore e torbidità) dell’acqua potabile in maniera naturale. Le acque sotterranee sono per lo più povere d’ossigeno e si mantengono limpide riuscendo a tenere disciolti il ferro e il manganese nella forma ridotta (ione ferroso, Fe2+ e manganoso, Mn2+) anche a concentrazioni superiori ai valori limite. Un’acqua sotterranea che contiene ferro e manganese in quantità elevate quando viene portata in superficie si trasforma in breve tempo in una soluzione torbida e giallastra a causa dell’azione dell’ossigeno atmosferico: Fe2+ + O2 ⇒ Fe3+ Mn2+ + O2 ⇒ Mn4+ Questi ioni formano prodotti poco solubili e provocano la precipitazione di fanghiglie colorate dal giallo-ruggine al nero. Un’acqua con queste caratteristiche è indesiderabile (sapore metallico, fenomeni di corrosione delle tubature, macchie sulla biancheria durante il lavaggio). Metalli alcalini e alcalino-terrosi Gli ioni sodio, potassio, calcio e magnesio non sono da considerarsi contaminanti, ma possono diventarlo se presenti in quantità eccessive (es. acqua di mare!). Altri ioni e anioni Lo ione ammonio (NH4+) deriva principalmente dalle deiezioni umane o animali; la sua presenza nelle acque, specialmente in quelle sotterranee, è dovuta in alcuni casi a cause geologiche quali ad esempio la degradazione di materiale in via di fossilizzazione (resti di piante, giacimenti di torba, ecc.). Al contrario la sua presenza associata ad analisi microbiologiche sfavorevoli costituisce un sicuro indice di inquinamento da scarichi fognari o zootecnici. Nitriti (NO2-) e nitrati (NO3-) possono essere prodotti in natura dallo ione - 22 - ammonio oppure da fenomeni conseguenti all’impiego dei fertilizzanti azotati in agricoltura. Lo ione nitrato è infatti presente come componente di sali molto solubili impiegati come fertilizzanti e può passare velocemente nelle acque sotterranee per dilavamento del suolo agricolo. Questi anioni sono precursori di sostanze cancerogene. Altri anioni comunemente presenti in acque contaminate sono i fosfati (PO43-) che hanno un’origine quasi sempre antropica, essendo contenuti nei detersivi o nei fertilizzanti: PO43- ⇒ eutrofizzazione Cloruri (Cl-), solfati (SO42-) e fluoruri (F-) sono anioni comunemente presenti nelle acque potabili in quanto derivano dal dilavamento delle rocce; la loro presenza è inopportuna solo a concentrazioni molto elevate. Altri contaminanti inorganici Un’altra sostanza d’origine naturale che frequentemente altera la qualità dell’acqua di possibile uso potabile è l’acido solfidrico (H2S), un gas facilmente riconoscibile per il caratteristico odore di uova marce. Questa sostanza è ritenuta a torto un indice di scarsa qualità dell’acqua potabile: è noto da molti secoli l’impiego terapeutico delle acque sulfuree anche come bevande. Tuttavia, la normativa delle acque potabili prevede che questa sostanza non sia presente nelle comuni acque potabili perché l’odore dell’acqua è sgradevole e perché è comunque sconsigliabile l’assunzione per lunghi periodi. L’acido solfidrico è facilmente eliminabile per ossigenazione: H2S + O2 ⇒ SO42La presenza di materiale argilloso o di idrossidi di ferro e alluminio può provocare l’aumento della torbidità dell’acqua, un fattore che influenza frequentemente la qualità dell’acqua potabile. Queste sostanze sono usate nel processo di potabilizzazione delle acque superficiali e possono erroneamente finire nella rete acquedottistica. Talvolta fenomeni di corrosione delle tubature danno luogo ad acque rosse per presenza di idrossido di ferro. - 23 - Contaminanti organici Fra le sostanze che possono contaminare le acque si trovano numerosi composti organici. Si tratta di sostanze che contengono carbonio e che sono presenti in natura ma che sono anche prodotte dall’attività umana (chimica della plastica, del legno, della carta, del petrolio e derivati, dei solventi e delle vernici). Spesso si tratta di sostanze non degradabili o che impiegano tempi lunghissimi per decomporsi. Si ritiene che attualmente siano alcuni milioni le sostanze chimiche conosciute. Quelle effettivamente disponibili sul mercato sono circa 100.000 di cui circa 8.000 tossiche e 200 ritenute cancerogene e sospette cancerogene; solo per 2.100 prodotti sono stati individuati i rispettivi valori limite di tossicità. Ovviamente questi prodotti organici non sono tutti presenti contemporaneamente nell’ambiente: l’eventuale presenza in una zona è legata all’esistenza di industrie di produzione o all’utilizzo locale di singoli prodotti o classi di prodotti. Tra i contaminanti organici si riscontrano più frequentemente: • trielina, tetracloroetilene e composti organoalogenati in genere; sono prodotti in uso nelle lavanderie e in industrie metalmeccaniche, comunemente usati per lo sgrassaggio dei pezzi meccanici; • idrocarburi; sono componenti delle benzine e degli oli lubrificanti; lo sversamento di queste sostanze nel suolo può determinare gravi inquinamenti delle acque; • pesticidi, fungicidi, ecc.; prodotti utilizzati in agricoltura che possono penetrare le falde acquifere. Altri contaminanti organici sono quelli che si formano come sottoprodotti del trattamento di potabilizzazione con cloro: i cosiddetti Disinfection By Products (DBP). Queste sostanze si generano per reazione chimica dei prodotti contenenti cloro, impiegati come disinfettanti, con sostanze organiche naturali di origine vegetale sempre presenti nelle acque a livelli bassi: - 24 - • Aloformi (derivati alogenati del metano) come il cloroformio, • Clorofenoli, • Alogenoderivati dei nitrili, • Acidi carbossilici alogenati. Dal punto di vista dell’abbattimento di microrganismi (e da quello economico) il trattamento con clorazione è vantaggioso. Non è pensabile di avere acqua potabile senza un trattamento igienizzante di questa potenza. Tuttavia, da un punto di vista sanitario esso può risultare inadatto, come abbiamo visto. Sono perciò state proposte alternative più pulite, consistenti nell’uso combinato di luce UV (che distrugge i microrganismi) e acqua ossigenata (che distrugge i prodotti di degradazione biologica e gli agenti patogeni fino all’utente finale). Contaminanti biologici Sono microrganismi (invisibili ad occhio nudo) che, se ingeriti, possono provocare un danno alla salute del consumatore. Le malattie che possono essere trasmesse dall’acqua sono alquanto numerose e sono causate da varie specie di microrganismi (dai più grandi ai più piccoli): elminti, protozoi, miceti (funghi), batteri e virus. A causa della contaminazione microbiologica, le acque potabili in natura sono sempre più rare. Solo le sorgenti di montagna, localizzate in aree dove sono assenti insediamenti umani, possono offrire buone garanzie di sicurezza; tuttavia già la presenza di animali selvatici può indurre fenomeni di contaminazione delle acque. Contaminanti nell’acqua che beviamo Normalmente la quantità delle sostanze contaminanti nell’acqua potabile che beviamo tutti i giorni è limitata, sia perché intervengono filtri di depurazione a carbone attivo sia perché le sostanze che possono generarle sono a concentrazioni basse. Alcune ricerche sulla purezza delle acque potabili italiane hanno dato risultati incoraggianti ma non del tutto tranquillizzanti. Greenpeace, in un’indagine recente portata avanti su tutto il territorio - 25 - nazionale, ha segnalato la presenza di sostanze organiche negli acquedotti. Le concentrazioni rilevate erano quasi sempre al di sotto dei limiti previsti per legge, ma è sintomatico il fatto che le sostanze siano state identificate quasi dappertutto. L’indagine di Altroconsumo (maggio 2003) ha rilevato che “...nel complesso lo stato di salute dell’acqua degli acquedotti è accettabile (...) l’acqua negli acquedotti delle città italiane è mediamente buona, potabile, ma va difesa e migliorata”. In definitiva, una maggiore qualità è possibile ed è raggiungibile con trattamenti opportuni. Normative L’acqua che beviamo ha quindi una funzione estremamente importante. Ma quale è il quantitativo ideale degli ioni nell’acqua? Dal punto di vista legislativo esistono valori limite per molte delle sostanze che possono essere presenti nell’acqua; se uno o più composti sono rilevati in quantità superiore al valore limite, l’acqua non presenta più i requisiti di potabilità. I limiti sono stabiliti tenendo conto dell’assunzione massima giornaliera su lunghi periodi, della natura del contaminante e della sua eventuale tossicità. Acque potabili La normativa più recente sulle acque potabili è il D.L. 02-02-01 n. 31 che recepisce la direttiva CE 1998/83. Il decreto introduce nuovi parametri da misurare nell’acqua potabile, allo scopo di ricercare sostanze di provenienza industriale a rischio tossicologico quali cloruro di vinile, benzene, benzopirene, trielina o dicloroetano. Inoltre sono valutati due parametri collegati ai sistemi di potabilizzazione: bromati ed epicloridina, composti che possono provenire dagli impianti di trattamento, il primo come risultato dell’utilizzo dell’ozono per la disinfezione delle acque, il secondo come residuo del trattamento in sostituzione al cloro. I parametri da determinare sono circa 60, divisi in microbiologici, chimici, indicatori, di - 26 - radioattività e accessori. Da notare che, con la nuova normativa, se si superano i parametri batteriologici e chimici ci sono solo sanzioni amministrative (da 10.329 € a 61.974 €), mentre per il superamento dei parametri indicatori, di radioattività e accessori non è prevista alcuna sanzione. Tabella 2 - Valori limite per le acque potabili N. Parametro Valore (unità di misura) Parametri batteriologici 1 Escherichia coli (E. coli) 0 (numero/100 ml) 2 Enterococchi 0 (numero/100 ml) Parametri chimici 3 Acrilammide 0.10 µg/l 4 Antimonio 5.0 µg/l 5 Arsenico 10 µg/l 6 Benzene 1.0 µg /l 7 Benzo(a)pirene 0.010 µg/l 8 Boro 1.0 mg/l 9 Bromato 10 µg/l 10 Cadmio 5.0 µg/l 11 Cromo 50 µg/l 12 Rame 1.0 mg/l 13 Cianuro 50 µg/l 14 1,2-Dicloroetano 3.0 µg/l 15 Epicloridina 0.10 µg/l 16 Fluoruro 1.5 mg/l 17 Piombo 10 µg/l 18 Mercurio 1.0 µg/l 19 Nichel 20 µg/l 20 Nitrato 50 mg/l 21 Nitriti 0.5 mg/l (0.1 impianti) 22 Antiparassitari 0.10 µg/l 23 Antiparassitari - Totale 0.50 µg/l 24 Idrocarburi policiclici aromatici 0.10 µg/l 25 Selenio 10 µg/l 26 Tetracloroetilene, Tricloroetilene 10 µg/l - 27 - 27 Trialometani (totale) 30 µg/l 28 Cloruro di Vinile 0.5 µg/l 29 Clorito 200 µg/l 30 Vanadio 50 µg/l Parametri indicatori 31 Alluminio 200 µg/l 32 Ammonio 0.50 mg/l 33 Cloruro 250 mg/l 34 Clostridium perfringens 0 (numero/100 ml) 35 Colore 1 36 Conduttività 2500 µScm-1 a 20°C 37 Concentrazione ioni idrogeno 6.5 - 9.5 unità pH 38 Ferro 200 µg/l 39 Manganese 50 µg/l 40 Odore 1 41 Ossidabilità 5.0 mg/l O2 42 Solfato 250 mg/l 43 Sodio 200 mg/l 44 Sapore 1 45 Conteggio delle colonie a 22°C 2 46 Batteri coliformi a 37°C 0 (numero/100ml) 47 Carbonio organico totale (TOC) 2 48 Torbidità 1 49 Durezza consigliati 15 - 50°F 50 Residuo secco massimo consigliato 1500 mg/l 51 Disinfettante residuo consigliato 0.2 mg/l se impiegato Radioattività 52 Trizio 100 Becquerel/l 53 Dose totale indicativa 0.10 mSv/anno 1 accettabile per i consumatori senza variazioni anomale 2 senza variazioni anomale Acque minerali naturali Per le acque minerali naturali, in attuazione della direttiva CE 2003/40 è stato recentemente emanato il D.M. 29-12-03 che aggiorna la normativa vigente, introduce limiti per parametri nuovi, in particolare per quanto - 28 - riguarda i metalli, e rende più restrittivi i parametri vigenti finora. Inoltre prevede la possibilità di trattare le acque minerali naturali con aria arricchita di ozono per separare i composti di ferro, manganese, zolfo e arsenico attraverso l’ossidazione degli ioni e formazione di precipitati. Dalle analisi chimiche e fisico-chimiche deve risultare la determinazione dei seguenti parametri relativi all’acqua minerale, oltre alla temperatura dell’aria al momento del prelievo: 1. temperatura alla sorgente 12. potassio 2. pH dell’acqua alla sorgente 13. calcio 3. conducibilità elettrica specifica 14. magnesio a 20°C 15. ferro disciolto 4. residuo fisso a 180°C 16. ione ammonio 5. ossidabilità 17. fosforo totale 6. anidride carbonica libera alla 18. grado solfidrimetrico sorgente 19. stronzio 7. silice 20. litio 8. bicarbonati 21. alluminio 9. cloruri 22. bromo 10. solfati 23. iodio. 11. sodio Il decreto stabilisce poi una serie di parametri relativi a sostanze di origine naturale che non devono derivare da una eventuale contaminazione della fonte, il superamento dei quali limiti può rappresentare un rischio per la salute pubblica. Tabella 3 - Valori limite per le acque minerali N. Parametro Valore (unità di misura) 1 Antimonio 5 µg/l 2 Arsenico 10 µg/l 3 Bario 1 mg/l 4 Boro 5 mg/l 5 Cadmio 3 µg/l - 29 - 6 Cianuro 10 µg/l 7 Cromo (totale) 50 µg/l 8 Fluoruri 5 mg/l1 9 Manganese 0.50 mg/l 10 Mercurio 1 µg/l 11 Nichel 20 µg/l 12 Nitrati 45 mg/l2 13 Nitriti 20 µg/l 14 Piombo 10 µg/l 15 Rame 1 mg/l 16 Selenio 10 µg/l 1 1.5 mg/l per acque destinate all’infanzia 2 10 mg/l per acque destinate all’infanzia Infine, non devono essere presenti le seguenti sostanze o composti derivanti dall’attività antropica: Tabella 4 - Valori limite per le acque minerali – sostanze di origine antropica N. Parametro Limiti minimi (µg/l) 1 Agenti tensioattivi 50 (come LAS) 2 Oli minerali – idrocarburi disciolti o emulsionati 10 3 Benzene 0.5 4 Idrocarburi policiclici aromatici 5 Benzo(a)pirene 0.003 Benzo(b)fluorantene 0.006 Benzo(k)fluorantene 0.006 Benzo(ghi)perilene 0.006 Dibenzo(a,h)antracene 0.006 Indeno(1,2,3-cd)pirene 0.006 Altri 0.006 Antiparassitari* insetticidi, fungicidi, nematocidi, acaricidi, alghicidi, rodenticidi, prodotti connessi e i pertinenti metaboliti, prodotti di degradazione e di 0.5 reazione (singolo composto) aldrin, dieldrin, eptacloro, eptacloro epossido - 30 - 0.01 (singolo composto) 6 7 Policlorobifenili (singolo congenere) 0.05 Composti organoalogenati che non rientrano nelle voci 5 e 6 Cloroformio, clorodibromometano, diclorobromometano, bromoformio (singolo 0.5 composto) Tricloroetilene, tetracloroetilene, 1-2-dicloroetano ed altri 8 0.1 Composti residui di trattamento con ozono Ozono disciolto 50 Bromati 3 Bromoformi 1 * Tra le classi di composti elencate si devono ricercare quegli antiparassitari che hanno maggiore probabilità di trovarsi nel territorio influente sulla risorsa interessata. L’elenco di tali composti va richiesto alle locali autorità sanitarie competenti. La garanzia di qualità per l’acqua minerale è data dal mancato riscontro di queste sostanze utilizzando metodi analitici che consentano livelli minimi di rendimento. Confronto tra le normative Con l’introduzione del D.M. 29-12-03 si sono attenuate alcune delle molte, clamorose discrepanze tra la qualità chimica richiesta per l’acqua potabile e quella richiesta per le acque minerali. I limiti per la maggior parte dei parametri sono ugualmente restrittivi per le due tipologie. Restano ancora alcuni punti apparentemente inspiegabili, come per esempio il fatto che il residuo salino sia limitato nelle acque potabili e di sorgente (1500 mg/l) ma non nelle minerali. Se consideriamo i parametri chimici (il cui superamento è sanzionato), non ci sono grosse differenze tra i limiti per le due tipologie. - 31 - Tabella 5 - Confronto di normative – parametri chimici Parametri chimici Acque potabili Acque minerali Acrilammide 0.10 µg/l - Antimonio 5.0 µg/l 5.0 µg/l Arsenico 10 µg/l 10 µg/l Bario - 1.0 µg/l Benzene 1.0 µg /l 0.5 µg/l Benzo(a)pirene 0.010 µg/l 0.003 µg/l Boro 1.0 mg/l 5.0 mg/l Bromato 10 µg/l 3.0 µg/l Cadmio 5.0 µg/l 3.0 µg/l Cromo 50 µg/l 50 µg/l Rame 1.0 mg/l 1.0 mg/l Cianuro 50 µg/l 10 µg/l 1,2-Dicloroetano 3.0 µg/l 0.10 µg/l Epicloridina 0.10 µg/l - Fluoruro 1.5 mg/l 5.0 mg/l Piombo 10 µg/l 10 µg/l Mercurio 1.0 µg/l 1.0 µg/l Nichel 20 µg/l 20 µg/l Nitrato 50 mg/l 45 mg/l Nitriti 0.5 mg/l 20 µg/l Antiparassitari 0.10 µg/l 0.50 µg/l1 Idrocarburi policiclici aromatici 0.10 µg/l 0.006 µg/l1 Selenio 10 µg/l 10 µg/l Tetracloroetilene, Tricloroetilene 10 µg/l 0.1 µg/l1 Trialometani (totale) 30 µg/l 0.50 µg/l1 Cloruro di Vinile 0.5 µg/l - Clorito 200 µg/l - Vanadio 50 µg/l - 1 singolo composto Il discorso cambia notevolmente se invece consideriamo i parametri indicatori, cioè quelli per il cui superamento sanzionamento. - 32 - non è previsto il Tabella 6 - Confronto di normative – parametri indicatori Parametri indicatori Acque potabili Acque minerali Alluminio 200 µg/l - Ammonio 0.50 mg/l - Cloruro 250 mg/l - Colore 1 - Conduttività 2500 µScm-1 a 20°C - pH 6.5 - 9.5 - Ferro 200 µg/l - Manganese 50 µg/l 0.5 mg/l Odore 1 - Ossidabilità 5.0 mg/l O2 - Solfato 250 mg/l - Sodio 200 mg/l - Sapore 1 - Carbonio organico totale 2 - Torbidità 1 - Durezza consigliati 15 - 50°F - Residuo secco massimo consigliato 1500 mg/l - Disinfettante residuo consigliato 0.2 mg/l se impiegato - 1 accettabile per i consumatori senza variazioni anomale 2 senza variazioni anomale Il mercato dell’acqua minerale Attualmente, il mercato delle acque minerali ha un volume di affari che si aggira sui 2.500 milioni di € all’anno, grazie ad un consumo stimato in 1011 milioni di litri/anno. Gli Italiani ne consumano in media 172 litri procapite, l’equivalente di 70-125 € l’anno. Si può affermare che si tratta di un business di grande importanza, come è testimoniato dai seguenti indicatori: • molte etichette in mano alle multinazionali • grande battage pubblicitario, in particolare per le acque destinate al consumo dei neonati • creazione di un sistema che certifichi la qualità di un’acqua minerale (ADAM, corsi per degustatori). - 33 - Tutto questo è giustificabile? Indubbiamente, l’ampia scelta offerta dalle acque minerali è accattivante. Solo in Italia sono commercializzate quasi 300 marche diverse. Ognuno può trovarci quella che fa al caso proprio: • un’acqua minerale ricca di calcio è idonea per le gestanti e contro l’osteoporosi • le acque solfato-magnesiache contrastano la stipsi • le acque fluorate limitano la carie nei bambini • sono ancora da verificare le proprietà disintossicanti delle acque energizzate che, grazie al passaggio attraverso magneti, diventerebbero più vitali di quando sgorgano. Oltre che sull’acqua potabile, sono state fatte numerose indagini anche sulle acque minerali per valutare se il loro costo (pari a 300-500 volte quello dell’acqua potabile) sia giustificato. La già citata inchiesta di Altroconsumo (maggio 2003) ha portato a queste conclusioni: • l’acqua di rete è più controllata: in caso di superamento dei valori limite si interviene con dispositivi di filtrazione • le sostanze contaminanti sono quasi sempre a livelli inferiori o uguali a quelle contenute nelle acque minerali • il contenuto salino delle acque potabili è comparabile a quello delle acque minerali. In definitiva, dal punto di vista sanitario la differenza di prezzo è ingiustificata! Inoltre, va considerato che per lungo tempo le normative vigenti sono state più restrittive nei confronti delle acque potabili che nei confronti di quelle minerali. Solo recentemente l’introduzione del già citato D.M. 29-1203 ha parzialmente sanato una situazione ai limiti della truffa, in cui le normative erano particolarmente severe per le acque potabili e a maglia più larga per quelle minerali, per le quali non erano previsti limiti per sostanze - 34 - tossiche come l’arsenico, il cadmio, il mercurio o il piombo, il cui contenuto poteva non essere dichiarato in etichetta se non superava determinate concentrazioni. Un caso sintomatico fu il seguente: in seguito ad un inquinamento da manganese nell’acqua di rubinetto di Vercelli (0.12 mg/l) furono presi provvedimenti per abbattere il contenuto di questo metallo, in quanto il DPR 236/1988 prevedeva nell’acqua potabile un limite massimo di 0.05 mg/l. Per abbattere il contenuto di manganese, fu necessario pompare nell’acqua ossigeno, il quale però favorisce la crescita batterica e richiede l’addizione di varechina. Così l’acqua che usciva dai rubinetti aveva un sapore cattivo e l’operazione poteva sembrare assurda, anche perché nel frattempo i Vercellesi non bevevano più l’acqua di rubinetto ma compravano acque minerali con tenore di manganese da 5 a 20 volte più alto di quello che stava nella loro acqua potabile. Infatti, per l’acqua minerale il limite per questo metallo era 2.0 mg/l fino al 2003; paradossalmente, se qualcuno avesse deciso di imbottigliare l’acqua del Vercellese così come esce dalla falda e senza trattamenti, vendendola poi come acqua minerale, la stessa acqua sarebbe stata perfettamente regolare, anzi avrebbe magari potuto vantare in etichetta un contenuto di manganese indispensabile ai processi enzimatici… ecc. Infine, c’è il problema dei residui: quasi l’80% delle bottiglie commercializzate sono in plastica PET1 e solo il 20% in vetro, scoria decisamente più nobile. Per migliorare il gusto dell’acqua potabile In definitiva, la differenza principale tra l’acqua potabile e quella minerale sembra avere a che fare con le caratteristiche organolettiche: l’acqua potabile sa di cloro, è insipida; l’acqua minerale è più pura, più buona o almeno sembra tale. Eppure... Ci sono alcuni utili accorgimenti che si possono utilizzare per avere un’acqua di rete gustosa come quella minerale. Ad esempio, lasciarla decantare dopo averla spillata, per eliminare i residui di cloro. 1 PET=PoliEtilenTereftalato (NdR) - 35 - In alternativa, si possono applicare al rubinetto dei filtri di uso domestico, che hanno la proprietà di trattenere molte sostanze tra cui quelle responsabili del gusto di cloro (oltre che quelle potenzialmente tossiche). Questi filtri (figura 3) sono costituiti da una base a carbone attivo, che ha proprietà sorbenti nei confronti delle sostanze organiche. Figura 3 dell’acqua - Filtri per la purificazione Mentre la capacità di trattenimento delle sostanze organiche da parte di questi filtri è già stata dimostrata, sono attualmente in corso studi per verificare se essi possano rilasciare sostanze contaminanti dalla parte del consumatore, cioè oltre il rubinetto. I primi risultati dimostrano che, per quanto riguarda metalli pesanti e anioni (nitriti, nitrati, solfati, fosfati), cioè contaminanti inorganici, non si hanno rilasci significativi da parte del filtro. - 36 - L’acqua: una risorsa per l’evoluzione della vita sulla terra e per lo sviluppo delle società umane (Marco Davide Tonon) Lo sguardo del geologo offre la possibilità di inquadrare i problemi dell’acqua entro uno scenario globale, dove la scala spaziale riguarda l’intero pianeta e le trasformazioni di questa preziosa risorsa - indotti dalle attività umane - vengono riportate a una scala temporale che ne mette in evidenza la velocità e l’intensità. Marco Tonon illustra il ciclo idrologico e descrive il ruolo dell’acqua nella sintesi delle macromolecole organiche e nell’evoluzione dei viventi. Quindi si sofferma sulle acque sotterranee e sulle dimensioni, qualità e tempi di ricarica delle falde acquifere. Infine mette in evidenza le diverse cause del depauperamento della risorsa, prodotto dalle dissennate pratiche umane degli ultimi cent’anni che, oltre a inquinare o consumare le falde con una ripercussione facilmente intuibile sulla disponibilità di acqua, pone altri problemi come per esempio il rischio di subsidenza e instabilità geologica o la salinizzazione dei suoli, che richiederanno tempi enormemente superiori alle nostre vite per essere risolti. L’acqua, come noto a tutti, è indispensabile alla vita, non solo come alimento ma anche come sostanza che prende parte a quasi tutti i processi che hanno luogo sulla superficie terrestre e all’interno di essa. L’acqua si muove da un punto all’altro del pianeta, sia in superficie sia nella crosta terrestre, contribuendo alla distribuzione del calore e come agente di trasporto dei materiali provenienti dalla degradazione e dalla solubilizzazione delle rocce. La conoscenza del ciclo dell’acqua, dei processi implicati, dei volumi in gioco e dei tempi di rinnovamento contribuisce a definire meglio i limiti entro i quali è possibile lo sfruttamento delle acque da parte dell’uomo. Il rinnovamento delle falde freatiche è funzione dei tempi legati ai processi che le generano e un uso sostenibile di tale risorsa non può prescindere da queste dinamiche. L’origine Si ritiene che nelle prime fasi della storia della Terra, si sia verificata - 37 - un’intensa degassazione delle sostanze volatili come risultato dell’aumento del calore prodotto da tre principali fenomeni: dalla collisione di planetesimali, dalla contrazione e compressione del pianeta in accrescimento e dai fenomeni di decadimento radioattivo all’interno delle rocce. Un effetto sinergico alla degassazione dell’acqua juvenile dal magma, fu quello dovuto all’intensa distorsione della massa terrestre indotta dalle maree prodotte dalla Luna, inizialmente molto più vicina al nostro pianeta. A partire da questa iniziale degassazione, l’acqua fu poi riciclata attraverso i movimenti tettonici di crosta e mantello e alle conseguenti emissioni gassose prodotte dalle eruzioni vulcaniche. Una volta prodottasi l’atmosfera primordiale e gli oceani, attraverso l’interazione dei gas atmosferici e delle acque circolanti con le rocce magmatiche primitive, si sono originate grandi quantità di sedimenti. Ciò rappresentò uno stadio iniziale di rapida evoluzione, in cui venne preparato il motore, seguito da un secondo stadio più lento e costante in cui questo motore operò nel corso del tempo geologico, instaurando il ciclo idrologico e litologico. Il ciclo idrologico I processi di circolazione superficiale dell’acqua sono alimentati da un flusso regolare di energia solare (il motore esogeno) mentre quelli profondi sono alimentati dal calore interno della terra (il motore endogeno). Questo ciclo è diviso in vari sottocicli (o fasi) nei quali essa è contenuta in uno o più serbatoi (oceani, calotte polari, ghiacciai, laghi, fiumi, acque sotterranee, atmosfera, biosfera, ecc.). L’acqua, quindi, attraverso dei flussi, si muove da un serbatoio all’altro con una data velocità, detta velocità di flusso (espressa in miliardi di m3/anno). Prima di essere rimobilizzata da ogni serbatoio, l’acqua staziona in esso per un certo periodo, questo tempo (espresso in giorni o anni) rappresenta il cosiddetto tempo di residenza. Per esempio, il tempo di residenza medio nell’atmosfera, sottoforma di vapore acqueo o di nubi è di 9÷10 giorni, mentre quello di residenza nelle falde acquifere profonde è di migliaia di anni. - 38 - L’acqua si rinnova in un dato serbatoio in un certo periodo di tempo, mantenendo la sua quantità totale contenuta pressoché costante e in equilibrio dinamico, costituendo così un bilancio idrico. Tale tempo (espresso in anni) rappresenta il tempo di turnover o di rinnovamento, in alcuni casi esso è rapportabile ai tempi biologici, in altri casi ai tempi geologici: come l’esempio del tempo medio di rinnovamento delle falde acquifere che è di migliaia di anni o quello medio, relativo all’intero ciclo, che è di circa due milioni di anni. Figura 1 - Il ciclo dell’acqua superficiale: interessa la porzione più superficiale della crosta terrestre (includendo le acque sotterranee) e si compie in tempi relativamente brevi (da giorni a migliaia di anni). Non va però dimenticato che esiste un ciclo profondo, in cui l’acqua prende parte al ciclo litogenetico: essa viene riciclata da processi geologici che avvengono tra crosta e mantello (zone di subduzione e di espansione oceanica) e i tempi di tali processi hanno dinamiche lentissime e tempi geologici (dell’ordine dei milioni di anni). Nel ciclo idrologico (figura 1), l’energia solare provoca l’evaporazione dell’acqua dalle superfici degli oceani, dei bacini lacustri, dai corsi d’acqua e dal suolo e il trasporto, ad opera dei venti, di queste masse di vapore acqueo. L’acqua gassosa atmosferica condensa, originando le nubi, e - 39 - precipita sulla superficie terrestre sotto forma di pioggia, neve o grandine. Una parte di questa acqua meteorica scorre in superficie, grazie alla gravità, dando origine al deflusso superficiale, mentre un’altra parte penetra nel sottosuolo per infiltrazione, andando a costituire le acque freatiche. Entrambe le acque ritornano, in tempi di flusso molto diversi, alle acque oceaniche. L’acqua contenuta nel suolo può evaporare direttamente o essere assorbita dai vegetali, per essere poi nuovamente liberata nell’atmosfera grazie all’evapotraspirazione fogliare. Osservando il bilancio di massa, cioè il bilancio idrologico relativo ai diversi flussi in entrata e in uscita dai serbatoi, si nota come vi sia uno sbilanciamento rappresentato da un eccesso di acqua evaporata dagli oceani (400 miliardi di m3/anno) rispetto a quella che ricade direttamente su di essi attraverso le precipitazioni (360 miliardi di m3/anno). Ciò viene riequilibrato da una maggiore quantità di precipitazioni sulla terraferma (111 miliardi di m3/anno), le quali consentono il formarsi di un deflusso superficiale che ritorna poi all’oceano (40 miliardi di m3/anno). Il ruolo dell’acqua nella sintesi delle macromolecole organiche e nell’evoluzione dei viventi La vita esiste sulla Terra da circa 3,6 miliardi di anni, subito dopo il suo raffreddamento sotto i 100 °C, quando esistevano già una crosta solida e dell’acqua allo stato liquido. Essa vi si è instaurata in condizioni ancora ostili per la vita: temperature elevate, radiazioni letali, nutrienti scarsi, ecc. Nonostante tutto vi erano già le condizioni per avviare la produzione di macromolecole: il carbonio derivava dalla CO2, più abbondante allora di oggi, e le altre sostanze inorganiche (solfuri, nitrati, fosfati, idrossidi, …) erano prodotte da attività idrotermali. Queste ultime possono aver favorito la sintesi, nelle acque marine o salmastre, della formaldeide, dei cianuri e dei gruppi metilici, la cui polimerizzazione in zuccheri può essere stata favorita dai substrati argillosi, aventi funzione di catalizzatori. Le acque oceaniche primordiali furono quindi indispensabili per creare le condizioni ideali allo sviluppo della vita sul nostro pianeta. Mentre, da un - 40 - lato, esse costituivano il solvente entro il quale le sostanze organiche andavano aggregandosi, dall’altro rivestivano una funzione di schermo protettivo dalle pericolose radiazioni ultraviolette solari. Sono stati ipotizzati tre diversi scenari che tentano di ricostruire le condizioni iniziali di formazione delle macromolecole organiche. In tutti i tre scenari, l’acqua riveste un ruolo fondamentale. a. Scenario “freddo”: sotto una calotta glaciale che ricopre l’oceano e protegge le sostanze dalla fotolisi dei raggi UV, le molecole organiche (cianati, formaldeide, …) si aggregano entro sacche d’acqua grazie all’accumularsi di sostanze inorganiche provenienti da sorgenti idrotermali profonde. b. Scenario “salmastro”: in lagune o bacini poco profondi, attività vulcaniche secondarie, quali geysers e sorgenti idrotermali, forniscono le sostanze inorganiche che sintetizzano aldeidi fosfato ed altre sostanze organiche. In tale scenario vengono coinvolti i frammenti interplanetari che apportano sostanze chimiche ai processi di sintesi (ipotesi della panspermia). c. Scenario “marino caldo”: in bacini marini, i gas provenienti da attività idrotermali profonde trascinano sostanze inorganiche particolari (solfuri, monossido di carbonio, …) che si aggregano a formare i primi gruppi metilici. In quest’ultimo scenario, hanno avuto un ruolo fondamentale i sistemi idrotermali profondi. Di recente scoperta, tali sistemi, presenti in zone prossime alle dorsali oceaniche, forniscono sostanze chimiche ed energia termica tali da consentire, all’interno dei flussi idrotermali liquidi e gassosi, ascendenti e discendenti, la formazione delle sostanze organiche fondamentali, quali aminoacidi, zuccheri e nucleotidi. Le rocce magmatiche, associate ai sistemi idrotermali, e i sedimenti marini, accumulati intorno, presentano delle cavità all’interno delle quali minerali silicati argillosi di alterazione, detti zeoliti, possono avere avuto funzione catalizzatrice per la sintesi delle prime molecole organiche e avere fornito, di conseguenza, il substrato adatto per le prime forme viventi. - 41 - Ecco che appare un duplice ruolo fondamentale: da un lato quello dell’acqua, come solvente, e dall’altro quello dei minerali argillosi, prodotti della degradazione delle rocce magmatiche preesistenti. Si ritiene quindi che il mondo minerale e i processi geologici implicati abbiano favorito la nascita della vita, le cui forme primitive erano sicuramente rappresentate da procarioti chemiosintetici e anaerobi (tuttora presenti attorno ai sistemi termali profondi e costituenti gli organismi produttori di quella particolare rete alimentare, instauratasi in ambienti così esclusivi). Questi primi organismi viventi colonizzarono probabilmente i fondali marini profondi, nei pressi delle antiche dorsali con un’intensa attività vulcanica e al riparo dalle radiazioni ultraviolette, mentre le sterili acque superficiali risentivano di questo “bombardamento” ultravioletto. In seguito, con l’evoluzione delle prime forme viventi autotrofe, i cianobatteri, l’atmosfera si arricchì di ossigeno prodotto dalle attività batteriche fotosintetiche di queste colonie. L’ossigeno sintetizzato come prodotto di scarto della reazione fotosintetica, sotto l’azione dei fulmini e dei campi elettromagnetici formò la fascia di ozono stratosferico che, ancora oggi, consente di filtrare i raggi ultravioletti che giungono sulla superficie terrestre. Ciò consentì l’inizio della colonizzazione, dapprima delle acque superficiali e poi delle terre emerse, fornendo un’enorme spinta evolutiva alla vita del nostro pianeta e fornendo nuovi spazi fisici, prima preclusi ai viventi. Fu innescato così un processo auto-alimentante (un feed-back positivo), infatti: più aumentava la fotosintesi, più ossigeno veniva liberato nell’atmosfera; più ossigeno si immagazzinava, più ozono si formava e più la luce veniva privata degli ultravioletti; meno ultravioletti giungevano sulla superficie, più organismi risalivano dai fondali e, salendo dai fondali, essi trovavano più luce, migliorando così il rendimento del processo fotosintetico. Non va dimenticato che fu l’acqua a fornire tale ossigeno e che è stata la vita stessa a liberare questo elemento dal composto liquido, permettendo l’affermarsi della vita come fenomeno stabile sul nostro - 42 - pianeta (anziché apparizione fugace come pare sia accaduto su Marte). Le stromatoliti (figura 2), formazioni laminari di varie specie di batteri tra cui i cianobatteri, sarebbero state le responsabili sia dell’emissione di ossigeno, sia della ossidazione del ferro ridotto e della relativa precipitazione degli stati ferrosi laminati sui fondali marini. Infatti, va ancora evidenziato come l’ossigeno terrestre ha Figura 2 - Le stromatoliti sono formazioni laminari di colonie batteriche che hanno intrappolato e cementato dei sedimenti al loro interno. Si pensa che esse siano le responsabili della deposizione delle formazioni ferrose laminate del Precambriano (Banded Iron Formation). potuto accumularsi nell’atmosfera solo in seguito al completamento dell’ossidazione di questo ferro ridotto, disciolto oceaniche: tale nelle acque affermazione è confermata dal ritrovamento di estese coperture di sedimenti (le successioni di argille rosse precambriane denominate Banded Formation), appartenenti Iron a quel periodo geologico, in cui sono registrate le variazioni del atmosferico (figura 3). chimismo Figura 3 - Anche se la fotosintesi era già iniziata 3,6 miliardi di anni fa, l’accumulo di ossigeno atmosferico risale a circa 1,5 miliardi di anni dopo: il ritardo è dovuto al tempo relativo all’ossidazione e alla deposizione del ferro disciolto nelle acque oceaniche e alla formazione dei carbonati marini. In ambienti continentali, i depositi contenenti composti ossidati, come gli idrossi di ferro o i solfati (gesso) risalgono ad un periodo posteriore al primo accumulo di ossigeno nell’atmosfera. Modificata da Ricci Lucchi F., 1996, La scienza di Gaia. Ambienti e sistemi naturali visti da un geologo, Zanichelli. - 43 - Tanti tipi di acqua Parlando di acqua, si corre spesso il rischio di generalizzare e di semplificare, in quanto esistono diversi tipi di acqua sul nostro pianeta. In un preciso contesto, occorre quindi chiarire di che tipo di acqua si sta trattando, poiché ogni acqua ha le sue caratteristiche fisico-chimiche, i suoi tempi di flusso e di rinnovamento, oltre alla sua quantità limitata e al suo valore economico. Possiamo distinguere le acque in base: allo stato fisico → acqua solida - liquida - gassosa al contenuto di sali disciolti → acqua salata - salmastra - dolce al contenuto di nutrienti → acqua eutrofia - oligotrofica al materiale sospeso trasportato → acqua limpida - torbida ai parametri fisico-chimici → acqua potabile - minerale - inquinata alla presenza di luce → acqua eufotica - afotica alla temperatura → acqua fredda - calda alla distanza dalla costa → acqua costiera - pelagica al rapporto con il suolo → acqua superficiale - sotterranea al movimento → acqua corrente - stagnante alla genesi → acqua juvenile - fossile all’ecosistema che costituisce → acqua marina - glaciale - lacustre palustre - fluviale - carsica - sorgiva ecc. Come già detto, ognuna di queste acque ha un suo valore, in termini di risorsa, di quantità disponibile per i viventi, di fattore limitante o di tempi di residenza e di rinnovamento. È quindi importante avere la percezione di questa limitatezza, ai fini della sua conservazione. Una semplice attività che serve a rilevare il grado di percezione e di sensibilità al problema della gestione della risorsa acqua può consistere nel paragonare tutta l’acqua presente sul pianeta Terra (circa 1,5 miliardi di Km3) ad una vasca di 100 litri, facendo stimare alla persona interessata, la - 44 - quantità in litri, o in volumi equivalenti a recipienti noti nel quotidiano: …E SE TUTTA L’ACQUA DEL PIANETA FOSSE CONTENUTA IN UN ACQUARIO DA 100 LITRI?... ↓ …A CHE VOLUME CORRISPONDEREBBE TUTTA L’ACQUA DOLCE?... ↓ …E L’ACQUA DOLCE DISPONIBILE PER I VIVENTI?... ↓ …E L’ACQUA POTABILE?... Ci si renderebbe così immediatamente conto che le quantità di acqua dolce disponibile e di acqua potabile saranno, nella grande maggioranza dei casi, abbondantemente sovrastimate. Ciò a conferma del fatto che la maggior parte di noi non ha il senso della reale dimensione della scarsità della risorsa e non è quindi conseguentemente coinvolta ad attuare un risparmio. Il risultato è quello che porta a un utilizzo scriteriato e ad un eccesso di spreco di questa insostituibile risorsa vitale. Per soddisfare la curiosità del lettore, dirò a questo punto che tutta l’acqua dolce (solida e liquida, superficiale e sotterranea) corrisponde ad un bidoncino di tre litri, quella dolce disponibile (liquida e superficiale o di falda non profonda) ad una bottiglietta di mezzo litro e quella realmente potabile (con particolari caratteristiche fisiche, chimiche, microbiologiche ed organolettiche) solo a mezzo cucchiaino da caffè (ossia 3 millilitri!!!). Le acque sotterranee Saranno qui ampiamente trattate queste acque, sia perché esse sfuggono alla nostra percezione diretta, non essendo direttamente visibili, sia perché rappresentano un’insostituibile fonte di acqua dolce e potabile per la società umana. L’acqua sotterranea è da considerarsi una risorsa poco rinnovabile, poiché essa si ricostituisce in tempi lunghi, non confrontabili a quelli della sua estrazione, utilizzo e consumo. L’entità di una falda acquifera, vale a dire di una riserva d’acqua dolce sotterranea contenuta in una roccia detta roccia-serbatoio, dipende: • dalla porosità della roccia serbatoio che la contiene: essa è data dal - 45 - rapporto percentuale tra il volume degli interspazi vuoti, potenzialmente occupabili dal mezzo liquido, e dal volume totale della roccia; • dalla permeabilità della roccia, cioè dalla capacità di farsi attraversare dal mezzo liquido (anche molte rocce apparentemente impermeabili diventano permeabili per la presenza di un’intensa microfratturazione: es. graniti); • dalla quantità di precipitazioni atmosferiche che cadono sul bacino idrico di raccolta; • dalla velocità di percolazione delle acque attraverso il suolo e le sottostanti rocce; • dal bilancio idrico del bacino considerato, cioè dalla velocità di evaporazione, evapotraspirazione e deflusso superficiale (funzione delle caratteristiche geomorfologiche ed ecologiche della regione); • dall’intensità dell’eventuale sfruttamento antropico, a scopi alimentari, agricoli o industriali. Tipi di falde Si distinguono due categorie di acque di falda: le falde freatiche e le falde artesiane. Le prime sono costituite da falde acquifere cosiddette libere, cioè delimitate superiormente da una superficie freatica fluttuante, dove il volume d’acqua può liberamente espandersi o ridursi al fluttuare di tale superficie. Le seconde sono rappresentate dalle falde acquifere dette confinate, poiché ricoperte da strati di rocce impermeabili (dette acquicludi) che ne impediscono la libera espansione verso l’alto e lateralmente; in questo caso l’acqua all’interno della roccia serbatoio si trova in pressione. Origine delle falde L’acqua di falda può avere diverse origini. Gran parte delle acque sotterranee sono acque superficiali “riciclate”, ovvero acque di origine meteorica che sono percolate nel suolo e accumulate in rocce sottostanti porose e/o fratturate (in prevalenza sedimenti o più raramente rocce - 46 - intrusive e metamorfiche intensamente tettonizzate). Non è da escludere che una parte dell’acqua sotterranea, soprattutto quella delle falde profonde, sia di origine mista: in parte meteorica e in parte juvenile. Quest’ultima è rappresentata da quella porzione di acqua presente nel magma e liberata da fenomeni vulcanici primari e secondari. Un ulteriore caso particolare è costituito da quello delle falde fossili: si tratta di accumuli di acque salate o sovrasalate (dette salamoie) intrappolate nei sedimenti marini al momento della deposizione o migrate da rocce porose adiacenti. La ricarica delle falde acquifere Il livello della superficie freatica è in equilibrio dinamico e dipende dalla quantità di precipitazioni e dal bilancio tra velocità di infiltrazione (ricarica) e quella di efflusso dalle sorgenti e dagli alvei fluviali e/o di prelevamento antropico (emungimento). I movimenti sotterranei d’acqua sono espressi dalla legge di Darcy, la quale indica che la velocità di spostamento dell’acqua, all’interno della falda, è proporzionale alla caduta verticale di quota (dislivello) e alla permeabilità della roccia serbatoio che la contiene ed è inversamente proporzionale alla distanza orizzontale. Tenendo conto della morfologia delle falde acquifere e della loro profondità, ne risulta che la velocità media di spostamento può variare nella maggior parte delle falde superficiali tra i 2 e i 15 cm/giorno e nelle falde profonde tra i 0,5 e i 100 cm/giorno. I valori di tali velocità potrebbero far pensare che le ricariche degli acquiferi sono rapide ma esse vanno rapportate, da un lato alle enormi dimensioni orizzontali delle falde e alle loro profondità, e dall’altro alla quantità di precipitazioni che costituiscono la ricarica stessa. Ne consegue che in zone aride, o con un basso tasso di precipitazioni stagionali, la ricarica può essere molto lenta: è il caso dei pozzi d’acqua scavati nella formazione di Ogallala, al confine tra Texas occidentale e New Mexico. Qui la situazione è ormai drammatica: in 100 anni il suo sfruttamento - 47 - intensivo (la falda serve una zona con circa 500.000 abitanti) ha portato ad un abbassamento della superficie di falda di 30 metri. La ricarica è estremamente lenta a causa della forte e repentina evaporazione dell’acqua di precipitazione (clima arido e semi desertico, con poca vegetazione che trattiene l’acqua) e della contemporanea presenza di suoli impermeabili (argille che ne aumentano il deflusso superficiale). Tali condizioni fanno sì che il ripristino delle condizioni iniziali sia possibile solo in diverse migliaia di anni!!! Il depauperamento della risorsa Ho già ribadito come tali acque rivestano un ruolo fondamentale per la sopravvivenza del genere umano e quindi come tali risorse primarie vadano conservate e protette da interventi che le rendono non adatte agli usi alimentari e igienici. L’impatto antropico sulle riserve d’acqua sotterranea ha diverse origini, da un lato è costituito da una cattiva gestione del territorio e da un eccessivo prelevamento, dall’altro lato esso è legato ai numerosissimi processi che inquinano l’intera idrosfera. Le falde acquifere possono ridursi di volume o addirittura esaurirsi a causa del rallentamento della loro ricarica, che si ricorda avviene in tempi lunghi, spesso dell’ordine delle centinaia o migliaia di anni. Il rallentamento della ricarica porta ad un abbassamento della superficie freatica e tale processo è incrementato soprattutto dai forti prelievi idrici (attraverso i pozzi degli acquedotti e dei privati), che rappresentano una forma di azione diretta. A questo si aggiungono anche numerose forme di impatto indiretto, che la gente comune spesso non associa al fenomeno dell’abbassamento della falda. La ricarica, infatti, può essere alterata grazie alle attività di disboscamento, le quali portano a una diminuzione dell’infiltrazione sotterranea e a un conseguente aumento dello scorrimento superficiale delle acque, che, peraltro, esalta i fenomeni di erosione e di asportazione del suolo fertile (altra risorsa importante per le società umane). Altra - 48 - attività antropica, che porta a tali conseguenze, è l’eccessiva impermeabilizzazione del suolo: infatti attraverso l’uso massiccio di asfalti e cementi si impermeabilizzano enormi superfici di territorio, che convogliano così le acque meteoriche nei reticoli idrografici superficiali, impedendone la percolazione nel suolo e aumentando i volumi di acqua che possono riversarsi in breve tempo nei corsi d’acqua, con il conseguente aumento del rischio di fenomeni alluvionali. Naturalmente, anche se le acque di falda non subiscono riduzioni consistenti nei volumi, le loro caratteristiche fisico-chimiche, che le rendono potabili, possono essere alterate da tutti quegli interventi che ne provocano un inquinamento. Tali fonti inquinanti sono costituite da migliaia di composti chimici, organici e inorganici, riversati sul suolo o nei corsi d’acqua da impianti industriali e civili o da attività agricole, quali coltivazioni e allevamenti intensivi. Inoltre, in relazione al processo di diminuzione della superficie di falda, va citato l’aumentato rischio di subsidenza e la conseguente instabilità geologica del territorio. Sottraendo, infatti, fluido dagli spazi interstiziali, presenti tra i granuli dei sedimenti, se ne provoca la loro compattazione con un lento e graduale abbassamento del piano di campagna. Esempi eclatanti sono riscontrabili in varie parti del mondo: a Città del Messico, metropoli con milioni di abitanti, l’eccessivo sfruttamento delle falde superficiali ha indotto l’abbassamento di più di un metro del livello stradale in molti quartieri, con conseguenti crolli di edifici e di molte infrastrutture. Ma anche in Italia, la situazione non è più rosea: nella bassa Pianura Padana, il costante emungimento di acqua dalle falde, associato a prelievi di gas naturale (metano), ha provocato fenomeni di subsidenza notevoli, dell’ordine di alcuni decimetri o nel peggiore dei casi di più di un metro (Rimini → 30 cm; Ravenna → 80 cm e Airano Polesine → fino a 170 cm). Un ultimo caso di depauperamento è rappresentato dall’ingressione di acque marine in acque di falda. La sostituzione con acque marine avviene in zone costiere, cioè prossime al contatto della superficie di falda delle acque marine. L’aumento dell’emungimento delle acque dolci sotterranee - 49 - porta ad un innalzamento della superficie di contatto tra queste e le acque marine sottostanti, più dense; con il risultato che dal pozzo fuoriescono ora acque salmastre, non più utilizzabili a scopi alimentari (figura 4). A ciò si aggiunge che se tali acque sono utilizzate per scopi irrigui ne consegue un aumento della salinizzazione del suolo con i relativi danni per la vegetazione, sia quella coltivata, sia quella spontanea. A causa di ciò, vaste aree costiere, dapprima territori fertili, si stanno tramutando in zone desertificate, in cui il suolo presenta i tipici crostoni di sale superficiali, risultato della salinizzazione indotta. Figura 4 - Normalmente la pressione dell’acqua dolce di falda mantiene fuori costa la superficie di separazione con le acque marine sotterranee. Un prelievo esagerato fa si che la pressione di falda diminuisca permettendo alle acque marine di penetrare sotto costa, con conseguente emungimento di acqua salata. - 50 - La conservazione dell’acqua e del suolo (Andrea Giordano) Il Prof. Giordano, offrendo la sua lunghissima esperienza di esperto nella gestione di terreni aridi, ha presentato un quadro generale molto interessante e variegato delle tipologie di agro-ecosistemi che in diversa misura conservano caratteristiche di ‘naturalità’. Il relatore parte dalla considerazione che, nel ragionare di sostenibilità ambientale, è bene considerare in modo unitario e congiunto le due grandi risorse acqua e suolo. Il suolo rappresenta infatti il maggior contenitore d’acqua delle terre emerse. Con la coppia ‘acqua-suolo’ interagiscono anche il clima e la vegetazione in modo tale che la trattazione separata di questi fattori è un artificio espositivo più che una vera realtà. Egli fa notare che in un ecosistema artificiale le attività praticate dall’uomo aumentano di numero e contemporaneamente aumentano sia le modalità di prelievo delle risorse sia le forme di controllo dei processi naturali, per cui nella maggior parte dei casi pratici connessi con la pianificazione di un ecosistema si cerca un compromesso tra la situazione ottimale che si potrebbe determinare dopo lunghe ricerche e costose operazioni e la situazione reale e contingente del momento presente. Dopo aver definito i diversi tipi di degradazione delle due risorse prese in esame distingue, tra le misure da applicare nella gestione di ecosistemi modificati dall’uomo, quelle preventive, curative, protettive e conclude ricordando che il buon tecnico dell’ambiente deve sempre cercare di conoscere i processi naturali e, nei limiti del possibile, non contrastare l’opera della natura. Terra e acqua sono due essenziali costituenti dell’ecosistema che in tempi recenti è divenuto il riferimento dell’uso sostenibile dell’ambiente. Nasce spontanea una domanda: su quale nozione di ecosistema occorre oggigiorno basarsi? In un ecosistema totalmente naturale l’uomo dovrebbe svolgere soltanto attività di raccolta e di caccia, mantenendo quindi un quasi perfetto equilibrio tra l’offerta naturale ed il prelievo di risorse da lui esercitato. In un ecosistema artificiale le attività praticate dall’uomo aumentano di numero e contemporaneamente aumentano sia le modalità di prelievo delle risorse sia le forme di controllo dei processi naturali. Il quadro ambientale è divenuto estremamente complesso sia dal punto di vista tecnico-scientifico che da quello socio-economico e politico. Per tale motivo nella maggior parte dei casi pratici connessi con la pianificazione l’ecosistema è - 51 - l’espressione di un compromesso tra la situazione ottimale che si potrebbe determinare dopo lunghe ricerche e costose operazioni, a cui i politici dovrebbero dare seguito, e la situazione reale e contingente del momento presente. Figura 1 - Ecosistema del tutto naturale, relativamente dinamico. La piramide di terra non è stata erosa come invece è avvenuto all’intorno perché protetta da un masso che indica oggi il livello del piano di campagna di un tempo. (Bacino del Rio Prebec, valle di Susa - Torino) Acqua e suolo, una coppia inseparabile Per la sostenibilità ambientale è bene considerare in modo unitario e congiunto le due grandi risorse acqua e suolo. Il suolo rappresenta, infatti, il maggior contenitore d’acqua delle terre emerse. Con la coppia acqua-suolo interagiscono anche il clima e la vegetazione, in modo tale che la trattazione separata di questi fattori è un artificio espositivo più che una vera realtà. Una stessa quantità di pioggia può essere trattenuta o perduta secondo la natura del suolo sul quale essa è caduta: un suolo sabbioso dà luogo ad una infiltrazione rapida ma la sua capacità di ritenzione è debole, - 52 - all’opposto un suolo argilloso ha un’infiltrazione lenta ma una elevata capacità di ritenzione. Nel primo caso si potrà avere un determinato tipo di vegetazione o di uso delle terre mentre queste probabilmente saranno diverse nel secondo caso. Va poi considerata ancora l’intensità della pioggia in relazione al tasso di infiltrazione del suolo: se la prima è maggiore di quest’ultimo si determinerà un ruscellamento e, probabilmente, un processo erosivo. Un impiego razionale della coppia acqua-suolo introduce il concetto di bacino idrografico nel quale è necessario considerare sia gli aspetti locali che condizionano l’uso delle terre sia gli aspetti globali che influenzano il trasporto liquido e solido a valle. Di qui la necessità di disporre di un piano generale di gestione che armonizzi tanto la produzione e la protezione locale quanto quella globale. Degradazione delle risorse acqua e suolo Per degradazione si intende qualsiasi processo che diminuisca la capacità di una data risorsa naturale a produrre beni o servizi. Le principali forme di degradazione dell’acqua riguardano i seguenti aspetti: • RIDUZIONE LOCALE DELLE RISORSE IDRICHE DI SUPERFICIE. Ogni alterazione del naturale corso delle acque comporta una diminuzione, anche se locale, della quantità d’acqua. Alcune dighe, ad esempio, sono fatte per convogliare le acque in località prescelte dove è richiesta una maggior disponibilità idrica. Ciò significa ridurre la circolazione idrica in alcune località. • ABBASSAMENTO DELLA FALDA FREATICA. Dovuta quasi sempre agli intensi prelievi d’acqua per scopi multipli che vanno dall’agricoltura all’industria ed ai fabbisogni umani. • SALINIZZAZIONE DELL’ACQUA. Nelle zone costiere del bacino del Mediterraneo la salinizzazione dell’acqua è un fenomeno molto comune e si - 53 - verifica quando gli intensi prelievi di acqua dai pozzi inducono l’ingressione di acqua marina. In aree geografiche aride o semi-aride il responsabile della salinizzazione dell’acqua di falda è soprattutto la mancata lisciviazione delle basi contenute nel terreno e localmente anche l’accumulo di sale che si verifica in agricoltura utilizzando acque salmastre. • INQUINAMENTO DEI CORPI IDRICI. Tra i principali agenti si citano gli scarichi industriali e minerari non sufficientemente depurati, lo sbocco non controllato di alcune reti fognarie e la percolazione in falda di sostanze indesiderate. • EUTROFIZZAZIONE DELL’ACQUA. Si tratta di un caso particolare di inquinamento chimico legato soprattutto all’eccesso di fosforo utilizzato in agricoltura. Il fosforo, che viene portato in soluzione dal reticolo drenante, favorisce lo sviluppo delle alghe sia nelle acque interne sia in quelle marine. La degradazione del suolo può essere ripartita nei seguenti tipi fondamentali: • EROSIONE IDRICA. Consiste nell’asportazione e traslocazione di singole particelle di suolo da parte di un flusso idrico. Questo processo che, a diverse intensità, è presente quasi ovunque sulla superficie terrestre, è di tipo naturale e rappresenta la dinamica di una porzione di superficie terrestre che si mette in equilibrio con le forze che agiscono su di essa. L’uomo può accelerare molto questo processo o, talora, può persino determinarlo; si parlerà allora di erosione antropica. • EROSIONE EOLICA. L’energia del vento è, in questo caso, l’agente che determina la traslocazione di singole particelle di suolo. • MOVIMENTO DI MASSA. È la traslocazione, per effetto della forza di gravità, sovente in sinergia con l’azione dell’acqua, di un intero corpo terroso o roccioso. • DEGRADAZIONE FISICA. Ogni azione che produce variazioni nelle caratteristiche fisiche del suolo (struttura, tessitura, permeabilità e riflettanza spettrale) modifica l’equilibrio ambientale di quel suolo. Nella - 54 - maggior parte dei casi le modificazioni corrispondono ad altrettante forme di degradazione. • DEGRADAZIONE CHIMICA. Vanno compresi in essa tutti quegli apporti di sostanze che, estranee al suolo, spostano in qualche modo il suo equilibrio ecosistemico. Tra le principali cause di degradazione chimica vi sono i metalli pesanti, i radionuclidi, le piogge acide, i diserbanti, i pesticidi e le dosi eccessive di fertilizzanti di sintesi. • DEGRADAZIONE PER SALINIZZAZIONE E ALCALINIZZAZIONE. A rigor di logica dovrebbe essere considerata un tipo di degradazione chimica. Data però la sua importanza ed estensione nel mondo la FAO ha pensato bene di metterla in particolare evidenza dandole una voce a sé stante. • DEGRADAZIONE BIOLOGICA. La FAO fornisce come riferimento per la degradazione biologica ogni azione che in qualche modo faccia diminuire la sostanza organica nel suolo. • SOTTRAZIONE DEL SUOLO PER FINALITÀ DIVERSE DA QUELLE DELLA PRODUZIONE PRIMARIA La sottrazione del suolo è particolarmente evidente sui terreni fertili e pianeggianti nelle zone agricole presso le grandi città. Figura 2 - Il disboscamento ed il conseguente intenso pascolamento, iniziati fin dal periodo romano, hanno determinato una accentuata erosione del suolo. (Monte Catria, Piobbico - Pesaro-Urbino) - 55 - Figura 3 - Profilo pedologico di un’area dove è stata a lungo esercitata l’irrigazione con acqua salmastra senza un adeguato sistema di drenaggio. L’evaporazione dell’acqua dal terreno ha creato nel tempo una crosta di sale sulla quale è ora impossibile esercitare l’agricoltura, salvo costose azioni di bonifica del suolo. (Wadi Shati, Libia) Negli ultimi tempi il fenomeno dell’erosione del suolo è divenuto più grave per ragioni multiple. A scala mondiale le cause principali sono: o taglio delle foreste per lasciare il posto all’agricoltura ed al pascolo e per ricavare materiale legnoso da opera o combustibile, o pascolo eccessivo praticato senza aver prima valutato quale sia la reale capacità di carico animale di quel dato pascolo, o incendio delle savane e dei pascoli al fine di liberare le superfici dalle erbe infestanti, o apertura di nuove strade o piste non protette contro l’erosione o con manutenzione carente, o incendio dei boschi per poter praticare l’agricoltura itinerante. A livello del bacino del Mediterraneo occorre segnalare le seguenti cause di aggravamento dei fenomeni di erosione del suolo: o incendio delle foreste, - 56 - o livellamento iniziale delle superfici agricole collinari, o diffusione della monocoltura che lascia nudo il suolo per lunghi periodi, o compattazione del suolo a seguito del passaggio di mezzi meccanici pesanti, o aumento della dimensione dei campi, o intensificazione delle lavorazioni del suolo, o lavorazioni effettuate su pendii molto ripidi, o diminuzione delle concimazioni organiche ed aumento di quelle minerali utilizzanti prodotti di sintesi, o eliminazione dei filari di siepi o di alberi nei campi, o diminuzione nelle cure per la manutenzione in efficienza della rete drenante dei campi. Desertificazione Secondo la definizione delle Nazioni Unite e fatta propria anche dall’Unione Europea, si parla di desertificazione di fronte ad “una degradazione delle terre molto forte in ambiente arido, semi-arido e subumido secco. Cambiamenti climatici e le azioni dell’uomo possono influire sui processi della desertificazione”. La desertificazione esiste pertanto, non solo in Nord Africa, nel Sahel o nel Corno d’Africa ma anche in ambienti europei quali la Spagna, la Grecia e l’Italia. Ad aggravare la situazione concorrono generalmente anche fattori di instabilità politica e di precaria situazione socio-economica. Alcuni casi di degradazione ambientale particolarmente intensa e localizzata in una delle fasce climatiche ora citate permetteranno di cogliere la differenza tra degradazione e desertificazione. - 57 - Figura 4 - Invaso, costruito alla fine del 1800 ed ora totalmente riempito di terra erosa dai rilievi. Una moderna procedura di VIA (Valutazione di Impatto Ambientale) avrebbe potuto far conoscere in anticipo il rischio di erosione del suolo e quindi sconsigliare la costruzione della diga. (Embalse de la reina Isabela, Campo de Nijar, Almeria, Spagna) Figura 5 - La desertificazione può essere vista anche come un disequilibrio molto grave tra le varie componenti ambientali. È possibile quindi che aree predesertiche possano subire degli allagamenti. (Tozeur, Tunisia) - 58 - Approvvigionamento idrico Preoccupazione costante dell’uomo di tutti i tempi è quella di poter disporre di un surplus di acqua che gli permetta di far fronte ai momenti di mancanza degli apporti naturali legati alla pioggia. Soltanto in zone privilegiate tale preoccupazione non è molto rilevante. Tali zone possono essere dove le piogge sono continue lungo tutto l’anno, dove le terre sono ubicate vicino a corsi d’acqua perenne e dove esiste una falda freatica artesiana. In tutti gli altri casi l’uomo ha dovuto creare delle condizioni artificiali che gli permettessero di ottenere quella disponibilità desiderata nelle quantità e nei tempi a lui più confacenti. Nei casi di esistenza di una falda freatica sono stati scavati dei pozzi, nei casi caratterizzati dalla presenza di un corso d’acqua una canalizzazione ha permesso l’uso della risorsa idrica in luoghi distanti dal punto di prelievo. Con gli sbarramenti su un corso possono d’acqua creare si ingenti volumi di acqua disponibile per scopi multipli. È da considerare infine il fatto che in taluni Paesi in Via di Sviluppo, dove il clima è arido o semi-arido, non è sempre conveniente avere dell’acqua a pelo libero, che Figura 6 - Pozzo dove il prelievo è facilitato dall’impiego di una carrucola. (Dintorni di Thiès, Senegal) - 59 - può facilmente evaporare e che può facilmente essere un focolaio malarico. In molti casi si preferisce quindi far infiltrare l’acqua nel sottosuolo e poi estrarla mediante pozzi ubicati a valle. Figura 7 - Canale costruito dai Romani che porta l’acqua dalle montagne presso Gerusalemme a Gerico. (Palestina) Sistemi irrigui Una volta che l’acqua è presente sui campi, si tratta di distribuirla in modo che possa fornire il massimo beneficio per i vegetali coltivati. Fondamentalmente si distinguono i seguenti metodi irrigui: • metodi gravitazionali: si intendono tutti quei metodi che consentono di realizzare l’adacquamento dei terreni senza richiedere la messa in pressione dell’acqua irrigua. Al loro interno si distinguono ulteriormente - 60 - i metodi per sommersione, per scorrimento e per infiltrazione laterale; • metodi per aspersione: in essi sono compresi tutti quei sistemi che, imitando la pioggia, fanno giungere l’acqua sui campi sotto forma di precipitazioni. In questo caso è evidente che l’acqua deve essere in pressione in quanto essa deve disporre di un’energia capace di portarla ad alcuni metri di altezza; • metodi di erogazione di microportate: tra questi sono inclusi l’irrigazione a goccia, la sub-irrigazione capillare ed altri. Figura 8 - Tra i sistemi moderni più efficienti per economizzare l’acqua d’irrigazione in ambienti aridi vi è l’irrigazione a goccia in tunnel di plastica. Il risultato è la creazione di un ambiente ad elevata umidità di cui beneficiano le colture. (Coltivazione di ortaggi nella piana di Gerico, Palestina) La possibilità che dall’esercizio irriguo possano determinarsi forme di degradazione del suolo (erosione, compattazione, salinizzazione, ecc.) deve essere sempre tenuta presente, ricorrendo, ove sia necessario, a misure preventive. Nei Paesi in Via di Sviluppo sono diffusi soprattutto i metodi gravitazionali, sebbene, in ambienti aridi o semi-aridi dove l’acqua è il vero - 61 - fattore limitante, stia prendendo piede l’irrigazione per erogazione di microportate. Sistemi di conservazione dell’umidità nel suolo Nel corso della sua storia l’uomo, facendo tesoro delle sue osservazioni, ha cercato di sfruttare l’umidità naturale dell’aria e di conservare nel suolo l’umidità che esso poteva avere temporaneamente acquisito. Per la conservazione dell’umidità l’uomo ha seguito principalmente tre vie: • modificando in modo permanente la morfologia del luogo, • modificando in modo temporaneo la superficie del suolo, • modificando il comportamento dei vegetali coltivati. Misure preventive di conservazione dell’acqua e del suolo Con il termine di misure preventive si intende quel complesso di azioni intraprese dall’uomo al fine di garantire in modo sostenibile la funzionalità della coppia acqua-suolo. Queste azioni prevedono essenzialmente la modificazione della morfologia e della copertura superficiale del suolo, la messa in atto di diverse tipologie di uso delle terre su superfici di modesta estensione (agroforestry) e/o altri accorgimenti adatti agli ambienti nei quali essi vengono realizzati. Misure curative Si applicano queste misure quando o è in corso o è già avvenuta la degradazione del suolo. Si cerca allora di recuperare il perduto e di dare una configurazione al terreno tale che la degradazione non abbia più a ripetersi. Tali misure vanno dai rimboschimenti sui terreni dove si è verificata l’erosione alla creazione di fossi di guardia a monte delle località dove si è prodotto un dissesto, alla costruzione di sbarramenti stabilizzanti il suolo ed alla bonifica dei burroni e/o dei calanchi. - 62 - Misure protettive Si intendono tali quelle misure che, ubicate in luoghi dove di fatto non esiste dissesto, servono però ad evitare che zone lontane vengano negativamente influenzate dai processi che possono determinarsi a partire da quei luoghi sui quali vengono previste le misure di protezione. Si tratta per lo più di rimboschimenti, di briglie (sistemazioni idraulico-forestali) e di frangiventi. Figura 9 - Linea della costa adriatica (Rimini-Pescara) ripresa da satellite (autunno 1976). I diversi corsi d’acqua compresi tra il Metauro ed il Tenna scaricano a mare il materiale solido eroso nel loro bacino idrografico dopo un periodo di abbondanti piogge. Telerilevamento per la conoscenza e per gli interventi sulla conservazione dell’acqua e del suolo Il telerilevamento (immagini satellitari e foto aeree) è il principale strumento moderno per identificare e per monitorare le risorse naturali e, in particolare, l’acqua ed il suolo. La risposta di riflettanza spettrale dell’acqua varia a seconda del suo grado di purezza. La riflettanza spettrale del suolo aumenta passando dalle bande del visibile a quelle dell’infrarosso. L’aumento di riflettanza nell’infrarosso vicino e medio è un segnale - 63 - dell’aumento di albedo della superficie, il quale, a sua volta, è un sintomo di processi di desertificazione probabilmente in corso. Inoltre l’aumento di riflettanza nell’infrarosso termico è anch’esso un sintomo di probabile desertificazione. Occorre notare che in ambienti temperati, quali l’Italia, difficilmente si può avere la riflettanza del suolo perché quest’ultima è mascherata dalla vegetazione o dagli usi agricoli delle terre. In questi casi volendo rilevare i suoli sarà opportuno basarsi sulla geo-morfologia e sulla vegetazione che, essendo due importanti fattori della pedogenesi, possono fornire indirettamente indicazioni sui suoli. Conclusioni La conservazione dell’acqua e del suolo è il perno centrale dello sviluppo di un Paese, ma la sua realizzazione è difficile. Quando si è pressati dall’urgenza dei problemi si ha la tendenza a trovare delle soluzioni facili e temporanee che sovente complicano le soluzioni a medio e lungo termine che, quasi sempre, danno maggior garanzia di razionalità e di sostenibilità. Un programma a medio o lungo termine dovrebbe essere basato sui seguenti punti: o inventario completo delle risorse naturali ed in special modo dell’acqua e del suolo, o inventario delle risorse umane e delle loro tipologie gestionali delle terre, o censimento completo delle tecniche agricole, pastorali e selvicolturali esistenti nel paese o che potrebbero essere introdotte, o confronto tra i risultati dell’inventario delle risorse naturali ed umane e i risultati del censimento delle tecniche, o selezione delle unità, risultanti dal confronto, che danno il massimo di garanzia di successo, o costituzione di diverse zone pilota per validare le soluzioni proposte. Infine sarà utile ricordare che il buon tecnico dell’ambiente deve sempre cercare di conoscere i processi naturali e, nei limiti del possibile, di non contrastare l’opera della natura. - 64 - Perturbazioni antropiche del ciclo dell’acqua… con quali conseguenze? Il clima terrestre negli ultimi 10.000 anni e i cambiamenti recenti (Luca Mercalli) Attraverso lo studio accurato di eventi climatici e la ricostruzione di probabili scenari passati, è possibile ipotizzare alcuni scenari futuri del clima sulla Terra, quindi del ciclo dell’acqua e della sua disponibilità per soddisfare le necessità umane. Il punto su cui Luca Mercalli più insiste nella sua relazione è la complessità dei sistemi che regolano il nostro pianeta e che hanno consentito alla vita di svilupparsi e fiorire sulla Terra senza interruzioni per quasi 4 miliardi di anni. Il clima è il risultato di un intreccio di cause molto diverse tra loro (dall’attività solare al contenuto di gas serra in atmosfera, alle eruzioni vulcaniche). Mentre è relativamente facile - al giorno d’oggi - individuare numerose componenti del sistema, è impossibile prevederne l’evoluzione futura, perché le relazioni tra le diverse variabili sono di tipo non lineare: non ci sono solo rapporti di causa-effetto, ma meccanismi di ‘feed-back’ che creano processi ciclici e interdipendenze con esiti del tutto imprevedibili. Il relatore esorta quindi ad assumere atteggiamenti prudenti e - anche se i dati relativi al riscaldamento globale sono controversi - ad applicare il principio di incertezza e ‘trattare’ con rispetto il fragile equilibrio climatico del sistema terra. Il clima, un sistema complesso «Les saisons et les années se reviennent et se succèdent, mais elles ne se ressemblent pas»2. Con queste parole, Georges Carrel, direttore dell’Osservatorio meteorologico di Aosta, nel 1847 coglieva l’essenza di quelli che oggi chiamiamo sistemi non-lineari, tra i quali il clima è rappresentante d’eccellenza. Non era considerazione banale per i tempi. Il positivismo imperava da circa una ventina d’anni, anche il Carrel ne era influenzato, ma con misura: nutriva fiducia che l’osservazione dei fatti con metodo scientifico avrebbe condotto un giorno alla comprensione dei fenomeni meteorologici e finalmente a prevedere il tempo, e aveva ragione, visto che proprio 2 oggi possiamo dire realizzato questo «Le stagioni e gli anni vanno e vengono e si succedono, ma non si assomigliano.» - 65 - sogno. Ma contemporaneamente aveva percepito che eccessive semplificazioni dei problemi posti dalla natura non conducevano ai risultati attesi. In particolare la ricerca delle ciclicità nel clima lo lasciava scettico: «[...] Un tel hiver [rigoreux] après une aussi belle année [1846], prouve évidemment que de l’été précédent, on ne peut déduire des probabilités pour l’hiver suivant...»3. Oggi, la luce gettata da un lato sul passato (dalla paleoclimatologia), dall’altro sul futuro (dai modelli numerici di simulazione della circolazione atmosferica generale), permette di affermare che il sistema climatico è il risultato di un delicato equilibrio tra interazioni non-lineari (e quindi con una porzione di comportamento caotico) che coinvolgono in una intricata rete la fisica dell’atmosfera e degli oceani, le risposte della biosfera, e - in maniera più evidente da un paio di secoli a questa parte - anche le scelte economiche e politiche dell’umanità. Complessità climatica Il clima terrestre è frutto di un continuo flusso di energia (proveniente dal sole) e materia (vapore acqueo, CO2 e altri gas) tra atmosfera, oceani, vita animale e vegetale, suolo e vulcani. Nel corso delle ere geologiche il clima terrestre ha raggiunto diversi stati di equilibrio, come quello attuale oppure quello delle ere glaciali, rispondendo a fattori “forzanti” esterni, vale a dire variazioni nell'attività solare, differente geometria dell'orbita terrestre, e interni, come il contenuto atmosferico di gas serra o di ceneri vulcaniche. La variegata combinazione di questi fattori fa del clima terrestre un sistema in perenne mutamento. Esso è dunque un sistema instabile ma non ciclico, nel senso che mai si ripropongono condizioni identiche. In questo sta il significato del termine “complesso”, che non vuol dire solo “complicato” ma significa che tutte le interazioni tra le molteplici variabili sono legate dalla dinamica non lineare, ovvero non sono riducibili a equazioni dove il rapporto causa-effetto è identificabile e prevedibile con accuratezza. E c’è dell’altro, nella dinamica non lineare talora piccole cause possono dare grandi effetti, il noto effetto farfalla scoperto dal meteorologo Edward Lorenz. Seguendo Luigi Sertorio (2002): “Complesso include il clima, l’ecosistema, la collettività umana. Qui compaiono il concetto di biforcazione e il concetto di frattale. (…) Le equazioni non lineari possono anche ospitare delle biforcazioni, come ad esempio degli scambi di stabilità, il che vuol dire che, modificando uno o più parametri regolatori, tutta l’architettura complessa delle soluzioni delle equazioni governanti può cambiare. E qui si tratta della comprensione dell’andamento globale di tutta la Terra, e di tutta la vita che essa ospita”. Oltre 10000 anni fa: le glaciazioni del Pleistocene Nell’ultimo mezzo milione di anni la terra ha conosciuto quattro periodi «Un tale inverno [rigido] dopo un anno così bello [1846], prova evidentemente che dall’estate precedente non si possono trarre previsioni per l’inverno seguente.» 3 - 66 - glaciali, il cui innesco fu dovuto in massima parte a modifiche nell’assetto orbitale della terra e alle conseguenti variazioni dell’energia solare in arrivo. La periodicità tra i diversi massimi glaciali è stata di circa 100.000 anni, secondo la teoria del matematico serbo Milutin Milankovitch (1879-1958) ed è stata confermata sia dall’analisi dei sedimenti oceanici, sia dal carotaggio della calotta glaciale antartica (Vostok ed EPICA - European Project for Ice Coring in Antarctica) e della Groenlandia (GISP2-Greenland Ice Sheet Project 2 e GRIP-Greenland Ice Core Project). Il contributo più rilevante di questi carotaggi è la ricostruzione del contenuto di gas serra in atmosfera (analisi delle bollicine d’aria intrappolate nel ghiaccio) e della temperatura atmosferica al momento della formazione del ghiaccio (rapporto isotopico 18O/16O). La ricostruzione della temperatura tramite la determinazione del rapporto isotopico 18O/16O. Il metodo è basato sulla misura del rapporto tra i due isotopi stabili dell’ossigeno in campioni prelevati da ghiacciai o da sedimenti oceanici. L’ossigeno è di norma composto da 8 protoni e 8 neutroni, che gli conferiscono un peso atomico pari a 16 (16O), detto anche ossigeno “leggero”. Una piccola frazione di atomi d’ossigeno (circa 1 su 500) ha 2 neutroni in più, il peso atomico è allora 18 (18O), detto anche ossigeno “pesante”. Il ghiaccio di ghiacciaio ha una relativa abbondanza di ossigeno pesante se si è formato in periodi caldi. Infatti il rapporto 18O/16O nell’acqua dipende dall’evaporazione: l'acqua con 16O, essendo più leggera, evapora maggiormente, ma nei periodi miti rientra nel ciclo idrologico e torna rapidamente al mare in modo che il rapporto 18O/16O rimane costante, nei periodi freddi invece parte dell'acqua viene immobilizzata nei ghiacciai, dove la concentrazione di 16O aumenta rispetto a quella di 18O, che tende invece a rimanere nei mari. Essendo noto il valore medio del rapporto prevalente nell'atmosfera e nell’oceano, una differenza significativa da tale valore corrisponde ad una variazione di temperatura. Una diminuzione di 1 parte per milione di 18O nel ghiaccio corrisponde a una diminuzione di 1.5°C nella temperatura al momento dell’evaporazione dell’acqua dalla superficie oceanica. La misura del rapporto isotopico 18O/16O è espressa di solito come deviazione (δ) dal rapporto standard dove δ(18O) = [rapporto isotopico nel campione]/[rapporto standard]-1). Durante i periodi glaciali gli oceani si arricchivano di 18O, portando una deviazione isotopica positiva (+1 per mille) mentre i ghiacciai si impoverivano di 18O, mostrando una deviazione isotopica negativa (-30 per mille). Durante i massimi glaciali la temperatura media terrestre era di 6÷8°C inferiore all’attuale, ma nelle zone polari si giunse fino a 10÷14 gradi in meno. L’inizio della fusione dei ghiacci dell’ultima era glaciale (LGM), evidenziato dall’aumento di livello dei mari, ha avuto luogo circa 19000 anni fa, con i - 67 - maggiori eventi di deglaciazione collocabili circa 14000 e 11000 anni fa. Approssimandosi all’orizzonte dei 10000 anni fa ha inizio l’Olocene, ovvero il periodo della storia terrestre nel quale ci troviamo tuttora, caratterizzato da temperature relativamente stabili (variazioni comprese tra 1÷3°C) e favorevoli allo sviluppo dell’umanità. Dalle analisi della carota glaciale di Vostok (Antartide) si è potuta ricostruire la concentrazione di CO2 e la variazione di temperatura negli ultimi 400.000 anni (figura 1). È ben visibile l’alternarsi delle 4 ere glaciali con i periodi caldi interglaciali. È rilevante notare che la concentrazione di CO2 non ha mai oltrepassato le 300 ppmv (parti per milione in volume), mentre attualmente è attorno alle 373 ppmv (dato non riportato sul grafico, uscirebbe dalla scala!). Anche se sono ancora molti i dubbi nell’interpretazione dell’esatto meccanismo di azione-reazione tra andamento della concentrazione di CO2 e temperatura atmosferica, è tuttavia chiaro che le due grandezze sono fortemente correlate. Figura 1 – Temperatura e concentrazione di CO2 dell’atmosfera negli ultimi 400.000 anni (in base ai carotaggi effettuati a Vostok). - 68 - Gli ultimi 10000 anni: dai ghiacciai ai mandorli La ricostruzione del clima degli ultimi 10000 anni, periodo detto Olocene, può essere tentata grazie agli apporti delle ricerche effettuate in tutte le Alpi, ma è ben lungi dal rappresentare un risultato definitivo e sicuro. L’andamento termico è l’unico sul quale è possibile proporre un quadro accettabile, sia pur - e ciò lo si ribadisce ancora una volta - non scevro da incertezze. Attorno a 11000 anni fa ha termine l’ultima glaciazione o LGM-Last Glacial Maximum (anche nota come Würm, nomenclatura oggi non più ritenuta significativa). La temperatura media, allora di circa 5÷6°C inferiore all’attuale, inizia rapidamente a risalire, sia pur interrotta da brutali episodi freddi probabilmente connessi con l’instaurarsi di una nuova circolazione delle acque atlantiche. L’ultimo episodio freddo, collocabile circa 11600 anni fa, è il Dryas recente dal nome della Dryas octopetala (Camedrio alpino), piccola rosacea dai fiori bianchi, indicatrice di climi boreali. In seguito la temperatura va aumentando fino a raggiungere l’Optimum Termico Olocenico, culminato tra 7 e 6 millenni dal presente e mai più eguagliato; è in questo periodo mite che si può collocare il massimo sviluppo della torbiera del ghiacciaio del Rutor (Valle d’Aosta, presso il Piccolo San Bernardo). Qui, a quota di circa 2500 m, presso l’attuale fronte del ghiacciaio, sono affiorati - tra il 1957 e il 1970 - i resti di una torbiera in ottimo stato di conservazione. I campionamenti e le analisi polliniche hanno consentito di tracciare un quadro della storia del clima locale. Le date 14C ottenute dai sedimenti più antichi evidenziano che il ghiacciaio era ridotto a dimensioni simili o inferiori a quelle attuali a partire da circa 10000 anni fa; subito dopo aveva inizio la deposizione continua di torba protrattasi fino a circa 5500 anni dal presente, limite temporale oltre il quale il ghiacciaio sembra aver ripreso dominio dell’area, con estensioni a tratti maggiori, a tratti prossime alla situazione recente. Questo lungo periodo, noto come Neoglaciazione è culminato con le avanzate della Piccola Età Glaciale (1450÷1850). Il successivo rapido ritiro ha portato il ghiacciaio del Rutor in una posizione che attualmente è quasi prossima alle - 69 - dimensioni che aveva nella fase di optimum climatico olocenico, scoprendo dunque il deposito torboso. Temperatura media Europa sud-occidentale negli ultimi 10 000 anni Sviluppo torbiera Rutor 18 Optim um term ico Olocenico Optim um term ico Età Rom ana Optim um term ico Medievale Clim a attuale 17 Temperatura °C 16 15 14 13 Fine ultim a Glaciazione (LGM) -Episodio freddo «Younger Dryas» 12 11 Episodio freddo «Misox» Oscillazioni fresche e um ide «Piora» Età del bronzo 10 11 10 9 Episodio freddo «Neoglaciale 8 7 6 5 4 3 Tem po in m igliaia di anni dal presente (BP) Piccola Età Glaciale Età del ferro 2 1 0 L. M ercalli, 2001 - SM I Torino, www.nimbus.it Figura 2 – Temperatura media in Europa sud-occidentale negli ultimi 10.000 anni. Tornando alla visione su scala alpina, attorno a 5500 anni fa compaiono alcune oscillazioni fresche, denominate «Piora» dall’omonima valle ticinese dove sono state identificate mediante analisi di pollini fossili. Nuova ripresa del clima mite verso 4500 anni fa, ma meno pronunciata. Tra 4 e 3 millenni dal presente - siamo in piena Età del bronzo - si assiste a una moderata oscillazione tra climi freschi e miti, fino a un episodio freddo della «Neoglaciazione», probabilmente suddiviso in più fasi, ma comunque non più intenso della successiva «Piccola Età Glaciale». È collocabile qui l’Età del Ferro, cui fa seguito l’Età Romana, nuovamente assai mite e dunque probabilmente favorevole alla colonizzazione alpina. Un moderato peggioramento climatico interessa l’inizio del Medio Evo, seguito da un nuovo periodo mite verso l’Anno Mille, l’Optimum Termico Medievale. Qui i documenti storici cominciano a farsi via via più fitti e confermano il quadro dei dati geofisici. Per esempio, verso la metà del 1300 in Valle d’Aosta si ha l’apice dell’attività dei canali d’irrigazione (ru), attribuiti, almeno in parte, - 70 - ad una reazione a un periodo di siccità e di temperature elevate. I valichi d’alta quota erano allora attivamente frequentati senza mostrare troppi condizionamenti per via dell’innevamento persistente. Per esempio, Piero Giacosa, nel suo volume dedicato a Cogne (1925) scrive: «Il comune di Cogne possedeva nell’alto Canavese sulla montagna di Teleccio, in val di Piantonetto sopra Locana, dei pascoli e le mandrie per molti anni valicarono dall’uno all’altro versante della catena per un passaggio che ora è occupato da un ghiacciaio ed è affatto impraticabile al bestiame [colle di Teleccio, 3304 m]». Dopo il 1450 si fa gradualmente strada la Piccola Età Glaciale, il deterioramento climatico forse più spiccato dell’intero Olocene, che segnerà profondamente l’ambiente glaciale e la cultura alpina fino al 1850. I documenti storici sull’argomento si fanno assai numerosi e riguardano in particolare la graduale chiusura dei valichi di alta montagna da parte dei ghiacci permanenti e l’avvio di un’imponente fase di avanzata dei ghiacciai che porterà le loro fronti a lambire i terreni a pascolo e in alcuni casi il fondovalle, in particolare nella zona del Monte Bianco (in proposito fa scuola l’ormai classico Le Roy Ladurie, 1968). Significativo il commento di Marc Theodore Bourrit, che nel 1785 in Nouvelle Description des Glacier de Savoye, a proposito dell’antica comunicazione fra Chamonix e Courmayeur, scrive: «Les glaces se seront donc augmentées, non tout-à-coup, mais insensiblement; des sommités elles seront descendues dans la vallée, se pressant les unes les autres, se précipitant et s’accumulant dans les gorges où etoient les ancien passages, et ces gorges comblées par le temps, se seront élevées et auront présenté un rampart de glace à ceux qui vouloient tenter les franchir. Telle sont les causes qui auront changé la face de cette vallée, et fermé pour toujours le chemins qui conduiseront à la Val d’Aoste»4. La considerazione è ben confermata dall’ingegnere idraulico torinese «I ghiacci saranno dunque aumentati, non tutto ad un tratto, ma insensibilmente; saranno scesi dalle cime verso la vallata, spingendosi gli uni con gli altri, precipitando e accumulandosi nelle gole dove c’erano gli antichi passaggi e queste gole riempite nel tempo, si saranno innalzate ed avranno presentato un muro di ghiaccio a coloro i quali volevano tentare di superarle. Tali sono le cause che avranno cambiato l’aspetto di questa vallata e chiuso per sempre i sentieri che conducevano alla Valle d’Aosta.» 4 - 71 - Giuseppe Castellani, che in un saggio sull’influenza delle selve sul corso delle acque, pubblicato a Torino nel 1818, accenna all’aumento delle masse glaciali in Valle d’Aosta in atto da circa 50 anni (più o meno dal 1770). Il commento, scritto da un uomo di scienza, non sembra affetto da esagerazioni o secondi fini, é ricco di riferimenti topografici relativi a nuovi apparati glaciali, e conferma i problemi di transito per gli alti valichi nonché la crisi della coltivazione del mandorlo in Valle d’Aosta e dell’olivo sulle colline d’Ivrea. Sul Monte Rosa, dettagliate analisi sulle variazioni glaciali sono state condotte da Umberto Mònterin negli anni 1930: si mette in luce il notevole progresso delle fronti con le pulsazioni nette del 1820 e del 1850: il ghiacciaio del Lys giunge fin nei pressi dell’Alpe Courtlys, a circa 2000 m di quota. Una prima marcata fase di regresso avverrà dopo il 1870 e la seconda dopo il 1920 porterà il ghiacciaio alle condizioni attuali, in continuo regresso. Oggi la fronte è nella sua posizione più arretrata dall’inizio delle misure e forse dall’inizio stesso della Piccola Età Glaciale; dal 2002 al 2003 l’arretramento è stato di ben 38 m. Figura 3 – Spostamento della fronte del ghiacciaio del Lys tra il 1812 e il 2003, periodo in cui è arretrato, con fasi alterne, di 1285 m. - 72 - In anni recenti il contributo più importante alla metodologia di studio della storia del clima viene da Christian Pfister che, in particolare per la Svizzera, ha ricostruito gli indici di evoluzione termopluviometrica a partire dal 1496 sulla base delle cronache storiche. L’informazione che emerge è che anche la Piccola Età Glaciale non è stato un periodo di condizioni climatiche continuamente impostato sul freddo bensì un susseguirsi di fasi critiche più fredde ed altre più miti; la combinazione di alcune sequenze di anni anomali - per esempio più freddi e nevosi della norma - era sufficiente a condizionare pesantemente l’agricoltura e ad attivare le pulsazioni glaciali. Figura 4 - Il ghiacciaio di Pré de Bar, sul versante italiano del Monte Bianco, come si presentava nel 1897 e oggi. In circa un secolo il ghiacciaio è arretrato di 500 m. Sulle Alpi, la riduzione areale dei ghiacciai nello stesso periodo è dell’ordine del 40%. Le cronache storiche sono infatti in apparenza contraddittorie: ad anni di gran freddo vengono contrapposti episodi di caldo fuori stagione con fioriture delle piante in pieno inverno, il che lascia intravedere, pur in un - 73 - quadro termico di circa 1,5°C inferiore a quello attuale, soprattutto una maggior variabilità interannuale. Gli ultimi 150 anni: dalla Piccola Età Glaciale al riscaldamento globale. Il contributo delle serie di dati meteorologici Dopo il 1850 il clima torna a farsi più mite, fino al netto aumento termico del presente. In questo periodo la disponibilità dei dati meteorologici viene a migliorare il quadro della comprensione delle variazioni climatiche. La temperatura globale è cresciuta nell’ultimo secolo di circa 0,7°C ed esiste una forte correlazione con la curva di aumento della concentrazione di gas serra. Figura 5 - La serie delle temperature medie annue sull’intero arco alpino, dal 1760 al 2000. Pur con alcuni episodi miti verso la fine del 1700, il periodo più recente mostra una netta tendenza all’aumento termico (+1,1°C dal 1890). La curva è ottenuta dall’analisi di 97 serie storiche dei paesi alpini, effettuata da BOEHM e collaboratori nell’ambito del progetto europeo ALPCLIM (2001, ZAMG, Vienna). Spesso si avanzano dubbi sull’attendibilità delle antiche misure di temperatura. Vero è che in oltre un secolo di osservazioni si sono accumulati errori, l’ambiente circostante le stazioni meteorologiche si è urbanizzato, ma nonostante ciò, il segnale verso l’aumento termico è - 74 - confermato dalla riduzione dei ghiacciai, fenomeno diffuso in quasi tutto il mondo. Sulle Alpi, rispetto a un secolo fa, la superficie glaciale si è ridotta di oltre il 40%, fatto che si accorda con il lavoro di Reinhard Boehm del servizio meteorologico austriaco, il quale grazie ai colleghi degli altri paesi alpini ha raccolto i dati di tutte le più lunghe serie climatiche, evidenziando un aumento di circa 1°C negli ultimi 150 anni. Figura 6 - L’andamento della temperatura media annua a Torino, dove i rilevamenti sono iniziati nel 1753, mostra una evidente tendenza all’aumento. Parte di tale incremento è da attribuirsi all’urbanizzazione (effetto isola di calore), ma il segnale climatico è comunque realistico. Talora si adduce a prova dell’incertezza dei dati paleoclimatici il fatto che attorno all’Anno Mille la Groenlandia era verde e abitata, che i ghiacciai alpini erano più ridotti di oggi e il limite altimetrico del bosco era più elevato, che la vite era coltivata in Inghilterra e l’olivo in Piemonte. Ma non si tiene conto che la rapidità del cambiamento di questi ultimi anni non ha ancora avuto il tempo di agire sul paesaggio: occorrono decenni prima che i ghiacci liberino il suolo, si insedino erbe in grado di produrre humus, ed infine crescano gli alberi. Più facile introdurre con l’agricoltura specie nuove, ma oggi chi si sognerebbe di impiantare il vigneto in condizioni - 75 - marginali quando i vivaci traffici commerciali sono in grado in poche ore di importare i migliori vini dalle zone d’origine vocate? I periodi di optimum climatico dell’ultimo millennio potrebbero dunque essere stati il risultato di lunghe sequenze di anni con temperature sia pur miti ma inferiori alle attuali. Il ritrovamento dell’uomo del Similaun che da 5000 anni giaceva sotto i ghiacci dell’Alto Adige, estende questa considerazione ad altri 4 millenni. Del resto, è difficile stabilire in quale misura l’intervento umano si sovrapponga al segnale climatico naturale, ma L’IPCC, la più autorevole fonte internazionale per lo studio dei cambiamenti climatici, ritiene che esso stia cominciando a mostrare i primi “sintomi” che esulano dalla variabilità naturale dell’ultimo millennio. I modelli di simulazione del comportamento del clima a scala globale stimano aumenti termici tra 2 e 6°C entro i prossimi 100 anni. (IPCC, 2001). Figura 7 – Le variazioni di temperatura sulla superficie terrestre degli ultimi secoli in diverse zone climatiche. - 76 - L’estate africana del 2003: un caso isolato o un segnale d’allarme? Dall’inizio di maggio alla fine di agosto 2003 una fase di caldo anomalo e straordinario ha interessato l’Europa centro-meridionale e le Alpi, assumendo caratteri di eccezionalità per la lunga durata, i valori medi stagionali e i singoli picchi giornalieri di temperatura massima. Dalla lunga serie storica di riferimento relativa a Torino, iniziata nel 1753, si evince che mai si era avuta un’estate così calda, con temperature medie stagionali di 2-3°C superiori ai precedenti massimi noti. Torino - Temperatura media estiva dal 1753 al 2003 °C 2003 29 l'estate più calda 27 25 23 21 19 1993 1973 1953 1933 1913 1893 1873 1853 1833 1813 1793 1773 1753 17 Figura 8 – Serie delle temperature medie estive per Torino dal 1753 al 2003. Anche a livello giornaliero sono stati raggiunti valori mai misurati in precedenza: a Torino per la prima volta in 250 anni è stata superata la soglia dei 40°C, con una punta di ben 41.6°C il giorno 11 agosto; ad AostaSt-Christophe i picchi termici più elevati si sono avuti il 25 giugno con 38.6°C e l’11 agosto con 38.5°C, valori entrambi superiori al massimo precedente di 38.0°C, registrato nel luglio 1957. A rendere eccezionale la situazione nel complesso ha contribuito un pronunciato deficit pluviometrico, iniziato fin da gennaio e protrattosi anche nel cuore dell’estate. Sebbene non si possano effettuare considerazioni sull’evoluzione del - 77 - clima in base a un singolo episodio, lo straordinario caldo anomalo che ha interessato l’Europa nell’estate 2003 è coerente con le ipotesi formulate dalla comunità scientifica internazionale circa il riscaldamento globale dovuto all’incremento dell’effetto serra. Precipitazioni: in leggera diminuzione rispetto al XIX secolo Per le precipitazioni la descrizione degli andamenti è più problematica. Si ha una spiccata variabilità interannuale e i dati sono maggiormente dispersi, sia nel tempo, sia nello spazio. Limitandosi all’esame di serie storiche dell’Italia settentrionale, non è possibile individuare alcuna tendenza nel corso del XX secolo, ma è riscontrabile un lungo periodo dall’inizio del 1800 fin verso il 1860 caratterizzato da apporti frequentemente superiori alla media. Gli ultimi 70 anni mostrano un’alternanza di periodi ora più ora meno piovosi, senza alcuna periodicità significativa. Al Sud Italia alcuni Autori rilevano una tendenza alla riduzione delle precipitazioni. A nord delle Alpi l’unica tendenza rilevabile sembra essere un incremento del 20÷30% delle precipitazioni invernali nell’ultimo secolo (Schmidli & al. 2001). Torino - Precipitazioni annuali dal 1803 al 2003 mm 1900 Fonte: G. Di Napoli, L. Mercalli, www.nimbus.it 1700 1500 1300 1100 900 700 500 2000 1989 1978 1967 1956 1945 1934 1923 1912 1901 1890 1879 1868 1857 1846 1835 1824 1813 1802 300 Figura 9 - Torino: la lunga serie storica delle precipitazioni, iniziata nel 1802, non mostra particolari tendenze. - 78 - Precipitazioni intense: per ora non sembrano in aumento, ma l’analisi statistica è complessa La ricerca di tendenze nella distribuzione degli eventi pluviometrici rari di forte intensità è estremamente complessa e soggetta a delicati problemi di interpretazione statistica, come hanno mostrato Frei & Schär (2001b) nel loro lavoro sulle precipitazioni in Svizzera: per le piogge intense hanno trovato un leggero incremento di frequenza in inverno e in autunno sul versante nord delle Alpi e nessuna tendenza significativa a sud (Ticino). Per il momento è presto per annunciare precisi andamenti validi a larga scala. Il riscaldamento è un fenomeno globale, ma non è uniforme né nel tempo né nello spazio. Il sistema climatico è molto dinamico, non sono le modeste variazioni alla scala di giorni o di mesi a farne da specchio, ma sono le tendenze sul lungo periodo considerate sull’intero pianeta. Spesso si prendono come sintomo del cambiamento climatico gli eventi estremi, che si prestano magnificamente per fare notizia. In effetti è ragionevole ritenere che l’aumento termico possa portare in futuro a un più attivo scambio energetico tra atmosfera e oceani, con incremento di precipitazioni violente, siccità, tempeste. Ma per il momento è difficile individuare se gli eventi meteorologici estremi stiano aumentando di frequenza. I lavori di Glaser (Università di Heidelberg) sulle alluvioni registrate in Europa centrale fin dal 1300, evidenziano che l’attuale comparsa di fenomeni estremi ha già Figura 10 - La piena dell’Elba dell’Agosto 2002 a Dresda, in base alle cronache storiche, sembra aver avuto un tempo di ritorno millenario (da ricerche di Ch. Pfister, PAGES website). - 79 - visto precedenti di pari o superiore entità in secoli passati; un lavoro recente conferma tuttavia che le grandi piene dell’Elba nell’Agosto 2002 hanno avuto un tempo di ritorno millenario, ma è difficile associare tale estremo a una tendenza. Le analisi delle precipitazioni secolari condotte in Svizzera da Frei (Università di Berna), hanno mostrato un leggero incremento nelle piogge invernali, non necessariamente legato ad episodi alluvionali. Insomma, per gli eventi estremi resta difficile isolare il segnale climatico antropico da quello naturale: forse abbiamo una qualche responsabilità, una frazione percentuale di un’alluvione o di una siccità potrebbe portare la nostra firma, ma non sappiamo quantificarla. Quindi è un argomento da affrontare con cautela, a differenza di quello dell’aumento della temperatura, che è più netto. Quel che è certo è che aumentano i danni, in risposta a una maggiore occupazione del territorio da parte delle infrastrutture antropiche, e bene fa l’Organizzazione Meteorologica Mondiale a pubblicare da qualche anno le gravissime statistiche dei disastri meteorologici nel mondo (www.wmo.ch), ma attenzione, non tutti sono colpa dell’incremento dell’effetto serra. Neve caduta: quasi il 20% in meno nell’ultimo secolo L’analisi di molte serie storiche in zona alpina mette in evidenza un’ampia variabilità interannuale del fenomeno. Tuttavia si individua una diminuzione degli apporti nel corso degli ultimi 15 anni. La minore durata della neve al suolo nel periodo recente è sicuramente legata alla riduzione delle quantità di neve fresca caduta, ma l’incremento termico degli ultimi 15 anni e la maggiore frequenza di ondate di calore nel periodo primaverile, associate a scarse precipitazioni, può avere contribuito ad accentuare tale tendenza. La tendenza all’aumento termico potrà compromettere la durata del manto nevoso soprattutto alle quote mediobasse. - 80 - Figura 11 - Nelle Alpi occidentali, l’analisi regionalizzata degli apporti di neve annui, mostra un’ampia variabilità. Gli ultimi 15 anni denotano un deficit prolungato. (SMI, Torino). Le conseguenze del riscaldamento globale Le regioni alpine, per la varietà degli ambienti e i delicati equilibri che li distinguono, sono particolarmente esposte alle variazioni climatiche, siano esse naturali o indotte dall’uomo. Un’ottima sintesi in italiano su questo tema è in Barry & Price (2000). La Svizzera, territorio limitrofo e affine alla Valle d’Aosta, ha da tempo intrapreso un organico programma di quantificazione dei cambiamenti climatici e dei loro impatti sugli ecosistemi e sull’economia montana: si tratta del progetto PROCLIM che ha portato alla pubblicazione di vari rapporti su Rischi climatici, disastri naturali ed economia svizzera (Bader & Kunz, 2000), frutto dell’incontro tra esperti delle università, compagnie di assicurazione, settore bancario, industria privata e integriamo organizzazioni qui alcuni governative punti che e ambientali. possono essere Riassumiamo di guida e per approfondimenti. Settore bancario Il cambiamento climatico avrà un notevole impatto sull’economia globale e locale, che potrebbe manifestarsi dopo l’anno 2010 acuendo i grandi contrasti tra regione e regione, intensificando il divario sociale Nord-Sud. Il - 81 - carattere globale del cambiamento del clima causerà notevoli flussi di capitali nel settore della prevenzione dei danni e della progettazione dei cambiamenti strutturali; l’effetto netto sull’economia sarà complessivamente negativo. Particolari impatti saranno subiti dal settore dell’energia, trasporti, turismo, costruzioni, assicurazioni, agricoltura, ricerca e sviluppo. Gli effetti economici sulle transazioni bancarie di settore come il turismo invernale e le assicurazioni sono già percepibili oggi. Settore assicurativo L’impresa assicurativa è abituata a lavorare secondo il concetto della massima perdita probabile o possibile. In questo caso anche il cambiamento del clima deve essere considerato in modo molto serio sia a livello di lente variazioni della media, sia di diversa frequenza di eventi estremi. I rischi minori possono essere affrontati con risorse correnti e disponibili e le misure di soccorso riportano il sistema alla normalità. Nel caso di rischi di media portata, vengono chiamate in causa risorse ausiliarie delle istituzioni, ma sul sistema colpito vengono già affrontati i livelli catastrofici (ad esempio l’alluvione di Briga del settembre 1993, che colpì anche l’Ossola e la Valle d’Aosta, e - dopo - quella dell’ottobre 2000). Nel caso dei rischi a grande scala l’intero sistema in questione viene indebolito al punto che le misure ricostitutive sono scarsamente efficaci o del tutto inattuabili. L’intera sopravvivenza del sistema è messa in dubbio. È importante evidenziare che l’assicurazione contro le catastrofi naturali non è illimitata. La popolazione non deve cadere nella falsa sicurezza indotta dal ritenere che sia possibile assicurarsi contro qualsiasi evento. Settore agricolo L’agricoltura sarà fortemente colpita dal cambiamento climatico. Entro certi limiti le perdite produttive causate dal clima potranno essere compensate da nuove tecnologie e pratiche agronomiche (irrigazione con costruzione di invasi, colture protette, protezioni antigrandine, scelta genetica). L’adozione di questi nuovi metodi richiede tuttavia ingenti - 82 - capitali e contro gli eventi estremi solo le compagnie assicurative possono offrire protezione finanziaria. L’estensione delle zone favorevoli all’agricoltura nei territori di montagna non porterà sostanziali vantaggi per la difficoltà di introdurre pratiche meccanizzate che rimarranno privilegio delle aree di pianura e bassa valle. L’aumento della disponibilità termica invernale è causa di anticipi vegetazionali con spostamento delle fasi fenologiche di prefioritura e fioritura verso la fine inverno/inizio primavera. Tale anticipo espone le colture ad un maggior rischio di danneggiamento in caso di gelate tardoprimaverili, anche di breve durata, ma assai frequenti nella casistica climatologica locale. L’aumento della temperatura potrebbe inoltre esporre le colture a una possibile proliferazione di patogeni fungini e insetti che potranno causare ingenti perdite di prodotto e determinare un incremento dei mezzi chimici di difesa. Scarsamente note le interazioni con il patrimonio forestale, che sarà soggetto da un lato a maggior potenzialità produttive per l’aumento di CO2, dall’altro dovrà sottostare a vincoli di disponibilità idrica, processi evolutivi dei suoli e presenza di parassiti. Settore energetico Riscaldamento domestico: la maggiore disponibilità termica invernale incide e inciderà sui consumi di combustibili per riscaldamento, con possibili riduzioni sia in termini di quantità, sia in termini di estensione del periodo di massima richiesta. L’eventuale maggior frequenza di ondate di caldo renderà tuttavia meno confortevoli le condizioni ambientali nei grandi centri urbani favorendo l’installazione di sistemi di refrigerazione, per i quali esiste ancora un notevole spazio di mercato, soprattutto nell’utenza domestica e delle piccole unità produttive. Ciò sarà causa di un maggiore consumo di energia elettrica nei mesi estivi (ciò si è effettivamente verificato nell’estate 2003). Produzione energetica: i possibili risvolti dell’aumento termico e della diminuzione dell’innevamento nei bacini idrografici alpini riguardano la variazione dei regimi idrologici locali e quindi della regolazione degli invasi stagionali destinati alla produzione - 83 - idroelettrica. La probabile concentrazione dei deflussi di fusione nivale in periodi di fine primavera, spesso coincidenti con la stagione di maggiore apporto pluviometrico potrebbe generare surplus idrici non stoccabili negli attuali invasi, mentre possibili fenomeni di carenza pluviometrica nei mesi estivi sarebbero esaltati dall’ormai avvenuto esaurimento nivale. Inoltre l’accentuata riduzione dei ghiacciai alpini comporterà sensibili variazioni nei deflussi di fusione estivi (processi tutti verificatisi nella calda estate 2003). L’aumento di erosione dei suoli di alta montagna privati della protezione nivoglaciale potrà inoltre accelerare l’interramento degli invasi. Salute La temperatura più elevata e la maggiore frequenza di ondate di calore favorirà l’esposizione al sole delle persone. Questo cambiamento di abitudini unito alla maggiore pericolosità della radiazione solare causata dall’assottigliamento della fascia d’ozono stratosferico potrebbe favorire l’insorgenza di malattie tumorali della pelle. È altresì prevedibile un maggior consumo di prodotti cosmetici protettivi. Turismo Le maggiori implicazioni dell’aumento termico e della riduzione dell’innevamento saranno avvertite soprattutto dal settore del turismo invernale. Il Centre d’Etude de la Neige (Météo France-Grenoble), per le Alpi francesi del nord, nel caso di un aumento termico di 1,8°C, stima una riduzione nella durata del manto nevoso del 20% (30÷40 giorni) a 1500 m. Le piccole stazioni sciistiche a bassa quota potrebbero andare incontro a una riduzione del periodo di funzionamento, ma anche i grandi comprensori potrebbero risentire di tale carenza nei settori a quote medio/basse. Saranno invece sempre più sottoposti a eccessiva pressione di utilizzo i grandi comprensori d’alta quota. La quantità di neve che si accumula da ottobre a dicembre riveste un importante investimento per la stagione turistica del periodo natalizio e di fine anno. Lo scarso innevamento in tale periodo ha comportato frequentemente negli ultimi - 84 - anni un avvio parziale della stagione sciistica con un funzionamento parziale degli impianti di risalita, anche nei grandi comprensori sciistici dotati di impianti di innevamento programmato. Questi ultimi, così ampiamente adottati negli ultimi anni, potrebbero contrastare solo marginalmente gli effetti della mancanza di neve naturale, in quanto le maggiori temperature potrebbero vanificarne il funzionamento e ridurre ulteriormente la durata del manto prodotto. Inoltre la gestione di tali sistemi comporta ingenti richieste sia di acqua sia di energia elettrica, fattori di ulteriore aumento dei costi. Riflessi più negativi sono attesi sulle poche stazioni di sci estivo, a causa della riduzione delle aree glaciali. Si cita il caso degli impianti di sci estivo sul ghiacciaio d’Indren (Monte Rosa), dismessi recentemente a seguito dell’arretramento della massa glaciale. Calamità atmosferiche Le variazioni del sistema climatico globale inducono cambiamenti negli equilibri energetici dell’atmosfera. Si ritiene che fra le possibili conseguenze vi possa essere l’aumento della frequenza di fenomeni estremi quali precipitazioni intense, siccità, tempeste. In Italia è rilevante la sensibilità del territorio montano a fenomeni alluvionali, che negli ultimi anni hanno pesantemente inciso sulla sicurezza delle popolazioni. Il possibile incremento di tali fenomeni, che per il momento non è ancora osservabile sui dati a disposizione, introduce nuovi elementi di attenzione nella pianificazione territoriale e apre una vasta area normativa. Influenze sui paesaggi e sugli ecosistemi L’aumento della temperatura e le variazioni del regime pluvionivale imporranno all’ecosistema vegetale nuovi scenari, legati in particolare alla migrazione di specie verso nuove fasce altitudinali. La legge bioclimatica di Hopkins (1918) stima una migrazione altitudinale degli ecosistemi di 500 m per ogni variazione di 3°C. Un incremento termico di 1°C determinerebbe uno spostamento della fascia altitudinale della vegetazione arborea pari a circa 100 m. L’innalzamento della temperatura e la riduzione delle - 85 - precipitazioni determinerebbe per alcune zone alpine, soprattutto nel settore xerico intralpino, una progressiva steppizzazione dei suoli con una conseguente migrazione di specie mediterranee verso latitudini più settentrionali. Se la tendenza alla salita della temperatura continuerà in futuro ad acuirsi, è ragionevole ritenere che i ghiacciai al di sotto dei 3500 m possano scomparire completamente, e quelli posti a quote superiori possano subire rilevanti riduzioni (dipenderà anche dalla variazione delle precipitazioni). In una prima fase si passerebbe a un ambiente simile a quello che già le Alpi conobbero 6500 anni fa, durante l’Optimum climatico olocenico, ma l’evoluzione seguente esulerebbe dalla scala di riferimento degli ultimi diecimila anni. Inoltre, la rapidità del cambiamento potrebbe rivelarsi di gran lunga più importante e più rischiosa per l’umanità di quanto accaduto in passato. Il paesaggio alpino, così ricco di sfaccettature e di criticità, da un lato sarà il primo a rispondere ai cambiamenti climatici, anche con modificazioni drastiche, dall’altro costituirà sempre un serbatoio di diversità che favorirà la creazione e la salvaguardia di nicchie ecologiche. Resta all’uomo decidere quale posto vorrà avere e come vorrà o potrà adattarcisi. Il principio di prudenza, il numero 15 della dichiarazione di Rio, recita: “Dove ci siano pericoli di danni gravi o irreversibili, la mancanza di una piena certezza scientifica non va usata come ragione per posporre la messa in atto di misure efficaci volte a prevenire il degrado ambientale”. Nella scienza l’incertezza è una compagna fedele e talora buona consigliera, ma volentieri lascia spazio all’evidenza dei fatti quel tanto che basta per consentirci - se vogliamo - di prendere decisioni sagge. L’imperativo è dunque diminuire gli sprechi energetici e di conseguenza le emissioni di gas serra, non solo in attesa che vengano introdotte energie alternative meno inquinanti, ma come regola di buon senso dettata, come ben illustra l’economista Nicholas Georgescu-Roegen, dal secondo principio della termodinamica. E renderci conto che il sistema climatico terrestre esige quel rispetto che si riconosce di solito a tutte le cose fragili e delicate. - 86 - Risparmio idrico e consumo responsabile dell’acqua (Paolo Bernardi) L’intervento di Paolo Bernardi ha carattere pragmatico e offre agli ascoltatori alcuni suggerimenti per l’azione personale. A partire dal riconoscimento di un problema a livello globale - la ridotta disponibilità di acqua e i conflitti crescenti legati alla gestione di questo bene prezioso - focalizza l’attenzione sull’uso di acqua potabile e propone di utilizzare lo strumento del consumo critico per sviluppare strategie di cambiamento. È importante, secondo l’Autore, far crescere la consapevolezza che le scelte dei consumatori, che partono dalle piccole azioni personali e legate al proprio territorio, possono dare - ove ben coordinate - un importantissimo contributo globale. L’Autore offre alcuni dati aggiornati sui consumi dell’Italia di acqua in bottiglia e sulle implicazioni economiche ed ecologiche di questa scelta. Il ‘rubinetto alternativo’ - cioè l’utilizzo di acqua potabile convenientemente filtrata al punto d’uso - può rappresentare una scelta che, se seguita da molti consumatori, è in grado di ridurre significativamente consumi e sprechi e di valorizzare l’acqua come diritto per tutti. Il problema globale L’acqua è un bene prezioso, ed è un bene comune. L’acqua è una risorsa purtroppo invece sempre più scarsa e inquinata, da un mondo che ha considerato prioritari la tecnologia e l’economia rispetto ai più semplici e primari elementi ambientali e naturali della vita sulla terra. Su questo stato di cose si innestano sistemi di interesse politicoeconomico che non lasciano spazio al buon senso, al contrario, tendono a considerare l’acqua come prodotto di mercato, l’oro blu del futuro, quindi una merce da sfruttare sotto un profilo economico e di potere, creando tensioni sempre più crescenti e molto pericolose, fra gli stati che si contendono le stesse fonti d’acqua. Sono le comunità e le economie locali a considerare l’acqua, come il rispetto ambientale in genere, un bene prezioso e comune legato alle esigenze del territorio, in antitesi con gli interessi dei grandi poteri economici multinazionali, concentrati sul profitto finanziario più che sugli aspetti territoriali. - 87 - Il consumo critico Per non essere più complici di un consumo inquinante, insostenibile ed opprimente, il consumo critico ricerca strategie per il cambiamento attraverso le scelte dei consumatori. Ogni volta che andiamo a fare la spesa ricordiamoci che siamo “potenti” e che le imprese sono in una posizione di profonda dipendenza dal nostro comportamento di consumatori. Il consumo critico si basa su due pilastri: il boicottaggio, cioè interruzione organizzata e temporanea dell’acquisto di uno o più prodotti per forzare le società produttrici ad abbandonare certi comportamenti, e un atteggiamento di scelta dei prodotti non solo in base al prezzo e alla qualità, ma anche in base alla storia dei prodotti stessi, al loro impatto ambientale (dalla produzione allo smaltimento rifiuti) e al comportamento delle imprese che ce li offrono. Il consumo critico ci aiuta a capire i retroscena di una economia di profitto ingiusta e cieca dei valori di rispetto sociale e ambientale e a riflettere sull’importanza di scelte e proposte alternative. Dal locale al globale Senza trascurare le azioni e le manifestazioni organizzate a livello internazionale, al sostegno a alla ricerca di un mondo più sostenibile e rispettoso della vita di noi tutti, è proprio partendo dalle piccole azioni personali e legate al nostro territorio, che possiamo maggiormente essere incisivi concretamente per un piccolo ma importantissimo contributo globale. Il consumo critico ci inserisce in un contesto globale, partendo dalle azioni locali, rivolte a valorizzare le risorse territoriali. Il mercato dell’acqua Il consumo di acqua imbottigliata produce un’enorme quantità di tonnellate di bottiglie di plastica per le quali occorre bruciare e trasformare - 88 - una quantità di petrolio almeno doppia. Inoltre l’acqua in bottiglia viene trasportata in camion e per nave, e quindi si consuma ancora petrolio. Infine bisogna smaltire le tonnellate di plastica, attraverso impianti di riciclaggio (che però inquinano) o inceneritori. E tutto ciò contribuisce a inquinare l’atmosfera e ad accrescere l’effetto serra. Un grande supporto pubblicitario quindi per un prodotto che non sempre risponde alla sicurezza sanitaria richiesta da una conservazione lontana da fonti luce, odori e sbalzi di temperatura. Grandi multinazionali si spartiscono grandi affari con grandi spese pubblicitarie acquistando la risorsa a prezzo irrisorio, ad un costo inferiore della colla utilizzata per incollare l’etichetta sulla bottiglia. Nel 2002 in Italia sono stati prodotti oltre 10 miliardi di litri di acqua minerale, di cui il 64% lisce e il 36% gassate con un consumo individuale pari a 172 litri. In pratica l’Italia è il primo paese al mondo per il consumo pro-capite di acqua imbottigliata: 7 italiani su 10 bevono acqua in bottiglia con una produzione nazionale di oltre 200.000 tonnellate all’anno di rifiuti di plastica. Al primo posto fra i produttori mondiali di acqua troviamo la Nestlè con 10 stabilimenti in Italia e altrettanti marchi fra cui S. Pellegrino, Levissima, Vera, Panna, S.Bernardo, Pejo, Recoaro. Nel nostro paese realizza un fatturato di 870 milioni di euro di cui 60,2 spesi in pubblicità. Al secondo posto c’è Danone con Ferrarelle, Danone-Vitasnella, Boario, Fonte viva. Controlla il 20% del mercato europeo dell’acqua in boccioni. La normativa inoltre permette nelle acque minerali imbottigliate la presenza di alcune sostanze, ritenute tossiche per la salute umana, con valori di accettabilità superiori a quelle ammesse per le acque potabili. Acqua in bottiglia e acqua potabile L’acqua potabile scorre al buio e senza subire sbalzi di temperatura, è molto controllata e sicura a livello sanitario. Purtroppo non appaga il gusto del “consumatore” in grado di valutare l’odore, il sapore e il colore requisiti peraltro previsti dal DPR 236 per l’acqua potabile - che destano - 89 - sospetti errati ma comprensibili. Si aggiunge poi la disinformazione e la martellante pubblicità sapientemente propositiva di fuorvianti valori salutisti dell’acqua imbottigliata. Al contrario alcuni indici di concentrazione massima ammissibile (CMA) per le acque potabili sono molto più restrittive rispetto quelle per l’acqua imbottigliata, non solo per sostanze di contenuto salino, ma anche per sostanze considerate nocive per la salute umana. Tabella 1 – Concentrazione massima ammissibile per sostanze di contenuto salino SOSTANZE VALORE GUIDA ACQUE POTABILI (DPR 236/88) CMA ACQUE POTABILI (DPR 236/88) VALORI AMMESSI PER ACQUE MINERALI 542/92) CALCIO 100 mg/l non indicato nessun limite MAGNESIO 30 mg/l 50 mg/l nessun limite SODIO 20 mg/l 175 mg/l nessun limite 0,7-1,5 mg/l secondo FLUORO la temperatura nessun limite MANGANESE 0,02 mg/l 0,05 mg/l 2 mg/l RAME 0,1 mg/l 1 mg/l 1 mg/l CLORURI 25 mg/l POTASSIO 10 mg/l non indicato nessun limite SOLFATI 25 mg/l 250 mg/l nessun limite FERRO 0,05 mg/l 0,2 mg/l nessun limite opportuno non superare i 200 mg/l (DM nessun limite Tabella 2 – Valori limite per sostanze tossiche SOSTANZE TOSSICHE Valore limite nelle acque potabili (DPR 236/88) Valore limite nelle Valore limite nelle acque acque minerali potabili (DL 31/01) (DM 542/92; DM 31/05/01) Antimonio 10 µg/l 5,0 µg/l nessuno Arsenico 50 µg/l 10 µg/l 50 µg/l(*) Nichel 50 µg/l 20 µg/l nessuno Fluoruro 0,7-1,5 mg/l 1,5 mg/l nessuno Alluminio 200 µg/l 200 µg/l nessuno - 90 - Ferro 200 µg/l 200 µg/l nessuno Boro 1 mg/l 1,0 mg/l 5,0 mg/l Manganese 200 µg/l 200 µg/l 2000 µg/l Vanadio 50 µg/l 50 µg/l nessuno (*) Portato allo stesso CMA delle acque potabili solo nel maggio 2001. Prima di questa data le acque minerali potevano contenere 4 volte tanto di arsenico rispetto alle acque potabili. Acqua potabile da bere I problemi dell’acqua potabile: o inquinamento di origine industriale e agricolo; o chilometri di tubazioni soggette a continui interventi di manutenzione, usura, nuovi allacciamenti, pulizia, ecc; o clorazione. L’esigenza di una corretta politica per la tutela delle acque nasce dalla considerazione che, per garantire il risanamento e l’uso corretto e razionale delle risorse idriche, è necessario ridurre ed eliminare l’inquinamento diffuso provocato dalle attività agricole e industriali e risanare gli acquedotti. Ma è anche vero che se il cittadino affida l’atto del bere all’acqua imbottigliata, perde il senso della difesa della risorsa locale, difesa sia dall’inquinamento di essa che dalle speculazioni di privatizzazione e mercificazione del bene comune. L’acqua potabile deve rispondere al rubinetto dei requisiti di potabilità, compresi i parametri inodore, incolore e insapore, ma non sempre è possibile. Il primo problema è il cloro. Non possiamo trascurare che la clorazione è il trattamento più utilizzato in Italia per eliminare dall’acqua i batteri che potrebbero essere causa di problemi sanitari, ma che, tuttavia, non garantisce assenza di rischi. L’aggiunta di sostanze chimiche all’acqua (l’ipoclorito nello specifico) provoca la formazione di altri composti, molti dei quali tossici poiché possono provocare malattie croniche e tumori. Questi sottoprodotti vengono identificati come D-DBP (Disinfection-Disinfection By - 91 - Products). Almeno 18 differenti studi hanno correlato l’insorgere di alcuni tipi di cancro nell’uomo all’uso di acque potabili trattate col cloro. Uno studio del 1987 ha rilevato che un gruppo di non fumatori che ha utilizzato acqua potabile clorata per 60 anni mostrava un tasso di cancro alla vescica superiore di 4 volte a quello di un gruppo di controllo dissetato con acqua non clorata. Diversi altri studi condotti su casi clinici hanno notato, nel lungo termine, un moderato aumento del rischio di cancro alla vescica e al colon in relazione all’assunzione di acqua clorata. Il cloro infatti reagisce con la materia organica disciolta nell’acqua dando luogo alla formazione dei trialometani, un gruppo di composti organici in buona parte cancerogeni per l’uomo, molti dei quali permangono anche dopo bollitura. Si ritiene che l’assunzione di questi composti, soprattutto a concentrazioni elevate, possa contribuire all’aumento dei tumori delle vie uro-genitali come hanno rilevato gli studi condotti a livello internazionale citati sopra. Tabella 3 – Effetti sulla salute umana di alcuni cloroderivati D-DBP EFFETTI Trialometani Cloroformio Cancerogeno, epatotossico, tossico renale Diclorobromometano Epatotossico, tossico renale Dibromoclorometano Epatotossico, tossico renale Bromoformio Epatotossico, tossico renale Acetonitrili Cloroacetonitrile Genotossico Dicloroacetonitrile Mutageno, genotossico Tricloroacetonitrile Genotossico Bromocloroacetonitrile Mutageno, genotossico Aloacididerivati Acidodicloroacetico Dismetabolizzante Clorofenoli 2-clorofenolo Fetotossico, cancerogeno 2,4-diclorofenolo Fetotossico, cancerogeno - 92 - 2,4,6-triclorofenolo Cancerogeno Chetoniclorurati 1,1-dicloropropanone Mutageno 1,1,1-tricloropropanone Mutageno 1,1,3,3-tetracloropropanone Mutageno Valorizzare la risorsa locale acqua potabile È molto importante riconsiderare l’utilizzo dell’acqua potabile, ben controllata e a buon mercato. Durezza e calcare, incrostazioni tecnologiche, residuo fisso, materiale in sospensione, l’odore di cloro e una giungla di confusioni pubblicitarie fra il minerale e l’oligominerale, non ci aiutano molto. Semplici aspetti e considerazioni ci possono guidare a conoscere meglio la nostra acqua potabile. Al di là della qualità di partenza, dopo il trattamento di potabilizzazione iniziano i problemi di distribuzione attraverso chilometri di tubature, inoltre l’odore del cloro a volte rende il sapore dell’acqua molto sgradevole. In ogni caso è l’acqua potabile che viene maggiormente ingerita dal nostro organismo; infatti è maggiore la quantità di acqua assimilata attraverso i cibi cucinati rispetto a quella bevuta. Valutiamo molto brevemente e sinteticamente alcuni aspetti: o Aspetto sanitario: l’acqua potabile è più sicura e controllata dell’acqua imbottigliata, l’unico problema è l’odore di cloro, i cloroderivati e l’eventuale materiale in sospensione. I cloroderivati permangono (a parte il cloroformio) anche dopo l’ebollizione dell’acqua come si può verificare dalla seguente tabella. Tabella 4 – Comportamento dei cloroderivati in base alla temperatura SOSTANZA PUNTO DI PUNTO DI FUSIONE(*) EBOLLIZIONE(*) Cloroformio Diclorobromometano RIMANE NOTE 61°C ?°C ?°C X Il dibromometano bolle a - 93 - 99°C Dibromoclorometano ?°C ?°C X Bromoformio ?°C 150°C X ? °C 127°C X Dicloroacetonitrile ?°C >127°C X Tricloroacetonitrile ?°C >127°C X Bromocloroacetonitrile ?°C >127°C X 10°C 194°C X 9°C 176°C X 2,4-diclorofenolo 45°C 210°C X 2,4,6-triclorofenolo 69°C 246°C X 1,1-dicloropropanone ?°C 120°C X 1,1,1-tricloropropanone ?°C >120°C X 1,1,3,3- ?°C >120°C X Cloroacetonitrile Acido dicloroacetico 2-clorofenolo tetracloropropanone (*) Temperatura di ebollizione e di fusione misurate a pressione atmosferica normale (760 mmHg) o Aspetto tecnologico: il cloro è un ottimo mezzo di trasporto e il suo saltuario odore al rubinetto è indice di sicurezza sanitaria. È tecnicamente semplice e contemplato dal DM 443/90 che regolamenta il trattamento acqua ad uso domestico, diversificare al lavello l’acqua declorata per bere e cucinare dall’acqua clorata per lavare i piatti, le verdure etc. o Aspetto normativo: il DM 443/90 contempla i filtri a struttura composita idonei per rifinire l’acqua potabile al punto di erogazione, purché dotati di specifica approvazione ministeriale. Tali filtri, pur contenendo carbone attivo sono batteriostatici e quindi idonei e senza rischi, già utilizzati dall’industria alimentare e di bevande. Il DL 31/01 inoltre suddivide la responsabilità di garanzia dei requisiti di potabilità del gestore fino al punto di consegna (il contatore), da quella dell’utente dal punto di consegna al rubinetto. La rifinitura al punto di erogazione a carico dell’utente, ma consigliato da un settore professionalizzato in collaborazione con il gestore e le - 94 - aziende sanitarie locali, potrebbe essere la soluzione di un problema difficile da risolvere anche da parte del gestore al punto di consegna, cioè i requisiti di inodore, incolore, e insapore dell’acqua potabile. Il mercato dei “depuratori”5 Il settore commerciale trattamento acqua ad uso domestico, pur essendo opportunamente disciplinato dal DM 443/90, purtroppo ha spesso lavorato ed è stato lasciato lavorare con concetti commerciali indirizzati a proporre e valorizzare costosi miracoli tecnologici piuttosto che la risorsa distribuita dall’acquedotto locale. Al contrario ha contribuito a denigrare la qualità dell’acqua potabile, spesso con metodi di vendita truffaldini, come l’utilizzo dell’elettrolisi. Ci chiediamo: vale la pena considerare come alternativa rispettosa della qualità, dell’impatto ambientale, dello sviluppo dell’economia locale, la valorizzazione della risorsa acqua potabile, ancora considerata bene comune, e non prodotto di mercato? Vale la pena abituarsi a non sprecare l’acqua promovendo semplici buone abitudini e semplici tecnologie di miscelazione di aria con acqua per un rispettoso risparmio dell’acqua potabilizzata con i suoi complessivi costi professionali ed energetici? Vale la pena utilizzare semplici tecnologie appropriate a basso impatto energetico e già contemplate dalla vigente normativa sanitaria, che permettono di filtrare al punto di erogazione e migliorare il gusto dell’acqua di rubinetto eliminando l’odore del cloro? Valorizzare e non sprecare l’acqua potabile significa maturare la consapevolezza che la tutela delle risorse ambientali locali avviene attraverso atteggiamenti concreti da parte degli abitanti del territorio. La filtrazione al punto di erogazione può essere l’occasione oltre che di un miglioramento delle qualità dell’acqua ad uso alimentare, anche di sviluppo di un settore con grandi prospettive di occupazione locale (purché tutelato Il DM 443/90 vieta l’utilizzo del termine ‘depuratore’ per i sistemi di trattamento acqua ad uso domestico (allegato 2). 5 - 95 - e incentivato a svilupparsi con professionalità e competenza, magari in collaborazione con il gestore e le aziende sanitarie locali) e di ridurre drasticamente una notevole quantità di rifiuti e spreco energetico di trasporto, che incidono notevolmente sui costi collettivi e provocano danni ambientali. Inoltre l’atto del bere quotidianamente l’acqua potabile, anche filtrata, rende meglio consapevole il cittadino di quanto sia importante proteggere la risorsa locale dall’inquinamento e da un insidioso processo di mercificazione garante solo di un valore basato sulla speculazione e scarsità di reperimento, quindi insensibile e complice del suo inquinamento. Il rubinetto alternativo Un punto di vista alternativo vede la filtrazione al punto d’uso come un semplice ma importante intervento di rifinitura dopo il processo distributivo al fine di valorizzare e quindi anche tutelare la risorsa, non la tecnologia, né il mercato. Una ricerca condotta fra i prodotti disponibili sul mercato e la normativa vigente, ci porta a considerare la possibilità di un intervento tecnologico al contatore solo per ridurre eventualmente il fenomeno delle incrostazioni alle tubature, elettrodomestici e rubinetterie, mentre al rubinetto resta più che sufficiente un filtro a struttura composita, che ci permette in modo economico di dissaporare l’acqua dal gusto del cloro e di eliminare cloroderivati ed eventuali presenze organiche indesiderate. La tecnologia appropriata individuata, con specifica approvazione ministeriale, è compatibile con il DM 443 del 21-12-90 (allegato 2) in quanto i filtri a struttura composita sono batteriostatici. Lo stesso decreto invece vieta l’utilizzo dei semplici filtri a carbone attivo per il problema della proliferazione batterica. Il filtro composito Il filtro composito trattiene materiali in sospensione, l’odore di cloro, i - 96 - cloroderivati ed eventuali microinquinanti organici, come l’atrazina e i residui di antiparassitari senza l’effetto collaterale del problema di eventuale proliferazione batterica. Filtro a struttura composita versione sottolavello Filtro a struttura composita versione sopralavello Come dicevamo i filtri trattengono anche i materiali in sospensione, danno all’acqua gradevolezza di gusto, non alterano il suo naturale contenuto salino, assicurando un notevole miglioramento di gusto dell’acqua potabile e garantendo abbondante acqua per bere e cucinare. Si tratta di un dispositivo economico e a basso impatto energeticoambientale. Mediamente per una famiglia è un ottimo risparmio economico, ma significa anche evitare grandi quantità di vuoti di bottiglie in plastica. Inoltre per questo semplice filtro non esistono particolari controindicazioni di impatto ambientale, sia per quanto concerne la costruzione che il suo smaltimento. Sicuramente impiegando il filtro otteniamo una riduzione di circa il 95% dei rifiuti plastici rispetto all’uso dell’acqua imbottigliata. È bene sapere che l’acqua in contenitori di vetro ha un pari impatto ambientale rispetto a quello in plastica, a causa degli acidi per lavare i vuoti da riutilizzare. Confronto produzione rifiuti plastici Un filtro a struttura composita contiene 0,4 kg di materiale plastico ed ha una capacità di filtrazione di 5000 litri pari a circa 13 lit/giorno. Tenendo conto che conviene sempre cambiare il filtro una volta all’anno, anche se - 97 - non si consumano tutti i litri a disposizione, filtrando l’acqua al rubinetto si producono 0,4 Kg/anno (5000 litri di acqua filtrata) di plastica. Consideriamo ora dei nuclei abitativi di diversa composizione: Tabella 5 – Acqua imbottigliata e acqua filtrata: confronto produzione di rifiuti plastici Nucleo Kg/anno Kg/anno rifiuti Disponibilità abitativo rifiuti plastici filtro plastici Riduzione l/giorno bottiglie rifiuti utilizzando il filtro filtro bottiglie 1 componente 3,6 0,4 0,75 13 88,89% 2 componenti 7,2 0,4 1,5 13 94,50% 4 componenti 14,4 0,4 3 13 97,22% 8 componenti 28,8 0,4 6 13 98,61% Tecnologie appropriate per il risparmio idrico Si possono infine segnalare alcuni dispositivi tecnologici che possono contribuire al risparmio della risorsa acqua. Rompigetto areato: idoneo per tutti i rubinetti sia della cucina che dei bagni, miscela aria con l’acqua riducendone il consumo del 30% pur mantenendo la corposità di portata. Filettatura maschio e femmina M22. Regolatore del flusso d’acqua: raccordo cromato M/F da ½”, adattabile su soffioni doccia, docce a cornetta e rubinetti temporizzati, idoneo a ridurre il flusso dell’acqua. Soffione doccia: con snodo e regolatore interno del flusso d’acqua che permette un risparmio d’acqua dal 50% al 70% rispetto ad un normale soffione. Sistema brevettato anticalcare e ghiera speciale antivandalo. Idoneo per uso domestico, piscine, centri sportivi, centri turistici, ecc. Snodo normale ½”. - 98 - Doccia a cornetta FIT-AIR: L’acqua viene accelerata attraverso un ugello. In questo modo viene aspirata dell’aria che si miscela con l’acqua ottenendo il 50% di risparmio e il 100% di comfort. Attacco normale ½”. La gestione dell’acqua: i pro e contro della sua privatizzazione (Gianfranco Durin) Il relatore affronta il tema, ormai diventato scottante, del ruolo e delle responsabilità che le società devono assumersi nel garantire la disponibilità di acqua - riconosciuta come bene primario e indispensabile sia alle persone che all’ambiente più in generale. Gianfranco Durin espone alcuni aspetti della controversia che sempre più drammaticamente coinvolge cittadini, amministratori, aziende: è più opportuno, efficace, giusto che l’acqua sia un bene comune, e che venga assicurato al di là di ogni considerazione economica, oppure conviene di più che - come altri beni - anche l’acqua diventi una merce commerciabile, in modo da assicurarne un uso corretto, ridurre gli sprechi, gestirla con efficienza? Il relatore offre una varietà di dati sull’effettivo controllo economico di questo bene e prende le parti di coloro che - come è dichiarato nel Manifesto per l’acqua - si stanno impegnando per far riconoscere, nelle leggi e nei fatti, un uso pubblico dell’acqua, che possa così essere accessibile a tutti, indipendentemente dal loro potere di acquisto. La privatizzazione dei servizi assomiglia per certi aspetti ad una pubblicità mandata in onda qualche tempo fa sulle televisioni: due ragazzetti (un po’ viziatelli, come si capisce assai presto) si trovano su una barca a motore insieme a due ragazzette (che non pronunciano parola) e su cui tentano di far colpo. Quando mettono in moto il motore, si avverte uno scoppio fragoroso, il motore si inceppa e i due fanno praticamene la figura dei fessi. Poco lontano, un vecchio pescatore aggiusta le reti (in mezzo al mare?): i ragazzi chiedono aiuto al vecchio che subito spara la sua cifra: 1000 €! La madre, avvertita immediatamente con un telefonino (che non compare, perché la pubblicità riguarda altro), corre a caricare senza colpo ferire la carta dei figli e lo spot finisce con le delizie della carta prepagata. Al di là di ogni altra considerazione, ai due non viene minimamente in testa di valutare un’alternativa: l’utilizzo del privato è il sistema più comodo e immediato, e questa efficienza viene pagata anche ad un prezzo elevato. Non viene valutata la possibilità di chiamare un servizio pubblico, per altro, come ben noto, esistente in questi casi. È questo uno dei tanti modi da parte della pubblicità di raccontare un mondo forse poco probabile ma con - 99 - delle precise regole culturali: in questo caso, “privato è bello”. È curioso (ma nemmeno troppo) che questo messaggio venga da una ex-società pubblica, privatizzata recentemente, che oltretutto non gode di grande salute. Il dibattito intorno alle scelte su pubblico-privato è ormai diventato veramente globale, anzi è uno dei temi centrali sui quali ruota la protesta di chi è contro le leggi della globalizzazione liberista. In particolare per l’acqua, questo dibattito risulta ampliato per l’importanza della risorsa. È evidente che non è possibile risolvere il problema della sete e dell’igiene di tanta parte della popolazione se non si riescono a trovare sistemi di gestione efficienti della risorsa. Il tema pubblico-privato ha quindi focalizzato molti degli sforzi in questo senso, perché risolvere la natura della gestione può garantire, anche se non necessariamente, la disponibilità della risorsa per molti, se non per tutti. Acqua: bene comune, bene ambientale ma anche bene economico È però necessario fare un passo indietro, prima di entrare nel vivo del dibattito e vedere le diverse posizioni e soluzioni. È infatti necessario, anche se può sembrare in apparenza un inutile esercizio, dare una sorta di definizione, diciamo operativa, della risorsa acqua. In altri termini, come deve essere intesa oggi l’acqua, nella difficoltà crescente di approvvigionamento, nel peggiorare delle condizioni climatiche, nel pieno dramma vissuto da più di un miliardo e mezzo di esseri umani che non hanno nessuna possibilità di accesso? L’acqua è, primariamente, la fonte della vita ed è insostituibile nel garantire la salute e il benessere delle persone. In questo senso, è un bene sociale che in qualche modo la società stessa deve garantire. È quindi un bene comune che deve essere preservato e reso disponibile a tutti: questo discende dalla sua insostituibilità, ed è tale che ogni essere umano, per il fatto stesso di esistere, deve averne diritto. Questo semplice principio, condiviso da molti anche se spesso solo in modo generale senza alcuna - 100 - considerazione per quali possano essere le conseguenze pratiche, viene disatteso completamente nella pratica dei fatti. Non solo, ma risulta assai problematica anche la sua mera dichiarazione ufficiale: nonostante alcuni recenti passi in avanti6, non esiste una dichiarazione ufficiale dell’acqua come diritto umano7, ed anzi alcuni paesi sono fortemente contrari al punto di esercitare forti pressioni perché ciò non avvenga. Non c’è dubbio che l’acqua debba considerarsi anche un bene ambientale, in quanto tutto l’ecosistema dipende fortemente dalla sua qualità e quantità. Infine l’acqua è anche sicuramente un bene economico, sia nel senso che ha un valore commerciale di per sé, sia perché è necessaria per produrre energia e servizi. In questo scenario così composito, e con le note difficoltà di accesso alla risorsa, è importante definire delle priorità: l’acqua è certamente un bene economico che deve essere gestito in modo appropriato, ma la priorità deve essere data alle richieste umane ed ambientali. Su questo principio primo già si differenziano le posizioni, che sono poi le stesse che conducono alla scelta privata piuttosto che pubblica. Le ragioni di chi sostiene la privatizzazione Gli assertori dell’acqua come bene economico8 lamentano il fatto che la risorsa è spesso considerata senza valore o comunque il suo valore non è immediatamente valutabile, come altri beni, come l’oro, la carne, ecc. Proprio da questo fatto, asseriscono, nascono gli sprechi e l’uso Nel novembre 2002 il Comitato per i diritti economici, sociali e culturali delle Nazioni Unite ha presentato un commento generale (15/2002) sul diritto all’acqua in cui si afferma che “sufficient and safe drinking water is a precondition for the realization of all human rights” [l’acqua potabile sufficiente e sicura è un presupposto per la realizzazione di tutti i diritti dell’uomo] e più oltre “water should be treated as a social and cultural good, and not primarily as an economic commodity” [l’acqua dovrebbe essere trattata come un bene sociale e culturale e non prima di tutto come prodotto economico]. Questo contrasta, per esempio, con la dichiarazione di Dublino in cui si afferma che “l’acqua ha un valore economico in tutti i suoi usi correnti e dovrebbe essere riconosciuta come un bene economico”. È nel quadro di questo principio che è vitale riconoscere il diritto di base di tutti gli esseri umani ad avere accesso all’acqua potabile e al risanamento, a un prezzo abbordabile. (si veda per es. Petrella, 2001) 7 Nella giornata del 10 dicembre 2003, a conclusione dell’anno dell’acqua, il Contratto Mondiale dell’Acqua insieme ad altre associazioni ed esponenti politici ha presentato in Campidoglio la Dichiarazione dell’acqua come diritto umano (si veda www.contrattoacqua.it e l’allegato 3). 8 Le riflessioni che seguono sono basate su alcuni testi che studiano il problema della privatizzazione dell’acqua nel mondo: New rules, new roles: does PSP benefit the Poor? (www.wateraid.co.uk); E. Lobina, D. Hall, Problems with private water concessions: a review of experiences; D. Hall, Financing water for the world – an alternative to garanteed profits, disponibili su www.psiru.org. 6 - 101 - incondizionato e smodato. Solo la sua valorizzazione con un prezzo adeguato, visibile, regolato dalle leggi del mercato può far sì che la risorsa venga maggiormente apprezzata e usata con maggior cautela. In altre parole, il prezzo può divenire, all’interno del mercato, il meccanismo regolatore che alla fine rende disponibile a tutti la risorsa ad un prezzo adeguato. Questo dare priorità al mercato, e alle sue capacità, come la sola panacea che può risolvere il problema, nasconde il vero scopo dell’operazione: l’acqua è il più allettante business del futuro, perché, come dicono senza mezzi termini quelli della Coca-Cola, “tutte le mattine 6 miliardi di persone hanno sete e noi dobbiamo imporre loro come dissetarsi”. Quindi privatizzare la risorsa, dall’acquisto delle sorgenti e dei pozzi, fino alla completa gestione della sua distribuzione e raccolta, è un investimento che può rendere molto, soprattutto considerando la crescente difficoltà di approvvigionamento. Ma la privatizzazione può realmente risolvere la situazione? E ancora, valgono veramente quelle regole del mercato che favoriscono, o dovrebbero favorirne la distribuzione, per il bene di tutti, al prezzo migliore? Ad analizzare in dettaglio lo svilupparsi delle esperienze di privatizzazione nel mondo parrebbe proprio il contrario. Prima però di entrare nel merito dei molti problemi connessi alla privatizzazione è bene dare un quadro generale della situazione attuale e di come si è giunti ad essa. I passi che hanno condotto alla situazione attuale La privatizzazione è figlia delle politiche aggressive degli anni 80-90, nate in qualche modo per combattere la pur dilagante corruzione e l’inefficienza del pubblico. Di fatto, la partecipazione del privato diventa l’approccio principale seguito per affrontare il problema nei paesi in via di sviluppo. Dal canto loro, gli stati non riescono a far fronte alla gestione della risorsa: la maggior parte di essi viene da lunghi anni di fallimento, spesso con una gestione finanziaria approssimativa o addirittura pessima, con pochi investimenti, senza personale qualificato ed enormi ritardi e sprechi per la - 102 - continua interferenza della politica. Come se non bastasse, la privatizzazione viene barattata con sconti sul debito, o promesse di aiuti, per cui molto spesso i governi sono spinti verso la comoda (e obbligata, di fatto) scelta di privatizzazione dei servizi. Di fatto, l’ingresso del privato, o meglio, delle grandi multinazionali dell’acqua, come chiariremo fra breve, cambia radicalmente le relazioni fra governi, business, società civile e cittadini. Le cambia nel senso peggiorativo, perché né i cittadini, e tanto meno i poveri, sono interpellati nelle decisioni e perché quasi mai gli investimenti e le decisioni vanno nella direzione della necessità dei cittadini. Il più delle volte per il cittadino l’unica vera (e dolorosa) novità è l’aumento della tariffa. Può aiutare un esempio che ho verificato di persona: nell’approfondito rapporto New rules, new roles: does PSP benefit the Poor? vengono studiati in dettaglio alcuni casi, sia in città che in zone rurali, distribuiti in varie parti del mondo. Non tutti vengono definiti completamente negativi, ed anzi, tra i paesi in via di sviluppo, la situazione del Mozambico sembra accettabile, soprattutto per la dimostrata capacità dello stato in quella che potremmo tradurre liberamente come buona governanza, cioè nella capacità di gestire la situazione e imporre delle regole adeguate. Peccato che in un servizio sul Mozambico mandato in onda su una rete RAI, una assistente sociale, quindi una persona che godeva di uno stipendio diremmo decente, si lamentava soprattutto che il costo dell’acqua le portasse via quasi un terzo dello stipendio. Perché opporsi alla privatizzazione Questo modello di partecipazione attiva del privato nella vita delle nazioni, soprattutto nei paesi in via di sviluppo, ha avuto ed ha come maggiore promotore le maggiori istituzioni mondiali, come la Banca - 103 - Mondiale e il WTO9. Quali sono però le ragioni per cui è necessario opporsi a questa spinta fortissima verso la privatizzazione? Vale la pena di elencarle e discuterle in dettaglio, in una sorta di decalogo che diventi riferimento per le azioni di contrasto che vari movimenti hanno assunto10. Nell’acqua non c’è un vero libero mercato, perché il 95% del mercato è nelle mani delle due grandi multinazionali Vivendi-Veolia e Suez-Ondeo Queste due grandi multinazionali, che si definiscono puri “fornitori di servizi”, controllano praticamente la totalità del mercato privato nel mondo e sono in grado di vincere qualunque gara di appalto, non solo per capacità intrinseche, ma anche per una consolidata capacità di convincimento sui governi e sui governanti. Sono anche estremamente abili a stipulare accordi a loro vantaggiosi, che nella maggior parte delle situazioni non mantengono ed anzi tendono a rinegoziare con maggior profitto11. Sono anche in grado di ricattare i governi al punto di richiedere e spesso ricevere risarcimenti altissimi a fronte di veri e propri fallimenti del loro operato. I prezzi aumentano, spesso sensibilmente, come è successo in alcuni ATO12 toscani e in molte parti del mondo La filosofia dominante, imposta dalla Banca Mondiale, è il “full cost recovery” ovvero il recupero totale dei costi attraverso la tariffa. Ora però bisogna considerare che tra i costi, oltre agli investimenti e alla gestione, c’è anche la remunerazione del capitale, da non considerare invece quando si tratta di gestione pubblica. Allo stesso tempo, spesso, la qualità peggiora Infatti per aumentare il profitto è necessario diminuire i costi del servizio. Per esempio, i controlli possono venire diradati, o le leggi posso essere permissive al punto da nuocere alla popolazione. È noto un caso di una cittadina canadese, Walkerton in Ontario, in cui ci sono stati 7 morti e Si veda a questo proposito il bellissimo documento “L’acquolina della Banca Mondiale - Come la Banca Mondiale si prepara all’Anno internazionale sul profitto sull’Acqua” della Campagna per la riforma della Banca Mondiale (www.crbm.org). 10 In questo ci aiuta il testo Top 10 reasons to oppose water privatization di Public Citizen americana (www.citizen.org) 11 Si veda ancora Lobina & Hall, Problems with private…. 12 ATO=Ambito di Autorità Territoriale Ottimale (NdR) 9 - 104 - 2300 contaminati per avvelenamento da E. coli. La società era al corrente dell’avvelenamento, ma le leggi non la obbligavano a divulgare informazioni sul pericolo. Riduce il controllo locale e i diritti pubblici La gestione della risorsa diventa un affare tra lo stato e la multinazionale, senza nessuna interferenza da parte dei cittadini. In particolare, l’obiettivo primario della multinazionale è ottimizzare il profitto, non proteggere il cittadino. Porta maggiore corruzione Nei processi che portano alle gare di appalto, la corruzione diventa una costante, addirittura preventivata fra le spese. Personale di Vivendi e Suez, per esempio, è stato condannato per aver corrotto funzionari per ottenere contratti. Fa perdere posti di lavoro La presenza di una multinazionale fa sì che non vengano valorizzate le risorse locali. Soprattutto nei paesi del terzo mondo non viene dato alcun peso alle necessità di crescita locale. Viene a mancare di fatto la cosiddetta capacity-building che permetterebbe, una volta finito il contratto, di continuare con una gestione locale, fondata su personale specializzato. Perciò la privatizzazione…. È praticamente irreversibile In quanto non solo non crea capacità locali, ma dura tempi “biblici” (1020 ma anche 30 anni). Spesso lascia i poveri a secco Una multinazionale, lo diciamo ancora una volta, fa profitti, non carità. E si sa, i poveri hanno questo vizio di non pagare il servizio. Inoltre, che vantaggio ci può essere a portare l’acqua in certe zone rurali dove c’è poca popolazione e per di più con poche risorse? Gli investimenti riguardano spesso grandi infrastrutture (dighe) che non servono a risolvere il problema e hanno pesanti ripercussioni sulla - 105 - popolazione e sull’ecosistema13 Uno dei casi più eclatanti è per esempio l’India, in cui si sta costruendo un sistema imponente di dighe con movimenti di protesta notevoli. Apre le porte all’esportazione Basta citare la Coca-Cola? La situazione italiana E l’Italia? Dalla discussione fatta fino a qui, sembra, apparentemente, che l’Italia sia un pochino fuori da queste logiche, che sembrano più a livello mondiale. In realtà è proprio il contrario. Il mercato mondiale dell’acqua è di fatto in crisi. Dopo la crisi argentina e alcuni altri fallimenti (Cochabamba in Bolivia, per esempio), le multinazionali si sono rese conto che l’investimento nei paesi in via di sviluppo è troppo ad alto rischio e si stanno progressivamente ritirando. Già, ma per andare ad investire dove? Non è difficile rispondere. Là dove si può fare più facilmente profitto, con tempi di ritorno degli investimenti più corti. Uno dei nuovi mercati è proprio l’Italia. Vivendi e Suez stanno comprando piccole e medie società, hanno già vinto diverse gare d’appalto in diversi ATO. E qui allora valgono le stesse 10 regolette che abbiamo espresso sopra. Le tariffe aumentano, ma soprattutto non è possibile tornare indietro. Una volta affidata la gestione al privato non si torna indietro. Pagheremo veramente 1000 € per un passaggio in barca? Temo di sì. 13 Cfr. Dams and development: a new framework for decision-making della Commissione Mondiale sulle dighe (www.dams.org) - 106 - Allegati Allegato 1: Piccola sintesi sui cambiamenti climatici Il clima è un sistema complesso, in continuo mutamento. Atmosfera, oceani, vita vegetale e animale, depositi geologici sono strettamente interconnessi in una intricata rete di interazioni. La sensibilità del sistema a piccole variazioni di alcuni di questi parametri è elevata e in gran parte imprevedibile a causa dell’andamento non-lineare (caotico) di questi fenomeni, ovvero il clima riserva sorprese se allontanato dal suo equilibrio attuale. La temperatura media terrestre è aumentata di circa 0,6 °C negli ultimi 150 anni, sulle Alpi l’aumento è stato maggiore, pari a 1,1 °C. I ghiacciai alpini hanno perso il 40% della loro superficie dal 1850 a oggi. A causa della combustione di materiali fossili (petrolio, carbone e gas naturale) la concentrazione di CO2 (gas serra) in atmosfera è passata da 280 parti per milione in volume (ppmv) all’inizio dell’era industriale (circa 1800) alle attuali 370 ppmv. Questo valore è il più altro mai osservato in ben 420.000 anni: infatti l’analisi chimica della carota di ghiaccio estratta in Antartide a Vostok, mostra che durante questo lungo periodo, il valore massimo di concentrazione di CO2 fu di 300 ppmv. Un italiano emette ogni anno circa 10.000 kg di CO2, come effetto dei suoi consumi energetici e di materie prime trasformate. Un americano circa 22.000 kg, un nepalese circa 30 kg. La combustione di un litro di gasolio produce 2.7 kg di CO2 1 litro di benzina produce 2.4 kg di CO2 1 metro cubo di metano produce 1.9 kg di CO2. Ogni kWh elettrico di origine termica fossile richiede circa 220 g di petrolio per essere prodotto e libera 0,7 kg di CO2. - 107 - Il processo di produzione di automobili produce una quantità di emissioni di CO2 simile a quella rilasciata dall'automobile stessa in tutto il periodo della sua vita. I modelli di simulazione numerica del clima prevedono entro il 2100 un aumento della temperatura terrestre compreso tra 2 e 6 °C; per effetto della fusione dei ghiacci e dell’espansione termica delle acque, il livello degli oceani potrebbe salire di 65 cm. - 108 - Allegato 2: Normativa e filtri domestici per le acque potabili Il D.M. 443 del 21-12-90, regola le disposizioni tecniche concernenti le apparecchiature per il trattamento domestico delle acque potabili. In particolare, dal decreto riportiamo: (art. 2 comma 2) gli addolcitori a scambio ionico sono quelle apparecchiature atte a sostituire gli ioni costituenti la durezza dell’acqua con ioni di sodio, allo scopo di diminuire od eliminare la formazione di depositi calcarei consentendo un risparmio energetico e una riduzione nell’impiego di detersivi (art. 2 comma 4) i sistemi ad osmosi inversa sono quelle apparecchiature che operano sulla base del principio dell’osmosi inversa, ovvero del processo chimico fisico di permeazione attraverso una membrana semipermeabile allo scopo di ridurre il tenore salino dell’acqua (art. 2 comma 8) i filtri a struttura composita consistono in apparecchiature che all’azione meccanica e/o dei carboni attivi e/o di altre sostanze, associno un’azione antibatterica comunque ottenuta (art. 3 comma 2) che nessuna delle apparecchiature destinate alla correzione delle caratteristiche chimiche, fisiche o microbiologiche delle acque potrà essere propagandata o venduta sotto la voce generica di “depuratore d’acqua”, ma solo con la precisa identificazione della specifica azione svolta (es. addolcitore). Sui fogli illustrativi delle apparecchiature deve essere chiaramente indicata, a cura del produttore, la conformità alle presenti istruzioni mediante la frase “apparecchiature ad uso domestico per il trattamento di acque potabili” - 109 - (art. 4 comma 6) filtri a struttura composita: potranno essere approvati dal Ministero della sanità qualora risulti, mediante adeguata documentazione la rispondenza al protocollo sperimentale[…] (art. 5. comma 1) filtri a carbone attivo: in considerazione dei documentati rischi di prolificazione batterica e di rilascio incontrollato di microinquinanti, i semplici filtri a carbone attivo da soli non sono ammessi per il trattamento domestico delle acque potabili, a meno che non siano integrati con altri materiali o dispositivi atti ad eliminare gli inconvenienti da essi presentati. In tal caso essi rientrano fra quelli di cui all’art. 4, comma 6. - 110 - Allegato 3: Dichiarazione di Roma del 10 dicembre 2003 Ancora oggi vi sono al mondo più di un miliardo e quattrocento milioni di persone che non hanno accesso all’acqua potabile e 2,4 miliardi che non hanno accesso ad installazioni sanitarie adeguate, con la conseguenza che 30 mila esseri umani muoiono ogni giorno per malattie dovute all’assenza o cattiva qualità dell’acqua e dell’igiene. Eppure le Nazioni Unite avevano promosso nel 1980 “Il Decennio Mondiale dell’Acqua e dell’Igiene” (198191) con l’obiettivo di assicurare l’accesso all’acqua per tutti nel 2000! La comunità internazionale (istituzionale) continua a rifiutare il riconoscimento dell’accesso all’acqua come un diritto umano, cioè un diritto universale, indivisibile ed imprescrittibile. Specie dopo la Conferenza Internazionale sull’Acqua di Dublino nel 1992, essa preferisce trattare l’accesso all’acqua come un bisogno essenziale e l’acqua come una materia prima, un bene economico, favorendo così le politiche orientate al mercato, alla privatizzazione della gestione dei servizi idrici ed alla mercificazione dell’acqua. Recentemente (novembre 2002), il Comitato delle Nazioni Unite sui Diritti Economici, Sociali e Culturali ha affermato che l’accesso ad una fornitura adeguata di acqua per uso personale e domestico costituisce un diritto umano fondamentale di ogni persona. Nel suo “Commento generale” n°15 sull’attuazione della Convenzione internazionale sui Diritti Economici, Sociali e Culturali del 1966, il Comitato precisa che “il diritto umano all’acqua è indispensabile per condurre la propria esistenza in condizioni di dignità umana. Esso costituisce un pre-requisito per la realizzazione degli altri diritti umani. Purtroppo, il “Commento Generale” non è legalmente vincolante per i 146 Stati che hanno ratificato la Convenzione internazionale. Ciò spiega perché nel marzo 2003, al 3° Foro Mondiale dell’Acqua a Kyoto, gli stessi Stati hanno invece ripetuto nella dichiarazione ministeriale conclusiva che l’accesso all’acqua è un bisogno vitale (e non un - 111 - diritto) e che l’acqua deve essere considerata principalmente come un bene economico, cui si deve attribuire un valore economico secondo i prezzi di mercato che consentono il recupero del costo totale di produzione (profitto incluso). Fortunatamente in occasione del Forum di Kyoto, diverse istituzioni partecipanti hanno espresso posizioni diverse. In particolare, la Chiesa Cattolica ha sostenuto con fermezza, in un suo documento, che l’acqua è un diritto umano ed ha espresso serie riserve sui processi di gestione delegati al mercato. In questo stesso senso si è espresso anche il Sindacato Internazionale dei Servizi Pubblici. Già in passato, il diritto all’acqua è stato menzionato in atti o decisioni internazionali. La Convenzione sui Diritti dell’Infanzia, per esempio, fa riferimento all’acqua. Inoltre, la prima conferenza delle Nazioni Unite sull’acqua a Mar del Plata nel 1977 ha stabilito che tutte le persone hanno il diritto ad avere accesso all’acqua potabile per soddisfare le loro esigenze fondamentali. La realtà è che i leaders politici, economici e tecno-scientifici dei paesi più ricchi e potenti del mondo – cosi come, spesso, le classi dirigenti dei paesi “in via di sviluppo” – hanno praticato negli ultimi venti anni delle politiche istituzionali, finanziarie, agricole, industriali e commerciali con effetti maggiori devastanti contrari alle sparute dichiarazioni di principi favorevoli al diritto umano all’acqua. Le prospettive non sembrano molto incoraggianti. La mercificazione dell’acqua sembra destinata a rafforzarsi. Da una decina di anni, le analisi e le previsioni dell’ONU, della FAO, dell’UNESCO, del PNUD, della Banca Mondiale non fanno che “annunciare”: • l’aggravamento della “crisi idrica” nel mondo. Nel 2032, a 40 anni dal 1° Vertice Mondiale dell’Ambiente di Rio de Janeiro, il 60% della popolazione mondiale rischia di “vivere” in regioni caratterizzate da scarsità idrica; - 112 - • gravi problemi di approvvigionamento idrico per l’agricoltura in Cina, India e Stati Uniti. In questi paesi, le falde freatiche tendono ad abbassarsi a causa dei prelievi sproporzionatamente eccessivi operati negli ultimi cinquant’anni dall’agricoltura e dall’industria (energia inclusa); • la moltiplicazione e l’intensificazione dei conflitti intorno all’acqua per usi alternativi concorrenti tra Stati. Non si parla ormai dell’Acqua che come “oro blu” e si afferma che il XXI secolo sarà il secolo delle “guerre dell’acqua”. Si tratta di futuri possibili ma inaccettabili! Il 2003 è stato l’Anno Internazionale dell’Acqua. Nel momento in cui l’anno volge al termine, ci siamo riuniti – provenienti da varie Regioni del mondo – in nome unicamente della nostra qualità di cittadini perché siamo decisi a far sì che quest’anno non resti un anno di celebrazioni altamente retoriche e si concluda con magrissimi impegni politici, come è successo al G8 di Evian nel giugno scorso. I leaders del G8 avevano annunciato che avrebbero preso degli impegni nel campo dell’acqua: si parlò di triplicare l’aiuto pubblico internazionale per l’acqua e portarlo al livello di 30 miliardi di $ annui. La delusione fu grande: il G8 si è concluso senza nessun impegno significativo. Di fronte a tale stato delle cose, vogliamo reagire ed invitiamo tutti i cittadini a mobilitarsi attorno ai seguenti principi, obiettivi ed iniziative: Affermiamo che: • il riconoscimento formale del Diritto all’Acqua è un passo fondamentale per l’attuazione del Diritto alla vita per tutti; • realizzare il Diritto all’Acqua per tutti è una pre-condizione necessaria per ottenere lo sradicamento della povertà nel mondo; - 113 - • la realizzazione del Diritto all’Acqua per tutti (e non solo per la metà di coloro che oggi non ne hanno l’accesso) entro il 2015 è economicamente possibile. Recentemente (1997), le Nazioni Unite (in particolare il Programma delle Nazioni Unite per lo Sviluppo), hanno dimostrato che l’obiettivo dell’accesso all’acqua per tutti entro un periodo di 15 anni è economicamente realizzabile. Riaffermiamo che l’ostacolo principale alla realizzazione del Diritto Umano all’Acqua non risiede nell’assenza né nell’inadeguatezza delle risorse finanziarie, delle competenze, delle tecnologie. Queste esistono. Ciò che manca è la volontà politica e le scelte economiche e sociali corrispondenti. Pertanto sosteniamo che: • l’esclusione dell’acqua - 55 anni or sono - quale diritto esplicito, dalla Dichiarazione Universale dei Diritti Umani, ha impedito ai cittadini di esercitare delle pressioni efficaci sui Governi ed ha determinato l’affermarsi nelle legislazioni nazionali e nelle pratiche politiche, in un contesto internazionale di crescente economicismo neo-liberale, di approcci e di modi di gestione fondati sull’acqua vista come un “bene economico”; • è urgente ed indispensabile riconoscere il carattere di “bene comune pubblico” dell’acqua e degli ecosistemi e pervenire all’esclusione dell’acqua dalla categoria dei “beni e servizi mercantili” e non solo per quanto riguarda l’utilizzo idro-potabile. Essenziale ed insostituibile anche per altre attività economiche (agricole, energetiche, industriali) di natura fondamentale per il diritto alla vita ed il vivere insieme, l’acqua deve essere considerata un bene comune pubblico anche in questo caso; • l’acqua ed i servizi idrici non devono essere l’oggetto di negoziati commerciali ma di regole mondiali che definiscono e promuovono una valorizzazione e gestione dell’acqua sostenibile come bene comune e diritto umano universale. - 114 - A tal fine, ribadiamo i seguenti principi: 1. L'acqua è un bene comune dell'umanità, appartenente a tutti gli organismi viventi; 2. L'accesso all'acqua è un diritto umano e sociale, individuale e collettivo; 3. Il finanziamento del costo necessario per garantire ad ogni essere umano l'accesso all'acqua, nella quantità e la qualità sufficienti per vivere, è responsabilità dei poteri pubblici. Conseguentemente proponiamo: fra le tante e numerose azioni e soluzioni indispensabili che si conoscono e sono possibili, che la Giornata Speciale di Roma metta la priorità su sei obiettivi da realizzare nel corso dei prossimi 5 - 10 anni, e cioè: 1° OBIETTIVO: “costituzionalizzare” il Diritto all’Acqua Attraverso: - l’inclusione di tale diritto nella Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo delle Nazioni Unite; - la sua introduzione nella Carta Costituzionale Europea e nelle Costituzioni dei vari Stati del mondo; - la sua incorporazione negli statuti delle collettività comunali, provinciali e regionali o approvazione formale con delibere ad hoc. 2° OBIETTIVO: trasformare l’Acqua in uno strumento di Pace Attraverso iniziative da parte di Comuni, Province, Regioni e Stati per sancire, con ordini del giorno, delibere ed altri documenti, il ripudio dell’uso dell’acqua per fini politici o militari e come strumento di oppressione, di esclusione e di ricatto. 3° OBIETTIVO: liberare le portatrici d’acqua Garantire, entro cinque anni, il diritto all’istruzione per i 18 milioni di bambini, soprattutto di ragazze, che nel mondo non possono frequentare - 115 - la scuola d’obbligo perché costretti/e a fare i/le “portatori/portatrici d’acqua” per le famiglie e per il villaggio, percorrendo parecchi chilometri al giorno. 4° OBIETTIVO: poniamo fine al pompaggio ed ai consumi devastanti Ridurre, in tutti i Paesi del mondo, entro il 2010, del 40% i prelievi e le perdite attuali in agricoltura, in industria e nelle reti di distribuzione. Parimenti, ridurre, a livello di usi domestici, i consumi dell’acqua potabile per usi non potabili. I risparmi di acqua e di risorse finanziarie così realizzati, saranno destinate a finanziare progetti per garantire l’accesso all’acqua, per tutte le popolazioni povere, con il coinvolgimento e la partecipazione delle popolazioni locali. A questo riguardo, un ruolo importante sarà svolto dalla ri- pubblicizzazione della gestione delle acque minerali. 5° OBIETTIVO: inventare la finanza cooperativa per l’acqua Creare un sistema finanziario cooperativo, mutualistico mondiale, destinato a sostenere la messa in opera di un servizio pubblico mondiale dell’acqua ed interventi miranti a garantire l’accesso all’acqua potabile a livello locale, nazionale e continentale, specialmente nelle regioni semiaride e desertiche e nelle grandi metropoli della povertà, favorendo anche le azioni di partenariato pubblico-pubblico. 6° OBIETTIVO: la democrazia locale per l’acqua Favorire a tutti i livelli locali (comuni, città, province, regioni, bacini internazionali) la costituzione di Consigli dei cittadini, con poteri effettivi, a sostegno ed in rafforzamento delle istituzioni di democrazia rappresentativa esistenti o similari, secondo le pratiche e le culture dei vari Paesi. Roma, Campidoglio – 10 Dicembre 2003 - Giornata Speciale dell’acqua - 116 - Allegato 4: Manifesto italiano per un governo pubblico dell’acqua a cura del Comitato Italiano per un Contratto Mondiale sull’Acqua-Onlus (CICMA) Introduzione: È tempo della politica Il malessere idrico italiano, a dieci anni dall’approvazione della Legge Galli, non dà alcun segno di guarigione. Anzi, si può rilevare che: • i consumi domestici permangono a livelli eccessivi, quindi di spreco, se si pensa che l’Italiano medio consuma 213 litri al giorno d’acqua potabile mentre lo Svizzero si limita a 159 e lo Svedese si “accontenta” di 119 litri; • le perdite della rete di distribuzione continuano a superare il 30-35% per non menzionare i livelli delle regioni del Sud con percentuali fino al 60%. In Svizzera ed in Svezia la percentuale si situa attorno al 9% considerato il tasso di perdita “naturale” al di sotto del quale è difficile scendere; • l’abusivismo resta diffuso in presenza di una scarsa pianificazione per quanto riguarda gli usi dell’acqua detta produttiva, cioè utilizzata per l’agricoltura, l’industria, l’energia ed altre attività terziarie. Mentre l’uso dell’acqua produttiva rappresenta il 75% dei prelievi e dei consumi d’acqua dolce del Paese, essa costituisce solo il 10% dell’acqua fatturata. Il 90% dell’acqua fatturata concerne l’acqua per usi domestici. Questo significa che, in Italia, l’acqua per l’agricoltura, per l’industria, per l’energia non “costa nulla” o pochissimo direttamente per gli operatori dei settori menzionati, ma costa moltissimo (non solo in termini monetari), alla comunità nazionale. Si tratta di una situazione paradossale quando si sa, peraltro, che le principali cause d’inquinamento e di contaminazione delle acque di superficie e sotterranee sono precisamente dovute agli usi agricoli (l’irrigazione) ed industriali attuali; • i rapporti pubblicati nel 2002 e 2003 dal Comitato per la vigilanza sull’uso delle risorse idriche le inchieste effettuate da Legambiente e dal WWF, continuano a denunciare – è il termine appropriato – lo stato di - 117 - deterioramento e di spoliazione delle acque italiane. Certo si è assistito in questi ultimi anni ad incoraggianti casi di recupero e di riabilitazione della “risorsa” acqua, dovuti soprattutto all’impegno civico dei cittadini in lotta contro le scariche di rifiuti mal organizzate, le produzioni industriali non sostenibili, i progetti di trafori, di dighe e di autostrade ingiustificati o superflui, le aperture inidonee di miniere. Ciononostante, sempre più numerosi sono i fiumi che diventano torrenti o si seccano (casi recenti della Cecina e del Simbrivio, per non parlare del Po), i laghi che restano inquinati, i fiumi della zona alpina contaminati, i comuni e le province che non posseggono sistemi di recupero e di riciclo delle acque reflue, le province senza registri sugli usi agricoli e senza catasti industriali; • pur essendo il 6° paese più industrializzato (ricco) del mondo, l’Italia resta ad un livello basso di copertura territoriale dei servizi di fognatura e di depurazione che servono rispettivamente solo il 52,5% ed il 65% della popolazione. L’Italia si caratterizza, ancora oggi, come un paese ad elevata carenza di infrastrutture idriche, mancanza di adeguamento di quelle esistenti, scarsa manutenzione ordinaria e straordinaria. Infine, l’Italia è il primo paese al mondo per consumo pro capite di acqua minerale e di sorgente in bottiglia (più di 180 litri all’anno per persona) pur sapendo che essa costa da 200 a 2000 volte più cara dell’acqua di rubinetto. Su influenza di una massiccia politica di mercificazione dell’acqua per bere perseguita dalle imprese capitaliste private, gli Italiani si sono fatti convincere che per bere è meglio bere l’acqua in bottiglia, perché – afferma la pubblicità - sarebbe più sana e più sicura per la salute, il che è del tutto mistificatore. Dopo la “petrolizzazione” dell’acqua, ecco la “coca-colizzazione” dell’acqua potabile, di cui l’Italia ha il privilegio di rappresentare il laboratorio sperimentale più avanzato al mondo. È solo dopo le alluvioni (Bormida 1992, Po 1994 e 2000, Sarno 1998), le catastrofi (come quella di Soverato nel 2000), e le tragedie dovute a fughe d’acqua massicce, ad inquinamenti eccezionali dell’acqua di rubinetto o di - 118 - una partita importante di bottiglie d’acqua minerale, che le autorità pubbliche, gli operatori economici ed i consumatori si mobilitano per arginare gli enormi buchi e le grandi lacune esistenti dovute all’incuria con la quale dirigenti e cittadini hanno gestito il suolo, i bacini idrografici, gli ecosistemi, le acque urbane, la loro salute. Riparare i danni, però, non consente di risolvere i problemi. È tempo che la politica - cioè le scelte operate alla luce e sulla base di una visione coerente e globale del vivere insieme, dell’interesse collettivo, compreso quello delle generazioni future - riprenda il primato sulla nonpolitica, sull’arroganza dei poteri forti, sulla miopia degli interessi settoriali e corporativi. Nel campo dell’acqua, l’Italia non ha bisogno di leggi finanziarie annuali che sconvolgono regolarmente, atomizzandolo, il quadro legislativo, regolamentare ed istituzionale, come è nuovamente il caso, ancor più clamoroso delle precedenti, della finanziaria 2005. Il Paese ha soprattutto bisogno di darsi un governo pubblico dell’acqua chiaro, coerente, stabile ed efficace, grazie anche alla partecipazione attiva dei cittadini a partire dai Comuni e dagli ATO. Questo obiettivo è realizzabile perché sempre più numerosi sono gli amministratori pubblici e gli operatori economici (imprese, famiglie) che, in zone urbane, zone di campagna e di comunità montane, dimostrano di avere la voglia e di essere capaci di porre fine al dissesto idrico e di promuovere una effettiva politica dell’acqua. Come nel XX secolo la missione che la classe dirigente italiana dovette, volens nolens, darsi fu quella di portare nelle case della stragrande maggioranza della popolazione l’acqua potabile da rubinetto, investendo massicciamente il denaro pubblico ed affidando la gestione dei servizi idrici alle aziende pubbliche municipalizzate, così nel XXI secolo la missione di - 119 - cui la classe dirigente attuale deve farsi carico è duplice: - garantire l’accesso all’acqua per tutti, nel mondo, come diritto umano individuale e collettivo, nella quantità e qualità sufficiente alla vita ed alla salute, in un contesto d’uso sostenibile degli ecosistemi, nel quadro di uno Stato moderno efficace, trasparente ed effettivamente democratico, capace di mobilitare le risorse del “tesoro pubblico” per gestire un “servizio pubblico” sottratto agli abusi degli interessi corporativi dei gruppi al potere ed alle logiche mercantiliste e finanziarie degli operatori privati in un “libero” mercato; - promuovere l’acqua come un bene comune pubblico, patrimonio dell’umanità, fonte di pace, di cooperazione e di solidarietà anche nel rispetto dei diritti delle generazioni future, grazie ad una effettiva e reale partecipazione dei cittadini alla “res pubblica”. Il potere politico deve dimostrare, a partire dall’acqua, di essere capace di declinare la democrazia dei e con i cittadini. Capitolo 1: I principi fondativi di una politica di governo pubblico dell’acqua L’attuale gestione dell’acqua rappresenta, nonostante qualche eccezione, una lacuna grave nella cultura politica del nostro paese. Quali devono essere i principi fondativi di una politica nuova di governo pubblico dell’acqua? Il concetto di “governo” ci pare più preciso e più significativo di quello di gestione. Questa rinvia ad una cultura dove il primato è occupato dai mezzi e che si sviluppa nei campi del “possibile” determinato dalla razionalità strumentale (risorse, soprattutto finanziarie e tecniche). Il “governo”, invece, rinvia ad una cultura nutrita anzitutto dai fini e che si arricchisce nei campi dei diritti/doveri e che spiega il perché “governare” è rendere possibile l’impossibile dandosi i mezzi per, o adeguandoli agli obiettivi fissati (e non viceversa). È importate saper gestire il “come farlo”, ma ancor - 120 - più importante e pregiudiziale è saper definire il “cosa” e il “perché la cosa”. Più si è chiari quanto alle finalità, più si è capaci di agire sui mezzi. Per politica nuova di governo pubblico dell’acqua intendiamo definire e sperimentare nuovi percorsi di regolazione politica e di pratiche collettive in materia di vita e del vivere insieme a partire dall’acqua, capaci di promuovere le interazioni le più virtuose possibili tra i fini (diritti/doveri) ed i mezzi (risorse/strumenti), dal livello locale a quello mondiale. Questo è l’obiettivo che ci siamo dati con l’elaborazione e la proposta di un Manifesto italiano dell’acqua edizione 2005, rivolto specialmente agli amministratori locali in rispetto di quel principio di prossimità che fa dell’acqua l’elemento vitale più vicino a ciascuno di noi perché, in fondo, quando parliamo di acqua parliamo della vita, parliamo di noi esseri umani. Una politica nuova di governo pubblico dell’acqua deve ispirarsi ad una serie di principi fondamentali la cui visibilità, valenza e concretizzazione operano a diversi livelli d’intervento fra loro interconnessi e interdipendenti, e cioè: - il livello mondiale (ed internazionale) - il livello continentale (europeo, per l’Italia), comprendente i livelli interregionali - il livello nazionale (in pratica, i livelli regionali e locali). Questa scaletta non deve suggerire alcuna logica prioritaria di interazioni dall’alto verso il basso. La realtà non è lineare. Tutto è allo stesso tempo circolare, spirale, frammentato, diviso, squilibrato ed in cerca di equilibri.... Principi fondativi a livello mondiale Fra i tanti principi che dovrebbero caratterizzare una politica di governo pubblico dell’acqua a livello mondiale, e che si potrebbero menzionare, quattro emergono con vigore e per importanza politico-culturale come elementi di riferimento “globale”: - 121 - (a) - il principio del diritto umano e sociale, individuale e collettivo, all’accesso all’acqua nella quantità e qualità essenziali per la vita (acqua potabile sana, acqua per l’alimentazione ed altre attività economiche fondamentali necessarie per la sicurezza d’esistenza collettiva), ed il corrispondente impegno alla sua concretizzazione (secondo noi possibile da realizzare entro il 2020). Il fine di questo principio è il riconoscimento del diritto umano all’acqua, universale, indivisibile e imprescrittibile, il che non è ancora il caso a livello mondiale se si escludono alcune convenzioni e dichiarazioni relative all’infanzia ed alle donne. La regola prevalente, in base al principio della sovranità nazionale sulle acque, è quella del riconoscimento della responsabilità di ogni Stato di garantire il diritto all’acqua ai suoi cittadini. Nel febbraio del 2003, il Governo Canadese ha rifiutato ancora una volta di riconoscere il “diritto universale umano all’acqua”; in una lettera inviata alle associazioni impegnate nelle campagne per tale diritto. Ecco l’argomento addotto dal Primo Ministro Martin: “noi affermiamo il principio che ogni Stato deve assicurare il diritto di accesso all’acqua ai suoi cittadini. È responsabilità dei singoli Stati garantire i diritti, ma siamo contrari che si affermi il diritto universale all’acqua, perché questo significherebbe l’imposizione al Canada, ed ai singoli Stati, di obblighi e vincoli che limiterebbero la sovranità nazionale dei singoli Stati sulle risorse nazionali”. Negli ultimi anni il rifiuto del riconoscimento del diritto umano e sociale indivisibile ed imprescrittibile da parte dei gruppi dominanti è stato sostenuto sulla base di una distinzione, ingiustificata, tra diritti naturali, quali, per esempio, la libertà di pensiero, di credenze, di movimento ed il diritto alla proprietà privata, considerati come dei diritti inerenti la natura umana, ed i diritti sociali, considerati come “diritti acquisiti”. Il diritto all’acqua, il diritto alla pensione, il diritto alla istruzione, sarebbero dei diritti acquisiti il cui riconoscimento e fruibilità sarebbero subordinati alle - 122 - risorse finanziarie disponibili. Mentre i diritti naturali non si possono intaccare, ridurre, perché sono indivisibili, imprescrittibili ed universali, i diritti sociali sarebbero divisibili e quindi possono essere garantiti in termini relativi rispetto alle risorse allocabili. Per il “Contratto Mondiale dell’Acqua” il diritto all’acqua è un diritto umano di base per la vita, inerente alla dignità della persona umana, riconosciuto come tale a seguito di lunghe e dure lotte sociali e politiche e che non può, in nessuna circostanza, e per nessuno, dipendere dalle disponibilità delle risorse finanziarie. Per i gruppi dominanti, il come resta un processo indeterminato; aleatorio, lasciato alle condizioni delle disponibilità finanziarie. Secondo loro, più il capitale privato è stimolato ad intervenire nel settore dell’acqua, più l’accesso all’acqua come diritto diventerà possibile. Si tratta di una posizione insostenibile ed incoerente soprattutto perché è largamente dimostrato che la tesi dell’impossibilità finanziaria ed economica di consentire a tutti il diritto all’acqua nello spazio di una generazione è falsa. Il come è alla portata dell’umanità anche quando questa sarà composta – verso il 2020 – da otto miliardi di persone che abiteranno il pianeta terra. Esso si traduce nel finanziamento pubblico del diritto umano sulla base di una fiscalità mondiale e “locale” generale e specifica e di mutamenti di rotta sul piano della politica agricola, commerciale, industriale, tecno-scientifica e del debito dei paesi del “Sud”. In questo senso, le collettività pubbliche territoriali, dal comune alle istituzioni internazionali e mondiali, devono darsi, in priorità, le risorse necessarie e sufficienti per assicurare il diritto all’acqua, come hanno fatto e continuano a fare sul piano militare e delle forze di polizia per assicurare la sicurezza del paese e dei suoi abitanti verso l’esterno ed all’interno. (b) - il principio del governo sostenibile e solidale dei grandi corpi idrici mondiali (e degli ecosistemi di cui fanno parte) quali i grandi bacini - 123 - idrografici su territori di due e più Stati (i grandi fiumi, i maggiori acquiferi, i grandi laghi o mari interni). Vi sono grandi bacini, come quello del Guaranì, che essendo corpi idrici a valenza globale, dovrebbero essere governati in modo congiunto dai Paesi sui quali si estende il bacino. È inaccettabile che il mare Morto stia scomparendo (ha perso il 30% della sua superficie) come è quasi scomparso il lago Baikal. I grandi laghi dell’America del Nord, come i grandi fiumi dell’Amazzonia, dell’Africa e dell’Asia che attraversano più paesi, costituiscono degli ecosistemi maggiori d’importanza vitale per il funzionamento del “ciclo integrale” dell’acqua e della vita sul pianeta Terra. Il fine, in questo caso, è la salvaguardia della loro sostenibilità in quanto beni comuni pubblici di rilevanza mondiale, nel tempo e nello spazio. Il come sta, principalmente, nell’istituzione di un “governo pubblico mondiale” dei corpi idrici mondiali già proposto dal “Manifesto dell’acqua”. (c) - il principio della non applicabilità all’acqua delle regole dell’Organizzazione Mondiale del Commercio (WTO) e dell’Accordo Generale sul Commercio dei Servizi (AGCS, GATS in inglese), specificatamente e senza eccezioni per quanto riguarda i servizi idrici relativi all’acqua per la vita (cioè la captazione, adduzione, trattamento e distribuzione, dell’acqua potabile, ed il trattamento delle acque reflue) e l’acqua per la sicurezza d’esistenza collettiva (l’acqua per la produzione agricola, industriale ed energetica nella quantità e qualità sufficienti per l’esistenza di una comunità umana). Il fine è rappresentato dalla salvaguardia del bene acqua come bene comune pubblico e come servizio pubblico non mercantile, contro la tendenza oggi prevalente alla mercificazione dell’acqua trattata come una merce ed i servizi idrici come dei servizi mercantili da sottomettere alle regole del “libero scambio” commerciale sul mercato capitalista globale. - 124 - Il come risiede soprattutto nell’esclusione dell’acqua dagli accordi AGCS e nella revisione profonda della cultura politica del WTO e della regolazione politica delle relazioni commerciali internazionali e mondiali, che dovrebbero essere ispirate da una pratica del commercio fondata sulla cooperazione e la condivisione anziché sulla competizione e la lotta per la sopravvivenza mediante l’accumulazione della ricchezza grazie allo scambio ineguale che conduce ad escludere ed eliminare i più deboli. (d) - il principio dell’acqua come bene comune pubblico, bene patrimoniale dell’umanità Il fine di questo principio è il riconoscimento da parte della comunità internazionale/mondiale della responsabilità dell’intera umanità, per quanto differenziata e divisa essa sia, nei confronti dell’acqua, cioè della salvaguardia e del miglioramento della vita degli ecosistemi e degli esseri umani. Il come passa, al di là delle priorità sul piano degli strumenti giuridici, istituzionali e comportamentali, attraverso il riconoscimento dell’umanità in quanto soggetto giuridico e politico distinto. Questo riconoscimento deve venire necessariamente dalle Nazioni Unite. Introdotto nella “Dichiarazione di Roma” del 10 dicembre 2003, il riconoscimento dell’umanità in quanto soggetto giuridico e politico mondiale, titolare di diritti e di doveri in nome di tutti gli esseri umani, è una condizione strumentale essenziale per consentire lo sviluppo ed il consolidamento di un governo pubblico mondiale dell’acqua. L’ONU non può consentirlo. La politica dell’acqua del sistema ONU è infatti incapace di liberarsi dalla trappola “istituzionale” rappresentata dalla sovranità nazionale sulle risorse naturali, e dalla trappola politico ideologica attuale che ha dato alle istituzioni quali la Banca Mondiale, il FMI, il WTO e la WIPO il primato sull’ONU per quanto riguarda il potere di regolazione “politica” delle relazioni internazionali e - 125 - mondiali, eccezion fatta per la sicurezza militare che è rimasta nelle mani dell’oligopolio dei cinque membri del Consiglio di Sicurezza (e non delle Nazioni Unite). L’insieme dei quattro principi mette in luce una fondamentale differenza tra la politica mondiale attuale dell’acqua e la politica nuova proposta dal “Contratto Mondiale dell’Acqua”. La prima è l’espressione di un’abdicazione politica ed etica mondiale riguardo la concretizzazione del diritto all’acqua per tutti gli esseri umani nell’arco di tempo di una generazione e meno. Essa ha sposato nel settembre 2000 - Dichiarazione dell’ONU al Vertice del Millennio su “Gli obiettivi del Millennio per lo sviluppo” - l’idea dell’impossibilità di garantire a tutti l’accesso all’acqua potabile sana ed ai servizi igienici. L’obiettivo massimo realista ottenibile, essa sostiene, è la riduzione di metà al 2015 del numero delle persone che oggi non hanno accesso all’acqua. Quello che succederà dopo resta indeterminato. Da notare che la maggior parte dei movimenti associativi, comprese le ONG e le organizzazioni di matrice cristiana e cattolica, hanno aderito agli obiettivi del Millennio per lo sviluppo. Lo stesso dicasi dell’internazionale socialista, di molti sindacati e della stragrande maggioranza delle università in tutto il mondo. I singoli cittadini e le organizzazioni della società civile non sono stati in grado di incidere minimamente sui processi “elitisti” ed “antidemocratici” dei grandi vertici mondiali. Miliardi di persone non sono nemmeno al corrente delle decisioni prese in tali occasioni “a nome dei popoli” della “società mondiale”! Una politica nuova di governo pubblico mondiale dell’acqua deve fondarsi sulla revisione al rialzo degli obiettivi del Millennio tanto più che - 126 - una valutazione provvisoria, fatta nel corso del 2004, ha già dimostrato che gli obiettivi indicati sono riduttivi rispetto ai bisogni e rischiano addirittura di non essere raggiunti. Da qui l’importanza dell’adesione alla Dichiarazione di Roma e l’urgenza di istituire una Autorità Mondiale dell’Acqua, con funzioni legislative e soprattutto di difesa dell’interesse mondiale grazie alla creazione di un Organo di Risoluzione dei Conflitti in materia d’acqua da creare sull’esempio, rivisto, dell’Organo di Risoluzione delle Dispute operante in seno al WT. I principi fondativi a livello europeo A livello europeo la possibilità di una politica nuova di governo pubblico dell’acqua è fortemente legata alla volontà del Parlamento europeo, ancor più che da parte della Commissione e del Consiglio dei Ministri, di affermare e promuovere i seguenti principi: 1. il principio del servizio pubblico europeo 2. il principio della democrazia sovra-nazionale 3. il principio della cooperazione interregionale 4. il principio della solidarietà verso i paesi vicini. Come è noto, la posizione della Commissione Europea rispetto ai servizi idrici è improntata, almeno formalmente, al principio della “neutralità” dovuta al fatto che la politica dell’acqua resta di competenza degli Stati membri. La Commissione è intervenuta ed opera in maniera significativa nel campo dell’acqua in relazione principalmente agli aspetti connessi alla salute ed all’ambiente, onde l’importante Direttiva Quadro sull’acqua del 2000, centrata sulla qualità dell’acqua in seno all’Unione Europea. Altri interventi nel settore acqua sono collegati alla politica commerciale in seno WTO ed alla politica di sviluppo e della cooperazione, in particolare nell’ambito degli Accordi di Cotonou. Pensiamo, ad esempio, alle richieste in favore della liberalizzazione dei servizi idrici rivolte dall’UE a 102 paesi membri del WTO nell’ambito dei negoziati GATS, ed all’Iniziativa Acqua dell’UE per un miliardo di euro per l’Africa, lanciata al Vertice di - 127 - Johannesbourg nel settembre 2002. La neutralità istituzionale non ha impedito però alla Commissione di prendere posizione, specie in ambito WTO e con la Direttiva Quadro, in favore del principio dell’acqua trattata come un bene economico sottoposto alle regole del prezzo di mercato. Ciò è coerente con la filosofia predominante neoliberale che ispira oramai da anni le politiche proposte dalla Commissione, come è il caso più evidente della Direttiva Bolkestein sulla liberalizzazione dei servizi. Un caso destinato a divenire il caso politico più caldo dei prossimi mesi, per il futuro dell’ingegneria economica della costruzione europea. Il Parlamento europeo, invece, ha una più grande libertà di evoluzione e di manovra. L’ultima presa di posizione del Parlamento in materia di acqua si è tradotta nell’adozione, nella seduta plenaria dell’11marzo 2004, di due emendamenti al “rapporto Miller”, rapporto di iniziativa parlamentare sulla Comunicazione della Commissione sullo stato di avanzamento della realizzazione del mercato unico interno. Con i due emendamenti il Parlamento europeo: - ha respinto la proposta della Commissione di far disciplinare le acque ed i servizi di smaltimento e dei rifiuti da una direttiva settoriale del mercato unico. Tenuto conto delle specificità regionali e della responsabilità primaria delle collettività locali in materia di approvvigionamento delle acque potabili e del trattamento delle acque reflue, il Parlamento s’interroga sull’opportunità di procedere alla liberalizzazione dell’approvvigionamento idrico; - ha affermato che “l’acqua è un bene comune dell’umanità” e che “la gestione delle risorse idriche non deve essere assoggettata alle norme del mercato interno”. Rispetto alle modalità con cui si può costruire a livello europeo questa nuova politica del governo pubblico dell’acqua, rinviamo al Manifesto Europeo che illustra le modalità proposte dal Contratto mondiale dell’acqua per l’attuazione dei quattro principi sopra indicati. - 128 - Ci pare però utile, per il contesto italiano, fare un accenno brevemente all’importanza che deve occupare nell’elaborazione e messa in opera di una politica nuova dell’acqua la promozione di una democrazia sovranazionale, uno dei percorsi istituzionali con cui costruire i processi democratici e partecipativi sulla base dei quali deve fondarsi una nuova politica dell’acqua dal locale al globale. Il Parlamento Europeo costituisce una grande conquista del popolo europeo e sta diventando uno strumento importante sul cammino della democrazia sopranazionale. In questo senso è importante rinforzare i poteri del Parlamento europeo e battersi affinché esso funzioni in maniera sempre più democratica e approvi delle politiche, per l’appunto nel campo dell’acqua, miranti ad una società più giusta, più libera e più solidale. Un Parlamento europeo rafforzato sarà anche in grado di sostenere il rinforzamento di esperienze parlamentari sovranazionali attualmente più fragili, quale quella del “Parlantino” (assemblea dei parlamentari dei 23 paesi d’America centrale e meridionale), o interamente nuova, quale quella del Parlamento Panafricano che ha iniziato i suoi lavori nel settembre 2004. Non bisogna lasciare sfuggire un’occasione di grande rilevanza politica anche sul piano simbolico: sarebbe auspicabile che il Parlamento europeo prendesse l’iniziativa di proporre al Parlamento Panafricano, al Parlantino, ed anche all’Assemblea Interparlamentare UE - ACP, di fare dell’acqua, il campo prioritario di azioni congiunte con l’obiettivo di rivedere al rialzo gli obiettivi del nuovo Decennio Internazionale dell’acqua (2005-2015) lanciato dalle Nazioni Unite: anziché mirare di ridurre di metà al 2015 le persone che oggi non hanno accesso all’acqua potabile, darsi l’obiettivo di garantire l’accesso all’acqua potabile a tutti gli esseri umani al 2020. Capitolo 2: I principi fondativi a livello italiano e le proposte Una nuova politica di governo pubblico dell’acqua in Italia deve ispirarsi - 129 - a tre principi fondativi - rigenerare il bene acqua, dalla distruzione e devastazione di cui è stato oggetto negli ultimi decenni - operare una scelta politica maggiore: la ripublicizzazione della gestione dei servizi nel quadro di una visione integrata di governo di tutte le acque - “ripartire” dalla partecipazione reale dei cittadini Rigenerare il bene acqua per un cambio radicale negli usi Dopo il disastro che è stato fatto in questi anni in Italia del bene acqua, è necessario puntare alla rigenerazione del capitale idrico nazionale adottando severe misure di riduzione drastica delle fonti di inquinamento e di contaminazione tra le quali restano determinanti i pesticidi, i nitrati, gli idrocarburi, i metalli pesanti e, in maniera crescente, le sostanze tossiche di origine umana legate all’alta medicalizzazione delle nostre popolazioni. Ciò significa anche, attuare realmente una politica coerente di rigenerazione del suolo, del territorio, e su scala più globale, degli ecosistemi, malmenati da un’agricoltura intensiva orientata per l’esportazione, un’industria per cui il principio di sostenibilità ha valore unicamente in termini di opportunità per la competitività. In larga parte, le leggi (anche buone), i documenti programmatici ed i piani (molto spesso eccellenti) esistono. Quel che manca è una effettiva cultura delle pratiche sociali, politiche ed umane corrispondenti. A questo fine si propone di perseguire alcuni obiettivi strategici prioritari da realizzare negli anni 2005-2008: • riduzione almeno del 40% delle perdite in irrigazione con il metodo di “polverizzazione”: l’irrigazione rappresenta in Italia il 55% dei prelievi totali d’acqua dolce. Di questi, 40% si perdono per evapo-traspirazione. Non è possibile continuare su questi livelli di spreco e di abuso. Le tecniche e pratiche alternative esistono; • portare a 12-15% i livelli di perdita delle reti di distribuzione che, com’è noto, in Italia continuano a superare il 30-35% (in certe regioni del Sud - 130 - le percentuali raggiungono il 65%). La Svezia e la Svizzera sono al 9% di perdite delle reti di distribuzione che è considerato il tasso naturale al di sotto del quale non si può scendere. Lo Stato, gli enti locali ed i cittadini si devono impegnare a trovare gli strumenti e le modalità per raggiungere un tale obiettivo. La creazione di “comitati di vigilanza” locali cui affidare il compito di mantenere i cittadini in allerta potrebbe essere un modo efficace di azione; • effettuare un censimento generale dei pozzi: si stima che in Italia vi siano circa 1,5 milioni di pozzi illegali, che prendono acqua dove vogliono, senza nessun controllo. È tempo di porre fine a tale illegalità collettiva. Facciamo il censimento dei pozzi, vediamo quanti sono sicuri, quanti sono inquinanti, chi li usa, come sono cambiate le loro morfologie. A questi obiettivi strategici vanno associate le seguenti azioni: • ri-inventare la raccolta di acqua piovana. In paesi a scarsità idrica come Israele la raccolta delle acque piovane è praticata in maniera sistematica. Essa comincia ad essere reintrodotta anche in Europa. A Saint Deny in Francia, le autorità municipali hanno deciso di creare degli invasi di acqua piovana per utilizzarla per la pulizia delle strade di Parigi; • riduzione dei flussi negli usi domestici a livello di bagni, di toilette, grazie a sistemi di riciclaggio delle acque reflue laddove è possibile nei vecchi centri urbani, ma certamente in tutti i nuovi edifici collettivi (pubblici e privati), mediante l’introduzione di reti duali nei nuovi insediamenti. Operare una scelta politica maggiore: ripubblicizzare il governo dell’acqua Uno dei principali fattori che in Italia ed altrove hanno spinto le stesse classi dirigenti ad adottare processi di privatizzazione del governo dell’acqua è stato “il cattivo Stato”, “il pubblico inefficiente e corrotto”. La sfiducia nella capacità dei poteri pubblici di “governare” in maniera giusta ed efficace è alla base dell’apparente “legittimazione” dell’ondata di - 131 - liberalizzazione, deregolamentazione e di privatizzazione che ha scombussolato il regime di governo dell’acqua nel ventennio 1980-2000. Laddove il potere pubblico ha dimostrato di rispondere in grande misura ai suoi doveri ed alle attese dei cittadini, l’ondata di cui sopra non ha avuto luogo. Certo, altri fattori hanno giocato in favore della liberalizzazione, deregolamentazione e privatizzazione dell’acqua, fra i quali, non ultime, una cultura strutturalmente antistatalista dei cosiddetti “liberali” e la ricerca senza tregua da parte del capitale privato di nuovi campi di opportunità di profitto. Pertanto una politica nuova nel settore dell’acqua in Italia, significa anzitutto ri-costituire uno Stato di responsabilità, un pubblico efficace e onesto, ridare credibilità e capacità al governo pubblico. Lungi dall’avere favorito la necessaria trasformazione dello Stato, del pubblico, la scelta operata dai dirigenti politici, economici, e tecnoscientifici italiani degli ultimi dieci anni in favore di un governo dell’acqua di tipo privatistico, - non solo dal punto di vista istituzionale (affidamento ad imprese private, ad imprese miste, a società per azioni) ma anche dal punto di vista politico-culturale (approccio economicista, primato alla concorrenza mercantile e finanziaria) – ha ulteriormente aggravato il degrado del pubblico indebolendone le capacità d’azione e la visibilità presso i cittadini. Tant’è che in Italia, i governanti bistrattano lo Stato proclamando in coro “government is not a solution to our problems, government is the problem”. Ripubblicizzare il governo dell’acqua implica ribaltare questa opzione culturale che ha trasformato i servizi comuni pubblici, in particolare i servizi idrici in “servizi industriali” (legge Galli). I servizi idrici devono invece essere considerati come servizi di funzione pubblica vitali perché inerenti al governo di un bene comune pubblico essenziale ed insostituibile per la vita e, quindi, facenti parte della sfera dei diritti umani. - 132 - Conformemente ai ripubblicizzazione principi del sopra governo descritti, dell’acqua proponiamo si faccia che attraverso la i seguenti passaggi. Primo: definizione di una politica integrata dell’acqua dove per “integrata” intendiamo il governo coordinato di tutte le categorie dell’acqua e cioè: 1. l’acqua per la vita e la salute acqua potabile, acque minerali e di sorgente; 2. l’acqua per la sicurezza d’esistenza collettiva, acqua per la produzione agricola, industriale ed energetica necessaria per assicurare l’esistenza di una comunità umana; 3. l’acqua per usi e bisogni privati: a livello domestico (piscine, giardinaggio), per attività di “piacere” (campi di golf, turismo) per attività agricole ed industriali destinate a beni e servizi non essenziali per fasce di consumatori abbienti, di lusso In questo contesto, è necessario procedere all’unificazione delle legislazioni attualmente frammentate (leggi per l’acqua potabile, leggi per l’acqua minerale, leggi per l’acqua ad uso produttivo). A tal fine, occorre: - a livello nazionale ripensare una nuova legge quadro nazionale snella, che • sancisca la natura di bene comune pubblico dell’acqua, e vieti ogni forma di privatizzazione del bene a livello di proprietà, gestione e controllo; • istituisca un soggetto unico del governo dell’acqua – ciclo integrato - di tutte le acque, a livello regionale, entro i principi e le regole fissate dalla nuova legge nazionale quadro; - 133 - • inventi una nuova ingegneria finanziaria per la copertura dei costi legati ad un governo del bene acqua guidato dalla volontà/dovere di garantire l’accesso all’acqua per tutti come diritto umano e la valorizzazione dell’acqua anche nell’interesse delle generazioni future e nel rispetto della sostenibilità degli ecosistemi; • rinforzi la responsabilità ed il ruolo dei poteri locali; • dia la priorità alla costituzione di società cooperative pubbliche, a lato delle aziende speciali e dei consorzi pubblici, come soggetti di gestione dei servizi idrici. Una legge che non si limiti a parlare di costi e di gestione degli usi domestici, ma affronti il nodo della fiscalità e delle tariffe per tutti gli usi idrici. Una legge che affronti il disordine che la cultura privatistica con la quale è stata gestita la legge Galli ha determinato nelle legislazioni regionali e nelle situazioni locali, con il proliferare di gestioni di reti di impianti e di erogazione di servizi ed il moltiplicarsi di consigli di amministrazione con sempre di meno riferimenti ai bacini idrografici; - a livello regionale riorganizzare, con leggi regionali ad hoc, l’insieme delle istituzioni, leggi, decreti che “governano” il settore dell’acqua valorizzando le buone pratiche, le buone regole e le buone istituzioni – e ne esistono - introducendo dispositivi agili di partecipazione dei cittadini al governo dell’acqua; - a livello locale incoraggiare gli eletti locali (sindaci) che costituiscono i soci degli ATO, e quindi hanno la responsabilità di salvaguardare il bene pubblico, di optare per la gestione in house, per mantenere in Italia una condizione tale per cui, sulla base della dialettica politica e del confronto tra i cittadini, i movimenti sociali e le istituzioni, si possa arrivare agli appuntamenti elettorali (2005 e 2006), con l’accettazione da parte dei responsabili politici, pubblici, d’impegnarsi ripubblicizzazione del governo dell’acqua in Italia. - 134 - per un programma di Secondo l’OMS (Organizzazione mondiale della sanità) e la FAO (Organizzazione mondiale per l’alimentazione) ogni persona ha bisogno per vivere di 5O litri al giorno di acqua potabile sana, nel mentre una comunità umana, diciamo la popolazione di uno Stato, ha bisogno per assicurare un’esistenza di vita collettiva adeguata di 1700m3 all’anno per persona. Garantire l’accesso a tali quantità d’acqua nella qualità dovuta è l’oggetto del diritto umano e sociale, individuale e collettivo all’acqua. Esso implica un governo complesso ed integrato dell’insieme degli elementi e dei fattori naturali, sociali, economici e politici che solo i “poteri pubblici” possono esercitare. Secondo: riorganizzare l’Integrazione di tutte le funzioni (proprietà, gestione, controllo politico), con conseguente abbandono del principio, che ha trionfato nel corso degli ultimi 10 anni, della separazione tra proprietà del bene e delle reti, gestione dei servizi, controllo politico sulla gestione. A tal uopo, occorre, ristrutturare il governo della gestione. Per quanto riguarda le modalità di affidamento dei servizi pubblici da parte degli enti locali, rispetto alle tre modalità previste dall’attuale ordinamento italiano e comunitario, proponiamo di adottare la modalità dell’affidamento diretto a società con capitale interamente pubblico, cioè la gestione “in house”, insieme a forme di gestione diretta, in economia, laddove quest’ultima modalità si riveli più pertinente ed efficace. La gestione in house, è opportuno ricordarlo, non costituisce un’eccezione al diritto della concorrenza, ma rappresenta una gestione diversa, “alternativa”, che deriva la sua legittimità dalla potestà di autorganizzazione dello Stato (amministrazione centrale e locale). Ove l’amministrazione intenda affidare un appalto di servizi ad un organismo di diritto pubblico, non è necessario ricorrere alle regole proprie del diritto della concorrenza. - 135 - La gestione in S.p.A. è in contraddizione aperta con il governo pubblico di un diritto umano e sociale e di un bene essenziale alla sicurezza dell’esistenza collettiva. La nuova trincea è quella di evitare la liberalizzazione (cioè la messa a gara sul mercato) dei servizi idrici. Nel contesto attuale e a breve termine, una soluzione consiste nell’affidare direttamente il servizio a S.p.A. pubbliche approfittando degli spazi conquistati con l’art. 14 del DL 269/93, ed associando questa opzione con modifiche statutarie che determino il cosiddetto “controllo analogo”. Per l’arco dei prossimi due/tre anni, proponiamo dunque che la gestione in house sia associato alle seguenti caratteristiche: • S.p.A. con capitale interamente pubblico (al 100%); • rimodulazione degli strumenti tipici del diritto societario (quorum di costituzione e di deliberazione dell’assemblea ordinaria e straordinaria, nomine anche extraassembleari, etc); • divieto di vendita ai privati delle reti ed impianti; laddove gli enti locali conferiscono i propri beni alla S.p.A. patrimonio, devono prevedere esplicitamente nel proprio statuto e in quello della S.p.A., che i soci azionisti possono essere solo gli Enti locali; • divieto di cessione ai privati di quote del capitale da parte dei soci delle S.p.A. pubbliche; • principio del re-investimento degli utili della S.p.A. per un miglioramento del servizio pubblico (in particolare, campagne di sensibilizzazione dei cittadini per ridurre consumi, sprechi, per modalità di partecipazione dei cittadini) della qualità ed accessibilità del servizio per l’utenza; • obbligo di svolgere le attività solo a livello dell’ATO di appartenenza e quindi divieto di concorre ai bandi in altri territori; - 136 - • divieto di costruire multi-utilities con capitale privato e partecipare alla costituzione di aggregazioni in società di scopo/filiera deterritorializzate ed attivare invece Consorzi pubblici multi-settoriali (economia pubblica dei flussi e reti); • ripubblicizzazione della gestione e distribuzione delle acque minerali su basi cooperative, con revoca delle concessioni di sfruttamento concesse ai privati. Terzo: ri-inventare un’ingegneria finanziaria del governo dell’acqua fondata sul finanziamento pubblico dei costi relativi all’acqua per la vita e per la sicurezza dell’esistenza collettiva, e su una gestione finanziaria dei costi associati alle altre categorie d’acqua sulla base dei meccanismi dell’economia di mercato regolati nel rispetto dell’interesse generale. Si propone di realizzare la nuova ingegneria finanziaria del governo dell’acqua articolandola su tre capisaldi. Il primo capisaldo è l’affermazione della coerenza e pertinenza del FINANZIAMENTO PUBBLICO. Un diritto umano, un bene pubblico, un servizio pubblico, devono essere finanziati dalla collettività mediante il “tesoro pubblico”, le risorse finanziarie della collettività. Non si può ammettere che un diritto umano sia finanziato da privati. In questo senso bisogna opporsi all’ingegneria finanziaria proposta nel rapporto “Financing Water for all” del “Panel Camdessus” costituito dal Consiglio Mondiale dell’Acqua e sostenuto dalla Banca Mondiale e da numerosi governi occidentali. Il rapporto Camdessus propone principalmente il ricorso a strumenti finanziari di tipo “privatistico” (prezzo ai consumatori, ricorso ai mercati finanziari, prestiti dalle istituzioni multilaterali internazionali, partenariato pubblico privato) in una logica il cui principio fondatore è, come esplicitamente affermato, quello di creare in ogni paese le condizioni ottimali per attirare il capitale privato ad essere interessato a finanziare i servizi idrici, assicurando alti - 137 - livelli di ritorno sugli investimenti e la sicurezza del diritto di proprietà dei beni o dei servizi. Il secondo capisaldo è l’adozione di un sistema di TARIFFICAZIONE a tre livelli. Il primo livello è la tarifficazione del diritto. L’accesso ai 50 litri per persona al giorno, che costituiscono un diritto universale, devono essere presi a carico della collettività (dal locale al mondiale). Per il cittadino si tratta di tariffa zero. Così facendo non v’è gratuità. I costi non spariscono. Essi sono presi a carico da parte della collettività la quale finanzia le spese inerenti tramite le finanze pubbliche, alimentate dalla fiscalità generale e specifica. V’è poi il secondo livello, quello della sostenibilità. Se dai 50 litri si passa ad un uso superiore, è opinione diffusa che l’uso di 120 litri al giorno per persona rappresenti un livello decente per accedere ad un livello di benessere ammissibile sul piano di un utilizzo sostenibile dell’acqua. In questo caso se si passa indifferenziatamente a consumi di 180 litri, o ai 219 come per gli italiani, o a 400 come i Canadesi, o 600 litri al giorno – per i consumi tra i 50 e 120 litri al giorno per persona – si può applicare una tariffa non superiore ai costi reali di produzione. Se l’uso giunge a 200 litri, siamo in presenza di una gestione dell’acqua che diventa insostenibile anche se non in maniera devastatrice del bene. In questo caso si applica una tariffa progressiva. Se, come negli Stati Uniti, si arriva ai 4100 litri al giorno, come per i californiani, è chiaro che in questo caso ci troviamo in una situazione particolare da contrastare. Il terzo livello è quello della non sostenibilità e quindi del divieto. Se si usa più di 200 litri al giorno vi è un livello da spreco, insostenibile; un tale consumo non si deve comprare pagando, ma deve essere vietato in applicazione del principio che “chi inquina non può farlo”, e non invece proponendo il principio che “chi inquina paga”. - 138 - È inoltre necessario lavorare sulla “ri-invenzione di istituzioni finanziarie pubbliche” per la gestione del risparmio collettività territoriali e famiglie su basi mutualistiche cooperative. Gli ultimi 15 anni hanno visto la scomparsa della maggior parte delle istituzioni finanziarie pubbliche; in Italia non c’è più una vera Cassa Depositi e Prestiti pubblica, perché questa istituzione a cui si rivolgevano soprattutto gli enti locali, è stata privatizzata. Perché dobbiamo pensare che sia impossibile ripensare e rilanciare ancora la Cassa Deposito e prestiti con funzione pubblica?! Le Casse di Risparmio sono state privatizzate; le cooperative di risparmio sono state privatizzate. Tentiamo di ricreare, di ri-inventare un credito comunale pubblico che possa raccogliere i risparmi delle famiglie e delle comunità locali, per finanziare i beni pubblici ed i servizi pubblici. Si può cominciare attraverso cooperative di tipo mutualistico, ma soprattutto avere una struttura centrale cioè una Cassa Depositi e Prestito che ridarebbe vigore ad una politica pubblica, per un investimento pubblico, per i servizi pubblici locali. Partire dalla promozione della partecipazione reale dei cittadini Sul piano degli strumenti di partecipazione e del coinvolgimento dei cittadini è possibile constatare che il cammino da fare, sia a livello di presa di coscienza che di accettazione di modalità partecipate di cogestione delle decisioni da parte degli amministratori, è ancora tutto in salita. Esistono però alcune esperienze significative che possono facilitare ed accrescere i livelli di partecipazione da parte dei cittadini e di espressioni organizzate come le associazioni di categoria. Percorsi come l’agenda 21, che in questi anni hanno attivato percorsi seminariali sull’acqua rivolte al mondo della scuola, degli utenti e amministratori, hanno consentito l’applicazione della “carta dei servizi” e l’introduzione di alcune iniziative concrete sul piano della riduzione dei consumi. - 139 - Inoltre, esperienze come quelle del bilancio partecipativo e del nuovo municipio, costituiscono strumenti forti di sperimentazione di forme più ricche di discussione, “consultazione”, e coinvolgimento dei cittadini. In assenza di nuove modalità incisive sul piano decisionale e quindi di coassunzione di responsabilità da parte dei cittadini, è difficile affrontare, con un approccio di condivisione, le scelte che la politica nuova di governo pubblico dell’acqua, oggi richiede. Pertanto, si propone di: 9 prevedere, a livello degli ATO, la costituzione dei “Consigli dei cittadini”, con potere vincolante rispetto a certe decisioni in materia di governo dell’acqua (piano territoriale, tarifficazione investimenti, etc.); 9 attivare a livello provinciale “tavoli di coordinamento” tra gli ATO, aperti alle associazioni ed alle rappresentanze dei cittadini; 9 promuovere delle campagne di sensibilizzazione per la promozione di comportamenti responsabili; 9 organizzare una consultazione nazionale in materia di pubblicità degli atti e delle decisioni gestionali che attengono ai servizi idrici e per una nuova legge sull’acqua; 9 rinforzare gli atti di solidarietà con progetti di cooperazione internazionale e azioni di gemellaggio con città e comunità che hanno problemi di gestione o di accesso all’acqua; 9 aderire e far aderire alla Dichiarazione di Roma; 9 partecipare agli appuntamenti dell’acqua: FAME 2005 (Ginevra 17-20 marzo 2005) e Assemblea dei cittadini per l’Acqua (settembre 2006). - 140 - Appendice. Lista ricapitolativa delle proposte Qui di seguito, le proposte del Comitato Italiano per una nuova politica di governo pubblico dell’acqua in Italia, differenziate per livelli di intervento e per soggetti. A livello nazionale Si richiede di avviare l’iter parlamentare per il varo di una nuova legge quadro nazionale che sancisca i principi enunciati nel Manifesto Italiano 2004: 9 il riconoscimento dell’acqua come diritto umano, universale, inalienabile,imprescrittibile; 9 il riconoscimento dei servizi idrici, come servizio pubblico nazionale, con riferimento ai principi di uguaglianza di tutti i cittadini e di universalità dei servizi primari sanciti dall’art. 3 della Costituzione italiana; 9 l’introduzione del principio della ripubblicizzazione dei servizi idrici e la revisione dell’art. 113 del TUEL allo scopo di reinserire le aziende speciali ed i consorzi pubblici tra i soggetti che possono gestire i servizi idrici; 9 l’istituzione di modalità di finanziamento dei servizi idrici pubblici, attraverso meccanismi di fiscalità generale e la costituzione di Fondi Nazionali di solidarietà e di casse nazionali, per il finanziamento delle opere di manutenzione e di quelle idriche e della copertura dei costi dell’accesso all’acqua come diritto; 9 il riconoscimento con leggi Quadro nazionali o a livello Regionale dei Consigli dei cittadini per l’acqua (in ottemperanza all’art.118 della costituzione che riconosce il valore dell’autonoma iniziativa dei cittadini, singoli ed associati, per lo svolgimento di attività di interessi generali); 9 l’obbligatorietà della adozione da parte di tutti gli enti locali di una Carta dei Servizi e la proposta di elaborazione di una Carta europea del diritto all’acqua dei cittadini. - 141 - A livello regionale Si domanda: 9 lo scorporo dei servizi idrici dai servizi a rilevanza economica e quindi industriale; 9 l’assunzione dell’impegno da parte delle Regioni a tutelare tutte le acque (di superficie e sotterranee) di loro competenza come bene comune; 9 la ripubblicizzazione del governo della gestione dei servizi idrici; 9 la costituzione di tavoli regionali di coordinamento fra i vari ATO al fine di favorire progetti unitari per la gestione di servizi idrici integrati secondo criteri di efficacia; 9 la costituzione di Fondi regionali per garantire il diritto umano all’acqua, tramite percentuali sulla tariffa, e per la difesa e la tutela del patrimonio idrogeologico, ivi comprese la salvaguardia delle sorgenti delle comunità montane; 9 l’introduzione di incentivi per favorire gli investimenti da parte dei cittadini, degli enti cooperativi e delle imprese per migliorare la qualità delle acque da rubinetto e ridurne l’uso, ed i consumi per usi non potabili tramite il riciclaggio e la riutilizzazione delle acque reflue e l’introduzione delle reti duali nelle abitazioni e nei nuovi insediamenti industriali; la raccolta e il trattamento delle acque piovane; 9 l’organizzazione di un censimento dei pozzi e delle fonti esistenti sul territorio; 9 l’introduzione di misure destinate alla riduzione dei consumi per usi agricoli ed industriali; 9 l’applicazione di una tassa regionale sull’imbottigliamento delle acque minerali pari almeno a 0,516 Euro per ogni 100 litri (1 lira al litro) attualmente applicata solo da tre Regioni; 9 la ripubblicizzazione della gestione e distribuzione delle acque minerali su basi cooperative. - 142 - A livello delle Province Si richiede: 9 un effettivo ruolo di coordinamento politico degli indirizzi di gestione dei servizi idrici privilegiando la dimensione dei bacini idrogeologici a livello di ATO; 9 il censimento e monitoraggio, a livello dei singoli ATO, dei prelievi abusivi da pozzi e da prese da acquedotti e il sostegno a programmi di riduzione degli sprechi, delle perdite e dei prelievi; 9 l’impegno a destinare un centesimo di euro per metro cubo di acqua fatturato come contributo al finanziamento di specifici interventi di cooperazione che perseguano modelli sostenibili di gestione delle risorse idriche nei paesi sofferenti di carenza di acqua potabile (garantire i 40 litri come diritto inalienabile). A livello dei Comuni Si domanda: 9 la revisione dello statuto dell'ATO nel senso sopraindicato; 9 la realizzazione di campagne di sensibilizzazione per disincentivare il consumo di acqua in bottiglia; 9 l’impegno alla ripubblicizzazione dell’ATO che hanno già effettuato l’affidamento ad una “gestione mista”; 9 l’introduzione di norme funzionali al risparmio idrico, alla realizzazione di reti duali, nelle nuove concessioni edilizie; 9 l’introduzione di incentivi per l’adozione nelle abitazioni, negli uffici pubblici, negli hotel, di tecnologie di riduzione dei consumi (riduttori di flussi). A livello di ATO e di Ente Gestore in house 9 obbligo di svolgere le attività idriche solo a livello dell’ATO di appartenenza: la S.p.A. deve operare solo a livello di ambito territoriale; 9 divieto di adesione o di fusione ad imprese multi-utility; 9 adozione di una politica delle tariffe differenziate definite sulla base dei - 143 - principi proposti dal Manifesto, proporzionali ai consumi ed agli usi a partire dal riconoscimento dei 40 litri come diritto di base da assicurare ad ogni cittadino; 9 contrarietà alla impresalizzazione, cioè ad una gestione dell’acqua come un prodotto industriale di impresa; 9 divieto negli Statuti di cessione da parte di soci della S.p.A. di quote di capitale di assenza di diritto di prelazione; 9 divieto alla privatizzazione e vendita delle Reti idriche; 9 presenza di modalità di partecipazione dei cittadini e di democrazia dell’acqua; 9 investimenti per campagne di informazioni ai cittadini/utenti finalizzata a promuovere l’acqua di rubinetto, ridurre i consumi, migliorare la qualità dell’acqua di rubinetto; 9 attivazione dei contatori per famiglia, applicazione di canoni sui consumi, campagne di informazione dei cittadini per valorizzare le acque da rubinetto e per promuovere la riduzione dei servizi; 9 info, con le bollette, sulle politiche degli ATO sulle analisi dell’acqua da rubinetto; 9 tariffe differenziate in funzione dell’uso (alimentare, produttivo, industriale); 9 applicazione dei principi del manifesto: 40 litri come diritto, a carico della fiscalità generale e tariffe proporzionali ai consumi; 9 utilizzo di acqua da rubinetto nelle mense scolastiche, nelle strutture pubbliche, rifiutando l’acqua minerale o in boccioni. Per quanto riguarda l’ingegneria finanziaria Si propone: 9 la presa a carico della collettività dei costi associati all’accesso all’acqua potabile come diritto umano (40-50 litri per persona al giorno), tramite la fiscalità (tariffa del diritto umano); 9 una tarifficazione differenziata tra 50 e 180/200 litri al giorno per persona per usi idropotabili proporzionale ai consumi (tariffa della - 144 - sostenibilità); 9 la non applicazione del principio che chi paga può consumare quanta acqua vuole. Al di là dei 200 litri, applicare il divieto (tariffa del divieto): chi abusa non può; 9 l’applicazione di una water tax sui prelievi delle acque minerali e sulle acque purificate per ogni litro imbottigliato; 9 l’applicazione di un sistema di tassazione mondiale a fine redistributivo (tassa mondiale repubblicana) a livello locale, nazionale, continentale e mondiale mediante la destinazione dello 0,01% del PIL dei paesi dell’OCDE destinato ad un fondo per il diritto all’acqua; 9 una fiscalità specifica a livello “locale”, continentale, mondiale, a titolo provvisorio o di lunga durata (tassa di solidarietà per ATO o su base regionale es. cents/m3 sulle tariffe di consumo); 9 la creazione di Fondi cooperativi nazionali e mondiali per le collettività locali e di nuovi dispositivi finanziari differenti dalla Banca Mondiale e dal FMI atti a gestire le entrate provenienti dalle misure già menzionate quali: - i centesimi della pace, cioè l’allocazione all’acqua dell’1% di riduzione del bilancio approvata delle spese per gli armamenti (stima 9 miliardi di $ per anni); - i centesimi di un altro consumo, cioè prelievo in tutti i paesi di un cents su ogni bottiglia di acqua minerale; - un cents della solidarietà: cioè un cents di euro per ogni metro cubo di acqua potabile consumata; 9 esenzione di IVA, sui servizi svolti dagli ATO in quanto effettuati da Ente pubblico relativo servizio pubblico a favore dei Comuni e degli utenti; 9 il governo regionale trasferisca agli ATO un contributo in conto esercizio per la compartecipazione alle spese amministrative e generali che dovranno sostenere; 9 la Provincia continui a farsi carico delle spese finora sostenute a qualsiasi titolo per la salvaguardia e la gestione ambientale delle risorse idriche. - 145 - Per quanto riguarda il ruolo dei cittadini Si propone: 9 la mobilitazione per la raccolta statuti dei di adesioni a sostegno della Dichiarazione di Roma; 9 l’inserimento negli comuni, province e regioni del riconoscimento del diritto all’acqua come diritto umano; 9 trasformare l’acqua in uno strumento di Pace attraverso iniziative da parte di Comuni, Province , Regioni e Stati per sancire, con ordini del giorno, delibere ed altri documenti, il ripudio dell’uso dell’acqua per fini politici o militari e come strumento di oppressione, di esclusione e di ricatto; 9 il coinvolgimento dei cittadini nei processi decisionali relativi al governo dell’acqua, a tutti i livelli con la costituzione dei consigli dei cittadini; 9 la promozione di comportamenti responsabili sul piano dei consumi (tra l’altro, ridare priorità, per bere, all’acqua da rubinetto e non alle acque in bottiglia...); 9 la pubblicizzazione dei principali atti delle aziende e degli Enti di gestione (bilancio, programmi di investimento, piani industriali); 9 la comunicazione ai cittadini/utenti delle principali scelte e politiche aziendali con convocazione, a livello di ATO di assemblee aperte agli utenti. - 146 - Bibliografia (I testi e i siti web di seguito indicati sono stati in gran parte segnalati dai relatori dei seminari e in seguito completati e aggiornati dalle curatrici del volume) AA.VV., Del diritto alla buona acqua, ed. 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Parole e testi ci obbligano a irrigidire i concetti, a scandire in sequenza temporale processi che avvengono insieme, a isolare con barriere realtà intimamente connesse… L’acqua è fuori e dentro di noi, noi emergiamo dall’acqua ma siamo acqua noi stessi, e ne dipendiamo in ogni giorno della nostra vita. E tutto intorno a noi è ‘segnato’ dall’acqua: perché la contiene o ne è contenuta, perché è stata necessaria per il suo sviluppo o per la sua costruzione… sì, anche gli oggetti non potrebbero esistere senza l’acqua! E se già da lontano il ‘Pianeta blu’ rivela la dominanza delle acque sulle terre, più ci immergiamo nella biosfera più ne scopriamo la presenza ubiquitaria: è una piccola molecola piramidale amante di compagnia, capace di disporsi in cristalli ordinatissimi oppure di spaziare in forme disordinate e caotiche, pronta ad accogliere altre molecole, ahimè! con fin troppa facilità, perdendo spesso purezza e qualità, disposta a circolare in tubi all’interno degli organismi e delle case, a salire dal terreno alle chiome degli alberi e poi giù, dalle nuvole a terra di nuovo, incessantemente. L’acqua ha ospitato le prime forme di vita, e le prime manifestazioni di cultura umana: non vi è civiltà che non abbia riverito l’acqua, riconoscendole attributi divini e rappresentandola con le forme dell’arte e della poesia. Ma qualcosa è successo… una consapevolezza che risale a tempi immemorabili, un patrimonio di competenze elaborato nei millenni, conoscenze diffuse… nel volgere di poche manciate di anni sembrano svanite, offuscate da processi di urbanizzazione e dallo sviluppo di un potere tecnologico tanto grande quanto effimero. Che fare? Rituffarsi, il più possibile, nella natura e ritrovarla nei torrenti di montagna, nella frescura degli alberi, nello srotolarsi delle onde. Ma anche riconoscerla con la propria intuizione profonda, e ritrovarla nella propria mente. Ecco, questo volumetto propone di offrire un piccolo contributo a quest’ultima opzione: imparando a usare tanti schemi interpretativi diversi, e a comporli insieme, forse diventerà più facile, più spontaneo riprendere confidenza con l’acqua, nei suoi aspetti micro e macroscopici, nei suoi cicli, nelle sue trasformazioni, nel suo fluire e nel suo restare, nel suo contenere ed essere contenuta. - Elena Camino - Acqua essenziale per la vita, presente ovunque… ma non inesauribile e al riparo da contaminazioni. Dovrebbe essere assicurata pura a tutte le specie viventi… e non essere oggetto di commercio… Nei mesi di preparazione di questi atti ho avuto la possibilità di approfondire con letture e visite di siti web l’argomento ed ho potuto verificare di persona quanti intrecci e quale complessità si nasconda dietro una parola di uso quotidiano, ACQUA, una delle prime parole che abbiamo imparato a pronunciare da bambini (forse anche questo svela la natura di bene primario e insostituibile). L’acqua è un elemento fondamentale per la vita, anche quelle specie - animali o vegetali che non vivono nell’acqua hanno bisogno dell’acqua per lo sviluppo embrionale e per vivere: quindi bene primario per tutti. - Ilenia Grandi - - 155 - Sguardo sistemico e spunti didattici Dal testo alla schematizzazione La possibilità che ci è stata offerta di curare e stampare gli Atti dei Seminari ci ha stimolate a offrire - a fianco del contributo scientifico, anche alcuni spunti didattici. Quando si ha a che fare con realtà apparentemente semplici - perché fanno parte della quotidianità e le diamo per scontate non è sempre facile coglierne il valore ed i loro legami con realtà mondiali, sia a livello economico che di rapporti internazionali fino ad aspetti culturali, che potrebbero essere minacciate. È questo il caso dell’acqua, molecola tanto semplice quanto indispensabile al sostegno della vita ad ogni fase e in ogni sua forma. Anche nella scuola è importante tenere conto di questa difficoltà e complessità quando si pensa di trattare il tema dell’acqua e della sua gestione; ci sembra perciò importante mettere in atto strategie didattiche adatte a mettere in luce tale complessità, senza la pretesa di esaurire l’argomento ma offrendo diverse piste per un’eventuale riflessione personale. In merito al tema da noi affrontato mi è sembrato utile partire da una lettura e schematizzazione delle relazioni degli esperti. Gli schemi ottenuti (figure 1-6) illustrano i temi specifici trattati e conservano traccia della sequenza di esposizione degli argomenti, che è spesso funzionale ai tempi a disposizione, al tipo di lettura personale e disciplinare che ciascun autore usa più o meno consapevolmente. Questi schemi possono essere di qualche utilità come guida alla lettura o per riportare alla memoria i contenuti, e aiutano a focalizzare l’attenzione su alcune parole chiave e concetti, nella prospettiva di un confronto tra i punti di vista e una eventuale integrazione tra di essi. Emergono in tal modo gli ambiti disciplinari e lo schema interpretativo da cui hanno avuto origine (tab. 1). - 156 - Figura 1 – Schema della relazione di Maurizio Aceto Sostanze indesiderate Potabili (acquedotto) Acque di uso umano Disinfezione (Cl) Depurazione Modifica caratteri organolettici Di sorgente Termali Mineralinaturali Acqua Maggior purezza Composizione influenzata da rocce e suoli Rilascio di ioni Cellule viventi Propr. chimiche chimico-fisiche terapeutiche Assenza di disenfezione Confronto normative Grosse spese per estrazione UV e acqua ossigenata Mercato acque minerali Meno sicure per la salute Possibile contaminazione Contaminanti Acque minerali (DM 29-12-2003; CE 2003/40) Business di grande importanza • Naturale • Antropica • Inorganici • Organici • Biologici Valori limite Acque potabili (DL 31/2001; CE 1998/83) Alternative più pulite • Metalli • Anioni • Altro • • • • • Multinazionali • Pubblicità • Certificazione qualità Organoalogenati Idrocarburi Pesticidi, fungicidi… DBP Microrganismi Malattie Principali differenze: caratteristiche organolettiche Filtri di uso domestico - 157 - Figura 2 – Schema della relazione di Marco Davide Tonon Formazione macromolecole • Scenario “freddo” • Scenario “salmastro” • Scenario “marino caldo” Acqua indispensabile alla vita Prime forme viventi Ciclo idrologico Origine • • • • Diversi tipi di acqua Velocità di flusso Tempo di residenza Tempo di turn over Bilancio idrico Gestione della risorsa Sfuggono alla percezione diretta Sotterranee (di falda) Fonte di acqua dolce e potabile Falde freatiche Falde artesiane Meteorica Origine Cause di depauperamento Cattiva gestione del territorio Risorsa poco rinnovabile Juvenile Falde fossili Inquinamento dell’idrosfera Prelievi eccessivi - 158 - Velocità di ricarica Figura 3 – Schema della relazione di Andrea Giordano Clima e vegetazione Acqua-suolo Aspetti locali Piano generale di gestione Bacino idrografico Degradazione Aspetti globali • • • • • Acqua Suolo Riduzione delle risorse Abbassamento della falda Salinizzazione Inquinamento Eutrofizzazione Desertificazione • • • • • • • • Pozzi Approvvigionamento idrico Canalizzazioni Dighe Erosione idrica Erosione eolica Movimento di massa Degradazione fisica Degradazione chimica Degradazione per salinizzazione e alcalinizzazione Degradazione biologica Sottrazione di suolo Met. gravitazionali Distribuzione (irrigazione) Conservazione delle risorse acqua-suolo Importante il telerilevamento Metodi per aspersione Metodi di erogazione di microportate - 159 - Scala mondiale Bacino del Mediterraneo Figura 4 – Schema della relazione di Luca Mercalli Sistema complesso Gas serra in atmosfera Clima Correlate Glaciazioni 4 negli ultimi 500.000 anni Carotaggi Terminano 11.000 anni fa Temperatura aumenta Optimum termico olocenico (4-6mila anni fa) Temperatura atmosferica ……………... Piccola Età Glaciale (1450-1850) Influenza su: Ancora difficile correlarlo alle precipitazioni Influenza su paesaggi ed ecosistemi Estate africana del 2003 Riscaldamento globale attuale Ambiente glaciale Cultura alpina Progresso delle fronti Influenzato dal fattore umano Riduzione dei ghiacciai Durata del manto nevoso - 160 - Conseguenze su diversi settori • • • • • • • Bancario Assicurativo Agricolo Energetico Salute Turismo Calamità Figura 5 – Schema della relazione di Paolo Bernardi Tensioni fra gli stati Bene prezioso Boicottaggio Bene comune Consumo critico Oroblu = merce da sfruttare Criteri di scelta dei prodotti Dal locale al globale Multinazionali Es. Italia Acqua Commercio dell’acqua imbottigliata Produzione Plastica Inquinamento Smaltimento Potabile CMA più restrittive Camion Trasporto Consumo di petrolio Nave Inquinamento Problemi Risparmio Manutenzione degli impianti Clorazione Miscelatori aria/acqua D-DBP Filtri a struttura composita (DM 443/90) Riduzione rifiuti plastici - 161 - Rischi per la salute Inquinamento atmosferico, effetto serra Figura 6 – Schema della relazione di Gianfranco Durin Bene sociale/comune Acqua Bene ambientale Definizione “operativa” Bene economico Soprattutto nei PVS Privatizzazione Anche in Italia Sostenuta da WTO e Banca Mondiale Mancato coinvolgimento dei cittadini Perché opporsi? Aumento della tariffa “Decalogo” - 162 - Tabella 1 – Termini chiave e schemi di riferimento delle relazioni Relatore Termini chiave Ambito disciplinare-schema interpretativo Composizione chimica Aceto Contaminanti Normativa Depurazione Evoluzione Ciclo idrologico Tempi Tonon Velocità di ricarica Rinnovabilità della risorsa Acqua-suolo Gestione Giordano Degradazione Conservazione Locale/globale Evoluzione del clima Interpretazione dei Mercalli dati Effetto serra Ricadute sull’uomo Potabile/imbottigliata Commercializzazione Bernardi Inquinamento Iniziative individuali Visione dell’acqua Privatizzazione Durin Multinazionali Iniziative collettive Energia Conflitti Integrazioni Aspetti culturali successive Grandi opere (dighe canalizzazioni) Bibite Chimico-analitica Naturalista-ecologico evolutiva Pedologo-gestionale Climatologo-antropocentrica Pragmatica Collettività Società, economia e cultura Dalle riflessioni sui testi dei relatori sono emerse discussioni e confronti all’interno del Gruppo di Ricerca, che ci hanno portate a integrare alcuni discorsi appena accennati e ad approfondire aspetti che non erano stati presi in esame. Inoltre ci è sembrato opportuno integrare gli Atti con qualche aggiornamento su eventi nel frattempo accaduti. Integrazioni e aggiornamenti che trovano spazio in una mappa concettuale generale - 163 - (figura 7), che rende evidente anche graficamente l’intrico di legami (e se ne potrebbero aggiungere altri!) e dipendenze tra temi e concetti che riguardano l’acqua: un discorso tutt’altro che lineare! L’uso della mappa per rappresentare un insieme di concetti consente di esercitare un approccio sistemico, che mette in luce le relazioni e offre l’opportunità di creare percorsi di lettura personali, via via diversi a seconda dello sguardo con cui si decide di affrontare il tema. - 164 - Figura 7 - La mappa concettuale Aspetti culturali Produzione bibite Acqua imbottigliata Multinazionali Normativa Distribuzione Depurazione Commercializzazione Grandi opere Acqua potabile Contaminanti Effetto serra Inquinamento Rinnovabilità Scarsità Ciclo idrologico Gestione Attività umane Energia Conflitti Locale/globale - 165 - Una lettura - tra le tante possibili - della mappa Il soggetto principale del nostro discorso è l’acqua potabile, che non è semplicemente H2O, ossia idrogeno e ossigeno combinati in una proporzione ben precisa. Nell’acqua che noi assumiamo e di cui abbiamo bisogno sono disciolte altre sostanze, soprattutto sali minerali, che - se in concentrazioni ‘adeguate’ - sono utili e benefiche. In certi casi però nell’acqua sono disciolte sostanze dannose alla salute: per questo le chiamiamo contaminanti, termine che si riferisce a tutte quelle specie chimiche che non dovrebbero esserci o che sono presenti in concentrazioni superiori a quelle fissate tramite una specifica normativa che mira a garantirci acqua di qualità, salubre e di buon gusto. Un altro aspetto di cui si deve tenere conto è la dinamicità della risorsa: l’acqua non è sempre la stessa, si parla di ciclo idrologico. In natura esistono dei serbatoi a ciascuno dei quali possono essere associati un certo tempo di residenza e una velocità di ricarica che determinano la rinnovabilità della risorsa. Se non si tiene conto di questi parametri o si inquinano le falde, ad esempio attraverso gli scarichi industriali o i fertilizzanti utilizzati in agricoltura, la risorsa diventa scarsa. È evidente quindi come sia determinante la gestione a livello locale ma anche globale. Anche i conflitti che hanno origine sul controllo e la gestione della risorsa limitata assumono spesso dimensione globale. La crescente difficoltà di avere a portata di mano acqua ‘buona’ e i grandi costi e le competenze che devono essere messe in campo per la depurazione dell’acqua che sia stata inquinata hanno contribuito a privatizzare e commercializzare l’acqua. Questo processo ha trovato sostenitori e oppositori: molti ritengono che trattandosi di un bene primario, indispensabile alla vita, l’acqua debba essere considerata un bene comune, un diritto per tutti… e, si sa, i diritti non si comprano! Altri ritengono che sia lecito, o addirittura opportuno che le fonti siano vendute o date in gestione a privati. Nel caso dell’acqua i privati sono soprattutto grandi imprese multinazionali, che ottengono concessioni per estrarre l’acqua da pozzi e sorgenti, la depurano - 166 - e “producono” acqua imbottigliata (o bibite), infine la distribuiscono per essere bevuta anche in luoghi molto lontani da dove è stata prelevata, mettendola in vendita in bottiglie di plastica o vetro. Per sopperire alla crescente scarsità della risorsa, alla crescente domanda (come avviene nei grandi agglomerati urbani) e talvolta all’inefficacia dei sistemi locali di raccolta, sono state costruite grandi e lunghe canalizzazioni che prelevano acqua da aree sempre più lontane (anche centinaia di chilometri). Sia le modalità di gestione degli acquedotti, sia la sottrazione di grandi masse d’acqua da un luogo a un altro sono fonti di conflitti. Sia i processi produttivi che la distribuzione (trasporti, costruzione e manutenzione delle canalizzazioni…) e lo smaltimento dei rifiuti (plastica, vetro, specie chimiche utilizzate per la depurazione…), oltre a porre problemi di inquinamento, richiedono un consumo crescente di energia. Ma per produrre più energia si costruiscono grandi dighe che alimentano le centrali idroelettriche: usiamo acqua per produrre energia ed energia per assicurarci l’acqua…. Si è accennato prima all’inquinamento provocato dalla gestione delle acque imbottigliate: di che cosa si tratta? Per la produzione delle bottiglie di plastica, per il loro trasporto e smaltimento viene utilizzato petrolio e rilasciati gas serra, cioè quei gas che sono responsabili dell’effetto serra che provocando il surriscaldamento del nostro pianeta perturba il ciclo dell’acqua amplificando tutti i problemi di cui si è scritto. La produzione di 1 Kg di PET (la plastica più usata per fare le bottiglie) richiede 2 Kg di petrolio e 17,5 Kg di acqua, e provoca il rilascio di 2,3 Kg di CO2, più composti di zolfo e azoto. Una bottiglia di plastica da 1,5 litri pesa 35 g, quindi con 1 Kg si producono 30 bottiglie: per trasportare 45 litri di acqua se ne consumano 17,5! Inoltre si consuma energia per trasportare le bottiglie (su camion, treni ecc.)… e per smaltirle: nel 2002 nei soli Stati Uniti sono stati venduti 14 miliardi di bottiglie, e il 90% è finito nelle pattumiere! Una persona che consuma 1 litro di acqua al giorno in un anno utilizza circa 240 bottiglie da 1,5 litri. - 167 - Supponendo che per il trasporto di 10.000 bottiglie, un camion consumi 25 l di gasolio ogni 100 Km e ipotizzando una percorrenza media di 1000 Km significa che per ogni bottiglia consuma 25 cm3. Se moltiplichiamo per 240 otteniamo che una persona provoca l’utilizzo di 6 litri di gasolio all’anno cui vanno aggiunti 8 Kg di petrolio necessari a produrre le bottiglie di plastica e i consumi dei camion che trasportano le bottiglie vuote dalla produzione all’imbottigliamento, quelli dei camion della nettezza urbana e ancora i consumi di benzina degli acquirenti. (Pallante, 2005) La varietà di temi e di problematiche che emergono da questa lettura della mappa (una tra le tante possibili) mettono in luce come sia coinvolgente e importante per i cittadini affrontare questi problemi e soprattutto - cogliere le relazioni tra di essi. Le scelte sulla gestione dell’acqua che vengono fatte a livello globale e istituzionale hanno conseguenze sui cittadini. Ma a loro volta i cittadini possono influire - non solo a livello locale ma in termini assai più ampi - su tutti gli aspetti prima accennati: la costruzione delle dighe, l’effetto serra, l’inquinamento, l’affidamento della fornitura dell’acqua potabile a Enti pubblici o a privati, la composizione o l’esplosione di conflitti dipendono anche dalle scelte dei consumatori, che spesso si percepiscono impotenti e isolati, e sono invece straordinariamente potenti se agiscono in modo coordinato a livello collettivo. Per questo è importante che l’educazione favorisca lo sviluppo di una cultura in grado di orientare non uno, ma milioni di persone a compiere scelte consapevoli, che portino a usare con parsimonia questo bene primario - abbondante ma limitato - a rispettarlo e a condividerlo. La crescita dei consumi dell’acqua in bottiglia sta aumentando nel mondo al ritmo del 12% all’anno. Ma in certi Paesi, come l’India, l’aumento è del 50% all’anno. In totale nel mondo i consumatori spendono circa 35 miliardi di $ all’anno per comprare acqua! - 168 - Spunti per approfondire Dall’intuizione, alla frammentazione, verso la visione sistemica e la ricomposizione… Acqua, fonte di vita, ispiratrice di poesia. La sua presenza ha reso possibile il sorgere, e poi ha accompagnato le prime forme di vita, e ancor oggi caratterizza il nostro ‘Pianeta blu’. Gaia, la nostra Terra, così come ci offre da miliardi di anni un’atmosfera respirabile, continuamente mette in circolo e trasforma, da stato solido a liquido a vapore, una quantità costante di acqua, in una straordinaria varietà di soluzioni, molte delle quali adatte alle nostre esigenze vitali.... Nell’ultimo secolo la scienza ci ha fornito - sull’acqua - più informazioni di quelle raccolte nei millenni passati: la natura dei legami che tengono insieme i tre atomi, e le molecole tra loro, e le molecole d’acqua con altre molecole; la misura della quantità di acqua presente negli oceani e negli organismi; le cause che muovono le grandi correnti oceaniche o le risalite fino alle chiome degli alberi più maestosi. Moltissime innovazioni tecnologiche si sono sviluppate per rispondere a problemi di gestione dell’acqua: per contenerla, convogliarla, trasportarla, distillarla e mescerla. Pare che il progredire delle conoscenze tecnico-scientifiche consenta di esercitare un potere molto grande su questa sostanza che - nei suoi tre stati di aggregazione - è presente in tutto il pianeta. Eppure… sembra che qualcosa sfugga, a questa potente società ‘costruita sulla conoscenza’14: ci viene trasmessa una visione parcellizzata dell’acqua. Qui c’è, là no; sta dentro un bacino; possiamo farla sgorgare da un tubo; la compriamo a litri. La troviamo pulita e la usiamo per lavare, mescolare, diluire, la incanaliamo sporca nei tubi di scarico…. Soprattutto in città l’acqua è segregata in contenitori, a tal punto che non pensiamo più che l’acqua attraversa, consente e sostiene tutti i processi vitali: il latte è fatto 14 ‘Knowledge based society’ è un termine molto usato nei più recenti documenti dell’Unione Europea. - 169 - di acqua che la mucca ha bevuto; le arance sono ricche di succo che la pianta ha tratto dal suolo; l’aria intorno agli alberi è gradevole e fresca perché l’evaporazione dell’acqua sottrae calore all’ambiente. Non solo: qualcuno persino non fa più caso al fatto che essenzialmente di acqua sono fatte le bibite, molti cosmetici, prodotti per la casa, medicinali…. Compartimentazione, separazione e frammentazione - azioni che sono compiute per ‘gestire’ l’acqua - sono anche categorie di pensiero, strumenti concettuali della scienza moderna, che ci hanno conferito straordinario potere. Ma questi modi di pensare e di agire, se usati senza consapevolezza e senza umiltà, rischiano di darci una visione distorta della realtà e di farci commettere azioni imprudenti. L’acqua è diventata un oggetto, è concepita come merce, di cui si può fare compravendita. Altri schemi interpretativi ci sono necessari, per riequilibrare il nostro sguardo complessivo: occorre tener presenti gli aspetti dinamici, i processi e le trasformazioni alle quali continuamente l’acqua va incontro; e occorre imparare a svelare le interconnessioni, le reti, le mutue dipendenze, che attraverso l’acqua realizzano i sistemi viventi. Proprio la visione sistemica che si sta sviluppando gradualmente all’interno della comunità scientifica può aiutarci, attraverso un approccio cognitivo, a ricomporre conoscenze e consapevolezze che in tempi e spazi diversi dal nostro erano e sono acquisiti attraverso l’esperienza e l’intuizione. La perdita di natura di cui patiscono le comunità urbanizzate è infatti anche una perdita di saggezza: il recupero di contatto e di condivisione con i sistemi naturali, accompagnato dall’elaborazione di nuovi modi di pensare, frutti del nostro tempo ma insieme in sintonia con saggezze antiche, può forse condurci a coniugare in modo più armonico la complessità dei nostri sistemi di pensiero e le complessità del mondo, e a suggerirci comportamenti e azioni più sostenibili. Le proposte metodologiche del capitolo precedente - con l’esemplificazione di percorsi e mappe concettuali - si possono integrare con gli spunti di - 170 - approfondimento offerti in queste pagine, che i vincoli del mezzo cartaceo impongono di presentare in sequenza, ma che ciascuno potrà riorganizzare secondo le mappe mentali che le/gli sono più congeniali. Nella tazzina di caffè di questa mattina si trovano molecole d’acqua che hanno girato per l’atmosfera della Terra migliaia e migliaia di volte. L’acqua allo stato liquido è presente sul nostro pianeta da almeno 3 miliardi di anni, continuamente in viaggio tra suolo, mare, aria. Alimentato dal sole, questo ciclo perenne ci dà un’illusione di abbondanza: l’acqua dolce sembra illimitata perché cade dal cielo anno dopo anno. (Postel, 2004). ACQUA E… ABBONDANZA E SCARSITÀ Sono forniti qui di seguito alcuni dati aggiornati (tratti da Clarke & King, 2004) sulla quantità totale di acqua a disposizione, sulla distribuzione in relazione alle attività preminenti; sulle differenze nell’uso pro-capite legate a situazioni ambientali e/o a stili di vita; sulla riduzione di disponibilità e le sue cause. Crescente consumo di acqua 6000 Km cubi 5000 4000 consumo pro capite annuo per uso domestico 3000 consumo totale annuo 2000 1000 0 1950 2000 2025 L’acqua viene ‘restituita’ dopo l’uso, ma in parte è stata prelevata dalle falde con un ritmo superiore a quello di ricarica, in parte è stata così inquinata da non essere più utile per il consumo umano. Ritmi di prelievo eccessivi, e degrado della qualità sono tra le cause principali di - 171 - insostenibilità nell’uso di questa risorsa. Consumo mondiale di acqua (2000) 10% agricoltura 21% industria domestico 69% Nel mondo si consuma una grande quantità di acqua per uso agricolo, che si potrebbe ridurre con sistemi più efficienti di irrigazione, e coltivando cibi che richiedono meno acqua. Le attività industriali (21%) sono diversamente distribuite: 59% nei Paesi industrializzati e 10% nei Paesi del Sud del mondo e inquinano molto, soprattutto nei pressi delle città. I bisogni delle città potrebbero essere molto più bassi: si stima che attualmente le perdite dovute a difetti e guasti vadano dal 3 al 70%. IRRIGAZIONE Attualmente il 17% di terre sono irrigate, e producono più di 1/3 della produzione agricola. Tra gli anni ’60 e ’99 la percentuale di terre irrigate è aumentato in tutto il mondo: dal 140% al 260% a seconda delle regioni. Ma negli ultimi anni questo ritmo si è molto ridotto: cominciano a scarseggiare le terre e la disponibilità di acqua, e i costi sono elevatissimi. Molti terreni (circa il 30%) - non adeguatamente drenati - si sono arricchiti di sali e hanno perso fertilità. - 172 - Consumi per uso domestico di un paese industrializzato 35% pulire 30% cucinare e bere lavare la biancheria bagni e docce 5% 20% scarico toilette 10% ACQUA E… LE SUE CURIOSE PROPRIETÀ Paul Caro, chimico, membro dell’Accademia delle Scienze francese, ha scritto alcuni anni fa un agile e breve libro dal titolo ‘A proposito dell’acqua’ (1995). Ogni capitolo (brevemente sintetizzato nel riquadro che segue) illustra un aspetto diverso dell’acqua, e conduce il lettore ad apprezzare sia le sue straordinarie proprietà, messe in luce dalle diverse scienze, sia alcuni suoi comportamenti misteriosi, che ancor oggi gli studiosi non riescono a chiarire. L’acqua legale: la qualità dell’acqua viene definita in senso negativo, specificando dei limiti alla presenza di sostanze estranee (caratteri organolettici, sostanze indesiderabili, sostanze tossiche, presenza di microrganismi…), e si trascura il fatto che l’acqua ‘pura’ è ben difficile da trovare in natura, ed è sgradevole al gusto, e fisiologicamente poco adatta. La legge è più tollerante con i viventi che con le sostanze chimiche: (a proposito delle concentrazioni: 1 parte per miliardo vuol dire 1 indiano in India…). L’acqua meccanica: la proprietà più visibile dell’acqua è la sua attitudine a colare, sfuggire, scivolare… l’acqua ha fornito il modello di base per costruire la dinamica dei fluidi. Le particelle che costituiscono il fluido ‘sfregano’ le une contro le altre, determinandone la viscosità. Con uno sforzo di immaginazione si può poi pensare che - al contatto con l’aria - l’acqua abbia come una ‘buccia’, una pelle: se la si vuole rompere bisogna sviluppare una certa forza, la tensione superficiale. - 173 - È questa forza che rende tonde le gocce, e che aiuta l’acqua ad arrampicarsi lungo i tubi sottili, per ‘capillarità’. Ma l’aspetto più straordinario di tutti è che l’acqua si comporta in un modo che è stato addirittura definito ‘anormale’: le sue caratteristiche meccaniche infatti (densità, compressibilità, viscosità) cambiano in modo non lineare al variare della temperatura. Con conseguenze importanti per la vita: se il ghiaccio andasse a fondo, la vita acquatica potrebbe esistere nelle regioni fredde? La molecola isolata…: due atomi di idrogeno (H) e un atomo di ossigeno (O), e si può rappresentare in vari e semplici modi… ma è davvero così, la molecola di acqua? Le misure sono precise, e dicono che è una molecola simmetrica, a forma di compasso, con un angolo di 104,52°… ma al tempo stesso gli studiosi ci dicono che gli atomi si muovono e assumono continuamente nuove configurazioni elettroniche. L’Autore propone una analogia: pensate che una molecola d’acqua egli dice - abiti in una casa: se la si lascia tranquilla resta al pianterreno, ma se viene perturbata salta ai piani superiori, si affaccia alle finestre… poi può ridiscendere dalle scale (perdendo energia in forma di calore) oppure saltare giù d’un balzo (ed è la luminescenza). È l’esistenza di atomi e molecole, e dei loro diversi stati di eccitazione, a rendere possibile comunicazione e scambi. Senza questi salti il mondo sarebbe un insieme inerte di ‘pezzetti’ senza colore. …e la sua vita collettiva. Pensate a una farfalla, che svolazza libera nell’aria. Poi tante farfalle, che si avvicinano tra loro… per poter stare vicine senza disturbarsi ciascuna modifica un po’ il ritmo e l’ampiezza del suo battito. Le molecole d’acqua insieme possono assumere varie configurazioni, particolarmente visibili quando il loro movimento rallenta, fino a formare… fiocchi di neve: cristalli di ghiaccio di straordinaria diversità. L’acqua e gli altri. L’acqua liquida reale, quella che noi conosciamo, che raccogliamo con le mani da un ruscello o che intrappoliamo in un bicchiere, è una società di molecole tra le quali c’è sempre qualcun altro: sali, proteine, metalli, piccoli organismi, particelle di argilla. E a seconda di dove l’acqua scorre, della temperatura, della qualità e quantità di ospiti presenti, l’acqua presenta proprietà diverse: può essere aggressiva, pesante, torbida… fonte di vita o rischio mortale. Sempre di più il suo modo di essere dipende dal comportamento umano, dalle sostanze che vengono inventate, lavate, bevute, usate, buttate… - 174 - ACQUA E… PUREZZA E INQUINAMENTO L’acqua dunque, come dice Caro, si presenta per lo più come una ‘società di molecole’. L’acqua distillata nei processi di evaporazione, e trasformata in vapor acqueo, ben presto si arricchisce di altre molecole, frammenti, piccolissimi viventi. L’acqua in natura è sempre accompagnata da una certa concentrazione di sali: modesta nei corsi d’acqua e nei laghi, più elevata nelle zone salmastre, nei mari, e all’interno degli organismi. Per gli esseri umani che ne fanno uso, non è salutare né l’acqua troppo ‘leggera’ (pur presentata con vanto in certe immagini pubblicitarie) né l’acqua accompagnata da ospiti troppo abbondanti, o con caratteristiche capaci di interferire con i normali processi metabolici, come i metalli pesanti o certi microrganismi. Le cause di inquinamento delle acque sono molteplici, così come i meccanismi di azione e le conseguenze che provocano sulla salute - sia umana che di altri viventi. Ampia è anche la gamma dei tempi necessari per il manifestarsi degli effetti: dalle poche ore necessarie alle infezioni batteriche per provocare disturbi intestinali, fino ai giorni entro i quali si manifestano i danni di un rilascio di petrolio sulla microflora delle coste marine, fino agli anni richiesti dall’accumulo lungo la catena alimentare di sostanze tossiche come certi pesticidi e alcuni metalli (quali il mercurio, l’arsenico). Chi inquina l’acqua? Individualmente, ciascuno di noi, in misura più o meno elevata: talvolta consapevolmente, talvolta senza neppure saperlo. In un condominio, in inverno, se molte persone contemporaneamente assumono farmaci antibiotici per combattere anche una semplice influenza, l’acqua di scarico dei WC contiene ancora dosi così alte di tali sostanze da uccidere i batteri di un impianto di depurazione! E se si abbonda nell’uso di detersivi per la casa e per la biancheria, buona parte di quei composti finisce nelle acque reflue, contribuendo ad alimentare processi di eutrofizzazione. I livelli più alti di inquinamento sono causati da attività agricole e - 175 - industriali su larga scala. Ecco alcuni esempi (Clarke & King, 2004): L’uso di fosfati e nitrati in agricoltura ha prodotto concentrazioni altissime in molte aree, con danni agli ecosistemi lacustri e livelli tossici nelle acque di falda. Le deiezioni degli animali negli allevamenti intensivi spesso finiscono nelle falde, rendendo l’acqua non più potabile. Certe sostanze, come il DDT, che sono state usate a lungo, anche se ora sono bandite, risultano molto persistenti, e si ritrovano per decenni nelle falde. L’emissione di inquinanti da parte delle industrie comprende molte categorie di sostanze, tra cui i metalli pesanti (cadmio, mercurio) tossici per i viventi, e i POPs, composti organici molto persistenti che si concentrano nelle catene alimentari e percorrono grandi distanze senza decomporsi. Negli USA il 60% di sostanze liquide pericolose vengono iniettate nel terreno, e se ne trovano tracce in molti acquiferi. In 22 delle principali aree industriali dell’India l’acqua di falda è risultata inadatta ad essere bevuta. Nel fiume Yantze in Cina vengono scaricati ogni giorno 40 milioni di tonnellate di rifiuti industriali. Il ‘caso’ del Golfo del Messico Si tratta di una grande distesa di acqua compresa tra la costa orientale e meridionale degli Stati Uniti (dalla Florida al Texas) e il territorio del Messico fino allo Yucatán. Molti fiumi sboccano in questo ampio Golfo, tra cui il Mississippi, e qui si riversano le acque che scorrono lungo gli Stati Uniti dalle Montagne Rocciose ai Monti Appalachiani. Buona parte delle acque del Golfo del Messico viene definita ‘zona morta’: si tratta di una superficie di più di 15.000 Km2 dal delta del Mississippi fino al Texas. Oltre alle fonti locali di inquinamento (perdite da parte delle petroliere, scarichi fognari delle grandi città) gravi danni sono dovuti alle fioriture algali conseguenti all’immissione di eccessi di fertilizzanti (nitrati e fosfati) da parte dell’agricoltura intensiva dei territori circostanti. Lo sviluppo eccessivo di alghe è seguito dalla morte e successiva decomposizione delle stesse, e consuma l’ossigeno presente nell’acqua rendendo l’ambiente per lungo tempo invivibile ad altri organismi. ACQUA E… ENERGIA Si tratta davvero di una relazione molto stretta: quando si affrontano - 176 - problemi relativi all’acqua, è opportuno aver presente che spesso questi implicano - anche se non viene detto esplicitamente - dei consumi15 di energia… e viceversa! L’acqua - grazie all’energia di cui è dotata - modella continuamente la superficie terrestre, erodendo le montagne e scavando i letti dei fiumi. L’umanità da millenni cerca di catturare quell’energia, racchiudendo l’acqua in grandi bacini e imbrigliandola in condotte. Come hanno documentato alcuni Autori (Nilsson et al, 2005) una visione generale degli impatti causati dalla costruzione di grandi dighe sui grandi sistemi fluviali mostra che più di metà (172 su 292) sono alterati dalla presenza di sbarramenti. Dei dieci bacini più estesi, 6 si trovano in Asia, 2 in Sud America, 1 in Africa, 1 in America Settentrionale e Centrale. Complessivamente le aree allagate toccano almeno in parte tutti i grandi biomi terrestri; e interferiscono in prevalenza con foreste, pascoli e savane. Nei fiumi le cui acque scorrono liberamente la biodiversità è salvaguardata dalla efficace e continua dispersione degli organismi a monte e a valle. I fiumi frammentati, e in cui la portata dell’acqua è regolamentata secondo le esigenze umane, costituiscono ambienti a rischio per la varietà dei viventi. Ma se l’acqua può, spontaneamente o sotto il controllo dell’uomo, liberare grandi quantità di energia, è anche vero che in altre situazioni viene consumata nei processi di produzione di energia o di materia: occorre una grande quantità di acqua nei processi di estrazione dai pozzi petroliferi, e nei sistemi di raffreddamento delle centrali termoelettriche. Le centrali termoelettriche usano acqua per evaporazione. Per estrarre carbone dalle miniere occorre acqua. Nelle centrali idroelettriche l’acqua evapora dai bacini. Nelle centrali nucleari si usa acqua per raffreddare. 15 Nelle pagine che seguono con le espressioni consumo di energia o consumo di acqua intendiamo dire che, utilizzando tali risorse in certi processi e con determinate tecnologie, esse cambiano rispetto alla forma originaria o come tipo e contenuto di energia o, per quanto riguarda l’acqua, a livello chimico-fisico e a volte risultano inutilizzabili per altri scopi. - 177 - Il problema energetico non può essere trattato separatamente dal problema dell’acqua. In USA, per ogni KWh di elettricità fornita vengono consumati 8 litri di acqua. Occorre acqua anche per produrre materiali e oggetti di uso quotidiano: 10 litri per produrre un Kg di benzina, 95 per un Kg di acciaio e addirittura 124 per ottenere un Kg di carta! E occorre acqua, come abbiamo visto, per produrre le bottiglie di plastica per contenere l’acqua da bere…. D’altra parte gli stadi di pompaggio, trattamento e distribuzione dell’acqua richiedono energia. Per esempio in California uno dei maggiori consumi energetici dello Stato è dovuto proprio alla distribuzione dell’acqua potabile: in media, pescare circa 1,2 metri cubi di acqua dall’acquedotto del fiume Colorado e portarla fino alle regioni meridionali dello Stato richiede circa 2.000 KWh. ACQUA E… CIBO L’acqua per coltivare cibo Come mai i consumi di acqua pro-capite tendono ad aumentare? Non tanto perché ciascuno beva di più… quanto perché molti degli agi legati al nostro stile di vita implicano dei consumi - e talvolta degli sprechi - di acqua, sia evidenti (per lavarsi, per esempio, o per innaffiare i prati), sia nascosti: consumare più energia (utilizzata nei trasporti, o nella produzione di oggetti) vuol dire - come abbiamo visto - consumare più acqua. Molta dell’acqua che viene consumata è legata alla produzione di cibo: l’agricoltura irrigua è enormemente aumentata negli ultimi decenni, e spesso viene praticata con tecniche molto dispersive. - 178 - Inoltre il tipo di alimentazione che scegliamo può richiedere quantità molto diverse di acqua: una dieta prevalentemente vegetariana consente di risparmiare molta acqua, come si può dedurre a partire da questo istogramma. l di acqua necessari Quant'acqua è necessaria per produrre alcuni cibi? 16000 14000 12000 10000 8000 6000 4000 2000 0 patate frumento riso carne di pollo carne bovina per ottenere 1 Kg di... Noi integriamo il nostro fabbisogno di acqua non solo bevendo, ma anche nutrendoci di cibi ricchi di acqua, come agrumi, frutta, pomodori, insalata ecc. Sotto questo aspetto possiamo interpretare alcuni scambi commerciali come … sconcertanti: i pompelmi israeliani, o i pomodori spagnoli che troviamo sui banchi dei nostri mercati rappresentano sostanzialmente delle esportazioni di acqua, da Paesi in cui le risorse idriche sono scarse! Acqua consumata per ottenere proteine e calorie 7000 5000 litri consumati per avere 500 calorie litri consumati per avere 10 g di proteine 4000 3000 2000 1000 ris o uo va ca la rn tt e di e p ca rn ollo ca e su rn i e na bo vi na ta ar te ac hi d ci i po lle m ai s fa gi fru oli m en to 0 pa litri di acqua 6000 - 179 - Allevamenti intensivi e inquinamento delle acque Secondo Halweil & Nirenberg (2004) la produzione animale industrializzata costituisce una delle attività umane ecologicamente più distruttive e discutibili sotto il profilo della salute. La produzione di carne è aumentata di oltre 5 volte dal 1950, e l’allevamento intensivo è responsabile di una elevata percentuale di questo incremento. Oltre alla richiesta di acqua diretta (per bere) e indiretta (per coltivare cereali e legumi per l’alimentazione degli animali) gli allevamenti intensivi interferiscono con l’acqua di fiumi, riserve sotterranee, tratti di mare in cui vengono scaricati gli effluenti. Mentre le deiezioni degli animali allevati con sistemi tradizionali di pascolo - se prodotte in quantità limitate - sono sempre state considerate preziose e usate per arricchire la fertilità dei suoli, i prodotti di rifiuto di migliaia di animali trattenuti in luoghi chiusi diventano un rifiuto tossico, sia per l’elevata concentrazione di alcune sostanze (come i nitrati), sia per la presenza di medicinali non metabolizzati: nei soli Stati Uniti gli animali di allevamento assumono una quantità di antibiotici 8 volte superiore a quella assunta dalle persone. Sono noti gli inquinamenti di acque superficiali e profonde causati dalla fuoriuscita dei liquami di allevamenti di maiali, che vengono conservati in alcune enormi ‘lagune’ di contenimento, soprattutto negli Stati Uniti. Acqua per ‘ospitare’ cibo Una parte consistente del cibo di cui si nutre l’umanità è rappresentato da organismi acquatici: molluschi, crostacei, pesci, che vivono liberi o che sono allevati in apposite vasche o reti. La pesca ha dato straordinarie opportunità di vita a tantissime popolazioni, che per millenni hanno utilizzato questa risorsa sviluppando civiltà e culture raffinate. Ma l’aumento dell’attività di pesca, soprattutto quella praticata con potenti mezzi tecnologici e con tecniche particolarmente distruttive (come la pesca a strascico), ha ridotto drammaticamente la disponibilità di questo alimento. - 180 - Una parziale risposta a questa situazione è stata un incremento degli allevamenti intensivi: sia di pesci (per esempio trote e salmoni) sia di crostacei. In particolare negli ultimi 20 anni si è assistito a un enorme proliferare di impianti per l’acquacoltura di gamberi: vasche di varie dimensioni sono state scavate lungo le coste di tutta la fascia intertropicale del pianeta, nelle aree coperte di vegetazione a mangrovie, dove il clima caldo e umido facilita il rapido sviluppo dei crostacei e la disponibilità di acqua salata dal mare e di acqua dolce dalle falde circostanti rende agevole il frequente ricambio di acqua nelle vasche, necessario per evitare malattie e intossicazioni agli animali, densamente stipati in questi spazi ristretti. Come avviene negli allevamenti intensivi sulla terraferma, anche nelle vasche di acquacoltura si verificano tutti gli inconvenienti legati alla eccessiva densità: da un lato sofferenze per gli animali, facilità a contrarre malattie, necessità di assumere grandi quantità di medicine; dall’altra una elevata concentrazione di cibo che affluisce agli allevamenti (con tutto ciò che comporta in termini di trasporti, consumo di carburante ecc.) e dei reflui che vengono eliminati dalle vasche: acque di scarico ricche di sostanze che danneggiano, spesso in modo irreversibile, gli ecosistemi circostanti. Gli allevamenti intensivi di pesci e di crostacei hanno suscitato grandi controversie, e in molti luoghi si sono verificate e continuano a manifestarsi conflitti tra le popolazioni locali e i proprietari degli impianti. Si accennerà più avanti ad alcuni casi. Recentissima è l’ipotesi di provvedere - nei prossimi anni - all’avvio di allevamenti di pesci su larga scala negli oceani. Su un’autorevole rivista scientifica, Nature, si legge che “l’acquacoltura è interamente responsabile dell’aumento di pescato negli ultimi 18 anni. Abbiamo già accettato la domesticazione della terraferma: è tempo di accettare che lo stesso processo avvenga per gli oceani” (Marra, 2005). Che cosa può implicare una simile iniziativa, in termini di alterazione di ecosistemi? - 181 - ACQUA E… CONFLITTI La gestione dell’acqua: tra cooperazione e scontri Il nostro linguaggio riflette radici antiche: “rivalità deriva dalla parola latina ‘rivale’ cioè colui che usa lo stesso fiume di un altro” (Wolf et al, 2005). Gestire l’acqua significa - per definizione gestire il pubblicazione conflitto. sullo Nella più recente ‘Stato del mondo’ pubblicata dal Worldwatch Institute (2005) un capitolo è stato dedicato proprio ai conflitti sull’acqua e agli sforzi di gestione cooperativa (Wolf et al, 2005): “Chiunque tenti di gestire conflitti legati all’acqua deve tener presente che non si tratta semplicemente di una delle tante variabili ambientali: l’acqua è considerata come un problema di sicurezza, un dono di natura, o un punto focale della società locale. Le dispute intorno all’acqua dunque sono più che ‘semplici’ scontri su una certa quantità di risorsa: sono controversie su atteggiamenti, significati, contesti in conflitto tra loro”. Nella storia dell’umanità sono state documentate di più le guerre per l’acqua che non gli accordi pacifici che pure hanno consentito a tante popolazioni di vivere in pace condividendo questo bene prezioso. Chi fosse interessato a ripercorrere la cronologia dei conflitti violenti sull’acqua può consultare un documento on-line curato da Peter Gleik (2004) che spazia dal 3000 a.C. al 2004. Ma in questi ultimi anni - a cavallo tra un millennio e l’altro - qualcosa di sostanziale è cambiato. Fino a pochi decenni fa le prospettive per il futuro erano ottimistiche, e si pensava di poter davvero conseguire gli obiettivi dichiarati con l’avvio del primo ‘Decennio dell’Acqua’ (dal 1980 al 1989), promosso dall’Organizzazione Mondiale della Sanità: fornire 540 litri di acqua al giorno ad ogni cittadino del mondo a non più di 200 metri da casa. Il nuovo Decennio internazionale dell’acqua «Water for Life 2005-2015», - 182 - deciso dall’assemblea generale dell’ONU e inaugurato nel marzo scorso, identifica come problema principale non più gli errori e inadempienze nella distribuzione, ma la disponibilità stessa. Gli scopi sono assai più limitati: ridurre a metà - entro il 2015 - il numero di persone che non hanno accesso all’acqua potabile, e fermare lo sfruttamento insostenibile delle risorse idriche. Dunque, insieme alla scarsità globale un altro ostacolo si frappone al conseguimento degli obiettivi: la diversa mentalità con cui intere popolazioni si pongono nei confronti dell’acqua: una risorsa da utilizzare, sfruttare e commercializzare, per alcuni, un diritto inalienabile per altri. Più di un miliardo di persone vive senza accesso diretto all’acqua potabile. Al tempo stesso, il mondo spende per l’acqua in bottiglia più di quanto sarebbe necessario per soddisfare il 100% dei bisogni umani sull’acqua. - P. Gleik Le ipotesi più ottimiste parlano di 2 miliardi di persone in 48 Paesi che nel 2050 soffriranno per penuria d’acqua, quelle più pessimiste di 7 miliardi di uomini e donne con difficoltà di accesso all’acqua. Quello che è certo è che oggi un miliardo e mezzo di persone non beve acqua potabile; per questo ci sono ogni giorno 6000 morti per malattie intestinali e ogni anno 2.200.000 persone vengono uccise da patologie legate alle acque inquinate. Gestione pubblica o privata dell’acqua? Un conflitto tra sistemi di valori L’acqua può essere di qualcuno? Di fronte a un tale scenario diventa fondamentale porsi domande sulla gestione e sulla conservazione e distribuzione di una risorsa che si va riducendo. Sono le domande che si pone Vandana Shiva nel suo libro “Le guerre dell’acqua” (2003): a chi appartiene l’acqua? è proprietà privata o bene pubblico? quali diritti hanno le persone? quali gli stati? quali diritti hanno le imprese commerciali? L’Autrice indiana mette in evidenza come la crisi planetaria dell’acqua è oggi peggiorata in seguito all’affermarsi - 183 - dell’economia globalizzata, che ha trasformato l’acqua da bene pubblico in proprietà privata, facendone una merce che si può estrarre e commerciare liberamente. L’autrice è convinta che debba rimanere un bene pubblico in quanto con la globalizzazione e la privatizzazione delle risorse idriche si rafforza la tendenza a erodere i diritti dei popoli e sostituire la proprietà collettiva con il controllo delle grandi aziende. “Il fatto che al di là dello stato e del mercato esistano comunità di persone in carne e ossa con bisogni concreti è qualcosa che nella corsa alla privatizzazione viene spesso dimenticata”. Rapidi cambiamenti dello scenario globale Fin dalla metà del XIX secolo i comuni avevano acquisito la possibilità di delegare a terzi la gestione dei servizi di acqua. Ma solo dopo la seconda guerra mondiale, con l’esplosione della domanda di infrastrutture (causata dall’aumento della popolazione - soprattutto urbana, e dai processi di industrializzazione) si assiste alla crescita folgorante delle “tre sorelle” (vedi riquadro). L’acqua era considerata una risorsa di facile estrazione e quasi inesauribile e nessuno ancora si preoccupava di inquinamento e tutela dell’ambiente. Inoltre molti enti pubblici erano male amministrati e indebitati. Quando la percentuale dei cittadini che fruivano della fornitura pubblica era scesa al 31,6% i privati si sono lanciati nella breccia favoriti dal loro livello di know-how tecnico e di gestione. La Francia (superata solo dal Cile, dall’Inghilterra e dal Galles) si presenta come un pioniere della compartecipazione privato-pubblico: attualmente otto francesi su dieci (9 su 10 nelle città) sono serviti da un operatore privato. Tre delle quattro imprese leader dell’acqua sono francesi: 1) Veolia, ex Vivendi, che ha avuto origine dalla Generale des Eaux (nata nel 1853) - è al 2° posto mondiale (110 milioni di clienti) e leader in Francia (26 milioni per erogazione e 19 milioni per depurazione), nel 2003 ha fatturato 11 miliardi di € pari al 30% della Veolia Environment che conta 309.000 dipendenti in 80 paesi; 2) Ondeo, filiale della Suez Lyonnaise (1880) - è il n° 1 mondiale per popolazione servita, 125 milioni; 3) Saur, proprietà del gruppo Bouygues (Btp) fino al novembre 2004 - 184 - quando ha venduto l’85% al fondo investimenti Paribas Affaires Industrielles (Pai) serve 29 milioni di abitanti nel mondo, 6 milioni in Francia. Attualmente le “tre sorelle” controllano il 40% del mercato mondiale dell’acqua gestito da privati in più di 100 paesi. L’unica rivale è la Rwe (Germania) con la sua filiale britannica (Thames Water). Sono penetrate anche in USA con l’acquisizione della leader nazionale (American Water Works). (Laimé, 2005) Per un governo pubblico dell’acqua Nel 1998 si sono incontrate a Lisbona (Valencia) Spagna persone provenienti da diversi continenti, preoccupate del fatto che un 1 miliardo e 400 milioni di persone del pianeta non hanno accesso all’acqua potabile. In tale occasione un Comitato internazionale per il Contratto Mondiale sull’Acqua, presieduto da Mario Soares e coordinato da Riccardo Petrella, ha redatto un Manifesto, successivamente ripreso da vari Comitati nazionali, che affermava la convinzione che l’acqua sia un diritto umano inalienabile e avviava numerose iniziative a livello internazionale e locale. Una versione aggiornata del Manifesto italiano “per un governo pubblico dell’acqua” (Allegato 4) afferma che spetta ai cittadini prendere le decisioni riguardanti questo tema. L’acqua è l’affare dei cittadini: creare le condizioni necessarie per assicurare l’accesso all’acqua, effettivo e sostenibile, è un problema che concerne tutti i membri della società. È anche un tema inter-generazionale: è compito infatti delle generazioni attuali di usare, valorizzare, proteggere e conservare le risorse d’acqua in modo tale che le generazioni future possano godere della stessa libertà di azione e di scelta che per noi stessi oggi auspichiamo. I cittadini devono essere al centro del processo decisionale. La gestione dell’acqua integrata e sostenibile appartiene alla sfera della democrazia. Non è l’affare delle competenze e del know-how dei tecnici, degli ingegneri, dei banchieri. Gli utenti possono e devono giocare un ruolo chiave mediante scelte e modi di vita più ragionevoli, equi e responsabili necessari per assicurare la sostenibilità ambientale, economica e sociale. A queste questioni hanno cercato delle risposte i rappresentanti di 187 ONG, politici, economisti e attivisti di 60 Paesi riunitisi a marzo a Ginevra per FAME 2005, II Forum Alternativo Mondiale dell’acqua. Come riferisce Fazio (2005), “l’obiettivo dichiarato di FAME 2005 era definire azioni politiche concrete per la trasformazione delle istituzioni e delle - 185 - politiche pubbliche che permettano l’accesso all’acqua potabile per tutti gli esseri viventi e una gestione democratica, solidale e sostenibile dell’acqua; coinvolgere le istituzioni e la politica per riscrivere un principio irrinunciabile: un governo pubblico mondiale dell’acqua basato su 4 principi fondatori: 1. accesso all’acqua come diritto umano fondamentale 2. acqua come bene comune dell’umanità non acquistabile 3. gestione democratica delle risorse idriche 4. necessità di un finanziamento collettivo dell’acqua.” Le grandi dighe: trionfo della tecnologia o dramma globale? La distribuzione geografica: dal Nord al Sud del mondo… Teresa Isenburg, docente di Geografia all’Università Statale di Firenze (AA.VV., 2002) sottolinea che la maggior parte dei fiumi del mondo non ha più un corso naturale, ma artificiale, di cui è molto difficile prevedere l’andamento dal punto di vista delle portate, dei movimenti delle correnti, del trasporto di materiale solido e delle erosioni. Negli ultimi trent’anni vi è stato uno spostamento geografico della localizzazione delle grandi dighe. Infatti dalla fine dell’800 fino alla metà del ’900, da quando gli invasi artificiali hanno cominciato ad essere utilizzati oltre che per l’irrigazione per la produzione di energia idroelettrica, le dighe più vaste si sono collocate nei paesi industrializzati: Europa, Stati Uniti d’America, Canada e Unione Sovietica soprattutto. Invece a partire dagli anni ’60 del XX secolo e in particolare dopo il 1970, esse si sono diffuse nei paesi del Terzo Mondo: Asia, Africa e America Latina hanno visto moltiplicarsi laghi artificiali di grande capienza, bloccati da dighe di altezza e lunghezza prima sconosciute. Frammentazione e controllo dei grandi ecosistemi fluviali In un recente articolo pubblicato su Science un gruppo di ricercatori (Nilsson et al, 2005) ha fornito alcuni dati generali sulla situazione delle grandi dighe nel mondo, sottolineando come siano ancora scarse le ricerche - 186 - sull’impatto ambientale globale conseguente a questo tipo di attività umane, che è tra quelli di maggiore influsso sui sistemi naturali. Più di metà dei grandi fiumi del mondo sono frammentati e le loro acque controllate da grandi dighe. Tutti i fiumi più grandi e i più diversi dal punto di vista biologico e geografico, sono stati alterati. L’impatto sui sistemi ecologici è altissimo nelle regioni di foresta temperata e savana, più limitato nelle tundre e nelle foreste a conifere. Una rassegna generale degli impatti causati dalle dighe sui grandi sistemi fluviali mostra che più di metà (172 su 292) sono significativamente alterati. Le aree relative ai bacini idrografici di questi fiumi sono sottoposte a più intense pratiche irrigue e ad attività economiche fino a 25 volte superiori rispetto a quelle delle aree non alterate da sbarramenti. Dai dati forniti dagli Autori risulta che attualmente vi sono più di 45.000 dighe di altezza superiore a 15 metri, che complessivamente possono contenere più di 6.500 Km3 di acqua - pari al 15% dell’acqua dolce che circola nel mondo annualmente. Più di 300 dighe sono considerate giganti: la loro altezza supera 150 metri e i loro bacini contengono più di 25 km3 di acqua. La più grande - e anche la più recente - è la diga Three Gorges sul fiume Yangtze in Cina: 181 metri di altezza e una capacità superiore a 39 km3. I risultati pubblicati in questo studio potranno offrire informazioni preziose per la valutazione dell’impatto dei cambiamenti climatici sugli ecosistemi fluviali nelle diverse aree del mondo. Quali conseguenze alla costruzione delle grandi dighe? La costruzione delle grandi dighe è stata sempre accompagnata da grandi migrazioni: le comunità che risiedevano nelle aree destinate ad essere allagate hanno perduto le loro case e le terre in cui vivevano e sono state costrette a spostarsi altrove. Questi spostamenti sono stati sempre più drammatici con il crescere delle dimensioni delle dighe e dei relativi invasi e sono stati accompagnati da crescenti movimenti di protesta, che hanno viste coinvolte sia le popolazioni interessate sia gruppi e associazioni - 187 - internazionali. Presentiamo nelle pagine che seguono brevi stralci da documenti che illustrano alcuni aspetti del problema: in particolare gli impatti sociali. Grandi dighe, diritti dei popoli e dell’ambiente (Cori et al, 1998) La fase di pianificazione di una diga è legata a considerazioni politiche, economiche e culturali. Gli elementi principali sono: la scelta da parte dei governi di un modello di sviluppo basato sulla presenza di fonti energetiche concentrate, che in genere implica l’esistenza di poli industriali, le scelte delle agenzie di finanziamento, che influiscono sulle scelte dei paesi e ne determinano il futuro assetto economico, e la presenza dei potenti interessi politici ed economici delle imprese costruttrici di dighe, che contribuiscono ad evitare di prendere in considerazione possibili modelli alternativi. Le violazioni che intervengono in questa fase sono conseguenza del mancato riconoscimento dei diritti delle comunità locali ed indigene, in particolare del diritto di decidere quali progetti vogliono sviluppare sul territorio. Alla radice vi è il diritto fondamentale ad essere considerate soggetti politici e quindi ad agire in maniera conseguente. Cambiare punto di vista… È stato pubblicato di recente (Scudder, 2005) un libro in cui l’Autore pone alcune domande di carattere generale: “quante grandi dighe vogliamo davvero?” “conviene continuare così, per soddisfare esigenze di acqua e di energia da parte di popolazioni che vivono ormai al di sopra delle capacità di carico dei loro ambienti, oppure dismetterle gradualmente, a fronte del grave e irreversibile degrado che causano sugli ecosistemi che sostengono la vita?” Scudder è un antropologo che ha fatto parte della ‘Commissione Mondiale sulle dighe’, quindi parla con grande cognizione di causa. E la sua posizione è radicalmente cambiata nel tempo: da un deciso sostegno a queste grandi opere, all’opposizione nata dall’aver preso coscienza delle terribili condizioni in cui si trova la maggior parte delle popolazioni che sono state costrette a spostarsi. Centinaia di milioni di persone hanno dovuto allontanarsi dai loro luoghi di nascita: questi esodi hanno coinvolto anche le aree di destinazione, spesso non in grado di accoglierle. Inoltre la costruzione di ogni diga ha portato a cambiamenti importanti dei modi di vivere, di alimentarsi, di lavorare delle popolazioni a valle degli sbarramenti. Scudder mette in evidenza come popolazioni abituate da generazioni a vivere lungo un fiume che scorre libero possano soffrire per la scarsità di acqua e di cibo dopo essere stati costretti a spostarsi. Sottolinea come la perdita dei luoghi di culto, o in cui sono sepolti gli antenati, possa rappresentare un dramma per molte società, che erano radicate da millenni al loro territorio. Un altro elemento di sofferenza è la perdita di autorità da parte dei leader o degli anziani - quindi la perdita di unità sociale - in seguito al trasferimento forzato. L’Autore presenta in questo libro dei dati relativi alla situazione di persone i cui genitori sono stati costretti a migrare a causa dell’allagamento dei loro luoghi di residenza: è stata esaminata la situazione di quasi 1 milione e mezzo di persone, sfollate in seguito alla costruzione di 50 grandi dighe in aree geografiche diverse. Il loro tenore di vita risulta migliorato nel 7% e peggiorato nel 70% dei casi. - 188 - Un caso emblematico: la diga di Narmada Tra le trenta grandi dighe progettate sul fiume Narmada, quella di Sardar Samovar è la più grande, ed al centro della controversia che vede confrontarsi i progettisti e il governo indiano da una parte e l’opposizione, il ‘Narmada Bachao Andolan’, dall’altra (www.narmada.org). Il governo afferma che il grande progetto consentirà di irrigare più di 1,8 milioni di ettari (la maggior parte in Gujarat, alcuni in Rajasthan), gli oppositori obiettano che i benefici previsti sono esagerati rispetto alla realtà e che nel frattempo più di 320.000 persone saranno costrette ad abbandonare le loro case e terre. Complessivamente, a progetto concluso si prevede che più di un milione di persone subirà danni a causa di queste grandi opere. L’espropriazione delle comunità locali. Le popolazioni si sono organizzate per far sentire la loro voce e dalla metà degli anni ’80 alternano momenti di vittoria, come quando la campagna per salvare il Narmada (Narmada Bachao Andolan, NBA) costringe la Banca Mondiale ad uscire dal progetto, e momenti drammatici in occasione delle ricorrenti satyagraha (resistenza pacifica) in cui la popolazione rifiuta di muoversi anche a costo di farsi sommergere dalle acque; e poi battaglie legali, ricorsi, sentenze della Corte Suprema (Forti, 2003). Ogni volta che la diga si alza si allarga l’area di lago artificiale e aumenta il numero di villaggi che andrà sott’acqua. Gran parte dell’area sommersa è in Madhya Pradesh, dove il governo dice che non ha terra da dare agli sfollati. Secondo l’NBA il risarcimento deve essere “terra per terra” e non in denaro. La resistenza ha fatto emergere la questione del diritto alla terra di migliaia di ‘tribali’ (popolazioni indigene dell’India) che - insieme ai ‘dalit’ (fuori casta, intoccabili) - costituiscono l’80% delle comunità costrette a spostarsi. - 189 - L’NHPC (National hydro power corporation) sostiene che la Narmada Sagar riuscirà a soddisfare “le necessità energetiche” dello stato. È una tesi che non regge a un’analisi approfondita. La potenza installata della Narmada Sagar è di 1000 megawatt. Il che significa proprio quel che sembra, cioè che i macchinari installati per generare energia sono in grado di produrre 1000 megawatt di elettricità. Ma la potenza effettiva dipende dai flussi d’acqua realmente disponibili (una splendida Ferrari può essere in grado di raggiungere i 400 chilometri orari, ma cosa farebbe senza benzina?). Il progetto esecutivo fissa la potenza effettiva a 212 megawatt, che scenderanno a 147 quando i canali d’irrigazione cominceranno a funzionare. Secondo la stessa pubblicità dell’NHPC, il costo dell’energia alla barra di distribuzione (il cancello della fabbrica) sarà di 4,59 rupie per kilowattora. Il che significa che al consumatore costerà circa nove rupie. Chi potrà permettersela? Il destino di Harsud “L’antica città indiana si è arresa: migliaia di persone la stanno smontando un pezzo alla volta. Consegnandola alle acque del fiume Narmada.” Così scrive Arundhati Roy (2004), la scrittrice indiana che da anni pubblica, oltre a romanzi, anche saggi politici di aspra denuncia contro le violazioni dei diritti umani e le distruzioni di ambienti naturali. E prosegue, “la Narmada Sagar, alta 92 metri, è la seconda delle tante enormi dighe sul fiume Narmada. La Sardar Sarovar, nel Gujarat, è la più alta. Il bacino della Narmada Sagar sarà il più grande dell’India. Per irrigare 123mila ettari di terra ne sommergerà 91mila! Tra questi ci sono 41mila ettari di foresta vergine decidua, 249 villaggi e la città di Harsud. Harsud è una città del Madhya Pradesh, antica di settecento anni e destinata a essere sommersa dal bacino della diga Narmada Sagar. La strada da Khandwa ad Harsud è a pagamento. Una nuova, scorrevole autostrada privata, ingombra di carcasse di camion, auto e motociclette i cui autisti evidentemente non erano abituati a tanto lusso. Alla periferia di Harsud si incontrano file e file di spaventose baracche di lamiera ondulata. Tetti di lamiera, mura di lamiera, porte di lamiera, finestre di lamiera. Uno scintillio accecante all’esterno e un buio accecante all’interno. Su un cartello si legge: ‘Baad Raahat Kendra’ (Centro di assistenza per l’inondazione). Il posto è quasi vuoto, fatta eccezione per bulldozer, jeep, funzionari del governo e poliziotti che vanno in giro senza fretta, pieni dell’indolente - 190 - arroganza che si accompagna al potere. Il Centro di assistenza per l’inondazione è stato costruito su un terreno acquistato e destinato a essere sommerso. Qui, fino a qualche mese fa, c’era il liceo statale. Sotto il cielo basso e minaccioso, Harsud è come la scena di un romanzo di García Márquez. Il primo ad accoglierci è un vecchio bufalo cieco, con gli occhi verdi per le cataratte. Ancora prima di entrare in città abbiamo sentito un annuncio ripetuto senza sosta dagli altoparlanti montati su un furgone Matador. Si prega di legare le mucche e il bestiame. Si prega di non lasciarlo vagare liberamente. Il governo adotterà provvedimenti per il loro trasporto (dove?). La gente, senza un posto in cui andare, sta partendo. Ha sciolto gli animali sulle strade in rovina di Harsud. E il governo non vuole bestiame che gli affoghi tra i piedi. Dietro il bufalo cieco, stagliate contro il cielo, le ossa nude di una città in frantumi. Una città rivoltata, con la sua intimità saccheggiata, le sue viscere esposte. Oggetti personali, letti, armadi, vestiti, fotografie, pentole e padelle sono riversati sulla strada. In molte case ci sono dei pappagalli in gabbia appesi a travi spezzate. Un neonato avvolto in un sari dondola dolcemente, addormentato nel vano della porta di un muro rimasto stranamente in piedi. Che porta dal niente al niente. Cavi elettrici pendono come pericolose radici aeree. L’interno delle case è stato denudato. È strano vedere come una città esteriormente slavata, incolore, fosse palpitante all’interno, con pareti di ogni possibile tonalità di turchese, smeraldo, lavanda, fucsia.” Il conflitto Palestina-Israele e la risorsa acqua Già nel 1995 l’ONU aveva previsto che le guerre del nostro secolo sarebbero scoppiate per l’acqua e non per il petrolio o per la demarcazione dei confini tra stati. Da questa affermazione parte anche Somoza (2005) riportando gli esempi di diversi ‘fiumi contesi’: il Nilo, fonte di tensioni per tutti i Paesi che attraversa - in particolare fra Egitto ed Etiopia e tra Sudan ed Uganda; il bacino del Tigri-Eufrate fonte di conflitto fra Turchia da un lato e Siria e - 191 - Iraq dall’altra; il Gange (India, Nepal e Bangladesh) che con il suo andamento stagionale ha causato una serie di conflitti fra i Paesi che lo sfruttano come principale risorsa idrica. Lo scoppio di tensioni e di veri e propri conflitti sembra probabile soprattutto in alcune regioni fra cui quella mediorientale che, pur costituendo il 10% della superficie terrestre ed ospitando il 5% della popolazione mondiale, dispone soltanto dello 0,4% delle risorse idriche. Inoltre i territori di questa regione sono in gran parte desertici e prevalentemente montagnosi con bacini acquiferi che attraversano più paesi o sono collocati sui confini tra più Stati o si trovano su regioni occupate nel corso di precedenti conflitti. “Il maggiore divario per quanto riguarda il controllo e la distribuzione dell’acqua è quello presente tra Israele e Palestina, dove le occupazioni israeliane alla fine degli anni ’40 furono decisamente mirate verso le poche fonti di vita e benessere presenti in quel piccolo fazzoletto di terra: i bacini d’acqua” (Tomaselli, 2003). Il bacino del Giordano produce circa 1.500 milioni di m3 di acqua all’anno: il consumo pro capite è di circa 260 litri in Israele e 70 litri in Palestina. In Italia il consumo medio pro capite di acqua è di 250 litri, con vette in città come Milano di 600 litri! Oggi Israele, con una disponibilità media annua di circa 380 m3 di acqua per abitante, pur situandosi nella fascia di “assoluta povertà”, all’interno del panorama mediorientale gode di una situazione quasi di privilegio: la sua disponibilità di acqua è, infatti, tre volte quella goduta dalla popolazione palestinese residente nella striscia di Gaza e in Cisgiordania, che attualmente ammonta a circa 115 m3 per abitante. Il diritto del popolo palestinese a usare le proprie risorse idriche è violato in diversi modi dall’autorità israeliana. Le violazioni riguardano anzitutto il “diritto sociale” dei cittadini palestinesi all’acqua potabile minacciato da: o l’imponente prelievo che Israele fa delle risorse idriche palestinesi, in particolare della falda acquifera occidentale della Cisgiordania; o le pesanti limitazioni imposte alla popolazione palestinese: non possono costruire o possedere un impianto idrico senza un permesso dell’autorità militare (nel corso di decine di anni solo pochissimi permessi sono stati accordati) e comunque i loro pozzi non devono andare oltre i 140 metri di - 192 - profondità (quelli israeliani possono raggiungere anche gli 800 metri); sono state fissate delle quote di prelievo, espropriati pozzi e sorgenti di palestinesi assenti; è stato introdotto il divieto di irrigare nelle ore pomeridiane; o la fatturazione dell’acqua penalizza la popolazione palestinese il cui tenore di vita è largamente inferiore a quello dei cittadini israeliani e dei coloni. Le violazioni riguardano anche il “diritto collettivo” del popolo palestinese all’uso delle proprie risorse idriche: l’85% dell’acqua palestinese oggi viene usata dagli israeliani, mentre ai palestinesi non è consentito di usare l’acqua del Giordano e dello Yarmouk. Inoltre la costruzione del Muro renderà impossibile ai palestinesi utilizzare le risorse idriche della Valle del Giordano e del Mar Morto. (Zolo, 2005) Durante un convegno tenutosi a Ramallah all’inizio del mese di maggio 2005 sono state proposte delle possibili soluzioni per dare soddisfazione alle rivendicazioni del popolo palestinese. È lo stesso Zolo (2005), che ha preso parte all’assemblea, a riferirci “una ipotesi interessante e forse promettente”, come lui stesso la definisce, “l’impostazione della questione palestinese come questione mediterranea, sia in un senso generale, sia nel senso specifico del problema dell’acqua”. Secondo la soluzione prospettata è la comunità dei popoli mediterranei a dover gestire il problema del diritto all’acqua del popolo palestinese inserendolo nel quadro dei problemi idrici regionali. 8 dei 25 paesi mediterranei, 115 milioni di abitanti, si trovano al di sotto della soglia considerata critica (1.000 m3 per abitante all’anno). In Giordania, Libia, Malta, Territori Palestinesi e Tunisia le risorse idriche sono al di sotto della soglia considerata di povertà idrica (500 m3 per abitante all’anno). Distribuzione delle risorse idriche nei Paesi dell'area mediterranea 21% nord est 74% 5% sud Per capire la complessità: il ‘caso’ della Coca Cola e l’acqua Probabilmente quando furono date alle imprese multinazionali le prime concessioni per l’utilizzo e la commercializzazione della ‘risorsa acqua’ non si aveva coscienza della varietà di conseguenze e della complessità dei problemi ai quali si andava incontro. Ma adesso si sta chiarendo che - 193 - l’affermazione di una visione del mondo (nel caso in questione l’acqua come bene commerciabile piuttosto che l’idea di acqua come risorsa infinita o come diritto inalienabile) condiziona tutti gli ambiti della società, influenza i modi di interpretare e gestire i sistemi naturali e genera nuove dinamiche relazionali e nuovi conflitti. Per cogliere almeno in parte la complessità e le interdipendenze create dall’approccio ‘imprenditoriale’ verso l’acqua, offriamo qui una carrellata di notizie e documenti che hanno per protagonista la Coca Cola, forse la bibita più famosa nel mondo. La multinazionale di Atlanta è attualmente coinvolta in una serie di controversie a livello mondiale apparentemente molto diverse fra loro … ci sembra si tratti, in ogni caso, di uno scontro tra sistemi di valori. L’approvvigionamento Negli ultimi dieci anni molte imprese multinazionali produttrici di bibite hanno aperto stabilimenti in vari Paesi del Sud. Per produrre le bibite hanno naturalmente bisogno di molta acqua: per questo chiedono ai governi l’autorizzazione ad attingere alle falde ed entrano in competizione con le popolazioni locali che usano le stesse falde per bere e irrigare i campi. Il ‘caso’ della Coca Cola in Kerala Il governo dello stato del Kerala ricorrerà contro la multinazionale produttrice della Coca Cola davanti alla Corte suprema dell’India. L’accusa: sottrarre preziosa acqua di falda per nutrire a colpi di milioni di litri al giorno la grande fabbrica di una sua affiliata indiana a Plachimada. Come sono andate le cose? Il panchayat (consiglio di villaggio) locale aveva concesso alcuni anni fa alla multinazionale l’autorizzazione ad attingere acqua da 6 pozzi con l’aiuto di pompe a motore diesel. Ma la multinazionale, del tutto illegalmente, dopo aver scavato più di sei pozzi, li ha attrezzati con pompe elettriche molto potenti e ha iniziato a pompare milioni di litri di acqua pura. Il livello delle falde è drasticamente sceso, passando da 45 a 150 metri di profondità. Per fare un litro di Coca Cola sono necessari nove litri di acqua potabile. Con le sue procedure, la Coca Cola ha provocato il prosciugamento di 260 pozzi, la cui trivellazione era stata eseguita dalle autorità per sopperire al bisogno di acqua - 194 - potabile e all’irrigazione agricola. Invitata a fornire spiegazioni sul suo operato, la Coca Cola ha rifiutato al panchayat i chiarimenti richiesti. Di conseguenza, quest’ultimo le ha notificato la soppressione della licenza di sfruttamento delle acque. Tuttavia, mentre il panchayat le ritirava il permesso di sfruttamento, il governo del Kerala, da parte sua, ha continuato a proteggere l’impresa. Per più di un anno alcune donne hanno organizzato sit-in di protesta contro il prosciugamento delle falde freatiche provocato dalla Coca Cola. Finalmente, il 17 febbraio 2004, il capo del governo del Kerala ha ordinato la chiusura dello stabilimento della Coca Cola. Negli ultimi 16 mesi la fabbrica è rimasta chiusa, dopo essere stata presidiata dagli abitanti dei villaggi ininterrottamente per mesi. (Isd, 2005) Il movimento di protesta si è esteso ad altre regioni, dove la Coca e la Pepsi pompano le riserve acquifere a danno degli abitanti. A Jaipur, la capitale del Rajasthan, dopo l’apertura, nel 1999, dello stabilimento della Coca Cola, il livello delle falde è passato da dodici metri di profondità a trentasette metri e cinquanta. In una località a venti chilometri dalla città santa di Varanasi (Benares), è sceso di dodici metri e i campi coltivati attorno allo stabilimento sono ormai inquinati. A Singhchancher, un villaggio del distretto di Ballia (nell’Uttar Pradesh), lo stabilimento della Coca Cola ha inquinato definitivamente acque e terre. Ovunque la protesta si organizza. (Shiva, 2005) Acqua e bibite ai pesticidi Gli stabilimenti d’imbottigliamento, pompando dalle falde, tolgono ai poveri il diritto fondamentale a procurarsi acqua potabile. Non solo: dal momento che la legislazione indiana non prevede attualmente particolari controlli sulla qualità dell’acqua e delle bibite in bottiglia, il pubblico rischia di bere sostanze tossiche, se l’acqua utilizzata per produrle viene attinta da falde inquinate. Un noto Centro di ricerca di Delhi (il CSE, Centre for Science and Environment) ha esaminato 17 marche di acqua in bottiglia, tra cui Bisleri (Aqua Minerals Ltd), Bailley (Parle Agro Pvt. Ltd), Pure Life (Nestlè India), Aquafina (Pepsico India) e Kinley (Hindustan Coca Cola Beverage), per cercare eventuali tracce di pesticidi (in particolare 12 composti organici del - 195 - cloro e 8 composti organici del fosforo), secondo protocolli usati dall’EPA, l’Ente per la Protezione Ambientale degli Stati Uniti. I risultati sono stati preoccupanti: tutte le acque saggiate sono risultate contaminate. Le stesse analisi sono state eseguite sulle bibite in bottiglia, con risultati analoghi. I residui totali di pesticidi trovati in 36 tipi di bibite prodotte in India (tra cui Blue Pepsi, Mirinda, Coca Cola) sono risultati 34 volte superiori ai valori limite consentiti dall’Unione Europea. Il tribunale supremo del Rajasthan ha proibito la vendita delle bibite prodotte da Coca e Pepsi, perché queste ultime si sono rifiutate di fornire la lista dettagliata dei componenti, quando alcune analisi hanno dimostrato la presenza di pesticidi pericolosi per la salute. Le bevande contenevano diversi pesticidi tra i quali il DDT. Nelle bottiglie di Coca o di Pepsi consumate negli Stati Uniti o in Europa non si trova alcuna traccia di pesticidi. (Shiva, 2005) I motivi e le forme di lotta Tre anni fa la federazione dei sindacati colombiani del settore alimentare ha lanciato una campagna per il boicottaggio dei prodotti della Coca Cola: l’impresa multinazionale venne accusata di mettere in atto una sistematica e feroce campagna di repressione sindacale, con la complicità degli squadroni paramilitari. L’obiettivo era quello di eliminare ogni diritto dei lavoratori e qualsiasi forma di contrattazione collettiva. La campagna di boicottaggio contro la Coca Cola si è ormai estesa a molti paesi: Gran Bretagna, Irlanda, India, Brasile, Australia, Canada, Spagna, Germania, Svizzera, Francia, Belgio, Messico e Italia, oltre naturalmente alla Colombia. Scioperano i lavoratori degli impianti di imbottigliamento del Cile e del Perù, boicottano le lattine rosse i braccianti delle piantagioni di banane e di palma di alcune zone della Colombia. Il fatto nuovo è che si stanno moltiplicando le adesioni di istituzioni: municipi, università, sindacati. In Gran Bretagna sono diversi i campus che hanno abolito bottiglie e lattine con il celeberrimo marchio bianco in campo rosso. - 196 - Negli Stati Uniti sono ben otto le grandi università che finora hanno aderito in varie forme al boicottaggio, grazie a una tradizione americana ormai consolidata che vede da anni agguerrite organizzazioni studentesche schierarsi contro le grandi imprese che sfruttano i lavoratori, reprimono i sindacati e violano i diritti umani. Il più grande sindacato degli insegnanti di New York (oltre 525 mila iscritti) ha informato che non servirà più prodotti della Coca Cola nei suoi uffici e nei convegni e seminari che organizza fino a quando non saranno stati fatti accertamenti riguardo alle pesanti accuse sui comportamenti dell’impresa in Colombia. In India è stato ammesso un calo delle vendite del 14% nel trimestre aprile-giugno rispetto ai mesi precedenti, malgrado le favorevoli condizioni climatiche (caldo estremo). L’opposizione sta coinvolgendo consigli di villaggio (in Kerala e Gujarat), attivisti di città, tribunali e perfino governi e amministrazioni. Su alcune linee ferroviarie è stata bandita la vendita delle bollicine multinazionali in favore di bevande locali. (Isd, 2005) In Italia ha fatto scalpore, lo scorso marzo, la proposta degli studenti dell’università di Roma III di eliminare la Coca Cola da bar e distributori, sostituendola con bibite del commercio equo (il Senato accademico ha preferito un più mite “affiancamento” delle due categorie di prodotti), che seguiva l’adesione al boicottaggio dei Cobas e del sindacato Fim-Cisl, ma soprattutto delle circoscrizioni municipali XI (il primo clamoroso “caso” istituzionale, che nell’ottobre scorso ha finalmente richiamato l’attenzione dei distrattissimi media nostrani sulla campagna). (Cangemi, 2005) L’eccessivo sfruttamento delle falde freatiche, i grandi progetti di deviazione dei corsi d’acqua, l’inquinamento dei suoli pregiudicano la conservazione della Terra nel suo complesso. Il ciclo idrologico, che ogni anno distribuisce - con modalità e tempi diversi nelle varie regioni - acqua pura, è una democrazia dell’acqua, un sistema di distribuzione al servizio di tutte le specie viventi. Dove non c’è democrazia dell’acqua, non ci può essere vita democratica. (Shiva, 2005) - 197 - - 198 - Note biografiche Maurizio Aceto Laureato in chimica ha frequentato il Dottorato di Ricerca in Scienze Chimiche presso l’Università di Torino, conseguendo il titolo di Dottore di Ricerca nel 1992 con una tesi dal titolo “Metalli pesanti in traccia ed ultratraccia nell’ambiente: valutazione di labilità, mobilità e speciazione”. Nel corso del Dottorato ha frequentato il Laboratory of Oceanography dell’Università di Liverpool, lavorando con il Prof. C. Van den Bergh. Dal 1997 è ricercatore universitario presso l’Università del Piemonte Orientale “Amedeo Avogadro”, Facoltà di Scienze MFN e si occupa in particolare di Chimica analitica ambientale, Chimica degli alimenti e Chimica analitica per i beni culturali. Homepage: www.mfn.unipmn.it/~aceto/ Paolo Bernardi È nato a Biella nel 1952, pluridiplomato (maturità scientifica, geometra, istituto nautico), attualmente si occupa professionalmente di trattamento acqua ed è promotore del progetto “rubinetti solidali”, (www.rubinettisolidali.it) in collaborazione con il CISV e l’Eco Istituto del Piemonte. Nel 1976 ha prestato il servizio civile in Etiopia con la ONG LVIA per poi dedicarsi allo sviluppo del settore della piccola pesca artigianale nell’ambito della cooperazione internazionale, impegnandosi con varie ONG italiane, per un complessivo periodo di 9 anni vissuto in Africa. Rientrato in Italia, dal 1996 si occupa di commercio equo e solidale e di consumo critico, in particolare per la valorizzazione ed il consumo responsabile dell’acqua potabile e locale. fax 015-8445663 e-mail [email protected] Homepage: www.aqsystem.it Elena Camino Ricercatrice in Didattica delle Scienze Naturali, si occupa da molti anni della creazione e sperimentazione di attività didattiche interattive nel campo dell’educazione scientifica e dell’educazione alla sostenibilità. È referente a Torino di un gruppo di appoggio all’ASSEFA, Associazione indiana che opera da 30 anni nelle zone rurali dell’India, sostenendo i processi di auto-sviluppo delle comunità più povere secondo gli ideali e le metodologie gandhiane. Gruppo di Ricerca in Didattica delle Scienze Naturali Centro interdipartimentale IRIS - Istituto di Ricerche Interdisciplinari sulla Sostenibilità Via Accademia Albertina, 13 10123-Torino Tel. 011.670.4659 Fax 011.670.4692 e-mail [email protected] Homepage: www.personalweb.unito.it/elena.camino/ - 199 - Gianfranco Durin È nato a Torino nel 1962 ed è sposato con 3 figli. Si è laureato in ingegneria nucleare al Politecnico di Torino dove ha anche conseguito il dottorato in Fisica. Attualmente lavora all’Istituto Elettrotecnico Nazionale Galileo Ferraris di Torino come ricercatore occupandosi principalmente di materiali magnetici. Da qualche anno fa parte del Contratto Mondiale sull’Acqua. È referente del gruppo torinese del Contratto e membro del Consiglio Nazionale. Si occupa prevalentemente della comunicazione e gestisce in particolare il sito web (wwww.contrattoacqua.it). Homepage: www.ien.it/~durin Andrea Giordano Professore associato di Pedologia presso la Facoltà di Agraria dell’Università di Torino; Socio dell’Accademia Italiana di Scienze Forestali, della Società Italiana di Telerilevamento, della Società Italiana per la Scienza del Suolo e della Società Italiana per l’Africa e l’Oriente. Membro del Comitato Scientifico del Centro Studi Africani di Torino. In questi ultimi anni è stato docente di corsi di Pedologia, di Gestione delle acque, di Sistemi Agro-silvo-pastorali Tropicali e Sviluppo Rurale, presso Università e Istituzioni di formazione post-universitaria. Le sue ricerche vertono principalmente sull’erosione dei suoli e sui processi di desertificazione in Italia ed in altri Paesi (Tunisia, Marocco, Burkina Faso, Niger, Senegal, Eritrea, Djibouti). Ilenia Grandi Laureata in Scienze Naturali, ha sviluppato una tesi relativa alla sperimentazione di un laboratorio didattico sul mondo microscopico e analizzando preconoscenze e misconcezioni degli studenti. Dopo un’esperienza di insegnamento in una scuola superiore all’estero attualmente collabora con il Gruppo di Ricerca in Didattica delle Scienze Naturali nell’ambito dell’educazione scientifica e dell’educazione alla sostenbilità. Gruppo di Ricerca in Didattica delle Scienze Naturali Via Accademia Albertina, 13 10123-Torino Tel. 011.670.4660 Fax 011.670.4692 e-mail [email protected] Luca Mercalli Climatologo di consolidata esperienza internazionale, dedica la sua attività di ricerca allo studio del clima e dei ghiacciai delle Alpi occidentali. Dopo un periodo di servizio presso l’Ufficio Agrometeorologico della Regione Piemonte, si è interamente dedicato alla presidenza della Società Meteorologica Italiana, la maggiore associazione nazionale del settore delle scienze dell’atmosfera. Ha fondato e dirige dal 1993 la rivista di - 200 - meteorologia Nimbus (www.nimbus.it). È giornalista scientifico: la sua attività di divulgatore di temi atmosferici vede oltre 400 articoli comparsi su vari quotidiani e riviste, nonché centinaia di conferenze, in Italia e all’estero, e numerosi interventi televisivi. È responsabile dell’Osservatorio Meteorologico del Real Collegio Carlo Alberto di Moncalieri, fondato nel 1865. Nel 2003 ha coordinato l’edizione dell’Atlante climatico della Valle d’Aosta. Marco Davide Tonon È ricercatore universitario presso il Dipartimento di Scienze della Terra dell’Università degli Studi di Torino, dove si occupa di Didattica di Scienze della Terra e di Paleontologia; inoltre collabora da anni con il Centro Servizi Didattici della Provincia di Torino (Ce.Se.Di.) e con la Diomedea s.s. come consulente didattico. È titolare di vari Corsi e Laboratori Didattici di Scienze della Terra presso il Corso di Laurea in Scienze della Formazione Primaria dell’Università di Torino. Il Centro Studi Sereno Regis è una ONLUS finalizzata alla promozione dei programmi di ricerca, educazione e azione sui temi della partecipazione politica, della difesa popolare non violenta, dell’educazione alla pace e all’interculturalità, della trasformazione non violenta dei conflitti, dei modelli di sviluppo, delle energie rinnovabili e dell’ecologia. Costituito formalmente nel 1982 su iniziativa del MIR e del MN, attivi in Piemonte dalla metà degli anni ’60, ospita oggi la sede della Biblioteca Multimediale Pace-Ambiente-Sviluppo, l’Archivio Storico Scientifico dell'Ambiente, il Centro di Educazione alla Pace (Edap) Marilena Cardone, l’Italian Peace Research Institute, l’Ecoistituto del Piemonte Pasquale Cavaliere, il MIR ed il Movimento Nonviolento, il gruppo ASSEFA. Il Gruppo di Ricerca in Didattica delle Scienze Naturali è attivo dal 1991 presso il Dipartimento di Biologia Animale dell’Università di Torino ed è costituito da docenti universitari e da collaboratori di ricerca. I principali ambiti di ricerca sono: riflessioni sull’idea di conoscenza scientifica e sue implicazioni nelle relazioni Scienza-Società; progettazione, sperimentazione e valutazione dei percorsi formativi interattivi (giochi di ruolo); ricerche sperimentali sulle preconoscenze degli studenti a proposito di alcuni concetti della biologia; approcci interdisciplinari nella formazione alla sostenibilità. I membri del Gruppo svolgono la loro attività di ricerca e docenza presso le Università di Torino e della Valle d’Aosta, in particolare all’interno dei corsi di laurea in Scienze Naturali e in Scienze della Formazione Primaria e nell’ambito delle SSIS (Scuole di Specializzazione all’Insegnamento Secondario). - 201 - Atti dei Seminari “Un percorso interdisciplinare sull’acqua” Progetto: Ilenia Grandi & Elena Camino Testi di approfondimento “Sguardo sistemico e spunti didattici” - Ilenia Grandi & Elena Camino “Spunti per approfondire” - Elena Camino & Ilenia Grandi Ricerca bibliografica: Ilenia Grandi Editing: Ilenia Grandi I presenti Atti sono stati realizzati grazie al contributo di: Regione Piemonte - Assessorato Ambiente Università di Torino, Progetti locali - ex-MURST 2004/2005 Gruppo di Ricerca in Didattica delle Scienze Naturali Dipartimento di Biologia Animale e dell’Uomo Via Accademia Albertina, 13 - 10123 Torino Tel. 011/6704658-59-60 e-mail: [email protected] Web: www.dba.unito.it/ricerca/didscienze.html Centro Studi Sereno Regis Via Garibaldi, 13 - 10122 Torino Tel. 011/532824-549005 e-mail: [email protected] Web: www.cssr-pas.org - 202 -