Inquinanti dell`acqua e nel suo ciclo: principali fonti e conseguenze

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Inquinanti dell`acqua e nel suo ciclo: principali fonti e conseguenze
Atti dei Seminari
Un percorso interdisciplinare sull’acqua
a cura di
Ilenia Grandi & Elena Camino
Assessorato Ambiente
Gruppo di Ricerca
in Didattica delle Scienze Naturali
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Centro Studi
Sereno Regis
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Acqua: la risorsa che dà valore alla vita
L’uomo che vive in città (....) ha preso l’abitudine di aprire il
rubinetto e servirsi di quanta acqua vuole, senza essere consapevole
del miracolo che sta dietro questo elementare gesto.
Tornare ad essere consapevoli dell’origine dei miracoli è un modo di
stare al mondo.
Un miracolo è una sorgente d’acqua che zampilla tra le pietre,
l’acqua che sgorga dalla terra, ai piedi di una montagna, un
ghiacciaio che si scioglie, una pioggia che cade al momento giusto,
un bicchiere d’acqua posato sulla tavola o un’acqua che lava il
corpo e rinfresca lo spirito, ecco dove sta il miracolo.
Dalla semplicità del mondo e dai suoi elementi nascono le gioie più
grandi ed i valori più essenziali.
(TAHAR BEN JALLOUN)
Tutto deve essere fatto perché questo miracolo possa stupire ancora i
nostri figli.
“Buon giorno”, disse il piccolo principe. “Buon giorno”, disse
il mercante.
Era un mercante di pillole perfezionate che calmavano la
sete. Se ne inghiottiva una alla settimana e non si sentiva più
il bisogno di bere.
“Perché vendi questa roba?” disse il piccolo principe. “È una
grossa economia di tempo”, disse il mercante. “Gli esperti
hanno fatto dei calcoli. Si risparmiano cinquantatre minuti
alla settimana”. “E che cosa se ne fa di questi cinquantatre
minuti?” “Se ne fa quel che si vuole....” “Io”, disse il piccolo
principe, “se avessi cinquantatre minuti da spendere,
camminerei adagio adagio verso una fontana...”.
(ANTOINE DE SAINT-EXUPERY)
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Indice
Indice _____________________________________________________________ - 3 Indice _____________________________________________________________ - 4 Acqua______________________________________________________________ - 6 Le acque dell’oblio (Nanni Salio) ____________________________________ - 8 Presentazione ____________________________________________________ - 10 I Seminari ________________________________________________________ - 13 Inquinanti
dell’acqua
e
nel
suo
ciclo:
principali
fonti
e
conseguenze (Maurizio Aceto) ______________________________________ - 15 L’acqua: una risorsa per l’evoluzione della vita sulla terra e per
lo sviluppo delle società umane (Marco D. Tonon)__________________ - 37 La conservazione dell’acqua e del suolo (Andrea Giordano) ________ - 51 Perturbazioni
antropiche
del
ciclo
dell’acqua…
con
quali
conseguenze? (Luca Mercalli) ______________________________________ - 65 Risparmio idrico e consumo responsabile dell’acqua (Paolo
Bernardi) __________________________________________________________ - 87 La gestione dell’acqua: i pro e contro della sua privatizzazione
(Gianfranco Durin) _________________________________________________ - 99 Allegati __________________________________________________________ - 107 Piccola sintesi sui cambiamenti climatici _______________________ - 107 Normativa e filtri domestici per le acque potabili ________________ - 109 -4-
Dichiarazione di Roma del 10 dicembre 2003 __________________ - 111 Manifesto italiano per un governo pubblico dell’acqua___________ - 117 Bibliografia ______________________________________________________ - 147 Sitografia ________________________________________________________ - 152 Sguardo sistemico e spunti didattici ____________________________ - 156 Spunti per approfondire _________________________________________ - 169 Note biografiche _________________________________________________ - 199 -
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Acqua
Ci sono parole che da sempre, pur espresse con simboli e suoni diversi,
fanno parte della comunicazione e del linguaggio umano, indicano o
richiamano “cose”, fenomeni, fatti, sensazioni strettamente intrecciati con
la vita, di cui sono la condizione, il substrato, cibo, sole, casa, luce, fuoco,
dolore, paura, gioia. Acqua è una di queste.
Da quando un primo ominide immergendo la testa in una pozza limpida,
in modo scomposto, primordiale, esausto dopo una caccia ha bevuto con
soddisfazione, provandone piacere, dopo aver percepito che quella “cosa”
rinfrescava, puliva, lavava e ha trovato il modo di comunicarlo ai suoi
compagni, da quel momento l’acqua, con un salto di consapevolezza che
dall’istintivo fisiologico passava al culturale, è diventata risorsa.
Tale è rimasta nel corso dei secoli. Ha consentito il formarsi delle prime
civiltà, la nascita dei grandi aggregati urbani, ha permesso gli scambi ed i
contatti fra i popoli, ha fornito alimentazione, energia, ha consentito
l’agricoltura, ha ispirato versi immortali ed opere d’arte. L’abbiamo
studiata, analizzata, abbiamo scoperto che l’evoluzione parte dall’acqua e
che siamo noi stessi in buona percentuale acqua. Ma non l’abbiamo capita
né rispettata.
Per arrivare ad essere miliardi di uomini l’abbiamo costretta, forzata,
piegata, sfruttata per soddisfare le crescenti, reali, esigenze della nostra
specie dominante. Con imprevidenza, però, e superficialità, l’abbiamo
sporcata, ridotta, inquinata.
Con lo stesso atteggiamento di prepotenza ed arroganza, che ha portato
uomini a sfruttare e rendere schiavi altri uomini, la società umana si è
comportata con le ricchezze naturali che hanno consentito alla vita di
evolvere. Solo ora cominciamo, lentamente, a capire, a renderci conto, ad
essere consapevoli, a cercare soluzioni. Solo ora affianchiamo al concetto di
“risorsa”
un’altra
idea,
che
necessariamente
si
impone,
quella
di
“limitatezza”.
Ma si rende necessario un altro radicale salto culturale che unisca alla
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consapevolezza, il senso dell’agire con responsabilità e limite, la volontà e la
capacità
di
previsione
e
prevenzione,
come
patrimonio
di
una
organizzazione sociale che superi quello puramente individuale.
Bene vengano quindi le azioni di informazione, di sensibilizzazione, di
educazione ambientale. Ben venga l’impegno di sollecitazione ed aiuto
reciproco verso un obiettivo di sostenibilità che non possiamo permetterci
di mancare.
Questo volume è quindi un nuovo, ulteriore contributo che l’Assessorato
all’Ambiente della Regione Piemonte ha voluto sostenere per tradurre in
atto concreto lo spirito, la vocazione ed il compito primario che è chiamato
a svolgere, almeno per la parte di territorio che gli compete, di difensore e
garante, per tutti, della qualità dell’ambiente e delle risorse.
Nicola DE RUGGIERO
Assessore Ambiente – Regione Piemonte
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Le acque dell’oblio
(Nanni Salio)
In uno dei molteplici contributi di cui gli siamo grati, H2O e le acque
dell’oblio, Ivan Illich ci aiuta a riportare alla memoria il percorso storico e
sociale con cui il genere umano si è impantanato in un nuovo problema
globale, quello dell’acqua. E in un altro dei suoi interventi, ci rammenta di
come sia stato colpito dall’efficacia con cui José Bové ha sostenuto
“qualcosa di veramente semplice, quasi banale, che [gli] ha aperto gli occhi:
«Ciò che era gratuito diventa a pagamento»”. Ma aggiunge: “Permettetemi di
fare una variazione: ciò che era buono è stato trasformato in valore.”
La gratuità e il dono sono due degli aspetti più significativi del rapporto
che le società tradizionali hanno saputo stabilire sia con la natura sia,
sebbene non sempre, nell’ambito delle singole comunità. Vandana Shiva
descrive questo rapporto con le parole con cui le donne del movimento
Chipko cantano in coro quando abbracciano gli alberi per difenderli dalla
distruzione:
Che cosa dà la foresta?
Suolo, acqua e aria pura.
Il suolo, l’acqua e l’aria pura
sostentano la terra e tutti i suoi esseri.
Da tempo, i processi di modernizzazione hanno cancellato questa
consapevolezza, sostituendola con la privatizzazione a tutto campo, con
conseguenze che si stanno rivelando disastrose sul piano relazionale e non
sostenibili su quello ambientale. Faticosamente, c’è chi tenta di invertire
questo processo provando a costruire nuove comunità postmoderne che
sappiano cogliere il meglio della tradizione e della modernità.
Questa sfida è tuttora in corso e si svolge nei luoghi e secondo i percorsi
più disparati.
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I contributi raccolti in questo testo sono un esempio di come vari soggetti
(Regione Piemonte, Università di Torino, Centro Sereno Regis) possono
collaborare per ricreare attraverso una aggiornata e rigorosa conoscenza
scientifica uno dei presupposti necessari per recuperare la consapevolezza
perduta delle nostre relazioni ecologiche. Ma oltre all’approccio più
intellettuale occorrerà attivare modalità esperienziali che ci permettano di
vivere direttamente la complessa problematica dell’acqua e ci aiutino ad
assumere comportamenti responsabili per avviare a soluzione almeno le
questioni più immediate e pressanti.
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Presentazione
Un ciclo di seminari
L’evento che ci ha portate a curare la stampa di questo testo risale al
2003. La Giornata Mondiale dell’Ambiente, che si celebra ogni anno il 5
giugno, era dedicata quell’anno a una serie di iniziative volte a richiamare
l’attenzione del pubblico sul tema dell’acqua. Grazie al contributo
finanziario della Provincia di Torino il Centro Studi Domenico Sereno Regis
di Torino, in collaborazione con il Gruppo di Ricerca in Didattica delle
Scienze Naturali e alcuni docenti dell’Università di Torino e del Piemonte
orientale, organizzò un ciclo di Seminari su questo tema, allo scopo di
offrire nuove conoscenze, spunti di riflessione, inviti all’azione in un’ottica
di sostenibilità ambientale e sociale.
Il ciclo di Seminari era rivolto a un pubblico non specializzato, e si
proponeva
di
interpretazioni
collegare
sul
tema
e
integrare
dell’acqua
gli
sguardi,
offerte
dalle
le
conoscenze,
diverse
le
discipline
scientifiche. I cittadini, posti di fronte a relazioni analitiche approfondite,
esposte con linguaggio tecnico da grandi esperti, si sentono spesso
inadeguati, tendono ad assumere atteggiamenti passivi e a delegare ad altri
le scelte. Ci sembrava importante proporre un approccio rigoroso ma
espresso con un linguaggio semplice, e al tempo stesso interdisciplinare,
cioè attento a presentare una varietà di sguardi. Speravamo così di favorire
la costruzione, nella mente delle persone presenti nel pubblico, di uno
scenario più ampio, entro il quale fosse possibile cogliere la complessità
delle problematiche connesse all’acqua, a individuare complementarietà,
contraddizioni, incongruenze, incertezze, a sviluppare riflessioni critiche in
vista di una maggiore assunzione di responsabilità.
Una opportunità di integrazione
Più di un anno dopo la conclusione dei Seminari è stata presentata al
Centro Studi Domenico Sereno Regis e al Gruppo di Ricerca in Didattica
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delle Scienze Naturali la possibilità di pubblicare gli Atti dei Seminari,
grazie al sostegno finanziario della Regione Piemonte. L’Assessorato
all’Ambiente
tramite
il
settore
“Politiche
di
prevenzione,
tutela
e
risanamento ambientale”, ci ha proposto di curare la pubblicazione in
modo da farne uno strumento chiaro e agile, aggiornato sui principali
dibattiti in corso e didatticamente efficace. Abbiamo colto l’occasione per
integrare i contenuti delle relazioni con alcuni documenti che illustrano
ulteriori punti di vista sul tema dell’acqua, non affrontati dai relatori a suo
tempo intervenuti, e per fornire alcuni aggiornamenti su problematiche di
particolare attualità.
La collaborazione tra il Centro Studi con la sua ricchissima biblioteca e il
Gruppo di Ricerca con le sue competenze didattiche ha permesso di
organizzare la pubblicazione in modo articolato, e di offrirla ai lettori
accompagnata da alcune riflessioni, indicazioni di approfondimento, spunti
per attività educative.
Oltre alle relazioni dei Seminari e alle relative bibliografie i lettori
troveranno quindi, in sequenza:
una serie di schemi che sintetizzano gli argomenti principali trattati dai
relatori;
una ‘mappa concettuale’ che evidenzia alcune delle possibili connessioni
tra i diversi sguardi offerti nei Seminari
alcuni documenti e osservazioni volti a presentare altri temi relativi
all’acqua, non presi in esame o appena accennati nei Seminari.
A quali destinatari ci rivolgiamo?
Pensiamo che la lettura di questo volume possa offrire nuove conoscenze
scientifiche al pubblico non specialista, e aiutarlo a sviluppare un
approccio ‘sistemico’, cioè in grado di apprezzare la molteplicità di sguardi e
di punti di vista delle diverse discipline e di mettere in luce le connessioni e
le interdipendenze tra le problematiche relative all’acqua.
Inoltre ci auguriamo che educatori e insegnanti possano trovare qualche
suggerimento metodologico per affrontare il tema dell’acqua valorizzandone
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gli aspetti di complessità e problematicità e incoraggiando bambini e
giovani ad accompagnare le competenze acquisite con atteggiamenti e
comportamenti coerenti.
Le scelte in corso, a livello locale e globale, sull’uso e sulla gestione
dell’acqua - risorsa vitale e scarsa - condizioneranno i destini dei viventi
(non solo umani) in questo secolo.
In una prospettiva di democrazia i cittadini devono essere messi in
condizione di capire, di esprimere il loro parere, e di essere ascoltati.
Speriamo che le letture qui offerte possano contribuire a questo scopo.
Ringraziamenti
Il nostro grazie va a tutti i membri del Gruppo di Ricerca in Didattica
delle Scienze Naturali per i suggerimenti, gli stimoli e l’incoraggiamento
donati durante la progettazione e stesura di questi Atti.
Grazie al Centro Studi Sereno Regis per la progettazione dei Seminari,
l’ospitalità durante gli incontri, infine per la vasta documentazione fornita
attraverso la propria biblioteca.
Un
ringraziamento
particolare
ai
relatori,
che
hanno
offerto
gratuitamente le loro “conversazioni” in occasione dei Seminari 2003 e sono
rimasti disponibili in occasione di questa pubblicazione fornendo i testi
scritti con preziosi aggiornamenti e suggerimenti bibliografici.
E infine grazie al Dott. Carlo Bonzanino che da anni sostiene l’impegno
comune di gruppi universitari e associazioni nel promuovere una cultura e
una prassi orientate alla sostenibilità.
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I Seminari
“Un percorso interdisciplinare di conoscenza sull’acqua”
Nell’ambito di questa iniziativa sono stati ideati e realizzati sei Seminari,
rivolti a un pubblico desideroso di approfondire i molteplici aspetti che la
questione dell’acqua contempla.
La serie di seminari si proponeva di fornire un’informazione accurata sui
vari aspetti dell’acqua, con un approccio che tenesse conto sia delle
problematiche scientifiche che di quelle socio-culturali. Particolare rilievo è
stato dato ad alcuni settori specifici del ciclo dell’acqua e del suo utilizzo
razionale.
I Relatori - attraverso i loro punti di vista - hanno aiutato i partecipanti
ad approfondire argomenti come la nascita della vita sulla Terra, i cicli
dell’acqua a tempi brevi e lunghi, la distribuzione della vita nell’acqua, i
delicati equilibri tra acqua e suolo, le cause di immissione di sostanze
inquinanti nell’acqua e nel suo ciclo, e le conseguenze a breve e a lungo
termine, le perturbazioni del ciclo dell’acqua conseguenti ai cambiamenti
climatici.
È stata poi approfondita la riflessione sulla gestione dell’acqua, in
particolare dell’acqua potabile, e sulle opportunità da parte del pubblico di
praticare un consumo responsabile e di orientare i decisori politici con le
proprie scelte.
In particolare i seminari si proponevano di affrontare le seguenti
domande:
Quali sono stati i cambiamenti avvenuti nel corso dell’evoluzione della
Terra alla distribuzione delle acque?
Che perturbazioni apporta l’uomo al ciclo dell’acqua?
Come si muove l’acqua nella biosfera?
Quali sono le conseguenze degli inquinanti di origine antropica?
Come e perché attuare il consumo responsabile dell’acqua?
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Come viene ‘vista’ l’acqua dalle società industriali?
Come gestire una risorsa così fondamentale?
Guidando la riflessione sia sui macro-aspetti globali sia sulle piccole e
diversificate situazioni locali, uno degli obiettivi dei seminari è stato quello
di stimolare nel pubblico la comprensione e l’interiorizzazione non solo
degli aspetti scientifici, ma anche quelli culturali e sociali di una risorsa
così importante come l’acqua.
Un altro obiettivo era quello di far emergere la complessità del problema
‘acqua’, di mettere in luce alcune delle interconnessioni tra la situazione
dell’acqua e le altre problematiche ambientali a livello macroscopico, e di
sottolineare l’importanza delle scelte collettive e individuali nell’affrontare
quella che sta diventando sempre più chiaramente una “emergenza acqua”
a livello mondiale.
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Inquinanti dell’acqua e nel suo ciclo: principali fonti e
conseguenze
(Maurizio Aceto)
Dopo aver illustrato le tipologie di acqua per uso umano disponibili sul
nostro pianeta e averne descritto le caratteristiche principali, il relatore
prende in esame le possibili cause di contaminazione dell’acqua,
distinguendo i contaminanti in inorganici, organici e biologici.
Spesso si tratta di sostanze non degradabili o che impiegano tempi
lunghissimi per decomporsi. Inoltre sono numerosissime: si ritiene che
attualmente siano alcuni milioni le sostanze chimiche conosciute. Quelle
effettivamente disponibili sul mercato sono circa 100.000 di cui circa
8000 tossiche e 200 ritenute cancerogene e sospette cancerogene; solo
per 2100 prodotti sono stati individuati i rispettivi valori limite di tossicità.
Nella parte conclusiva del suo intervento il relatore illustra le principali
caratteristiche delle acque in bottiglia, in relazione alla presenza di
sostanze da un lato essenziali e dall’altro potenzialmente tossiche
operando un interessante confronto con le acque potabili.
Le acque ad uso umano
Sotto la dizione acque ad uso umano vengono raggruppate tutte le
tipologie di acque che, secondo l’attuale normativa, sono distinte in:
• acque potabili
• acque di sorgente
• acque minerali-naturali
• acque termali
Questa distinzione ha una fortissima connotazione economica, in quanto
il costo delle varie acque, per motivi vari, è molto diverso (l’acqua erogata
dalla rete pubblica costa mediamente 1,5 lire (circa 0,1 centesimi di euro)
al litro, contro le 500 lire (circa 26 centesimi di euro) al litro dell’acqua in
bottiglia!).
Acque potabili
Per acque potabili si intendono principalmente le acque distribuite
tramite pubblici acquedotti, ma anche in cisterne, in bottiglie e altri
contenitori, impiegate per usi domestici, nelle industrie alimentari e nella
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preparazione dei cibi e bevande. Le fonti di approvvigionamento possono
essere diverse: si possono usare sia acque sotterranee che superficiali
anche salmastre, se opportunamente trattate. Con l’introduzione del D.L.
n. 31/2001, integrato dal D.L. n. 27/2002 (in attuazione della direttiva CE
n. 83/1998) è consentita la commercializzazione anche per l’acqua
destinata al consumo umano, ovvero quella potabile o di rubinetto,
ovviamente in osservanza alle norme stabilite per l’imbottigliamento, i
trattamenti chimico-fisici autorizzati e i parametri analitici del prodotto.
Nella maggior parte degli acquedotti le acque sono sottoposte a
disinfezione. Ad eccezione del trattamento con raggi ultravioletti, la
disinfezione comporta sempre il contatto con sostanze chimiche che
lasciano tracce e alterazioni dell’acqua; i composti del cloro, comunemente
impiegati per tale scopo, possono determinare la formazione di derivati
organoalogenati, sostanze dotate di una tossicità più o meno elevata in
funzione della loro natura e quantità. Minori problemi si hanno
nell’applicazione di ozono (O3) che però ha un’azione limitata nell’ambito
della linea di erogazione, e nell’utilizzo di radiazioni UV.
Dai trattamenti di disinfezione si hanno due conseguenze:
• le acque possono contenere sostanze indesiderate per la salute dei
consumatori;
• non tutte le acque di acquedotto manifestano quella gradevolezza che
sarebbe necessaria per un loro impiego potabile: spesso il trattamento di
disinfezione
prima
dell’immissione
in
rete
modifica
i
caratteri
organolettici (odore e sapore).
Per questi motivi le acque di acquedotto vengono talvolta sottoposte a
trattamenti definiti genericamente di depurazione.
Acque di sorgente
Per acque di sorgente si intendono quelle disciplinate dal Decreto
Legislativo 04-08-1999 n. 339. Le principali caratteristiche di queste acque
sono:
• origine rigorosamente sotterranea;
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• nessuna disinfezione;
• non possono essere trasportate se non attraverso le tubature di
adduzione allo stabilimento, e quindi sono confezionate all’origine;
• la composizione chimica e la temperatura non devono subire variazioni
significative nel tempo;
• i valori dei parametri organolettici (odore, sapore, ecc), di composizione e
le sostanze contaminanti devono rispettare i valori limite indicati per le
acque destinate al consumo umano (DPR 236/88);
• il contenuto dei sali disciolti non può superare il valore di 1500
milligrammi per litro;
• non si possono attribuire a queste acque proprietà favorevoli alla salute;
• nelle etichette sui contenitori, a differenza di quanto avviene per le
acque minerali naturali, non è obbligatorio riportare la composizione
chimica;
• sono acque per le quali è previsto il riconoscimento del Ministero della
Salute.
L’attuale produzione di queste acque si aggira intorno a 50 milioni di
litri/anno: rispetto a quelle minerali naturali è una produzione molto
bassa.
Acque minerali
Per acque minerali naturali si intendono acque “...con caratteristiche
igieniche particolari e, eventualmente, proprietà favorevoli alla salute”.
Ovvero possono avere proprietà favorevoli alla salute ma questa non è una
caratteristica fondamentale.
L’acqua minerale si differenzia dall’acqua potabile soprattutto per
l’assenza di qualsiasi trattamento di disinfezione. Spesso, quindi (ma non
sempre) è di qualità superiore ad un’acqua potabile soprattutto nelle
caratteristiche più evidenti come sapore e odore e pertanto è generalmente
più gradevole. L’assenza di trattamenti di disinfezione richiede una serie di
precauzioni
e
l’uso
di
impianti
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avanzati
per
l’estrazione
e
l’imbottigliamento. Gli investimenti conseguenti sono spesso elevati: per
questo un’acqua minerale ha costi tanto differenti rispetto ad altre tipologie
di acque. Il surplus di investimento richiesto è però facilmente recuperato
mediante un impatto pubblicitario molto convincente.
Se dal punto di vista organolettico l’assenza di prodotti secondari della
disinfezione garantisce una maggiore purezza delle acque minerali rispetto
a quelle di acquedotto, dal punto di vista sanitario, paradossalmente, le
acque minerali possono risultare fuori controllo. Ad esempio, per esse non
è previsto un limite per il contenuto dei sali disciolti, al contrario di quanto
avviene per le acque potabili e di sorgente (1500 mg/l). Esistono acque
minerali che non sarebbero da considerare potabili per il loro contenuto
salino, pur essendo considerate più pregiate. Acque con residuo fisso molto
elevato o molto basso non dovrebbero essere impiegate in alternativa alle
acque potabili se non dietro prescrizione medica, in quanto potrebbero
determinare degli squilibri.
Acque termali
La legge n. 323 del 24 ottobre 2000 definisce “...le acque termali come le
acque minerali naturali, di cui al regio decreto 28 settembre 1919 n. 1924, e
successive modificazioni, utilizzate a fini terapeutici...”. L’impiego delle acque
termali in Italia ha una tradizione che risale a tempi antichissimi: molte
acque sono conosciute a fondo nelle loro proprietà chimiche, chimicofisiche e terapeutiche. Più complessa è invece l’identificazione dal punto di
vista legislativo: molti sono gli elementi in comune con le acque minerali, di
cui possono essere considerate una categoria.
Composizione delle acque
Le sostanze che si trovano naturalmente disciolte nell’acqua sono sali che
provengono dal processo di dissoluzione dei minerali che costituiscono le
rocce ed i suoli attraversati dall’acqua di origine piovana che ha effetto
dilavante (figura 1).
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Figura 1 - Ciclo naturale dell’acqua
Il tipo di sali presenti dipende dalle rocce attraversate e dal tempo di
contatto. Le rocce calcaree (cioè contenenti CaCO3, come marmo, dolomite
ecc.) cedono ioni bicarbonato, calcio, magnesio; le rocce contenenti gesso
(solfato di calcio biidrato, CaSO4·2H2O) cedono ioni calcio e solfato; gli ioni
sodio e cloruro possono invece provenire da rocce contenenti cloruro di
sodio. In linea di massima, quindi, la composizione delle acque alla fonte
riflette quella delle rocce nelle cui vicinanze si formano i bacini.
I sali sono presenti come ioni, cioè specie aventi cariche positive o
negative:
ione sodio ⇒ Na+
ione cloruro ⇒ ClIn generale, gli ioni più comuni nelle acque sono:
• Na+, K+, Ca2+, Mg2+ tra gli ioni positivi
• Cl-, SO42-, HCO3- tra gli ioni negativi
Altri elementi presenti nelle rocce e rilasciati in acqua, tendono a formare
sostanze insolubili che precipitano, es. il ferro forma idrossido, Fe(OH)3.
N.B. la quantità di ioni positivi e ioni negativi in un’acqua è uguale!
Funzione delle acque
Come tutti sanno, l’acqua ha una funzione insostituibile per gli organismi
viventi. Gli ioni presenti nell’acqua sono importanti per le cellule che
svolgono funzioni varie perché sono immerse in soluzioni saline a
concentrazione costante; i sali assunti con l’acqua contribuiscono a
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mantenerle nel giusto equilibrio. L’acqua potabile è una soluzione di ioni
(ione calcio, ione sodio, ione bicarbonato ecc.) in concentrazione ottimale.
Per questo motivo, essa è una componente essenziale della nostra dieta.
Acqua distillata, acqua piovana, acqua di fusione delle nevi sono da
considerare non potabili perché prive di sali disciolti: non danno
nutrimento.
Contaminazione dell’acqua
La contaminazione di un’acqua può avere cause naturali o, più spesso,
derivare dall’attività umana collegata ad insediamenti urbani, industriali o
agricoli-zootecnici.
Si possono distinguere i contaminanti in inorganici, organici e biologici.
Contaminanti inorganici
Possiamo distinguerli in:
• metalli come cadmio, piombo, mercurio
• anioni (cioè ioni negativi) quali nitrato, nitrito, fosfato
• altre specie (semimetalli, sali).
Metalli pesanti e di transizione
Tra i metalli che possono essere presenti nelle acque sono di rilevanza
tossicologica quelli comunemente noti come metalli pesanti (cadmio, cromo,
piombo, mercurio, nichel, ecc.) per i quali la contaminazione naturale è
piuttosto rara. La loro origine è infatti quasi sempre antropica: scarichi
industriali, attività agricole, ecc.
I
metalli
pesanti,
data
la
loro
tossicità,
hanno
una
soglia
di
concentrazione ammessa molto bassa, dell’ordine dei microgrammi per
litro. Sono sufficienti quantità piccolissime di metalli pesanti per rendere
un’acqua non idonea all’uso potabile: es. 5 milligrammi di cadmio bastano
per contaminare 1 metro cubo di acqua.
I metalli, dal punto di vista fisiologico, hanno un comportamento che si
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può rappresentare con una curva gaussiana (figura 2).
difetto
ottimale
eccesso
Figura 2 - Effetto della concentrazione di due
diversi metalli a livello fisiologico. (In ascissa la
concentrazione, in ordinata l’efficienza metabolica)
Una classificazione dei metalli in base al loro comportamento biologico è
riportata nella tabella seguente.
Tabella 1 - Comportamento biologico degli elementi
Ca, Cu, Fe, K, Mg, Mn, Na, P,
Elementi essenziali ad animali e piante
Se, Zn
Elementi essenziali ad alcune classi di animali o
piante
Co, Cr, Mo, Si, V
Elementi essenziali a una o due specie
Al, Ba, Li, Ni, Sr
Elementi essenziali ma di funzione ignota
Rb, Sn
Elementi non essenziali o tossici
As, Cd, Hg, Pb
Gli effetti tossici dei metalli pesanti sono molteplici e notevoli, a causa
della loro persistenza nell’ambiente: gli ioni positivi Cd2+, Hg2+ e Pb2+, ad
esempio, riescono a sostituire ioni essenziali in reazioni fisiologicamente
importanti come il trasporto dell’ossigeno o reazioni enzimatiche.
I casi di contaminazione da metalli in acque sono purtroppo ampiamente
noti. Solo recentemente si può citare il caso del mercurio nelle acque del
porto di Priolo (SR), nelle quali, a causa degli scarichi dagli impianti
Enichem è stata riscontrata una percentuale di mercurio 20.000 volte
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superiore ai limiti di legge. Nel passato, il caso di Minamata è ampiamente
(e tristemente) noto.
I contaminanti inorganici sono in grado di alterare le caratteristiche
organolettiche (colore, odore, sapore e torbidità) dell’acqua potabile in
maniera naturale. Le acque sotterranee sono per lo più povere d’ossigeno e
si mantengono limpide riuscendo a tenere disciolti il ferro e il manganese
nella forma ridotta (ione ferroso, Fe2+ e manganoso, Mn2+) anche a
concentrazioni superiori ai valori limite. Un’acqua sotterranea che contiene
ferro e manganese in quantità elevate quando viene portata in superficie si
trasforma in breve tempo in una soluzione torbida e giallastra a causa
dell’azione dell’ossigeno atmosferico:
Fe2+ + O2 ⇒ Fe3+
Mn2+ + O2 ⇒ Mn4+
Questi ioni formano prodotti poco solubili e provocano la precipitazione di
fanghiglie colorate dal giallo-ruggine al nero. Un’acqua con queste
caratteristiche è indesiderabile (sapore metallico, fenomeni di corrosione
delle tubature, macchie sulla biancheria durante il lavaggio).
Metalli alcalini e alcalino-terrosi
Gli ioni sodio, potassio, calcio e magnesio non sono da considerarsi
contaminanti, ma possono diventarlo se presenti in quantità eccessive (es.
acqua di mare!).
Altri ioni e anioni
Lo ione ammonio (NH4+) deriva principalmente dalle deiezioni umane o
animali; la sua presenza nelle acque, specialmente in quelle sotterranee, è
dovuta in alcuni casi a cause geologiche quali ad esempio la degradazione
di materiale in via di fossilizzazione (resti di piante, giacimenti di torba,
ecc.). Al contrario la sua presenza associata ad analisi microbiologiche
sfavorevoli costituisce un sicuro indice di inquinamento da scarichi fognari
o zootecnici.
Nitriti (NO2-) e nitrati (NO3-) possono essere prodotti in natura dallo ione
- 22 -
ammonio oppure da fenomeni conseguenti all’impiego dei fertilizzanti
azotati in agricoltura. Lo ione nitrato è infatti presente come componente di
sali molto solubili impiegati come fertilizzanti e può passare velocemente
nelle acque sotterranee per dilavamento del suolo agricolo. Questi anioni
sono precursori di sostanze cancerogene.
Altri anioni comunemente presenti in acque contaminate sono i fosfati
(PO43-) che hanno un’origine quasi sempre antropica, essendo contenuti nei
detersivi o nei fertilizzanti:
PO43- ⇒ eutrofizzazione
Cloruri (Cl-), solfati (SO42-) e fluoruri (F-) sono anioni comunemente
presenti nelle acque potabili in quanto derivano dal dilavamento delle
rocce; la loro presenza è inopportuna solo a concentrazioni molto elevate.
Altri contaminanti inorganici
Un’altra sostanza d’origine naturale che frequentemente altera la qualità
dell’acqua di possibile uso potabile è l’acido solfidrico (H2S), un gas
facilmente riconoscibile per il caratteristico odore di uova marce. Questa
sostanza è ritenuta a torto un indice di scarsa qualità dell’acqua potabile: è
noto da molti secoli l’impiego terapeutico delle acque sulfuree anche come
bevande. Tuttavia, la normativa delle acque potabili prevede che questa
sostanza non sia presente nelle comuni acque potabili perché l’odore
dell’acqua è sgradevole e perché è comunque sconsigliabile l’assunzione per
lunghi periodi. L’acido solfidrico è facilmente eliminabile per ossigenazione:
H2S + O2 ⇒ SO42La presenza di materiale argilloso o di idrossidi di ferro e alluminio può
provocare l’aumento della torbidità dell’acqua, un fattore che influenza
frequentemente la qualità dell’acqua potabile. Queste sostanze sono usate
nel processo di potabilizzazione delle acque superficiali e possono
erroneamente finire nella rete acquedottistica. Talvolta fenomeni di
corrosione delle tubature danno luogo ad acque rosse per presenza di
idrossido di ferro.
- 23 -
Contaminanti organici
Fra le sostanze che possono contaminare le acque si trovano numerosi
composti organici. Si tratta di sostanze che contengono carbonio e che sono
presenti in natura ma che sono anche prodotte dall’attività umana (chimica
della plastica, del legno, della carta, del petrolio e derivati, dei solventi e
delle vernici). Spesso si tratta di sostanze non degradabili o che impiegano
tempi lunghissimi per decomporsi.
Si ritiene che attualmente siano alcuni milioni le sostanze chimiche
conosciute. Quelle effettivamente disponibili sul mercato sono circa
100.000 di cui circa 8.000 tossiche e 200 ritenute cancerogene e sospette
cancerogene; solo per 2.100 prodotti sono stati individuati i rispettivi valori
limite di tossicità.
Ovviamente
questi
prodotti
organici
non
sono
tutti
presenti
contemporaneamente nell’ambiente: l’eventuale presenza in una zona è
legata all’esistenza di industrie di produzione o all’utilizzo locale di singoli
prodotti o classi di prodotti.
Tra i contaminanti organici si riscontrano più frequentemente:
• trielina, tetracloroetilene e composti organoalogenati in genere; sono
prodotti in uso nelle lavanderie e in industrie metalmeccaniche,
comunemente usati per lo sgrassaggio dei pezzi meccanici;
• idrocarburi; sono componenti delle benzine e degli oli lubrificanti; lo
sversamento di queste sostanze nel suolo può determinare gravi
inquinamenti delle acque;
• pesticidi, fungicidi, ecc.; prodotti utilizzati in agricoltura che possono
penetrare le falde acquifere.
Altri contaminanti organici sono quelli che si formano come sottoprodotti
del trattamento di potabilizzazione con cloro: i cosiddetti Disinfection By
Products (DBP). Queste sostanze si generano per reazione chimica dei
prodotti contenenti cloro, impiegati come disinfettanti, con sostanze
organiche naturali di origine vegetale sempre presenti nelle acque a livelli
bassi:
- 24 -
• Aloformi (derivati alogenati del metano) come il cloroformio,
• Clorofenoli,
• Alogenoderivati dei nitrili,
• Acidi carbossilici alogenati.
Dal punto di vista dell’abbattimento di microrganismi (e da quello
economico) il trattamento con clorazione è vantaggioso. Non è pensabile di
avere acqua potabile senza un trattamento igienizzante di questa potenza.
Tuttavia, da un punto di vista sanitario esso può risultare inadatto, come
abbiamo visto. Sono perciò state proposte alternative più pulite, consistenti
nell’uso combinato di luce UV (che distrugge i microrganismi) e acqua
ossigenata (che distrugge i prodotti di degradazione biologica e gli agenti
patogeni fino all’utente finale).
Contaminanti biologici
Sono microrganismi (invisibili ad occhio nudo) che, se ingeriti, possono
provocare un danno alla salute del consumatore. Le malattie che possono
essere trasmesse dall’acqua sono alquanto numerose e sono causate da
varie specie di microrganismi (dai più grandi ai più piccoli): elminti,
protozoi, miceti (funghi), batteri e virus. A causa della contaminazione
microbiologica, le acque potabili in natura sono sempre più rare. Solo le
sorgenti di montagna, localizzate in aree dove sono assenti insediamenti
umani, possono offrire buone garanzie di sicurezza; tuttavia già la presenza
di animali selvatici può indurre fenomeni di contaminazione delle acque.
Contaminanti nell’acqua che beviamo
Normalmente la quantità delle sostanze contaminanti nell’acqua potabile
che beviamo tutti i giorni è limitata, sia perché intervengono filtri di
depurazione a carbone attivo sia perché le sostanze che possono generarle
sono a concentrazioni basse. Alcune ricerche sulla purezza delle acque
potabili italiane hanno dato risultati incoraggianti ma non del tutto
tranquillizzanti.
Greenpeace, in un’indagine recente portata avanti su tutto il territorio
- 25 -
nazionale, ha segnalato la presenza di sostanze organiche negli acquedotti.
Le concentrazioni rilevate erano quasi sempre al di sotto dei limiti previsti
per legge, ma è sintomatico il fatto che le sostanze siano state identificate
quasi dappertutto.
L’indagine di Altroconsumo (maggio 2003) ha rilevato che “...nel complesso
lo stato di salute dell’acqua degli acquedotti è accettabile (...) l’acqua negli
acquedotti delle città italiane è mediamente buona, potabile, ma va difesa e
migliorata”.
In definitiva, una maggiore qualità è possibile ed è raggiungibile con
trattamenti opportuni.
Normative
L’acqua che beviamo ha quindi una funzione estremamente importante.
Ma quale è il quantitativo ideale degli ioni nell’acqua? Dal punto di vista
legislativo esistono valori limite per molte delle sostanze che possono essere
presenti nell’acqua; se uno o più composti sono rilevati in quantità
superiore al valore limite, l’acqua non presenta più i requisiti di potabilità. I
limiti sono stabiliti tenendo conto dell’assunzione massima giornaliera su
lunghi periodi, della natura del contaminante e della sua eventuale
tossicità.
Acque potabili
La normativa più recente sulle acque potabili è il D.L. 02-02-01 n. 31 che
recepisce la direttiva CE 1998/83. Il decreto introduce nuovi parametri da
misurare
nell’acqua
potabile,
allo
scopo
di
ricercare
sostanze
di
provenienza industriale a rischio tossicologico quali cloruro di vinile,
benzene, benzopirene, trielina o dicloroetano. Inoltre sono valutati due
parametri collegati ai sistemi di potabilizzazione: bromati ed epicloridina,
composti che possono provenire dagli impianti di trattamento, il primo
come risultato dell’utilizzo dell’ozono per la disinfezione delle acque, il
secondo come residuo del trattamento in sostituzione al cloro. I parametri
da determinare sono circa 60, divisi in microbiologici, chimici, indicatori, di
- 26 -
radioattività e accessori. Da notare che, con la nuova normativa, se si
superano i parametri batteriologici e chimici ci sono solo sanzioni
amministrative (da 10.329 € a 61.974 €), mentre per il superamento dei
parametri indicatori, di radioattività e accessori non è prevista alcuna
sanzione.
Tabella 2 - Valori limite per le acque potabili
N.
Parametro
Valore (unità di misura)
Parametri batteriologici
1
Escherichia coli (E. coli)
0 (numero/100 ml)
2
Enterococchi
0 (numero/100 ml)
Parametri chimici
3
Acrilammide
0.10 µg/l
4
Antimonio
5.0 µg/l
5
Arsenico
10 µg/l
6
Benzene
1.0 µg /l
7
Benzo(a)pirene
0.010 µg/l
8
Boro
1.0 mg/l
9
Bromato
10 µg/l
10 Cadmio
5.0 µg/l
11 Cromo
50 µg/l
12 Rame
1.0 mg/l
13 Cianuro
50 µg/l
14 1,2-Dicloroetano
3.0 µg/l
15 Epicloridina
0.10 µg/l
16 Fluoruro
1.5 mg/l
17 Piombo
10 µg/l
18 Mercurio
1.0 µg/l
19 Nichel
20 µg/l
20 Nitrato
50 mg/l
21 Nitriti
0.5 mg/l (0.1 impianti)
22 Antiparassitari
0.10 µg/l
23 Antiparassitari - Totale
0.50 µg/l
24 Idrocarburi policiclici aromatici
0.10 µg/l
25 Selenio
10 µg/l
26 Tetracloroetilene, Tricloroetilene 10 µg/l
- 27 -
27 Trialometani (totale)
30 µg/l
28 Cloruro di Vinile
0.5 µg/l
29 Clorito
200 µg/l
30 Vanadio
50 µg/l
Parametri indicatori
31 Alluminio
200 µg/l
32 Ammonio
0.50 mg/l
33 Cloruro
250 mg/l
34 Clostridium perfringens
0 (numero/100 ml)
35 Colore
1
36 Conduttività
2500 µScm-1 a 20°C
37 Concentrazione ioni idrogeno
6.5 - 9.5 unità pH
38 Ferro
200 µg/l
39 Manganese
50 µg/l
40 Odore
1
41 Ossidabilità
5.0 mg/l O2
42 Solfato
250 mg/l
43 Sodio
200 mg/l
44 Sapore
1
45 Conteggio delle colonie a 22°C
2
46 Batteri coliformi a 37°C
0 (numero/100ml)
47 Carbonio organico totale (TOC)
2
48 Torbidità
1
49 Durezza
consigliati 15 - 50°F
50 Residuo secco
massimo consigliato 1500 mg/l
51 Disinfettante residuo
consigliato 0.2 mg/l se impiegato
Radioattività
52 Trizio
100 Becquerel/l
53 Dose totale indicativa
0.10 mSv/anno
1
accettabile per i consumatori senza variazioni anomale
2
senza variazioni anomale
Acque minerali naturali
Per le acque minerali naturali, in attuazione della direttiva CE 2003/40 è
stato recentemente emanato il D.M. 29-12-03 che aggiorna la normativa
vigente, introduce limiti per parametri nuovi, in particolare per quanto
- 28 -
riguarda i metalli, e rende più restrittivi i parametri vigenti finora. Inoltre
prevede la possibilità di trattare le acque minerali naturali con aria
arricchita di ozono per separare i composti di ferro, manganese, zolfo e
arsenico attraverso l’ossidazione degli ioni e formazione di precipitati. Dalle
analisi chimiche e fisico-chimiche deve risultare la determinazione dei
seguenti parametri relativi all’acqua minerale, oltre alla temperatura
dell’aria al momento del prelievo:
1. temperatura alla sorgente
12. potassio
2. pH dell’acqua alla sorgente
13. calcio
3. conducibilità elettrica specifica
14. magnesio
a 20°C
15. ferro disciolto
4. residuo fisso a 180°C
16. ione ammonio
5. ossidabilità
17. fosforo totale
6. anidride carbonica libera alla
18. grado solfidrimetrico
sorgente
19. stronzio
7. silice
20. litio
8. bicarbonati
21. alluminio
9. cloruri
22. bromo
10. solfati
23. iodio.
11. sodio
Il decreto stabilisce poi una serie di parametri relativi a sostanze di
origine naturale che non devono derivare da una eventuale contaminazione
della fonte, il superamento dei quali limiti può rappresentare un rischio per
la salute pubblica.
Tabella 3 - Valori limite per le acque minerali
N.
Parametro
Valore (unità di misura)
1
Antimonio
5 µg/l
2
Arsenico
10 µg/l
3
Bario
1 mg/l
4
Boro
5 mg/l
5
Cadmio
3 µg/l
- 29 -
6
Cianuro
10 µg/l
7
Cromo (totale)
50 µg/l
8
Fluoruri
5 mg/l1
9
Manganese
0.50 mg/l
10
Mercurio
1 µg/l
11
Nichel
20 µg/l
12
Nitrati
45 mg/l2
13
Nitriti
20 µg/l
14
Piombo
10 µg/l
15
Rame
1 mg/l
16
Selenio
10 µg/l
1
1.5 mg/l per acque destinate all’infanzia
2
10 mg/l per acque destinate all’infanzia
Infine, non devono essere presenti le seguenti sostanze o composti
derivanti dall’attività antropica:
Tabella 4 - Valori limite per le acque minerali – sostanze di origine antropica
N.
Parametro
Limiti minimi (µg/l)
1
Agenti tensioattivi
50 (come LAS)
2
Oli minerali – idrocarburi disciolti o emulsionati
10
3
Benzene
0.5
4
Idrocarburi policiclici aromatici
5
Benzo(a)pirene
0.003
Benzo(b)fluorantene
0.006
Benzo(k)fluorantene
0.006
Benzo(ghi)perilene
0.006
Dibenzo(a,h)antracene
0.006
Indeno(1,2,3-cd)pirene
0.006
Altri
0.006
Antiparassitari*
insetticidi, fungicidi, nematocidi, acaricidi,
alghicidi, rodenticidi, prodotti connessi e i
pertinenti metaboliti, prodotti di degradazione e di
0.5
reazione (singolo composto)
aldrin, dieldrin, eptacloro, eptacloro epossido
- 30 -
0.01
(singolo composto)
6
7
Policlorobifenili (singolo congenere)
0.05
Composti organoalogenati che non rientrano nelle
voci 5 e 6
Cloroformio, clorodibromometano,
diclorobromometano, bromoformio (singolo
0.5
composto)
Tricloroetilene, tetracloroetilene, 1-2-dicloroetano
ed altri
8
0.1
Composti residui di trattamento con ozono
Ozono disciolto
50
Bromati
3
Bromoformi
1
* Tra le classi di composti elencate si devono ricercare quegli antiparassitari
che hanno maggiore probabilità di trovarsi nel territorio influente sulla risorsa
interessata. L’elenco di tali composti va richiesto alle locali autorità sanitarie
competenti.
La garanzia di qualità per l’acqua minerale è data dal mancato riscontro
di queste sostanze utilizzando metodi analitici che consentano livelli
minimi di rendimento.
Confronto tra le normative
Con l’introduzione del D.M. 29-12-03 si sono attenuate alcune delle
molte, clamorose discrepanze tra la qualità chimica richiesta per l’acqua
potabile e quella richiesta per le acque minerali. I limiti per la maggior
parte dei parametri sono ugualmente restrittivi per le due tipologie.
Restano ancora alcuni punti apparentemente inspiegabili, come per
esempio il fatto che il residuo salino sia limitato nelle acque potabili e di
sorgente (1500 mg/l) ma non nelle minerali.
Se consideriamo i parametri chimici (il cui superamento è sanzionato),
non ci sono grosse differenze tra i limiti per le due tipologie.
- 31 -
Tabella 5 - Confronto di normative – parametri chimici
Parametri chimici
Acque potabili Acque minerali
Acrilammide
0.10 µg/l
-
Antimonio
5.0 µg/l
5.0 µg/l
Arsenico
10 µg/l
10 µg/l
Bario
-
1.0 µg/l
Benzene
1.0 µg /l
0.5 µg/l
Benzo(a)pirene
0.010 µg/l
0.003 µg/l
Boro
1.0 mg/l
5.0 mg/l
Bromato
10 µg/l
3.0 µg/l
Cadmio
5.0 µg/l
3.0 µg/l
Cromo
50 µg/l
50 µg/l
Rame
1.0 mg/l
1.0 mg/l
Cianuro
50 µg/l
10 µg/l
1,2-Dicloroetano
3.0 µg/l
0.10 µg/l
Epicloridina
0.10 µg/l
-
Fluoruro
1.5 mg/l
5.0 mg/l
Piombo
10 µg/l
10 µg/l
Mercurio
1.0 µg/l
1.0 µg/l
Nichel
20 µg/l
20 µg/l
Nitrato
50 mg/l
45 mg/l
Nitriti
0.5 mg/l
20 µg/l
Antiparassitari
0.10 µg/l
0.50 µg/l1
Idrocarburi policiclici aromatici
0.10 µg/l
0.006 µg/l1
Selenio
10 µg/l
10 µg/l
Tetracloroetilene, Tricloroetilene 10 µg/l
0.1 µg/l1
Trialometani (totale)
30 µg/l
0.50 µg/l1
Cloruro di Vinile
0.5 µg/l
-
Clorito
200 µg/l
-
Vanadio
50 µg/l
-
1
singolo composto
Il discorso cambia notevolmente se invece consideriamo i parametri
indicatori,
cioè
quelli
per
il
cui
superamento
sanzionamento.
- 32 -
non
è
previsto
il
Tabella 6 - Confronto di normative – parametri indicatori
Parametri indicatori
Acque potabili
Acque minerali
Alluminio
200 µg/l
-
Ammonio
0.50 mg/l
-
Cloruro
250 mg/l
-
Colore
1
-
Conduttività
2500 µScm-1 a 20°C
-
pH
6.5 - 9.5
-
Ferro
200 µg/l
-
Manganese
50 µg/l
0.5 mg/l
Odore
1
-
Ossidabilità
5.0 mg/l O2
-
Solfato
250 mg/l
-
Sodio
200 mg/l
-
Sapore
1
-
Carbonio organico totale
2
-
Torbidità
1
-
Durezza
consigliati 15 - 50°F
-
Residuo secco
massimo consigliato 1500 mg/l
-
Disinfettante residuo
consigliato 0.2 mg/l se impiegato -
1
accettabile per i consumatori senza variazioni anomale
2
senza variazioni anomale
Il mercato dell’acqua minerale
Attualmente, il mercato delle acque minerali ha un volume di affari che si
aggira sui 2.500 milioni di € all’anno, grazie ad un consumo stimato in 1011 milioni di litri/anno. Gli Italiani ne consumano in media 172 litri
procapite, l’equivalente di 70-125 € l’anno. Si può affermare che si tratta di
un business di grande importanza, come è testimoniato dai seguenti
indicatori:
• molte etichette in mano alle multinazionali
• grande battage pubblicitario, in particolare per le acque destinate al
consumo dei neonati
• creazione di un sistema che certifichi la qualità di un’acqua minerale
(ADAM, corsi per degustatori).
- 33 -
Tutto questo è giustificabile?
Indubbiamente, l’ampia scelta offerta dalle acque minerali è accattivante.
Solo in Italia sono commercializzate quasi 300 marche diverse. Ognuno
può trovarci quella che fa al caso proprio:
• un’acqua minerale ricca di calcio è idonea per le gestanti e contro
l’osteoporosi
• le acque solfato-magnesiache contrastano la stipsi
• le acque fluorate limitano la carie nei bambini
• sono ancora da verificare le proprietà disintossicanti delle acque
energizzate che, grazie al passaggio attraverso magneti, diventerebbero
più vitali di quando sgorgano.
Oltre che sull’acqua potabile, sono state fatte numerose indagini anche
sulle acque minerali per valutare se il loro costo (pari a 300-500 volte
quello dell’acqua potabile) sia giustificato.
La già citata inchiesta di Altroconsumo (maggio 2003) ha portato a queste
conclusioni:
• l’acqua di rete è più controllata: in caso di superamento dei valori limite
si interviene con dispositivi di filtrazione
• le sostanze contaminanti sono quasi sempre a livelli inferiori o uguali a
quelle contenute nelle acque minerali
• il contenuto salino delle acque potabili è comparabile a quello delle
acque minerali.
In definitiva, dal punto di vista sanitario la differenza di prezzo è
ingiustificata!
Inoltre, va considerato che per lungo tempo le normative vigenti sono
state più restrittive nei confronti delle acque potabili che nei confronti di
quelle minerali. Solo recentemente l’introduzione del già citato D.M. 29-1203 ha parzialmente sanato una situazione ai limiti della truffa, in cui le
normative erano particolarmente severe per le acque potabili e a maglia più
larga per quelle minerali, per le quali non erano previsti limiti per sostanze
- 34 -
tossiche come l’arsenico, il cadmio, il mercurio o il piombo, il cui contenuto
poteva non essere dichiarato in etichetta se non superava determinate
concentrazioni. Un caso sintomatico fu il seguente: in seguito ad un
inquinamento da manganese nell’acqua di rubinetto di Vercelli (0.12 mg/l)
furono presi provvedimenti per abbattere il contenuto di questo metallo, in
quanto il DPR 236/1988 prevedeva nell’acqua potabile un limite massimo
di 0.05 mg/l. Per abbattere il contenuto di manganese, fu necessario
pompare nell’acqua ossigeno, il quale però favorisce la crescita batterica e
richiede l’addizione di varechina. Così l’acqua che usciva dai rubinetti
aveva un sapore cattivo e l’operazione poteva sembrare assurda, anche
perché nel frattempo i Vercellesi non bevevano più l’acqua di rubinetto ma
compravano acque minerali con tenore di manganese da 5 a 20 volte più
alto di quello che stava nella loro acqua potabile. Infatti, per l’acqua
minerale il limite per questo metallo era 2.0 mg/l fino al 2003;
paradossalmente, se qualcuno avesse deciso di imbottigliare l’acqua del
Vercellese così come esce dalla falda e senza trattamenti, vendendola poi
come acqua minerale, la stessa acqua sarebbe stata perfettamente regolare,
anzi avrebbe magari potuto vantare in etichetta un contenuto di
manganese indispensabile ai processi enzimatici… ecc.
Infine,
c’è
il
problema
dei
residui:
quasi
l’80%
delle
bottiglie
commercializzate sono in plastica PET1 e solo il 20% in vetro, scoria
decisamente più nobile.
Per migliorare il gusto dell’acqua potabile
In definitiva, la differenza principale tra l’acqua potabile e quella minerale
sembra avere a che fare con le caratteristiche organolettiche: l’acqua
potabile sa di cloro, è insipida; l’acqua minerale è più pura, più buona o
almeno sembra tale. Eppure...
Ci sono alcuni utili accorgimenti che si possono utilizzare per avere
un’acqua di rete gustosa come quella minerale. Ad esempio, lasciarla
decantare dopo averla spillata, per eliminare i residui di cloro.
1
PET=PoliEtilenTereftalato (NdR)
- 35 -
In alternativa, si possono applicare al rubinetto dei filtri di uso
domestico, che hanno la proprietà di trattenere molte sostanze tra cui
quelle responsabili del gusto di cloro (oltre che quelle potenzialmente
tossiche). Questi filtri (figura 3) sono costituiti da una base a carbone
attivo, che ha proprietà sorbenti nei confronti delle sostanze organiche.
Figura 3
dell’acqua
-
Filtri
per
la
purificazione
Mentre la capacità di trattenimento delle sostanze organiche da parte di
questi filtri è già stata dimostrata, sono attualmente in corso studi per
verificare se essi possano rilasciare sostanze contaminanti dalla parte del
consumatore, cioè oltre il rubinetto. I primi risultati dimostrano che, per
quanto riguarda metalli pesanti e anioni (nitriti, nitrati, solfati, fosfati), cioè
contaminanti inorganici, non si hanno rilasci significativi da parte del filtro.
- 36 -
L’acqua: una risorsa per l’evoluzione della vita sulla
terra e per lo sviluppo delle società umane
(Marco Davide Tonon)
Lo sguardo del geologo offre la possibilità di inquadrare i problemi
dell’acqua entro uno scenario globale, dove la scala spaziale riguarda
l’intero pianeta e le trasformazioni di questa preziosa risorsa - indotti
dalle attività umane - vengono riportate a una scala temporale che ne
mette in evidenza la velocità e l’intensità.
Marco Tonon illustra il ciclo idrologico e descrive il ruolo dell’acqua nella
sintesi delle macromolecole organiche e nell’evoluzione dei viventi. Quindi
si sofferma sulle acque sotterranee e sulle dimensioni, qualità e tempi di
ricarica delle falde acquifere.
Infine mette in evidenza le diverse cause del depauperamento della
risorsa, prodotto dalle dissennate pratiche umane degli ultimi cent’anni
che, oltre a inquinare o consumare le falde con una ripercussione
facilmente intuibile sulla disponibilità di acqua, pone altri problemi come
per esempio il rischio di subsidenza e instabilità geologica o la
salinizzazione dei suoli, che richiederanno tempi enormemente superiori
alle nostre vite per essere risolti.
L’acqua, come noto a tutti, è indispensabile alla vita, non solo come
alimento ma anche come sostanza che prende parte a quasi tutti i processi
che hanno luogo sulla superficie terrestre e all’interno di essa. L’acqua si
muove da un punto all’altro del pianeta, sia in superficie sia nella crosta
terrestre, contribuendo alla distribuzione del calore e come agente di
trasporto
dei
materiali
provenienti
dalla
degradazione
e
dalla
solubilizzazione delle rocce.
La conoscenza del ciclo dell’acqua, dei processi implicati, dei volumi in
gioco e dei tempi di rinnovamento contribuisce a definire meglio i limiti
entro i quali è possibile lo sfruttamento delle acque da parte dell’uomo.
Il rinnovamento delle falde freatiche è funzione dei tempi legati ai
processi che le generano e un uso sostenibile di tale risorsa non può
prescindere da queste dinamiche.
L’origine
Si ritiene che nelle prime fasi della storia della Terra, si sia verificata
- 37 -
un’intensa degassazione delle sostanze volatili come risultato dell’aumento
del calore prodotto da tre principali fenomeni: dalla collisione di
planetesimali,
dalla
contrazione
e
compressione
del
pianeta
in
accrescimento e dai fenomeni di decadimento radioattivo all’interno delle
rocce. Un effetto sinergico alla degassazione dell’acqua juvenile dal magma,
fu quello dovuto all’intensa distorsione della massa terrestre indotta dalle
maree prodotte dalla Luna, inizialmente molto più vicina al nostro pianeta.
A partire da questa iniziale degassazione, l’acqua fu poi riciclata
attraverso i movimenti tettonici di crosta e mantello e alle conseguenti
emissioni gassose prodotte dalle eruzioni vulcaniche. Una volta prodottasi
l’atmosfera primordiale e gli oceani, attraverso l’interazione dei gas
atmosferici e delle acque circolanti con le rocce magmatiche primitive, si
sono originate grandi quantità di sedimenti. Ciò rappresentò uno stadio
iniziale di rapida evoluzione, in cui venne preparato il motore, seguito da
un secondo stadio più lento e costante in cui questo motore operò nel corso
del tempo geologico, instaurando il ciclo idrologico e litologico.
Il ciclo idrologico
I processi di circolazione superficiale dell’acqua sono alimentati da un
flusso regolare di energia solare (il motore esogeno) mentre quelli profondi
sono alimentati dal calore interno della terra (il motore endogeno). Questo
ciclo è diviso in vari sottocicli (o fasi) nei quali essa è contenuta in uno o
più
serbatoi
(oceani,
calotte
polari,
ghiacciai,
laghi,
fiumi,
acque
sotterranee, atmosfera, biosfera, ecc.). L’acqua, quindi, attraverso dei
flussi, si muove da un serbatoio all’altro con una data velocità, detta
velocità di flusso (espressa in miliardi di m3/anno). Prima di essere
rimobilizzata da ogni serbatoio, l’acqua staziona in esso per un certo
periodo, questo tempo (espresso in giorni o anni) rappresenta il cosiddetto
tempo
di
residenza.
Per
esempio,
il
tempo
di
residenza
medio
nell’atmosfera, sottoforma di vapore acqueo o di nubi è di 9÷10 giorni,
mentre quello di residenza nelle falde acquifere profonde è di migliaia di
anni.
- 38 -
L’acqua si rinnova in un dato serbatoio in un certo periodo di tempo,
mantenendo la sua quantità totale contenuta pressoché costante e in
equilibrio dinamico, costituendo così un bilancio idrico. Tale tempo
(espresso in anni) rappresenta il tempo di turnover o di rinnovamento, in
alcuni casi esso è rapportabile ai tempi biologici, in altri casi ai tempi
geologici: come l’esempio del tempo medio di rinnovamento delle falde
acquifere che è di migliaia di anni o quello medio, relativo all’intero ciclo,
che è di circa due milioni di anni.
Figura 1 - Il ciclo dell’acqua superficiale: interessa la porzione più superficiale della
crosta terrestre (includendo le acque sotterranee) e si compie in tempi relativamente
brevi (da giorni a migliaia di anni). Non va però dimenticato che esiste un ciclo
profondo, in cui l’acqua prende parte al ciclo litogenetico: essa viene riciclata da
processi geologici che avvengono tra crosta e mantello (zone di subduzione e di
espansione oceanica) e i tempi di tali processi hanno dinamiche lentissime e tempi
geologici (dell’ordine dei milioni di anni).
Nel ciclo idrologico (figura 1), l’energia solare provoca l’evaporazione
dell’acqua dalle superfici degli oceani, dei bacini lacustri, dai corsi d’acqua
e dal suolo e il trasporto, ad opera dei venti, di queste masse di vapore
acqueo. L’acqua gassosa atmosferica condensa, originando le nubi, e
- 39 -
precipita sulla superficie terrestre sotto forma di pioggia, neve o grandine.
Una parte di questa acqua meteorica scorre in superficie, grazie alla
gravità, dando origine al deflusso superficiale, mentre un’altra parte
penetra nel sottosuolo per infiltrazione, andando a costituire le acque
freatiche. Entrambe le acque ritornano, in tempi di flusso molto diversi, alle
acque oceaniche. L’acqua contenuta nel suolo può evaporare direttamente
o essere assorbita dai vegetali, per essere poi nuovamente liberata
nell’atmosfera grazie all’evapotraspirazione fogliare.
Osservando il bilancio di massa, cioè il bilancio idrologico relativo ai
diversi flussi in entrata e in uscita dai serbatoi, si nota come vi sia uno
sbilanciamento rappresentato da un eccesso di acqua evaporata dagli
oceani (400 miliardi di m3/anno) rispetto a quella che ricade direttamente
su di essi attraverso le precipitazioni (360 miliardi di m3/anno). Ciò viene
riequilibrato da una maggiore quantità di precipitazioni sulla terraferma
(111 miliardi di m3/anno), le quali consentono il formarsi di un deflusso
superficiale che ritorna poi all’oceano (40 miliardi di m3/anno).
Il ruolo dell’acqua nella sintesi delle macromolecole organiche e
nell’evoluzione dei viventi
La vita esiste sulla Terra da circa 3,6 miliardi di anni, subito dopo il suo
raffreddamento sotto i 100 °C, quando esistevano già una crosta solida e
dell’acqua allo stato liquido. Essa vi si è instaurata in condizioni ancora
ostili per la vita: temperature elevate, radiazioni letali, nutrienti scarsi, ecc.
Nonostante tutto vi erano già le condizioni per avviare la produzione di
macromolecole: il carbonio derivava dalla CO2, più abbondante allora di
oggi, e le altre sostanze inorganiche (solfuri, nitrati, fosfati, idrossidi, …)
erano prodotte da attività idrotermali. Queste ultime possono aver favorito
la sintesi, nelle acque marine o salmastre, della formaldeide, dei cianuri e
dei gruppi metilici, la cui polimerizzazione in zuccheri può essere stata
favorita dai substrati argillosi, aventi funzione di catalizzatori.
Le acque oceaniche primordiali furono quindi indispensabili per creare le
condizioni ideali allo sviluppo della vita sul nostro pianeta. Mentre, da un
- 40 -
lato, esse costituivano il solvente entro il quale le sostanze organiche
andavano aggregandosi, dall’altro rivestivano una funzione di schermo
protettivo dalle pericolose radiazioni ultraviolette solari.
Sono stati ipotizzati tre diversi scenari che tentano di ricostruire le
condizioni iniziali di formazione delle macromolecole organiche. In tutti i tre
scenari, l’acqua riveste un ruolo fondamentale.
a. Scenario “freddo”: sotto una calotta glaciale che ricopre l’oceano e
protegge le sostanze dalla fotolisi dei raggi UV, le molecole organiche
(cianati, formaldeide, …) si aggregano entro sacche d’acqua grazie
all’accumularsi
di
sostanze
inorganiche
provenienti
da
sorgenti
idrotermali profonde.
b. Scenario “salmastro”: in lagune o bacini poco profondi, attività
vulcaniche secondarie, quali geysers e sorgenti idrotermali, forniscono le
sostanze inorganiche che sintetizzano aldeidi fosfato ed altre sostanze
organiche. In tale scenario vengono coinvolti i frammenti interplanetari
che apportano sostanze chimiche ai processi di sintesi (ipotesi della
panspermia).
c. Scenario “marino caldo”: in bacini marini, i gas provenienti da attività
idrotermali profonde trascinano sostanze inorganiche particolari (solfuri,
monossido di carbonio, …) che si aggregano a formare i primi gruppi
metilici.
In quest’ultimo scenario, hanno avuto un ruolo fondamentale i sistemi
idrotermali profondi. Di recente scoperta, tali sistemi, presenti in zone
prossime alle dorsali oceaniche, forniscono sostanze chimiche ed energia
termica tali da consentire, all’interno dei flussi idrotermali liquidi e gassosi,
ascendenti
e
discendenti,
la
formazione
delle
sostanze
organiche
fondamentali, quali aminoacidi, zuccheri e nucleotidi. Le rocce magmatiche,
associate ai sistemi idrotermali, e i sedimenti marini, accumulati intorno,
presentano delle cavità all’interno delle quali minerali silicati argillosi di
alterazione, detti zeoliti, possono avere avuto funzione catalizzatrice per la
sintesi delle prime molecole organiche e avere fornito, di conseguenza, il
substrato adatto per le prime forme viventi.
- 41 -
Ecco che appare un duplice ruolo fondamentale: da un lato quello
dell’acqua, come solvente, e dall’altro quello dei minerali argillosi, prodotti
della degradazione delle rocce magmatiche preesistenti.
Si ritiene quindi che il mondo minerale e i processi geologici implicati
abbiano favorito la nascita della vita, le cui forme primitive erano
sicuramente rappresentate da procarioti chemiosintetici e anaerobi (tuttora
presenti attorno ai sistemi termali profondi e costituenti gli organismi
produttori di quella particolare rete alimentare, instauratasi in ambienti
così esclusivi).
Questi primi organismi viventi colonizzarono probabilmente i fondali
marini profondi, nei pressi delle antiche dorsali con un’intensa attività
vulcanica e al riparo dalle radiazioni ultraviolette, mentre le sterili acque
superficiali risentivano di questo “bombardamento” ultravioletto.
In seguito, con l’evoluzione delle prime forme viventi autotrofe, i
cianobatteri, l’atmosfera si arricchì di ossigeno prodotto dalle attività
batteriche fotosintetiche di queste colonie. L’ossigeno sintetizzato come
prodotto di scarto della reazione fotosintetica, sotto l’azione dei fulmini e
dei campi elettromagnetici formò la fascia di ozono stratosferico che,
ancora oggi, consente di filtrare i raggi ultravioletti che giungono sulla
superficie terrestre. Ciò consentì l’inizio della colonizzazione, dapprima
delle acque superficiali e poi delle terre emerse, fornendo un’enorme spinta
evolutiva alla vita del nostro pianeta e fornendo nuovi spazi fisici, prima
preclusi ai viventi.
Fu innescato così un processo auto-alimentante (un feed-back positivo),
infatti: più aumentava la fotosintesi, più ossigeno veniva liberato
nell’atmosfera; più ossigeno si immagazzinava, più ozono si formava e più
la luce veniva privata degli ultravioletti; meno ultravioletti giungevano sulla
superficie, più organismi risalivano dai fondali e, salendo dai fondali, essi
trovavano
più
luce,
migliorando
così
il
rendimento
del
processo
fotosintetico. Non va dimenticato che fu l’acqua a fornire tale ossigeno e
che è stata la vita stessa a liberare questo elemento dal composto liquido,
permettendo l’affermarsi della vita come fenomeno stabile sul nostro
- 42 -
pianeta
(anziché
apparizione
fugace come pare sia accaduto su
Marte).
Le
stromatoliti
(figura
2),
formazioni laminari di varie specie
di batteri tra cui i cianobatteri,
sarebbero state le responsabili sia
dell’emissione
di
ossigeno,
sia
della ossidazione del ferro ridotto
e della relativa precipitazione degli
stati ferrosi laminati sui fondali
marini.
Infatti, va ancora evidenziato
come
l’ossigeno
terrestre
ha
Figura 2 - Le stromatoliti sono formazioni
laminari di colonie batteriche che hanno
intrappolato e cementato dei sedimenti al
loro interno. Si pensa che esse siano le
responsabili
della
deposizione
delle
formazioni
ferrose
laminate
del
Precambriano (Banded Iron Formation).
potuto accumularsi nell’atmosfera
solo in seguito al completamento
dell’ossidazione di questo ferro
ridotto,
disciolto
oceaniche:
tale
nelle
acque
affermazione
è
confermata dal ritrovamento di
estese coperture di sedimenti (le
successioni
di
argille
rosse
precambriane
denominate
Banded
Formation),
appartenenti
Iron
a
quel
periodo
geologico, in cui sono registrate le
variazioni
del
atmosferico (figura 3).
chimismo
Figura 3 - Anche se la fotosintesi era già
iniziata 3,6 miliardi di anni fa, l’accumulo
di ossigeno atmosferico risale a circa 1,5
miliardi di anni dopo: il ritardo è dovuto al
tempo relativo all’ossidazione e alla
deposizione del ferro disciolto nelle acque
oceaniche e alla formazione dei carbonati
marini. In ambienti continentali, i depositi
contenenti composti ossidati, come gli
idrossi di ferro o i solfati (gesso) risalgono
ad un periodo posteriore al primo
accumulo di ossigeno nell’atmosfera.
Modificata da Ricci Lucchi F., 1996, La scienza di Gaia.
Ambienti e sistemi naturali visti da un geologo, Zanichelli.
- 43 -
Tanti tipi di acqua
Parlando di acqua, si corre spesso il rischio di generalizzare e di
semplificare, in quanto esistono diversi tipi di acqua sul nostro pianeta. In
un preciso contesto, occorre quindi chiarire di che tipo di acqua si sta
trattando, poiché ogni acqua ha le sue caratteristiche fisico-chimiche, i
suoi tempi di flusso e di rinnovamento, oltre alla sua quantità limitata e al
suo valore economico.
Possiamo distinguere le acque in base:
allo stato fisico
→ acqua solida - liquida - gassosa
al contenuto di sali disciolti
→ acqua salata - salmastra - dolce
al contenuto di nutrienti
→ acqua eutrofia - oligotrofica
al materiale sospeso trasportato → acqua limpida - torbida
ai parametri fisico-chimici
→ acqua potabile - minerale - inquinata
alla presenza di luce
→ acqua eufotica - afotica
alla temperatura
→ acqua fredda - calda
alla distanza dalla costa
→ acqua costiera - pelagica
al rapporto con il suolo
→ acqua superficiale - sotterranea
al movimento
→ acqua corrente - stagnante
alla genesi
→ acqua juvenile - fossile
all’ecosistema che costituisce
→ acqua marina - glaciale - lacustre palustre - fluviale - carsica - sorgiva ecc.
Come già detto, ognuna di queste acque ha un suo valore, in termini di
risorsa, di quantità disponibile per i viventi, di fattore limitante o di tempi
di residenza e di rinnovamento. È quindi importante avere la percezione di
questa limitatezza, ai fini della sua conservazione.
Una semplice attività che serve a rilevare il grado di percezione e di
sensibilità al problema della gestione della risorsa acqua può consistere nel
paragonare tutta l’acqua presente sul pianeta Terra (circa 1,5 miliardi di
Km3) ad una vasca di 100 litri, facendo stimare alla persona interessata, la
- 44 -
quantità in litri, o in volumi equivalenti a recipienti noti nel quotidiano:
…E SE TUTTA L’ACQUA DEL PIANETA FOSSE CONTENUTA IN UN ACQUARIO DA 100 LITRI?...
↓
…A CHE VOLUME CORRISPONDEREBBE TUTTA L’ACQUA DOLCE?...
↓
…E L’ACQUA DOLCE DISPONIBILE PER I VIVENTI?...
↓
…E L’ACQUA POTABILE?...
Ci si renderebbe così immediatamente conto che le quantità di acqua
dolce disponibile e di acqua potabile saranno, nella grande maggioranza dei
casi, abbondantemente sovrastimate. Ciò a conferma del fatto che la
maggior parte di noi non ha il senso della reale dimensione della scarsità
della risorsa e non è quindi conseguentemente coinvolta ad attuare un
risparmio. Il risultato è quello che porta a un utilizzo scriteriato e ad un
eccesso di spreco di questa insostituibile risorsa vitale.
Per soddisfare la curiosità del lettore, dirò a questo punto che tutta l’acqua
dolce (solida e liquida, superficiale e sotterranea) corrisponde ad un bidoncino di
tre litri, quella dolce disponibile (liquida e superficiale o di falda non profonda) ad
una bottiglietta di mezzo litro e quella realmente potabile (con particolari
caratteristiche fisiche, chimiche, microbiologiche ed organolettiche) solo a mezzo
cucchiaino da caffè (ossia 3 millilitri!!!).
Le acque sotterranee
Saranno qui ampiamente trattate queste acque, sia perché esse sfuggono
alla nostra percezione diretta, non essendo direttamente visibili, sia perché
rappresentano un’insostituibile fonte di acqua dolce e potabile per la
società umana. L’acqua sotterranea è da considerarsi una risorsa poco
rinnovabile, poiché essa si ricostituisce in tempi lunghi, non confrontabili a
quelli della sua estrazione, utilizzo e consumo.
L’entità di una falda acquifera, vale a dire di una riserva d’acqua dolce
sotterranea contenuta in una roccia detta roccia-serbatoio, dipende:
• dalla porosità della roccia serbatoio che la contiene: essa è data dal
- 45 -
rapporto percentuale tra il volume degli interspazi vuoti, potenzialmente
occupabili dal mezzo liquido, e dal volume totale della roccia;
• dalla permeabilità della roccia, cioè dalla capacità di farsi attraversare
dal mezzo liquido (anche molte rocce apparentemente impermeabili
diventano permeabili per la presenza di un’intensa microfratturazione:
es. graniti);
• dalla quantità di precipitazioni atmosferiche che cadono sul bacino
idrico di raccolta;
• dalla velocità di percolazione delle acque attraverso il suolo e le
sottostanti rocce;
• dal bilancio idrico del bacino considerato, cioè dalla velocità di
evaporazione, evapotraspirazione e deflusso superficiale (funzione delle
caratteristiche geomorfologiche ed ecologiche della regione);
• dall’intensità dell’eventuale sfruttamento antropico, a scopi alimentari,
agricoli o industriali.
Tipi di falde
Si distinguono due categorie di acque di falda: le falde freatiche e le falde
artesiane. Le prime sono costituite da falde acquifere cosiddette libere, cioè
delimitate superiormente da una superficie freatica fluttuante, dove il
volume d’acqua può liberamente espandersi o ridursi al fluttuare di tale
superficie. Le seconde sono rappresentate dalle falde acquifere dette
confinate, poiché ricoperte da strati di rocce impermeabili (dette acquicludi)
che ne impediscono la libera espansione verso l’alto e lateralmente; in
questo caso l’acqua all’interno della roccia serbatoio si trova in pressione.
Origine delle falde
L’acqua di falda può avere diverse origini. Gran parte delle acque
sotterranee sono acque superficiali “riciclate”, ovvero acque di origine
meteorica che sono percolate nel suolo e accumulate in rocce sottostanti
porose e/o fratturate (in prevalenza sedimenti o più raramente rocce
- 46 -
intrusive e metamorfiche intensamente tettonizzate). Non è da escludere
che una parte dell’acqua sotterranea, soprattutto quella delle falde
profonde, sia di origine mista: in parte meteorica e in parte juvenile.
Quest’ultima è rappresentata da quella porzione di acqua presente nel
magma e liberata da fenomeni vulcanici primari e secondari.
Un ulteriore caso particolare è costituito da quello delle falde fossili: si
tratta di accumuli di acque salate o sovrasalate (dette salamoie)
intrappolate nei sedimenti marini al momento della deposizione o migrate
da rocce porose adiacenti.
La ricarica delle falde acquifere
Il livello della superficie freatica è in equilibrio dinamico e dipende dalla
quantità di precipitazioni e dal bilancio tra velocità di infiltrazione (ricarica)
e quella di efflusso dalle sorgenti e dagli alvei fluviali e/o di prelevamento
antropico (emungimento).
I movimenti sotterranei d’acqua sono espressi dalla legge di Darcy, la
quale indica che la velocità di spostamento dell’acqua, all’interno della
falda, è proporzionale alla caduta verticale di quota (dislivello) e alla
permeabilità della roccia serbatoio che la contiene ed è inversamente
proporzionale alla distanza orizzontale.
Tenendo conto della morfologia delle falde acquifere e della loro
profondità, ne risulta che la velocità media di spostamento può variare
nella maggior parte delle falde superficiali tra i 2 e i 15 cm/giorno e nelle
falde profonde tra i 0,5 e i 100 cm/giorno.
I valori di tali velocità potrebbero far pensare che le ricariche degli
acquiferi sono rapide ma esse vanno rapportate, da un lato alle enormi
dimensioni orizzontali delle falde e alle loro profondità, e dall’altro alla
quantità di precipitazioni che costituiscono la ricarica stessa. Ne consegue
che in zone aride, o con un basso tasso di precipitazioni stagionali, la
ricarica può essere molto lenta: è il caso dei pozzi d’acqua scavati nella
formazione di Ogallala, al confine tra Texas occidentale e New Mexico. Qui
la situazione è ormai drammatica: in 100 anni il suo sfruttamento
- 47 -
intensivo (la falda serve una zona con circa 500.000 abitanti) ha portato ad
un abbassamento della superficie di falda di 30 metri. La ricarica è
estremamente lenta a causa della forte e repentina evaporazione dell’acqua
di precipitazione (clima arido e semi desertico, con poca vegetazione che
trattiene l’acqua) e della contemporanea presenza di suoli impermeabili
(argille che ne aumentano il deflusso superficiale). Tali condizioni fanno sì
che il ripristino delle condizioni iniziali sia possibile solo in diverse migliaia
di anni!!!
Il depauperamento della risorsa
Ho già ribadito come tali acque rivestano un ruolo fondamentale per la
sopravvivenza del genere umano e quindi come tali risorse primarie vadano
conservate e protette da interventi che le rendono non adatte agli usi
alimentari e igienici.
L’impatto antropico sulle riserve d’acqua sotterranea ha diverse origini,
da un lato è costituito da una cattiva gestione del territorio e da un
eccessivo prelevamento, dall’altro lato esso è legato ai numerosissimi
processi che inquinano l’intera idrosfera.
Le falde acquifere possono ridursi di volume o addirittura esaurirsi a
causa del rallentamento della loro ricarica, che si ricorda avviene in tempi
lunghi, spesso dell’ordine delle centinaia o migliaia di anni. Il rallentamento
della ricarica porta ad un abbassamento della superficie freatica e tale
processo è incrementato soprattutto dai forti prelievi idrici (attraverso i
pozzi degli acquedotti e dei privati), che rappresentano una forma di azione
diretta. A questo si aggiungono anche numerose forme di impatto indiretto,
che la gente comune spesso non associa al fenomeno dell’abbassamento
della falda.
La
ricarica,
infatti,
può
essere
alterata
grazie
alle
attività
di
disboscamento, le quali portano a una diminuzione dell’infiltrazione
sotterranea e a un conseguente aumento dello scorrimento superficiale
delle acque, che, peraltro, esalta i fenomeni di erosione e di asportazione
del suolo fertile (altra risorsa importante per le società umane). Altra
- 48 -
attività
antropica,
che
porta
a
tali
conseguenze,
è
l’eccessiva
impermeabilizzazione del suolo: infatti attraverso l’uso massiccio di asfalti e
cementi si impermeabilizzano enormi superfici di territorio, che convogliano
così le acque meteoriche nei reticoli idrografici superficiali, impedendone la
percolazione nel suolo e aumentando i volumi di acqua che possono
riversarsi in breve tempo nei corsi d’acqua, con il conseguente aumento del
rischio di fenomeni alluvionali.
Naturalmente, anche se le acque di falda non subiscono riduzioni
consistenti nei volumi, le loro caratteristiche fisico-chimiche, che le
rendono potabili, possono essere alterate da tutti quegli interventi che ne
provocano un inquinamento. Tali fonti inquinanti sono costituite da
migliaia di composti chimici, organici e inorganici, riversati sul suolo o nei
corsi d’acqua da impianti industriali e civili o da attività agricole, quali
coltivazioni e allevamenti intensivi.
Inoltre, in relazione al processo di diminuzione della superficie di falda,
va citato l’aumentato rischio di subsidenza e la conseguente instabilità
geologica del territorio. Sottraendo, infatti, fluido dagli spazi interstiziali,
presenti tra i granuli dei sedimenti, se ne provoca la loro compattazione
con un lento e graduale abbassamento del piano di campagna. Esempi
eclatanti sono riscontrabili in varie parti del mondo: a Città del Messico,
metropoli con milioni di abitanti, l’eccessivo sfruttamento delle falde
superficiali ha indotto l’abbassamento di più di un metro del livello stradale
in molti quartieri, con conseguenti crolli di edifici e di molte infrastrutture.
Ma anche in Italia, la situazione non è più rosea: nella bassa Pianura
Padana, il costante emungimento di acqua dalle falde, associato a prelievi
di gas naturale (metano), ha provocato fenomeni di subsidenza notevoli,
dell’ordine di alcuni decimetri o nel peggiore dei casi di più di un metro
(Rimini → 30 cm; Ravenna → 80 cm e Airano Polesine → fino a 170 cm).
Un ultimo caso di depauperamento è rappresentato dall’ingressione di
acque marine in acque di falda. La sostituzione con acque marine avviene
in zone costiere, cioè prossime al contatto della superficie di falda delle
acque marine. L’aumento dell’emungimento delle acque dolci sotterranee
- 49 -
porta ad un innalzamento della superficie di contatto tra queste e le acque
marine sottostanti, più dense; con il risultato che dal pozzo fuoriescono ora
acque salmastre, non più utilizzabili a scopi alimentari (figura 4). A ciò si
aggiunge che se tali acque sono utilizzate per scopi irrigui ne consegue un
aumento della salinizzazione del suolo con i relativi danni per la
vegetazione, sia quella coltivata, sia quella spontanea. A causa di ciò, vaste
aree costiere, dapprima territori fertili, si stanno tramutando in zone
desertificate, in cui il suolo presenta i tipici crostoni di sale superficiali,
risultato della salinizzazione indotta.
Figura 4 - Normalmente la pressione
dell’acqua dolce di falda mantiene
fuori
costa
la
superficie
di
separazione con le acque marine
sotterranee. Un prelievo esagerato fa
si che la pressione di falda diminuisca
permettendo alle acque marine di
penetrare
sotto
costa,
con
conseguente emungimento di acqua
salata.
- 50 -
La conservazione dell’acqua e del suolo
(Andrea Giordano)
Il Prof. Giordano, offrendo la sua lunghissima esperienza di esperto nella
gestione di terreni aridi, ha presentato un quadro generale molto
interessante e variegato delle tipologie di agro-ecosistemi che in diversa
misura conservano caratteristiche di ‘naturalità’.
Il relatore parte dalla considerazione che, nel ragionare di sostenibilità
ambientale, è bene considerare in modo unitario e congiunto le due grandi
risorse acqua e suolo. Il suolo rappresenta infatti il maggior contenitore
d’acqua delle terre emerse. Con la coppia ‘acqua-suolo’ interagiscono
anche il clima e la vegetazione in modo tale che la trattazione separata di
questi fattori è un artificio espositivo più che una vera realtà.
Egli fa notare che in un ecosistema artificiale le attività praticate
dall’uomo aumentano di numero e contemporaneamente aumentano sia le
modalità di prelievo delle risorse sia le forme di controllo dei processi
naturali, per cui nella maggior parte dei casi pratici connessi con la
pianificazione di un ecosistema si cerca un compromesso tra la situazione
ottimale che si potrebbe determinare dopo lunghe ricerche e costose
operazioni e la situazione reale e contingente del momento presente.
Dopo aver definito i diversi tipi di degradazione delle due risorse prese in
esame distingue, tra le misure da applicare nella gestione di ecosistemi
modificati dall’uomo, quelle preventive, curative, protettive e conclude
ricordando che il buon tecnico dell’ambiente deve sempre cercare di
conoscere i processi naturali e, nei limiti del possibile, non contrastare
l’opera della natura.
Terra e acqua sono due essenziali costituenti dell’ecosistema che in tempi
recenti è divenuto il riferimento dell’uso sostenibile dell’ambiente. Nasce
spontanea una domanda: su quale nozione di ecosistema occorre
oggigiorno basarsi? In un ecosistema totalmente naturale l’uomo dovrebbe
svolgere soltanto attività di raccolta e di caccia, mantenendo quindi un
quasi perfetto equilibrio tra l’offerta naturale ed il prelievo di risorse da lui
esercitato.
In un ecosistema artificiale le attività praticate dall’uomo aumentano di
numero e contemporaneamente aumentano sia le modalità di prelievo delle
risorse sia le forme di controllo dei processi naturali. Il quadro ambientale è
divenuto estremamente complesso sia dal punto di vista tecnico-scientifico
che da quello socio-economico e politico. Per tale motivo nella maggior
parte dei casi pratici connessi con la pianificazione l’ecosistema è
- 51 -
l’espressione di un compromesso tra la situazione ottimale che si potrebbe
determinare dopo lunghe ricerche e costose operazioni, a cui i politici
dovrebbero dare seguito, e la situazione reale e contingente del momento
presente.
Figura 1 - Ecosistema del tutto naturale, relativamente dinamico. La piramide
di terra non è stata erosa come invece è avvenuto all’intorno perché protetta da
un masso che indica oggi il livello del piano di campagna di un tempo. (Bacino
del Rio Prebec, valle di Susa - Torino)
Acqua e suolo, una coppia inseparabile
Per la sostenibilità ambientale è bene considerare in modo unitario e
congiunto le due grandi risorse acqua e suolo. Il suolo rappresenta, infatti,
il maggior contenitore d’acqua delle terre emerse.
Con la coppia acqua-suolo interagiscono anche il clima e la vegetazione,
in modo tale che la trattazione separata di questi fattori è un artificio
espositivo più che una vera realtà.
Una stessa quantità di pioggia può essere trattenuta o perduta secondo
la natura del suolo sul quale essa è caduta: un suolo sabbioso dà luogo ad
una infiltrazione rapida ma la sua capacità di ritenzione è debole,
- 52 -
all’opposto un suolo argilloso ha un’infiltrazione lenta ma una elevata
capacità di ritenzione. Nel primo caso si potrà avere un determinato tipo di
vegetazione o di uso delle terre mentre queste probabilmente saranno
diverse nel secondo caso.
Va poi considerata ancora l’intensità della pioggia in relazione al tasso di
infiltrazione del suolo: se la prima è maggiore di quest’ultimo si
determinerà un ruscellamento e, probabilmente, un processo erosivo.
Un impiego razionale della coppia acqua-suolo introduce il concetto di
bacino idrografico nel quale è necessario considerare sia gli aspetti locali
che condizionano l’uso delle terre sia gli aspetti globali che influenzano il
trasporto liquido e solido a valle. Di qui la necessità di disporre di un piano
generale di gestione che armonizzi tanto la produzione e la protezione locale
quanto quella globale.
Degradazione delle risorse acqua e suolo
Per degradazione si intende qualsiasi processo che diminuisca la capacità
di una data risorsa naturale a produrre beni o servizi.
Le principali forme di degradazione dell’acqua riguardano i seguenti
aspetti:
• RIDUZIONE LOCALE DELLE RISORSE IDRICHE DI SUPERFICIE. Ogni alterazione
del naturale corso delle acque comporta una diminuzione, anche se locale,
della quantità d’acqua. Alcune dighe, ad esempio, sono fatte per
convogliare le acque in località prescelte dove è richiesta una maggior
disponibilità idrica. Ciò significa ridurre la circolazione idrica in alcune
località.
• ABBASSAMENTO DELLA FALDA FREATICA. Dovuta quasi sempre agli intensi
prelievi d’acqua per scopi multipli che vanno dall’agricoltura all’industria
ed ai fabbisogni umani.
• SALINIZZAZIONE
DELL’ACQUA.
Nelle
zone
costiere
del
bacino
del
Mediterraneo la salinizzazione dell’acqua è un fenomeno molto comune e si
- 53 -
verifica quando gli intensi prelievi di acqua dai pozzi inducono l’ingressione
di acqua marina. In aree geografiche aride o semi-aride il responsabile della
salinizzazione dell’acqua di falda è soprattutto la mancata lisciviazione delle
basi contenute nel terreno e localmente anche l’accumulo di sale che si
verifica in agricoltura utilizzando acque salmastre.
• INQUINAMENTO DEI CORPI IDRICI. Tra i principali agenti si citano gli scarichi
industriali e minerari non sufficientemente depurati, lo sbocco non
controllato di alcune reti fognarie e la percolazione in falda di sostanze
indesiderate.
• EUTROFIZZAZIONE DELL’ACQUA. Si tratta di un caso particolare di
inquinamento chimico legato soprattutto all’eccesso di fosforo utilizzato in
agricoltura. Il fosforo, che viene portato in soluzione dal reticolo drenante,
favorisce lo sviluppo delle alghe sia nelle acque interne sia in quelle marine.
La degradazione del suolo può essere ripartita nei seguenti tipi
fondamentali:
• EROSIONE IDRICA. Consiste nell’asportazione e traslocazione di singole
particelle di suolo da parte di un flusso idrico. Questo processo che, a
diverse intensità, è presente quasi ovunque sulla superficie terrestre, è di
tipo naturale e rappresenta la dinamica di una porzione di superficie
terrestre che si mette in equilibrio con le forze che agiscono su di essa.
L’uomo può accelerare molto questo processo o, talora, può persino
determinarlo; si parlerà allora di erosione antropica.
• EROSIONE EOLICA. L’energia del vento è, in questo caso, l’agente che
determina la traslocazione di singole particelle di suolo.
• MOVIMENTO DI MASSA. È la traslocazione, per effetto della forza di gravità,
sovente in sinergia con l’azione dell’acqua, di un intero corpo terroso o
roccioso.
• DEGRADAZIONE
FISICA.
Ogni
azione
che
produce
variazioni
nelle
caratteristiche fisiche del suolo (struttura, tessitura, permeabilità e
riflettanza spettrale) modifica l’equilibrio ambientale di quel suolo. Nella
- 54 -
maggior parte dei casi le modificazioni corrispondono ad altrettante forme
di degradazione.
• DEGRADAZIONE CHIMICA. Vanno compresi in essa tutti quegli apporti di
sostanze che, estranee al suolo, spostano in qualche modo il suo equilibrio
ecosistemico. Tra le principali cause di degradazione chimica vi sono i
metalli pesanti, i radionuclidi, le piogge acide, i diserbanti, i pesticidi e le
dosi eccessive di fertilizzanti di sintesi.
• DEGRADAZIONE PER SALINIZZAZIONE E ALCALINIZZAZIONE. A rigor di logica
dovrebbe essere considerata un tipo di degradazione chimica. Data però la
sua importanza ed estensione nel mondo la FAO ha pensato bene di
metterla in particolare evidenza dandole una voce a sé stante.
• DEGRADAZIONE BIOLOGICA. La FAO fornisce come riferimento per la
degradazione biologica ogni azione che in qualche modo faccia diminuire la
sostanza organica nel suolo.
• SOTTRAZIONE DEL SUOLO PER FINALITÀ DIVERSE DA QUELLE DELLA PRODUZIONE
PRIMARIA
La sottrazione del suolo è particolarmente evidente sui terreni
fertili e pianeggianti nelle zone agricole presso le grandi città.
Figura 2 - Il disboscamento ed il conseguente intenso pascolamento, iniziati fin
dal periodo romano, hanno determinato una accentuata erosione del suolo.
(Monte Catria, Piobbico - Pesaro-Urbino)
- 55 -
Figura 3 - Profilo pedologico di un’area dove è stata a lungo esercitata
l’irrigazione con acqua salmastra senza un adeguato sistema di drenaggio.
L’evaporazione dell’acqua dal terreno ha creato nel tempo una crosta di sale
sulla quale è ora impossibile esercitare l’agricoltura, salvo costose azioni di
bonifica del suolo. (Wadi Shati, Libia)
Negli ultimi tempi il fenomeno dell’erosione del suolo è divenuto più grave
per ragioni multiple. A scala mondiale le cause principali sono:
o taglio delle foreste per lasciare il posto all’agricoltura ed al pascolo e per
ricavare materiale legnoso da opera o combustibile,
o pascolo eccessivo praticato senza aver prima valutato quale sia la reale
capacità di carico animale di quel dato pascolo,
o incendio delle savane e dei pascoli al fine di liberare le superfici dalle
erbe infestanti,
o apertura di nuove strade o piste non protette contro l’erosione o con
manutenzione carente,
o incendio dei boschi per poter praticare l’agricoltura itinerante.
A livello del bacino del Mediterraneo occorre segnalare le seguenti cause
di aggravamento dei fenomeni di erosione del suolo:
o incendio delle foreste,
- 56 -
o livellamento iniziale delle superfici agricole collinari,
o diffusione della monocoltura che lascia nudo il suolo per lunghi periodi,
o compattazione del suolo a seguito del passaggio di mezzi meccanici
pesanti,
o aumento della dimensione dei campi,
o intensificazione delle lavorazioni del suolo,
o lavorazioni effettuate su pendii molto ripidi,
o diminuzione delle concimazioni organiche ed aumento di quelle minerali
utilizzanti prodotti di sintesi,
o eliminazione dei filari di siepi o di alberi nei campi,
o diminuzione nelle cure per la manutenzione in efficienza della rete
drenante dei campi.
Desertificazione
Secondo la definizione delle Nazioni Unite e fatta propria anche
dall’Unione Europea, si parla di desertificazione di fronte ad “una
degradazione delle terre molto forte in ambiente arido, semi-arido e subumido secco. Cambiamenti climatici e le azioni dell’uomo possono influire
sui processi della desertificazione”. La desertificazione esiste pertanto, non
solo in Nord Africa, nel Sahel o nel Corno d’Africa ma anche in ambienti
europei quali la Spagna, la Grecia e l’Italia. Ad aggravare la situazione
concorrono generalmente anche fattori di instabilità politica e di precaria
situazione socio-economica. Alcuni casi di degradazione ambientale
particolarmente intensa e localizzata in una delle fasce climatiche ora citate
permetteranno di cogliere la differenza tra degradazione e desertificazione.
- 57 -
Figura 4 - Invaso,
costruito alla fine del
1800
ed
ora
totalmente riempito
di terra erosa dai
rilievi. Una moderna
procedura
di
VIA
(Valutazione
di
Impatto Ambientale)
avrebbe potuto far
conoscere in anticipo
il rischio di erosione
del suolo e quindi
sconsigliare
la
costruzione
della
diga. (Embalse de la
reina Isabela, Campo
de Nijar, Almeria,
Spagna)
Figura 5 - La desertificazione può essere vista anche come un disequilibrio
molto grave tra le varie componenti ambientali. È possibile quindi che aree
predesertiche possano subire degli allagamenti. (Tozeur, Tunisia)
- 58 -
Approvvigionamento idrico
Preoccupazione costante dell’uomo di tutti i tempi è quella di poter
disporre di un surplus di acqua che gli permetta di far fronte ai momenti di
mancanza degli apporti naturali legati alla pioggia. Soltanto in zone
privilegiate tale preoccupazione non è molto rilevante. Tali zone possono
essere dove le piogge sono continue lungo tutto l’anno, dove le terre sono
ubicate vicino a corsi d’acqua perenne e dove esiste una falda freatica
artesiana. In tutti gli altri casi l’uomo ha dovuto creare delle condizioni
artificiali che gli permettessero di ottenere quella disponibilità desiderata
nelle quantità e nei tempi a lui più confacenti.
Nei casi di esistenza di
una falda freatica sono stati
scavati dei pozzi, nei casi
caratterizzati dalla presenza
di un corso d’acqua una
canalizzazione ha permesso
l’uso della risorsa idrica in
luoghi distanti dal punto di
prelievo. Con gli sbarramenti
su
un
corso
possono
d’acqua
creare
si
ingenti
volumi di acqua disponibile
per
scopi
multipli.
È
da
considerare infine il fatto
che in taluni Paesi in Via di
Sviluppo, dove il clima è
arido o semi-arido, non è
sempre
conveniente
avere
dell’acqua a pelo libero, che
Figura 6 - Pozzo dove il prelievo è facilitato
dall’impiego di una carrucola. (Dintorni di Thiès,
Senegal)
- 59 -
può facilmente evaporare e
che può facilmente essere
un focolaio malarico. In molti casi si preferisce quindi far infiltrare l’acqua
nel sottosuolo e poi estrarla mediante pozzi ubicati a valle.
Figura 7 - Canale costruito dai Romani che porta
l’acqua dalle montagne presso Gerusalemme a
Gerico. (Palestina)
Sistemi irrigui
Una volta che l’acqua è presente sui campi, si tratta di distribuirla in
modo che possa fornire il massimo beneficio per i vegetali coltivati.
Fondamentalmente si distinguono i seguenti metodi irrigui:
• metodi gravitazionali: si intendono tutti quei metodi che consentono di
realizzare l’adacquamento dei terreni senza richiedere la messa in
pressione dell’acqua irrigua. Al loro interno si distinguono ulteriormente
- 60 -
i metodi per sommersione, per scorrimento e per infiltrazione laterale;
• metodi per aspersione: in essi sono compresi tutti quei sistemi che,
imitando la pioggia, fanno giungere l’acqua sui campi sotto forma di
precipitazioni. In questo caso è evidente che l’acqua deve essere in
pressione in quanto essa deve disporre di un’energia capace di portarla
ad alcuni metri di altezza;
• metodi di erogazione di microportate: tra questi sono inclusi l’irrigazione
a goccia, la sub-irrigazione capillare ed altri.
Figura 8 - Tra i sistemi moderni più efficienti per economizzare l’acqua
d’irrigazione in ambienti aridi vi è l’irrigazione a goccia in tunnel di plastica.
Il risultato è la creazione di un ambiente ad elevata umidità di cui
beneficiano le colture. (Coltivazione di ortaggi nella piana di Gerico,
Palestina)
La possibilità che dall’esercizio irriguo possano determinarsi forme di
degradazione del suolo (erosione, compattazione, salinizzazione, ecc.) deve
essere sempre tenuta presente, ricorrendo, ove sia necessario, a misure
preventive.
Nei Paesi in Via di Sviluppo sono diffusi soprattutto i metodi
gravitazionali, sebbene, in ambienti aridi o semi-aridi dove l’acqua è il vero
- 61 -
fattore limitante, stia prendendo piede l’irrigazione per erogazione di
microportate.
Sistemi di conservazione dell’umidità nel suolo
Nel corso della sua storia l’uomo, facendo tesoro delle sue osservazioni,
ha cercato di sfruttare l’umidità naturale dell’aria e di conservare nel suolo
l’umidità che esso poteva avere temporaneamente acquisito. Per la
conservazione dell’umidità l’uomo ha seguito principalmente tre vie:
• modificando in modo permanente la morfologia del luogo,
• modificando in modo temporaneo la superficie del suolo,
• modificando il comportamento dei vegetali coltivati.
Misure preventive di conservazione dell’acqua e del suolo
Con il termine di misure preventive si intende quel complesso di azioni
intraprese dall’uomo al fine di garantire in modo sostenibile la funzionalità
della coppia acqua-suolo. Queste azioni prevedono essenzialmente la
modificazione della morfologia e della copertura superficiale del suolo, la
messa in atto di diverse tipologie di uso delle terre su superfici di modesta
estensione (agroforestry) e/o altri accorgimenti adatti agli ambienti nei
quali essi vengono realizzati.
Misure curative
Si applicano queste misure quando o è in corso o è già avvenuta la
degradazione del suolo. Si cerca allora di recuperare il perduto e di dare
una configurazione al terreno tale che la degradazione non abbia più a
ripetersi. Tali misure vanno dai rimboschimenti sui terreni dove si è
verificata l’erosione alla creazione di fossi di guardia a monte delle località
dove si è prodotto un dissesto, alla costruzione di sbarramenti stabilizzanti
il suolo ed alla bonifica dei burroni e/o dei calanchi.
- 62 -
Misure protettive
Si intendono tali quelle misure che, ubicate in luoghi dove di fatto non
esiste dissesto, servono però ad evitare che zone lontane vengano
negativamente influenzate dai processi che possono determinarsi a partire
da quei luoghi sui quali vengono previste le misure di protezione. Si tratta
per lo più di rimboschimenti, di briglie (sistemazioni idraulico-forestali) e di
frangiventi.
Figura 9 - Linea della costa adriatica (Rimini-Pescara) ripresa da satellite
(autunno 1976). I diversi corsi d’acqua compresi tra il Metauro ed il Tenna
scaricano a mare il materiale solido eroso nel loro bacino idrografico dopo un
periodo di abbondanti piogge.
Telerilevamento per la conoscenza e per gli interventi sulla
conservazione dell’acqua e del suolo
Il telerilevamento (immagini satellitari e foto aeree) è il principale
strumento moderno per identificare e per monitorare le risorse naturali e,
in particolare, l’acqua ed il suolo. La risposta di riflettanza spettrale
dell’acqua varia a seconda del suo grado di purezza. La riflettanza spettrale
del suolo aumenta passando dalle bande del visibile a quelle dell’infrarosso.
L’aumento di riflettanza nell’infrarosso vicino e medio è un segnale
- 63 -
dell’aumento di albedo della superficie, il quale, a sua volta, è un sintomo
di processi di desertificazione probabilmente in corso. Inoltre l’aumento di
riflettanza nell’infrarosso termico è anch’esso un sintomo di probabile
desertificazione.
Occorre notare che in ambienti temperati, quali l’Italia, difficilmente si
può avere la riflettanza del suolo perché quest’ultima è mascherata dalla
vegetazione o dagli usi agricoli delle terre. In questi casi volendo rilevare i
suoli sarà opportuno basarsi sulla geo-morfologia e sulla vegetazione che,
essendo
due
importanti
fattori
della
pedogenesi,
possono
fornire
indirettamente indicazioni sui suoli.
Conclusioni
La conservazione dell’acqua e del suolo è il perno centrale dello sviluppo
di un Paese, ma la sua realizzazione è difficile. Quando si è pressati
dall’urgenza dei problemi si ha la tendenza a trovare delle soluzioni facili e
temporanee che sovente complicano le soluzioni a medio e lungo termine
che, quasi sempre, danno maggior garanzia di razionalità e di sostenibilità.
Un programma a medio o lungo termine dovrebbe essere basato sui
seguenti punti:
o inventario completo delle risorse naturali ed in special modo dell’acqua e
del suolo,
o inventario delle risorse umane e delle loro tipologie gestionali delle terre,
o censimento completo delle tecniche agricole, pastorali e selvicolturali
esistenti nel paese o che potrebbero essere introdotte,
o confronto tra i risultati dell’inventario delle risorse naturali ed umane e i
risultati del censimento delle tecniche,
o selezione delle unità, risultanti dal confronto, che danno il massimo di
garanzia di successo,
o costituzione di diverse zone pilota per validare le soluzioni proposte.
Infine sarà utile ricordare che il buon tecnico dell’ambiente deve sempre
cercare di conoscere i processi naturali e, nei limiti del possibile, di non
contrastare l’opera della natura.
- 64 -
Perturbazioni antropiche del ciclo dell’acqua… con
quali conseguenze?
Il clima terrestre negli ultimi 10.000 anni e i cambiamenti recenti
(Luca Mercalli)
Attraverso lo studio accurato di eventi climatici e la ricostruzione di
probabili scenari passati, è possibile ipotizzare alcuni scenari futuri del
clima sulla Terra, quindi del ciclo dell’acqua e della sua disponibilità per
soddisfare le necessità umane.
Il punto su cui Luca Mercalli più insiste nella sua relazione è la
complessità dei sistemi che regolano il nostro pianeta e che hanno
consentito alla vita di svilupparsi e fiorire sulla Terra senza interruzioni
per quasi 4 miliardi di anni. Il clima è il risultato di un intreccio di cause
molto diverse tra loro (dall’attività solare al contenuto di gas serra in
atmosfera, alle eruzioni vulcaniche). Mentre è relativamente facile - al
giorno d’oggi - individuare numerose componenti del sistema, è
impossibile prevederne l’evoluzione futura, perché le relazioni tra le
diverse variabili sono di tipo non lineare: non ci sono solo rapporti di
causa-effetto, ma meccanismi di ‘feed-back’ che creano processi ciclici e
interdipendenze con esiti del tutto imprevedibili.
Il relatore esorta quindi ad assumere atteggiamenti prudenti e - anche se i
dati relativi al riscaldamento globale sono controversi - ad applicare il
principio di incertezza e ‘trattare’ con rispetto il fragile equilibrio climatico
del sistema terra.
Il clima, un sistema complesso
«Les saisons et les années se reviennent et se succèdent, mais elles ne se
ressemblent pas»2.
Con
queste
parole,
Georges
Carrel,
direttore
dell’Osservatorio
meteorologico di Aosta, nel 1847 coglieva l’essenza di quelli che oggi
chiamiamo sistemi non-lineari, tra i quali il clima è rappresentante
d’eccellenza. Non era considerazione banale per i tempi. Il positivismo
imperava da circa una ventina d’anni, anche il Carrel ne era influenzato,
ma con misura: nutriva fiducia che l’osservazione dei fatti con metodo
scientifico avrebbe condotto un giorno alla comprensione dei fenomeni
meteorologici e finalmente a prevedere il tempo, e aveva ragione, visto che
proprio
2
oggi
possiamo
dire
realizzato
questo
«Le stagioni e gli anni vanno e vengono e si succedono, ma non si assomigliano.»
- 65 -
sogno.
Ma
contemporaneamente aveva percepito che eccessive semplificazioni dei
problemi posti dalla natura non conducevano ai risultati attesi. In
particolare la ricerca delle ciclicità nel clima lo lasciava scettico: «[...] Un tel
hiver [rigoreux] après une aussi belle année [1846], prouve évidemment que
de l’été précédent, on ne peut déduire des probabilités pour l’hiver
suivant...»3.
Oggi, la luce gettata da un lato sul passato (dalla paleoclimatologia),
dall’altro sul futuro (dai modelli numerici di simulazione della circolazione
atmosferica generale), permette di affermare che il sistema climatico è il
risultato di un delicato equilibrio tra interazioni non-lineari (e quindi con
una porzione di comportamento caotico) che coinvolgono in una intricata
rete la fisica dell’atmosfera e degli oceani, le risposte della biosfera, e - in
maniera più evidente da un paio di secoli a questa parte - anche le scelte
economiche e politiche dell’umanità.
Complessità climatica
Il clima terrestre è frutto di un continuo flusso di energia (proveniente dal sole) e materia
(vapore acqueo, CO2 e altri gas) tra atmosfera, oceani, vita animale e vegetale, suolo e
vulcani. Nel corso delle ere geologiche il clima terrestre ha raggiunto diversi stati di
equilibrio, come quello attuale oppure quello delle ere glaciali, rispondendo a fattori
“forzanti” esterni, vale a dire variazioni nell'attività solare, differente geometria dell'orbita
terrestre, e interni, come il contenuto atmosferico di gas serra o di ceneri vulcaniche. La
variegata combinazione di questi fattori fa del clima terrestre un sistema in perenne
mutamento. Esso è dunque un sistema instabile ma non ciclico, nel senso che mai si
ripropongono condizioni identiche. In questo sta il significato del termine “complesso”,
che non vuol dire solo “complicato” ma significa che tutte le interazioni tra le molteplici
variabili sono legate dalla dinamica non lineare, ovvero non sono riducibili a equazioni
dove il rapporto causa-effetto è identificabile e prevedibile con accuratezza. E c’è
dell’altro, nella dinamica non lineare talora piccole cause possono dare grandi effetti, il
noto effetto farfalla scoperto dal meteorologo Edward Lorenz. Seguendo Luigi Sertorio
(2002): “Complesso include il clima, l’ecosistema, la collettività umana. Qui compaiono il
concetto di biforcazione e il concetto di frattale. (…) Le equazioni non lineari possono anche
ospitare delle biforcazioni, come ad esempio degli scambi di stabilità, il che vuol dire che,
modificando uno o più parametri regolatori, tutta l’architettura complessa delle soluzioni
delle equazioni governanti può cambiare. E qui si tratta della comprensione dell’andamento
globale di tutta la Terra, e di tutta la vita che essa ospita”.
Oltre 10000 anni fa: le glaciazioni del Pleistocene
Nell’ultimo mezzo milione di anni la terra ha conosciuto quattro periodi
«Un tale inverno [rigido] dopo un anno così bello [1846], prova evidentemente che dall’estate precedente non
si possono trarre previsioni per l’inverno seguente.»
3
- 66 -
glaciali, il cui innesco fu dovuto in massima parte a modifiche nell’assetto
orbitale della terra e alle conseguenti variazioni dell’energia solare in arrivo.
La periodicità tra i diversi massimi glaciali è stata di circa 100.000 anni,
secondo la teoria del matematico serbo Milutin Milankovitch (1879-1958)
ed è stata confermata sia dall’analisi dei sedimenti oceanici, sia dal
carotaggio della calotta glaciale antartica (Vostok ed EPICA - European
Project for Ice Coring in Antarctica) e della Groenlandia (GISP2-Greenland
Ice Sheet Project 2 e GRIP-Greenland Ice Core Project).
Il contributo più rilevante di questi carotaggi è la ricostruzione del
contenuto di gas serra in atmosfera (analisi delle bollicine d’aria
intrappolate nel ghiaccio) e della temperatura atmosferica al momento della
formazione del ghiaccio (rapporto isotopico
18O/16O).
La ricostruzione della temperatura tramite la determinazione del rapporto
isotopico 18O/16O.
Il metodo è basato sulla misura del rapporto tra i due isotopi stabili dell’ossigeno in
campioni prelevati da ghiacciai o da sedimenti oceanici. L’ossigeno è di norma composto
da 8 protoni e 8 neutroni, che gli conferiscono un peso atomico pari a 16 (16O), detto
anche ossigeno “leggero”. Una piccola frazione di atomi d’ossigeno (circa 1 su 500) ha 2
neutroni in più, il peso atomico è allora 18 (18O), detto anche ossigeno “pesante”. Il
ghiaccio di ghiacciaio ha una relativa abbondanza di ossigeno pesante se si è formato in
periodi caldi. Infatti il rapporto 18O/16O nell’acqua dipende dall’evaporazione: l'acqua con
16O, essendo più leggera, evapora maggiormente, ma nei periodi miti rientra nel ciclo
idrologico e torna rapidamente al mare in modo che il rapporto 18O/16O rimane costante,
nei periodi freddi invece parte dell'acqua viene immobilizzata nei ghiacciai, dove la
concentrazione di 16O aumenta rispetto a quella di 18O, che tende invece a rimanere nei
mari. Essendo noto il valore medio del rapporto prevalente nell'atmosfera e nell’oceano,
una differenza significativa da tale valore corrisponde ad una variazione di temperatura.
Una diminuzione di 1 parte per milione di 18O nel ghiaccio corrisponde a una
diminuzione di 1.5°C nella temperatura al momento dell’evaporazione dell’acqua dalla
superficie oceanica. La misura del rapporto isotopico 18O/16O è espressa di solito come
deviazione (δ) dal rapporto standard dove δ(18O) = [rapporto isotopico nel
campione]/[rapporto standard]-1). Durante i periodi glaciali gli oceani si arricchivano di
18O, portando una deviazione isotopica positiva (+1 per mille) mentre i ghiacciai si
impoverivano di 18O, mostrando una deviazione isotopica negativa (-30 per mille).
Durante i massimi glaciali la temperatura media terrestre era di 6÷8°C
inferiore all’attuale, ma nelle zone polari si giunse fino a 10÷14 gradi in
meno.
L’inizio della fusione dei ghiacci dell’ultima era glaciale (LGM), evidenziato
dall’aumento di livello dei mari, ha avuto luogo circa 19000 anni fa, con i
- 67 -
maggiori eventi di deglaciazione collocabili circa 14000 e 11000 anni fa.
Approssimandosi all’orizzonte dei 10000 anni fa ha inizio l’Olocene, ovvero
il periodo della storia terrestre nel quale ci troviamo tuttora, caratterizzato
da temperature relativamente stabili (variazioni comprese tra 1÷3°C) e
favorevoli allo sviluppo dell’umanità.
Dalle analisi della carota glaciale di Vostok (Antartide) si è potuta
ricostruire la concentrazione di CO2 e la variazione di temperatura negli
ultimi 400.000 anni (figura 1). È ben visibile l’alternarsi delle 4 ere glaciali
con i periodi caldi interglaciali. È rilevante notare che la concentrazione di
CO2 non ha mai oltrepassato le 300 ppmv (parti per milione in volume),
mentre attualmente è attorno alle 373 ppmv (dato non riportato sul grafico,
uscirebbe dalla scala!).
Anche se sono ancora molti i dubbi nell’interpretazione dell’esatto
meccanismo di azione-reazione tra andamento della concentrazione di CO2
e temperatura atmosferica, è tuttavia chiaro che le due grandezze sono
fortemente correlate.
Figura 1 – Temperatura e concentrazione di CO2 dell’atmosfera negli ultimi 400.000
anni (in base ai carotaggi effettuati a Vostok).
- 68 -
Gli ultimi 10000 anni: dai ghiacciai ai mandorli
La ricostruzione del clima degli ultimi 10000 anni, periodo detto Olocene,
può essere tentata grazie agli apporti delle ricerche effettuate in tutte le
Alpi, ma è ben lungi dal rappresentare un risultato definitivo e sicuro.
L’andamento termico è l’unico sul quale è possibile proporre un quadro
accettabile, sia pur - e ciò lo si ribadisce ancora una volta - non scevro da
incertezze.
Attorno a 11000 anni fa ha termine l’ultima glaciazione o LGM-Last
Glacial Maximum (anche nota come Würm, nomenclatura oggi non più
ritenuta significativa). La temperatura media, allora di circa 5÷6°C inferiore
all’attuale, inizia rapidamente a risalire, sia pur interrotta da brutali
episodi freddi probabilmente connessi con l’instaurarsi di una nuova
circolazione delle acque atlantiche. L’ultimo episodio freddo, collocabile
circa 11600 anni fa, è il Dryas recente dal nome della Dryas octopetala
(Camedrio alpino), piccola rosacea dai fiori bianchi, indicatrice di climi
boreali. In seguito la temperatura va aumentando fino a raggiungere
l’Optimum Termico Olocenico, culminato tra 7 e 6 millenni dal presente e
mai più eguagliato; è in questo periodo mite che si può collocare il massimo
sviluppo della torbiera del ghiacciaio del Rutor (Valle d’Aosta, presso il
Piccolo San Bernardo). Qui, a quota di circa 2500 m, presso l’attuale fronte
del ghiacciaio, sono affiorati - tra il 1957 e il 1970 - i resti di una torbiera
in ottimo stato di conservazione. I campionamenti e le analisi polliniche
hanno consentito di tracciare un quadro della storia del clima locale. Le
date
14C
ottenute dai sedimenti più antichi evidenziano che il ghiacciaio era
ridotto a dimensioni simili o inferiori a quelle attuali a partire da circa
10000 anni fa; subito dopo aveva inizio la deposizione continua di torba
protrattasi fino a circa 5500 anni dal presente, limite temporale oltre il
quale il ghiacciaio sembra aver ripreso dominio dell’area, con estensioni a
tratti maggiori, a tratti prossime alla situazione recente. Questo lungo
periodo, noto come Neoglaciazione è culminato con le avanzate della Piccola
Età Glaciale (1450÷1850). Il successivo rapido ritiro ha portato il ghiacciaio
del Rutor in una posizione che attualmente è quasi prossima alle
- 69 -
dimensioni che aveva nella fase di optimum climatico olocenico, scoprendo
dunque il deposito torboso.
Temperatura media Europa sud-occidentale negli ultimi 10 000 anni
Sviluppo
torbiera Rutor
18
Optim um term ico
Olocenico
Optim um
term ico Età
Rom ana
Optim um
term ico
Medievale
Clim a
attuale
17
Temperatura °C
16
15
14
13
Fine ultim a
Glaciazione
(LGM) -Episodio
freddo «Younger
Dryas»
12
11
Episodio
freddo
«Misox»
Oscillazioni
fresche e
um ide
«Piora»
Età del
bronzo
10
11
10
9
Episodio
freddo
«Neoglaciale
8
7
6
5
4
3
Tem po in m igliaia di anni dal presente (BP)
Piccola
Età
Glaciale
Età
del
ferro
2
1
0
L. M ercalli, 2001 - SM I Torino, www.nimbus.it
Figura 2 – Temperatura media in Europa sud-occidentale negli ultimi 10.000 anni.
Tornando alla visione su scala alpina, attorno a 5500 anni fa compaiono
alcune oscillazioni fresche, denominate «Piora» dall’omonima valle ticinese
dove sono state identificate mediante analisi di pollini fossili. Nuova ripresa
del clima mite verso 4500 anni fa, ma meno pronunciata. Tra 4 e 3 millenni
dal presente - siamo in piena Età del bronzo - si assiste a una moderata
oscillazione tra climi freschi e miti, fino a un episodio freddo della
«Neoglaciazione», probabilmente suddiviso in più fasi, ma comunque non
più intenso della successiva «Piccola Età Glaciale». È collocabile qui l’Età del
Ferro, cui fa seguito l’Età Romana, nuovamente assai mite e dunque
probabilmente
favorevole
alla
colonizzazione
alpina.
Un
moderato
peggioramento climatico interessa l’inizio del Medio Evo, seguito da un
nuovo periodo mite verso l’Anno Mille, l’Optimum Termico Medievale. Qui i
documenti storici cominciano a farsi via via più fitti e confermano il quadro
dei dati geofisici. Per esempio, verso la metà del 1300 in Valle d’Aosta si ha
l’apice dell’attività dei canali d’irrigazione (ru), attribuiti, almeno in parte,
- 70 -
ad una reazione a un periodo di siccità e di temperature elevate. I valichi
d’alta quota erano allora attivamente frequentati senza mostrare troppi
condizionamenti per via dell’innevamento persistente. Per esempio, Piero
Giacosa, nel suo volume dedicato a Cogne (1925) scrive: «Il comune di
Cogne possedeva nell’alto Canavese sulla montagna di Teleccio, in val di
Piantonetto sopra Locana, dei pascoli e le mandrie per molti anni valicarono
dall’uno all’altro versante della catena per un passaggio che ora è occupato
da un ghiacciaio ed è affatto impraticabile al bestiame [colle di Teleccio,
3304 m]».
Dopo il 1450 si fa gradualmente strada la Piccola Età Glaciale, il
deterioramento climatico forse più spiccato dell’intero Olocene, che segnerà
profondamente l’ambiente glaciale e la cultura alpina fino al 1850. I
documenti storici sull’argomento si fanno assai numerosi e riguardano in
particolare la graduale chiusura dei valichi di alta montagna da parte dei
ghiacci permanenti e l’avvio di un’imponente fase di avanzata dei ghiacciai
che porterà le loro fronti a lambire i terreni a pascolo e in alcuni casi il
fondovalle, in particolare nella zona del Monte Bianco (in proposito fa
scuola l’ormai classico Le Roy Ladurie, 1968). Significativo il commento di
Marc Theodore Bourrit, che nel 1785 in Nouvelle Description des Glacier de
Savoye, a proposito dell’antica comunicazione fra Chamonix e Courmayeur,
scrive: «Les glaces se seront donc augmentées, non tout-à-coup, mais
insensiblement; des sommités elles seront descendues dans la vallée, se
pressant les unes les autres, se précipitant et s’accumulant dans les gorges
où etoient les ancien passages, et ces gorges comblées par le temps, se
seront élevées et auront présenté un rampart de glace à ceux qui vouloient
tenter les franchir. Telle sont les causes qui auront changé la face de cette
vallée, et fermé pour toujours le chemins qui conduiseront à la Val d’Aoste»4.
La considerazione è ben confermata dall’ingegnere idraulico torinese
«I ghiacci saranno dunque aumentati, non tutto ad un tratto, ma insensibilmente; saranno scesi dalle cime
verso la vallata, spingendosi gli uni con gli altri, precipitando e accumulandosi nelle gole dove c’erano gli
antichi passaggi e queste gole riempite nel tempo, si saranno innalzate ed avranno presentato un muro di
ghiaccio a coloro i quali volevano tentare di superarle. Tali sono le cause che avranno cambiato l’aspetto di
questa vallata e chiuso per sempre i sentieri che conducevano alla Valle d’Aosta.»
4
- 71 -
Giuseppe Castellani, che in un saggio sull’influenza delle selve sul corso
delle acque, pubblicato a Torino nel 1818, accenna all’aumento delle masse
glaciali in Valle d’Aosta in atto da circa 50 anni (più o meno dal 1770). Il
commento, scritto da un uomo di scienza, non sembra affetto da
esagerazioni o secondi fini, é ricco di riferimenti topografici relativi a nuovi
apparati glaciali, e conferma i problemi di transito per gli alti valichi
nonché la crisi della coltivazione del mandorlo in Valle d’Aosta e dell’olivo
sulle colline d’Ivrea.
Sul Monte Rosa, dettagliate analisi sulle variazioni glaciali sono state
condotte da Umberto Mònterin negli anni 1930: si mette in luce il notevole
progresso delle fronti con le pulsazioni nette del 1820 e del 1850: il
ghiacciaio del Lys giunge fin nei pressi dell’Alpe Courtlys, a circa 2000 m di
quota. Una prima marcata fase di regresso avverrà dopo il 1870 e la
seconda dopo il 1920 porterà il ghiacciaio alle condizioni attuali, in
continuo regresso. Oggi la fronte è nella sua posizione più arretrata
dall’inizio delle misure e forse dall’inizio stesso della Piccola Età Glaciale;
dal 2002 al 2003 l’arretramento è stato di ben 38 m.
Figura 3 – Spostamento della fronte del ghiacciaio del Lys tra il 1812 e il 2003,
periodo in cui è arretrato, con fasi alterne, di 1285 m.
- 72 -
In anni recenti il contributo più importante alla metodologia di studio
della storia del clima viene da Christian Pfister che, in particolare per la
Svizzera, ha ricostruito gli indici di evoluzione termopluviometrica a partire
dal 1496 sulla base delle cronache storiche. L’informazione che emerge è
che anche la Piccola Età Glaciale non è stato un periodo di condizioni
climatiche continuamente impostato sul freddo bensì un susseguirsi di fasi
critiche più fredde ed altre più miti; la combinazione di alcune sequenze di
anni anomali - per esempio più freddi e nevosi della norma - era sufficiente
a condizionare pesantemente l’agricoltura e ad attivare le pulsazioni
glaciali.
Figura 4 - Il ghiacciaio di Pré de Bar, sul versante italiano del Monte Bianco, come si
presentava nel 1897 e oggi. In circa un secolo il ghiacciaio è arretrato di 500 m. Sulle
Alpi, la riduzione areale dei ghiacciai nello stesso periodo è dell’ordine del 40%.
Le cronache storiche sono infatti in apparenza contraddittorie: ad anni di
gran freddo vengono contrapposti episodi di caldo fuori stagione con
fioriture delle piante in pieno inverno, il che lascia intravedere, pur in un
- 73 -
quadro termico di circa 1,5°C inferiore a quello attuale, soprattutto una
maggior variabilità interannuale.
Gli ultimi 150 anni: dalla Piccola Età Glaciale al riscaldamento
globale. Il contributo delle serie di dati meteorologici
Dopo il 1850 il clima torna a farsi più mite, fino al netto aumento termico
del presente. In questo periodo la disponibilità dei dati meteorologici viene
a migliorare il quadro della comprensione delle variazioni climatiche. La
temperatura globale è cresciuta nell’ultimo secolo di circa 0,7°C ed esiste
una forte correlazione con la curva di aumento della concentrazione di gas
serra.
Figura 5 - La serie delle temperature medie annue sull’intero arco alpino, dal
1760 al 2000. Pur con alcuni episodi miti verso la fine del 1700, il periodo più
recente mostra una netta tendenza all’aumento termico (+1,1°C dal 1890). La
curva è ottenuta dall’analisi di 97 serie storiche dei paesi alpini, effettuata da
BOEHM e collaboratori nell’ambito del progetto europeo ALPCLIM (2001,
ZAMG, Vienna).
Spesso si avanzano dubbi sull’attendibilità delle antiche misure di
temperatura. Vero è che in oltre un secolo di osservazioni si sono
accumulati errori, l’ambiente circostante le stazioni meteorologiche si è
urbanizzato, ma nonostante ciò, il segnale verso l’aumento termico è
- 74 -
confermato dalla riduzione dei ghiacciai, fenomeno diffuso in quasi tutto il
mondo. Sulle Alpi, rispetto a un secolo fa, la superficie glaciale si è ridotta
di oltre il 40%, fatto che si accorda con il lavoro di Reinhard Boehm del
servizio meteorologico austriaco, il quale grazie ai colleghi degli altri paesi
alpini ha raccolto i dati di tutte le più lunghe serie climatiche, evidenziando
un aumento di circa 1°C negli ultimi 150 anni.
Figura 6 - L’andamento della temperatura media annua a Torino, dove i
rilevamenti sono iniziati nel 1753, mostra una evidente tendenza
all’aumento. Parte di tale incremento è da attribuirsi all’urbanizzazione
(effetto isola di calore), ma il segnale climatico è comunque realistico.
Talora si adduce a prova dell’incertezza dei dati paleoclimatici il fatto che
attorno all’Anno Mille la Groenlandia era verde e abitata, che i ghiacciai
alpini erano più ridotti di oggi e il limite altimetrico del bosco era più
elevato, che la vite era coltivata in Inghilterra e l’olivo in Piemonte. Ma non
si tiene conto che la rapidità del cambiamento di questi ultimi anni non ha
ancora avuto il tempo di agire sul paesaggio: occorrono decenni prima che i
ghiacci liberino il suolo, si insedino erbe in grado di produrre humus, ed
infine crescano gli alberi. Più facile introdurre con l’agricoltura specie
nuove, ma oggi chi si sognerebbe di impiantare il vigneto in condizioni
- 75 -
marginali quando i vivaci traffici commerciali sono in grado in poche ore di
importare i migliori vini dalle zone d’origine vocate? I periodi di optimum
climatico dell’ultimo millennio potrebbero dunque essere stati il risultato di
lunghe sequenze di anni con temperature sia pur miti ma inferiori alle
attuali. Il ritrovamento dell’uomo del Similaun che da 5000 anni giaceva
sotto i ghiacci dell’Alto Adige, estende questa considerazione ad altri 4
millenni. Del resto, è difficile stabilire in quale misura l’intervento umano si
sovrapponga al segnale climatico naturale, ma L’IPCC, la più autorevole
fonte internazionale per lo studio dei cambiamenti climatici, ritiene che
esso stia cominciando a mostrare i primi “sintomi” che esulano dalla
variabilità naturale dell’ultimo millennio. I modelli di simulazione del
comportamento del clima a scala globale stimano aumenti termici tra 2 e
6°C entro i prossimi 100 anni. (IPCC, 2001).
Figura 7 – Le variazioni di temperatura sulla superficie
terrestre degli ultimi secoli in diverse zone climatiche.
- 76 -
L’estate africana del 2003: un caso isolato o un segnale
d’allarme?
Dall’inizio di maggio alla fine di agosto 2003 una fase di caldo anomalo e
straordinario
ha
interessato
l’Europa
centro-meridionale
e
le
Alpi,
assumendo caratteri di eccezionalità per la lunga durata, i valori medi
stagionali e i singoli picchi giornalieri di temperatura massima. Dalla lunga
serie storica di riferimento relativa a Torino, iniziata nel 1753, si evince che
mai si era avuta un’estate così calda, con temperature medie stagionali di
2-3°C superiori ai precedenti massimi noti.
Torino - Temperatura media estiva dal 1753 al 2003
°C
2003
29
l'estate più calda
27
25
23
21
19
1993
1973
1953
1933
1913
1893
1873
1853
1833
1813
1793
1773
1753
17
Figura 8 – Serie delle temperature medie estive per Torino dal 1753 al 2003.
Anche a livello giornaliero sono stati raggiunti valori mai misurati in
precedenza: a Torino per la prima volta in 250 anni è stata superata la
soglia dei 40°C, con una punta di ben 41.6°C il giorno 11 agosto; ad AostaSt-Christophe i picchi termici più elevati si sono avuti il 25 giugno con
38.6°C e l’11 agosto con 38.5°C, valori entrambi superiori al massimo
precedente di 38.0°C, registrato nel luglio 1957. A rendere eccezionale la
situazione
nel
complesso
ha
contribuito
un
pronunciato
deficit
pluviometrico, iniziato fin da gennaio e protrattosi anche nel cuore
dell’estate.
Sebbene non si possano effettuare considerazioni sull’evoluzione del
- 77 -
clima in base a un singolo episodio, lo straordinario caldo anomalo che ha
interessato l’Europa nell’estate 2003 è coerente con le ipotesi formulate
dalla comunità scientifica internazionale circa il riscaldamento globale
dovuto all’incremento dell’effetto serra.
Precipitazioni: in leggera diminuzione rispetto al XIX secolo
Per le precipitazioni la descrizione degli andamenti è più problematica. Si
ha una spiccata variabilità interannuale e i dati sono maggiormente
dispersi, sia nel tempo, sia nello spazio. Limitandosi all’esame di serie
storiche dell’Italia settentrionale, non è possibile individuare alcuna
tendenza nel corso del XX secolo, ma è riscontrabile un lungo periodo
dall’inizio
del
1800
fin
verso
il
1860
caratterizzato
da
apporti
frequentemente superiori alla media. Gli ultimi 70 anni mostrano
un’alternanza di periodi ora più ora meno piovosi, senza alcuna periodicità
significativa.
Al Sud Italia alcuni Autori rilevano una tendenza alla riduzione delle
precipitazioni.
A nord delle Alpi l’unica tendenza rilevabile sembra essere un incremento
del 20÷30% delle precipitazioni invernali nell’ultimo secolo (Schmidli & al.
2001).
Torino - Precipitazioni annuali dal 1803 al 2003
mm
1900
Fonte: G. Di Napoli, L. Mercalli,
www.nimbus.it
1700
1500
1300
1100
900
700
500
2000
1989
1978
1967
1956
1945
1934
1923
1912
1901
1890
1879
1868
1857
1846
1835
1824
1813
1802
300
Figura 9 - Torino: la lunga serie storica delle precipitazioni, iniziata nel 1802, non
mostra particolari tendenze.
- 78 -
Precipitazioni intense: per ora non sembrano in aumento, ma
l’analisi statistica è complessa
La ricerca di tendenze nella distribuzione degli eventi pluviometrici rari di
forte intensità è estremamente complessa e soggetta a delicati problemi di
interpretazione statistica, come hanno mostrato Frei & Schär (2001b) nel
loro lavoro sulle precipitazioni in Svizzera: per le piogge intense hanno
trovato un leggero incremento di frequenza in inverno e in autunno sul
versante nord delle Alpi e nessuna tendenza significativa a sud (Ticino).
Per il momento è presto per annunciare precisi andamenti validi a larga
scala.
Il riscaldamento è un fenomeno globale, ma non è uniforme né nel tempo
né nello spazio. Il sistema climatico è molto dinamico, non sono le modeste
variazioni alla scala di giorni o di mesi a farne da specchio, ma sono le
tendenze sul lungo periodo considerate sull’intero pianeta. Spesso si
prendono come sintomo del cambiamento climatico gli eventi estremi, che
si prestano magnificamente per fare notizia. In effetti è ragionevole ritenere
che l’aumento termico possa portare in futuro a un più attivo scambio
energetico tra atmosfera e oceani, con incremento di precipitazioni violente,
siccità, tempeste. Ma per il momento è difficile individuare se gli eventi
meteorologici estremi stiano aumentando di frequenza. I lavori di Glaser
(Università di Heidelberg) sulle alluvioni registrate in Europa centrale fin
dal 1300, evidenziano che l’attuale comparsa di fenomeni estremi ha già
Figura 10 - La piena dell’Elba dell’Agosto 2002 a Dresda, in
base alle cronache storiche, sembra aver avuto un tempo di
ritorno millenario (da ricerche di Ch. Pfister, PAGES website).
- 79 -
visto precedenti di pari o superiore entità in secoli passati; un lavoro
recente conferma tuttavia che le grandi piene dell’Elba nell’Agosto 2002
hanno avuto un tempo di ritorno millenario, ma è difficile associare tale
estremo a una tendenza.
Le analisi delle precipitazioni secolari condotte in Svizzera da Frei
(Università di Berna), hanno mostrato un leggero incremento nelle piogge
invernali, non necessariamente legato ad episodi alluvionali. Insomma, per
gli eventi estremi resta difficile isolare il segnale climatico antropico da
quello naturale: forse abbiamo una qualche responsabilità, una frazione
percentuale di un’alluvione o di una siccità potrebbe portare la nostra
firma, ma non sappiamo quantificarla. Quindi è un argomento da
affrontare
con
cautela,
a
differenza
di
quello
dell’aumento
della
temperatura, che è più netto. Quel che è certo è che aumentano i danni, in
risposta a una maggiore occupazione del territorio da parte delle
infrastrutture
antropiche,
e
bene
fa
l’Organizzazione
Meteorologica
Mondiale a pubblicare da qualche anno le gravissime statistiche dei
disastri meteorologici nel mondo (www.wmo.ch), ma attenzione, non tutti
sono colpa dell’incremento dell’effetto serra.
Neve caduta: quasi il 20% in meno nell’ultimo secolo
L’analisi di molte serie storiche in zona alpina mette in evidenza
un’ampia variabilità interannuale del fenomeno. Tuttavia si individua una
diminuzione degli apporti nel corso degli ultimi 15 anni.
La minore durata della neve al suolo nel periodo recente è sicuramente
legata alla riduzione delle quantità di neve fresca caduta, ma l’incremento
termico degli ultimi 15 anni e la maggiore frequenza di ondate di calore nel
periodo primaverile, associate a scarse precipitazioni, può avere contribuito
ad accentuare tale tendenza. La tendenza all’aumento termico potrà
compromettere la durata del manto nevoso soprattutto alle quote mediobasse.
- 80 -
Figura 11 - Nelle Alpi occidentali, l’analisi regionalizzata degli
apporti di neve annui, mostra un’ampia variabilità. Gli ultimi 15
anni denotano un deficit prolungato. (SMI, Torino).
Le conseguenze del riscaldamento globale
Le regioni alpine, per la varietà degli ambienti e i delicati equilibri che li
distinguono, sono particolarmente esposte alle variazioni climatiche, siano
esse naturali o indotte dall’uomo. Un’ottima sintesi in italiano su questo
tema è in Barry & Price (2000). La Svizzera, territorio limitrofo e affine alla
Valle d’Aosta, ha da tempo intrapreso un organico programma di
quantificazione dei cambiamenti climatici e dei loro impatti sugli ecosistemi
e sull’economia montana: si tratta del progetto PROCLIM che ha portato alla
pubblicazione di vari rapporti su Rischi climatici, disastri naturali ed
economia svizzera (Bader & Kunz, 2000), frutto dell’incontro tra esperti
delle università, compagnie di assicurazione, settore bancario, industria
privata
e
integriamo
organizzazioni
qui
alcuni
governative
punti
che
e
ambientali.
possono
essere
Riassumiamo
di
guida
e
per
approfondimenti.
Settore bancario
Il cambiamento climatico avrà un notevole impatto sull’economia globale
e locale, che potrebbe manifestarsi dopo l’anno 2010 acuendo i grandi
contrasti tra regione e regione, intensificando il divario sociale Nord-Sud. Il
- 81 -
carattere globale del cambiamento del clima causerà notevoli flussi di
capitali nel settore della prevenzione dei danni e della progettazione dei
cambiamenti
strutturali;
l’effetto
netto
sull’economia
sarà
complessivamente negativo. Particolari impatti saranno subiti dal settore
dell’energia, trasporti, turismo, costruzioni, assicurazioni, agricoltura,
ricerca e sviluppo. Gli effetti economici sulle transazioni bancarie di settore
come il turismo invernale e le assicurazioni sono già percepibili oggi.
Settore assicurativo
L’impresa assicurativa è abituata a lavorare secondo il concetto della
massima
perdita
probabile
o
possibile.
In
questo
caso
anche
il
cambiamento del clima deve essere considerato in modo molto serio sia a
livello di lente variazioni della media, sia di diversa frequenza di eventi
estremi. I rischi minori possono essere affrontati con risorse correnti e
disponibili e le misure di soccorso riportano il sistema alla normalità. Nel
caso di rischi di media portata, vengono chiamate in causa risorse
ausiliarie delle istituzioni, ma sul sistema colpito vengono già affrontati i
livelli catastrofici (ad esempio l’alluvione di Briga del settembre 1993, che
colpì anche l’Ossola e la Valle d’Aosta, e - dopo - quella dell’ottobre 2000).
Nel caso dei rischi a grande scala l’intero sistema in questione viene
indebolito al punto che le misure ricostitutive sono scarsamente efficaci o
del tutto inattuabili. L’intera sopravvivenza del sistema è messa in dubbio.
È importante evidenziare che l’assicurazione contro le catastrofi naturali
non è illimitata. La popolazione non deve cadere nella falsa sicurezza
indotta dal ritenere che sia possibile assicurarsi contro qualsiasi evento.
Settore agricolo
L’agricoltura sarà fortemente colpita dal cambiamento climatico. Entro
certi limiti le perdite produttive causate dal clima potranno essere
compensate da nuove tecnologie e pratiche agronomiche (irrigazione con
costruzione di invasi, colture protette, protezioni antigrandine, scelta
genetica). L’adozione di questi nuovi metodi richiede tuttavia ingenti
- 82 -
capitali e contro gli eventi estremi solo le compagnie assicurative possono
offrire
protezione
finanziaria.
L’estensione
delle
zone
favorevoli
all’agricoltura nei territori di montagna non porterà sostanziali vantaggi per
la difficoltà di introdurre pratiche meccanizzate che rimarranno privilegio
delle aree di pianura e bassa valle. L’aumento della disponibilità termica
invernale è causa di anticipi vegetazionali con spostamento delle fasi
fenologiche di prefioritura e fioritura verso la fine inverno/inizio primavera.
Tale anticipo espone le colture ad un maggior rischio di danneggiamento in
caso di gelate tardoprimaverili, anche di breve durata, ma assai frequenti
nella casistica climatologica locale. L’aumento della temperatura potrebbe
inoltre esporre le colture a una possibile proliferazione di patogeni fungini e
insetti che potranno causare ingenti perdite di prodotto e determinare un
incremento dei mezzi chimici di difesa. Scarsamente note le interazioni con
il patrimonio forestale, che sarà soggetto da un lato a maggior potenzialità
produttive per l’aumento di CO2, dall’altro dovrà sottostare a vincoli di
disponibilità idrica, processi evolutivi dei suoli e presenza di parassiti.
Settore energetico
Riscaldamento domestico: la maggiore disponibilità termica invernale
incide e inciderà sui consumi di combustibili per riscaldamento, con
possibili riduzioni sia in termini di quantità, sia in termini di estensione del
periodo di massima richiesta.
L’eventuale maggior frequenza di ondate di caldo renderà tuttavia meno
confortevoli le condizioni ambientali nei grandi centri urbani favorendo
l’installazione di sistemi di refrigerazione, per i quali esiste ancora un
notevole spazio di mercato, soprattutto nell’utenza domestica e delle piccole
unità produttive. Ciò sarà causa di un maggiore consumo di energia
elettrica nei mesi estivi (ciò si è effettivamente verificato nell’estate 2003).
Produzione energetica: i possibili risvolti dell’aumento termico e della
diminuzione dell’innevamento nei bacini idrografici alpini riguardano la
variazione dei regimi idrologici locali e quindi della regolazione degli invasi
stagionali
destinati
alla
produzione
- 83 -
idroelettrica.
La
probabile
concentrazione dei deflussi di fusione nivale in periodi di fine primavera,
spesso coincidenti con la stagione di maggiore apporto pluviometrico
potrebbe generare surplus idrici non stoccabili negli attuali invasi, mentre
possibili fenomeni di carenza pluviometrica nei mesi estivi sarebbero
esaltati dall’ormai avvenuto esaurimento nivale. Inoltre l’accentuata
riduzione dei ghiacciai alpini comporterà sensibili variazioni nei deflussi di
fusione estivi (processi tutti verificatisi nella calda estate 2003). L’aumento
di erosione dei suoli di alta montagna privati della protezione nivoglaciale
potrà inoltre accelerare l’interramento degli invasi.
Salute
La temperatura più elevata e la maggiore frequenza di ondate di calore
favorirà l’esposizione al sole delle persone. Questo cambiamento di
abitudini unito alla maggiore pericolosità della radiazione solare causata
dall’assottigliamento della fascia d’ozono stratosferico potrebbe favorire
l’insorgenza di malattie tumorali della pelle. È altresì prevedibile un
maggior consumo di prodotti cosmetici protettivi.
Turismo
Le
maggiori
implicazioni
dell’aumento
termico
e
della
riduzione
dell’innevamento saranno avvertite soprattutto dal settore del turismo
invernale. Il Centre d’Etude de la Neige (Météo France-Grenoble), per le Alpi
francesi del nord, nel caso di un aumento termico di 1,8°C, stima una
riduzione nella durata del manto nevoso del 20% (30÷40 giorni) a 1500 m.
Le piccole stazioni sciistiche a bassa quota potrebbero andare incontro a
una
riduzione
del
periodo
di
funzionamento,
ma
anche
i
grandi
comprensori potrebbero risentire di tale carenza nei settori a quote
medio/basse. Saranno invece sempre più sottoposti a eccessiva pressione
di utilizzo i grandi comprensori d’alta quota. La quantità di neve che si
accumula da ottobre a dicembre riveste un importante investimento per la
stagione turistica del periodo natalizio e di fine anno. Lo scarso
innevamento in tale periodo ha comportato frequentemente negli ultimi
- 84 -
anni un avvio parziale della stagione sciistica con un funzionamento
parziale degli impianti di risalita, anche nei grandi comprensori sciistici
dotati di impianti di innevamento programmato. Questi ultimi, così
ampiamente adottati negli ultimi anni, potrebbero contrastare solo
marginalmente gli effetti della mancanza di neve naturale, in quanto le
maggiori temperature potrebbero vanificarne il funzionamento e ridurre
ulteriormente la durata del manto prodotto. Inoltre la gestione di tali
sistemi comporta ingenti richieste sia di acqua sia di energia elettrica,
fattori di ulteriore aumento dei costi. Riflessi più negativi sono attesi sulle
poche stazioni di sci estivo, a causa della riduzione delle aree glaciali. Si
cita il caso degli impianti di sci estivo sul ghiacciaio d’Indren (Monte Rosa),
dismessi recentemente a seguito dell’arretramento della massa glaciale.
Calamità atmosferiche
Le variazioni del sistema climatico globale inducono cambiamenti negli
equilibri energetici dell’atmosfera. Si ritiene che fra le possibili conseguenze
vi possa essere l’aumento della frequenza di fenomeni estremi quali
precipitazioni intense, siccità, tempeste. In Italia è rilevante la sensibilità
del territorio montano a fenomeni alluvionali, che negli ultimi anni hanno
pesantemente
inciso
sulla
sicurezza
delle
popolazioni.
Il
possibile
incremento di tali fenomeni, che per il momento non è ancora osservabile
sui dati a disposizione, introduce nuovi elementi di attenzione nella
pianificazione territoriale e apre una vasta area normativa.
Influenze sui paesaggi e sugli ecosistemi
L’aumento della temperatura e le variazioni del regime pluvionivale
imporranno all’ecosistema vegetale nuovi scenari, legati in particolare alla
migrazione di specie verso nuove fasce altitudinali. La legge bioclimatica di
Hopkins (1918) stima una migrazione altitudinale degli ecosistemi di 500 m
per ogni variazione di 3°C. Un incremento termico di 1°C determinerebbe
uno spostamento della fascia altitudinale della vegetazione arborea pari a
circa 100 m. L’innalzamento della temperatura e la riduzione delle
- 85 -
precipitazioni determinerebbe per alcune zone alpine, soprattutto nel
settore xerico intralpino, una progressiva steppizzazione dei suoli con una
conseguente migrazione di specie mediterranee verso latitudini più
settentrionali. Se la tendenza alla salita della temperatura continuerà in
futuro ad acuirsi, è ragionevole ritenere che i ghiacciai al di sotto dei 3500
m possano scomparire completamente, e quelli posti a quote superiori
possano subire rilevanti riduzioni (dipenderà anche dalla variazione delle
precipitazioni). In una prima fase si passerebbe a un ambiente simile a
quello che già le Alpi conobbero 6500 anni fa, durante l’Optimum climatico
olocenico, ma l’evoluzione seguente esulerebbe dalla scala di riferimento
degli ultimi diecimila anni. Inoltre, la rapidità del cambiamento potrebbe
rivelarsi di gran lunga più importante e più rischiosa per l’umanità di
quanto accaduto in passato. Il paesaggio alpino, così ricco di sfaccettature
e di criticità, da un lato sarà il primo a rispondere ai cambiamenti climatici,
anche con modificazioni drastiche, dall’altro costituirà sempre un serbatoio
di diversità che favorirà la creazione e la salvaguardia di nicchie ecologiche.
Resta all’uomo decidere quale posto vorrà avere e come vorrà o potrà
adattarcisi.
Il principio di prudenza, il numero 15 della dichiarazione di Rio, recita:
“Dove ci siano pericoli di danni gravi o irreversibili, la mancanza di una
piena certezza scientifica non va usata come ragione per posporre la messa
in atto di misure efficaci volte a prevenire il degrado ambientale”. Nella
scienza l’incertezza è una compagna fedele e talora buona consigliera, ma
volentieri lascia spazio all’evidenza dei fatti quel tanto che basta per
consentirci - se vogliamo - di prendere decisioni sagge.
L’imperativo è dunque diminuire gli sprechi energetici e di conseguenza le
emissioni di gas serra, non solo in attesa che vengano introdotte energie
alternative meno inquinanti, ma come regola di buon senso dettata, come
ben illustra l’economista Nicholas Georgescu-Roegen, dal secondo principio
della termodinamica. E renderci conto che il sistema climatico terrestre
esige quel rispetto che si riconosce di solito a tutte le cose fragili e delicate.
- 86 -
Risparmio idrico e consumo responsabile dell’acqua
(Paolo Bernardi)
L’intervento di Paolo Bernardi ha carattere pragmatico e offre agli
ascoltatori alcuni suggerimenti per l’azione personale.
A partire dal riconoscimento di un problema a livello globale - la ridotta
disponibilità di acqua e i conflitti crescenti legati alla gestione di questo
bene prezioso - focalizza l’attenzione sull’uso di acqua potabile e propone
di utilizzare lo strumento del consumo critico per sviluppare strategie di
cambiamento. È importante, secondo l’Autore, far crescere la
consapevolezza che le scelte dei consumatori, che partono dalle piccole
azioni personali e legate al proprio territorio, possono dare - ove ben
coordinate - un importantissimo contributo globale.
L’Autore offre alcuni dati aggiornati sui consumi dell’Italia di acqua in
bottiglia e sulle implicazioni economiche ed ecologiche di questa scelta.
Il ‘rubinetto alternativo’ - cioè l’utilizzo di acqua potabile
convenientemente filtrata al punto d’uso - può rappresentare una scelta
che, se seguita da molti consumatori, è in grado di ridurre
significativamente consumi e sprechi e di valorizzare l’acqua come diritto
per tutti.
Il problema globale
L’acqua è un bene prezioso, ed è un bene comune.
L’acqua è una risorsa purtroppo invece sempre più scarsa e inquinata, da
un mondo che ha considerato prioritari la tecnologia e l’economia rispetto
ai più semplici e primari elementi ambientali e naturali della vita sulla
terra.
Su questo stato di cose si innestano sistemi di interesse politicoeconomico che non lasciano spazio al buon senso, al contrario, tendono a
considerare l’acqua come prodotto di mercato, l’oro blu del futuro, quindi
una merce da sfruttare sotto un profilo economico e di potere, creando
tensioni sempre più crescenti e molto pericolose, fra gli stati che si
contendono le stesse fonti d’acqua.
Sono le comunità e le economie locali a considerare l’acqua, come il
rispetto ambientale in genere, un bene prezioso e comune legato alle
esigenze del territorio, in antitesi con gli interessi dei grandi poteri
economici multinazionali, concentrati sul profitto finanziario più che sugli
aspetti territoriali.
- 87 -
Il consumo critico
Per non essere più complici di un consumo inquinante, insostenibile ed
opprimente, il consumo critico ricerca strategie per il cambiamento
attraverso le scelte dei consumatori.
Ogni volta che andiamo a fare la spesa ricordiamoci che siamo “potenti” e
che le imprese sono in una posizione di profonda dipendenza dal nostro
comportamento di consumatori.
Il consumo critico si basa su due pilastri: il boicottaggio, cioè interruzione
organizzata e temporanea dell’acquisto di uno o più prodotti per forzare le
società
produttrici
ad
abbandonare
certi
comportamenti,
e
un
atteggiamento di scelta dei prodotti non solo in base al prezzo e alla
qualità, ma anche in base alla storia dei prodotti stessi, al loro impatto
ambientale (dalla produzione allo smaltimento rifiuti) e al comportamento
delle imprese che ce li offrono.
Il consumo critico ci aiuta a capire i retroscena di una economia di
profitto ingiusta e cieca dei valori di rispetto sociale e ambientale e a
riflettere sull’importanza di scelte e proposte alternative.
Dal locale al globale
Senza trascurare le azioni e le manifestazioni organizzate a livello
internazionale, al sostegno a alla ricerca di un mondo più sostenibile e
rispettoso della vita di noi tutti, è proprio partendo dalle piccole azioni
personali e legate al nostro territorio, che possiamo maggiormente essere
incisivi concretamente per un piccolo ma importantissimo contributo
globale.
Il consumo critico ci inserisce in un contesto globale, partendo dalle
azioni locali, rivolte a valorizzare le risorse territoriali.
Il mercato dell’acqua
Il consumo di acqua imbottigliata produce un’enorme quantità di
tonnellate di bottiglie di plastica per le quali occorre bruciare e trasformare
- 88 -
una quantità di petrolio almeno doppia.
Inoltre l’acqua in bottiglia viene trasportata in camion e per nave, e
quindi si consuma ancora petrolio. Infine bisogna smaltire le tonnellate di
plastica,
attraverso
impianti
di
riciclaggio
(che
però
inquinano)
o
inceneritori. E tutto ciò contribuisce a inquinare l’atmosfera e ad
accrescere l’effetto serra. Un grande supporto pubblicitario quindi per un
prodotto che non sempre risponde alla sicurezza sanitaria richiesta da una
conservazione lontana da fonti luce, odori e sbalzi di temperatura.
Grandi multinazionali si spartiscono grandi affari con grandi spese
pubblicitarie acquistando la risorsa a prezzo irrisorio, ad un costo inferiore
della colla utilizzata per incollare l’etichetta sulla bottiglia.
Nel 2002 in Italia sono stati prodotti oltre 10 miliardi di litri di acqua
minerale, di cui il 64% lisce e il 36% gassate con un consumo individuale
pari a 172 litri. In pratica l’Italia è il primo paese al mondo per il consumo
pro-capite di acqua imbottigliata: 7 italiani su 10 bevono acqua in bottiglia
con una produzione nazionale di oltre 200.000 tonnellate all’anno di rifiuti
di plastica.
Al primo posto fra i produttori mondiali di acqua troviamo la Nestlè con
10 stabilimenti in Italia e altrettanti marchi fra cui S. Pellegrino, Levissima,
Vera, Panna, S.Bernardo, Pejo, Recoaro. Nel nostro paese realizza un
fatturato di 870 milioni di euro di cui 60,2 spesi in pubblicità.
Al secondo posto c’è Danone con Ferrarelle, Danone-Vitasnella, Boario,
Fonte viva. Controlla il 20% del mercato europeo dell’acqua in boccioni.
La normativa inoltre permette nelle acque minerali imbottigliate la
presenza di alcune sostanze, ritenute tossiche per la salute umana, con
valori di accettabilità superiori a quelle ammesse per le acque potabili.
Acqua in bottiglia e acqua potabile
L’acqua potabile scorre al buio e senza subire sbalzi di temperatura, è
molto controllata e sicura a livello sanitario. Purtroppo non appaga il gusto
del “consumatore” in grado di valutare l’odore, il sapore e il colore requisiti peraltro previsti dal DPR 236 per l’acqua potabile - che destano
- 89 -
sospetti errati ma comprensibili. Si aggiunge poi la disinformazione e la
martellante pubblicità sapientemente propositiva di fuorvianti valori
salutisti dell’acqua imbottigliata.
Al contrario alcuni indici di concentrazione massima ammissibile (CMA)
per le acque potabili sono molto più restrittive rispetto quelle per l’acqua
imbottigliata, non solo per sostanze di contenuto salino, ma anche per
sostanze considerate nocive per la salute umana.
Tabella 1 – Concentrazione massima ammissibile per sostanze di contenuto salino
SOSTANZE
VALORE GUIDA ACQUE
POTABILI
(DPR 236/88)
CMA ACQUE POTABILI
(DPR 236/88)
VALORI AMMESSI PER
ACQUE MINERALI
542/92)
CALCIO
100 mg/l
non indicato
nessun limite
MAGNESIO
30 mg/l
50 mg/l
nessun limite
SODIO
20 mg/l
175 mg/l
nessun limite
0,7-1,5 mg/l secondo
FLUORO
la temperatura
nessun limite
MANGANESE 0,02 mg/l
0,05 mg/l
2 mg/l
RAME
0,1 mg/l
1 mg/l
1 mg/l
CLORURI
25 mg/l
POTASSIO
10 mg/l
non indicato
nessun limite
SOLFATI
25 mg/l
250 mg/l
nessun limite
FERRO
0,05 mg/l
0,2 mg/l
nessun limite
opportuno non
superare i 200 mg/l
(DM
nessun limite
Tabella 2 – Valori limite per sostanze tossiche
SOSTANZE
TOSSICHE
Valore limite nelle
acque potabili
(DPR 236/88)
Valore limite nelle
Valore limite nelle acque acque minerali
potabili (DL 31/01)
(DM 542/92; DM
31/05/01)
Antimonio
10 µg/l
5,0 µg/l
nessuno
Arsenico
50 µg/l
10 µg/l
50 µg/l(*)
Nichel
50 µg/l
20 µg/l
nessuno
Fluoruro
0,7-1,5 mg/l
1,5 mg/l
nessuno
Alluminio
200 µg/l
200 µg/l
nessuno
- 90 -
Ferro
200 µg/l
200 µg/l
nessuno
Boro
1 mg/l
1,0 mg/l
5,0 mg/l
Manganese
200 µg/l
200 µg/l
2000 µg/l
Vanadio
50 µg/l
50 µg/l
nessuno
(*) Portato allo stesso CMA delle acque potabili solo nel maggio 2001. Prima di questa
data le acque minerali potevano contenere 4 volte tanto di arsenico rispetto alle acque
potabili.
Acqua potabile da bere
I problemi dell’acqua potabile:
o inquinamento di origine industriale e agricolo;
o chilometri di tubazioni soggette a continui interventi di manutenzione,
usura, nuovi allacciamenti, pulizia, ecc;
o clorazione.
L’esigenza di una corretta politica per la tutela delle acque nasce dalla
considerazione che, per garantire il risanamento e l’uso corretto e razionale
delle risorse idriche, è necessario ridurre ed eliminare l’inquinamento
diffuso provocato dalle attività agricole e industriali e risanare gli
acquedotti.
Ma è anche vero che se il cittadino affida l’atto del bere all’acqua
imbottigliata, perde il senso della difesa della risorsa locale, difesa sia
dall’inquinamento di essa che dalle speculazioni di privatizzazione e
mercificazione del bene comune.
L’acqua potabile deve rispondere al rubinetto dei requisiti di potabilità,
compresi i parametri inodore, incolore e insapore, ma non sempre è
possibile.
Il primo problema è il cloro. Non possiamo trascurare che la clorazione è
il trattamento più utilizzato in Italia per eliminare dall’acqua i batteri che
potrebbero essere causa di problemi sanitari, ma che, tuttavia, non
garantisce assenza di rischi. L’aggiunta di sostanze chimiche all’acqua
(l’ipoclorito nello specifico) provoca la formazione di altri composti, molti dei
quali tossici poiché possono provocare malattie croniche e tumori. Questi
sottoprodotti vengono identificati come D-DBP (Disinfection-Disinfection By
- 91 -
Products).
Almeno 18 differenti studi hanno correlato l’insorgere di alcuni tipi di
cancro nell’uomo all’uso di acque potabili trattate col cloro. Uno studio del
1987 ha rilevato che un gruppo di non fumatori che ha utilizzato acqua
potabile clorata per 60 anni mostrava un tasso di cancro alla vescica
superiore di 4 volte a quello di un gruppo di controllo dissetato con acqua
non clorata. Diversi altri studi condotti su casi clinici hanno notato, nel
lungo termine, un moderato aumento del rischio di cancro alla vescica e al
colon in relazione all’assunzione di acqua clorata.
Il cloro infatti reagisce con la materia organica disciolta nell’acqua dando
luogo alla formazione dei trialometani, un gruppo di composti organici in
buona parte cancerogeni per l’uomo, molti dei quali permangono anche
dopo bollitura. Si ritiene che l’assunzione di questi composti, soprattutto a
concentrazioni elevate, possa contribuire all’aumento dei tumori delle vie
uro-genitali come hanno rilevato gli studi condotti a livello internazionale
citati sopra.
Tabella 3 – Effetti sulla salute umana di alcuni cloroderivati
D-DBP
EFFETTI
Trialometani
Cloroformio
Cancerogeno, epatotossico, tossico renale
Diclorobromometano
Epatotossico, tossico renale
Dibromoclorometano
Epatotossico, tossico renale
Bromoformio
Epatotossico, tossico renale
Acetonitrili
Cloroacetonitrile
Genotossico
Dicloroacetonitrile
Mutageno, genotossico
Tricloroacetonitrile
Genotossico
Bromocloroacetonitrile
Mutageno, genotossico
Aloacididerivati
Acidodicloroacetico
Dismetabolizzante
Clorofenoli
2-clorofenolo
Fetotossico, cancerogeno
2,4-diclorofenolo
Fetotossico, cancerogeno
- 92 -
2,4,6-triclorofenolo
Cancerogeno
Chetoniclorurati
1,1-dicloropropanone
Mutageno
1,1,1-tricloropropanone
Mutageno
1,1,3,3-tetracloropropanone Mutageno
Valorizzare la risorsa locale acqua potabile
È molto importante riconsiderare l’utilizzo dell’acqua potabile, ben
controllata e a buon mercato. Durezza e calcare, incrostazioni tecnologiche,
residuo fisso, materiale in sospensione, l’odore di cloro e una giungla di
confusioni pubblicitarie fra il minerale e l’oligominerale, non ci aiutano
molto.
Semplici aspetti e considerazioni ci possono guidare a conoscere meglio la
nostra acqua potabile. Al di là della qualità di partenza, dopo il trattamento
di potabilizzazione iniziano i problemi di distribuzione attraverso chilometri
di tubature, inoltre l’odore del cloro a volte rende il sapore dell’acqua molto
sgradevole.
In ogni caso è l’acqua potabile che viene maggiormente ingerita dal nostro
organismo; infatti è maggiore la quantità di acqua assimilata attraverso i
cibi cucinati rispetto a quella bevuta.
Valutiamo molto brevemente e sinteticamente alcuni aspetti:
o Aspetto sanitario: l’acqua potabile è più sicura e controllata dell’acqua
imbottigliata, l’unico problema è l’odore di cloro, i cloroderivati e
l’eventuale materiale in sospensione. I cloroderivati permangono (a parte
il cloroformio) anche dopo l’ebollizione dell’acqua come si può verificare
dalla seguente tabella.
Tabella 4 – Comportamento dei cloroderivati in base alla temperatura
SOSTANZA
PUNTO DI
PUNTO DI
FUSIONE(*)
EBOLLIZIONE(*)
Cloroformio
Diclorobromometano
RIMANE
NOTE
61°C
?°C
?°C
X Il dibromometano bolle a
- 93 -
99°C
Dibromoclorometano
?°C
?°C
X
Bromoformio
?°C
150°C
X
? °C
127°C
X
Dicloroacetonitrile
?°C
>127°C
X
Tricloroacetonitrile
?°C
>127°C
X
Bromocloroacetonitrile
?°C
>127°C
X
10°C
194°C
X
9°C
176°C
X
2,4-diclorofenolo
45°C
210°C
X
2,4,6-triclorofenolo
69°C
246°C
X
1,1-dicloropropanone
?°C
120°C
X
1,1,1-tricloropropanone
?°C
>120°C
X
1,1,3,3-
?°C
>120°C
X
Cloroacetonitrile
Acido dicloroacetico
2-clorofenolo
tetracloropropanone
(*) Temperatura di ebollizione e di fusione misurate a pressione atmosferica normale
(760 mmHg)
o Aspetto tecnologico: il cloro è un ottimo mezzo di trasporto e il suo
saltuario odore al rubinetto è indice di sicurezza sanitaria. È
tecnicamente semplice e contemplato dal DM 443/90 che regolamenta il
trattamento acqua ad uso domestico, diversificare al lavello l’acqua
declorata per bere e cucinare dall’acqua clorata per lavare i piatti, le
verdure etc.
o Aspetto normativo: il DM 443/90 contempla i filtri a struttura composita
idonei per rifinire l’acqua potabile al punto di erogazione, purché dotati
di specifica approvazione ministeriale. Tali filtri, pur contenendo carbone
attivo sono batteriostatici e quindi idonei e senza rischi, già utilizzati
dall’industria alimentare e di bevande.
Il DL 31/01 inoltre suddivide la responsabilità di garanzia dei requisiti
di potabilità del gestore fino al punto di consegna (il contatore), da quella
dell’utente dal punto di consegna al rubinetto.
La rifinitura al punto di erogazione a carico dell’utente, ma consigliato
da un settore professionalizzato in collaborazione con il gestore e le
- 94 -
aziende sanitarie locali, potrebbe essere la soluzione di un problema
difficile da risolvere anche da parte del gestore al punto di consegna,
cioè i requisiti di inodore, incolore, e insapore dell’acqua potabile.
Il mercato dei “depuratori”5
Il settore commerciale trattamento acqua ad uso domestico, pur essendo
opportunamente disciplinato dal DM 443/90, purtroppo ha spesso lavorato
ed è stato lasciato lavorare con concetti commerciali indirizzati a proporre e
valorizzare costosi miracoli tecnologici piuttosto che la risorsa distribuita
dall’acquedotto locale. Al contrario ha contribuito a denigrare la qualità
dell’acqua potabile, spesso con metodi di vendita truffaldini, come l’utilizzo
dell’elettrolisi.
Ci chiediamo: vale la pena considerare come alternativa rispettosa della
qualità, dell’impatto ambientale, dello sviluppo dell’economia locale, la
valorizzazione della risorsa acqua potabile, ancora considerata bene
comune, e non prodotto di mercato?
Vale la pena abituarsi a non sprecare l’acqua promovendo semplici buone
abitudini e semplici tecnologie di miscelazione di aria con acqua per un
rispettoso risparmio dell’acqua potabilizzata con i suoi complessivi costi
professionali ed energetici?
Vale la pena utilizzare semplici tecnologie appropriate a basso impatto
energetico e già contemplate dalla vigente normativa sanitaria, che
permettono di filtrare al punto di erogazione e migliorare il gusto dell’acqua
di rubinetto eliminando l’odore del cloro?
Valorizzare e non sprecare l’acqua potabile significa maturare la
consapevolezza che la tutela delle risorse ambientali locali avviene
attraverso atteggiamenti concreti da parte degli abitanti del territorio.
La filtrazione al punto di erogazione può essere l’occasione oltre che di un
miglioramento delle qualità dell’acqua ad uso alimentare, anche di sviluppo
di un settore con grandi prospettive di occupazione locale (purché tutelato
Il DM 443/90 vieta l’utilizzo del termine ‘depuratore’ per i sistemi di trattamento acqua ad uso domestico
(allegato 2).
5
- 95 -
e incentivato a svilupparsi con professionalità e competenza, magari in
collaborazione con il gestore e le aziende sanitarie locali) e di ridurre
drasticamente una notevole quantità di rifiuti e spreco energetico di
trasporto, che incidono notevolmente sui costi collettivi e provocano danni
ambientali.
Inoltre l’atto del bere quotidianamente l’acqua potabile, anche filtrata,
rende meglio consapevole il cittadino di quanto sia importante proteggere la
risorsa
locale
dall’inquinamento
e
da
un
insidioso
processo
di
mercificazione garante solo di un valore basato sulla speculazione e
scarsità
di
reperimento,
quindi
insensibile
e
complice
del
suo
inquinamento.
Il rubinetto alternativo
Un punto di vista alternativo vede la filtrazione al punto d’uso come un
semplice
ma
importante
intervento
di
rifinitura
dopo
il
processo
distributivo al fine di valorizzare e quindi anche tutelare la risorsa, non la
tecnologia, né il mercato.
Una ricerca condotta fra i prodotti disponibili sul mercato e la normativa
vigente, ci porta a considerare la possibilità di un intervento tecnologico al
contatore solo per ridurre eventualmente il fenomeno delle incrostazioni
alle tubature, elettrodomestici e rubinetterie, mentre al rubinetto resta più
che sufficiente un filtro a struttura composita, che ci permette in modo
economico di dissaporare l’acqua dal gusto del cloro e di eliminare
cloroderivati ed eventuali presenze organiche indesiderate.
La
tecnologia
appropriata
individuata,
con
specifica
approvazione
ministeriale, è compatibile con il DM 443 del 21-12-90 (allegato 2) in
quanto i filtri a struttura composita sono batteriostatici. Lo stesso decreto
invece vieta l’utilizzo dei semplici filtri a carbone attivo per il problema della
proliferazione batterica.
Il filtro composito
Il filtro composito trattiene materiali in sospensione, l’odore di cloro, i
- 96 -
cloroderivati ed eventuali microinquinanti organici, come l’atrazina e i
residui di antiparassitari senza l’effetto collaterale del problema di
eventuale proliferazione batterica.
Filtro a struttura composita
versione sottolavello
Filtro a struttura composita
versione sopralavello
Come dicevamo i filtri trattengono anche i materiali in sospensione,
danno all’acqua gradevolezza di gusto, non alterano il suo naturale
contenuto salino, assicurando un notevole miglioramento di gusto
dell’acqua potabile e garantendo abbondante acqua per bere e cucinare.
Si tratta di un dispositivo economico e a basso impatto energeticoambientale. Mediamente per una famiglia è un ottimo risparmio economico,
ma significa anche evitare grandi quantità di vuoti di bottiglie in plastica.
Inoltre per questo semplice filtro non esistono particolari controindicazioni
di impatto ambientale, sia per quanto concerne la costruzione che il suo
smaltimento.
Sicuramente impiegando il filtro otteniamo una riduzione di circa il 95%
dei rifiuti plastici rispetto all’uso dell’acqua imbottigliata.
È bene sapere che l’acqua in contenitori di vetro ha un pari impatto
ambientale rispetto a quello in plastica, a causa degli acidi per lavare i
vuoti da riutilizzare.
Confronto produzione rifiuti plastici
Un filtro a struttura composita contiene 0,4 kg di materiale plastico ed ha
una capacità di filtrazione di 5000 litri pari a circa 13 lit/giorno. Tenendo
conto che conviene sempre cambiare il filtro una volta all’anno, anche se
- 97 -
non si consumano tutti i litri a disposizione, filtrando l’acqua al rubinetto
si producono 0,4 Kg/anno (5000 litri di acqua filtrata) di plastica.
Consideriamo ora dei nuclei abitativi di diversa composizione:
Tabella 5 – Acqua imbottigliata e acqua filtrata: confronto produzione di rifiuti plastici
Nucleo
Kg/anno
Kg/anno rifiuti Disponibilità
abitativo
rifiuti
plastici filtro
plastici
Riduzione
l/giorno
bottiglie
rifiuti
utilizzando il filtro
filtro
bottiglie
1 componente
3,6
0,4
0,75
13
88,89%
2 componenti
7,2
0,4
1,5
13
94,50%
4 componenti
14,4
0,4
3
13
97,22%
8 componenti
28,8
0,4
6
13
98,61%
Tecnologie appropriate per il risparmio idrico
Si possono infine segnalare alcuni dispositivi tecnologici che possono
contribuire al risparmio della risorsa acqua.
Rompigetto
areato: idoneo
per tutti i
rubinetti sia
della cucina che
dei bagni,
miscela aria con
l’acqua
riducendone il
consumo del
30% pur
mantenendo la
corposità di
portata.
Filettatura
maschio e
femmina M22.
Regolatore del
flusso d’acqua:
raccordo
cromato M/F da
½”, adattabile su
soffioni doccia,
docce a cornetta
e rubinetti
temporizzati,
idoneo a ridurre
il flusso
dell’acqua.
Soffione doccia: con
snodo e regolatore
interno del flusso
d’acqua che permette
un risparmio d’acqua
dal 50% al 70%
rispetto ad un
normale soffione.
Sistema brevettato
anticalcare e ghiera
speciale antivandalo.
Idoneo per uso
domestico, piscine,
centri sportivi, centri
turistici, ecc. Snodo
normale ½”.
- 98 -
Doccia a cornetta
FIT-AIR: L’acqua
viene accelerata
attraverso un
ugello. In questo
modo viene
aspirata dell’aria
che si miscela con
l’acqua ottenendo
il 50% di
risparmio e il
100% di comfort.
Attacco normale
½”.
La gestione dell’acqua: i pro e contro della sua
privatizzazione
(Gianfranco Durin)
Il relatore affronta il tema, ormai diventato scottante, del ruolo e delle
responsabilità che le società devono assumersi nel garantire la
disponibilità di acqua - riconosciuta come bene primario e indispensabile sia alle persone che all’ambiente più in generale. Gianfranco Durin
espone alcuni aspetti della controversia che sempre più drammaticamente
coinvolge cittadini, amministratori, aziende: è più opportuno, efficace,
giusto che l’acqua sia un bene comune, e che venga assicurato al di là di
ogni considerazione economica, oppure conviene di più che - come altri
beni - anche l’acqua diventi una merce commerciabile, in modo da
assicurarne un uso corretto, ridurre gli sprechi, gestirla con efficienza?
Il relatore offre una varietà di dati sull’effettivo controllo economico di
questo bene e prende le parti di coloro che - come è dichiarato nel
Manifesto per l’acqua - si stanno impegnando per far riconoscere, nelle
leggi e nei fatti, un uso pubblico dell’acqua, che possa così essere
accessibile a tutti, indipendentemente dal loro potere di acquisto.
La privatizzazione dei servizi assomiglia per certi aspetti ad una
pubblicità mandata in onda qualche tempo fa sulle televisioni: due
ragazzetti (un po’ viziatelli, come si capisce assai presto) si trovano su una
barca a motore insieme a due ragazzette (che non pronunciano parola) e su
cui tentano di far colpo. Quando mettono in moto il motore, si avverte uno
scoppio fragoroso, il motore si inceppa e i due fanno praticamene la figura
dei fessi. Poco lontano, un vecchio pescatore aggiusta le reti (in mezzo al
mare?): i ragazzi chiedono aiuto al vecchio che subito spara la sua cifra:
1000 €! La madre, avvertita immediatamente con un telefonino (che non
compare, perché la pubblicità riguarda altro), corre a caricare senza colpo
ferire la carta dei figli e lo spot finisce con le delizie della carta prepagata.
Al di là di ogni altra considerazione, ai due non viene minimamente in
testa di valutare un’alternativa: l’utilizzo del privato è il sistema più comodo
e immediato, e questa efficienza viene pagata anche ad un prezzo elevato.
Non viene valutata la possibilità di chiamare un servizio pubblico, per altro,
come ben noto, esistente in questi casi. È questo uno dei tanti modi da
parte della pubblicità di raccontare un mondo forse poco probabile ma con
- 99 -
delle precise regole culturali: in questo caso, “privato è bello”. È curioso
(ma nemmeno troppo) che questo messaggio venga da una ex-società
pubblica, privatizzata recentemente, che oltretutto non gode di grande
salute.
Il dibattito intorno alle scelte su pubblico-privato è ormai diventato
veramente globale, anzi è uno dei temi centrali sui quali ruota la protesta
di chi è contro le leggi della globalizzazione liberista. In particolare per
l’acqua, questo dibattito risulta ampliato per l’importanza della risorsa. È
evidente che non è possibile risolvere il problema della sete e dell’igiene di
tanta parte della popolazione se non si riescono a trovare sistemi di
gestione efficienti della risorsa. Il tema pubblico-privato ha quindi
focalizzato molti degli sforzi in questo senso, perché risolvere la natura
della
gestione
può
garantire,
anche
se
non
necessariamente,
la
disponibilità della risorsa per molti, se non per tutti.
Acqua: bene comune, bene ambientale ma anche bene economico
È però necessario fare un passo indietro, prima di entrare nel vivo del
dibattito e vedere le diverse posizioni e soluzioni. È infatti necessario,
anche se può sembrare in apparenza un inutile esercizio, dare una sorta di
definizione, diciamo operativa, della risorsa acqua. In altri termini, come
deve
essere
intesa
oggi
l’acqua,
nella
difficoltà
crescente
di
approvvigionamento, nel peggiorare delle condizioni climatiche, nel pieno
dramma vissuto da più di un miliardo e mezzo di esseri umani che non
hanno nessuna possibilità di accesso?
L’acqua è, primariamente, la fonte della vita ed è insostituibile nel
garantire la salute e il benessere delle persone. In questo senso, è un bene
sociale che in qualche modo la società stessa deve garantire. È quindi un
bene comune che deve essere preservato e reso disponibile a tutti: questo
discende dalla sua insostituibilità, ed è tale che ogni essere umano, per il
fatto stesso di esistere, deve averne diritto. Questo semplice principio,
condiviso da molti anche se spesso solo in modo generale senza alcuna
- 100 -
considerazione per quali possano essere le conseguenze pratiche, viene
disatteso completamente nella pratica dei fatti. Non solo, ma risulta assai
problematica anche la sua mera dichiarazione ufficiale: nonostante alcuni
recenti passi in avanti6, non esiste una dichiarazione ufficiale dell’acqua
come diritto umano7, ed anzi alcuni paesi sono fortemente contrari al
punto di esercitare forti pressioni perché ciò non avvenga.
Non c’è dubbio che l’acqua debba considerarsi anche un bene
ambientale, in quanto tutto l’ecosistema dipende fortemente dalla sua
qualità e quantità. Infine l’acqua è anche sicuramente un bene economico,
sia nel senso che ha un valore commerciale di per sé, sia perché è
necessaria per produrre energia e servizi. In questo scenario così
composito, e con le note difficoltà di accesso alla risorsa, è importante
definire delle priorità: l’acqua è certamente un bene economico che deve
essere gestito in modo appropriato, ma la priorità deve essere data alle
richieste
umane
ed
ambientali.
Su
questo
principio
primo
già
si
differenziano le posizioni, che sono poi le stesse che conducono alla scelta
privata piuttosto che pubblica.
Le ragioni di chi sostiene la privatizzazione
Gli assertori dell’acqua come bene economico8 lamentano il fatto che la
risorsa è spesso considerata senza valore o comunque il suo valore non è
immediatamente valutabile, come altri beni, come l’oro, la carne, ecc.
Proprio da questo fatto, asseriscono, nascono gli sprechi e l’uso
Nel novembre 2002 il Comitato per i diritti economici, sociali e culturali delle Nazioni Unite ha presentato
un commento generale (15/2002) sul diritto all’acqua in cui si afferma che “sufficient and safe drinking
water is a precondition for the realization of all human rights” [l’acqua potabile sufficiente e sicura è un
presupposto per la realizzazione di tutti i diritti dell’uomo] e più oltre “water should be treated as a social and
cultural good, and not primarily as an economic commodity” [l’acqua dovrebbe essere trattata come un bene
sociale e culturale e non prima di tutto come prodotto economico]. Questo contrasta, per esempio, con la
dichiarazione di Dublino in cui si afferma che “l’acqua ha un valore economico in tutti i suoi usi correnti e
dovrebbe essere riconosciuta come un bene economico”. È nel quadro di questo principio che è vitale
riconoscere il diritto di base di tutti gli esseri umani ad avere accesso all’acqua potabile e al risanamento, a
un prezzo abbordabile. (si veda per es. Petrella, 2001)
7 Nella giornata del 10 dicembre 2003, a conclusione dell’anno dell’acqua, il Contratto Mondiale dell’Acqua
insieme ad altre associazioni ed esponenti politici ha presentato in Campidoglio la Dichiarazione dell’acqua
come diritto umano (si veda www.contrattoacqua.it e l’allegato 3).
8 Le riflessioni che seguono sono basate su alcuni testi che studiano il problema della privatizzazione
dell’acqua nel mondo: New rules, new roles: does PSP benefit the Poor? (www.wateraid.co.uk); E. Lobina, D.
Hall, Problems with private water concessions: a review of experiences; D. Hall, Financing water for the world
– an alternative to garanteed profits, disponibili su www.psiru.org.
6
- 101 -
incondizionato e smodato. Solo la sua valorizzazione con un prezzo
adeguato, visibile, regolato dalle leggi del mercato può far sì che la risorsa
venga maggiormente apprezzata e usata con maggior cautela. In altre
parole, il prezzo può divenire, all’interno del mercato, il meccanismo
regolatore che alla fine rende disponibile a tutti la risorsa ad un prezzo
adeguato. Questo dare priorità al mercato, e alle sue capacità, come la sola
panacea
che
può
risolvere
il
problema,
nasconde
il
vero
scopo
dell’operazione: l’acqua è il più allettante business del futuro, perché, come
dicono senza mezzi termini quelli della Coca-Cola, “tutte le mattine 6
miliardi di persone hanno sete e noi dobbiamo imporre loro come
dissetarsi”. Quindi privatizzare la risorsa, dall’acquisto delle sorgenti e dei
pozzi, fino alla completa gestione della sua distribuzione e raccolta, è un
investimento che può rendere molto, soprattutto considerando la crescente
difficoltà di approvvigionamento.
Ma la privatizzazione può realmente risolvere la situazione? E ancora,
valgono veramente quelle regole del mercato che favoriscono, o dovrebbero
favorirne la distribuzione, per il bene di tutti, al prezzo migliore?
Ad analizzare in dettaglio lo svilupparsi delle esperienze di privatizzazione
nel mondo parrebbe proprio il contrario. Prima però di entrare nel merito
dei molti problemi connessi alla privatizzazione è bene dare un quadro
generale della situazione attuale e di come si è giunti ad essa.
I passi che hanno condotto alla situazione attuale
La privatizzazione è figlia delle politiche aggressive degli anni 80-90, nate
in qualche modo per combattere la pur dilagante corruzione e l’inefficienza
del pubblico. Di fatto, la partecipazione del privato diventa l’approccio
principale seguito per affrontare il problema nei paesi in via di sviluppo.
Dal canto loro, gli stati non riescono a far fronte alla gestione della risorsa:
la maggior parte di essi viene da lunghi anni di fallimento, spesso con una
gestione finanziaria approssimativa o addirittura pessima, con pochi
investimenti, senza personale qualificato ed enormi ritardi e sprechi per la
- 102 -
continua
interferenza
della
politica.
Come
se
non
bastasse,
la
privatizzazione viene barattata con sconti sul debito, o promesse di aiuti,
per cui molto spesso i governi sono spinti verso la comoda (e obbligata, di
fatto) scelta di privatizzazione dei servizi.
Di fatto, l’ingresso del privato, o meglio, delle grandi multinazionali
dell’acqua, come chiariremo fra breve, cambia radicalmente le relazioni fra
governi, business, società civile e cittadini. Le cambia nel senso
peggiorativo, perché né i cittadini, e tanto meno i poveri, sono interpellati
nelle decisioni e perché quasi mai gli investimenti e le decisioni vanno nella
direzione della necessità dei cittadini. Il più delle volte per il cittadino
l’unica vera (e dolorosa) novità è l’aumento della tariffa.
Può aiutare un esempio che ho verificato di persona: nell’approfondito
rapporto New rules, new roles: does PSP benefit the Poor? vengono studiati
in dettaglio alcuni casi, sia in città che in zone rurali, distribuiti in varie
parti del mondo. Non tutti vengono definiti completamente negativi, ed
anzi, tra i paesi in via di sviluppo, la situazione del Mozambico sembra
accettabile, soprattutto per la dimostrata capacità dello stato in quella che
potremmo tradurre liberamente come buona governanza, cioè nella
capacità di gestire la situazione e imporre delle regole adeguate. Peccato
che in un servizio sul Mozambico mandato in onda su una rete RAI, una
assistente sociale, quindi una persona che godeva di uno stipendio
diremmo decente, si lamentava soprattutto che il costo dell’acqua le
portasse via quasi un terzo dello stipendio.
Perché opporsi alla privatizzazione
Questo modello di partecipazione attiva del privato nella vita delle
nazioni, soprattutto nei paesi in via di sviluppo, ha avuto ed ha come
maggiore promotore le maggiori istituzioni mondiali, come la Banca
- 103 -
Mondiale e il WTO9. Quali sono però le ragioni per cui è necessario opporsi
a questa spinta fortissima verso la privatizzazione? Vale la pena di
elencarle e discuterle in dettaglio, in una sorta di decalogo che diventi
riferimento per le azioni di contrasto che vari movimenti hanno assunto10.
Nell’acqua non c’è un vero libero mercato, perché il 95% del mercato è nelle
mani delle due grandi multinazionali Vivendi-Veolia e Suez-Ondeo
Queste due grandi multinazionali, che si definiscono puri “fornitori di
servizi”, controllano praticamente la totalità del mercato privato nel mondo
e sono in grado di vincere qualunque gara di appalto, non solo per capacità
intrinseche, ma anche per una consolidata capacità di convincimento sui
governi e sui governanti. Sono anche estremamente abili a stipulare
accordi a loro vantaggiosi, che nella maggior parte delle situazioni non
mantengono ed anzi tendono a rinegoziare con maggior profitto11. Sono
anche in grado di ricattare i governi al punto di richiedere e spesso ricevere
risarcimenti altissimi a fronte di veri e propri fallimenti del loro operato.
I prezzi aumentano, spesso sensibilmente, come è successo in alcuni ATO12
toscani e in molte parti del mondo
La filosofia dominante, imposta dalla Banca Mondiale, è il “full cost
recovery” ovvero il recupero totale dei costi attraverso la tariffa. Ora però
bisogna considerare che tra i costi, oltre agli investimenti e alla gestione,
c’è anche la remunerazione del capitale, da non considerare invece quando
si tratta di gestione pubblica.
Allo stesso tempo, spesso, la qualità peggiora
Infatti per aumentare il profitto è necessario diminuire i costi del servizio.
Per esempio, i controlli possono venire diradati, o le leggi posso essere
permissive al punto da nuocere alla popolazione. È noto un caso di una
cittadina canadese, Walkerton in Ontario, in cui ci sono stati 7 morti e
Si veda a questo proposito il bellissimo documento “L’acquolina della Banca Mondiale - Come la Banca
Mondiale si prepara all’Anno internazionale sul profitto sull’Acqua” della Campagna per la riforma della
Banca Mondiale (www.crbm.org).
10 In questo ci aiuta il testo Top 10 reasons to oppose water privatization di Public Citizen americana
(www.citizen.org)
11 Si veda ancora Lobina & Hall, Problems with private….
12 ATO=Ambito di Autorità Territoriale Ottimale (NdR)
9
- 104 -
2300 contaminati per avvelenamento da E. coli. La società era al corrente
dell’avvelenamento, ma le leggi non la obbligavano a divulgare informazioni
sul pericolo.
Riduce il controllo locale e i diritti pubblici
La gestione della risorsa diventa un affare tra lo stato e la multinazionale,
senza nessuna interferenza da parte dei cittadini. In particolare, l’obiettivo
primario della multinazionale è ottimizzare il profitto, non proteggere il
cittadino.
Porta maggiore corruzione
Nei processi che portano alle gare di appalto, la corruzione diventa una
costante, addirittura preventivata fra le spese. Personale di Vivendi e Suez,
per esempio, è stato condannato per aver corrotto funzionari per ottenere
contratti.
Fa perdere posti di lavoro
La presenza di una multinazionale fa sì che non vengano valorizzate le
risorse locali. Soprattutto nei paesi del terzo mondo non viene dato alcun
peso alle necessità di crescita locale. Viene a mancare di fatto la cosiddetta
capacity-building che permetterebbe, una volta finito il contratto, di
continuare con una gestione locale, fondata su personale specializzato.
Perciò la privatizzazione….
È praticamente irreversibile
In quanto non solo non crea capacità locali, ma dura tempi “biblici” (1020 ma anche 30 anni).
Spesso lascia i poveri a secco
Una multinazionale, lo diciamo ancora una volta, fa profitti, non carità. E
si sa, i poveri hanno questo vizio di non pagare il servizio. Inoltre, che
vantaggio ci può essere a portare l’acqua in certe zone rurali dove c’è poca
popolazione e per di più con poche risorse?
Gli investimenti riguardano spesso grandi infrastrutture (dighe) che non
servono a risolvere il problema e hanno pesanti ripercussioni sulla
- 105 -
popolazione e sull’ecosistema13
Uno dei casi più eclatanti è per esempio l’India, in cui si sta costruendo
un sistema imponente di dighe con movimenti di protesta notevoli.
Apre le porte all’esportazione
Basta citare la Coca-Cola?
La situazione italiana
E l’Italia? Dalla discussione fatta fino a qui, sembra, apparentemente,
che l’Italia sia un pochino fuori da queste logiche, che sembrano più a
livello mondiale.
In realtà è proprio il contrario. Il mercato mondiale dell’acqua è di fatto in
crisi. Dopo la crisi argentina e alcuni altri fallimenti (Cochabamba in
Bolivia,
per
esempio),
le
multinazionali
si
sono
rese
conto
che
l’investimento nei paesi in via di sviluppo è troppo ad alto rischio e si
stanno progressivamente ritirando.
Già, ma per andare ad investire dove? Non è difficile rispondere. Là dove
si può fare più facilmente profitto, con tempi di ritorno degli investimenti
più corti.
Uno dei nuovi mercati è proprio l’Italia. Vivendi e Suez stanno comprando
piccole e medie società, hanno già vinto diverse gare d’appalto in diversi
ATO. E qui allora valgono le stesse 10 regolette che abbiamo espresso
sopra. Le tariffe aumentano, ma soprattutto non è possibile tornare indietro.
Una volta affidata la gestione al privato non si torna indietro. Pagheremo
veramente 1000 € per un passaggio in barca? Temo di sì.
13 Cfr. Dams and development: a new framework for decision-making della Commissione Mondiale sulle dighe
(www.dams.org)
- 106 -
Allegati
Allegato 1:
Piccola sintesi sui cambiamenti climatici
Il clima è un sistema complesso, in continuo mutamento. Atmosfera,
oceani, vita vegetale e animale, depositi geologici sono strettamente
interconnessi in una intricata rete di interazioni. La sensibilità del sistema
a piccole variazioni di alcuni di questi parametri è elevata e in gran parte
imprevedibile a causa dell’andamento non-lineare (caotico) di questi
fenomeni, ovvero il clima riserva sorprese se allontanato dal suo equilibrio
attuale.
La temperatura media terrestre è aumentata di circa 0,6 °C negli
ultimi 150 anni, sulle Alpi l’aumento è stato maggiore, pari a 1,1 °C.
I ghiacciai alpini hanno perso il 40% della loro superficie dal 1850 a
oggi.
A causa della combustione di materiali fossili (petrolio, carbone e gas
naturale) la concentrazione di CO2 (gas serra) in atmosfera è passata da
280 parti per milione in volume (ppmv) all’inizio dell’era industriale (circa
1800) alle attuali 370 ppmv. Questo valore è il più altro mai osservato in
ben 420.000 anni: infatti l’analisi chimica della carota di ghiaccio estratta
in Antartide a Vostok, mostra che durante questo lungo periodo, il valore
massimo di concentrazione di CO2 fu di 300 ppmv.
Un italiano emette ogni anno circa 10.000 kg di CO2, come effetto dei
suoi consumi energetici e di materie prime trasformate. Un americano circa
22.000 kg, un nepalese circa 30 kg.
La combustione di un litro di gasolio produce 2.7 kg di CO2 1 litro di
benzina produce 2.4 kg di CO2 1 metro cubo di metano produce 1.9 kg di
CO2.
Ogni kWh elettrico di origine termica fossile richiede circa 220 g di
petrolio per essere prodotto e libera 0,7 kg di CO2.
- 107 -
Il processo di produzione di automobili produce una quantità di
emissioni di CO2 simile a quella rilasciata dall'automobile stessa in tutto il
periodo della sua vita.
I modelli di simulazione numerica del clima prevedono entro il 2100 un
aumento della temperatura terrestre compreso tra 2 e 6 °C; per effetto
della fusione dei ghiacci e dell’espansione termica delle acque, il livello
degli oceani potrebbe salire di 65 cm.
- 108 -
Allegato 2:
Normativa e filtri domestici per le acque potabili
Il D.M. 443 del 21-12-90, regola le disposizioni tecniche concernenti le
apparecchiature per il trattamento domestico delle acque potabili.
In particolare, dal decreto riportiamo:
(art. 2 comma 2)
gli addolcitori a scambio ionico sono quelle apparecchiature atte a
sostituire gli ioni costituenti la durezza dell’acqua con ioni di sodio, allo
scopo di diminuire od eliminare la formazione di depositi calcarei
consentendo un risparmio energetico e una riduzione nell’impiego di
detersivi
(art. 2 comma 4)
i sistemi ad osmosi inversa sono quelle apparecchiature che operano
sulla base del principio dell’osmosi inversa, ovvero del processo chimico
fisico di permeazione attraverso una membrana semipermeabile allo scopo
di ridurre il tenore salino dell’acqua
(art. 2 comma 8)
i filtri a struttura composita consistono in apparecchiature che all’azione
meccanica e/o dei carboni attivi e/o di altre sostanze, associno un’azione
antibatterica comunque ottenuta
(art. 3 comma 2)
che nessuna delle apparecchiature destinate alla correzione delle
caratteristiche chimiche, fisiche o microbiologiche delle acque potrà essere
propagandata o venduta sotto la voce generica di “depuratore d’acqua”, ma
solo con la precisa identificazione della specifica azione svolta (es.
addolcitore). Sui fogli illustrativi delle apparecchiature deve essere
chiaramente indicata, a cura del produttore, la conformità alle presenti
istruzioni mediante la frase “apparecchiature ad uso domestico per il
trattamento di acque potabili”
- 109 -
(art. 4 comma 6)
filtri a struttura composita: potranno essere approvati dal Ministero della
sanità qualora risulti, mediante adeguata documentazione la rispondenza
al protocollo sperimentale[…]
(art. 5. comma 1)
filtri a carbone attivo: in considerazione dei documentati rischi di
prolificazione batterica e di rilascio incontrollato di microinquinanti, i
semplici filtri a carbone attivo da soli non sono ammessi per il trattamento
domestico delle acque potabili, a meno che non siano integrati con altri
materiali o dispositivi atti ad eliminare gli inconvenienti da essi presentati.
In tal caso essi rientrano fra quelli di cui all’art. 4, comma 6.
- 110 -
Allegato 3:
Dichiarazione di Roma del 10 dicembre 2003
Ancora oggi vi sono al mondo più di un miliardo e quattrocento milioni di
persone che non hanno accesso all’acqua potabile e 2,4 miliardi che non
hanno accesso ad installazioni sanitarie adeguate, con la conseguenza che
30 mila esseri umani muoiono ogni giorno per malattie dovute all’assenza
o cattiva qualità dell’acqua e dell’igiene. Eppure le Nazioni Unite avevano
promosso nel 1980 “Il Decennio Mondiale dell’Acqua e dell’Igiene” (198191) con l’obiettivo di assicurare l’accesso all’acqua per tutti nel 2000!
La
comunità
internazionale
(istituzionale)
continua
a
rifiutare
il
riconoscimento dell’accesso all’acqua come un diritto umano, cioè un
diritto universale, indivisibile ed imprescrittibile. Specie dopo la Conferenza
Internazionale sull’Acqua di Dublino nel 1992, essa preferisce trattare
l’accesso all’acqua come un bisogno essenziale e l’acqua come una materia
prima, un bene economico, favorendo così le politiche orientate al mercato,
alla privatizzazione della gestione dei servizi idrici ed alla mercificazione
dell’acqua. Recentemente (novembre 2002), il Comitato delle Nazioni Unite
sui Diritti Economici, Sociali e Culturali ha affermato che l’accesso ad una
fornitura adeguata di acqua per uso personale e domestico costituisce un
diritto umano fondamentale di ogni persona. Nel suo “Commento generale”
n°15 sull’attuazione della Convenzione internazionale sui Diritti Economici,
Sociali e Culturali del 1966, il Comitato precisa che “il diritto umano
all’acqua è indispensabile per condurre la propria esistenza in condizioni di
dignità umana. Esso costituisce un pre-requisito per la realizzazione degli
altri diritti umani. Purtroppo, il “Commento Generale” non è legalmente
vincolante
per
i
146
Stati
che
hanno
ratificato
la
Convenzione
internazionale. Ciò spiega perché nel marzo 2003, al 3° Foro Mondiale
dell’Acqua a Kyoto, gli stessi Stati hanno invece ripetuto nella dichiarazione
ministeriale conclusiva che l’accesso all’acqua è un bisogno vitale (e non un
- 111 -
diritto) e che l’acqua deve essere considerata principalmente come un bene
economico, cui si deve attribuire un valore economico secondo i prezzi di
mercato che consentono il recupero del costo totale di produzione (profitto
incluso).
Fortunatamente in occasione del Forum di Kyoto, diverse istituzioni
partecipanti hanno espresso posizioni diverse. In particolare, la Chiesa
Cattolica ha sostenuto con fermezza, in un suo documento, che l’acqua è
un diritto umano ed ha espresso serie riserve sui processi di gestione
delegati al mercato. In questo stesso senso si è espresso anche il Sindacato
Internazionale dei Servizi Pubblici.
Già in passato, il diritto all’acqua è stato menzionato in atti o decisioni
internazionali. La Convenzione sui Diritti dell’Infanzia, per esempio, fa
riferimento all’acqua. Inoltre, la prima conferenza delle Nazioni Unite
sull’acqua a Mar del Plata nel 1977 ha stabilito che tutte le persone hanno
il diritto ad avere accesso all’acqua potabile per soddisfare le loro esigenze
fondamentali.
La realtà è che i leaders politici, economici e tecno-scientifici dei paesi più
ricchi e potenti del mondo – cosi come, spesso, le classi dirigenti dei paesi
“in via di sviluppo” – hanno praticato negli ultimi venti anni delle politiche
istituzionali, finanziarie, agricole, industriali e commerciali con effetti
maggiori devastanti contrari alle sparute dichiarazioni di principi favorevoli
al diritto umano all’acqua.
Le prospettive non sembrano molto incoraggianti. La mercificazione
dell’acqua sembra destinata a rafforzarsi. Da una decina di anni, le analisi
e le previsioni dell’ONU, della FAO, dell’UNESCO, del PNUD, della Banca
Mondiale non fanno che “annunciare”:
• l’aggravamento della “crisi idrica” nel mondo. Nel 2032, a 40 anni dal 1°
Vertice Mondiale dell’Ambiente di Rio de Janeiro, il 60% della popolazione
mondiale rischia di “vivere” in regioni caratterizzate da scarsità idrica;
- 112 -
• gravi problemi di approvvigionamento idrico per l’agricoltura in Cina, India
e Stati Uniti. In questi paesi, le falde freatiche tendono ad abbassarsi a
causa dei prelievi sproporzionatamente eccessivi operati negli ultimi
cinquant’anni dall’agricoltura e dall’industria (energia inclusa);
• la moltiplicazione e l’intensificazione dei conflitti intorno all’acqua per usi
alternativi concorrenti tra Stati. Non si parla ormai dell’Acqua che come
“oro blu” e si afferma che il XXI secolo sarà il secolo delle “guerre
dell’acqua”.
Si tratta di futuri possibili ma inaccettabili!
Il 2003 è stato l’Anno Internazionale dell’Acqua. Nel momento in cui
l’anno volge al termine, ci siamo riuniti – provenienti da varie Regioni
del mondo – in nome unicamente della nostra qualità di cittadini
perché siamo decisi a far sì che quest’anno non resti un anno di
celebrazioni altamente retoriche e si concluda con magrissimi impegni
politici, come è successo al G8 di Evian nel giugno scorso. I leaders del G8
avevano annunciato che avrebbero preso degli impegni nel campo
dell’acqua: si parlò di triplicare l’aiuto pubblico internazionale per l’acqua e
portarlo al livello di 30 miliardi di $ annui. La delusione fu grande: il G8 si
è concluso senza nessun impegno significativo.
Di fronte a tale stato delle cose, vogliamo reagire ed invitiamo tutti i
cittadini a mobilitarsi attorno ai seguenti principi, obiettivi ed
iniziative:
Affermiamo che:
• il riconoscimento formale del Diritto all’Acqua è un passo fondamentale
per l’attuazione del Diritto alla vita per tutti;
• realizzare il Diritto all’Acqua per tutti è una pre-condizione necessaria
per ottenere lo sradicamento della povertà nel mondo;
- 113 -
• la realizzazione del Diritto all’Acqua per tutti (e non solo per la metà di
coloro che oggi non ne hanno l’accesso) entro il 2015 è economicamente
possibile. Recentemente
(1997),
le
Nazioni
Unite
(in
particolare
il
Programma delle Nazioni Unite per lo Sviluppo), hanno dimostrato che
l’obiettivo dell’accesso all’acqua per tutti entro un periodo di 15 anni è
economicamente realizzabile. Riaffermiamo che l’ostacolo principale alla
realizzazione del Diritto Umano all’Acqua non risiede nell’assenza né
nell’inadeguatezza delle risorse finanziarie, delle competenze, delle
tecnologie. Queste esistono.
Ciò che manca è la volontà politica e le scelte economiche e sociali
corrispondenti.
Pertanto sosteniamo che:
• l’esclusione dell’acqua - 55 anni or sono - quale diritto esplicito, dalla
Dichiarazione Universale dei Diritti Umani, ha impedito ai cittadini di
esercitare delle pressioni efficaci sui Governi ed ha determinato l’affermarsi
nelle legislazioni nazionali e nelle pratiche politiche, in un contesto
internazionale di crescente economicismo neo-liberale, di approcci e di
modi di gestione fondati sull’acqua vista come un “bene economico”;
• è urgente ed indispensabile riconoscere il carattere di “bene comune
pubblico” dell’acqua e degli ecosistemi e pervenire all’esclusione dell’acqua
dalla categoria dei “beni e servizi mercantili” e non solo per quanto riguarda
l’utilizzo idro-potabile. Essenziale ed insostituibile anche per altre attività
economiche (agricole, energetiche, industriali) di natura fondamentale per il
diritto alla vita ed il vivere insieme, l’acqua deve essere considerata un bene
comune pubblico anche in questo caso;
• l’acqua ed i servizi idrici non devono essere l’oggetto di negoziati
commerciali ma di regole mondiali che definiscono e promuovono una
valorizzazione e gestione dell’acqua sostenibile come bene comune e
diritto umano universale.
- 114 -
A tal fine, ribadiamo i seguenti principi:
1. L'acqua è un bene comune dell'umanità, appartenente a tutti gli
organismi viventi;
2. L'accesso all'acqua è un diritto umano e sociale, individuale e
collettivo;
3. Il finanziamento del costo necessario per garantire ad ogni essere
umano l'accesso all'acqua, nella quantità e la qualità sufficienti per
vivere, è responsabilità dei poteri pubblici.
Conseguentemente proponiamo: fra le tante e numerose azioni e
soluzioni indispensabili che si conoscono e sono possibili, che la
Giornata Speciale di Roma metta la priorità su sei obiettivi da realizzare nel
corso dei prossimi 5 - 10 anni, e cioè:
1° OBIETTIVO: “costituzionalizzare” il Diritto all’Acqua
Attraverso:
-
l’inclusione di tale diritto nella Dichiarazione Universale dei Diritti
dell’Uomo delle Nazioni Unite;
-
la sua introduzione nella Carta Costituzionale Europea e nelle
Costituzioni dei vari Stati del mondo;
-
la sua incorporazione negli statuti delle collettività comunali, provinciali
e regionali o approvazione formale con delibere ad hoc.
2° OBIETTIVO: trasformare l’Acqua in uno strumento di Pace
Attraverso iniziative da parte di Comuni, Province, Regioni e Stati per
sancire, con ordini del giorno, delibere ed altri documenti, il ripudio
dell’uso dell’acqua per fini politici o militari e come strumento di
oppressione, di esclusione e di ricatto.
3° OBIETTIVO: liberare le portatrici d’acqua
Garantire, entro cinque anni, il diritto all’istruzione per i 18 milioni di
bambini, soprattutto di ragazze, che nel mondo non possono frequentare
- 115 -
la scuola d’obbligo perché costretti/e a fare i/le “portatori/portatrici
d’acqua” per le famiglie e per il villaggio, percorrendo parecchi chilometri al
giorno.
4° OBIETTIVO: poniamo fine al pompaggio ed ai consumi devastanti
Ridurre, in tutti i Paesi del mondo, entro il 2010, del 40% i prelievi e le
perdite attuali in agricoltura, in industria e nelle reti di distribuzione.
Parimenti, ridurre, a livello di usi domestici, i consumi dell’acqua potabile
per usi non potabili.
I risparmi di acqua e di risorse finanziarie così realizzati, saranno
destinate a finanziare progetti per garantire l’accesso all’acqua, per tutte le
popolazioni povere, con il coinvolgimento e la partecipazione delle
popolazioni locali.
A
questo
riguardo,
un
ruolo
importante
sarà
svolto
dalla
ri-
pubblicizzazione della gestione delle acque minerali.
5° OBIETTIVO: inventare la finanza cooperativa per l’acqua
Creare un sistema finanziario cooperativo, mutualistico mondiale,
destinato a sostenere la messa in opera di un servizio pubblico mondiale
dell’acqua ed interventi miranti a garantire l’accesso all’acqua potabile a
livello locale, nazionale e continentale, specialmente nelle regioni semiaride e desertiche e nelle grandi metropoli della povertà, favorendo anche le
azioni di partenariato pubblico-pubblico.
6° OBIETTIVO: la democrazia locale per l’acqua
Favorire a tutti i livelli locali (comuni, città, province, regioni, bacini
internazionali) la costituzione di Consigli dei cittadini, con poteri effettivi, a
sostegno ed in rafforzamento delle istituzioni di democrazia rappresentativa
esistenti o similari, secondo le pratiche e le culture dei vari Paesi.
Roma, Campidoglio – 10 Dicembre 2003 - Giornata Speciale dell’acqua
- 116 -
Allegato 4:
Manifesto italiano per un governo pubblico dell’acqua
a cura del Comitato Italiano per un Contratto Mondiale sull’Acqua-Onlus (CICMA)
Introduzione: È tempo della politica
Il malessere idrico italiano, a dieci anni dall’approvazione della Legge
Galli, non dà alcun segno di guarigione.
Anzi, si può rilevare che:
• i consumi domestici permangono a livelli eccessivi, quindi di spreco, se si
pensa che l’Italiano medio consuma 213 litri al giorno d’acqua potabile
mentre lo Svizzero si limita a 159 e lo Svedese si “accontenta” di 119 litri;
• le perdite della rete di distribuzione continuano a superare il 30-35% per
non menzionare i livelli delle regioni del Sud con percentuali fino al 60%.
In Svizzera ed in Svezia la percentuale si situa attorno al 9% considerato
il tasso di perdita “naturale” al di sotto del quale è difficile scendere;
• l’abusivismo resta diffuso in presenza di una scarsa pianificazione per
quanto riguarda gli usi dell’acqua detta produttiva, cioè utilizzata per
l’agricoltura, l’industria, l’energia ed altre attività terziarie. Mentre l’uso
dell’acqua produttiva rappresenta il 75% dei prelievi e dei consumi
d’acqua dolce del Paese, essa costituisce solo il 10% dell’acqua fatturata.
Il 90% dell’acqua fatturata concerne l’acqua per usi domestici. Questo
significa che, in Italia, l’acqua per l’agricoltura, per l’industria, per
l’energia non “costa nulla” o pochissimo direttamente per gli operatori dei
settori menzionati, ma costa moltissimo (non solo in termini monetari),
alla comunità nazionale. Si tratta di una situazione paradossale quando
si
sa,
peraltro,
che
le
principali
cause
d’inquinamento
e
di
contaminazione delle acque di superficie e sotterranee sono precisamente
dovute agli usi agricoli (l’irrigazione) ed industriali attuali;
• i rapporti pubblicati nel 2002 e 2003 dal Comitato per la vigilanza
sull’uso delle risorse idriche le inchieste effettuate da Legambiente e dal
WWF, continuano a denunciare – è il termine appropriato – lo stato di
- 117 -
deterioramento e di spoliazione delle acque italiane. Certo si è assistito in
questi ultimi anni ad incoraggianti casi di recupero e di riabilitazione
della “risorsa” acqua, dovuti soprattutto all’impegno civico dei cittadini in
lotta contro le scariche di rifiuti mal organizzate, le produzioni industriali
non sostenibili, i progetti di trafori, di dighe e di autostrade ingiustificati
o superflui, le aperture inidonee di miniere. Ciononostante, sempre più
numerosi sono i fiumi che diventano torrenti o si seccano (casi recenti
della Cecina e del Simbrivio, per non parlare del Po), i laghi che restano
inquinati, i fiumi della zona alpina contaminati, i comuni e le province
che non posseggono sistemi di recupero e di riciclo delle acque reflue, le
province senza registri sugli usi agricoli e senza catasti industriali;
• pur essendo il 6° paese più industrializzato (ricco) del mondo, l’Italia
resta ad un livello basso di copertura territoriale dei servizi di fognatura e
di depurazione che servono rispettivamente solo il 52,5% ed il 65% della
popolazione. L’Italia si caratterizza, ancora oggi, come un paese ad
elevata carenza di infrastrutture idriche, mancanza di adeguamento di
quelle esistenti, scarsa manutenzione ordinaria e straordinaria.
Infine, l’Italia è il primo paese al mondo per consumo pro capite di acqua
minerale e di sorgente in bottiglia (più di 180 litri all’anno per persona) pur
sapendo che essa costa da 200 a 2000 volte più cara dell’acqua di
rubinetto. Su influenza di una massiccia politica di mercificazione
dell’acqua per bere perseguita dalle imprese capitaliste private, gli Italiani
si sono fatti convincere che per bere è meglio bere l’acqua in bottiglia,
perché – afferma la pubblicità - sarebbe più sana e più sicura per la salute,
il che è del tutto mistificatore. Dopo la “petrolizzazione” dell’acqua, ecco la
“coca-colizzazione” dell’acqua potabile, di cui l’Italia ha il privilegio di
rappresentare il laboratorio sperimentale più avanzato al mondo.
È solo dopo le alluvioni (Bormida 1992, Po 1994 e 2000, Sarno 1998), le
catastrofi (come quella di Soverato nel 2000), e le tragedie dovute a fughe
d’acqua massicce, ad inquinamenti eccezionali dell’acqua di rubinetto o di
- 118 -
una partita importante di bottiglie d’acqua minerale, che le autorità
pubbliche, gli operatori economici ed i consumatori si mobilitano per
arginare gli enormi buchi e le grandi lacune esistenti dovute all’incuria con
la quale dirigenti e cittadini hanno gestito il suolo, i bacini idrografici, gli
ecosistemi, le acque urbane, la loro salute.
Riparare i danni, però, non consente di risolvere i problemi.
È tempo che la politica - cioè le scelte operate alla luce e sulla base di
una visione coerente e globale del vivere insieme, dell’interesse collettivo,
compreso quello delle generazioni future - riprenda il primato sulla nonpolitica, sull’arroganza dei poteri forti, sulla miopia degli interessi settoriali
e corporativi.
Nel campo dell’acqua, l’Italia non ha bisogno di leggi finanziarie annuali
che
sconvolgono
regolarmente,
atomizzandolo,
il
quadro
legislativo,
regolamentare ed istituzionale, come è nuovamente il caso, ancor più
clamoroso delle precedenti, della finanziaria 2005. Il Paese ha soprattutto
bisogno di darsi un governo pubblico dell’acqua chiaro, coerente, stabile ed
efficace, grazie anche alla partecipazione attiva dei cittadini a partire dai
Comuni e dagli ATO.
Questo obiettivo è realizzabile perché sempre più numerosi sono gli
amministratori pubblici e gli operatori economici (imprese, famiglie) che, in
zone urbane, zone di campagna e di comunità montane, dimostrano di
avere la voglia e di essere capaci di porre fine al dissesto idrico e di
promuovere una effettiva politica dell’acqua.
Come nel XX secolo la missione che la classe dirigente italiana dovette,
volens nolens, darsi fu quella di portare nelle case della stragrande
maggioranza della popolazione l’acqua potabile da rubinetto, investendo
massicciamente il denaro pubblico ed affidando la gestione dei servizi idrici
alle aziende pubbliche municipalizzate, così nel XXI secolo la missione di
- 119 -
cui la classe dirigente attuale deve farsi carico è duplice:
- garantire l’accesso all’acqua per tutti, nel mondo, come diritto umano
individuale e collettivo, nella quantità e qualità sufficiente alla vita ed alla
salute, in un contesto d’uso sostenibile degli ecosistemi, nel quadro di uno
Stato moderno efficace, trasparente ed effettivamente democratico, capace
di mobilitare le risorse del “tesoro pubblico” per gestire un “servizio
pubblico” sottratto agli abusi degli interessi corporativi dei gruppi al potere
ed alle logiche mercantiliste e finanziarie degli operatori privati in un
“libero” mercato;
- promuovere l’acqua come un bene comune pubblico, patrimonio
dell’umanità, fonte di pace, di cooperazione e di solidarietà anche nel
rispetto dei diritti delle generazioni future, grazie ad una effettiva e reale
partecipazione dei cittadini alla “res pubblica”. Il potere politico deve
dimostrare, a partire dall’acqua, di essere capace di declinare la democrazia
dei e con i cittadini.
Capitolo 1: I principi fondativi di una politica di governo pubblico
dell’acqua
L’attuale gestione dell’acqua rappresenta, nonostante qualche eccezione,
una lacuna grave nella cultura politica del nostro paese.
Quali devono essere i principi fondativi di una politica nuova di governo
pubblico dell’acqua?
Il concetto di “governo” ci pare più preciso e più significativo di quello di
gestione. Questa rinvia ad una cultura dove il primato è occupato dai mezzi
e che si sviluppa nei campi del “possibile” determinato dalla razionalità
strumentale (risorse, soprattutto finanziarie e tecniche). Il “governo”,
invece, rinvia ad una cultura nutrita anzitutto dai fini e che si arricchisce
nei campi dei diritti/doveri e che spiega il perché “governare” è rendere
possibile l’impossibile dandosi i mezzi per, o adeguandoli agli obiettivi
fissati (e non viceversa). È importate saper gestire il “come farlo”, ma ancor
- 120 -
più importante e pregiudiziale è saper definire il “cosa” e il “perché la cosa”.
Più si è chiari quanto alle finalità, più si è capaci di agire sui mezzi.
Per politica nuova di governo pubblico dell’acqua intendiamo definire e
sperimentare nuovi percorsi di regolazione politica e di pratiche collettive in
materia di vita e del vivere insieme a partire dall’acqua, capaci di
promuovere le interazioni le più virtuose possibili tra i fini (diritti/doveri) ed
i mezzi (risorse/strumenti), dal livello locale a quello mondiale. Questo è
l’obiettivo che ci siamo dati con l’elaborazione e la proposta di un Manifesto
italiano dell’acqua edizione 2005, rivolto specialmente agli amministratori
locali in rispetto di quel principio di prossimità che fa dell’acqua l’elemento
vitale più vicino a ciascuno di noi perché, in fondo, quando parliamo di
acqua parliamo della vita, parliamo di noi esseri umani.
Una politica nuova di governo pubblico dell’acqua deve ispirarsi ad una
serie di principi fondamentali la cui visibilità, valenza e concretizzazione
operano a diversi livelli d’intervento fra loro interconnessi e interdipendenti, e cioè:
- il livello mondiale (ed internazionale)
- il livello continentale (europeo, per l’Italia), comprendente i livelli
interregionali
- il livello nazionale (in pratica, i livelli regionali e locali).
Questa scaletta non deve suggerire alcuna logica prioritaria di interazioni
dall’alto verso il basso. La realtà non è lineare. Tutto è allo stesso tempo
circolare, spirale, frammentato, diviso, squilibrato ed in cerca di equilibri....
Principi fondativi a livello mondiale
Fra i tanti principi che dovrebbero caratterizzare una politica di governo
pubblico dell’acqua a livello mondiale, e che si potrebbero menzionare,
quattro emergono con vigore e per importanza politico-culturale come
elementi di riferimento “globale”:
- 121 -
(a) - il principio del diritto umano e sociale, individuale e collettivo,
all’accesso all’acqua nella quantità e qualità essenziali per la vita
(acqua potabile sana, acqua per l’alimentazione ed altre attività economiche
fondamentali necessarie per la sicurezza d’esistenza collettiva), ed il
corrispondente impegno alla sua concretizzazione (secondo noi possibile da
realizzare entro il 2020).
Il fine di questo principio è il riconoscimento del diritto umano all’acqua,
universale, indivisibile e imprescrittibile, il che non è ancora il caso a livello
mondiale se si escludono alcune convenzioni e dichiarazioni relative
all’infanzia ed alle donne. La regola prevalente, in base al principio della
sovranità nazionale sulle acque, è quella del riconoscimento della
responsabilità di ogni Stato di garantire il diritto all’acqua ai suoi cittadini.
Nel febbraio del 2003, il Governo Canadese ha rifiutato ancora una volta di
riconoscere il “diritto universale umano all’acqua”; in una lettera inviata
alle
associazioni
impegnate
nelle
campagne
per
tale
diritto.
Ecco
l’argomento addotto dal Primo Ministro Martin: “noi affermiamo il principio
che ogni Stato deve assicurare il diritto di accesso all’acqua ai suoi
cittadini. È responsabilità dei singoli Stati garantire i diritti, ma siamo
contrari che si affermi il diritto universale all’acqua, perché questo
significherebbe l’imposizione al Canada, ed ai singoli Stati, di obblighi e
vincoli che limiterebbero la sovranità nazionale dei singoli Stati sulle
risorse nazionali”.
Negli ultimi anni il rifiuto del riconoscimento del diritto umano e sociale
indivisibile ed imprescrittibile da parte dei gruppi dominanti è stato
sostenuto sulla base di una distinzione, ingiustificata, tra diritti naturali,
quali, per esempio, la libertà di pensiero, di credenze, di movimento ed il
diritto alla proprietà privata, considerati come dei diritti inerenti la natura
umana, ed i diritti sociali, considerati come “diritti acquisiti”. Il diritto
all’acqua, il diritto alla pensione, il diritto alla istruzione, sarebbero dei
diritti acquisiti il cui riconoscimento e fruibilità sarebbero subordinati alle
- 122 -
risorse finanziarie disponibili. Mentre i diritti naturali non si possono
intaccare, ridurre, perché sono indivisibili, imprescrittibili ed universali, i
diritti sociali sarebbero divisibili e quindi possono essere garantiti in
termini relativi rispetto alle risorse allocabili. Per il “Contratto Mondiale
dell’Acqua” il diritto all’acqua è un diritto umano di base per la vita,
inerente alla dignità della persona umana, riconosciuto come tale a seguito
di lunghe e dure lotte sociali e politiche e che non può, in nessuna
circostanza, e per nessuno, dipendere dalle disponibilità delle risorse
finanziarie.
Per i gruppi dominanti, il come resta un processo indeterminato;
aleatorio, lasciato alle condizioni delle disponibilità finanziarie. Secondo
loro, più il capitale privato è stimolato ad intervenire nel settore dell’acqua,
più l’accesso all’acqua come diritto diventerà possibile. Si tratta di una
posizione insostenibile ed incoerente soprattutto perché è largamente
dimostrato che la tesi dell’impossibilità finanziaria ed economica di
consentire a tutti il diritto all’acqua nello spazio di una generazione è falsa.
Il come è alla portata dell’umanità anche quando questa sarà composta –
verso il 2020 – da otto miliardi di persone che abiteranno il pianeta terra.
Esso si traduce nel finanziamento pubblico del diritto umano sulla base di
una fiscalità mondiale e “locale” generale e specifica e di mutamenti di rotta
sul piano della politica agricola, commerciale, industriale, tecno-scientifica
e del debito dei paesi del “Sud”. In questo senso, le collettività pubbliche
territoriali, dal comune alle istituzioni internazionali e mondiali, devono
darsi, in priorità, le risorse necessarie e sufficienti per assicurare il diritto
all’acqua, come hanno fatto e continuano a fare sul piano militare e delle
forze di polizia per assicurare la sicurezza del paese e dei suoi abitanti
verso l’esterno ed all’interno.
(b) - il principio del governo sostenibile e solidale dei grandi corpi
idrici mondiali (e degli ecosistemi di cui fanno parte) quali i grandi bacini
- 123 -
idrografici su territori di due e più Stati (i grandi fiumi, i maggiori acquiferi,
i grandi laghi o mari interni). Vi sono grandi bacini, come quello del
Guaranì, che essendo corpi idrici a valenza globale, dovrebbero essere
governati in modo congiunto dai Paesi sui quali si estende il bacino. È
inaccettabile che il mare Morto stia scomparendo (ha perso il 30% della sua
superficie) come è quasi scomparso il lago Baikal. I grandi laghi
dell’America del Nord, come i grandi fiumi dell’Amazzonia, dell’Africa e
dell’Asia che attraversano più paesi, costituiscono degli ecosistemi maggiori
d’importanza vitale per il funzionamento del “ciclo integrale” dell’acqua e
della vita sul pianeta Terra.
Il fine, in questo caso, è la salvaguardia della loro sostenibilità in quanto
beni comuni pubblici di rilevanza mondiale, nel tempo e nello spazio.
Il come sta, principalmente, nell’istituzione di un “governo pubblico
mondiale” dei corpi idrici mondiali già proposto dal “Manifesto dell’acqua”.
(c) - il principio della non applicabilità all’acqua delle regole
dell’Organizzazione Mondiale del Commercio (WTO) e dell’Accordo
Generale
sul
Commercio
dei
Servizi
(AGCS,
GATS
in
inglese),
specificatamente e senza eccezioni per quanto riguarda i servizi idrici
relativi all’acqua per la vita (cioè la captazione, adduzione, trattamento e
distribuzione, dell’acqua potabile, ed il trattamento delle acque reflue) e
l’acqua per la sicurezza d’esistenza collettiva (l’acqua per la produzione
agricola, industriale ed energetica nella quantità e qualità sufficienti per
l’esistenza di una comunità umana).
Il fine è rappresentato dalla salvaguardia del bene acqua come bene
comune pubblico e come servizio pubblico non mercantile, contro la tendenza
oggi prevalente alla mercificazione dell’acqua trattata come una merce ed i
servizi idrici come dei servizi mercantili da sottomettere alle regole del “libero
scambio” commerciale sul mercato capitalista globale.
- 124 -
Il come risiede soprattutto nell’esclusione dell’acqua dagli accordi AGCS
e nella revisione profonda della cultura politica del WTO e della regolazione
politica
delle
relazioni
commerciali
internazionali
e
mondiali,
che
dovrebbero essere ispirate da una pratica del commercio fondata sulla
cooperazione e la condivisione anziché sulla competizione e la lotta per la
sopravvivenza mediante l’accumulazione della ricchezza grazie allo scambio
ineguale che conduce ad escludere ed eliminare i più deboli.
(d) - il principio dell’acqua come bene comune pubblico, bene
patrimoniale dell’umanità
Il fine di questo principio è il riconoscimento da parte della comunità
internazionale/mondiale della responsabilità dell’intera umanità, per
quanto differenziata e divisa essa sia, nei confronti dell’acqua, cioè della
salvaguardia e del miglioramento della vita degli ecosistemi e degli esseri
umani.
Il come passa, al di là delle priorità sul piano degli strumenti giuridici,
istituzionali e comportamentali, attraverso il riconoscimento dell’umanità
in quanto soggetto giuridico e politico distinto. Questo riconoscimento deve
venire necessariamente dalle Nazioni Unite. Introdotto nella “Dichiarazione
di Roma” del 10 dicembre 2003, il riconoscimento dell’umanità in quanto
soggetto giuridico e politico mondiale, titolare di diritti e di doveri in nome
di tutti gli esseri umani, è una condizione strumentale essenziale per
consentire lo sviluppo ed il consolidamento di un governo pubblico
mondiale dell’acqua. L’ONU non può consentirlo. La politica dell’acqua del
sistema ONU è infatti incapace di liberarsi dalla trappola “istituzionale”
rappresentata dalla sovranità nazionale sulle risorse naturali, e dalla
trappola politico ideologica attuale che ha dato alle istituzioni quali la
Banca Mondiale, il FMI, il WTO e la WIPO il primato sull’ONU per quanto
riguarda il potere di regolazione “politica” delle relazioni internazionali e
- 125 -
mondiali, eccezion fatta per la sicurezza militare che è rimasta nelle mani
dell’oligopolio dei cinque membri del Consiglio di Sicurezza (e non delle
Nazioni Unite).
L’insieme dei quattro principi mette in luce una fondamentale differenza
tra la politica mondiale attuale dell’acqua e la politica nuova proposta dal
“Contratto Mondiale dell’Acqua”.
La prima è l’espressione di un’abdicazione politica ed etica mondiale
riguardo la concretizzazione del diritto all’acqua per tutti gli esseri umani
nell’arco di tempo di una generazione e meno. Essa ha sposato nel
settembre 2000 - Dichiarazione dell’ONU al Vertice del Millennio su “Gli
obiettivi del Millennio per lo sviluppo” - l’idea dell’impossibilità di garantire
a tutti l’accesso all’acqua potabile sana ed ai servizi igienici. L’obiettivo
massimo realista ottenibile, essa sostiene, è la riduzione di metà al 2015
del numero delle persone che oggi non hanno accesso all’acqua. Quello che
succederà dopo resta indeterminato.
Da notare che la maggior parte dei movimenti associativi, comprese le
ONG e le organizzazioni di matrice cristiana e cattolica, hanno aderito agli
obiettivi del Millennio per lo sviluppo. Lo stesso dicasi dell’internazionale
socialista, di molti sindacati e della stragrande maggioranza delle
università in tutto il mondo.
I singoli cittadini e le organizzazioni della società civile non sono stati in
grado di incidere minimamente sui processi “elitisti” ed “antidemocratici”
dei grandi vertici mondiali. Miliardi di persone non sono nemmeno al
corrente delle decisioni prese in tali occasioni “a nome dei popoli” della
“società mondiale”!
Una politica nuova di governo pubblico mondiale dell’acqua deve
fondarsi sulla revisione al rialzo degli obiettivi del Millennio tanto più che
- 126 -
una valutazione provvisoria, fatta nel corso del 2004, ha già dimostrato che
gli obiettivi indicati sono riduttivi rispetto ai bisogni e rischiano addirittura
di
non
essere
raggiunti.
Da
qui
l’importanza
dell’adesione
alla
Dichiarazione di Roma e l’urgenza di istituire una Autorità Mondiale
dell’Acqua, con funzioni legislative e soprattutto di difesa dell’interesse
mondiale grazie alla creazione di un Organo di Risoluzione dei Conflitti in
materia d’acqua da creare sull’esempio, rivisto, dell’Organo di Risoluzione
delle Dispute operante in seno al WT.
I principi fondativi a livello europeo
A livello europeo la possibilità di una politica nuova di governo pubblico
dell’acqua è fortemente legata alla volontà del Parlamento europeo, ancor
più che da parte della Commissione e del Consiglio dei Ministri, di
affermare e promuovere i seguenti principi:
1. il principio del servizio pubblico europeo
2. il principio della democrazia sovra-nazionale
3. il principio della cooperazione interregionale
4. il principio della solidarietà verso i paesi vicini.
Come è noto, la posizione della Commissione Europea rispetto ai servizi
idrici è improntata, almeno formalmente, al principio della “neutralità”
dovuta al fatto che la politica dell’acqua resta di competenza degli Stati
membri. La Commissione è intervenuta ed opera in maniera significativa
nel campo dell’acqua in relazione principalmente agli aspetti connessi alla
salute ed all’ambiente, onde l’importante Direttiva Quadro sull’acqua del
2000, centrata sulla qualità dell’acqua in seno all’Unione Europea. Altri
interventi nel settore acqua sono collegati alla politica commerciale in seno
WTO ed alla politica di sviluppo e della cooperazione, in particolare
nell’ambito degli Accordi di Cotonou. Pensiamo, ad esempio, alle richieste
in favore della liberalizzazione dei servizi idrici rivolte dall’UE a 102 paesi
membri del WTO nell’ambito dei negoziati GATS, ed all’Iniziativa Acqua
dell’UE per un miliardo di euro per l’Africa, lanciata al Vertice di
- 127 -
Johannesbourg nel settembre 2002.
La neutralità istituzionale non ha impedito però alla Commissione di
prendere posizione, specie in ambito WTO e con la Direttiva Quadro, in
favore del principio dell’acqua trattata come un bene economico sottoposto
alle regole del prezzo di mercato. Ciò è coerente con la filosofia
predominante neoliberale che ispira oramai da anni le politiche proposte
dalla Commissione, come è il caso più evidente della Direttiva Bolkestein
sulla liberalizzazione dei servizi. Un caso destinato a divenire il caso
politico più caldo dei prossimi mesi, per il futuro dell’ingegneria economica
della costruzione europea.
Il Parlamento europeo, invece, ha una più grande libertà di evoluzione e
di manovra. L’ultima presa di posizione del Parlamento in materia di acqua
si è tradotta nell’adozione, nella seduta plenaria dell’11marzo 2004, di due
emendamenti al “rapporto Miller”, rapporto di iniziativa parlamentare sulla
Comunicazione della Commissione sullo stato di avanzamento della
realizzazione del mercato unico interno. Con i due emendamenti il
Parlamento europeo:
- ha respinto la proposta della Commissione di far disciplinare le acque
ed i servizi di smaltimento e dei rifiuti da una direttiva settoriale del
mercato unico. Tenuto conto delle specificità regionali e della responsabilità
primaria delle collettività locali in materia di approvvigionamento delle
acque potabili e del trattamento delle acque reflue, il Parlamento
s’interroga
sull’opportunità
di
procedere
alla
liberalizzazione
dell’approvvigionamento idrico;
- ha affermato che “l’acqua è un bene comune dell’umanità” e che “la
gestione delle risorse idriche non deve essere assoggettata alle norme del
mercato interno”.
Rispetto alle modalità con cui si può costruire a livello europeo questa
nuova politica del governo pubblico dell’acqua, rinviamo al Manifesto
Europeo che illustra le modalità proposte dal Contratto mondiale dell’acqua
per l’attuazione dei quattro principi sopra indicati.
- 128 -
Ci pare però utile, per il contesto italiano, fare un accenno brevemente
all’importanza che deve occupare nell’elaborazione e messa in opera di una
politica nuova dell’acqua la promozione di una democrazia sovranazionale,
uno dei percorsi istituzionali con cui costruire i processi democratici e
partecipativi sulla base dei quali deve fondarsi una nuova politica
dell’acqua dal locale al globale.
Il Parlamento Europeo costituisce una grande conquista del popolo
europeo e sta diventando uno strumento importante sul cammino
della democrazia sopranazionale. In questo senso è importante
rinforzare i poteri del Parlamento europeo e battersi affinché esso
funzioni in maniera sempre più democratica e approvi delle politiche,
per l’appunto nel campo dell’acqua, miranti ad una società più giusta,
più libera e più solidale. Un Parlamento europeo rafforzato sarà anche
in grado di sostenere il rinforzamento di esperienze parlamentari
sovranazionali attualmente più fragili, quale quella del “Parlantino”
(assemblea dei parlamentari dei 23 paesi d’America centrale e
meridionale), o interamente nuova, quale quella del Parlamento
Panafricano che ha iniziato i suoi lavori nel settembre 2004.
Non bisogna lasciare sfuggire un’occasione di grande rilevanza politica
anche sul piano simbolico: sarebbe auspicabile che il Parlamento europeo
prendesse l’iniziativa di proporre al Parlamento Panafricano, al Parlantino,
ed anche all’Assemblea Interparlamentare UE - ACP, di fare dell’acqua, il
campo prioritario di azioni congiunte con l’obiettivo di rivedere al rialzo gli
obiettivi del nuovo Decennio Internazionale dell’acqua (2005-2015) lanciato
dalle Nazioni Unite: anziché mirare di ridurre di metà al 2015 le persone
che oggi non hanno accesso all’acqua potabile, darsi l’obiettivo di garantire
l’accesso all’acqua potabile a tutti gli esseri umani al 2020.
Capitolo 2: I principi fondativi a livello italiano e le proposte
Una nuova politica di governo pubblico dell’acqua in Italia deve ispirarsi
- 129 -
a tre principi fondativi
- rigenerare il bene acqua, dalla distruzione e devastazione di cui è stato
oggetto negli ultimi decenni
- operare una scelta politica maggiore: la ripublicizzazione della gestione
dei servizi nel quadro di una visione integrata di governo di tutte le acque
- “ripartire” dalla partecipazione reale dei cittadini
Rigenerare il bene acqua per un cambio radicale negli usi
Dopo il disastro che è stato fatto in questi anni in Italia del bene acqua, è
necessario
puntare
alla
rigenerazione
del
capitale
idrico
nazionale
adottando severe misure di riduzione drastica delle fonti di inquinamento e
di contaminazione tra le quali restano determinanti i pesticidi, i nitrati, gli
idrocarburi, i metalli pesanti e, in maniera crescente, le sostanze tossiche
di origine umana legate all’alta medicalizzazione delle nostre popolazioni.
Ciò
significa
anche,
attuare
realmente
una
politica
coerente
di
rigenerazione del suolo, del territorio, e su scala più globale, degli
ecosistemi,
malmenati
da
un’agricoltura
intensiva
orientata
per
l’esportazione, un’industria per cui il principio di sostenibilità ha valore
unicamente in termini di opportunità per la competitività. In larga parte, le
leggi (anche buone), i documenti programmatici ed i piani (molto spesso
eccellenti) esistono. Quel che manca è una effettiva cultura delle pratiche
sociali, politiche ed umane corrispondenti.
A questo fine si propone di perseguire alcuni obiettivi strategici prioritari
da realizzare negli anni 2005-2008:
• riduzione almeno del 40% delle perdite in irrigazione con il metodo di
“polverizzazione”: l’irrigazione rappresenta in Italia il 55% dei prelievi
totali d’acqua dolce. Di questi, 40% si perdono per evapo-traspirazione.
Non è possibile continuare su questi livelli di spreco e di abuso. Le
tecniche e pratiche alternative esistono;
• portare a 12-15% i livelli di perdita delle reti di distribuzione che, com’è
noto, in Italia continuano a superare il 30-35% (in certe regioni del Sud
- 130 -
le percentuali raggiungono il 65%). La Svezia e la Svizzera sono al 9% di
perdite delle reti di distribuzione che è considerato il tasso naturale al di
sotto del quale non si può scendere. Lo Stato, gli enti locali ed i cittadini
si devono impegnare a trovare gli strumenti e le modalità per
raggiungere un tale obiettivo. La creazione di “comitati di vigilanza”
locali cui affidare il compito di mantenere i cittadini in allerta potrebbe
essere un modo efficace di azione;
• effettuare un censimento generale dei pozzi: si stima che in Italia vi
siano circa 1,5 milioni di pozzi illegali, che prendono acqua dove
vogliono, senza nessun controllo. È tempo di porre fine a tale illegalità
collettiva. Facciamo il censimento dei pozzi, vediamo quanti sono sicuri,
quanti sono inquinanti, chi li usa, come sono cambiate le loro
morfologie.
A questi obiettivi strategici vanno associate le seguenti azioni:
• ri-inventare la raccolta di acqua piovana. In paesi a scarsità idrica come
Israele la raccolta delle acque piovane è praticata in maniera
sistematica. Essa comincia ad essere reintrodotta anche in Europa. A
Saint Deny in Francia, le autorità municipali hanno deciso di creare
degli invasi di acqua piovana per utilizzarla per la pulizia delle strade di
Parigi;
• riduzione dei flussi negli usi domestici a livello di bagni, di toilette,
grazie a sistemi di riciclaggio delle acque reflue laddove è possibile nei
vecchi centri urbani, ma certamente in tutti i nuovi edifici collettivi
(pubblici e privati), mediante l’introduzione di reti duali nei nuovi
insediamenti.
Operare una scelta politica maggiore: ripubblicizzare il governo dell’acqua
Uno dei principali fattori che in Italia ed altrove hanno spinto le stesse
classi dirigenti ad adottare processi di privatizzazione del governo
dell’acqua è stato “il cattivo Stato”, “il pubblico inefficiente e corrotto”. La
sfiducia nella capacità dei poteri pubblici di “governare” in maniera giusta
ed efficace è alla base dell’apparente “legittimazione” dell’ondata di
- 131 -
liberalizzazione,
deregolamentazione
e
di
privatizzazione
che
ha
scombussolato il regime di governo dell’acqua nel ventennio 1980-2000.
Laddove il potere pubblico ha dimostrato di rispondere in grande misura
ai suoi doveri ed alle attese dei cittadini, l’ondata di cui sopra non ha avuto
luogo.
Certo, altri fattori hanno giocato in favore della liberalizzazione,
deregolamentazione e privatizzazione dell’acqua, fra i quali, non ultime,
una cultura strutturalmente antistatalista dei cosiddetti “liberali” e la
ricerca senza tregua da parte del capitale privato di nuovi campi di
opportunità di profitto.
Pertanto una politica nuova nel settore dell’acqua in Italia, significa
anzitutto ri-costituire uno Stato di responsabilità, un pubblico efficace e
onesto, ridare credibilità e capacità al governo pubblico.
Lungi dall’avere favorito la necessaria trasformazione dello Stato, del
pubblico, la scelta operata dai dirigenti politici, economici, e tecnoscientifici italiani degli ultimi dieci anni in favore di un governo dell’acqua
di tipo privatistico, - non solo dal punto di vista istituzionale (affidamento
ad imprese private, ad imprese miste, a società per azioni) ma anche dal
punto di vista politico-culturale (approccio economicista, primato alla
concorrenza mercantile e finanziaria) – ha ulteriormente aggravato il
degrado del pubblico indebolendone le capacità d’azione e la visibilità
presso i cittadini. Tant’è che in Italia, i governanti bistrattano lo Stato
proclamando in coro “government is not a solution to our problems,
government is the problem”.
Ripubblicizzare il governo dell’acqua implica ribaltare questa opzione
culturale che ha trasformato i servizi comuni pubblici, in particolare i
servizi idrici in “servizi industriali” (legge Galli). I servizi idrici devono invece
essere considerati come servizi di funzione pubblica vitali perché inerenti al
governo di un bene comune pubblico essenziale ed insostituibile per la vita
e, quindi, facenti parte della sfera dei diritti umani.
- 132 -
Conformemente
ai
ripubblicizzazione
principi
del
sopra
governo
descritti,
dell’acqua
proponiamo
si
faccia
che
attraverso
la
i
seguenti passaggi.
Primo: definizione di una politica integrata dell’acqua dove per
“integrata” intendiamo il governo coordinato di tutte le categorie dell’acqua
e cioè:
1. l’acqua per la vita e la salute acqua potabile, acque minerali e di
sorgente;
2. l’acqua per la sicurezza d’esistenza collettiva, acqua per la produzione
agricola, industriale ed energetica necessaria per assicurare l’esistenza
di una comunità umana;
3. l’acqua per usi e bisogni privati: a livello domestico (piscine,
giardinaggio), per attività di “piacere” (campi di golf, turismo) per
attività agricole ed industriali destinate a beni e servizi non essenziali
per fasce di consumatori abbienti, di lusso
In
questo
contesto,
è
necessario
procedere
all’unificazione
delle
legislazioni attualmente frammentate (leggi per l’acqua potabile, leggi per
l’acqua minerale, leggi per l’acqua ad uso produttivo).
A tal fine, occorre:
- a livello nazionale ripensare una nuova legge quadro nazionale snella,
che
• sancisca la natura di bene comune pubblico dell’acqua, e vieti ogni
forma di privatizzazione del bene a livello di proprietà, gestione e
controllo;
• istituisca un soggetto unico del governo dell’acqua – ciclo integrato - di
tutte le acque, a livello regionale, entro i principi e le regole fissate dalla
nuova legge nazionale quadro;
- 133 -
• inventi una nuova ingegneria finanziaria per la copertura dei costi
legati ad un governo del bene acqua guidato dalla volontà/dovere di
garantire l’accesso all’acqua per tutti come diritto umano e la
valorizzazione dell’acqua anche nell’interesse delle generazioni future e
nel rispetto della sostenibilità degli ecosistemi;
• rinforzi la responsabilità ed il ruolo dei poteri locali;
• dia la priorità alla costituzione di società cooperative pubbliche, a lato
delle aziende speciali e dei consorzi pubblici, come soggetti di gestione
dei servizi idrici.
Una legge che non si limiti a parlare di costi e di gestione degli usi
domestici, ma affronti il nodo della fiscalità e delle tariffe per tutti gli usi
idrici. Una legge che affronti il disordine che la cultura privatistica con la
quale è stata gestita la legge Galli ha determinato nelle legislazioni regionali
e nelle situazioni locali, con il proliferare di gestioni di reti di impianti e di
erogazione di servizi ed il moltiplicarsi di consigli di amministrazione con
sempre di meno riferimenti ai bacini idrografici;
- a livello regionale riorganizzare, con leggi regionali ad hoc, l’insieme
delle istituzioni, leggi, decreti che “governano” il settore dell’acqua
valorizzando le buone pratiche, le buone regole e le buone istituzioni – e ne
esistono - introducendo dispositivi agili di partecipazione dei cittadini al
governo dell’acqua;
- a livello locale incoraggiare gli eletti locali (sindaci) che costituiscono i
soci degli ATO, e quindi hanno la responsabilità di salvaguardare il bene
pubblico, di optare per la gestione in house, per mantenere in Italia una
condizione tale per cui, sulla base della dialettica politica e del confronto
tra i cittadini, i movimenti sociali e le istituzioni, si possa arrivare agli
appuntamenti elettorali (2005 e 2006), con l’accettazione da parte dei
responsabili
politici,
pubblici,
d’impegnarsi
ripubblicizzazione del governo dell’acqua in Italia.
- 134 -
per
un
programma
di
Secondo l’OMS (Organizzazione mondiale della sanità) e la FAO
(Organizzazione mondiale per l’alimentazione) ogni persona ha bisogno per
vivere di 5O litri al giorno di acqua potabile sana, nel mentre una comunità
umana, diciamo la popolazione di uno Stato, ha bisogno per assicurare
un’esistenza di vita collettiva adeguata di 1700m3 all’anno per persona.
Garantire l’accesso a tali quantità d’acqua nella qualità dovuta è l’oggetto
del diritto umano e sociale, individuale e collettivo all’acqua. Esso implica
un governo complesso ed integrato dell’insieme degli elementi e dei fattori
naturali, sociali, economici e politici che solo i “poteri pubblici” possono
esercitare.
Secondo: riorganizzare l’Integrazione di tutte le funzioni (proprietà,
gestione, controllo politico), con conseguente abbandono del principio,
che ha trionfato nel corso degli ultimi 10 anni, della separazione tra
proprietà del bene e delle reti, gestione dei servizi, controllo politico sulla
gestione.
A tal uopo, occorre, ristrutturare il governo della gestione.
Per quanto riguarda le modalità di affidamento dei servizi pubblici da
parte degli enti locali, rispetto alle tre modalità previste dall’attuale
ordinamento italiano e comunitario, proponiamo di adottare la modalità
dell’affidamento diretto a società con capitale interamente pubblico, cioè la
gestione “in house”, insieme a forme di gestione diretta, in economia,
laddove quest’ultima modalità si riveli più pertinente ed efficace.
La gestione in house, è opportuno ricordarlo, non costituisce un’eccezione
al diritto della concorrenza, ma rappresenta una gestione diversa,
“alternativa”,
che
deriva
la
sua
legittimità
dalla
potestà
di
autorganizzazione dello Stato (amministrazione centrale e locale). Ove
l’amministrazione intenda affidare un appalto di servizi ad un organismo di
diritto pubblico, non è necessario ricorrere alle regole proprie del diritto
della concorrenza.
- 135 -
La gestione in S.p.A. è in contraddizione aperta con il governo pubblico di
un diritto umano e sociale e di un bene essenziale alla sicurezza
dell’esistenza collettiva.
La nuova trincea è quella di evitare la liberalizzazione (cioè la messa a
gara sul mercato) dei servizi idrici. Nel contesto attuale e a breve termine,
una soluzione consiste nell’affidare direttamente il servizio a S.p.A.
pubbliche approfittando degli spazi conquistati con l’art. 14 del DL 269/93,
ed associando questa opzione con modifiche statutarie che determino il
cosiddetto “controllo analogo”. Per l’arco dei prossimi due/tre anni,
proponiamo dunque che la gestione in house sia associato alle seguenti
caratteristiche:
• S.p.A. con capitale interamente pubblico (al 100%);
• rimodulazione degli strumenti tipici del diritto societario (quorum di
costituzione e di deliberazione dell’assemblea ordinaria e straordinaria,
nomine anche extraassembleari, etc);
• divieto di vendita ai privati delle reti ed impianti; laddove gli enti locali
conferiscono i propri beni alla S.p.A. patrimonio, devono prevedere
esplicitamente nel proprio statuto e in quello della S.p.A., che i soci
azionisti possono essere solo gli Enti locali;
• divieto di cessione ai privati di quote del capitale da parte dei soci delle
S.p.A. pubbliche;
• principio
del
re-investimento
degli
utili
della
S.p.A.
per
un
miglioramento del servizio pubblico (in particolare, campagne di
sensibilizzazione dei cittadini per ridurre consumi, sprechi, per
modalità di partecipazione dei cittadini) della qualità ed accessibilità
del servizio per l’utenza;
• obbligo di svolgere le attività solo a livello dell’ATO di appartenenza e
quindi divieto di concorre ai bandi in altri territori;
- 136 -
• divieto di costruire multi-utilities con capitale privato e partecipare
alla
costituzione
di
aggregazioni
in
società
di
scopo/filiera
deterritorializzate ed attivare invece Consorzi pubblici multi-settoriali
(economia pubblica dei flussi e reti);
• ripubblicizzazione della gestione e distribuzione delle acque minerali
su basi cooperative, con revoca delle concessioni di sfruttamento
concesse ai privati.
Terzo: ri-inventare un’ingegneria finanziaria del governo dell’acqua
fondata sul finanziamento pubblico dei costi relativi all’acqua per la vita e
per la sicurezza dell’esistenza collettiva, e su una gestione finanziaria dei
costi associati alle altre categorie d’acqua sulla base dei meccanismi
dell’economia di mercato regolati nel rispetto dell’interesse generale.
Si propone di realizzare la nuova ingegneria finanziaria del governo
dell’acqua articolandola su tre capisaldi.
Il primo capisaldo è l’affermazione della coerenza e pertinenza del
FINANZIAMENTO PUBBLICO.
Un diritto umano, un bene pubblico, un servizio pubblico, devono essere
finanziati dalla collettività mediante il “tesoro pubblico”, le risorse
finanziarie della collettività. Non si può ammettere che un diritto umano sia
finanziato da privati. In questo senso bisogna opporsi all’ingegneria
finanziaria proposta nel rapporto “Financing Water for all” del “Panel
Camdessus” costituito dal Consiglio Mondiale dell’Acqua e sostenuto dalla
Banca Mondiale e da numerosi governi occidentali. Il rapporto Camdessus
propone
principalmente
il
ricorso
a
strumenti
finanziari
di
tipo
“privatistico” (prezzo ai consumatori, ricorso ai mercati finanziari, prestiti
dalle istituzioni multilaterali internazionali, partenariato pubblico privato)
in una logica il cui principio fondatore è, come esplicitamente affermato,
quello di creare in ogni paese le condizioni ottimali per attirare il capitale
privato ad essere interessato a finanziare i servizi idrici, assicurando alti
- 137 -
livelli di ritorno sugli investimenti e la sicurezza del diritto di proprietà dei
beni o dei servizi.
Il secondo capisaldo è l’adozione di un sistema di TARIFFICAZIONE a
tre livelli.
Il primo livello è la tarifficazione del diritto. L’accesso ai 50 litri per
persona al giorno, che costituiscono un diritto universale, devono essere
presi a carico della collettività (dal locale al mondiale). Per il cittadino si
tratta di tariffa zero. Così facendo non v’è gratuità. I costi non spariscono.
Essi sono presi a carico da parte della collettività la quale finanzia le spese
inerenti tramite le finanze pubbliche, alimentate dalla fiscalità generale e
specifica.
V’è poi il secondo livello, quello della sostenibilità. Se dai 50 litri si
passa ad un uso superiore, è opinione diffusa che l’uso di 120 litri al giorno
per persona rappresenti un livello decente per accedere ad un livello di
benessere ammissibile sul piano di un utilizzo sostenibile dell’acqua. In
questo caso se si passa indifferenziatamente a consumi di 180 litri, o ai
219 come per gli italiani, o a 400 come i Canadesi, o 600 litri al giorno –
per i consumi tra i 50 e 120 litri al giorno per persona – si può applicare
una tariffa non superiore ai costi reali di produzione. Se l’uso giunge a 200
litri, siamo in presenza di una gestione dell’acqua che diventa insostenibile
anche se non in maniera devastatrice del bene. In questo caso si applica
una tariffa progressiva. Se, come negli Stati Uniti, si arriva ai 4100 litri al
giorno, come per i californiani, è chiaro che in questo caso ci troviamo in
una situazione particolare da contrastare.
Il terzo livello è quello della non sostenibilità e quindi del divieto. Se si
usa più di 200 litri al giorno vi è un livello da spreco, insostenibile; un tale
consumo non si deve comprare pagando, ma deve essere vietato in
applicazione del principio che “chi inquina non può farlo”, e non invece
proponendo il principio che “chi inquina paga”.
- 138 -
È inoltre necessario lavorare sulla “ri-invenzione
di
istituzioni
finanziarie pubbliche” per la gestione del risparmio collettività territoriali
e famiglie su basi mutualistiche cooperative. Gli ultimi 15 anni hanno visto
la scomparsa della maggior parte delle istituzioni finanziarie pubbliche; in
Italia non c’è più una vera Cassa Depositi e Prestiti pubblica, perché questa
istituzione a cui si rivolgevano soprattutto gli enti locali, è stata
privatizzata. Perché dobbiamo pensare che sia impossibile ripensare e
rilanciare ancora la Cassa Deposito e prestiti con funzione pubblica?!
Le Casse di Risparmio sono state privatizzate; le cooperative di risparmio
sono state privatizzate.
Tentiamo di ricreare, di ri-inventare un credito comunale pubblico che
possa raccogliere i risparmi delle famiglie e delle comunità locali, per
finanziare i beni pubblici ed i servizi pubblici. Si può cominciare attraverso
cooperative di tipo mutualistico, ma soprattutto avere una struttura
centrale cioè una Cassa Depositi e Prestito che ridarebbe vigore ad una
politica pubblica, per un investimento pubblico, per i servizi pubblici locali.
Partire dalla promozione della partecipazione reale dei cittadini
Sul piano degli strumenti di partecipazione e del coinvolgimento dei
cittadini è possibile constatare che il cammino da fare, sia a livello di presa
di coscienza che di accettazione di modalità partecipate di cogestione delle
decisioni da parte degli amministratori, è ancora tutto in salita.
Esistono però alcune esperienze significative che possono facilitare ed
accrescere i livelli di partecipazione da parte dei cittadini e di espressioni
organizzate come le associazioni di categoria.
Percorsi come l’agenda 21, che in questi anni hanno attivato percorsi
seminariali sull’acqua rivolte al mondo della scuola, degli utenti e
amministratori, hanno consentito l’applicazione della “carta dei servizi” e
l’introduzione di alcune iniziative concrete sul piano della riduzione dei
consumi.
- 139 -
Inoltre, esperienze come quelle del bilancio partecipativo e del nuovo
municipio, costituiscono strumenti forti di sperimentazione di forme più
ricche di discussione, “consultazione”, e coinvolgimento dei cittadini.
In assenza di nuove modalità incisive sul piano decisionale e quindi di coassunzione di responsabilità da parte dei cittadini, è difficile affrontare, con
un approccio di condivisione, le scelte che la politica nuova di governo
pubblico dell’acqua, oggi richiede.
Pertanto, si propone di:
9 prevedere, a livello degli ATO, la costituzione dei “Consigli dei cittadini”,
con potere vincolante rispetto a certe decisioni in materia di governo
dell’acqua (piano territoriale, tarifficazione investimenti, etc.);
9 attivare a livello provinciale “tavoli di coordinamento” tra gli ATO, aperti
alle associazioni ed alle rappresentanze dei cittadini;
9 promuovere delle campagne di sensibilizzazione per la promozione di
comportamenti responsabili;
9 organizzare una consultazione nazionale in materia di pubblicità degli
atti e delle decisioni gestionali che attengono ai servizi idrici e per una
nuova legge sull’acqua;
9 rinforzare
gli
atti
di
solidarietà
con
progetti
di
cooperazione
internazionale e azioni di gemellaggio con città e comunità che hanno
problemi di gestione o di accesso all’acqua;
9 aderire e far aderire alla Dichiarazione di Roma;
9 partecipare agli appuntamenti dell’acqua: FAME 2005 (Ginevra 17-20
marzo 2005) e Assemblea dei cittadini per l’Acqua (settembre 2006).
- 140 -
Appendice. Lista ricapitolativa delle proposte
Qui di seguito, le proposte del Comitato Italiano per una nuova politica di
governo pubblico dell’acqua in Italia, differenziate per livelli di intervento e
per soggetti.
A livello nazionale
Si richiede di avviare l’iter parlamentare per il varo di una nuova legge
quadro nazionale che sancisca i principi enunciati nel Manifesto Italiano
2004:
9 il
riconoscimento
dell’acqua
come
diritto
umano,
universale,
inalienabile,imprescrittibile;
9 il riconoscimento dei servizi idrici, come servizio pubblico nazionale, con
riferimento ai principi di uguaglianza di tutti i cittadini e di universalità
dei servizi primari sanciti dall’art. 3 della Costituzione italiana;
9 l’introduzione del principio della ripubblicizzazione dei servizi idrici e la
revisione dell’art. 113 del TUEL allo scopo di reinserire le aziende
speciali ed i consorzi pubblici tra i soggetti che possono gestire i servizi
idrici;
9 l’istituzione di modalità di finanziamento dei servizi idrici pubblici,
attraverso meccanismi di fiscalità generale e la costituzione di Fondi
Nazionali di solidarietà e di casse nazionali, per il finanziamento delle
opere di manutenzione e di quelle idriche e della copertura dei costi
dell’accesso all’acqua come diritto;
9 il riconoscimento con leggi Quadro nazionali o a livello Regionale dei
Consigli dei cittadini per l’acqua (in ottemperanza all’art.118 della
costituzione che riconosce il valore dell’autonoma iniziativa dei cittadini,
singoli ed associati, per lo svolgimento di attività di interessi generali);
9 l’obbligatorietà della adozione da parte di tutti gli enti locali di una Carta
dei Servizi e la proposta di elaborazione di una Carta europea del diritto
all’acqua dei cittadini.
- 141 -
A livello regionale
Si domanda:
9 lo scorporo dei servizi idrici dai servizi a rilevanza economica e quindi
industriale;
9 l’assunzione dell’impegno da parte delle Regioni a tutelare tutte le acque
(di superficie e sotterranee) di loro competenza come bene comune;
9 la ripubblicizzazione del governo della gestione dei servizi idrici;
9 la costituzione di tavoli regionali di coordinamento fra i vari ATO al fine
di favorire progetti unitari per la gestione di servizi idrici integrati
secondo criteri di efficacia;
9 la costituzione di Fondi regionali per garantire il diritto umano all’acqua,
tramite percentuali sulla tariffa, e per la difesa e la tutela del patrimonio
idrogeologico, ivi comprese la salvaguardia delle sorgenti delle comunità
montane;
9 l’introduzione di incentivi per favorire gli investimenti da parte dei
cittadini, degli enti cooperativi e delle imprese per migliorare la qualità
delle acque da rubinetto e ridurne l’uso, ed i consumi per usi non
potabili tramite il riciclaggio e la riutilizzazione delle acque reflue e
l’introduzione delle reti duali nelle abitazioni e nei nuovi insediamenti
industriali; la raccolta e il trattamento delle acque piovane;
9 l’organizzazione di un censimento dei pozzi e delle fonti esistenti sul
territorio;
9 l’introduzione di misure destinate alla riduzione dei consumi per usi
agricoli ed industriali;
9 l’applicazione di una tassa regionale sull’imbottigliamento delle acque
minerali pari almeno a 0,516 Euro per ogni 100 litri (1 lira al litro)
attualmente applicata solo da tre Regioni;
9 la ripubblicizzazione della gestione e distribuzione delle acque minerali
su basi cooperative.
- 142 -
A livello delle Province
Si richiede:
9 un effettivo ruolo di coordinamento politico degli indirizzi di gestione dei
servizi idrici privilegiando la dimensione dei bacini idrogeologici a livello
di ATO;
9 il censimento e monitoraggio, a livello dei singoli ATO, dei prelievi
abusivi da pozzi e da prese da acquedotti e il sostegno a programmi di
riduzione degli sprechi, delle perdite e dei prelievi;
9 l’impegno a destinare un centesimo di euro per metro cubo di acqua
fatturato come contributo al finanziamento di specifici interventi di
cooperazione che perseguano modelli sostenibili di gestione delle risorse
idriche nei paesi sofferenti di carenza di acqua potabile (garantire i 40
litri come diritto inalienabile).
A livello dei Comuni
Si domanda:
9 la revisione dello statuto dell'ATO nel senso sopraindicato;
9 la realizzazione di campagne di sensibilizzazione per disincentivare il
consumo di acqua in bottiglia;
9 l’impegno alla ripubblicizzazione dell’ATO che hanno già effettuato
l’affidamento ad una “gestione mista”;
9 l’introduzione di norme funzionali al risparmio idrico, alla realizzazione
di reti duali, nelle nuove concessioni edilizie;
9 l’introduzione di incentivi per l’adozione nelle abitazioni, negli uffici
pubblici, negli hotel, di tecnologie di riduzione dei consumi (riduttori di
flussi).
A livello di ATO e di Ente Gestore in house
9 obbligo di svolgere le attività idriche solo a livello dell’ATO di
appartenenza: la S.p.A. deve operare solo a livello di ambito territoriale;
9 divieto di adesione o di fusione ad imprese multi-utility;
9 adozione di una politica delle tariffe differenziate definite sulla base dei
- 143 -
principi proposti dal Manifesto, proporzionali ai consumi ed agli usi a
partire dal riconoscimento dei 40 litri come diritto di base da assicurare
ad ogni cittadino;
9 contrarietà alla impresalizzazione, cioè ad una gestione dell’acqua come
un prodotto industriale di impresa;
9 divieto negli Statuti di cessione da parte di soci della S.p.A. di quote di
capitale di assenza di diritto di prelazione;
9 divieto alla privatizzazione e vendita delle Reti idriche;
9 presenza di modalità di partecipazione dei cittadini e di democrazia
dell’acqua;
9 investimenti per campagne di informazioni ai cittadini/utenti finalizzata
a promuovere l’acqua di rubinetto, ridurre i consumi, migliorare la
qualità dell’acqua di rubinetto;
9 attivazione dei contatori per famiglia, applicazione di canoni sui
consumi, campagne di informazione dei cittadini per valorizzare le acque
da rubinetto e per promuovere la riduzione dei servizi;
9 info, con le bollette, sulle politiche degli ATO sulle analisi dell’acqua da
rubinetto;
9 tariffe
differenziate
in
funzione
dell’uso
(alimentare,
produttivo,
industriale);
9 applicazione dei principi del manifesto: 40 litri come diritto, a carico
della fiscalità generale e tariffe proporzionali ai consumi;
9 utilizzo di acqua da rubinetto nelle mense scolastiche, nelle strutture
pubbliche, rifiutando l’acqua minerale o in boccioni.
Per quanto riguarda l’ingegneria finanziaria
Si propone:
9 la presa a carico della collettività dei costi associati all’accesso all’acqua
potabile come diritto umano (40-50 litri per persona al giorno), tramite
la fiscalità (tariffa del diritto umano);
9 una tarifficazione differenziata tra 50 e 180/200 litri al giorno per
persona per usi idropotabili proporzionale ai consumi (tariffa della
- 144 -
sostenibilità);
9 la non applicazione del principio che chi paga può consumare quanta
acqua vuole. Al di là dei 200 litri, applicare il divieto (tariffa del divieto):
chi abusa non può;
9 l’applicazione di una water tax sui prelievi delle acque minerali e sulle
acque purificate per ogni litro imbottigliato;
9 l’applicazione di un sistema di tassazione mondiale a fine redistributivo
(tassa mondiale repubblicana) a livello locale, nazionale, continentale e
mondiale mediante la destinazione dello 0,01% del PIL dei paesi
dell’OCDE destinato ad un fondo per il diritto all’acqua;
9 una fiscalità specifica a livello “locale”, continentale, mondiale, a titolo
provvisorio o di lunga durata (tassa di solidarietà per ATO o su base
regionale es. cents/m3 sulle tariffe di consumo);
9 la creazione di Fondi cooperativi nazionali e mondiali per le collettività
locali e di nuovi dispositivi finanziari differenti dalla Banca Mondiale e
dal FMI atti a gestire le entrate provenienti dalle misure già menzionate
quali:
- i centesimi della pace, cioè l’allocazione all’acqua dell’1% di riduzione
del bilancio approvata delle spese per gli armamenti (stima 9 miliardi di
$ per anni);
- i centesimi di un altro consumo, cioè prelievo in tutti i paesi di un
cents su ogni bottiglia di acqua minerale;
- un cents della solidarietà: cioè un cents di euro per ogni metro cubo
di acqua potabile consumata;
9 esenzione di IVA, sui servizi svolti dagli ATO in quanto effettuati da Ente
pubblico relativo servizio pubblico a favore dei Comuni e degli utenti;
9 il governo regionale trasferisca agli ATO un contributo in conto esercizio
per la compartecipazione alle spese amministrative e generali che
dovranno sostenere;
9 la Provincia continui a farsi carico delle spese finora sostenute a
qualsiasi titolo per la salvaguardia e la gestione ambientale delle risorse
idriche.
- 145 -
Per quanto riguarda il ruolo dei cittadini
Si propone:
9 la
mobilitazione
per
la
raccolta
statuti
dei
di
adesioni
a
sostegno
della
Dichiarazione di Roma;
9 l’inserimento
negli
comuni,
province
e
regioni
del
riconoscimento del diritto all’acqua come diritto umano;
9 trasformare l’acqua in uno strumento di Pace attraverso iniziative da
parte di Comuni, Province , Regioni e Stati per sancire, con ordini del
giorno, delibere ed altri documenti, il ripudio dell’uso dell’acqua per fini
politici o militari e come strumento di oppressione, di esclusione e di
ricatto;
9 il coinvolgimento dei cittadini nei processi decisionali relativi al governo
dell’acqua, a tutti i livelli con la costituzione dei consigli dei cittadini;
9 la promozione di comportamenti responsabili sul piano dei consumi (tra
l’altro, ridare priorità, per bere, all’acqua da rubinetto e non alle acque
in bottiglia...);
9 la pubblicizzazione dei principali atti delle aziende e degli Enti di
gestione (bilancio, programmi di investimento, piani industriali);
9 la comunicazione ai cittadini/utenti delle principali scelte e politiche
aziendali con convocazione, a livello di ATO di assemblee aperte agli
utenti.
- 146 -
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dei seminari e in seguito completati e aggiornati dalle curatrici del volume)
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Sitografia
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www.acquaminerale.net: sito ufficiale dei produttori di acque minerali...
con il loro punto di vista, sono anche segnalate tesi sull’argomento e vi
si possono reperire le leggi in materia
www.altroconsumo.it: è il sito della rivista Altroconsumo, soprattutto i
numeri di Aprile 2000 e Maggio 2003 contengono informazioni sul
consumo ragionato dell’acqua
www.commercioetico.it: contiene interessanti informazioni sui filtri di
uso domestico e sul risparmio idrico
www.contrattoacqua.it: sito italiano del Contratto Mondiale sull’Acqua
www.cseindia.org: sito del Centro per la Scienza e per l’Ambiente (CSE) è
una organizzazione indipendente Indiana che si propone di aumentare la
consapevolezza del pubblico su scienza, tecnologia, ambiente e sviluppo
- 152 -
www.fame2005.org: è il sito di FAME 2005, 2° Forum alternativo
mondiale dell’Acqua svoltosi a Ginevra il 17-20 Marzo 2005
www.greenpeace.it: sito ufficiale di Greenpeace con la campagna “Non
datecela a bere”
www.gruppo183.org: sito dell’Associazione per la difesa del suolo e delle
risorse idriche, “Gruppo 183” che assume la legge di riforma ambientale
e istituzionale per la difesa del suolo e la tutela delle acque (n.183/89),
come riferimento della propria azione di proposta e di intervento
www.internationalwaterlaw.org: sito creato per fornire informazioni sulle
politiche e legislazioni internazionali sull’acqua e argomenti correlati
www.legambiente.com: sito di Legambiente con diverse campagne e
documenti di sensibilizzazione sulla risorsa acqua fra cui il dossier di
giugno 2004 H2ZERO – L’acqua negata in Italia e nel Mondo
www.manitese.it: è il sito di Mani Tese, organizzazione non governativa
(ONG) e organizzazione non lucrativa di utilità sociale (ONLUS) fondata
nel 1964 che opera per instaurare nuovi rapporti tra i popoli, fondati
sulla giustizia e la solidarietà
www.narmada.org: sito di Friends of river Narmada, organizzazione
impegnata soprattutto nel sostegno alla lotta del Narmada Bachao
Andolan
www.nimbus.it: sito della società Meteorologica Italiana
www.ondeo.com:
è
il
sito
della
Suez
Environnment,
una
delle
multinazionali dell’acqua, leader mondiale
www.veoliaenvironnment.com: sito della Veolia, azienda leader in
Francia e seconda al mondo per popolazione servita
www.wmo.ch: organizzazione mondiale di meteorologia, agenzia delle
Nazioni Unite che lavora sul tempo, il clima e l’acqua
www.worldwater.org: contiene informazioni sulle risorse mondiali di
acqua potabile ed in particolare una cronologia dei conflitti legati
all’acqua aggiornata al Dicembre 2004 (Gleick)
- 153 -
- 154 -
Come si fa a ‘raccontare’ l’acqua? Parole e testi ci obbligano a irrigidire i concetti,
a scandire in sequenza temporale processi che avvengono insieme, a isolare con
barriere realtà intimamente connesse…
L’acqua è fuori e dentro di noi, noi emergiamo dall’acqua ma siamo acqua noi
stessi, e ne dipendiamo in ogni giorno della nostra vita. E tutto intorno a noi è
‘segnato’ dall’acqua: perché la contiene o ne è contenuta, perché è stata
necessaria per il suo sviluppo o per la sua costruzione… sì, anche gli oggetti non
potrebbero esistere senza l’acqua!
E se già da lontano il ‘Pianeta blu’ rivela la dominanza delle acque sulle terre,
più ci immergiamo nella biosfera più ne scopriamo la presenza ubiquitaria: è una
piccola molecola piramidale amante di compagnia, capace di disporsi in cristalli
ordinatissimi oppure di spaziare in forme disordinate e caotiche, pronta ad
accogliere altre molecole, ahimè! con fin troppa facilità, perdendo spesso purezza
e qualità, disposta a circolare in tubi all’interno degli organismi e delle case, a
salire dal terreno alle chiome degli alberi e poi giù, dalle nuvole a terra di nuovo,
incessantemente.
L’acqua ha ospitato le prime forme di vita, e le prime manifestazioni di cultura
umana: non vi è civiltà che non abbia riverito l’acqua, riconoscendole attributi
divini e rappresentandola con le forme dell’arte e della poesia.
Ma qualcosa è successo… una consapevolezza che risale a tempi immemorabili,
un patrimonio di competenze elaborato nei millenni, conoscenze diffuse… nel
volgere di poche manciate di anni sembrano svanite, offuscate da processi di
urbanizzazione e dallo sviluppo di un potere tecnologico tanto grande quanto
effimero. Che fare? Rituffarsi, il più possibile, nella natura e ritrovarla nei
torrenti di montagna, nella frescura degli alberi, nello srotolarsi delle onde. Ma
anche riconoscerla con la propria intuizione profonda, e ritrovarla nella propria
mente. Ecco, questo volumetto propone di offrire un piccolo contributo a
quest’ultima opzione: imparando a usare tanti schemi interpretativi diversi, e a
comporli insieme, forse diventerà più facile, più spontaneo riprendere confidenza
con l’acqua, nei suoi aspetti micro e macroscopici, nei suoi cicli, nelle sue
trasformazioni, nel suo fluire e nel suo restare, nel suo contenere ed essere
contenuta.
- Elena Camino -
Acqua essenziale per la vita, presente ovunque… ma non inesauribile e al riparo
da contaminazioni.
Dovrebbe essere assicurata pura a tutte le specie viventi… e non essere oggetto
di commercio…
Nei mesi di preparazione di questi atti ho avuto la possibilità di approfondire con
letture e visite di siti web l’argomento ed ho potuto verificare di persona quanti
intrecci e quale complessità si nasconda dietro una parola di uso quotidiano,
ACQUA, una delle prime parole che abbiamo imparato a pronunciare da bambini
(forse anche questo svela la natura di bene primario e insostituibile). L’acqua è
un elemento fondamentale per la vita, anche quelle specie - animali o vegetali che non vivono nell’acqua hanno bisogno dell’acqua per lo sviluppo embrionale e
per vivere: quindi bene primario per tutti.
- Ilenia Grandi -
- 155 -
Sguardo sistemico e spunti didattici
Dal testo alla schematizzazione
La possibilità che ci è stata offerta di curare e stampare gli Atti dei
Seminari ci ha stimolate a offrire - a fianco del contributo scientifico, anche
alcuni spunti didattici. Quando si ha a che fare con realtà apparentemente
semplici - perché fanno parte della quotidianità e le diamo per scontate non è sempre facile coglierne il valore ed i loro legami con realtà mondiali,
sia a livello economico che di rapporti internazionali fino ad aspetti
culturali, che potrebbero essere minacciate. È questo il caso dell’acqua,
molecola tanto semplice quanto indispensabile al sostegno della vita ad
ogni fase e in ogni sua forma.
Anche nella scuola è importante tenere conto di questa difficoltà e
complessità quando si pensa di trattare il tema dell’acqua e della sua
gestione; ci sembra perciò importante mettere in atto strategie didattiche
adatte a mettere in luce tale complessità, senza la pretesa di esaurire
l’argomento
ma
offrendo
diverse
piste
per
un’eventuale
riflessione
personale.
In merito al tema da noi affrontato mi è sembrato utile partire da una
lettura e schematizzazione delle relazioni degli esperti. Gli schemi ottenuti
(figure 1-6) illustrano i temi specifici trattati e conservano traccia della
sequenza di esposizione degli argomenti, che è spesso funzionale ai tempi a
disposizione, al tipo di lettura personale e disciplinare che ciascun autore
usa più o meno consapevolmente. Questi schemi possono essere di qualche
utilità come guida alla lettura o per riportare alla memoria i contenuti, e
aiutano a focalizzare l’attenzione su alcune parole chiave e concetti, nella
prospettiva di un confronto tra i punti di vista e una eventuale integrazione
tra di essi. Emergono in tal modo gli ambiti disciplinari e lo schema
interpretativo da cui hanno avuto origine (tab. 1).
- 156 -
Figura 1 – Schema della relazione di Maurizio Aceto
Sostanze
indesiderate
Potabili
(acquedotto)
Acque di uso
umano
Disinfezione (Cl)
Depurazione
Modifica caratteri
organolettici
Di sorgente
Termali
Mineralinaturali
Acqua
Maggior
purezza
Composizione
influenzata da
rocce e suoli
Rilascio di
ioni
Cellule
viventi
Propr. chimiche
chimico-fisiche
terapeutiche
Assenza di
disenfezione
Confronto
normative
Grosse spese per
estrazione
UV e acqua
ossigenata
Mercato acque
minerali
Meno sicure per la
salute
Possibile
contaminazione
Contaminanti
Acque minerali
(DM 29-12-2003;
CE 2003/40)
Business di grande
importanza
• Naturale
• Antropica
• Inorganici
• Organici
• Biologici
Valori
limite
Acque potabili
(DL 31/2001;
CE 1998/83)
Alternative
più pulite
• Metalli
• Anioni
• Altro
•
•
•
•
• Multinazionali
• Pubblicità
• Certificazione
qualità
Organoalogenati
Idrocarburi
Pesticidi, fungicidi…
DBP
Microrganismi
Malattie
Principali
differenze:
caratteristiche
organolettiche
Filtri di uso
domestico
- 157 -
Figura 2 – Schema della relazione di Marco Davide Tonon
Formazione
macromolecole
• Scenario “freddo”
• Scenario “salmastro”
• Scenario “marino caldo”
Acqua indispensabile
alla vita
Prime forme viventi
Ciclo
idrologico
Origine
•
•
•
•
Diversi tipi di acqua
Velocità di flusso
Tempo di residenza
Tempo di turn over
Bilancio idrico
Gestione della
risorsa
Sfuggono alla
percezione diretta
Sotterranee
(di falda)
Fonte di acqua
dolce e potabile
Falde
freatiche
Falde
artesiane
Meteorica
Origine
Cause di
depauperamento
Cattiva gestione del
territorio
Risorsa poco
rinnovabile
Juvenile
Falde fossili
Inquinamento
dell’idrosfera
Prelievi
eccessivi
- 158 -
Velocità di
ricarica
Figura 3 – Schema della relazione di Andrea Giordano
Clima e
vegetazione
Acqua-suolo
Aspetti locali
Piano generale
di gestione
Bacino idrografico
Degradazione
Aspetti globali
•
•
•
•
•
Acqua
Suolo
Riduzione delle risorse
Abbassamento della falda
Salinizzazione
Inquinamento
Eutrofizzazione
Desertificazione
•
•
•
•
•
•
•
•
Pozzi
Approvvigionamento
idrico
Canalizzazioni
Dighe
Erosione idrica
Erosione eolica
Movimento di massa
Degradazione fisica
Degradazione chimica
Degradazione per salinizzazione e alcalinizzazione
Degradazione biologica
Sottrazione di suolo
Met. gravitazionali
Distribuzione
(irrigazione)
Conservazione
delle risorse
acqua-suolo
Importante il
telerilevamento
Metodi per
aspersione
Metodi di
erogazione di
microportate
- 159 -
Scala
mondiale
Bacino del
Mediterraneo
Figura 4 – Schema della relazione di Luca Mercalli
Sistema
complesso
Gas serra in
atmosfera
Clima
Correlate
Glaciazioni
4 negli ultimi
500.000 anni
Carotaggi
Terminano
11.000 anni fa
Temperatura
aumenta
Optimum termico olocenico
(4-6mila anni fa)
Temperatura
atmosferica
……………...
Piccola Età Glaciale
(1450-1850)
Influenza su:
Ancora difficile
correlarlo alle
precipitazioni
Influenza su
paesaggi ed
ecosistemi
Estate africana
del 2003
Riscaldamento
globale attuale
Ambiente
glaciale
Cultura alpina
Progresso
delle fronti
Influenzato dal
fattore umano
Riduzione dei
ghiacciai
Durata del
manto nevoso
- 160 -
Conseguenze su
diversi settori
•
•
•
•
•
•
•
Bancario
Assicurativo
Agricolo
Energetico
Salute
Turismo
Calamità
Figura 5 – Schema della relazione di Paolo Bernardi
Tensioni
fra gli stati
Bene prezioso
Boicottaggio
Bene comune
Consumo
critico
Oroblu = merce da
sfruttare
Criteri di scelta
dei prodotti
Dal locale
al globale
Multinazionali
Es. Italia
Acqua
Commercio dell’acqua
imbottigliata
Produzione
Plastica
Inquinamento
Smaltimento
Potabile
CMA più
restrittive
Camion
Trasporto
Consumo
di petrolio
Nave
Inquinamento
Problemi
Risparmio
Manutenzione
degli impianti
Clorazione
Miscelatori
aria/acqua
D-DBP
Filtri a struttura
composita
(DM 443/90)
Riduzione
rifiuti plastici
- 161 -
Rischi per
la salute
Inquinamento
atmosferico,
effetto serra
Figura 6 – Schema della relazione di Gianfranco Durin
Bene sociale/comune
Acqua
Bene ambientale
Definizione “operativa”
Bene economico
Soprattutto nei PVS
Privatizzazione
Anche in Italia
Sostenuta da WTO e
Banca Mondiale
Mancato
coinvolgimento dei
cittadini
Perché
opporsi?
Aumento
della tariffa
“Decalogo”
- 162 -
Tabella 1 – Termini chiave e schemi di riferimento delle relazioni
Relatore
Termini chiave
Ambito disciplinare-schema
interpretativo
Composizione
chimica
Aceto
Contaminanti
Normativa
Depurazione
Evoluzione
Ciclo idrologico
Tempi
Tonon
Velocità di ricarica
Rinnovabilità della
risorsa
Acqua-suolo
Gestione
Giordano
Degradazione
Conservazione
Locale/globale
Evoluzione del clima
Interpretazione dei
Mercalli
dati
Effetto serra
Ricadute sull’uomo
Potabile/imbottigliata
Commercializzazione
Bernardi
Inquinamento
Iniziative individuali
Visione dell’acqua
Privatizzazione
Durin
Multinazionali
Iniziative collettive
Energia
Conflitti
Integrazioni Aspetti culturali
successive Grandi opere (dighe
canalizzazioni)
Bibite
Chimico-analitica
Naturalista-ecologico evolutiva
Pedologo-gestionale
Climatologo-antropocentrica
Pragmatica
Collettività
Società, economia e cultura
Dalle riflessioni sui testi dei relatori sono emerse discussioni e confronti
all’interno del Gruppo di Ricerca, che ci hanno portate a integrare alcuni
discorsi appena accennati e ad approfondire aspetti che non erano stati
presi in esame. Inoltre ci è sembrato opportuno integrare gli Atti con
qualche aggiornamento su eventi nel frattempo accaduti. Integrazioni e
aggiornamenti che trovano spazio in una mappa concettuale generale
- 163 -
(figura 7), che rende evidente anche graficamente l’intrico di legami (e se ne
potrebbero aggiungere altri!) e dipendenze tra temi e concetti che
riguardano l’acqua: un discorso tutt’altro che lineare! L’uso della mappa
per rappresentare un insieme di concetti consente di esercitare un
approccio sistemico, che mette in luce le relazioni e offre l’opportunità di
creare percorsi di lettura personali, via via diversi a seconda dello sguardo
con cui si decide di affrontare il tema.
- 164 -
Figura 7 - La mappa concettuale
Aspetti
culturali
Produzione
bibite
Acqua
imbottigliata
Multinazionali
Normativa
Distribuzione
Depurazione
Commercializzazione
Grandi opere
Acqua
potabile
Contaminanti
Effetto serra
Inquinamento
Rinnovabilità
Scarsità
Ciclo
idrologico
Gestione
Attività umane
Energia
Conflitti
Locale/globale
- 165 -
Una lettura - tra le tante possibili - della mappa
Il soggetto principale del nostro discorso è l’acqua potabile, che non è
semplicemente
H2O,
ossia
idrogeno
e
ossigeno
combinati
in
una
proporzione ben precisa. Nell’acqua che noi assumiamo e di cui abbiamo
bisogno sono disciolte altre sostanze, soprattutto sali minerali, che - se in
concentrazioni ‘adeguate’ - sono utili e benefiche. In certi casi però
nell’acqua sono disciolte sostanze dannose alla salute: per questo le
chiamiamo contaminanti, termine che si riferisce a tutte quelle specie
chimiche che non dovrebbero esserci o che sono presenti in concentrazioni
superiori a quelle fissate tramite una specifica normativa che mira a
garantirci acqua di qualità, salubre e di buon gusto.
Un altro aspetto di cui si deve tenere conto è la dinamicità della risorsa:
l’acqua non è sempre la stessa, si parla di ciclo idrologico. In natura
esistono dei serbatoi a ciascuno dei quali possono essere associati un certo
tempo di residenza e una velocità di ricarica che determinano la
rinnovabilità della risorsa. Se non si tiene conto di questi parametri o si
inquinano le falde, ad esempio attraverso gli scarichi industriali o i
fertilizzanti utilizzati in agricoltura, la risorsa diventa scarsa. È evidente
quindi come sia determinante la gestione a livello locale ma anche
globale. Anche i conflitti che hanno origine sul controllo e la gestione
della risorsa limitata assumono spesso dimensione globale.
La crescente difficoltà di avere a portata di mano acqua ‘buona’ e i grandi
costi e le competenze che devono essere messe in campo per la
depurazione dell’acqua che sia stata inquinata hanno contribuito a
privatizzare e commercializzare l’acqua. Questo processo ha trovato
sostenitori e oppositori: molti ritengono che trattandosi di un bene
primario, indispensabile alla vita, l’acqua debba essere considerata un
bene comune, un diritto per tutti… e, si sa, i diritti non si comprano! Altri
ritengono che sia lecito, o addirittura opportuno che le fonti siano vendute
o date in gestione a privati. Nel caso dell’acqua i privati sono soprattutto
grandi imprese multinazionali, che ottengono concessioni per estrarre
l’acqua
da
pozzi
e
sorgenti,
la
depurano
- 166 -
e
“producono”
acqua
imbottigliata (o bibite), infine la distribuiscono per essere bevuta anche
in luoghi molto lontani da dove è stata prelevata, mettendola in vendita in
bottiglie di plastica o vetro.
Per sopperire alla crescente scarsità della risorsa, alla crescente domanda
(come avviene nei grandi agglomerati urbani) e talvolta all’inefficacia dei
sistemi
locali
di
raccolta,
sono
state
costruite
grandi
e
lunghe
canalizzazioni che prelevano acqua da aree sempre più lontane (anche
centinaia di chilometri). Sia le modalità di gestione degli acquedotti, sia la
sottrazione di grandi masse d’acqua da un luogo a un altro sono fonti di
conflitti.
Sia i processi produttivi che la distribuzione (trasporti, costruzione e
manutenzione delle canalizzazioni…) e lo smaltimento dei rifiuti (plastica,
vetro, specie chimiche utilizzate per la depurazione…), oltre a porre
problemi di inquinamento, richiedono un consumo crescente di energia.
Ma per produrre più energia si costruiscono grandi dighe che alimentano
le centrali idroelettriche: usiamo acqua per produrre energia ed energia per
assicurarci l’acqua….
Si è accennato prima all’inquinamento provocato dalla gestione delle
acque imbottigliate: di che cosa si tratta? Per la produzione delle bottiglie di
plastica, per il loro trasporto e smaltimento viene utilizzato petrolio e
rilasciati gas serra, cioè quei gas che sono responsabili dell’effetto serra
che provocando il surriscaldamento del nostro pianeta perturba il ciclo
dell’acqua amplificando tutti i problemi di cui si è scritto.
La produzione di 1 Kg di PET (la plastica più usata per fare le bottiglie) richiede 2
Kg di petrolio e 17,5 Kg di acqua, e provoca il rilascio di 2,3 Kg di CO2, più
composti di zolfo e azoto.
Una bottiglia di plastica da 1,5 litri pesa 35 g, quindi con 1 Kg si producono 30
bottiglie: per trasportare 45 litri di acqua se ne consumano 17,5!
Inoltre si consuma energia per trasportare le bottiglie (su camion, treni ecc.)… e
per smaltirle: nel 2002 nei soli Stati Uniti sono stati venduti 14 miliardi di
bottiglie, e il 90% è finito nelle pattumiere!
Una persona che consuma 1 litro di acqua al giorno in un anno utilizza circa 240
bottiglie da 1,5 litri.
- 167 -
Supponendo che per il trasporto di 10.000 bottiglie, un camion consumi 25 l di
gasolio ogni 100 Km e ipotizzando una percorrenza media di 1000 Km significa
che per ogni bottiglia consuma 25 cm3. Se moltiplichiamo per 240 otteniamo che
una persona provoca l’utilizzo di 6 litri di gasolio all’anno cui vanno aggiunti 8 Kg
di petrolio necessari a produrre le bottiglie di plastica e i consumi dei camion che
trasportano le bottiglie vuote dalla produzione all’imbottigliamento, quelli dei
camion della nettezza urbana e ancora i consumi di benzina degli acquirenti.
(Pallante, 2005)
La varietà di temi e di problematiche che emergono da questa lettura
della mappa (una tra le tante possibili) mettono in luce come sia
coinvolgente e importante per i cittadini affrontare questi problemi e soprattutto - cogliere le relazioni tra di essi. Le scelte sulla gestione
dell’acqua che vengono fatte a livello globale e istituzionale hanno
conseguenze sui cittadini. Ma a loro volta i cittadini possono influire - non
solo a livello locale ma in termini assai più ampi - su tutti gli aspetti prima
accennati: la costruzione delle dighe, l’effetto serra, l’inquinamento,
l’affidamento della fornitura dell’acqua potabile a Enti pubblici o a privati,
la composizione o l’esplosione di conflitti dipendono anche dalle scelte dei
consumatori, che spesso si percepiscono impotenti e isolati, e sono invece
straordinariamente potenti se agiscono in modo coordinato a livello
collettivo. Per questo è importante che l’educazione favorisca lo sviluppo di
una cultura in grado di orientare non uno, ma milioni di persone a
compiere scelte consapevoli, che portino a usare con parsimonia questo
bene primario - abbondante ma limitato - a rispettarlo e a condividerlo.
La crescita dei consumi dell’acqua in bottiglia sta
aumentando nel mondo al ritmo del 12% all’anno. Ma
in certi Paesi, come l’India, l’aumento è del 50%
all’anno.
In totale nel mondo i consumatori spendono circa 35
miliardi di $ all’anno per comprare acqua!
- 168 -
Spunti per approfondire
Dall’intuizione, alla frammentazione, verso la visione sistemica e
la ricomposizione…
Acqua, fonte di vita, ispiratrice di poesia. La sua presenza ha reso
possibile il sorgere, e poi ha accompagnato le prime forme di vita, e ancor
oggi caratterizza il nostro ‘Pianeta blu’. Gaia, la nostra Terra, così come ci
offre da miliardi di anni un’atmosfera respirabile, continuamente mette in
circolo e trasforma, da stato solido a liquido a vapore, una quantità
costante di acqua, in una straordinaria varietà di soluzioni, molte delle
quali adatte alle nostre esigenze vitali....
Nell’ultimo secolo la scienza ci ha fornito - sull’acqua - più informazioni
di quelle raccolte nei millenni passati: la natura dei legami che tengono
insieme i tre atomi, e le molecole tra loro, e le molecole d’acqua con altre
molecole; la misura della quantità di acqua presente negli oceani e negli
organismi; le cause che muovono le grandi correnti oceaniche o le risalite
fino alle chiome degli alberi più maestosi. Moltissime innovazioni
tecnologiche si sono sviluppate per rispondere a problemi di gestione
dell’acqua: per contenerla, convogliarla, trasportarla, distillarla e mescerla.
Pare che il progredire delle conoscenze tecnico-scientifiche consenta di
esercitare un potere molto grande su questa sostanza che - nei suoi tre
stati di aggregazione - è presente in tutto il pianeta.
Eppure… sembra che qualcosa sfugga, a questa potente società ‘costruita
sulla conoscenza’14: ci viene trasmessa una visione parcellizzata dell’acqua.
Qui c’è, là no; sta dentro un bacino; possiamo farla sgorgare da un tubo; la
compriamo a litri. La troviamo pulita e la usiamo per lavare, mescolare,
diluire, la incanaliamo sporca nei tubi di scarico…. Soprattutto in città
l’acqua è segregata in contenitori, a tal punto che non pensiamo più che
l’acqua attraversa, consente e sostiene tutti i processi vitali: il latte è fatto
14
‘Knowledge based society’ è un termine molto usato nei più recenti documenti dell’Unione Europea.
- 169 -
di acqua che la mucca ha bevuto; le arance sono ricche di succo che la
pianta ha tratto dal suolo; l’aria intorno agli alberi è gradevole e fresca
perché l’evaporazione dell’acqua sottrae calore all’ambiente.
Non solo: qualcuno persino non fa più caso al fatto che essenzialmente di
acqua sono fatte le bibite, molti cosmetici, prodotti per la casa,
medicinali….
Compartimentazione, separazione e frammentazione - azioni che sono
compiute per ‘gestire’ l’acqua - sono anche categorie di pensiero, strumenti
concettuali della scienza moderna, che ci hanno conferito straordinario
potere. Ma questi modi di pensare e di agire, se usati senza consapevolezza
e senza umiltà, rischiano di darci una visione distorta della realtà e di farci
commettere azioni imprudenti. L’acqua è diventata un oggetto, è concepita
come merce, di cui si può fare compravendita.
Altri schemi interpretativi ci sono necessari, per riequilibrare il nostro
sguardo complessivo: occorre tener presenti gli aspetti dinamici, i processi
e le trasformazioni alle quali continuamente l’acqua va incontro; e occorre
imparare a svelare le interconnessioni, le reti, le mutue dipendenze, che
attraverso l’acqua realizzano i sistemi viventi.
Proprio la visione sistemica che si sta sviluppando gradualmente
all’interno della comunità scientifica può aiutarci, attraverso un approccio
cognitivo, a ricomporre conoscenze e consapevolezze che in tempi e spazi
diversi dal nostro erano e sono acquisiti attraverso l’esperienza e
l’intuizione. La perdita di natura di cui patiscono le comunità urbanizzate è
infatti anche una perdita di saggezza: il recupero di contatto e di
condivisione con i sistemi naturali, accompagnato dall’elaborazione di
nuovi modi di pensare, frutti del nostro tempo ma insieme in sintonia con
saggezze antiche, può forse condurci a coniugare in modo più armonico la
complessità dei nostri sistemi di pensiero e le complessità del mondo, e a
suggerirci comportamenti e azioni più sostenibili.
Le proposte metodologiche del capitolo precedente - con l’esemplificazione
di percorsi e mappe concettuali - si possono integrare con gli spunti di
- 170 -
approfondimento offerti in queste pagine, che i vincoli del mezzo cartaceo
impongono di presentare in sequenza, ma che ciascuno potrà riorganizzare
secondo le mappe mentali che le/gli sono più congeniali.
Nella tazzina di caffè di questa mattina si trovano molecole d’acqua che hanno
girato per l’atmosfera della Terra migliaia e migliaia di volte. L’acqua allo stato
liquido è presente sul nostro pianeta da almeno 3 miliardi di anni, continuamente
in viaggio tra suolo, mare, aria. Alimentato dal sole, questo ciclo perenne ci dà
un’illusione di abbondanza: l’acqua dolce sembra illimitata perché cade dal cielo
anno dopo anno. (Postel, 2004).
ACQUA E… ABBONDANZA E SCARSITÀ
Sono forniti qui di seguito alcuni dati aggiornati (tratti da Clarke & King,
2004) sulla quantità totale di acqua a disposizione, sulla distribuzione in
relazione alle attività preminenti; sulle differenze nell’uso pro-capite legate
a situazioni ambientali e/o a stili di vita; sulla riduzione di disponibilità e le
sue cause.
Crescente consumo di acqua
6000
Km cubi
5000
4000
consumo pro capite annuo per
uso domestico
3000
consumo totale annuo
2000
1000
0
1950
2000
2025
L’acqua viene ‘restituita’ dopo l’uso, ma in parte è stata prelevata dalle
falde con un ritmo superiore a quello di ricarica, in parte è stata così
inquinata da non essere più utile per il consumo umano. Ritmi di prelievo
eccessivi, e degrado della qualità sono tra le cause principali di
- 171 -
insostenibilità nell’uso di questa risorsa.
Consumo mondiale di acqua (2000)
10%
agricoltura
21%
industria
domestico
69%
Nel mondo si consuma una grande quantità di acqua per uso agricolo,
che si potrebbe ridurre con sistemi più efficienti di irrigazione, e coltivando
cibi che richiedono meno acqua.
Le attività industriali (21%) sono diversamente distribuite: 59% nei Paesi
industrializzati e 10% nei Paesi del Sud del mondo e inquinano molto,
soprattutto nei pressi delle città.
I bisogni delle città potrebbero essere molto più bassi: si stima che
attualmente le perdite dovute a difetti e guasti vadano dal 3 al 70%.
IRRIGAZIONE
Attualmente il 17% di terre sono irrigate, e producono più di 1/3 della
produzione agricola.
Tra gli anni ’60 e ’99 la percentuale di terre irrigate è aumentato in tutto il
mondo: dal 140% al 260% a seconda delle regioni.
Ma negli ultimi anni questo ritmo si è molto ridotto: cominciano a scarseggiare le
terre e la disponibilità di acqua, e i costi sono elevatissimi. Molti terreni (circa il
30%) - non adeguatamente drenati - si sono arricchiti di sali e hanno perso
fertilità.
- 172 -
Consumi per uso domestico di un paese
industrializzato
35%
pulire
30%
cucinare e bere
lavare la biancheria
bagni e docce
5%
20%
scarico toilette
10%
ACQUA E… LE SUE CURIOSE PROPRIETÀ
Paul Caro, chimico, membro dell’Accademia delle Scienze francese, ha
scritto alcuni anni fa un agile e breve libro dal titolo ‘A proposito dell’acqua’
(1995). Ogni capitolo (brevemente sintetizzato nel riquadro che segue)
illustra un aspetto diverso dell’acqua, e conduce il lettore ad apprezzare sia
le sue straordinarie proprietà, messe in luce dalle diverse scienze, sia
alcuni suoi comportamenti misteriosi, che ancor oggi gli studiosi non
riescono a chiarire.
L’acqua legale: la qualità dell’acqua viene definita in senso negativo, specificando
dei limiti alla presenza di sostanze estranee (caratteri organolettici, sostanze
indesiderabili, sostanze tossiche, presenza di microrganismi…), e si trascura il
fatto che l’acqua ‘pura’ è ben difficile da trovare in natura, ed è sgradevole al
gusto, e fisiologicamente poco adatta. La legge è più tollerante con i viventi che
con le sostanze chimiche: (a proposito delle concentrazioni: 1 parte per miliardo
vuol dire 1 indiano in India…).
L’acqua meccanica: la proprietà più visibile dell’acqua è la sua attitudine a
colare, sfuggire, scivolare… l’acqua ha fornito il modello di base per costruire la
dinamica dei fluidi. Le particelle che costituiscono il fluido ‘sfregano’ le une contro
le altre, determinandone la viscosità. Con uno sforzo di immaginazione si può poi
pensare che - al contatto con l’aria - l’acqua abbia come una ‘buccia’, una pelle:
se la si vuole rompere bisogna sviluppare una certa forza, la tensione superficiale.
- 173 -
È questa forza che rende tonde le gocce, e che aiuta l’acqua ad arrampicarsi
lungo i tubi sottili, per ‘capillarità’. Ma l’aspetto più straordinario di tutti è che
l’acqua si comporta in un modo che è stato addirittura definito ‘anormale’: le sue
caratteristiche meccaniche infatti (densità, compressibilità, viscosità) cambiano in
modo non lineare al variare della temperatura. Con conseguenze importanti per la
vita: se il ghiaccio andasse a fondo, la vita acquatica potrebbe esistere nelle
regioni fredde?
La molecola isolata…: due atomi di idrogeno (H) e un atomo di ossigeno (O), e si
può rappresentare in vari e semplici modi… ma è davvero così, la molecola di
acqua? Le misure sono precise, e dicono che è una molecola simmetrica, a forma
di compasso, con un angolo di 104,52°… ma al tempo stesso gli studiosi ci dicono
che gli atomi si muovono e assumono continuamente nuove configurazioni
elettroniche. L’Autore propone una analogia: pensate che una molecola d’acqua egli dice - abiti in una casa: se la si lascia tranquilla resta al pianterreno, ma se
viene perturbata salta ai piani superiori, si affaccia alle finestre… poi può
ridiscendere dalle scale (perdendo energia in forma di calore) oppure saltare giù
d’un balzo (ed è la luminescenza). È l’esistenza di atomi e molecole, e dei loro
diversi stati di eccitazione, a rendere possibile comunicazione e scambi. Senza
questi salti il mondo sarebbe un insieme inerte di ‘pezzetti’ senza colore.
…e la sua vita collettiva. Pensate a una farfalla, che svolazza libera nell’aria. Poi
tante farfalle, che si avvicinano tra loro… per poter stare vicine senza disturbarsi
ciascuna modifica un po’ il ritmo e l’ampiezza del suo battito. Le molecole d’acqua
insieme possono assumere varie configurazioni, particolarmente visibili quando il
loro movimento rallenta, fino a formare… fiocchi di neve: cristalli di ghiaccio di
straordinaria diversità.
L’acqua e gli altri. L’acqua liquida reale, quella che noi conosciamo, che
raccogliamo con le mani da un ruscello o che intrappoliamo in un bicchiere, è
una società di molecole tra le quali c’è sempre qualcun altro: sali, proteine,
metalli, piccoli organismi, particelle di argilla. E a seconda di dove l’acqua scorre,
della temperatura, della qualità e quantità di ospiti presenti, l’acqua presenta
proprietà diverse: può essere aggressiva, pesante, torbida… fonte di vita o rischio
mortale. Sempre di più il suo modo di essere dipende dal comportamento umano,
dalle sostanze che vengono inventate, lavate, bevute, usate, buttate…
- 174 -
ACQUA E… PUREZZA E INQUINAMENTO
L’acqua dunque, come dice Caro, si presenta per lo più come una ‘società
di molecole’. L’acqua distillata nei processi di evaporazione, e trasformata
in vapor acqueo, ben presto si arricchisce di altre molecole, frammenti,
piccolissimi viventi. L’acqua in natura è sempre accompagnata da una
certa concentrazione di sali: modesta nei corsi d’acqua e nei laghi, più
elevata nelle zone salmastre, nei mari, e all’interno degli organismi.
Per gli esseri umani che ne fanno uso, non è salutare né l’acqua troppo
‘leggera’ (pur presentata con vanto in certe immagini pubblicitarie) né
l’acqua accompagnata da ospiti troppo abbondanti, o con caratteristiche
capaci di interferire con i normali processi metabolici, come i metalli
pesanti o certi microrganismi.
Le cause di inquinamento delle acque sono molteplici, così come i
meccanismi di azione e le conseguenze che provocano sulla salute - sia
umana che di altri viventi. Ampia è anche la gamma dei tempi necessari
per il manifestarsi degli effetti: dalle poche ore necessarie alle infezioni
batteriche per provocare disturbi intestinali, fino ai giorni entro i quali si
manifestano i danni di un rilascio di petrolio sulla microflora delle coste
marine, fino agli anni richiesti dall’accumulo lungo la catena alimentare di
sostanze tossiche come certi pesticidi e alcuni metalli (quali il mercurio,
l’arsenico).
Chi inquina l’acqua? Individualmente, ciascuno di noi, in misura più o
meno elevata: talvolta consapevolmente, talvolta senza neppure saperlo. In
un condominio, in inverno, se molte persone contemporaneamente
assumono
farmaci
antibiotici
per
combattere
anche
una
semplice
influenza, l’acqua di scarico dei WC contiene ancora dosi così alte di tali
sostanze da uccidere i batteri di un impianto di depurazione! E se si
abbonda nell’uso di detersivi per la casa e per la biancheria, buona parte di
quei composti finisce nelle acque reflue, contribuendo ad alimentare
processi di eutrofizzazione.
I livelli più alti di inquinamento sono causati da attività agricole e
- 175 -
industriali su larga scala. Ecco alcuni esempi (Clarke & King, 2004):
L’uso di fosfati e nitrati in agricoltura ha prodotto
concentrazioni altissime in molte aree, con danni agli
ecosistemi lacustri e livelli tossici nelle acque di falda.
Le deiezioni degli animali negli allevamenti intensivi
spesso finiscono nelle falde, rendendo l’acqua non più
potabile.
Certe sostanze, come il DDT, che sono state usate a
lungo, anche se ora sono bandite, risultano molto
persistenti, e si ritrovano per decenni nelle falde.
L’emissione di inquinanti da parte delle industrie
comprende molte categorie di sostanze, tra cui i metalli
pesanti (cadmio, mercurio) tossici per i viventi, e i POPs,
composti organici molto persistenti che si concentrano
nelle catene alimentari e percorrono grandi distanze senza
decomporsi.
Negli USA il 60% di sostanze liquide pericolose vengono
iniettate nel terreno, e se ne trovano tracce in molti
acquiferi.
In 22 delle principali aree industriali dell’India l’acqua di
falda è risultata inadatta ad essere bevuta.
Nel fiume Yantze in Cina vengono scaricati ogni giorno 40
milioni di tonnellate di rifiuti industriali.
Il ‘caso’ del Golfo del Messico
Si tratta di una grande distesa di acqua compresa tra la costa orientale e
meridionale degli Stati Uniti (dalla Florida al Texas) e il territorio del Messico fino
allo Yucatán.
Molti fiumi sboccano in questo ampio Golfo, tra cui il Mississippi, e qui si
riversano le acque che scorrono lungo gli Stati Uniti dalle Montagne Rocciose ai
Monti Appalachiani.
Buona parte delle acque del Golfo del Messico viene definita ‘zona morta’: si tratta
di una superficie di più di 15.000 Km2 dal delta del Mississippi fino al Texas.
Oltre alle fonti locali di inquinamento (perdite da parte delle petroliere, scarichi
fognari delle grandi città) gravi danni sono dovuti alle fioriture algali conseguenti
all’immissione di eccessi di fertilizzanti (nitrati e fosfati) da parte dell’agricoltura
intensiva dei territori circostanti. Lo sviluppo eccessivo di alghe è seguito dalla
morte e successiva decomposizione delle stesse, e consuma l’ossigeno presente
nell’acqua rendendo l’ambiente per lungo tempo invivibile ad altri organismi.
ACQUA E… ENERGIA
Si tratta davvero di una relazione molto stretta: quando si affrontano
- 176 -
problemi relativi all’acqua, è opportuno aver presente che spesso questi
implicano - anche se non viene detto esplicitamente - dei consumi15 di
energia… e viceversa!
L’acqua - grazie all’energia di cui è dotata - modella continuamente la
superficie terrestre, erodendo le montagne e scavando i letti dei fiumi.
L’umanità da millenni cerca di catturare quell’energia, racchiudendo
l’acqua in grandi bacini e imbrigliandola in condotte. Come hanno
documentato alcuni Autori (Nilsson et al, 2005) una visione generale degli
impatti causati dalla costruzione di grandi dighe sui grandi sistemi fluviali
mostra che più di metà (172 su 292) sono alterati dalla presenza di
sbarramenti. Dei dieci bacini più estesi, 6 si trovano in Asia, 2 in Sud
America,
1
in
Africa,
1
in
America
Settentrionale
e
Centrale.
Complessivamente le aree allagate toccano almeno in parte tutti i grandi
biomi terrestri; e interferiscono in prevalenza con foreste, pascoli e savane.
Nei
fiumi
le
cui
acque
scorrono
liberamente
la
biodiversità
è
salvaguardata dalla efficace e continua dispersione degli organismi a monte
e a valle. I fiumi frammentati, e in cui la portata dell’acqua è regolamentata
secondo le esigenze umane, costituiscono ambienti a rischio per la varietà
dei viventi.
Ma se l’acqua può, spontaneamente o sotto il controllo dell’uomo, liberare
grandi quantità di energia, è anche vero che in altre situazioni viene
consumata nei processi di produzione di energia o di materia: occorre una
grande quantità di acqua nei processi di estrazione dai pozzi petroliferi, e
nei sistemi di raffreddamento delle centrali termoelettriche.
Le centrali termoelettriche usano acqua per evaporazione.
Per estrarre carbone dalle miniere occorre acqua.
Nelle centrali idroelettriche l’acqua evapora dai bacini.
Nelle centrali nucleari si usa acqua per raffreddare.
15 Nelle pagine che seguono con le espressioni consumo di energia o consumo di acqua intendiamo dire che,
utilizzando tali risorse in certi processi e con determinate tecnologie, esse cambiano rispetto alla forma
originaria o come tipo e contenuto di energia o, per quanto riguarda l’acqua, a livello chimico-fisico e a volte
risultano inutilizzabili per altri scopi.
- 177 -
Il problema energetico non può essere trattato separatamente dal problema
dell’acqua.
In USA, per ogni KWh di elettricità fornita vengono consumati 8 litri di acqua.
Occorre acqua anche per produrre materiali e oggetti di uso quotidiano:
10 litri per produrre un Kg di benzina, 95 per un Kg di acciaio e addirittura
124 per ottenere un Kg di carta! E occorre acqua, come abbiamo visto, per
produrre le bottiglie di plastica per contenere l’acqua da bere….
D’altra parte gli stadi di pompaggio, trattamento e distribuzione
dell’acqua richiedono energia. Per esempio in California uno dei maggiori
consumi energetici dello Stato è dovuto proprio alla distribuzione dell’acqua
potabile: in media, pescare circa 1,2 metri cubi di acqua dall’acquedotto del
fiume Colorado e portarla fino alle regioni meridionali dello Stato richiede
circa 2.000 KWh.
ACQUA E… CIBO
L’acqua per coltivare cibo
Come mai i consumi di acqua pro-capite tendono ad aumentare? Non
tanto perché ciascuno beva di più… quanto perché molti degli agi legati al
nostro stile di vita implicano dei consumi - e talvolta degli sprechi - di
acqua, sia evidenti (per lavarsi, per esempio, o per innaffiare i prati), sia
nascosti: consumare più energia (utilizzata nei trasporti, o nella produzione
di oggetti) vuol dire - come abbiamo visto - consumare più acqua.
Molta dell’acqua che viene consumata è legata alla produzione di cibo:
l’agricoltura irrigua è enormemente aumentata negli ultimi decenni, e
spesso viene praticata con tecniche molto dispersive.
- 178 -
Inoltre il tipo di alimentazione che scegliamo può richiedere quantità
molto diverse di acqua: una dieta prevalentemente vegetariana consente di
risparmiare molta acqua, come si può dedurre a partire da questo
istogramma.
l di acqua necessari
Quant'acqua è necessaria per produrre alcuni cibi?
16000
14000
12000
10000
8000
6000
4000
2000
0
patate
frumento
riso
carne di
pollo
carne bovina
per ottenere 1 Kg di...
Noi integriamo il nostro fabbisogno di acqua non solo bevendo, ma anche
nutrendoci di cibi ricchi di acqua, come agrumi, frutta, pomodori, insalata
ecc. Sotto questo aspetto possiamo interpretare alcuni scambi commerciali
come … sconcertanti: i pompelmi israeliani, o i pomodori spagnoli che
troviamo sui banchi dei nostri mercati rappresentano sostanzialmente delle
esportazioni di acqua, da Paesi in cui le risorse idriche sono scarse!
Acqua consumata per ottenere proteine e calorie
7000
5000
litri consumati per avere
500 calorie
litri consumati per avere
10 g di proteine
4000
3000
2000
1000
ris
o
uo
va
ca
la
rn
tt
e
di e
p
ca
rn ollo
ca e su
rn
i
e na
bo
vi
na
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ar te
ac
hi
d
ci i
po
lle
m
ai
s
fa
gi
fru oli
m
en
to
0
pa
litri di acqua
6000
- 179 -
Allevamenti intensivi e inquinamento delle acque
Secondo
Halweil
&
Nirenberg
(2004)
la
produzione
animale
industrializzata costituisce una delle attività umane ecologicamente più
distruttive e discutibili sotto il profilo della salute. La produzione di carne è
aumentata di oltre 5 volte dal 1950, e l’allevamento intensivo è
responsabile di una elevata percentuale di questo incremento.
Oltre alla richiesta di acqua diretta (per bere) e indiretta (per coltivare
cereali e legumi per l’alimentazione degli animali) gli allevamenti intensivi
interferiscono con l’acqua di fiumi, riserve sotterranee, tratti di mare in cui
vengono scaricati gli effluenti. Mentre le deiezioni degli animali allevati con
sistemi tradizionali di pascolo - se prodotte in quantità limitate - sono
sempre state considerate preziose e usate per arricchire la fertilità dei suoli,
i prodotti di rifiuto di migliaia di animali trattenuti in luoghi chiusi
diventano un rifiuto tossico, sia per l’elevata concentrazione di alcune
sostanze (come i nitrati), sia per la presenza di medicinali non
metabolizzati: nei soli Stati Uniti gli animali di allevamento assumono una
quantità di antibiotici 8 volte superiore a quella assunta dalle persone.
Sono noti gli inquinamenti di acque superficiali e profonde causati dalla
fuoriuscita dei liquami di allevamenti di maiali, che vengono conservati in
alcune enormi ‘lagune’ di contenimento, soprattutto negli Stati Uniti.
Acqua per ‘ospitare’ cibo
Una parte consistente del cibo di cui si nutre l’umanità è rappresentato
da organismi acquatici: molluschi, crostacei, pesci, che vivono liberi o che
sono allevati in apposite vasche o reti.
La pesca ha dato straordinarie opportunità di vita a tantissime
popolazioni, che per millenni hanno utilizzato questa risorsa sviluppando
civiltà e culture raffinate. Ma l’aumento dell’attività di pesca, soprattutto
quella
praticata
con
potenti
mezzi
tecnologici
e
con
tecniche
particolarmente distruttive (come la pesca a strascico), ha ridotto
drammaticamente la disponibilità di questo alimento.
- 180 -
Una parziale risposta a questa situazione è stata un incremento degli
allevamenti intensivi: sia di pesci (per esempio trote e salmoni) sia di
crostacei. In particolare negli ultimi 20 anni si è assistito a un enorme
proliferare di impianti per l’acquacoltura di gamberi: vasche di varie
dimensioni sono state scavate lungo le coste di tutta la fascia intertropicale
del pianeta, nelle aree coperte di vegetazione a mangrovie, dove il clima
caldo e umido facilita il rapido sviluppo dei crostacei e la disponibilità di
acqua salata dal mare e di acqua dolce dalle falde circostanti rende agevole
il frequente ricambio di acqua nelle vasche, necessario per evitare malattie
e intossicazioni agli animali, densamente stipati in questi spazi ristretti.
Come avviene negli allevamenti intensivi sulla terraferma, anche nelle
vasche di acquacoltura si verificano tutti gli inconvenienti legati alla
eccessiva densità: da un lato sofferenze per gli animali, facilità a contrarre
malattie, necessità di assumere grandi quantità di medicine; dall’altra una
elevata concentrazione di cibo che affluisce agli allevamenti (con tutto ciò
che comporta in termini di trasporti, consumo di carburante ecc.) e dei
reflui che vengono eliminati dalle vasche: acque di scarico ricche di
sostanze che danneggiano, spesso in modo irreversibile, gli ecosistemi
circostanti.
Gli allevamenti intensivi di pesci e di crostacei hanno suscitato grandi
controversie, e in molti luoghi si sono verificate e continuano a manifestarsi
conflitti tra le popolazioni locali e i proprietari degli impianti. Si accennerà
più avanti ad alcuni casi.
Recentissima è l’ipotesi di provvedere - nei prossimi anni - all’avvio di
allevamenti di pesci su larga scala negli oceani. Su un’autorevole rivista
scientifica, Nature, si legge che “l’acquacoltura è interamente responsabile
dell’aumento di pescato negli ultimi 18 anni. Abbiamo già accettato la
domesticazione della terraferma: è tempo di accettare che lo stesso
processo avvenga per gli oceani” (Marra, 2005).
Che cosa può implicare una simile iniziativa, in termini di alterazione di
ecosistemi?
- 181 -
ACQUA E… CONFLITTI
La gestione dell’acqua: tra cooperazione e scontri
Il nostro linguaggio
riflette radici antiche:
“rivalità deriva dalla
parola latina ‘rivale’ cioè
colui che usa lo stesso
fiume di un altro” (Wolf et
al, 2005).
Gestire l’acqua significa - per definizione gestire
il
pubblicazione
conflitto.
sullo
Nella
più
recente
‘Stato
del
mondo’
pubblicata dal Worldwatch Institute (2005) un
capitolo è stato dedicato proprio ai conflitti
sull’acqua e agli sforzi di gestione cooperativa (Wolf et al, 2005): “Chiunque
tenti di gestire conflitti legati all’acqua deve tener presente che non si tratta
semplicemente di una delle tante variabili ambientali: l’acqua è considerata
come un problema di sicurezza, un dono di natura, o un punto focale della
società locale. Le dispute intorno all’acqua dunque sono più che ‘semplici’
scontri su una certa quantità di risorsa: sono controversie su atteggiamenti,
significati, contesti in conflitto tra loro”.
Nella storia dell’umanità sono state documentate di più le guerre per
l’acqua che non gli accordi pacifici che pure hanno consentito a tante
popolazioni di vivere in pace condividendo questo bene prezioso. Chi fosse
interessato a ripercorrere la cronologia dei conflitti violenti sull’acqua può
consultare un documento on-line curato da Peter Gleik (2004) che spazia
dal 3000 a.C. al 2004.
Ma in questi ultimi anni - a cavallo tra un millennio e l’altro - qualcosa di
sostanziale è cambiato. Fino a pochi decenni fa le prospettive per il futuro
erano ottimistiche, e si pensava di poter davvero conseguire gli obiettivi
dichiarati con l’avvio del primo ‘Decennio dell’Acqua’ (dal 1980 al 1989),
promosso dall’Organizzazione Mondiale della Sanità: fornire 540 litri di
acqua al giorno ad ogni cittadino del mondo a non più di 200 metri da
casa.
Il nuovo Decennio internazionale dell’acqua «Water for Life 2005-2015»,
- 182 -
deciso dall’assemblea generale dell’ONU e inaugurato nel marzo scorso,
identifica come problema principale non più gli errori e inadempienze nella
distribuzione, ma la disponibilità stessa. Gli scopi sono assai più limitati:
ridurre a metà - entro il 2015 - il numero di persone che non hanno
accesso all’acqua potabile, e fermare lo sfruttamento insostenibile delle
risorse idriche.
Dunque, insieme alla scarsità globale un altro ostacolo si frappone al
conseguimento
degli
obiettivi:
la
diversa
mentalità
con
cui
intere
popolazioni si pongono nei confronti dell’acqua: una risorsa da utilizzare,
sfruttare e commercializzare, per alcuni, un diritto inalienabile per altri.
Più di un miliardo di persone vive senza accesso
diretto all’acqua potabile. Al tempo stesso, il
mondo spende per l’acqua in bottiglia più di
quanto sarebbe necessario per soddisfare il 100%
dei bisogni umani sull’acqua. - P. Gleik
Le ipotesi più ottimiste parlano di 2 miliardi di
persone in 48 Paesi che nel 2050 soffriranno per
penuria d’acqua, quelle più pessimiste di 7 miliardi
di uomini e donne con difficoltà di accesso all’acqua.
Quello che è certo è che oggi un miliardo e mezzo di
persone non beve acqua potabile; per questo ci sono
ogni giorno 6000 morti per malattie intestinali e ogni
anno 2.200.000 persone vengono uccise da patologie
legate alle acque inquinate.
Gestione pubblica o privata dell’acqua? Un conflitto tra sistemi di valori
L’acqua può essere di qualcuno?
Di fronte a un tale scenario diventa fondamentale porsi domande sulla
gestione e sulla conservazione e distribuzione di una risorsa che si va
riducendo. Sono le domande che si pone Vandana Shiva nel suo libro “Le
guerre dell’acqua” (2003): a chi appartiene l’acqua? è proprietà privata o
bene pubblico? quali diritti hanno le persone? quali gli stati? quali diritti
hanno le imprese commerciali? L’Autrice indiana mette in evidenza come la
crisi planetaria dell’acqua è oggi peggiorata in seguito all’affermarsi
- 183 -
dell’economia globalizzata, che ha trasformato l’acqua da bene pubblico in
proprietà privata, facendone una merce che si può estrarre e commerciare
liberamente. L’autrice è convinta che debba rimanere un bene pubblico in
quanto con la globalizzazione e la privatizzazione delle risorse idriche si
rafforza la tendenza a erodere i diritti dei popoli e sostituire la proprietà
collettiva con il controllo delle grandi aziende. “Il fatto che al di là dello
stato e del mercato esistano comunità di persone in carne e ossa con
bisogni concreti è qualcosa che nella corsa alla privatizzazione viene spesso
dimenticata”.
Rapidi cambiamenti dello scenario globale
Fin dalla metà del XIX secolo i comuni avevano acquisito la possibilità di
delegare a terzi la gestione dei servizi di acqua. Ma solo dopo la seconda
guerra mondiale, con l’esplosione della domanda di infrastrutture (causata
dall’aumento della popolazione - soprattutto urbana, e dai processi di
industrializzazione) si assiste alla crescita folgorante delle “tre sorelle” (vedi
riquadro). L’acqua era considerata una risorsa di facile estrazione e quasi
inesauribile e nessuno ancora si preoccupava di inquinamento e tutela
dell’ambiente. Inoltre molti enti pubblici erano male amministrati e
indebitati. Quando la percentuale dei cittadini che fruivano della fornitura
pubblica era scesa al 31,6% i privati si sono lanciati nella breccia favoriti
dal loro livello di know-how tecnico e di gestione.
La Francia (superata solo dal Cile, dall’Inghilterra e dal Galles) si
presenta come un pioniere della compartecipazione privato-pubblico:
attualmente otto francesi su dieci (9 su 10 nelle città) sono serviti da un
operatore privato.
Tre delle quattro imprese leader dell’acqua sono francesi: 1) Veolia, ex Vivendi,
che ha avuto origine dalla Generale des Eaux (nata nel 1853) - è al 2° posto
mondiale (110 milioni di clienti) e leader in Francia (26 milioni per erogazione e 19
milioni per depurazione), nel 2003 ha fatturato 11 miliardi di € pari al 30% della
Veolia Environment che conta 309.000 dipendenti in 80 paesi; 2) Ondeo, filiale
della Suez Lyonnaise (1880) - è il n° 1 mondiale per popolazione servita, 125
milioni; 3) Saur, proprietà del gruppo Bouygues (Btp) fino al novembre 2004
- 184 -
quando ha venduto l’85% al fondo investimenti Paribas Affaires Industrielles (Pai) serve 29 milioni di abitanti nel mondo, 6 milioni in Francia.
Attualmente le “tre sorelle” controllano il 40% del mercato mondiale dell’acqua
gestito da privati in più di 100 paesi. L’unica rivale è la Rwe (Germania) con la sua
filiale britannica (Thames Water). Sono penetrate anche in USA con l’acquisizione
della leader nazionale (American Water Works). (Laimé, 2005)
Per un governo pubblico dell’acqua
Nel 1998 si sono incontrate a Lisbona (Valencia) Spagna persone
provenienti da diversi continenti, preoccupate del fatto che un 1 miliardo e
400 milioni di persone del pianeta non hanno accesso all’acqua potabile. In
tale occasione un Comitato internazionale per il Contratto Mondiale
sull’Acqua, presieduto da Mario Soares e coordinato da Riccardo Petrella,
ha redatto un Manifesto, successivamente ripreso da vari Comitati
nazionali, che affermava la convinzione che l’acqua sia un diritto umano
inalienabile e avviava numerose iniziative a livello internazionale e locale.
Una versione aggiornata del Manifesto italiano “per un governo pubblico
dell’acqua” (Allegato 4) afferma che spetta ai cittadini prendere le decisioni
riguardanti questo tema.
L’acqua è l’affare dei cittadini: creare le condizioni necessarie per assicurare
l’accesso all’acqua, effettivo e sostenibile, è un problema che concerne tutti i
membri della società.
È anche un tema inter-generazionale: è compito infatti delle generazioni attuali di
usare, valorizzare, proteggere e conservare le risorse d’acqua in modo tale che le
generazioni future possano godere della stessa libertà di azione e di scelta che per
noi stessi oggi auspichiamo.
I cittadini devono essere al centro del processo decisionale.
La gestione dell’acqua integrata e sostenibile appartiene alla sfera della
democrazia. Non è l’affare delle competenze e del know-how dei tecnici, degli
ingegneri, dei banchieri. Gli utenti possono e devono giocare un ruolo chiave
mediante scelte e modi di vita più ragionevoli, equi e responsabili necessari per
assicurare la sostenibilità ambientale, economica e sociale.
A queste questioni hanno cercato delle risposte i rappresentanti di 187
ONG, politici, economisti e attivisti di 60 Paesi riunitisi a marzo a Ginevra
per FAME 2005, II Forum Alternativo Mondiale dell’acqua.
Come riferisce Fazio (2005), “l’obiettivo dichiarato di FAME 2005 era
definire azioni politiche concrete per la trasformazione delle istituzioni e delle
- 185 -
politiche pubbliche che permettano l’accesso all’acqua potabile per tutti gli
esseri viventi e una gestione democratica, solidale e sostenibile dell’acqua;
coinvolgere le istituzioni e la politica per riscrivere un principio irrinunciabile:
un governo pubblico mondiale dell’acqua basato su 4 principi fondatori:
1. accesso all’acqua come diritto umano fondamentale
2. acqua come bene comune dell’umanità non acquistabile
3. gestione democratica delle risorse idriche
4. necessità di un finanziamento collettivo dell’acqua.”
Le grandi dighe: trionfo della tecnologia o dramma globale?
La distribuzione geografica: dal Nord al Sud del mondo…
Teresa Isenburg, docente di Geografia all’Università Statale di Firenze
(AA.VV., 2002) sottolinea che la maggior parte dei fiumi del mondo non ha
più un corso naturale, ma artificiale, di cui è molto difficile prevedere
l’andamento dal punto di vista delle portate, dei movimenti delle correnti,
del trasporto di materiale solido e delle erosioni.
Negli ultimi trent’anni vi è stato uno spostamento geografico della
localizzazione delle grandi dighe. Infatti dalla fine dell’800 fino alla metà del
’900, da quando gli invasi artificiali hanno cominciato ad essere utilizzati
oltre che per l’irrigazione per la produzione di energia idroelettrica, le dighe
più vaste si sono collocate nei paesi industrializzati: Europa, Stati Uniti
d’America, Canada e Unione Sovietica soprattutto. Invece a partire dagli
anni ’60 del XX secolo e in particolare dopo il 1970, esse si sono diffuse nei
paesi del Terzo Mondo: Asia, Africa e America Latina hanno visto
moltiplicarsi laghi artificiali di grande capienza, bloccati da dighe di altezza
e lunghezza prima sconosciute.
Frammentazione e controllo dei grandi ecosistemi fluviali
In un recente articolo pubblicato su Science un gruppo di ricercatori
(Nilsson et al, 2005) ha fornito alcuni dati generali sulla situazione delle
grandi dighe nel mondo, sottolineando come siano ancora scarse le ricerche
- 186 -
sull’impatto ambientale globale conseguente a questo tipo di attività
umane, che è tra quelli di maggiore influsso sui sistemi naturali.
Più di metà dei grandi fiumi del mondo sono frammentati e le loro acque
controllate da grandi dighe. Tutti i fiumi più grandi e i più diversi dal punto
di vista biologico e geografico, sono stati alterati. L’impatto sui sistemi
ecologici è altissimo nelle regioni di foresta temperata e savana, più limitato
nelle tundre e nelle foreste a conifere.
Una rassegna generale degli impatti causati dalle dighe sui grandi sistemi
fluviali mostra che più di metà (172 su 292) sono significativamente
alterati. Le aree relative ai bacini idrografici di questi fiumi sono sottoposte
a più intense pratiche irrigue e ad attività economiche fino a 25 volte
superiori rispetto a quelle delle aree non alterate da sbarramenti.
Dai dati forniti dagli Autori risulta che attualmente vi sono più di 45.000
dighe di altezza superiore a 15 metri, che complessivamente possono
contenere più di 6.500 Km3 di acqua - pari al 15% dell’acqua dolce che
circola nel mondo annualmente. Più di 300 dighe sono considerate giganti:
la loro altezza supera 150 metri e i loro bacini contengono più di 25 km3 di
acqua.
La più grande - e anche la più recente - è la diga Three Gorges sul fiume
Yangtze in Cina: 181 metri di altezza e una capacità superiore a 39 km3.
I risultati pubblicati in questo studio potranno offrire informazioni
preziose per la valutazione dell’impatto dei cambiamenti climatici sugli
ecosistemi fluviali nelle diverse aree del mondo.
Quali conseguenze alla costruzione delle grandi dighe?
La costruzione delle grandi dighe è stata sempre accompagnata da grandi
migrazioni: le comunità che risiedevano nelle aree destinate ad essere
allagate hanno perduto le loro case e le terre in cui vivevano e sono state
costrette a spostarsi altrove. Questi spostamenti sono stati sempre più
drammatici con il crescere delle dimensioni delle dighe e dei relativi invasi e
sono stati accompagnati da crescenti movimenti di protesta, che hanno
viste coinvolte sia le popolazioni interessate sia gruppi e associazioni
- 187 -
internazionali.
Presentiamo nelle pagine che seguono brevi stralci da documenti che
illustrano alcuni aspetti del problema: in particolare gli impatti sociali.
Grandi dighe, diritti dei popoli e dell’ambiente (Cori et al, 1998)
La fase di pianificazione di una diga è legata a considerazioni politiche,
economiche e culturali. Gli elementi principali sono: la scelta da parte dei governi
di un modello di sviluppo basato sulla presenza di fonti energetiche concentrate,
che in genere implica l’esistenza di poli industriali, le scelte delle agenzie di
finanziamento, che influiscono sulle scelte dei paesi e ne determinano il futuro
assetto economico, e la presenza dei potenti interessi politici ed economici delle
imprese costruttrici di dighe, che contribuiscono ad evitare di prendere in
considerazione possibili modelli alternativi. Le violazioni che intervengono in
questa fase sono conseguenza del mancato riconoscimento dei diritti delle
comunità locali ed indigene, in particolare del diritto di decidere quali progetti
vogliono sviluppare sul territorio. Alla radice vi è il diritto fondamentale ad essere
considerate soggetti politici e quindi ad agire in maniera conseguente.
Cambiare punto di vista…
È stato pubblicato di recente (Scudder, 2005) un libro in cui l’Autore pone alcune
domande di carattere generale: “quante grandi dighe vogliamo davvero?”
“conviene continuare così, per soddisfare esigenze di acqua e di energia da parte
di popolazioni che vivono ormai al di sopra delle capacità di carico dei loro
ambienti, oppure dismetterle gradualmente, a fronte del grave e irreversibile
degrado che causano sugli ecosistemi che sostengono la vita?” Scudder è un
antropologo che ha fatto parte della ‘Commissione Mondiale sulle dighe’, quindi
parla con grande cognizione di causa. E la sua posizione è radicalmente cambiata
nel tempo: da un deciso sostegno a queste grandi opere, all’opposizione nata
dall’aver preso coscienza delle terribili condizioni in cui si trova la maggior parte
delle popolazioni che sono state costrette a spostarsi. Centinaia di milioni di
persone hanno dovuto allontanarsi dai loro luoghi di nascita: questi esodi hanno
coinvolto anche le aree di destinazione, spesso non in grado di accoglierle. Inoltre
la costruzione di ogni diga ha portato a cambiamenti importanti dei modi di
vivere, di alimentarsi, di lavorare delle popolazioni a valle degli sbarramenti.
Scudder mette in evidenza come popolazioni abituate da generazioni a vivere
lungo un fiume che scorre libero possano soffrire per la scarsità di acqua e di cibo
dopo essere stati costretti a spostarsi. Sottolinea come la perdita dei luoghi di
culto, o in cui sono sepolti gli antenati, possa rappresentare un dramma per
molte società, che erano radicate da millenni al loro territorio. Un altro elemento
di sofferenza è la perdita di autorità da parte dei leader o degli anziani - quindi la
perdita di unità sociale - in seguito al trasferimento forzato.
L’Autore presenta in questo libro dei dati relativi alla situazione di persone i cui
genitori sono stati costretti a migrare a causa dell’allagamento dei loro luoghi di
residenza: è stata esaminata la situazione di quasi 1 milione e mezzo di persone,
sfollate in seguito alla costruzione di 50 grandi dighe in aree geografiche diverse.
Il loro tenore di vita risulta migliorato nel 7% e peggiorato nel 70% dei casi.
- 188 -
Un caso emblematico: la diga di Narmada
Tra le trenta grandi dighe progettate sul fiume Narmada, quella di Sardar
Samovar è la più grande, ed al centro della controversia che vede
confrontarsi i progettisti e il governo indiano da una parte e l’opposizione, il
‘Narmada Bachao Andolan’, dall’altra (www.narmada.org).
Il governo afferma che il grande progetto consentirà di irrigare più di 1,8
milioni di ettari (la maggior parte in Gujarat, alcuni in Rajasthan), gli
oppositori obiettano che i benefici previsti sono esagerati rispetto alla realtà
e che nel frattempo più di 320.000 persone saranno costrette ad
abbandonare le loro case e terre. Complessivamente, a progetto concluso si
prevede che più di un milione di persone subirà danni a causa di queste
grandi opere.
L’espropriazione delle comunità locali.
Le popolazioni si sono organizzate per far sentire la loro voce e dalla metà
degli anni ’80 alternano momenti di vittoria, come quando la campagna per
salvare il Narmada (Narmada Bachao Andolan, NBA) costringe la Banca
Mondiale ad uscire dal progetto, e momenti drammatici in occasione delle
ricorrenti satyagraha (resistenza pacifica) in cui la popolazione rifiuta di
muoversi anche a costo di farsi sommergere dalle acque; e poi battaglie
legali, ricorsi, sentenze della Corte Suprema (Forti, 2003).
Ogni volta che la diga si alza si allarga l’area di lago artificiale e aumenta
il numero di villaggi che andrà sott’acqua. Gran parte dell’area sommersa è
in Madhya Pradesh, dove il governo dice che non ha terra da dare agli
sfollati. Secondo l’NBA il risarcimento deve essere “terra per terra” e non in
denaro.
La resistenza ha fatto emergere la questione del diritto alla terra di
migliaia di ‘tribali’ (popolazioni indigene dell’India) che - insieme ai ‘dalit’
(fuori casta, intoccabili) - costituiscono l’80% delle comunità costrette a
spostarsi.
- 189 -
L’NHPC (National hydro power corporation) sostiene che la Narmada Sagar
riuscirà a soddisfare “le necessità energetiche” dello stato. È una tesi che non
regge a un’analisi approfondita.
La potenza installata della Narmada Sagar è di 1000 megawatt. Il che significa
proprio quel che sembra, cioè che i macchinari installati per generare energia
sono in grado di produrre 1000 megawatt di elettricità. Ma la potenza effettiva
dipende dai flussi d’acqua realmente disponibili (una splendida Ferrari può
essere in grado di raggiungere i 400 chilometri orari, ma cosa farebbe senza
benzina?). Il progetto esecutivo fissa la potenza effettiva a 212 megawatt, che
scenderanno a 147 quando i canali d’irrigazione cominceranno a funzionare.
Secondo la stessa pubblicità dell’NHPC, il costo dell’energia alla barra di
distribuzione (il cancello della fabbrica) sarà di 4,59 rupie per kilowattora. Il che
significa che al consumatore costerà circa nove rupie. Chi potrà permettersela?
Il destino di Harsud
“L’antica città indiana si è arresa: migliaia di persone la stanno
smontando un pezzo alla volta. Consegnandola alle acque del fiume
Narmada.” Così scrive Arundhati Roy (2004), la scrittrice indiana che da
anni pubblica, oltre a romanzi, anche saggi politici di aspra denuncia
contro le violazioni dei diritti umani e le distruzioni di ambienti naturali. E
prosegue, “la Narmada Sagar, alta 92 metri, è la seconda delle tante enormi
dighe sul fiume Narmada. La Sardar Sarovar, nel Gujarat, è la più alta. Il
bacino della Narmada Sagar sarà il più grande dell’India. Per irrigare
123mila ettari di terra ne sommergerà 91mila! Tra questi ci sono 41mila
ettari di foresta vergine decidua, 249 villaggi e la città di Harsud.
Harsud è una città del Madhya Pradesh, antica di settecento anni e
destinata a essere sommersa dal bacino della diga Narmada Sagar.
La strada da Khandwa ad Harsud è a pagamento. Una nuova, scorrevole
autostrada privata, ingombra di carcasse di camion, auto e motociclette i
cui autisti evidentemente non erano abituati a tanto lusso. Alla periferia di
Harsud si incontrano file e file di spaventose baracche di lamiera ondulata.
Tetti di lamiera, mura di lamiera, porte di lamiera, finestre di lamiera. Uno
scintillio accecante all’esterno e un buio accecante all’interno. Su un
cartello si legge: ‘Baad Raahat Kendra’ (Centro di assistenza per
l’inondazione).
Il posto è quasi vuoto, fatta eccezione per bulldozer, jeep, funzionari del
governo e poliziotti che vanno in giro senza fretta, pieni dell’indolente
- 190 -
arroganza che si accompagna al potere. Il Centro di assistenza per
l’inondazione è stato costruito su un terreno acquistato e destinato a essere
sommerso. Qui, fino a qualche mese fa, c’era il liceo statale.
Sotto il cielo basso e minaccioso, Harsud è come la scena di un romanzo
di García Márquez. Il primo ad accoglierci è un vecchio bufalo cieco, con gli
occhi verdi per le cataratte. Ancora prima di entrare in città abbiamo
sentito un annuncio ripetuto senza sosta dagli altoparlanti montati su un
furgone Matador. Si prega di legare le mucche e il bestiame. Si prega di non
lasciarlo vagare liberamente. Il governo adotterà provvedimenti per il loro
trasporto (dove?). La gente, senza un posto in cui andare, sta partendo.
Ha sciolto gli animali sulle strade in rovina di Harsud. E il governo non
vuole bestiame che gli affoghi tra i piedi. Dietro il bufalo cieco, stagliate
contro il cielo, le ossa nude di una città in frantumi. Una città rivoltata, con
la sua intimità saccheggiata, le sue viscere esposte. Oggetti personali, letti,
armadi, vestiti, fotografie, pentole e padelle sono riversati sulla strada. In
molte case ci sono dei pappagalli in gabbia appesi a travi spezzate.
Un neonato avvolto in un sari dondola dolcemente, addormentato nel
vano della porta di un muro rimasto stranamente in piedi. Che porta dal
niente al niente. Cavi elettrici pendono come pericolose radici aeree.
L’interno delle case è stato denudato. È strano vedere come una città
esteriormente slavata, incolore, fosse palpitante all’interno, con pareti di
ogni possibile tonalità di turchese, smeraldo, lavanda, fucsia.”
Il conflitto Palestina-Israele e la risorsa acqua
Già nel 1995 l’ONU aveva previsto che le guerre del nostro secolo
sarebbero scoppiate per l’acqua e non per il petrolio o per la demarcazione
dei confini tra stati.
Da questa affermazione parte anche Somoza (2005) riportando gli esempi
di diversi ‘fiumi contesi’: il Nilo, fonte di tensioni per tutti i Paesi che
attraversa - in particolare fra Egitto ed Etiopia e tra Sudan ed Uganda; il
bacino del Tigri-Eufrate fonte di conflitto fra Turchia da un lato e Siria e
- 191 -
Iraq dall’altra; il Gange (India, Nepal e Bangladesh) che con il suo
andamento stagionale ha causato una serie di conflitti fra i Paesi che lo
sfruttano come principale risorsa idrica.
Lo scoppio di tensioni e di veri e propri conflitti sembra probabile
soprattutto in alcune regioni fra cui quella mediorientale che, pur
costituendo il 10% della superficie terrestre ed ospitando il 5% della
popolazione mondiale, dispone soltanto dello 0,4% delle risorse idriche.
Inoltre i territori di questa regione sono in gran parte desertici e
prevalentemente montagnosi con bacini acquiferi che attraversano più
paesi o sono collocati sui confini tra più Stati o si trovano su regioni
occupate nel corso di precedenti conflitti.
“Il maggiore divario per quanto riguarda il controllo e la distribuzione
dell’acqua è quello presente tra Israele e Palestina, dove le occupazioni
israeliane alla fine degli anni ’40 furono decisamente mirate verso le poche
fonti di vita e benessere presenti in quel piccolo fazzoletto di terra: i bacini
d’acqua” (Tomaselli, 2003).
Il bacino del Giordano produce circa 1.500 milioni di m3 di acqua
all’anno: il consumo pro capite è di circa 260 litri in Israele e 70
litri in Palestina. In Italia il consumo medio pro capite di acqua è
di 250 litri, con vette in città come Milano di 600 litri!
Oggi Israele, con una disponibilità media annua di circa 380 m3
di acqua per abitante, pur situandosi nella fascia di “assoluta
povertà”, all’interno del panorama mediorientale gode di una
situazione quasi di privilegio: la sua disponibilità di acqua è,
infatti, tre volte quella goduta dalla popolazione palestinese
residente nella striscia di Gaza e in Cisgiordania, che
attualmente ammonta a circa 115 m3 per abitante.
Il diritto del popolo palestinese a usare le proprie risorse idriche è violato in diversi
modi dall’autorità israeliana.
Le violazioni riguardano anzitutto il “diritto sociale” dei cittadini palestinesi
all’acqua potabile minacciato da:
o l’imponente prelievo che Israele fa delle risorse idriche palestinesi, in
particolare della falda acquifera occidentale della Cisgiordania;
o le pesanti limitazioni imposte alla popolazione palestinese: non possono
costruire o possedere un impianto idrico senza un permesso dell’autorità
militare (nel corso di decine di anni solo pochissimi permessi sono stati
accordati) e comunque i loro pozzi non devono andare oltre i 140 metri di
- 192 -
profondità (quelli israeliani possono raggiungere anche gli 800 metri); sono
state fissate delle quote di prelievo, espropriati pozzi e sorgenti di palestinesi
assenti; è stato introdotto il divieto di irrigare nelle ore pomeridiane;
o la fatturazione dell’acqua penalizza la popolazione palestinese il cui tenore di
vita è largamente inferiore a quello dei cittadini israeliani e dei coloni.
Le violazioni riguardano anche il “diritto collettivo” del popolo palestinese all’uso
delle proprie risorse idriche: l’85% dell’acqua palestinese oggi viene usata dagli
israeliani, mentre ai palestinesi non è consentito di usare l’acqua del Giordano e
dello Yarmouk. Inoltre la costruzione del Muro renderà impossibile ai palestinesi
utilizzare le risorse idriche della Valle del Giordano e del Mar Morto. (Zolo, 2005)
Durante un convegno tenutosi a Ramallah all’inizio del mese di maggio
2005 sono state proposte delle possibili soluzioni per dare soddisfazione
alle rivendicazioni del popolo palestinese. È lo stesso Zolo (2005), che ha
preso parte all’assemblea, a riferirci “una ipotesi interessante e forse
promettente”, come lui stesso la definisce, “l’impostazione della questione
palestinese come questione mediterranea, sia in un senso generale, sia nel
senso specifico del problema dell’acqua”. Secondo la soluzione prospettata
è la comunità dei popoli mediterranei a dover gestire il problema del diritto
all’acqua del popolo palestinese inserendolo nel quadro dei problemi idrici
regionali.
8 dei 25 paesi mediterranei,
115 milioni di abitanti, si
trovano al di sotto della soglia
considerata critica (1.000 m3
per abitante all’anno).
In Giordania, Libia, Malta,
Territori Palestinesi e Tunisia
le risorse idriche sono al di
sotto della soglia considerata
di povertà idrica (500 m3 per
abitante all’anno).
Distribuzione delle risorse idriche nei Paesi
dell'area mediterranea
21%
nord
est
74%
5%
sud
Per capire la complessità: il ‘caso’ della Coca Cola e l’acqua
Probabilmente quando furono date alle imprese multinazionali le prime
concessioni per l’utilizzo e la commercializzazione della ‘risorsa acqua’ non
si aveva coscienza della varietà di conseguenze e della complessità dei
problemi ai quali si andava incontro. Ma adesso si sta chiarendo che
- 193 -
l’affermazione di una visione del mondo (nel caso in questione l’acqua come
bene commerciabile piuttosto che l’idea di acqua come risorsa infinita o
come diritto inalienabile) condiziona tutti gli ambiti della società, influenza
i modi di interpretare e gestire i sistemi naturali e genera nuove dinamiche
relazionali e nuovi conflitti.
Per cogliere almeno in parte la complessità e le interdipendenze create
dall’approccio ‘imprenditoriale’ verso l’acqua, offriamo qui una carrellata di
notizie e documenti che hanno per protagonista la Coca Cola, forse la
bibita più famosa nel mondo. La multinazionale di Atlanta è attualmente
coinvolta in una serie di controversie a livello mondiale apparentemente
molto diverse fra loro … ci sembra si tratti, in ogni caso, di uno scontro tra
sistemi di valori.
L’approvvigionamento
Negli ultimi dieci anni molte imprese multinazionali produttrici di bibite
hanno aperto stabilimenti in vari Paesi del Sud. Per produrre le bibite
hanno naturalmente bisogno di molta acqua: per questo chiedono ai
governi l’autorizzazione ad attingere alle falde ed entrano in competizione
con le popolazioni locali che usano le stesse falde per bere e irrigare i
campi.
Il ‘caso’ della Coca Cola in Kerala
Il governo dello stato del Kerala ricorrerà contro la multinazionale produttrice
della Coca Cola davanti alla Corte suprema dell’India. L’accusa: sottrarre preziosa
acqua di falda per nutrire a colpi di milioni di litri al giorno la grande fabbrica di
una sua affiliata indiana a Plachimada.
Come sono andate le cose?
Il panchayat (consiglio di villaggio) locale aveva concesso alcuni anni fa alla
multinazionale l’autorizzazione ad attingere acqua da 6 pozzi con l’aiuto di pompe
a motore diesel. Ma la multinazionale, del tutto illegalmente, dopo aver scavato
più di sei pozzi, li ha attrezzati con pompe elettriche molto potenti e ha iniziato a
pompare milioni di litri di acqua pura.
Il livello delle falde è drasticamente sceso, passando da 45 a 150 metri di
profondità.
Per fare un litro di Coca Cola sono necessari nove litri di acqua potabile. Con
le sue procedure, la Coca Cola ha provocato il prosciugamento di 260 pozzi, la cui
trivellazione era stata eseguita dalle autorità per sopperire al bisogno di acqua
- 194 -
potabile e all’irrigazione agricola.
Invitata a fornire spiegazioni sul suo operato, la Coca Cola ha rifiutato al
panchayat i chiarimenti richiesti. Di conseguenza, quest’ultimo le ha notificato la
soppressione della licenza di sfruttamento delle acque. Tuttavia, mentre il
panchayat le ritirava il permesso di sfruttamento, il governo del Kerala, da parte
sua, ha continuato a proteggere l’impresa.
Per più di un anno alcune donne hanno organizzato sit-in di protesta contro il
prosciugamento delle falde freatiche provocato dalla Coca Cola. Finalmente, il 17
febbraio 2004, il capo del governo del Kerala ha ordinato la chiusura dello
stabilimento della Coca Cola.
Negli ultimi 16 mesi la fabbrica è rimasta chiusa, dopo essere stata presidiata
dagli abitanti dei villaggi ininterrottamente per mesi. (Isd, 2005)
Il movimento di protesta si è esteso ad altre regioni, dove la Coca e la
Pepsi pompano le riserve acquifere a danno degli abitanti. A Jaipur, la
capitale del Rajasthan, dopo l’apertura, nel 1999, dello stabilimento della
Coca Cola, il livello delle falde è passato da dodici metri di profondità a
trentasette metri e cinquanta. In una località a venti chilometri dalla città
santa di Varanasi (Benares), è sceso di dodici metri e i campi coltivati
attorno allo stabilimento sono ormai inquinati. A Singhchancher, un
villaggio del distretto di Ballia (nell’Uttar Pradesh), lo stabilimento della
Coca Cola ha inquinato definitivamente acque e terre. Ovunque la protesta
si organizza. (Shiva, 2005)
Acqua e bibite ai pesticidi
Gli stabilimenti d’imbottigliamento, pompando dalle falde, tolgono ai
poveri il diritto fondamentale a procurarsi acqua potabile. Non solo: dal
momento che la legislazione indiana non prevede attualmente particolari
controlli sulla qualità dell’acqua e delle bibite in bottiglia, il pubblico
rischia di bere sostanze tossiche, se l’acqua utilizzata per produrle viene
attinta da falde inquinate.
Un noto Centro di ricerca di Delhi (il CSE, Centre for Science and
Environment) ha esaminato 17 marche di acqua in bottiglia, tra cui Bisleri
(Aqua Minerals Ltd), Bailley (Parle Agro Pvt. Ltd), Pure Life (Nestlè India),
Aquafina (Pepsico India) e Kinley (Hindustan Coca Cola Beverage), per
cercare eventuali tracce di pesticidi (in particolare 12 composti organici del
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cloro e 8 composti organici del fosforo), secondo protocolli usati dall’EPA,
l’Ente per la Protezione Ambientale degli Stati Uniti. I risultati sono stati
preoccupanti: tutte le acque saggiate sono risultate contaminate.
Le stesse analisi sono state eseguite sulle bibite in bottiglia, con risultati
analoghi. I residui totali di pesticidi trovati in 36 tipi di bibite prodotte in
India (tra cui Blue Pepsi, Mirinda, Coca Cola) sono risultati 34 volte
superiori ai valori limite consentiti dall’Unione Europea.
Il tribunale supremo del Rajasthan ha proibito la vendita delle bibite prodotte da
Coca e Pepsi, perché queste ultime si sono rifiutate di fornire la lista dettagliata
dei componenti, quando alcune analisi hanno dimostrato la presenza di pesticidi
pericolosi per la salute. Le bevande contenevano diversi pesticidi tra i quali il
DDT.
Nelle bottiglie di Coca o di Pepsi consumate negli Stati Uniti o in Europa non si
trova alcuna traccia di pesticidi. (Shiva, 2005)
I motivi e le forme di lotta
Tre anni fa la federazione dei sindacati colombiani del settore alimentare
ha lanciato una campagna per il boicottaggio dei prodotti della Coca Cola:
l’impresa multinazionale venne accusata di mettere in atto una sistematica
e feroce campagna di repressione sindacale, con la complicità degli
squadroni paramilitari. L’obiettivo era quello di eliminare ogni diritto dei
lavoratori e qualsiasi forma di contrattazione collettiva.
La campagna di boicottaggio contro la Coca Cola si è ormai estesa a molti
paesi: Gran Bretagna, Irlanda, India, Brasile, Australia, Canada, Spagna,
Germania, Svizzera, Francia, Belgio, Messico e Italia, oltre naturalmente
alla Colombia. Scioperano i lavoratori degli impianti di imbottigliamento del
Cile e del Perù, boicottano le lattine rosse i braccianti delle piantagioni di
banane e di palma di alcune zone della Colombia.
Il fatto nuovo è che si stanno moltiplicando le adesioni di istituzioni:
municipi, università, sindacati. In Gran Bretagna sono diversi i campus
che hanno abolito bottiglie e lattine con il celeberrimo marchio bianco in
campo rosso.
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Negli Stati Uniti sono ben otto le grandi università che finora hanno
aderito in varie forme al boicottaggio, grazie a una tradizione americana
ormai consolidata che vede da anni agguerrite organizzazioni studentesche
schierarsi contro le grandi imprese che sfruttano i lavoratori, reprimono i
sindacati e violano i diritti umani.
Il più grande sindacato degli insegnanti di New York (oltre 525 mila
iscritti) ha informato che non servirà più prodotti della Coca Cola nei suoi
uffici e nei convegni e seminari che organizza fino a quando non saranno
stati fatti accertamenti riguardo alle pesanti accuse sui comportamenti
dell’impresa in Colombia.
In India è stato ammesso un calo delle vendite del 14% nel trimestre
aprile-giugno rispetto ai mesi precedenti, malgrado le favorevoli condizioni
climatiche (caldo estremo). L’opposizione sta coinvolgendo consigli di
villaggio (in Kerala e Gujarat), attivisti di città, tribunali e perfino governi e
amministrazioni. Su alcune linee ferroviarie è stata bandita la vendita delle
bollicine multinazionali in favore di bevande locali. (Isd, 2005)
In Italia ha fatto scalpore, lo scorso marzo, la proposta degli studenti
dell’università di Roma III di eliminare la Coca Cola da bar e distributori,
sostituendola con bibite del commercio equo (il Senato accademico ha
preferito un più mite “affiancamento” delle due categorie di prodotti), che
seguiva l’adesione al boicottaggio dei Cobas e del sindacato Fim-Cisl, ma
soprattutto delle circoscrizioni municipali XI (il primo clamoroso “caso”
istituzionale, che nell’ottobre scorso ha finalmente richiamato l’attenzione
dei distrattissimi media nostrani sulla campagna). (Cangemi, 2005)
L’eccessivo sfruttamento delle falde freatiche, i grandi progetti di deviazione dei
corsi d’acqua, l’inquinamento dei suoli pregiudicano la conservazione della Terra
nel suo complesso. Il ciclo idrologico, che ogni anno distribuisce - con modalità e
tempi diversi nelle varie regioni - acqua pura, è una democrazia dell’acqua, un
sistema di distribuzione al servizio di tutte le specie viventi. Dove non c’è
democrazia dell’acqua, non ci può essere vita democratica. (Shiva, 2005)
- 197 -
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Note biografiche
Maurizio Aceto
Laureato in chimica ha frequentato il Dottorato di Ricerca in Scienze
Chimiche presso l’Università di Torino, conseguendo il titolo di Dottore di
Ricerca nel 1992 con una tesi dal titolo “Metalli pesanti in traccia ed
ultratraccia nell’ambiente: valutazione di labilità, mobilità e speciazione”.
Nel corso del Dottorato ha frequentato il Laboratory of Oceanography
dell’Università di Liverpool, lavorando con il Prof. C. Van den Bergh. Dal
1997 è ricercatore universitario presso l’Università del Piemonte Orientale
“Amedeo Avogadro”, Facoltà di Scienze MFN e si occupa in particolare di
Chimica analitica ambientale, Chimica degli alimenti e Chimica analitica
per i beni culturali.
Homepage: www.mfn.unipmn.it/~aceto/
Paolo Bernardi
È nato a Biella nel 1952, pluridiplomato (maturità scientifica, geometra,
istituto nautico), attualmente si occupa professionalmente di trattamento
acqua
ed
è
promotore
del
progetto
“rubinetti
solidali”,
(www.rubinettisolidali.it) in collaborazione con il CISV e l’Eco Istituto del
Piemonte.
Nel 1976 ha prestato il servizio civile in Etiopia con la ONG LVIA per poi
dedicarsi allo sviluppo del settore della piccola pesca artigianale nell’ambito
della cooperazione internazionale, impegnandosi con varie ONG italiane,
per un complessivo periodo di 9 anni vissuto in Africa.
Rientrato in Italia, dal 1996 si occupa di commercio equo e solidale e di
consumo critico, in particolare per la valorizzazione ed il consumo
responsabile dell’acqua potabile e locale.
fax 015-8445663 e-mail [email protected] Homepage: www.aqsystem.it
Elena Camino
Ricercatrice in Didattica delle Scienze Naturali, si occupa da molti anni
della creazione e sperimentazione di attività didattiche interattive nel
campo dell’educazione scientifica e dell’educazione alla sostenibilità. È
referente a Torino di un gruppo di appoggio all’ASSEFA, Associazione
indiana che opera da 30 anni nelle zone rurali dell’India, sostenendo i
processi di auto-sviluppo delle comunità più povere secondo gli ideali e le
metodologie gandhiane.
Gruppo di Ricerca in Didattica delle Scienze Naturali
Centro interdipartimentale IRIS - Istituto di Ricerche Interdisciplinari sulla
Sostenibilità
Via Accademia Albertina, 13 10123-Torino
Tel. 011.670.4659 Fax 011.670.4692 e-mail [email protected]
Homepage: www.personalweb.unito.it/elena.camino/
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Gianfranco Durin
È nato a Torino nel 1962 ed è sposato con 3 figli. Si è laureato in
ingegneria nucleare al Politecnico di Torino dove ha anche conseguito il
dottorato in Fisica. Attualmente lavora all’Istituto Elettrotecnico Nazionale
Galileo Ferraris di Torino come ricercatore occupandosi principalmente di
materiali magnetici.
Da qualche anno fa parte del Contratto Mondiale sull’Acqua. È referente
del gruppo torinese del Contratto e membro del Consiglio Nazionale. Si
occupa prevalentemente della comunicazione e gestisce in particolare il sito
web (wwww.contrattoacqua.it).
Homepage: www.ien.it/~durin
Andrea Giordano
Professore associato di Pedologia presso la Facoltà di Agraria dell’Università
di Torino; Socio dell’Accademia Italiana di Scienze Forestali, della Società
Italiana di Telerilevamento, della Società Italiana per la Scienza del Suolo e
della Società Italiana per l’Africa e l’Oriente.
Membro del Comitato Scientifico del Centro Studi Africani di Torino.
In questi ultimi anni è stato docente di corsi di Pedologia, di Gestione delle
acque, di Sistemi Agro-silvo-pastorali Tropicali e Sviluppo Rurale, presso
Università e Istituzioni di formazione post-universitaria. Le sue ricerche
vertono principalmente sull’erosione dei suoli e sui processi di
desertificazione in Italia ed in altri Paesi (Tunisia, Marocco, Burkina Faso,
Niger, Senegal, Eritrea, Djibouti).
Ilenia Grandi
Laureata in Scienze Naturali, ha sviluppato una tesi relativa alla
sperimentazione di un laboratorio didattico sul mondo microscopico e
analizzando preconoscenze e misconcezioni degli studenti. Dopo
un’esperienza di insegnamento in una scuola superiore all’estero
attualmente collabora con il Gruppo di Ricerca in Didattica delle Scienze
Naturali nell’ambito dell’educazione scientifica e dell’educazione alla
sostenbilità.
Gruppo di Ricerca in Didattica delle Scienze Naturali
Via Accademia Albertina, 13 10123-Torino
Tel. 011.670.4660 Fax 011.670.4692 e-mail [email protected]
Luca Mercalli
Climatologo di consolidata esperienza internazionale, dedica la sua attività
di ricerca allo studio del clima e dei ghiacciai delle Alpi occidentali.
Dopo un periodo di servizio presso l’Ufficio Agrometeorologico della Regione
Piemonte, si è interamente dedicato alla presidenza della Società
Meteorologica Italiana, la maggiore associazione nazionale del settore delle
scienze dell’atmosfera. Ha fondato e dirige dal 1993 la rivista di
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meteorologia Nimbus (www.nimbus.it). È giornalista scientifico: la sua
attività di divulgatore di temi atmosferici vede oltre 400 articoli comparsi su
vari quotidiani e riviste, nonché centinaia di conferenze, in Italia e
all’estero, e numerosi interventi televisivi. È responsabile dell’Osservatorio
Meteorologico del Real Collegio Carlo Alberto di Moncalieri, fondato nel
1865. Nel 2003 ha coordinato l’edizione dell’Atlante climatico della Valle
d’Aosta.
Marco Davide Tonon
È ricercatore universitario presso il Dipartimento di Scienze della Terra
dell’Università degli Studi di Torino, dove si occupa di Didattica di Scienze
della Terra e di Paleontologia; inoltre collabora da anni con il Centro Servizi
Didattici della Provincia di Torino (Ce.Se.Di.) e con la Diomedea s.s. come
consulente didattico. È titolare di vari Corsi e Laboratori Didattici di
Scienze della Terra presso il Corso di Laurea in Scienze della Formazione
Primaria dell’Università di Torino.
Il Centro Studi Sereno Regis è una ONLUS finalizzata alla promozione dei
programmi di ricerca, educazione e azione sui temi della partecipazione
politica, della difesa popolare non violenta, dell’educazione alla pace e
all’interculturalità, della trasformazione non violenta dei conflitti, dei
modelli di sviluppo, delle energie rinnovabili e dell’ecologia. Costituito
formalmente nel 1982 su iniziativa del MIR e del MN, attivi in Piemonte
dalla metà degli anni ’60, ospita oggi la sede della Biblioteca Multimediale
Pace-Ambiente-Sviluppo, l’Archivio Storico Scientifico dell'Ambiente, il
Centro di Educazione alla Pace (Edap) Marilena Cardone, l’Italian Peace
Research Institute, l’Ecoistituto del Piemonte Pasquale Cavaliere, il MIR ed
il Movimento Nonviolento, il gruppo ASSEFA.
Il Gruppo di Ricerca in Didattica delle Scienze Naturali è attivo dal 1991
presso il Dipartimento di Biologia Animale dell’Università di Torino ed è
costituito da docenti universitari e da collaboratori di ricerca. I principali
ambiti di ricerca sono: riflessioni sull’idea di conoscenza scientifica e sue
implicazioni nelle relazioni Scienza-Società; progettazione, sperimentazione
e valutazione dei percorsi formativi interattivi (giochi di ruolo); ricerche
sperimentali sulle preconoscenze degli studenti a proposito di alcuni
concetti della biologia; approcci interdisciplinari nella formazione alla
sostenibilità. I membri del Gruppo svolgono la loro attività di ricerca e
docenza presso le Università di Torino e della Valle d’Aosta, in particolare
all’interno dei corsi di laurea in Scienze Naturali e in Scienze della
Formazione Primaria e nell’ambito delle SSIS (Scuole di Specializzazione
all’Insegnamento Secondario).
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Atti dei Seminari
“Un percorso interdisciplinare sull’acqua”
Progetto: Ilenia Grandi & Elena Camino
Testi di approfondimento
“Sguardo sistemico e spunti didattici” - Ilenia Grandi & Elena Camino
“Spunti per approfondire” - Elena Camino & Ilenia Grandi
Ricerca bibliografica: Ilenia Grandi
Editing: Ilenia Grandi
I presenti Atti sono stati realizzati grazie al contributo di:
Regione Piemonte - Assessorato Ambiente
Università di Torino, Progetti locali - ex-MURST 2004/2005
Gruppo di Ricerca in Didattica delle Scienze Naturali
Dipartimento di Biologia Animale e dell’Uomo
Via Accademia Albertina, 13 - 10123 Torino
Tel. 011/6704658-59-60
e-mail: [email protected]
Web: www.dba.unito.it/ricerca/didscienze.html
Centro Studi Sereno Regis
Via Garibaldi, 13 - 10122 Torino
Tel. 011/532824-549005
e-mail: [email protected]
Web: www.cssr-pas.org
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