relazione geologico-tecnica finale

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relazione geologico-tecnica finale
REGIONE SICILIA
PROVINCIA DI CATANIA
COMUNE DI VALVERDE
ADEGUAMENTO DELLO STUDIO GEOLOGICO ALLEGATO AL PROGETTO DI PRG
ALLA NOTA DEL GENIO CIVILE DI CATANIA N° 33385 DEL 19.09.2011
E ALLA CIRCOLARE ARTA PROT. N° 1 DEL 14.01.2014
Dott. Geol. Eugenia Belluardo
Dott. Geol. Patrizia Di Benedetto
RELAZIONE GEOLOGICO-TECNICA FINALE
APRILE 2014
2
INDICE
ELENCO DELLE FIGURE NEL TESTO ................................................................................................................... 3
ALLEGATI FUORI TESTO ........................................................................................................................................ 3
1. PREMESSA............................................................................................................................................................. 4
2. STUDI DI ANALISI (ALL.i A – E) .................................................................................................................... 6
2.1 INQUADRAMENTO GEOGRAFICO- MORFOLOGICO................................................................................ 8
2.2 MODELLO MORFODINAMICO DELL’AREA IN ESAME ............................................................................. 9
2.3 ASSETTO GEOLOGICO - STRUTTURALE E SUA EVOLUZIONE (1986-2014) ............................... 11
3. INQUADRAMENTO GEOLOGICO-STRUTTURALE ..................................................................................... 14
3.1 DEFINIZIONE DEL MODELLO GEOLOGICO DELL’AREA ORIENTALE E MERIDIONALE DEL
TERRITORIO COMUNALE ..................................................................................................................................... 15
4 INTERPRETAZIONE DEI DATI GEOGNOSTICI IN CHIAVE GEOLOGICO-STRUTTURALE IN
RISPOSTA ALLA NOTA DEL GENIO CIVILE DI CATANIA PROT. N° 33385 DEL 19.09.2011 .......... 18
5. SISMICITA’ DELL’AREA DI INTERESSE ...................................................................................................... 32
6. STUDI DI SINTESI (ALL.i F – H) .................................................................................................................. 36
6.1 PERICOLOSITA’ E RISCHI GEOLOGICI E GEOMORFOLOGICI .......................................................... 36
6.2 MICROZONE OMOGENEE IN PROSPETTIVA SISMICA ....................................................................... 39
7. CONSIDERAZIONI CONCLUSIVE ................................................................................................................. 54
BIBLIOGRAFIA ESSENZIALE............................................................................................................................... 57
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ELENCO DELLE FIGURE NEL TESTO
FIG. 1 – Corografia
scala 1:25.000
ALLEGATI FUORI TESTO
ALLEGATO A: Inquadramento geologico-strutturale. Analisi delle TAVV. 1 e TAV. 2
TAVV. 1.1 - 1.2 – 1.3 - 1.4 – Carta geologico-strutturale
scala 1:2.000
TAV. 2 - Carta geologico-strutturale dell’area estesa
scala 1:10.000
ALLEGATO B: Indagini geognostiche. Analisi della TAV. 3
TAV. 3 - Carta delle indagini geognostiche
scala 1:5.000
ALLEGATO C: Assetto geomorfologico. Analisi delle TAVV. 4
TAVV. 4.1 – 4.2 – 4.3 - 4.4 – Carta geomorfologica
scala 1:2.000
ALLEGATO D: Lineamenti idrogeologici e vulnerabilità degli acquiferi. Analisi delle TAVV. 5
TAVV. 5.1 – 5.2 – 5.3 - 5.4 – Carta idrogeologica
scala 1:2.000
ALLEGATO E: Caratterizzazione litotecnica dei terreni. Analisi della TAV. 6
TAV. 6 – Carta litotecnica
scala 1:10.000
ALLEGATO F: Pericolosità e rischi geologici e geomorfologici. Analisi delle TAVV. 7
TAVV. 7.1 – 7.2 – 7.3 - 7.4 – Carta delle pericolosità geologiche
scala 1:2.000
ALLEGATO G: Microzone omogenee in prospettiva sismica. Analisi della TAV. 8
TAV. 8 – Carta delle microzone omogenee in prospettiva sismica da “Microzonazione sismica
Livello I – Comune di Valverde” a cura del DRPC e dell’Università di Catania scala 1:10.000
ALLEGATO H: Suscettività all’uso del territorio. Analisi delle TAVV. 9
TAVV. 9.1 – 9.2 - 9.3 – 9.4 – Carta della suscettività del territorio
scala 1:2.000
▪ Rapporto tecnico di prova della perforazione di sondaggio S1 redatta dalla ditta S.G.M. S.r.l.
Società geognostica Mediterranea
▪ Rapporto tecnico di prova delle indagini geofisiche redatta dalla Geocheck S.r.l.
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1. PREMESSA
Il presente studio geologico è stato redatto su incarico dell’Amministrazione comunale di
Valverde (CT) con Determina Dirigenziale N. 94 del 24/12/2012 e n.3 del 04/02/2013 allo scopo
di rispondere alla nota dell’Ufficio del Genio Civile di Catania prot. N° 33385 del 19.9.2011. Esso
è stato elaborato in conformità alla CIRCOLARE ARTA N. 1 DEL 14 GENNAIO 2014 (che abroga e
sostituisce la circolare 15/10/2012 prot. n. 57027 e la circolare n. 2222/95), pubblicata sulla
G.U.R.S. in data 31/01/2014, e pertanto tutti i contenuti e le simbologie riportati nella presente
relazione e negli allegati di analisi e di sintesi sono stati adeguati alla suddetta circolare ovvero
alle linee guida di “Indirizzi e Criteri per la Microzonazione sismica” e successivi aggiornamenti,
e integrato con le risultanze tecnico-scientifiche degli Studi di Microzonazione Sismica (MS) di
Livello 1, approvati con D.D.G. N° 620 del 04/12/2013 (e il cui avviso è stato pubblicato nella
G.U.R.S. del 17.01.2014), eseguiti nell’ambito della Convenzione del 20/12/2011 tra Università
di Catania e Dipartimento Regionale di Protezione Civile.
In questo studio sono state inoltre acquisite le risultanze di indagini geognostiche dirette e
indirette pervenute all’amministrazione comunale tramite pratiche di privati, ed eseguita una
nuova campagna di indagini, in particolare sulle porzioni orientale e meridionale del territorio
comunale. Tutti i dati raccolti, rinominati e riportati sia nelle TAVV. 1 che nella TAV. 3, sono stati
analizzati in modo critico e interpretati al fine di acquisire informazioni sullo spessore dei diversi
complessi vulcanici presenti sul substrato argilloso e sulla presenza o meno di strutture
tettoniche.
Le porzioni orientale e meridionale del territorio comunale sono già state in passato
oggetto di note da parte del Genio Civile di Catania U.O 7 ai sensi dell’art. 13 della Legge
02/02/1974 N. 64, e precisamente:

nota prot. 45094 datata 11/12/07 in cui si richiedeva: (p.to a) di uniformare dal
punto di vista tecnico-scientifico il precedente studio del Dott. Tagliareni (valido
per le porzioni occidentale, settentrionale e del centro urbano) ai nuovi studi in
oggetto (che riguardavano solo la porzione meridionale ed orientale, come da
incarico precedente alle sottoscritte); (p.to b) il mancato rilevamento di alcune
faglie “attive” nelle zone di: C.da Crocifisso-Nizzeti, Via Casalrosato, Via Fontana,
Via Rapisarda, area del realizzando Parco Sub-urbano, cuspide morfologica a nord
di Via Rapisarda, faglia antitetica e graben della Timpa; (p.to c) aumentare l’area
di non edificabilità a cavallo delle faglie; (p.to d) approfondire adeguatamente i
temi della complessa geomorfologia e dei possibili limiti di uso del suolo nel settore
Est e Sud del territorio comunale

nulla osta (ex art. 13 L.64/74 N. 08440) del 09/03/2009
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
nota prot. n. 33385 del 19/09/2011, da cui il presente incarico, con oggetto
“Richiesta di revisione del nulla osta a condizione emesso il 09/03/2009 (prot. N.
08440)” lo scrivente ufficio richiedeva uno studio geologico di revisione dell’intero
territorio comunale corredato da approfondite indagini geofisiche e geognostiche
per l’ubicazione certa delle strutture tettoniche, la loro attività, l’area del disturbo
tettonico
e
le
condizioni
di
sicurezza
delle
aree
problematiche;
nonché
l’approfondimento delle problematiche rilevate ai p.ti da 6 a 15 di cui al precedente
parere ai sensi dell’art. 13 L.64/74 n. 08440 del 09/03/2009.
In riferimento al nulla osta (ex art. 13 L.64/74 N. 08440) rilasciato dal Genio Civile in
data 09.03.2009, avendo oggi a disposizione dati oggettivi ottenuti da indagini geognostiche
dirette e indirette ubicate nell’area E-SE del territorio comunale di Valverde, che veniva
indicata come “Aree non edificabili per la presenza di condizioni morfologiche e
geologico-strutturali
che
pongono
gravi
problemi
di
sicurezza”,
si
chiarisce
definitivamente il quadro generale dell’area in esame, fino ad oggi fortemente controverso.
Per quanto fin qui premesso, obiettivo dello studio geologico di seguito presentato è stato
principalmente quello di uniformare i dati tecnico-scientifici attuali e passati con i dati della
bibliografia storica e recente, nell’ottica di una pianificazione urbanistica comunale il più possibile
rispondente alla vocazione del territorio, con attenzione alle richieste dell’amministrazione
comunale e degli uffici competenti, e sulla base della normativa vigente.
Il principio cardine di salvaguardia e sviluppo delle risorse ambientali, sulla base della
conoscenza e valutazione dei fattori fisici che ne condizionano l’uso, è stato fondamentale nella
rielaborazione di quei parametri geologici-ambientali che possono influenzare le trasformazioni
antropiche. La pianificazione che ne è scaturita, pertanto, si basa su uno sviluppo coerente e
consapevole dei limiti imposti da fattori naturali quali l’assetto geologico – strutturale e
geomorfologico e dal rischio sismico.
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2. STUDI DI ANALISI (ALL.I A – E)
Come previsto dalla Circolare ARTA n° 1 del 14.01.2014, l’intero studio geologico si è
basato principalmente sull’analisi di tutti i dati disponibili, sia di letteratura che di campagna
(rilevamento e dati geognostici), al fine di definire un quadro il più possibile reale sullo
spessore delle coltri, e sulle caratteristiche fisico-meccaniche di queste ultime e del substrato,
di
definire un modello geodinamico e
geomorfologico e
chiarire l’assetto strutturale
particolarmente complesso dell’area in esame.
Gli studi di analisi di seguito presentati si basano sui dati oggettivi (Rif. ALLEGATO B)
derivanti da:
● n° 22 perforazioni di sondaggio meccanico a carotaggio continuo con, nella
maggior parte dei casi, il raggiungimento del basamento argilloso pre-etneo e prelievo di n° 10
campioni indisturbati. Durante la perforazione di sondaggio S7 è stata eseguita una prova
sismica di tipo Down Hole, mentre durante le perforazioni S12, S14, S17, S19 ed S21 è stata
eseguita una prova SPT;
 n° 10 prove di laboratorio su campioni indisturbati (granulometria, indice di
plasticità, prove di taglio diretto);
● n° 9 tomografie elettriche 2D con stendimenti pressoché ortogonali alla direttrice
tettonica delle supposte faglie, lunghezza stabilita in modo tale da escludere eventuali errori di
posizionamento delle faglie stesse, e sezioni elettrostratigrafiche di almeno 20 metri di
profondità.
● n° 3 traverse sismiche a rifrazione;
● n° 9 misure di risposta sismica di sito HVSR (microtremori) eseguite durante la
campagna di indagini del 2013; per le 20 misure di risposta sismica eseguite in occasione dello
“Studio di Microzonazione sismica di I Livello - 2014” del DRPC, riportate in TAV. 3, si rimanda
alla consultazione dello stesso.
• n° 5 prospezioni sismiche di tipo MASW
•n° 1 prova sismica in foro Down Hole
•n° 6 prove STP
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2.1 INQUADRAMENTO GEOGRAFICO- MORFOLOGICO
Il territorio comunale di Valverde ricade in parte nel Foglio 270 IV S.E. tavoletta Catania e
in parte nel Foglio 270 IV N.E., tavoletta Acireale, edite dall’I.G.M. (FIG. 1); la sezione CTR di
riferimento in scala 1:10.000 è la N. 634020. Le quote altimetriche sono comprese tra 380 e
230 metri s.l.m.
L'intero territorio comunale, ubicato nel medio-basso versante orientale etneo, ha
un’estensione di circa 550 ettari, e confina con gli abitati di San Gregorio di Catania, San
Giovanni la Punta, Aci Catena e Aci Castello.
La morfologia dell’area in studio è pertanto il risultato genetico ed evolutivo della messa
in posto dei prodotti vulcanici etnei riferibili a diversi eventi eruttivi ed effusivi succedutesi nel
tempo, sovrapposti ad un basamento sedimentario preetneo. Quest’ultimo affiora localmente
nella porzione S-SE del territorio in aree che verosimilmente al momento della messa in posto
delle colate rappresentavano zone di alto morfologico e che pertanto non sono state ricoperte,
o dove viene messo in evidenza da dislocazioni tettoniche che hanno interessato l’area
successivamente alla messa in posto delle vulcaniti (in una porzione contigua a quella sud
orientale dell’area in esame ma ricadente in territorio comunale di Acicatena).
Il territorio comunale di Valverde presenta una morfologia molto varia rappresentata,
nella
porzione
settentrionale
ed
occidentale,
prevalentemente
da
pianori
immergenti
dolcemente verso E - SE costituiti dalla sovrapposizione di colate laviche recenti, interrotta da
brusche rotture di pendenza nei settori meridionale ed orientale rappresentate da scarpate
talvolta di origine tettonica, con pareti talora molto inclinate specie nelle frazioni di Fontana,
Monte D’Oro e Casalrosato.
Il centro abitato invece, mentre nella sua porzione a Nord mostra una morfologia con
blande pendenze data dalla sovrapposizione di terreni vulcanici del Mongibello sulle vulcaniti
delle Timpe, nella sua porzione meridionale risulta caratterizzato dalla presenza di dislocazioni
tettoniche che definiscono una struttura a “horst e graben” data da un sistema di faglie dirette
con direzione grossomodo N-S, che dislocando le vulcaniti dell’Ellittico e conferisce all’area una
caratteristica morfologia a gradoni (TAVV. 1.3 – 1.4).
Nella porzione orientale del territorio comunale le scarpate hanno orientamento circa
NNE-SSW ovvero parallelo al versante, e pendenze medie del 20% (circa 11°), che però
localmente (immediatamente ad Est di via Caramme) superano il 50% (circa 27°). In località
Fontana l’andamento delle scarpate è NW-SE con acclività spesso > 50%.
L’area di Monte d’Oro - Casalrosato – Crocifisso Nizzeti, è caratterizzata da scarpate che
mostrano nel loro insieme una morfologia ad anfiteatro e pendenze variabili da oltre il 60% al
40% (ovvero comprese tra 31° e 22°). Alla base delle suddette scarpate, una spessa copertura
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detritica ascrivibile ad una paleofrana, maschera la brusca rottura di pendenza e addolcisce
notevolmente le pendenze procedendo verso sud.
Tutte le scarpate sopra descritte sono costituite da terreni vulcanici prevalentemente
lapidei, variamente fratturati e fessurati, riferibili a diversi episodi eruttivi compresi tra il
Pleistocene medio-sup. e la parte basale del Mongibello recente.
Nelle linee generali l'area, ad esclusione del centro urbano, delle piccole fraz. di Maugeri Belfiore e della zona di riqualificazione urbanistica di Verdina, è sede di un modestissimo carico
antropico di recente insediamento che ha solo in piccola parte e localmente modificato
l’originario assetto morfologico. Le più evidenti modifiche antropiche della morfologia originaria
delle aree non urbanizzate sono riferibili ad interventi volti a facilitare l’attività agricola, come
la realizzazione di terrazzamenti con muretti a secco che conferiscono, specie al versante
orientale, un tipico aspetto “a gradini”; l'area si presenta pressoché interamente ricoperta da
vegetazione e colture ad agrumeti, uliveti e vigneti spesso abbandonati.
2.2 MODELLO MORFODINAMICO DELL’AREA IN ESAME
Il territorio comunale di Valverde presenta principalmente due diverse situazioni
geomorfologiche: una omogenea e sub-pianeggiante che include parte del centro abitato e la
zona nord e ovest; un'altra molto più complessa e variabile nelle porzioni meridionale e
orientale del territorio. Come si evince dalle Carte geologico-strutturali (All. A - TAVV. 1)
nell’area in esame affiorano terreni di origine vulcanica riferibili a diversi momenti dell’attività
eruttiva etnea, sovrapposti ad un basamento sedimentario argilloso preetneo di età riferibile al
Pleistocene inf.-medio. I versanti più complessi, quelli meridionale e orientale, sono
principalmente costituiti dalle vulcaniti delle Timpe del Pleistocene medio-superiore che, in un
periodo in cui si alternavano glaciazioni e interglaciazioni, giunsero a ricoprire gran parte del
substrato argilloso preetneo, in ambiente di mare poco profondo, quando ancora le argille
erano molto plastiche, con elevato contenuto d’acqua, bassi valori di resistenza al taglio, indice
di liquidità superiore all’unità e alti valori di compressibilità. In queste condizioni le argille, non
supportando il carico litostatico indotto dalle vulcaniti, si deformarono plasticamente. Ciò
generò un’intensa fratturazione del fronte lavico, dando luogo a blocchi caotici e disarticolati
immersi in una matrice argilloso-limosa. Le scarpate vulcaniche del versante orientale e
meridionale rappresentano dunque i resti di un’antica falesia parzialmente franata creatasi in
corrispondenza del fronte della colata, che oggi possiamo osservare a Valverde anche in
corrispondenza degli alti morfologici localizzati nella porzione di SE della TAV. 4.4, indicati con
la campitura rigata in rosso, e più a Sud in territorio comunale di Acicatena e Acicastello. Anche
i terrazzi marini e le antiche linee di costa evidenziati nella TAV. 4.4, testimoniano l'evoluzione
morfodinamica subita dall'area. Nelle fasi successive, con il costipamento differenziale delle
argille e l'intensa fratturazione del corpo rigido soprastante, si innescarono movimenti
gravitativi con crolli nelle lave e scivolamenti e/o colamenti nelle argille, che interessarono le
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attuali porzioni meridionale e orientale. Anche la paleofrana nella zona di Casalrosato - Monte
d’Oro costituisce il risultato dello smantellamento del fronte meridionale della falesia ed è
costituito da un deposito tufitico-argilloso molto rimaneggiato con inclusi lavici di varia
pezzatura (sondaggio S15, TAV. 1.4) immerso in una matrice argillosa alterata.
Peculiarità della porzione SE dell’area in studio (C.da Crocifisso Nizzeti) è la presenza di
aree di alto morfologico dove le vulcaniti pleistoceniche si presentano come un ammasso
caotico e disarticolato di blocchi di dimensioni spesso superiori al m 3 con equilibrio da
metastabile a localmente instabile. Essi sono il risultato di azioni combinate di crolli e abrasione
marina che hanno determinato l'arretramento del fronte vulcanico sul basamento argilloso,
affiorante in quest’area fino a quota 260 m s.l.m.
Il modello morfodinamico fin qui proposto nasce da considerazioni fatte a seguito dei
risultati delle indagini geognostiche riportate (vd. ALL. B, TAVV. 1.3 e 1.4, e TAV. 3), dai dati di
letteratura e di rilevamenti geologici eseguiti nei comuni limitrofi in occasione di altri lavori.
Infatti in località poste a Sud dell’area di stretto interesse, e precisamente a Vampolieri e Torre
Casalotto, sono stati riscontrati affioramenti simili a quelli di Valverde, ovvero alti morfologici
costituiti da blocchi caotici e intensamente fratturati spesso denominati “città di roccia”, e la
presenza di antiche linee di spiaggia a quote diverse dall’attuale livello del mare: ciò
testimonia, in maniera evidente, che l’area ha subito un sollevamento generale. Tale
affermazione, in perfetto accordo con il trend evolutivo dell’area, unitamente al fatto che in tali
zone le colate dei centri eruttivi alcalini antichi mostrano le loro estreme propaggini, conduce
alla definizione del modello morfodinamico fin qui esposto.
La morfologia che ritroviamo oggi, in particolare nei versanti meridionale e orientale, è
essenzialmente legata a dinamiche originatesi nel Pleistocene, che si riferiscono allo
smantellamento per azione marina di colate laviche antiche poggianti sulle argille, ed evolute in
movimenti
gravitativi
che
oggi
risultano in
gran
parte
stabilizzati
naturalmente
e/o
artificialmente mancando oggi le condizioni cinematiche e climatiche generative (a meno
dell'area indicata dal P.A.I. come P2 ed R3), e localmente attivi per il versante orientale, in cui
il dinamismo ad oggi è ridotto a movimenti lenti della coltre detritica (creeping).
A monte delle scarpate cosi originatesi, la morfologia è riconducibile a quella di una
spianata sommitale stabile, dove l’erosione differenziale ha dato luogo a zone a morfologia
praticamente pianeggiante in corrispondenza di porzioni più “tenere”, quali i prodotti
vulcanoclastici associati alle colate pleistoceniche e a quelle dell’Ellittico.
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2.3 ASSETTO GEOLOGICO - STRUTTURALE E SUA EVOLUZIONE (1986-2014)
Dal 1986 ad oggi lo studio geologico per la redazione del PRG del Comune di Valverde,
grazie all’acquisizione recente di un discreto numero di dati geognostici e all’evolversi delle
conoscenze sull’assetto geologico e la geodinamica del territorio comunale tratte dalla
letteratura (cfr. Bibliografia in calce), ha subito alcune modifiche sostanziali che oggi ci
permettono di definire un modello geodinamico e un assetto geologico-strutturale abbastanza
chiaro, vincolato e coerente con tutti i dati in nostro possesso.
Come già descritto nel modello morfodinamico (par.2.2) il territorio comunale di
Valverde presenta principalmente due situazioni geomorfologiche (Allegato C – TAVV. 4): una
omogenea e sub-pianeggiante che include parte del centro abitato e la zona nord e ovest;
un'altra molto più complessa e varia nelle porzioni meridionale e orientale del territorio. La
stessa distinzione può essere fatta anche dal punto di vista geo-strutturale e geo-litologico (cfr.
Allegato A e TAVV 1 e 2).
Per la componente geo-litologica, sia lo studio geologico a supporto del PRG di Valverde
a firma del Dott. Tagliareni (1989, 1995) che il recentissimo Studio di Microzonazione sismica
(MS) di livello 1 (Regione Sicilia, Dipartimento della Protezione Civile, Comune di Valverde,
2013), sono concordi nel classificare l’area come facente parte del complesso vulcanostratigrafico etneo, costituito da lave e materiali vulcanoclastici e piroclastici sovrapposti ad un
basamento sedimentario preetneo di età infra-medio pleistocenica affiorante laddove non è
stato ricoperto dalla successiva messa in posto delle colate laviche. Nello studio geologico a
firma del Dott. Tagliareni (1989, 1995) è evidente una struttura, denominata successivamente
Faglia di Valverde, con direttrice principale NW-SE che interessa le frazioni di Carminello,
Casalrosato, Fontana, SISTEMA DI VALVERDE
– CARMINELLO, TIMPA DI FONTANA -
CROCEFISSO DI NIZZETI posta a monte della scarpata principale (stralcio ridisegnato a scala
1:4.000, FIG. 2). Il presente lavoro, a differenza del precedente studio geologico per il PRG di
Valverde a firma del Dott. Tagliareni (1989, 1995), è basato sui risultati di indagini
geognostiche di diversa natura (perforazioni di sondaggio meccanico a carotaggio continuo,
prelievo e analisi di campioni indisturbati, Down Hole, SPT, tomografie elettriche, traverse
sismiche a rifrazione,
HVSR, MASW; cfr Allegato B e TAV. 3), sulla normativa regionale di
riferimento (dalla Circolare A.R.T.A. n° 2222 del 31/1/1995 alla n° 1 del 14/01/2014) e sulle
indicazioni del PAI 2006. Inoltre la definizione dei litotipi e delle unità geologiche è stata
aggiornata passando dalla Carta geologia del Monte Etna scala 1:50.000 (AA.VV., 1979) alla
Carta Geologica del Vulcano Etna (Branca et al., 2011). Risulta quindi semplice comprendere le
differenze sostanziali tra i due studi geologici per la redazione del PRG comunale, e il diverso
modello litologico e tettonico proposto nel presente studio (per approfondimenti cfr. Allegato A,
cap. 4).
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Dall’analisi della cartografia ufficiale pregressa si evince invece come le differenti
interpretazioni dell’assetto strutturale della culminazione di Valverde e delle scarpate del suo
bordo orientale e meridionale abbiano condotto all’identificazione e ubicazione delle Faglie di
Valverde (segmento superiore) e Nizzeti (segmento inferiore) con andamenti, lunghezze ed
evidenze non sempre correlabili tra loro, situazione ancora in fase di studio e oggetto di
approfondimenti.
L’assetto strutturale più complesso individuato nell’area in studio, è principalmente
riferito alle porzioni meridionale e orientale, versante particolarmente acclive con locali salti di
pendenze, ricoperto da detrito di versante spesso a grossi blocchi. Le strutture normali,
riconosciute anche nel presente studio, denominate come Faglia di Valverde e Faglia di
Acicatena (Rasà et al., 1996; Azzaro et al., 2012) o di Nizzeti (Monaco et al. 1997), sono
rappresentate con geometrie variabili in tutta la letteratura consultata.
Già la Carta geologica del Monte Etna scala 1:50.000 (AA.VV., 1979) identificava delle
strutture di tipo diretto sia all’interno del centro abitato che nelle porzioni orientale e meridionale
del territorio di Valverde, circa parallele tra loro, con orientazioni NNO (Faglia di Valverde), per la
scarpata più a monte (bordo orientale dal settore settentrionale dell’abitato), e NNE (Faglia di
Nizzeti) per la struttura al limite con il confine comunale alla base della scarpata del settore
orientale.
Secondo Monaco & Ventura (1995) “la giacitura delle lave immergenti verso NO della
culminazione di Valverde sarebbe originaria e riferibile ai resti del fianco occidentale di un
antico edificio vulcanico, denominato Edificio di Valverde poi smembrato nel suo lato est da un
fascio arcuato di faglie poste alla base delle scarpate testimoniate dai resti ritrovati nella collina
a monte della costa di Acicastello, dove i prodotti eruttivi (Di Stefano e Branca, 2002).
poggiano direttamente sul substrato argilloso pre-etneo”.
Con Monaco & Ventura 2005 “la maggiore continuità data ai segmenti di faglia segnalando
la presenza delle vulcaniti antiche lungo l’intera scarpata riducono il rigetto della faglia di
Valverde a qualche decina di metri”.
Così come per la carta geologica del Monte Etna scala 1:50.000 (AA.VV., 1979) i segmenti
di faglia che coinvolgono le lave antiche affioranti nel settore meridionale del territorio comunale
di Valverde, risultano individuate sulla base delle evidenze morfostrutturali a dispetto di rigetti
molto modesti o quasi nulli.
Recenti datazioni radiometriche (Branca et al., 2007) effettuate sui prodotti dell’edificio di
Valverde, indicano un’età compresa almeno tra 146 Ka (loc. Torre Casalotto) e 120 Ka (loc.
Monte d’Oro) da cui l’indicazione riferita all’attività delle faglie a partire al massimo dagli ultimi
120 Ka.
Con la Carta Morfottetonica dell’Etna (Monaco et al. 2010) “la faglia di Valverde e la Faglia
di Nizzeti vengono rappresentate come due segmenti arcuati paralleli tra loro e geometricamente
distinti. Il rigetto della faglia di Nizzeti viene calcolato in circa 100 m e la terminazione
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meridionale viene collegata sia geometricamente che cinematicamente ad una faglia destra,
orientata E-O, che si estende dall’abitato di San Gregorio di Catania fino alla costa Ionica,
attraverso il territorio comunale di Aci Castello”.
In un più recente elaborato cartografico (Branca et al. 2011), “gli stessi autori del foglio
Geologico 634 “Catania” del 2009, segnalano la presenza, lungo la scarpata della Faglia di
Nizzeti, del contatto lave-argille proponendo una nuova geometria delle faglie presenti all’interno
della culminazione di Valverde”, e con la carta vulcano-tettonica del Monte Etna (Azzaro et al.
2012) viene riprodotta la stessa geometria della Faglia di Valverde e della Faglia di Nizzeti.
Nel recentissimo studio di Microzonazione sismica (MS) di livello 1 (Regione Sicilia,
Dipartimento della Protezione Civile, Comune di Valverde, 2013) dopo un’attenta trattazione dei
dati esistenti, sia della cartografia che dei dati oggettivi derivanti dalle indagini geognostiche, e
loro rielaborazione, nella Carta geologico-tecnica allegata, si riporta la presenza di un’unica
struttura tettonica capace e attiva che si estende da nord a sud su tutto il versante orientale
del territorio comunale e che, con andamento arcuato, si ricollega, a sud-est, con la faglia di
Nizzeti che ne lambisce il confine. Inoltre dalla rivisitazione delle strutture segnalate sul
database Ithaca (Italy Hazard From Capable faults), che riporta almeno 9 faglie attive nei
dintorni di Valverde impostate associando la genesi di tutte le scarpate morfologiche alla
presenza di una faglia attiva e capace, le faglie del centro urbano fino alla zona di Carminello
sono state assimilate a scarpate morfologiche di “natura erosionale, orli di erosione di colate
reincise e in arretramento parallelo per scalzamento alla base”.
L’originalità del presente studio rispetto alla letteratura recente e non, sopra riportata, per
le porzioni meridionale ed orientale del territorio comunale, che nasce dall’acquisizione ed
interpretazione di tutte le indagini raccolte, è data dal:

rinvenimento di due ulteriori dislocazioni tettoniche con direzione NE-SW e NW- SE nella
porzione ad est del centro abitato, che possono essere considerate come la risposta
strutturale nel blocco ribassato dell’importante sistema tettonico della Timpa di Valverde
alla base di via Caramme o la prosecuzione della “faglia di Nizzeti” che qui lambirebbe il
territorio comunale, in perfetto accordo con il trend strutturale dell’area osservabile
anche nel limitrofo territorio comunale di Acicatena (TAV. 2).

Rinvenimento di una dislocazione tettonica sepolta ma riattivabile con direzione ENESSW tra via Fontana e Crocifisso Nizzeti, che mette in contatto le argille con le lave pretirreniane e che ribassa ulteriormente il tetto del substrato argilloso di circa 10 m come
si evince dalle differenze di quote nei sondaggi effettuati ai due lati della struttura ad
esempio tra i sondaggi S13-S12, S13-S17 nella zona di Crocifisso Nizzeti ed evidenziata
dalla sezione elettrotomografia ERT06 (TAV. 1.4).
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
L’esclusione della presenza di una dislocazione tettonica con direzione NW-SE nel tratto
compreso tra via Vecchia Fontana e il limite comunale di SE che si congiungerebbe con
la faglia di Nizzeti.

Confrontando le quote di rinvenimento delle argille nei sondaggi S9, S10, S11, S13,
nelle sezioni elettrotomografiche ERT 03, ERT 04 ed ERT 06 e le quote delle sorgenti
Dionisio e Casalrosato, è stata identificata la quota del CONTATTO STRATIGRAFICO
NORMALE lave-argille tra 311 e 287 m s.l.m. Si evince dunque che spostandosi da sud
verso nord del versante orientale, il contatto lave-argille si mantiene perlopiù costante e
compatibile con la sua vergenza verso E mediamente del 15%, fino al punto in cui, a
causa della combinazione e somma di rigetti importanti tra il Sistema della Timpa di
Valverde e la faglia di Nizzeti (TAV. 1.3), le argille si rinvengono a quote inferiori ai 250
m s.l.m (cfr. S1, ERT 01, ERT 02). Ciò ad avvalorare la tesi che il rigetto del Sistema
della Timpa di Valverde, identificata fino a monte della Sorgente Dionisio al confine con
la località Fontana, si esaurisca appunto in tale zona oltre la quale, verso sud, si
rinviene un contatto stratigrafico normale lave pretirreniane-argille a quota pressoché
costante.
3. INQUADRAMENTO GEOLOGICO-STRUTTURALE
Dall'esame critico della letteratura esistente, dal rilievo di dettaglio eseguito sui luoghi e
dai risultati delle indagini geognostiche realizzate, si evince che nell'area estesa affiorano
terreni che, sotto il profilo geologico-strutturale, rientrano tutti nel complesso vulcanostratigrafico etneo, costituito da lave e materiali vulcanoclastici e piroclastici sovrapposti ad un
basamento sedimentario preetneo di età infra-medio pleistocenica affiorante laddove non è
stato ricoperto dalla successiva messa in posto delle colate laviche avvenuta in epoche
comprese tra il Pleistocene sup. e il Mongibello recente (TAVV. 1 E TAV. 2).
Sulla base delle risultanze delle indagini geognostiche condotte nel 2011 e 2013 (vd. ALL:
B) è stato rivisto il quadro geologico-strutturale proposto nello studio del 2008 che aveva
ovviamente risentito della carenza di dati vulcano-stratigrafici ed era stato condizionato dalla
legenda proposta nella “Carta Geologica del Monte Etna” alla scala 1:50.000 (AA.VV., 1979),
che, come riportato anche in Catalano e Tortorici (2010) “ha posto anche pesanti vincoli
interpretativi non sempre applicabili in tutte le singole realtà territoriali”, specie in riferimento
ai singoli orizzonti piroclastici ed epiclastici presenti tra le diverse colate.
La stratigrafia riportata nelle TAVV. 1 fa riferimento alle unità litostratigrafiche distinte
nella “Carta geologica del Vulcano Etna di Branca, Coltelli, Groppelli e Lentini” (2011), che
possono essere suddivise in due grandi gruppi:
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- il primo, di età pre-tirreniana, comprende le unità delle argille marnose grigio-azzurre preetnee, il complesso vulcanico delle Timpe - Formazione Valverde, i depositi detritici definiti
come “Paleofrana” e le Tufiti rosso-brune rimaneggiate;
- il secondo, di età post-tirreniana, comprende il Complesso delle vulcaniti del Mongibello
antico e recente, ovvero le vulcaniti dell’Ellittico e il Complesso delle lave del Mongibello
recente, e le coperture detritiche oloceniche e recenti.
Per i dettagli sui rapporti litostratigrafici e le caratteristiche litologiche dei terreni rilevati
si rimanda all’All. A.
3.1 DEFINIZIONE DEL MODELLO GEOLOGICO DELL’AREA ORIENTALE E MERIDIONALE
DEL TERRITORIO COMUNALE
Nella zona oggetto di studio compresa tra l’Eremo di S. Anna (area di NE del territorio
comunale) e la via Crocifisso Nizzeti (area di S-SE), si possono individuare cinque aree con
caratteristiche geomorfologiche differenti.
 Nella prima area, situata nella porzione di NE del territorio comunale e precisamente nel
tratto di versante compreso tra l'Eremo di S. Anna e il centro abitato di Valverde, (TAVV. 1. 1 1.3), si rileva la presenza di un sistema tettonico, considerato come il naturale prolungamento
verso Sud della “Timpa di Acicatena”, qui denominato Sistema della Timpa di Valverde,
dato da faglie dirette con direzione NNE-SSW che ribassano verso Est il versante orientale
determinando un dislivello medio di circa 20 metri. Si tratta delle dislocazioni osservabili
immediatamente ad Est delle vie Caramme – S. Anna, che interessano il Complesso vulcanico
delle Timpe e le Lave recenti. Il sistema presenta estensione lineare stimabile in superficie di
circa 1.400 metri e un rigetto stimabile al letto delle lave recenti di circa 15 metri (vd. Sez. AA’ - TAV. 1.3). Tale sistema è riportato in letteratura e mostra un’attività che si manifesta
prevalentemente con fenomeni di creep asismico le cui evidenze sono osservabili su via
Caramme.
Alla faglia principale del suddetto sistema (indicata in letteratura come Faglia di
Valverde (foglio geologico 634 “Catania” AA.VV., 2009 e Monaco et al., 2010) sono
direttamente associate altre strutture tettoniche facenti parte del suddetto sistema, una con
direzione circa NNE-SSW che ribassa ulteriormente il versante verso Est e l’altra, avente
direzione NNE-SSW, antitetica alla principale e che insieme a quest’ultima crea un graben.
Quest’area depressa, essendo stata colmata con materiali di risulta, non mostra allo stato di
fatto un particolare dislivello rispetto al lato rialzato della struttura (circa 3 metri) e si presenta
oggi ad una quota maggiore di quella reale.
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La presenza di tale sistema, dato principalmente da faglie dirette che mostrano direzioni
compatibili con quelle che interessano più in generale la Sicilia orientale (N-S e NW-SE)
testimonia il trend evolutivo dell’area estesa interessata da un lento ma progressivo
sollevamento e da processi distensivi lungo il versante.
Al Sistema della Timpa di Valverde, diversamente da quello della Timpa di Acicatena,
non è associata nessuna struttura sismogenetica ma solo strutture geologicamente attive; si
tratta infatti di un sistema che, come già detto, risente di fenomeni di creep asismico e dunque
ad essi si attribuiscono gli effetti dei movimenti recenti ed attuali registrati lungo tali strutture.
Peraltro si pone in rilievo che le strutture sismogenetiche associate al sistema della Timpa di
Acicatena si localizzano nella sua porzione Nord, ovvero al confine con il comune di Acireale.
Immediatamente ad E del sistema tettonico sopra descritto, sono state individuate con
indagini geognostiche dirette e indirette (S1 - ERT01 ed ERT02) due dislocazioni tettoniche con
direzione NW-SE e NE-SW non riportate nel nostro studio del 2008 per mancanza di dati
oggettivi. Tali dislocazioni, che possono essere considerate o come il prolungamento della faglia
di Nizzeti che costeggia il territorio comunale di Valverde nel suo limite sud-orientale e che in
questa area lambirebbe il territorio comunale per poi proseguire immediatamente ad E
dell’Eremo di S. Anna (TAV. 2), o come due strutture che, ricalcando la stessa direzione di
quelle più a monte prima descritte, potrebbero costituire la risposta sul blocco ribassato dei
movimenti del suddetto sistema tettonico.
Come si osserva nella sez. A-A’ (TAV. 1.3), ricostruita sulla base della sezione
elettrotomografica ERT01 e della perforazione S1 (ALL. B), la dislocazione con direzione NW-SE
mostra un rigetto al letto delle lave recenti di 8-9 metri, compatibile con quello rilevato in
territorio comunale di Acicatena nella scarpata a valle dell’Eremo di S. Anna.
Nella sez. B-B’, ricostruita sulla base della sezione elettrotomografica ERT02 (ALL. B), la
dislocazione con direzione NE-SW mostra un rigetto medio di circa 4 metri al tetto delle
Vulcaniti delle timpe e le Argille mostrano un rigetto al tetto di circa 10 metri.
L’area è interamente costituita da terreni di origine vulcanica riferibili in affioramento alle
Vulcaniti delle Timpe e al Complesso delle vulcaniti del Mongibello recente (TAV. 1.3 e TAV. 2).
La successione
vulcanica mostra in quest’area degli
spessori
sul
substrato argilloso
complessivamente maggiori rispetto a quelli rinvenuti nelle aree più meridionali (via Fontana e
Crocifisso – Nizzeti) che non sono state raggiunte dalle colate più recenti. Mentre infatti in zona
Fontana e Crocifisso – Nizzeti (TAV. 1.4) le argille sono affioranti (S10 ed S13), o si rinvengono
sotto modeste coperture detritiche o terrazzi tufitici (S11), o sotto coperture di origine
vulcanica di spessore variabile, compreso tra 9 metri (S20) e 24 metri (S19), in quest’area
posta più a Nord le argille si rinvengono a profondità maggiori che arrivano fino a circa 80
metri dal p.c. nella zona dove è stata eseguita la tomografia ERT 01. Anche durante il
sondaggio S1 infatti, seppur spinto fino a 59 metri di profondità dal p.c., sono stati rinvenuti
soltanto terreni afferenti alla copertura vulcanica e precisamente alle colate laviche recenti fino
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a 26.50 metri, a cui seguono le vulcaniti dell’Ellittico fino a 33 metri per continuare fino a fondo
foro con le vulcaniti lapidee fratturate e le tufiti della Formazione di Valverde (TAV. 1.3). La
spiegazione di queste differenze di quote di rinvenimento delle argille tra la porzione di NE e
quella di SE può essere trovata nell’intervento della sommatoria di rigetti importanti quali quelli
del Sistema della Timpa di Valverde e della faglia di Nizzeti.
 La seconda area, ubicata a monte di Via Fontana, è caratterizzata dalla presenza di
argille marnose grigio- azzurre che, per i primi metri dal p.c. si presentano alterate, di colore
paglierino e sono ricoperte da una discontinua coltre detritica potente pochi metri. Nel
complesso il pendio si presenza abbastanza uniforme, con pendenze dell’ordine di 10°-15°, ad
esclusione dell’area compresa tra la Pizzeria Casalrosato, Via Rapisarda e Via Fontana, che si
presenta perfettamente pianeggiante, rappresentando un vecchio terrazzamento marino. Non
si osservano nell’area fenomeni franosi che possano avere interessato anche solo parzialmente
il versante in questione.
 La terza area, e precisamente quella a SE della struttura tettonica sepolta individuata
con la nuova campagna di indagini 2011, avente direzione NE-SW, è caratterizzata dalla
presenza di due superfici sub-pianeggianti, con leggera pendenza verso E-SE. Le due superfici
sono delimitate da un stretta fascia, più acclive, che corre parallelamente immediatamente ad
ovest della strada provinciale Via Fontana
- Crocefisso Nizzeti, in parte modificata
dall'intervento antropico. In questa area affiorano terreni vulcanici, costituiti da colate laviche
lapidee attribuibili alle vulcaniti pleistoceniche ricoperte da un orizzonte discontinuo e con
spessori variabili, attribuibile a depositi tufitici. Queste due superfici sono state interpretate
come antiche superfici di abrasione marina, in parte modificate da processi erosivi riferibili
all’azione degli agenti esogeni.
 La quarta area mostra la presenza di crinali, con direzione NW-SE ubicati ad ovest del
tratto terminale della strada provinciale Via Fontana - Crocifisso Nizzeti. Detti crinali
presentano versanti molto acclivi, talvolta con pareti sub-verticali costituite prevalentemente
da bancate laviche lapidee, ampiamente fessurate e fratturate, attribuibili alle vulcaniti della
Formazione Valverde, costituite spesso da grossi blocchi, talvolta con volumi superiori a 10 m3
in equilibrio da instabile a metastabile. Numerosi blocchi, anche di notevoli dimensioni, si
rinvengono dispersi e talvolta immersi nel detrito di versante e nei depositi tufitici.
 La quinta ed ultima area, ubicata a S del territorio comunale, risulta essere quella a
valle della scarpata ad anfiteatro in località Monte d’Oro - Casalrosato, dove si rileva la
presenza di una paleofrana che maschera il limite tra le Vulcaniti pleistoceniche e le sottostanti
Argille grigio-azzurre, caratterizzata dalla presenza di blocchi di origine vulcanica riferibili alle
vulcaniti pleistoceniche, di dimensioni svariate e giacitura caotica, immersi in una matrice fine.
In seguito al distacco dalle pareti lapidee fratturate presenti a monte, i blocchi, dopo aver
percorso un tragitto più o meno lungo si sono arrestati e ammucchiati in maniera confusa alla
base del versante e si rinvengono immersi in una matrice tufitico-argillosa a granulometria
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sabbioso-limosa, molto rimaneggiata. Il franamento può essersi verificato improvvisamente o
gradualmente, o verosimilmente in più episodi.
Si tratta dunque di un deposito antico costituito dai prodotti del dissesto che hanno
interessato sia le vulcaniti pleistoceniche che le argille dopo la messa in posto delle prime sulle
seconde ed è dunque riferibile al Pleistocene superiore.
Dopo la caduta e l’accumulo dello stesso alla base della scarpata, gli agenti esogeni
hanno operato vari processi di degradazione chimico-fisica, producendo, sulla sommità del
corpo di frana, un deposito superficiale di spessore max pari a 2.5 - 3 metri, di età recente,
costituito da un detrito a granulometria fine alterato.
4 INTERPRETAZIONE DEI DATI GEOGNOSTICI IN CHIAVE GEOLOGICO-STRUTTURALE
IN RISPOSTA ALLA NOTA DEL GENIO CIVILE DI CATANIA PROT. N° 33385 DEL
19.09.2011
Dall’analisi dell’ALL. A (TAVV. 1 e TAV. 2) e dei risultati delle indagini geognostiche
riportate nell’ALL. B, nascono le seguenti considerazioni sulla nota prot. N° 08440 del
09/03/2009 del Genio Civile di Catania nei punti da 6 a 15, come richiesto dalla nota dello
stesso ente prot. n° 33385 del 19.09.2011.
Punto 6  Il detrito di versante che ricopre pressoché interamente l’area posta a valle di
via Fontana, essendo il risultato dello smantellamento dei terreni affioranti a monte del
versante ad opera delle azioni chimiche e fisiche degli agenti esogeni e del loro accumulo alla
base del versante, è costituito da elementi vulcanici a spigoli vivi di dimensioni da millimetriche
a centimetriche, immersi in una matrice fine di natura argilloso-sabbiosa. Nella sua porzione
più a sud, ovvero nell’area di Crocifisso-Nizzeti, si rileva la presenza di grossi blocchi di natura
vulcanica di dimensioni spesso metriche immersi in una matrice a granulometria fine, blocchi
che invece non si rilevano più spostandosi verso nord, dove il deposito è prevalentemente
detritico con piccoli inclusi vulcanici.
Il detrito di versante è stato rinvenuto nei sondaggi S14 ed S20, con spessori compresi
tra 3 e 5 metri ma è verosimile che esso abbia nella zona spessori molto variabili essendo
andato a ricoprire un substrato con una paleomorfologia abbastanza variabile. Tale detrito
ricopre sia i terreni vulcanici che i depositi argillosi, come si evince dall’interpretazione delle
tomografie elettriche e dalle sezioni geologiche D,E, F, G, H, I ed N riportare nella TAV. 1.4.
Per quanto riguarda invece il deposito a valle della scarpata di Monte d’Oro, definito come
“paleofrana a grossi blocchi” si tratta di un deposito antico (successivo alla deposizione delle
vulcaniti antiche sulle argille quindi pleistocenico) e stabile, costituito dall’accumulo dei prodotti
riferibili a diversi episodi franosi che hanno interessato l’area successivamente alla messa in
posto delle Vulcaniti delle timpe sulle Argille grigio-azzurre. Esso risulta costituito da blocchi di
origine vulcanica di dimensioni talora metriche e giacitura caotica, immersi in una matrice
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tufitico-argillosa ad elementi vulcanici con pezzatura variabile. Dopo il crollo e l’accumulo dello
stesso alla base della scarpata, gli agenti esogeni hanno operato sulla sua porzione superficiale
vari processi di degradazione chimico-fisica e rimaneggiamento. A seguito di ciò alla sommità
di tale deposito di frana si rinviene un detrito superficiale di spessore max pari a 2 – 2.5 metri,
di età recente, costituito da sabbie limose a granulometria fine con piccoli inclusi vulcanici.
Esso è stato rinvenuto in corrispondenza del sondaggio S15: da ciò si evince che in
corrispondenza della perforazione S15 lo spessore minimo del corpo di frana è pari a 13 metri,
spessore che diminuisce verosimilmente spostandosi verso Sud. Le carote prelevate, per
l’intera profondità del sondaggio, mostrano un’estrema variabilità e rimaneggiamento dei
terreni attraversati: si passa infatti da sabbie grossolane limose ad argille alterate, a tufiti
rimaneggiate, per ritornare nuovamente ad argille alterate, spesso con inclusi di origine
vulcanica di svariate dimensioni.
Punto 7  Mentre le analisi di stabilità riportate nello studio geologico allegato al PRG del
2008 potevano non avere “…. un supporto certo di rilievo stratigrafico e geotecnico poiché si
basano su pochi dati estrapolati senza tenere conto dell’estrema variabilità del versante…..”, le
analisi di stabilità eseguite in questa sede (ALL. C) si basano sui risultati di una fitta maglia di
indagini geognostiche che hanno definito l’andamento del substrato sotto le coperture
detritiche in maniera univoca e precisa e hanno meglio definito le caratteristiche geotecniche
dei terreni oggetto di indagine. Inoltre dalle suddette risultanze non risulta la presenza di
superfici di discontinuità definite peraltro nella nota non come certe ma come “altamente
probabili”, “…..che tendono a guidare gli eventuali scivolamenti geomorfologici e che
determinano parametri residui di resistenza al taglio nei calcoli di stabilità dei versanti….”.
Ciò premesso le analisi sono state condotte considerando due modelli geotecnici di
sottosuolo caratterizzati da parametri meccanici cautelativi. I valori dei coefficienti sismici
relativi alla zona in esame sono stati determinati coerentemente alle prescrizioni delle norme
tecniche vigenti.
Le analisi di stabilità, effettuate esaminando sia le condizioni statiche che le condizioni
sismiche, sono state eseguite utilizzando il metodo di Morgernstern e Price che fa parte dei
metodi rigorosi dell’equilibrio limite e valutando le pressioni interstiziali lungo potenziali
superfici di scorrimento sulla base di una preventiva analisi di filtrazione stazionaria del pendio,
tarata sui dati di sito disponibili. Le condizioni sismiche sono state studiate mediante
l’approccio pseudo-statico, secondo cui l’azione sismica è rappresentata da un insieme di forze
proporzionali alla massa di terreno delimitata dalla potenziale superficie di scorrimento tramite
dei coefficienti sismici.
La componente verticale dell'accelerazione sismica è stata considerata agente sia in
direzione concorde che discorde con l’accelerazione gravitazionale, in modo da poter simulare
gli effetti più sfavorevoli per la stabilità del pendio. I risultati ottenuti in termini di coefficienti di
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sicurezza sono stati ricavati mediante l’ausilio di un codice di calcolo e sono i minimi coefficienti
di sicurezza ottenuti dall’analisi di circa 5000 possibili superfici di scorrimento (All. C).
Alla luce delle osservazioni compiute e dei risultati ottenuti dalle analisi di stabilità l’area
oggetto di approfondimento si presenta stabile in quanto il fattore di sicurezza risulta sempre
ampiamente maggiore dell’unità. E’ chiaro che i valori di Fs ottenuti dalle verifiche di stabilità si
riferiscono allo stato di fatto e che dovranno essere ricalcolati qualora si impongano nuovi
carichi sul versante.
Inoltre, sempre nell’ALL. C, si riporta una verifica alla liquefazione dalla quale risulta che
a qualunque profondità, i valori del fattore di sicurezza alla liquefazione FL risultano sempre
superiori all’unità e pertanto per il sito in esame si può escludere la probabilità di collasso del
deposito di terreni granulari per liquefazione.
Pertanto, dal punto di vista della stabilità geotecnica del sito non vi sono elementi che
giustifichino l’attuale limitazione dell’uso del suolo prevista dal vigente strumento urbanistico
nella porzione orientale e meridionale del territorio comunale, specie se si considera che la
finale destinazione d’uso del suolo risentirebbe comunque delle limitazioni imposte dalla zona
agricola E.
Punto 8  Nel presente studio sono state inserite tra le zone a pendenza ≥ 50 % alcune aree
a monte e a valle di via Fontana non riportate nello studio geologico allegato al P.R.G. del 2008
(TAVV. 4.3 e 4.4). Esse, quasi sempre ricoperte da detrito di versante, sono state definite
inedificabili per differenza di risposta sismica tra substrato e coperture detritiche e per
amplificazione topografica (TAVV. 9.3 e 9.4).
Punto 9  La scarpata a monte di via Vecchia Fontana, identificata come paleofalesia nel
nostro studio geologico del 2008 ma indicata come il riflesso morfologico di una struttura
tettonica ubicata a valle della scarpata nelle nota al punto 9 del Genio civile di Catania, si
identificherebbe come una scarpata di faglia con cinematismi normali che ribassa verso est e
con
un
rigetto
non
inferiore
a
quello
morfologico.
Considerato
che
le
faglie
sono
equidimensionali, una faglia che presenti anche pochi centimetri di rigetto in superficie deve
avere un rigetto via via maggiore al crescere della profondità. Ciò premesso, se la scarpata ad E
di via Fontana fosse il riflesso morfologico di una faglia con direzione circa N-S avremmo
dovuto trovare la sequenza stratigrafica rinvenuta in S8 rigettata di almeno 23 metri in S9
(dislivello di quota tra le due perforazioni – V.si sez. D - D’ TAV. 1.4).
Prendendo infatti come elemento geologico certo ed omologo, sia a monte che a valle
della scarpata, la superficie di erosione cha ha scolpito le argille del substrato preetneo e che
rappresenta la superficie di appoggio della sequenza piroclastica definita come tetto delle
argille, che in S9 si trova a circa 311 m s.l.m. (- 22,80 m dal p.c.) si possono fare le seguenti
considerazioni: essendo il dislivello di quota tra i due sondaggi S8 ed S9 pari a 23 metri (357-
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334 m), se vi fosse la faglia il tetto delle argille dovrebbe trovarsi, sul blocco sollevato, ovvero
in corrispondenza del sondaggio S8, ad una quota di 334 m s.l.m. (311 + 23) ovvero ad una
profondità di 23 metri dal p.c.; questa affermazione non è vera perché in S8 fino a 30,70 metri
di profondità ovvero fino a fondo foro (quota 326,30 m s.l.m.) si resta all’interno delle vulcaniti
e non si rinvengono le argille. Infatti la profondità stimata alla quale si dovrebbero rinvenire le
argille preetnee si valuta intorno a 40-45 metri dal p.c. in S8; tutto ciò fa escludere in maniera
categorica la presenza di una dislocazione alla base della scarpata in questione.
Quanto sinora affermato si basa inoltre sull’ipotesi che la superficie del tetto delle argille
sia orizzontale, cioè ponendosi nella situazione di massimo dislivello possibile del tetto delle
argille nei due sondaggi. In realtà la superficie del tetto delle argille ha vergenza verso mare,
con inclinazione variabile da pochi gradi a oltre 25°-30°, come confermato dagli studi geologici
sul versante orientale etneo; nello specifico si ritiene ragionevole attribuire ad essa una
pendenza media del 10% (5°-7°), mentre secondo i dati sia di superficie che di sottosuolo (ERT
04) la pendenza di tale superficie si attesta intorno al 15% (8°-10°). Riprendendo le
valutazioni sul rigetto delle argille, pur ipotizzando che le argille si fossero rinvenute in S8 non
a 40-45 m dal p.c. ma, ad appena 1 metro dal fondo foro quindi a circa 32 metri dal p.c., il
dislivello che si registrerebbe tra il tetto delle argille nei due sondaggi (S8 ed S9) sarebbe di 14
metri. Questo dislivello (considerando sempre la superficie del tetto delle argille come
orizzontale) è di fatto di gran lunga inferiore a quello morfologico che è di 23 metri e pertanto,
ancora una volta, si esclude la presenza di una faglia. Il sondaggio S9 ha inoltre evidenziato la
presenza di Argille grigio-azzurre già a quote alte (circa 311 metri s. l.m.) sotto una copertura
vulcanica di circa 23 metri. La presenza della “faglia di Nizzeti” alla base del versante in esame,
posta in corrispondenza del limite comunale orientale (TAV. 2), di lunghezza pari a circa 1 Km,
spiega il rinvenimento delle argille a quote così alte, mentre un'ipotetica struttura tettonica più
a monte (all'altezza di via Fontana) metterebbe a contatto due terreni che sono in
sovrapposizione stratigrafica normale e porrebbe sul lato ribassato della faglia il terreno più
antico. Le argille non potrebbero trovarsi a tali quote a seguito della presenza di una struttura
tettonica su via Fontana, nella quale peraltro esse si troverebbero sul blocco ribassato e non su
quello rialzato.
La sezione tomografica ERT 03 mostra infatti, per tutta la lunghezza dell’immagine
elettroresistiva e per una profondità di almeno 20 metri, la presenza di tre elettrostrati con
rapporti geometrici prevalentemente sub-orizzontali e regolarmente sovrapposti, facendo
escludere la presenza di variazioni laterali degli stessi, ad esclusione di elementi inglobati con
caratteristiche di resistività diverse che determinano unità resistive isolate e prive di continuità
laterale e verticale.
Si rileva l’assenza di orizzonti resistivi, tipici delle lave e delle brecce vulcanoclastiche,
nella parte bassa del versante. Ciò fa già escludere che le lave presenti e affioranti lungo la
scarpata a monte di via Fontana, che mostrano valori di resistività > di 650 Ω●m, siano
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presenti a valle della scarpata stessa. Se le lave fossero dislocate, si dovrebbero trovare sul
lato ribassato dell'ipotetica struttura tettonica le stesse lave che sono presenti a quota più alta,
con un dislivello tra i due blocchi non inferiore al dislivello morfologico. La stessa immagine
tomografica mette invece in risalto che, al disotto delle suddette vulcaniti, si rinviene un
orizzonte mediamente resistivo (valori di resistività compresi tra 70 e 650 Ω●m) che presenta
una continuità lungo tutta la sezione tomografica. Questo orizzonte non presenta valori di
resistività tipici delle lave ma di un materiale mediamente incoerente e comunque sciolto e non
lapideo come le lave affioranti lungo la scarpata. Inoltre, intorno all’elettrodo posto a 75 metri
rispetto allo zero, si rileva la presenza di materiale conduttivo (resistività < di 23 Ω●m), posto
ad una profondità di circa 20 metri dal p.c, che potrebbe riferirsi alle argille preetnee. Le
considerazioni sopra esposte fanno escludere la presenza di una struttura tettonica posta alla
base della scarpata di cui al punto 9 della nota del Genio Civile, mentre le manifestazioni lesive
dei manufatti di C.da Fontana e via Rapisarda sono da ricondurre a deformazioni gravitative
superficiali.
Non si hanno dunque evidenze stratigrafiche della presenza di strutture
tettoniche, ma solo un versante dove, l’acclività è determinata dalla dinamica dei processi
geodinamici che l’hanno interessato, e la presenza delle argille a quote alte è attribuibile alla
“faglia di Nizzeti” ubicata alla base del versante.
punto 10  “Le faglie attive con creep asismico che si manifestano inequivocabilmente lungo
la via Fontana …….e che si raccordano verosimilmente con altre discontinuità tettoniche che
tagliano la via Rapisarda” di cui al punto 10 della nota del Genio Civile sono state riportate e
cartografate nella TAV 1.4 e in TAV. 2 come due fratture da creep asismico presumibilmente
legate alla presenza di una struttura tettonica sepolta con direzione NE-SW osservabile nella
sezione elettrotomografica ERT 06 e nelle risultanze dei sondaggi S11-S14.
La tomografia ERT06 infatti, di lunghezza pari a circa 200 m e profondità di
investigazione di circa 40 m, può essere distintamente suddivisa in due parti che presentano
caratteristiche completamente diverse:
- nella prima parte, che comprende un tratto lungo 140 m a partire da sud, è possibile
individuare la presenza, ad esclusione dello strato più superficiale, discontinuo e con spessore
assai variabile fino a massimo 4 m, di due principali elettrostrati, con rapporti geometrici suborizzontali, regolarmente sovrapposti e giustapposti. Il primo strato, più superficiale, presenta
valori molto alti di resistività pari a Log res. Ohm●m compresi tra 2,2 e >3.4 verosimilmente
riferibile a vulcaniti, mentre il secondo, sottostante al primo, presenta valori più bassi,
compresi tra 0,4 e 2,2;
- nella seconda parte, che comprende il tratto più settentrionale, lungo circa 60 m, si nota la
repentina scomparsa dello strato più resistivo, essendo presenti terreni che presentano una
resistività molto più bassa con valori di Log res. Ohm●m per lo più compresi tra 0,4 e 1,6.
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Se si confrontano i dati di resistività sopra riportati con i dati litostratistrafici ricavabili
dal sondaggio S17, si può senz’altro affermare che i valori di più alta resistività sono da riferire
alla sequenza vulcanica che caratterizza il primo tratto del sondaggio S17 fino ad una
profondità di 16,50 m, mentre i valori di più bassa resistività sono da riferire alle argille
marnose azzurre pre-etnee, che caratterizzano il tratto inferiore del sondaggio fino ad una
profondità di 24 m, che rappresenta il fondo foro.
E’ interessante notare come i terreni vulcanici, che presentano uno spessore costante,
scompaiano repentinamente con un passaggio laterale brusco a terreni con resistività più bassa
(ERT06), riferibile alle argille marnose azzurre pre-etnee, fenomeno dovuto, come detto in
precedenza, alla presenza della struttura tettonica con direzione NE-SW. Se si confrontano i
dati sopra riportati con i dati geologici e morfologici di superficie e con i dati ricavabili dai
sondaggi S10, S11 ed S13 caratterizzati dalla presenza di argille marnose, superficialmente
molto alterate, si ha la conferma, al di là di ogni ragionevole dubbio, della presenza della
struttura tettonica a direzione NE-SW tra via Fontana e Crocifisso Nizzeti. Questa struttura
spiegherebbe inoltre la convessità del versante a monte di via Fontana, ad W del ristorante
Casalrosato e il dislivello tra le quote e la profondità del tetto delle argille rinvenute in S13 ed
S17. Essa, con cinematismi di tipo prevalentemente normali e dell'ordine del metro,
presumibilmente non attiva in epoca recente e non nota in letteratura, è stata definita e
confermata con l'acquisizione di dati esclusivamente geognostici.
Punto 11  Per verificare che la presenza o meno della "…..cuspide morfologica collocata 100
metri a N di via Rapisarda" riportata al punto 11 della nota del Genio Civile sia riferibile
all’intersezione di due strutture tettoniche, è stata eseguita la tomografia ERT 03 proprio “a
cavallo” dell'ipotetica faglia che dovrebbe costituire, insieme a quella orientata NW-SE, la
“cuspide morfologica” di cui sopra. Essa invece in corrispondenza della sua intersezione con lo
stendimento tomografico ERT03 non mostra alcun dislivello in corrispondenza della superficie di
separazione tra la copertura e il substrato argilloso. La cuspide morfologica a N di via Rapisarda
è invece a nostro parere il risultato del sollevamento generato esclusivamente dalla faglia con
direzione NW-SE già riportata nello studio a supporto del P.R.G. del 1996. Infatti, in qualunque
versante acclive come quello in oggetto, interessato da una struttura tettonica che lo interseca
con tale orientamento si sarebbe generata una cuspide, ma la scarpata immediatamente ad E
della faglia di cui in oggetto non è, come già detto, di origine tettonica ma geomorfologica: si
tratta infatti di una paleofalesia che presenta alla base una spianata di abrasione e la
morfologia del versante oggi osservabile è perfettamente congruente con la dinamica che l’ha
generata senza dover ricorrere, per spiegarne la genesi, ad un controllo tettonico. Per le
considerazioni del caso vale quanto riportato al punto 9.
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Prendendo inoltre in esame la tomografia elettrica ERT 04 che si colloca a valle di quella
prima descritta, ovvero in prossimità del ristorante - pizzeria Casalrosato, si nota come essa
metta in evidenza la presenza di due elettrostrati e precisamente un substrato conduttore con
valori di resistività < di 23●Ωx m e una modesta copertura con resistività maggiore e compresa
nell’intervallo del range di resistività registrato dall’orizzonte a resistività media della
tomografia ERT 03 prima descritta. Dunque, in ERT 04, al di sotto di una copertura detritica
con valori di resistività variabile, si rinvengono terreni con resistività molto bassa, attribuibili
alle Argille-marnose azzurre. Le resistività misurate dalle due tomografie sono perfettamente
correlabili mostrando ancora, per gli elettrostrati evidenziati, un appoggio alquanto regolare di
sovrapposizione e giustapposizione.
punto 12  in questo punto della nota del Genio Civile si afferma la presenza di una struttura
tettonica che rappresenterebbe il prolungamento della “nota faglia con creep asismico” riportata
nello studio del Dipartimento Regionale della Protezione Civile e tratta dalle mappe in scala
1:10.000 allegate agli “Studi di Microzonazione sismica nei comuni colpiti dagli eventi sismici dei
mesi di ottobre, novembre e dicembre 2002 (0.P.C.M. n° 3278\2003)”. Si tratta di una frattura,
verosimilmente connessa alla "faglia di Nizzeti", che interessa il territorio comunale di Acicatena
(“Perimetrazione speditiva delle aree di fatturazione al suolo nel territorio del comune di
Acicatena”) ma che con la sua area di rispetto lambisce il margine SE del territorio comunale di
Valverde. A giudizio dell’Ufficio del Genio Civile le deformazioni del manto stradale della suddetta
strada sono da imputarsi alla presenza di detta struttura tettonica che interesserebbe il territorio
comunale nella sua porzione di SE parallelamente alla strada che congiunge la via Fontana con la
via Nizzeti. Premesso che di tale struttura non ci sono evidenze morfologiche nell’area ne si
osservano lesioni sui manufatti, dall’osservazione delle perforazioni di sondaggio S12, S17, S18
ed S19, ubicate a monte e a valle della presunta dislocazione tettonica, si evince che la quota del
tetto delle argille è sempre perfettamente correlabile e in perfetto accordo con la vergenza media
verso E delle argille di circa il 15% e pertanto se ne esclude la presenza. Le perforazioni hanno
infatti messo in evidenza la presenza di argille grigio-azzurre su cui poggia un corpo lavico
riferibile alle lave pleistoceniche, sul quale poggiano infine dei terrazzi costituiti da tufiti
rimaneggiate e dove, proprio in corrispondenza del tratto stradale interessato da deformazioni,
c’è un deposito colluviale che fa da raccordo tra i terrazzi. Dall’osservazione delle sezioni G-G’, II’ ed N-N’ (TAV. 1.4) si evince poi come non ci siano discontinuità o variazioni laterali tra i terreni
rinvenuti e come si tratti invece di un appoggio stratigrafico normale. Pertanto si esclude ancora
una volta la presenza di strutture tettoniche che interessino quest’area e si ribadisce che
le deformazioni del manto stradale sono da addebitarsi verosimilmente a lenti movimenti del
deposito detritico (creeping) o più semplicemente a cattiva esecuzione dei lavori relativi alla
strada di cui in oggetto.
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punto 13  Per quanto attiene al punto 13 della nota del Genio Civile, riferito alla presenza di
“strutture tettoniche non rilevate a nord del Torrente Settepani”, si riporta quanto segue:
sono state eseguite in quest’area indagini geognostiche di tipo diretto, ovvero la perforazione
di sondaggio S1, e indiretto ovvero n° 2 tomografie elettriche ERT01 ed ERT02 e n° 9 misure
del rumore sismico (microtremori HVSR 1-9). La perforazione di sondaggio S1, spinta fino a 59
metri di prof. dal p.c., ha mostrato esclusivamente la presenza di una successione di prodotti di
origine vulcanica afferenti, procedendo dal p.c. fino a fondo foro, alle unità delle colate laviche
del Mongibello recente date da lave lapidee da molto bollose a massive (da 0 a 26.50 metri),
cui seguono vulcanoclastici brune con inclusi lapidei afferenti alle vulcaniti dell’Ellittico fino a
33.20 metri di prof., per finire con vulcaniti lapidee e tufiti afferenti alla Formazione Valverde
fino a fondo foro (TAV. 1.3 - Sez. A-A’).
La perforazione S1 ha fatto da taratura ai valori di resistività registrati dalla vicina
tomografia elettrica ERT 01 che ha raggiunto una profondità di investigazione pari a 78 metri.
Essa mostra un sottosuolo dato dalla sovrapposizione di un complesso resistivo costituito da
una successione di terreni di origine vulcanica dato da lave lapidee bollose da poco a molto
fratturate e tufiti su un terreno conduttivo verosimilmente identificabile con le argille.
Generalmente i terreni alto resistivi (lapidei) risultano essere molto discontinui, caratteristica
dovuta all’alto grado di fratturazione e testimoniato anche dalla frequente presenza di vuoti
riscontrata durante il sondaggio S1. Si riscontra inoltre una marcata discontinuità lateroverticale tra 40 e 70 metri dall’origine dello stendimento con un netto passaggio tra terreni
alto-resistivi a terreni conduttivi. Anche le misure del rumore sismico registrate in prossimità
della tomografia ERT 01, variabili da 0.38 Hz a 3.6 Hz, hanno mostrato un pattern di
polarizzazione con una stretta distribuzione e una polarizzazione che si dispone da NW-SE a
WNW-ESE e ESE-WNW (HVSR 1-6).
La tomografia elettrica ERT 02 ha raggiunto una profondità di investigazione pari a 35
metri e anch’essa come la prima mostra un sottosuolo dato dalla sovrapposizione di un
complesso resistivo costituito da terreni di origine vulcanica dato da lave lapidee bollose da
poco a molto fratturate (alto-resistivo) e tufiti (medio-resistivo) su un terreno conduttivo
verosimilmente identificabile con le argille. Il carattere di maggiore discontinuità del blocco
resistivo si riscontra lungo la ERT 2 alla distanza di 72 metri dall’origine.
I risultati ottenuti dalle misure di rumore sismico HVSR 7-9 eseguite in prossimità della
tomografia ERT02, mostrano un effetto di amplificazione a bassa frequenza e centrato a 0.34
Hz presente in tutti i punti di misura senza particolari fenomeni di direzionalità e un pattern di
polarizzazione con una stretta distribuzione e una polarizzazione che si dispone da NW-SE
passando dal punto HVSR7 ad HVSR9
Sulla scorta di tali risultanze sono state individuate due dislocazioni tettoniche con
direzione NW-SE e NE-SW non riportate nel nostro studio del 2008 per mancanza di dati
oggettivi. Tali dislocazioni, che possono essere considerate o come il prolungamento della faglia
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di Nizzeti che costeggia il territorio comunale di Valverde nel suo limite sud-orientale e che in
questa area lambirebbe il territorio comunale per poi proseguire immediatamente ad E
dell’Eremo di S. Anna (TAV. 2), o come due strutture che, ricalcando la stessa direzione di
quelle più a monte prime descritte, potrebbero costituire la risposta sul blocco ribassato dei
movimenti del Sistema tettonico della Timpa di Valverde.
Come si osserva nella sez. A-A’ (TAV. 1.3), ricostruita sulla base della sezione
elettrotomografica ERT01 e della perforazione S1 (ALL. B), la dislocazione con direzione NW-SE
mostra un rigetto al letto delle lave recenti di 8-9 metri, compatibile con quello rilevato in
territorio comunale di Acicatena nella scarpata a valle dell’Eremo di S. Anna.
Nella sez. B-B’, ricostruita sulla base della sezione elettrotomografica ERT02 (ALL. B), la
dislocazione con direzione NE-SW mostra un rigetto medio di circa 4 metri al tetto delle
Vulcaniti delle timpe e le Argille, nella porzione finale dello stendimento, si rinvengono rialzate
di circa 20 metri.
Punto 14  A premessa della risposta al punto 14 della nota del Genio Civile si richiamano
alcuni concetti ampiamente conosciuti ma che servono da premessa alle successive conclusioni.
Per faglia “attiva” si intende una faglia lungo la quale, nel prossimo futuro, si possono
verificare movimenti di origine tettonica e che si è rotta almeno una volta negli ultimi 40.000
anni (limite inferiore certo delle datazioni radiometriche).
Una faglia inoltre è definita “sismicamente attiva” se in corrispondenza di essa è
documentata
una
sismicità
tale
da
dimostrare
un’attività
della
stessa;
mentre
è
“geologicamente attiva” se è soggetta ad un regime di sforzi tettonici tali da rendere possibili
movimenti in corrispondenza o in prossimità della faglia stessa, compresi quelli con
caratteristiche di creep asismico.
Pertanto una faglia sismicamente attiva, legata quindi alla fascia sismogenetica, e in
corrispondenza della quale si producono movimenti, è sempre anche geologicamente attiva,
mentre il fatto che una faglia sia attiva geologicamente non include che lo sia anche
sismicamente.
La fagliazione superficiale con fenomeni di rottura e deformazione del terreno può
avvenire sia con spostamenti rapidi del terreno, che si manifestano in fase cosismica, sia con
fenomeni di lento scorrimento dovuti a creep. In realtà il comportamento delle faglie è spesso
di tipo complesso ed è dato dalla sovrapposizione nel tempo dei due tipi di movimento, ad es.
lenti movimenti postsismici di creep (che possono durare da pochi giorni a decenni) a seguito
di uno spostamento a scatto in fase cosismica.
Pertanto, risultando spesso poco conosciuto il comportamento delle faglie e la sua
evoluzione nel tempo, si preferisce usare il termine di "faglia capace", intendendo per essa una
faglia dove evidenze storiche e geologiche permettono di ritenere probabili significativi
spostamenti in un prossimo futuro. Una faglia attiva è detta capace se raggiunge la superficie
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producendo una frattura del terreno; l’andamento di questa rottura in superficie è la traccia
superficiale della faglia. Al fine di delimitare con precisione e limitare l’ampiezza del setback,
l’andamento della faglia dovrebbe essere tracciato con il massimo dettaglio evitando
interpolazioni di punti di osservazione diretta (trincee, affioramenti) e/o indiretta (indizi
morfologici, scarpate, dati geofisici) eccessivamente distanti tra loro (max 50 m).
Un elemento comune a tutte le faglie rilevate nell'area in esame è che esse sono di tipo
intraformazionale o comunque interessano sempre vulcaniti, litotipo che non si presta a
considerazioni di carattere stratigrafico a piccola scala, e quindi talvolta la loro individuazione
risulta difficoltosa seguendo le classiche regole del rilevamento geostratigrafico.
Dall’analisi della letteratura esistente, il territorio comunale di Valverde non risulta essere
mai stato sede epicentrale di terremoti ma ha soltanto risentito degli effetti causati da eventi
sismici che si sono originati in aree limitrofe.
Pertanto tutte le faglie riportate nel presente studio geologico non sono “sismicamente
attive” ma possono essere definite come “faglie geologicamente attivabili” in quanto sede
di possibili movimenti provocati da deformazioni della copertura, e "faglie capaci" ovvero
lungo le quali si ritengono probabili significativi spostamenti in un prossimo futuro a seguito del
risentimento di eventi sismici in aree vicine e/o di fenomeni di lento scorrimento dovuti a
creep.
Nell’area di stretto interesse molto spesso non è possibile rilevare l’area di deformazione
da disturbo tettonico delle faglie in quanto questi elementi possono essere rilevati con
sufficiente
certezza
solo
in
corrispondenza
di
manufatti
e
difficilmente
lo
sono
in
corrispondenza di aree coltivate spesso abbandonate e inaccessibili e/o ricoperte da coperture
detritiche talvolta di notevole spessore.
Tutto ciò premesso, per quanto riguarda la fascia di inedificabilità a cavallo delle faglie,
considerato che la normativa italiana non riporta alcun indirizzo specifico per la mitigazione del
rischio di fagliazione superficiale, l'unico riferimento viene fornito nei "Criteri di valutazione a
proposito dell'edificabilità dei suoli in zona sismica" del Servizio Geologico d'Italia, nei quali si
trovano delle valutazioni atte a definire i requisiti minimi indispensabili per esprimere parere in
base all'art. 13 della Legge 2-2-1974 n. 64: esso riporta che ove si accerti un contatto tra
terreni diversi nelle immediate vicinanze del terreno di fondazione, specie se il contatto è di
origine tettonica, la distanza da tale contatto dovrebbe essere non inferiore a 10 metri.
E' chiaro che l'assenza di una normativa di riferimento porta all'adozione di criteri
cautelativi e soggettivi volti anche a sopperire al margine di errore in cui spesso si cade quando
si traccia una linea di faglia solo basandosi sulle evidenze morfologiche senza il supporto di dati
oggettivi.
Allo scopo di giungere alla definizione di fasce di inedificabilità scientificamente
supportate e non basate su un criterio cautelativo meramente soggettivo, visto che certamente
tali scelte si ripercuotono sull'incolumità pubblica ma anche su interessi pubblici e privati, si è
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presa in considerazione una pubblicazione riportata sul Bollettino dell'Ordine regionale dei
Geologi di Sicilia (N. 3 del 2006) dove il collega O. Barbagallo riporta il metodo da lui utilizzato,
in sede di studio geologico a supporto del PRG di Fiumefreddo (CT) per la definizione delle
fasce di rispetto di faglie normali attive. In esso si fa riferimento alla normativa utilizzata negli
Stati Uniti, paese nel quale si rileva la presenza di strutture tettoniche molto importanti e nel
quale esiste un’ampia bibliografia e leggi in merito all’argomento.
Tra le varie metodologie attenzionate si è scelta quella proposta dal Dipartimento dello
Utha Geological Survey, valido per faglie normali, dove nel calcolo entrano in gioco i seguenti
parametri:
1) rigetto atteso in caso di sisma;
2) geometria del piano di faglia;
3) profondità del piano di posa delle fondazioni;
4) un fattore critico "U" funzione dell'importanza, ai fini della pubblica incolumità, della
costruzione.
Il metodo messo a punto da Christenson et alii 2003 prevede un calcolo analitico
dell'ampiezza della fascia di rispetto minima applicando due formule diverse per il blocco
ribassato e per quello rialzato.
La valutazione dell'ampiezza della fascia di rispetto del blocco ribassato della faglia si
ottiene dalla formula:
S = U [2D + (F/tanΦ)]
dove:
S = ampiezza della fascia di inedificabilità (setbacks);
U = fattore critico basato sulla destinazione d'uso delle strutture da realizzare;
D = spostamento atteso in fase cosismica;
F = profondità massima del piano d'appoggio delle fondazioni o della porzione sotterranea
di un edificio, posta uguale a 3.5 m dal p.c.;
Φ = pendenza del piano di faglia valutata 70°.
Per il blocco rialzato la pendenza del piano di faglia e la profondità del piano d'appoggio
delle fondazioni sono irrilevanti in quanto esse non interferiranno mai con il piano di faglia.
L'ampiezza della fascia di inedificabilità pertanto sarà data dalla formula:
S = U (2D)
Volendo applicare tale approccio metodologico al Sistema della Timpa di Valverde, il più
importante presente nel territorio comunale di Valverde, lo si considera come il naturale
prolungamento del sistema della Timpa di Acicatena e, in via cautelativa e a favore della
sicurezza, come sismicamente attivo. Si ricorda che a questo sistema, diversamente da quello
della Timpa di Acicatena, non è associata nessuna struttura sismogenetica ed inoltre che le
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strutture sismogenetiche associate al sistema della Timpa di Acicatena si localizzano nella sua
porzione Nord, ovvero al confine con il comune di Acireale. Ciononostante, per la valutazione
del parametro D (spostamento atteso in fase cosismica), si farà riferimento al valore massimo
di magnitudo M = 4.1 registrata in occasione del terremoto del 1984 in corrispondenza del
sistema della timpa di Acicatena.
Secondo Grandori 1986 il rigetto R in superficie è legato deterministicamente alla
magnitudo del terremoto dalla seguente relazione:
log10 R = 0.534 M - 3.507
dove il rigetto R è espresso in metri.
Ponendo nella relazione M = 4.1 (il valore massimo di magnitudo registrata nel sistema
tettonico di riferimento) si ottiene un valore di R pari a 4.9 cm. In via estremamente
cautelativa il valore di D sarà posto pari a 1 metro, dunque al doppio di quanto ottenuto
dall'applicazione della suddetta formula. Il valore di D = 1.5 utilizzato nella pubblicazione [7]
non corrisponde infatti ai rigetti attesi in strutture del settore orientale etneo nemmeno
facendo riferimento a strutture tettoniche dove si sono registrate magnitudo molto maggiori di
quella considerata (ad es. la struttura di Moscarello - terremoto del 1818 - M = 6.2).
Per quanto riguarda il valore di U, anche qui con fare cautelativo e a favore della
sicurezza trattandosi di uno studio di pianificazione territoriale, esso è stato posto pari a 3
considerando dunque non edifici di tipo residenziale ma, secondo l'ICC, edifici di tipo strategico
ovvero di tipo H (alto rischio) e di tipo I (istituzionali) per i quali si prevedono più ampie fasce
di inedificabilità funzione del potenziale rischio.
Per quanto riguarda infine l'angolo Φ, ovvero la pendenza del piano di faglia, esso si
porrà cautelativamente pari a 70°, anche se si ritiene tale valore inferiore a quelli reali.
Applicando la relazione per la valutazione dell'ampiezza della fascia di inedificabilità S, si
ottiene pertanto un valore di 9.8 metri per il blocco ribassato e di 6 metri per il blocco rialzato.
Pertanto, nonostante l’aver considerato tutti i parametri con fare estremamente
cautelativo, ovvero:
1)
il sistema della Timpa di Valverde non è sismogenetico (e non lo è nessuna faglia
presente in territorio comunale di Valverde)
2)
il rigetto atteso a seguito di un evento sismico importante è di circa 0.50 metri
ed è stato invece posto pari a 1 metro, valore cautelativo visto peraltro che si
tratta di faglie geologicamente attive e non sismogenetiche;
3)
l’angolo Φ, ovvero la pendenza del piano di faglia, è stato posto pari a 70°
mentre è verosimilmente maggiore;
4)
si è posto U = 3, valore attribuito non a edifici di tipo residenziale ma a edifici di
tipo strategico per i quali si prevedono più ampie fasce di inedificabilità in
funzione del potenziale rischio;
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la fascia di inedificabilità risulta, sia nel caso del blocco ribassato che in quello del blocco
rialzato, inferiore a 10 metri.
Volendo adottare un approccio ancora più cautelativo per la mitigazione del
rischio di fagliazione superficiale onde sopperire all’indeterminatezza delle aree di
deformazione da disturbo tettonico, si definisce una fascia di rispetto di 15+15 metri solo
per le strutture tettoniche appartenenti al sistema della Timpa di S. Anna, mentre rimane
invariata la fascia di rispetto di 10+10 metri per le faglie del centro urbano.
Si evidenzia infine che, come si può osservare nelle TAVV. 9, la fascia di
inedificabilità data dalla sommatoria di tutte le situazioni di pericolosità o di rischio
riportate, risulta spesso maggiore dei 30 metri attribuiti come setbacks alle faglie in
oggetto.
Infine, per avere un quadro ancora più ampio e dettagliato di tutta l’area oggetto di
approfondimento è stata riesaminata anche l’area di Casalrosato – Crocifisso Nizzeti
considerando le risultanze delle tomografie ERT 07, ERT 08 ed ERT 09 correlate con i
sondaggi S16 ed S20.
La tomografia elettrica ERT 07 ha evidenziato una copertura, per il tratto che va dal
punto 0.0 fino a circa 100 metri, con spessore medio di circa 7 metri, una superficie
abbastanza regolare ad andamento sub-orizzontale e con valore di resistività > di 600 Ω ●m.
Questo elettrostrato, che poggia con un rapporto di sovrapposizione e giustapposizione, su un
substrato conduttivo (< 30 Ω●m), sviluppa alcuni
elementi
di
variazione laterale e
precisamente un passaggio a termini medio resistivi che si attestano attorno a 70 Ω ●m. Se si
confrontano i dati di resistività sopra riportati con i dati litostratistrafici ricavabili dai sondaggi
S16 ed S20, si può senz’altro affermare che i valori di più alta resistività, che si rilevano fino
all'elettrodo di 65 metri sono da riferire ai depositi detritici a grossi blocchi lavici (ben visibili in
affioramento), mentre l'elemento resistivo che si identifica nell'intervallo tra 65 metri e 100
metri si correla con un lembo della colata lavica rinvenuta nel sondaggio S16 e che poggia
direttamente sulle argille. Dopo l'elettrodo di 100 metri, la copertura è riconducibile alla
sequenza di colluvium e ceneri vulcaniche di caduta miste a brecce a granulometria medio fine, mentre i valori di più bassa resistività sono da riferire alle argille marnose azzurre preetnee, che caratterizzano il tratto inferiore del sondaggio fino a fondo foro.
La sezione tomografica ERT 08, come la precedente, presenta due principali
elettrostrati caratterizzati sempre da rapporti geometrici regolari di sovrapposizione e
giustapposizione, con andamento praticamente parallelo alla superficie topografica ovvero al
versante. Il primo elettrostrato con valore di resistività assai variabile (100->1000 Ω●m)
rappresenta, come evidenziato da S20, una copertura detritica a grossi blocchi (molto bene
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evidenziati nella tomografia), di spessore medio sempre intorno ai 6-7 metri che poggia su un
substrato conduttivo riconducibile alle argille azzurre pre-etnee. La sezione nel suo complesso
fa escludere la presenza di qualsivoglia struttura tettonica che solleva il substrato argilloso e
mostra invece, come già detto, un regolare appoggio di un deposito detritico di versante a
grossi blocchi lavici, presente ed affiorante a monte, che ricopre i termini argillosi che formano
il substrato. Le quote di rinvenimento delle argille nelle indagini geofisiche (ERT 09, RZ 03, S16
ed S20) confrontate con le quote di affioramento delle stesse ad Est, in località CrocifissoNizzeti, e in territorio di S. Gregorio ad Ovest, suggerisce nel settore meridionale dell’area in
esame la presenza di una paleomorfologia “a conca” del basamento sedimentario.
Successivamente alla messa in posto del fronte più avanzato delle Lave alcaline antiche
sulle Argille si sono verificate delle frane che hanno coinvolto sia il fronte delle colate
vulcaniche (frane da crollo) che le sottostanti argille (frane da colamento), generando, a
seguito di ripetuti episodi, il corpo di frana che oggi ricopre pressoché interamente il versante
meridionale dell’area in studio, mascherando il contatto stratigrafico tra le Argille e le Lave
alcaline antiche. Successivamente l’area è stata interessata da un generale sollevamento che
ha dato origine alla morfologia dell’attuale scarpata vulcanica di Monte d’Oro-Casalrosato.
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5. SISMICITA’ DELL’AREA DI INTERESSE
La Sicilia orientale costituisce una delle aree a maggiore rischio sismico del territorio
nazionale, nella quale si sono registrati, nel corso dei secoli, eventi che hanno raggiunto
intensità molto elevate. Essa rientra tra le zone con elevati valori di accelerazione di picco
(PGA), mentre l’intensità macrosismica è molto elevata e la probabilità di superare un’intensità
del VI/VII° MCS in 50 anni è elevata; in particolare si osserva una sismicità non frequente ma
con eventi massimi di tipo catastrofico. L’area in esame ricade nel quadro sismico della Sicilia
orientale, e risente delle connessioni geologico - strutturali che intercorrono tra l'Arco Calabro
Peloritano e la zona Iblea; le aree sismogenetiche che determinano la storia sismica della
provincia di Catania, e dunque del territorio comunale di Valverde, sono le seguenti:
- Zona Peritirrenica e Peloritani;
- Stretto di Messina;
- Zona Iblea;
La sismicità locale è invece da ricondursi a quella propria dell’area etnea. In prima
analisi essa è distinguibile in:
a)
sismicità di origine vulcanica;
b)
sismicità di origine tettonica.
La prima è in stretta relazione con l’attività magmatica, è circoscritta alle zone più alte
dell’apparato vulcanico e per queste sue peculiarità interessa poco o niente il territorio
comunale di Valverde.
Il secondo tipo di sismicità è caratterizzato, a sua volta, da due diverse attività, legate
principalmente alla profondità focale. Infatti gli eventi con profondità ipocentrale di alcuni Km
(circa 5 Km) interessano porzioni relativamente grandi di territorio ma con intensità di solito
non superiore al VI-VII grado della scala MCS. Gli eventi che invece presentano una bassa
profondità focale interessano piccole aree ma raggiungono elevate intensità con conseguente
esaltazione del danno, pur avendo valori di magnitudo relativamente modesti.
Nello specifico per il territorio comunale di Valverde, nel periodo compreso tra il 1693 e il
2008, la letteratura riporta valori di intensità massima risentiti compresi tra il VII e il X grado
MCS (9 e 11 gennaio 1693, 5/2/1783, 20/02/1818, 28/12/1908, 13/12/1990) che possono
essere dunque considerati i terremoti di riferimento (moto rispetto al quale si calcolano i fattori
di amplificazione) per valutazioni complessive della pericolosità sismica nel territorio comunale
di Valverde. Secondo le mappe di pericolosità sismica e per la sicurezza delle costruzioni
ordinarie è quello per cui, per un assegnato periodo di ritorno di 475 anni, la probabilità di
eccedenza del valore di PGA (accelerazione orizzontale massima del suolo) è del 10% in 50
anni.
Dai dati di letteratura si evince che il territorio comunale di Valverde non è mai stato sede
epicentrale di terremoti ma risente soltanto degli effetti di eventi verificatisi in aree vicine.
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Nel seguito si riporta una tabella riassuntiva degli eventi di maggiore intensità verificatasi
nelle aree sismogenetiche delle quali si risentono gli effetti nella provincia di Catania, risentiti a
Valverde con intensità max pari al VII°-X° MCS.
DATA
Ie
Zona epicentrale
IValverde
9.1.1693
VIII-XI
X
Val di Noto
11.01.1693
XI
VIII
Sicilia sud-orientale
5.2.1783
XI
VII-VIII
Calabria
20.2.1818
IX-X
VI-VII
Sicilia Orientale
28.12.1908
XI
VII-VIII
Calabro-Messinese
13.12.1990
VII
V-VI
Sicilia sud-orientale
Eventi di maggiore intensità risentiti a Valverde
Dall’osservazione che, eventi con epicentro sul medio e basso versante orientale del
vulcano, ipocentro superficiale (che hanno storicamente avuto gli effetti macrosismici più
elevati) e magnitudo circa 3.5, hanno determinato effetti pari al VI° grado in corrispondenza
dell’area epicentrale, e quelli con magnitudo M=3.8-4.1 effetti di intensità I=VII-VIII°, Azzaro
e Barbano (1997), sulla base di una statistica di eventi con effetti macrosismici dei quali è nota
la magnitudo e l’intensità, hanno proposto una relazione che lega le due grandezze. Nella
fattispecie la magnitudo macrosismica (Mm) per terremoti etnei, in particolare ubicati nei medi
e bassi versanti del vulcano, è pari a:
Mm = 0.37 (0.02) I0 + 1.14 (0.14)
anche se differenze significative possono presentarsi per i valori più elevati di I 0.. In base
a questa relazione è possibile effettuare la seguente correlazione tra magnitudo ed intensità
M
I0
3.0
5.0  0.6
3.5
6.4  0.6
4.0
7.8  0.8
4.5
9.1  0.8
Rapporto tra Magnitudo e Intensità
Ciò premesso, il periodo di ritorno calcolato col metodo statistico dei valori estremi di
Gumbel (1958) per gli eventi sismici con epicentro nell’area orientale etnea, tenendo presente
che per i valori più alti di magnitudo e di intervalli temporali il grado di attendibilità diminuisce
a causa della limitatezza dei corrispondenti dati a disposizione, risulta essere:
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INTERVALLO TEMPORALE (anni)
Mm*
Mm**
0.5
3
2.4±0.2
2.27
4
3.1±0.25
10.61
5
3.8±0.3
49.49
6
4.6±0.3
* valori di magnitudo macrosismica calcolati con la relazione Mm=0.5I0+1.35 (Cosentino e Lombardo, 1980)
** valori di magnitudo macrosismica ricalcolati con la relazione di Azzaro e Barbano (1997)
Sismicità storica
Il valore della magnitudo relativa a terremoti con epicentri non ubicati in aree etnee,
calcolata utilizzando il valore dell’intensità massima, deriva dalla seguente relazione:
Mm = Imax • 0,5 + 1,35 (Carbone et alii, 1982)
Questa diversità tra la relazione che lega l’intensità max alla magnitudo nel caso di
terremoti etnei rispetto a quella che invece si applica a terremoti con epicentro in altre zone,
nasce dai diversi meccanismi focali che caratterizzano gli eventi di cui si è già esposto. La
tabella sotto riportata mostra i valori di magnitudo in funzione dell’intensità ottenuti applicando
la relazione di Carbone et alii.
Valori di magnitudo in funzione di intensità ottenuta
con la relazione di Carbone et alii
Intensità max in gradi
Magnitudo
MCS
1
1.85
2
2.35
3
2.85
4
3.35
5
3.85
6
4.35
7
4.85
8
5.35
9
5.85
10
6.35
La magnitudo misura l'energia liberata sotto forma di onde sismiche durante un
terremoto e viene calcolata a partire dall'ampiezza o dalla durata del sismogramma. Un
incremento di una unità di magnitudo corrisponde ad un incremento dell'ampiezza sul
sismogramma di 10 volte e a circa un aumento di 30 volte dell'energia rilasciata. Tranne che in
casi particolari, i terremoti di magnitudo inferiore a 2.5 non sono avvertiti dalla popolazione.
Con il documento “Pericolosità sismica e criteri per la classificazione sismica del
territorio nazionale” il Consiglio Superiore dei LL.PP. nel 2007 ha ridefinito la mappatura
sismica. Essa consiste in un reticolo di riferimento su maglia quadrata di 10 km per lato dove
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per ogni punto del reticolo si conoscono le accelerazioni massime attese al bedrock (Vs30 >
800 m/s – Cat. A) per diversi periodi di ritorno dell’evento sismico. Le mappe riportano due
parametri dello scuotimento a(g): accelerazione orizzontale massima al suolo (PGA), e Se(T)
spettro di risposta elastico in funzione del periodo di accelerazione T. Il comune di Valverde
rientra tra quelli classificati nella Zona 2, ovvero a sismicità media, con PGA tra 0.15 e
0.25 g.
L’area del comune di Valverde è individuata dalle coordinate geografiche internazionali:
LAT: 37.56
LONG: 15.136
Tale punto coincide con uno dei punti del reticolo di riferimento per il quale sono noti i
valori delle accelerazioni al suolo di progetto per i diversi tempi di ritorno.
I valori di ag e il corrispondente periodo di ritorno per il comune di Valverde, e la curva di
pericolosità sismica calcolata, tratti dallo Studio di Microzonazione sismica di I Livello del DRPC,
sono riportati nel seguito:
TR (anni)
Ag (g/10)
475
0.200-0.225
975
0.275-0.300
2475
0.400-0.450
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6. STUDI DI SINTESI (ALL.I F – H)
Dalla definizione di un modello geodinamico e strutturale di analisi si è giunti ad una
sintesi generale di tutte le pericolosità e i rischi geologici geomorfologici e sismici rilevati, e
dunque alle relative prescrizioni, utilizzabile dal progettista ai fini della redazione e della
gestione
di
uno
strumento
urbanistico
in
rapporto
alle
problematiche
geologiche,
geomorfologiche e di riduzione del rischio sismico.
6.1 PERICOLOSITA’ E RISCHI GEOLOGICI E GEOMORFOLOGICI
La carta delle pericolosità geologiche deve essere di supporto per operare scelte di
pianificazione
territoriale
tenendo
conto
della
"vocazione”
principale
del
territorio,
differenziando, nei limiti del possibile, aree a diverso grado di pericolosità geologica,
considerando anche le esigenze che emergono dalle altre discipline ambientali e urbanistiche
che intervengono nella determinazione delle scelte di pianificazione.
Le pericolosità geologiche da valutare per le aree di un determinato territorio sono
tipicamente frane, erosioni, esondazioni, vulnerabilità dell'acquifero, colate laviche, fenomeni di
fatturazione al suolo cosismici e/o per creep asismico tipici nelle aree vulcaniche etnee, etc.
La definizione e la resa grafica risultano dall’attenta analisi ed interpretazione della
cartografia di analisi (carta geologica, geomorfologica, idrogeologica e delle indagini).
Per il territorio comunale di Valverde, come meglio esposto in allegato H e nelle TAVV: 7,
sono state considerate: le pericolosità geomorfologiche P4 per frane da crollo e/o ribaltamento
e P2 per deformazione superficiale lenta attiva della copertura detritica (da “Carta della
pericolosità e del rischio geomorfologico” del P.A.I. 2006); la pericolosità idraulica per fenomeni
di esondazione come indicato per il “sito di attenzione” in corrispondenza del Torrente
Settepani (TAV. 7.3).
Sono state inoltre rilevate: un’area a pericolosità media P2 con indizi di instabilità
superficiale ed evidenti lesioni sui manufatti; un’area a pericolosità geomorfologica bassa (P0)
per deformazione superficiale lenta e/o costipamento della copertura detritica; l’area di
massimo avanzamento teorico dei massi a seguito di eventuali crolli e/o ribaltamenti; le fasce
di rispetto delle dislocazioni tettoniche.
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6.1.2 Interventi per la mitigazione del rischio di frana
Premesso che per la progettazione di interventi di mitigazione del rischio di frana si dovrà
fare riferimento ai contenuti del D.D.G. n. 1034 del 13/12/2013 (“Direttiva per la redazione degli
studi di valutazione della pericolosità derivante da fenomeni da crollo”), in questa sede si ritiene
opportuno indicare nelle linee generali alcuni interventi mirati ad ottenere una mitigazione del
rischio di crollo di blocchi in corrispondenza delle scarpate ad elevata acclività evidenziate nel
presente studio e riportate nel P.A.I 2006. La scelta dell’intervento più idoneo per la messa in
sicurezza di un’area con potenziale pericolo di crolli richiede il ricorso a metodologie capaci di
individuare l’intervento ottimale in termini di costi e benefici. L’individuazione delle opere di difesa
più idonee è funzione di alcuni parametri importanti nella valutazione della fattibilità delle stesse.
I criteri di giudizio principali da applicare sono i seguenti:
• efficacia dell’intervento;
• costi di realizzazione;
• interazione con le infrastrutture presenti nell’area;
• impatto visivo;
• impatto architettonico;
• manutenzione dell’intervento;
• accessibilità del sito;
• tempi di realizzazione.
Per mitigare il rischio possono essere progettati interventi di difesa attiva o di difesa
passiva. I primi sono quelli che migliorano le caratteristiche geomeccaniche dell’ammasso
attraverso contenimento puntuale o più semplicemente impediscono il distacco dei blocchi. Essi
sono rappresentati dall’applicazione di tiranti di ancoraggio a trefoli operanti in trazione,
chiodatura dei blocchi isolati in equilibrio instabile o disgaggio degli stessi. La chiodatura e/o il
disgaggio dei blocchi potenzialmente instabili presentano svariati vantaggi quali: bassi costi di
realizzazione, basso o nullo impatto visivo, basso impatto architettonico, manutenzione nulla,
brevi tempi di realizzazione; per contro presentano un’efficacia dell’intervento parziale e/o
insufficiente e una difficoltà oggettiva dovuta all’accessibilità del sito.
Gli interventi di difesa passiva si limitano a proteggere le infrastrutture adiacenti al
versante interessato dal dissesto senza agire sulle cause che inducono il distacco; presentano il
vantaggio di poter proteggere un tratto esteso longitudinalmente intercettando ed arrestando i
blocchi in movimento. Essi comprendono le reti paramassi, le barriere paramassi, i fossati di
raccolta con rete di protezione, le gallerie artificiali.
Le reti paramassi sono realizzate con fili d’acciaio intrecciati a maglia poligonale
eventualmente rinforzate da funi di armatura in trefoli d’acciaio, hanno carichi di rottura fino a
5.000 kg/m, e sono efficaci per intercettare massi con dimensioni fino ad 1 metro e peso variabile
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tra 250 e 3000 kg. Nel caso di interesse potrebbero rivelarsi un intervento insufficiente per la
possibilità di distacco di massi di dimensioni e peso maggiori di quelli per i quali sono
dimensionate.
Le barriere paramassi a rete sono generalmente composte da 4 componenti strutturali:
- Struttura d’intercettazione in pannelli di fune d’acciaio;
- Struttura di sostegno in montanti metallici;
- Struttura
di
collegamento
in
funi
d’acciaio
poste
perpendicolarmente
e/o
longitudinalmente;
- Struttura di fondazione formata da tiranti a barre, a trefolo, micropali, etc. che devono
trasmettere al terreno le forze derivanti dall’impatto del masso.
Esse possono essere suddivise in barriere a limitata deformabilità (rigide) con capacità di
assorbimento fino a 250 kJ, e barriere ad elevata deformabilità (flessibili) progettate per
arrestare massi con elevate energie attraverso un lavoro di tipo sia elastico che plastico che
conferisce alla barriera la capacità di deformazioni di elevata entità.
I vantaggi delle barriere paramassi sono: limitato impatto ambientale (elemento da tenere
sempre nella dovuta considerazione, specie in zone di così elevato interesse paesaggistico),
limitata invasione dell’ambiente in fase di messa in opera, rapidità di esecuzione dell’intervento,
possibilità di collocare la barriera a qualsiasi altezza rispetto al piano da proteggere, notevole
abbattimento del rischio (specie se istallate su più file), adattamento al profilo del terreno, costi
contenuti, facile manutenzione ed eventuale ripristino.
In funzione della loro capacità di assorbimento dell’energia cinetica Ec, e della loro tipologia,
le barriere paramassi possono essere distinte in 5 classi [18]:
classe 1: Ec < 10 kJ
classe 2: 10<Ec<15kJ
classe 3: 15<Ec<50kJ
classe 4: 50<Ec<150kJ
classe 5: 150<Ec<200kJ
Il dimensionamento della barriera deve essere fatto in base all’energia posseduta dal masso
che deve eguagliare il lavoro di deformazione del sistema e richiede particolare attenzione per
evitare danni alla barriera che possono determinarne lo sfondamento e il superamento della
stessa da parte dei blocchi in caduta. Il metodo per la verifica strutturale delle barriere prevede
l’adozione del concetto di “urto di progetto” sulla base del quale viene espressa la forza massima
agente e la corrispondente deformata, ed effettua un’analisi statica per la quantizzazione delle
forze che si ripartiscono sui vari elementi strutturali di cui sopra.
Altri interventi di difesa passiva sono: il fossato di raccolta e le gallerie artificiali. Il primo è
costituito dallo scavo di un fosso rinforzato e ringrossato (con gabbioni metallici o altre strutture
deformabili) sulla parete di valle e dalla messa in opera di una rete di protezione a valle del
sistema stesso. Le seconde vengono in genere realizzate a protezione di sedi stradali quando, per
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le condizioni morfologiche del versante, non è possibile adottare altre soluzioni quali quelle delle
barriere o dei fossati. Esse presentano elevati costi di realizzazione, un alto impatto visivo, lunghi
tempi di realizzazione, anche se assicurano una totale efficacia dell’intervento.
Per tutto quanto sopra, considerata la morfologia dei versanti da mettere in sicurezza, i
vantaggi offerti dalle barriere paramassi farebbero ricadere su queste, ad una prima valutazione
di massima, la scelta del miglior intervento in termini di costi/benefici da adottare per mitigare il
rischio di caduta di blocchi che inserisce attualmente le aree in questione in quelle a pericolosità
P4 e a rischio R4.
6.1.3 Interventi per la mitigazione della pericolosità idraulica
L’unica area all’interno del territorio comunale di Valverde riportata nella “Carta della
pericolosità idraulica per fenomeni di esondazione” n. 23 (Area territoriale tra i Bacini del F.
Alcantara e del F. Simeto (095)” del P.A.I. 2006 ed ivi definita come “Sito d’attenzione” è
riferibile al Torrente Settepani (TAVV. 4.3 e 9.3) il cui sbocco risulta peraltro inserito nel P.A.I.
anche all’interno della perimetrazione delle aree potenzialmente inondabili del limitrofo comune
di Acicatena. Esso infatti, trasformato nella sua porzione finale in sede stradale (via Scale
Settepani), sbocca sulla via S. Nicolò in territorio di Acicatena e, in caso di eventi piovosi si
riversa una notevole quantità di acqua, detriti, terriccio e pietrame di varie dimensioni sulla
sede stradale di via Scale Settepani e dunque su via S. Nicolò, arrecando piccoli allagamenti e
notevoli disagi alla fraz. di S. Nicolò e intralcio alla circolazione stradale.
L’Amministrazione comunale di Valverde ha già predisposto nel 2011 un apposito
progetto di livello definitivo per lavori di “Mitigazione del rischio idrogeologico del Torrente
Settepani”. Il suddetto progetto, fatte le necessarie verifiche idrauliche per il calcolo delle
portate di massima piena, era arrivato alle conclusioni che l’ultimo tratto della sezione
verificata, ovvero quella in corrispondenza dello sbocco di via T. te Settepani su via S. Nicolò,
necessita di un collettore con sezione di smaltimento di diametro pari a 1.20 m. Per maggiori
dettagli si rimanda al progetto di cui in oggetto.
6.2 MICROZONE OMOGENEE IN PROSPETTIVA SISMICA
Con la pubblicazione dello Studio Microzonazione sismica (MS) di livello 1 (Regione Sicilia,
Dipartimento della Protezione Civile, Comune di Valverde, 2013), come richiesto dalla Circolare
ARTA n° 1 del 14/01/2014, il presente studio acquisisce la CARTA DELLE MICROZONE
OMOGENEE IN PROSPETTIVA SISMICA in scala 1:10.000, in ALLEGATO G rinominandola TAV.8.
L’analisi di tale cartografia ha permesso di meglio definire la Carta di suscettività del
territorio (cfr. ALLEGATO H e TAVV. 9) con la rappresentazione delle zone edificabili, edificabili
con prescrizioni e non edificabili.
Dott. Geol. Patrizia Di Benedetto– via Monti Iblei, 9 – 95030 Tremestieri Etneo (CT) – Tel. 3391580800
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Premesso che, come riportato nel D.D.G. N° 620 del 04/12/2013 di approvazione degli
Studi di Microzonazione sismica di Livello I, e precisamente all’ART. 2 ..“Ciascun Comune, in
relazione al recepimento delle risultanze degli studi di Microzonazione sismica negli strumenti
urbanistici vigenti ed in corso di redazione e/o aggiornamento, dovrà attenersi alle disposizioni
contenute nella Circolare ARTA n° 1 del 14.01.2014 …..”, la circolare ARTA di cui in oggetto
riporta che …”Il Livello I…….costituisce uno studio propedeutico …..per affrontare i successivi
livelli di approfondimento…..” e inoltre che “…..nelle zone classificate come suscettibili di
instabilità
sono
necessari
approfondimenti
di
indagine………per
gli
edifici
di
nuova
progettazione o per gli interventi di demolizione e ricostruzione”. Di conseguenza se ne deduce
che la suddetta Circolare non indica queste zone come aree dove interdire totalmente
qualunque intervento definendole inedificabili, ma piuttosto come aree da approfondire “…..
fin dalle prime fasi della progettazione”.
Confrontando il presente lavoro con lo studio di Microzonazione sismica (MS) di livello 1
risulta evidente una discrepanza riferita alle “zone suscettibili di instabilità” definite come:
sovrapposizione di zone suscettibili di instabilità, instabilità di versante - non definita
Come già illustrato precedentemente al p.to 2.3, l’assetto strutturale definito per l’area
in studio in particolare per il versante meridionale e orientale del territorio comunale, risulta
diverso per la presenza ed estensione delle strutture tettoniche riconosciute.
Risalta infatti subito l’assenza delle faglie dirette che interessano il centro urbano fino
alla zona di Carminello riportate nel database Ithaca e spesso anche nella letteratura
successiva. Secondo lo studio di MS infatti tali scarpate morfologiche non sono da attribuire a
dislocazioni tettoniche ma piuttosto mostrano una “natura erosionale. Tali scarpate infatti
costituiscono orli di erosione di colate reincise e in arretramento parallelo per scalzamento alla
base”. Trattandosi di scarpate ubicate nel centro abitato in una zona dunque molto
urbanizzata, e non avendo dati certi di supporto a tale interpretazione, a meno dei sondaggi
S5, S6 ed S7 concentrati peraltro tutti in prossimità della medesima scarpata, si è preferito
mantenerne la posizione e l’attribuzione di dislocazione tettonica data loro nello studio a
supporto del PRG del Dott. Tagliareni del 1996 (TAV. 1.3).
Risulta anche diversa l’estensione lineare della faglia facente parte del sistema della
Timpa di Valverde che, nello studio di MS viene estesa fino al confine comunale di SE e invece
nel presente studio ha la sua terminazione in loc. Fontana immediatamente a Nord di via
Vecchia Fontana.
Sovrapposizione di zone suscettibili di instabilità.
La struttura tettonica lungo la quale sono identificate le “zone suscettibili di instabilità
per aree interessate da deformazioni dovute a faglie attive e capaci e sovrapposizione di zone
suscettibili di instabilità (per la pendenza elevata)”, denominata Faglia di Valverde per lo studio
di MS si sviluppa lungo tutto il versante orientale del territorio comunale, nel presente studio
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invece trova terminazione in corrispondenza di via Vecchia Fontana, a nord della Sorgente
Dionisio. Infatti, come già scritto nel par. 2.3, confrontando le quote di rinvenimento delle
argille nei sondaggi S9, S10, S11, S13 (cfr. TAV 1.4 e TAV.3) nelle sezioni elettrotomografiche
ERT 03, ERT 04 ed ERT 06 e le quote delle sorgenti Dionisio e Casalrosato, è stata identificata
la quota del CONTATTO STRATIGRAFICO NORMALE lave-argille tra 311 e 287 m s.l.m. Si
evince dunque che spostandosi da sud verso nord del versante orientale, il contatto lave-argille
si mantiene perlopiù costante e compatibile con la sua vergenza verso E mediamente del 15%,
fino al punto in cui, a causa della combinazione e somma di rigetti importanti tra il Sistema
della Timpa di Valverde e la faglia di Nizzeti (TAV. 1.3), le argille si rinvengono la quota
inferiore a 250 m s.l.m (cfr. S1, ERT 01, ERT 02). Ciò a testimonianza del fatto che il rigetto
della Faglia di Valverde, identificata fino a monte della Sorgente Dionisio al confine con la
località Fontana, si esaurisce appunto in tale zona oltre la quale, verso sud, si rinviene un
contatto stratigrafico lave pretirreniane-argille pressoché costante. Pertanto l’area interessata
da instabilità per sovrapposizione di faglia + pendenze nello studio di MS livello 1, nel presente
studio sarà assimilata alla zona di instabilità di versante dovuta esclusivamente alla presenza di
detrito di versante su terreni argillosi associata a forti pendenze
Pur essendo stati utilizzati per entrambi gli studi gli stessi dati geognostici, a meno di
quelli della campagna geognostica del 2013, analizzando la Carta geologico-tecnica, le sezioni
geologiche in Allegato 1 e le stratigrafie in Allegato 2 allo studio MS, si osservano le seguenti
discrepanze con il presente studio geologico:
 il profilo C - C’, che peraltro coincide quasi totalmente con la nostra sez. D –D’ (TAV.
1.4), riporta nel blocco ribassato dell’ipotetica faglia una colata lavica continua,
potente circa 16 metri, riferita alle Colate laviche tirreniane, di cui non si ha traccia
nella tomografia elettrica ERT03 (Relazione sulle indagini ALL. B). Quest’ultima infatti
mostra la presenza di tre elettrostrati con rapporti geometrici prevalentemente suborizzontali e regolarmente sovrapposti, facendo escludere la presenza di variazioni
laterali degli stessi, ad esclusione di elementi inglobati con caratteristiche di resistività
diverse che determinano unità resistive isolate e prive di continuità laterale e/o
verticale, caratteristica peraltro diffusa in tutta la copertura detritica presente
nell’area. Dall’osservazione della sezione elettrotomografica ERT03 si rileva infatti
l’assenza di orizzonti resistivi nella sua porzione finale, tipici delle lave e delle brecce
vulcanoclastiche, e i valori di resistività registrati sono abbastanza omogenei in tutta la
sezione facendo attribuire ai terreni della parte finale dello stendimento le stesse
caratteristiche di quelli riscontrati all’inizio dello stesso, ovvero in S8 e S9, e cioè
piroclastiti, sabbie e ceneri con inclusi litici. Intorno all’elettrodo posto a 75 metri
rispetto allo zero, si rileva inoltre la presenza di materiale conduttivo riferibile alle
argille preetnee (resistività < di 23 Ω● m), posto ad una profondità di circa 20 metri
dal p.c, ovvero circa a quota 312 m s.l.m.. Spostandosi verso valle, sempre lungo lo
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stesso profilo C-C’, ovvero in corrispondenza del blocco ribassato della presunta faglia,
il tetto del substrato argilloso è posto a quota 270 m s.l.m. Tale quota è in contrasto
con quella della sorgente Dionisio/Fontana di circa 292 m s.l.m. e della quale non
avremmo nemmeno la presenza se le argille fossero sotto una copertura permeabile di
almeno 40 metri come mostra il profilo in oggetto. Se ne deduce dunque come, in
corrispondenza del blocco ribassato della presunta faglia, le argille si trovino al di sotto
di una copertura detritica di versante di modesto spessore e come dunque siano in
continuità stratigrafica normale con la porzione che rappresenterebbe il blocco rialzato,
portando quindi all’esclusione della presenza di una struttura tettonica sul versante.
 Il profilo D-D’ (che coincide nella sua porzione centrale e finale con la ns. sez. I-I’ di
TAV. 1.4) si nota subito come il deposito affiorante a valle della scarpata di M.te d’Oro,
attribuito nel presente studio ad una paleofrana, sia assimilato invece nello studio di
Microzonazione sismica ad una “copertura detritica inferiore” e presente praticamente
in tutti i profili. Le carote prelevate nel sondaggio 087052P33 (ns. S15 - TAV. 1.4), in
corrispondenza
della
paleofrana,
per
l’intera
profondità
del
sondaggio
hanno
evidenziato un deposito estremamente variabile e rimaneggiato: esso passa infatti da
sabbie grossolane limose ad argille alterate, a tufiti rimaneggiate, per ritornare
nuovamente ad argille alterate, spesso con inclusi di origine vulcanica di svariate
dimensioni. Esso risulta costituito dall’accumulo dei prodotti riferibili a diversi episodi
franosi che hanno interessato l’area successivamente alla messa in posto delle
Vulcaniti delle timpe sulle argille grigio-azzurre. Di conseguenza, oltre che per
l’osservazione diretta delle carote estratte durante i sondaggi, per la sua litologia che
per la sua genesi, tale deposito non può essere accostato ai terreni rinvenuti durante
la perforazione 087052P2 (ns. S9) (profilo C-C’), e non lo ritroviamo di certo in
corrispondenza delle
perforazioni
087052P10
(ns.S16), 087052P6
(ns.S17)
ed
087052P7 (ns.S18) (profilo D-D’). Se i depositi riportati nelle sezioni dell’Allegato 1
come facenti parte della “Copertura detritica inferiore” fossero invece stati accorpati
perché uniformabili sotto il profilo della risposta sismica, essi non sarebbero dovuti
essere datati, come invece si osserva nella legenda associata alle stesse sezioni.
Tutto ciò premesso, il deposito rinvenuto nella porzione sommitale della perforazione
087052P7 (S18) è ascrivibile alle Tufiti rosso-brune, che segnano il passaggio tra le
lave pretirenniane e quelle tirreniane, e presenta le medesime caratteristiche
litologiche del deposito sommitale rinvenuto nelle perforazioni indicate nella TAV. 1.4
come S11, S12, S14, S18 ed S19: esso pertanto non è da riferire a “Prodotti
piroclastici olocenici” e dunque nella porzione finale del profilo D-D’ i terreni si trovano
in assoluta continuità laterale (vd. TAV. 1.4 - Sez. I-I’) e inoltre la stessa sequenza
stratigrafica è stata rinvenuta anche più a sud in corrispondenza di S19, facendo
escludere anche qui la presenza della faglia. Inoltre le quote del tetto delle argille
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rinvenute in tutti i sondaggi posti nel blocco ribassato della presunta faglia sono
perfettamente correlabili con la quota di affioramento delle argille osservabili sul blocco
rialzato, avvalorando l’inesistenza della dislocazione tettonica.
Per tutto quanto sopra si esclude a nostro parere la prosecuzione della Faglia di
Valverde oltre la località Fontana. Le “deformazioni non concentrate” rilevate nell’area, la locale
deformazione del manto stradale di via Fontana e nella bretella che congiunge via Fontana con
via Nizzeti, sono state attribuite a deformazioni gravitative superficiali attive della copertura
detritica o delle sottostanti argille, rilevabili specie nelle zone nelle quali a questi terreni si
associa la presenza di acqua che si stabilisce nell’interfaccia tra la copertura detritica e i
sottostanti terreni impermeabili, situazione associata spesso a notevoli pendenze (TAV. 9.4.)
Instabilità di versante non definita
Tra le Zone suscettibili di instabilità, lo studio di Microzonazione sismica riporta anche
delle aree estese del versante meridionale ed orientale dove si rileva un’“instabilità di
versante non definita”. Non essendo riportati nello studio i criteri e gli elementi di
attribuzione di tale definizione, e soprattutto non essendo stato definito il tipo di instabilità e
dunque le sue possibili ricadute sulla suscettività del territorio, si ritiene quantomeno
ingiustificata tale attribuzione. Fermo restando che è infatti indiscutibile una locale “fragilità
geomorfologica” del versante meridionale ed orientale del territorio comunale prevalentemente
dovuta alle notevoli pendenze associate alla circolazione idrica superficiale di cui sopra, si
ritiene comunque che questa sia da limitare alle porzioni particolarmente acclivi (con pendenze
> 20°) del territorio dove si rinvengono terreni argillosi con coperture detritiche nelle quali
possono verificarsi fenomeni di amplificazione sismica, circolazione d’acqua superficiale e
movimenti di creeping sul versante. Tali fenomeni non si registrano invece in corrispondenza di
aree con pendenze inferiori associate a terreni vulcanici, che estesamente affiorano nell’area in
oggetto (zona Carminello e, più a Sud, Crocifisso – Nizzeti ad es.), e pertanto non se ne
condivide la loro collocazione tout court tra le “zone suscettibili di instabilità”.
Caratterizzazione fisico-meccanica dei terreni
Nella Carta geologico-tecnica allegata allo studio MS, a differenza del presente lavoro, “le
unità litologiche sono state rappresentate seguendo gli “Standard di rappresentazione e
archiviazione informatica- Versione 2.0Beta-II per le tipologie già codificate, mentre si è fatto
ricorso per la prima volta
alle nuove suddivisioni dei terreni vulcanici, secondo una nuova
codifica di campi concordata con il Dipartimento di Protezione Civile Nazionale e Regionale.
Questa prevede l’attribuzione dei prodotti lavici alternativamente al substrato geologico,
indicandoli come alternanze di strati, o alle coperture, catalogandoli in funzione della geometria e
della giacitura di rapporto ai terreni sedimentari.”
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Quindi al SUBSTRATO GEOLOGICO (NR) si riferiscono le Argille marnose del Pleistocene
medio e, poggianti su una superficie di erosione, le lave pre-tirreniane (ALSF) classificate come
alternanze di litotipi. Ai TERRENI DI COPERTURA si riferiscono 4 diverse coperture: tutte le
vulcaniti a partire da quelle Tirreniane (LC), i livelli superficiali di piroclastiti (SM), i depositi
alluvionali (SW) e il materiale di riporto (RI).
Per il presente studio, come meglio esposto in Allegato E e nella TAV. 6, e come previsto
dall’allegato D della Circolare Arta 14.01.2014, le successioni litostratigrafiche riconosciute
nello studio geologico di analisi (crf. Allegato A TAVV.1 e 2) sono state riviste in chiave
litotecnica. Senza dubbio il dato geotecnico risulta l’aspetto che più aiuta a studiare la risposta
sismica del materiale geologico, sia esso suddiviso in coperture che substrato. Risulta pertanto
chiara la stretta connessione poi nella stesura della CARTA DELLA MICROZONE OMOGENEE IN
PROSPETTIVA SISMICA, dove sono state considerate tutte le altre variabili geologichestrutturali e geomorfologiche per la definizione delle 3 zone previste: Stabili, suscettibili di
amplificazione locali e suscettibili di instabilità. Nella Carta Litotecnica (TAV.6) la legenda
mostra una sorta di corrispondenza con le classi litotecniche individuate dallo Studio MS, anche
se le lave pre-tirreniane non sono state associate al substrato insieme alle argille.
La circolare ARTA 14.01.2014 riporta che per le aree classificate come “suscettibili di
instabilità” nella carta della Microzonazione omogenee in prospettiva sismica “sono necessari
approfondimenti di indagine ……”: talvolta le aree così indicate nella TAV. 8 coincidono con aree
definite nelle TAVV. 9 come “aree edificabili con prescrizioni”, dove le prescrizioni non sempre
si riferiscono alla necessità di approfondimenti di indagine, o addirittura come “edificabili senza
particolari limitazioni”. Tale scelta nasce dalla considerazione che il versante orientale sia stato
già oggetto di una quantità di indagini tali da definire in maniera più che sufficientemente
completa il quadro delle situazioni di instabilità, pericolosità e rischi geologici e geomorfologici
e che pertanto non si ravvede la necessità a nostro parere di espletarne di nuove.
Pertanto nella Carta della SUSCETTIVITA’ (TAVV. 9) sono state indicate come
inedificabili tutte le aree dove si sono localizzate instabilità di versante, pericolosità geologiche
e
geomorfologiche,
e
interessate
da
deformazioni
dovute
a
faglie
attive
e
capaci,
sovrapposizione di zone suscettibili di instabilità che solo in parte sono sovrapponibili con le
zone suscettibili di instabilità riportate nella CARTA DELLA MICROZONE OMOGENEE IN
PROSPETTIVA SISMICA di livello 1; le zone stabili suscettibili di amplificazioni locali sono state
localmente considerate edificabili senza particolari limitazioni laddove non si riscontrano
fenomeni di instabilità geomorfologica e geologica potenziali e/o in atto, e localmente come
aree edificabili con prescrizioni riferite alla necessità di allontanare eventuali acque di
circolazione superficiale e di verificare la stabilità generale di versante con i carichi di progetto;
per la zona di nord-est, dove non è stato possibile correlare i dati delle indagini geognostiche,
per la loro reciproca distanza, e non avendo dunque certezza della continuità tra le due
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dislocazioni tettoniche con direzione NW-SE e NE-SW, è stata individuata un’ulteriore
prescrizione relativa alla verifica della presenza di possibili ulteriori dislocazioni tettoniche.
6.3 SUSCETTIVITA’ DEL TERRITORIO
Lo studio geologico per la pianificazione territoriale di un comprensorio comunale deve, da
una parte essere finalizzato ad una ponderata individuazione, analisi e illustrazione delle
caratteristiche geologiche generali e delle eventuali situazioni di pericolosità ad esse connesse,
dall’altro essere indirizzato alla proposizione di interventi e, se necessario, di limitazioni nell’uso
del territorio allo scopo di mitigare le situazioni reali e potenziali di pericolosità e/o di rischio
geologico individuate. Ciò non deve però rappresentare una penalizzazione indiscriminata per il
territorio, ma una proposta responsabile di soluzioni, interventi, approfondimenti, che
certamente contribuiscono al miglioramento della qualità della vita, indiscutibilmente legato alla
fruibilità del territorio in condizioni di sicurezza.
Partendo quindi dagli studi di analisi si è giunti, con gli studi di sintesi, alla definizione di
classi omogenee per caratteristiche fisico-meccaniche dei terreni ed in funzione del grado di
pericolosità geologica e/o sismica. Le tavv. 4 e 7 infatti, raggruppando tutte le pericolosità e i
rischi (geologici e geomorfologici) riscontrati nell'area di studio, permettono di individuare
graficamente le “vocazioni” e le suscettività d’uso del territorio in termini esclusivamente
geologici. La suddetta cartografia non può ovviamente ritenersi esaustiva delle conoscenze
geologiche e geotecniche puntuali perciò non sostituisce gli studi geologici di dettaglio. Il D.M.
LL.PP. 11/3/88 " Norme tecniche riguardanti le indagini sui terreni e sulle rocce, la stabilità dei
pendii naturali e delle scarpate, i criteri generali e le prescrizioni per la progettazione,
l'esecuzione e il collaudo delle opere di sostegno delle terre e delle opere di fondazione", la
relativa Circ. LL.PP. 24/9/88 (art. H e G. del D.M.), e infine il D.Lgs. 163/2006 coordinato con le
norme della Legge regionale 12/2011 e ss.mm. e ii., esplicitano infatti chiaramente l'obbligo
all'acquisizione delle principali caratteristiche geologiche e geotecniche del sito, ciò al fine di
garantire sicurezza e funzionalità alle ipotesi di progetto e in generale di assicurare la stabilità
del territorio
Dalla classificazione delle caratteristiche intrinseche del territorio indagato in zone
omogenee sulla base delle pericolosità complessive (geologiche, geomorfologiche e sismiche),
sono stati tracciati i contenuti di approfondimento relativi agli strumenti urbanistici attuativi. In
tal modo sono state quindi individuate e perimetrate aree inedificabili, edificabili con
prescrizioni ed edificabili senza particolari limitazioni, definendo così la suscettività del suolo
all’edificazione per il territorio in studio.
Nella tav. 9.4 sono inoltre riportate 2 fratture al suolo tratte dalle mappe in scala 1:10.000
allegate agli “Studi di Microzonazione sismica nei comuni colpiti dagli eventi sismici dei mesi di
ottobre, novembre e dicembre 2002 (0.P.C.M. n° 3278\2003)” eseguiti a cura del Dipartimento
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Regionale della Protezione Civile. Si tratta di 2 fratture, verosimilmente connesse alla "faglia di
Nizzeti", delle quali una “dovuta a prevalenti fenomeni di creep asismico” e l’altra “non attribuibile
con certezza ad eventi sismici o a fenomeni di creep”, che interessano il territorio comunale di
Acicatena (“Perimetrazione speditiva delle aree di fatturazione al suolo nel territorio del comune
di Acicatena”) ma che con la loro area di rispetto lambiscono il margine SE del territorio comunale
di Valverde; a seguito di tale studio il Dipartimento Regionale della Protezione Civile ha trasmesso
una comunicazione ai comuni interessati in data 27/02/2006 e acquisita dal comune di Valverde
con prot. N° 3150 del 10 /03/2006. Nella comunicazione sono riportate le aree di rispetto di tali
fratture, all’interno delle quali si applicano le disposizioni di cui all’art. 12 della Direttiva
Presidenziale del 20/12/2005; per qualunque intervento all’interno di esse si farà riferimento alle
“Linee Guida per la riparazione, il miglioramento e la ricostruzione degli edifici danneggiati dagli
eventi eruttivi e sismici del 27 e 29 ottobre 2002 e seguenti nella Provincia di Catania” approvato
dal CTS nel 18/2/2005.
AREA INEDIFICABILE
Area inedificabile per la presenza di pericolosità e rischi geologici, geomorfologici
e sismici.
All’interno di questa area sono raggruppate tutte quelle dove si sono evidenziate
situazioni di pericolosità geologica, geomorfologica e/o sismica da molto elevata a media,
ovvero:
 le aree indicate nel P.A.I. a pericolosità geomorfologia P4 e P2, e a rischio R4 ed R3.
 le aree di rispetto delle faglie, di larghezza pari a 10+10 metri e 10 m alle estremità delle
strutture per le faglie rilevate nella porzione meridionale del centro abitato e per la faglia
individuata a SE del territorio comunale in località Fontana-Crocifisso-Nizzeti con direzione
NE-SW, e di 15+15 metri e 15 metri alle estremità delle strutture facenti parte del
Sistema della Timpa di Valverde, perché considerato il più importante dell’area comunale
in relazione all’estensione lineare e ai rigetti stimati. In corrispondenza di tali aree le
rocce, dato lo stress tettonico alla quale sono state sottoposte, si presentano molto
fratturate, allentate, dunque con caratteristiche fisico-meccaniche scadenti. All'interno
delle stesse inoltre sono maggiormente risentiti gli effetti di un'eventuale rimobilizzazione
delle strutture anzidette, possono essere presenti piani di taglio secondari, non osservabili
in superficie e possono verificarsi lenti movimenti per creep asismico.
 le aree dove possono verificarsi frane da crollo, estese almeno fino alle quote di massimo
avanzamento teorico dei blocchi.
 le zone con acclività  50% con ammassi rocciosi intensamente fratturati, che costituiscono
aree a pendenza molto elevata in corrispondenza delle quali possono accentuarsi
situazioni di potenziale instabilità a seguito degli effetti dinamici legati ad eventi sismici.
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 le zone con acclività ≥ 35% (~20°) associate a copertura detritica, in corrispondenza delle
quali si possono verificare amplificazioni litologiche e geometriche che darebbero luogo a
fenomeni di instabilità, specie in occasione di un evento sismico di elevata intensità.
 le zone di ciglio di scarpate con H > 10 metri in cui possono verificarsi amplificazioni
topografiche. In corrispondenza delle scarpate di h>10 metri sono state imposte delle
fasce di rispetto di larghezza pari a 10 metri a monte e 10 al piede. Tali zone infatti, oltre
ad essere soggette ad amplificazioni diffuse del moto del suolo legate alla focalizzazione
delle onde sismiche, possono arretrare per modifiche dell’equilibrio.
 le zone dove sono stati rilevati indizi di instabilità superficiale. A questa voce fanno
riferimento le aree dove sono state rilevate lesioni sui manufatti dovute a deformazione
del suolo localizzate in corrispondenza di alcune fratture su via Rapisarda, e un’area
ubicata sul detrito di versante nel settore orientale immediatamente a valle di via
Fontana. Tali aree, considerate a pericolosità media (P2) possono essere soggette ad
accentuazione dei fenomeni di instabilità a seguito di un evento sismico, in occasione di
precipitazioni meteoriche intense o per aumento dei carichi sul versante.
Interventi ammessi e non nelle aree inedificabili
Nelle zone R4 ed R3 sono ammessi soltanto gli interventi di cui ai seguenti indirizzi per
la definizione delle norme di salvaguardia.
Aree a rischio molto elevato R4.
In tali zone sono consentiti esclusivamente:
● gli interventi di demolizione senza ricostruzione; gli interventi di manutenzione ordinaria così
come definiti alla lettera a) dell'art. 31 della legge n. 457/1978;
● gli interventi strettamente necessari a ridurre la vulnerabilità degli edifici esistenti e a
migliorare la tutela della pubblica incolumità, senza aumenti di superficie e volume, senza
cambiamenti di destinazione d'uso che comportino aumento del carico urbanistico;
● gli interventi necessari per la manutenzione ordinaria e straordinaria di opere pubbliche o di
interesse pubblico;
● tutte le opere di bonifica e sistemazione dei movimenti franosi.
Aree a rischio elevato R3.
Oltre agli interventi ammessi per le aree a rischio R4 sono consentiti esclusivamente:
● gli interventi di manutenzione straordinaria, restauro, risanamento conservativo, così come
definiti alle lettere b) e c) dell'art. 31 della legge n. 457/1978, senza aumento di superficie o
volume, interventi volti a mitigare la vulnerabilità dell'edificio;
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● gli interventi di ampliamento degli edifici esistenti unicamente per motivate necessità di
adeguamento igienico-sanitario.
● gli interventi volti a mitigare la vulnerabilità degli edifici esistenti e a migliorare la tutela della
pubblica incolumità, senza aumenti di superfici e volumi e cambiamenti di destinazione d’uso
che comportino aumento del carico urbanistico;
● gli interventi necessari per la manutenzione ordinaria, straordinaria e di consolidamento delle
opere infrastrutturali e delle opere pubbliche o di interesse pubblico e gli interventi di
consolidamento e restauro conservativo di beni di interesse culturale, compatibili con la
normativa di tutela;
● Le occupazioni temporanee di suolo, da autorizzarsi ai sensi dell’art. 5 della L.R. n.37/85,
realizzate in modo da non recare danno o da risultare di pregiudizio per la pubblica incolumità;
● Gli interventi di consolidamento per la mitigazione del rischio di frana;
● Le opere di regimazione delle acque superficiali e sotterranee;
● Gli interventi relativi ad attività di tempo libero compatibili con la pericolosità della zona,
purché prevedano opportune misure di allertamento.
● Interventi di adeguamento del patrimonio edilizio esistente per il rispetto delle norme in
materia di sicurezza e igiene del lavoro e di abbattimento di barriere architettoniche.
● Gli interventi di adeguamento igienico-funzionale degli edifici esistenti, ove necessario, per il
rispetto della legislazione in vigore anche in materia di sicurezza del lavoro, connessi ad
esigenze delle attività e degli usi in atto;
● L’ampliamento o la ristrutturazione delle infrastrutture pubbliche o di interesse pubblico
esistenti, purché compatibili con lo stato di dissesto esistente;
● Le costruzioni necessarie per la conduzione aziendale delle attività agricole esistenti e non
diversamente localizzabili nell’ambito dell’azienda agricola al di fuori dell’area a rischio.
In tutte le restanti zone che ricadono all’interno di quelle definite come inedificabili sono
ammessi
soltanto
“interventi
di
recupero
del
patrimonio
edilizio
esistente”,
ovvero:
manutenzione ordinaria e straordinaria, restauro e risanamento conservativo, ristrutturazione
edilizia, consolidamento statico. Non sono ammesse modifiche né planimetriche né
volumetriche e/o cambiamenti di destinazione d’uso degli edifici esistenti che
comportino aumento del carico urbanistico.
Dott. Geol. Patrizia Di Benedetto– via Monti Iblei, 9 – 95030 Tremestieri Etneo (CT) – Tel. 3391580800
Dott. Geol. Eugenia Belluardo – via Cosenza 151 – 91016 Erice (TP) - Tel. 3926275457
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AREA EDIFICABILE CON PRESCRIZIONI
Realizzazione di drenaggi e verifica di stabilità del versante
I versanti meridionale, a Sud di M.te d’Oro, e orientale a monte di via Fontana, interessati
da coperture detritiche di spessore variabile e pendenze comprese tra il 20% e il 35%, sono
edificabili subordinatamente alla:
1)
Verifica della presenza di eventuali acque ipodermiche che si stabiliscono
nell’interfaccia tra coperture detritiche + porzione sommitale alterata delle argille e
le
sottostanti
argille
integre
e
conseguente
realizzazione
di
drenaggi
opportunamente dimensionati e posizionati allo scopo di allontanarle dalle
fondazioni;
2)
verifica della stabilità del versante in condizioni statiche e dinamiche con
l’applicazione dei carichi di progetto;
1) Caratteristica peculiare dell’area, soprattutto in corrispondenza degli affioramenti
argillosi peraltro spesso ricoperti da detrito di versante, è infatti la presenza di una circolazione
idrica superficiale, alimentata dalle acque meteoriche e di ruscellamento, che si imposta in
corrispondenza della porzione superficiale alterata delle argille mista al detrito di versante, che
ha uno spessore variabile e che presenta una discreta permeabilità rispetto alla porzione
integra sottostante delle argille praticamente impermeabile. Tale fenomeno può verificarsi non
soltanto in corrispondenza di terreni di natura argillosa ma anche di terreni vulcanici piroclastici
o tufitici se e dove è presente una frazione a granulometria limosa in percentuale tale da
abbassare notevolmente la permeabilità di tali terreni fino a formare a volte delle locali falde
sospese.
Il fenomeno appena descritto, aumentando le pressioni interstiziali all’interno dei
terreni, spesso favorisce un movimento di creep del versante, che si manifesta attraverso
fenomeni di locale instabilità superficiale e deformazione al suolo.
Per ovviare a tali effetti spesso lesivi sui manufatti fino all’instaurarsi di cedimenti
differenziali, si subordina pertanto in queste aree la nuova edificazione, laddove si riscontri la
presenza di tale fenomeno, alla realizzazione di drenaggi adeguatamente posizionati e
dimensionati che allontanino le acque dalle fondazioni e le convoglino dove possano essere
smaltite senza arrecare danni alle strutture.
● Nelle aree con pendenze comprese tra il 20% e il 35 %, è inoltre indispensabile la
verifica della stabilità del versante in condizioni statiche e dinamiche con l’imposizione dei
carichi di progetto.
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50
AREA EDIFICABILE CON PRESCRIZIONI
Realizzazione di drenaggi
Esclusivamente nella zona di SE del territorio comunale, in loc. Crocifisso Nizzeti, dove si
rileva la presenza di locali deformazioni del suolo che si manifestano sul manto stradale della
bretella che congiunge la via Fontana con la via Nizzeti in territorio comunale di Acicatena, si
subordina
l’edificazione
alla
realizzazione
di
drenaggi
opportunamente
posizionati
e
dimensionati volti, dove se ne riscontri la presenza, ad allontanare le acque che si stabiliscono
tra le coperture superficiali detritiche e i sottostanti terreni che, seppur non impermeabili,
possono localmente ospitare delle falde sospese laddove la percentuale di frazione limosa nei
depositi tufitici sia così alta da diminuirne notevolmente la permeabilità.
AREA EDIFICABILE CON PRESCRIZIONI
Approfondimenti di indagine volti alla verifica della presenza
di dislocazioni
tettoniche
Nell’area di NE del territorio comunale (TAV. 9.3), a valle del Sistema tettonico della
Timpa di Valverde, sono state individuate con indagini geognostiche dirette e indirette due
dislocazioni tettoniche con direzione NW-SE e NE-SW. Tali dislocazioni, che possono essere
considerate o come il prolungamento della faglia di Nizzeti che costeggia il territorio comunale
di Valverde nel suo limite sud-orientale e che in questa area lambisce il territorio comunale per
poi proseguire a valle dell’Eremo di S. Anna (TAV. 2), o come due strutture che, ricalcando la
stessa direzione di quelle più a monte che costeggiano il centro urbano nella sua porzione
orientale, potrebbero costituire la risposta sul blocco ribassato dei movimenti del sistema
tettonico che costeggia la via Caramme.
Tutto ciò premesso, essendo i dati geognostici (S1, ERT01 ed ERT02) troppo lontani tra
loro per essere raccordati ma lasciando ancora delle incertezze sull’andamento delle due
strutture, che potrebbero essere invece essere un’unica struttura ad andamento arcuato
(ovvero l’una il prolungamento dell’altra) o proseguire nella stessa direzione riportata in carta
fino a congiungersi, si è definita un’area tra le due strutture e immediatamente a valle del
sistema di Valverde dove si subordina l’edificazione ad approfondimenti di indagine volti alla
verifica della presenza o meno di dislocazioni tettoniche (ad es. trincee o tomografie elettriche
ortogonali al versante).
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AREA EDIFICABILE SUBORDINATAMENTE ALLA REALIZZAZIONE DI INTERVENTI DI
MITIGAZIONE DELLA PERICOLOSITA’ IDRAULICA EVIDENZIATA DAL P.A.I. 2006
L’unica area all’interno del territorio comunale di Valverde riportata nella “Carta della
pericolosità idraulica per fenomeni di esondazione” n. 23 (Area territoriale tra i Bacini del F.
Alcantara e del F. Simeto (095)” del P.A.I. 2006 ed ivi definita come “Sito d’attenzione” è
riferibile al Torrente Settepani (TAVV. 4.3 e 9.3) il cui sbocco risulta peraltro inserito nel P.A.I.
anche all’interno della perimetrazione delle aree potenzialmente inondabili del limitrofo comune
di Acicatena. Esso infatti, trasformato nella sua porzione finale in sede stradale (via Scale
Settepani), sbocca sulla via S. Nicolò in territorio di Acicatena e, in caso di eventi piovosi si
riversa una notevole quantità di acqua, detriti, terriccio e pietrame di varie dimensioni sulla
sede stradale di via Scale Settepani e dunque su via S. Nicolò, arrecando piccoli allagamenti e
notevoli disagi alla fraz. di S. Nicolò e intralcio alla circolazione stradale.
L’Amministrazione comunale di Valverde ha già predisposto nel 2011 un apposito
progetto di livello definitivo per lavori di “Mitigazione del rischio idrogeologico del Torrente
Settepani”. Il suddetto progetto, fatte le necessarie verifiche idrauliche per il calcolo delle
portate di massima piena, era arrivato alle conclusioni che l’ultimo tratto della sezione
verificata, ovvero quella in corrispondenza dello sbocco di via T. te Settepani su via S. Nicolò,
necessita di un collettore con sezione di smaltimento di diametro pari a 1.20 m.
Pertanto si subordina l’edificazione nell’area in questione alla realizzazione di adeguati
interventi di mitigazione della pericolosità idraulica evidenziata dal P.A.I. vigente.
AREA EDIFICABILE SENZA PARTICOLARI LIMITAZIONI
Si tratta di zone in cui affiorano vulcaniti antiche o recenti e argille marnose grigioazzurre, e dove non sono state riscontrate pericolosità geologiche, sismiche o fenomeni di
instabilità potenziale e/o in atto che possano limitarne la destinazione d’uso. Pertanto in queste
aree si potrà procedere alla nuova edificazione secondo la normativa vigente, senza particolari
prescrizioni.
Nel seguito si riporta una tabella riassuntiva di quanto sopra esposto:
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ZONIZZAZIONE
DESCRIZIONE DELLE
PERICOLOSITA’
SUSCETTIVITA’
ALL’EDIFICAZIONE
AREA INEDIFICABILE
Aree dove possono verificarsi
frane da crollo
Area di rispetto delle faglie
Zone con acclività ≥ 50% ed
intensa fratturazione.
Zone con
associata
detritiche
acclività ≥ 35%
a
coperture
Zone di ciglio H> 10 metri
Zone caratterizzate da indizi di
instabilità
superficiale, con
evidenze
di
lesioni
sui
manufatti
Pericolosità molto elevata (P4)
di frane da crollo per la
presenza di corone di frana
attive e/o per la presenza di
blocchi lavici in equilibrio da
metastabile
a
localmente
instabile
Pericolosità molto elevata per
la presenza di caratteristiche
fisico-meccaniche scadenti dei
terreni, per la possibile presenza di piani di taglio secondari
non osservabili in superficie e
perché all’interno di tali aree
sono maggiormente risentiti gli
effetti di un’eventuale rimobilizzazione delle strutture.
Pericolosità elevata per la
possibile
accentuazione
dei
fenomeni di instabilità dovuti
ad effetti dinamici che possono
verificarsi in occasione di
eventi
sismici
e/o
per
modifiche dell’equilibrio morfodinamico del versante.
Pericolosità elevata per il
possibile innesco di fenomeni di
instabilità dovuti all’associazione di elevate pendenze a
coperture detritiche.
Aree inedificabili per la presenza
di pericolosità e rischi geologici,
geomorfologici e sismici.
Sono ammessi soltanto interventi di
recupero del patrimonio edilizio
esistente.
Non
sono
ammesse
modifiche
né
planimetriche
né
volumetriche e/o cambiamenti di
destinazione
d’uso
degli
edifici
esistenti che comportino aumento
del carico urbanistico.
Pericolosità
elevata
per
fenomeni
di
amplificazioni
diffuse del moto del suolo
legate alla focalizzazione delle
onde sismiche o per modifiche
dell’equilibrio
morfodinamico
del versante.
Pericolosità media (P2) per la
possibile
accentuazione
dei
fenomeni di instabilità a causa
di effetti dinamici che possono
verificarsi in occasione di
eventi sismici, o per aumento
delle pressioni interstiziali a
seguito
di
precipitazioni
meteoriche intense.
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AREA EDIFICABILE CON PRESCRIZIONI
Zone interessate da coperture
detritiche e pendenze < 35%
“Sito
di
attenzione”
per
fenomeni
di
esondazione
riportato nel P.A.I. 2006
Pericolosità
da
bassa
a
moderata (P0 - P1) per il
possibile innesco di amplificazioni diffuse del moto del suolo
dovute a differenza di risposta
sismica
tra
substrato
e
copertura.
Pericolosità
da
bassa
a
moderata
(P0-P1)
per
l’occasionale
verificarsi
di
fenomeni di esondazione in
concomitanza
con
eventi
piovosi di breve durata ed
elevata intensità.
Zone
con
deformazione
superficiale
lenta
e/o
costipamento della copertura
detritica
Pericolosità
da
bassa
a
moderata
(P0-P1)
per
la
possibile
accentuazione
dei
fenomeni
di
instabilità
in
occasione di eventi sismici o
per aumento delle pressioni
interstiziali a seguito di precipitazioni meteoriche intense.
Zone di incertezza per
possibile
presenza
dislocazioni tettoniche
Pericolosità elevata per la
possibile
presenza
di
dislocazioni
tettoniche
non
osservabili
in
superficie;
all’interno di tali aree sono
maggiormente
risentiti
gli
effetti di un’eventuale rimobilizzazione delle strutture
la
di
Area edificabile con prescrizioni,
ovvero subordinata alla:
1)
predisposizione
di
adeguati
drenaggi
per
allontanare
dalle
fondazioni
eventuali
acque
di
infiltrazione;
2) verifica statica e dinamica della
stabilità del versante con i carichi di
progetto;
3) interventi di mitigazione della
pericolosità idraulica;
4) approfondimenti di indagine volti
alla verifica della presenza di
dislocazioni tettoniche
AREA EDIFICABILE
Zone stabili
affioramenti
argillosi
interessate
vulcanici
da
e
Aree nelle quali non si è
rilevata
la
presenza
di
pericolosità
geologiche,
geomorfologiche e/o sismiche
tali
da
condizionare
la
suscettività d’uso del suolo.
Caratteristiche
fisico-meccaniche dei terreni da buone a
discrete
Area edificabile senza particolari
limitazioni
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7. CONSIDERAZIONI CONCLUSIVE
La
complessa
trattazione
delle
variabili
geologico-strutturali,
geomorfologiche,
idrogeologiche, litotecniche e di risposta sismica fin qui analizzate per la definizione della
suscettività del territorio comunale di Valverde all’edificazione, ha tenuto conto dei seguenti
parametri e indirizzi:

dati oggettivi ottenuti dai sondaggi geognostici e dalle prove di laboratorio (cfr
TAVV 1, 2 e 3 e All. B);

analisi geomorfologiche, verifica alla liquefazione e analisi di stabilità dei pendii
(All. C - TAVV 4);

valutazione della permeabilità dei prodotti eruttivi sovrapposti al basamento
sedimentario, qui rappresentato dalle Argille marnose grigio-azzurre, che
costituisce
l’orizzonte
impermeabile
di
sostegno
delle
falde
contenute
nell’acquifero del complesso vulcanico (All. D - TAVV 5);

caratterizzazione fisico - meccanica dei terreni (all. E - TAV. 6);

pericolosità
e
rischi
geologici
e
geomorfologici,
e
verifica
del
massimo
avanzamento teorico dei massi (All. F - TAVV 7);

CARTA DELLA MICROZONE OMOGENEE IN PROSPETTIVA SISMICA tratto dallo
Studio Microzonazione sismica (MS) di Livello 1 (Regione Sicilia, Dipartimento della
Protezione Civile, Comune di Valverde, 2013) (All. G -TAV. 8).
Le conclusioni sintetizzate con le TAVV. 9 in scala 1:2.000 rappresentano un’attenta e
ragionata proposta per il rilascio di un nuovo NULLA OSTA (ex art. 13 L. 64/74 N. 08440) da
parte del Genio Civile di Catania, a sostituzione del precedente rilasciato in data 09.03.2009.
Con il presente lavoro inoltre si è risposto alla nota del Genio Civile di Catania prot. N° 33385
del 19.9.2011 procedendo agli approfondimenti rilevati nei punti da 6 a 15 di cui al precedente
parere n. 08440 del 09.03.2009 (par. 2.6).
Il presente studio, oltre che la raccolta di indagini geognostiche dirette ed indirette,
riporta anche un’analisi di stabilità del versante orientale del territorio comunale in condizioni
statiche e dinamiche, una verifica alla liquefazione dei terreni granulari e una verifica teorica
del massimo avanzamento dei massi. Alla luce delle osservazioni compiute e dai risultati
ottenuti dalle verifiche alla liquefazione si è esclusa la probabilità di collasso del deposito di
terreni granulari per liquefazione. Dalle analisi di stabilità statiche e dinamiche effettuate il
versante si presenta stabile (Fs sempre > 1); inoltre si rileva che significative riduzioni degli
spostamenti ed incrementi del fattore di sicurezza pseudostatico possono essere conseguiti
mediante l’esecuzione di interventi di drenaggio volti a ridurre le pressioni interstiziali lungo le
potenziali superfici di scorrimento.
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I risultati ottenuti dalle nuove indagini geognostiche eseguite nella porzione E-SE del
territorio comunale hanno dato luogo a novità originali e puntuali sia dal punto di vista
stratigrafico - vulcanologico che geologico - strutturale.
L’originalità della visione tecnico-scientifica dell’assetto geologico-strutturale proposto, le
cui basi sono frutto dell’attenta analisi della letteratura di riferimento e della sua evoluzione
(cfr. par. 2.3) fino al 2013, comparato con lo studio di Microzonazione sismica (MS) di livello 1
(Regione Sicilia, Dipartimento della Protezione Civile, Comune di Valverde, 2013), risulta
contrastante sia con il precedente studio geologico per il PRG di Valverde a firma del Dott.
Tagliareni (come peraltro lo studio di revisione del PRG del 2008 a firma delle sottoscritte) che
con la carta geologica-tecnica allegata allo studio di MS di livello 1.
Infatti i dati oggettivi derivanti dalle indagini geognostiche hanno condotto le sottoscritte ad
una reinterpretazione dei dati di letteratura e all’indicazione di una struttura tettonica facente
parte del Sistema della Timpa di Valverde con un’estensione lineare non lungo tutto il versante
orientale del territorio comunale ma piuttosto con terminazione a monte della Sorgente Dionisio
in Località Fontana oltre la quale i contatti tra lave pretirreniane e argille si mantengono costanti
fino alla Faglia normale sepolta riconosciuta con direzione NE-SW (TAV. 1.4 e TAV. 2) con blocco
ribassato verso Sud-Est; tale struttura, non nota in letteratura e sicuramente non attiva in
epoca recente ma comunque riattivabile, è stata definita e confermata con l'acquisizione di dati
esclusivamente geognostici (campagna 2011). Inoltre nella zona di NE è stata rilevata la
presenza di due dislocazioni tettoniche con direzione NW-SE e NE-SW, individuate con indagini
geognostiche dirette e indirette, non riportate nel nostro studio del 2008 per mancanza di dati
oggettivi.
Dalla differente visione dell’assetto strutturale dell’area orientale (cfr. all. A) del territorio
comunale tra il presente studio e quello di MS Livello I, nasce la discrepanza nell’attribuzione
della definizione di “aree suscettibili di instabilità” nella Carta delle microzone omogenee in
prospettiva sismica, che nel nostro studio non sempre coincidono con aree dove sono state
rilevate instabilità geomorfologiche e/o strutture tettoniche. Dopo aver ampiamente motivato le
scelte adottate (cfr. all. G e H), è stata effettuata una distinzione tra le diverse “vocazioni all’uso”
dell’area comunale, che ha condotto alla definizione della suscettività d’uso del territorio, fatta
sempre adottando principi di cautela e di prevenzione, ritenendo senz’altro indiscussa e mai
sottovalutata la “fragilità geomorfologica” dell’area in questione.
Per
tutto
quanto
sopra,
sono
state
distinte:
aree
inedificabili;
aree
edificabili
subordinatamente alla: realizzazione di drenaggi opportunamente posizionati e dimensionati,
verifiche di stabilità del versante con i carichi di progetto, approfondimenti di indagine volti alla
verifica di possibili dislocazioni tettoniche, realizzazione di interventi per la mitigazione della
pericolosità idraulica; aree edificabili senza particolari limitazioni.
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Sulla scorta delle conclusioni alle quali si è giunti con il presente studio geologico, si
richiede la revisione del nulla osta (ex art. 13 L.64/74 N. 08440) rilasciato dal Genio Civile in
data 09.03.2009.
Aprile 2014
Dott. Geol. Eugenia Belluardo
Dott. Geol. Patrizia Di Benedetto
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BIBLIOGRAFIA ESSENZIALE
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Regione Siciliana – Presidenza- Dipartimento della Protezione Civile Servizio Sicilia Orientale -U.O.B. XIV –
“Studio del rischio idrogeologico, con finalità di protezione civile, nella fascia ionico-etnea” Settembre 2002
Regione Siciliana - Assessorato Territorio e Ambiente: “Piano Stralcio di Bacino per l’Assetto Idrogeologico
(P.A.I.). Area territoriale tra i bacini del F.me Alcantara e del F.me Simeto” - Anno 2006
Microzonazione sismica (MS) di livello 1 (Regione Sicilia, Dipartimento della Protezione Civile, Comune di
Valverde, 2013)
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