Cento anni di numeri uno

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Cento anni di numeri uno
Cento anni di numeri uno - Massimo Fini
Poiché lo stramaledetto Duemila si avvicina e fra poco i giornali cominceranno ad alluvionarci
con le classifiche dei «più grandi del secolo», li anticipo fornendo la mia, del tutto arbitraria.
Politici (europei). Trotzkij Leon. È il vero protagonista dei «dieci giorni che sconvolsero il
mondo». Fu lui a prendere il Palazzo d'Inverno, Lenin se ne stava nascosto sotto una parrucca
bionda alla stazione di Finlandia. Fu il comandante dell' Armata Rossa. Uomo d'azione e di
cultura (leggere «Letteratura e rivoluzione» e quello straordinario affresco che è «Storia della
rivoluzione russa»), di eccezionale tempra morale, poté scrivere nel suo testamento: «Non c' è
macchia sul mio onore di rivoluzionario». Personaggio grande e tragico, odiato tanto dalle
destre che dalle sinistre. Politici (italiani). Mussolini Benito. Aveva un'idea dello Stato e la attuò,
con grande efficacia, nel sociale, in economia (si pensi solo all'Iri), nella scuola (riforma
Gentile), nell'urbanistica, nell' edilizia. Avrebbe dovuto lasciare il campo il 25 luglio del '43. Porta
la responsabilità di aver dato vita alla tragica farsa della Repubblica sociale ponendo i
presupposti per la guerra civile. Guerrieri. Guevara Ernesto. Ultimo eroe romantico e,
probabilmente, ultimo guerriero adesso che le guerre le fanno le macchine. Argentino, andò a
combattere, come Byron, per la libertà di popoli non suoi. Unico esempio di leader che
abbandonò il potere dopo averlo conquistato, per inseguire nuove avventure e nuovi sogni.
Filosofi. Heidegger Martin. Sviluppando alcune delle intuizioni di Nietzsche è stato l' ultimo a
cercare di rispondere alle grandi domande esistenziali. Oggi la filosofia è diventata «pubblica»,
si occupa della politica. Fu accusato di aver avuto, per qualche tempo, simpatie naziste.
Echissenefrega. Papi. Paolo VI, al secolo Giovan Battista Montini. Uomo sofferente, percorso
dal dubbio, di grande intelligenza e cultura. Fu Paolo VI, comprendendo l'importanza della sua
posizione di agnostico che cerca Dio, a dire: «E aspettiamo ancora Prezzolini», quando tutta la
cultura italiana si era dimenticata del grande poligrafo che viveva in volontario esilio a Lugano.
Scrittori. Kafka Franz. La più lucida intelligenza letteraria del Novecento. Ha uno sguardo laser
che passa attraverso l'uomo e vede con spietata chiarezza ciò che gli altri riescono a malapena
a intuire. Oltre ai basilari «Il Processo», «La metamorfosi» e agli straordinari «Racconti» ha
scritto il libro più penetrante sull' America («America»). E non era mai andato oltre Lugano. Artisti. Nurejev Rudolph. E stato il dio della danza, della giovinezza e della bellezza.
Imprenditori. Nessuno. Non ho mai pensato che la vita di un uomo potesse risolversi nel
vendere pennini o altri «prodotti» del cazzo. Cavalli. Hadol du Vivier, trottatore francese.
Prototipo assoluto, dal petto possente del normanno, il ventre incavato e i garretti sottili del
levriere americano, «dal trotto d'una facilità e d'una semplicità estrema, rotondo, nè troppo
radente nè troppo rilevato, rotolante come uno che dipani un gomitolo», come scrisse il grande
Luigi Gianoli (non sapete chi è, eh? Ignoranti, bestie, forzisti). In una memorabile domenica di
marzo del '77 a San Siro, nel Gran Premio d'Europa, spazzò via sei record europei e vinse,
come si dice in gergo, «a paletti». Colpito da una malattia alla trachea che gli impediva di
respirare, battuto da avversari che al suo cospetto erano degli asini, ferito nel suo orgoglio di
campione, nella sua nobiltà, nella sua regalità, di cui era conscio, tentò il suicidio. Donne.
Brigitte Bardot. Come attrice era scarsina (si salva, forse, solo «La Verità» di Clouzot), ma ha
interpretato al meglio «l'eterno femminino»: infantile e donna, innocente e maliziosa, candida
senza essere casta, tenera e sensuale. Giornalisti. Malaparte Curzio. Il più grande. Quando
Tofanelli gli affidò la rubrica «Battibecco» sul Tempo, il settimanale guadagnò 70 mila copie e
altrettanto ne perse quando Malaparte, nel '58, morì. Montanelli, Biagi e Bocca gli possono
mordere solo i polpacci. Calciatori. Crujff Johann. Forse è un pelo sotto Pelè e Maradona, ma fu
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il capitano di un'0landa che interpretò non solo un modo di fare calcio, «totale», libero, solare,
divertente e divertito, ma un modo di vivere. È l' 0landa hippy della mia giovinezza.
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