LaMia4x4-Safari Truck

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LaMia4x4-Safari Truck
Speciale autocarri Come nasce un safari truck
Speciale
Giorgio Trucco
Ecco come partire da un Iveco
militare e trasformarlo in un
veicolo attrezzato di tutto punto
per i viaggi nel Continente Nero
I DUE RE DELLA SAVANA
L’Iveco adattato
all’uso africano
e, in primo piano,
uno splendido
esemplare femmina
di leone, animale da
N
n
on c’è un vero punto di partenza in
questa storia, a parte una smisurata
passione per i viaggi e l’avventura
che nella vita mi ha portato a vivere negli Stati Uniti, incontrare sulla mia strada Koko, una
ragazza con i miei stessi gusti nata a migliaia
di km da casa mia, e veder nascere insieme a
lei l’idea di allargare i confini dei sogni fino al
Continente Nero. Nelle nostre menti si è creata piano non l’idea del turismo da agenzia e
catalogo patinato, ma piuttosto qualcosa più
vicino ai viaggi-avventura con risvolti fotogra-
sempre considerato
il simbolo ed il
vero sovrano del
continente africano.
Una supremazia
che “simba”, com'è
chiamato in lingua
swahili, è costretto
a dividere con il rude
veicolo nato per
esigenze militari.
Sognando
l’Af rica
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Speciale autocarri
Speciale
Come nasce un safari truck
fici, qualcosa che esiste già, ma non come
abbiamo in mente noi. Per farlo, ci serviva
però un mezzo adatto: e questa è la storia di
una trasformazione. Forse più di una.
n Una scelta non casuale
Individuare il veicolo più giusto è apparso
subito come un passaggio fondamentale, culminato nella scelta di un italianissimo Iveco,
preferito ad altri per robustezza e affidabilità.
L’idea nasce dagli spunti raccolti in tanti viaggi
africani: il turismo dei safari usa sostanzialmente le fuoristrada classiche, tipo Land
Rover, che portano dalle tre alle sei persone,
oppure veri e propri bus che arrivano a trasportarne anche trenta o quaranta. L’idea era
quella di trovare una soluzione intermedia che
ci permettesse di portare a spasso per l’Africa
dodici passeggeri, che stessero comodi ma
senza per questo limitarci nella possibilità di
percorrere piste per fuoristrada verso zone del
continente nero poco battute. Scartata l’idea
di usare mezzi militari americani per le misure
e le cilindrate impossibili, abbiamo ripiegato
su un veicolo italiano, rintracciando dai fratelli
Bianciotto di Pinerolo, in provincia di Torino,
un Iveco ACM80 4x4 degli anni Ottanta, un autocarro militare con motore sei litri turbodiesel
da 125 kW-170 CV dotato di ridotte e bloccaggio del differenziale, immatricolato come
macchina operatrice. Il costo? 11.000 euro.
n Dal computer alla saldatrice
I lavori di allestimento e modifica sono iniziati
con una modellizzazione CAD del mezzo.
Un passaggio servito per il dimensionamento esatto di tutte le strutture, totalmente
autocostruite, utilizzate per trasformare il
cassone originale in una funzionale zona
passeggeri e vano bagagli. Come materiale
DAL COMPUTER
ALLA SALDATRICE
Due immagini
che illustrano i
primi passi della
trasformazione: lo
studio al computer
di volumi e
proporzioni, seguito
dall’applicazione
pratica, con
saldatrice alla mano.
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Speciale autocarri
Speciale
Come nasce un safari truck
abbiamo scelto il metallo (ferro, acciaio o
alluminio, in base alle esigenze) riservando il
legno alle sole finiture non strutturali. Dopo lo
“strip-down” delle parti usurate, rimuovendo
il vecchio pianale del cassone, abbiamo iniziato una bonifica delle zone intaccate dalla
ruggine, con revisione e modifica dell’impianto elettrico, assemblaggio e verniciatura
della nuova struttura. Per avere la meglio sul
tempo e sulla ruggine, sul telaio sono serviti
diversi flaconi di Ferox e antiruggine, mentre
sostituivamo le piastre di legno del piano di
carico con piastre di ferro mandorlato da cinque millimetri, tagliate, pre-forate e zincate a
freddo. Dalla cabina abbiamo rimosso i sedili
originali e li abbiamo sostituiti con altri da
gara della Sparco.
Fondamentale è stato però il montaggio
di un secondo serbatoio per il carburante
da centocinquanta litri, che alza l’autonomia del mezzo a circa mille chilometri. Un
discorso a parte meritano il vano bagagli
e la zona passeggeri, visto che una delle
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SOGNO (QUASI)
AMERICANO
Nella pagina a fianco
Giorgio Trucco e,
più in basso, la sua
fidanzata americana
Koko, al lavoro sul
truck Iveco. Qui
sopra il montaggio
dei sedili destinati
agli ospiti.
esigenze primarie è quella di trasportare
grandi quantità di bagagli e attrezzature, ma
senza sottrarre spazio vitale ai passeggeri.
Avevamo pensato di costruire un enorme
portapacchi, ma questa soluzione avrebbe
obbligato gli ospiti ad arrampicarsi a tre o
quattro metri dal suolo ogni volta. La svolta
è stata invece invertire la geometria di carico, come nei pullman, realizzando il vano
portabagagli in un’intercapedine sul fondo e
sistemando la zona passeggeri su un nuovo
pavimento rialzato. Il vantaggio è duplice:
da una parte i bagagli restano comodamente accessibili dalle sponde laterali del truck,
dall’altro si innalza notevolmente il punto di
vista dei passeggeri che, sedendo a più di
due metri da terra, godono di una visuale decisamente superiore alle tradizionali
fuoristrada e possono fotografare elefanti e
giraffe ad altezza occhi.
I sedili sono quelli classici da pullman, con
braccioli e ribaltabili di quindici gradi, posizionati il più avanti possibile per ricavare
un piccolo WC chimico e un’ulteriore zona
di carico in corrispondenza dell’entrata posteriore. Per finire, abbiamo dotato le ampie
finestre ricavate sulle sponde laterali di teste
snodabili per fotocamere della Manfrotto.
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Speciale autocarri
Speciale
Come nasce un safari truck
n Una meccanica a norme Nato
Si tratta di un mezzo straordinario in quanto
ad affidabilità e semplicità: non ha controlli
elettronici, non ha pezzi in plastica e tutto è
sovradimensionato e costruito per resistere
alle condizioni più severe. Inoltre possiamo
contare sull’amicizia dei responsabili delle
spedizioni Overland, che ci hanno assicurato supporto tecnico e ricambi originali in
caso di necessità. Sul motore non abbiamo
cambiato praticamente nulla, a parte lavare
il circuito di raffreddamento, sostituire il
termostato e lo scambiatore di calore che
accusava una piccola perdita. Abbiamo
pulito gli iniettori e verificato la taratura
della pompa di distribuzione. Un discorso
a parte, invece, lo merita l’impianto dei
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freni, che ha richiesto un intervento ben più
radicale: siamo partiti dal compressore e
abbiamo proceduto fino ai tamburi, smontando e pulendo ogni singolo pezzo. Questi
mezzi infatti non sono molto usati (il nostro
truck aveva ventitremila chilometri) però
sono stati fermi per molto tempo e questo
danneggia le parti in gomma, che tendono a
seccarsi e a creparsi. I servofreni, attuatori
pneumoidraulici della Wabco Westinghouse,
erano in condizioni critiche. I filtri di aspirazione avevano perso la tenuta e le camere si
erano riempite di acqua e terra, rendendo il
ritorno della membrana in gomma difficoltoso e irregolare. Sono stati smontati integralmente, puliti e lucidati, sostituendo tutte le
guarnizioni.
DA TORINO AL
CONTINENTE NERO
Il duro lavoro di
trasformazione
ha avuto come
scenario la collina
di Torino, dove i
due vivono quando
sono in Italia.
Attualmente, il
truck è appena
giunto in Africa
via nave, in tempo
utile per il viaggio
inaugurale.
n Conti alla mano
L’allestimento del truck di AdventurAfrica ha
richiesto quasi cinquecento chili di metallo
aggiuntivo, tra piastre mandorlate, tubi, scatolati
e ferri a “elle”. Una decina di metri quadrati di
legno costituiscono il bellissimo pavimento in
colore mogano, due sedili da gara Sparco e sei
coppie di sedili da pullman completano l’elenco
del materiale per l’allestimento base, il cui costo
finale ha superato di poco i duemila euro. In
aggiunta, il truck è dotato di un’attrezzatissima
cucina da campo, due serbatoi indipendenti per
l’acqua da settanta litri ognuno, generatore di
corrente, WC chimico, radio Vhf, Gps, telefono
satellitare Iridium, tende e materassini da campeggio. Il tutto per offrire un servizio curato in
ogni dettaglio a chi sceglierà un modo diverso e
più autentico di affrontare l’Africa.
Si scrive safari,
significa viaggio
La parola “safari” significa viaggio in lingua
swahili, e l’uomo viaggia da sempre, per sete di
conoscenza, per amore o per necessità. Basta
fare un giro in Africa per vedere che sotto la voce
safari è già stato proposto di tutto, ma Adventur­
Africa vuol essere qualcosa di diverso: viaggi,
avventure, spedizioni e workshop di fotografia a
stretto contatto con la natura e la fauna dei grandi
parchi africani. Ai posti di comando Giorgio Trucco,
fotografo naturalista e la sua fidanzata Koko Kosila:
due giovani che preferiscono parlare di compagni
di viaggio con cui dividere esperienze in posti
lontani, fra persone che accettano di lasciarsi alle
spalle paure, pregiudizi, barriere mentali e aspet­
tative. Si dorme in campi tendati, acquistando il
cibo nei mercati locali e cucinando all’aperto, sotto
i cieli infiniti dell’Africa. Per saperne di più: www.
adventurafrica.com.
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