personalizzazione della terapia in pma

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personalizzazione della terapia in pma
Fertilità a 360°? Spunti e nuove riflessioni sulla PMA – Edizione
2013
Modulo 1 - Personalizzazione della terapia in PMA
Dr.ssa Laura Benaglia Specialista in Ginecologia e Ostetricia, Fondazione Ca’ Granda, Ospedale
Maggiore Policlinico, U.O. Sterilità di Coppia, Milano
Sanitanova è accreditato dalla Commissione Nazionale ECM (accreditamento standard n. 12 del
7/2/2013) a fornire programmi di formazione continua per tutte le professioni.
Sanitanova si assume la responsabilità per i contenuti, la qualità e la correttezza etica di questa
attività ECM.
Data inizio svolgimento: 10/03/2013; ID evento: 12-52675
Obiettivi formativi
Al termine del modulo didattico, il discente dovrebbe essere in grado di:

comprendere razionale e strategie di induzione follicolare multipla nella PMA;

conoscere i parametri di scelta di una corretta terapia;

valutare la personalizzazione della terapia in funzione del singolo caso.
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Razionale e strategie di induzione follicolare multipla nella
PMA
Nel 1978 venne eseguita la prima Fecondazione In Vitro (FIVET) prelevando un ovocita su ciclo
spontaneo. Già pochi anni dopo si confermò che i tassi di gravidanza erano maggiori con l’utilizzo
di gonadotropine che inducevano una ovulazione multipla e quindi permettevano il trasferimento
di un maggior numero di embrioni1.
Da allora, la stimolazione ormonale con induzione della crescita follicolare multipla è diventata
fondamentale nel percorso di FIVET. Lo scopo dei diversi protocolli di stimolazione è quello di
portare a maturazione un aumentato numero di follicoli per ottenere un maggior numero di oociti
maturi dai quali sia possibile ottenere embrioni di buona qualità.
In fisiologia, ci sono tre fasi nel ciclo ovarico: reclutamento, selezione e dominanza. La caduta dei
livelli di estrogeni e progesterone con la regressione del corpo luteo provoca un aumentato rilascio
pulsatile del GnRH a livello ipotalamico. La pulsatilità del GnRH induce un incremento delle
concentrazioni di FSH. Tali concentrazioni raggiungono un valore soglia sopra il quale avviene il
reclutamento dei follicoli antrali. I follicoli reclutati hanno un diametro compreso tra 2 e 5 mm.
Successivamente, nel pool di follicoli reclutati, attraverso un fine meccanismo di regolazione
ormonale tra FSH, LH, inibina ed estrogeni, avviene la selezione di un follicolo dominante, il quale
procede fino a maturazione inducendo in atresia i rimanenti follicoli reclutati. Il follicolo
dominante esprime i recettori per l’LH necessari per compiere la sua maturazione (vedi Figura 1).
Figura 1: Reclutamento, selezione e dominanza follicolare nel ciclo ovarico
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Esistono altri fattori intraovarici oltre all’FSH e all’LH che regolano il ciclo ovarico. Tra questi
l’Insuline-like Grow Factor (IGF) svolge un ruolo primario: l’IGF-1 stimola la proliferazione delle
cellule della granulosa e la produzione di 17-OH-progesterone e androgeni a livello delle cellule
della teca in associazione con l’LH e l’IGF-2. L’IGF viene regolato dall’ormone della crescita (GH)
che ne stimola la produzione a livello ovarico e a livello epatico2. Altri fattori coinvolti nella
regolazione ovarica sono l’Epidermal Growth Factor (EGF) e il TGF-alfa che stimolano la
proliferazione delle cellule della granulosa.
Infine, l’activina stimola la proliferazione delle cellule della granulosa e l’inibina aumenta la sintesi
di androgeni LH nelle cellule tecali3.
Sulla base della fisiologia ovarica si può comprendere il razionale della stimolazione ovarica
utilizzata nella Procreazione Medicalmente Assistita (PMA): la somministrazione prolungata di
gonadotropine esogene conduce al persistente innalzamento dei valori di FSH al di sopra del
valore soglia. Tale meccanismo impedisce la selezione e dominanza di un singolo follicolo ma
induce lo sviluppo sincrono di tutti i follicoli reclutati, che normalmente andrebbero in atresia, fino
allo stadio di maturità (vedi Figura 2)
Figura 2. Al valore soglia dell’FSH normalmente il follicolo dominante secerne estrogeni e inibina B
in quantità più elevate e questi ormoni, per un meccanismo di feedback, riducono la secrezione di
FSH. Contemporaneamente, il follicolo dominante diviene più sensibile alla stimolazione FSH
nonché acquisisce la sensibilità all’LH. Di fatto, quindi, il follicolo dominante mantiene la capacità
di crescere sotto la stimolazione della gonadotropine nonostante la riduzione di FSH mentre tutti i
follicoli subordinati della corte interrompono la loro crescita perché non adeguatamente sostenuti
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dall’FSH e vanno in atresia. Con la stimolazione ormonale, invece, i valori di FSH rimangono
persistentemente sopra la soglia, questo meccanismo di regolazione della selezione viene alterato
e i follicoli della coorte continuano a crescere (freccia rossa)
Strategie di induzione follicolare multipla nella PMA
Sulla base del ciclo fisiologico sono stati sviluppati diversi schemi di stimolazione ovarica. I
principali sono i seguenti (vedi Figura 3):
1. Protocollo lungo con GnRH agonisti (long protocol)
2. Protocollo corto con GnRH agonisti (flare up protocol)
3. Protocollo con GnRH antagonisti
In casi selezionati esiste una quarto schema di stimolazione con l’utilizzo di farmaci antiestrogeni
(come discusso in seguito).
Prevenire i meccanismi che portano all’ovulazione spontanea è un punto importante da tenere in
considerazione quando si programma una stimolazione ovarica. Vi è quindi la necessità di
prevenire il picco prematuro di LH per impedire l’ovulazione spontanea. Il controllo della
secrezione ipofisaria è dato dal rilascio ipotalamico di GnRH, un decapeptide a catena singola, che
è prodotto e liberato a livello del nucleo arcuato e dell’area pre-ottica dell’ipotalamo e che si lega
a recettori specifici nell’ipofisi anteriore. È dotato di emivita breve ed è rapidamente inattivato.
Tramite modificazioni aminoacidiche nei punti di rottura del peptide sono stati creati analoghi del
GnRH (GnRHa) con emivita maggiore e più alta affinità recettoriale. La somministrazione
prolungata dei GnRHa consente di ottenere la soppressione ipofisaria. I GnRHa disponibili sono
molteplici in base alle modalità di somministrazione che possono essere: per via nasale o
sottocutanea/intramuscolare, con somministrazione quotidiana o mensile (preparati depot).
Protocollo lungo
Nel protocollo lungo la somministrazione del GnRHa è iniziata nella fase medio-luteale del ciclo
precedente; si ottiene la desensibilizzazione ipofisaria dopo circa 14-21 giorni, dopo di che si inizia
la somministrazione di gonadotropine.
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Protocollo breve
Nel protocollo breve e ultra-breve, la somministrazione è iniziata il primo giorno del ciclo per
sfruttare l’effetto flare up, vale a dire la liberazione massiva di gonadotropine endogene che si
verifica con la somministrazione di GNRHa, prima che s’instauri il blocco ipofisario. In questo
protocollo la somministrazione di gonadotropine è iniziata alcuni giorni dopo il GNRHa.
Protocollo con GnRH antagonista
Negli ultimi anni è stata sviluppata una nuova classe di farmaci in grado di determinare il blocco
ipofisario in un tempo molto più breve: gli antagonisti del GnRH. Gli antagonisti inducono una
rapida riduzione dei livelli di LH e FSH agendo con un meccanismo di inibizione competitiva del
recettore ipofisario per il GnRH, bloccando completamente l’ipofisi in poche ore. Essi sono
pertanto in grado di prevenire e interrompere il picco di LH senza richiedere un intervallo di
desensibilizzazione, per cui possono essere usati in fase follicolare. Il protocollo consiste
nell’introduzione delle gonadotropine dal secondo o terzo giorno del ciclo e nell’introduzione del
GnRH antagonista con follicolo di dimensioni ≥ 13 mm (schema flexibole). Esistono inoltre
protocolli che introducono l’ antagonista con schema fisso in 7-8 giornata del ciclo. Entrambi
dall’analisi della letteratura paiono avere eguale efficacia in termini di PR. L’introduzione nella
pratica clinica dei GnRH-antagonisti ha portato a una riduzione del periodo di trattamento, del
numero di fiale di gonadotropine utilizzate e dell’incidenza della sindrome di iperstimolazione
ovarica. Queste caratteristiche sono state convalidate da una review di studi clinici randomizzati4.
Non vi erano differenze statisticamente significative riguardo la prevenzione del picco dell’LH (vedi
Figura 3).
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Figura 3: I principali tre schemi di stimolazione con gonadotropine
Clomifene citrato
I farmaci anti-estrogeni agiscono a livello ipofisario in modo competitivo sui recettori per gli
estrogeni bloccandoli e inducendo una produzione endogena di FSH da parte dell’ipofisi stessa con
un conseguente sviluppo ovarico mono o pluri-follicolare. Negli anni ’80 il clomifene citrato veniva
utilizzato per protocolli di induzione follicolare multipla. Tuttavia, le discrete percentuali di
successo riportate in diversi centri erano controbilanciate da un elevato tasso di sospensione del
ciclo per picchi prematuri di LH (25-30%)5 e da un più elevato tasso di abortività spontanea. I tassi
di gravidanza riportati con il clomifene citrato sono tra il 6 e il 20%, quindi inferiori ai protocolli con
gonadotropine e anche i tassi cumulativi di gravidanza sono significativamente inferiori rispetto ai
cicli con gonadotropine6.
Classificazione delle pazienti in funzione della risposta clinica
La scelta della dose e dello schema terapeutico più adeguati si basa su alcune caratteristiche delle
pazienti. In letteratura, infatti, numerosi Autori hanno tentato di identificare fattori che
rispecchiassero la funzionalità ovarica, cioè la capacità dell’ovaio di avere attività spontaneamente
o in seguito a stimolazione ormonale. La riserva ovarica è da considerarsi lo specchio della capacità
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dell’ovaio di rispondere alla stimolazione ovarica in un determinato periodo della vita. Infatti, la
riserva ovarica è tempo dipendente, tale per cui la riserva ovarica fisiologica di una ragazza di 16
anni non è uguale alla riserva ovarica di una donna di 41 anni. Con lo scopo di determinare la
riserva ovarica di ogni donna, in modo individualizzato, sono stati studiati e identificati alcuni
marker, plasmatici o ecografici.
Sono quindi stati definiti alcuni criteri predittivi di risposta ovarica per cui possiamo classificare le
pazienti in: Normo-responder, Poor-responder e Hyper-responder. La prima categoria include le
cosiddette pazienti standard, con una risposta ovarica e un recupero ovocitario nella media a dosi
standard; le pazienti poor-responder sono donne che hanno una scarsa risposta ovarica a dosi
standard e le pazienti hyper-responder sono donne che rispondono eccessivamente a una
stimolazione standard.
La conoscenza della riserva ovarica da un lato ci permetterà di fornire un counseling adeguato alla
paziente, informandola preventivamente del livello di probabilità di successo o di fallimento del
ciclo; dall’altro, e soprattutto, ci permetterà di stabilire il tipo di protocollo di stimolazione e il
dosaggio di farmaci adatto a quel singolo caso e ci permetterà quindi di ‘personalizzare’ la terapia.
Per riconoscere e classificare le pazienti sono necessari dei criteri diagnostici che sono ecografici e
plasmatici. Nei capitoli successivi si spiegherà nel dettaglio quali sono i parametri per la corretta
individualizzazione della terapia e i diversi schemi di stimolazione.
Parole chiave: protocollo lungo, protocollo con GnRH antagonista, protocollo corto “flare up”
Parametri di risposta alla stimolazione ovarica: test di riserva
ovarica
FSH plasmatico in 3° giornata del ciclo
Il primo marker di riserva ovarica proposto in letteratura è stata la misurazione sierica di FSH in
fase follicolare precoce (2-3° gg del ciclo). I livelli basali di FSH sono buoni marcatori di risposta
ovarica alla stimolazione. Minori valori di FSH plasmatico correlavano con un maggior numero di
ovociti recuperati7.
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Ancora oggi manca una spiegazione fisiopatologica definitiva del fenomeno clinico-biologico
osservato: tuttavia si suppone che, con la riduzione della riserva ovarica, si avrebbe la riduzione
del freno inibitorio ovarico sull’ipofisi con un conseguente innalzamento dell’FSH ipofisario.
Sono passati più di 20 anni da questa prima segnalazione e, con il tempo, sono cambiati anche i
metodi di dosaggio, per cui si è valutato che i 15 UI/l dei primi kit di analisi corrispondono a 9,5
UI/l degli attuali sistemi EIA (Enzyme Immuno Assay, dosaggio immunoenzimativo). Esistono due
studi, uno di revisione sistematica della letteratura e l’altro una meta-analisi, che hanno valutato il
valore predittivo dell’FSH.
Nella revisione della letteratura di Buckman e coll.7 gli autori concludono che l’FSH sierico basale è
un buon marcatore della riserva ovarica ma che non ha alcun potere predittivo sulla probabilità di
una gravidanza in una popolazione generale; inoltre i problemi di accuratezza nella
determinazione sono tali per cui ciascun centro dovrebbe validare i propri parametri di
riferimento. Nella meta-analisi di Bancsi e coll.8 gli autori analizzano i dati in letteratura dal 1989 al
1999 e concludono che l’FSH sierico basale ha un moderato potere predittivo sulla bassa risposta
ovarica e tale predittività è ancora minore per il parametro non-gravidanza. Quanto all’efficacia
clinica, il potere predittivo dell’FSH per il fallimento alla risposta ovarica si ha solo nei casi in cui
l’FSH presenti valori decisamente alti (15-20 UI/l degli attuali sistemi EIA). Pertanto questo test
non può essere utilizzato come valore predittivo per la scelta del regime terapeutico ma rimane
utile al fine di una corretta valutazione della riserva ovarica se associato ad altri marker della
stessa.
Ormone anti-mülleriano
Grande interesse sta suscitando negli ultimi anni il dosaggio sierico dell’ormone anti-mülleriano
(anti müllerian hormone, AMH) nello studio della riserva ovarica. Tale ormone è una glicoproteina
dimerica della famiglia TGF-beta secreta esclusivamente dalle cellule della granulosa dei follicoli
preantrali primari e secondari e dai piccoli follicoli antrali (2-6 mm di diametro) in modo
indipendente dall’FSH.
Proprio perché viene prodotto da follicoli la cui transizione è ormonoindipendente e quindi non
influenzata dalle diverse fasi del ciclo ovarico, la sua determinazione può essere eseguita in
qualunque momento del ciclo (anche se esistono delle evidenze in letteratura che parrebbero
meglio correlare il valore dell’ AMH con la riduzione della RO quando eseguito nella fase follicolare
precoce del ciclo e cioè non oltre la 5 -6 giornata) e, inoltre, il suo valore predittivo sulla riserva
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ovarica ha una maggiore costanza interciclica rispetto agli altri marker9. Recenti studi hanno
dimostrato come i livelli di AMH siano direttamente correlati con la quantità di follicoli primordiali
presenti nell’ovaio in un dato momento. Clinicamente, l’AMH correla con il numero di follicoli
antrali e degli ovociti recuperati dopo prelievo ovocitario 10. I cut off riportati in letteratura variano
tra 0,4 e 1,2 ng/ml. L’AMH è in grado di predire meglio rispetto agli altri marker biochimici l’entità
della risposta ovarica distinguendo le risposte scarse da quelle normali. Tale valore predittivo è
comparabile solo a quello della conta dei follicoli antrali rispetto alla quale tuttavia è molto più
efficace nell’individuare l’iper-risposta11. Per tali motivi, questo ormone può essere utilizzato per
personalizzare le strategie di trattamento di stimolazione ovarica al fine di ridurre i rischi clinici
ottimizzando nel contempo i tassi di gravidanza11. Recentemente la Marca e coll. hanno elaborato
un algoritmo per il calcolo della corretta dose iniziale di FSH per la stimolazione ovarica,
estrapolandolo da una analisi su 346 donne al primo ciclo FIVET. Il modello si basa su: età, FSH
basale e AMH. L’algoritmo così costruito predice una dose iniziale di FSH esogeno < 225 UI/die nel
55,1% delle pazienti con meno di 35 anni e nel 25,9% delle donne con più di 35 anni. Sicuramente
il risultato più interessante è lo sviluppo di un algoritmo facile e utilizzabile su larga scala dai
medici che si occupano di FIVET, sulla base solo di tre fattori: FSH, AMH e età della paziente12 (vedi
Figura 4).
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Figura 4. Algoritmo per la decisione della dose iniziale di FSH in ciclo FIVET. Nell’esempio la
paziente ha 30 anni, AMH = 4 ng/ml, FSH = 4UI/l; la dose iniziale ideale di FSH esogeno risulta
essere di 152 UI/die12
Conta dei follicoli antrali
L’ecografia transvaginale, tradizionale e tridimensonale, è entrata prepotentemente nella
valutazione della riserva ovarica. Volume ovarico e numero di follicoli antrali, misurati in condizioni
basali, costituiscono un eccellente parametro di valutazione diretta della riserva 13. Infatti, la
valutazione ecografica basale del numero dei follicoli antrali correla con gli altri test di riserva
ovarica indicando che il pool di tali follicoli rappresenta la riserva ovarica funzionale e suggerendo
quindi che questa misura possa costituire un marcatore della fertilità naturale.
Studi recenti hanno dimostrato come la performance della conta dei follicoli antrali (antral follicol
count, AFC) nella valutazione della quantità di follicoli primordiali presenti in un dato momento
nell’ovaio sia sovrapponibile a quello dell’AMH14. Inoltre, l’AFC riflette direttamente il pool dei
follicoli antrali precoci mensilmente reclutati e sensibili alla stimolazione gonadotropinica e
pertanto è un ottimo valore predittivo di risposta ovarica, soprattutto come mezzo per
personalizzare il tipo di stimolazione ormonale. L’AFC, quindi, insieme alla determinazione
dell’AMH, rappresenta uno tra i migliori marker predittivi della risposta ovarica16 anche se ancora
oggi, a differenza dell’AMH, non è stata codificata una correlazione tra numero di follicoli e
dosaggio gonadotropinico iniziale16.
I cut off minimi proposti sono un volume ovarico totale <7 cm3 o un numero di follicoli antrali
complessivi < 5, perché al di sotto di tali valori non si è osservato nessuna gravidanza in un
programma di fecondazione in vitro. È forse ancora presto per una codificazione definitiva di
valori-soglia sia per il parametro di riserva ovarica ‘volume ovarico’ sia per quello ‘numero di
follicoli antrali’. Tuttavia, una buona riserva ovarica solitamente è presente se la somma del
volume delle due ovaie è superiore a 7 cm3 e se la somma del numero dei follicoli antrali e uguale
o superiore a 716.
Analogamente allo studio in cui è stato elaborato un algoritmo per il calcolo della corretta dose
iniziale di FSH per la stimolazione ovarica sulla base di età, FSH basale e AMH, è stato elaborato
successivamente un diverso algoritmo che prevedeva l’impiego dell’AFC anziché dell’AMH.
Dall’analisi di 505 donne al loro primo ciclo FIVET, Tael e coll. hanno elaborato un modello
statistico per la predizione della risposta ovarica alle gonadotropine esogene che includeva età,
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FSH basale e AFC. L’algoritmo così costruito predice una dose iniziale di FSH esogeno < 225 UI/die
nel 50,2% delle pazienti con meno di 35 anni e nel 18,1% delle donne con più di 35 anni.
Sicuramente, l’esistenza di questo algoritmo, insieme a quello sviluppato nel 2012 per l’utilizzo
dell’AMH, rende ancora più precisa la dose iniziale scelta dal medico che utilizzi questi due schemi
(vedi Figura 5)15.
Figura 5. Algoritmo per la decisione della dose iniziale di FSH in ciclo FIVET. Nell’esempio la
paziente ha 30 anni, AFC= 16, FSH= 4UI/l; la dose iniziale ideale di FSH esogeno risulta essere di
152 UI/die15
Parole chiave: FSH basale, AMH, AFC
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Correlazione test di riserva ovarica con risposta ovarica
Eccessiva risposta ovarica
Sono stati eseguiti alcuni studi con il tentativo di correlare i test di riserva ovarica con una
eccessiva o a una scarsa risposta ovarica.
Per quanto riguarda l’eccessiva risposta ovarica, una recente meta-analisi ha valutato la sensibilità
e specificità di tali fattori in queste pazienti16. In questa meta-analisi in cui sono stati valutati 12
studi, la definizione di “eccessiva risposta ovarica” non era uniforme: variava da un numero di
oociti recuperati tra 14 e 21 e/o sviluppo di sindrome da iperstimolazione ovarica. Nove studi
riguardanti l’AMH e 5 studi riguardanti l’AFC risultarono disponibili per l’analisi. La conclusione è
stata che la sensibilità e specificità nel predire una eccessiva risposta ovarica dell’AMH sono 82 e
76%, mentre per l’AFC sono 82 e 80%, rispettivamente. Comparando i risultati non sono state
evidenziate differenze statisticamente significative tra i due fattori prognostici 16. I valori di cut off
al di sopra dei quali è possibile identificare una paziente a rischio di “eccessiva risposta ovarica”
sono differenti nei vari studi. Il range nei 9 studi che hanno utilizzato l’AMH è 1,59-7,00 ng/ml, il
range dell’AFC utilizzato nei 5 studi sopra citati è 9-18 follicoli antrali. Riportiamo di seguito la
tabella 1 della meta-analisi con i cut off, le sensibilità e specificità dei diversi studi analizzati.
Author
AMH
van
Rooij et
al.
(2002)
EldarGeva et
al.
(2005)
Ebner et
al.
(2006)
La Marca
et al.
(2007)
Cycl
es
(n)
Cutoff
(ng/
ml)
Abnor
mal
test
result
(%)
Sensitiv
ity
Specific
ity
LR+
Pre-test
probabil
ity
Posttest
probabil
ity
114
3.50
0.08
0.40
0.95
8.32 0.09
0.44
53
3.50
0.32
0.72
0.89
6.32 0.34
0.76
135
135
1.66
4.52
0.75
0.25
0.95
0.55
0.31
0.81
1.38 0.16
2.80 0.16
0.21
0.35
48
48
2.60
7.00
0.50
0.23
0.86
0.57
0.56
0.83
1.95 0.15
3.35 0.15
0.25
0.36
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Nelson
et al.
(2007)
Lee et
al.
(2008)
Riggs et
al.
(2008)
Nardo et
al.
(2009)
Aflatooni
an et al.
(2009)
AFC
Ng et al.
(2000)
van
Rooij et
al.
(2002)
EldarGeva et
al.
(2005)
Kwee et
al.
(2008)
314
314
2.10
3.50
0.27
0.08
0.88
0.57
0.79
0.96
262
262
1.99
3.36
0.50
0.25
0.90
0.62
0.62
0.87
4.10
13.8
0
2.38
4.64
0.08
0.07
0.26
0.52
0.23
0.23
0.42
0.58
123
1.59
0.49
0.84
0.67
2.56 0.31
0.53
165
3.50
0.36
0.88
0.70
2.90 0.10
0.24
159
4.83
0.42
0.93
0.78
4.26 0.28
0.63
128
128
114
9
14
14
0.39
0.10
0.42
0.60
0.20
0.92
0.71
0.94
0.63
2.09 0.31
3.48 0.31
2.49 0.10
0.49
0.62
0.22
56
14
0.78
0.94
0.33
1.41 0.40
0.48
110
110
110
110
10
12
14
16
0.38
0.30
0.21
0.11
0.94
0.88
0.81
0.50
0.71
0.80
0.89
0.96
0.15
0.15
0.15
0.15
0.36
0.42
0.57
0.67
110
18
0.06
0.31
0.98
0.15
0.71
Aflatooni 159
an et al.
(2009)
16
0.31
0.89
0.92
3.26
4.33
7.64
11.7
5
14.6
9
11.2
6
0.28
0.82
LR+, likelihood ratio for a positive test result.
Tabella 1: I cut off, le sensibilità e le specificità di AMH e AFC dei diversi studi analizzati16.
Scarsa risposta ovarica
La definizione di paziente con scarsa risposta ovarica (maggiormente nota come POR: poor ovarian
responder) ha ricevuto la prima ufficiale definizione alla Consensus Conference dell’ESHRE di
Bologna nel 2011. La condizione POR indica generalmente una riduzione del numero di follicoli
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sviluppati in condizione di stimolazione ormonale standard e un numero ridotto di oociti
recuperati. Alla Consensus di Bologna si è stabilito che per definire una paziente POR devono
essere presenti almeno due dei seguenti fattori:
1) età materna avanzata o altri fattori di rischio anamnestici come precedenti interventi
chirurgici sulle ovaie;
2) una precedente risposta ovarica ridotta, ove si intende un recupero minore o uguale a 3
ovociti in condizione di stimolazione ovarica a dosi standard;
3) un test di riserva ovarica alterato.
Infine due precedenti episodi di recupero ovocitario < 3 a dosi di stimolazioni massimali sono già
diagnostici di POR14.
Per quanto riguarda il punto relativo ai test di riserva ovarica, anche nella Consensus sono stati
valutati i due test maggiormente affidabili, come abbiamo visto precedentemente: l’AMH e l’AFC.
Come nelle pazienti con eccessiva risposta ovarica anche nelle pazienti POR si è cercato di stabilire
l’accuratezza dei due test. Diversi studi hanno analizzato il valore predittivo dei due singoli test e
della loro combinazione e, di tutti i test, l’AMH e l’AFC hanno dimostrato di avere la migliore
sensibilità e specificità nel predirre la risposta ovarica: 82 e 76% per l’AMH, 82 e 80% per l’AFC5,18,
con un numero di falsi positivi del 10-20%5,18.
Sono stati eseguiti numerosi studi per valutare l’accuratezza dei due test in modo combinato. Una
meta-analisi di studi di coorte ha dimostrato che l’uso combinato dei due test non migliora
l’efficacia dei due singoli test nel predire una scarsa risposta ovarica19. Questo risultato non è del
tutto sorprendente se si considera che entrambi misurano di fatto l’attività follicolare
gonadotropino-indipendente dell’ovaio. L’AFC ha il vantaggio di essere poco costoso. L’esecuzione
dell’ecografia ovarica in fase post-mestruale, prima dell’inizio della terapia, consente una precisa
AFC consentendo quindi di modulare la dose iniziale di gonadotropine (vedi capitolo successivo).
In conclusione, l’AMH e l’AFC devono essere comunque considerati i più accurati marker di riserva
ovarica e la loro accuratezza nella predizione di una scarsa risposta ovarica, anche se non perfetta,
è da ritenere accettabile18.
Esistono diverse review che hanno valutato i possibili cut off per stabilire una probabile scarsa
risposta ovarica16-18.
Per l’AMH, i più accurati valori limite inferiori riportati sono nel range 0,5-0,1 ng/ml, mentre i
valori di ridotta AFC variano da meno di 7 a meno di 5 follicoli antrali all’ecografia transvaginale.
(vedi Figura 6).
Sanitanova Srl – Fertilità a 360°? Spunti e nuove riflessioni sulla PMA Edizione 2013 – Modulo 1 14
Figura 6: Curve ROC di specificità e sensibilità di FSH basale, AMH e AFC per predire la risposta
ovarica14.
Parametri di scelta della dose di gonadotropine e dello schema
terapeutico
Dose di gonadotropine
La dose iniziale di gonadotropine esogene dovrebbe essere compresa tra 100-300 UI/die per i
primi 4-5 giorni. Tali dosi di partenza sono modificabili in corso di procedura sulla base della
valutazione ecografica e della valutazione plasmatica dei livelli di estrogeni in corso di
stimolazione. Una dose di partenza adeguata normalmente corrisponde, dopo 5 giorni di terapia, a
una concentrazione sierica di estradiolo di 100-330 pg/ml, con dimensioni follicolari medie di 1012 mm. Lo scostamento da questi valori implica un possibile cambiamento della terapia
aumentando o riducendo la dose di gonadotropine giornaliere. In seguito, i follicoli avranno una
crescita di circa 1,5 mm al giorno e i valori di estradiolo aumenteranno di circa l’80-100% ogni 48
Sanitanova Srl – Fertilità a 360°? Spunti e nuove riflessioni sulla PMA Edizione 2013 – Modulo 1 15
ore. Diversi dati su studi prospettici confermano che l’aumento della dose di rFSH iniziale a più
elevati dosaggi (≥ 450 UI/die) non dà miglioramenti significativi in termini di gravidanze ottenute
anche in pazienti classificate come POR o con età anagrafica avanzata20.
Schema terapeutico
Lo schema terapeutico considerato standard dagli anni ’80 a oggi è il long protocol.
Il protocollo lungo è da ritenersi il protocollo ideale in determinate condizioni perché offre un
ottimo controllo del rilascio prematuro di LH in fase follicolare e consente un reclutamento
sincrono dei follicoli.
Gli svantaggi di questo schema sono rappresentati dal prolungarsi del trattamento, da un elevato
numero di dosi di gonadotropine, dal rischio di sindrome da iperstimolazione ovarica nelle pazienti
a rischio e di scarsa risposta ovarica nelle pazienti con ridotta riserva ovarica.
Infatti, vi sono meta-analisi che hanno comparato l’efficacia del protocollo lungo con il protocollo
corto con GnRH antagonista. L’ultima meta-analisi aggiornata risale al 2011 della Cochrane
Database Systematic Review 4. Sono stati analizzati 45 studi per un totale di 7511 pazienti. Non
sono emerse differenze in termini di bambini nati vivi tra i due protocolli (9 RCTs; odds ratio (OR)
0,86, 95% IC 0,69 – 1,08) o di gravidanze in corso (28 RCT; OR 0,87, 95% IC 0,77 – 1,00),
confermando quindi i dati precedentemente disponibili nella review del 2006. Emerge invece una
ridotta incidenza di Sindrome da Iperstimolazione Ovarica (OHSS) nel gruppo con il GnRH
antagonista (29 RCT; OR 0,43, 95% IC 0,33 – 0,57). Pertanto il protocollo con GnRH antagonista è
da prediligere in pazienti a rischio di eccessiva risposta ovarica, precedentemente identificata
secondo i parametri prima descritti.
La necessità di sviluppare protocollo in grado di prevenire l’OHSS ha portato allo sviluppo di un
approccio nuovo che prende il nome di mild stimulation. La mild stimulation si basa sulla teoria
della “finestra dell’FSH”, secondo la quale la crescita del follicolo dominante è tempo dipendente e
non FSH-dose dipendente. Pertanto, tale protocollo è caratterizzato da continui ma moderati livelli
di FSH durante la fase medio-tardiva della follicologenesi in modo tale da ottenere una estensione
del periodo “finestra” e una selezione di più follicoli ma nel contempo evitare l’eccessivo
reclutamento. Tale approccio è in genere associato all’utilizzo di GnRH antagonisti allo scopo di
inibire l’ovulazione spontanea senza dover ricorrere al protocollo lungo che come è detto
incrementa il rischio di OHSS. In uno studio prospettico randomizzato su 142 pazienti, l’efficacia
del protocollo di stimolazione a 150 UI/die, iniziata il 5° giorno del ciclo, è stata paragonata a
Sanitanova Srl – Fertilità a 360°? Spunti e nuove riflessioni sulla PMA Edizione 2013 – Modulo 1 16
quella di un protocollo lungo convenzionale: gli autori hanno concluso che le percentuali di
gravidanza non differivano significativamente nei due protocolli con il vantaggio di un minore
durata e dosaggio nel protocollo mild21.
Gli antagonisti del GnRH presentano anche l’ulteriore vantaggio di sfruttare l’iniziale produzione di
FSH endogeno con un minore utilizzo di gonadotropine esogene. Questo meccanismo, insieme alla
mancanza dell’effetto prolungato inibitorio sull’ipofisi, rendono il GnRH antagonista un’ottima
alternativa anche nelle pazienti poor responder.
Nelle pazienti POR sono stati inoltre proposti altri protocolli alternativi: lo short protocol, il
clomifene citrato e il ciclo naturale/naturale-pilotato.
L’utilizzo dello short protocol in queste pazienti si basa sul fatto che il GnRH analogo somministrato
in fase follicolare precoce induce, con un effetto “flare up”, il rilascio di gonadotropine endogene.
Questo induce una riduzione delle gonadotropine esogene utilizzate, della durata della
stimolazione, dei tassi di cancellazione dei cicli e delle percentuali di aborto con un incremento
della pregnancy rate rispetto al long protocol22.
Ci sono Autori che hanno proposto l’utilizzo di clomifene citrato nelle POR perché è un farmaco
che si assume per via orale (quindi molto ben accettato) e poco costoso. Le percentuali di successo
sono simili confrontando clomifene con l’utilizzo del protocollo lungo, in assenza di effetti
collaterali e eventi avversi (3% e 5%, p=0.77)21.
Si è visto inoltre che alcune pazienti poor responder sottoposte a gonadotropine ad alte dosi
rispondono comunque al massimo con uno/due follicoli, pertanto possono essere candidate a
sottoporsi a un trattamento secondo il loro ciclo naturale. Si parla di ciclo spontaneo pilotato se si
associa l’utilizzo di rFSH 75 UI/die con GnRH antagonista dalla selezione del follicolo dominante
per evitare il fenomeno della luteinizzazione precoce. In letteratura viene riportata una
percentuale di gravidanza del 16-26%24. Tuttavia, sono necessari nuovi studi che confermino
l’efficacia di tali protocolli che non utilizzano (o utilizzano poco) gonadotropine esogene.
Sanitanova Srl – Fertilità a 360°? Spunti e nuove riflessioni sulla PMA Edizione 2013 – Modulo 1 17
PAZIENTE CON INDICAZIONE
FIVET
ESAMI ORMONALI :
ESAMI ORMONALI :
ESAMI ORMONALI :
FSH > 12
FSH < 12
FSH > 12
AMH < 0.5-1.0
AMH = 1.59-7-00
AMH > 1.59-7.00
AFC < 5 -7
AFC < 9
AFC > 9-18
POOR RESPONDER
NORMO RESPONDER
IPER RESPONDER
PROTOCOLLO:
PROTOCOLLO:
PROTOCOLLO:
-GnRH ANTAGONISTA
-LONG PROTOCOL
-GnRH ANTAGONISTA
- FLARE UP PROTOCOL
Figura 7. Algoritmo per individuazione tre classi di pazienti e i rispettivi possibili schemi terapeutici
Come migliorare le terapie: cenni di terapie future
Fattore ovarico
Nonostante i parametri ormonali e clinici rimangano gli unici fattori dimostrati essere di ausilio per
la scelta della miglior stimolazione ormonale possibile per ogni paziente, nessuno dei marker citati
nei paragrafi precedenti ha un valore predittivo ottimale se considerato singolarmente. Pertanto,
una strategia complementare che sta prendendo piede in questi ultimi anni è quella di studiare la
farmacogenomica. I geni candidati dovrebbero avere un effetto sul sistema riproduttivo e
presentare polimorfismi singolo-nucleotide (SNP) che modulano l’espressione o la funzione di uno
specifico gene. Gli studi sui diversi geni coinvolti nella follicolo genesi hanno consentito di
identificare vari SNP coinvolti nella risposta ovarica alla stimolazione ormonale.
Il primo SNP studiato fu il “FSH receptor polymorphism Asn680Ser” che altera i valori basali di FSH e
determina una richiesta aumentata di gonadotropine esogene durante la fase di stimolazione. La
specificità e sensibilità del marker sono però ancora troppo basse per impiegarlo come unico
marker di risposta ovarica alla stimolazione35. In seguito, “ESR1 (−397 T>C) polymorphism” fu
correlato con un ridotto numero di oociti recuperati, con una predizione del 10-15% nelle pazienti
poor responder35. “AMH (Ile49Ser)” e “AMHR polymorphisms (−482 A>G)” sono stati associati a
Sanitanova Srl – Fertilità a 360°? Spunti e nuove riflessioni sulla PMA Edizione 2013 – Modulo 1 18
variazioni dei livelli di estrogeno con conseguente modifica della sensibilità dei recettori all’FSH.
Inoltre, un’analisi multivariata ha dimostrato che solo FSHR e l’ESR2 SNPs influenzano il numero di
oociti maturi. In un’analisi multiloci, solo l’FSHR e l’AMH SNP in combinazione influenzano
significativamente il numero di oociti recuperati35. Infine, in un recente studio sono stati analizzati
13 polimorfismi genici: FSHR(Asn680Ser), p53(Arg72Pro), AMH(Ile49Ser), ESR2(+1730G>A),
ESR1(−397T>C), BMP15(−9C>G), MTHFR1(677C>T), MTHFR2(1298A>C), HLA-G(−725C>G),
VEGF(+405G>C), TNFα(−308A>G), AMHR(−482 A>G), PAI-1 (4 G/5 G), in 427 donne sottoposte a un
programma FIVET. Gli autori hanno confermato l’impatto dei polimorfismi FSHR e ESR2
sull’outcome della FIVET. Da questi dati sembra esserci anche un’influenza del “p53
polymorphism” sulla risposta ovarica oltre che sull’impianto embrionario mentre l’“FSHR e AMH
polymorphism” in combinazione sembrano influenzare la maturità ovocitaria36. Al momento, non
ci sono dati conclusivi sui polimorfismi dell’FSH ma sono necessari studi più ampi e conclusioni
salde. Esistono anche studi che hanno valutato polimorfismi dell’LH Beta polipeptide. Tre
polimorfismi sono stati correlati a modificazioni nella risposta ovarica alla stimolazione:
“polymorphisms Trp8Arg” e “Ile15Thr” sono stati associati a una riduzione della fertilità,
irregolarità mestruali e abortività, mentre il “Gly102Ser SNP” è stato associato a infertilità e
alterazioni del ciclo mestruale. La variante “8Arg-15Thr” è stata riscontrata maggiormente nelle
donne sottoposte a FIVET classificate come ipo-responsive alla stimolazione ovarica36. Per quanto
riguarda invece i polimorfismi del recettore per l’LH, il 18insLeuGln, Asn291Ser e il Ser312Asn sono
stati associati a una maggior attività recettoriale e a una possibile correlazione con patologie
ormonali35. Altri polimorfismi, come quelli dei recettori degli estrogeni e del progesterone, sono in
fase di studio ma nessuna correlazione significativa è ancora stata riscontrata.
Idealmente, gli studi di farmacogenomica porteranno in una nuova era in cui si potrà determinare
una specifica sequenza di DNA individuale in modo da determinare la corretta terapia per la
stimolazione ovarica. Lo scopo sarebbe quello di eseguire questi test genetici insieme a quelli
classici (età, AFC, AMH, FSH basale e anamnesi della paziente) prima di iniziare una stimolazione
ovarica per modulare lo schema terapeutico e ottenere la risposta ovarica ideale che consiste in
un ottimale equilibrio tra numero elevato di ovociti recuperati e quindi di gravidanza e un basso
rischio di OHSS. Siamo tuttavia ancora in una fase di ricerca per cui lo studio di questi polimorfismi
non ha ancora un’applicazione clinica. A riguardo, bisogna anche considerare l’aspetto non
secondario dei costi in quanto lo studio dei polimorfismo è una valutazione molto dispendiosa.
Non ha quindi senso introdurre questi test di routine, almeno fino a quando non sapremo bene
Sanitanova Srl – Fertilità a 360°? Spunti e nuove riflessioni sulla PMA Edizione 2013 – Modulo 1 19
come maneggiarli, vale a dire finché non saremo in grado di sapere precisamente come modificare
lo schema in base all’esito.
Parole chiave: polimorfismi del recettore FSH, polimorfismi del recettore LH.
Fattore endometriale
I meccanismi per la scelta della stimolazione ovarica più adeguata sono stati elucidati nei paragrafi
precedenti. Possiamo considerare che, tenendo conto dei costi/benefici, delle caratteristiche della
paziente, dei possibili effetti collaterali della terapia come l’eccessiva o scarsa risposta ovarica, sia
a oggi possibile scegliere un regime di stimolazione ovarica adeguato.
Non sono però ancora noti i meccanismi che possano migliorare l’impianto dell’embrione a livello
endometriale ma è verosimile che lo schema di stimolazione possa svolgere un ruolo.
È noto che i livelli di estradiolo e progesterone hanno un ruolo nella decidualizzazione
dell’endometrio per adeguarsi all’impianto embrionario25-27. La supplementazione con
progesterone viene amministrata di routine per sostenere l’impianto a fronte anche di elevati
valori di estrogeni ottenuti con la stimolazione ormonale28. Questo approccio empirico manca
ancora di dati in letteratura. È accertato che sia di beneficio ma si discute ancora su quale sia la
dose giusta, la modalità di somministrazione e la durata.
Estrogeni e progesterone non sono però gli unici ormoni coinvolti. Ci sono infatti diversi fattori
implicati nell’impianto embrionario non del tutto noti.
A partire dagli anni ’90 è stato ipotizzato che il sistema immunitario potesse avere un ruolo nella
infertilità e in particolare è stato indagato il suo possibile coinvolgimento nei fallimenti
dell’impianto dell’embrione; tali osservazioni hanno portato a identificare una differente
espressione citochinica in donne con “repeated implantation failure” (RIF). In tali soggetti
appaiono iperespresse le citochine del pattern T-Helper (Th)1: TNFα, IL-6, IL-1, IFN-γ, IL-12 e IL-18.
In linea con questa ipotesi, recenti osservazioni hanno dimostrato un ruolo “anti-impianto” del
TNFα29. Inoltre, diversi studi hanno evidenziato un’importante correlazione tra il rapporto
TNFα/IL-10 (un indice che costituisce una valida stima dell’attività Th1/Th2) e il fallimento ripetuto
di impianto in corso di Fecondazione In Vitro (FIVET)30. Ancorché preliminari, la letteratura riporta
anche alcuni dati su approcci terapeutici di natura immunologica. In un recente trial non
randomizzato, donne che presentavano un elevato rapporto TNFα/IL-10 sono state trattate con
farmaci anti TNFα associati a immunoglobuline ad alte dosi per via endovenosa ed è stato
Sanitanova Srl – Fertilità a 360°? Spunti e nuove riflessioni sulla PMA Edizione 2013 – Modulo 1 20
osservato un significativo aumento della probabilità di impianto e degli outcome gravidici dei cicli
di FIVET31. In uno studio del 2011 gli stessi Autori hanno dimostrato su 76 pazienti che il rapporto
TNFα/IL-10 sarebbe in grado di predire il fallimento della FIVET. Se confermati, questi risultati
potrebbero aprire nuovi scenari. Elevati valori di tale rapporto potrebbero infatti essere corretti
con farmaci anti TNFα e IG in vena migliorando i risultati della FIVET in queste pazienti 32.
Inoltre, sempre nell’ambito della recettività endometriale, è importante sottolineare che una
recente meta-analisi su 633 cicli FIVET ha rivelato tassi di gravidanza migliori nei cicli da embrioni
crioconservati rispetto a transfer di embrioni a fresco. La spiegazione di tale osservazione è stata
attribuita a un alterato assetto ormonale secondario alla ravvicinata stimolazione ovarica.
Rifacendosi a quanto accennato sopra, non è da escludersi che la risposta immunitaria associata
all’iperstimolazione possa anch’essa svolgere un ruolo nello spiegare questo dato33.
Infine, esistono studi prevalentemente su topi che hanno rivelato l’esistenza di fattori anche
genetici implicati nel meccanismo di impianto. Tra questi fattori esiste l’SGK1 (serum and
glucocorticoid kinase 1) la cui espressione regola l’andamento della gravidanza. L’SGK1 regola il
trasporto e il rilascio di ormoni, nonché la proliferazione cellulare e la relativa apoptosi. In modelli
su topi si è riscontrato che una riduzione di tale fattore nella decidua porta ad un aumento del
rischio di aborto precoce, mentre un suo incremento a livello dell’epitelio endometriale uterino
causa un impedimento all’impianto embrionario. Se il gene SGK1 ha un ruolo determinante nella
decidualizzazione e nell’impianto, potrebbero emergere terapie potenzialmente utili per
migliorare l’impianto embrionario in donne che cercano una gravidanza34 (vedi Figura 8).
Sanitanova Srl – Fertilità a 360°? Spunti e nuove riflessioni sulla PMA Edizione 2013 – Modulo 1 21
Figura 8: L’equilibrio dell’espressione di SGK1 al fine di regolare la gravidanza.
L’espressione di SGK1 necessita di una fine regolazione nel compartimento uterino perché si
impianti la gravidanza. La riduzione dell’espressione di SGK1 nella decidua porta a un possibile
aborto mentre normalmente la chinasi protegge i fibroblasti dello stroma endometriale contro la
morte ossidativa. L’aumento dell’espressione di SGK1 nell’epitelio endometriale porta al
fallimento dell’impianto dell’embrione, probabilmente per difetti nella regolazione osmotica (che
è una funzione dell’SGK1). Le motivazioni di queste alterazioni nella regolazione dell’espressione
dell’SGK1 a livello endometriale sono ancora sconosciute, pertanto da un punto di vista clinico non
ci sono soluzioni terapeutiche note32.
Sanitanova Srl – Fertilità a 360°? Spunti e nuove riflessioni sulla PMA Edizione 2013 – Modulo 1 22
Parole chiave: TNF-α/IL-10, SGK1
Approcci clinici
Caso 1
L.B. ha 33 anni e si presenta perché cerca figli da circa 1 anno.
Esami in visione: Esame seminale: vol 3 ml; 25 milioni/ml; motilità 5 + 33%; FF 7%. Esami ormonali:
FSH 13,5 UI; LH 6.3 UI; AMH 0,5 ng/ml. AFC: 12.
La paziente in questo caso ha 2 fattori prognostici sfavorevoli su 3: AMH ai limiti inferiori, FSH ai
limiti superiori. Tuttavia ha una conta dei follicoli antrali nella norma e un’età inferiore ai 35 anni.
Quale programma di PMA?
La paziente potrebbe avere una iniziale situazione di ridotta riserva ovarica pertanto non è lecito
procedere con terapie di primo livello a più bassa percentuale di successo (per evitare di sprecare
tempo forse prezioso) e vi è un’indicazione alla FIVET. Lo schema per lei indicato è un protocollo
corto perché ha maggiori probabilità di successo. La dose di gonadotropine tuttavia non deve
essere superiore a 300 UI/die perché è stato dimostrato che non vi è miglioramento utilizzando
dosi > 450 UI/die e nel caso della nostra paziente l’AFC e l’età hanno un ruolo predittivo positivo.
Caso 2
A.B. ha 35 anni e si presenta perché cerca figli da circa 2 anni.
Esami in visione: Esame seminale: vol 3 ml; 5 milioni/ml; motilità 0 + 33%; FF 3%. Esami ormonali:
FSH 5,3 UI; LH 10,3 UI; AMH 3,5 ng/ml. AFC: 16.
La paziente in questo caso ha 2 fattori prognostici per potenziale eccessiva risposta ovarica (AMH
elevato, rapporto FSH/LH < 1) indicativo di un possibile ovaio policistico.
Quale programma di PMA?
Sanitanova Srl – Fertilità a 360°? Spunti e nuove riflessioni sulla PMA Edizione 2013 – Modulo 1 23
La paziente potrebbe avere un’eccessiva risposta ovarica tuttavia l’indicazione è la FIVET-ICSI a
causa di un fattore maschile per dispermia. Lo schema per lei indicato è un protocollo corto con
GnRH antagonista perché ha minori probabilità di sviluppare una Sindrome da Iperstimolazione
Ovarica. La dose di gonadotropine non deve essere superiore a 75/150 UI/die per l’elevato rischio
di sviluppare un’eccessiva risposta alla stimolazione.
Caso 3
A.S. ha 35 anni e si presenta perché cerca figli da circa 3 anni.
Esami in visione: Esame seminale: vol 3 ml; 5 milioni/ml; motilità 0 + 33%; FF 3%. Esami ormonali:
FSH 6,3 UI; LH 5,3 UI; AMH 1,7 ng/ml. AFC: 10.
La paziente in questo caso non ha fattori prognostici né per una scarsa risposta ovarica né per una
eccessiva risposta ovarica.
Quale programma di PMA?
La paziente ha un’indicazione per la FIVET-ICSI a causa di un fattore maschile per dispermia. Lo
schema per lei indicato è un protocollo lungo con GnRH analogo perché ha esami considerati
“standard” e il long protocol è definito il protocollo standard e quindi di prima linea in pazienti
considerate normo-responsive. La dose di gonadotropine deve essere anch’essa quella standard
tra 100-300 UI/die.
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Questionario ECM
1. Esistono altri fattori intraovarici oltre all’FSH e all’LH che regolano il ciclo ovarico; quali?
a. IGF-1
b. IGF-2
c. Inibina
d. Tutti i fattori indicati
2. L’aumento dell’espressione di SGK1 nell’epitelio endometriale porta a:
a. favorire l’impianto embrionario
b. aumentare l’aborto spontaneo
c. ridurre l’aborto spontaneo
d. ridurre l’impianto embrionario
3. Nel protocollo lungo la somministrazione del GnRHa è iniziata:
a. nella fase mestruale del ciclo
b. nella fase medio-luteale del ciclo
c. il terzo giorno del ciclo mestruale
d. in fase follicolare con follicolo è > 13.5 mm
4. La sensibilità e specificità nel predire una eccessiva risposta ovarica dell’AMH sono:
a. 82% e 76%
b. 82% e 80%
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c. 82% e 82%
d. 76% e 82%
5. Alla Consensus di Bologna si è stabilito che per definire una paziente POR devono essere
presenti:
a. Età avanzata
b. Una precedente risposta ovarica ridotta
c. Un test di riserva ovarica alterato
d. Almeno due dei fattori citati
6. Nel protocollo breve e ultra-breve la somministrazione del GnRHa è iniziata:
a. nella fase mestruale del ciclo
b. nella fase medio-luteale del ciclo
c. il terzo giorno del ciclo mestruale
d. in fase follicolare con follicolo è > 13.5 mm
7. La dose iniziale di gonadotropine esogene dovrebbe essere compresa tra 100-300 UI/die per i
primi 4-5 giorni, dopo i quali si ottiene una concentrazione sierica di estradiolo di
a. 200-300 pg/ml
b. 100-330 pg/ml
c. 100-200 pg/ml
d. nessuno di questi valori
8. L’ “FSH receptor polymorphism Asn680Ser”:
a. altera i valori basali di FSH
b. determina una richiesta aumentata di gonadotropine esogene durante la fase di
stimolazione.
c. influenza la maturità ovocitaria
d. tutte le risposte indicate
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9. Lo schema più indicato, secondo i dati in letteratura, nelle pazienti poor responder è:
a. schema con long protocol
b. schema con GnRh antagonista
c. schema con GnRH analogo short protocol
d. gli schemi GnRh antagonista e GnRH analogo short protocol sono equivalenti
10. La supplementazione con progesterone viene amministrata di routine per:
a. favorire l’impianto
b. controbilanciare gli elevati valori di estrogeni
c. favorire l’impianto e controbilanciare gli elevati valori di estrogeni
d. nessuno dei precedenti
11. In un recente trial non randomizzato, donne che presentavano un elevato rapporto TNFα/IL-10
sono state trattate con farmaci anti TNFα associati a Immunoglobuline in vena ad alte dosi ed è
stato osservato:
a. un repeated implantation failure
b. una riduzione dell’outcome di un ciclo FIVET
c. un aumento delle gravidanze spontanee
d. un aumento dell’outcome di un ciclo FIVET
12. La riduzione dell’espressione di SGK1 nella decidua porta a:
a. favorire l’impianto embrionario
b. aumentare l’aborto spontaneo
c. ridurre l’aborto spontaneo
d. ridurre l’impianto embrionario
13. Quale tra questi polimorfismi è stato associato a infertilità e alterazioni del ciclo mestruale:
a. polymorphisms Trp8Arg
b. Ile15Thr
c. 8Arg-15Thr
d. Gly102Ser SNP
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14. I cut off minimi proposti per AMH e AFC (antral follicolar count) sono:
a. 0.4-1.2 e < 10 microfollicoli
b. < 0.4 e 5-7 microfollicoli
c. > 0.4 e < 5-7 microfollicoli
d. < 0.4 e < 5 microfollicoli
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