mobbing e perdita di chance nel rapporto di lavoro sportivo

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mobbing e perdita di chance nel rapporto di lavoro sportivo
Cendon / Book
DIRITTO DEL LAVORO
PROFESSIONAL
MOBBING E PERDITA DI CHANCE
NEL RAPPORTO DI LAVORO SPORTIVO
PROFILI GIURISPRUDENZIALI E SPUNTI CRITICI
Paolo Garraffa
Edizione NOVEMBRE 2014
Copyright © MMXIV
KEY SRL
VIA PALOMBO 29
03030 VICALVI (FR)
P.I./C.F. 02613240601
ISBN 978-88-96791-26-4
I diritti di traduzione, di memorizzazione elettronica, di riproduzione, di
adattamento totale o parziale, con qualsiasi mezzo (compresi i microfilm e le copie
fotostatiche), sono riservati per tutti i Paesi.
Cendon / Book
DIRITTO DEL LAVORO
Professional
MOBBING E PERDITA DI CHANCE
NEL RAPPORTO DI LAVORO SPORTIVO
PROFILI GIURISPRUDENZIALI E SPUNTI CRITICI
Paolo Garraffa
L'autore
Paolo Garraffa è Dottore di ricerca in “Integrazione Europea, Diritto
Sportivo e Globalizzazione Giuridica” presso la Facoltà di Scienze
Motorie dell’Università degli Studi di Palermo.
È altresì titolare del Master in Diritto Sportivo Internazionale presso
la ISDE (“Instituto Superior de Derecho y Economia”) di Madrid.
Ha pubblicato diversi contributi in materia di diritto sportivo,
diritto penale e diritto del lavoro presso le seguenti riviste: Nuove
Autonomie della Editoriale Scientifica Srl, Rivista di Diritto ed
Economia dello Sport (www.rdes.it) della Sports Law and Policy
Centre, Giustizia Sportiva (www.giustiziasportiva.it), “Revista
Brasileira de Direito Desportivo” (www.ibdd.com.br) dell’Editora
Revista dos Tribunais (Thomson Reuters), “International Sports
Law Journal” dell’Asser Press (www.asser.nl, in cooperazione con la
Springer-Verlag
Editoriale),
“Sport
Science
Research”
(www.shtyky.cn), e “LawInSport” (www.lawinsport.com).
Avvocato dal 2006 (iscritto nel foro di Palermo), dal 2012 è Sostituto
Procuratore presso la FIGC (Federazione Italiana Giuoco Calcio).
L’Opera
Si intende approfondire - alla luce della più recente giurisprudenza in
materia - le problematiche relative al fenomeno del ‘mobbing’ nei
luoghi di lavoro, con particolare riguardo al rapporto di lavoro sportivo.
Attraverso l’analisi dei profili civilistici, lavoristici e della normativa di
settore, si cerca di fornire una rilettura della tematica in oggetto,
proposta in chiave pratica (e critica).
INDICE
Capitolo Primo
IL FENOMENO DEL MOBBING
NELLA GIURISPRUDENZA E NELLA PSICOLOGIA
DEL LAVORO
1. Il mobbing: nozione e giurisprudenza rilevante - 1.1. Il danno da c.d.
“perdita di chance lavorativa” (cenni) - 1.2. Elementi del mobbing - 1.3.
Tipologie di mobbing (secondo la psicologia del lavoro) - 1.4. Il quadro
normativo di riferimento.
Capitolo Secondo
IL MOBBING NEL RAPPORTO DI LAVORO SPORTIVO
2. Specificità del rapporto di lavoro sportivo - 2.1. Il Contratto Collettivo
Nazionale di Lavoro (CCNL) dei calciatori professionisti - 2.2. Le Norme
Organizzative Interne Federali (NOIF) della FIGC - 2.3. Tipologie di
mobbing in ambito sportivo - 2.4. Casistica rilevante.
Capitolo Terzo
IL RUOLO DELL’ALLENATORE E LA QUESTIONE DEI
GIOCATORI “FUORI ROSA”
3. Il ruolo dell’allenatore - 3.1. Quale rapporto con i giocatori? - 3.2. La
questione dei giocatori “fuori rosa” - 3.3. Considerazioni conclusive.
BIBLIOGRAFIA
Capitolo Primo
IL FENOMENO DEL MOBBING
NELLA GIURISPRUDENZA E NELLA PSICOLOGIA
DEL LAVORO
SOMMARIO 1. Il mobbing: nozione e giurisprudenza rilevante - 1.1. Il danno da c.d.
“perdita di chance lavorativa” (cenni) - 1.2. Elementi del mobbing - 1.3. Tipologie di
mobbing (secondo la psicologia del lavoro) - 1.4. Il quadro normativo di riferimento.
1. Il mobbing: nozione e giurisprudenza rilevante
Legislazione: cc. 2087
Bibliografia: Tiramani 2004 - Cendon 2005 - Meucci 2012 - Staiano 2014
Possiamo definire il mobbing come la ripetizione, prolungata nel
tempo, di atti e comportamenti persecutori, ostili o vessatori,
esercitati dal datore di lavoro, da un sovraordinato o dagli stessi
colleghi, nei confronti di uno o più lavoratori, al fine di eliminare
dall’ambiente di lavoro soggetti ritenuti ‘scomodi’ o sgraditi, sia
attraverso il loro licenziamento, sia attraverso la loro induzione
‘spontanea’ all’allontanamento.
Diverse sono state le pronunce che si sono preoccupate di fornire
una definizione del fenomeno, sia da parte della giurisprudenza di
merito, sia da parte della giurisprudenza di legittimità, sia da parte
della giurisprudenza costituzionale.
Per quanto riguarda la giurisprudenza di merito, particolarmente
efficaci sono state le pronunce del Tribunale di Forlì, Sezione Lavoro,
n. 28 del 28gennaio-10 marzo 2005, secondo cui:
“Per definire il ‘mobbing’, in mancanza di dati normativi possiamo riprendere la
definizione offerta dallo psicologo del lavoro che nel 1996 introdusse questo
concetto nel nostro Paese: “Il mobbing è una situazione lavorativa di conflittualità
sistematica, persistente ed in costante progresso in cui una o più persone vengono
fatte oggetto di azioni ad alto contenuto persecutorio da parte di uno o più
aggressori in posizione superiore, inferiore o di parità, con lo scopo di causare alla
vittima danni di vario tipo e gravità. Il mobbizzato si trova nell’impossibilità di
reagire adeguatamente a
tali attacchi e a lungo andare accusa disturbi
psicosomatici, relazionali e dell’umore che possono portare anche a invalidità
psicofisiche permanenti di vario genere e percentualizzazione ciò che la corte
veneziana, nella specie, ha inteso risarcire è la lesione in sé, che dal
comportamento del ricorrente (H. EGE, La valutazione peritale del danno da
mobbing, Milano, 2002)”.
(Trib. Forlì, Sez. Lav. 28 gennaio-10 marzo 2005, n. 28);
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nonché quella del Tribunale di Pinerolo, Sezione Lavoro (Giudice
monocratico), n. 119 del 3 marzo-2 aprile 2004, che - facendo luce
sulle varie tipologie di mobbing - ha evidenziato che:
“il (mobbing, ndr.) consiste in una condotta vessatoria e reiterata e duratura,
individuale e collettiva, rivolta nei confronti di un lavoratore ad opera dei superiori
gerarchici (Mobbing verticale) e/o colleghi (Mobbing orizzontale) oppure anche da
parte dei sottoposti nei confronti di un superiore (Mobbing ascendente); in alcuni
casi si tratta di una precisa strategia aziendale finalizzata all’estromissione del
lavoratore dall’azienda (Bossing)”
(Trib. Pinerolo, Sez. Lav. 3 marzo-4 aprile 2005, n. 119).
Merito di quest’ultimo orientamento è stato, inoltre, quello di mettere
in luce che l’unilaterale recesso dal rapporto effettuato ad opera del
datore di lavoro si configura come ultimo atto della fattispecie
complessiva di mobbing, che in tal modo si completa e si chiude - sul
piano degli elementi costitutivi e tipici della fattispecie descritta dalla
psicologia del lavoro - con l’espulsione del lavoratore vessato dal
contesto aziendale.
Per quanto riguarda la giurisprudenza della Corte Costituzionale, la
sentenza n. 359 del 10-19 dicembre 2003 ha fornito la seguente
interpretazione:
“E' noto che la sociologia ha mutuato il termine mobbing da una branca
dell'etologia per designare un complesso fenomeno consistente in una serie di atti
o comportamenti vessatori, protratti nel tempo, posti in essere nei confronti di un
lavoratore da parte dei componenti del gruppo di lavoro in cui è inserito o dal suo
capo, caratterizzati da un intento di persecuzione ed emarginazione finalizzato
all'obiettivo primario di escludere la vittima dal gruppo.”
(Corte Costituzionale, 19 dicembre 2003, n. 359).
Anche la giurisprudenza di legittimità è stata, in diversi casi,
chiamata a pronunziarsi sul fenomeno.
L’orientamento che ha offerto una definizione particolarmente felice
della fattispecie - soprattutto in termini di completezza - è stato il
seguente:
“per ‘mobbing’.. si intende comunemente una condotta del datore di lavoro o del
superiore gerarchico, sistematica e protratta nel tempo, tenuta nei confronti del
lavoratore nell'ambiente di lavoro, che si risolve in sistematici e reiterati
comportamenti ostili, che finiscono per assumere forme di prevaricazione o di
persecuzione psicologica, da cui può conseguire la mortificazione morale e
l'emarginazione del dipendente, con effetto lesivo del suo equilibrio fisiopsichico e
del complesso della sua personalità. Ai fini della configurabilità della condotta
lesiva del datore di lavoro sono pertanto rilevanti i seguenti elementi: a) la
molteplicità dei comportamenti a carattere persecutorio, illeciti o anche leciti se
considerati singolarmente, che siano stati posti in essere in modo miratamente
sistematico e prolungato contro il dipendente con intento vessatorio; b) l'evento
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