Senza titolo, da Nel mare ci sono i coccodrilli, di F. Geda

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Senza titolo, da Nel mare ci sono i coccodrilli, di F. Geda
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Il/La candidato/a legga il testo seguente
Non dovevo alzarmi, ancora. Non dovevo muovermi. Stare fermo, non respirare, attendere. Essere
paziente. La pazienza salva la vita. Uscito dal porto (…) il camion ha rallentato ed è entrato in un
cortile, un cortile pieno zeppo di altri camion, motrici, rimorchi. Gli amici, in Grecia, mi avevano
suggerito di non scendere subito, di aspettare che il camion penetrasse a fondo nel Paese (qualunque
paese fosse), che si allontanasse dalle frontiere e poi di approfittare di una sosta dell’autista, magari a
un autogrill, per sgattaiolare via. Sono rimasto rannicchiato tranquillo, in attesa che il camion
ripartisse. (…) Quando sono atterrato, ho cacciato un urlo. E sarà stato per l’urlo, o perché non si
aspettavano di vedere piovere un afghano dal cielo, ma si sono spaventati tantissimo, quei tre uomini.
(…) Pensavo mi inseguissero, invece uno dei ragazzi in tuta da lavoro si è messo a urlare: Go, go. E
mi ha indicato la strada. Nessuno ha provato a fermarmi. Il primo cartello stradale che ho incontrato
era un cartello blu. C’era scritto Venezia. Ho camminato a lungo, seguendo una strada poco trafficata.
D’un tratto, in fondo, ho visto spuntare (…) due ciclisti. Mi hanno visto e – credo a causa dei miei
vestiti sporchissimi, o per i capelli incrostati di catrame, o per la mia faccia – hanno rallentato e si
sono fermati. Mi hanno chiesto se andava tutto bene, se avevo bisogno di qualcosa, un gesto che mi
ha fatto molto piacere. Abbiamo parlato in inglese, per quanto possibile, e quando il primo ha detto di
essere francese, io ho detto Zidane. Poi, quando il secondo ha detto di essere brasiliano, ho detto
Ronaldinho. Conoscevo solo questo dei loro paesi, e volevo fargli sapere che li apprezzavo. Mi hanno
chiesto da dove venivo io. Ho detto Afghanistan. Loro hanno detto Taleban, Taleban. Questo era
quello che loro sapevano del mio. Uno di loro – il brasiliano, credo – mi ha dato venti euro. (…) Ho
camminato fino a quando ho trovato la fermata di un pullman. C’erano due o tre persone in attesa, tra
loro un ragazzo giovanissimo. Sono andato da lui e ho detto: Train station? Ora, io non so chi fosse
quel ragazzo, forse era un angelo, ma mi ha aiutato davvero tanto. Arrivati a Venezia, a piazzale
Roma, mi ha comprato un panino perché dovevo avere la faccia di uno che aveva fame, mi ha portato
in una chiesa dove ha recuperato dei vestiti nuovi da darmi e dove ho potuto lavarmi, per non fare
schifo alla gente. (…) Ho pensato che forse era un parente della nonna greca; tanta gentilezza,
secondo me, la si tramanda solo con l’esempio.
(Testo adattato da Fabio Geda, Nel mare ci sono i coccodrilli. Storia vera di Enaiatollah Akbari )
1. Il/La candidato/a legga attentamente il testo e lo sintetizzi, in terza persona, in circa 100
parole.
2. Il/La candidato/a finga di essere il ragazzo che ha aiutato Enaiatollah a Venezia e di
raccontare l’incontro con il giovane afghano in una lettera ad un amico. In questa
corrispondenza il ragazzo italiano espone informazioni sull'incontro e spiega i sentimenti
provati e perché ha aiutato lo straniero. Circa 120 parole.
3. “Tanta gentilezza, secondo me, si tramanda solo con l’esempio. Gli immigrati vengono
considerati da una parte dell’opinione pubblica come un problema sociale e un costo, da
varie associazioni umanitarie come una risorsa culturale e economica. Generalmente li
temiamo, forse perché ignoriamo le loro storie individuali, le realtà da cui provengono e i
motivi che li hanno indotti a decisioni spesso drammatiche e dolorose. Quali riflessioni
dovrebbero accompagnare il nostro modo di comportarci nei loro confronti?” La
candidata esponga le proprie considerazioni al riguardo, tenendo conto di ciò che ha
appreso dalla stampa, da eventuali letture svolte nel corso degli ultimi anni o da esperienze
personali. Circa 180 parole.
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