rivista di lugano

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Fascino e bellezza del
bonsai
TESTO E FOTO DI ALDO MOROSOLI
Un mondo e un’arte particolare, che trae origini dalla lontana Cina, Paese nel quale questa testimonianza di alberi in miniatura viene presentata con dipinti che risalgono a oltre
15 secoli or sono.
Piante e alberi dalla foggia diversificata, inizialmente raccolti su montagne o luoghi dove
l’aridità del terreno, la forza dei venti o le grandi nevicate ne avevano modificato e ridotto
la struttura primordiale, fino a ridurle a miniature.
Preziose, inizialmente venivano usate con intendimenti religiosi, simulate le montagne e – con
piccoli personaggi in terracotta o avorio – rappresentavano la relazione tra uomo e natura.
Alcuni secoli dopo, il popolo giapponese scoprì questo strano mondo culturale cinese. Affascinati da queste coltivazioni e composizioni, lo introdussero nel loro Paese. La mentalità giapponese, più raffinata, permise di farne un’arte intesa a controllarne l’evoluzione.
Disponendo di maggiori conoscenze botaniche, si impadronirono prima della tecnica necessaria, ampliandola al punto da riprodurre artificialmente l’intero processo di miniaturizzazione. Un’evoluzione durata secoli, curata con amore e raffinatezza, tanto da entrare
di prepotenza nella filosofia di vita dei giapponesi.
E, da questo Paese, uscì per giungere in Europa all’inizio del Novecento, interessando primariamente i botanici, quindi una cerchia sempre più vasta di appassionati.
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Qui l’appassionato è chiamato ad un’attività che richiede grande
capacità interpretativa e con la mente rivolta a ciò che desidera ottenere. Un lavoro di grande perizia che inizia con la sistemazione
a raggera delle radici, che devono allargarsi il più possibile alla base per ottenere quella solidità necessaria al sostegno dell’alberello.
È necessaria tutta una serie di accorgimenti operati al momento
dei vari trapianti, specie durante i primi anni di formazione del
soggetto, per poi effettuare contemporaneamente un’intelligente
potatura.
Questo esposto non vale – o solo parzialmente – per piante di una
certa dimensione, che provengono dal giardino o dal bosco, e che
inizialmente non erano destinate a diventare dei bonsai.
Infatti, l’apparato radicale di queste piante deve essere costantemente ridotto. Un lavoro primordiale che permette di ricostruire
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radici nuove, capillari, il più vicino al tronco e ciò per facilitare la
sistemazione nel vaso. La mano dell’appassionato deve avere
grande sensibilità nell’eseguire questi interventi. Infatti, un albero
dalla chioma rigogliosa ma con un imperfetto apparato radicale resterà sempre un soggetto mediocre. Contrariamente, si otterrà un
ottimo risultato con radici ben disposte che daranno in seguito vigore alla parte superiore, cioè alla vegetazione, sulla quale si interverrà in un secondo tempo.
Sono, queste, fasi che richiedono grande pazienza e cura.
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Accostarsi a questo mondo richiede, oltre che una grande passione, impegno difficile da definire e quantificare.
Varie sono le fasi richieste e le scelte da adottare. La pianticella
può provenire dal seme (vivaio o semplicemente natura), dalla talea, dalla margotta, dalle propaggini o dall’innesto, che come tale
è il più complicato e richiede conoscenze e pratica specifiche.
Dal seme – Dopo la scelta della famiglia, si passa alla messa a dimora dei semi. Sia chiaro che non esistono semi di bonsai, bensì
quelli raccolti nei boschi o nei vivai. Un metodo, questo, che non
garantisce neppure di ottenere una pianticella somigliante in tutto
alla pianta madre. Per di più, la semina e l’allevamento richiedono
dei tempi assai lunghi.
Dalla talea – Si ottiene un risultato più veloce, per via vegetativa,
usando il segmento di un albero esistente, meglio se giovane e vigoroso. Il ramo, di una decina di centimetri, viene interrato in un
substrato che ne favorisce la radicazione. È metodo rapido, oggi
aiutato dalla presenza in commercio di ormoni specifici.
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Dalla margotta – Un processo che sfrutta appieno la facoltà di diversi vegetali per formare radici da una parte aerea (rami). Si ottiene praticando – come per tutte le altre esigenze riproduttive –
delle incisioni sulla corteccia del ramo prescelto, avvolgendolo in
seguito con del muschio o dell’argilla, che permettono di ottenere
delle buone radici. Formate queste ultime, a tempo debito si taglia
il ramo che verrà invasato con dell’ottimo e soffice terriccio.
Dalla propaggine – Sono dei getti che si formano alla base di determinati alberi. Talvolta, le stesse hanno già delle radici atte ad
essere subito messe a dimora, garantendo in tal modo una crescita
sicura e veloce.
Dall’innesto – Praticato con diverse tecniche e con oculata scelta
di tempo (gemme e linfa ideali), consiste nel riprodurre un determinato soggetto su una buona struttura vegetativa. Ciò permette di
usufruire e utilizzare un supporto confacente, scelto con cura, forte, piacevole e soprattutto robusto e resistente.
Per tutte queste scelte, lo scopo primordiale da perseguire è la formazione del colletto, delle radici e della base del tronco.
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Impostata la forma del tronco e conferiti ai rami principali l’aspetto desiderato e la giusta forma armonica, grande attenzione viene
rivolta alla potatura, stabilendo gli spazi fogliari tra i diversi palchi
dei rami. La capacità sta nel conferire ad un piccolo albero la maestosità di una pianta secolare. Una serie di attrezzi – quali pinze,
forbici e coltelli dall’angolazione specifica – permette dei tagli e
delle cimature tali da evitare qualsiasi sbavatura o ferita sul legno.
Capita, talvolta, di dover levare le foglie a soggetti vigorosi, permettendo alla pianta un rifacimento completo e più florido della
chioma, riducendo nel contempo la dimensione delle foglie.
Giunge così il momento di dare alla pianticella la forma desiderata. Per questo si utilizzano dei fili di rame e di alluminio, dal dia-
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metro adeguato, che vengono avvolti al tronco e ai rami. Operazione che richiede grande sensibilità. È lavoro per il quale l’occhio è
sollecitato e guida il bonsaista ad imporre con dolcezza quello che
sarà l’aspetto finale del soggetto.
In questo modo, mese dopo mese, la pianta si presenterà in tutta la
sua bellezza. Un fascino d’assieme che coinvolge ammiratori e
amatori. Collocata definitivamente nel vaso – scelto con cura, riempito con un terriccio specifico (l’Akadama) che evita il marciume alle radici e ne favorisce il drenaggio – ecco il nostro bonsai
pronto a esprimere quella poesia che a noi era apparsa nel bosco,
guardando il «fratello maggiore».
La mano del coltivatore farà poi in modo che al piede venga formato una sorta di sottobosco, con muschio, piccole felci o arbusti,
conferendo in tal modo l’aspetto incantevole del suolo dal quale,
anni prima, era stata raccolta – piccola e fragile – la pianticella.
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La parola giapponese è stata
universalmente adottata per definire «un piccolo albero coltivato con arte in un vaso». Una
ricostruzione armonica, poetica, visiva quotidianamente, che
ci riporta – in quanto il materiale vegetativo è lo stesso – nel
mezzo del bosco e della montagna. Nulla si è sconvolto per la
sua realizzazione. Il piccolo albero esplica tutte le funzioni dei
suoi grandi fratelli.
Osservando questa crescita, che
nasce dal contatto e dall’amore
per la natura, si intuiscono e si
scoprono quei meravigliosi
meccanismi che sono insiti nel
piccolo seme. In tal modo, il
desiderio di bellezza e di armonia, guidano il «bonsaista» al
conseguimento di una piccola e
preziosa opera d’arte.
Tutto questo lo abbiamo visto e
capito immergendoci nel mondo vegetativo di Enzo e Manuela Ferrari-Marenco. Un susseguirsi di meravigliosi piccoli alberi, che vanno dal faggio all’ulivo, dalla camelia alla vite, dall’albero da frutto alle specie resinose. Un fascino creativo del
quale ci piace presentare, a lato,
questi straordinari realizzatori.
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Abbiamo avuto il piacere e la fortuna di incontrarlo nel cuore del
suo mondo. Un angolo immerso nel verde e nella tranquillità agreste, dominato dalla bella «Casa del bosco» e sito nella campagna
del villaggio di Lopagno.
Enzo è una persona schiva, di poche parole. Grande osservatore di
ogni evento della natura, riesce sempre a trovare per ogni problema
e situazione la soluzione ottimale. Professionalmente, è impegnato
negli uffici di pianificazione del Dicastero del territorio della grande Lugano, attività che gli permette un contatto quotidiano con una
diversificazione di problemi legati al suolo.
Cresciuto in un ambiente dove l’espressione della natura è visibile
giornalmente, soprattutto concreta, nella grande casa materna, unitamente agli studi professionali ha la possibilità di esprimere la
proprie capacità, specie quelle manuali. Nello scantinato lavora
metalli, realizza oggetti di ogni genere. Dal nonno falegname apprende l’arte del restauro di mobili. Conoscenze profonde, che gli
permettono di valorizzare ed abbellire la propria abitazione.
A contatto costante con la natura, i campi, il frutteto e la vigna, vive la giovinezza con la passione e l’impegno che non conoscono
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orari e stagioni. Mancato il nonno, si occupa dell’apiario, lo ingrandisce, lo modernizza. Sono questi gli anni – Enzo è nato nel
1953 – in cui si accosta al bonsai, attratto dalla lettura e dal contenuto di un volume dal quale trarrà le conoscenze primordiali. Perciò autodidatta a vent’anni, epoca nella quale già ha arricchito muri e panchine con innumerevoli piante, da lui coltivate.
Un mondo tutto particolare, che lentamente si apre, permettendogli
di esplicare le doti innate, e che lo porta a conoscere Kurt Wiederkehr. Con lui vive l’attività del «Bonsai Club Ticino», del quale terrà per parecchio tempo la carica di vicepresidente.
Anni dopo, sempre portato a migliorarsi, lascia questo gruppo per
far parte dell’«Associazione svizzera degli amici del bonsai».
La terra, i campi e i boschi che lo circondano sono fonti inesauribili di idee, gli suggeriscono ulteriori motivazioni per realizzare nuove e originali piante.
Ha la fortuna di incontrare Manuela Marenco, dottoressa veterinaria, essa pure grande appassionata, la quale dispone di un’invidiabile collezione di bonsai, da lei preparati nella propria abitazione di
Viganello.
Un’attività che in seguito Manuela dividerà con Enzo e che permetterà loro – dopo un felice matrimonio – di intensificare quegli
impulsi realizzativi, che porteranno Enzo a conseguire nel 2001
un ambìto premio all’Esposizione nazionale di Schinznach-Dorf.
Località che ogni due anni ospita la mostra dei migliori bonsai e
nella quale sia Manuela (con un bellissimo faggio) sia Enzo (che
ha esposto un ulivo) hanno ricevuto quest’anno un ambito riconoscimento che attesta i loro alberi tra i migliori dieci esposti e premiati.
Sono risultati che esprimono grande capacità e creatività intensa,
frutto di innumerevoli ore trascorse accanto ai loro alberi.
L’amore di Manuela per la natura e gli animali – che, bravissima,
cura nella propria clinica di Viganello – e quello di Enzo si riscontrano quando si entra nella loro casa, sotto l’ombroso pergolato, accanto al quale hanno costruito un piccolo stagno colmo di pesci di
origine giapponese. A completare il suggestivo aspetto, hanno collocato – sempre in sintonia con lo spirito bonsai – numerose pianticelle che lo rendono oltremodo attraente.
E quando lasciano un momento i loro alberi, eccoli occupati nell’apiario, nel frutteto e specie nel vigneto, perfetto nella manutenzione dei 230 ceppi di vite, dove copiosi grappoli colmi di sole e di
mosto stanno maturando. Enzo è pure vinificatore, produce un eccellente Pinot, che raffina in «barriques».
Qui, in aperta campagna, in bella mostra, scorgiamo altri bonsai,
curati e seguiti sotto i rami di alcuni centenari ulivi, alberi salvati
anni or sono e portati con mille peripezie nel loro mondo agreste,
dove le api, il sole, l’uva e i bonsai compongono un assieme straordinario, come straordinaria è la loro passione.
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