il labirinto misterioso

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il labirinto misterioso
IL LABIRINTO MISTERIOSO
In una notte d'autunno del XVII secolo, Carlo, un ragazzo francese forte e
coraggioso, era appena uscito di casa di nascosto per avventurarsi nel parco lì
vicino. Carlo aveva dodici anni,era alto e magro,aveva un folto cespuglio di
ricci biondi sulla testa,aveva la faccia ricoperta di lentiggini, soprattutto sulle
guance; indossava quasi sempre una maglietta, dei jeans e una felpa col
cappuccio.
Il parco nel quale Carlo si stava addentrando era misterioso, deserto e ospitava
un labirinto molto intricato. Il labirinto era costituito da folti cespugli di vari tipi
di bacche selvatiche, ma anche di more, lamponi, mirtilli, ribes e fragole. Tutte
cose che andavano d'accordo con lo stomaco affamato di Carlo.
Per Carlo, il parco con il suo labirinto, era un luogo molto speciale che gli
piaceva tanto. Ci andava fin da piccolo, ogni domenica, con i suoi genitori e lì
trascorreva la domenica pomeriggio giocando sugli scivoli e sulle altalene, ma
anche correndo tra gli alberi, quando il suo papà lo rincorreva per farlo
divertire.
Con il tempo, però, il parco era molto cambiato. La notte fredda e cupa lo
rendeva quasi tenebroso, i giochi sui quali si divertiva da piccolo erano mezzi
distrutti. Carlo era impaurito e dispiaciuto, a nche se aveva ancora un briciolo
di forza per scoprire il perché di tutta quella paura che l'aspetto del parco gli
conferiva.
E allora decise di proseguire.
Prima dell'entrata del labirinto vide un cespuglio muoversi e si stupì dicendo:
“Chi va là?” la risposta fu un fruscio e Carlo, quindi, andò personalmente a
controllare.
Nel
cespuglio
trovò
un
suo
amico
chiamato
Giuseppe
e
insieme
si
avventurarono nel labirinto. Giuseppe era il suo migliore amico, si conoscevano
fin dai tempi dell'asilo e si erano sempre aiutati a vicenda. Giuseppe aveva
dodici anni, era alto e un po' paffuto, era un golosone e aveva sempre in mano
un panino. Era anche molto pauroso, ma decise comunque di seguire Carlo
nella sua avventura.
Dentro il labirinto trovarono delle catacombe fatte di pietra, a forma di cupola,
tanto da assomigliare a degli igloo, cioè le case di ghiaccio degli eschimesi e,
dopo essere entrati, trovarono delle montagne di ceneri e scheletri. Entrambi si
domandarono di chi fossero quelle ossa e quella cenere e, subito dopo,
Giuseppe impallidì e scappò via lasciando solo Carlo, il quale se ne accorse e si
mise subito alla ricerca di Giuseppe; Carlo trovò nel labirinto una strada
segreta e stretta che terminava con una singolare pietra.
Arrivato al termine della via, spinse una piccola pietra con il piede e si aprì un
mondo magnifico: all'interno c'era una stanza piena di monete d'oro, ma con
un'oscurità profonda. La stanza era colma di montagne di monete, bracciali,
collane, anelli, diamanti e pietre preziose che conferivano alla stanza una
strana luminosità che contrastava con il buio che vi era. La vista di Carlo era
affaticata da quella meraviglia accecante ed egli riempì dodici sacchetti di
denaro da regalare alla sua povera famiglia.
All'improvviso sentì una mano sul suo braccio e vide un vecchietto che aveva
dei vestiti cenciosi, un paio di scarpe rotte e una barba lunga fino ai piedi. Era
basso e magro, era pelato, aveva gli occhi verdi e due lunghe sopracciglia
arruffate.
Carlo cercò di nascondersi per non farsi vedere, rifugiandosi dietro alcune
montagne di oro, ma ormai era troppo tardi: il vecchio l'aveva visto.
Il vecchio invitò il ragazzo a seguirlo perché voleva mostrargli il labirinto. Carlo
si avvicinò con aria preoccupata e timida, ma accettò.
Così lo condusse ad esplorare le catacombe: "In queste catacombe vi sono
migliaia di ricchezze e tu potrai prenderne quante ne vuoi, tranne una...” disse
il signore.
Carlo si lasciò prendere dall'entusiasmo e dentro di lui stava nascendo una
grande gioia che fu interrotta dal pensiero del suo amico Giuseppe: ”Chissà
dove sarà adesso Giuseppe” pensò Carlo.
Per tale motivo, Carlo chiese al vecchio di aiutarlo a ritrovare Giuseppe.
Il vecchio accettò ma sogghignò di nascosto; a Carlo sembrò che il barbuto
avesse l'intenzione di catturarlo e imprigionarlo.
Durante il cammino il vecchio raccontava la sua sua biografia: “Io sono nato a
Marsiglia tantissimi anni fa e vivevo in una famiglia molto ricca...da vent'anni
abito in questo labirinto con la mia famiglia che era stata seppellita nelle
catacombe. Di giorno, quando il parco è pieno di gente, rimango nascosto nella
stanza segreta e di notte girovago per il labirinto”.
Arrivarono al centro del labirinto dove si trovava una cappella di pietra in parte
distrutta. Accanto ad essa c'era un pozzo che sembrava molto profondo; Carlo
lo capì perché il suo cappello, caduto nel pozzo, aveva toccato l'acqua dopo
sette secondi. Il vecchio lo invitò ad entrare obbligandolo a togliere le scarpe;
Carlo, curioso, se le tolse.
Dopo essersi levato le scarpe, Carlo entrò nella cappella e quello che vide lo
stupì.
Davanti ai suoi occhi c'era la peggior visione a cui si potesse assistere: le mura
erano piene di crepe, alcuni topi correvano su montagne di rifiuti e c'era un
tanfo incredibile.
Carlo chiese stupito al vecchio: “Perché mi hai portato in un luogo così brutto,
quando io ti avevo chiesto di aiutarmi a ritrovare il mio amico Giuseppe???”.
Il vecchio era sparito. Carlo non lo vedeva più e, in un istante brevissimo, si
sentì la bocca serrata da due mani guantate; a Carlo mancava il respiro, tanto
che svenne.
Si risvegliò dopo molto tempo, aveva la vista offuscata e la voce bassa. Si
ritrovò in un luogo chiuso dal soffitto basso.
Cominciò, anche se con la voce bassa, a gridare aiuto, ma nessuno lo sentì;
così
capì
che
probabilmente
era
stato
rinchiuso
dal
vecchio.
“Quell'impostore!Mi ha ingannato!” gridò con la poca voce che aveva e
continuò a pensare a dove si trovasse il suo amico Giuseppe.
Carlo capì che quella era la sua fine e che non avrebbe mai più rivisto la sua
famiglia, i suoi amici, e soprattutto Giuseppe.
Proprio mentre si stava arrendendo, intravide qualcosa sul pavimento: era una
piccola coperta. Carlo la sollevò e vide una griglia; appoggiò l'orecchio e udì
delle voci di qualcuno che litigava. Le due voci erano di un uomo e di una
donna.
Carlo sollevò la griglia e, incredibilmente, riuscì a infilarsi nel grosso tubo che
aveva trovato: prima le gambe, poi tutto il resto del corpo. Il tubo era
trasparente, così Carlo riuscì a vedere dove conduceva e cosa vi stava sotto.
Era sospeso nel vuoto, a gattoni dentro il tubo.
Sotto di lui non vedeva niente di particolare: solo altre tubature più sottili sulle
quali correvano dei topini.
Dopo aver camminato a gattoni a lungo, arrivò alla fine del tubo e sentì ancora
quelle voci: avevano qualcosa di famigliare.
Il tubo continuava e terminò in un luogo buio dove le voci si sentivano
distintamente.
Carlo uscì dal tubo e, in un momento, si sentì chiuso come in un armadietto.
Questo armadietto aveva due ante, Carlo le spalancò e si trovò... nella sua
cucina.
Carlo non ci stava capendo niente dell'intera faccenda.
In cucina, tra l'altro, c'erano i suoi genitori che avevano appena finito di litigare
e si stupirono vedendo Carlo spuntare dall'armadietto sotto il lavandino.
“Dove sei stato tutto questo tempo?” chiese preoccupata la mamma. Carlo
raccontò tutto, per filo e per segno.
I genitori rimasero senza parole e decisero subito di aiutare Carlo a ritrovare
Giuseppe e il terribile vecchietto.
Il padre era molto confuso, ma all'improvviso disse: “Quando ero molto
piccolo, mio padre scappò sbattendo la porta. Io e la mia famiglia non
riuscimmo mai a sapere dove fosse andato a nascondersi”.
“State tutti pensando a quello che sto pensando io?” esclamò la mamma.
Carlo e il padre annuirono.
Il padre disse a Carlo: “Potrebbe essere tuo nonno!”
“C'è solo un modo per scoprirlo” disse Carlo.
“Seguitemi”! Tutti entrarono nel tubo e arrivarono nel luogo con i soffitti bassi.
Arrivati nella stanza la trovarono occupata…da cinque ragazzi: Ginevra,
Nerone, Cesare, Filippo ed Elisabetta.
Carlo chiese a tutti: “Perché siete qui? Chi vi ha rinchiuso? Scommetto il
vecchio!” i bambini risposero: “No, no, non è stato lui … è stato così gentile con
noi!!!" La più piccola, Elisabetta detta Betty, esclamò: “Io l'ho visto, io l'ho
visto…era alto, magro e aveva il viso nero e un mantello scuro fino ai
piedi...forse era Zorro!!” disse con una voce molto sottile.
Tutti dissero: “Ma ne sei sicura?!” la bambina annuì, poi si mise a grattare i
muri per giocare; riuscì a togliere una pellicola stesa su una parte del muro e
chiamò tutti: “Porta, porta, porta!”. Infatti c'era una porticina e, dall'altra parte
di essa, si sentiva la maniglia che si apriva.
Chi videro? Il vecchio.
L'anziano, contento, abbracciò tutti i suoi bambini: “Ah, eccovi qua! Dove vi
eravate cacciati? Vi stavo cercando per tutto il parco...ah, vedo che avete
stretto nuove amicizie!”
“Dove si sono cacciati?! Li hai rinchiusi tu qui dentro, come hai fatto con me!!!”
gridò Carlo.
Il vecchio, offeso, rispose: “Cosa stai dicendo? Io non ho fatto niente di male!
Questi sono i miei studenti e a loro insegno in questa cappella.
Insieme stiamo portando avanti un progetto ecologico: dobbiamo ristrutturare
questa vecchia cappella, dobbiamo ripulire i rifiuti e i topi. Vogliamo
trasformare le catacombe in speciali musei e teatri. Non sono stato io a
rinchiuderli qui dentro e non ho rinchiuso neanche te! Io non so chi sia stato;
forse, oltre a me, in questa cappella vi abita un'altra persona che non
conosco".
Tutti insieme cercarono nella cappella la persona misteriosa che era stata
descritta dalla piccola Elisabetta.
Ad un certo punto, tutti sentirono un fruscio che proveniva da un ripostiglio
nascosto da un lungo tendone rosso.
Il padre e il nonno di Carlo si addentrarono nel ripostiglio e tutti gli altri
sentirono dei tonfi che rimbombarono in tutta la cappella.
La mamma di Carlo corse a vedere cosa stava succedendo nel ripostiglio. Vide
una lunga e quasi infinita scala che si trovava subito dietro il tendone rosso.
Arrivata alla fine della scala, vide suo marito ed il vecchietto che tenevano
fermo il famoso uomo incappucciato di nero. "Cosa è successo?" chiese
preoccupata lei. "Abbiamo catturato questo spaventoso criminale e rapitore;
l'abbiamo fatto cadere dalle scale ed ora è privo di sensi! Lo possiamo
consegnare finalmente alla polizia!".
La mamma di Carlo ne fu emozionata e comunicò la notizia a tutti i bambini.
Dopo essere usciti dalla cappella, dal labirinto e dal parco, tornarono al
villaggio e consegnarono l'uomo dal cappuccio nero agli uomini della pubblica
sicurezza.
I gendarmi, dopo avere conosciuto il progetto per la ristrutturazione della
cappella, non si accontentarono di mettere in prigione il colpevole, ma per
punizione lo costrinsero a lavorare a quel progetto.
Ogni giorno, infatti, quell'uomo venne accompagnato e sorvegliato da un
poliziotto nella cappella che ripuliva dai rifiuti e dai topi.
Carlo fu molto contento di avere risolto la faccenda, ma lo fu ancora di più
quando, a casa sua, trovò una sorpresa indimenticabile: il ritorno di
Giuseppe!!! Carlo era incredulo e, felici, lui e Giuseppe si riabbracciarono!
A casa di Carlo venne organizzata una grande festa per festeggiare parecchi
avvenimenti: il ritorno di Giuseppe, la fortuna di avere ritrovato il nonno che
sembrava perduto, l'arresto del colpevole, il successo dell'opera ecologica di
ristrutturazione della cappella,...
Tutto era tornato al proprio posto e Carlo sentiva attorno a sé un'atmosfera
bellissima, un'atmosfera di pace e tranquillità.
Nicole, Christian, Alessandro C., Serena 2^A