Phenomena di Dario Argento PDF

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TRA TOURNEUR E DISNEY. PHENOMENA
GABRIELLE LUCANTONIO
TRA TOURNEUR E DISNEY
PHENOMENA
Ho rivisto Cat People di Jacques Tourneur con Dario, e abbiamo provato a
ricreare lo stesso tipo di illuminazione, dalle fonti di luce completamente
irreali, che provenivano spesso dal suolo [...] La pellicola verrà trattata in laboratorio e si proverà ad eliminare il 50% dei colori basilari, per ottenere ombre
più contrastate e un risultato vicino al bianco e nero1.
Cosí dice il direttore della fotografia Romano Albani sul suo lavoro per
Phenomena. Un irrealismo, quello di Nicholas Misuraca2, che contribuì a
provocare un’identificazione più forte dello spettatore con i personaggi e
che sembra apparentare, tramite il lavoro di Albani, la diversità di Irina
(Simone Simon), la donna pantera, con quella di Jennifer (Jennifer Connelly), la ragazzina sonnambula che comunica telepaticamente con gli
insetti (ma il sonnambulismo, ci dicono nel film, è spesso indizio di una
seconda personalità). Irina soffre della sua diversità e finisce col vivere isolata dal resto del mondo, Jennifer è subito derisa dalle compagne del collegio dove è appena arrivata, subito isolata e costretta a fuggire. Ma in Phenomena c’è anche la diversità del serial killer, afflitto della sindrome di
Patau (una gravissima alterazione cromosomica che produce deformità),
costretto a nascondersi e al quale la madre, Mrs Bruckner, copre gli specchi di casa per impedirgli di vedere la propria mostruosità. E forse uccide
perché nessuno riesce a guardarlo in faccia...
Il collegio per ragazzine di buona famiglia, che sembra provenire direttamente dal cinema dei telefoni bianchi e da film come Maddalena... zero
in condotta di Vittorio De Sica (1940), ricorda anche un’altra pellicola, un
altro film dell’orrore, di Dario Argento questa volta: Suspiria. Dalle scuole
dai nomi altisonanti (mentre l’accademia di danza di Suspiria si trova nella
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casa che fu di Erasmo da Rotterdam, la scuola di Phenomena è dedicata a
Richard Wagner), con delle direttrici altezzose e glaciali (Joan Bennett in
Suspiria e Dalila Di Lazzaro in Phenomena), una profusione di vermi nel
primo e un palazzo ricoperto di mosche nel secondo, le protagoniste Susy
e Jennifer che sbarcano dal Nuovo Continente in un Paese del centro
Europa (la Germania per la prima e la Svizzera per la seconda) per studiare, si ritrovano a dover risolvere un mistero e affrontare una madre
mostruosa (Mater Suspirorium per la prima, la folle Mrs Bruckner interpretata da Daria Nicolodi per la seconda). Ed entrambe, come due piccole “Alice nel paese degli orrori”, entrano in un incubo dal quale si sveglieranno solo alla fine del film.
Un incubo sostenuto da una tecnologia efficientissima, degna di gareggiare con le super-produzioni americane, sulla quale il regista scrive:
Le luci a fibre ottiche (a emissione fredda e bianca) le avevo già acquistate in
Germania. Anche la super-gru (capace di portare operatori e macchine da
presa a 30 metri di altezza senza il minino scossone o tremolio, mi serviva per
una ripresa dove dovevo scavalcare un bosco e vedere un’immensa valle dall’altra parte) era giunta. Ce n’è una sola. Ed era a Monaco di Baviera. E la
troupe degli effetti speciali giù a lavorare come dannati (450 diversi effetti, trasformazioni, visioni allucinanti)3.
Jennifer Corvino-Alice arriva in una Svizzera trasformata in una Transilvania in miniatura, e da subito entra in contatto con una natura, mostrata
nei suoi minimi particolari, grazie ad una tecnologia avanzatissima, a
macro-riprese bellissime, e al desiderio di considerare gli animali piccoli
e grandi come dei personaggi, dalla scimmia Inga compagna di vita del
professore Mc Greggor – l’entomologo amico della ragazzina (Donald
Pleasance) del quale vendicherà la morte alla fine del film, uccidendo Mrs
Bruckner amica di Jennifer – fino agli insetti tutti che interagiscono con
la protagonista, che si eccitano al suo contatto, che si innervosiscono
quando lei è nervosa, che diventano più calmi quando lei è serena, che
vengono a salvarla, che la difendono dal pericolo, come quella nuvola di
mosche corsa in suo soccorso per difenderla dalle studentesse del collegio inviperite. Argento rovescia il loro ruolo nei film dell’orrore, di solito
negativo e malefico, trasformandoli in “aiutanti magici” della protagonista. Un aspetto disneyano, quasi sempre sottolineato dal tema Phenomena
di Claudio Simonetti (per il lancio commerciale di tale tema, Dario
Argento concepirà l’unico video-clip che abbia mai realizzato fino ad
oggi), molto apprezzato dalla critica al momento dell’uscita del film, come
dimostra quest’articolo di Mariuccia Ciotta:
Bellissima la scena di Jennifer che in camicia da notte scende nel parco e avanza
verso i cespugli dove forse si acquatta l’assassino. Una lucciola le si fa incon303
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tro e il film horror all’improvviso si muta in una favola disneyana. Ma, arrivato
a tre quarti del film, Argento sembra ricordarsi della sua fama di regista sanguinario, ciò che fa di un film qualsiasi un film di Argento4.
Un finale irrealistico e da incubo, tra i più belli mai realizzati dal regista, che come per fare pendant all’incredibile, lunghissimo e perfetto inizio di Suspiria, sembra prolungarsi e prolungarsi ancora, facendo susseguire colpo di scena su colpo di scena. Si vede Jennifer-Alice sopravvivere
agli attacchi ripetuti di Mrs Bruckner e del figlio mostruoso, cadere in una
vasca piena di cadaveri, venire finalmente salvata dagli insetti che divorano il mostro, la barca prendere fuoco, l’avvocato del padre venire decapitato da Mrs Bruchner, che viene a sua volta uccisa da Inga, la scimmietta.
Un finale che è stato spesso criticato (o non capito) dalla critica cinematografica, che ha per altro lodato la compilation della colonna sonora.
Ma non si può accontentare tutti...
1
Intervista a cura di Caroline Vié e Claude Scasso, Phenomena, in «L’écran fantastique»
n. 49, 1984.
2
Misuraca è il direttore della fotografia di Cat People (1942) di Jacques Tourneur.
3
Dario Argento, Sono un samurai, in «La Stampa», 31 gennaio 1985.
4
Mariuccia Ciotta, Phenomena, un tocco di Disney nell’orripilante mondo di Dario Argento,
in «Il Manifesto», 15 febbraio 1985.
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