Numero 4 - Liceo Giulio Cesare

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Numero 4 - Liceo Giulio Cesare
15 Marzo 2012
Anno 1 numero 4
Le Idi di…
marzo
SETTIMANA DELLO STUDENTE: A VOI LA PAROLA
Anche quest’anno la Settimana dello Studente è
passata, tra lodi e polemiche. Un momento di incontro e discussione tra noi studenti o un’occasione per saltare lezioni e rilassarsi un po’ nel periodo più nero tra pagella e pagellino? Sentiamo cosa ne pensano tre ragazzi del Giulio, una studentessa di IV ginnasio e due studenti di III liceo,
scelti a caso per un breve sondaggio. Infine, non
poteva mancare la testimonianza degli organizzatori del progetto, i rappresentanti di istituto. Ecco
quali sono le loro impressioni e cosa migliorerebbero.
1. “Rispetto alle tante parole con cui ci avevano
riempito la testa all’inizio dell’anno, sono rimasta
colpita dal disinteresse di chi ha già partecipato,
negli anni precedenti, alla Settimana dello Studente. Ma posso affermare di aver partecipato a corsi
interessanti e “istruttivi” e quindi di essere soddisfatta di come si sono svolti questi quattro giorni.
Per il resto, posso solo dare un’opinione che aiuti
chi prepara questi giorni a organizzare il tutto nel
modo più corretto possibile. Quindi, consiglio
maggior colloquio tra rappresentanti e organizzatori dei corsi, e maggior incentivo e pubblicità soprattutto nei IV ginnasi, perché questa è la NOSTRA settimana e abbiamo il diritto/ dovere di
partecipare.” (Margherita Coiro IV G)
2. “Anche quest’anno i quattro giorni dell’autogestione hanno rappresentato un’occasione di intrattenimento e un’opportunità per dare sfogo alla nostra fantasia. Sono stati organizzati corsi che toccavano i più svariati argomenti: politica, cinema,
musica, arte e letteratura. Il nostro Liceo è stato
anche in contatto con personaggi famosi. Certo,
solo chi è da cinque anni in questa scuola ha potuto notare quasi sempre le stesse proposte. Il rischio
che si corre nell’insistere su certi argomenti è stan-
care chi vede nell’autogestione scolastica un modo per allontanarsi dal contesto quotidiano. Il
messaggio che un terzo liceo può lasciare alle
nuove generazioni è quello di proporre nuove tematiche che possano attirare lo studente e non annoiarlo. Diamo spazio all’originalità!” (Valerio
Blasi, Riccardo Guiglia III B)
3. “Credo che il risultato della Settimana dello
Studente di quest’anno sia stato abbastanza buono
da poter permettere, l'anno prossimo, un'ottima
riuscita del progetto. Mi è sembrato che la Settimana dello studente sia stata sfruttata da molte
persone nel modo che personalmente credo sia il
più proficuo: come un'opportunità di misurare i
propri interessi con i ragazzi della scuola al fine
di coinvolgerli e di migliorarsi. Per quanto riguarda il Servizio d'Ordine, è stato fondamentale per il
regolare svolgimento delle giornate, quindi chiunque si occuperà del progetto in futuro non prescinda da questo punto fondamentale: possono
anche esserci corsi interessantissimi, ma senza
un'efficiente sorveglianza non si svolgeranno certo in maniera ottimale. Non so di preciso cosa
cambierei: sono piuttosto soddisfatta sia dei corsi
che si sono tenuti, sia dell'organizzazione (lo
scheletro di tutto). Forse mi augurerei una maggiore partecipazione da parte di tutti gli studenti
alla stesura del progetto, perché, per fare in modo
che tutti siano soddisfatti, c'è bisogno di sentire le
opinioni di tutti. Poi, sarebbe bello che i professori partecipassero attivamente per poter assicurare
la qualità e spronare tutti a non far scadere il livello dei corsi... Ma per questo dovrete abbattere il
muro dello scetticismo!”
(Alessandra Marino III F)
Alessandro Giardini, Agnese Gatti, Cosimo
Inzerillo II F
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NO
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TAV:
con
chi
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schierarsi?
Ormai da mesi assistiamo sbigottiti alla guerriglia tra il Movimento No Tav e le istituzioni.
La Val di Susa si è trasformata
in un vero e proprio campo di
battaglia denso di emozioni e
ideologie. Noi tutti abbiamo visto in TV la terribile scena della
caduta di Luca Abba giù da un
traliccio, a inutili cariche di polizia e a violenti scontri causati
spesso proprio dai militanti No
Tav. Abbiamo anche visto e
udito Marco Bruno, un ragazzo
di 28 anni dal viso gentile, un
militante No Tav, insultare un carabiniere senza avere il benché minimo rispetto per il vero proletario di
oggi: la guardia. “Perchè i poliziotti sono figli di poveri. Vengono da periferie, contadine o urbane che
siano...I ragazzi poliziotti che voi, per sacro teppismo di eletta tradizione risorgimentale di figli di papà,
avete bastonato appartengono all'altra classe sociale...In questo caso ai poliziotti si danno i fiori, amici.” (Pier Paolo Pasolini) Pochi giorni dopo però la rete ha mostrato lo stesso Marco Bruno essere portato
via a forza dalla polizia durante la rimozione dei blocchi No Tav sulla A32. Capire dove sia il torto e dove sia la ragione non è affatto facile. Ma cos'è la Tav? “La Tav Torino-Lione nasce 21 anni fa, quando era
appena caduto il muro di Berlino, al governo c'erano Andreotti e Cirino Pomicino e alle ferrovie Lorenzo
Necci. Poi guarda caso Tangentopoli li ha spazzati via tutti.” (Marco Travaglio, “Alta Voracità”, Servizio
pubblico 01/marzo/2012). Negli anni il progetto è cambiato moltissimo e questo è sicuramente merito del
Movimento No Tav. Ma quali sono i costi di questa infrastruttura e a cosa serve un'ulteriore linea ferroviaria, chi o cosa andrebbe trasportato? Per quanto riguarda i costi, quelli a carico dell'Italia, per la parte
del collegamento fino a Torino, secondo il dossier presentato nel 2006 all'Unione Europea, si aggirerebbero attorno ai 17 miliardi di euro. Ma nel dossier presentato all'UE nel 2010 i costi sono arrivati sino a
circa 35 miliardi. Vediamo ora cosa potrebbe succedere, attenendoci all'esperienza italiana delle linee ad
alta velocità: le spese della Roma-Firenze sono cresciute di 6,8 volte rispetto ai preventivi, quelle della
Firenze-Bologna di 4 volte, quelle per la Milano-Torino di 5,6 volte. Stiamo parlando di dati ufficiali, ben
noti, e sui quali la stessa magistratura sta cercando risposte. Ora vediamo se vale la pena spendere tutti
questi soldi per la Tav. Come dice il Prof. Oliviero Bacelli la Tav porterebbe molti vantaggi. Innanzitutto
i tunnel sono tutti “..misto passeggeri-merci. La logica di base di questa tipologia di infrastruttura, rendere la ferrovia un'asse di pianura e non avere più ferrovie che si arrampicano a milleduecentocinquanta metri, è una tipologia di soluzione sia per le merci..., sia per i passeggeri che ovviamente possono ridurre
drasticamente i tempi di viaggio: la Milano-Parigi passerebbe da 7 ore e 20 a 4 ore.” (“Tav, ne vale davvero la pena?” Il fatto quotidiano). Inoltre la linea ferroviaria già esistente non è più compatibile con i
treni attuali. Dunque o si cambiano i treni o si costruisce una nuova linea ferroviaria. Eppure dal 2000 in
poi il traffico di merci e passeggeri tra Francia e Italia è calato, dunque moltissimi sostengono sia inutile
spendere miliardi di euro per costruire questa linea anche se altri esperti sostengono che si avrà un incremento del traffico dopo la costruzione dell'infrastruttura. È dunque difficile comprendere se questa linea
ferroviaria sia necessaria o meno. L'unica soluzione sarebbe quella di smetterla di parteggiare per uno
schieramento in base al proprio credo politico e essere pronti a dialogare per giungere democraticamente
ad una conclusione.
Giuseppe della Corte I D
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Ricordando
“Vide
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Lucio
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Dalla
le luci in mezzo al mare, pensò alle notti là in America ma erano solo le lampare e la bianca
scia di un’elica; sentì il dolore nella musica, si alzò dal pianoforte ma quando vide la luna uscire da
una nuvola gli sembrò più dolce anche la morte” (Caruso)
Lucio Dalla, noto per la sua personalità eclettica e spontanea, aveva sempre adorato il mare, a cui guardava come concretizzazione della libertà, dell’amore, del sacrificio dei pescatori, del sogno da inseguire….Egli riteneva che scrutare il mare, così frastagliato dalle onde, così vasto, così scuro permette di
credere quasi che l’infinito esista; quell’infinito che ora lo stesso Lucio Dalla, uno dei più affermati
cantautori italiani, può sperimentare da angelo, dopo aver lasciato un solco profondo nella storia della
musica italiana.
Avrebbe compiuto 69 anni il 4 marzo l’illustre cantautore, che è stato sopraffatto da una morte improvvisa e inaspettata a causa di un infarto il primo marzo a Montreaux in Svizzera, dove si trovava in
tournée.
Distintosi per i suoi cinquant’ anni di grandiosa carriera musicale, ha debuttato a Sanremo nel 1966 a
soli 23 anni; Dalla diventa paroliere di sé stesso nel 1977, ed è proprio grazie ai suoi testi poetici e suggestivi, che arriva il vero successo di pubblico e di vendite. L’ultima comparsa televisiva è stato il suo
recentissimo passaggio a Sanremo, che, col senno di poi, assume quasi una valenza simbolica; il suo
salire sul podio per assumere la direzione dell'orchestra durante il brano di Pierdavide Carone “Nanì” ,
di cui era autore, sorridendo a favore di telecamera, appare come l'inconsapevole saluto di un artista
indimenticabile ai milioni di telespettatori sintonizzati sul Festival.
La sua scomparsa ha lasciato un immenso vuoto nella musica italiana, spezzando il cuore non solo ad
amici cari come De Gregori o Morandi, ma anche a tutte quelle persone che sono cresciute con le sue
canzoni forti e struggenti, d’amore e di denuncia politica e sociale; a tutte quelle persone che si sono
lasciate trasportare dalle parole di famosissimi testi, quali Caruso, Piazza Grande, Attenti al lupo,
L’anno che verrà, Futura, e in cui hanno trovato la voglia di vivere, di amare, di “non mollare”, di divertirsi…
In tutte le sue canzoni appassionate ed emozionanti Dalla ha raccontato infatti di amori travolgenti, di
paure, di malinconie, di fatiche in modo così semplice e veritiero da rendere estremamente facile l’immedesimazione in quelle emozioni da lui raccontate. Quelle sensazioni che infinite volte proveremo e
che inconsapevolmente accosteremo sempre al ricordo della persona divertente e schietta quale era.
Flaminia Benincampi II E
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A scuola di filosofia
Dimmi dove vivi e ti dirò cosa
pensi: nella storia del pensiero
filosofico capita a volte di sottovalutare il ruolo dello spazio,
seconda coordinata umana, imprescindibile da quella temporale, che, anche sotto questo
aspetto, continua a tiranneggiare. Dove nascono le idee? E'
possibile tracciare una mappa
che evidenzi le condizioni geografiche favorevoli alla nascita
e allo sviluppo di centri filosofici? Per la fioritura di vere e
proprie scuole di pensiero sono
necessarie non solo giuste influenze socioculturali e politiche, ma anche rapporti umani,
sodalizi e amicizia tra filosofi.
Dall'Atene classica dell'Accademia platonica e del Liceo
peripatetico, fino ai centri della
scolastica in monasteri e abbazie, dai poli universitari europei (Parigi e Oxford) fino alla
Firenze medicea, epicentro
dell'Umanesimo rinascimentale
italiano, e non solo. Poi Berlino, capitale filosofica dell'idealismo, dove operarono Fichte e
Hegel, Marx e Schopenhauer.
E adesso? Potremmo indicare
gli attuali poli del pensiero?
Dopo lo l’ultimo cinquantennio
che ha visto la contrapposizione tra realisti harvardiani
(secondo i quali la realtà consiste in una forma di corrispondenza tra pensieri e realtà) e
post-strutturalisti parigini (che
da parte loro decostruiscono
tale concettualismo reputandolo superato), oggi, con la dilatazione degli spazi geografici,
non sembra essercene nessuno
che domini sugli altri. Le stesse
università angloamericane che
eccellono in campo scientifico
tengono prestigiosi corsi filosofici, ma - come afferma Corrado Ocone - "la solidità di una
istituzione accademica non è
garanzia di vitalità". Il panorama attuale (dal quale emergono
I filosofi nella scuola di Atene di Raffaello
gli embrioni di un sapere filosofico ma anche praticooperativo della London School
of Economics e delle università
californiane che si occupano di
filosofia della mente in connessione con le neuroscience) è
dunque frammentato, la figura
del filosofo, inoltre, sta assumendo un ruolo sempre più
pubblico e mediatico. I filosofi
di oggi, sparsi per tutto il globo, diventano divulgatori, semplificatori, consulenti e provocatori intellettuali: sembrano
insegnarci che la cultura sia
accessibile e che ognuno di noi
possa essere un "filosofo potenziale", capace di gettare i semi
di una nuova epoca non più di
transizione.
Agnese Gatti II F
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Il tarlo letterario
Anghelos Sikelianòs aveva tre caratteristiche
che avrebbero spianato la carriera di qualsiasi
poeta: era bellissimo, ispirato e, soprattutto,
molto ricco. Naturale che la Grecia d’inizio
Novecento, ancora tutto sommato giovane,
presa da sogni nazionalistici comuni, in quel
tempo, a tutte le nazioni europee (si parlava di
riconquistare la “bizantina” Istambul e l’antica Jonia d’Asia) guardasse a lui con la trepida
speranza con cui la mamma guarda al proprio
figlio più promettente, o una nazione al suo
vate. E questa parte di poeta nazionale calzava a pennello col carattere del giovane: e se
oggi il concetto di vate è caduto un poco
nell’oblio, c’è da dire che il suo ruolo Sikelianòs lo interpretò nel modo più alto, preso davvero da un sacro entusiasmo che lo spinse addirittura a riaprire l’antico teatro di Delfi per
dare inizio a stagioni teatrali e sportive che
ricreassero le feste pitiche, dove avrebbe regnato l’ideale di fratellanza tra i popoli riuniti
nel ricordo della Grecia antica e nell’attesa di
quella futura. Ma la vita di un poeta nazionale
non è sempre facile, e in vecchiaia Sikelianòs
si trovò coinvolto in un dramma che superava
di gran lunga le sue forze e quelle del suo
Paese: vedere la propria terra occupata e umiliata dai soldati nazisti durante la seconda
guerra mondiale. Immaginate voi stessi, la
speranza e la gloria della vostra nazione, a
dover reagire in una situazione del genere: un
inverno (quello del ’43) freddissimo, mentre
le truppe naziste compiono stragi tra la popolazione. Molti si sarebbero tirati indietro. Ecco cosa avreste fatto, se foste stati Sikelianòs.
Camminando per Atene stuprata, vi sareste
forse fermati un attimo a contemplare tutto
l’orrore della guerra, come, in un episodio dei
Vangeli Apocrifi, fece Gesù nella discarica
fuori dalle mura di Sion. Una volta incamminatosi nel mezzo dell’immondizia, scorse la
carogna di un cane, un cane dai denti così
bianchi da balenare tra la lordura. E avreste
pregato, come Gesù, come Sikelianòs, il Signore, qualunque sia il Signore in cui crediate, di darvi questo dono immenso, di poter
sempre scorgere, anche nel buio più totale
della vostra miseria umana, una luce lontana,
“aspro baleno del Giusto, Speranza.” Questa
era la poesia Apocrifo, dall’ultima raccolta
poetica di Anghelos, gli Epinici. Essa, come
dice il titolo, è il canto di vittoria morale e
spirituale del popolo greco sulla barbarie nazista, la vittoria dell’uomo sulle aberrazioni
della sua natura. La vita e l’opera di Sikelianòs possono farci riflettere molto. Qual è la
condizione del poeta, oggi? e cosa ci si aspetta, oggi, dalla poesia? Spesso i poeti contemporanei si chiudono a riccio, e certo non esiste
più un vate che si imponga alla pubblica opinione, parlando a Porta a Porta o leggendo le
sue opere in Piazza del Popolo, anche se forse
una personalità come quella del Nostro non
sarebbe scomoda. Eppure la poesia, ancora in
questi tempi, tra tante crisi (politiche, economiche, culturali soprattutto) rimane. E forse,
oggi più che mai, è proprio questo che la poesia può significare per noi uomini: quella luce
che brilla tra tanto dolore, quell’“aspro baleno
del Giusto, Speranza”. Arriverà qualcuno che
questo baleno, il quale oggi si tiene ancora un
poco nascosto, ce lo mostri con chiarezza?
Quando?
Alessandro Giardini II F
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La lunga saga del "Re Cremisi" è il frutto del genio cervellotico
di Robert Fripp, chitarrista geometrico e "dittatore illuminato"
della band britannica che ha fatto la storia del progressive e del
rock. Punto cardine del gruppo è uno di quei personaggi che
hanno salvato il rock da sé stesso, ma per farlo hanno dovuto
accompagnarlo verso la senescenza e, lentamente, impercettibilmente, ucciderlo. Perché Robert Fripp, sia ben chiaro, è pienamente un musicista rock: ne possiede l'approccio, la ritmica,
l'impatto, la commercialità. Ma ne rifiuta la prospettiva. E’ un
musicista che usa le forme del rock come linguaggio, come tramite. Nel 1969 con i fratelli Michael (batterista) e Peter Giles
(bassista) e Ian Mc Donald (fiatista) forma i leggendari King
Crimson. Possiamo definire i King Crimson una band prevalentemente progressive anche se, nel corso della loro lunga storia,
hanno subito l’influenza di diversi gruppi e generi musicali, come jazz, musica classica, folk, rock psichedelico. In quarant’anni la formazione della band è stata continuamente modificata, vedendo passare tra le sue fila circa una ventina di musicisti e raggiungendo una certa
stabilità solamente nel 1981, con l’ingresso del chitarrista Andrew Belew. E’ proprio per questo avvicendarsi di musicisti nella band, la creatività fuori dal comune e la continua ricerca di suoni innovativi che
spesso quando si fa riferimento ai King Crimson si parla anche di “laboratorio musicale”, nato e sviluppatosi sotto la geniale e stravagante guida di Fripp.
Lo straordinario esordio dei King Crimson avvenne grazie ad un album che è entrato a pieno diritto tra i
capolavori della storia del rock. Oltre all'incredibile bellezza della musica, all'elevato tasso di innovazione e
di sperimentazione dei nuovi suoni, a colpire l’ascoltatore è anche l’eccezionale qualità dei testi di Peter
Sinfield, vere e proprie poesie. I King Crimson si affacciano nel mondo del rock con uno stile unico e con
la voglia crescente di sorprendere e "andare avanti". “In the court of the Crimson King” è un disco rivoluzionario per molti aspetti. La prima traccia è "21st century schizoid man", quasi un cazzotto nello stomaco
per la violenza sonora, con le chitarre ed il sax ad inseguirsi in vorticosi sentieri e ritmi sostenuti che non
danno un attimo di tregua, e per la potenza incredibile del testo, descrizione dell’uomo alienato del nuovo
millennio. In completa contrapposizione con il primo brano segue “I talk to the wind”, elegante ballata cantata senza continuità a due voci e su cui si innesta il delicato flauto, che dona un’atmosfera eterea. Con la
terza traccia, “Epitaph”, si introduce anche un nuovo strumento, il Mellotron che accompagna forse il testo
più bello dell’intero disco. La voce di Lake è particolarmente espressiva mentre descrive con estremo pessimismo, in un epitaffio, il mondo e la società umana attraverso le parole dettate dal genio di Sinfield. Il penultimo brano, “Moonchild”, che è il più lungo dell’album, si divide in due parti. La prima è una breve ballata onirica accompagnata da un arpeggio di Fripp mentre la seconda è una digressione improvvisata, probabilmente inserita per “riempire” il disco. La quinta traccia è “The Court of the Crimson King”, che con
l’assolo incredibile del flauto di McDonald, va a concludere un album che forse rappresenta il vero e proprio manifesto del Progressive Rock inglese. Particolare attenzione meritano anche alla copertina e l’interno
della custodia di quest’opera d’arte: una grottesca raffigurazione dell’uomo del ventunesimo secolo realizzata da Barry Godber, artista memorabile scomparso per un infarto all’età di ventiquattro anni.
Guida all’ascolto:
-21st Century Schizoid Man (da ascoltare con il testo davanti);
-Epitaph (da ascoltare assolutamente con il testo davanti);
- Cadence and Cascade (In the Wake of Poseidon).
Elena Burali II F, Ludovico Luzzi I E
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La notte degli Oscar
26 Gennaio 2012. Serata degli Oscar, appuntamento tanto atteso dagli appassionati del cinema e ancor più per dai patiti del red carpet. Anche quest’anno le star di Hollywood (e non
solo) hanno dato il meglio di sé, sia pure con
qualche eccezione. Ne sono un esempio il senso di dejà vu che si ha guardando Penelope
Cruz in un principesco, ma poco innovativo
Giorgio Armani, o l’eccessiva semplicità del
vintage Dior del 1954 di Natalie Portman. Ma
semplicità non sempre è sinonimo di banalità:
lo dimostrano Emma Stone, protagonista di
“Easy Girl” in un abito rosso mozzafiato di
Giambattista Valli e Gwyneth Paltrow, vincitrice dell’Oscar per la sua performance in
“Shakespeare in Love”, splendente in un abito
total white di Tom Ford, abbinato ad un originalissimo mantello dello stesso colore.
Una positiva rivelazione è stata Louise Roe,
conduttrice del reality di MTV “Plain Jane”,
fasciata in un delizioso abito rosa di Black
Halo abbinato ad accessori metallici e raffinati,
mentre tra le candidate all’Oscar di quest’anno
spiccava Jessica Chastain, in lizza per il premio come miglior attrice non protagonista per
“The Help”, che ha sfoggiato uno scenografico
abito nero con ricami oro di Alexander
McQueen.
Naturalmente non tutte hanno azzeccato la
scelta del vestito. L’attrice e cantante Jennifer
Lopez infatti era poco adatta alla situazione
nell’aderentissima creazione di Zuhair Murad,
e l’abito color corallo senza spalline di Michelle Williams, star di “My Week With Marylin”,
firmato da Louis Vuitton, di certo appariscente, non era adeguato; l’abbinamento alla clutch
rosa poi una vera caduta di stile.
Degne di nota naturalmente sono Angelina Jolie, che ha lasciato tutti senza parole con un
vestito Atelier Versace nero dotato di un amplissimo spacco che mostrava le sue invidiate
gambe e Meryl Streep vincitrice dell’Oscar per
la sua performance in “The Iron Lady” in uno
scintillante Lanvin; splendido il modello, un
po’ azzardato il colore.
Per quanto riguarda i trend, il bianco e il crema
sono stati senza dubbio i colori dominanti, indossati oltre che da Gwyneth Paltrow anche
dalla protagonista del remake americano di
“Uomini che odiano le donne” Rooney
Mara in Givenchy, da Cameron Diaz in
Gucci, da Milla Jovovich in Elie Saab e
dalla nuova pupilla di Hollywood, protagonista al fianco di George Clooney in
“Paradiso Amaro”, Shailene Woodley in
Valentino Couture. Inoltre hanno spopolato perline, paillettes e lamè, scintillanti
sugli abiti non solo dell’ultima fidanzata di
Clooney Stacy Keibler, che indossava un
Marchesa, di Rose Byrne, attrice del film
“Le amiche della sposa”, in un vestito di
Vivienne Westwood, e della star di “The
Artist” Berenice Bejo, ma anche su quelli
di moltissime altre ospiti della serata.
Come ogni anno il red carpet degli Academy Awards ci ha sorpreso, nel bene o nel
male, e non vediamo l’ora di vedere cosa
ci porterà il prossimo anno.
Gaia Petronio II E, Alice Binaghi II B
Meryl Streep alla Notte degli Oscar di quest’anno
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Quando la musica ci viene incontro
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Come tutte le cose, anche la Settimana dello Studente ha i suoi pro e i suoi contro. Puoi non studiare per
quattro giorni, ma dovrai farlo prima o poi. Invece di seguire il professore parlare di Cicerone, Hegel o
dei principi della dinamica, puoi tornare bambino e vedere il cartone di Hercules nell’aula Lim. Oppure
seguire il corso “Pensare positivo: benvenuti nella quarta dimensione” di Riccardo Zianna, come ho fatto io. Una vera rivelazione. Una volta usciti da questo corso, chi ha litigato con la fidanzata o con l’amico farà pace, chi aveva mal di stomaco e mal di testa per la stanchezza sarà tornato sano come un pesce,
chi era deluso o arrabbiato riderà, chi pensava di aver toccato il fondo, saprà trovare il modo di tornare
su. Oppure ballerete e canterete tutto il giorno, ad alta voce o nella vostra testa, le ultime canzoni di Jovanotti. Vi starete domandando: “Che cosa mi sono perso?” L’arte, la musica di Lorenzo Cherubini filtrata e spiegata attraverso le riflessioni di un ragazzo, che in modo ironico e scherzoso cerca di farci
inoltrare in questo emisfero nuovo ma non del tutto estraneo. Chi lo ama come cantante e come persona
lo sa, ma anche chi non lo segue lo sa, che se ci avviciniamo alla sua musica non è solo questione di
puro intrattenimento ma è per sentirci dire cose e provare sentimenti ed emozioni che la vita non ci ha
ancora riservato. Sì, ma questo lo fanno tutti, penserete. Lo ha fatto Battisti come i Beatles. Ma quanta è
la musica che ti spinge a fare, pensare e dire cose a cui la mente da sola non arriverebbe mai? Riccardo
ha detto: “E se non fossimo autosufficienti ma avessimo bisogno di qualcuno che ci sproni, che ci scuota e che ci muova?”. E chi può farlo meglio di lui. La sua poesia è anche la sua poetica, la sua filosofia
di vita diventa un messaggio che non è un codice a barre ma è valido e accessibile per tutti. Un messaggio sicuramene positivo quello di un disco, Ora 2011, da lui stesso definito “impegnato”, ma nel senso
in cui la musica deve esserlo, ovvero quello di far star bene la gente. In fondo la realtà non è altro che
un film senza la colonna sonora. E invece c’è chi fa di Jovanotti la propria colonna sonora. Lo ascolta di
mattina, di sera, di pomeriggio tra una materia e l’altra, in macchina immerso nel traffico. Una giornalista confessa: “Io la canzone A te non la posso sentire, nessuno mi ha mai detto quelle cose”. Ma le canzoni d’amore funzionano da contrappunto, ci piacciono perché non ce le abbiamo. E allora ci concediamo il lusso di sognare. E così la canzone E’ per te diventa un inno alla vita, la canzone Mi fido di te ci
spinge a buttarci tra le mani del nemico, la canzone Io non sono solo e Tutto l’amore che ho, dedicate al
fratello e alla madre, entrambi scomparsi, ci lasciano con quell’amaro in bocca di chi si sente abbandonato ma sa che non è così. E poi ci sono canzoni che ti caricano davvero, quali L’ombelico del mondo,
Tanto tanto, Io danzo, Penso positivo, Il più grande spettacolo dopo il big bang, dove a regnare è la parola ENERGIA. Per poter passare due ore nella cosiddetta” quarta dimensione” e per poter evadere da
questa vita così caotica e ombrosa non occorre per forza andare ad un suo concerto, basta anche frequentare quel corso, diventare partecipi del dibattito per accorgersi che le riflessioni di Riccardo diventeranno presto tue.
“Mi son trovato memorie che non sono mie,
ho un nome solo ma almeno cento identità
è naturale preferire le belle bugie alla durezza di ghiaccio di certe verità
viviamo comodi dentro alle nostre virgolette, ma il mondo è molto più grande, più grande di così
se uno ha imparato a contare fino a sette, non vuol mica dire che l’otto non possa esserci.”
Temporale-Safari 2008
Giorgia Boccherini II E
LE IDI DI...
Direttore:
Alessandra Marino III F
Caporedattore: Alessandro Giardini II F
Professore referente: Giuseppe Mesolella
Potete rileggere Le Idi di… sulla home del sito del Liceo Giulio Cesare