Il blog magazine del network Blogo.it
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Numero 2/07 LA NUOVA PIRATERIA INFORMATICA INTERNET ALLA CONQUISTA DEL MONDO REALE MONDI. I POST-MORTEM HUMAN OBJECTS VIAGGI. DALLA POLENTA AL BRASILE Photo by David Dennis PIRATI A VOLONTÀ Il blog magazine del network Blogo.it SOMMARIO PERMALINK 5 BANDIERE: Dario, Sebastiano A BABORDO: Eugenio, Giovanni ARMATORE: Francesco UNA ROTTA C’È ? graziano nani, martin millar, laconica, gattonero, fosco_mariabruna, luca volpi, federico anastasi, fabrizio c151 TESCHI E OSSA: “Soprattutto chiara”, emma, lucia, “irene”, cillo, margiale, la d-night crew, febio, il cuoco di bordo, giaime, ciccina incoming, gina l e gina v, i soliti ringraziati tutti gli altri numeri + giona and some Gpi crew, le tartarughe del Guaranà, pink Justine, wulff e morgenthaler, robert crumb, leandro agrò, (amico :) ONESTI MARINARETTI: La fucking bitch, djabir, windows vista, pastciccina, opera, oror se non fa quello che deve, modrone, S/L, quella zozza di leyla che “non ho tempo per te fino al 2030”. WWW.BLOGO.IT WWW.PERMALINK.IT Marzo 2007 3 Giappone La neolingua non ha solo radice anglofona. L’Italia si sta sushificando Jim Behrle 4 Retrosfera: Dissotterriamo dalle suburre del web il più grande poeta d’America e blogger piracy 5 New La pirateria informatica non è il male. E’ persino utile al mercato stesso - Stufato di manzo al brandy 8 Barbados Intermezzo culinal-letterario per scoprire la cucina raffinata dei pirati di una volta voce degli oggetti 9 La Internet sta uscendo dallo spazio virtuale e comincia a colonizzare il mondo delle cose Upon sul banco di prova 13 Stumble Una nuova toolbar sta cambiando il modo di navigare il web. E’ rinato lo zapping con un body 15 Intervista Non si muore più come una volta. Si diventa Post-Mortem Human Objects regno del Guaranà 18 Nel Storia di un brianzolo amazzonico in fuga dalla polenta tu per tu con Umberto Guidoni 22 A Può un astronauta italiano e comunista viaggiare con la Nasa? Magazine 24 Vectorika Il pdf mag del mese, un mondo disegnato vettoriale Fiction 26 Flash Narrativa per i tempi che corrono. Scrivere veloce per vivere furiosamente del mese 29 Racconto “Acqua Persa”, una storia di Salavatore Nicosia dal marciapiede 32 Racconti Alessandro Zuek Simonetti, fotografo nei meandri di NYC Way Back Machine 34 Sci-Fi Per recuperare il futuro, serve il cinema del passato: “Il Pianeta Selvaggio” 35 Flickerismi A caccia di bici nella rete dei fotografi milanesi 37 Oroscopo L’appuntamento fisso per guardare le stelle e conoscere il futuro Permalink n. 2 Marzo 2007 Sushify (sushificare) Neologismo particolarmente versatile, simbolo cocente dell’orientalizzazione di parte dell’occidente, specie tramite coltelli molto affilati. Si è diffuso nel Nordamerica principalmente nel suo significato letterale di “cuocere pochissimo”, “lasciare semicrudo”, “far grondare sangue”. “Daddy, would you please sushify my steak?” - è una richiesta che sentiamo sempre più spesso ai barbecue bene dei ranch texani meno in vista. WAR OF WORDS GIAPPONE Il neologismo del mese. Perché l’Italiano morirà Se il suo uso, nella forma, italianizzata, di “sushificare” o “suscizzare” dovessere piede anche da noi - e dunque non solo presso la comunità italo-americana (che fa mostra di preferire di gran lunga la terza accezione del significato) - come ci auguriamo tutti, presto potrebbe comodamente prendere il posto di lunghe e complesse perifrasi quali “ridurre a pezzetti” o “eseguire il pelo e il contropelo”. Ho già sentito una bambina di massimo otto anni utilizzare il termine con precocità e proprietà straordinarie: “A cosa, se non la smetti subbito de giocà cor Nemo mio va a finì che me lo suscizzi! Così poi so’ io che te sushifico a te!” di Natalia de Marco on l’avrei mai creduto, eppure è successo: il termine giappone sta diventando improvvisamente out. Sono stufa di tutto ciò che lo riguarda, e non mi riferisco a fiori di loto, a Hokusai, a Hiroshima, ai canzonieri Haiku, a vecchi e miti cartoon. Per tacere dei kamikaze. Del Giappone non sopporto più la sua trasposizione occidentale. Abbiamo appena smesso di essere ossessionati dai colori forti e dai sapori sgargianti del nord Africa, che già si vive per la dimensione minimal-zen della terra del sole mezzo levato (o mezzo tramontato?) Usciamo e mangiamo sushi? Lo troviamo fenomenale. Facciamo file di ore ed ore per pagare una cifra spropositata per due pezzettini di pesce, dimentichi di Nemo ma sod- disfatti perché se il crudo da Il Galeone fa cafone, il sushi da Hamatoia fa tormentone. Se prima avremmo usato nostra madre come ingrediente segreto per un kebab, adesso vogliamo il sashimi e, ubriachi di shakè, crediamo che sia un bicchiere di barolo. Sistemiamo fontane zen che sprecano una marea di energia da mettere all’ingresso di casa, e ci affidiamo al fengshui per decidere dove posizionare la scarpiera in camera da letto. Il tavolino basso in salotto lo troviamo più affine alle nostro finto senso estetico, ma non valutiamo a fondo il mal di schiena che ci creerà, aggravato dal fatto che dormiamo da qualche mese su un bel futon. Sono sicura che le frotte di giapponesi più agguerrite, che arrivano in Italia pronte a tutto pur di accaparrarsi Permalink n. 2 Marzo 2007 una Gucci e un paio di Ferragamo, non considereranno alla pari ancora per molto questo nostro scambio. Loro ordinano cappuccino dopo cena, si ossigenano i capelli e si fanno operare agli occhi per sembrare più europei. Noi continuiamo a rastrellare il nostro mini giardino zen e a curare bonsai. Eppure una differenza c’è: se per loro assimilare ed imitare nel modo più fedele possibile la nostra cultura è una vera e propria missione di vita, per noi europei - ed italiani in particolare - nipponizzarci è solo ed esclusivamente una moda che potrebbe essere dimenticata. Natalia de Marco Una di quelle persone talmente moderne che non fai in tempo a dirlo ed è già contemporanea. E’ una delle poche donne a grandezza naturale che possieda un minimei personale che la segue quasi ovunque. Da questo mese, i conti del giapponese le sembreranno ancora più salati. Perché, in fondo, alzi la mano chi, ai mitici filetti di baccalà, di Campo de’ Fiori (vedi 06blog) può preferire un piatto di tempura? ■ LOST & FOUND RetroSfera Il più grande poeta d’America, Jim Behrle. Un bostoniano perso fra spoken word, collage e fumetti. Riscoperto in un cono d’ombra del web di Trasanda uest’oggi dissotterriamo dalle orrende suburre del web un personaggio autoironico e nobile d’animo. Non potrebbe essere altrimenti, dato che parleremo di un poeta, per giunta di un poeta con il gusto compulsivo di aprire blog sempre nuovi. Di nome fa Jim, e lo presentiamo con un botta e risposta dalla sua intervista a 9for9, iniziativa sbocciata e sfiorita nel 2004 con set di interviste di 9 domande a 9 poeti. A Philadelphia c’è una nuova biblioteca dedicata alla poesia e sei tu a dover scegliere la scultura per l’ingresso. Cosa fai? Bè, la statua di Rocky. Mi è spiaciuto sapere che non sta nel punto esatto della scena del film. Mi son sentito defraudato. Stai sicuro che se il film fosse stato ambientato a Boston, una statua ci sarebbe di sicuro in quel posto. Ma in biblioteca potrebbe tenere in mano un libro. Lettura = Trionfo. Oppure sceglierei una statua di Allen Iverson che legge. Per dare ispirazione ai bambini. Perché Permalink n. 2 Marzo 2007 loro *sanno* che questa è la strada giusta per crescere, no? Chiusa la parentesi pseudoculturale, vi lasciamo con le storie a fumetti di Jim: in particolare con la serie Rum, Sodomy & The Lash pubblicata sul blog Gay Pirates in Love. Tra le sue altre produzioni, potete leggere le serie a fumetti Stone Cold Poetry Bitches, Ron is Ron, Kill All Poets e Drunk Poetry Bunnies ■ Trasanda La metà delle volte che sbrocca ha ragione. Ma è l’unico ad andare in giro con bottiglie di Zacapa per schiarire le idee al mondo. Nel futuro si immagina grossista di Lego su eBay. CRIMINI DIGITALI NEW PIRACY Imparare a convivere con le major e piratare eticamente di Giovanni de Stefano a pirateria informatica, se praticata con la giusta dose di incoscienza, e dunque con disonestà sincera, non solo aiuta a comprendere il nuovo mercato dell’audiovisivo, ma è perfino utile al mercato stesso. Il miglior percussionista folkrock ucraino - nemmeno lui, per quanto spontaneo e ispirato za con cui un cubista prima maniera doveva guardare agli ultimi tentativi di realismo in pittura. Quello che il realismo voleva rappresentare così com’è, il cubismo riteneva fosse illusorio (e viceversa, ovviamente). sono - e forse non saranno più - quello che lasciano di sé, una volta per tutte, nelle performance; ma soprattutto quello che desideriamo o temiamo che siano: sentimenti che mutano di stagione in stagione. Ciò che conta veramente nell’economia della percezione di un paesaggio, di una hit bachata o di un intero horror movie, è ciò che sappiamo o ignoriamo di essi, non ciò che Per rendersi conto di tutto questo, la cosiddetta pirateria informatica è fondamentale. Ciò che conta più nell’economia della percezione di un’opera d’arte è ciò che sappiamo o ignoriamo di essi, non ciò che vediamo - corrisponde mai alla sua sola interpretazione incisa e indimenticata. Non lo sarebbe stato quando ancora non c’era MTV, e Steve McQueen era vivo e lottava insieme a noi; e non lo è tanto più di questi tempi aridi, in cui non ci sono più né i critici né le groupies di una volta, e Lindsay Lohan è definita un’attrice di talento perfino nelle interviste con Meryl Streep. Un artista di oggi - tanto per essere notato, quanto per conservare il successo - deve considerare ormai i suoi album con la stessa aria di sufficien- vediamo. Una volta compreso questo, inizia la sfida di chi produce arte a farci credere di vedere sul serio quello che in realtà ci è stato solo detto, o abbiamo immaginato. E la nostra, a cercare di smentire il più possibile le loro aspettative. La distribuzione clandestina di materiale protetto da diritto d’autore come musica o cinema - altrimenti soggetto alle leggi della domande e dell’offerta, e dunque a un qualsivoglia, concreto prezzo - ha il principale merito di mettere a nudo l’estrema disparità fra il lavoro di un artista che viene svolto in quanto artistico, e quello di centinaia di persone, luoghi, eventi (agenti degli agenti, show con vista Giovanni de Stefano Un suo mood message recitava: “Mi ha cagato un gabbiano sulla tastiera del Mac a Villa Borghese (Roma, ndr)”. Il motivo è presto detto: stava usando una rete wireless a fini illeciti e il gabbiano era sul libro paga della anticrimine weltroniana. Baia dei Pirati La home page di Pirate Bay dedicata all’iniziativa di indicizzare tutti i film candidati agli Academy Awards 2007. Così, il pubblico, che pure si ritiene fondamentale per qualsiasi tipo di opera d’arte, è più importante di quanto creda, anche più importante dell’opera in sé. Non solo le attrici canadesi belle, ma anche il nostro semplice percussionista folk-rock ucraino, non Permalink n. 2 Marzo 2007 CRIMINI DIGITALI NEW PIRACY sulla villa, beneficienze) che gravitano attorno a lui, in quanto elementi di quell’interminabile backstage che è la vita di un artista nel 2007. Fornendo a costo zero la sola performance, il pirata illuminato la isola per gli istanti di un ascolto o di una visione da questi contesti degenerati; in cuor suo criticamente certo che tutto il resto, e cioè il grosso della nostra attenzione: a uno spot pubblicitario interpretato dalla nostra beniamina; a uno schieramento politico che è supportato da lei (a meno che non siano i repubblicani), a tutto quello che ci potrà suggerire di dire, fare, baciare. Come siamo perfettamente coscienti di non sborsare un Paypal per conoscere meglio una band come gli Architecture Per rendersi conto di come il mercato degli audiovisivi stia cambiando la pirateria informatica è fondamentale del business, continuerà ad essere pagato fior di quattrini. E quando non saranno veri euro a comprare biglietti di concerti o abbonamenti a Sky, pagheremo comunque con la moneta altrettanto sonante in Helsinki - prima di un live o di cominciare ad adorarli, e dunque finanziarli con valute ben più pregiate - siamo spesso, invece, del tutto all’oscuro di quanto invece tributiamo ai loro colleghi più mainstream Permalink n. 2 Marzo 2007 perché non smettano di parlare bene di Sienna Miller sulla versione italiana del canale E! Entertainment, pagati e doppiati assurdamente. Piramide di paura La piramide della pirateria informatica secondo il sito MPAA.org, con il giusto tributo agli eroici fornitori di copie CAM. Quando paghiamo un cd, o lo rubiamo materialmente all’autogrill, non ci rendiamo conto altrettanto efficacemente di tutto questo. Sia, in minima parte, per via del complesso dello spettatore di teatro contemporaneo, quello dell’applauso obbligato, quando si sono estratti anche 35 euro per un musical di 35 anni fa con Michelle Hunziker (discorso evidentemente valido anche in risposta al rischio corso all’autogrill). Ma soprattutto perché, pagato quell’obolo quantificabile e ponderabile, a posto con la coscienza di consumatori, pagheremo con tanta più facilità tutti quegli altri che schiere di manager ci hanno preparato in sequenza, più o meno mixata CRIMINI DIGITALI NEW PIRACY con gli spot, e anzi saremmo loro quasi grati di tutto ciò che il loro circolo virtuosistico ha in serbo per noi, gratis. Inoltre, la pirateria, praticata anche ai ritmi frenetici di questi mesi, che stanno mostrando il trionfo di siti come Pirate Bay (che indicizzano centinaia di migliaia di bittorrent, il protocollo peer-to-peer rivolto al file sharing che si sta rivelando la speranza del suo genere), può essere anche considerata fruttuosa per le case discografiche. Innanzitutto, nessuno può fare finta di ignorare che Pirate Bay sia ormai, al tempo stesso, tanto un indice di bittorrent da scaricare e disseminare, quanto del successo di un artista. Per chi è già famoso, il filesharing resta l’unica “tassa sul successo” impossibile da delle loro merci è guardare al potenziale mercato; studiarne il comportamento dai vertici della capacità di spesa, fino alla base; in modo da elaborare un prezzo a metà fra i due estremi, magari arrotondando per eccesso, per massimizzare le possibili vendite. Solo, considerando, argutamente, anche la capacità di spesa del popolo del peer-to-peer, e ponendola al posto del più basso gradino reale del loro potenziale mercato, le case possono fissare il prezzo a metà strada fra il vecchio fondo scala (ora a metà fra la spesa nulla e i massimo spendenti), anche semi-legalmente; e profittare ancora di più grazie alla pirateria. Il filesharing è l’unica “tassa sul successo” impossibile da evadere, o un grandioso spazio pubblicitario quasi gratuito evadere; per chi ancora non lo è, un grandioso spazio pubblicitario gratuito, o quasi. Inoltre, si consideri valido quello che molti esperti di copyright digitale considerano tale: sradicare del tutto la pirateria nelle forme in cui la conosciamo, fin dai tempi dei mixtape, non solo non è possibile, ma non è neanche economicamente sostenibile. Il medium incraccabile, se esistesse, sarebbe espressione di un sistema di distribuzione così stringente e cavilloso, che anche i consumatori più onesti avrebbero perplessità sul da farsi. Certo, non siamo qui a elogiare i giovani eroi fornitori delle versioni CAM dei principali bootleg dei film appena usciti, spesso vittime - sebbene non del tutto innocenti - della furia buttafuori di maschere che non hanno bisogno di scaricare per vedere film senza pagare. Per quanto non possiamo fare a meno di riconoscere il loro valore - spesso trascurato dalla società - di simbolo e parodia del perfetto critico, alla Borges, che tenta di proporre la sua opinione sull’opera da dibattere cercando di riprodurla con i suoi mezzi, il più possibile somigliante all’originale. Ancora: di norma, il metodo che le major audiovisive utilizzano per stabilire il prezzo Lo showbiz, sempre di più, somiglia a una partita a poker fra grandi giocatori: di quelli che Permalink n. 2 Marzo 2007 considerano le poche mosse che si fanno al tavolo solo la punta di un immenso iceberg di freddezza, che comincia a scoprirsi fin dalla prima telefonata per accordarsi sul luogo dell’incontro, e che non giudicheranno uno scontro terminato fino a che non ne inizia un altro e più spietato. Gli artisti possono solo due cose, a questo punto della loro storia. Improvvisare dighe che si lascino infrangere dalla corrente il più tardi possibile, o progettare mulini ad acqua, a vento, a inventiva che, finché dura, la facciano fruttare e che le possano un giorno perfino sopravvivere ■ Effebiai Ancora una volta, solo chiacchiere e distintivo. Acquisizioni Una foto dello stato sovrano di Sealand, piattaforma al largo del Suffolk, UK, che Pirate Bay promette di comprare. PIRATI A TAVOLA Stufato di manzo al brandy Barbados La cucina della filibusta Un libro di Melani Le Bris tradotto da Luisa Cortese per i tipi dell’Elèuthera. Non solo downloading: anche buona cucina. In pochi sanno che i pirati di una volta erano artisti cuochi dal palato fine Alla fiera della piccola e media editoria di Roma a novembre abbiamo incontrato l’equipaggio dell’Elèuthera che molto gentilmente ha voluto regalare ai lettori di Permalink questa ricetta dal loro nuovo libro La cucina della filibusta di Melani Le Bris (320 pp, 18 euro). Qui a Permalink non troviamo più il cuoco di bordo e quindi non abbiamo ancora sperimentato il piatto, ma il primo fra voi che dovesse provarlo ci scriva subito che ci piacerebbe pubblicare una piratesca avventura culinaria. Melani Le Bris Per la marinata: 20 cl di olio d’oliva 1 carota affettata 1 cipolla affettata 1 gamba di sedano 2 ciuffi di erba cipollina 1 spicchio d’aglio tagliato in due 150 ml di buon vino rosso 5 cucchiaini di aceto di vino 3 ciuffetti di prezzemolo 3 rametti di timo 1 foglia di alloro sale, pepe macinato 700 g di manzo da brasare olio d’oliva 1 piede di maiale 1 cipolla 1 carota 1 gamba di sedano 3 rametti di timo 2 bicchieri di brandy (o di rum) 35 cl di vino rosso sale, pepe Vino di Madera, brandy, acquavite, chiaretto... La cattura di una nave mercantile da parte di una nave filibustiera che incrociava lungo le coste costituiva sempre un evento. I barili scoperti nelle cale erano rivenduti alla popolazione per pochi soldi. Nei primi tempi della colonizzazione, prima dell’arrivo della canna, qualsiasi bene provenienti dal Vecchio Continente costituiva merce rara e l’occasione di dimenticare per un po’ la propria miserabile condizione. Tagliare la cipolla e la carota a cubetti, affettare il sedano, tritare l’erba cipollina e mezzo spicchio d’aglio. Far scaldare l’olio in una casseruola e rosolare le verdure finché le cipolle non saranno tenere. Incorporare il vino rosso e l’aceto, il timo e l’alloro. Salare e pepare abbondantemente e mettere da parte per una mezzora, il tempo di far raffreddare la marinata. Permalink n. 2 Marzo 2007 Tagliare il manzo a dadi, gettarlo nella marinata e lasciar riposare fino al giorno dopo. Togliere la carne dalla marinata e asciugarla con cura. Far scaldare l’olio in una casseruola a fondo spesso e farvi rosolare la carne per due o tre minuti. Aggiungere il piede di maiale e porre tutt’intorno le verdure tagliate a cubetti e i rametti di timo. Aggiungere mezzo bicchiere di acqua, salare pepare e coprire. Lasciar cuocere a fuoco lento per 20 minuti, finché le verdure non saranno cotte, Giovane trentenne e francese. Tiene il timone per le edizioni Gallimard della collana Cartoville e delle guide Aller-Retour. Cavarvi un occhio per bendarlo, tagliarvi una mano per uncinarla, sarà inutile. E’ promessa sposa già ad un altro. Incorporare il brandy (o il rum). In una piccola casseruola scaldare il vino rosso (senza farlo bollire) e versarlo sul composto. Coprire con un coperchio ermetico e lasciar cuocere a fuoco lento per almeno tre ore. Questo piatto è migliore il giorno dopo. Terminata la cottura, lasciar raffreddare e togliere il velo di grasso che si è formato in superficie ■ Elèuthera © 2003 www.eleuthera.it [email protected] NUOVI MONDI La voce degli OGGETTI RFID: primi passi verso l’internet delle cose di Fosco Lucarelli e Mariabruna Fabrizi Gli oggetti di uso quotidiano hanno una storia. Una storia legata alla memoria e agli affetti di coloro che li posseggono, che li hanno ceduti, che invecchiano con essi. Gli oggetti racchiudono in se stessi significati che vanno oltre la funzione per cui sono stati progettati, perché il proprio che si fa immaginario. Altri, sopravvissuti al tempo e all’obsolescenza, diventano simboli di un’intera cultura, dell’immagine di un paese, come nel caso della caffettiera Bialetti, o della Vespa Piaggio. Cinema, fotografia e pubblicità li consacrano consapevolmente o meno (come il recente fenomeno delle scarpe Onitsuka Tiger Eppure gli oggetti non comunicano realmente, non danno informazioni, sono muti nella propria limitatezza fisica valore trascende generalmente la dimensione fisica e l’uso che se ne fa. A livello personale, in essi identifichiamo dei simboli, affidiamo loro parte della nostra immagine e li rendiamo attori del contesto in cui viviamo e lavoriamo, lasciando a loro, quindi, il ruolo di farsi partecipi della scenografia della nostra quotidianità. La collettività individua, in alcuni di essi, la manifestazione di un’epoca, pensiamo ad esempio alla macchina da scrivere Lettera 22 della Olivetti, attraverso un disegno che diviene forma e l’immagine indossate da Uma Thurman in Kill Bill), enfatizzando la loro forza comunicativa, elevandoli al rango di icone di un passato condiviso o immaginato, di un presente talvolta idealizzato o di un futuro oscillante tra decadenza e coolness. Eppure gli oggetti non comunicano realmente, non danno informazioni, sono muti nella propria limitatezza fisica. Intrinsecamente subordinate al valore che l’uomo ne dà, le cose, prese nella loro mera dimensione materiale, al di fuori dei ricordi personali, dell’immaginario collettivo Permalink n. 2 Marzo 2007 o dello stile con il quale si manifestano, sono inanimate: non comunicano con l’uomo, non sono connesse fra loro. Sempre più, d’altra parte, ci stiamo abituando a fruire di strumenti (dai computer ai cellulari di ultima generazione, come la serie Treo o l’iPhone) che fanno della comunicazione la propria sostanza, là dove consentono l’accesso al web, la rete di informazioni immateriale per definizione. Proprio quella comunicazione che manca oggi agli oggetti non elettronici potrebbe essere la base sulla quale fondare, di essi, una seconda generazione: quella dell’”Internet delle cose”, (come è stata battezzata dall’Auto Id Center, emanazione del Mit di Boston), ossia della complessa rete di oggetti che, integrati da chip e sensori, non saranno più “muti” ma potranno comunicare informazioni fra loro e con l’uomo. L’internet delle cose costituirà allora un tessuto connettivo di dispositivi elettronici, (dagli elettrodomestici alle automobili), che darà vita a nuovi servizi, arrivando a influenzare lo stesso comportamento umano. Fosco Lucarelli e Mariabruna Fabrizi Lui si vanta di avere mille link su Del.icio.us, lei rimane ferma e pensa. Noi li abbiamo conosciuti grazie ad un commento e abbiamo grabbato il feed di Socks, il loro blog. Se cercate bene li troverete anche su Second Life. Se tali rappresentazioni possono apparire ancora poco definite, astratte e lontane, tuttavia NUOVI MONDI RFID già oggi un internet delle cose emana i primi vagiti in ricerche tecnologiche rivoluzionarie, quelle che vanno dai “2d barcodes” e “shotcodes”, (evoluzioni dei tradizionali codici a barre), fino ai chip conosciuti come RFID (acronimo di Radio Frequency Identification, ovvero identificazione a radiofrequenza). Tali sistemi sono, in sostanza, costituiti da etichette, o tag, da applicare agli oggetti e in grado di emettere segnali radio e da lettori (reader), che convertono tali segnali in informazioni digitali, leggibili anche da computer. In tal senso possiamo individuare negli RFID il primo passo verso l’introduzione di quegli oggetti “intelligenti”, che Bruce Sterling, celebre saggista, romanziere e “futurologo”, ha denonimato “spime”, attraverso una serie di conferenze e con il saggio Shaping Things (MIT Press, 2005, in italiano: La Forma del Futuro, Apogeo, 2006). Oggetti che “posseggono un’identità, sono protagonisti di un processo documentato” e che hanno una chiaro rapporto, sin dal nome (space + time), con i luoghi e il tempo, in quanto “registrabili, rintracciabili, catalogabili e sempre associabili ad una storia”. La capacità intrinseca dell’RFID di poter contenere e trasmettere informazioni legate alla natura dell’oggetto, alla sua localizzazione geografica e temporale, alle sue caratteristiche, oltre che alla sua destinazione, ne fa attualmente un efficace strumento di controllo in sistemi di stoccaggio e trasporto merci, di pedaggio autostradale, antitaccheggio nei negozi, catalogazione nelle biblioteche, solo per fare qualche esempio. Se la tecnologia già esiste e in alcuni settori è applicata, in che modo il marketing, l’arte e la pubblicità si stanno facendo interpreti di essa, nel ripensare oggi gli oggetti comuni? Di esempi cominciano ad essercene diversi. In una decina di negozi di accessori in Giappone (il paese in cui tale tecnologia sembra diffondersi più rapidamente), i capi di vestiario e calzatura sono stati integrati con tag RFID: dallo scorso anno, avvicinando scarpe e vestiti ad appositi computer all’interno del negozio, i clienti possono accedere alle Permalink n. 2 Marzo 2007 informazioni relative ai capi fino a scegliere i modelli preferiti, semplicemente selezionandoli con un touchscreen. Una scarpa che ci comunica colori e taglie disponibili: non faremo più impazzire i commessi! Rockwell Reloaded la celebre illustrazione di Norman Rockwell “Triple self portrait” raggiunge una nuova quarta dimensione. Illustrazione di OnanO’s. Non solo il marketing, ma anche il mondo della media art, da un paio di anni, utilizza gli RFID come nuovo medium di sperimentazione, e se da un lato ne enfatizza la forte componente evocativa data dalla traslazione fonetica Arphid (Arfide, parassita), dall’altro 10 NUOVI MONDI RFID Absolute Un futuro probabile: la vodka all’RFID. ne fa un strumento di ricerca vero e proprio. Pensiamo, ad esempio, al duo di artisti Louis-Philippe Demers e Philippe Jean che realizzano performance sonore attraverso articoli alimentari dotati di chip RFID, ascoltabili mentre si fa la spesa con appositi lettori radio ed auricolari. Nelle città di San Francisco, New York, Chicago e Miami, alcuni possessori di automobili Mini hanno ricevuto il mese scorso portachiavi con chip RFID integrati. Se la loro vettura si sposta entro quindici metri di distanza dai cartelloni pubblicitari della casa automobilistica, sugli stessi cartelloni appariranno messaggi pubblicitari personalizzati legati alla città, alle condizioni meteorologiche, ma anche a informazioni personali fornite dai possessori attraverso appositi questionari, tanto da arrivare a ricevere messaggi di auguri il giorno del compleanno. Uno scenario che ricorda le pubblicità “ad personam” in Minority Report e che evidenzia, di tali tecnologie, gli aspetti controversi legati alla privacy. Pensate, ad esempio, se un giorno vi rendeste conto che un vestito traccia i vostri spostamenti? Non è affatto un’ipotesi bizzarra o remota, se considerate che si può essere non consapevoli della presenza di un RFID in un prodotto acquistato e che a breve distanza chiunque può leggerne le informazioni contenute. Aggiungete che è possibile teoricamente risalire al numero di carta di credito qualora si paghi con essa o infine che ogni prodotto è unico e rintracciable in quanto possiede un proprio numero seriale. Quanto basta per spingere la senatrice Debra Bowen a proporre il bando degli RFID dallo stato della California. Appare quindi naturale che convivano, accanto alle varie sperimentazioni citate, anche forme dirette di resistenza, come quella messa a punto da un gruppo di giovani tedeschi, attraverso il loro “RFID zapper”, un’arma di difesa simile ad un telecomando, in grado di neutralizzare i chip che veicolano informazioni personali. Progettare l’interazione Di RFID, privacy e futuro discutiamo con Leandro Agrò Leeander.com: interaction designer, personaggio a metà tra ingegneria e design con dieci anni di esperienza alle spalle e fondatore di Idearium. org, una webzine incentrata sui temi della comunicazione e dell’interaction design, ossia su un terreno in cui convergono tecnologia e umanesimo. Prima di iniziare, puoi dirci qualcosa di te? Mi occupo di design delle interfacce. Un tema –da anni- emergente e che dovrebbe interessare tutti visto che gli “artefatti cognitivi” (dai telefonini a PC) sono già più numerosi delle persone che popolano il pianeta. Ritieni che i chip RFID, generalmente considerati un primo passo verso il raggiungimento degli “smart objects”, possano già avere un’influenza sul design dell’oggetto di uso comune? O piuttosto credi che non abbiamo possibilità di oltrepassare lo stato di mera integrazione tecnologica di oggetti già esistenti? Aumentare oggetti convenzionali con tecnologie come gli RFID, è solo una delle “n” strategie possibili verso un mondo di smart objects. Certo è la strada che –immagino- sarà più battuta dalle aziende, banalmente perché gli oggetti taggati RFID portano a soluzioni utili al mercato ed all’industria, ma non è detto che sia la cosa più utile per gli utenti finali e nean- Permalink n. 2 Marzo 2007 che che sia la strategia più efficace. Un RFID può allungare la “vita” che conosciamo di un oggetto, consentendo di allineare l’oggetto fisico, ad esempio, a delle informazioni che stanno su internet e che ne raccontano storia e provenienza, ma se questo porterà un qualche beneficio ai consumatori dipende da quali informazioni verranno davvero condivise dalle aziende. Di buono c’è che la tecnologia è standard mentre gli usi saranno molto diversificati. Il caos creativo che, probabil- Tag me! Che ci vuoi fare se tutte ti vogliono taggare? 11 NUOVI MONDI RFID mente, ne seguirà, è potenzialmente molto utile a creare degli artefatti ibridi, potenzialmente molto potenti. Probabilmente sarà in questa fase che emergeranno degli oggetti, o forse degli approcci progettuali, così nuovi da determinare quella “influenza sul design” degli oggetti quotidiani di cui parlavi. Per quali motivazioni ritieni auspicabile (o meno) il futuro universo di oggetti interconnessi, in dialogo attivo fra loro e con l’uomo, in relazione allo spazio e al tempo, generalmente definito “internet delle cose”? Credo che Sterling abbia ragione al 100% su almeno un punto: esseri umani e oggetti sono parte dello stesso ecosistema. Questa realtà è sufficiente perché si abbia una particolare cura nel progettare quegli oggetti che hanno una finalità di estensione cognitiva delle nostre caratteristiche umane. D’altro canto bisogna fare attenzione a non trasformare ogni mobile o oggetto di casa in un testimone oculare della nostra esistenza. Come dice Basalla:”Noi non siamo quello che pensiamo di essere, bensì gli artefatti che usiamo”. In un mondo stracolmo di cose intelligenti, l’uomo potrà evolvere se stesso meglio che nei futuri colmi di macchine volanti che ci sono stati raccontati dalla fantascienza in età infantile. Ma potremmo anche tutti ritrovarci in un immenso grande fratello fatto di abiti e di mobili che spifferano in giro delle informazioni che oggi riteniamo strettamente personali. Uno degli aspetti più controversi legati alla tecnologia degli RFID è quello legato alla privacy: in che termini ritieni che questo possa comportare limiti alla sua diffusione? Eccoci, era quello che stavo dicendo… Interconnettere gli oggetti tra loro può avere senso se l’uomo domina questa Rete. Sennò significa solo aumentare la viscosità con cui l’informazione si muove sul pianeta. Comunque, per rispondere più puntualmente alla tua domanda: no, le problematiche inerenti la privacy non hanno mai bloccato una tecnologia che sia economicamente promettente. E sinceramente non credo nei “blocchi” dettati dalla politica, semmai spero nelle scelte consapevoli dei consumatori. La tecnologia RFID è già utilizzata in alcuni negozi in Giappone per “taggare” vestiti e scarpe, rendendone accessibili disponibilità e dati ai clienti. Prevedi applicazioni del genere anche nel nostro paese o credi che possano sussistere resistenze di qualche tipo? Taggare alcune cose ha molto senso. Ad esempio per garantirne il controllo dalla produzione alla distribuzione. Altro è taggare quello che porto indosso. A volte potrà anche tornarmi utile, ma vorrei essere soltanto io a poter “interrogare” il sistema e sapere quando e dove ho comprato una giacca e non che sia un negoziante a guardarmi storto perché uso la stessa giacca da x anni. Ma visto che hai fatto un preciso riferimento all’Italia, aggiungo una nota che -comprendo- apparirà un po’ dolorosa: Il nostro paese non ha alcuna competenza e volontà politica nel gestire l’innovazione, quindi non mi attendo che siano fatte delle scelte in un senso o nell’altro. Tra l’altro, ove venissero fatte, penso sarebbero scelte talmente bigotte da costituire un vincolo più che una tutela. Quindi… Il giorno in cui le aziende decideranno di muoversi, la parola passerà ai “consumatori”. Permalink n. 2 Marzo 2007 Per concludere: contributi “visionari” come quelli di Bruce Sterling rispetto a tali tematiche, hanno poi un riscontro concreto nella ricerca e nel lavoro effettivo, ovvero nella pratica di un interaction designer? Avevate dubbi? in Giappone i chip RFID sono già utilizzati per taggare scarpe e vestiti. Ogni visione –anche o forse soprattutto quelle di fantascienza- aumenta la capacità di un designer di interpretare e ridisegnare il mondo. Sterling è uno che sta passando dall’altra parte della barricata. Adesso vuole contribuire a realizzare alcuni dei futuri che ha contribuito ad immaginare. E, nel mio piccolo, anch’io voglio farlo, come credo ogni designer –interaction o meno- che ne abbia l’opportunità. Questo però è un discorso che prescinde dai confini di una disciplina specifica. Il mondo ha bisogno di visionari, e visto che l’Italia ha dimenticato come si fa a tutelare e dare opportunità a questa rara categoria di persone, immagino che non ci resti che copiare da tutti gli Sterling che popolano il pianeta e, magari, da qualche italiano che abbiamo costretto a vivere all’estero ■ 12 SOCIAL SOFTWARE Salta, inciampa e cadi Altro upgrade per i naviganti. Più velocità e casualità fortunata. Nasce lo zapping online: si chiama Stumble Upon. E il telecomando è in mano agli utenti di Martin Millar Vittime di un’informazione approssimativa, molti di noi hanno ben presto sentito l’esigenza di creare, elaborare ed esporre le stesse “nozioni” che un tempo, forse, i nostri genitori avrebbero accettato solo dal Tg delle 20.00 (meglio se di un canale televisivo pubblico). Il sistema è cambiato; tra il mittente e il ricevente di quelle informazioni, istituzionali, non c’è più alcuna differenza. Il produttore di nozioni per lavorare meglio è dovuto diventare, a sua volta, consumatore. Fino a qui, niente di nuovo; lo sanno benissimo gli ideatori dei siti Wikipedia.org, Youtube.com, Myspace. com (per citarne alcuni). Cambiando il sistema, anche i parametri utilizzati per capire il valore del prodotto hanno subito, inevitabilmente, un’evoluzione. puzza sotto il naso, come viene misurata oggi? Parzialmente ancora attraverso le recensioni dei probabili conoscitori della materia. Parzialmente dagli stessi utenti che beneficeranno del prodotto. Questa, forse, è la vera rivoluzione del social network. Io, utente, dopo aver provato qualcosa o qualcuno faccio sapere a te, utente, cosa ne penso; se un opinione singola ha poco valore, molte e diverse opinioni avvicinano, o allontanano (a seconda dei casi), l’utente dal prodotto. Questo è il concetto base del social bookmarking, un servizio web che permette agli utenti di visionare gli elenchi di bookmark (segnalibri) creati precedentemente da altri. Per ottimizzare e potenziare il servizio sono stati creati una serie di programmi a partire dal 2004. Dopo Furl e Spurl, fu la volta di Del.icio. che identifica univocamente l’indirizzo di una risorsa in Internet). Prima di Del.icio.us i programmi di bookmarking sfruttavano soltanto le tag (per tag si intende l’elemento sintattico che permette di marcare una porzione di documento). Sul successo di Del.icio.us è stato creato Stumble Upon, che per molti blogger del settore è il prodotto su cui scommettere nel 2007. Il servizio, fondato da Geoff Smith (ma sviluppato con l’aiuto di Garrett Camp, Justin LaFrance e Dave Feller), ha raggiunto il successo dopo cinque anni di gestazione. Stumble Upon (letteralmente “inciampare in”), diversamente Martin Millar I suoi detrattori meno motivati dicono di lui che anche un angelo può vestire Prada, aggiungendo: “zucchero” rivolti all’interlocutore. E’ l’instant-collaboratore che mancava a Permalink per poter infine maltrattare seriamente gli altri. Avrebbe volentieri prestato la voce a Edna “E” Mode, se solo fosse stato anche lui Amanda Lear. Stumble Upon conta circa 1,6 milioni di utenti che segnalano 3 milioni di link al giorno La domanda, controllabile attraverso lo share televisivo, oggi si misura attraverso il numero di accessi. Ma la qualità, monopolio di plurilaureati con la us, grazie al quale le pagine di bookmark vennero compilate sfruttando anche l’URL dei siti segnalati (per URL si intende una sequenza di caratteri Permalink n. 2 Marzo 2007 dai programmi precedenti, per rendere ancora più efficace il bookmarking “relazionale” fra gli utenti, si avvale anche delle potenzialità di altrettanti blog personalizzati. Pirate’s Stumble Un simpatico, ed essenziale, tutorial per chi vuole a parlare a parlare come un pirata. Trovato al terzo click sul tag “pirate”. 13 SOCIAL SOFTWARE STUMBLE UPON Il nome, come hanno spiegato gli ideatori, è stato scelto tenendo conto della modalità di ricerca delle informazioni, parzialmente, casuale; ogni strumbler (così è stato definito il membro della comunità), grazie ad un profilo personale aggiornato tramite una toolbar, recensirà agli altri utenti un sito internet. Nello specifico, Strumble Upon permette allo strumbler di esprimere un giudizio positivo o negativo del sito che sta visitando. Automaticamente l’URL del portale viene salvato nel profilo dell’utente; se il sito è una “nuova scoperta” (cioè nessun altro utente lo ha mai segnalato) lo strumbler può redigere una breve recensione, nella quale vengano evidenziati soprattutto lingua e argomento principale. Ad oggi Stumble Upon conta circa 1,6 milioni di utenti (a differenza di del. icio.us. che in circa due anni è stato utilizzato da un milione di persone) che complessivamente segnalano quotidianamente tre milioni di link. Questo movimento, in termini pratici, accresce il valore della società produttrice che secondo le ultime indagini di mercato (basate sul numero di link segnalati ogni giorni dagli utenti) vale circa 50 milioni di dollari. Nella pratica, non capisci il flusso di Stumble Upon finché non decidi di farne parte. Approdi sul sito, dopo aver letto molte recensioni positive. Una volta stabilito il browser, devi definirti in pochi termini. Le tue tag saranno i tuoi interessi. Gli stumbler che influenzeranno il tuo movimento nella rete, saranno come gli amici che determinano “il sabato sera senza programmi”. Il mio primo viaggio nella rete con Stumble Upon sarà come la prima volta che entri in un locale in cui ti sembra di conoscere tutti, dove le tue preferenze (musicali, alcoliche, ecc…) sono le stesse degli altri. Per prima cosa mi guardo intorno. Scopro con molta sorpresa che il “locale” di Stumble Upon è molto frequentato. Ad occhio, altre 100 persone, condividono le mie tag. Prima di conoscerle clicco sul pulsante Stumble!, grazie al quale verrò trasportato automaticamente su siti recensiti positivamente da molti di loro. Nell’ordine mi trovo: sulla pagina dedicata al programma RAI Report, su un portale dedicato alla lingua italiana Esercizi.ladante.it e su blog dedicato al downloading, Downloadblog. it. Dopo aver capito cosa può propormi l’ambiente decido di buttarmi nella mischia. Entro in un blog, gestito dal classico nerd. Faccio presente ai miei amici stumbler, grazie alla funzione “I like it!” del toolbar, che ci sono contenuti interessanti. Nessuno ancora conosce questo spazio, mi viene chiesto di recensirlo. La mia recensione dovrà avere un Permalink n. 2 Marzo 2007 titolo, una descrizione, delle parole chiave, una lingua e una censura preventiva (devo determinare se il sito può essere visitato anche dai minori). Compilo il tutto e me ne vado. Foto zapping Tre immagini “consigliate” da Stumble cliccando pigramente il pulsante al tag “photo”. Stumble può valere anche come metadone per i Flickr addicted. Entro in un altro blog, i contenuti non sono interessanti come quello di prima. I miei amici, grazie alla funzione del toolbar “Not for me”, sapranno che a me questo sito non è piaciuto. Rendendomi perfettamente conto che un “non è per me” è troppo superfluo, motivo la mia idea grazie alla funzione “reviews of this page”. Descrivo i difetti e me ne vado. Ritorno dai miei amici. Molti di loro non sono più online. Gli altri mi hanno fatto conoscere, grazie a Stumble Upon Video (l’ultimo upgrade di questa toolbar), un gruppo davvero interessante. Si chiamano Razorlight, tutti su Youtube.com li conosco grazie al singolo “Stumble And Fall” ■ 14 ALTRO MONDO Rest In Polymers Intervista impossibile con un cadavere modello di Miss Fatmen orpi da crashtest, collagene per cosmetici; teste per lezioni di chirurgia plastica, piedi per il collaudo di stivali anti-mina: pezzi da museo. Oggi i cadaveri, o meglio, i Post-Mortem Human Objects, possono diventare tutto questo e anche altro. Tra i destini dei corpi senza vita, quello dei bodies è sicuramente uno dei più noti, visto il successo che riscuotono nel mondo le mostre di Gunther Von Hagen (al secolo Gunther Gerhard Liebchen) e dei suoi concorrenti. Ed è, quindi, anche uno dei più discussi, soprattutto perché i corpi messi in mostra non sono spesso quelli di persone che hanno acconsentito in vita di offrire le loro spoglie all’arte anatomica. Più spesso, questi corpi appartenevano a criminali giustiziati nelle carceri, a malati di mente morti nei manicomi e ad altri Miss Fatmen Scienziata e donna. Per quanto ritenga che darle dello “sguardo autoptico” possa avere un suo perché come approccio, sa indicarti sul proprio corpo almeno cinque punti in cui la scienza deve fermarsi. casi di umanità al margine. Con la plastinazione, il metodo inventato da Von Hagen nel 1977, le cellule morte di questi corpi vengono Questi corpi appartenevano a criminali, malati di mente morti nei manicomi e ad altri casi di umanità al margine Permalink n. 2 Marzo 2007 private dei fluidi e riempite di polimeri, impedendo la proliferazione dei batteri che provocano la putrefazione e assicurando al corpo una conservazione quasi perfetta. E’ così che i Post Mortem Human Subjects divengono i bodies che i visitatori di “Bodyworlds”, ”Bodies” e “Bodies Revealed” possono ammirare, al prezzo di circa 25 dollari, nelle pose più bizzarre. 15 ALTRO MONDO REST IN POLYMERS più niente. Mi sono subito venuti in mente i discorsi che facevamo in sala prove... Liu mi racconta che aveva una band noise-core, i “Kill Anyone”, con un discreto seguito a Pechino. Di cosa parlavate alle prove? Incontrare un body è una cosa che inseguivo da tempo. C’è stato un momento in cui ho iniziato a pensare che non ci sarei mai riuscita. Quando il responsabile della mostra di Von Hagen all’Arizona Science Center di Phoenix rispose alla mia richiesta, informandomi che “uno dei loro corpi migliori” era disposto a parlare con me, inizialmente pensai che scherzasse. Fortunatamente mi sbagliavo. Si trattava del cadavere di un giovane pechinese di 27 anni, che chiameremo Liu, arrestato a Dalian il 3 maggio di due anni fa e morto due giorni dopo nel carcere di Zhoushuizi. Queste sono le uniche notizie che ho sul suo conto, prima di incontrarlo. Il giorno dell’intervista, mi accompagnano da lui mentre la mostra è ancora in allestimento e intorno a noi c’è un via-vai di persone vive che sistemava cervelli, polmoni e crani dentro a teche di vetro. Giunta di fronte al mio interlocutore, l’eccitazione per quello che sto per fare scatena una concitata raffica di domande: Come stai, come ti senti, cosa ricordi di quello che ti è successo? Beh.. Ricordo tutto.. a parte il vuoto che si apre da quando sono morto, fino a quando non mi sono svegliato appeso a un gancio, con un cerchio di metallo infilato nel collo.. Non sapevo esattamente La morte è un argomento divertente (ride). Se ne parlava spesso ed era anche uno dei temi di punta del nostro progetto musicale. Perciò è capitato anche di parlare di questa storia dei bodies e di delirare sulla nostra carriera di cadaveri modelli. E ovviamente ne venne fuori pure un pezzo, “R.I.P.-Rest In Polymers”. Mi stai dicendo che avevate scritto un pezzo sui bodies?! Sì. La cosa partì da un articolo che avevo letto quel giorno su China Daily, su questo Gunther Von Hagen che plastinava i cadaveri e li metteva in mostra al museo. Mi incuriosii parecchio e iniziai a girare per la rete. Poi per sbaglio Era meglio ritrovarsi a fare il body che finire spalmato sui visi delle vecchie con le rughe dove fossi, ma avevo capito di essere in un laboratorio. Comunque l’incertezza è stata breve. Quando ho visto entrare Von Hagen dalla porta, ho capito esattamente che cosa ero diventato, conoscevo la sua faccia e sapevo di cosa si trattasse.. Non ti so dire cosa ho provato perché da quando sono morto non provo Permalink n. 2 Marzo 2007 finii sul sito di un’altra mostra simile, “Bodies”, organizzata da questa Premier Exhibition.. Sul sito lessi che il presidente della Premier era Arnie Geller, che ha fatto il produttore discografico per 27 anni e poi nell’87 si è comprato il relitto del Titanic, mettendo su il business delle mostre di artefatti.. Un genio del male. 16 ALTRO MONDO REST IN POLYMERS Così quella sera partì una discussione delirante sul destino dei nostri corpi, su Von Hagen, Geller e tutto il resto.. E più o meno eravamo tutti d’accordo che era meglio ritrovarsi a fare il body che finire spalmato sui visi delle vecchie con le rughe.. e poi ci immaginavamo che, essendo morti, ormai non ce ne sarebbe fregato più niente comunque. Ed è esattamente così, infatti. La tua consapevolezza mi sta spiazzando.. non avrei mai immaginato di parlare con un body che sapesse tutte queste cose.. e che avesse inciso un pezzo sui bodies! In effetti non credo ce ne siano molti qui.. in ogni caso la vicenda delle mostre di corpi è abbastanza nota.. sono state fatte mostre in Corea, a Taiwan.. io mi sono interessato alla faccenda quasi per caso, ma più cose scoprivo e più si faceva interessante. Arrivai persino Risposte definitive Si stava meglio quando si stava vivi. rivelazione che costrinse Von Hagen, nel 2005, a rimuovere il padre dalla presidenza della compagnia che sta progettando la costruzione di una “Cattedrale della Scienza” a Sieniawa Zarska, nella Polonia sud-occidentale. Non avrei mai immaginato di parlare con un body che avesse inciso un pezzo sui bodies! ad un articolo che parlava del sospetto che il padre di Von Hagen fosse stato un ufficiale delle SS in Polonia! Liu alludeva ad un articolo di Der Spiegel, che riportò un’indagine del governo polacco sulla partecipazione di Gerhard Liebchen alla persecuzione dei polacchi tra il 1940 e il 1942. Una Essendo ancora viva, commisi di nuovo l’errore di chiedere a Liu che effetto gli facesse.. Non ti disturba il fatto di essere stato comprato per 38.000 dollari da un “figlio delle SS”? Beh.. ti ripeto: da morti il disturbo non esiste proprio, non ho più una dimensione emoti- Permalink n. 2 Marzo 2007 va.. in effetti non è per niente male “riposare nei polimeri” (ride).. Ma, a parte questo, anche da vivo non ho mai avuto una vera e propria coscienza politica. Certo, se avessi potuto scegliere, avrei voluto essere uno dei corpi di Arnie Geller, che mi è più simpatico se non altro per essere stato il manager dei Beach Boys e per aver tirato fuori i soldi per mettere in circolazione della musica.. Ti porterei a cena per continuare a parlare con te per ore, ma ti stanno venendo a prendere per posizionarti davanti alla scacchiera. Ciao Liu, ti ringrazio infinitamente per questa intervista, spero sia stato un piacere anche per te.. Il piacere è tutto tuo.. io il piacere non so più cosa sia. Addio ■ 17 VIAGGIO NEL MONDO Un brianzolo nel reame del Guaranà Le mirabolanti avventure e vicissitudini di un uomo refrattario alla polenta di Francesco Magnocavallo e Amazzoni, luogo della nostra memoria futura, quando la foresta finirà di trasformarsi in materiale edile per la famelica Cina e noi inizieremo ad andare al mare tra Vigevano e Mortara. Là nelle Amazzoni, oggi come oggi, si vive una vita normale: centinaia di chilometri di fiumi, qualche missionario, gli indiani alle prese col progresso e qualche cane sciolto come il nostro amico Luca. Sapevo che stava costruendo un piccolo villaggio turistico con le sue mani e, quando me lo son trovato su Skype, ho iniziato un’intervista finita poi di persona davanti a un bicchiere di vino. I. In cui il protagonista lascia l’Europa Come si scappa di casa per abbandonare la civiltà occidentale? Non è che sia scappato, mi son preparato per partire come volontario in genere, sarei potuto finire ovunque nel mondo. Il PIME ha identificato un progetto in Brasile dove cui mi sarei potuto inserire, in origine l’idea era di navigare con un missionario lungo il fiume che porta dalla città alle zone indigene nella riserva e seguire i giovani che venivano in città per studiare. Ma mentre mi preparavo il portoghese, il Padre ha cambiato destinazione e sono arrivato subito a Maues, quindi fisso in città alla casa degli studenti indigeni, casa della diocesi dove 20 ragazzi arrivati dalla riserva finiscono gli studi perchè nelle comunità i professori fanno solo elementari. Da noi studiano e lavorano: la mattina ognuno ha un compito, alleviamo animali da cortile tra cui coccodrilli e tartarughe, abbiamo orto e falegnameria. Luca d’Ambros Assaggiata l’agra vita dell’informatico padano, ha pensato bene di traslocare in mezzo alla Foresta Amazzonica: vocabolario portoghese, portatile, ascia, pialla e martello. II. In cui Luca spiega come si mangia una tartaruga [20.47.27] Francesco scrive: sono animali da cortile? [20.49.45] Francesco scrive: Dimmi a che età si mangiano? [20.47.27] Luca scrive: Sì! Anche se ci mettono un sacco di tempo a crescere. [20.49.50] Luca scrive: Sa di tartaruga... è una carne molto “selvaggia”, un po’ duretta [20.47.37] Luca scrive: Abbiamo una vasca in cemento, tipo una piscinetta. [20.50.23] Luca scrive: No, anzi, una volta mangiato il tutto, poi si mette il guscio sulla brace [20.48.00] Luca scrive: Mentre le tartarughe da terra se ne vanno in giro nel pollaio [20.48.25] Francesco scrive: E’ buona la tarta, di cosa sa? [20.48.34] Francesco scrive: Come la cucinano? [20.49.21] Eugenio scrive: Povere tartarughe... [20.50.35] Eugenio scrive: Povere bestie [20.50.47] Luca scrive: E il caldo scioglie il grasso che c’è sotto il guscio, e quindi si fa la “scarpetta” con la farina di manioca [20.50.59] Francesco scrive: Caspita Permalink n. 2 Marzo 2007 18 VIAGGIO NEL MONDO GUARANÀ III. In cui racconta della falegnameria [20.34.44] Eugenio scrive: hai un sito cosi’ intanto mi godo un po’ di foto? [20.34.51] Eugenio scrive: sai a Roma abbiamo solo lo smog.. [20.34.59] Luca scrive: sito... uhm.... prova www.dambros.org/luca/ All’inizio io seguivo il falegname, ma dopo qualche mese, con le elezioni, il Comune ha smesso il suo salario e ci siam dovuti arrangiare a pagare noi il suo salario, coprivo io 50 reais al mese con soldi offerti da amici in Italia. L’anno dopo ho proposto a un altro falegname di farci lezione e impostare i progetti, poi son partito per la fine del periodo - il professore intanto era diventato mio amico e collaboratore perché lo aiutavo nell’amministrazione della sua falegnameria che dopo 12 anni da lavoro a 13 persone. Lui non gestiva più l’andamento, perchè era cresciuto troppo veloce: non aveva nulla di formale, vendeva mobili in falegnameria e in parte a Manaus in capitale ma tutto senza ricevute nè bolle, come qui 40 o 50 anni fa. Aveva molto lavoro ma era il negoziante a Manaus che gli faceva i conti, segnava i crediti e gli comprava e spediva il materiale scontandolo. Andava sempre in debito col negoziante, perché non aveva percezione delle cose e non poteva fare i conti, un giorno ci siam seduti per segnare tutte le voci di spesa per un mobile finito, dai materiali al lavoro al trasporto, al tempo del lavoro e costo energetico. Alla fine senza lavoro suo e della moglie che facevano i cuscini è saltato fuori che ogni volta perdeva 19 reais senza saperlo, lui pagava man mano di tasca senza tenere libri e spesso non finiva i lavori perché l’anticipo di un mobile pagava il materiale per finire altri lavori bloccati in laboratorio. Abbiamo iniziato a segnare le spese con un foglio Excel, sempre disallineato perché si dimenticava sempre, pian piano stava ingranando in maniera diversa, poi alla fine del mio triennio ho seguito la possibilità di sviluppo insieme a lui: grande attività sua e mia capacità organizzativa, per diventare un’azienda più competitiva e dare garanzie previdenziali e di sicurezza agli operai, cosa impossibile senza almeno una partita Iva. Là tutti sono in nero e c’è nulla tranne l’ospedale gratis per tutti, anche per il padrone è pericoloso se il lavoratore sporge denuncia. Ma nessuno ha le condizioni per regolarizzare, costa molto. A maggio son tornato in Brasile come libero cittadino, per fare un’attività d’impresa a sfondo sociale e sostenibile: tanti progetti nei paesi in via di sviluppo sono fatti da Padri e Ong, ma in realtà non sono sostenibili. Perché se il Padre va via e saltano le offerte, crolla tutto: come la fabbrica di sartoria che riceveva container di stoffe ogni sei mesi dall’Italia, andava bene fino a che il Padre si è trasferito altrove: senza le materie prime, la fabbrica è fallita. Permalink n. 2 Marzo 2007 19 VIAGGIO NEL MONDO GUARANÀ IV. In cui nasce il villaggio Il villaggio lo ho creato con un altro socio, lì il ritmo è molto rilassato, io lombardo iperattivo faccio mille cose ma nessuno riesce a starmi dietro, faccio cose con persone diverse. Maues ha un potenziale turistico molto buono, però il turismo non è assolutamente organizzato, la ricettività è terrificante: ci sono tre hotel in muratura con lenzuoline bianche da ospedale. Le persone non sono formate, non sono in grado di dare un servizio. Ad esempio una sera, Natale 2003, son venuti i miei genitori a trovarmi, siamo usciti e non c’era un posto per mangiare. Tutti i ristoranti chiusi, tranne una bancarella vicino allo stadio che faceva gli spiedini di carne sulla brace: una vasca d’acqua dove lavava i piatti, una bacinella con il riso e una con la farina di manioca, una con la carne cruda e una panca di legno. Sceglevi lo spedino e quello è il modo di mangiare comune, 60 centesimi di euro che a un turista non vanno bene, perché ha bisogno di esser ricevuto in maniera diversa. Nonostante Maues abbia una spiaggia di sabbia bianca per otto mesi all’anno, acqua di fiume pulitissima e calda, comunità rurali vicine dove vedere la vita degli indigeni, le piantagioni di guaranà biologico e la preparazione della manioca, possibilità di girare nella foresta a piedi o in moto. C’è una zona archeologica con un cimitero indigeno precolombiano, con urne funerarie di terracotta: tutto abbandonato, la gente sa che c’è, ma il posto non è pulito e segnalato. Si fa pesca sportiva con sberle da 5-7 chili etc. etc. - tre o quattro giorni di Amazzonia vera all’interno di un pacchetto turistico si possono fare, senza proposte di plastica come l’hotellino sugli alberi con aria condizionata e comunità predigerita di indiani. Venendo dall’Europa vedo il potenziale e, dato che dalla Pubblica Amministrazione non ci sono segnali di sviluppo nel settore, ho iniziato per conto mio: la PA tiene la gente senza reddito autonomo per averla tutta dipendente dall’amministrazione e dalla politica - se invece le persone avessero alternative, lo Stato perderebbe un po’ di controllo sulla gente, si genererebbe un insieme di attività collaterali interessanti. In cui cade un aereo sulla spiaggia durante una festa [20.20.15] Francesco scrive: com’è il lato fluviale del beach volley? maria, droghe varie, un po’ di storie affascinanti alla Salgari [20.20.30] Luca scrive: aerei che cadono sulla spiaggia durante una festa... [20.20.37] Francesco scrive: cos’era successo? [20.21.06] Luca scrive: mio fratello aveva fatto un giro con la ragazza perché il pilota offriva sorvoli della città durante la festa [20.21.16] Francesco scrive: Manaus? [20.21.22] Francesco scrive: è crollato!? [20.21.28] Luca scrive: no, a Maues... [20.21.44] Luca scrive: poi la sera, dopo essersi ubriacato (coi soldi di mio fratello) per fare il bullo con una tipa ha detto che era un pilota e che avrebbe preso l’aereo. [20.21.52] Francesco scrive: orca l’oca [20.22.11] Luca scrive: quindi di notte (la pista a Maues non è autorizzata al decollo/atterraggio notturno perché non ha luci) [20.22.45] Luca scrive: ha preso l’aereo, è decollato, ha fatto un volo radente che quasi portava via le antenne alle barche ormeggiate al porto e poi arrivando davanti alla spiaggia, ha avuto problemi col mezzo [20.23.09] Luca scrive: e si è buttato dalla cabina, lasciando l’aereo al suo destino [20.23.35] Francesco scrive: hai le foto dei rottami in fiamme durante la festa? [20.23.53] Luca scrive: in fiamme no... magari possiamo aggiungerli con photoshop :D [20.24.15] Francesco scrive: ah ok se no cellophaniamo del peyote col magazine Permalink n. 2 Marzo 2007 20 VIAGGIO NEL MONDO GUARANÀ Preparare il Turbinado Ingredienti: -1 tazzina da caffè di sciroppo di guaranà -3 grammi (un cucchiaino raso) di guaranà in polvere -3 grammi di mirantã (è la polvere di una radice afrodisiaca, pare) -1 cucchiaio raso di noccioline tritate -1 cucchiaio raso di latte in polvere -1 tazzina di acqua -1 bicchiere di ghiaccio Luca spiega che “in realtà il latte in polvere e l’acqua possono essere sostituiti dal latte liquido, visto che qui in Italia lo abbiamo (in brasile è praticamente non usato, per motivi di conservazione, perchè deve essere tenuto in fresco mentre quello in polvere non ha problemi). Per il mirantã, sembra che sia appannaggio di erboristerie esotiche, ma non cambia un granché se non lo si mette (a meno di voler stupire gli ospiti). Invece lo sciroppo di guaranà e il guaranà in polvere si trovano nelle botteghe del commercio equo e solidale. L’importante è sapere che il turbinado è una creazione di Silvio Proença di Guaraná Amazon del Bairro da Maresias di Maués. Diffidate delle imitazioni. Come straniero ho più libertà, ho preso il terreno davanti alla spiaggia di un vecchio vedovo matto che non voleva vendere all’hotel perché glielo avrebbero stravolto - senza muovere le piante da frutto, ho fatto costruire due casette con l’idea di turista europeo e tre anni di esperienza su materie prime e sistemi di costruzione: tetto di paglia alla moda indigena, che gli indios non fanno più perché usano le tegole di eternit. La paglia richiede un sacco di tempo: per il bianco lavorano alla giornata con precisione eccezionale, ma per sé non lo fanno più. Non piove dentro per 12-15 anni, dà fresco e si riescono a veder le stelle da dentro, stesi sul letto. La casa di legno aiuta a dissipare il calore, legno pregiato con pavimento violetto o rosso bordeaux, legname che lì si trova in quantità e che per uno straniero risulta affascinante. Però il bagno e gli altri servizi sono in cemento e piastrelle. Al momento sono affittate all’assessorato al turismo durante le due grosse feste di Maues: dell’estate a inizio settembre per quattro giorni di festa gratis sulla spiaggia e poi a fine novembre per la festa del guaranà, tipico oriundo di quell’area e con la raccolta è un momento come la vendemmia nostra con palchi enormi sulla spiaggia e gruppi importanti. La città, come tutte lì, è sul fiume che è l’unica via di comunicazione, non siamo sulle Amazzoni ma sul Maues Açu (un suffisso di origine indigena che vuol dire “grande”), per arrivare al Rio delle Amazzoni si passa da altri due fiumi. Ci sono decine di paesi su tutti gli affluenti. Il municipio è grande come la Lombardia, 40 kmq, è come un paese dell’hinterland rispetto a Manaus/ Milano - in Italia sarebbe un paesello sperduto, ma famoso per l’industria, che in effetti è l’Ambev della Pepsi: produce il concentrato per la bibita Antartica. Il nostro guaranà è il migliore del mondo, sono semi tostati che si macinano e mescolano con acqua, sigarozzi affumicati e poi grattuggiati nell’acqua oppure macinati in città e sciolti in acqua. Al mattino io lo bevo con latte e zucchero, è come il caffè da noi, dipende dalla quantità: un mezzo cucchiaino la sera però non dormi, due bicchieri di turbinado al pomeriggio ed è proprio buono e va giù bene ma poi non dormi ■ Permalink n. 2 Marzo 2007 [20.25.06] * Luca inviato il file “DSCN3193.jpg” ai membri di questa chat [20.25.13] Luca scrive: giusto per darti l’idea.... [20.25.46] Francesco scrive: ma tuo fratello vive lì? fa il pilota per cosa? [20.25.52] Luca scrive: noooooooooo mio fratello non era il pilota! :D 20.26.00] Luca scrive: mio fratello era venuto con la ragazza quell’estate [20.26.11] Francesco scrive: ma il secondo aereo è diverso!? [20.26.25] Francesco scrive: ah ok ho capito [20.26.33] Francesco scrive: ma il secondo? [20.26.58] Luca scrive: e ha fatto il giro al pomeriggio con ‘sto tipo (pagando 100 euri) [20.27.08] Luca scrive: l’aereo è uno solo [20.28.17] Francesco scrive: terribile, loro illesi? [20.28.23] Luca scrive: ma si! loro hanno fatto il giro nel pomeriggio [20.28.32] Luca scrive: e il tipo è caduto la sera [20.28.56] Francesco scrive: ah ok [20.30.08] Luca scrive: solo che la cosa è stata interessante, per mio fratello, intendo: mostrare agli amici le foto davanti all’aereo il pomeriggio (prima di fare il giro) e la sera (dopo la caduta) eh eh eh 21 FUORI DAL MONDO Umberto Guidoni Il primo astronauta comunista in quota Nasa incontra Permalink di Eugenio Orsi Forzando un po’ le cose potrei arrivare a sostenere che Umberto Guidoni è uno space-blogger. In realtà è molto di più: Umberto Guidoni è l’unico astronauta comunista e italiano ad essere entrato in quota Nasa. D’altra parte, Guidoni, io l’ho conosciuto grazie al suo diario di bordo, pubblicato sulla sua home page. Sarà per questo che mi è rimasta questa impressione. Quello che conta però è che Guidoni è il primo astronauta nostrano ad aver volato a bordo di uno Space Shuttle. Da questa esperienza è nato il libro “Il giro del mondo in 80 minuti”. Permalink ha incontrato Guidoni in occasione della presentazione della seconda edizione di quest’opera e abbiamo scambiato due chiacchiere sulla politica, lo spazio, e la sensazione di stare a 400 km di altezza lontani da casa. Immagino che i suoi colleghi americani siano al corrente della sua attività politica in sede europea. Non per fare facile ironia, ma “Un comunista alla Nasa” sembra quasi il titolo di un b-movie scifi... A parte gli scherzi che tipo di reazioni suscita questa particolare situazione? All’epoca delle missioni non facevo attività politica. Comunque parlavamo molto della nostra attività specifica, oppure di cose di famiglia. Sulla politica siamo rimasti sempre molto sul generale, anche perché è molto difficile spiegare agli americani cosa vuol dire comunismo europeo che è molto differente da quello sovietico. Ci trovavamo sicuramente meglio sul piano scientifico... Dal suo diario di bordo (a proposito è difficile scrivere quando si è in orbita?) si capisce che nonostante lei sia decisamente una persona fuori dal comune, mantiene uno stile di vita semplice e un modo di porsi verso il prossimo molto colloquiale. Non è da tutti, sa, non solo le rockstar si montano la testa, anche i politici, i professori e gli scienziati sono a rischio divismo... Prima di passare allo spazio ho un’altra curiosità sulla attualità politica. Il rapporto storico fra il vecchio Pc e il nucleare non è stato un esempio di grande coerenza. Oggi i neocomunisti mi pare siano tutti sfavorevoli all’opzione atomica. Lei come la pensa? Conta molto come sei maturato il tipo di concezione che hai della vita. Io credo che si raggiungano degli obiettivi con grande sforzo e con grandi sacrifici. Questo ti mette nell’ottica che questi obiettivi siano raggiungibili per tutti e non servano cose particolari. Anzitutto bisogna fare considerazioni tecniche ancor prima che politiche. Io credo che il nucleare abbia degli svantaggi e dei vantaggi e che per il momento gli svantaggi siano superiori dei vantaggi. Io credo che l’Europa abbia scelto, e questa è una scelta politica, di puntare sulle rinnovabili e sulla generazione distribuita piuttosto che sui grossi impianti e credo che questo abbia valore anche nell’aumentare la democrazia nell’utilizzo delle energie. Tenere il diario non è stato difficile, lo scrivevo con il computer... Permalink n. 2 Marzo 2007 Eugenio Orsi Grazie ad una raccomandazione è l’unico che si è scritto il profilo da solo. E’ un giornalista acuto e molto preparato, di lui tutti amano la pazienza e lo spirito empatico. Mai fidarsi di un salumiere quando parla di prosciutto. Passando alle missioni spaziali. Penso spesso alla pressione a cui si è sottoposti. La consapevolezza del rischio, la sfida alle “leggi naturali”, alla morte. Immagino che più che eroismo, serva preparazione psicologica. La preparazione serve proprio a conoscere i propri limiti, a 22 FUORI DAL MONDO UMBERTO GUIDONI Fra le stelle Il primo volo spaziale di Umberto Guidoni è stato a bordo della navetta Columbia nel 1996. Scopo della missione: portare in orbita un satellite e fare un esperimento di microgravità. La seconda volta è stata con lo Space Shuttle Endeavour per lavorare all’assemblaggio della Stazione Spaziale Internazionale. In totale Guidoni è stato all’esterno dell’orbita terrestre per nemmeno 700 ore, quanto basta per percorrere un interrail stellare da 18 milioni di chilometri. Nato a Roma nel 1954, Guidoni non ha perso passione per le sue radici, tanto che se guardate nel suo curriculum (si trovata facilmente online) rimane orgoglioso nelle prime righe, alla voce “studi”, il diploma conseguito al Liceo Classico “Gaio Lucilio”. Inizia la sua carriera come fisico fino al ‘94, quando verrà chiamato alla Nasa. Scalfaro e Ciampi gli conferiranno entrambi altisonanti medaglie e nomine della Repubblica. Dal 2004 la vita di Guidoni è cambiata ancora una volta con un elezione da deputato al Parlamento Europeo nelle fila dei Comunisti italiani. In questi anni l’impegno politico di Guidoni è rivolto ai temi della pace, dell’ecologia e della democrazia, in un mondo dominato dalla tecnica. sapere quello che puoi fare e quello che non puoi fare. E poi accetti dei margini su cui non puoi influire e sai che ci sono casi in cui se va male, non puoi fare nulla. Sono margini piccoli e cerchi di ridurli sempre al minimo, però ne sei consapevole. Quanto è importante in questo senso il ruolo dello psicologo che vi assiste? Ho l’impressione che mantenere un buon equilibrio possa non essere un’impresa banale. In una battuta possiamo dire che alla Nasa sei sempre sotto osservazione anche nelle cose fai normalmente in ufficio, nelle situazioni sociali, sotto stress durante le simulazioni, sei sempre sotto osservazione. Cosa si prova nel veder cadere nello spazio infinito una navicella? A lei è successo nella realtà, ma al contempo questa è una scena topica dell’immaginario spaziale, quasi un archetipo. E stata una bella... una bella botta, però va be’, alla fine devi reagire, noi eravamo molto tesi però anche da terra ci hanno detto di continuare, dovevamo continuare il lavoro che dovevamo fare. In questi anni c’è questa paura, nemmeno tanto teorica, di possibili guerre condotte con l’ausilio di satelliti. Fra addetti ai lavori si sentono discorsi inquietanti su “guerre stellari” prossime e venture e teorie spaventose sulla così detta “full spectrum dominance”. Lei propende per una tesi ottimista o pessimista per quanto riguarda la pace spaziale nel prossimo futuro? Io sono ottimista, ma bisogna impedire decisioni unilaterali perché lo spazio è troppo importante per militarizzarlo. Un po’ come è successo in Antartide bisogna anche per lo spazio scegliere la collaborazione. Io penso che sia possibile, poi naturalmente Bush la pensa diversamente, però lui è il presidente degli Stati Uniti, non gli Stati Uniti. Se cambia la politica degli Stati Uniti può tornare lo stesso clima di collaborazione che ha dato successi importanti come la Stazione Spaziale Internazionale. Permalink n. 2 Marzo 2007 Per finire, una domanda che un po’ mi imbarazza, ma che mi sentirei in colpa a non fare. In qualche modo l’esperienza di uscire dall’orbita terrestre ha avuto un’influenza sulla sua personale rappresentazione della vita aliena? Voglio dire, si sente più o meno propenso a credere all’esistenza ad altre forme di vita? Ero già convinto che con molta probabilità esistono. Andare nello spazio mi ha confortato in questo, ma non in maniera particolare: ero già convinto prima. Penso al numero enorme di stelle e, come diceva Sagan, sarebbe uno spreco di spazio! ■ 23 PDF MAGAZINE al vettore Un piccolo grande pdf magazine (insomma: scalabile) di Graziano Nani Vektorika Magazine. Nove numeri di espressione artistica via vettore. Punto e basta. La potenza di Vektorika: la concettualizzazione delle singole edizioni. Numero 8: Love. Non una parola di più. Cento pagine, e oltre, per altrettante finestre su pianeti di amorevolezza vettoriale. Giusto qualche intervista, ogni tanto, per spezzare. Come quella a Mr. Paul Bush, from Idaho, USA, tra le prime pagine. Background, provenienza, stile di lavoro. Tre paginette snelle - come le donne che le popolano - e poi via. Chilometri di gambe intrappolate da reti di calze e mondi variopinti abitati da orsetti caramellati. Eros e Thanatos ruotano attorno a vortici di punti e accrocchi di linee. Amori poligonali si manifestano mostrando le curve più opportune attraverso rette e segmenti di luce e colore. C’è spazio per lo stile Jappo più fresco e ingenuo e per spunti fumettistici di rara beltade. Non mancano preziosi pimpaggi automobilistici e sbrilluccicanti scenari very naif. A metà pubblicazione altra breve intervista al Signor Zed, dal Brasile, vero e proprio tossicomane del vettore. Pagina 50, vedere per credere. Certe tavole lasciano emergere la provenienza degli artisti, angoli di globo ove linee e poligoni succhiano umori, colori, suggestioni. Altre rimangono a galleggiare in un liquido amniotico di decadi consumate da un decennio di contaminazione globale senza fondo. Ancora tre pagine per vedere cosa ha da dire Tema Graziano Nani E’ risoluto a dare finalmente più sfogo al vettore che ospitava senza saperlo, e da questo numero si considera meno raster che mai. Parigi è vettoriale, Milano è bitmap. La sua vita non è più la stessa. Amore al vettore sx: Niklas Klansmeyer dx: Simon So Permalink n. 2 Marzo 2007 24 PDF MAGAZINE VEKTORIKA Semenov, giovane e talentuoso artista russo dal vettore facile. Falci, labbra, gambe e martelli da gustare in avvolgenti tonalità pastello. E poi di nuovo giù, a saziare le viste fameliche con angolature, prospettive, fogge e sostanze de l’amour. Dice bene Niklas Kansmeyer, teutonico di Germania, pagina 106: «Cause eye love points and lines». Numero 7: Rock. Topic differente, ma altrettanto sfidante e ambizioso. Raffigurare attraverso una serie di tavole toni, sapori e suggestioni coagulatesi intorno ad un concetto tanto suggestivo quanto inflazionato. Qui il gioco si fa iconico e dissacrante. Rock n Roll is not pink, che sia chiaro per tutti. E tra un Gallagher smargiasso e un Morrison essenziale nel suo bianco e nero, in un delirio di psiche- delica indonesiana mi compare, come un lampo, la sagoma di chi si è elevato a simbolo del più mancino e colossale talento chitarroide. L’iconografia è senz’altro ben solida, piantata com’è su granitiche marshallone vecchio stampo e Fender sempreverdi propinate in salse le più disparate. Mancano crani mortiferi, fuoco, catene? No, di certo. Ma ben intervallati dalle mitologie più nobili e antiche. Le lingue si protendono da bocche fameliche di nero truccate, indice e mignolo si ergono ben tesi immolati ad un essere mitologico multicorde metà legno e metà metallo. Mentre donnine discinte offrono i loro corpi in cambio di un pugno di accordi sgangherati. Infine, una chicca di casa nostra. L’intervista all’italiana Permalink n. 2 Marzo 2007 Ida Belogi, pagina 52. Romana, classe 1969, presenta una serie di lavori in bilico tra un algido erotismo e scenari post-atomici e contradditori. Le sezioni del suo sito, con i lavori tracciati da 5-6 anni a questa parte, meritano una visita. Le opere artistiche con i volti di donna e i corpi nudi scolpiti nel pixel. I lavori per il web e gli scatti fotografici. Un’attitudine creativa a 360 gradi che fagocita, metabolizza e rielabora la realtà, salvo scordarsi di tutto e ricominciare da zero. Un oblio, quello di Ida, che si fa fulcro e origine dell’energia che ordisce le sue trame creative. Al punto che «quando perse la memoria ci fu una grande festa con funamboli, elefanti, tigri e mangiafuoco» ■ Scalabili e RnR sx: Colin Lee dx: Yaroslav Lozkhin 25 LETTERATURA Flash Narrativa dei tempi che corrono. Scrivere veloce per vivere furiosamente di Claudio Mastroianni iei cari Bianconigli, diciamocelo: viviamo una vita frenetica. Stressati e iperattivi, ci barcameniamo fra impegni e nullafacenza con un’esistenza scandita dai prodotti di consumo. Cinque minuti, solo cinque e vedrai: evitiamo anche di perder tempo a cucinare, ma poi stiamo giorno e notte, giorno e notte a cercare di eliminare quei chili di troppo senza star lì ore a fare sport. Navighiamo a vista: non c’è tempo per riflettere, per ragionare, per approfondire. Ma non è niente di innovativo, nessun italian style: tutta importazione USA, che di questo modo di vivere ne ha fatto una bandiera. Di stress e fretta ne capiscono, gli americani: sempre di corsa, non stupisce che siano diventati maestri nel comprimere i tempi, nel far diventare fast il food e speed il dating. Filano via come un treno e tutto il resto si deve adeguare. Letteratura compresa. Il fenomeno della Flash Fiction nasce forse proprio così: dall’esigenza statunitense di snellire e accelerare tutto, perfino la narrazione. Il termine se lo sono inventati i coniugi James e Denise Thomas – assieme a Tom Hazuka – come titolo di un loro libro del ‘92 (Flash Fiction: Very Short Stories, W.W. Norton & Company, 1992, pp. 224): una raccolta che vede impegnati 75 autori nella scrittura di storie brevi, molto brevi (la più corta – “Water”, di un tal Fred Leebron – in sole 185 parole). In poco tempo vedono la luce numerose “variazioni sul tema”: Flash Fiction, Fast Permalink n. 2 Marzo 2007 Fiction, Post-card Fiction, Sudden Fiction, Short-short Fiction. Molti nomi diversi, un’unica idea: scrivere una storia completa – con un protagonista, un contesto, un problema e la sua risoluzione – in maniera concisa, pesando bene ogni singola parola. Parole le quali in genere non arrivano a superare le 1000 unità, per creare racconti agita-e-gusta da leggere rapidamente, adatti a chi ha poco tempo da perdere. Una sintesi lessicale molto simile a quella operata in campo poetico dagli ermetici o dai maestri haiku, ma applicata in questo caso alle composizioni in prosa. Si avvicinano ancora di più alla brevità dell’ermetismo alcune versioni più radicali della Flash Fiction, che portano il limite massimo di termini utilizzabili ad una cifra ancora più bassa. Come le microfiction (che si limitano a 300 parole) o ancora di più come la 55 Fiction, genere narrativo che ha come regola base la stesura di un racconto in 55 parole, non una di più, non una di meno. Un’idea partorita dalle menti dietro al New Times – settimanale indipendente di una cittadella californiana di più o meno 40.000 abitanti – già qualche anno prima dei coniugi Thomas. Nel 1987, anno a par- Claudio Mastroianni Aka Gattonero. I suoi sostenitori più fisicati dicono di lui che un vero diavolo può anche vestire H&M, aggiungendo: “fottiti” rivolti all’interlocutore. Non avrebbe prestato la voce a Edna “E” Mode nemmeno se fosse stato anche lui Amanda Lear. Perché, se lo fosse, saprebbe benissimo come impiegare meglio il suo tempo. 26 LETTERATURA FLASH FICTION tire dal quale la rivista indice un concorso dedicato proprio agli appassionati del genere, che stanno diventando sempre di più anche grazie al tam-tam di internet e soprattutto dei blog, con cui la 55 Fiction sembra avere in comune l’immediatezza e la freschezza di linguaggio. 55fiction.com propone vari esempi di questo genere letterario. “La mia vecchia chiave aprì la porta, e l’istinto mi guidò in salotto. Dopo vent’anni, il fetore dell’alcol resisteva. Potevo ancora sentire il sapore del respiro beffardo di papà. Avvicinandomi da dietro alla vecchia poltrona di pelle, sollevai la pistola. Il bicchiere si frantumò sul pavimento, scotch e sangue danzarono sul tappeto.” Le Flash Fiction parlano d’amore, famiglia, rapporti interpersonali, spesso con un tocco di amarezza per i sentimenti che finiscono e si disgregano. A differenza dei componimenti ermetici – tuttavia – questa narrativa condensata non arriva a sfiorare il cripticismo, mantenendo un significato chiaro e di facile lettura. Ma in alcuni casi vi è anche qualche concessione all’interpretazione, spesso affidata a un’unica frase finale che diventa nuova chiave di lettura e stravolge il senso che inizialmente il racconto sembrava avere: ”Erano state dette tutte le parole giuste, tranne tre. Padre Patrick si avvicinò da solo alla fossa ancora aperta, prese un pugno di terra e lo gettò dentro, sulla bara. Il Monsignore era stato per lui luce, rifugio, compagno in cose che solo Dio poteva giudicare. Semplicemente, non poteva dire la verità: «Io lo amavo».” alcune storie molto brevi in una iniziativa chiamata Fast Fiction Friday. Per chi non conoscesse Warren Ellis, si potrebbe citare fumetti di culto come The Authority o Planetary, ma la cosa non renderebbe giustizia alla personalità geniale dell’autore britannico: scrittore di racconti e serie televisive, visionario personaggio dalla personalità caustica, Ellis si è sempre dimostrato attento al progresso e alle tendenze futuristiche letterarie; Flash Fiction compresa. Peccato che il suo vecchio sito, Die Puny Humans, sia stato cancellato per far posto ad un forum, facendo così perdere le tracce del Fast Fiction Friday. La Flash Fiction non sembra aver attirato solo l’attenzione della Rete. Ad osservare con interesse questo fenomeno anche alcuni rappresentanti del “regno” dei Comics: fra questi anche Warren Ellis ha voluto dire la sua, sfidando alcuni suoi lettori – nel maggio del 2004 – nella scrittura di Permalink n. 2 Marzo 2007 27 LETTERATURA FLASH FICTION Speculare, invece, l’approccio di un altro autore di comics, britannico e interessato alla Flash Fiction: Lee Burnett. Se Ellis ha invitato altri a scrivere fast fiction, Burnett ha invece preso come impegno – da due anni a questa parte – quello di scrivere in 200 parole circa una storia che ruoti attorno a termini proposti dai lettori del suo Journal. Un “Challenge” da cui Barnett ha anche ricavato un volume di 66 pagine, scaricabile online in formato pdf, in cui l’autore si è dovuto confrontare con parole come “osmosi”, “pletora”, “elefantino”, “ranuncolo”, “rettale” creando ogni volta un piccolo microcosmo. Ma c’è anche chi sopra questo fenomeno ci guadagna, come dimostrano i (tanti) corsi tenuti negli Stati Uniti da “rinomati esperti” sulla scrittura rapida, la scrittura sintetica, come scrivere un racconto di cinque minuti, and so on. Se invece siete più interessati a leggere che a scrivere, ma se siete talmente di fretta da non poter fare neanche una ricerca in rete, nessun problema. Espresso Fiction è quello che fa per voi: per 7 dollari al mese vi manda un mini raccontino direttamente nella vostra email, da leggere prima di uscire. Chi non legge un raccontino per email prima di uscire, almeno una volta a settimana? Se non ci fossero loro, come faremmo? E l’Italia? In Italia, si sa, le cose arrivano o tardi o deviate. Se negli Stati Uniti ci si accontentava di fiction in 55 parole, gli italiani bravagente si sono dovuti sorbire castronerie in 160 caratteri: poesie sms, storielle sms, racconti sms, barzellette sms. Un tripudio di x e di k. Non molto diverso il rapporto con la Rete italiana (anche in questo caso, in particolare con i blogger), per quanto relativamente più viva dal punto di vista culturale e letterario. L’esempio forse più vicino alla Permalink n. 2 Marzo 2007 flash fiction è quello fornito da Zop blog in alcuni suoi racconti brevi, “pensati per una lettura a monitor”. Ma siamo ancora lontani da una diffusione a largo spettro. Ci si è avvicinato – in qualche modo – il blogger Eio, che col suo fincipit è riuscito a risvegliare le velleità artistiche “in breve” di buona parte della blogosfera italiana, con un concetto molto simile alla 55 Fiction: raccontare una storia in poco più di due frasi, con un inizio e una fine (e una buona dose di ironia). Il tutto, ispirandosi alle storie dei grandi classici della letteratura ma anche a canzoni, televisione, cinema, cultura popolare. Ottenendo un seguito di oltre un migliaio di commenti (e un articolo su Repubblica). Ma siamo ancora lontani dal vedere la Flash Fiction in Italia. Nel frattempo siamo costretti a leggere noiosi tomi di un centinaio di pagine scarse, a sforzarci di seguire trame complesse. Poveri noi. Meno male che esistono gli americani: creativi, brevi, concisi ■ 28 RACCONTO DEL MESE “Acqua Persa” di Salvatore Nicosia ersa nel senso di perduta, sprecata, buttata via, consumata, sperperata; ma anche nel senso di remota, antica, persa nella memoria di un tempo lontano, quando il rapporto dell’uomo con l’acqua era diverso. Non meccanico, come oggi (apro un rubinetto o un interruttore, e l’acqua arriva abbondante, non si sa come e non si sa da dove), ma umanizzato, trepidante, pieno di attenzione e di apprensione: se ne poteva individuare la scaturigine, seguire il percorso, vederla crescere, con gioia, e diminuire, con la morte nel cuore. Il terminale civico era un’unica fontanella pubblica, con due cannoli agli opposti lati, perennemente assediata da una inverosimile quantità di recipienti d’ogni foggia e materiale (non la plastica, ancora ignota), di argilla di alluminio di rame, piccoli medi e grandi, quartare, bùmmuli, bagneruole, secchi, pentole, lanceddri, bidoni, casseruole, tegami: tutto ciò, insomma, che poteva configurarsi come caputa. Disposti in fila lungo i raggi che si dipartivano dal centro costituito dalla fontanella, appartenevano alle varie famiglie utenti del servizio, secondo un rigoroso ordine di priorità e di turnazione. Dopo giorni di attesa inoperosa, tutto quel pentolame entrava in azione per un paio d’ore con l’arrivo lungamente agognato di don Totò il ferraro, detentore responsabile di una enorme chiave di ferro capace di girare un grosso bullone che lui solo riusciva a pescare da un tombino poco lontano: e l’acqua arrivava improvvisa, scrosciante, liberatoria, fra le urla e gli strepiti di tutto il quartiere. Malgrado la convenzionale ma rigorosa fissazione dei turni, era difficile che non si verificassero, nel corso di una erogazione, un po’ di baruffe e di accapigliamenti, con relativo uso improprio di secchi e pentole. Le più pericolose erano le tre sorelle Ntro-ntrò, che abitavano proprio accanto alla fontanella, e in qualche modo se ne consideravano utenti privilegiate, se non proprietarie. Riuscivano ad occupare quasi sempre il primo turno (si vociferava di un accordo sotterraneo con don Totò il ferraro), e al momento dell’orgasmo acquatico ricevevano man forte da quattro nerboruti fratelli, che immagazzinavano in casa mentre le sorelle riempivano, e talvolta avevano pure l’arroganza di riportare gli stessi recipienti già svuotati: suscitando le proteste di chi magari aveva due o tre quartare soltanto, e provocando sacrosante furiose risse. Seguiva la gestione domestica del prezioso liquido, oculata, attenta, Permalink n. 2 Marzo 2007 fatta di un utilizzo plurimo e di cicli differenziati: prima la faccia, poi i piedi, infine il gabinetto (se c’era); per i lavaggi, prima i tessuti bianchi, poi quelli a colori, infine il pavimento; per la cucina, prima la pasta, poi i piatti, e infine gli animali domestici; e così via, sempre nella stessa acqua. Perché la scorta doveva durare per un periodo di 8-10 giorni. E quell’anno di particolare siccità (era il 1980), che il grano era rachitico e ingiallito già nel mese di aprile, e la distribuzione avveniva ogni tre settimane, e si era letto sul giornale che a Genova avevano occupato la ferrovia perché l’acqua gli arrivava soltanto a giorni alterni, Pino Piranio pensò bene di inscenare una clamorosa protesta: drizzò una tenda al centro della piazza, vi si installò giorno e notte, riempì di cartelloni i muri della Chiesa madre, costituì il C.A.P.R.I. (Comitato Agitazione Popolare Risoluzione Idrica), e persuase la popolazione a dar vita ad un corteo e a partecipare alla protesta. Erano almeno tre decenni che non si verificavano mobilitazioni di massa, dai tempi dell’occupazione delle terre. Dapprima silenzio, poi calarono da Milano e da Roma gli inviati dei giornali di sinistra, alla ricerca di movimenti di popolo in un periodo di magra, infine anche il Giornale di Sicilia fu costretto suo malgrado a parlarne. Si presentarono alcuni politici re- Salvatore Nicosia Grecista, docente di Lingua e Letteratura greca all’Università di Palermo, è scrittore irregolare e desultorio. 29 Questo racconto ci è stato gentilmente concesso dall’editore siciliano Navarra ed è parte del progetto Margini, una pubblicazione semestrale distribuita in Sicilia e in alcune grandi città italiane. Spiega l’editore: «La rivista nasce con l’intento di pubblicare, insieme ad autori già noti, narratori sommersi degni di qualche attenzione e di creare uno spazio condiviso da chi pratica il racconto [...]. Il titolo, Margini, fa riferimento anche alla linea di confine geografico e culturale su cui si colloca la Sicilia, segnalando quindi l’apertura ad ospitare racconti dagli “altrove” con cui il confronto sembra più necessario. Il tema del secondo numero è dedicato alla cosmopolis e alla problematica dei migranti. Tra gli autori presenti nei primi numeri della rivista Giulia de Spuches, Costanza Quatriglio, Bianca Stancanelli, Salvatore Nicosia, Gian Mauro Costa, Arturo Grassi, Giuseppe Crapanzano, Giovanni Massa, Fulvio Vassallo Paleologo, Pupino Samonà, Beatrice Monroy, Marcello Benfante e molti nuovi narratori. “A un giovane marocchino, a Ragusa, è stato notificato un provvedimento di espulsione dall’Italia. Dove sta la notizia? Nel fatto che lo stesso giovane, anni fa, chiamato alle armi dallo Stato italiano, aveva regolarmente svolto il servizio militare. Dove sta la piccola riflessione? Eccola: per misurare l’integrazione, il multiculturalismo, la convivenza nelle città multietniche, per prima cosa bisogna raccogliere un repertorio di storie, vere o possibili, che più delle congetture ideologiche e delle analisi politiche, rendono palpabili contraddizioni, assurdità, violazioni dei diritti elementari. Il terreno delle previsioni sociologiche, delle teorie antropologiche, si rivela fra l’altro spesso scivoloso e inattendibile. Prima l’Inghilterra sembrava un modello riuscito di integrazione, si ipotizzava una caduta di barriere a partire dalla terza generazione di immigrati. Quel che è accaduto sta sovvertendo queste teorie. A Londra le seconde, le terze generazioni, al contrario della prima, ligia alle regole occidentali, stanno rivendicando autonomia, identità, diversità e talvolta si spingono al limite del rifiuto totale». gionali, qualche sindaco di paesi vicini, il presidente dell’EAS in persona. Per parte sua, il sindaco sposò la causa che prima aveva avversato, e si aggregò alla protesta, adducendo a motivazione il disagio di quel migliaio di immigrati che ad Agosto rientravano dalla Svizzara e dalla Germania, e che avevano, a quanto pare, contratto l’abitudine di farsi quotidianamente la doccia, e minacciavano seriamente, diceva lui, di non tornare più in quel paese RACCONTO DEL MESE SALVATORE NICOSIA caro al loro cuore, ma siccitoso oltre ogni decenza. Si ispezionò la condotta idrica che partiva dalle Madonie, se ne constatarono le infinite falle, si ripararono alla meglio le più vistose, e l’acqua assunse un ritmo di triduo: che era inferiore a quello di Genova, ma non determinava proteste, che anzi parve a tutti di toccare il cielo con un dito. Ancora più diretto era il contatto con l’acqua nelle campagne. Riusciva difficile capire come facesse quel filino d’acqua che si perdeva e scompariva tra le sabbie di un letto enorme, circondato di arvanazzi (pioppi) e masticogne, a trasformarsi d’inverno, agevolato da qualche temporale, in un torrente furioso che inondava i campi travolgendo piante, animali e non di rado uomini. C’erano, è vero, i pozzi. Disseminati qua e là, alcuni chiaramente individuabili per un imponente parapetto circolare di balatoni bianchi, e magari un arco di ferro con una carrucola per facilitare la risalita del secchio, altri con un semplice giro di pietre sistemate alla bell’e meglio, che almeno serviva a segnalarlo, ma altri ancora, numerosi e pericolosissimi, scavati al livello del terreno: tanto che si poteva, se erano ricchi d’acqua, distendersi a faccia in giù e attingere acqua nel cavo della mano. Operazione dalle madri trepidamente sconsiglata, in quanto pericolosa: il rischio, diceva mia madre implorante, era che la vavareddra, il riflesso dell’acqua contro il cielo luminoso, afferrasse per la testa chi beveva, e lo tirasse giù: cosa che – assicurava – era accaduta tante volte. Molti anni dopo lessi il mito greco di Hylas: inviato da Eracle ad attingere acqua durante una sosta della spedizione degli Argonauti, il bellissimo Hylas suscitò l’amore delle Ninfe abitatrici della sorgente, che lo attirarono a sé. E capii che la paura di mia madre, Permalink n. 2 Marzo 2007 che certamente non conosceva quella storia, aveva dalla sua parte la più potente delle verità, quella del mito. Non mitica, ma disperata, fu invece la scelta di Giosuè Scorciascecchi, ancora negli anni Novanta, quando erano stati ormai elaborati moderni e raffinati modi di uscire dalla vita: e lui invece, quel pomeriggio di una domenica di maggio, si recò in una sua lontana e abbandonata proprietà, e optò per quella arcaica, arcestrale maniera di morire, lasciandoci tutti sgomenti. I pozzi più antichi, succedeva talvolta che si inaridissero da soli, senza plausibile motivazione; e quelli nuovi bisognava farli scavare da scavatori esperti e professionali. Ce n’era uno, in particolare, un tale Catalano, che godeva fama di maestro, anzi di mago dei pozzi. Quando quello antico, che forniva un’acqua salmastra sgradita persino agli animali, cominciò a calare pericolosamente di livello, mio nonno lo ingaggiò per scavarne uno nuovo. La scelta del punto strategico fu lunga e laboriosa: malgrado un fosso sempre lussureggiante di erba e di mentastro suggerisse inequivocabilmente la scelta giusta, quel gran tecnico di Catalano si ostinò a collocarlo dieci metri più a sinistra, adducendo misteriose spiegazioni relative all’andamento sotterraneo della falda: una materia di cui si intendeva soltanto lui. Trivellò 30 RACCONTO DEL MESE SALVATORE NICOSIA per mesi, da solo, con il piccone e con la pala, sprofondando ogni giorno di più nelle viscere della terra, finché non ci furono più scale sufficienti a farlo arrivare al fondo. Ma l’acqua non affiorò mai, e si dovette fare pure la fatica di rinfilarci dentro tutta quella montagna di terra che lui aveva estratto. Del ricorso ad un professionista forestiero per rimediare al mal fatto, anzi ad una professionista, una rinomata rabdomante, rimane ancor oggi traccia inconfutabile in una grande fotografia: raffigura una bellissima signora vestita di nero, con un ampio mantello e un cappello a larghe falde, cavalcante “alla femminina”, cioè con le gambe rivolte entrambe dallo stesso lato, mentre mio nonno, che passava più tempo a cavallo che sulla sedia, viene vergognosamente immortalato, con tutti i suoi lucidissimi stivali, nell’atto di guidarle per le redini il cavallo lungo gli impervi sentieri del feudo, appiedato e umiliato palafreniere. Del pozzo che fu scavato in quel giro campestre, se mai ne fu scavato uno, nessuno seppe mai: tanto che qualcuno, e in particolare mia nonna, espresse qualche dubbio sulle virtù rabdomantiche di quella imponente signora. La percezione della difficoltà e della pena di procurarsi l’acqua, risalente agli anni dell’infanzia, non mi ha abbandonato mai più. In Grecia e in Turchia mi sembrava segno di civiltà elevatissima che ogni bar mettesse gratis a disposizione dei passanti assetati, davanti alla porta e quasi sulla strada, bicchieri ricolmi di acqua fresca che un bambino (lavoro minorile, purtroppo!) riempiva in continuazione. Ma le mille fontane di Roma che a tutte le ore del giorno e della notte riversano incessantemente acqua che solo di tanto in tanto disseta qualche passante, mi hanno sempre provocato un senso di frustrazione e di disagio; e la visione quotidiana di una fontanella che a Piazza Vittoria, qui a Palermo, sprecava acqua da mattina a sera, in una stagione in cui tutti i giornali non parlavano d’altro che della terribile siccità (siamo alla fine degli anni Ottanta), e della necessità di risparmiare, mi indusse a scrivere una lettera al Giornale di Sicilia: “Egregio direttore, ogni mattina, prima di recarmi al lavoro, apro tutti i rubinetti di casa mia, e li lascio aperti, consumando quanta più acqua possibile; e lo continuerò a fare, spudoratamente, fino a quando qualcuno non provvederà a dotare la fontanella di Piazza Vittoria di un rubinetto”. Non so se qualcuno lesse la mia lettera, e provvide, o se la siccità aveva ormai disseccato anche quella fonte: fatto sta che quello scempio finì. Permalink n. 2 Marzo 2007 Di quella gestione antica dell’acqua sono rimaste, nel dialetto siciliano, tracce significative. “Livari l’acqua” vale “ridurre in difficoltà qualcuno, togliergli l’ossigeno” (come faceva appunto don Totò quando toglieva l’acqua); “mèttirisi l’acqua dintra” significa acquisire una posizione invidiabile, come di chi, essendosi dotato di una condotta all’interno della propria casa, non è più costretto ad andare alla fontanella pubblica, e si dice per lo più ironicamente, nel senso di mettersi i guai in casa; e “acqua persa” è sinonimo di fatica inutile. Nella piazza di un paesino siciliano era capitato una volta un turco sbandato (e sarà stato, piuttosto, un arabo). Prontamente attorniato da tutti i paesani incuriositi, ma rassicurati dal loro soverchiante numero, si decise su due piedi di battezzarlo. “Lo dobbiamo fare cristiano, gli dobbiamo dare l’acqua benedetta”, dicevano a gara, presi da entusiasmo religioso. Qualcuno corse a chiamare il prete, per la traduzione operativa di quella forzata conversione. Il prete arrivò col suo comodo, e chiese il motivo di tanta eccitazione. “Lo dobbiamo convertire, lo dobbiamo fare cristiano”, risposero in coro. “Ma che dite, parrocciani miei, quello ha un’altra religione, un altro dio, quello è un turco, è inutile dargli l’acqua benedetta, cercate di ragionare”, argomentava il prete. E poiché quelli insistevano, e lo pregavano ormai minacciosamente, allargò le braccia, e rassegnato si arrese: “Se proprio lo volete battezzare, battezziamolo pure: ma per me, è acqua persa”. Sarà politicamente scorretto, ma io l’ho sentita raccontare proprio così, dal barbiere che operava nella piazza del paesino dove avvennero i fatti, tanti e tanti anni fa ■ 31 FOTOGRAFIA Racconti dal marciapiede Da NY l’arte in bianco e nero di Alessandro Zuek Simonetti di Fabrizio c151.com Non saprei davvero come definire il mio “fotografare”, mi piace intendere la fotografia in senso allargato, amo il reportage, raccontare storie attraverso le foto, ritrarre persone e scattare per strada. La gente soprattutto. Ma appunto amo l’immagine in generale, sia essa realizzata attraverso un foro stenopeico che con un banco ottico. Quali sono le caratteristiche di una buona foto? i chiamano street photographer e si collocano forse nell’estremo avamposto di una lunga tradizione di fotogiornalisti, in un’epoca nella quale il ruolo del reporter sta sempre più perdendo autonomia editoriale, al cospetto dei grandi player internazionali dell’informazione. La loro specialità è arrivare a fotografare laddove gli altri non riescono o forse non vogliono arrivare: i ghetti urbani, i nuovi poveri e le tante realtà che costituiscono quel mosaico che è il tessuto sociale delle nuove città globali. Leggere la città per poi cercare di raccontarla attraverso il foro stenopeico della macchina fotografica: Lui è Alessandro Zuek Simonetti, giovane street photographer di Vicenza emigrato a New York che ci racconta la sua curiosità per l’insolito, per lo scatto occasionale e di come alle volte l’immagine sia in grado di rivelarci molto di più di quello che vediamo con i nostri occhi. Fabrizio c151.com Non è chiaro se il cognome sia originale o modificato di straforo all’anagrafe. Di sicuro Fabrizio è un dominio registrato, non meno di quanto lo siano gli stilosi post che compila per Designerblog.it. Un’immagine a mio avviso dev’essere “pungente” ossia deve avere in sé un elemento che ti scuote... il “punctum” di Roland Barthes che nel libro “La camera chiara” viene inteso come “..un dettaglio che non sta nella fotografia intenzionalmente, ma acci- Ecco qualche scatto ancora inedito e di seguito un estratto di un’intervista ad Alessandro che trovate nella versione integrale sul nostro Designerblog.it. Che definizione daresti della tua ricerca in campo fotografico? Permalink n. 2 Marzo 2007 32 FOTOGRAFIA SPECIALE DESIGNERBLOG.IT tare il mondo del lavoro? dentalmente, ed è lui che trova noi, che ci trafigge, che ci fa amare o odiare la foto, che ci fa interessare o allontanare da essa.” trovo questa definizione estremamente azzecata! Bianco e nero o colore? In questi ultimi anni mi sono concentrato sul bianco e nero. E’ stato un riflesso incondizionato dovuto alla prepotente presenza del digitale che ha avvicinato non poche persone alla fotografia. Ho come il bisogno di mantenere un rapporto con l’elemento ana- logico, tangibile, catalogabile in senso fisico. Il digitale è comunque un passo in avanti se pensi al taglio di costi, dei tempi, al passaggio diretto alla postproduzione e al ritocco... Ci sono soggetti che prediligo ritrarre con la pellicola e situazioni in cui l’uso del digitale può aiutarti a riparmiare tempo. Mi sarei mangiato le mani per esempio se avessi fotografato in digitale un concerto di James Brown al quale ho assistito... capisci?! Le prime cose che ho fatto a livello lavorativo sono state delle pubblicazioni su un giornale di skate di nome Baco e delle pubblicità per Broke, una ditta di abbigliamento... realtà che mi erano tangenti, vicino ai miei interessi.. forse il consiglio che potrei dare ora è quello di cominciare a guardarsi attorno e cominciare a documentare quelli che sono i propri interessi. So che ami viaggiare, qual’è il luogo che ami di più per fotografare? Mi piace viaggiare e vorrei farlo in maniera più continuativa. Non ho visto moltissimo. ci sono parti del mondo che mi attirano e che vorrei fotografare: l’oriente, il Sudamerica, l’est Europa. A febbraio andrò in Brasile, attualmente sono a NY ■ Un consiglio per chi ama la fotografia e inizia ad affron- Permalink n. 2 Marzo 2007 33 CINEMA Way Back Machine Il cinema di fantascienza contemporaneo è spazzatura. Il futuro della fantascienza è nel passato. “Il Recuperatore” recupera “Il Pianeta Selvaggio” di Federico Anastasi riva dei problemi materiali che la fantascienza affronta nel cinema “dal vero” (il problema di “costruire” tutto ciò che si vede sullo schermo o almeno darne l’illusione), il cinema d’animazione si presterebbe perfettamente ad esplorare il lato visivo e più immaginifico del genere. Lo fa? Allora perché oggi, con i computer e l’animazione 3D, i film di fantascienza, “dal vero” come d’animazione, sono sempre più infantili e meno fantasiosi? Trieste (2003), mi infilai a caso in una sala, dove si proiettava il film franco-ceco che trionfò nell’edizione del 1973. Mi aspettavo - chissà perché - un film in stile propaganda sovietica con rocce di cartapesta e astronavi-giocattolo. Per fortuna possiamo sempre riavvolgere la pellicola del tempo, e recuperare una perla rara dal magazzino della fantascienza cinematografica. Con “Il pianeta selvaggio” Roland Topor e René Laloux hanno consegnato alla storia un film d’animazione tanto colorato e fantasioso quanto “selvaggio” e crudo. Quando arrivai a Trieste per il resuscitato Festival della Fantascienza di Un’enorme mano di colore blu le tira un cricco. La mano sta “giocando” con questa femmina, e infine l’abbandona, morta. Invece, finiti i titoli di testa, accompagnati dal suono ultraSF del synth, ecco un disegno crudo, in cui scorgiamo ancora i tratti della matita, di una donna malvestita con un seno in bellavista, il volto disperato e, in braccio, un neonato. Cambio di proporzioni, e conosciamo la razza dei Draag, dalla pelle blu e occhi rossi: la mano gigante apparteneva a un innocente bambino. Si tratta del solito “mondo alla rovescia”; struttura frequente nella fantaPermalink n. 2 Marzo 2007 scienza tanto letteraria quanto cinematografica, condita però con un’originale crudezza e forza espressiva. Sul pianeta dei Draag gli umani sono piccoli animali da compagnia, raccattati su un pianeta devastato (evidentemente) da una guerra atomica, prova della mancanza di intelligenza nella specie. Ma quando gli umani randagi diventano troppo numerosi? Una bella de-umanizzazione: pasticche di veleno vaporizzano in un parco uccidendo uomini a centinaia. Federico Anastasi Aka Il recuperatore. Regista sci-fi, bolognese, domiciliato a Parigi. Viaggia nel futuro grazie al suo temperamento iperattivo. Scrive, ascolta, dirige e crede nel domani. Tolto ogni dubbio che si tratti di un film per bambini, resta da tentare di descriverne l’universo visivo: colori intensi, creature che sembrano uscite da un quadro di Bruegel, paesaggi alla Dalì, e un’euforia sinestetica da trip lisergico (la scena in cui dei cristalli nascono dall’arido suono e con un fischio vengono fatti sbriciolare è abbastanza eloquente). Perché la maestria di Topor e Laloux è proprio nell’approccio poetico alle immagini: la gratuità di certe scene, prive di funzione narrativa, sfuma nella pittura animata. Una sola fonte sul “mulo”? Opere come questa sono da recuperare assolutamente, in un modo o nell’altro. Nota finale. Se non lo trovate proprio da nessuna parte provate a vedere lo streaming completo su Fluctuat.net ■ 34 FOTOGRAFIA Flickerismi Raggi, sellini e catene. A caccia di bici nel Group Pool della community di Flickr di Luca Volpi uando accediamo alla pagina principale di un gruppo di Flickr, ci immergiamo nella concezione e nella visione della realtà dei suoi partecipanti, ci troviamo in un luogo magico dove un dettaglio, un argomento, un colore vengono declinati in tutte le possibili definizioni, in tutti gli aspetti che quel concetto può rappresentare. Sono i gruppi più piccoli e definiti i più affascinanti, quelli di nicchia che portano avanti il vero spirito dei Gruppi e dei Pool. Quello che presentiamo questo mese è proprio un piccolo gruppo, quello delle Ruote Sottili Milanesi. Aurora (.:Aura:.) la fondatrice del gruppo, mi dà il benvenuto raccontandomi che per passione e religione, frequenta da sempre luoghi reali e virtuali legati alle bici, alla Ruotafissa, alla Critical Mass. Sentendola raccontare mi viene un dubbio: le biciclette sono aliene o integrate con il paesaggio urbano? A questa domanda mi risponde Lorenzo (ScreanzaTopo) che, con un po’ di pessi- Luca Volpi Conosciuto al secolo come Goldmund, possiede numerosi maglioni e pattuglia le strade di Milano postando le sue visioni su 02blog.it. Conosce tutte le tecniche del softfocus di cui fa abbondante uso per documentare se stesso e il suo mondo. Una città non a misura di bambino di screanzatopo Nostalgia di screanzatopo appogiati al muro e non cadere. Permalink n. 2 Marzo 2007 35 FOTOGRAFIA FLICKERISMI mismo, ammette che le nostre città sono ridotte ormai a degli immensi parcheggi d’auto e si chiede chissà quando potremo vedere scene come quelle che si vedono all’estero, vale a dire enormi cicloparcheggi anche a Milano... Di animo più ottimista Aurora che nota come a Milano le bici sono sempre di più. Questo fa ben sperare che le due ruote in città non siano più l’eccezione alla regola, ma la normalità. Aurora ritiene che sia difficile da comprendere per chi non ha mai provato il piacere di pedalare di notte a Milano, o di percorrere una vera ciclabile a braccia larghe con il vento in faccia, ma muoversi a Milano in bici è possibile, magari comporta un sacrificio, ma ripaga. La soddisfazione è sapere che se canti la gente ti ascolta, se urli di gioia o di rabbia il mondo non è solo 2 metri cubi di auto, ma il mondo intero. La soddisfazione è arrivare a casa stanchi, ma felici. in tutta onestà - non so se le città sono pronte alle bici, ma sicura- mente la rivoluzione arriva in bicicletta. Relax al parco delle cave Ed allora io mi chiedo se loro, amanti della bicicletta di città, siano personaggi del passato, ormai in via di estinzione o precursori di un futuro prossimo. Corone Nobili di Screanzatopo di.:Auro:. ombre di bici che raccontano una storia. Il discorso passa a Lorenzo (ScreanzaTopo) che ammette che la bici è stato un mezzo di trasporto molto utilizzato almeno fino al boom degli anni ‘60, e lo è ancora nei piccoli centri, in alcuni casi è il presente e può essere il futuro per le nostre città. La chiosa è di Aurora (Auro), lei non ci sta a scegliere fra passato presente e futuro: la bici è tutto, secondo lei ■ Permalink n. 2 Marzo 2007 Giallo di Emilype Poesia a cavalcioni di una bicicletta. 36 OROSCOPO Ariete Un po’ come la manta segnalata dal superbo blog Fogonazos anche voi non sapete bene qual’è il vostro elemento elettivo. Vi spostate da un desiderio all’altro con un inquietudine preoccupante. Non riuscite a decidervi e vi ostinate a pensare che dovreste decidervi a decidervi. Perché invece non fate come la manta che vive in mare ma ama volare? Non c’è nulla di male a sviluppare due progetti contemporaneamente. E di sicuro non vi manca la presenza e la forza. Cancro Curiosamente questo mese l’oroscopo del vostro segno somiglia terribilmente a quello della bilancia nel settembre 1997, e quelle non erano buone notizie, quindi addolciamo la pillola dicendo che andrà tutto bene: lavoro, amore, truffe allo stato. Naturalmente vi ho voluto dare solo un po’ di vantaggio per crearvi una nuova identità e un nuovo segno zodiacale in modo da evitare le immediate sciagure. Su Multiply.com potete fare questo e liberarvi in una mossa di tutti i tediosi amici di myspace che ormai sono come i parenti alla porta: fastidiosi. Avrete molti amici filippini e thailandesi, che qui di italiani non se ne vede (grazzieaddio) ancora l’ombra. Toro C’è chi si accontenta di fare quanto prescritto dalla legge. La legge viene emanata da un’autorità che come tale va rispettata, pensano loro. E invece voi continuate ad interrogarvi a fondo su cosa sia giusto e cosa no e questi pensieri a volte vi tormentano quasi. Non disperate, cari amici del Toro, perché sono svariate migliaia di anni che la filosofia si interroga sull’etica. Come avrete notato questo mese Permalink ha dedicato uno spazio speciale alla pirateria. Provate ad andare su Sheezyart.com e rispondetevi da soli: il piratedownloading è un bene? Leone Ewa Wisnierska, non è solo bella, è anche una specie di divinità del parapendio. E gli dei le dovevano essere favorevoli quando è stata risucchiata fino ad un’altitudine di 9.000 metri, a meno 50 gradi, durante le prove per i mondiali che si sono appena tenuti in Australia. Non voglio parlarvi di quanto sia incredibile che Ewa sia sopravvissuta quei lunghissimi 40 minuti senza sensi, ma in volo. Voglio dirvi che la prima dichiarazione di Ewa dopo l’incidente è stata che volare è troppo bello per farsi spaventare da un incidente. Nessun link per voi, questo mese, solo vi chiedo di andare a fondo nelle vostre passioni più forti. Permalink n. 2 Marzo 2007 Gemelli Da sempre soffrite di sdoppiamento della personalità? Provate come una sensazione di essere il cavallo di Troia di qualcuno che non vi sta neanche troppo simpatico? Vi sentite osservati anche quando non vi fate la barba o il trucco? Grazie ad Atom.smasher.org potete lasciare messaggi alla parte cattiva di voi in maniera ancora più divertente ed efficace dei post-it incollati sulla vostra stessa fronte, scritti alla Leonardo per leggerli allo specchio. Orsoluminoso and friends E’ stato il primo betatester di Google Moon. No, non è vero. Però consulta le stelle e stelle che consultano gli amici, collegiale. Decisamente ci prende. Vergine È stato ampiamente dimostrato che ridere aumenta quasi tutte le facoltà cognitive. Sostanzialmente l’umorismo è l’arte di fare connessioni impreviste. Questo genere di connessioni neurali sono le stesse che stanno alla base delle buone idee. Eppure non siamo poi così abituati ad anticipare ogni compito difficile che dobbiamo affrontare sottoponendoci ad una dose di ilarità. E si da il caso che voi, verginelle e verginelli, non abbiate riso abbastanza questo mese. Esplorate Youtube che su questo versante è eccezionale. Se posso, consiglierei di partire da questa clip masterpiece dei Griffin. 37 OROSCOPO Bilancia Proverbiale il vostro amore per Macintosh. Sì, lo so, molti di voi non posseggono ancora nulla che porti in seno una mela morsicata. Ma io leggo le stelle per professione e so che se non sarà un iPod, o un MacBook, sarà il colpo cruciale dell’iPhone a trasformarvi in novelli switcher. I miei amici di Greenpeace stanno però criticando la Apple in questo periodo. Dicono che i Mac sono belli fuori, ma pieni di inquinanti tossici dentro. Provate ad andare su Greenmyapple. org e chiedete anche voi a Steve di darsi una mossa. Voi siete belli fuori e dentro, vi meritate altrettanto da un computer. Capricorno Che ve lo dico a fare? Il mondo intorno a voi non è altro che il mondo dentro di voi. Fuori rimane ben poco, lo sapete. E badate che è un bene questo perché sto dicendo che tutti problemi che vivete li potete semplicemente risolvere guardando il fantastico (e complicato) mondo della vostra mente. Che nello specifico questo mese assomiglia molto allo scenario a palle che trovate su Blueballfixed.ytmnd.com. Osservate attentamente e traete ispirazione. La vita è bellissima. Scorpione Sagittario Caro Scorpione, credevi di avere tutte le carte in mano per vincere? E invece questa volta dovrai vedertela con il destino biricchino che, a sorpresa, ti ha messo un nuovo ostacolo sulla strada. Hai fatto un stumble, ma non nel senso positivo dell’articolo che trovi poco più indietro. Questo mese infatti dovrai sfruttare al meglio la tua capacità di ripresa e il tuo estro creativo per spiazzare il tuo avversario con un bluff o una mossa imprevedibile per poi raccogliere gli applausi del pubblico, come questo arbitro scatenato che trovi su Video.google.com. Non appena si fa marzo, i miei colleghi tendono ad esordire nei vostri confronti con oroscopi del tipo: «caro Sagittario, questo mese hai proprio bisogno di una vacanza». Bella scoperta, bisogna forse consultare Plutone per capire che tutti abbiamo sempre bisogno di una vacanza? Forse questi miei colleghi farebbero meglio a dire che questo mese avete bisogno di trovare il tempo o di un po’ di soldi in più per una vacanza. Se proprio non avete né tempo né soldi consolatevi sapendo che c’è gente in Cina che sta peggio di voi pure in vacanza. Guardate su Mb14.scout.com. Acquario Pesci Sono troppi mesi che continuate a rimandare alcune decisioni di poco o nullo conto, e vi sprofondate solo in lunghe riflessioni su geopolitica, fame nel mondo, pdf magazines. E’ il momento di pensare un po’ a voi stessi, finalmente. Anzi, sarà Likebetter.com a pensare per voi e a voi, mentre voi non fate altro che indicargli, fra una lunga serie di belle foto, quella che vi piace di più, cioè quella che vi ricorda di più un concetto legato al sesso. E sarà come essere psicanalizzati da un algoritmo. Permalink n. 2 Marzo 2007 Cari amici dei pesci, siete ormai dei falsi grassi. Con pazienza, e moltissime privazioni, a partire dalla rinuncia al vecchio culto del pandoro fuori stagione, la vostra dimensione dietologica è conseguita: mangiare poco e male. Un po’ di movimento intrapreso e abbandonato, in sequenze più o meno ritmate, non è esercizio fisico esso stesso? Qui ci si diverte davvero, mangiando zollette di zucchero: Ferryhalim.com. 38 Water Latex - Fetish Pool Model: Asilis copyright ©2006 John B. Baloumba John B. Baloumba dice di sè; “Art is everywhere, just open your mind.” Per sapere di più su di lui: Artist and Author E se volete vederlo dal vivo: “I’m currently preparing a personal exhibition (photographies and installations) for Spring 2007, in Lyon, France. Working, thinking and experimenting till the very last days, with the continuous help and support from my agent: DoXart. My experimental works on photography are usually displayed on Flickr, but I’m now keeping them private before the next Vernissage.”