Il vertice sul clima di Parigi 2
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Il vertice sul clima di Parigi 2
9 L’ECO DI BERGAMO DOMENICA 6 DICEMBRE 2015 La sfida del clima Terra madre da salvare Il monito Cop21, il summit Bergamo L’intervista «Meno auto e cemento Papa Francesco: il clima La conferenza di Parigi è un bene di tutti per tutti in 10 domande e 10 risposte per salvare il territorio» «Dall’Everest vediamo i ghiacciai in scioglimento» Il clima è un «bene comune». È «di tutti e per tutti». È l’affermazione, abbastanza perentoria e che non ammette repliche, di Papa Francesco contenuta nell’enciclica «Laudato si’» Una guida sintetica sul summit di Parigi dedicato al clima, per capire di cosa si tratta nel concreto, perché il Cop21 è così importante e soprattutto qual è la posta in gioco Paolo Longaretti, vice presidente provinciale di Legambiente ed ex imprenditore: basta con i piani regolatori dissennati, bisogna investire sulla mobilità dolce per difendere il territorio» Agostino Da Polenza, presidente del Comitato EvK2Cnr: monitoriamo ciò che sta succedendo sull’Everest e assistiamo a un aumento delle temperature che in alta montagna è maggiore BOBBIO A PAGINA 10 ANFOSSI A PAGINA 11 RAVIZZA A PAGINA 12 L. ARRIGHETTI A PAGINA 13 efJfznfTvwG5m/mogVBH6+YXsEPLLeJxf3NtVO0Hons= L’ECO DI BERGAMO 10 DOMENICA 6 DICEMBRE 2015 La sfida del clima Il monito «CLIMA, BENE COMUNE È DI TUTTI E PER TUTTI» Dopo la pubblicazione dell’enciclica «Laudato si’» il Papa ha affrontato più volte le questioni in discussione al Cop21: «Nei Paesi ricchi si spreca l’acqua a livelli inauditi» ALBERTO BOBBIO l clima è un «bene comune». È «di tutti e per tutti». L’affermazione, abbastanza perentoria e che non ammette repliche, di Papa Francesco contenuta nell’enciclica «Laudato si’» giustifica la preoccupazione di Bergoglio e della Santa Sede per la buona riuscita della Conferenza di Parigi. Dalla sua pubblicazione in poi il Pontefice ha più volte affrontato le questioni in discussione al summit Cop21, incoraggiando i delegati e i capi di Stato a lavorare bene e alacremente. L’ultima volta lo ha fatto in Kenya parlando alla sede dell’Onu per l’Africa a Nairobi con un discorso nel quale ha chiesto di adottare un accordo globale, ma soprattutto «trasformativo», nel senso che porti alla trasformazioni delle politiche sul clima, perché esse hanno conseguenze sulla lotta alla povertà e quindi sulla dignità delle persone. È quella che si chiama, in linguaggio tecnico, adozione di un modello circolare di politica economica, dove tutto è legato nel bene e nel male. Sono tre i pilastri di un accordo globale I efJfznfTvwG5m/mogVBH6+YXsEPLLeJxfA5Yuy0bIrQ= virtuoso, secondo il pensiero di Jorge Mario Bergoglio. Il primo si fonda sulla convinzione che i disastri climatici hanno un impatto drammatico sui più poveri e provocano spostamenti di popolazioni, abbandono delle terre e ingolfamento nelle periferie già poverissime e sovraffollate delle grandi metropoli. Si tratta dei cosiddetti «profughi climatici», non riconosciuti da nessun governo e che invece il Papa spiega essere il prodotto più tragico di quella «globalizzazione dell’indifferenza», che ritiene le questioni climatiche non prioritarie. Il secondo pilastro è più tecnico. Individua le modalità e i contenuti. Nell’enciclica c’è un preciso appello a ridurre «drasticamente» nei prossimi anni «l’emissione di anidride carbonica e di altri gas altamente inquinanti». Non detta quote, né entra in questioni troppo specifiche. Il Segretario di Stato vaticano Pietro Parolin, parlando il giorno dell’apertura di Cop21 ha precisato che l’auspicio è di andare «verso un’economia a basso contenuto di carbonio» e di promuovere «le energie rinnovabili». L’organismo che raccoglie tutte le conferenze episcopali dell’Europa è più risoluto e, in documento di dieci proposte per Parigi, sostiene l’urgenza di «porre fine all’era dei combustibili fossili, eliminandone gradualmente le emissioni, comprese quelle militari e fornendo a tutti l’accesso alle energie rinnovabili a prezzi accessibili». Il terzo pilastro della analisi di Bergoglio riguarda il futuro, perché il summit è solo un tappa di un processo più lungo che deve considerare non solo strumenti tecnici, ma anche educativi per nuovi stili di vita. Il Papa nell’enciclica afferma che si tratta di una «grande sfida culturale, spirituale ed educativa che implicherà lunghi processi di rigenerazione». Se la Conferenza di Parigi non ne terrà conto, cioè non riterrà questo punto cruciale e si fermerà solo a pochi aggiustamenti tecnici, necessari, ma non sufficienti, sarà destinata al fallimento. La novità dell’enciclica sta nell’affermazione che la lotta ai cambiamenti climatici non è tanto un problema scientifico, ma etico. In pratica Bergoglio smaschera l’illusione che la sola forza delle argomentazioni scientifiche sia sufficiente ai governi per convincersi dei cambiamenti da fare. Ma non è così, avvisa il Papa, e per questo chiede di parlare direttamente alle coscienze delle persone, seguendo il suo esempio di leader che parla alla gente e che ne è anzi diventato la coscienza inquieta. Nell’enciclica il Papa Francesco affronta tutti gli argomenti sensibili di Parigi. Ecco i principali. Clima Il riscaldamento del sistema climatico è «preoccupante». Si alza il livello del mare, si scatenano sempre di più «eventi meteorologico estremi». La responsabilità è delle emissioni dei «gas serra dovuti alle attività umane e su un modello di sviluppo basato sull’uso intensivo di combustibili fossili». Il riscaldamento ha effetti sul ciclo del carbonio e, denuncia il Papa, incide sulla disponibilità di acqua potabile, fonti di energia, produzione agricola, biodiversità che rischia l’estinzione. E se s’innalza il mare a causa dello scioglimento dei ghiacci rischia un quarto della popolazione mondiale. Combustibili Il Papa chiede di sostituire quelli fossili con «fonti di energie alternative», sviluppando le «rinnovabili» e «tecnologie adeguate di accumulazione». Inoltre invita a migliorare «l’efficienza energetica» degli edifici. Tuttavia lamenta che «queste buone pratiche sono lontane dal diventare generali». Acqua Le risorse si stanno esaurendo e anche l’acqua pulita e potabile, con la domanda che supera l’offerta. Il Papa è preoccupato della povertà di «acqua pubblica» soprattutto in Africa. Nei Paesi ricchi c’è «l’abitudine a sprecare e buttare» l’acqua a «livelli inauditi» e ad inquinarla con detergenti e prodotti chimici scaricati nei fiumi, nei laghi e nel mare. C’è infine la tendenza a «privatizzare l’acqua», trasformandola «in merce soggetta alle leggi del mercato». Invece l’accesso all’acqua «è un diritto umano essenziale, fondamentale e universale». Negarlo significa «negare il diritto alla vita». Bergoglio teme scenari drammatici: «È prevedibile che il controllo dell’acqua da parte di grandi im- prese mondiali si trasformi in una delle principali fonti di conflitto di questo secolo». Foreste Perdere i grandi polmoni del pianeta come l’Amazzonia o il bacino fluviale del Congo «colmi di biodiversità» significa rompere il «delicato equilibrio del pianeta». E non si può ignorare che dietro alle coltivazioni intensive vi sono spesso «enormi interessi economici internazionali». I governi non possono delegare «il dovere di preservare l’ambiente e le risorse naturali del proprio Paese». Va preservata anche la biodiversità degli oceani e delle barriere coralline, sempre più minacciate. Rifiuti Sono troppi i rifiuti prodotti, soprattutto troppi quelle non biodegradabili: «La terra è un immenso deposito di immondizia». Il Papa invita a ripensare all’intero sistema e di imparare dalla natura che riutilizza rifiuti e scorie: «Moderare il consumo, massimizzare l’efficienza dello sfruttamento, riutilizzare e riciclare». ©RIPRODUZIONE RISERVATA L’ECO DI BERGAMO 11 DOMENICA 6 DICEMBRE 2015 La sfida del clima Ilvertice COP21, IL SUMMIT DI PARIGI IN 10 DOMANDE E 10 RISPOSTE Perché si chiama Cop21? Quali sono gli effetti del surriscaldamento della Terra? Che cosa significa «carbon free»? Realisticamente è possibile che dal vertice in corso esca un accordo concreto, davvero risolutivo sul clima? FRANCESCO ANFOSSI cco alcune domande e risposte sul summit di Parigi dedicato al clima, per capire di cosa si tratta nel concreto e soprattutto qual è la posta in gioco. E Che cos’è la Conferenza sul clima e perché si chiama Cop21? Cop è l’acronimo di Conferenza delle Parti (in inglese Conference of Parties), un evento che si tiene ogni anno, da oltre vent’anni, nell’ambito della Convenzione quadro dell’Onu sui cambiamenti climatici del Pianeta Terra. A Parigi, nella blindatissima struttura del Parco esposizioni dell’aeroporto di Le Bourget, si sta tenendo la ventunesima Cop, che si svolgerà fino all’11 dicembre attraverso una serie quasi infinita di colloqui, incontri e commissioni tecniche e diplomatiche. Da qui la definizione di Cop21. Che cos’è la Convenzione quadro sui cambiamenti climatici? Si tratta di un trattato ambientale sottoscritto dagli Stati aderenti alle Nazioni Unite al Summit della Terra di Rio de Janeiro del 1992, in vigore dal 1994 e ratificato da 195 Paesi, più l’Unione europea. Il trattato non è vincolante, ma prevede ogni anno la convocazione di Cop, durante le quali vengono stabiliti dei protocolli, il più famoso dei quali è quello di Kyoto. Nato nel 1997 durante Cop3 nell’omonima città giapponese, è entrato in vigore nel 2005, dopo la firma della Russia. Tra le Cop che si sono succedute vale la pena di ricordare la fallimentare Cop di Copenhagen e quella tenutasi a Doha nel 2012, che ha esteso la durata del Protocollo di Kyoto al 2020. Qual è lo scopo di Cop21 e perché si è data grande importanza all’evento? L’obiettivo della conferenza è quello di concludere, per la prima volta in oltre 20 anni di mediazione da parte delle Nazioni Unite, un accordo vincolante e universale sul clima, accettato da tutte le nazioni. Lo scopo dichiarato della Conferenza è infatti quello di partorire un accordo in grado di limitare le emissioni di gas serra, che stanno alzando inesorabilmente la temperatura del Pianeta Terra. Chi vi partecipa? I Grandi della Terra, oltre 180 efJfznfTvwG5m/mogVBH60DrEqt6AtQ16ca8obTpCPU= capi di Stato in tutto, tra presidenti, capi di governo, sovrani ed emiri, a cominciare da Obama a Putin, compreso Erdogan (ma i due, ovviamente, non si sono parlati). Dopo i discorsi dei grandi hanno preso il via i negoziati veri e propri attraverso il lavoro delle commissioni. Anche Papa Francesco è andato alla sede dell’Onu per l’Ambiente di Nairobi per sollecitare un accordo forte sul clima. Quali sono gli effetti del surriscaldamento della Terra? Il surriscaldamento della Terra porta alla progressiva siccità in molte zone del Pianeta. Il 2015 sarà l’anno più caldo di sempre. Oltretutto se non si diminuisce l’aumento della temperatura che riduce la disponibilità di acqua e di suolo fertile, le guerre sono destinate ad aumentare. Nel mondo sono in corso 79 conflitti determinati da cause ambientali. Un’altra conseguenza è l’aumento dei migranti in fuga dalla fame e dalla siccità dovuto all’inaridimento delle terre. La temperatura media globale è in crescita ormai da più di cent’anni. Con sempre maggiore frequenza eventi estremi come uragani, piogge torrenziali o siccità prolungate rovesciano sul nostro habitat effetti disastrosi. Al pari della disoccupazione e delle crisi monetarie internazionali, il cambiamento climatico è uno dei grandi problemi sociali ed economici (oltre che etici) da fronteggiare. Un particolare dell’opera dell’artista argentino Pedro Marzorati: è stata installata nel laghetto del parco di Montsouris a Parigi in occasione del Cop21 e resterà visibile per la durata della conferenza sul clima come monito ai Grandi sui cambiamenti climatici FOTO ANSA Cop21 XXI Conferenza mondiale sul clima Che cos’è la Mission Innovation? L’ha lanciata Obama. Un’iniziativa con cui 20 Paesi, dagli Usa all’Arabia Saudita, passando per Cina, India, Cile , Corea, Germania, Francia, Danimarca, Svezia, Giappone, Messico e Italia (che si è aggiunta in extremis), oltre a una ventina di imprenditori guidata da Bill Gates, si impegneranno a raddoppiare gli investimenti in ricerca e sviluppo per contrastare i cambiamenti climatici nei prossimi 5 anni. GLI OBIETTIVI 1,5-2 gradi massimo l’aumento medio delle temperature entro fine secolo Riduzione dal 40% al 70% delle emissioni entro il 2050 Valutare e rivedere gli impegni ogni 5 anni Accordo globale giuridicamente vincolante Raccolta di 100 miliardi di dollari l’anno da parte dei Paesi sviluppati per finanziare dal 2020 i Paesi più poveri per la riduzione della CO2 e l’adattamento ai cambiamenti climatici favorendo le rinnovabili Tecnicamente di quanto dovrebbe abbassarsi la temperatura? L’obiettivo è quello di contenere il riscaldamento globale al massimo di due gradi rispetto all’era pre-industriale. La quota è stata proposta dalla Cop15 di Copenaghen e dalla Cop16 di Cancun, che ha istituito anche un fondo verde per il clima. Il surriscaldamento della Terra porta alla progressiva siccità in molte zone del Pianeta Come è possibile arrivare a questo obiettivo? In vari modi. Ad esempio con opere di contenimento degli effetti del surriscaldamento, come ad esempio le dighe per le città costiere contro l’innalzamento del livello del mare (il Mose di Venezia è un esempio). Vi è poi la decarbonizzazione, il processo di cambiamento del rapporto tra carbonio (inquinante) e idrogeno (non inquinante) nelle fonti di energia che si sono avvicendate nella storia (legname, carbone, petrolio, gas naturale). Fondamentale è la riduzione dei gas serra, i gas che si concentrano nell’atmosfera e contribuiscono al surriscaldamento del Pianeta. Tra questi l’anidride carbonica (Co2) il metano e il protossido di azoto. Uso di combustibili fossili, deforestazione, allevamenti e agricoltura producono alti quantitativi di gas serra. L’eliminazione dei sussidi sui combustibili fossili e l’introduzione di tasse sui gas serra sono disincentivi che potrebbero portare a un cambiamento significativo. Che significa «carbon free»? L’obiettivo delle varie Cop delle Nazioni Unite è arrivare a un’economia «carbon free» senza emissioni di carbonio, fino a emissioni zero, attraverso lo sviluppo di energie rinnovabili. Ovviamente il piano è avversato dall’industria mineraria. Soprattutto quella americana, anche se è molto meno potente di un tempo. Anche le lobbies petrolifere negano addirittura l’esistenza di cambiamenti climatici significativi. Realisticamente è possibile che da Cop21 esca un accordo concreto, davvero risolutivo sul clima? La Convenzione Onu sul clima parla di «responsabilità comuni ma differenziate». Il mondo su questo principio si divide in due fazioni: chi pensa che occorrano misure necessarie a fermare il riscaldamento globale soprattutto per i Paesi che inquinano di più e chi pensa che si debba arrivare entro il 2015 con le stesse emissioni procapite. C’è chi, come ha detto l’ex sindaco di New York Michael Bloomberg, ammette che non si arriverà a un accordo risolutivo ma che Parigi è un primo passo. E soprattutto segna un’inversione di tendenza. ©RIPRODUZIONE RISERVATA 12 L’ECO DI BERGAMO DOMENICA 6 DICEMBRE 2015 La sfida del clima Le risposte «Per difendere il clima meno auto e cemento» Bergamo. Longaretti, vicepresidente Legambiente e imprenditore «Basta con i piani regolatori dissennati. Investire sulla mobilità dolce» BENEDETTA RAVIZZA Non è sicuramente un ambientalista «talebano» . E mettiamoci pure che di professione fa l’imprenditore (ma chi l’ha detto che economia non faccia rima con ecologia?). Tanto è bastato perché sui social i grillini si scatenassero, non proprio complimentosi con lui. Il punto di vista di Paolo Longaretti, vicepresidente provinciale di Legambiente e a capo di un’azienda che costruisce sistemi di analisi automatici (centraline e dintorni), è però di buonsenso. E parte da un’immagine: le mappe satellitari diffuse al Cop21 (il summit Onu di Parigi sul clima), dove la Pianura padana risulta tra le zone più inquinate del pianeta. In questa fascia rientra a pieno titolo la Bergamasca. «Ora come ora questa considerazione geomorfologica può sembrare scontata – fa notare Longaretti –, ma fino a 15 anni fa di questo aspetto non si teneva minimamente conto a livello di programmazione e sviluppo». Stretta tra le montagne, l’aria ristagna, «e più ci si avvicina al Po più il ricambio d’aria è minore. Escluse le valli e in parte la città, che gode delle correnti dalle valle Brembana e Seriana, la provincia, quindi, soffre in generale di un pesante inquinamento. Non a caso i dati peggiori delle centraline si rilevano verso Sud, a Casirate». Diciamo quindi che non partiamo avvantaggiati, ma (come spesso accade) l’uomo ci ha messo lo zampino, con quelli che Longaretti definisce «piani regolatori dissennati, problema numero uno da affrontare nella Pianura padana: non si può più continuare a costruire come fatto finora». I temi si intrecciano: vanno dall’aspetto dell’urbanizzazione a quello della concentrazione delle attività produttive fino al sistema dei servizi, in particolare legati alla mobilità. Partiamo dal consumo del suolo, e anche qui viene in aiuto un’immagine. Il consumo del suolo «Se prendiamo Google map e scorriamo l’A4 – continua Longaretti – vediamo che l’asse Bergamo-Milano-Brescia è un grosso agglomerato di edificazioni con attività (industriali e insediative) intense dell’uomo. Un insediamento spaventoso con costruzioni industriali potenti che però sembra non guidato da nessun criterio: le aree produttive e residenziali si mescolano, ci sono tantissimi chilometri di strade costruiti senza verificarne prima l’utilità. L’esempio più recente e lam- 12 1 Tra le principali cause degli ossidi di azoto, il traffico e gli impianti produttivi» 12 1 La qualità dell’aria migliora ma si è ancora lontani dal rispetto dei limiti» pante è facile da intuire: Brebemi». La mobilità e l’aria E qui si arriva al nodo più critico, quello della mobilità. «Negli ultimi anni il grosso degli investimenti è stato sulla costruzione di strade, che hanno fatto la parte del leone, mentre il trasporto pubblico è rimasto il fanalino di coda. L’Italia è il Paese europeo più indietro su questo fronte, preceduto anche dalla Grecia». Secondo i dati dell’Aci provinciale sui veicoli circolanti in rapporto alla popolazione, si arriva a quasi un’auto pro capite. «E in provincia di Bergamo, sulla base dei dati Inemar (inventario emissioni aria) il 48,84% degli ossidi di azoto (i famigerati Nox) sono prodotti dagli autoveicoli», Longaretti snocciola i numeri. Cosa è il Nox? «Un inquinante che oltre ad alterare il clima è anche tossico per l’uomo» e pure «il precursore per formare le polveri sottili (Pm10 e Pm2,5), che si producono in maniera diretta dagli impianti, anche di riscaldamento, ma anche in modo indiretto, attraverso la combinazione di gas nell’atmosfera, nonché il principale responsabile delle piogge acide». Per completare il quadro, se delle 13.600 tonnellate di Nox prodotte in un anno in Bergamasca la metà circa (6.700 tonnellate) deriva dagli autoveicoli, 3.500 dagli impianti industriali (di cui 2 mila dal cementificio Italcementi) e il resto da impianti civili e agricoltura. Sul fronte dell’aria, però, qualche segnale positivo c’è. «Caso Volkswagen a parte, è innegabile che i motori di oggi inquinino meno. Negli ultimi 25 anni c’è stato un miglioramento costante, con valori di polveri sottili anche sei volte minori. Se nel 2005-2006 gli sforamenti dei limiti superavano i cento giorni, negli ultimi due anni non si è andati oltre i 60». È abbastanza per dormire sugli allori? Certo che no. «Siamo ancora lontanissimi dagli standard e dal limite di 35 giorni. Il problema è che non facciamo ancora abbastanza. Migliora la qualità dell’aria, ma passiamo molto più tempo nell’abitacolo dell’auto che è un ambiente estremamente inquinato», sostiene Longaretti. Che quindi per il futuro dei nostri figli (lui ne ha due di 5 e 3 anni) individua tre strade: «Da parte nostra ci vuole uno stile di vita diverso; da parte del mondo produttivo e industriale uno sforzo in più perché con l’applicazione di nuove tecnologie si possono produrre meno inquinanti: bisogna investire nell’innovazione; e da parte della classe politica ci vuole un cambio di mentalità: non si può andare avanti a costruire come fatto finora. Penso ai centri commerciali: da via Carducci in città a Pontida si può trovare tutto l’acquistabile. E soprattutto bisogna spostare sui sistemi di mobilità dolci e collettiva gli investimenti». Un esempio concreto? «I 350 milioni di euro per l’ex Ipb si possono spostare sul tram-treno». Il rischio «è arrivare troppo tardi, quando la quantità di gas nell’atmosfera sarà troppo alta per poter tornare indietro». ©RIPRODUZIONE RISERVATA Quella terribile alga bruna che soffoca i Caraibi Mare inquinato Turisti in fuga sulle spiagge messicane per il Sargassum che rende l’acqua marrone e ha un forte odore di marcio Il riscaldamento globale visto da vicino è di colore marrone. Marrone bruciato. Ha un forte odore di marcio e si chiama Sargassum. Uno degli effetti dell’innalzamento delle temperature è il surriscaldamento delle acque dei mari e degli oceani. Detto così, sembra un pro- efJfznfTvwG5m/mogVBH60DrEqt6AtQ1vili9KM3GfU= blema che ci tocca poco o niente. Invece ha rovinato le vacanze di molti italiani e bergamaschi che quest’estate hanno passato le ferie ai Caraibi e si sono ritrovati a fare i conti con la terribile alga. Il Sargassum altro non è che un’alga bruna: dà il nome al famigerato Mar dei Sargassi nel Nord Atlantico, dove questa specie fiorisce e si diffonde. Queste alghe possono raggiungere diversi metri di lunghezza e non sono considerate nocive perché fanno da habitat e nursery a tartarughe, tonni, Le emissioni italiane di gas serra IL TOTALE Milioni di tonnellate di CO2 equivalente -84 (-16,1%) -20 521 (-4,6%) 437 417 COSÌ NEI SETTORI Var. % 2013/1990 trasporti +0,2 energia -21,9 Fonte: Ispra 2013 2014 -24,1 gestione rifiuti servizi -20,5 +9,4 industria manifatturiera agricoltura 1990 processi industriali -14,9 -42 anguille, gamberetti e granchi. Hanno un corpo robusto e flessibile che fluttua e non si attacca al fondo dell’oceano. Ma a causa del surriscaldamento delle acque, da cinque anni a questa parte il Sargassum è fiorito in maniera incontrollata e quest’estate si è riversato sulle più belle spiagge dei Caraibi: Messico, Repubblica Dominicana, Barbados, Antigua. Cumuli di alghe maleodoranti si sono accumulate per chilometri rendendo impossibile non solo fare il bagno, ma anche restare in spiag- gia a prendere il sole a causa dell’odore insopportabile. Io, che a metà novembre sono partita per il Messico, ne sono stata parziale testimone. Parziale perché, fortunatamente, in questo periodo il fenomeno si è attenuato e le spiagge e il mare sono tornati praticabili. Ma gli effetti sul turismo della zona sono stati devastanti. Arrivata a Playa del Carmen, una delle località più gettonate da americani ed europei, ho trovato file e file di sdraio desolatamente vuote. L’ECO DI BERGAMO 13 DOMENICA 6 DICEMBRE 2015 I finanziamenti ai Paesi africani per passare alle energie rinnovabili «I Paesi africani ripetono che sarà più facile passare alle energie rinnovabili quando smetteranno di costare più del petrolio. E i finanziamenti sono confermati: 100 miliardi da qui al 2020 e poi 100 miliardi all’anno» dice il ministro dell’Ecologia Segolene Royal, a capo della delegazione francese alla Cop21 100 miliardi L'INTERVISTA AGOSTINO DA POLENZA. Il presidente del Comitato EvK2Cnr: carbonio nei ghiacciai, così si velocizza lo scioglimento delle nevi «Dall’Everest vediamo l’ambiente peggiorato» ciai, un fenomeno che velocizza lo scioglimento delle nevi. Stiamo mettendo in campo una serie di progetti per monitorare la situazione che vi ho appena descritto e continueremo a lavorare per inviare sempre più dati possibili». LAURA ARRIGHETTI lla Conferenza mondiale sul clima di Parigi i delegati di oltre 190 Paesi sono al lavoro per raggiungere un nuovo accordo internazionale che contrasti efficacemente il riscaldamento atmosferico. Tutti gli habitat naturali – mari, oceani, ghiacciai, deserti – stanno vivendo drammatiche conseguenze a causa dell’innalzamento delle temperatura e anche la montagna non è esente da questi cambiamenti. Ne parliamo con Agostino Da Polenza, presidente del Comitato EvK2Cnr, realtà che gode di un notevole prestigio mondiale grazie al Laboratorio- Osservatorio Piramide, la stazione di monitoraggio a 5050 metri di quota sul versante nepalese dell’Everest che invia in tempo reale dati sul clima alla comunità scientifica internazionale. A Secondo lei, quindi, è davvero possibile una svolta dopo Parigi? Agostino Da Polenza sideri contenuti in queste carte. I capi di Stati si sono infatti dati degli obiettivi precisi, ma altrettanto precisi devono essere le operazioni per portarli a termine. Deve sicuramente essere lo svolta dopo Kyoto, l’ultima occasione per salvare il Pianeta». Come valuta complessivamente il summit di Parigi e, soprattutto, quali sono gli scogli da superare per migliorare l’ambiente? Auto nel traffico e nello smog nel centro di Bergamo Mai successo prima. Da luglio il governo messicano ha speso milioni di pesos per ripulire le coste. Lo Stato del Quintana Roo, che comprende la parte orientale della penisola dello Yucatán, ha assunto 5 mila lavoratori per rastrellare le spiagge. Ma i turisti sono scappati: basta aprire il forum di Tripadvisor per rendersi conto di quanti italiani, alla vista del Mar dei Caraibi color marrone, abbiano cercato scampo in altre località e, una volta rientrati, si siano accaniti contro tour operator e agenzie viaggi. La notizia non ha trovato molto spazio sui media, salvo quelli messicani e americani. A Playa del Carmen ho chiesto efJfznfTvwG5m/mogVBH60DrEqt6AtQ1WbmMfHZBNeU= informazioni ai tanti italiani che lì abitano e lavorano. «Molte prenotazioni sono state cancellate, tra luglio e settembre sono arrivate decine di migliaia di turisti in meno rispetto agli anni scorsi – mi hanno raccontato –. Gli albergatori hanno mandato camerieri e addetti alle pulizie a rastrellare le alghe dalle spiagge, ma il mare era marrone e l’aria irrespirabile. Gli alberghi più piccoli addirittura hanno chiuso perchè non avevano clienti e hanno lasciato a casa i dipendenti». Il mese scorso quasi ogni giorno c’erano piccole ruspe e spalatori sulle spiagge. Non che contribuissero molto, a dire il vero, ma come detto la situazione era già migliorata. L’acqua, però, aveva una temperatura di 30 gradi e questo ha portato gli squali toro, che qui dimorano da novembre a marzo, a farsi vedere soltanto verso la metà del mese. Ora in Messico sperano che le correnti portino le alghe il più lontano possibile, ma se il riscaldamento globale resterà a questi livelli potrebbe portare a conseguenze devastanti per l’economia degli Stati dei Caraibi che vivono di turismo. E noi, più egoisticamente, ci potremo scordare il mare dai mille riflessi azzurri e le spiagge bianche da cartolina. Katiuscia Manenti ©RIPRODUZIONE RISERVATA I cambiamenti climatici, come abbiamo detto, riguardano anche la montagna. Ci chiarisce cosa sta avvenendo in alta quota, grazie anche ai dati della vostra stazione sull’Everest? «Come associazione stiamo seguendo attivamente ciò che sta succedendo a Parigi, come abbiamo sempre fatto con le precedenti conferenze che mi sono sembrate preparatorie a questa. Ho grandi aspettative da questo summit: deve essere infatti un grande passo in avanti verso la decarbonizzazione del nostro Pianeta. Secondo me la conferenza è partita con il passo giusto e i documenti presentati sono di alto contenuto tecnico. Ora lo scoglio è trovare i meccanismi per avverare i de- «La mia impressione è la stessa di tutti i frequentatori della montagna. I ghiacciai si stanno realmente ritirando. Noi, da oltre 20 anni, monitoriamo ciò che sta succedendo sull’Everest e assistiamo a un effettivo aumento delle temperature che, paradossalmente, in alta montagna è maggiore che in pianura. Inoltre, posso affermare che abbiamo verificato la presenza di molecole di carbonio nei ghiac- «L’ambiente sta cambiando e tutti ne siamo convinti. La sensibilità sui temi ambientali sta crescendo e anche i grandi politici hanno capito l’urgenza di intervenire. Il grande problema sono i Paesi come la Cina e l’India, ma anche gli Stati Uniti, dove c’è una fortissima concentrazione antropica e dove sono in atto fenomeni di grande inquinamento che potrebbero creare vere catastrofi. Per me ci si è resi conto di questo e ora si deve intervenire con meccanismi precisi e con una maggiore condivisione di dati sensibili delle stazioni di monitoraggio. Tutti dovremmo essere a conoscenza di ciò che sta accadendo nel mondo: è un atto di trasparenza e di rispetto verso il Pianeta». Lo stesso discorso che in questi giorni si sente sulla condivisione di dati sulla sicurezza nazionale… «Ecco, è lo stesso principio. I dati in quel caso verrebbero usati per contrastare un fenomeno criminale, in questo caso per contrastare fenomeni che stanno modificando l’ambiente. Gli obiettivi sulla carta ci sono, ora serve solo agire e monitorare gli sviluppi per raggiungere effettivamente gli obiettivi». ©RIPRODUZIONE RISERVATA La mappa del rischio climatico I danni subiti per eventi climatici estremi secondo il Global Climate Risk Index 2015 (periodo 1993-2013) XX Posizione in classifica XX Numero eventi 1 Honduras Periodo 1993-2012 Numero 21 vittime ITALIA 20.000 EVENTI Danni economici* 31 mld di dollari 69 69 Alluvioni 1994 2000 2002 Ondata di calore 2003 Siccità 2012 141 Pakistan 10 216 Vietnam 9 Guatemala 80 4 Nicaragua 49 328 Filippine 3 Haiti 61 41 Myanmar 54 228 Bangladesh 8 Repubblica Domenicana * perdite assolute (a parit p q ) p p 7 5 2 6