Vanoni_Press - Istituto Vanoni Nardò
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Vanoni_Press - Istituto Vanoni Nardò
Giugno 2012 Numero Unico Fondo Sociale Europeo Vanoni Press Realizzato nell’ambito del progetto C-1-FSE-2011-1720 Generazione “Scialla” Di Ilaria Falconieri Non avrei mai compreso il significato del neo lo gis mo “scialla” se non fossi andata a guardare, incuriosita, a novembre, l’omonimo film di Francesco Bruni. Di “Scialla” non avevo visto il trailer, se non di sfuggita, non avevo letto un rigo di critica o commento. Segue a pag. 5 “Pensieri e Parole” La vita, il teatro, la scuola Viaggio alla ricerca dell’essenza del teatro grazie ai Koreja Siete convinti che un normale giorno di scuola non possa mai trasformarsi in un’esperienza fantastica? Non vi è capitato di visitare, come è successo agli alunni del progetto Pon “Pensieri e Parole”, i Quartieri Teatrali Koreja. Partiti da Nardò con una curiosità malcelata ed un po’ di domande ma soprattutto con la voglia di scoprire questo luogo di cui tanto avevano sentito parlare, hanno t r o v a t o u n ’ a cc o gl i en za calorosa ed un posto quasi magico in cui la vita si trasforma e si racconta. In una parola si fa teatro. Segue a pag. 2 Un’immagine relativa alla visita presso i Quartieri Teatrali Koreja Il Vanoni intervista il Sindaco I ragazzi del pon “Pensieri e Parole” a palazzo di città Sommario: A tu per tu con la “nostra” preside 7 Facebook, apocalittici o integrati? 8 “Quasi Amici” ma senza pietà 9 Quanto sei bella Roma! 12 Il Vanoni vince il trofeo dell’Infiorata 14 Nardò granata 14 Pensieri di una diciassettenne 15 Sono arrivati a Palazzo Personé (nella foto un’immagine dell’incontro) armati di penna, e taccuino, registratore e fotocamera ma soprattutto di domande e curiosità che hanno Studenti a lavoro e la Rai viene a scuola VANONI rivolto, senza peli sulla lingua, al primo cittadino Marcello Risi. I temi, sono stati quelli caldi cronaca, dalla sopravvivenza dell’ospedale al dissesto delle strade, passando per quelli che più stanno a cuore alla (loro) generazione giovanile. Spazi di aggregazione, wi-fi zone, collegamento tra scuola e mondo del lavoro. Segue a pag. 4 A pag 6 Après la classe, Valerio Bruno si racconta A pag 10 PRESS Vanoni Press La vita, il teatro, la scuola Di Giulia Ferilli della ‘grecia salentina’ ed è una parola trasformata, deriva da ‘coro’ ma ha a che fare con lo stato di purezza, con lo stato infantile e adole- Siamo arrivati ai “Quartieri”, a Lecce, mentre un gruppo di giovani attori, lavorava ad uno spettacolo. Abbiamo assistito per qualche minuto alle loro prove, poi ci siamo spostati nel foyer, dove Antonio Giannuzzi, membro e braccio operativo della cooperativa, ci ha raccontato la storia di quel luogo prima che diventasse un vero e proprio teatro. Era una fabbrica di mattoni, in condizioni pessime, tutto da Un momento della visita ai Koreja. rifare, e loro, carichi di positiNell’immagine si vede una delle vecchie vità e voglia di continuare a realizmacchine per la lavorazione dei mattoni. zare i propri sogni, si sono rimboccati le maniche e lo hanno ricostruiscenziale. Poi ,per caso, abbiamo to. scoperto che “koreja” è anche una Ora ai “Cantieri” non manca nulparola composila: la sala prove (nella foto sotto), ta, oltre ad essere dove gli attori si riscaldano prima greca ha radici di entrare in scena, il laboratorio “Koreja è una parola che vengono dai dove realizzano le scenografie, grica ed ha a che paesi slavi e pieno di scatoloni e roba ormai fare con lo stato di c’era un grande vecchissima, ma che potrebbe purezza, con lo stato regista polacco, servire, tra qualche anno, come che usava questa infantile ed oggetto di scena. parola, adolescenziale”. Ma come nasce, prima ancora che ‘koreja’, diventare luogo fisico, il progetto col signiKoreja? lo abbiamo chiesto a ficato di al direttore artistico, Salvatore Tratre in uno, che voleva dire macere. danza, musica, canto. Come nasce il progetto Koreja? Che cos’è per voi Il progetto Koreja nasce nel 1996 l’innovazione a teatro? ad Aradeo, un piccolo paesino in È una parola per noi imporprovincia di Lecce. tante. Importante come lo Nasce dalla profonda sensazione di può essere la semplicità. sfogarsi. Avevamo un piccolo locaPer arrivare alla semplicità le in cui ci eravamo organizzati alla bisogna attraversare la comperfezione. Poi il Comune non volplessità, bisogna entrare nel buio, e le appoggiarci e lo diede in gestiopoi comincerai a tirare fuori qualne ad altri che ne fecero un night che cosa che solo alla fine diventeclub. Durò sì e no due giorni e poi rà semplice. Però se non entri nel stop, chiuso per sempre (per fortubuio, non puoi vedere la luce. na n.d.r). L’innovazione per me è la stessa Cosa significa Koreja? cosa, è capire qualcosa che appaÈ un’antica parola ‘grica’, perché, rentemente è data da una complescome forse sapete, Aradeo fa parte Pagina 2 sità, è cercare di far venire fuori un qualcosa che ti appartiene, che ha senso per te o per quel gruppo di persone con cui lavori o con cui stai costruendo un progetto. Qual è invece il vostro rapporto con la tradizione? È fondamentale perché se non conosci il passato non puoi scrivere il futuro. Tradizione vuol dire “tradire”, passare oltre. Però devi prima conoscere esattamente cos’è il passato, cosa erano le tue radici, e non è detto che siano radici storiche. Noi, ad esempio, viaggiamo moltissimo, e molto spesso mi sento più salentino se sono in Iran o in Bolivia, che stando qua. Perché ci sono delle tradizioni che sono molto simili alle nostre, anche in altre parti del mondo, non necessariamente solo qui. Ci sono degli elementi e valori del Salento che puoi trovare anche stando con gli indiani d’America. Cosa può dare il teatro alla scuola? Io penso che il teatro è scuola e la scuola è teatro. Penso siano due cose molto simili o meglio hanno una funzione molto vicina. Il nostro teatro è educativo. Ed è per questo che fondamentale è l’educazione perché attraverso il teatro si può crescere e la scuola deve avere la stessa funzione, da una parte deve mettere delle regole e dall’altra in- Numero Unico segnarvi a crescere. Quali sono i vostri progetti per le scolaresche? Facciamo una rassegna di spettacoli che ogni anno porta qui, circa 10 mila tra bambini di 3 anni e ragazzi di 18. Gran parte delle opere in scena sono lavori che produciamo noi. Spesso, in quanto pensati per le scuole, si svolgono di mattina ma a volte siamo noi ad andare nelle scuole dove teniamo laboratori teatrali. Il teatro e i giovani: cosa avete fatto per colmare questa distanza? Dobbiamo fare ancora tanto. Anche perché il problema non lo possiamo risolvere da soli, è una cosa che va vista insieme alle istituzioni, non basta solo la nostra volontà di dire siamo vicini ai giovani. Qual è il futuro del teatro? È da quando faccio teatro che sento dire: “il teatro è finito”, “il teatro è morto”, siamo nati che già eravamo morti. Ci dicevano sempre che il teatro non ha futuro, evidentemente porta bene dire questa cosa, ma io credo che il teatro non possa morire perché ha a che fare con l’esperienza umana, mentre la televisione, il cinema, hanno a che fare con la mediazione invece il teatro è realtà. Il teatro ha a che fare con le relazioni umane, brutte, buone, cattive, di tutti i tipi ma immediate perché a teatro crei subito un luogo dove bisogna “sentire”. È qualcosa di ancestrale che ha a che fare con la storia dell’uomo. Il primo incontro tra due uomini è dato da uno che parla e l’altro che ascolta. In una parola sola, un dialogo. Questo dialogo è il teatro, quando riesci a parlare con il pubblico, hai già fatto teatro. I ragazzi del Vanoni guardano uno stralcio dello spettacolo “Iancu”. Accanto, il professore Russo durante la visita ai Koreja. A scuola di teatro con il prof Russo Di Federica Trotta Professore Russo, qual è stato il suo percorso di formazione? Cosa l’ha spinta ad avvicinarsi al teatro? Io non ho un percorso di formazione specifico, nel senso che non ho mai frequentato scuole o corsi. Tutto ciò che ho fatto l’ho fatto per passione. Una passione nata sui banchi di scuola, nei piccoli recital e con le rappresentazioni nelle parrocchie. Cominciai nel lontano ’81 -’82, a livello parrocchiale rappresentavamo la “Passione di Cristo”, ma quell’esperienza si estese anche i n c i t t à e p r o vi n ci a . In quell’occasione toccò a me svolgere il ruolo di Gesù. Il teatro può avere una funzione pedagogica? Sicuramente può avere una funzione pedagogica perché ha un valore di insegnamento che non si ferma Pagina 3 solo ai contenuti culturali che ogni opera rappresentata contiene e quindi trasmette a chi la rappresenta, e ciò è valido specialmente per gli studenti che a volte imparano più da un testo teatrale, costretti a recitare, che non dai testi scolastici. Non solo i contenuti scolastici fanno però il valore pedagogico del teatro ma anche i valori sociali che trasmette, uno tra tutti l’incontro con l’altro. Com’è iniziata la sua esperienza di teatro a scuola? L’esperienza a scuola comincia fin dai primi anni di insegnamento all’Istituto tecnico di Gallipoli. Preparai i ragazzi a rappresentare “La Giara” di Pirandello ed alcuni recital su temi giovanili. E per altro, uno di questi giovani oggi fa anche teatro di professione, si chiama Federico Della Ducata. Poi l’esperienza positiva è proseguita nell’Istituto “Vanoni” dove va a- vanti da oltre nove anni una compagnia teatrale stabile,“Gli artigiani dell’arte”. Da qui poi, alunni diplomati, hanno dato origine ad un’altra compagnia, “Ardire”, che lavora nel panorama cittadino. Quali sono le opere più significative che ha rappresentato? Sicuramente le opere più belle sono state “Miseria e Nobiltà” sul testo di Marcello Gaballo in vernacolo neretino ed un musical ispirato al canto di San Francesco. Si chiamava “L’infinitamente piccolo” ed era accompagnato dalle note dell’omonimo lavoro discografico di Angelo Branduardi. Poi “Il berretto a sonagli” ed alcuni musical sul tema dell’olocausto. Vanoni Press Il Vanoni intervista il Sindaco Di Maria Chiara Rizzello, Federica Trotta e Andrea Ratta Sindaco, che impegno richiede gestire da Primo Cittadino un Comune come Nardò? L’impegno è notevole per una città come Nardò, con tanti quartieri e tanti abitanti. E sebbene prevalentemente io mi dedichi all’attività di sindaco, ho anche un altro lavoro quindi inizio a lavorare la mattina presto e finisco quando gli altri hanno già terminato di cenare. Quali sono le decisioni più importanti che ha preso finora? La decisione più importante è stata certamente quella di risanare il bilancio del Comune, una situazione spiacevole generata dei debiti fuori bilancio che ha comportato molti sacrifici. È stata una decisione sofferta ma necessaria. Quando è stato eletto sindaco quali sono stati i suoi primi sentimenti? È stata sicuramente una delle giornate più belle della mia vita, sono stato molto contento di essere scelto da una così ampia maggioranza di cittadini. Poi naturalmente ho sentito subito le responsabilità del nuovo “lavoro” perche il sindaco di una città è anche la persona che ha più responsabilità. Da che cosa è nata la passione per la politica e per l’ideologia di sinistra? È una passione che ho avuto sin da piccolo e dai 14 anni in poi mi sono sempre dedicato alla politica. Oggi è un momento particolarmente difficile per fare politica perché davanti a situazioni complicate quali, ad esempio, quella di risanare un bilancio, la politica ha il grave compito di fare delle scelte che incidono anche sul futuro delle famiglie. Riguardo l’ideologia di sinistra credo che sia necessario distinguere l’ideologia dalla cultura di sinistra. L’ideologia è l’insieme di quelle idee che ho iniziato ad apprezzare sin dai miei primi anni in politica, ma le ideologie vengono poi sempre superate dalla storia. Credo che oggi sul conPagina 4 cetto di ideologia prevalga quello di cultura di sinistra che fa suo il principio d’uguaglianza come fondamentale, mentre sostanzialmente per la cultura di destra un margine di disuguaglianza è il prezzo che si deve pagare I ragazzi del pon “Pensieri e Parole” nell’aula consiliare con il Sindaco Marcello Risi. Nelle altre immagini alcuni momenti dell’incontro. per raggiungere il progresso generale. Dopo tutte le manifestazioni che abbiamo fatto per tutelare il nostro ospedale, a che punto è la questione? Si sono fatti passi avanti oppure la situazione è stazionaria? Ci sono degli sviluppi che dobbiamo seguire ma c’è da sottolineare che il nostro ospedale non è chiuso. Quello che è accaduto al “Sambiasi” di Nardò è ciò che accade in tutti gli ambiti dell’esistenza. Il mondo è una realtà in continua trasformazione, quindi bisogna pensare che ogni settore della nostra vita l’anno prossimo sarà diverso dall’oggi. Questo vale per la sanità, per l’economia, la medicina, per lo sport. Gli ospedali e le strutture cambiano perché cambiano le esigenze dei cittadini. Tra le novità più importanti registriate dal piano di riordino ospedaliero dunque c’è il fatto che i decorsi post-operatori sono molto più rapidi di una volta. Dopo un intervento chirurgico prima si rischiava di rimanere a letto per 10,15 giorni ora invece i de- corsi post-operatori sono molto più rapidi anche perché abbiamo tecniche mediche e terapeutiche molto più efficaci quindi si sta meno tempo in ospedale. Alcuni interventi in day-hospital, addirittura non richiedono neppure ricovero, grazie a tecniche molto moderne e anche a forme di anestesia assai poco invasive che consentono di essere dimessi poche ore dopo. Abbiamo dunque una trasformazione delle esigenze dei cittadini. Una delle nuove esigenze sanitarie, per esempio, è la fecondazione assistita perché una delle difficoltà di quest’epoca è, purtroppo, legata alla procreazione. Per questo davanti al rischio paventato dal piano di riordino di chiusura completa del nostro ospedale si è optato per l’apertura al suo interno di un centro di procreazione medica assistita. I cittadini, del resto, pretendono prestazioni sanitarie sempre più avanzate e sempre più evolute. Non vanno più all’ospedale più vicino ma a quello più idoneo alla patologia. Io credo che la chiusura sia stata evitata e questo lo dobbiamo anche a tutte le battaglie intraprese della comunità cittadina. Per noi che ci muoviamo in motorino, le buche per strada costituiscono un grande pericolo e le strade di Nardò ne sono piene. Cosa avete intenzione di fare per sistemare l'asfalto? Lavoriamo praticamente di settimana in settimana per cercare di coprire qualche buca. Il rifacimento del manto stradale è molto costoso e, avendo a Nardò una rete stradale molto lunga e molto ampia, non si riesce a mantenerla intatta. Noi comunque interveniamo con somme vicine ai 10mila euro l'anno e ci stiamo attrezzando per chiudere le buche appena si formano. Inoltre sono proprio degli ultimi giorni una serie di interventi straordinari che hanno riguardato molte arterie cittadine. L’amministrazione conta di riuscire a rendere agevole entro tempi brevi almeno le strade del centro urbano mentre è un po’ più difficile pensare, per il Numero Unico momento, ad interventi anche nelle periferie. A Nardò i giovani sentono la mancanza di luoghi di aggregazione. Che cosa la sua amministrazione ha pensato in merito? Una wi-fi zone, un parco, un centro ricreativo sarebbero per noi ottime soluzioni. Che ne pensa? I giovani sentono sempre la mancanza di aggregazione, è fisiologico, è connaturato alla loro età, ed è giusto che sia così, è giusto che chiedano più spazi. Io però non credo che non ci siano spazi di aggregazione a Nardò perché le strutture, è vero che non sono tante, ma ci sono, per chi vuole fare sport ma non solo, ci sono anche punti di ritrovo occasionali ma ugualmente importanti, penso ai tanti bar che vedo sempre più frequentati da gruppi di giovani. Stiamo tuttavia pensando a due progetti interessanti: la realizzazione di una struttura sportiva come la piscina e la creazione di un luogo di aggregazione nel centro storico. Parliamo del randagismo canino che è un grande segno di inciviltà per la nostra città. Cosa ha intenzione di fare in merito la sua amministrazione? La maggior parte dei cani randagi che riusciamo ad accalappiare vengono portati nei canili vicini con grandi costi per la collettività. In effetti è un problema molto serio, che biso- gna affrontare, portando agli animali il rispetto che meritano. Si sta pensando infatti di costruire un canile anche se è un’iniziativa molto costosa mentre al momento cerchiamo di fronteggiare l'abbandono degli animali individuando, tramite i microchip, quelli che sono stati abbandonati e sensibilizzando i proprietari alle sterilizzazioni. I giovani e il lavoro. Perché non pensare a soluzioni che coinvolgano i giovani al primo impiego? Pensiamo a cooperative di giovani che diano, per esempio, assistenza alle famiglie, servizio di baby-sitting, che possano occuparsi di iniziative di promozione del territorio. I servizi di guida turistica in genere vengono già svolti dalle cooperative di giovani. Sono del resto spesso già cooperative che si occupano anche assistenza domiciliare o assistenza agli anziani. Che voi pensiate a queste forme di cooperazione è di certo giusto ed il modo migliore oggi, per voi ragazzi, di avvicinarvi al mondo del lavoro. Dalla prima: Generazione “Scialla” Come nella migliore tradizione del cinema d’altri tempi la locandina ed un’idea del tutto sommaria del tema che la pellicola trattava, mi hanno convinta. Scuola e nuove generazioni, rapporto dei giovani col mondo degli adulti. Mi bastava. “Mamma, scialla!”, ripete spesso il giovanissimo protagonista del film, per dire “mamma, stai tranquilla!” spalancando così, agli adulti in sala, l’universo sconosciuto di un mondo giovanile che sfugge e vuole sfuggire e per farlo si inventa anche parole nuove che “appartengano solo a loro”, per tenerci fuori da un linguaggio e da uno stile di vita che tanto non comprenderemmo. E allora “scialla” diventa quasi una parola manifesto del modo d’essere di una generazione, una sorta di “don’t worry, be happy” come quello che si dicevano i capelloni degli anni ’60, quando mai pensavano che avrebbero indossato, un giorno, una cravatta e, prima di andare in ufficio avrebbero detto ai figli: “Fai attenzione!”. Pagina 5 C’è però una prima differenza etimologica fondamentale e ancora una volta emblematica: se il “don’t worry” di fricchettona memoria aveva una connotazione politica da fiori nei cannoni tutta anni ’60 appunto, “scialla”, mutuato dal gergo delle borgate romane (chissà se sarebbe piaciuto a Pasolini), è assolutamente svuotato da ogni significato anche latamente politico. Che alla generazione “scialla” della politica cosa volete che gliene importi? “Scialla” è il modo di vedere la vita degli adolescenti di oggi, senza pensieri, senza preoccupazioni, vivendo il presente perché tanto di domani “chi se ne frega”. Quando gli adulti stanno loro troppo addosso con raccomandazioni o divieti dicono che gli si “accollano” e pure questo è un neologismo tutto loro, perché gli adulti a stare “scialla” proprio non ci riescono. Le tracce linguistiche però sono sempre indizi della società, i neologismi, lo sono di un’evoluzione e allora c’è da chiedersi perché i ragazzi di oggi hanno tanto desiderio di una tranquillità tutta loro al punto da inventarsi una parola. Fisiologico di tutte le generazioni, certo, ma patologico, forse, di una generazione che del domani ha paura. E allora preferisce non pensarci. Perché anche se ci pensassero quali pesci dovrebbero pigliare? Impegnarsi nello studio? ma per andare dove? Quanti ne vedono, tra uno scialla e l’altro, di fratelli maggiori presi per i fondelli dal sistema scolastico italiano, espulsi dal mondo del lavoro o, male che vada, accolti a braccia aperte nell’antro infernale di un call center? Allora forse farebbero bene, le tante maestrine dalla penna rossa di cui è piena la scuola italiana, a non liquidare “scialla” come un errore, anzi, a riflettere sul valore di una parola che tanto inconsistente poi non è. Inconsistente è, piuttosto, il mondo che lasciamo in consegna ai nostri figli. Talmente pieno di meccanismi perversi e marci che loro non lo vogliono. Perché, davanti ad un domani mostruoso meglio non pensarci, meglio, adesso, stare “scialla”. Vanoni Press Cara scuola...ti ritinteggio! Il “Vanoni” aderisce al progetto “Scuole pulite” e tra i banchi arrivano le telecamere Di Giulia Ferilli Qual è il divertimento che accomuna quasi tutti gli studenti di ogni ordine e grado? Imbrattare banchi e mura, non pensando alle conseguenze sull’ambiente (scolastico e non) e al fatto che noi stessi dobbiamo trascorrere gran parte della nostra giornata proprio tra quelle mura imbrattate. Per questo “Legambiente” ha proposto alle scuole un progetto chiamato, “Nontiscordardime, operazione scuole pulite”, con l’idea di sensibilizzare i giovani studenti al rispetto per le strutture scolastiche. Così all’istituto “Ezio Vanoni” di Nardò, durante il mese di marzo, i ragazzi si sono messi all’opera, ritinteggiando le aule che loro stessi avevano imbrattato. A “dirigere” i lavori c’erano la preside Maria Rosa Rizzo e il professore Roberto Carmelo Russo. Le aule rimbiancate hanno assunto un aspetto più luminoso e brillante, tanto da sembrare più ampie. Anche gli insegnanti hanno notato questo nuovo aspetto e, oltre ad apprezzare il gesto dei ragazzi, hanno trovato nuovo piacere a trascorrere la loro giornata lavorativa in aule più pulite. Ma c’è di più. Nei giorni successivi all’iniziativa, la notizia è stata ripresa da “Nuovo Quotidiano di Puglia” e appresa anche dalla Rai, che ha chiesto di poter venire a riprendere il lavoro dei ragazzi nel caso in cui fossero state fatte iniziative simili per diffondere così il messaggio del “Vanoni” anche ad altri istituti. La scuola allora si è attrezzata, ha organizzato un’altra giornata ecologica e questa volta gli alunni in tuta, intenti a ritinteggiare le nostre aule sono stati ripresi dalle telecamere della Rai. Il giornalista Antonio Gnoni ha poi ragazzi, pulendo le loro aule e occupandosi dei luoghi che li circondano, si possano rendere conto di quanto sia importante vivere in un ambiente pulito anche nel rispetto della natura, nel rispetto dei ruoli e di quella che è la necessità del risparmio delle risorse». Un progetto da ripetere il prossimo anno? «noi pensiamo di sì ̶ ha risposto la preside all’intervistatore ̶ ma non è detto che, anche quest’anno, magari sfruttando gli ultimi giorni di scuola possiamo ripetere questa assieme ad altre iniziative ». A proposito di ambiente, poi, la nostra scuola ha ideato anche un altro progetto, di cui pure la preside ha voluto riferire alle telecamere Rai: «un gruppo di ragazzi iscritti In alto, il cameramen Massimiliano Pellè riprende i al progetto pon ragazzi all’opera. Affianco, la dirigente intervistata dal “Edu…cambientiamoci”, si giornalista Rai Antonio Gnoni. è occupato di un monitoraggio all’interno dell’istituto voluto intervistare la preside che per identificare i problemi sulla sicualla domanda su quale fosse rezza e individuare le carenze della l’importanza di questo progetto, struttura in cui viviamo. In questo caso ha risposto: «il progetto è imsi è puntato soprattutto al risparmio portante perché offre agli alunni energetico e, in conclusione l’opportunità di entrare nel vivo dell’ispezione tra le mura della scuola, di quella che è l’educazione amabbiamo pensato ̶ ha dichiarato orgobientale. Il progetto non ha solo gliosa la preside ̶ di mettere in tutte le l’obiettivo di educare al rispetto aule un decalogo sul risparmio energedell’ ambiente ̶ ha continuato la tico». dirigente ̶ ma anche un obiettivo di tipo civile e sociale, in quanto i nostri Vanoni Press Colophon Direttore responsabile: Ilaria Lucia Falconieri ([email protected]) Redattori: Maurizio Antico, Jonathan Casaluce, Veronica De Benedittis, Giulia Ferilli, Alberto Fiore, Gabriele Guida, Arianna Marasco, Andrea Martano, Ilaria Miccoli, Manuel Olivieri, Marco Presta, Niccolò Quaranta, Andrea Ratta, Mariachiara Rizzello, Veronica Rizzo, Nicola Santo, Vincenzo Scazzari, Giulio Siciliano, Nicolò Simonetto, Federica Trotta, Federico Vetrugno, Giulia Zecca. Redazione: via Belisario Acquaviva , 8 73048 Nardò (Le) c/o I.I.S.S. “Ezio Vanoni” Hanno collaborato i docenti: Diana Rizzello e Roberto Carmelo Russo Pagina 6 Numero Unico A tu per tu con la “nostra” preside Tra progetti pon e normale didattica, la scuola è scuola di vita. Parola di dirigente Di Andrea Ratta e Giulia Ferilli Materna e aperta al dialogo, anche e soprattutto con gli studenti con i quali però se si arrabbia sono guai. È la nostra preside Maria Rosa Rizzo cui abbiamo fatto qualche domanda. Preside, che cosa pensa del progetto pon “ Pensieri e parole”? Penso che il progetto si stia sviluppando in modo ottimale, devo dire che noto una grande partecipazione degli alunni e anche un particolare interesse. Tra le attività che avete realizzato, per esempio, mi è molto piaciuta l’intervista al sindaco di Nardò che ho visto sul suo blog. In generale, che cosa ne pensa degli altri progetti messi in piedi dalla nostra scuola? Io penso che tutti i progetti pon hanno una grossa funzionalità, soprattutto i progetti di italiano e matematica che si stanno svolgendo in questo periodo con gran efficienza. E poi il progetto per l’ECDL, quelli in lingue che sono ben due di inglese ed uno di francese. In che modo il pon “ Pensieri e parole” può incrementare le capacità e le competenze dei ragazzi? Una delle competenze di base che ogni alunno deve possedere è la lingua italiana e l’utilizzo dei mezzi di comuni- cazione oggi poi è importantissimo, per questo diventa ancora più importante saper comunicare sia con le parole che con lo scritto. In che modo invece gli altri progetti possono aiutare i ragazzi? La comunicazione è trasversale; scrivere o parlare non è solo tipico dell’italiano ma delle scienze e della matematica. Quindi tutte le attività della scuola hanno il com- Un momento dell’intervista alla preside (foto di Nicolò Simonetto). pito di aiutare i ragazzi nelle rispettive discipline. le buone norme comportamentali. La Che cosa si aspetta dai ragazzi del scuola deve insegnare regole e comporprogetto pon “ Pensieri e parole”? tamenti perché le regole sono alla base Mi aspetto che i ragazzi lavorino e che del vivere sociale. Se io dico “a scuola il loro impegno abbia una ricaduta annon si viene con i pantaloncini!” è che nell’ambito scolastico. Mi aspetto che questi ragazzi, alla fine dell’anno, perché dovete imparare che domani possano essere promossi senza debiti non potrete andare in ufficio con i paned acquisiscano competenze importantaloncini. Bisogna imparare a scuola ti anche nella vita sociale. regole valide nella vita e nella società e Che rapporto ha con gli studenti? per farvi entrare in testa queste cose ci Lo vedete tutti i giorni, io sono più che vuole rigore. Credo, in definitiva, che disposta ad ascoltare e sostenere tutti; per chi dirige una scuola sia bellissimo mi piace dialogare con gli studenti, ma avere un buon rapporto con i ragazzi esigo che i ragazzi rispettino le regole e ma sempre nel rispetto delle regole. Fare scuola divertendosi? Succede, con i pon Di Andrea Ratta I progetti pon (che sta per programma operativo nazionale) messi in campo dall’I.I.S.S “Ezio Vanoni” grazie ai fondi dell’Unione Europea, hanno veramente entusiasmato gli studenti che, pur di frequentarli, hanno aggiunto ore di lezione pomeridiane al loro percorso, rinunciando spesso a tornare a casa e restando a scuola con panino, acqua e voglia di fare qualcosa di diverso. Anche gli stessi professori stanno riconoscendo la buona volontà e l’impegno dimostrato dagli alunni nei corsi del pomeriggio, che dimostrano essere ormai una consuetudine anche per i genitori i quali non si lamentano più Pagina 7 per i prolungati orari dettati dalla scuola. La marcia in più dei corsi pomeridiani consiste nella compresenza di due docenti: il professore interno e un altro esterno (esperto) che viene esclusivamente per fare attività specifica, quali teatro, giornalismo, ecc. Il docente interno ha il compito di tutoraggio, garantendo la verifica del percorso ed il sostegno didattico nel seguire gli alunni, che, conoscendolo meglio, si tengono ben alla larga dal fare stupidaggini o dal perdere tempo. Si crea così un clima di attenzione e d’interesse davvero straordinario; i partecipanti stanno attenti alla lezione dell’esperto che, invece di spiegare in modo didattico, tradizionale che cos’è il teatro o il giornalismo, fa partecipa- re attivamente ed in modo propositivo e globale tutti gli alunni. Si crea, così, un positivo legame di amicizia, di professionalità e di collaborazione con l’insegnante che, alla fine, li premia facendoli andare a vedere un film, un’ opera teatrale o semplicemente facendoli fare interviste o attività teatrali. In questo modo si apprende e non ci si stanca; ci si sente co-partecipi e non semplici “ricettori di nozioni”. Gli studenti del progetto Pon “Pensieri e parole” hanno per esempio avuto esperienze ben diverse rispetto alla normale didattica scolastica: le intervista al sindaco di Nardò, alla preside, a Valerio Bruno sono state occasioni preziose e persino (cosa strana quando si parla di scuola) divertenti. Vanoni Press Facebook, apocalittici o integrati? Da un sondaggio svolto a scuola emerge il rapporto dei giovanissimi con il network Di Mariachiara Rizzello Da un sondaggio effettuato nella nostra scuola* su un campione di cento ragazzi frequentanti le prime classi, sono emersi dati interessanti su un argomento di grande attualità: cosa pensa la generazione di oggi di Facebook. È significativo che il 96% dei ragazzi abbia un profilo Facebook e tutti dichiarino, almeno su carta, che i loro genitori ne sono a conoscenza. Capiamo che ormai il network é entrato a far parte della vita di ogni adolescente. Il 40% degli studenti dichiara poi di trascorrere più di un'ora su Facebook mentre il 10% dice di trascorrere più di due ore connesso al network. Il 37% dichiara infine di trascorrere su Facebook meno di un'ora. II 63% dei ragazzi intervistati reputa Facebook utile se usato con intelligenza ed il 18 % lo reputa comunque utile. Sono il 65% dei ragazzi intervistati a ritenere Facebook pericoloso per i mi- nori mentre il 36% decide di accettare l'amicizia anche dagli sconosciuti contro un 64% per cento che dichiara di accettare l'amicizia solo da persone che conosce. II segreto di tanto successo? Il 62% dei ragazzi è convinto che sia dovuto al fatto che Facebook ci tiene in contatto con gli altri, il 26% pensa che sia una moda mentre un interessante 11% intuisce che Facebook ha tanto successo perché permette di costruire la nostra immagine inserendo foto, video, link e quanto serve a rendere migliore il nostro aspetto e la nostra personalità davanti al mondo virtuale. I risultati ottenuti al “Vanoni” di Nardò insomma non sono dissimili dai dati di una ricerca sociologica effettuata dalla rivista “Internet Magazine” che ha individuato i tre principali motivi di tanto successo. Secondo la rivista infatti Facebook in quanto sito perla connessione sociale, rappresenta un ottimo strumento non solo per mantenere costan- temente i contatti con le persone che si frequentano, ma consente anche di ricostruire vecchie amicizie (vecchi compagni di classe ecc.). In pratica Facebook consente la manutenzione e la gestione delle proprie relazioni sociali. Ancora secondo “Internet Magazine” poi Facebook sarebbe un enorme palcoscenico (digitale) dove noi costruiamo il nostro ruolo sociale in maniera assolutamente minuziosa: scelta della foto del profilo, scelta degli interessi da inserire, delle applicazioni da usare, scelta del criterio con cui accettare inviti da amici o estranei, del linguaggio da adottare e così via. Da ultimo la ricerca evidenzia come Facebook si sarebbe così diffuso perché si tratta di un’innovazione sia tecnologica che sociale quindi, si diffonde come una sorta di passaparola tra le persone che man mano iniziano ad utilizzarlo. *dati elaborati da Veronica Rizzo The social network, la recensione Di Giulia Ferilli “The Social Network” è un film di David Fincher ispirato alla vera storia di Mark Zuckerberg, il giovane miliardario conosciuto in tutto il mondo per essere l’inventore di Facebook. In “The Social Network” – appunto – “conosciamo” il giovane Zuckerberg quando, nel 2004, è un brillante studente di Harvard. Mark è però anche quello che si definisce un “nerd”: ossia è un genio del computer ma ha poco successo con le ragazze, è un tipo solitario e ha una vita sociale abbastanza scarsa. Forse, come una sorta di riscatto verso questa situazione, Zuckerberg, prendendo spunto da un’idea di altri due studenti come lui, “costruisce” una sorta di database di tutte le ragazze dell’università e cioè, ancora inconsapevolmente, la bozza di quello che poi diventerà Facebook, il social network più conosciuto, amato e utilizzato del pianeta. “The Social Network” poteva essere un Pagina 8 film rischioso eppure Fincher è riuscito a farne una pellicola intelligente e soprattutto ben fatta, capace di raccontare con cognizione di causa la storia di questo ragazzo geniale che nel bene e nel male ha letteralmente cambiato la storia (compresa la sua ovviamente!). Certo nessuno può garantirci che il ritratto che ne viene fuori del giovane Zuckerberg sia totalmente autentico ma, in fo ndo, no n è questo l’importante. Ciò che infatti conta è che questo film ci racconta e ci fa conoscere cosa c’è dietro quel qualcosa (Facebook appunto) che oggi fa così parte integrante della vita e soprattutto della mentalità di milioni di persone in tutto il mondo. E alla fine “The Social Network” ce lo dice chiaro e tondo che Facebook – così come è nato – altro non è che un gigantesco “social dating” camuffato e incivilito dalla parola “amicizia”. Chissà se tutti coloro che utilizzano Facebook saranno interessati a conoscerne la storia e vedranno questo film. E se così non fosse sarebbe strano o piuttosto perfettamente con- La locandina del film “The social network” forme al “profilo” di tanti che utilizzano questo social network? In ogni caso, che ci siate o no su Facebook, noi vi consigliamo caldamente di vedere “The social network”. Non fosse altro che per poterlo poi commentare. Ovviamente, in rete. Numero Unico “Quasi Amici” ma senza pietà Film record della stagione cinematografica che ha conquistato critica e pubblico Di Veronica De Benedittis Parigi: sguardi di rabbia, noia, voglia di scappare.. basta! Mette la quinta e scappa dalla fila che invade la capitale! Inizia proprio così il film “Quasi Amici” ispirato ad una storia vera. Racconta l'incontro tra due mondi apparentemente lontani. Dopo un incidente di parapendio che lo ha reso paraplegico, il ricco aristocratico Philippe assume Driss, ragazzo di periferia appena uscito dalla prigione, a prima vista un ragazzo per niente adatto a questo incarico eppure ha qualcosa che stranamente colpisce Philippe al punto da convincerlo a sceglierlo tra tanti per una settimana di prova. Cosa intravede Philippe, uomo colto e sensibile segnato dalla vita, dall’incidente e più ancora dalla perdita della moglie, in quel maldestro ragazzone di un metro e 90? Forse semplicemente si vede per la prima volta guardato “senza pietà” ovvero senza quel pietismo comodo che spesso riserviamo alle persone diversamente abili convinte che questo basti a lavare la nostre coscienze. Peccato che la pietà sia esattamente quello che persone come Philippe non vogliono. E allora persino Driss va bene come “badante” perché sarà anche distratto, maldestro e poco adatto alla mansione ma è la figura più vicina ad un amico che Philippe si veda attorno. Ne nascono scene esilaranti e nel film sono tanti i momenti in cui si ride, quello in cui Driss distratto dalla bella segretaria invece di indirizzare il cibo verso la bocca del povero Philippe lo colpisce in un occhio o quella in cui, incredulo per la totale assenza di sensibilità sul corpo di Philippe, versa sulle gambe dell’uomo del tè bollente. Ma ne nasce soprattutto un’amicizia profonda che travalica le differenze culturali, sociali, d’età e di qualsiasi altro genere. Insomma un film che vi farà ridere ma allo stesso tempo vi farà capire il senso dell’amicizia e forse anche della vita. Al via il progetto “No barrier” Il parco e le spiagge per tutti grazie ai fondi europei Di Giulia Ferilli Stop! Parchi e spiagge sono di tutti, per offrire a chiunque le stesse opportunità di godere del mare e delle altre bellezze ambientali e naturalistiche del territorio. Tutto questo sarà possibile grazie al progetto “No Barrier”, un’idea dall’assessorato all’ambiente ed alle politiche comunitarie del Comune di Nardò finanziato dall’Unione Europea per circa 100mila euro. Lo scopo del progetto è quello di rendere accessibile a tutti lo straordinario patrimonio del nostro territorio, abbattendo le barriere che impediscono una piena e completa fruizione alle persone con disabilità. L’assessore al ramo Flavio Maglio afferma che le attività progettuali avranno una durata complessiva di due anni ma è di questi mesi la fase di programmazione e di confronto con i soggetti del territorio, per pianificare al meglio gli interventi da realizzare. Pagina 9 Il progetto è considerato un'eccellenza a livello comunitario e per questo una delegazione del Comune di Nardò sarà presente a Bruxelles, a fine anno, per ritirare il riconoscimento concesso dall'Unione Europea. La zona prevalentemente interessata dal progetto è il Parco Naturale Regionale di Portoselvaggio-Palude del Capitano con la sua riserva di natura incontaminata. Si punta anzitutto sul miglioramento e l'adeguamento dei supporti informativi e divulgativi che verranno arricchiti e dotati di appositi dispositivi in grado di venire incontro alle esigenze delle persone diversamente abili. Allo studio, inoltre, la possibilità di realizzare video elaborati nel linguaggio dei segni, che spiegheranno ai visitatori con disabilità uditiva tutto ciò che c'è da sapere sulle bellezze paesaggistiche, naturalistiche e ambientali. Per i visitatori non vedenti, saranno disponibili invece audioguide con gli stessi servizi e contenuti di divulgazione e informazione. Sono poi Un’immagine della baia di Portoselvaggio. Sopra la locandina del film “Quasi Amici”. previsti interventi di miglioramento anche sui sentieri del parco per agevolare i visitatori ipovedenti e facilitare percorsi e itinerari a piedi o in carrozzina. Anche per le spiagge sono previsti appositi interventi per eliminare ogni tipo di ostacolo e dare una migliore accessibilità al mare. Sarà disponibile infine una dotazione di sedie JOB, impermeabili, sicure e fruibili, che consentono ai disabili motori di fare il bagno, di stare a galla in acqua in autonomia e di muoversi sulla sabbia in modo pratico e agevole. L’assessore Maglio conclude dicendo che per la realizzazione di questi interventi l'amministrazione stabilirà contatti con enti e associazioni che operano attivamente sui temi della disabilità, per concordare insieme le modalità di azione più efficaci. Vanoni Press Après la classe? La musique! Valerio Bruno, bassista degli “Après la classe”, si racconta tra i banchi del Vanoni Di Ilaria Miccoli “A spasso col basso” è il titolo del suo primo lavoro da solista e (anche se non aveva con sé il basso) Valerio “Combass” Bruno, poliedrico bassista degli Aprés la Classe, a spasso, anzi a lezione ci è stato lo stesso, all’IISS “Ezio Vanoni” dove, i ragazzi del pon “Pensieri e parole”, lo hanno intervistato. Gli Après la classe nascono nel ’96, come vi siete affermati nel mondo della musica e tra il pubblico? Innanzitutto non ci siamo ancora affermati, perché nella musica non c’è un traguardo, non c’è punto d’arrivo. Ogni anno il numero di persone che si aggiungono al seguito degli Après sono uno step, un passo importante. Ogni volta che si fa un concerto e vengono cento persone in più, è un traguardo. Dieci anni fa facevamo concerti con trecento persone, oggi li facciamo con 15 o 20mila persone. Nel 2010 avete spopolato con il primo singolo tratto dall’album “Mammalitaliani”. Quale il senso di quel pezzo? Avete cercato di contrastare il classico prototipo dell’ italiano o era solo un modo per dar da pensare sulla criminalità in Italia? In realtà è la stessa cosa. Facendo date in Europa e in America abbiamo constatato che effettivamente c’è un modello diffuso di italiano, che non è nemmeno tanto distorto. Purtroppo noi, e non solo noi, abbiamo esportato l’illegalità. Quando ho comprato una maglietta a Miami ed ho pagato con la carta di credito, il negoziante mi ha chiesto se la carta fosse valida e, scherzando, ha detto di avermelo chiesto perché ero italiano. Credo quindi che con “Mammalitaliani” abbiamo descritto un aspetto reale, e tutte le persone che amano il loro paese dovrebbero mettere in risalto anche gli aspetti negativi, anche se a malincuore. Questo è ciò che abbiamo fatto noi ed ha funzionato perché si sono ritrovate tante perPagina 10 Sopra Valerio Bruno, in arte Combass, durante l’incontro al Vanoni. Nella pagina accanto una studentessa gli consegna un libro su Fabrizio De Andrè. sone in quella canzone. Com’e stato collaborare con Caparezza, i Sud Sound System e i Negramaro? Con i Negramaro abbiamo fatto solo esperienze live. Ci conosciamo da tanti anni, quando loro suonavano nei pub con venti persone, quindi non riesco a vedere una distanza, rispetto alla percezione che ha la gente. Li vedo come amici e quando ci incontriamo ai concerti ed uno di loro sta salendo sul palco siamo contentissimi. Anche con Caparezza ci conosciamo da anni e lo stesso rapporto lo abbiamo con lui come con i Sud, che però hanno fatto un po’ da “padri” musicali a tutti noi. Con loro abbiamo un rapporto di amicizia e stima, perché sono nomi che hanno creato veri e propri movimenti musicali e culturali, quindi c’è grande rispetto. Com’è mai hai deciso di intraprendere un discorso da solista, al di là degli Après? A volte si ha l’idea che un progetto solista possa essere d’intralcio alla band di cui si fa parte ma non è così perché questa è una cosa che non fa altro che portare degli stimoli al gruppo. Ecco perché nel 2009 e nato Combass con il primo cd “A spasso col basso”. È da poco uscito il tuo ultimo singolo “Balla la tribù”, qual è il tema prin- cipale del brano? La tribù è intesa come l’Italia, la nazione che si prende 3 minuti e 10 di evasione totale, mentale e fisica. Secondo me la musica deve rimarcare le emozioni sia negative che positive. Questo brano emana delle vibrazioni, dei colori positivi. Non bisogna parlare sempre di qualcosa di pesante, di impegnato. “Balla la tribù” parla di quello che si fa d’estate, in Salento, dal mattino alla sera nelle varie situazioni che si possono incontrare, dalla spiaggia alla discoteca. È il brano più spensierato dell’album che uscirà a settembre. Hai lavorato anche per il sociale, l’anno scorso hai venduto il tuo basso all’asta alla fine di un concerto e il ricavato l’hai donato ad Emergency. Hai in mente altre iniziative di questo tipo? Sì, assolutamente. Un mese fa è uscita una compilation che si chiama “Suoni meticci” in favore di un centro oncologico pediatrico a Cuba. Abbiamo raccolto dei fondi per l’acquisto di alcuni farmaci importanti e molto costosi. Con gli Après abbiamo aderito all’iniziativa con il brano “Infiniti lamenti.” A Nardò poi per diversi anni ho organizzato delle partite di calcio tra artisti per Emergency. Quali sono i nuovi progetti con gli Après e quali quelli di Combass? Con gli Après stiamo lavorando al nuovo cd che uscirà l’anno prossimo e alla colonna sonora di un film molto importante che uscirà verso febbraio. Il film è ambientato in Puglia. Io, invece, sono ancora agli inizi, ho da poco girato il videoclip del mio singolo, a giugno partirà il live e a settembre uscirà il cd. Ormai avete una popolarità nazionale ed internazionale. Quale resta il vostro rapporto col Salento? Il nostro rapporto col Salento è fondamentale per noi e per la nostra musica. Del resto abbiamo scelto di rimanere qui perché l’essenza principale degli Numero Unico Après è salentina. Qual’era il tuo rapporto con la scuola? Io purtroppo non ho portato a termine gli studi superiori, perché in quel periodo suonavo già con tre band, ero in tour con gli Après e a 15 anni avevo già iniziato a studiare all’Università della musica di Roma. Però i sei anni nella capitale gli ho conclusi con il massimo dei voti e sono diventato insegnante di basso in diverse scuole. L’importante è dare un senso alla propria vita in qualche modo. A proposito di scuola…cosa significa esattamente “Après la classe”? È inteso come doposcuola, oltre la classe, come un gruppo di ragazzini che, dopo aver fatto le ore di scuola, nel pomeriggio, si divertono in musica. In francese, in un senso più narcisistico vuol dire “il numero uno”, ma non è il nostro caso. Quale consiglio senti di dare ai giovani che vogliono provare a intraprendere la vostra strada? In tutti i campi vale la stessa regola: professionalità, studio e umiltà. Non c’e un consiglio chiave, specialmente in questi anni in cui è difficile fare qualsiasi mestiere. È difficile ma le idee e l’originalità possono rompere gli schemi. Ma che musica ragazzi! Di Ilaria Miccoli La musica è la colonna sonora di quel meraviglioso film che è la nostra vita. Pensando ad una canzone, una hit estiva, un tormentone degli anni già trascorsi, sicuramente, ci verranno in mente ricordi, avventure, amori, divertimenti e serate con gli amici, insomma, qualsiasi momento passato con la musica. Sulle spiagge, nei locali, alle feste, tra amici o anche da soli la musica la fa da padrone. Sono innumerevoli i tormentoni che hanno fatto da protagonista nelle nostre estati; come poter dimenticare Alexandra Stan con la sua “Mr. Saxobeat” o Shakira, che cogliendo l’occasione degli ultimi mondiali di calcio in Sud Africa, ha fatto ballare il mondo con la famosa “Waka Waka”; o ancora, Michel Telò, uno degli ultimi artisti emergenti che ha spopolato sul web e tra le radio facendosi conoscere dal mondo con “Ai se eu te pego” ballata addirittura negli stadi al goal. I maggiori intenditori, coloro che sono sempre al corrente delle nuove hit e delle tendenze musicali sono sempre i giovani, anche se con preferenze diverse. Uno stile musicale che da tempo ormai prevale tra i giovani è il reggae, perché racconta di un pensiero libero, molto in contrasto con la società di oggi in cui i ragazzi non trovano un loro posto, un Pagina 11 mix di ribellione e tradizione che ha anche radici nel nostro Salento ma ha un ritmo che si rinnova al passo con i tempi; una musica che “discrimina chi discrimina”, che condanna le ingiustizie del mondo e gli abusi di potere. Sud Sound System, Lu Bindolo, Lu Matassina, Lu Leu, i Salento Boom Fire, Babaman, Alborosie, tutti nomi di cantanti o gruppi, che per mondo degli adulti sono per lo più “marziani”. I Sud sono i maggiori esponenti, perché conosciuti non solo nel Salento, dove sono nati, ma anche all’estero; hanno inciso album e singoli che sono volati in testa alle classifiche dei più “scaricati” da internet, hanno duettato con artisti italiani come Neffa in “Chiedersi come mai” o stranieri come Miss Trinity in “Lei è”, rendendo la loro immagine sempre più un mito tra i ragazzi. Certo i gusti musicali sono tanti e così un altro genere tra i più ascoltati è la musica dance, che si è adeguata ai tempi modificando ritmi e suoni e rendendoli sempre più orecchiabili ma senza dimenticare la musica dei mitici anni ’80 in cui la dance riempiva le piste di tutti i locali. Ma la musica dance molto spesso strizza l’occhio anche alla musica pop. È stata Madonna, una grande rappresentante della musica pop da molti anni, a fondere per prima la musica dance con la musica pop creando stili sempre diversi e seguendo le mode e le preferenze di chi ascolta. Un’artista che si è ispirata a questa reginetta del pop è Lady Gaga, ogni suo nuovo album scala le vette delle classifiche mondiali superando le vendite anche di artisti che sono sul campo da molti più anni di lei oltre a farsi notare con la sua stravaganza nell’abbigliamento e nel comportamento. David Guetta è un altro grande artista che con le sue basi crea le hit del momento, duettando con Fergie dei Black Eyed Peace, Akon, gli LMFAO, Chris Willis. Anche Rihanna ha sempre messo del suo tra le canzoni che tutti ascoltano, ”You da one”, “Man down”, “We found love”, “What’s my name”, i titoli dei suoi ultimi successi. Adele è una delle “nuove arrivate”, una ragazza che con la sua voce, sulle note di “someone like you”, ha incantato gli ascoltatori. Non dimentichiamo poi gli artisti italiani, i nostri connazionali, e tra loro anche una nostra corregionale, Emma Marrone, che quest’anno ha fatto riflettere molto vincendo il festival di Sanremo con un brano molto forte riguardo la situazione sociale in Italia. Se dovessimo citare tutti gli artisti che negli anni hanno spopolato con i loro successi la lista sarebbe infinita; ci sono e ce ne saranno tanti che con le loro melodie accompagneranno ricordi e momenti della nostra vita. Vanoni Press “Quanto sei bella Roma!” Cronaca di un viaggio pazzesco, tra sacro e profano, per le strade della città eterna Di Federica Trotta e Giulia Ferilli Sin dall’inizio dell’anno scolastico, i rappresentanti di classe della seconda B marketing, si sono impegnati in un progetto molto speciale: far si che almeno l’ultimo anno insieme, visto che poi ognuno, l’anno prossimo, prenderà indirizzi diversi, fosse coronato nel migliore dei modi possibili, ovvero con un bel viaggio d’istruzione. La nostra meta era Roma, la capitale. Un sogno. Per molti ragazzi era un grande traguardo, mentre per altri solo una semplice gita per perdere ore di lezione. Gli ostacoli, come sempre, non sono mancati ma noi con la nostra forza e la nostra volontà, siamo riusciti ad abbatterli. Ed ecco che il 17 aprile 2012 le classi seconde del settore marketing, erano sul pullman. Destinazione Roma. E questa è la cronaca, per sommi capi, di un viaggio fantastico. Erano circa le quindici e trenta, quando siamo arrivati al Colosseo, uno dei monumenti più significativi di Roma. Non l’abbiamo potuto visitare all’interno a causa della grande folla ma già dall’esterno è stata un’emozione unica. Successivamente siamo passati vicino ai fori imperiali e qui abbiamo toccato con mano la storia e la cultura dell’antichità. Camminando, in lontananza, abbiamo cominciato ad intravedere la parte superiore dell’Altare della Patria, ed avvicinandoci sempre più, fino ad arrivare al cancello, abbiamo assistito al cambio della guardia, qualcosa di veramente unico. Foto e panorama hanno fatto il resto. Sempre nello stesso pomeriggio siamo saliti sul Campidoglio, detto anche monte Capitolino, ovvero uno dei sette colli su cui venne fondata Roma. Siamo saliti lungo le scalinate e, arrivati in cima, distrutti, ci siamo riposati, per poi riprendere il cammino e tornare al pullman per andare in hotel. Pagina 12 In serata, dopo la cena siamo saliti in camera a riposare ma come in ogni viaggio che si rispetti, tutti siamo diventati novelli superman, nessuno aveva voglia di dormire e le camere, si sa, sono state attive e popolate fino a mattino. Eppure il giorno seguente ci dovevamo svegliare molto presto, quasi all’alba, per l’udienza del Papa. Assonnati ed emozionati aver cenato siamo tornati nelle stanze. Eravamo stanchissimi ma non potevamo certo dormire. Era l’ultima notte! E così tutti in pigiama a ridere e scherzare, a fare foto e a divertirci come matti. La mattinata seguente, sempre più provati dalle notti brave, l’abbiamo trascorsa tra shopping e passeggiate alla scoperta delle strade e delle piazze di Roma. Poi la gita è finita e noi, a malincuore, siamo tornati alla vita quotidiana ma con Roma nella mente e nel cuore. Nelle immagini alcuni dei momenti vissuti a Roma dai ragazzi delle classi seconde del settore Marketing. siamo arrivati in Vaticano e qui, durante l’udienza, ogni vescovo di ogni nazionalità, ha nominato le singole parrocchie, scuole, comunità che si trovavano lì in viaggio. Al turno della nostra scuola, abbiamo alzato in aria dei cartelli con scritto “Auguri Santità”, e formando una grande ola, abbiamo urlato di gioia. È stata una mattinata faticosa ma ne è valsa davvero la pena. Verso le tre, dopo aver pranzato per le vie di Roma, ci siamo incamminati verso il Senato dove ci hanno accolto con grande ospitalità. In una saletta ci hanno spiegato come funziona il Senato per poi farci assistere ad una seduta vera e propria, con il Presidente Schifani, che gentilmente ci ha salutati con un applauso. Sfiniti ci siamo diretti in hotel e dopo Il Vanoni Press ringrazia: I Quartieri Teatrali Koreja per la gentile ospitalità, il Sindaco di Nardò Marcello Risi per l’intervista concessa, Valerio Bruno per la disponibilità, la preside Maria Rosa Rizzo per aver creduto nel progetto e nei ragazzi, la scuola per il clima di serena familiarità che ha offerto alla redazione. Numero Unico Come nasce la passione per uno sport Di Giulia Zecca Spesso non facciamo caso ai bruttissimi incidenti che accadono alla gente, perché pensiamo che a noi “quelle” cose non accadranno mai. Purtroppo ci sbagliamo. Tempo fa sono stata vittima di uno scippo, messo in atto due uomini di colore. Un’esperienza bruttissima che mi ha molto provata e che non auguro a nessuno. È passato qualche mesetto da quel giorno, ma ancora ho in mente quegli attimi terribili: l’essere toccata, l’essere strattonata a terra e dopo, nei giorni e nei mesi successivi continuare a sognare, la notte, quelle mani grandissime che ti tirano via mentre tu in quel momento non comprendi bene cosa stia accadendo e pensi solo a cosa ne sarà di te. Quell’incubo mi ha ossessionata per moltissime notti e ancora oggi sento, di tanto in tanto, che mi segue come un’ombra. La vita però è fatta per lottare ed andare sempre avanti, è come una giostra, gira sempre e non si ferma mai, non aspetta nessuno, e noi dobbiamo cercare di salire su quella giostra anche all’ultimo momento. Non arrendersi mai è la cosa più importante. E l’ho capito dopo questa strana disavventura. Ho avuto grinta e spero di continuare ad averne ancora e sempre tanta per poter inseguire i miei sogni e poter costruire un futuro con l’affetto di tutte le persone che mi vogliono bene e che mi hanno aiutata ad affrontare le paure degli ultimi tempi. Per molto tempo infatti non sono riuscita a camminare da sola in strada e avevo paura persino in casa, non riuscivo a dormire da sola e mi spaventavo per ogni piccolo rumore. Ad un certo punto mi sono decisa a reagire ed ho pensato che praticare uno sport mi avrebbe fatto bene, per scaricare un po’ di paure e tensioni. Come mi sia venuta in mente la fit-boxe, non lo so ma è stata non soltanto un toccasana per il mio stato d’animo ma una vera e propria rivelazione ed è diventata la mia passione. Nella fit-boxe le tecniche eseguite sono reali come un vero combattimento, La fit-boxe è un mix di tutto quello che il nostro istinto o stato d’animo vuole sfogare sul sacco. Viene chiamata anche "aerobica boxata", ed è un'attività sportiva che consiste in esercizio fisico di tipo aerobico e arti marziali, sfruttando le tecniche di boxe e kick boxing, il tutto con musica coinvolgente in sottofondo. Si tratta insomma di un allenamento aerobico e a ritmo di musica e, sebbene sia molto difficile poter studiare la “tecnica”, con la fitboxe si possono apprendere le basi dell’ autodifesa. La differenza principale che distingue la fit-boxe dalla boxe pura è la mancanza di un reale contatto fisico con l’avversario. Il fine della fit-boxe è sfogarsi ma solo contro un sacco, che, invece di essere appeso come nella boxe, è appoggiato a terra. Il segreto del successo di questo sport sta nell’ intreccio di tre elementi fondamentali: l’ aerobica, le arti marziali e gli innovativi sacchi a base mobile. L’ allenamento è fatto di calci, pugni, ginocchiate, gomitate, in un crescendo musicale. Gli esercizi in palestra si fanno in gruppo, e non è necessario un abbigliamento specifico, solo dei guanti tecnici, senza dita e rinforzati da una piccola imbottitura. L’impatto col sacco è proporzionalmente violento alla forza che noi stessi imponiamo al colpo ma guanti, polsiere o fasce (da avvolgere intorno al palmo ed al polso) evitano i traumi. Questo sport mi ha affascinato tantissi- Nell’immagine una lezione di fit-boxe. mo, al punto da spingermi ad iniziare a praticare anche il “muay thai”. Ho seguito due lezioni ed ho visto gareggiare il mio allenatore, due volte campione italiano, un ragazzo di 18 anni, Jacopo Tarantino, che da due anni e mezzo pratica questa disciplina. Il muay-thai si pratica scalzi e invece del sacco prevede il contatto fisico con l’avversario. Ancora più dura della boxe ma davvero bella. Potrebbe essere una nuova sfida da vincere! Ex studenti ritornano e giocano a scacchi Di Andrea Ratta Tra fede calcistica e affezione alla scuola, il 20 maggio, presso l’IISS “Ezio Vanoni” si è svolto un torneo di scacchi amatoriale organizzato dal’ex studente Pino Orlando, con la grandiosa partecipazione del Milan club di Nardò che con quest’anno compie 40 anni. Al torneo hanno partecipato sia ragazzini dell’istituto sia adulti esperti, Pagina 13 sia cittadini di Nardò che della provincia, ovviamente divisi in categorie. Il torneo si è svolto in 6 turni di 15 minuti ciascuno e ad essere premiati alla fine sono stati i 3 migliori giocatori che hanno ricevuto un trofeo offerto dal Milan club. Sono stati premiati poi anche gli “under 16”, la categoria “donne” ed è stato assegnato il “premio speciale giovane”. Per festeggiare, poi, è stato anche offerto un break a tutti i giocatori. Il torneo è iniziato alle 16 e si è concluso alle 19 con vincitore lo stesso Pino Orlando che si è classificato terzo su 15 giocatori. Vanoni Press Nardò Granata, la mitica Il cuore del toro, dagli esordi ai giorni nostri per una storia che non si ferma mai Di Maurizio Antico e Alberto Fiore Il “Nardo calcio” sin dagli albori ci ha regalato un grande calcio e delle grandi emozioni. È sempre stata una squadra ruggente ed aggressiva che scendeva in campo per vincere la partita, divorare gli avversari e far esplodere il delirio al “Giovanni Paolo II”. Il Nardò infatti è stato sempre sostenuto da un magico tifo che, dalla promozione alla serie C, dai tempi dell’ “U.S Neretina” ai tempi della “Nuova Nardò Calcio”, ha incoraggiato la squadra con amore, costanza e coerenza. Il campo da gioco è lo stadio comunale “Giovanni Paolo II” che può contenere 5mila spettatori e il colore sociale è il granata. La stagione 2011/2012 non è stata una delle migliori, purtroppo è stata tormentata da gravi problemi societari che hanno cominciato a pesare profondamente sulla squadra soprattutto da di- cembre in poi. Ricordiamo che a metà campionato il Nardò era primo in classifica ed era considerata una delle squadre che avrebbero potuto vincere il campionato di serie D del girone H. A partire da dicembre però la squadra non è riuscita a mantenere i ritmi precedenti, anche a causa della perdita delle punte di diamante. Ma dopo il fermo natalizio mister Longo ha ricom- A destra, un ritaglio di giornale mostra la squadra nella sula formazione 1965-66. Sopra lo stadio comunale Giovanni Paolo II. pattato la sua corazzata ed è andato avanti fino alla fine senza mai piangersi addosso. Inoltre, sempre a metà campionato, è subentrato il nuovo main sponsor Poliambulatorio Santa Lucia di Galatone che ha dato un aiuto sia morale che economico alla squadra. Per questo, a campionato finito, sono doverosi i ringraziamenti a mister Longo, ai grandi giocatori, alla tifoseria, allo sponsor e a tutti coloro che hanno sostenuto il toro sino alla fine. Il Vanoni vince il trofeo dell’Infiorata Il lavoro è stato infatti premiato per l’originalità, la creatività e l’inusualità. Il bambino, secondo la nostra interpretazione del tema, rappresenta infatti l’innocenza della vita e l’occhio lo specchio in cui ognuno di noi riflette se stesso e può ammirare, così, il dono del creato. Di Federica Trotta Anche quest'anno è arrivato puntuale l'evento più colorato della primavera di Santa Caterina: l'infiorata. Il giorno 5 maggio, via Pietro Micca, si è popolata per un giorno di fiori variopinti e ragazzi che hanno voglia di dimostrare la loro fantasia. L'evento, organizzato, come ogni edizione, dalla parrocchia di Santa Caterina, ha chiamato a raccolta i ragazzi di tutte le scuole di Nardò, che si sono dati da fare tra fiori coloratissimi e scarti di caffè per realizzare il tappeto più bello. Armati di palette, scope e occhiali da sole, i ragazzi hanno cercato di rappresentare al meglio il tema scelto da don Piero Paolo Inguscio per il 2012: "Chi vuol farsi padrone della Vita, invecchia il Mondo" cioè "Il creato è un dono di Dio". Pagina 14 In alto la coloratissima rappresentazione floreale dell’IISS Vanoni per l’infiorata. A lato, i ragazzi durante le fasi di realizzazione. Il nostro istituto ha scelto di rappresentare un bambino che si rispecchia in un occhio. La commissione di giudici scelta per l'occasione ha decretato per noi un meritato secondo posto. Numero Unico Pensieri di una diciassettenne la macchina senza voltarsi indietro, entra e accende il motore. Io ero in È maggio, la scuola è quasi finita ma si ansia, avevo capito che la discussione cerca di strappare un voto in più ai prof non era finita poi così bene, ma poi che sembra si facciano pregare per le spegne il motore, il mio cellulare squilultime interrogazioni, proprio come la, un messaggio di mio padre: “Bella quei vip che fanno i preziosi per non di papà avrai capito che le cose con essere intervistati. Riesco ad ottenere il tua madre non vanno molto bene, vado mio sei in storia e me ne torno soddia prendere un po’ d’aria, torno tra sfatta al posto dove trovo sempre un qualche giorno, non mi dimentico di te compagno che sentenzia sul voto. Suotranquilla piccola, ciao amore di papà na l’intervallo, io e il mio migliore un bacio”. Rimette in moto la macchiamico usciamo a fumare e, se rimane na e va via. Quelle due righe le ho lette tempo, per fare la fila alla macchinetta, e rilette, continuando a leggerle tutta la anche a mangiare un pacchetto di patanotte, era da tempo che non mi chiamatine. Accendo la mia Camel e iniziamo va “piccola”, “amore di papà”, forse da a chiacchierare, alla fine rientriamo quando avevo dieci anni. Ne son camsempre con qualche minuto di ritardo biate di cose in sette anni. perché ci facciamo prendere dai discorQuella sera mi sono addormentata e a si sui problemi di famiglia, sentimentamia madre non ho chiesto niente. È li, di amicizia. Suona, tutti a casa, due passata più di una settimana da quel bacetti sulle guance agli amici più vicigiorno quando, al risveglio, sento ni e mi metto ad aspettare papà. Arriva, muori. Le cuffie iniziano a esseun’aria pesante, un salgo in macchina, saluto e andiamo a re inutili, sento le loro offese “Vorrei che anche la qualcosa che mi stringe casa, noto un broncio sul suo viso che reciproche, più forti della musialla bocca dello stomamia vita fosse da qualche anno non mi sorprende più, ca che ascolto. Ho sempre creco, mi torna in mente racchiusa in uno di tutto ciò che è succesin quell’auto regna un silenzio che duto che c’è un perché a tutto, rompo accendendo la radio. Tornata da forse c’è un perché anche al fatso, come ogni mattina questi i-pod per scuola mi lancio come un salame sul to che da quel letto ho deciso di attivare le situazioni, da quel giorno e spero letto, sento che i miei litigano ancora, alzarmi, di farmi portare dalle che sia stato solo un mi passa la fame e me ne sto sdraiata gambe in cucina e di gridare: dare il play solo a ciò incubo, poi mi rendo con il mio i-pod alle orecchie. Mi in“Basta!”. Mamma e papà riman- che voglio, come si fa conto che sono le otto ganno dicendo che ho voglia di sentire gono in un silenzio imbarazzane un quarto, così mi con le canzoni più la musica, in realtà vote, solo per un paio di faccio consapevole che belle”. glio solo evitare di sentisecondi, il tempo di non c’è nessun incubo, re loro, la voglia, tanto, guardarsi negli occhi, nel altrimenti mia madre mi verrà dopo averlo “Mi inganno dicendo frattempo io mi verso un bicsarebbe stata puntuale e sull’attenti acceso. Suona una canchiere di cola, come se quel davanti alla porta già alle sette per farche ho voglia di zone che al mio ragazzo “basta” per me fosse stato normi svegliare. Sono in ritardo per la piace molto. Vorrei che sentire la musica, in male. Subito dopo la voce di scuola, scendo dal letto sfruttando la anche lui fosse qui, vormia madre, rotta dalle lacrime forza di gravità, mi trascino in bagno, realtà voglio solo rei che non ci fosse bisoche a stento tratteneva: «Gloria mi prendo il tempo di fare una doccia, evitare di sentire gno di mettere l’i-pod vai in camera tua, questi sono almeno avrei schiarito un po’ le idee. alle orecchie, vorrei che discorsi da adulti che non ti Un filo di trucco, i capelli a posto, loro”. anche la mia vita fosse riguardano».«Se non mi riguarprendo lo zaino e vado a scuola non racchiusa in uno di quedano abbassate la voce, sto prima di aver stampato un bacio sulla sti i-pod per attivare le cercando di studiare», rispondo. guancia di mamma con un finto sorrisituazioni, dare il play solo a ciò che Ogni volta che voglio stare da sola in so, giusto per tirarla un po’ su. Entro voglio, come si fa con le canzoni più camera mia ai miei dico che sto stualla seconda ora, stamattina non ho belle, e tenere i momenti più brutti da diando, così non entrano a disturbare il voglia di sentire il prof di francese che parte, come quelle canzoni che sull’imio far niente, il mio pensare ed ascolurla quei suoni nasali che dopo un po’ pod le metti ma non le ascolti mai. Ma tare musica. Avevano abbassato la vodiventano fastidiosi; non ho voglia di la vita purtroppo non ha nessun pulsance finalmente, credevo fosse finito tutsentire neanche cosa è successo a Teo, te per cambiare musica, c’è solo un to, ma ad un certo punto dalla finestra il mio compagno di banco con cui mi play quando nasci e uno stop quando vedo mio padre che con il suo borsone confido. Oggi voglio solo che queste esce dal portone di casa, si avvia verso sei ore passino presto per poter tornare Di Ilaria Miccoli Pagina 15 Vanoni Press a casa e vedere se papà è tornato. Oggi torna Cristian, il mio fratellino, ha passato alcuni giorni con i nonni, alla casa al mare, l’hanno portato a fare il primo bagnetto di quest’anno, chissà cosa gli racconterò quando mi chiederà “Ove tta papà??” , cosa puoi rispondere ad un bambino di quattro anni e mezzo? Forse gli dirò che è fuori per lavoro. Passo la giornata di scuola con un mezzo broncio, anche se cerco di sorridere dopo un secondo mi viene l’idea di dove possa essere mio padre; non riesco ad aspettare di tornare a casa, prendo il cell e lo chiamo, almeno per sapere dove sta, suona, suona, suona ancora, nessuna risposta. Inizio a credere che forse è colpa mia, che è tutta colpa del mio comportamento, quello che a volte ho con i miei, li rendo nervosi, forse è colpa mia se papà non dorme più a casa. Ecco che suona la campanella, ho appena trascorso sei ore che mi son sembrate un anno. Oggi son dovuta venire a scuola con lo scooter, papà non c’era ad accompagnarmi ed a augurarmi la buona giornata. Arrivo a casa e lancio lo zaino sul letto, vedo Cristian che mi corre incontro: «Ciao Oiaaaa» , «ciao piccola peste», rispondo; mi racconta com’è andata dai nonni, dell’acqua del mare che era fredda, la gente al mercato della domenica, mi racconta che dai nonni è andato papà, con un grande zaino rosso che ha lasciato nella stanzetta dove dormiva quando era piccolo. Ecco dove era papà. Rasserenata dalla notizia riesco a sedermi in tavola, mamma sembrava non avere lo spirito di ogni giorno da quando papà è andato via, aveva comprato il pranzo già pronto dal macellaio sotto casa, era spettinata, stesa sul divano con gli occhi che di tanto in tanto diventavano rossi. «Mamma oggi vado da Giulia, tardo un po’ perché abbiamo da ripetere storia, quella domani vuole interrogare tutti»; risponde con un cenno della testa. Non andrò veramente da Giulia, andrò da Alex, il mio ragazzo da quasi due anni. Il nostro è tipo un amore clandestino, i miei non vogliono che lo frequenti perché ha qualche anno in più di me, ma lui è la mia vita, in lui riesco a trovare un angolo dove non ho pensieri, come una stanza desonorizzata dove non sento tutto il caos dell’esterno, dove resetto i pensieri e li rendo positivi, e dove trovo un po’ d’affetto. Gli parlo di tutto ciò che è successo e lui mi conforta, mi rassicura e mi consola dicendo che tutto andrà per il verso giusto. Avevo proprio bisogno di sentirmelo dire. Con lui passo la serata in riva al mare ma quell’atmosfera mi crea sensi di colpa e sento il bisogno di tornare da mamma, anche se so che sarà difficile trovare un momento per stare ancora una volta con Alex. Torno a casa. Mamma è in cucina che prepara una cenetta che dall’odore sembra ottima, con i fiocchi. Non ne prepara così da quando papà è andato via. Mi manca davvero tanto, mi sento triste ogni volta che ci penso, ogni mattina spero Nelle immagini alcuni dei momenti del Pon “Pensieri e Parole”. In alto la professoressa Diana Rizzello durante l’incontro col Sindaco, a lato, i ragazzi del Pon posano assieme a Valerio Bruno, il professor Roberto Russo, la giornalista Ilaria Falconieri. Il “Vanoni” è sul web all’indirizzo www.istitutovanoninardo.it che lui sia nel lettone con la mamma abbracciati come erano sempre stati, ogni volta che squilla il cellulare, suonano il campanello, spero sempre che sia lui. Mamma canticchia e a me sembra che abbia dimenticato papà, sento un nodo alla gola, voglio piangere, se da un lato mi fa piacere vedere mamma felice, dall’altro l’idea che abbia potuto dimenticare papà mi distrugge. È ben pettinata, ha messo il vestito con i fiori e profuma di fresco. La saluto fredda e vado in camera mia a liberare quelle lacrime che volevano uscire… DRIIIN…suona il campanello. Mi asciugo gli occhi e vado a vedere chi è, apro la porta e all’improvviso mi tornano i lucciconi, sbatto le palpebre e faccio straripare quel fiume in piena che avevo negli occhi ed urlo: ”Papàààààààààà!!!” Lo abbraccio con il cuore a mille e le gambe tremanti, anche Cristian corre da lui a prendere la macchinina che gli ha portato; mi dice: «Hai visto piccola? Non mi sono dimenticato di te». Papà entra in casa, da dietro la schiena tira fuori un mazzo di rose rosse e lo porge alla mamma chiedendole scusa, mamma prende le rose, le posa sul tavolo e lo stringe forte. Avevano fatto pace e la cenetta era per lui. Dopo cena vado a letto sapendo che l’indomani avrei trovato mamma davanti alla porta della mia camera, papà mi avrebbe accompagnata a scuola, io avrei sorriso e la giornata sarebbe stata diversa. Normale e bellissima.