Vanoni_Press - Istituto Vanoni Nardò

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Vanoni_Press - Istituto Vanoni Nardò
Giugno 2012
Numero Unico
Fondo Sociale Europeo
Vanoni Press
Realizzato nell’ambito del progetto C-1-FSE-2011-1720
Generazione
“Scialla”
Di Ilaria Falconieri
Non avrei mai compreso il significato
del
neo lo gis mo
“scialla” se non fossi
andata a guardare,
incuriosita, a novembre, l’omonimo film
di Francesco Bruni.
Di “Scialla” non avevo visto il trailer, se
non di sfuggita, non
avevo letto un rigo di
critica o commento.
Segue a pag. 5
“Pensieri e Parole”
La vita, il teatro, la scuola
Viaggio alla ricerca dell’essenza del teatro grazie ai Koreja
Siete convinti che un normale giorno di scuola non
possa mai trasformarsi in
un’esperienza fantastica?
Non vi è capitato di visitare, come è successo agli
alunni del progetto Pon
“Pensieri e Parole”, i Quartieri Teatrali Koreja. Partiti
da Nardò con una curiosità
malcelata ed un po’ di domande ma soprattutto con
la voglia di scoprire questo
luogo di cui tanto
avevano sentito
parlare,
hanno
t r o v a t o
u n ’ a cc o gl i en za
calorosa ed un
posto quasi magico in cui la vita si
trasforma e si racconta. In una parola si fa teatro.
Segue a pag. 2
Un’immagine relativa alla visita presso i Quartieri Teatrali Koreja
Il Vanoni intervista il Sindaco
I ragazzi del pon “Pensieri e Parole” a palazzo di città
Sommario:
A tu per tu con la
“nostra” preside
7
Facebook, apocalittici o integrati?
8
“Quasi Amici” ma
senza pietà
9
Quanto sei bella
Roma!
12
Il Vanoni vince il
trofeo dell’Infiorata
14
Nardò granata
14
Pensieri di una
diciassettenne
15
Sono arrivati a Palazzo Personé
(nella
foto
un’immagine dell’incontro)
armati di penna, e taccuino, registratore e fotocamera ma soprattutto di domande e curiosità che hanno
Studenti a
lavoro e la Rai
viene a scuola
VANONI
rivolto, senza peli sulla lingua, al primo cittadino
Marcello Risi. I temi, sono
stati quelli caldi cronaca,
dalla sopravvivenza
dell’ospedale al dissesto
delle strade, passando per
quelli che più stanno a cuore alla (loro) generazione
giovanile. Spazi di aggregazione, wi-fi zone, collegamento tra scuola e mondo del lavoro.
Segue a pag. 4
A pag 6
Après
la classe,
Valerio Bruno
si racconta
A pag 10
PRESS
Vanoni Press
La vita, il teatro, la scuola
Di Giulia Ferilli
della ‘grecia salentina’ ed è una
parola trasformata, deriva da ‘coro’
ma ha a che fare con lo stato di purezza, con lo stato infantile e adole-
Siamo arrivati ai “Quartieri”,
a Lecce, mentre un gruppo di
giovani attori, lavorava ad uno
spettacolo. Abbiamo assistito
per qualche minuto alle loro
prove, poi ci siamo spostati nel
foyer, dove Antonio Giannuzzi,
membro e braccio operativo
della cooperativa, ci ha raccontato la storia di quel luogo prima che diventasse un vero e
proprio teatro.
Era una fabbrica di mattoni, in
condizioni pessime, tutto da
Un momento della visita ai Koreja.
rifare, e loro, carichi di positiNell’immagine si vede una delle vecchie
vità e voglia di continuare a realizmacchine per la lavorazione dei mattoni.
zare i propri sogni, si sono rimboccati le maniche e lo hanno ricostruiscenziale. Poi ,per caso, abbiamo
to.
scoperto che “koreja” è anche una
Ora ai “Cantieri” non manca nulparola composila: la sala prove (nella foto sotto),
ta, oltre ad essere
dove gli attori si riscaldano prima
greca ha radici
di entrare in scena, il laboratorio “Koreja è una parola
che vengono dai
dove realizzano le scenografie, grica ed ha a che
paesi slavi e
pieno di scatoloni e roba ormai fare con lo stato di
c’era un grande
vecchissima, ma che potrebbe
purezza, con lo stato regista polacco,
servire, tra qualche anno, come
che usava questa
infantile ed
oggetto di scena.
parola,
adolescenziale”.
Ma come nasce, prima ancora che
‘koreja’,
diventare luogo fisico, il progetto
col signiKoreja? lo abbiamo chiesto a
ficato di
al direttore artistico, Salvatore Tratre in uno, che voleva dire
macere.
danza, musica, canto.
Come nasce il progetto Koreja?
Che cos’è per voi
Il progetto Koreja nasce nel 1996
l’innovazione a teatro?
ad Aradeo, un piccolo paesino in
È una parola per noi imporprovincia di Lecce.
tante. Importante come lo
Nasce dalla profonda sensazione di
può essere la semplicità.
sfogarsi. Avevamo un piccolo locaPer arrivare alla semplicità
le in cui ci eravamo organizzati alla
bisogna attraversare la comperfezione. Poi il Comune non volplessità, bisogna entrare nel buio, e
le appoggiarci e lo diede in gestiopoi comincerai a tirare fuori qualne ad altri che ne fecero un night
che cosa che solo alla fine diventeclub. Durò sì e no due giorni e poi
rà semplice. Però se non entri nel
stop, chiuso per sempre (per fortubuio, non puoi vedere la luce.
na n.d.r).
L’innovazione per me è la stessa
Cosa significa Koreja?
cosa, è capire qualcosa che appaÈ un’antica parola ‘grica’, perché,
rentemente è data da una complescome forse sapete, Aradeo fa parte
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sità, è cercare di far venire fuori un
qualcosa che ti appartiene, che ha
senso per te o per quel gruppo di
persone con cui lavori o con cui stai
costruendo un progetto.
Qual è invece il vostro rapporto
con la tradizione?
È fondamentale perché se non conosci il passato non puoi scrivere il
futuro. Tradizione vuol dire “tradire”, passare oltre. Però devi prima conoscere esattamente cos’è il
passato, cosa erano le tue radici, e
non è detto che siano radici storiche. Noi, ad esempio, viaggiamo
moltissimo, e molto spesso mi sento più salentino se sono in Iran o in
Bolivia, che stando qua. Perché ci
sono delle tradizioni che sono molto simili alle nostre, anche in altre
parti del mondo, non necessariamente solo qui. Ci sono degli elementi e valori del Salento che puoi
trovare anche stando con gli indiani
d’America.
Cosa può dare il teatro alla scuola?
Io penso che il teatro è scuola e la
scuola è teatro. Penso siano due
cose molto simili o meglio hanno
una funzione molto vicina. Il nostro
teatro è educativo. Ed è per questo
che fondamentale è l’educazione
perché attraverso il teatro si può
crescere e la scuola deve avere la
stessa funzione, da una parte deve
mettere delle regole e dall’altra in-
Numero Unico
segnarvi a crescere.
Quali sono i vostri progetti per le
scolaresche?
Facciamo una rassegna di spettacoli
che ogni anno porta qui, circa 10
mila tra bambini di 3 anni e ragazzi
di 18. Gran parte delle opere in scena sono lavori che produciamo noi. Spesso, in
quanto pensati per le
scuole, si svolgono di
mattina ma a volte siamo
noi ad andare nelle scuole
dove teniamo laboratori
teatrali.
Il teatro e i giovani: cosa
avete fatto per colmare
questa distanza?
Dobbiamo fare ancora
tanto. Anche perché il
problema non lo possiamo
risolvere da soli, è una
cosa che va vista insieme
alle istituzioni, non basta solo la
nostra volontà di dire siamo vicini
ai giovani.
Qual è il futuro del teatro?
È da quando faccio teatro che sento
dire: “il teatro è finito”, “il teatro è
morto”, siamo nati che già eravamo
morti. Ci dicevano sempre che il
teatro non ha futuro, evidentemente
porta bene dire questa cosa, ma io
credo che il teatro non possa morire perché ha a che fare con
l’esperienza umana, mentre la televisione, il cinema, hanno a che fare
con la mediazione invece il teatro è
realtà. Il teatro ha a che fare con le
relazioni umane, brutte, buone,
cattive, di tutti i tipi ma immediate perché a teatro crei subito un
luogo dove bisogna “sentire”. È
qualcosa di ancestrale che ha a
che fare con la storia dell’uomo.
Il primo incontro tra due uomini
è dato da uno che parla e l’altro
che ascolta. In una parola sola,
un dialogo. Questo dialogo è il
teatro, quando riesci a parlare
con il pubblico, hai già fatto teatro.
I ragazzi del Vanoni guardano uno stralcio dello
spettacolo “Iancu”. Accanto, il professore Russo durante
la visita ai Koreja.
A scuola di teatro con il prof Russo
Di Federica Trotta
Professore Russo, qual è stato il
suo percorso di formazione? Cosa l’ha spinta ad avvicinarsi al
teatro?
Io non ho un percorso di formazione specifico, nel senso che non ho
mai frequentato scuole o corsi.
Tutto ciò che ho fatto l’ho fatto per
passione. Una passione nata sui
banchi di scuola, nei piccoli recital
e con le rappresentazioni nelle parrocchie. Cominciai nel lontano ’81
-’82, a livello parrocchiale rappresentavamo la “Passione di Cristo”,
ma quell’esperienza si estese anche
i n c i t t à e p r o vi n ci a . In
quell’occasione toccò a me svolgere il ruolo di Gesù.
Il teatro può avere una funzione
pedagogica?
Sicuramente può avere una funzione pedagogica perché ha un valore
di insegnamento che non si ferma
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solo ai contenuti culturali che ogni
opera rappresentata contiene e
quindi trasmette a chi la rappresenta, e ciò è valido specialmente per
gli studenti che a volte imparano
più da un testo teatrale, costretti a
recitare, che non dai testi scolastici.
Non solo i contenuti scolastici fanno però il valore pedagogico del
teatro ma anche i valori sociali che
trasmette, uno tra tutti l’incontro
con l’altro.
Com’è iniziata la sua esperienza
di teatro a scuola?
L’esperienza a scuola comincia fin
dai primi anni di insegnamento
all’Istituto tecnico di Gallipoli. Preparai i ragazzi a rappresentare “La
Giara” di Pirandello ed alcuni
recital su temi giovanili. E per altro, uno di questi giovani oggi fa
anche teatro di professione, si chiama Federico Della Ducata. Poi
l’esperienza positiva è proseguita
nell’Istituto “Vanoni” dove va a-
vanti da oltre nove anni una compagnia teatrale stabile,“Gli artigiani
dell’arte”. Da qui poi, alunni diplomati, hanno dato origine ad un’altra
compagnia, “Ardire”, che lavora
nel panorama cittadino.
Quali sono le opere più significative che ha rappresentato?
Sicuramente le opere più belle sono
state “Miseria e Nobiltà” sul testo
di Marcello Gaballo in vernacolo
neretino ed un musical ispirato al
canto di San Francesco. Si chiamava “L’infinitamente piccolo” ed era
accompagnato dalle note
dell’omonimo lavoro discografico
di Angelo Branduardi. Poi “Il berretto a sonagli” ed alcuni musical
sul tema dell’olocausto.
Vanoni Press
Il Vanoni intervista il Sindaco
Di Maria Chiara Rizzello, Federica
Trotta e Andrea Ratta
Sindaco, che impegno richiede gestire da Primo Cittadino un Comune
come Nardò?
L’impegno è notevole per
una città come Nardò, con
tanti quartieri e tanti abitanti.
E sebbene prevalentemente io
mi dedichi all’attività di sindaco, ho anche un altro lavoro
quindi inizio a lavorare la
mattina presto e finisco quando gli altri hanno già terminato di cenare.
Quali sono le decisioni più
importanti che ha preso finora?
La decisione più importante è
stata certamente quella di risanare il bilancio del Comune,
una situazione spiacevole
generata dei debiti fuori bilancio che ha comportato molti sacrifici.
È stata una decisione sofferta ma necessaria.
Quando è stato eletto sindaco quali
sono stati i suoi primi sentimenti?
È stata sicuramente una delle giornate
più belle della mia vita, sono stato
molto contento di essere scelto da una
così ampia maggioranza di cittadini.
Poi naturalmente ho sentito subito le
responsabilità del nuovo “lavoro” perche il sindaco di una città è anche la
persona che ha più responsabilità.
Da che cosa è nata la passione per la
politica e per l’ideologia di sinistra?
È una passione che ho avuto sin da
piccolo e dai 14 anni in poi mi sono
sempre dedicato alla politica. Oggi è
un momento particolarmente difficile
per fare politica perché davanti a situazioni complicate quali, ad esempio,
quella di risanare un bilancio, la politica ha il grave compito di fare delle
scelte che incidono anche sul futuro
delle famiglie. Riguardo l’ideologia di
sinistra credo che sia necessario distinguere l’ideologia dalla cultura di sinistra. L’ideologia è l’insieme di quelle
idee che ho iniziato ad apprezzare sin
dai miei primi anni in politica, ma le
ideologie vengono poi sempre superate dalla storia. Credo che oggi sul conPagina 4
cetto di ideologia prevalga quello di
cultura di sinistra che fa suo il principio d’uguaglianza come fondamentale, mentre sostanzialmente per la cultura di destra un margine di disuguaglianza è il prezzo che si deve pagare
I ragazzi del pon “Pensieri e Parole” nell’aula
consiliare con il Sindaco Marcello Risi. Nelle
altre immagini alcuni momenti dell’incontro.
per raggiungere il progresso generale.
Dopo tutte le manifestazioni che
abbiamo fatto per tutelare il nostro
ospedale, a che punto è la questione? Si sono fatti passi avanti oppure
la situazione è stazionaria?
Ci sono degli sviluppi che dobbiamo
seguire ma c’è da sottolineare che il
nostro ospedale non è chiuso. Quello
che è accaduto al “Sambiasi” di Nardò
è ciò che accade in tutti gli ambiti
dell’esistenza.
Il mondo è una realtà in continua trasformazione, quindi bisogna pensare
che ogni settore della nostra vita
l’anno prossimo sarà diverso
dall’oggi. Questo vale per la sanità,
per l’economia, la medicina, per lo
sport.
Gli ospedali e le strutture cambiano
perché cambiano le esigenze dei cittadini. Tra le novità più importanti registriate dal piano di riordino ospedaliero dunque c’è il fatto che i decorsi
post-operatori sono molto più rapidi di
una volta. Dopo un intervento chirurgico prima si rischiava di rimanere a
letto per 10,15 giorni ora invece i de-
corsi post-operatori sono molto più
rapidi anche perché abbiamo tecniche
mediche e terapeutiche molto più efficaci quindi si sta meno tempo in ospedale. Alcuni interventi in day-hospital,
addirittura non richiedono neppure
ricovero, grazie a tecniche molto
moderne e anche a forme di anestesia assai poco invasive che
consentono di essere dimessi
poche ore dopo. Abbiamo dunque una trasformazione delle
esigenze dei cittadini. Una delle
nuove esigenze sanitarie, per
esempio, è la fecondazione assistita perché una delle difficoltà
di quest’epoca è, purtroppo, legata alla procreazione. Per questo davanti al rischio paventato
dal piano di riordino di chiusura
completa del nostro ospedale si è
optato per l’apertura al suo interno di un centro di procreazione
medica assistita.
I cittadini, del resto, pretendono prestazioni sanitarie sempre più avanzate
e sempre più evolute. Non vanno più
all’ospedale più vicino ma a quello più
idoneo alla patologia.
Io credo che la chiusura sia stata evitata e questo lo dobbiamo anche a tutte
le battaglie intraprese della comunità
cittadina.
Per noi che ci muoviamo in motorino, le buche per strada costituiscono
un grande pericolo e le strade di
Nardò ne sono piene. Cosa avete
intenzione di fare per sistemare l'asfalto?
Lavoriamo praticamente di settimana
in settimana per cercare di coprire
qualche buca. Il rifacimento del manto
stradale è molto costoso e, avendo a
Nardò una rete stradale molto lunga e
molto ampia, non si riesce a mantenerla intatta. Noi comunque interveniamo
con somme vicine ai 10mila euro l'anno e ci stiamo attrezzando per chiudere le buche appena si formano. Inoltre
sono proprio degli ultimi giorni una
serie di interventi straordinari che hanno riguardato molte arterie cittadine.
L’amministrazione conta di riuscire a
rendere agevole entro tempi brevi almeno le strade del centro urbano mentre è un po’ più difficile pensare, per il
Numero Unico
momento, ad interventi anche nelle
periferie.
A Nardò i giovani sentono la mancanza di luoghi di aggregazione.
Che cosa la sua amministrazione ha
pensato in merito? Una wi-fi zone,
un parco, un centro ricreativo sarebbero per noi ottime soluzioni.
Che ne pensa?
I giovani sentono sempre la mancanza
di aggregazione, è fisiologico, è connaturato alla loro età, ed è giusto che
sia così, è giusto che chiedano più
spazi. Io però non credo che non ci
siano spazi di aggregazione a Nardò
perché le strutture, è vero che non
sono tante, ma ci sono, per chi vuole
fare sport ma non solo, ci sono anche
punti di ritrovo occasionali ma ugualmente importanti, penso ai tanti bar
che vedo sempre più frequentati da
gruppi di giovani. Stiamo tuttavia pensando a due progetti interessanti: la
realizzazione di una struttura sportiva
come la piscina e la creazione di un
luogo di aggregazione nel centro storico.
Parliamo del randagismo canino che è un
grande segno di inciviltà
per la nostra città. Cosa
ha intenzione di fare in
merito la sua amministrazione?
La maggior parte dei cani
randagi che riusciamo ad
accalappiare vengono portati nei canili vicini con
grandi costi per la collettività. In effetti è un problema molto serio, che biso-
gna affrontare, portando agli animali
il rispetto che meritano. Si sta pensando infatti di costruire un canile anche
se è un’iniziativa molto costosa mentre al momento cerchiamo di fronteggiare l'abbandono degli animali individuando, tramite i microchip, quelli che
sono stati abbandonati e sensibilizzando i proprietari alle sterilizzazioni.
I giovani e il lavoro. Perché non
pensare a soluzioni che coinvolgano
i giovani al primo impiego? Pensiamo a cooperative di giovani che diano, per esempio, assistenza alle famiglie, servizio di baby-sitting, che
possano occuparsi di iniziative di
promozione del territorio.
I servizi di guida turistica in genere
vengono già svolti dalle cooperative di
giovani. Sono del resto spesso già
cooperative che si occupano anche
assistenza domiciliare o assistenza agli
anziani. Che voi pensiate a queste
forme di cooperazione è di certo giusto ed il modo migliore oggi, per voi
ragazzi, di avvicinarvi al mondo del
lavoro.
Dalla prima: Generazione “Scialla”
Come nella migliore tradizione del
cinema d’altri tempi la locandina ed
un’idea del tutto sommaria del tema
che la pellicola trattava, mi hanno
convinta. Scuola e nuove generazioni, rapporto dei giovani col mondo
degli adulti. Mi bastava.
“Mamma, scialla!”, ripete spesso il
giovanissimo protagonista del film,
per dire “mamma, stai tranquilla!”
spalancando così, agli adulti in sala,
l’universo sconosciuto di un mondo
giovanile che sfugge e vuole sfuggire
e per farlo si inventa anche parole
nuove che “appartengano solo a loro”, per tenerci fuori da un linguaggio e da uno stile di vita che tanto
non comprenderemmo. E allora
“scialla” diventa quasi una parola
manifesto del modo d’essere di una
generazione, una sorta di “don’t
worry, be happy” come quello che si
dicevano i capelloni degli anni ’60,
quando mai pensavano che avrebbero indossato, un giorno, una cravatta
e, prima di andare in ufficio avrebbero detto ai figli: “Fai attenzione!”.
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C’è però una prima differenza etimologica fondamentale e ancora una volta emblematica: se il “don’t worry” di
fricchettona memoria aveva una connotazione politica da fiori nei cannoni
tutta anni ’60 appunto, “scialla”, mutuato dal gergo delle borgate romane
(chissà se sarebbe piaciuto a Pasolini),
è assolutamente svuotato da ogni significato anche latamente politico.
Che alla generazione “scialla” della
politica cosa volete che gliene importi? “Scialla” è il modo di vedere la vita
degli adolescenti di oggi, senza pensieri, senza preoccupazioni, vivendo il
presente perché tanto di domani “chi
se ne frega”. Quando gli adulti stanno
loro troppo addosso con raccomandazioni o divieti dicono che gli si
“accollano” e pure questo è un neologismo tutto loro, perché gli adulti a
stare “scialla” proprio non ci riescono.
Le tracce linguistiche però sono sempre indizi della società, i neologismi,
lo sono di un’evoluzione e allora c’è
da chiedersi perché i ragazzi di oggi
hanno tanto desiderio di una tranquillità tutta loro al punto da inventarsi una
parola. Fisiologico di tutte le generazioni, certo, ma patologico, forse, di
una generazione che del domani ha
paura. E allora preferisce non pensarci. Perché anche se ci pensassero
quali pesci dovrebbero pigliare? Impegnarsi nello studio? ma per andare
dove? Quanti ne vedono, tra uno
scialla e l’altro, di fratelli maggiori
presi per i fondelli dal sistema scolastico italiano, espulsi dal mondo del
lavoro o, male che vada, accolti a
braccia aperte nell’antro infernale di
un call center? Allora forse farebbero
bene, le tante maestrine dalla penna
rossa di cui è piena la scuola italiana,
a non liquidare “scialla” come un
errore, anzi, a riflettere sul valore di
una parola che tanto inconsistente
poi non è. Inconsistente è, piuttosto,
il mondo che lasciamo in consegna ai
nostri figli. Talmente pieno di meccanismi perversi e marci che loro
non lo vogliono. Perché, davanti ad
un domani mostruoso meglio non
pensarci, meglio, adesso, stare
“scialla”.
Vanoni Press
Cara scuola...ti ritinteggio!
Il “Vanoni” aderisce al progetto “Scuole pulite” e tra i banchi arrivano le telecamere
Di Giulia Ferilli
Qual è il divertimento che accomuna
quasi tutti gli studenti di ogni ordine e
grado? Imbrattare banchi e mura, non
pensando alle conseguenze
sull’ambiente (scolastico e non) e al
fatto che noi stessi dobbiamo trascorrere gran parte della nostra giornata proprio tra quelle mura imbrattate.
Per questo “Legambiente” ha proposto
alle scuole un progetto chiamato,
“Nontiscordardime, operazione scuole
pulite”, con l’idea di sensibilizzare i
giovani studenti al rispetto per le strutture scolastiche.
Così all’istituto “Ezio Vanoni” di Nardò, durante il mese di marzo, i ragazzi
si sono messi all’opera, ritinteggiando
le aule che loro stessi avevano imbrattato. A “dirigere” i lavori c’erano la
preside Maria Rosa Rizzo e il professore Roberto Carmelo Russo.
Le aule rimbiancate hanno assunto un
aspetto più luminoso e brillante, tanto
da sembrare più ampie. Anche gli insegnanti hanno notato questo nuovo
aspetto e, oltre ad apprezzare il gesto
dei ragazzi, hanno trovato nuovo piacere a trascorrere la loro giornata lavorativa in aule più pulite.
Ma c’è di più. Nei giorni successivi
all’iniziativa, la notizia è stata ripresa
da “Nuovo Quotidiano di Puglia” e
appresa anche dalla Rai, che ha chiesto
di poter venire a riprendere il lavoro
dei ragazzi nel caso in cui fossero state
fatte iniziative simili per diffondere
così il messaggio del “Vanoni” anche
ad altri istituti. La scuola allora si è
attrezzata, ha organizzato un’altra giornata ecologica e questa volta gli alunni
in tuta, intenti a ritinteggiare le nostre
aule sono stati ripresi dalle telecamere
della Rai.
Il giornalista Antonio Gnoni ha poi
ragazzi, pulendo le loro aule e occupandosi dei luoghi che li circondano, si
possano rendere conto di quanto sia
importante vivere in un ambiente pulito
anche nel rispetto della natura, nel rispetto dei ruoli e di quella che è la necessità del risparmio delle
risorse».
Un progetto da ripetere il
prossimo anno? «noi pensiamo di sì ̶ ha risposto la preside all’intervistatore ̶ ma
non è detto che, anche
quest’anno, magari sfruttando gli ultimi giorni di scuola
possiamo ripetere questa
assieme ad altre iniziative ».
A proposito di ambiente,
poi, la nostra scuola ha ideato anche un altro progetto, di
cui pure la preside ha voluto
riferire alle telecamere Rai:
«un gruppo di ragazzi iscritti
In alto, il cameramen Massimiliano Pellè riprende i
al progetto pon
ragazzi all’opera. Affianco, la dirigente intervistata dal
“Edu…cambientiamoci”, si
giornalista Rai Antonio Gnoni.
è occupato di un monitoraggio all’interno dell’istituto
voluto intervistare la preside che
per identificare i problemi sulla sicualla domanda su quale fosse
rezza e individuare le carenze della
l’importanza di questo progetto,
struttura in cui viviamo. In questo caso
ha risposto: «il progetto è imsi è puntato soprattutto al risparmio
portante perché offre agli alunni
energetico
e,
in
conclusione
l’opportunità di entrare nel vivo
dell’ispezione tra le mura della scuola,
di quella che è l’educazione amabbiamo pensato ̶ ha dichiarato orgobientale. Il progetto non ha solo
gliosa la preside ̶ di mettere in tutte le
l’obiettivo di educare al rispetto
aule un decalogo sul risparmio energedell’ ambiente ̶ ha continuato la
tico».
dirigente ̶ ma anche un obiettivo di
tipo civile e sociale, in quanto i nostri
Vanoni Press Colophon
Direttore responsabile: Ilaria Lucia Falconieri ([email protected])
Redattori: Maurizio Antico, Jonathan Casaluce, Veronica De Benedittis,
Giulia Ferilli, Alberto Fiore, Gabriele Guida, Arianna Marasco, Andrea Martano, Ilaria Miccoli, Manuel Olivieri, Marco Presta, Niccolò Quaranta, Andrea Ratta, Mariachiara Rizzello, Veronica Rizzo, Nicola Santo, Vincenzo
Scazzari, Giulio Siciliano, Nicolò Simonetto, Federica Trotta, Federico Vetrugno, Giulia Zecca.
Redazione: via Belisario Acquaviva , 8 73048 Nardò (Le) c/o I.I.S.S. “Ezio
Vanoni”
Hanno collaborato i docenti: Diana Rizzello e Roberto Carmelo Russo
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Numero Unico
A tu per tu con la “nostra” preside
Tra progetti pon e normale didattica, la scuola è scuola di vita. Parola di dirigente
Di Andrea Ratta e Giulia Ferilli
Materna e aperta al dialogo, anche e
soprattutto con gli studenti con i quali
però se si arrabbia sono guai. È la nostra preside Maria Rosa Rizzo cui abbiamo fatto qualche domanda.
Preside, che cosa pensa del progetto
pon “ Pensieri e parole”?
Penso che il progetto si stia sviluppando in modo ottimale, devo dire che
noto una grande partecipazione degli
alunni e anche un particolare interesse.
Tra le attività che avete realizzato, per
esempio, mi è molto piaciuta
l’intervista al sindaco di Nardò che ho
visto sul suo blog.
In generale, che cosa ne pensa degli
altri progetti messi in piedi dalla
nostra scuola?
Io penso che tutti i progetti pon hanno
una grossa funzionalità, soprattutto i
progetti di italiano e matematica che si
stanno svolgendo in questo periodo con
gran efficienza. E poi il progetto per
l’ECDL, quelli in lingue che sono ben
due di inglese ed uno di francese.
In che modo il pon “ Pensieri e parole” può incrementare le capacità e
le competenze dei ragazzi?
Una delle competenze di base che ogni
alunno deve possedere è la lingua italiana e l’utilizzo dei mezzi di comuni-
cazione oggi poi è importantissimo, per questo
diventa ancora più importante saper comunicare sia
con le parole che con lo
scritto.
In che modo invece gli
altri progetti possono
aiutare i ragazzi?
La comunicazione è trasversale; scrivere o parlare
non è solo tipico
dell’italiano ma delle
scienze e della matematica. Quindi tutte le attività
della scuola hanno il com- Un momento dell’intervista alla preside (foto di Nicolò Simonetto).
pito di aiutare i ragazzi
nelle rispettive discipline.
le buone norme comportamentali. La
Che cosa si aspetta dai ragazzi del
scuola deve insegnare regole e comporprogetto pon “ Pensieri e parole”?
tamenti perché le regole sono alla base
Mi aspetto che i ragazzi lavorino e che
del vivere sociale. Se io dico “a scuola
il loro impegno abbia una ricaduta annon si viene con i pantaloncini!” è
che nell’ambito scolastico. Mi aspetto
che questi ragazzi, alla fine dell’anno,
perché dovete imparare che domani
possano essere promossi senza debiti
non potrete andare in ufficio con i paned acquisiscano competenze importantaloncini. Bisogna imparare a scuola
ti anche nella vita sociale.
regole valide nella vita e nella società e
Che rapporto ha con gli studenti?
per farvi entrare in testa queste cose ci
Lo vedete tutti i giorni, io sono più che
vuole rigore. Credo, in definitiva, che
disposta ad ascoltare e sostenere tutti;
per chi dirige una scuola sia bellissimo
mi piace dialogare con gli studenti, ma
avere un buon rapporto con i ragazzi
esigo che i ragazzi rispettino le regole e
ma sempre nel rispetto delle regole.
Fare scuola divertendosi? Succede, con i pon
Di Andrea Ratta
I progetti pon (che sta per programma
operativo nazionale) messi in campo
dall’I.I.S.S “Ezio Vanoni” grazie ai
fondi dell’Unione Europea, hanno veramente entusiasmato gli studenti che,
pur di frequentarli, hanno aggiunto ore
di lezione pomeridiane al loro percorso, rinunciando spesso a tornare a casa
e restando a scuola con panino, acqua e
voglia di fare qualcosa di diverso.
Anche gli stessi professori stanno riconoscendo la buona volontà e l’impegno
dimostrato dagli alunni nei corsi del
pomeriggio, che dimostrano essere
ormai una consuetudine anche per i
genitori i quali non si lamentano più
Pagina 7
per i prolungati orari dettati dalla scuola. La marcia in più dei corsi pomeridiani consiste nella compresenza di due
docenti: il professore interno e un altro
esterno (esperto) che viene esclusivamente per fare attività specifica, quali
teatro, giornalismo, ecc. Il docente
interno ha il compito di tutoraggio,
garantendo la verifica del percorso ed
il sostegno didattico nel seguire gli
alunni, che, conoscendolo meglio, si
tengono ben alla larga dal fare stupidaggini o dal perdere tempo. Si crea
così un clima di attenzione e
d’interesse davvero straordinario; i
partecipanti stanno attenti alla lezione
dell’esperto che, invece di spiegare in
modo didattico, tradizionale che cos’è
il teatro o il giornalismo, fa partecipa-
re attivamente ed in modo propositivo
e globale tutti gli alunni. Si crea, così,
un positivo legame di amicizia, di professionalità e di collaborazione con
l’insegnante che, alla fine, li premia
facendoli andare a vedere un film, un’
opera teatrale o semplicemente facendoli fare interviste o attività teatrali. In
questo modo si apprende e non ci si
stanca; ci si sente co-partecipi e non
semplici “ricettori di nozioni”.
Gli studenti del progetto Pon “Pensieri
e parole” hanno per esempio avuto
esperienze ben diverse rispetto alla
normale didattica scolastica: le intervista al sindaco di Nardò, alla preside, a
Valerio Bruno sono state occasioni
preziose e persino (cosa strana quando
si parla di scuola) divertenti.
Vanoni Press
Facebook, apocalittici o integrati?
Da un sondaggio svolto a scuola emerge il rapporto dei giovanissimi con il network
Di Mariachiara Rizzello
Da un sondaggio effettuato nella nostra
scuola* su un campione di cento ragazzi frequentanti le prime classi, sono
emersi dati interessanti su un argomento di grande attualità: cosa pensa la
generazione di oggi di Facebook.
È significativo che il 96% dei
ragazzi abbia un profilo Facebook e tutti dichiarino, almeno su carta,
che i loro genitori ne sono a conoscenza. Capiamo che ormai il network é
entrato a far parte della vita di ogni
adolescente. Il 40% degli studenti dichiara poi di trascorrere più di un'ora
su Facebook mentre il 10% dice di
trascorrere più di due ore connesso al
network. Il 37% dichiara infine di trascorrere su Facebook meno di un'ora.
II 63% dei ragazzi intervistati reputa
Facebook utile se usato con intelligenza ed il 18 % lo reputa comunque utile.
Sono il 65% dei ragazzi intervistati a
ritenere Facebook pericoloso per i mi-
nori mentre il 36% decide di accettare
l'amicizia anche dagli sconosciuti contro un 64% per cento che dichiara
di accettare l'amicizia solo da persone
che conosce.
II segreto di tanto successo? Il 62% dei
ragazzi è convinto che sia dovuto al
fatto che Facebook ci tiene in contatto
con gli altri, il 26% pensa che sia una
moda mentre un interessante 11% intuisce che Facebook ha tanto successo
perché permette di costruire la nostra
immagine inserendo foto, video, link e
quanto serve a rendere migliore il nostro aspetto e la nostra personalità davanti al mondo virtuale.
I risultati ottenuti al “Vanoni” di Nardò
insomma non sono dissimili dai dati di
una ricerca sociologica effettuata dalla
rivista “Internet Magazine” che ha individuato i tre principali motivi di tanto
successo. Secondo la rivista infatti Facebook in quanto sito perla connessione sociale, rappresenta un ottimo strumento non solo per mantenere costan-
temente i contatti con le persone che si
frequentano, ma consente anche di
ricostruire vecchie amicizie (vecchi
compagni di classe ecc.). In pratica
Facebook consente la manutenzione e
la gestione delle proprie relazioni sociali.
Ancora secondo “Internet Magazine”
poi Facebook sarebbe un enorme palcoscenico (digitale) dove noi costruiamo il nostro ruolo sociale in maniera
assolutamente minuziosa: scelta della
foto del profilo, scelta degli interessi da
inserire, delle applicazioni da usare,
scelta del criterio con cui accettare
inviti da amici o estranei, del linguaggio da adottare e così via.
Da ultimo la ricerca evidenzia come
Facebook si sarebbe così diffuso perché si tratta di un’innovazione sia tecnologica che sociale quindi, si diffonde
come una sorta di passaparola tra le
persone che man mano iniziano ad
utilizzarlo.
*dati elaborati da Veronica Rizzo
The social network, la recensione
Di Giulia Ferilli
“The Social Network” è un film di
David Fincher ispirato alla vera storia
di Mark Zuckerberg, il giovane miliardario conosciuto in tutto il mondo per
essere l’inventore di Facebook.
In “The Social Network” – appunto –
“conosciamo” il giovane Zuckerberg
quando, nel 2004, è un brillante studente di Harvard. Mark è però anche
quello che si definisce un “nerd”: ossia
è un genio del computer ma ha poco
successo con le ragazze, è un tipo solitario e ha una vita sociale abbastanza
scarsa. Forse, come una sorta di riscatto verso questa situazione, Zuckerberg,
prendendo spunto da un’idea di altri
due studenti come lui, “costruisce” una
sorta di database di tutte le ragazze
dell’università e cioè, ancora inconsapevolmente, la bozza di quello che poi
diventerà Facebook, il social network
più conosciuto, amato e utilizzato del
pianeta.
“The Social Network” poteva essere un
Pagina 8
film rischioso eppure Fincher è riuscito
a farne una pellicola intelligente e soprattutto ben fatta, capace di raccontare
con cognizione di causa la storia di
questo ragazzo geniale che nel bene e
nel male ha letteralmente cambiato la
storia (compresa la sua ovviamente!).
Certo nessuno può garantirci che il
ritratto che ne viene fuori del giovane
Zuckerberg sia totalmente autentico
ma, in fo ndo, no n è questo
l’importante. Ciò che infatti conta è
che questo film ci racconta e ci fa conoscere cosa c’è dietro quel qualcosa
(Facebook appunto) che oggi fa così
parte integrante della vita e soprattutto
della mentalità di milioni di persone in
tutto il mondo. E alla fine “The Social
Network” ce lo dice chiaro e tondo che
Facebook – così come è nato – altro
non è che un gigantesco “social dating”
camuffato e incivilito dalla parola
“amicizia”. Chissà se tutti coloro che
utilizzano Facebook saranno interessati
a conoscerne la storia e vedranno questo film. E se così non fosse sarebbe
strano o piuttosto perfettamente con-
La locandina del film “The social network”
forme al “profilo” di tanti che utilizzano questo social network?
In ogni caso, che ci siate o no su Facebook, noi vi consigliamo caldamente di
vedere “The social network”. Non fosse altro che per poterlo poi commentare. Ovviamente, in rete.
Numero Unico
“Quasi Amici” ma senza pietà
Film record della stagione cinematografica che ha conquistato critica e pubblico
Di Veronica De Benedittis
Parigi: sguardi di rabbia, noia, voglia
di scappare.. basta! Mette la quinta e
scappa dalla fila che invade la capitale!
Inizia proprio così il film “Quasi Amici” ispirato ad una storia vera. Racconta l'incontro tra due mondi apparentemente lontani. Dopo un incidente di
parapendio che lo ha reso paraplegico,
il ricco aristocratico Philippe assume
Driss, ragazzo di periferia appena uscito dalla prigione, a prima vista un ragazzo per niente adatto a questo incarico eppure ha qualcosa che stranamente
colpisce Philippe al punto da convincerlo a sceglierlo tra tanti per una settimana di prova. Cosa intravede Philippe, uomo colto e sensibile segnato dalla vita, dall’incidente e più ancora dalla
perdita della moglie, in quel maldestro
ragazzone di un metro e 90? Forse
semplicemente si vede per la prima
volta guardato “senza pietà” ovvero
senza quel pietismo comodo che spesso
riserviamo alle persone diversamente
abili convinte che questo basti a lavare
la nostre coscienze. Peccato che la pietà sia esattamente quello che persone
come Philippe non vogliono. E allora
persino Driss va bene come “badante”
perché sarà anche distratto, maldestro e
poco adatto alla mansione ma è la figura più vicina ad un amico che Philippe
si veda attorno. Ne nascono scene esilaranti e nel film sono tanti i momenti
in cui si ride, quello in cui Driss distratto dalla bella segretaria invece di
indirizzare il cibo verso la bocca del
povero Philippe lo colpisce in un occhio o quella in cui, incredulo per la
totale assenza di sensibilità sul corpo di
Philippe, versa sulle gambe dell’uomo
del tè bollente. Ma ne nasce soprattutto
un’amicizia profonda che travalica le
differenze culturali, sociali, d’età e di
qualsiasi altro genere. Insomma un
film che vi farà ridere ma allo stesso
tempo vi farà capire il senso
dell’amicizia e forse anche della vita.
Al via il progetto “No barrier”
Il parco e le spiagge per tutti grazie ai fondi europei
Di Giulia Ferilli
Stop! Parchi e spiagge sono di tutti, per
offrire a chiunque le stesse opportunità
di godere del mare e delle altre bellezze ambientali e naturalistiche del territorio.
Tutto questo sarà possibile grazie al
progetto “No Barrier”, un’idea
dall’assessorato all’ambiente ed alle
politiche comunitarie del Comune di
Nardò finanziato dall’Unione Europea
per circa 100mila euro.
Lo scopo del progetto è quello di rendere accessibile a tutti lo straordinario
patrimonio del nostro territorio, abbattendo le barriere che impediscono una
piena e completa fruizione alle persone
con disabilità.
L’assessore al ramo Flavio Maglio
afferma che le attività progettuali avranno una durata complessiva di due
anni ma è di questi mesi la fase di programmazione e di confronto con i soggetti del territorio, per pianificare al
meglio gli interventi da realizzare.
Pagina 9
Il progetto è considerato un'eccellenza
a livello comunitario e per questo una
delegazione del Comune di Nardò sarà
presente a Bruxelles, a fine anno, per
ritirare il riconoscimento concesso
dall'Unione Europea.
La zona prevalentemente interessata
dal progetto è il Parco Naturale Regionale di Portoselvaggio-Palude del Capitano con la sua riserva di natura incontaminata. Si punta anzitutto sul
miglioramento e l'adeguamento dei
supporti informativi e divulgativi che
verranno arricchiti e dotati di appositi
dispositivi in grado di venire incontro
alle esigenze delle persone diversamente abili. Allo studio, inoltre, la possibilità di realizzare video elaborati nel
linguaggio dei segni, che spiegheranno
ai visitatori con disabilità uditiva tutto
ciò che c'è da sapere sulle bellezze
paesaggistiche, naturalistiche e ambientali. Per i visitatori non vedenti,
saranno disponibili invece audioguide
con gli stessi servizi e contenuti di divulgazione e informazione. Sono poi
Un’immagine della baia di Portoselvaggio.
Sopra la locandina del film “Quasi Amici”.
previsti interventi di miglioramento
anche sui sentieri del parco per agevolare i visitatori ipovedenti e facilitare
percorsi e itinerari a piedi o in carrozzina.
Anche per le spiagge sono previsti appositi interventi per eliminare ogni tipo
di ostacolo e dare una migliore accessibilità al mare.
Sarà disponibile infine una dotazione
di sedie JOB, impermeabili, sicure e
fruibili, che consentono ai disabili motori di fare il bagno, di stare a galla in
acqua in autonomia e di muoversi sulla
sabbia in modo pratico e agevole.
L’assessore Maglio conclude dicendo
che per la realizzazione di questi interventi l'amministrazione stabilirà contatti con enti e associazioni che operano attivamente sui temi della disabilità,
per concordare insieme le modalità di
azione più efficaci.
Vanoni Press
Après la classe? La musique!
Valerio Bruno, bassista degli “Après la classe”, si racconta tra i banchi del Vanoni
Di Ilaria Miccoli
“A spasso col basso” è il
titolo del suo primo lavoro
da solista e (anche se non
aveva con sé il basso) Valerio “Combass” Bruno, poliedrico bassista degli Aprés la
Classe, a spasso, anzi a lezione ci è stato lo stesso,
all’IISS “Ezio Vanoni” dove, i ragazzi del pon
“Pensieri e parole”, lo hanno
intervistato.
Gli Après la classe nascono
nel ’96, come vi siete affermati nel mondo della musica e tra il pubblico?
Innanzitutto non ci siamo ancora affermati, perché nella musica non c’è un
traguardo, non c’è punto d’arrivo. Ogni
anno il numero di persone che si aggiungono al seguito degli Après sono
uno step, un passo importante. Ogni
volta che si fa un concerto e vengono
cento persone in più, è un traguardo.
Dieci anni fa facevamo concerti con
trecento persone, oggi li facciamo con
15 o 20mila persone.
Nel 2010 avete spopolato con il primo singolo tratto dall’album
“Mammalitaliani”. Quale il senso di
quel pezzo? Avete cercato di contrastare il classico prototipo dell’ italiano o era solo un modo per dar da
pensare sulla criminalità in Italia?
In realtà è la stessa cosa. Facendo date
in Europa e in America abbiamo constatato che effettivamente c’è un modello diffuso di italiano, che non è
nemmeno tanto distorto. Purtroppo noi,
e non solo noi, abbiamo esportato
l’illegalità. Quando ho comprato una
maglietta a Miami ed ho pagato con la
carta di credito, il negoziante mi ha
chiesto se la carta fosse valida e, scherzando, ha detto di avermelo chiesto
perché ero italiano. Credo quindi che
con “Mammalitaliani” abbiamo descritto un aspetto reale, e tutte le persone che amano il loro paese dovrebbero
mettere in risalto anche gli aspetti negativi, anche se a malincuore. Questo è
ciò che abbiamo fatto noi ed ha funzionato perché si sono ritrovate tante perPagina 10
Sopra Valerio Bruno, in arte Combass, durante l’incontro
al Vanoni. Nella pagina accanto una studentessa gli
consegna un libro su Fabrizio De Andrè.
sone in quella canzone.
Com’e stato collaborare con Caparezza, i Sud Sound System e i Negramaro?
Con i Negramaro abbiamo fatto solo
esperienze live. Ci conosciamo da tanti
anni, quando loro suonavano nei pub
con venti persone, quindi non riesco a
vedere una distanza, rispetto alla percezione che ha la gente. Li vedo come
amici e quando ci incontriamo ai concerti ed uno di loro sta salendo sul palco siamo contentissimi. Anche con
Caparezza ci conosciamo da anni e lo
stesso rapporto lo abbiamo con lui come con i Sud, che però hanno fatto un
po’ da “padri” musicali a tutti noi. Con
loro abbiamo un rapporto di amicizia e
stima, perché sono nomi che hanno
creato veri e propri movimenti musicali
e culturali, quindi c’è grande rispetto.
Com’è mai hai deciso di intraprendere un discorso da solista, al di là
degli Après?
A volte si ha l’idea che un progetto
solista possa essere d’intralcio alla
band di cui si fa parte ma non è così
perché questa è una cosa che non fa
altro che portare degli stimoli al gruppo. Ecco perché nel 2009 e nato Combass con il primo cd “A spasso col basso”.
È da poco uscito il tuo ultimo singolo
“Balla la tribù”, qual è il tema prin-
cipale del brano?
La tribù è intesa come l’Italia,
la nazione che si prende 3 minuti e 10 di evasione totale,
mentale e fisica. Secondo me la
musica deve rimarcare le emozioni sia negative che positive.
Questo brano emana delle vibrazioni, dei colori positivi.
Non bisogna parlare sempre di
qualcosa di pesante, di impegnato. “Balla la tribù” parla di
quello che si fa d’estate, in Salento, dal mattino alla sera nelle
varie situazioni che si possono
incontrare, dalla spiaggia alla
discoteca. È il brano più spensierato dell’album che uscirà a
settembre.
Hai lavorato anche per il sociale,
l’anno scorso hai venduto il tuo basso all’asta alla fine di un concerto e il
ricavato l’hai donato ad Emergency.
Hai in mente altre iniziative di questo tipo?
Sì, assolutamente. Un mese fa è uscita
una compilation che si chiama “Suoni
meticci” in favore di un centro oncologico pediatrico a Cuba. Abbiamo raccolto dei fondi per l’acquisto di alcuni
farmaci importanti e molto costosi.
Con gli Après abbiamo aderito
all’iniziativa con il brano “Infiniti lamenti.” A Nardò poi per diversi anni
ho organizzato delle partite di calcio
tra artisti per Emergency.
Quali sono i nuovi progetti con gli
Après e quali quelli di Combass?
Con gli Après stiamo lavorando al nuovo cd che uscirà l’anno prossimo e alla
colonna sonora di un film molto importante che uscirà verso febbraio. Il film
è ambientato in Puglia. Io, invece, sono
ancora agli inizi, ho da poco girato il
videoclip del mio singolo, a giugno
partirà il live e a settembre uscirà il cd.
Ormai avete una popolarità nazionale ed internazionale. Quale resta il
vostro rapporto col Salento?
Il nostro rapporto col Salento è fondamentale per noi e per la nostra musica.
Del resto abbiamo scelto di rimanere
qui perché l’essenza principale degli
Numero Unico
Après è salentina.
Qual’era il tuo rapporto con la scuola?
Io purtroppo non ho portato a termine
gli studi superiori, perché in quel periodo suonavo già con tre band, ero in
tour con gli Après e a 15 anni avevo
già iniziato a studiare all’Università
della musica di Roma. Però i sei anni
nella capitale gli ho conclusi con il
massimo dei voti e sono diventato insegnante di basso in diverse scuole.
L’importante è dare un senso alla propria vita in qualche modo.
A proposito di scuola…cosa significa
esattamente “Après la classe”?
È inteso come doposcuola, oltre la
classe, come un gruppo di ragazzini
che, dopo aver fatto le ore di scuola,
nel pomeriggio, si divertono in musica.
In francese, in un senso più narcisistico
vuol dire “il numero uno”, ma non è il
nostro caso.
Quale
consiglio
senti di dare ai
giovani che vogliono provare a
intraprendere la
vostra strada?
In tutti i campi vale
la stessa regola:
professionalità,
studio e umiltà.
Non c’e un consiglio chiave, specialmente in questi
anni in cui è difficile fare qualsiasi
mestiere. È difficile ma le idee e
l’originalità possono rompere gli schemi.
Ma che musica ragazzi!
Di Ilaria Miccoli
La musica è la colonna sonora di quel
meraviglioso film che è la nostra vita.
Pensando ad una canzone, una hit estiva, un tormentone degli anni già trascorsi, sicuramente, ci verranno in
mente ricordi, avventure, amori, divertimenti e serate con gli amici, insomma, qualsiasi momento passato con la
musica.
Sulle spiagge, nei locali, alle feste, tra
amici o anche da soli la musica la fa da
padrone. Sono innumerevoli i tormentoni che hanno fatto da protagonista
nelle nostre estati; come poter dimenticare Alexandra Stan con la sua “Mr.
Saxobeat” o Shakira, che cogliendo
l’occasione degli ultimi mondiali di
calcio in Sud Africa, ha fatto ballare il
mondo con la famosa “Waka Waka”; o
ancora, Michel Telò, uno degli ultimi
artisti emergenti che ha spopolato sul
web e tra le radio facendosi conoscere
dal mondo con “Ai se eu te pego” ballata addirittura negli stadi al goal.
I maggiori intenditori, coloro che sono
sempre al corrente delle nuove hit e
delle tendenze musicali sono sempre i
giovani, anche se con preferenze diverse.
Uno stile musicale che da tempo ormai
prevale tra i giovani è il reggae, perché
racconta di un pensiero libero, molto in
contrasto con la società di oggi in cui i
ragazzi non trovano un loro posto, un
Pagina 11
mix di ribellione e tradizione che ha
anche radici nel nostro Salento ma ha
un ritmo che si rinnova al passo con i
tempi; una musica che “discrimina chi
discrimina”, che condanna le ingiustizie del mondo e gli abusi di potere.
Sud Sound System, Lu Bindolo, Lu
Matassina, Lu Leu, i Salento Boom
Fire, Babaman, Alborosie, tutti nomi di
cantanti o gruppi, che per mondo degli
adulti sono per lo più “marziani”. I
Sud sono i maggiori esponenti, perché
conosciuti non solo nel Salento, dove
sono nati, ma anche all’estero; hanno
inciso album e singoli che sono volati
in testa alle classifiche dei più
“scaricati” da internet, hanno duettato
con artisti italiani come Neffa in
“Chiedersi come mai” o stranieri come
Miss Trinity in “Lei è”, rendendo la
loro immagine sempre più un mito tra i
ragazzi.
Certo i gusti musicali sono tanti e così
un altro genere tra i più ascoltati è la
musica dance, che si è adeguata ai tempi modificando ritmi e suoni e rendendoli sempre più orecchiabili ma senza
dimenticare la musica dei mitici anni
’80 in cui la dance riempiva le piste di
tutti i locali. Ma la musica dance molto
spesso strizza l’occhio anche alla musica pop. È stata Madonna, una grande
rappresentante della musica pop da
molti anni, a fondere per prima la musica dance con la musica pop creando
stili sempre diversi e seguendo le mode
e le preferenze di chi ascolta.
Un’artista che si è ispirata a questa
reginetta del pop è Lady Gaga, ogni
suo nuovo album scala le vette delle
classifiche mondiali superando le vendite anche di artisti che sono sul campo
da molti più anni di lei oltre a farsi
notare con la sua stravaganza
nell’abbigliamento e nel comportamento.
David Guetta è un altro grande artista
che con le sue basi crea le hit del momento, duettando con Fergie dei Black
Eyed Peace, Akon, gli LMFAO, Chris
Willis. Anche Rihanna ha sempre messo del suo tra le canzoni che tutti ascoltano, ”You da one”, “Man down”, “We
found love”, “What’s my name”, i titoli dei suoi ultimi successi.
Adele è una delle “nuove arrivate”, una
ragazza che con la sua voce, sulle note
di “someone like you”, ha incantato gli
ascoltatori.
Non dimentichiamo poi gli artisti italiani, i nostri connazionali, e tra loro
anche una nostra corregionale, Emma
Marrone, che quest’anno ha fatto riflettere molto vincendo il festival di Sanremo con un brano molto forte riguardo la situazione sociale in Italia. Se
dovessimo citare tutti gli artisti che
negli anni hanno spopolato con i loro
successi la lista sarebbe infinita; ci
sono e ce ne saranno tanti che con le
loro melodie accompagneranno ricordi
e momenti della nostra vita.
Vanoni Press
“Quanto sei bella Roma!”
Cronaca di un viaggio pazzesco, tra sacro e profano, per le strade della città eterna
Di Federica Trotta e Giulia Ferilli
Sin dall’inizio dell’anno scolastico, i
rappresentanti di classe della seconda
B marketing, si sono impegnati in un
progetto molto speciale: far si che almeno l’ultimo anno insieme, visto che
poi ognuno, l’anno prossimo, prenderà
indirizzi diversi, fosse coronato nel
migliore dei modi possibili, ovvero con
un bel viaggio d’istruzione.
La nostra meta era Roma, la capitale.
Un sogno.
Per molti ragazzi era un grande traguardo, mentre per altri
solo una semplice gita per
perdere ore di lezione.
Gli ostacoli, come sempre,
non sono mancati ma noi
con la nostra forza e la
nostra volontà, siamo riusciti ad abbatterli. Ed ecco
che il 17 aprile 2012 le
classi seconde del settore
marketing, erano sul pullman. Destinazione Roma.
E questa è la cronaca, per
sommi capi, di un viaggio
fantastico.
Erano circa le quindici e
trenta, quando siamo arrivati al Colosseo, uno dei monumenti
più significativi di Roma. Non
l’abbiamo potuto visitare all’interno a
causa della grande folla ma già
dall’esterno è stata un’emozione unica.
Successivamente siamo passati vicino
ai fori imperiali e qui abbiamo toccato
con mano la storia e la cultura
dell’antichità. Camminando, in lontananza, abbiamo cominciato ad intravedere la parte superiore dell’Altare della
Patria, ed avvicinandoci sempre più,
fino ad arrivare al cancello, abbiamo
assistito al cambio della guardia, qualcosa di veramente unico. Foto e panorama hanno fatto il resto.
Sempre nello stesso pomeriggio siamo
saliti sul Campidoglio, detto anche
monte Capitolino, ovvero uno dei sette
colli su cui venne fondata Roma. Siamo saliti lungo le scalinate e, arrivati in
cima, distrutti, ci siamo riposati, per
poi riprendere il cammino e tornare al
pullman per andare in hotel.
Pagina 12
In serata, dopo la cena siamo saliti in camera a riposare ma come in ogni viaggio
che si rispetti, tutti siamo
diventati novelli superman,
nessuno aveva voglia di
dormire e le camere, si sa,
sono state attive e popolate
fino a mattino.
Eppure il giorno seguente ci
dovevamo svegliare molto
presto, quasi all’alba, per
l’udienza del Papa.
Assonnati ed emozionati
aver cenato siamo tornati nelle stanze.
Eravamo stanchissimi ma non potevamo certo dormire. Era l’ultima notte! E
così tutti in pigiama a ridere e scherzare, a fare foto e a divertirci come matti.
La mattinata seguente, sempre più provati dalle notti brave, l’abbiamo trascorsa tra shopping e passeggiate alla
scoperta delle strade e delle piazze di
Roma. Poi la gita è finita e noi, a malincuore, siamo tornati alla vita quotidiana ma con Roma nella mente e nel
cuore.
Nelle immagini alcuni dei momenti
vissuti a Roma dai ragazzi delle classi
seconde del settore Marketing.
siamo arrivati in Vaticano e qui,
durante l’udienza, ogni vescovo di
ogni nazionalità, ha nominato le
singole parrocchie, scuole, comunità che si trovavano lì in viaggio.
Al turno della nostra scuola, abbiamo alzato in aria dei cartelli
con scritto “Auguri Santità”, e formando una grande ola, abbiamo urlato di
gioia. È stata una mattinata faticosa ma
ne è valsa davvero la pena.
Verso le tre, dopo aver pranzato per le
vie di Roma, ci siamo incamminati
verso il Senato dove ci hanno accolto
con grande ospitalità.
In una saletta ci hanno spiegato come
funziona il Senato per poi farci assistere ad una seduta vera e propria, con il
Presidente Schifani, che gentilmente ci
ha salutati con un applauso.
Sfiniti ci siamo diretti in hotel e dopo
Il Vanoni Press
ringrazia:
I Quartieri Teatrali Koreja per la
gentile ospitalità, il Sindaco di Nardò
Marcello Risi per l’intervista concessa, Valerio Bruno per la disponibilità,
la preside Maria Rosa Rizzo per aver
creduto nel progetto e nei ragazzi, la
scuola per il clima di serena familiarità che ha offerto alla redazione.
Numero Unico
Come nasce la passione per uno sport
Di Giulia Zecca
Spesso non facciamo caso ai bruttissimi incidenti che accadono alla gente,
perché pensiamo che a noi “quelle”
cose non accadranno mai. Purtroppo ci
sbagliamo. Tempo fa sono stata vittima
di uno scippo, messo in atto due uomini di colore. Un’esperienza bruttissima
che mi ha molto provata e che non auguro a nessuno. È passato qualche mesetto da quel giorno, ma ancora ho in
mente quegli attimi terribili: l’essere
toccata, l’essere strattonata a terra e
dopo, nei giorni e nei mesi successivi
continuare a sognare, la notte, quelle
mani grandissime che ti tirano via
mentre tu in quel momento non comprendi bene cosa stia accadendo e pensi solo a cosa ne sarà di te.
Quell’incubo mi ha ossessionata per
moltissime notti e ancora oggi sento, di
tanto in tanto, che mi segue come
un’ombra. La vita però è fatta per lottare ed andare sempre avanti, è come
una giostra, gira sempre e non si ferma
mai, non aspetta nessuno, e noi dobbiamo cercare di salire su quella giostra
anche all’ultimo momento. Non arrendersi mai è la cosa più importante. E
l’ho capito dopo questa strana disavventura. Ho avuto grinta e spero di
continuare ad averne ancora e sempre
tanta per poter inseguire i miei sogni e
poter costruire un futuro con l’affetto
di tutte le persone che mi vogliono
bene e che mi hanno aiutata ad affrontare le paure degli ultimi tempi. Per
molto tempo infatti non sono riuscita a
camminare da sola in strada e avevo
paura persino in casa, non riuscivo a
dormire da sola e mi spaventavo per
ogni piccolo rumore. Ad un certo punto
mi sono decisa a reagire ed ho pensato
che praticare uno sport mi avrebbe
fatto bene, per scaricare un po’ di paure e tensioni. Come mi sia venuta in
mente la fit-boxe, non lo so ma è stata
non soltanto un toccasana per il mio
stato d’animo ma una vera e propria
rivelazione ed è diventata la mia passione. Nella fit-boxe le tecniche eseguite sono reali come un vero
combattimento, La fit-boxe è
un mix di tutto quello che il
nostro istinto o stato d’animo
vuole sfogare sul sacco. Viene
chiamata anche "aerobica boxata", ed è un'attività sportiva
che consiste in esercizio fisico
di tipo aerobico e arti marziali,
sfruttando le tecniche di boxe e
kick boxing, il tutto con musica coinvolgente in sottofondo.
Si tratta insomma di un allenamento aerobico e a ritmo di
musica e, sebbene sia molto difficile
poter studiare la “tecnica”, con la fitboxe si possono apprendere le basi
dell’ autodifesa. La differenza principale che distingue la fit-boxe dalla boxe pura è la mancanza di un reale contatto fisico con l’avversario. Il fine
della fit-boxe è sfogarsi ma solo contro
un sacco, che, invece di essere appeso
come nella boxe, è appoggiato a terra.
Il segreto del successo di questo sport
sta nell’ intreccio di tre elementi fondamentali: l’ aerobica, le arti marziali e
gli innovativi sacchi a base mobile.
L’ allenamento è fatto di calci, pugni,
ginocchiate, gomitate, in un crescendo
musicale. Gli esercizi in palestra si
fanno in gruppo, e non è necessario un
abbigliamento specifico, solo dei guanti tecnici, senza dita e rinforzati da una
piccola imbottitura.
L’impatto col sacco è proporzionalmente violento alla forza che noi stessi
imponiamo al colpo ma guanti, polsiere o fasce (da avvolgere intorno al palmo ed al polso) evitano i traumi.
Questo sport mi ha affascinato tantissi-
Nell’immagine una lezione di fit-boxe.
mo, al punto da spingermi ad iniziare a
praticare anche il “muay thai”. Ho seguito due lezioni ed ho visto gareggiare
il mio allenatore, due volte campione
italiano, un ragazzo di 18 anni, Jacopo
Tarantino, che da due anni e mezzo
pratica questa disciplina. Il muay-thai
si pratica scalzi e invece del sacco prevede il contatto fisico con l’avversario.
Ancora più dura della boxe ma davvero
bella. Potrebbe essere una nuova sfida
da vincere!
Ex studenti ritornano e giocano a scacchi
Di Andrea Ratta
Tra fede calcistica e affezione alla
scuola, il 20 maggio, presso l’IISS
“Ezio Vanoni” si è svolto un torneo di
scacchi amatoriale organizzato dal’ex
studente Pino Orlando, con la grandiosa partecipazione del Milan club di
Nardò che con quest’anno compie 40
anni. Al torneo hanno partecipato sia
ragazzini dell’istituto sia adulti esperti,
Pagina 13
sia cittadini di
Nardò che della
provincia, ovviamente divisi in
categorie. Il torneo si è svolto in
6 turni di 15 minuti ciascuno e
ad essere premiati
alla fine sono stati
i 3 migliori giocatori che hanno ricevuto un trofeo offerto dal Milan club.
Sono stati premiati poi anche
gli “under 16”, la categoria
“donne” ed è stato assegnato
il “premio speciale giovane”.
Per festeggiare, poi, è stato
anche offerto un break a tutti
i giocatori. Il torneo è iniziato
alle 16 e si è concluso alle
19 con vincitore lo stesso
Pino Orlando che si è classificato terzo su 15 giocatori.
Vanoni Press
Nardò Granata, la mitica
Il cuore del toro, dagli esordi ai giorni nostri per una storia che non si ferma mai
Di Maurizio Antico e Alberto Fiore
Il “Nardo calcio” sin dagli albori ci ha
regalato un grande calcio e delle grandi
emozioni.
È sempre stata una squadra ruggente ed
aggressiva che scendeva in campo per
vincere la partita, divorare gli avversari
e far esplodere il delirio al “Giovanni
Paolo II”. Il Nardò infatti è stato sempre sostenuto da un magico
tifo che, dalla promozione alla
serie C, dai tempi dell’ “U.S
Neretina” ai tempi della
“Nuova Nardò Calcio”, ha
incoraggiato la squadra con
amore, costanza e coerenza.
Il campo da gioco è lo stadio
comunale “Giovanni Paolo II”
che può contenere 5mila spettatori e il colore sociale è il
granata.
La stagione 2011/2012 non è stata una
delle migliori, purtroppo è stata tormentata da gravi problemi societari che
hanno cominciato a pesare profondamente sulla squadra soprattutto da di-
cembre in poi. Ricordiamo che a metà
campionato il Nardò era primo in classifica ed era considerata una delle
squadre che avrebbero potuto vincere il
campionato di serie D del girone H.
A partire da dicembre però la squadra
non è riuscita a mantenere i ritmi precedenti, anche a causa della perdita
delle punte di diamante. Ma dopo il
fermo natalizio mister Longo ha ricom-
A destra, un ritaglio di giornale mostra la
squadra nella sula formazione 1965-66.
Sopra lo stadio comunale Giovanni Paolo II.
pattato la sua corazzata ed è
andato avanti fino alla fine
senza mai piangersi addosso.
Inoltre, sempre a metà campionato, è subentrato il nuovo
main sponsor Poliambulatorio Santa Lucia di Galatone
che ha dato un aiuto sia morale che economico alla squadra.
Per questo, a campionato finito, sono
doverosi i ringraziamenti a mister Longo, ai grandi giocatori, alla tifoseria,
allo sponsor e a tutti coloro che hanno
sostenuto il toro sino alla fine.
Il Vanoni vince il trofeo dell’Infiorata
Il lavoro è stato infatti premiato per
l’originalità, la creatività e
l’inusualità. Il bambino, secondo la
nostra interpretazione del tema,
rappresenta infatti l’innocenza della
vita e l’occhio lo specchio in cui
ognuno di noi riflette se stesso e
può ammirare, così, il dono del creato.
Di Federica Trotta
Anche quest'anno è arrivato
puntuale l'evento più colorato della primavera di Santa
Caterina: l'infiorata.
Il giorno 5 maggio, via Pietro Micca, si è popolata per
un giorno di fiori variopinti e
ragazzi che hanno voglia di
dimostrare la loro fantasia.
L'evento, organizzato, come
ogni edizione, dalla parrocchia di Santa Caterina, ha
chiamato a raccolta i ragazzi
di tutte le scuole di Nardò, che si sono
dati da fare tra fiori coloratissimi e
scarti di caffè per realizzare il tappeto
più bello. Armati di palette, scope e
occhiali da sole, i ragazzi hanno cercato di rappresentare al meglio il tema
scelto da don Piero Paolo Inguscio per
il 2012: "Chi vuol farsi padrone della
Vita, invecchia il Mondo" cioè "Il creato è un dono di Dio".
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In alto la coloratissima rappresentazione
floreale dell’IISS Vanoni per l’infiorata. A lato,
i ragazzi durante le fasi di realizzazione.
Il nostro istituto ha scelto di rappresentare un bambino che si rispecchia in un
occhio.
La commissione di giudici scelta per
l'occasione ha decretato per noi un meritato secondo posto.
Numero Unico
Pensieri di una diciassettenne
la macchina senza voltarsi indietro,
entra e accende il motore. Io ero in
È maggio, la scuola è quasi finita ma si
ansia, avevo capito che la discussione
cerca di strappare un voto in più ai prof
non era finita poi così bene, ma poi
che sembra si facciano pregare per le
spegne il motore, il mio cellulare squilultime interrogazioni, proprio come
la, un messaggio di mio padre: “Bella
quei vip che fanno i preziosi per non
di papà avrai capito che le cose con
essere intervistati. Riesco ad ottenere il
tua madre non vanno molto bene, vado
mio sei in storia e me ne torno soddia prendere un po’ d’aria, torno tra
sfatta al posto dove trovo sempre un
qualche giorno, non mi dimentico di te
compagno che sentenzia sul voto. Suotranquilla piccola, ciao amore di papà
na l’intervallo, io e il mio migliore
un bacio”. Rimette in moto la macchiamico usciamo a fumare e, se rimane
na e va via. Quelle due righe le ho lette
tempo, per fare la fila alla macchinetta,
e rilette, continuando a leggerle tutta la
anche a mangiare un pacchetto di patanotte, era da tempo che non mi chiamatine. Accendo la mia Camel e iniziamo
va “piccola”, “amore di papà”, forse da
a chiacchierare, alla fine rientriamo
quando avevo dieci anni. Ne son camsempre con qualche minuto di ritardo
biate di cose in sette anni.
perché ci facciamo prendere dai discorQuella sera mi sono addormentata e a
si sui problemi di famiglia, sentimentamia madre non ho chiesto niente. È
li, di amicizia. Suona, tutti a casa, due
passata più di una settimana da quel
bacetti sulle guance agli amici più vicigiorno quando, al risveglio, sento
ni e mi metto ad aspettare papà. Arriva,
muori. Le cuffie iniziano a esseun’aria pesante, un
salgo in macchina, saluto e andiamo a
re inutili, sento le loro offese “Vorrei che anche la qualcosa che mi stringe
casa, noto un broncio sul suo viso che
reciproche, più forti della musialla bocca dello stomamia vita fosse
da qualche anno non mi sorprende più,
ca che ascolto. Ho sempre creco, mi torna in mente
racchiusa in uno di tutto ciò che è succesin quell’auto regna un silenzio che
duto che c’è un perché a tutto,
rompo accendendo la radio. Tornata da
forse c’è un perché anche al fatso, come ogni mattina
questi i-pod per
scuola mi lancio come un salame sul
to che da quel letto ho deciso di attivare le situazioni, da quel giorno e spero
letto, sento che i miei litigano ancora,
alzarmi, di farmi portare dalle
che sia stato solo un
mi passa la fame e me ne sto sdraiata
gambe in cucina e di gridare: dare il play solo a ciò incubo, poi mi rendo
con il mio i-pod alle orecchie. Mi in“Basta!”. Mamma e papà riman- che voglio, come si fa conto che sono le otto
ganno dicendo che ho voglia di sentire
gono in un silenzio imbarazzane un quarto, così mi
con le canzoni più
la musica, in realtà vote, solo per un paio di
faccio consapevole che
belle”.
glio solo evitare di sentisecondi, il tempo di
non c’è nessun incubo,
re loro, la voglia, tanto,
guardarsi negli occhi, nel
altrimenti mia madre
mi verrà dopo averlo “Mi inganno dicendo frattempo io mi verso un bicsarebbe stata puntuale e sull’attenti
acceso. Suona una canchiere di cola, come se quel
davanti alla porta già alle sette per farche ho voglia di
zone che al mio ragazzo
“basta” per me fosse stato normi svegliare. Sono in ritardo per la
piace molto. Vorrei che sentire la musica, in male. Subito dopo la voce di
scuola, scendo dal letto sfruttando la
anche lui fosse qui, vormia madre, rotta dalle lacrime
forza di gravità, mi trascino in bagno,
realtà voglio solo
rei che non ci fosse bisoche a stento tratteneva: «Gloria
mi prendo il tempo di fare una doccia,
evitare di sentire
gno di mettere l’i-pod
vai in camera tua, questi sono
almeno avrei schiarito un po’ le idee.
alle orecchie, vorrei che
discorsi
da
adulti
che
non
ti
Un filo di trucco, i capelli a posto,
loro”.
anche la mia vita fosse
riguardano».«Se non mi riguarprendo lo zaino e vado a scuola non
racchiusa in uno di quedano abbassate la voce, sto
prima di aver stampato un bacio sulla
sti i-pod per attivare le
cercando di studiare», rispondo.
guancia di mamma con un finto sorrisituazioni, dare il play solo a ciò che
Ogni volta che voglio stare da sola in
so, giusto per tirarla un po’ su. Entro
voglio, come si fa con le canzoni più
camera mia ai miei dico che sto stualla seconda ora, stamattina non ho
belle, e tenere i momenti più brutti da
diando, così non entrano a disturbare il
voglia di sentire il prof di francese che
parte, come quelle canzoni che sull’imio far niente, il mio pensare ed ascolurla quei suoni nasali che dopo un po’
pod le metti ma non le ascolti mai. Ma
tare musica. Avevano abbassato la vodiventano fastidiosi; non ho voglia di
la vita purtroppo non ha nessun pulsance finalmente, credevo fosse finito tutsentire neanche cosa è successo a Teo,
te per cambiare musica, c’è solo un
to, ma ad un certo punto dalla finestra
il mio compagno di banco con cui mi
play quando nasci e uno stop quando
vedo mio padre che con il suo borsone
confido. Oggi voglio solo che queste
esce dal portone di casa, si avvia verso
sei ore passino presto per poter tornare
Di Ilaria Miccoli
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Vanoni Press
a casa e vedere se papà è tornato. Oggi
torna Cristian, il mio fratellino, ha passato alcuni giorni con i nonni, alla casa
al mare, l’hanno portato a fare il primo
bagnetto di quest’anno, chissà cosa gli
racconterò quando mi chiederà “Ove
tta papà??” , cosa puoi rispondere ad
un bambino di quattro anni e mezzo?
Forse gli dirò che è fuori per lavoro.
Passo la giornata di scuola con un mezzo broncio, anche se cerco di sorridere
dopo un secondo mi viene l’idea di
dove possa essere mio padre; non riesco ad aspettare di tornare a casa, prendo il cell e lo chiamo, almeno per sapere dove sta, suona, suona, suona ancora, nessuna risposta. Inizio a credere
che forse è colpa mia, che è tutta colpa
del mio comportamento, quello che a
volte ho con i miei, li rendo nervosi,
forse è colpa mia se papà non dorme
più a casa.
Ecco che suona la campanella, ho appena trascorso sei ore che mi son sembrate un anno. Oggi son dovuta venire
a scuola con lo scooter, papà non c’era
ad accompagnarmi ed a augurarmi la
buona giornata. Arrivo a casa e lancio
lo zaino sul letto, vedo Cristian che mi
corre incontro: «Ciao Oiaaaa» , «ciao
piccola peste», rispondo; mi racconta
com’è andata dai nonni, dell’acqua del
mare che era fredda, la gente al mercato della domenica, mi racconta che dai
nonni è andato papà, con un grande
zaino rosso che ha lasciato nella stanzetta dove dormiva quando era piccolo.
Ecco dove era papà. Rasserenata dalla
notizia riesco a sedermi in tavola,
mamma sembrava non avere lo spirito
di ogni giorno da quando papà è andato
via, aveva comprato il pranzo già pronto dal macellaio sotto casa, era spettinata, stesa sul divano con gli occhi che
di tanto in tanto diventavano rossi.
«Mamma oggi vado da Giulia, tardo un
po’ perché abbiamo da ripetere storia,
quella domani vuole interrogare tutti»;
risponde con un cenno della testa. Non
andrò veramente da Giulia, andrò da
Alex, il mio ragazzo da quasi due anni.
Il nostro è tipo un amore clandestino, i
miei non vogliono che lo frequenti
perché ha qualche anno in più di me,
ma lui è la mia vita, in lui riesco a trovare un angolo dove non ho pensieri,
come una stanza desonorizzata dove
non sento tutto il caos dell’esterno,
dove resetto i pensieri e li rendo positivi, e dove trovo un po’ d’affetto. Gli
parlo di tutto ciò che è successo e lui
mi conforta, mi rassicura e mi consola
dicendo che tutto andrà per il verso
giusto. Avevo proprio bisogno di sentirmelo dire. Con lui passo la serata in
riva al mare ma quell’atmosfera mi
crea sensi di colpa e sento il bisogno di
tornare da mamma, anche se so che
sarà difficile trovare un momento per
stare ancora una volta con Alex. Torno
a casa. Mamma è in cucina che prepara
una cenetta che dall’odore sembra ottima, con i fiocchi. Non ne prepara così
da quando papà è andato via. Mi manca davvero tanto, mi sento triste ogni
volta che ci penso, ogni mattina spero
Nelle immagini alcuni dei momenti del Pon “Pensieri e
Parole”. In alto la professoressa Diana Rizzello durante
l’incontro col Sindaco, a lato, i ragazzi del Pon posano
assieme a Valerio Bruno, il professor Roberto Russo, la
giornalista Ilaria Falconieri.
Il “Vanoni” è sul web all’indirizzo www.istitutovanoninardo.it
che lui sia nel lettone con la mamma
abbracciati come erano sempre stati,
ogni volta che squilla il cellulare, suonano il campanello, spero sempre che
sia lui.
Mamma canticchia e a me sembra che
abbia dimenticato papà, sento un nodo
alla gola, voglio piangere, se da un lato
mi fa piacere vedere mamma felice,
dall’altro l’idea che abbia potuto dimenticare papà mi distrugge. È ben
pettinata, ha messo il vestito con i fiori
e profuma di fresco. La saluto fredda e
vado in camera mia a liberare quelle
lacrime che volevano uscire…
DRIIIN…suona il campanello. Mi asciugo gli occhi e vado a vedere chi è,
apro la porta e all’improvviso mi tornano i lucciconi, sbatto le palpebre e faccio straripare quel fiume in piena che
avevo negli occhi ed urlo:
”Papàààààààààà!!!” Lo abbraccio con il
cuore a mille e le gambe tremanti, anche Cristian corre da lui a prendere la
macchinina che gli ha portato; mi dice:
«Hai visto piccola? Non mi sono dimenticato di te». Papà entra in casa, da
dietro la schiena tira fuori un mazzo di
rose rosse e lo porge alla mamma chiedendole scusa, mamma prende le rose,
le posa sul tavolo e lo stringe forte.
Avevano fatto pace e la cenetta era per
lui.
Dopo cena vado a letto sapendo che
l’indomani avrei trovato mamma davanti alla porta della mia camera, papà
mi avrebbe accompagnata a scuola, io
avrei sorriso e la giornata sarebbe stata
diversa. Normale e bellissima.