Rivista ULSS5 - 05 2010.indd

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Rivista ULSS5 - 05 2010.indd
n. 1
anno 2010
Ospedale
Prevenzione
Chirurgia ricostruttiva
della mammella
Donna e diabete
Azienda
Territorio
Numero unico
per la Guardia Medica
Vittime di tratta
azienda
Nuovi Primari
EUGENIO MORO - Direttore U.O.C. Cardiologia
Residente a Pieve di Soligo (TV) è laureato in Medicina e Chirurgia presso l’Università degli Studi di Padova con specializzazione in Cardiologia presso l’Università degli Studi di Ferrara. Ha perfezionato la propria
specializzazione lavorando per oltre un anno al Thorax-Center dell’Erasmus University di Rotterdam dedicandosi alla Cardiologia non invasiva; successivamente ha continuato questa esperienza per un anno alla
Divisione di Cardiologia dell’Ospedale di Pordenone, centro di riferimento nazionale per l’ecocardiografia.
Ha lavorato presso la Divisione di Cardiologia dell’Ospedale di Treviso, il Servizio di Cardiologia ed Unità Coronarica dell’Ospedale di Montebelluna ed infine alla Divisione di Cardiologia dell’Ospedale di Conegliano,
in cui dal 1996 ha ricoperto il ruolo di responsabile del Modulo Operativo dell’Unità Coronarica e dal 2000
di responsabile dell’Elettrostimolazione Cardiaca. Autore di oltre 150 lavori scientifici/abstracts pubblicati su riviste nazionali
ed internazionali, dal 1987 ricopre l’incarico di Revisore scientifico del Giornale Italiano di Cardiologia e dal 1994 è membro
del Collegio Esperti A.N.M.C.O. (Associazione Nazionale Medici Cardiologi Ospedalieri). Dal 1997 è Fellow della Società
Europea di Cardiologia.
GIORGIO PIVETTA - Direttore U.O.C. Radiologia
Residente a Padova è laureto in Medicina e Chirurgia presso l’Università degli Studi di Padova con specializzazione in Radiodiagnostica. Dal 1989 al 2000 ha lavorato presso il Servizio di Radiologia dell’Ospedale Civile di
Camposampiero (PD) e all’Ospedale Civile di Udine. Dal 2000 ad oggi ha ricoperto il ruolo di Dirigente Medico
presso l’Azienda Ospedaliera di Padova con incarico di Alta Specialità per Tecniche Bioptiche. Ha partecipato
a numerose conferenze clinico-patologiche in qualità di esperto radiologo ed è coautore di articoli e poster in
ambito radiologico, gastroenterologico e chirurgico.
VITO CIANCI - Direttore U.O.C. Pronto Soccorso
Residente a Padova è laureato in Medicina e Chirurgia presso l’Università degli Studi di Padova con specializzazione in Geriatria. Dal 1998 ha ricoperto il ruolo di Dirigente Medico presso il Dipartimento Interaziendale Pronto
Soccorso e Medicina d’Urgenza di Padova. Dal 2003 è membro della Commissione Nazionale SIMEU (Società
Italiana Medicina Emergenza-Urgenza) per l’Ecografia in Urgenza. Dal 2005 è componente e fondatore di WINFOCUS, attuale Società Scientifica Mondiale nel settore dell’Ecografia in Emergenza e Terapia Intensiva. Autore
di varie pubblicazioni, ha collaborato a numerosi progetti di ricerca presso l’Università degli Studi di Padova.
CRISTIANO FINCO - Direttore U.O.C. Chirurgia Ospedale di Valdagno
Residente a Padova è laureato in Medicina e Chirurgia e specializzato in Chirurgia Generale presso l’Università degli studi di Padova. Dal 1990 è strutturato presso la Clinica Chirurgica dell’Università di Padova.
Completa la sua formazione professionale a Chicago (U.S.A.) e a Londra. Dal 2004 è responsabile dell’Unità di Patologia Funzionale del Pavimento pelvico della Clinica Chirurgica 3^ di Padova e dal 2008 è Direttore dell’UOC di Chirurgia Generale dell’Ospedale di Monfalcone (GO). Autore di numerose pubblicazioni
è membro del consiglio Direttivo della SIUCP (Società Italiana Unitaria di Coloproctologia). Partecipa alle
Missioni umanitarie “Padova Ospitale senza Confini” in Sierra Leone.
Ulss 5 Notizie
Periodico d’informazione
dell’Azienda Ulss 5 Ovest
Vicentino
numero 1 anno 2010
Azienda Ulss 5
Via Trento, 4
36071 Arzignano (VI)
tel. 0444/479616
www.ulss5.it
e-mail: [email protected]
Consegnato in tipografia
giugno 2010
tiratura 69.000 copie
distribuzione gratuita
DIRETTORE RESPONSABILE
Elisabetta Carlotti
RACCOLTA PUBBLICITARIA
Meneghini&Associati Srl
Viale Trento, 56
36100 Vicenza
REDAZIONE
Maria Camilla Boato
Michela Preto Martini
Francesca Santagiuliana
GRAFICA E STAMPA
Officina Grafica Aldighieri
Via U. Nobile, 5
36071 Arzignano (VI)
giugno 2010
DIRETTORE
Renzo Alessi
2
Autorizzazione
del Tribunale di Vicenza
n. 669 del 21.12.1989
A questo numero
hanno collaborato:
Alberto Acqua, Giancarlo Acerbi,
Venceslao Ambrosini, Alessandra
Belfontali, Sabina Bollori, Donata
Cecchinato, Fabiola Coccato,
Gaetano Cracco, Cristiano Finco,
Maurizio Lestani, Simonetta
Lombardi, Alvaro Lorenzi, Adelia
Maccagnan, Dario Mastropasqua,
Lino Mecenero, Graziano Meneghini,
Patrizia Mella, Valentino Miconi,
Michele Morra, Antonio Piccoli,
Valeria Sandri, Verena Sonderegger,
Eliana Stocchero, Laura Vignaga,
Stefano Zanolini, Gianni Zini,
Giuseppe Zordan
Questa stampa è stata realizzata
con carta eco compatibile
e inchiostro a basso impatto
ambientale
Sommario:
Azienda
5
5
6
6
8
9
10
Nuovi primari
Premiata con eccellenza
l'Ulss 5 Ovest Vicentino
Il Comitato Etico
per la pratica clinica
Dalla Fondazione Cariverona
importanti contributi
Numero unico
per la Guardia Medica
Potenziate le prestazioni
odontoiatriche all'interno
dei LEA
Fido cerca famiglia
Autorizzazione all'esercizio
delle strutture per la prima
infanzia e comunità per minori
nell'ULSS 5
Ospedale
di Montecchio Maggiore
Ospedale
12
13
13
14
16
Una nuova terapia
per l'ictus ischemico
I risultati degli esami
di laboratorio a casa
Le neoplasie vescicali
Chirurgia ricostruttiva
della mammella
Il trattamento chirurgico
della stipsi
Territorio
17
18
18
19
20
21
22
23
24
25
25
26
Insieme per Voi
Vittime di tratta
I progetti per la Vita
Indipendente
Una nuova stagione
della vita
L'atelier di arteterapia
Integrazione scolastica
degli alunni con disabilità
residenti nell'Ulss 5
Storie di straordinaria
normalità
Il Centro Diritti del Malato
festeggia 20 anni di attività
Internet e cellulari
Fornitura di farmaci
a domicilio a pazienti
in assistenza domiciliare
L'educazione alla salute
siamo noi
Novità per le imprese
del settore alimentare
Prevenzione
27
28
29
30
HPV test e PAP test
tradizionale
La vitamina D
La gestione della sicurezza
dei lavoratori
Donna e diabete
Il Direttore
Generale
Renzo Alessi
Editoriale
L’
anno 2009 e i primi mesi del 2010 sono stati caratterizzati da considerevoli novità.
Sono arrivati i nuovi Primari di Cardiologia, di Radiologia, del Pronto Soccorso e della Chirurgia di Valdagno. Impegnati in reparti chiave di tutta l’Azienda,
fulcri dell’attività di tutto l’ospedale sostanzialmente improntata ad un modello
di lavoro integrato e multidisciplinare frutto dell’esperienza professionale e della
sensibilità personale. Anche rispetto alla gestione, la logica è quella di puntare
ad un sistema a rete che coinvolga sino in fondo gli altri presidi e il territorio.
Le novità non finiscono qui. In tempi brevi, apriremo un ambulatorio ed
una serie di servizi sul territorio dedicati alla cura del paziente con scompenso
cardiaco, cercando di evitare al paziente cronico, che ha bisogno di continui
controlli il disagio di spostarsi, di frequenti, sebbene brevi ricoveri perseguendo,
inoltre, l’obiettivo di abbattere le lista di attesa.
Proseguirà l’opera di rinnovamento, intrapresa circa un anno fa, creando stimolo, entusiasmo e spirito di appartenenza per traghettare la mia opera fino alla
realizzazione del nuovo Polo Sanitario dell’Ulss 5.
Il 30 giugno 2010, in Senato a Roma, la nostra Ulss verrà premiata con tre
bollini rosa dell’Osservatorio Nazionale sulla Salute della Donna per la cura e la
prevenzione delle malattie femminili. Ciò ha premiato la dedizione al lavoro di
tutti i medici e le professionalità che operano vicino alle esigenze delle donne.
Dalla metà di giugno è attivo uno sportello “URP” all’ospedale “Cazzavillan”
di Arzignano e con la fine dell’estate lo stesso servizio verrà offerto anche presso
l’ospedale “San Lorenzo” di Valdagno. Questo ci permetterà di gestire l’Ufficio
Relazioni con il Pubblico cercando di essere sempre più attenti e vicini ai cittadini, e anche secondo le necessità degli operatori, dei reparti e degli ambulatori.
Ci farà essere trasversali alle strutture dell’azienda, da quelle sanitarie assistenziali a quelle amministrative tutelando e collegando i cittadini con gli operatori
sanitari. Il nostro continuo impegno sarà quello di migliorare la comunicazione
tra medico e paziente o tra struttura e paziente, nonché gli scambi interni della
struttura ospedaliera tra i reparti.
A partire dal prossimo settembre verrà ampliato l’ambulatorio di dermatologia
chirurgica presso l’ospedale di Lonigo in un’ottica sia di prevenzione che di
screening e formazione, orientati agli utenti per la cura, la terapia e l’assistenza
delle patologie correlabili a questa branca specialistica.
Renzo Alessi
giugno 2010
2
4
3
azienda
Premiata
con eccelenza
l'ULSS 5 Ovest Vicentino
giugno 2010
L
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a nostra azienda sanitaria, il 30 giugno in Senato a
Roma verrà premiata con la consegna del terzo bollino rosa
dell’Osservatorio Nazionale sulla Salute della Donna per la
cura e la prevenzione delle malattie femminili.
Candidate le cinque strutture che operano vicino alle
esigenze delle donne, la Senologia con il Centro Donna,
l’Ostetricia e Ginecologia di Arzignano e Valdagno, la Pediatria e l’Oncologia.
Il Centro Donna con la Senologia, si occupa della valutazione multidisciplinare delle donne con diagnosi di patologia
mammaria per fornire una diagnosi rapida ed un percorso
terapeutico appropriato. L’attività chirurgica viene svolta avvalendosi di tecniche di chirurgia oncoplastica all’avanguardia, evitando alle donne dolorosi e traumatici interventi, poiché dispone di strumentazione di ultima generazione come
il rilevatore portatile di radioisotopi, in grado di identificare
i linfonodi sentinella. Per le donne mastectomizzate che lo
desiderano, viene eseguito il programma di ricostruzione totale della mammella e del capezzolo e gratuitamente anche
il tatuaggio del complesso aureolare. Il Centro Donna collabora attivamente con l’ANDOS (Associazione Donne Operate al Seno) attiva nel nostro territorio dal 1998 e con oltre
1300 associate. Con la sua attività di volontariato a favore
delle donne operate e non, l’ANDOS informa su temi concernenti la salute femminile, oltre a portare un importante
supporto morale alle donne che affrontano la malattia.
Le Unità Operative di Ostetricia e Ginecologia di Arzignano e Valdagno offrono alle donne oltre alla degenza, alle
prestazioni ambulatoriali o in day hospital, molteplici servizi
e ambulatori che supportano l’assistenza con maggior soddisfazione per le donne.
Inoltre, con i corsi di preparazione alla nascita, di esogestazione e con il progetto mamma si cerca di favorire la salute e il benessere della gravidanza e del parto e l’instaurazione del legame tra mamma e bambino. In particolare per
attuare il programma di umanizzazione delle nascite è attivo
il “Rooming in” in base al quale il bambino, dopo la nascita,
rimane sempre con la mamma nella stanza di degenza.
La mission generale del reparto di Pediatria si basa
sull’ottimizzazione dei processi di diagnosi e cura delle malattie pediatriche, anche attraverso un attento e continuo interesse alle esigenze del bambino e della mamma durante la
degenza in ospedale. Infatti, sono state pensate anche delle
zone relax per i bambini ricoverati dove vengono organizzati
momenti ludici per sdrammatizzare l’evento sanitario.
L’Oncologia attraverso il progetto “Mi vedo bene” aiuta
la donna durante il percorso di chemioterapia a trovare il
sorriso e la gioia di piacersi. I trattamenti chemioterapici utili
ed indispensabili lasciano, in particolare nella donna, un segno profondo perchè si vede colpita, oltre che dalla malattia,
anche nella propria immagine. Con l’aiuto del maquillage
correttivo medico si recupera la naturale lucentezza del viso
e del corpo.
Questo riconoscimento premia il lavoro e la dedizione di
tutte le professionalità coinvolte nei confronti delle patologie
che colpiscono.
azienda
Il Comitato Etico
per la pratica clinica
I
l Comitato Etico per la Pratica Clinica dell’Azienda ULSS 5 è un organismo
indipendente, istituito con delibera della
Direzione Generale.
Ha come scopo quello di tutelare
i soggetti nella loro dignità personale e
professionale in ambito sanitario, secondo i principi ispiratori delle principali Convenzioni e Dichiarazioni internazionali sulla bioetica e i diritti umani.
È costituito da 21 componenti di diversa
estrazione culturale e professionale, provenienti sia dall’Azienda sia dal territorio.
Il fatto che un gruppo così variegato possa confrontarsi in modo aperto, paritario
e approfondito sulle questioni etiche poste dalla pratica clinica costituisce un valido aiuto per gli operatori sanitari e un’ulteriore garanzia di tutela per i pazienti.
Svolge tre funzioni principali:
1. valutazione etica di singoli casi clinici:
il Comitato può essere consultato in merito a casi clinici problematici dal punto
di vista etico. Inoltre offre un’opera di
consulenza per proporre linee d’azione
conformi a principi etici condivisi e ai
modelli professionali.
2. sensibilizzazione e formazione: il Comitato promuove eventi formativi indirizzati al personale dell’Azienda e alla cittadinanza per sviluppare la comprensione
e la sensibilità intorno alle implicazioni
etiche dell'attività assistenziale.
3. sviluppo di raccomandazioni e indirizzi operativi: il Comitato può elaborare
raccomandazioni sulle questioni etiche
ricorrenti nella pratica clinica, per iniziativa autonoma o su richiesta delle Unità
Operative interessate.
II Comitato Etico per la Pratica Clinica
può essere consultato da:
• operatori dell’Azienda o convenzionati
con la stessa;
• cittadini, associazioni e istituzioni che
abbiano come finalità la tutela della
salute e dei diritti del malato, residenti nel territorio dell’Azienda ULSS 5
“Ovest Vicentino”;
• assistiti delle strutture sanitarie
dell’Azienda ULSS 5 “Ovest Vicentino”
e/o loro familiari, anche se non residenti nel territorio dell’Azienda stessa.
Dario Mastropasqua
Presidente Comitato Etico
per contattare
il Comitato Etico
Inviare richiesta scritta per:
e-mail: [email protected]
posta ordinaria all’indirizzo:
Via Trento 4 – 36071 Arzignano (VI)
Telefonando al n. 0444 479648
Dalla Fondazione
L’
Azienda ULSS 5 “Ovest Vicentino” desidera ringraziare la Fondazione Cariverona che le ha concesso un importante
contributo per la realizzazione dei seguenti progetti:
- acquisizione del sistema di biopsia mammaria ecoguidata e
stereotassica Mammotome per l’Unità Operativa di Senologia;
- acquisizione di un sistema informatico per la gestione del
paziente oncologico nell’ambito del Circuito delle Cure Oncologiche;
- intervento di adeguamento dalla normativa antincendio
relativo all’ala nord dell’Ospedale di Arzignano.
L’Azienda ha già provveduto all’acquisto del sistema di
biopsia mammaria ecoguidata e stereotassica Mammotome
per l’Unità Operativa di Senologia e il personale medico è impegnato ad acquisire le competenze per un corretto impiego
del sistema stesso. È stato acquistato inoltre il sistema informatico per la gestione del paziente oncologico nell’ambito del Circuito delle Cure Oncologiche. Il contributo concesso, vincolato
alla realizzazione dei progetti entro i tempi stabiliti, ci consente
di dare risposte ai bisogni degli utenti e di garantire loro spazi e
ambienti confortevoli e sicuri.
giugno 2010
Cariverona importanti contributi
5
azienda
Numero unico
per la Guardia Medica
I
l 7 giugno è entrato in funzione il
nuovo numero unico per chiamare la
Guardia Medica. Gli assistiti dell’ULSS
5 potranno contattare dunque telefonicamente il servizio di continuità assistenziale componendo un solo numero.
Il numero 840 000 880, indipendentemente dall’area di origine
della richiesta, smisterà la telefonata in
una delle 5 sedi di Guardia Medica, corrispondente a quella indicata dall’assi-
stito chiamante. L’utente che chiamerà
il numero unico sentirà un messaggio
che lo orienterà nel percorso di espletamento della richiesta. Altra importante innovazione è la registrazione delle
chiamate. Il sistema di telefonia con
specifico messaggio di avviso, prevede
infatti che le telefonate possano essere
registrate. Questo offrirà la possibilità al
Medico di Guardia Medica e all’assistito
che si è rivolto al servizio, di mantenere
traccia delle richieste inoltrate e di aver
garanzia di riscontro nel più breve tempo tecnico.
Patrizia Mella
Direzione Amministrativa Distrettuale
Potenziate
le prestazioni odontoiatriche
all’interno dei LEA
giugno 2010
A
6
i sensi della vigente normativa nazionale e regionale
sui Livelli Essenziali di Assistenza (LEA), il Servizio Sanitario
Nazionale sostiene la spesa per le prestazioni odontoiatriche
limitatamente a determinate categorie di soggetti o esclusivamente se ricorrono particolari condizioni cliniche. La Regione
del Veneto con D.G.R. 2227/2002 ha previsto che le prestazioni odontoiatriche vengano garantite ai bambini di età compresa 0-16 anni, ai soggetti che si trovano in condizione di
fragilità economico/sociale con un ISEE fino a € 8.500, ai soggetti affetti da particolari malattie e ad alcuni stati di invalidità,
infine a tutti gli assistiti nei casi di urgenza infettivo-antalgica.
L’ULSS 5, avendo registrato una progressiva crescita della domanda per i soggetti che rientrano nelle categorie sopra richiamate, e allo scopo di ridurre i tempi di attesa, ha valutato
di riservare l’accesso alle prestazioni odontoiatriche esclusivamente ai soggetti LEA come individuati dal provvedimento
regionale sopra richiamato. Pertanto, a decorrere dal 1 giugno
2010 potranno accedere alla prenotazione delle visite per le
prestazioni odontoiatriche, i soggetti e le condizioni previsti
dai LEA regionali. A partire da tale data quindi, coloro che
si rivolgono agli sportelli o al CUP telefonico per prenotare la
visita odontoiatrica, dovranno rispondere ad alcune domande
dell’operatore dirette a verificare se ricorrono le “condizioni di
accesso alle prestazioni odontoiatriche”. In caso di valutazione positiva, l’assistito riceverà la prenotazione per accedere
agli ambulatori odontoiatrici di Valdagno e di Arzignano i quali,
una volta espletata la visita e disposto il piano di intervento,
inviteranno il paziente a rivolgersi allo sportello della medesima
sede per prenotare le ulteriori prestazioni previste dal piano di
intervento e a pagare il ticket se dovuto.
Patrizia Mella - Direzione Amministrativa Distrettuale
giugno 2010
azienda
7
azienda
Fido
cerca famiglia
D
a anni il Servizio Veterinario dell’ULSS si occupa della
cattura dei cani quando sono
segnalati vaganti sul territorio,
mettendoli al sicuro dal pericolo
di incidenti ed ogni altro tipo di
infortunio o violenze a cui potrebbero andare incontro. Una
volta raccolti vengono ospitati
presso le strutture del canile sanitario, dove trovano assistenza
e custodia. Se sono regolarmente iscritti all’anagrafe canina ed
identificati con microchip, i cani
vengono prontamente restituiti
ai legittimi proprietari, in caso
contrario vengono ospitati presso il canile rifugio. Per questo motivo, particolare attenzione viene posta alla regolarizzazione dei cani presenti con l’iscrizione all’anagrafe canina
e l’identificazione mediante applicazione di microchip. Ad
Arzignano è operante in via Busa 1, una struttura comunale,
recentemente ristrutturata che può ospitare fino a 120 cani.
Il canile è dotato di box sanitari per il controllo degli animali
raccolti, di box riscaldati per i soggetti bisognosi di attenzioni
particolari e di una sala toelettatura. Sono inoltre presenti una
cucina dedicata ed ampi spazi ombreggiati per la sgambata
quotidiana, uffici amministrativi e spogliatoi per il personale. Al piano superiore del canile è stato allestito un ambulatorio veterinario attrezzato, gestito direttamente dal servizio
veterinario dell’ULSS 5, che garantisce l’assistenza sanitaria
necessaria agli ospiti del canile dedicando cura e attenzione
alla profilassi delle malattie infettive tramite un piano di vac-
giugno 2010
Anni
8
2009
2008
2007
Cani
catturati
392
353
310
Restituiti
al proprietario
245
210
173
%
62%
59%
56%
cinazione dettagliato ed una prevenzione costante ed attenta
ad ogni forma parassitaria. Il Servizio Veterinario si occupa
inoltre del controllo delle nascite, con un piano di sterilizzazione sistemico, rivolto anche alle femmine dei felini identificate
sul territorio della nostra ULSS, che dopo aver trovato cura
ed attenzione presso l’ambulatorio veterinario pubblico di via
Busa, vengono rimesse sul territorio ed affidate al personale
incaricato per la loro cura. La gestione del canile è stata affidata dal Comune di Arzignano alla locale sezione dell’Ente
Protezione Animali che si avvale della collaborazione di un
nutrito gruppo di volontari. La filosofia condivisa con tutti gli
operatori è quella di favorire il recupero comportamentale dei
cani che ne permetta la loro adozione. Ogni fine settimana
infatti, gli ospiti del canile vengono portati in passeggiata da
persone volontarie che non avendo la possibilità di custodire
un animale a casa propria, per problemi di spazio o di tempo,
hanno la possibilità di avere un amico a quattro zampe che li
aspetta sempre allegro e contento di essere portato a passeggio. Per conoscere più da vicino il canile ed i suoi ospiti si può
accedere al sito internet canilediarzignano.it dove è possibile
trovare foto e notizie degli animali ospitati.
Alvaro Lorenzi
Responsabile canile sanitario
azienda
Autorizzazione all’esercizio
delle strutture per la prima infanzia
e comunità per minori nell’ULSS 5
ENTE
Comune di Arzignano
Comune di Arzignano
Spazio Bimbi s.n.c.
Asilo “SS. Angeli Custodi”
Comune di Brendola “ Il Girotondo”
Comune di Brogliano
La casa del bambino s.r.l.
Parrocchia SS. Pietro e Paolo
Associazione Papa Giovanni XXIII
IPAB Chiampo
Comune di Cornedo Vicentino
Comune di Lonigo
Comune di Lonigo
Comune di Montebello – “Il Sorriso”
Associazione Joseph Onlus
Il Trenino
Associazione Papa Giovanni XXIII
Nido Integrato Arcobaleno
Comune di Montecchio Maggiore
Fondazione dott. Giovanni Dolcetta
Associazione Papa Giovanni XXIII
Asilo Nido comunale “Margherita”
Asilo Nido Comunale “Il Nespolo Blu”
Salvagnini Italia S.p.a.
Scuola dell’Infanzia S. Andrea
Itaca Società Cooperativa Sociale
Itaca Società Cooperativa Sociale
Itaca Società Cooperativa Sociale
Micronido “Arcobaleno”
Associazione Papa Giovanni XXIII
Fondazione Marzotto
zazione all’esercizio si intende l’insieme di procedure attraverso le quali si
riconosce al servizio o alla struttura la
possibilità di operare fornendo liberamente al cittadino i servizi e le prestazioni dichiarate. Queste procedure si
attuano attraverso l’accertamento del
UNITÀ DI OFFERTA
asilo nido comunale
micronido
micronido
asilo nido integrato
asilo nido
asilo nido
asilo nido la casa del bambino
asilo nido integrato
comunità familiare Zarepta
asilo nido integrato
asilo nido
asilo nido
asilo nido
asilo nido
comunità familiare
micronido
comunità familiare Vittori
asilo nido integrato
asilo nido – “Il Piccolo Nido”
asilo nido integrato
comunità familiare Getta le tue reti
asilo nido
asilo nido
asilo nido aziendale Nespolo Blu
asilo nido integrato
asilo nido Belfiore
asilo nido Maglio di sopra
micro nido “ Cucù”
micronido
comunità familiare Emmanuele
asilo nido “L’albero delle meraviglie”
possesso e della verifica di requisiti,
minimi, generali e specifici, da parte
dell’autorità competente (Comune o
Regione) che si avvalgono di una delle
strutture di verifica previste dalla suddetta legge. I requisiti specifici per
struttura, frutto di una sperimentazio-
COMUNE
Arzignano
Arzignano
Arzignano
Brendola
Brendola
Brogliano
Brogliano
Castelgomberto
Chiampo
Chiampo
Cornedo V.
Lonigo
Lonigo
Montebello
Montecchio Maggiore
Montecchio Maggiore
Montecchio Maggiore
Montecchio Maggiore
Montecchio Maggiore
Montecchio Maggiore
Montecchio Maggiore
Recoaro Terme
Sarego
Sarego
Trissino
Valdagno
Valdagno
Valdagno
Valdagno
Valdagno
Valdagno
POSTI AUTORIZZATI
COMUNITÀ
ASILO NIDO
FAMILIARE
60
14
18
29
23
35
30
18
6
24
46
15
20
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6
12
6
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30
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6
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12
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40
60
14
15
6
60
giugno 2010
C
on la Legge Regionale n. 22
del 16/08/2002 la Regione Veneto ha
individuato le competenze dei soggetti
pubblici e privati nell’attuazione dei
processi di autorizzazione all’esercizio
e di accreditamento dei Servizi sanitari, socio-sanitari e sociali. Per autoriz-
9
azienda
ne su campo, sono stati distinti e codificati:
- di area (finalità e mission)
- funzionali (numerosità, titoli e funzioni del personale)
- strutturali (spazi e ambiente fisico)
- tecnologici (attrezzature e materiale)
- organizzativi (programmazione educativa e presenze).
La Conferenza dei Sindaci dei Comuni del territorio, ha affidato
all’Azienda Ulss 5 “Ovest Vicentino”
l’incarico di provvedere ai sopralluoghi
per verificare i requisiti minimi e di
qualità delle strutture per la prima infanzia e comunità per minori. È stato
formato un team tecnico, composto
da professionalità diverse, con il compito di prendere atto della presenza o
dell’assenza dei requisiti da verificare
e relative evidenze: il dirigente per
l’Accreditamento Qualità e Residenzialità extraospedaliera, Sig. Giuseppe
Zordan; l’educatore del servizio Materno Infantile, Sig.a Eliana Stocchero;
il tecnico del servizio Risorse Tecniche
e Tecnologiche, Sig. Lino Mecenero.
Le visite hanno riguardato 26 strutture
per la prima infanzia e 5 comunità fa-
miliari. Sono iniziate a gennaio 2008
e si sono concluse ad aprile 2010,
tutte nei termini previsti dalla normativa di riferimento che ne prevede
l’evasione entro 80 giorni dalla data di
affidamento dell’incarico da parte del
Comune competente per territorio.
Nella tabella vengono riportate le
strutture che, essendo state autorizzate, risultano idonee dal punto di vista legislativo.
Giuseppe Zordan
Eliana Stocchero
Lino Mecenero
Ospedale
di Montecchio Maggiore
L’ala ovest
è in fase di completamento
P
resentati il 13.04.2010 dal Direttore Generale, Dr. Renzo Alessi al
Sindaco di Montecchio Maggiore Milena Cecchetto, i lavori di ristrutturazione dell’ala ovest dell’Ospedale di
Montecchio Maggiore. L’apertura del
cantiere, avvenuta nel 2007, prevedeva il completamento dei piani primo
e secondo con l’obiettivo di rendere
conforme alle nuove norme in materia di sicurezza sismica l’intera ala in
questione. I lavori di ristrutturazione,
sono stati preceduti dalla realizzazione
di opere preliminari di risanamento e
consolidamento strutturale, nonchè
da un innovativo intervento con lamine
giugno 2010
Ufficio Relazioni con il Pubblico
10
Da giugno, l’Ufficio Relazioni con il Pubblico (U.R.P.) ha una sede più funzionale e soprattutto più vicina agli utenti presso l’Ospedale di Arzignano vicino
al servizio di Pronto Soccorso. Da settembre, sarà attivo uno sportello U.R.P.
anche presso l’Ospedale nuovo di Valdagno.
Orario di apertura U.R.P. ad Arzignano:
dal lunedì al giovedì 9.00 – 13.00 / 14.00 – 16.30 il venerdì 9.00 – 13.00
Telefono: 0444 - 479580 • Fax: 0444 - 479615
e-mail: [email protected] • sito internet: www.ulss5.it
in fibra di carbonio. Oltre 1.500 metri
quadrati sono stati utilizzati per la realizzazione dei nuovi poliambulatori già
operanti al secondo piano, mentre al
primo piano ha trovato collocazione il
servizio di Gastroenterologia Endoscopica – Digestiva e temporaneamente,
il Centro Donna. I lavori stanno proseguendo al piano rialzato con il completamento dell’intervento “antisismico”
della struttura.
VICENZ A
V ia Q uasimodo 22/24
0444 567000
T RISSINO
( V I) V iale St a zione 42
0 4 45 962241
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FERRARA
V ia del Commer cio 71/73
0532 796399
giugno 2010
DIRE T TAMENT E IN FA BBRICA A:
11
ospedale
Una nuova terapia
per l’ictus ischemico
Il reparto di Neurologia inserito nella “rete dello stroke”
giugno 2010
L
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e malattie cerebrovascolari
sono una delle principali cause di morte nei paesi industrializzati e rappresentano la principale causa di invalidità nell’adulto, con un rilevante impatto
sullo stato di salute della popolazione
e sui costi del Servizio Sanitario Nazionale. Sottolineando che l’incidenza
dell’ictus aumenta progressivamente
con l’età, raggiungendo il suo massimo valore dagli ultrasettantacinquenni
in poi e considerando gli aspetti relativi
all’evoluzione demografica che prevede un aumento dell’età media della
popolazione, è prevedibile nei prossimi anni un aumento dei casi di ictus.
In Veneto si registrano circa 100.000
nuovi casi all’anno con un’incidenza
di 225-250 casi ogni 100.000 abitanti. Fino a pochi anni fa, l’unica terapia
possibile in corso di ictus ischemico
era la somministrazione di farmaci antiaggreganti (aspirina o simili) che comunque dava dei risultati modesti nella fase acuta e aveva più una valenza
di prevenzione secondaria per ulteriori
eventi ischemici. Da qualche anno si
sono avuti dei risultati molto interessanti dall’uso di farmaci trombolitici e
numerosi studi internazionali hanno
confermato una significativa riduzione
della mortalità ma soprattutto della dipendenza da esiti neurologici nei pazienti trattati con Alteplase entro le tre
ore dall’inizio dei sintomi. Proprio a seguito di questi studi è stato quindi introdotto l’uso di tale farmaco trombolitico in alcuni centri dotati di specifiche
caratteristiche cliniche e di esperienza
in campo di malattie cerebrovascolari.
Fino a qualche mese fa, solo presso la
Stroke Unit di Vicenza era garantita la
terapia trombolitica. Purtroppo data la
ristrettezza della “finestra terapeutica”
(tre ore) molti pazienti della provincia
per i quali sono stati realizzati percorsi
specifici, non erano candidati a tale
terapia in quanto giungevano presso
la Neurologia di Vicenza troppo tardi. Proprio per superare tali difficoltà,
la Regione Veneto ha elaborato una
“Rete per lo Stroke” definendo un modello “Hub and Spoke” per la gestione
dell’ictus in fase acuta. Tale modello
prevede l’articolazione su tre livelli:
Unità Ictus di 2° livello negli ospedali regionali (Vicenza, Treviso, Padova,
Verona etc) dove è possibile eseguire
una terapia trombolitica endovenosa
ma anche una terapia di riapertura
loco regionale di eventuali vasi occlusi
(trombolisi intraarteriosa), Unità Ictus
di 1° livello dove è possibile eseguire terapia trombolitica endovenosa,
infine aree dedicate all’ictus ove non
è possibile eseguire alcuna terapia
specifica ma nelle quali il paziente
viene valutato ed eventualmente inviato alle Unità Ictus di 1° e 2° livello.
Dal 1 gennaio 2010 la Regione Veneto ha attivato tale rete. La Neurologia
dell’Ospedale di Arzignano è stata
inserita tra le Unità Ictus di 1° livello
e potrà quindi garantire una terapia
estremamente efficace in tale tipo di
patologia cerebrovascolare. L’inserimento dell’UOC di Neurologia di Arzignano all’interno della lista di Unità
Ictus di 1° livello è sicuramente un
evento qualificante per l’Ospedale
di Arzignano e per tutta l’Ulss 5, ma
soprattutto permetterà alla popolazione di poter usufruire pienamente
dell’unica terapia dimostratasi efficace
nell’ictus ischemico. Questo traguardo è il frutto di un costante lavoro di
anni, di percorsi terapeutici e clinici
fatti sia all’interno del reparto che in
comunione con altri reparti soprattutto
con il Pronto Soccorso. Nonostante le
difficoltà organizzative il centro è già
attivo nel trattamento trombolitico e
fino ad ora i risultati sono stati molto
positivi. Sono previsti comunque degli
interventi di informazione sulla popolazione soprattutto per quanto riguarda la necessità di trasportare il malato
affetto da ictus in tempi brevissimi
all’ospedale di riferimento.
Michele Morra
Direttore Neurologia
ospedale
I risultati degli esami
di laboratorio a casa
Semplice, comodo, economico
P
ochi sanno che è possibile ricevere i risultati dei propri esami di laboratorio direttamente a casa mediante
il servizio postale. Anche se il servizio
è attivo da anni, è ancora poco conosciuto e utilizzato dai cittadini che accedono ai Punti Prelievo dell’Ospedale
di Montecchio Maggiore e del Distretto
di Arzignano.
Ma come funziona?
È sufficiente chiedere al perso-
nale che ogni giorno accetta le impegnative per esami di laboratorio
presso i Punti Prelievo di Montecchio
Maggiore e del Distretto di Arzignano che i propri referti siano spediti
a casa per posta. L’unica condizione richiesta ai cittadini non esenti è
quella di pagare il ticket al momento
dell’accettazione.
Il costo?
Solo € 1,50 per coprire le spese di
spedizione via posta prioritaria.
Quale vantaggio per il cittadino?
Quello di non doversi recare presso le portinerie degli Ospedali per ritirare personalmente la busta del referto, risparmiando il proprio tempo
o evitando di mandare una persona
delegata.
Valentino Miconi
Direttore Laboratorio Analisi
Le neoplasie
vescicali
urina prodotta dai reni si raccoglie nella vescica prima di essere svuotata all’esterno attraverso l’uretra. La vescica è un organo cavo che funge da serbatoio, rivestito da uno
strato cellulare che si rigenera continuamente (epitelio transizionale). Occasionalmente da queste cellule può insorgere
un tumore.
Le neoplasie vescicali possono essere suddivise in 2 tipi:
1. SUPERFICIALI (non muscolo invasive)
2. INFILTRANTI (muscolo invasive)
SUPERFICIALI
INFILTRANTI
Ne sono colpiti
più gli uomini delle
donne (rapporto 5:1)
per un totale di circa
19.000 nuovi casi
all’anno in Europa nel
2008 e 2009. Il fumo
di sigaretta ne è la
principale causa. Si raccomanda quindi di non fumare, non
provare a farlo e di smettere prima possibile se si fuma. Altro fattore di rischio è l’esposizione occupazionale alle AMINE
AROMATICHE (industrie di coloranti, bitumi ecc).
I SINTOMI
Un segno precoce è il riscontro di sangue nelle urine
(ematuria). Più raramente il paziente può lamentare bruciore
alla minzione o bisogno di urinare con frequenza e urgenza.
In altri casi è un riscontro occasionale mediante ecografia eseguita per altri motivi.
GLI ACCERTAMENTI
In caso di presenza di questi sintomi andranno eseguiti:
1) ECOGRAFIA renale e vescicale
2) CITOLOGIE URINARIE con ricerca di cellule tumorali nelle
urine ottenute su 3 campioni
3) CISTOSCOPIA per confermare e valutare la presenza e le
giugno 2010
L’
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ospedale
caratteristiche del tumore. Va eseguita anche se i 2 precedenti
esami fossero risultati negativi.
IL TRATTAMENTO
Tumore superficiale
Il primo trattamento è l’asportazione per via endoscopica
(TUR-B) attraverso l’uretra con uno strumento detto resettore.
Il tessuto prelevato viene inviato al Patologo. Quando
l’esame istologico faccia supporre che tale tumore possa
riformarsi con facilità, l’Urologo prescriverà un trattamento aggiuntivo mediante l’introduzione in vescica tramite un
catetere di farmaci (Bcg, Mitomicina C ecc) per un determinato periodo di tempo.
Tumore infiltrante
Quando il tumore infiltra la muscolatura della vescica, si
rende necessaria l’asportazione dell’organo (cistectomia radicale). Si tratta di un intervento chirurgico impegnativo nel
quale vengono asportati la vescica, la prostata (nel maschio) e
i linfonodi vicini. L’urina potrà defluire verso l’esterno median-
Resezione endoscopica di neoformazione vescicale
te l'uretra per via naturale, grazie al confezionamento di una
NEO-VESCICA utilizzando un tratto di intestino. Ciò è possibile
però in casi selezionati. Negli altri casi l’urina dovrà defluire
all’esterno attraverso orifizi cutanei e venire raccolta in appositi
sacchetti (urostomie).
Tutti i pazienti con tumori superficiali della vescica dovranno sottoporsi ai periodici controlli strumentali ed endoscopici richiesti dall’Urologo (Ecografia, Citologie urinarie e
Cistoscopia).
Antonio Piccoli
Medico di Urologia
Chirurgia ricostruttiva
della mammella
Al Centro Donna un nuovo
servizio d’eccellenza
giugno 2010
“...n
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on avevo mai provato
niente di così terribile…”, “…Mi resi
conto della gravità della situazione, ma
non capivo e non sapevo in quale tunnel mi sarei ritrovata da lì a poco…”,
“…come farò con i miei figli…e mio
marito mi accetterà?…”, “…Ero un automa. Vissi quei giorni intontita come se
tutto quello che stava accadendo fosse
rivolto a qualche altra e non a me…”,
(si potrebbe andare avanti utilizzando
tutte le pagine di questo giornale).
Queste frasi sono raccolte fra le
“lacrime” delle donne che scoprono
di avere un tumore al seno. Noi medi-
ci e operatori del Centro
Donna
giornalmente
raccogliamo queste “lacrime”, che continuano
a nutrire le nostre motivazioni, ci portano a
svolgere il nostro lavoro
con dedizione, umanità
e professionalità, e ci
inducono a migliorare per mantenere
il nostro servizio al passo con gli attuali standard. Oggi le donne sono molto
consapevoli ed è più facile parlare con
loro di quello che accadrà dal momento della diagnosi in poi. Perché esiste
sempre un dopo, anche se difficile da
immaginare nel momento in cui viene
comunicata la diagnosi. Il medico costruisce con la paziente un progetto di
cura della malattia che include anche la
valutazione preliminare di una fase rico-
ospedale
nel maggio dello scorso anno della Unità Operativa di Senologia. Gli ambulatori senologici, dove vengono effettuate le
visite con ecografia clinica, ago-aspirati
per diagnosi citologiche ed ago-biopsie
per esami microistologici utili per una
migliore caratterizzazione biologica
della neoplasia oggi necessaria per personalizzare il trattamento terapeutico,
sono stati completati con l’istituzione
dal mese di giugno 2009 di un ambulatorio di chirurgia plastica ricostruttiva. Infine dai primi mesi dell’anno in
corso la strumentazione diagnostica in
dotazione è stata completata con l’acquisizione del mammotome, utile per
le microbiopsie con sistema aspirativo.
Oltre alla normale attività ambulatoriale,
gli stessi medici svolgono l’attività chirurgica, questo garantisce alla paziente
una continuità assistenziale dalla diagnosi alla ricostruzione passando attraverso la tappa fondamentale della cura
specifica della malattia. Attualmente, la
ricostruzione dell’intera mammella, o il
rimodellamento che segue di solito una
quadrantectomia, fanno parte integrante del trattamento. Quello ricostruttivo,
è un momento chirurgico importante
tanto quanto quello demolitivo, e nei
centri di eccellenza, come il Centro
Donna della nostra ULSS, qualora non
ci siano controindicazioni, viene “sempre” proposto. Le modalità principali di
ricostruzione dell’intera mammella sono
due. Nella prima si utilizzano le protesi
mammarie, per le quali prima dell’inserimento è quasi sempre necessario
il posizionamento (durante l’intervento di asportazione della mammella) di
un espansore: si tratta di una protesi
temporanea, che serve soltanto per distendere la cute e i tessuti in attesa del
posizionamento della protesi definitiva
in un secondo tempo. Nella seconda
modalità si ricostruisce la mammella
con lembi muscolo cutanei (ricavati dal
dorso) o cutanei perforanti (ricavati dalla parete addominale), in questo caso
non si introducono protesi mammarie
e la mammella è costituita dal proprio
tessuto trasferito da una zona donatrice
del corpo. Di recente introduzione presso il nostro Centro l’intervento di innesto
di grasso autologo, anche detto lipofilling, una tecnica di “rifinitura”, che ci
permette di rimodellare la mammella
ricostruita e renderla più simile alla
controlaterale, e, in casi selezionati, dà
ottimi risultati nei danni provocati da radioterapia, “ammorbidendo” il tessuto
radiotrattato qualora risulti “indurito”. Il
nostro obiettivo nella ricostruzione è sia
quello di dare alla paziente una mammella di forma naturale, sia quello di
ottenere una buona simmetria rispetto
alla mammella controlaterale. A tale
scopo vengono pianificati con la paziente gli eventuali interventi di simmetrizzazione quali la mastoplastica additiva, la
mastoplastica riduttiva o la mastopessi.
L’ultimo passo della ricostruzione mammaria è la ricostruzione del complesso
areola-capezzolo che viene eseguita
quando le mammelle sono ben simmetrizzate e stabili. Il capezzolo si può ricostruire utilizzando piccoli lembi locali
di cute che, ruotati, simulano l’aspetto
di un capezzolo. L’areola può essere
ricostruita con la dermopigmentazione mediante tatuaggio. Quest’ultima
presenta il vantaggio di non richiedere
una sala operatoria e soprattutto di non
aggiungere altre cicatrici. È una procedura ambulatoriale che nel nostro Centro viene eseguita gratuitamente con la
semplice impegnativa del proprio medico curante, senza doversi rivolgere a
proprie spese presso centri di estetica.
In generale, comunque, il bilancio è positivo: la maggior parte delle donne cui
viene fatta una ricostruzione è felice di
potersi vestire normalmente, avere una
vita sociale e di relazione normale, di
ritornare, insomma…alla vita!
Graziano Meneghini
Direttore Senologia
giugno 2010
struttiva. La paziente realizza quindi che
la vita continua, che è circondata da
specialisti che faranno quanto nelle loro
possibilità per aiutarla a risolvere il suo
“problema”, dipingendole la prospettiva
di un ritorno ad una vita sociale e di relazione normale. Infatti oggi la chirurgia
è sempre più conservativa e sempre
più funzionale. Insomma, la tendenza
è verso un atto operatorio “essenziale”
e rispettoso della fisiologia del seno. La
ricostruzione è diventata quasi la regola, almeno nei Centri di eccellenza che
si avvalgono delle moderne tecniche di
chirurgia oncoplastica.
Ma cos’è questa chirurgia ONCOPLASTICA?
“La chirurgia oncoplastica è una
chirurgia oncologica che utilizza le tecniche della chirurgia plastica-estetica,
ma con rigore terapeutico. Essa va calibrata sulla singola persona e su ogni
differente caso. Le variabili sono legate
principalmente a fattori come età, situazione sociale, condizione biologica,
forma della mammella e altro ancora”.
L’asportazione di una parte o di un’intera mammella a causa di un tumore è
un evento traumatico, le conseguenze
psicologiche possono essere attenuate
dalla chirurgia ricostruttiva, che consente a una donna di sentirsi meno mutilata e di condurre un’esistenza praticamente normale. L’intervento è gratuito,
ma il numero delle pazienti che chiedono o che comunque accedono alla
ricostruzione è ancora oggi limitato. Tra
le cause ci sarebbero motivi di ordine
culturale e ancora poca informazione
sulle potenzialità e sui rischi della ricostruzione. Perciò quando ci si trova ad
aver a che fare con un tumore al seno è
bene rivolgersi ai centri specializzati che
si occupano “solo ed esclusivamente”
di patologia mammaria, dove si possono trovare medici competenti in grado
di poter rispondere ad ogni specifica
richiesta. In 10 anni di attività il Centro
Donna è cresciuto fino alla realizzazione
15
ospedale
Il trattamento
chirurgico della stipsi
giugno 2010
L’
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11 giugno 2010, si è svolto a
Valdagno nella sede di Palazzo Festari
il Congresso “Il trattamento chirurgico
della stipsi da ostruita defecazione:
diagnosi, terapia training chirurgico“,
organizzato dall’Unità Operativa di Chirurgia Generale di Valdagno in collaborazione con l’Università di Padova.
La stipsi è un problema molto frequente nelle popolazioni che vivono
nei paesi industrializzati, interessa
maggiormente il sesso femminile ed
è più frequente negli anziani. Il problema si accompagna a malessere
generale, dolori crampiformi e sensazione di pesantezza addominale.
La frequenza della stipsi cresce in
maniera esponenziale nei soggetti di
età superiore ai 65 anni in relazione a
fattori dietetici, riduzione del tono muscolare, dell’esercizio fisico (che favorisce la motilità intestinale) e all’uso di
alcuni farmaci come gli antidepressivi.
L’iter diagnostico della stipsi è
generalmente difficile e si articola in
due livelli. Il primo approccio avviene
da parte del Medico di Medicina Generale che provvede all’inquadramento generale della stipsi e all’eventuale
coinvolgimento dello Specialistica per
procedere ad una diagnostica di secondo livello.
Molto importanti sono i sintomi
associati e la tipologia di insorgenza
della stipsi. Le forme acute di stipsi
o le forme associate ad emissione di
sangue devono destare molto sospetto
e vanno rapidamente indagate.
La stipsi si manifesta con:
• evacuazione una o due volte la setti-
•
•
•
•
•
•
mana e solo con l’ausilio di lassativi
e clisteri
necessità di digitazione
sensazione di incompleta evacuazione
evacuazione frazionata (avviene più
volte durante la giornata)
necessità di spingere molto
impiego di molto tempo sul water
(più di 15 minuti)
senso di peso rettale o perineale
Lo studio della stipsi richiede oltre
alla visita, l’esecuzione di alcuni esami al termine dei quali lo specialista
formula una diagnosi, classificando la
stipsi in forme che dipendono da un
transito rallentato delle feci nel colon
oppure che dipendono da una defecazione ostruita. Quest’ultima, è causata da un problema inerente al retto ed
al canale anale, cioè dalla parte finale
dell’apparato digerente e non da errate abitudini di vita.
La causa principale è dovuta ad un
prolasso della mucosa o della parete
intera del retto verso l’ano che crea un
ostacolo al passaggio delle feci. Altre
volte la muscolatura del retto si sfianca
creando una tasca chiamata rettocele
che, nelle donne, protrude verso la vagina. Il problema principale dunque è
quello di un prolasso del retto che va
rimosso per riportare la situazione alla
normalità anatomica.
Oggi, è possibile risolvere questo
fastidioso problema con un nuovo intervento poco doloroso e che necessita
di pochi giorni di ricovero. L’intervento
si chiama S.T.A.R.R. (Stapled Trans
Anal Rectal Resection) ovvero resezione per via transanale del prolasso rettale con una suturatrice. L’intervento
consiste nell’asportare i tessuti prolassati che ostacolano la defecazione con
l’ausilio di una suturatrice meccanica,
senza incisioni chirurgiche esterne, lavorando attraverso l’ano e ricostituendo un retto anatomicamente normale.
L’intervento di 45 minuti circa può
essere eseguito anche in anestesia
spinale. Il decorso postoperatorio richiede circa due giorni di degenza, è
caratterizzato da un dolore molto tollerabile se non addirittura assente, un
rapido tempo di ripresa del paziente
ed un precoce ritorno all’attività lavorativa. La letteratura scientifica sull’argomento è concorde nell’affermare
che l’accuratezza dello studio preoperatorio e la corretta indicazione chirurgica sono direttamente proporzionali
alla buona riuscita dell’intervento che,
per questi motivi, deve essere eseguito
in centri specializzati. La Società Italiana Unitaria di Coloproctologia (SIUCP)
da anni segue con attenzione queste
problematiche. Ulteriori informazioni
possono essere reperite sul sito www.
siucp.org
Cristiano Finco
Direttore Chirurgia Valdagno
territorio
Insieme per Voi
L’autonomia delle persone con disabilità
L’
vamente riscontrata fino ad oggi. In questi anni l’Associazione ha ampliato le attività del “Programma Autonomia” che
consiste nel portare le persone a svolgere i più normali gesti
di vita quotidiana, che possono essere lo shopping al centro
commerciale piuttosto che un pomeriggio al cinema, per una
volta senza la presenza e l’aiuto dei genitori o di quelle persone che, di solito, li accompagnano nel quotidiano. Sono
momenti molto importanti perché queste persone devono
gestire le loro scelte, non sono condizionate nel dialogo e nel
comportamento, socializzano tra di loro e con gli altri in maniera diversa. Questo è solo il primo passo verso il concetto
più profondo di autonomia che è quello a cui comunemente
non si fa caso perché concerne cose abitudinarie: un lavoro
retribuito, un ambiente nel quale ci si muove con facilità,
gli amici, la costruzione di una famiglia, ma anche gesti più
piccoli della quotidianità quali fare la spesa, gestire il denaro, fare piccoli spostamenti, guidare un mezzo. Il “Programma Autonomia” ha quindi lo scopo di aiutare i ragazzi
e, in genere, le persone in difficoltà, a cercare di superare
gli ostacoli, innumerevoli e spesso subdoli, che possono incontrare continuamente e, soprattutto, far loro capire che la
conquista di un certo grado di autonomia e indipendenza è
possibile sempre, a qualsiasi livello.
Verena Sonderegger
Presidente Associazione “Insieme per Voi”
per informazioni
“Insieme per Voi”:
Via Carpaneo 25 - 36073 Cornedo Vicentino
tel. 0445/952049
e-mail: [email protected]
giugno 2010
avventura dell’associazione INSIEME PER VOI inizia alla fine degli anni ’90 grazie ad un gruppo di amici,
genitori di ragazzi diversamente abili, che condividono le
difficoltà e le problematiche quotidiane comuni alle famiglie.
I ragazzi frequentano già i vari centri diurni, gestiti da CEOD
o Cooperative, strutture che permettono loro un inserimento
sociale attraverso lo svolgimento di attività importantissime e
molto utili. Tutto parte dalla necessità di organizzare una gita
annuale in modo che famiglie e ragazzi abbiano la possibilità di visitare luoghi, città d’arte, musei e manifestazioni. Per
i primi due anni sono i genitori ad organizzare ogni dettaglio
della gita; l’esperienza è positiva ed il numero degli iscritti
aumenta. Allora prende corpo l’idea di un’associazione con
un consiglio direttivo che decida sulle modalità di organizzazione delle varie attività e nel 2001 nasce “Insieme X Voi”.
In base al proprio statuto l’associazione si pone i seguenti
obiettivi:
• condividere i problemi dei più sfortunati cercando di risolverli o quanto meno alleviarli, chiedendo aiuto e solidarietà per affrontare le situazioni più svantaggiate degli
associati;
• favorire l’aiuto vicendevole fra gli associati tramite opere,
parole e fornendo anche un aiuto economico;
• aiutare e sostenere i genitori degli associati impediti, per
malattia o altri gravi motivi, ad accudire il proprio familiare;
• organizzare attività ludiche e culturali, turistiche e sociali,
occasioni di svago e divertimento;
• ricerca di soluzioni alle varie problematiche inerenti l’inserimento nel mondo del lavoro.
L’Associazione vede iscritte ad oggi circa novanta persone
fra ragazzi e adulti diversamente abili, numero che aumenta
di anno in anno. Si avvale della collaborazione di più di trenta
volontari che, a turno, garantiscono due giorni al mese (di
solito il sabato) di attività varie. L’attività si divide in due parti:
il programma classico, aperto a tutti, ragazzi e genitori, che
consiste nell’organizzazione di gite, visite a musei o mostre
e il “Programma Autonomia” che l’Associazione considera
il proprio fiore all’occhiello, un progetto iniziato nel 2002 e
che prosegue vista l’importanza non solo teorica ma effetti-
17
territorio
Vittime di tratta
Un numero verde per aiutarle
L
a tratta di persone a scopo di sfruttamento, la riduzione e il mantenimento in schiavitù o in servitù delle stesse
rappresenta una gravissima violazione dei fondamentali diritti
umani, riconosciuta dalla normativa internazionale, europea e
nazionale. Dal mese di dicembre 2008 il Comune di Venezia,
su incarico della Presidenza del Consiglio dei Ministri – Dipartimento per i Diritti e le Pari Opportunità, ha avviato il Progetto
“COMUNITÀ LOCALI CONTRO LA TRATTA: una Rete per il
Territorio del Veneto”, il cui obiettivo è quello di dare attuazione al programma di assistenza previsto dall’art. 13 della legge
11 agosto 2003 n. 228 recante misure contro la tratta di persone. Tali fenomeni infatti, per quanto sommersi, sono sempre più capillarmente diffusi nei contesti locali del territorio
italiano e chiamano in campo la responsabilità delle istituzioni,
della società civile e delle comunità locali. 800 290 290
è il numero verde del servizio di prima assistenza telefonica,
gratuito e garante dell’anonimato istituito a beneficio delle persone vittime di tratta a scopo di sfruttamento sessuale, lavoro
forzato, accattonaggio e più in generale nell’ambito delle economie illegali. Il numero è attivo tutti i giorni dell’anno 24 ore
su 24 e assicura l’accoglienza della richiesta di informazioni
e/o di aiuto delle chiamate pervenute da tutto il territorio nazionale. È rivolto alle persone adulte e minori a partire dai 16
anni di età, straniere
e italiane direttamente coinvolte in situazioni di sfruttamento
e che chiedono di
uscire dai circuiti di sfruttamento
o ma anche a tutte quelle soggettività, quali servizi sociali, sanitari, forze dell’ordine,
associazionismo, privati cittadini che nell’ambito delle proprie
attività entrano in una relazione d’aiuto con una potenziale
vittima di tratta e grave sfruttamento e che chiedono informazioni sulle possibili forme di sostegno, nonché sulle varie
tematiche connesse alla tratta. Il Servizio, strutturato mediante
una Postazione Centrale e 14 Postazioni Periferiche a valenza regionale o interregionale, svolge un’attività garantita da
operatori esperti nell’ambito degli interventi sulla tratta, i quali
ricoprono la funzione di mediazione linguistico-culturale in diverse lingue (inglese, francese, spagnolo, albanese, romeno,
russo/bielorusso/ucraino, moldavo, nigeriano, arabo e cinese).
La protezione e la sicurezza delle vittime, le investigazioni e le
indagini, il perseguimento dei reati, la condanna dei trafficanti,
rappresentano le misure di contrasto definite dalla strategia
di lotta alla tratta che per essere efficace richiede il coinvolgimento di tutta la società civile.
I progetti
per la Vita Indipendente
giugno 2010
I
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progetti per la Vita Indipendente
sono realizzati da persone adulte che
hanno una grave disabilità motoria, ma
che sono in grado di decidere consapevolmente per tutto ciò che riguarda la
loro vita. Il termine “Vita Indipendente”
Un’importante opportunità per le persone
adulte con disabilità motoria grave
si riferisce in senso stretto a quanto delineato nel 2004 dalla Regione Veneto,
sulla scorta della Legge 162/98. “Vita
Indipendente” nasce da un movimento
sviluppatosi in California a partire dagli
anni sessanta, cresciuto con esperien-
ze nordamericane ed europee, di forte
affermazione dei diritti delle persone
con disabilità a poter gestire con autodeterminazione la propria vita. Vita
Indipendente non vuol dire vivere da
soli, ma soprattutto decidere per sé,
territorio
N
el mio quotidiano, mi trovo ad
interagire con i vari cicli della vita della donna. Incontro le ragazzine con le
difficili problematiche adolescenziali, la
donna gravida perché sono un'ostetrica,
e tutte quelle che vivono la fase in cui
la giovinezza gradualmente finisce e si
trovano ad affrontare quel cambiamento fisico ed emotivo della menopausa.
Di menopausa ne parlava già Ippocrate,
sono stati rinvenuti dei testi che descrivevano alcuni cambiamenti legati alle
ossa, anche se erano poche le donne
che sopravvivevano fino a questa fase
della loro vita. Oggi, la prospettiva di vita
della donna si è notevolmente allungata
e ha più possibilità di trascorrere circa
35/40 anni della propria esistenza in
questo periodo, un periodo legato alla
paura e all’idea di invecchiare. Questo
passaggio è tutt’altro che indolore, e
richiede una presa di coscienza in cui
saper reinventare tutto ciò di cui si dispone, qualcuna è in grado di farlo da
sola, altre si rivolgono al Consultorio in
con un contratto di lavoro, nel rispetto
della normativa vigente. Non è prevista la possibilità che vengano assunti
parenti e affini come assistenti personali. La titolarità e la responsabilità
nella scelta e nella gestione del rapporto di lavoro è esclusivamente del
richiedente. A suo carico sono anche
gli oneri assicurativi e previdenziali riguardanti gli assistenti impiegati”. Una
novità a cui molti non erano preparati, a partire dalle stesse persone con
disabilità e dai loro familiari. In alcuni
casi le aspettative delle persone richiedenti non rientravano tra i presupposti
della Vita Indipendente. È stato così
proposto un rapporto di dialogo con la
persona per orientare nel tempo e con
gradualità verso progetti effettivamente rispondenti alle finalità della Vita In-
dipendente. Abbiamo visto che alcune
persone, anche con elevata gravità,
sono riuscite a modificare la loro organizzazione assistenziale, ad affermare
maggiormente la propria soggettività o
ad affrancarsi da modelli di dipendenza relazionale da servizi e da familiari.
In altri casi ciò sta avvenendo con lentezza, oppure c’è stata una rinuncia
consapevole. La Vita Indipendente è
una concezione culturale che ha un
forte potenziale di cambiamento, perché rimette in gioco le relazioni della
persona con il suo ambiente di vita, a
partire da quello più strettamente personale e familiare. È una concezione
di grande significato culturale per tutti.
Sabina Bollori
Coordinatore Disabilità in Età Adulta
Una nuova
stagione della vita
cui lavoro, hanno mille dubbi e domande, perché hanno un forte desiderio di
conoscere, di capire se questi mutamenti sostanziali sono normali. Ritengo
importante a questo scopo proporre un
lavoro di gruppo, in cui le donne sono
più attive e in grado di cooperare con il
cambiamento del loro corpo.
Le finalità di questo lavoro sono:
1) riconoscere e far capire la complessità dei fenomeni che si verificano in
menopausa;
2) far capire le manifestazioni sintomatiche e le diverse implicazioni emotive
manifeste o latenti;
3) abbattere falsi miti e valutare i fattori
relazionali;
4) trattare gli specifici problemi medici
con la presenza della ginecologa;
5) proporre nuovi stili di vita, in modo
da migliorare lo stato di benessere della
donna.
È indispensabile, quindi, sostenere
le donne offrendo loro conoscenza e
competenza, aiutandole in quella crescita interiore che acquista il significato
di abbandonare uno stato conosciuto
per entrare in uno stato nuovo, e soprattutto far comprendere che la menopausa non è una malattia ma una “nuova
stagione della vita”.
Adelia Maccagnan
Ostetrica Consultorio Familiare
giugno 2010
non delegare ad altri le proprie scelte
e la propria volontà. È una prospettiva
di maggiore libertà nonostante la disabilità, dà una diversa qualità del vivere
e delle relazioni. Significa poter gestire
autonomamente anche la propria assistenza assumendo direttamente i collaboratori, concordando con loro orari,
mansioni e retribuzione, curando la
loro formazione. Elemento chiave è la
consapevolezza, definita come “consapevolezza del richiedente nella gestione
del piano personalizzato con precisazione delle richieste, tempistica, descrizione e quantificazione delle necessità
di assistenza personale, relativi costi e
diretta assunzione di responsabilità”.
Inoltre, “l’interessato sceglie autonomamente i propri assistenti personali
ed è tenuto a regolarizzarne il rapporto
19
territorio
L’atelier
di arteterapia
giugno 2010
N
20
el 2006, presso l’Ospedale
vecchio di Valdagno, è stato istituito
un Centro pubblico per alcolisti che
attua trattamenti riabilitativi intensivi
in tempi medio-brevi, all’interno del
quale è stato attivato un atelier di arteterapia. Questa struttura, che accoglie
attualmente pazienti in programma
diurno, ha la possibilità di attivare, a
breve, quattro posti letto per utenti residenti nell’Ulss 5.
COS’È L’ARTETERAPIA? È una metodologia di intervento terapeutico che,
utilizzando le tecniche e la decodifica
dell’arte grafico-plastica, ha l’obiettivo
di ottenere dai pazienti manufatti che
racchiudono pensieri ed emozioni che,
messi a fuoco nel percorso di atelier, diventano simboli comunicabili. Il manufatto dà protezione e contenimento e,
pur rispettando i meccanismi di difesa,
attiva risorse creative, emozioni da elaborare e capacità residue individuali.
Il processo creativo dà la possibilità a
ciascuno, in particolari condizioni ambientali, interne ed esterne, di lasciare
emergere contenuti ed immagini resi
concreti e visibili attraverso la modellazione del materiale. L’arteterapeuta
ha il compito di accompagnare l’utente nella scoperta del “fare artistico” e
di sostenere con la verbalizzazione la
consapevolezza di quanto espresso
nella forma artistica. L’arteterapia è
uno strumento complementare di
diagnosi e cura assieme alle forme
di terapia più convenzionali. L’Atelier
di Valdagno fa riferimento alla prassi
teorica e metodologica di Arteterapia
del Modello Polisegnico elaborato da
per informazioni
Servizio per le Dipendenze
di Valdagno e Alcologia
Via G. Galilei, 3- Valdagno
Tel 0445 423384
Fax 0445 423211
e-mail: [email protected]
oppure [email protected]
Achille
De G
Gregorio.
Nasce neglili St
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Uniti, negli anni ’40, si sviluppa principalmente nei Paesi Anglosassoni. In
Italia si parla di arteterapia dagli anni
’80, ed è una disciplina avente natura
multidisciplinare (artistica, psicologica,
educativa).
I DESTINATARI dell’intervento arteterapeutico, nel Dipartimento Dipendenze, sono i pazienti che stanno
seguendo un programma terapeuticoriabilitativo presso il Servizio e pazienti
che hanno concluso un programma di
tipo ambulatoriale o residenziale, sempre in condizione di astinenza dall’uso
di sostanze alcoliche.
PERCHÉ È UN INTERVENTO EFFICACE
• migliora la fiducia in se stessi e l’autostima in quanto l’attività creativa
integra i diversi aspetti del nostro es-
sere (fisico, psichico, relazionale) ed
attiva le risorse del paziente.
• può ridare un senso di autocontrollo
e padronanza, introducendo in una
situazione di dipendenza da sostanze stupefacenti e/o psicotrope, una
possibilità di scelta autonoma.
• il paziente trova un modo di avvicinarsi alle proprie emozioni attraverso una lenta sperimentazione
per poi confrontarsi con un oggetto-immagine tangibile, attraverso
il quale ristabilisce un dialogo con
aspetti autentici di se stesso. Tradurre emozioni, esperienze o ricordi
in linguaggio visivo può essere un
modo di comunicare più efficace e
meno minaccioso della parola.
• è un intervento individualizzato
e non si focalizza sul consumo di
alcol ma sulle dimensioni di esperienza più generali che riguardano
la rappresentazione di sé e la relazione con le persone significative.
QUANDO E DOVE? L’atelier di arteterapia situato presso l’Alcologia di
Valdagno in Via Galilei 3, si svolge
con cadenza settimanale ed ha durata di due ore. Normalmente l’attività
si svolge in un piccolo gruppo (8-10
persone). Attualmente il gruppo di
arteterapia è costituito da 12 partecipanti: 8 stanno seguendo il progetto
terapeutico-riabilitativo “Icaro”, e 4
hanno scelto di continuare la frequenza all’atelier anche dopo la conclusione del percorso.
Fabiola Coccato
Arteterapeuta - Assistente Sociale
territorio
Integrazione scolastica
degli alunni con disabilità
residenti nell’ULSS 5
a procedura per gli alunni che necessitano di sostegno per l’integrazione scolastica è stata modificata dalla
legge 27 dicembre 2002 n. 289 (legge finanziaria 2003).
L'art. 35 comma 7 di tale legge prevede che all’individuazione dell’alunno come soggetto in situazioni di handicap
provvedano le Aziende Sociosanitarie locali sulla base di accertamenti collegiali (UVMD), con modalità e criteri definiti
con apposito DPCM del 23 febbraio 2006 n. 158 nonché
con recenti Deliberazioni della Giunta Regionale n. 2248
del 17 luglio 2007, n. 4588 del 28 dicembre 2007 e nota
esplicativa del 10/01/2008 prot. n. 15840. Questa Azienda
Ulss per rispondere ai nuovi indirizzi normativi Nazionali e
Regionali ha attivato, con Delibera del Direttore Generale
n. 173 del 02/04/2008, presso la Direzione di Distretto a
Montecchio Maggiore l’Ufficio Integrazione Scolastica con
il compito di organizzare l’UVMD (Unità di Valutazione
Multidimensionale Distrettuale) e di seguire l’istruttoria e le
procedure relative alle domande di integrazione scolastica.
Il procedimento di richiesta di certificazione, ai fini dell’integrazione scolastica per gli alunni in situazione di handicap, prevede la compilazione della domanda da parte dei
genitori, o degli esercenti la potestà genitoriale all’Ufficio
integrazione scolastica dell’Aulss di residenza. La domanda
deve essere accompagnata da documentazione medica e/o
psicologica di strutture pubbliche o private convenzionate
che riportino la diagnosi clinica, definita con il sistema di
classificazione ICD-9/ICD-10 e con l’indicazione se si tratta
di patologia stabilizzata o progressiva. L’UVMD dell’Aulss,
sulla base della documentazione presentata, redige in forma collegiale il verbale di accertamento ai fini dell’integrazione scolastica, sottoscritto da tutti i componenti. Tale verbale viene inviato a domicilio dell’utente e, in caso di delega,
l’ufficio provvede anche all’invio alla scuola. Nella tabella
n. alunni con certificazione
per integrazione scolastica
a.s. 2009/2010
772
Origine italiana 72%
Origine straniera 28%
sottostante sono riportati alcuni dati riguardanti l’anno scolastico 2009/2010. Gli alunni disabili che hanno usufruito
di integrazione scolastica sono stati 772, di cui 35 hanno
una disabilità di tipo sensoriale (uditiva/visiva) e 164 hanno necessitato dell’assistenza specialistica di un Operatore
socio-assistenziale (OSS).
Venceslao Ambrosini
Laura Vignaga – Stocchero Eliana
Unità Operativa Materno Infantile
per informazioni
UOC Materno Infantile - Ufficio integrazione scolastica
Via Cà Rotte, 9 - 36075 Montecchio Maggiore (VI)
Tel 0444.708155 - Fax 0444.708151
E-mail: [email protected]
Pec:[email protected]
Di cui alunni con
disabilità sensoriale
(uditiva/visiva)
Di cui alunni che necessitano
di assistenza specialistica
(Operatore socio-assistenziale)
35
164
giugno 2010
L
21
territorio
Storie
di straordinaria normalità
giugno 2010
S
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i è svolta recentemente la manifestazione di presentazione del “Progetto Take Time” nella sala Cappuccini
di Arzignano di fronte ad una platea di
200 persone e alla presenza delle autorità locali. “Take Time” è frutto della
sinergia nata e cresciuta nel tempo tra
l’ULSS 5 e vari attori sociali, in primis
l’associazione italiana dei familiari dei
pazienti psichiatrici (A.I.T.Sa.M.) che
attraverso il Centro di Servizio per il Volontariato della Provincia di Vicenza ha
sostenuto con idee e contributi il Centro
Arcobaleno per questa manifestazione.
Il Centro Arcobaleno, nell’ambito dei
progetti di prevenzione e sviluppo di
una cultura positiva della salute mentale nel territorio, ha avviato per l’anno 2009 questo progetto, come atto
e simbolo di prendersi cura di sé in
uno spazio di pensiero, riflessione e
attenzione alla persona. Dopo aver
proposto negli anni precedenti il tema
della prevenzione, della cura della malattia mentale, del percorso post-cura
e della rete sociale come costruzione
di una mentalità positiva attraverso la
pubblicazione dell’agenda della salute mentale, è emersa sempre più la
necessità, nei percorsi di riabilitazione dalla malattia mentale, di riuscire
ad ottenere con gli utenti, anche i più
abili, una capacità tenuta nel tempo
delle abilità acquisite. Questo riguarda sia le abilità individuali e sociali più
semplici come la cura del sé, l’ordine
e le relazioni interpersonali, sia le abilità più complesse come mantenere
la cura della propria immagine, della
propria casa e del proprio luogo di la-
voro. È nata pertanto l’idea di attivare con gruppi selezionati dei percorsi
multimediali sul tema di riuscire a
man-tenersi nel tempo. Da marzo a
settembre operatori e utenti del Centro Arcobaleno si sono impegnati nella realizzazione combinata di diverse
espressioni artistiche del tema Take
Time – tieni il tempo: il gruppo Amici
del Pennello ha realizzato un calendario da muro dal titolo “Percorrendo
il nostro tempo, dal grigio del passato ai colori del futuro”, il gruppo Foto
ha realizzato un calendario da tavolo
fotografico “È tempo di…”, il gruppo
Musicalmente, o meglio la Musicalmente Band, ha inciso un singolo, “…
e voglio tempo”, con il quale si è esibito live il giorno della manifestazione,
e il gruppo Storie si è cimentato nella
scrittura di un libro a più a mani. Il titolo del libro, a cura di Stefano Zanolini,
è “Storie di straordinaria normalità” e
in esso molte persone si raccontano e
raccontano storie diverse, impegnative, a volte dolorose e a volte più gioiose che in fondo parlano anche di noi,
di tutti noi. Il Centro Arcobaleno da 14
anni opera nel campo della riabilitazione di giovani con difficoltà psichiche e
molti di loro hanno riacquistato quelle
abilità individuali, sociali e relazionali
che hanno permesso di ritornare a
lavorare, vivere in appartamenti autogestiti e rientrare in famiglia con
la soddisfazione dei loro congiunti.
Il progetto Take Time ha ancora una
volta sottolineato come dalla malattia
mentale si può uscire e riprendere il
proprio percorso di vita attiva, di cit-
tadini produttivi e straordinariamente
normali. Tutto questo è frutto del lavoro dell’équipe dell’Arcobaleno che
con tenacia si è posta l’obiettivo di
realizzare un mondo attuale e futuro
in cui prenderci più cura della nostra
salute mentale e al tempo stesso considerare prezioso e rispettoso difendere la salute mentale di tutti i cittadini.
Alessandra Belfontali
Stefano Zanolini
Centro Arcobaleno
territorio
Il Centro Diritti del Malato
festeggia 20 anni di attività
della popolazione e le malattie che lo accompagnano richiedono cure intermedie, rivolte a persone che, superata la fase acuta della malattia, necessitano ancora di una
fase di osservazione. L’Ospedale di Comunità di Valdagno,
inaugurato il 19 febbraio 2007 e dotato di 15 posti letto,
ha ricoverato finora 478 pazienti, permettendo di predisporre programmi terapeutico-assistenziali personalizzati.
Il dott. Vincenzo Cordiano (ematologo presso il reparto di
medicina dell’Ospedale di Valdagno) ha illustrato i recenti
progressi nella terapia delle malattie del sangue, accennando ai fattori di rischio, alle modalità di prevenzione ed
alla diagnosi precoce di alcune forme tumorali che originano dalle cellule del sangue. Si è inoltre soffermato su nuovi
farmaci che hanno un meccanismo d’azione che permette
di uccidere solo le cellule malate senza gli effetti collaterali
della chemioterapia. La serata si è conclusa con un brindisi offerto da COOP Veneto, che ha favorito un ulteriore
scambio di idee tra i numerosi presenti.
Valeria Sandri
Centro Diritti del Malato
Valle dell’Agno
giugno 2010
I
l 7 aprile 1989 nell’ufficio di un notaio valdagnese si
incontrarono nove persone, in parte “addetti ai lavori”, ma
soprattutto semplici cittadini, per l’atto costitutivo del Centro Diritti del Malato della Valle dell’Agno. Vent’anni dopo, il
20 gennaio 2010, il Centro ha festeggiato la sua attività con
una serata in sala Soster (gentilmente concessa dall’Amministrazione Comunale di Valdagno). Non si è trattato di
autocelebrazione, ma di un momento importante per fare
il punto sulla situazione e presentare le prospettive future. Dopo i saluti del Presidente Giampietro Massignani, si
sono susseguite alcune relazioni ed è stata anche presentata una nuova associazione di volontariato che si chiama
A.V.V.I.E.N.E. (Associazione Volontari Valdagnesi Impegnati per le Emopatie e l’Emostasi), le cui finalità sono state
illustrate dal Presidente Dario Savi. La relazione di apertura
è stata tenuta da Valeria Sandri, una delle fondatrici del
Centro ed attuale componente del Direttivo del Centro Diritti del Malato, che ha ricordato il cammino preparatorio
e le riflessioni che lo hanno accompagnato. L’obiettivo di
fondo dello Statuto, cioè il rispetto dei diritti del malato, è
riassunto in quattro verbi: collaborare, vigilare, garantire,
promuovere. In questi vent’anni di attività ininterrotta, si
sono assicurate l’apertura della sede, la raccolta di segnalazioni, il contatto con i soci, nel desiderio sempre vivo di
crescere e di dare voce alle componenti deboli della società perchè il diritto alla salute (intesa come benessere
psico-fisico) sia garantito a tutti. Sono seguite tre ricche
relazioni, che non è facile riassumere: il dottor Guido Novella (Consigliere Comunale di Valdagno con delega alle
politiche sanitarie) si è interrogato su come sono cambiati
i diritti in questi vent’anni, presentando il nuovo modello
di ospedale, l’esplosione di cronicità ed invecchiamento,
i nuovi problemi legati al razionamento delle spese, alle
liste d’attesa, all’invadenza del mercato farmaceutico, invitando ad un giusto equilibrio tra risorse, ragione ed etica,
nel quale la partecipazione dei cittadini ha ancora molto
da dire. La dott.ssa Paola Peruzzo (referente dell’Ospedale
di Comunità di Valdagno) ha descritto questa nuova struttura territoriale che prevede la gestione di posti letto da
parte dei medici di medicina generale. L’invecchiamento
23
territorio
Internet
e cellulari
Strumenti da conoscere
per educare
giugno 2010
I
24
l “telefonino” ha rivoluzionato il
modo di comunicare tra le persone. Se
inizialmente il cambiamento consisteva
nell’aver collocato il telefono vicino alla
persona, nel corso del tempo il cellulare
è diventato uno strumento di connessione con una comunità sempre più
vasta. Telefonate, sms, mms, giochi,
posta elettronica, internet, ora tutto questo è accessibile dalla telefonia mobile.
Il computer fa parte della nostra vita,
è entrato nelle nostre case con grande
facilità, i più giovani desiderano imparare, giocare e comunicare con questo
strumento ricco di colori, immagini e
suoni. Internet è diventato un vero e
proprio mondo parallelo, da esplorare
con interesse come si fa con il mondo reale. L’attenzione educativa verso
questi strumenti, che hanno assunto la
posizione di autentici mass media, non
può essere sottovalutata: sempre più TV
e Internet stanno assumendo la valenza
di una terza agenzia educativa, accanto
alla famiglia e alla scuola. Certamente il
Web è ricco di risorse interessanti: siti,
chat, blog, giochi on line, ma nasconde
anche dei pericoli. È necessario che i
genitori conoscano maggiormente il funzionamento di Internet e l’attrattiva che
esercita sugli adolescenti. È necessario
che i genitori esplorino Internet restando
al fianco dei figli, insegnando loro come
affrontarne i rischi. Dovrebbero essere
incentivati i progetti che mirano a creare
una nuova e attiva cultura della sicurezza nella navigazione sul Web negli studenti fin dalla scuola primaria, nonché
nei loro genitori. Internet, è uno stru-
mento sempre più utilizzato dai giovani
perché rappresenta una straordinaria
opportunità di informazione, apprendimento, svago e comunicazione.
Oltre ai vantaggi, vi sono anche i
difetti: violenza, razzismo, pornografia,
pedofilia in chat, forum apparentemente innocui o linee telefoniche a pagamento mascherate dietro a siti Web. I
genitori, dopo aver esplorato i vari siti
e valutato i contenuti, possono dare indicazioni ai propri figli dei pericoli potenziali che si nascondono in Rete. Per
poter parlare con franchezza ai ragazzi
è indispensabile essere a conoscenza
degli argomenti e del funzionamento
di Internet. Si tratta di un campo nuovo
ma sempre più vasto e rilevante. La crescita esponenziale di Internet in pochissimi anni ha cambiato per sempre la
società umana rivoluzionando il modo
di relazionarsi delle persone come quello di lavorare. I suoi utenti, in costante crescita, nel 2008 hanno raggiunto
quota 1,5 miliardi e, visto l’attuale ritmo
di crescita, si prevede che saliranno a
2,2 miliardi nel 2013 (Rapporto Forrester, luglio 2009, Key4biz.it®).
Ecco alcune regole di base, da
condividere con i figli, per un uso sicuro di Internet, altre si possono trovare sul sito della Polizia Postale e delle
Comunicazioni:
• Mai dare informazioni personali,
quali nome, indirizzo, numero di te-
lefono, età, razza, entrate familiari,
nome e località della scuola, o nome
degli amici.
• Mai consentire di usare una carta di
credito on line senza il vostro permesso.
• Mai condividere le password, neanche con gli amici.
• Mai accettare un incontro di persona
con qualcuno conosciuto on line.
• Mai rispondere a un messaggio che
faccia sentire confusi o a disagio.
Meglio ignorare il mittente, terminare la comunicazione e riferire quanto
accaduto immediatamente a voi o ad
un altro adulto di cui si fidano.
• Mai usare un linguaggio offensivo o
mandare messaggi volgari on line.
L’unità di Prevenzione del Dipartimento delle Dipendenze dell’ULSS 5
sta approfondendo le tematiche della
sicurezza in Internet data la rilevanza
di temi quali, l’incentivazione spesso mascherata all’uso di sostanze e a
comportamenti a rischio sul Web; basti
considerare che, dal 2006 i siti a favore
dell’anoressia e bulimia sono aumentati
del 470%, le pagine violente del 120%,
quelle razziste del 70%, quelle a favore della droga del 62% e la pornografia
infantile del 18% (Report Optnet 2008
International Internet Trends Study).
Gianni Zini
Responsabile Dipendenze Patologiche
territorio
Fornitura di farmaci
a domicilio a pazienti
in assistenza domiciliare
I
n data 26 maggio 2010, presso la Direzione Generale
dell’Ulss 5 è stata firmata con l’Associazione dei titolari di farmacia “Federfarma” di Vicenza una convenzione per la fornitura di farmaci a pazienti in assistenza domiciliare integrata
(A.D.I.).
La convenzione ha per oggetto la regolamentazione della
fornitura ai pazienti inseriti in assistenza domiciliare integrata
ADIMED profilo D, in particolare per tutti i farmaci nelle fasce
“A”, cioè quei farmaci ritenuti essenziali, a carico del Servizio
Sanitario Nazionale, i farmaci di fascia “C” e i farmaci “SOP”
(senza obbligo di prescrizione medica).
Con il termine ADIMED si intende una forma di assistenza
domiciliare destinata a pazienti portatori di patologie gravi che
si trovano in una condizione di notevole dipendenza sanitaria
e che richiedono una elevata intensità di assistenza prestata
da più figure professionali.
La prescrizione è effettuata dal Medico di Medicina Generale che ha in cura il paziente. La ricetta compilata in ogni sua
parte non comporterà alcuna compartecipazione alla spesa
da parte del cittadino. La scelta della Farmacia sarà liberamente effettuata dal paziente esclusivamente su quelle operanti nel territorio dell’Ulss 5.
L’educazione
alla salute siamo noi
Incontro del 09.11.2009
Donata Cecchinato
Promozione ed Educazione alla Salute
Su questo tema così attuale e fonte di crescenti preoccupazioni da parte degli adulti, il Servizio di Promozione
Educazione alla Salute sta programmando per i mesi
di ottobre e novembre 2010 tre serate di sensibilizzazione, una per ciascun Punto Salute, rivolte a genitori,
insegnanti, educatori. È sempre più evidente infatti la
necessità di promuovere nei ragazzi un uso positivo delle
nuove tecnologie e di sensibilizzarli ai temi della responsabilità e della sicurezza on line. Per questo è importante
per i genitori “stare al passo con i tempi”, cioè conoscere
come i figli utilizzano tali nuove tecnologie, i significati
e i possibili rischi che ne derivano. Lo scopo di queste
serate è pertanto quello di produrre un confronto su tali
temi e, soprattutto, di fornire ai genitori alcuni consigli
pratici per affiancare i figli e parlarne con loro in modo
consapevole e aggiornato.
giugno 2010
I
l Servizio di Promozione Educazione alla Salute ha organizzato lo scorso 9 Novembre 2009 un incontro dal titolo “L’EDUCAZIONE ALLA SALUTE SIAMO NOI: Patto di corresponsabilità educativa tra le Scuole, le Comunità Locali e l’Ulss 5”. Si
è riflettuto sui principi teorici che governano l’educazione alla
salute al giorno d’oggi, in rapporto alle esperienze quotidiane
nelle scuole. Nell’incontro, è stata evidenziata la necessità di
concepire l’educazione come un “bene comune” che riguarda la famiglia, la scuola, il contesto extrascolastico perchè “…
per educare un bambino ci vuole un villaggio”. Tale evento, ha
rappresentato una significativa occasione di confronto per lo
sviluppo di alleanze comuni all’interno della comunità locale e
ha riscosso ampio consenso tra i partecipanti.
Le nuove tecnologie: guida per genitori
al “passo con i tempi”
25
territorio
Novità per le imprese
del settore alimentare
L’autorizzazione sanitaria non esiste più
C
giugno 2010
on Decreto n. 140 del 5 marzo
2008 la Regione Veneto ha disciplinato
le modalità per la “registrazione” ed il
“riconoscimento” delle imprese e degli
stabilimenti che operano nel settore alimentare, e che precedentemente sottostavano alla disciplina delle autorizzazioni e dei nulla-osta sanitari, previsti in
particolar modo dall’art. 2 della legge n.
283 del 1962. Viene introdotto quindi,
l’obbligo della “registrazione” e/o del
“riconoscimento comunitario”per le imprese e gli stabilimenti che trattano prodotti alimentari, che eseguono cioè una
qualsiasi delle fasi di produzione, trasformazione, trasporto, magazzinaggio,
somministrazione o vendita di alimenti.
Sono escluse dal campo di applicazione della nuova normativa:
• le attività di produzione primaria per
uso domestico;
• la fornitura diretta di piccoli quantitativi di prodotti primari dal produttore
al consumatore finale;
• la fornitura diretta di piccoli quantitativi di prodotti alimentari ai dettaglianti locali che forniscono direttamente il
consumatore finale;
• i cacciatori che, in assenza di strutture e attrezzature dedicate, forniscono
al consumatore o al dettagliante un
esiguo quantitativo di selvaggina.
L’impresa alimentare produttrice,
trasformatrice, di prodotti alimentari,
che vende e somministra al dettaglio,
26
N.B. La modulistica necessaria
alla Registrazione e al Riconoscimento
è scaricabile dal sito http://www.ulss5.it/
tutto_ulss5/dipart_prevenzione/pagina3622s_7.html
in possesso dei requisiti igienico-sanitari previsti dalla Norma (Reg. CE n.
852/04), deve richiedere la “Registrazione” presentando al Dipartimento
Funzionale dell’Alimentazione dell’Ulss
n. 5, la Dichiarazione di Inizio Attività
(cosiddetta D.I.A.), corredata dalla prevista documentazione. Le nuove attività
possono iniziare trascorsi 30 giorni dalla data del protocollo di presentazione
della DIA salvo aver ottenuto prima di
questa scadenza, il parere favorevole
a seguito del sopralluogo eseguito dagli operatori dell’Ulss 5. È necessario
presentare la DIA per ogni nuovo insediamento o attività e nel caso di variazioni della ragione sociale, del processo
produttivo e delle strutture/attrezzature
dello stabilimento. Con la Registrazione, l’Ulss rilascia alla Ditta e trasmette
al Comune di appartenenza, un attestato riportante un numero identificativo
dell’impresa che rimane unico e valido
per sempre. Diversamente il percorso per ottenere il “Riconoscimento”
è rivolto a tutti quegli stabilimenti che
trattano prodotti di origine animale
(carni, latte, formaggi, salumi, pesce)
da cedere ad altri operatori commerciali
e/o agli esercizi di commercio al dettaglio. In questo caso per iniziare l’attività è necessario essere in possesso dei
requisiti di legge e presentare specifica
domanda con relativa documentazione al Servizio Veterinario che rilascerà
il “Riconoscimento condizionato”. Il
Riconoscimento diventerà definitivo se
il Servizio Veterinario esprimerà parere
favorevole (esame di Audit), entro 90
giorni dalla data del precedente provvedimento provvisorio. L’azienda alimentare avrà quindi un proprio numero di
Riconoscimento (prima Bollo CE, ora
Approval Number) riportato in elenco
del Ministero della Salute e valido in tutta la Comunità Europea. Senza questo
Approval Number, l’azienda non potrà
produrre, lavorare, trasformare prodotti di origine animale, né esportarli, ma
solo venderli direttamente al consumatore finale. Queste importanti modifiche
normative avvengono in linea con il
“Principio di Semplificazione”, previsto
dalla normativa Europea, a tutto beneficio delle imprese e del corretto funzionamento del mercato nonché della
tutela dei consumatori.
Giancarlo Acerbi
Gaetano Cracco
Servizio Veterinario
prevenzione
HPV test e PAP test
tradizionale: è possibile una
informazione chiara e rassicurante?
omanda: Noi donne siamo, in
genere, particolarmente sensibili ai
problemi di igiene e di salute personale (il PAP test e la visita ginecologica sono per una donna adulta un appuntamento abituale), ma questa
sensibilità ci espone a situazioni di
ansia se non di vera e propria angoscia. Un’amica ha recentemente ritirato dal proprio ginecologo un referto
con il quale le veniva diagnosticata
una infezione da virus del papilloma
umano, ad alto rischio (HPV-16). Sono riuscita con molta difficoltà a rassicurarla. Ma è proprio giustificata la
sua preoccupazione?
Risposta: La domanda è chiara e
definisce un comune problema di cattiva comunicazione in sanità. Da specialista Patologo mi rendo conto dell’errore
che i medici commettono nell’utilizzare
aggettivi del tutto fuorvianti. Vediamo se
posso essere chiaro:
a) sono note decine di diversi HPV in
grado di infettare la nostra specie ma
solo alcuni tipi sono associati alla neoplasia e per questo definiti ad “alto rischio”;
b) l’infezione virale è comunissima e tutte le persone sessualmente attive vengono in contatto con diversi virus;
c) la maggior parte di queste infezioni
passa del tutto inosservata e lascia
all’ospite un’immunità (resistenza alla
reinfezione) efficiente;
d) momenti di debolezza e di caduta delle risorse immunitarie possono associarsi alla reinfezione e/o alla trasformazione
neoplastica (pensi a qualcosa di simile a
quello che accade con l’herpes);
e) la ripresa di un’infezione contratta
molti anni prima o una nuova infezione
non sono distinguibili. Non è quindi il caso di colpevolizzare il partner sessuale:
potrebbe non aver alcuna colpa;
f) la frequenza dell’infezione per caduta
delle difese immunitarie e l’occasione di
nuove infezioni con tipi virali diversi, si
traduce in un rischio maggiore di sviluppare una neoplasia del collo dell’utero;
g) non c’è praticamente neoplasia se
non c’è infezione da HPV;
h) la maggior parte degli individui ha
contratto nel corso della vita l’infezione,
ma sono rare le donne che sviluppano
una neoplasia.
Domanda: Appare quindi inappropriato parlare di HPV ad alto rischio,
termine che trasmette l’idea di un’infezione gravissima e da curare?
Risposta: Ritengo che lei abbia ragione; l’infezione è comune e in sé mai
grave. Può manifestarsi con una sterilità
passeggera o favorire fastidiose coinfezioni (una leucorrea da candida) ma nel
singolo soggetto, in genere, è asintomatica. Il PAP test documenta l’infezione in
atto (le cellule acquisiscono caratteri
morfologicamente tipici e sono definite
coilociti o SIL di basso grado*) ma nello
stesso tempo e nella stragrande maggio-
per approfondimenti:
ranza dei casi dimostra l’assenza di atipie a carattere pre-neoplastico (assenza
di displasia/CIN**).
Sono poche le donne che vanno incontro alla trasformazione pre-neoplastica ed ancora meno quelle che si ammalano di carcinoma.
Domanda: Ma se la trasformazione
neoplastica è un evento statisticamente raro e le nostre bambine hanno cominciato ad essere vaccinate contro
l’infezione da HPV16 e 18, perchè
continuare a fare il PAP test e il test
per la ricerca dell’HPV?
Risposta: È proprio il PAP test che
ha ridotto a numeri esigui i casi di carcinoma della cervice; ricordiamo che parliamo di una neoplasia grave, mortale,
comunque in grado di generare importanti sofferenze. Con l’introduzione del
test molecolare per l’HPV siamo oggi in
grado di migliorare la nostra capacità
diagnostica e di identificare tra le utenti,
quelle a maggior rischio. In base al rischio relativo sarà proposto un programma più o meno intenso di indagini.
Domanda: Una donna negativa per
l’HPV…
Risposta: …è una donna che non
rischia di ammalarsi di neoplasia della
cervice e che – nelle campagne di screening – sarà richiamata a un controllo a
tempi prolungati (ogni 4 o 5 anni).
http://win.osservatorionazionalescreening.it/comunicazione.php
a cura di IPAZIA, Arzignano (VI)
maggio 2010
http://forum.alfemminile.com/
forum/f211/__f3000_f211-100domande-sull-hpv.html
* dall’acronimo inglese: alterazione delle
cellule squamose di basso grado.
** dall’acronimo inglese: neoplasia
intraepiteliale della cervice uterina.
giugno 2010
D
A colloquio col Dr. Maurizio Lestani
27
prevenzione
giugno 2010
L
28
e vitamine sono essenziali per
il nostro organismo, svolgono funzioni
nelle reazioni enzimatiche di crescita
e di attività cellulare. Appartengono ad
una famiglia di sostanze organiche con
caratteristiche chimiche specifiche, che
nella maggioranza dei casi, devono essere fornite con la dieta. Le procedure
chimiche o fisiche di conservazione
degli alimenti sono responsabili di una
riduzione delle vitamine negli stessi. La
sbiancatura degli ortaggi con vapore o
acqua bollente prima della conservazione in salamoia determina, se mal eseguita, una perdita di vitamina C del 1016%, di vitamina B1 e B2 del 5-40%.
Ugualmente dannose sono la sterilizzazione, le radiazioni ionizzanti, la disidratazione, mentre minori perdite si hanno
con la liofilizzazione ed il surgelamento.
Esistono poi carenze vitaminiche iatrogene o dovute a malattie o ad abitudini
e comportamenti alimentari errati. Tra le
prime ricordiamo l’effetto antivitaminico degli antibiotici, degli antifolici, degli
antinfiammatori e antireumatici, degli
antidiabetici, degli anticonvulsivanti,
dei contraccettivi orali. Tra le seconde,
si pongono le malattie del canale alimentare, scelte alimentari errate, diete dimagranti, ecc. Tra le vitamine, un
posto di primo piano spetta senz’altro
alla vitamina D, di cui si distinguono
due forme attive, D2 e D3, considerate
anche ormoni per la loro attività nella
regolazione del metabolismo del calcio,
ne controllano infatti l’assorbimento intestinale e quindi svolgono un’attività
preventiva e curativa sul rachitismo del
giovane, sull’osteomalcia e osteoporosi
dell’adulto. Negli ultimi tempi, numerosi studi hanno visto la vitamina D come
protagonista in settori lontanissimi da
quelli del metabolismo del calcio e delle
ossa a cui è tradizionalmente legata. In
alcuni lavori è stato infatti ipotizzato un
ruolo protettivo nei confronti di alcuni
tipi di tumore, l’infarto miocardico, lo
scompenso cardiaco, l’Alzheimer e di
La vitamina D
Storiche certezze e nuove prospettive
alcune malattie autoimmuni come il
diabete mellito tipo 1 e la sclerosi multipla. Vi sono studi che hanno dimostrato un’attività immunomodulatrice
della sua forma attiva che si è rivelata
in grado di aumentare la tolleranza del
sistema immunitario. Uno studio sperimentale recentemente avviato, ha lo
scopo di valutare l’efficacia della vitamina D nel proteggere le cellule beta del
pancreas dei soggetti affetti da diabete
mellito di tipo 1 e consentire quindi una
remissione della malattia o quantomeno
un suo miglioramento metabolico, con
conseguente riduzione della quantità
di insulina da assumere. In attesa dei
risultati di questi studi che potrebbero
aprire nuove interessanti prospettive per
la vitamina D, il ruolo principe di questa
sostanza rimane comunque quello di
rafforzare le ossa e prevenire malattie
come il rachitismo nei bambini e l’osteoporosi negli anziani. Per prevenire una
carenza di vitamina D è necessaria una
dieta equilibrata (soprattutto olio di fegato di merluzzo ma anche prodotti caseari, fegato, pesci grassi come tonno o salmone e tuorlo d’uovo) ed una adeguata
esposizione al sole. Anche in Italia è
stata dimostrata una carenza di questa
vitamina in un’ampia parte di popolazione specie anziana, che nel 20% dei casi
si può considerare grave, ciò è verosimilmente legato al fatto che nelle nostre
città, da novembre a febbraio, i raggi del
sole arrivano con una lunghezza d’onda
inefficace perfino a mezzogiorno e gli
anziani non amano esporsi al sole nemmeno d’estate. Sono pochi ormai anche
i giovani che trascorrono almeno i due
mesi estivi interamente all’aria aperta,
quanto basta per accumulare scorte
per tutto l’anno. Diviene quindi importante cercare un’adeguata esposizione
ai raggi solari. Tenendo conto del colore
della pelle, per raggiungere una buona
dose di questa vitamina si consiglia almeno un quarto d’ora di sole al giorno,
ma se braccia e gambe sono coperti o
se il sole è velato dalle nuvole occorre
raddoppiare il tempo da passare all’aria
aperta, meglio se camminando, con
un sicuro doppio vantaggio: il miglioramento del buonumore e la prevenzione
dell’obesità.
Simonetta Lombardi - Responsabile
Diabetologia Endocrinologia
prevenzione
La gestione
della sicurezza dei lavoratori
L’ULSS 5 aderisce ad un progetto regionale
el territorio dell’ULSS 5, l’Azienda Sanitaria Locale è
la struttura pubblica preposta alla cura delle persone ed alla
prevenzione di malattie ed infortuni. Essa inoltre, con più di
2000 addetti, costituisce la realtà lavorativa più importante.
La Direzione aziendale è significativamente interessata alla
tutela della salute dei propri dipendenti consapevole che
questa è strettamente collegata a quella dei pazienti e della
cittadinanza in generale. Per migliorare i livelli di sicurezza
interni ha quindi deciso di aderire ad un Progetto regionale
per lo sviluppo di un Sistema integrato di Gestione della Sicurezza (SGS). Tale modello di organizzazione e di gestione
viene introdotto per assicurare anche l’adempimento agli
obblighi giuridici relativi alle azioni da compiere per una
maggiore sicurezza sul posto di lavoro. Una volta adottato
esso permetterà quindi di:
a) contribuire a migliorare i livelli di salute e sicurezza sul
lavoro;
b) aumentare l’efficienza e le prestazioni dell’impresa/organizzazione;
c) ridurre progressivamente i costi complessivi della salute
e sicurezza sul lavoro compresi quelli derivati da incidenti, infortuni e malattie correlate al lavoro, minimizzando i rischi cui possono essere esposti i dipendenti o
i terzi (clienti, fornitori, visitatori, ecc.);
d) migliorare l’immagine interna ed esterna dell’impresa/
organizzazione.
Il sistema di gestione della sicurezza definisce le moda-
DOCUMENTI DEL SISTEMA DI GESTIONE DELLA SICUREZZA
Descrive le modalità
Manuale e i criteri di funzionamento del SGS
Procedure,
istruzioni
operative
Piani, programmi,
disposizioni,
modulistica, etc.
Descrivono le attività
necessarie per dare attuazione
a specifici elementi del SGS
Definiscono come
applicare i criteri alle
specifiche situazioni
FASI DEL SISTEMA DI GESTIONE DELLA SICUREZZA
Politica
Riesame
e miglioramento
Esame iniziale
Monitoraggio
Sensibilizzazione
Pianificazione
e organizzazione
lità per individuare, all’interno della struttura organizzativa
aziendale, le responsabilità, le procedure, i processi e le risorse per la realizzazione della politica aziendale di prevenzione, nel rispetto delle norme di salute e sicurezza vigenti,
in modo da renderle più efficienti e più integrate nelle operazioni aziendali generali.
Il sistema di prevenzione aziendale per essere efficace
deve essere:
• globale
• organizzato
• programmato
• informato
• partecipato
A tal fine il datore di lavoro definisce una politica che
includa:
• una dichiarazione di principio sulla volontà di tutelare la
salute e la sicurezza dei lavoratori
• la definizione degli obiettivi appropriati all’organizzazione
• la garanzia di disponibilità dei mezzi necessari
• la predisposizione di un controllo sull’efficacia del sistema
e sul ricorso a misure migliorative.
L’impegno ed il coinvolgimento di tutte le funzioni aziendali, ed in particolare dei livelli principali dell’organizzazione,
sono determinanti per raggiungere gli obiettivi pianificati.
Vengono quindi definite chiaramente e rese note all’interno
dell’azienda le competenze e le responsabilità di Dirigenti,
Preposti e Lavoratori: in modo che ognuno svolga la propria
giugno 2010
N
29
prevenzione
“parte” nel Sistema Sicurezza.
Vengono contemporaneamente predisposti programmi
per la realizzazione della politica della sicurezza e il raggiungimento degli obiettivi prefissati, stabilendo tempi, risorse e
indicatori.
Il tutto documentato in modo formale.
Con una periodicità definita, le figure incaricate provvederanno a predisporre la raccolta dei dati e l’analisi degli
indicatori per la verifica della struttura, dell’efficacia e dei
risultati del Sistema di Gestione della Sicurezza.
Tipici indicatori per le verifiche sono:
• statistiche infortuni
• rapporti sulla identificazione dei pericoli e sulla valutazione
e controllo dei rischi
• rapporti sulle emergenze (reali o simulate)
• risultati dei monitoraggi interni
• azioni correttive intraprese
• rapporti sulla efficacia del Sistema di Gestione della Sicurezza
Alberto Acqua
Responsabile Prevenzione Protezione
Donna e diabete
giugno 2010
I
30
l 27 maggio scorso presso Villla Cordellina Lombardi si è svolto il
Convegno scientifico ‘’Donna e Diaabete’’ rivolto ai medici di medicina
a
generale, specialisti ginecologi e
diabetologi, seguito da un incontro
con la popolazione che ha illustrato
il percorso di collaborazione interdipartimentale per lo screening ed
il trattamento precoce del diabete gestazionale offerto dall’ULSS
5. Quindi, la Compagnia teatrale
DeZeDe con lo spettacolo “Stelle
Oscurate” gesti, note e parole
di donne nascoste nel silenzio, patrocinato dal Comune di
Montecchio Maggiore e dalle
maggiori Associazioni di Volontariato della nostra ULSS, ha
voluto sensibilizzare la popolazione sul tema del diabete. Il diabete,
infatti, è una malattia a larghissima
diffusione, che colpisce circa il 10 %
della popolazione adulta, tuttavia, a
dispetto della sua frequenza spesso
non è diagnosticato e rimane nascosto per anni, comportando numerose
problematiche e notevoli ripercussioni
sullo stato di salute di chi ne
è colpito. In particolare, nelle donne,
questa malattia è fonte di problemi aggiuntivi, per le caratteristiche ormonali
proprie delle varie fasi della vita che
condizionano il metabolismo glucidico. In gravidanza, il diabete gestazionale è tra le più frequenti complican-
ze. I dati epidemiologici indicano
una frequenza che interessa oltre
il 10-20% delle donne con età
maggiore di 35 anni con una senssibile variabilità in relazione alle
diverse razze ed etnie esaminate.
d
Se non riconosciuta ed adeguaS
tamente trattata, questa patologia
ta
è ancora associata ad una elevata
morbilità materno-fetale, legata som
prattutto ad una eccessiva crescita
pr
del feto, a parti pretermine ed a tagli
de
cesarei. Oggi, la politica e la pianifice
cazione dell’assistenza sanitaria della
caz
donna diabetica devono essere rivolte
don
in larga parte alla soddisfazione del
bisogno di individuazione precoce
biso
della popolazione a rischio, ad una
dell
diagnosi appropriata, alla definizione
diag
del profilo di rischio del caso singolo,
alla proposta e alla negoziazione di
un cambiamento dello stile di vita e,
se necessaria, all’instaurazione di una
terapia farmacologica.
Simonetta Lombardi
Responsabile Diabetologia
Endocrinologia
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giugno 2010
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31
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