Meglio cadere come un uccello in volo

Transcript

Meglio cadere come un uccello in volo
Meglio cadere come un uccello in volo
E’ venerdì, mattinata che eri solito dedicare al ricevimento degli studenti: studenti che seguivano il tuo
corso ancora numerosi, attratti dalla limpidezza delle tue lezioni e dallo stile unico, inimitabile, del tuo
rapporto con ciascuno di loro. Oggi siamo noi a ‘riceverti’, in tanti, e spero ti giunga il calore che ti circonda.
Ci eravamo sentiti al telefono martedì della scorsa settimana per festeggiare i risultati elettorali di
domenica. Eri particolarmente contento dell’esito del ballottaggio di Milano, dato che con l’uscente
amministrazione era a rischio di sfratto il tuo ‘Istituto pedagogico della Resistenza’ , erede del Convittoscuola della Rinascita che avevi contribuito a fondare, non ancora ventenne, subito dopo l’esperienza
partigiana. Per questo ti eri speso molto, nei mesi scorsi, elaborando il documento ‘Per una pedagogia della
Resistenza e della Costituzione’ che aveva poi raccolto oltre un centinaio di adesioni in varie sedi
universitarie.
Avevo trovato, a Gorizia, in una bancarella, una edizione del 1945 dei ‘Doveri dell’uomo’ di Mazzini e te la
volevo dare, sapendo che quello scritto era stato basilare per le tue scelte di vita.
40 anni di collaborazione con te e frequentazione quasi quotidiana, hanno rappresentato un lavorare in
letizia e in piena sintonia.
Eri tenace e forte, sereno anche nelle prove difficili, ottimista a tutta prova, delicato e affabile nei rapporti
interpersonali e avevi una capacità di lavoro straordinaria: sembrava non sentissi la fatica. Con l’avanzare
degli anni, non era diminuito il ritmo intenso delle tue giornate: non volevi sprecare un attimo del tuo
tempo. Mi hai confidato che negli ultimi mesi, mentre pedalavi lungo le vie cittadine, ripetevi mentalmente
i versi delle poesie imparate nell’adolescenza, e lo facevi sia per ravvivare la memoria sia per stare in
compagnia di quei grandi (Foscolo dei Sepolcri, Carducci, Leopardi...); mi consigliavi di farlo anch’io.
Hai portato a compimento quasi tutti gli ultimi tuoi progetti. E se non potrai partecipare, come volevi, alla
biciclettata garibaldina del 2 giugno, so che essa ti sarà dedicata. E se non potrai, sempre a giugno, essere
presente a Fondotoce per l’anniversario dell’eccidio nazifascista del 1944 , ci sarà, credo, il libro che hai
scritto su quella vicenda. Se non vedrai la nuova edizione de ‘I giorni dell’ombra’, ne avevi scritto
l’introduzione, accompagnata dalla prefazione dello storico Fumian, e già corretto le bozze. E avevi appena
finito di scrivere il terzo volumetto del ‘Nonno perché’. Avevamo ancora gli appelli d’esame di giugno e
luglio: li faremo come sempre, secondo le tue indicazioni.
Nel dolore di non averti più con noi, ci consola un po’ sapere che te ne sei andato senza soffrire e come
volevi. Basta leggere ciò che dici nelle righe conclusive del tuo ‘Per una verde vecchiaia’ ( scritto fra gli 80 e
gli 82 anni).
‘Mi sono sempre più convinto che sia giusto salutare l’arrivo di ogni nuovo giorno come un dono prezioso e
che sia altrettanto giusto e importante immergersi quotidianamente in attività piacevoli e significative, utili
a sé e agli altri, e lavorare ad esse con impegno, come se non si dovesse morire mai. Proprio così, lo ripeto,
come se non si dovesse mai morire. Certo, sono ben consapevole che sarà inevitabile, prima o poi, quel
salto finale che ci attende tutti. Ma penso si debbano condividere, a questo riguardo, le parole che ho
trovato scritte, e ho ricopiato, senza mai riuscire a scoprire chi ne fosse l’autore. “Meglio cadere come un
uccello in volo colpito da un fulmine o dal piombo di un cacciatore, che languire per lungo tempo nella
solitudine, nell’inattività e nella malinconia, in attesa di una fine che tarda a venire.”’
Grazie, Guido, per la stima e l’affetto che mi hai dato; e buon ritorno tra i ragazzi della banda senza nome.
Franca Tessari
27 maggio 2011
( Franca Tessari, docente di Psicologia dello sviluppo a Padova, collega di Guido Petter, invia le parole di
saluto lette al Bo la mattina del funerale. Saluta ricordando ‘i vecchi tempi del MCE’)