L`amore secondo noi

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L`amore secondo noi
L’amore secondo noi
Ragazzi e ragazze alla ricerca dell’identità. Intervista a Delia Vaccarello
Maria Piacente
...“L’amore è libertà”.
“L’amore è un bellissimo sentimento che si prova
verso un’altra persona qualunque sia il sesso”.
“Secondo me l’amore colpisce inaspettatamente e improvvisamente donando gioia, dolore, passione. E’ abbattere le frontiere dell’Io per permettere l’assemblarsi
del Noi”.
“L’amore è un gran casino”.
“L’amore è una cosa dove i gay non c’entrano! W
la fica”.
“Forse sono bisex, c’è un modo per stabilirlo?”.
“Come si affronta il problema dell’omosessualità
con i genitori e con gli amici?”...
(Da L’amore secondo noi ragazze e ragazzi alla ricerca dell’identità, Mondadori, Milano 2005)
M.P. Quale è stata la motivazione che ti ha spinto a
scrivere questo libro?
D.V. Ho scritto L’amore secondo noi per
cercare e cercarmi insieme ai ragazzi. Non volevo indovinare le “risposte” giuste, ma piuttosto fiutare il modo opportuno per far scattare la
comunicazione tra me e i tanti giovani che mi
scrivono e che tra le righe lanciano un S.O.S. Mi
dicono: “ci sentiamo soli, adulti dove siete?”. Soli
in che senso? Si sentono isolati quando provano
emozioni forti, sembra loro che questo terreno
sia una specie di tabù nella comunicazione con
i “vecchi”. L’adulto appare apatico e impaurito.
Voglioso di plagiare, di clonare, come dicono loro. L’adulto si mostra ansioso di vedere gli adolescenti come replicanti più giovani, navicelle in
miniatura, cloni dell’astronave madre. Il “vecchio”, come dicono loro, appare spaventato dall’avventura emotiva che inizia con l’adolescenza
e che accenna alla necessaria separazione. Le prime pulsioni, le fantasie, i coinvolgimenti sono il
fischio di partenza del viaggio iniziatico che vede
protagonista il/la giovane e terrorizza l’adulto.
I ragazzi vogliono essere ascoltati. Ma che cosa hanno da dire?
Sono gli inviati speciali della società che
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sta cambiando. La stessa che gli adulti di oggi
non sono riusciti a trasformare. Loro sanno di
essere più avanti. “Noi questi
cambiamenti li stiamo vivendo
in diretta e vorremmo che qualcuno ci desse la linea e ce li lasciasse raccontare. Tu ci hai dato
la linea e noi ti siamo grati”, mi
scrive Andrea, 19 anni. “Questa
linea la vogliamo eccome, non è
vero che siamo ‘vuoti’ e disinteressati nei confronti di tutto; questa è solo una scusa per non farci
parlare, anche perché quando
parliamo, osserviamo, ci entusiasmiamo, PENSIAMO, per qualcuno è molto molto pericoloso”,
riecheggia Consuelo 17 anni.
E’ evidente: i ragazzi hanno la
netta sensazione di spaventare. I giovani vogliono comunicare, e quando ce la fanno, quando
mettono in parallelo la comunicazione interiore
e quella col mondo, non si fermano più. Riescono ad accendere il cellulare interiore se qualcuno
li ascolta, ma a volte possono anche farne a meno. Entrati in contatto con loro
stessi, vanno nei blog e parlano L’adulto appare apatico e
a tutti. Questa è la loro forza, impaurito. I ragazzi hanno
che gli adulti sono chiamati a
la netta sensazione di
non ignorare.
spaventare
Il tuo libro ci spinge inevitabilmente a porti questa
domanda: cos’è l’amore secondo gli adolescenti?
Sarebbe meglio dire cosa sono “gli amori”,
perché i sentimenti sono tanti, ma una è la domanda segreta. All’amore i ragazzi chiedono di
svelare la propria identità nascente. La sorpresa che per loro costituisce l’accoppiamento tra
sentimento e sessualità è uno stupore identitario.
Senza di te io chi sono, è il titolo di una delle storie che mostra la dipendenza dall’amore e contemporaneamente la scommessa in atto, questa:
se amo, inizio a scoprire chi sono. “Quando mi
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innamorerò sarà una frana”, dice una sedicenne.
Frana sta per crollo dei vecchi schemi, del “troppo noto” delle abitudini familiari, a vantaggio
di una tensione verso un modo nuovo di essere.
Frana è evento temuto e desiderato. L’amore è
una promessa. In una società omologata, spesso
bloccata nel suo percorso trasformativo, l’adolescente che ama, e dunque che interpreta il suo
compito - cioè quello di diventare se stesso, di
differenziarsi dal nucleo di origine, di autonomizzarsi - fa paura. Ma lui/lei invece non ha
paura di questo percorso. Anzi forse intuisce che
è solo così che potrà superare gli adulti e diventare “grande”. Solo così potrà esperire il fascino
di sentirsi unico e non la paura di sentirsi solo.
Quali sono state le domande che più sono emerse da
questo confronto?
“Quando siamo pronti per fare l’amore?”: questa è tra le più frequenti, e denota che alla scoperta
del corpo che si trasforma, diventando pronto per
fare l’amore, loro vogliono giungere “pronti” anche
dal punto di vista emotivo. Vogliono presentarsi
“interi”. “Perché il gruppo ha paura della passione a
due?”: interrogativo che rivela la tensione tra l’essere
e l’identificarsi. “Come faccio a scoprire se sono etero o
bisex. Mi sento vago, devo decidermi per forza?”: domanda che getta luce sul terreno
della ricerca dell’orientamento
Un adulto che non ha
scelto non riesce ad edu- sessuale, battuto dai ragazzi, spescare i giovani a scegliere so demonizzato dagli adulti.
I giovani di cui si parla in questo
libro sono assetati di un ascolto libero e di un confronto emotivo, desiderano parlare delle loro esperienze più
intime e personali. Come si possono porre gli adulti
rispetto a questo?
Gli adulti devono gestire il magone che li prende - a volte si tratta di vere e proprie ferite - quando
impattano con l’emotività dei figli. Oggi gli adulti sono fragili: assenza di ideali collettivi, senso di
morte e distruzione in dosi massicce, pericolo di
essere invasi da nemici in carne e ossa o virali o
sotto forma di “macchine volanti” ecc.ecc., latitanza di etiche eque e solidali, sia religiose che laiche,
senso di isolamento, “greggismo”, rarefazione del
valore della dignità che offre il lavoro, incapacità di
trovare forme sociali di convivenza all’insegna della qualità dei rapporti, questi sono solo alcuni dei
motivi che vedono gli adulti “giovani invecchiati”.
La società italiana rischia di perdere la scommessa
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trasformativa per ripiegare su modi di vivere anni
’50. Gli adulti di questa società sono individui che
spesso hanno mancato l’appuntamento con la storia, personale e collettiva.
Come possono vedere i loro figli? Come
estranei, piccoli alieni in casa, che devono in tutti i modi essere “annessi”, omologati. I giovani di
oggi hanno strumenti di informazione che dieci
anni fa erano solo un sogno. Internet li mette a
contatto con le società che hanno vinto la sfida
trasformativa a differenza di quella italiana. Internet, e non solo, fornisce loro grandi possibilità
di comunicare.
Ci siamo occupati del web e dei ragazzi non
abbastanza da valutare, a mio avviso, le grandi potenzialità del mezzo nel campo della comunicazione. E i ragazzi sono assetati di comunicazione e
protestano perché ne trovano troppo poca. Ancora. Loro sono pronti a partire, e dicono che hanno bisogno di imparare. Cosa? Possono conoscere
molto e vogliono imparare a scegliere. Un adulto
che non ha scelto non riesce ad educare i giovani
a scegliere. Allora l’adulto deve farsi piccolo. Ha
il dovere, se vuole sentirsi adulto “amante”, di individuare i suoi limiti. Oggi gli adulti sono come
erano gli analfabeti che mandavano i figli a scuola.
Devono tifare per loro, sapendo che presto, prestissimo, i ragazzi li supereranno. Allora, consapevoli dei propri limiti storici ed esistenziali, devono
sapere ascoltare e cercare di capire. Devono avere
anche la forza di dire: non capisco tutto, ma proviamo a vedere in che modo potrai farcela.
Che cosa possiamo fare noi adulti per alimentare le
passioni relativamente a sentimenti, relazioni, politica, amicizia, amore, pace e libertà di scelta?
E’ semplicissimo: innamorarci. O, meglio,
amare profondamente. Appassionarci. Sentire la
vita senza schermi, con la schiena dritta, senza
ripiegare, recuperare, “taroccare” come dicono i
giovani. Dobbiamo smettere di rinunciare e cominciare a vivere. Noi, quarantenni, cinquantenni, sessantenni di oggi, tendiamo a vivere con la
testa fuori dalla vita e confiniamo i ragazzi nell’anticamera. Ci siamo collocati altrove – nel già
visto, nel troppo noto, nel “vecchio”, appunto - e
riserviamo a loro un posto nella sala d’attesa. Nel
frattempo pochi vivono. Dobbiamo essere umili
e iniziare noi per primi un percorso di trasformazione e di rinnovamento per vivere non passioni
tristi, ma passioni degne di questo nome. Per cerPedagogika.it - Anno X n. 2
care soluzioni nuove. I ragazzi sgraneranno gli occhi. Ci riconosceranno come interlocutori. Faccio
un esempio. Quando si parla con loro, penso che
non bisogna mai dire: fai così. Ma portare, per
creare la giusta empatia, esempi in cui noi stessi
abbiamo dovuto prendere una decisione complessa. E mostrare loro che l’“emozione” e la “comprensione” sono corredi e funzioni che servono
ad ognuno nel proprio viaggio personale, e non
titoli vuoti di libri che non si aprono mai, lasciati a morire sugli scaffali. L’adulto autoritario oggi
non può funzionare. Quello “amicone” fa danni.
Occorre l’adulto pronto ad ascoltare e a rinnovarsi per primo, non un adulto sconfitto. Occorre
l’adulto “in divenire”, un divenire intelligente di
sé e rispettoso di ciò che non sempre può capire.
Essere adulti, secondo me, vuol dire diventare capaci di rendere comunicabile l’avventura umana
che viviamo con pienezza. In questo modo non
respingiamo, attiriamo. Nutriamo.
Sembra che questi ragazzi possano esistere e riconoscersi solo negli sguardi e parole di adulti che
sappiano essere un punto di riferimento. Così come
dice Maria Zambrano: “ Ci vediamo nell’altro, e
solo quando qualcuno raccoglie la nostra storia, la
storia delle nostre pene, della nostra contentezza e
del nostro fallimento, solo allora ci conosciamo. Come conoscerci se non ci conosce nessuno?”
Quando non ci conosce nessuno la nostra identità diventa un puzzle da comporre. Spesso di alcune
parti di noi stessi abbiamo un vago sentore, mentre
inabissiamo quelle originali a vantaggio delle parti accettate socialmente. I ragazzi che non trovano
orecchie che li ascoltino devono fare un lento lavoro
compositivo. Un lavoro che in parte è fisiologico per
ognuno che cresce, nessun orecchio infatti ascolta la
nostra interezza. Forse a farlo è l’orecchio della nostra interiorità, quando è capace di unire consapevolezza e inconscio. Comunque abbiamo bisogno
dell’Altro. Ci sono altri capaci di restituirci ampie
immagini di noi, e altri in grado di darci solo schegge, frammenti. Altri ancora sono superfici opache.
Allora diventiamo esploratori. Ci muoviamo con
un io sconosciuto tra persone che spesso non hanno
voglia di ascoltarci, e dobbiamo scoprirci da noi. I
tanti ragazzi che mi scrivono sono assetati di storie
in cui identificarsi, di libri che centrino il fondo delle
questioni. Sono assetati di conoscenza. Molti sono
stati colpiti dalla vicenda di Carlo Giuliani, per loro
è diventata una storia emblematica e necessaria per
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la costruzione del sé. Se mancano adulti che facciano da specchio e da contenitore, i giovani si cercano
nella cultura: storie, musica, fumetti, Internet. E si
costruiscono in silenzio, rischiando di lasciare anche dentro il proprio sé vaste aree prive di parole.
Credendo spesso che comunicare sia un’utopia. La
comunicazione è sistemica e segna un punto di non
ritorno: se iniziamo a comunicare non la smettiamo
più. Ma per comunicare davvero dobbiamo farlo sia
con noi stessi che con gli altri.
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Quali sono, secondo te, gli elementi di differenziazione nella costruzione dell’identità di genere tra
l’attuale generazione e quella passata?
Le ragazze sono più cariche, hanno più
spinta di quanto non l’avessero prima. I ragazzi
hanno un sotterraneo ma vivo desiderio di aprirsi. Le ragazze lesbiche si sentono meno ufo, le
ragazze etero esplorano il pianeta bisex. I ragazzi
gay fanno fatica ma non si nascondono sempre.
I ragazzi etero tacciono meno di prima. L’identità di genere, l’essere maschio o femmina, è meno potentemente condizionata dal ruolo sociale
di genere, cioè da quanto la società impone al
genere per tradizione. Io ricevo lettere anche da
diciassettenni trans, questo significa che si comincia a poter parlare di identità di genere non
come dato biologico ma come acquisizione della
consapevolezza di genere.
Freud afferma: “Nell’inconscio la differenza sessuale non esiste”. Cosa ne pensi a proposito?
Posso parlare dell’inconscio da scrittrice. Mi
misuro con l’esperienza che ho di zone remote
dentro di me che, se raggiunte dal mio sentire, mi
mettono in contatto anche con un sentire più vasto, collettivo e transtemporale. In questo mondo
interiore, lunare, singolare e collettivo, possiamo
esperire dimensioni universali. Possiamo identificarci con un maschio anche se siamo femmine,
con un giovane anche se siamo adulti, con un animale anche se siamo esseri umani. L’inconscio ci
può mettere in condizione di trascendere la nostra
finitezza e i nostri confini. Quando questo avviene l’esperienza è di forte intensità. Ma solo se abbiamo un’ identità solida, e per identità intendo
anche l’identità di genere e sessuale, possiamo, a
mio avviso, “naufragare in questo mare”
Secondo te quanto la società odierna condiziona la
scelta sessuale?
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La condiziona a colpi di ignoranza. I ragazzi
sono bombardati di immagini e sono poco raggiunti dalle informazioni. C’è poi un’avanzata del
dogma cattolico repressivo che azzera i presupposti
stessi della scelta, definendo normale l’eterosessualità e deviante il contrario. A mio avviso la scelta
sessuale consapevole fa parte della scelta più vasta
che un individuo fa nella propria vita. Io direi che
oggi, essendoci ampie aree di incertezza, c’è la possibilità della sperimentazione e persino della “sana
confusione”. Ma non c’è l’educazione alla libertà, e
quindi non c’è l’educazione alla scelta.
Che peso ha la famiglia nello sviluppo psico-affettivo degli adolescenti?
Enorme. Un adulto padre o madre “sviluppato”, in grado di amare, è di per sé un insegnante. Un adulto insicuro, conformista, strumentale, è un diseducatore. Poi ci sono gli adulti
innamorati dell’essere genitori. E non solo la
norma. Chi è innamorato trepida e si cerca, e
cerca i modi di far fiorire l’altro. I “genitori innamorati” sono rari, ma esistono. E contribuiscono
alla felicità dei figli. Ma non dimentichiamo il
peso degli altri adulti. Gli zii, i nonni, i cugini
più grandi. Non dimentichiamo il valore delle nuove convivenze, la presenza delle persone
omosessuali nelle famiglie… Una famiglia solida
è una famiglia che si apre alle differenze e dunque allo sviluppo dei suoi componenti.
Dal suo libro emerge che una parte dei giovani incontrati siano orientati verso una scelta omosessuale. Può essere considerato un passaggio?
Questa è la “domanda tipo” di chi veicola
un pregiudizio. Ai giovani gay e lesbiche si dice
spesso: “vedrai, è una fase, ti passerà”. E loro si vivono come in un’eterna anticamera, in attesa di
entrare nella camera vera, quella della scena eterosessuale. In nome della par condicio facciamo
questa domanda anche rispetto alla eterosessualità. Può essere considerata un passaggio l’eterosessualità di molti giovani incontrati? Certo, in
adolescenza può essere considerato un passaggio
sia l’amore etero che l’amore omosex. L’orienta*Giornalista, mento sessuale è una acquisizione della maturità
conduce affettiva. Le pratiche sessuali sono solo indica“Identità tori in tal senso. In realtà scopriamo il nostro
e diversità” orientamento sessuale quando per la prima volta
sul quotidiano ci sentiamo davvero completati da un altro essel’Unità re che viviamo come compagno di vita. Il sesso
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di questo essere ci rivela il nostro orientamento.
Ci sono persone che non raggiungono mai una
vera solidità di relazione. Tutti coloro, ad esempio, che possono “sostituire” l’oggetto amato e
che in ogni relazione apparecchiano il medesimo scenario. Individui che non approdano mai
al rapporto con l’Alterità dell’oggetto amoroso,
nel cui inconscio c’è un messaggio segreto indirizzato al nostro. Dunque non demonizzerei le
transizioni, né enfatizzerei le apparenti solidità
che spesso sono applaudite perché rassicuranti
per il gruppo. Chiederei ai giovani se conoscono
l’amore. Ed è quello che ho fatto.
Se scoprirsi omosessuali porta a un senso di inadeguatezza, quanto questo malessere interferisce nel
processo di formazione di identità personale?
Interferisce se non ci sono interlocutori. L’inadeguatezza può essere solo sociale, non
di esperienza. Ne L’amore secondo noi ci sono
espressioni di amore omosex altissime così come
espressioni di amore etero. E’ il pregiudizio sociale che disturba la ricchezza delle relazioni. Il
ragazzo/a che non può tornare a casa raggiante
perché si è innamorato di un compagno, che impara a nascondere i segnali del coinvolgimento, è
un ragazzo che rischia di abituarsi a inabissare le
emozioni e che deve conquistare ciò che agli altri
coetanei spesso è dato come ovvietà. L’identità
si costruisce nelle relazioni, e se ci sono troppi
silenzi le relazioni risultano mutilate. C’è però
un’opportunità in più oggi per i giovani omosex: la passione vive di segreti. Oggi il gruppo si
impone – il gruppo familiare, di ragazzi, sportivo… - e osteggia la passione a due. Nel gioco
della passione la ragazza lesbica e il ragazzo gay
potrebbero avere un’opportunità formativa in
più rispetto al ragazzo ed alla ragazza etero, che
vengono subito inclusi e annessi nel gruppo sociale oggi molto omologante. Non dimentichiamoci che i ragazzi hanno bisogno dei segreti, dovendo loro stessi scoprire il proprio. Nel segreto
che ognuno di noi è in grado di reggere riposa
spesso il volto del nostro talento, viene custodito
il respiro della libera immaginazione che potrebbe essere soffocato da presenze troppo contigue.
Nel mondo misterioso che l’adolescente riserva
a se stesso, ed è in grado di proteggere, c’è una
promessa di creatività. Nel buio, illuminato dalla fiammella di un sé generoso e sensibile, riposa
l’artista, il poeta, la grande persona del futuro.
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