il valore del legame madre-figlio

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il valore del legame madre-figlio
IL VALORE DEL LEGAME MADRE-FIGLIO
Il più delle volte non si è realmente consapevoli di quanto una carezza, un rimprovero, un
sorriso o l’assunzione di un atteggiamento continuo, positivo-negativo che sia, possano incidere
nella vita di una persona, essere da lei o da lui interiorizzati e andare a “definire” le relazioni
interpersonali future.
In realtà, basta guardarsi dentro e chiedersi se e quante volte siamo rimasti colpiti e
influenzati nelle azioni future, da un atteggiamento, da un’opinione o dal comportamento
assunto nei nostri confronti da un’amica cara, da un collega stimato, da una
sorella…figuriamoci dai propri genitori.
Le relazioni affettive in genere, lasciano in noi un segno, incidono sui nostri pensieri,
sull’opinione che abbiamo di noi stessi, sui nostri successivi rapporti interpersonali,
sull’espressione dei nostri vissuti emotivi.
Tutto ciò accade sin dalla prima infanzia, a partire cioè dal primo e più importante legame
relazionale che instauriamo e viviamo con la nostra “figura di accudimento”, con la persona
che fin dai nostri primi “attimi di vita” si prende cura di noi.
Potrebbe sembrare strano pensare che tale precoce legame, di cui magari non abbiamo
neanche un nitido ricordo, possa avere un valore ed un ruolo fondamentale nella nostra vita,
eppure il sentirsi amati, accettati e compresi sin da piccoli, fa di noi persone serene e
maggiormente pronte ad affrontare la vita con più forza e determinazione.
Tale legame, definito dallo psicoanalista J. Bowlby legame di attaccamento, è un bisogno
primario che va al di là della necessità fisiologica di essere nutriti e che spinge il bambino a
cercare vicinanza e contatto di tipo protettivo con la persona che lo accudisce.
Non credo ci sia un atteggiamento totalmente giusto o totalmente sbagliato che un genitore
debba o meno assumere nei confronti del proprio figlio, ma sicuramente una madre che dedica
al proprio bambino sorrisi, attenzione, abbracci affettuosi, parla con lui mostrandogli un
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atteggiamento di disponibilità e accettazione, risponde prontamente e con dolcezza ad una sua
manifestazione di disagio, sicuramente aiuta il proprio bambino a costruire “un’immagine di sé
positiva” e ad avere stima di sé.
È abbastanza evidente nella quotidianità di ogni bambino, quanto sia fondamentale essere
accettato ed amato dal proprio genitore.
Proviamo a tornare indietro nel tempo e a ripensare alla nostra infanzia….è grazie alla
consapevolezza di avere una “base sicura” verso cui volgerci, che abbiamo iniziato a fare i primi
passi, ad esplorare il mondo, a lasciare spazio alla nostra curiosità, a sorridere ad un estraneo, a
sentirci alle volte “unici”, ma soprattutto compresi e sostenuti nelle prime esperienze di vita. È
proprio grazie ad una stabile, duratura e non ambigua relazione con chi si prende cura di lui,
che il bambino può avere un corretto sviluppo delle competenze sociali, valorizzare le relazioni
con i suoi coetanei, avere un’opinione positiva di sé pur riconoscendo i propri difetti,
comprendere le proprie e altrui emozioni, sostenere nonché aiutare chi è in difficoltà.
Proviamo a pensare per un attimo se invece di comprensione e affetto un bambino
ricevesse dal proprio genitore continui rimproveri, indifferenza o messaggi contraddittori:
avrebbe in tal caso la “spinta giusta” o “l’esempio” per esprimere le proprie abilità, i propri
sentimenti o, ancor di più, riuscirebbe a comprendere lo stato d’animo altrui e a sostenere gli
altri?
Il più delle volte sapere che qualcuno crede in noi, ci sostiene nelle nostre scelte, incoraggia non reputandolo sbagliato - l’espressione dei propri vissuti emotivi, non solo aumenta il nostro
livello di autostima ma ci dà la percezione di noi stessi come persona “in grado di” e
“all’altezza di” essere amata e fronteggiare un’eventuale difficoltà nei migliori dei modi.
Instaurare con il proprio bambino una relazione di attaccamento stabile, sicura e continua
vuol dire offrirgli il “trampolino di lancio” e “un punto di partenza” per conoscere il mondo,
conquistando pian piano una propria autonomia, oltre che costruire una base solida per i suoi
futuri rapporti interpersonali.
Un bambino che ha sperimentato tale tipo di relazione con chi si prende cura di lui,
tenderà - nel corso dello sviluppo - a non assumere un comportamento aggressivo con i propri
pari, a non avere reazioni di pianto eccessivo o timori di abbandono in situazioni nuove, ma
avrà fiducia nelle sue capacità cognitive, emotive e relazionali, riuscendo a comprendere e
riconoscere che l’altro a volte può non sapere cosa egli stia pensando e che sia diverso da lui,
ma comprensibile.
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Una relazione tra madre-bambino basata sulla comprensione e manifestazione
emotiva, sulla comunicazione, sull’accettazione e l’amore reciproco, non farà del proprio
figlio un bambino, un adolescente e infine un adulto perfetto, ma sicuramente ne farà una
persona serena e in grado di scegliere la più adeguata strategia da adottare nelle più svariate
situazioni che la vita presenta e presenterà.
Sicuramente essere genitori comporta tante responsabilità e a volte, riuscire a mostrarsi
d’esempio per il proprio figlio, può spingere a credere di dover mantenere sempre
un’immagine autoritaria e “fredda”.
In realtà, prendersi cura di un bambino è anche un dono meraviglioso che bisogna
vivere con serenità dando spazio alla manifestazione delle emozioni, al rispetto reciproco e non
dimenticare mai che le esperienze vissute nell’infanzia hanno una loro influenza nelle successive
fasi del ciclo di vita: un bambino sereno sarà molto probabilmente un adolescente e un
adulto sereno.
Dott.ssa Nadia DEL VILLANO
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PRINCIPALE BIBLIOGRAFIA DI RIFERIMENTO
JOHN BOWLBY, Attaccamento e Perdita, vol.1: L’attaccamento alla madre, Boringhieri,
Torino 1972.
ELISABETH MEINS, Sicurezza e Sviluppo Sociale della Conoscenza, Raffaello Cortina
Editore, Milano 1999.
GIORGIO CAVIGLIA, Attaccamento e Psicopatologia, Carocci Editore, Roma 2003.
N.B. (I contenuti e la bibliografia di quest’articolo sono stati scelti e
selezionati liberamente dall’autore, che si assume l’intera responsabilità, sulla
fondatezza e la veridicità, di quanto ha scritto)
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