L`insegnamento/apprendimento dell`italiano L2 nel contesto

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L`insegnamento/apprendimento dell`italiano L2 nel contesto
UNIVERSITÀ
DEGLI STUDI
DI
BERGAMO
CIS – CENTRO DI ITALIANO PER STRANIERI
CONVEGNO-SEMINARIO DI AGGIORNAMENTO
PER L'INSEGNAMENTO DELL'ITALIANO COME LINGUA SECONDA
Nuovi contesti di acquisizione e insegnamento:
l'italiano nelle realtà plurilingui
Bergamo, 12–14 giugno 2012
Sessioni Poster – Tavole Rotonde
RACCOLTA DEGLI ABSTRACT
IN ORDINE ALFABETICO PER SESSIONE
1
Mercoledì 13 Giugno - pomeriggio
SESSIONE 1.
L'università: contesto tradizionale o laboratorio d'innovazione?
Carla Bagna
(Università per Stranieri di Siena)
Strutturare corsi di italiano nel nuovo ordine linguistico globale: l’Università e
la mobilità internazionale (programmi Marco Polo – Turandot, Erasmus ecc.)
Il presente contributo ha l’obiettivo di descrivere le linee seguite nel corso del 2010-2012 presso l’Università
per Stranieri di Siena per l’adeguamento dei corsi di italiano alle esigenze di nuovi pubblici, in particolare gli
studenti cinesi dei programmi Marco Polo e Turandot e gli studenti della mobilità internazionale (corsi
intensivi per studenti Erasmus, gruppi di discendenti di italiani, programmi speciali ecc.). Pur soffermandoci
prevalentemente sul primo gruppo di studenti, nell’area “Nuovi” contesti per bisogni emergenti/specifici
(cinesi, ma anche giapponesi), si farà riferimento anche alle scelte didattiche effettuate in relazione ai
pubblici dei Contesti “tradizionali” di insegnamento dell’italiano L2 approfondendo i temi legati al profilo
sociolinguistico e al background culturale - formativo. Riteniamo che le dinamiche del mercato delle lingue e
delle politiche linguistiche (o non politiche linguistiche) di diversi paesi determinino la necessità di specificare
la categoria di ‘pubblici stranieri’ declinandola per L1 e contesto formativo di provenienza, competenze
linguistiche e immaginari linguistico - culturali precedenti la partenza, impatto con un contesto formativo
italiano, obiettivi linguistici dichiarati (la competenza per l’accesso all’università, linguaggi specialistici) e
risultati al termine di un percorso di studio intensivo. La consapevolezza degli interventi da realizzare a livello
di adeguamento dei corsi di lingua, prima nelle aree di partenza e poi in Italia, ma anche la flessibilità
dell’Università per Stranieri di Siena in rapporto ai mutamenti dell’utenza e dei suoi bisogni (con attività di
orientamento mirate, potenziamento dell’apporto delle competenze in diverse lingue presenti al proprio
interno – cinese, giapponese, russo ecc.,) ha spinto verso un modello articolato di gestione dell’offerta
linguistica.
Le attività di formazione in italiano L2 entro l’Università per Stranieri di Siena rientrano tra le naturali attività
previste dall’Ateneo e per questo motivo sfruttano i punti di forza maturati nel corso del tempo per quanto
riguarda l’insegnamento dell’italiano L2. Allo stesso tempo i programmi Marco Polo / Turandot (ma anche
altri programmi speciali) rappresentano una sfida: i nuovi pubblici non possono essere trattati come uno dei
tanti pubblici dell’italiano L2, ma richiedono una riflessione che coinvolge la più ampia e complessa tematica
della diffusione della lingua e cultura nel mondo, dell’internazionalizzazione delle attività formative e
dell’industria delle lingue e del lavoro future. Non possiamo non considerare questi corsi estranei a un
progetto più ampio nei quali la Cina, in quanto paese BRIC, è coinvolta e che nelle competenze linguistiche
trova un altro elemento di forza. Al di là del successo universitario che gli studenti della mobilità universitaria
internazionale raggiungono poi in Italia, le cui problematiche sono ampie e vanno intersecarsi con
l’adeguatezza del sistema universitario a gestire studenti di diverse origini e le condizioni perché gli studenti
stessi mantengano alta la motivazione ad affrontare percorsi universitari completamente diversi da quelli del
loro paese di origine, l’offerta di tali corsi diventa una delle condizioni di spendibilità della lingua italiana.
Si cercherà pertanto, con una analisi quali - quantitativa, di illustrare e rendicontare le scelte attuate a livello
di accoglienza, didattica, monitoraggio e di verifica del livello di uscita degli studenti coinvolti, considerando
l’affluenza crescente che ha fatto sì che, ad es. per il Marco Polo / Turandot, nel 2012 l’Università per
Stranieri di Siena risultasse l’Università con il più alto numero di studenti cinesi coinvolti nel periodo di
formazione linguistica previsto dal programma.
Bibliografia
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2
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Noemi Nespoli
(Collegio “Mater Ecclesiae” di Castel Gandolfo)
“Se anche parlassi le lingue degli uomini e degli angeli…” (1 Cor 13, 1).
L’insegnamento/apprendimento dell’italiano L2 nel contesto plurilingue delle
Università Pontificie
Nel variegato panorama dei contesti didattici dedicati all’insegnamento/apprendimento dell’italiano L2, una
speciale riflessione va dedicata ai sempre più numerosi religiosi cattolici stranieri che, per perfezionare la
propria formazione teologica, hanno la necessità di soggiornare per un periodo più o meno lungo in Italia.
L’interesse per questa particolare tipologia di utenti è testimoniata storicamente già dai manuali per stranieri
del XVII e XVIII secolo, indirizzati anche ai “chierici stranieri”, che apprendevano l’italiano proprio in vista
dell’ambito viaggio a Roma. Ancor più oggi, attraverso la politica di formazione religiosa della Congregazione
per l’evangelizzazione dei popoli, la diffusione della dottrina cattolica passa attraverso la conoscenza della
lingua italiana, accrescendone l’importanza nel mondo.
Una volta giunti in Italia, gli studenti “religiosi” entrano in contatto con una realtà plurilingue estremamente
complessa: tra il latino dei documenti ufficiali della Chiesa e le diverse lingue moderne dei propri compagni,
un posto di primaria importanza è riservato all’italiano, lingua dell’istruzione e della burocrazia universitaria,
della liturgia e della comunicazione quotidiana. Apprendere l’italiano diventa per tali utenti una sfida, spesso
difficile, a volte eccessiva e non sempre supportata dall’attuazione di modalità didattiche adeguate.
Il presente contributo intende analizzare il peculiare contesto didattico del Collegio “Mater Ecclesiae” di
Castel Gandolfo, sede dell’Istituto Superiore di Catechesi e Spiritualità Missionaria della Pontificia Università
Urbaniana. Contesto “peculiare” in primo luogo perché gli utenti sono tutte donne (un centinaio di suore
missionarie provenienti soprattutto da paesi terzi), di età non superiore ai 35 anni, che vivono e studiano in
una comunità che le accoglie e le sostiene, in parziale isolamento dal mondo esterno. Sono studentesse con
background culturali e status sociali molti diversi. Da un lato, le accomuna l’essere state “prescelte”
(privilegiate ma non sempre per scelta personale) dalle Superiore per intraprendere un percorso accademico
in Italia; ciò comporta massima diligenza ma anche ansia e stress per la paura di deludere le aspettative.
Dall’altro, condividono il disagio nel passare dallo status superiore di “religiose” (nei propri paesi) a quello
inferiore di “studentesse immigrate”. Rispetto agli immigrati “tradizionali”, però, che scelgono di propria
iniziativa (in maniera più o meno obbligata) di migrare in Italia per trovare condizioni di vita migliori e per i
quali l’apprendimento dell’italiano rappresenta un momento imprescindibile del processo di integrazione, le
suore del Collegio Mater Ecclesiae, e gli studenti delle Università Pontificie in generale, hanno una
motivazione all’apprendimento essenzialmente strumentale, legata cioè alla necessità di intraprendere con
successo il percorso di studi previsto.
Le risposte didattiche, tuttavia, non sono sempre adeguate: l’insegnamento della lingua italiana comincia
solo qualche mese prima dei corsi universitari e ambisce al raggiungimento di competenze linguistico comunicative elevatissime in tempi ristretti; il corso d’italiano termina con il primo anno accademico, senza
tener conto delle persistenti difficoltà di studentesse con L1 distanti; il superamento dell’esame di italiano è
obbligatorio alla fine del primo anno e non in ingresso, quando è previsto solo un test di piazzamento non
selettivo ai fini dell’iscrizione all’università (non viene considerato il livello B2 come requisito minimo di
accesso). Di fatto, però, nei tre mesi di corso intensivo che precede il test d’ingresso, è richiesto alle
studentesse non soltanto lo sviluppo di competenze linguistico - comunicative di base, quanto piuttosto di
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competenze cognitive molto elevate (le cosiddette CALP di Cummins) senza le quali diventa estremamente
arduo affrontare lo studio. Ciò determina, inevitabilmente, uno stravolgimento delle sequenze di acquisizione
della lingua. Inoltre, pur trattandosi di un contesto di L2, la quantità di input ‘naturale’ (extradidattico), al
quale le studentesse sono esposte, è ridotto solo all’interazione con il personale del Collegio, allo
svolgimento delle funzioni religiose e ad alcune saltuarie visite fuori sede.
Da quanto detto, emerge chiaramente la necessità di interventi didattici specifici: in primo luogo, la
creazione di un sillabo calibrato sui bisogni dell’utenza (che proponga già nelle fasi iniziali del percorso,
almeno in ricezione, strutture linguistiche complesse, come ad esempio il passato remoto che ricorre spesso
nei testi biblici) e finalizzato allo sviluppo di abilità spesso trascurate (come lettura ad alta voce, prendere
appunti o argomentare in modalità scritta e orale). In secondo luogo, è necessario proporre materiali
adeguati, per avvicinare gli utenti a quella che Balboni e Torresan (L’italiano di Dio), chiamano la
“microlingua del cattolicesimo”, formalmente diversa dall’italiano quotidiano (lessico arcaicizzante e
morfosintassi complessa; periodi lunghi e articolati, ricchi di subordinate e connettivi; figure retoriche; verbi
desueti). La scarsità di materiali consoni alla particolare utenza individuata sottolinea l’urgenza di elaborare
percorsi didattici ad hoc. A tal fine si propone l’esempio di un percorso di apprendimento dell’italiano L2
attraverso le figure femminili della Bibbia, fonte di numerosi riferimenti alla cultura italiana e spunto per il
confronto interculturale sul ruolo della donna.
In conclusione, evidenziata la particolarità degli utenti e individuate le criticità, l’importanza di prendere in
considerazione nuove iniziative di miglioramento nel contesto didattico analizzato non è marginale: la Chiesa
rimane ad oggi una delle vie più importanti di diffusione dell’italiano nel mondo.
Bibliografia
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VEDOVELLI, L’italiano degli stranieri. Storia, attualità e prospettive, Carocci, Roma, 2002.
Raymond Siebetcheu
(Università per Stranieri di Siena)
La didattica e la certificazione dell’italiano in Camerun
Pubblico, motivazioni, acquisizione e spendibilità sociale
Il Camerun, paese dell’Africa centrale, è, secondo i dati della prima ricerca sulla diffusione dell’italiano in
Africa (Siebetcheu, 2011a), il settimo paese africano con il più gran numero di studenti d’italiano e il paese
con il maggior numero di candidati agli esami di certificazione in tutta l’Africa. Questo paese vanta inoltre il
maggior numero di centri linguistici specializzati nella didattica dell’italiano in Africa sub-sahariana, escluso il
Sudafrica. Con questo primato, il Camerun è anche l’unico paese africano dove sono presenti le 4
certificazioni di italiano come lingua straniera. Introdotto dall’anno scolastico 2011-2012, in via sperimentale,
nelle scuole pubbliche locali, l’italiano è diventato la 4/5° lingua straniera nel sistema scolastico locale.
Nel ripercorre le tappe evolutive della didattica dell’italiano in questo paese dopo oltre 20 anni dall’inizio
formale dei corsi, questo lavoro si prefigge di rendere conto delle problematiche inerenti l’insegnamento
dell’italiano in questa parte del mondo. In realtà, nonostante i dati relativi al pubblico e alle motivazioni siano
sorprendentemente soddisfacenti, ci risulta opportuno porre l’accento anche sulle questioni legate
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all’acquisizione dell’italiano considerando le dinamiche sociolinguistiche locali. L’interesse della ricerca si
fonda, in effetti, anche sulla compresenza di 248 lingue locali sul territorio (Tabi Manga, 2000) e sul
bilinguismo ufficiale che pone il francese e l’inglese anche come lingue dell’educazione. Il lavoro vuole quindi
osservare da una parte il ruolo dell’italiano in questo contesto plurilingue e dall’altra parte alcune differenze
nei processi di acquisizioni da parte di apprendenti francofoni e anglofoni. Per quest’ultimo obiettivo, la
ricerca si propone di analizzare le competenze degli studenti sulla base dei risultati delle 5 prove (ascolto,
produzione scritta, produzione orale, comprensione alla lettura, analisi delle strutture della comunicazione)
degli esami di Certificazione di Italiano come Lingua Straniera (CILS). La CILS è, in effetti, l’ente certificatorio
italiano con il maggior numero di candidati in Africa in generale e in Camerun in particolare. Come osservano
Vedovelli e Machetti (2008), la certificazione delle competenze linguistico - comunicativa in italiano L2 intesa
come “operazione che consiste nella descrizione, misurazione e valutazione di tali competenze in un dato
momento del percorso di apprendimento, a prescindere dal tipo di formazione/istruzione ricevuta da parte di
chi si sottopone ad essa rappresenta nell’ambito dell’educazione linguistica un tema di grande attualità”.
Nonostante le difficoltà economiche del paese, l’investimento a doppia dimensione (formazione linguistica ed
esami di certificazione) rivela il valore aggiunto e le opportunità socio-professionali che la lingua italiana
riesce ad offrire agli studenti e ai docenti, e che intendiamo ricordare illustrando i nuovi bisogni e le nuove
motivazioni. Alla certificazione di italiano, sono quindi associati i valori qualitativi e di spendibilità sociale. In
realtà, l’ente certificatore nell’esprimere una valutazione circa il grado di adeguatezza della competenza del
candidato, che deriva dai risultati ottenuti ai test, assume un preciso ruolo sociale e diventa il garante nei
confronti delle altre istituzioni sociali interessate alla competenza in L2 esibita dal candidato (Barni, 2005).
La disamina delle dinamiche legate all’insegnamento dell’italiano in Camerun, che siamo riusciti ad effettuare
attraverso una ricerca sul campo, assume un significato notevole all’indomani dell’istituzione dell’italiano
nelle scuole pubbliche locali. Si tratta forse dell’occasione ideale per garantire agli studenti di italiano ciò che
le altre lingue straniere, presenti nel sistema scolastico locale da diversi decenni, non sono riuscite ad offrire:
motivazione e competenza linguistico - comunicativa elevata al di là dei vincoli formativi (Siebetcheu, 2011b).
L’80% degli apprendenti che provengono dai centri linguistici e che imparano l’italiano per un breve periodo
per studiare in Italia non deve dunque distogliere l’attenzione da chi sceglie i percorsi formativi duraturi
imposti dalla scuola. La ricerca, per questo motivo, propone alcuni suggerimenti riguardo alla formazione dei
docenti e alla progettazione dei manuali didattici adeguati ai bisogni specifici degli apprendenti.
Bibliografia
BARNI M., Etica e valutazione delle competenze in L2, in M. Vedovelli (a cura di), Manuale della certificazione
dell’italiano L2, Roma, Carocci, 2005.
SIEBETCHEU R., L'insegnamento dell'italiano in Africa. Una prima indagine, in M. Mezzadri (a cura di), Le
lingue dell'educazione in un mondo senza frontiere, Perugia, Guerra Edizioni, 2010.
SIEBETCHEU R., La diffusion de la langue italienne dans l’espace sociolinguistique africain. Histoire, actualité et
perspectives glottodidactiques, Sarrebruck, Edition Universitaire Européennes, 2011a.
SIEBETCHEU R., Educazione linguistica in Africa. Verso un quadro comune africano di riferimento per le
lingue?, in AA.VV., Glottodidattica giovane 2011. Saggi di 20 studiosi italiani, Perugia, Guerra edizioni,
2011b.
TABI MANGA J., Les politiques linguistiques du Cameroun. Essai d’aménagement linguistique, Paris, Karthala,
2000.
VEDOVELLI M., MACHETTI S., La certificazione dell’italiano per i livelli iniziali di competenza:tra scienza, etica e
politica, in F. Caon (a cura di), Tra lingue e culture per un’educazione linguistica interculturale, Milano,
Mondadori, 2008.
Alessandra Vitali
(Università degli Studi di Roma “Foro Italico”)
L’italiano L2 in Facebook: un’esperienza di interazione e scambio sociale per gli
studenti in mobilità
L’uso e la diffusione delle nuove tecnologie è ormai un dato di fatto di cui l’insegnante di L2 deve prendere
atto. L’esempio più emblematico è rappresentato da Facebook che nel giro di pochi anni si è trasformato in
una rete sociale che coinvolge trasversalmente tutti gli utenti di Internet, ma che ancora non trova una
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collocazione nella didattica in classe. Eppure le istituzioni dovrebbero sforzarsi di accogliere nei percorsi
didattici i social network come possibili strumenti formativi per gli studenti che ormai appartengono alla mgeneration (Thorne & Scott Payne 2005) e che sono tutti abitanti della Rete, luogo in cui si interagisce con
altre persone e con delle conoscenze: in questa interazione si costruiscono nuove identità. Inoltre, studi
autorevoli sostengono che l’impatto delle nuove tecnologie sull’apprendimento determini e faciliti
quest’ultimo in percorsi multimodali (Kress 2005; Hampel & Hauck 2006).
Prendendo spunto da tali trasformazioni, si è pensato di proporre l’integrazione del social network Facebook
in un programma di blended learning. In questo ambito nel Centro Linguistico dell’Università degli Studi di
Roma “Foro Italico” è nato un progetto con l’obiettivo di utilizzare Facebook nei corsi di lingua italiana L2
destinati a studenti Erasmus.
L’idea si basa sull’introduzione del medium di Facebook e sulle affordances che esso offre nella
comunicazione e interazione tra studenti e insegnante in una seconda lingua. In una prospettiva psicodidattica il contesto Facebook consente un cambiamento nella qualità della motivazione ad apprendere, in
quanto la motivazione endogena (voglio imparare per potermi esprimere) prende il sopravvento su quella
esogena (imparo per passare l’esame). Ecco dunque che si è pensato di sfruttare tale canale comunicativo
per avere un sistema innovativo e familiare, per attivare il processo di apprendimento che assume toni
informali, uscendo dal contesto “classe” ed entrando a far parte della socialità.
Inoltre, la peculiarità della comunicazione on-line è che essa propone nuovi contesti d’interazione che
rivelano caratteristiche atipiche, in cui si mescolano sia aspetti del parlato convenzionale, con le proprie
regole della conversazione, sia aspetti della scrittura. In particolare, il presente progetto si propone di
verificare l’ipotesi secondo cui ciò che accade in Facebook possa essere trattato come interazione sociale.
Facebook diventa così quel “luogo” di interazione virtuale, espressione da non contrapporre a “reale” in
quanto questi due mondi si sostengono e si illuminano a vicenda, dove gli individui che partecipano all’azione
didattica si incontrano, interagiscono, mettono in gioco le loro identità, negoziano i rispettivi ruoli e
collaborano, realizzando un modello di apprendimento sociale (Wenger, 2006).
Tutti gli attori coinvolti nel progetto, grazie all’uso e alla preferenza delle varie affordances, quali bacheca,
messaggi personali, chat e note, hanno contribuito e contribuiscono a creare una comunità di Erasmus di
italiano L2 on-line.
Bibliografia
R. HAMPEL / M. HAUCK, “Computer-mediated Language Learning: Making Meaning in Multimodal Virtual
Learning Spaces”, The JALT CALL Journal, Vol. 2, No. 2, 2006.
S.C. HERRING, “Computer-mediated conversation: Introduction and overview”, in Language@Internet,
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G. KRESS, Literacy in the new media age, Routledge, London 2005.
S. THORNE E J. SCOTT PAYNE, “Evolutionary trajectories, internet-mediated expression and language
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E. WENGER, Comunità di pratica. Apprendimento, significato e identità, Raffaello Cortina, Milano 2006 (ed. or.
1989).
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SESSIONE 2.
Accogliere le richieste di una società che cambia: la sfida della
scuola
Francesca Angonova
(Docente italiano L2)
Consapevolezza e apprendimento: un percorso per giovani studenti di italiano
L2 nella scuola secondaria
Si propone la riflessione su un’esperienza realizzata nel laboratorio di italiano L2 per gli studenti stranieri
dell'I.I.S. G. Lagrange di Milano nell’a.s. 2010/2011 che si inserisce all’interno del Progetto F.E.I. (Provincia di
Milano e Centro Come) Parole e luoghi d´integrazione. L´accoglienza e l´inserimento dei giovani stranieri
nelle scuole e nelle comunità, 2010, oggetto di una Tesi di Specializzazione in Didattica dell’Italiano come
Lingua Straniera, discussa a Siena il 9 febbraio 2012.
Contestualizzazione specifica dell’esperienza
Laboratorio italiano L2: 2 moduli di 40 e di 50 ore suddivisi tra il primo e il secondo quadrimestre.
Frequenza: 2 pomeriggi alla settimana
Partecipanti: 10 studenti di varia nazionalità di cui 4 neo arrivati, 6 arrivati in Italia da un anno o più anni
con necessità di rinforzo linguistico
1 docente italiano L2: esperto linguistico esterno alla scuola.
Punto di riferimento all’interno della scuola e legame tra laboratorio e consigli di classe: 1 docente interno
(referente del Progetto Stranieri della scuola).
Nodi critici legati ai soggetti e al contesto dato:
Eterogeneità di:
• storie linguistiche e personali;
• contesti personali (età anagrafica, interessi, problematicità diverse);
• percorsi scolastici (ordini di classi e indirizzi scolastici diversi: dalla prima alla quarta superiore;
dall'alberghiero, al tecnico, al liceo sportivo);
• competenze linguistico - comunicative (da livello pre A1 ad A1, ad A2 nelle varie abilità);
• presenza di studenti con situazioni di disagio e problematiche particolari (uno studente senza sostegno
con difficoltà di concentrazione e iperattività, presenza di situazioni familiari complesse);
• collocazione del laboratorio in fascia pomeridiana causa di sovraccarico per i ragazzi (frequenza
conseguentemente non sempre regolare al corso).
Dall’analisi dei bisogni (iniziale e in itinere) sono emerse alcune necessità:
• Programmazione flessibile, adeguata ad affrontare la complessità della situazione, ricca di attività
diversificate per rispondere alle differenti esigenze degli studenti coinvolti;
• Sostegno della motivazione personale per favorire la partecipazione e per sostenere la fiducia degli
studenti nella riuscita dei loro percorsi scolastici e nella possibilità di affrontare le difficoltà;
• Sviluppo e rafforzamento del gruppo e del lavoro di gruppo per proporre il laboratorio come spazio di
sviluppo delle competenze linguistico comunicative attraverso e con gli altri, ma al contempo come
spazio affettivo di condivisione delle esperienze e delle relazioni, dei propri progressi e delle difficoltà.
Risposta didattica:
La programmazione didattica scandita su obiettivi della lingua della comunicazione interpersonale ha previsto
attività cooperative proposte attraverso la suddivisione di ruoli e utilizzando le tecnologie (computer e smarth
phone). Inoltre si è elaborato uno strumento di lavoro per portare gli studenti a riflettere su di sé, sul proprio
apprendimento, sul percorso svolto, sulle difficoltà incontrate. Lo strumento strutturato per essere fruito da
studenti principianti (in un caso con competenze prebasiche), ricorrendo anche all’intervento di studenti
mediatori, propone:
due questionari (iniziale e finale) per far emergere il tipo di consapevolezza degli studenti, le loro
aspettative e percezioni sul laboratorio;
schede guida alla riflessione sulle attività svolte;
attività di autovalutazione su contenuti e sulle modalità di lavoro;
la realizzazione di un diario di classe;
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interviste realizzate dai ragazzi e interviste realizzate dalla docente agli studenti;
realizzazione di una raccolta sintetica di materiale per ogni studente con foto di ciascuno e dediche.
Dal lavoro svolto emergono molteplici elementi significativi riassumibili nella generale maggiore
consapevolezza da parte degli studenti dei propri progressi e bisogni linguistico comunicativi, in maggiore
coinvolgimento, partecipazione, responsabilità e aiuto reciproco, nel consolidamento del senso di gruppo e di
socialità.
Si evidenzia come una programmazione incentrata sull’apprendente e sul rafforzamento della sua
consapevolezza contribuisca a configurare il laboratorio L2 non solo come spazio didattico in cui sviluppare
competenze, linguistico comunicative e relazionali, ma anche come spazio in cui gradualmente aprirsi ed
esprimere le proprie difficoltà o condividere le proprie gioie, ciascuno in maniera libera e graduale, quindi
spazio affettivo e denso di relazioni, spesso sentito come accogliente e rassicurante per chi provenendo da
un paese e una cultura altra si trova a inserirsi in un contesto scolastico e socio culturale distante dal proprio.
Orizzonte di riferimento teorico:
gli apporti del costruttivismo e del pensiero di Vyogostkij, ripresi e declinati in ambito didattico educativo e
nelle linee di politica linguistica educativa europea (dalle istanze del QCER alle varie riflessioni presenti nei
documenti della “platform of resources and references for plurilingual and intercultural education”,
http://www.coe.int/t/dg4/linguistic/langeduc/le_platformintro_EN.asp).
Con il recupero da un lato della dimensione creativa del soggetto, valorizzato da Piaget in ambito
psicopedagogico e da Chomsky in ambito linguistico, dall’altro con la riconsiderazione del ruolo del contesto
sociale e relazionale, e poi culturale, grazie ai contributi di Bruner e di Vygostkij in un territorio al confine tra
linguistica, sociolinguistica, psicologia e pedagogia, accanto alle conferme date dalle scoperte delle
neuroscienze, nel processo di apprendimento vengono valorizzate le differenze individuali e tutte le
dimensioni della persona insieme all’importanza di prendere coscienza di sé nel proprio percorso formativo e
nelle relazioni con gli altri.
Bibliografia
BRUNER J., 1996, La cultura dell’educazione, Milano, Feltrinelli.
CAON F., 2006, Insegnare italiano nelle classi ad abilità differenziate, Perugia, Guerra.
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MARIANI L., POZZO G., 1994, L'autonomia nell'apprendimento linguistico, Firenze, La Nuova Italia- RCS Scuola
PONTECORVO C., 1991, Discutendo s'impara, Firenze, La Nuova Italia Scientifica.
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VEDOVELLI M., MASSARA S., GIACALONE RAMAT A., 2004, Lingue e culture in contatto. L’italiano L2 per arabofoni,
Milano, Franco Angeli.
Luisa Bavieri
(Università di Bologna)
Pratiche linguistiche e comunicative nella lezione di diritto: educazione
linguistica e valenza sociale delle discipline
Rispetto ad altri percorsi di istruzione, i corsi di formazione professionale si caratterizzano per la scarsa
attenzione attribuita all’insegnamento/apprendimento della lingua di scolarizzazione, sia per quanto riguarda
le competenze linguistiche generali che per quelle specifiche competenze discorsive formali e professionali
richieste nella vita adulta (Beacco 2010a). L’afferenza a tali contesti educativi di apprendenti perlopiù socio-
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economicamente svantaggiati richiede, come e forse in misura maggiore rispetto ad altri ambiti, interventi
formativi specifici volti a favorire e ampliare i repertori linguistici degli studenti e la loro padronanza di generi
discorsivi, non solo all’interno delle materie linguistiche ma anche negli insegnamenti disciplinari, dove gli
obiettivi e le pratiche dell’insegnamento linguistico e comunicativo come parte integrante dell’insegnamento
disciplinare stesso sono ancora relativamente poco noti e scarsamente applicati (Vollmer 2009).
Questo intervento si propone dunque di descrivere la lingua utilizzata nel discorso pedagogico disciplinare in
classe, analizzandone alcune forme prodotte dagli insegnanti e dagli apprendenti e le modalità attraverso cui
i loro discorsi contribuiscono a costruire le conoscenze. Nello specifico, si illustreranno i risultati di una
ricerca condotta su lezioni di diritto rivolte a classi plurilingue di apprendenti adulti nel contesto della
formazione professionale, dove la co-costruzione della materia giuridica, correlata alla gestione della classe,
mette in evidenza la valenza sociale di questa materia, nel momento in cui gli apprendenti fanno esercizio di
cittadinanza attraverso la pratica di generi discorsivi che possono avere rilevanza nella loro vita sociale,
professionale e pratica.
Si presenteranno, in particolare, i dati raccolti su quella parte di apprendenti stranieri che utilizzano l’italiano
come lingua seconda e che rappresentano più del 50% della popolazione scolastica presente nell’istituto
serale. Da un lato, si mostra come giochi un ruolo rilevante l’approccio sociale e pragmatico ai contenuti
giuridici, in una disciplina che, in contesti non accademici, perde la sua specificità tecnica riferendosi alla
legge come il prodotto di una rappresentazione sociale. Nell’ambito educativo osservato, dove gli studenti
sono adulti che portano in classe identità personali e sociali multiple, gli argomenti giuridici hanno il
vantaggio di aumentare la motivazione degli immigrati adulti ad accedere a percorsi formativi e, allo stesso
tempo, riescono in alcuni casi a dare un importante contributo nel suggerire, se non nel fornire, soluzioni a
problemi legati alla loro partecipazione in attività socio-istituzionali fuori della classe. Dall’altro lato, i
contenuti delle lezioni offrono un contesto ideale dove gli apprendenti possono acquisire competenze
linguistiche e discorsive avanzate e competenze di cittadinanza, come agency e riflessione critica. Inoltre,
l’analisi rivela che i materiali su diritti, legge, politica, ecc, cioè materiali che stimolano la discussione su
questioni che riguardano aspetti del vissuto quotidiano, sono accolti favorevolmente da apprendenti adulti
stranieri, che potrebbero di conseguenza apprezzare l’integrazione di questi stessi contenuti in un corso di
lingua seconda.
Seguendo i risultati della ricerca, si ipotizza in seguito un percorso formativo applicabile sia
all’insegnamento/apprendimento dell’italiano come L2, in cui i contenuti disciplinari vengono integrati ai
contenuti linguistici – ad esempio ‘lingua e diritto’ in un corso di educazione alla cittadinanza -, sia agli ambiti
disciplinari, per attivare un lavoro sulle componenti linguistiche e discorsive proprie della specifica disciplina,
la cui costruzione dipende in larga misura sulla padronanza dei discorsi specifici prodotti nella lingua di
scolarizzazione (Beacco et al. 2010b). Si mostrerà come, trasversali a entrambi gli ambiti, possono essere
proposte attività propriamente linguistiche, focalizzate sul raffinamento lessicale o sulla forma, e attività
meta comunicative, per la riflessione su quale lingua utilizzare per realizzare un compito, che possono essere
integrate ad attività pedagogiche, in cui gli apprendenti usano la lingua per svolgere compiti attinenti alla
disciplina, e ad attività ‘reali’, che soddisfano specifici bisogni degli apprendenti nei domini personali e
professionali (cfr. Beacco et al. 2010a).
Bibliografia
BAVIERI, L. 2011. Educazione alla cittadinanza per cittadini immigrati adulti. Il contributo della formazione
linguistico - giuridica all’acquisizione di competenze di cittadinanza in lingua seconda. Tesi di dottorato,
Alma Mater Studiorum Università di Bologna, a.a. 2010/2011.
BEACCO, J.-C., BYRAM M., CAVALLI M., COSTE D., EGLI CUENAT M., GOULLIER F., PANTHIER J. (Language policy
Division), 2010a. Guida per lo sviluppo e l’attuazione di curriculi per una educazione plurilingue e
interculturale. Strasbourg: Council of Europe, Language Policy Division:
http://www.coe.int/t/dg4/linguistic/Source/Source2010_ForumGeneva/GuideEPI2010_IT.pdf
BEACCO, J.C., COSTE D., VAN DE VEN, P.-H., VOLLMER H., 2010b. Language and School Subjects. Linguistic
dimensions of knowledge building in school curricula. Strasbourg: Council of Europe, Language Policy
Division:
http://www.coe.int/t/dg4/linguistic/Source/Source2010_ForumGeneva/KnowledgeBuilding2010_en.pdf
VOLLMER, H., 2009. Language in Other Subjects. Text produced for the Platform of resources and references
for plurilingual and intercultural education. DG IV / EDU / LANG (2009) 9. Strasbourg: Council of Europe,
Language Policy Division:
www.coe.int/t/.../LangInOtherSubjects_en.doc
9
Patrizia Civetta
(Integratiecentrum Foyer – Brussel)
Esempi di plurilinguismo di alunni con background migratorio
Nel 1982 il Foyer Ong di Bruxelles ha dato vita ad un progetto biculturale rivolto ai bambini di origine italiana
frequentanti la scuola primaria e presenti sul territorio belga.
Attualmente questo progetto è stato esteso agli alunni di origine turca, spagnola e araba e coinvolge 500
alunni frequentanti 6 scuole primarie di lingua neerlandese presenti a Bruxelles.
A Bruxelles sono presenti scuole gestite della comunità fiamminga e scuole gestite dalla comunità francese.
Il progetto biculturale del Foyer è inserito nelle scuole della comunità fiamminga e si rivolge agli alunni con
background migratorio. Questi alunni parlano la loro lingua materna a casa, nella vita quotidiana di Bruxelles
utilizzano il francese e a scuola imparano il neerlandese, lingua poco parlata a Bruxelles ma fondamentale
per l’inserimento professionale.
Gli alunni del progetto biculturale hanno la possibilità di seguire due ore alla settimana le lezioni nella loro
madrelingua. Durante queste lezioni gli alunni si dedicano all’apprendimento della lingua ma anche della
cultura legata al paese d’origine.
Gli obiettivi del progetto biculturale sono:
1) facilitare l’inserimento del bambino nella scuola del paese d’origine (in caso di ritorno)*;
2) stimolare la coabitazione pacifica e promuovere i valori interculturali;
3) stimolare il trilinguismo;
4) stimolare lo sviluppo d’identità equilibrato, che risulta fra l’altro in un benessere ad ampio raggio ed una
partecipazione incrementata nella società; si tratta inoltre di una condizione primaria per un miglior
inserimento nella scuola media;
5) promuovere un’apertura nei confronti di tutte le lingue (language awareness);
6) attivare un processo di riflessione sulle proprie conoscenze linguistiche (portfolio delle lingue).
Per quanto riguarda il primo obiettivo, già negli anni ‘80 questo desiderio si rivela un sogno non più
realizzabile per diverse ragioni. Byram (in M. Byram (1990), Return to the Home country: the “necessary
Dream” in Ethnic Identity, in M.Byram e J. Leman (a cura di), Bicultural and Trilingual…, p. 90.) descrive
come diversi Italiani esprimono la loro paura di ritorno, come per esempio quest’italiano immigrato: “Ici on
est étranger, et chez nous on est étranger aussi”.
Per favorire la coabitazione di cui al punto due, le iniziative messe a punto sono diverse:
“valige interculturali” (Koffers Brengen Sfeer), che contengono servizi, vestiti, giochi, foto, ecc. legati alle
diverse culture e con cui gli insegnanti della scuola materna sono in grado di creare diversi ambienti
culturali nella classe.
visita al “palazzo strano normale” (Het Gewoon Vreemd Paleis), un tipo di esibizione interattiva in cui i
bambini sono confrontati con pregiudizi e sono stimolati a distinguere questi dai fatti, è un’altra
possibilità per fornire ai bambini atteggiamenti aperti e critici verso le diverse culture.
Ico-pronto: un pacchetto didattico contenente lezioni interculturali rivolte agli insegnanti e in questo
caso non si intende solo gli insegnanti di madrelingua.
Il terzo scopo è quello di favorire il trilinguismo. Con trilinguismo, Leman intende che i bambini che seguono
i progetti, devono impadronirsi della loro madrelingua, del neerlandese e del francese.
L’insegnamento della madrelingua non danneggia l’apprendimento di altre lingue, e tanti specialisti, al
contrario, convalidano l’ipotesi che una buona capacità linguistica nella madrelingua favorisca lo sviluppo
della lingua maggioritaria (per esempio, il neerlandese) e di altre lingue, e quindi la capacità linguistica in
generale (vedi Cummins “Un enfant qui possède bien sa langue maternelle pourra apprendre une langue
étrangère plus facilement qu’un enfant qui ne la maîtrise pas”).
Per il Foyer lo sviluppo d’identità si effettua in modo creativo; i giovani sono invitati a fare una sintesi
personale degli aspetti del loro mondo: cultura a casa, a scuola, tempo libero ecc. Inoltre, grazie alla
presenza d’insegnanti di diverse culture, i bambini si confrontano con un numero crescente di schemi
culturali, perché, come leggiamo in Byram, a parte gli schemi culturali comuni a tutte le culture, ve ne sono
altri inerenti ad ogni cultura.
Il concetto di language awareness viene preso a prestito per stimolare l’apertura nei confronti di tutte le
lingue: quest’apertura viene favorita in maniera ludica e piacevole (ad esempio, contare fino a dieci in varie
lingue o cantare ‘Fra Martino’ in più lingue).
Il portofolio delle lingue realizzato dal Foyer ha ottenuto il label del Consiglio d’Europa nel 2012 e lo scopo
del portfolio è di invitare gli alunni a riflettere sulle loro competenze linguistiche e questo nelle tre lingue
che conoscono.
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Margherita Di Salvo
(Università Federico II – Università di Basilicata)
Scuola italiana e scuola inglese: migranti, bambini, seconda generazione,
migranti di ritorno bambini
Il presente contributo, frutto di una ricerca pluriennale sugli aspetti linguistici e culturali delle migrazioni
italiane in Inghilterra, è dedicato al tema dell’inserimento scolastico ricevuto dagli italiani emigrati da bambini
e adolescenti della seconda generazione, e di coloro che, al contrario, sono rientrati in Italia da adolescenti,
dopo avere seguito un percorso di formazione nel paese in cui i genitori erano emigrati. Lo studio presenta
quindi una duplice focalizzazione, in quanto il tema analizzato sarà ricostruito sia adottando il punto di vista
di chi è partito dall’Italia per l’Inghilterra sia quello di chi ha seguito il percorso inverso. Per l’emigrazione
italiana in Inghilterra, in particolare, si prenderanno in esame sia le complessità dell’inserimento nella scuola
inglese sia le difficoltà (e in qualche caso il rifiuto) della scuola italiana che, nelle comunità indagate, era
offerta dalla locale chiesa italiana e dal nostro Ministero degli Affari esteri. Al contrario, per gli emigranti
rientrati, si tenterà di ricostruire le difficoltà di integrazione nella scuola italiana, che, in molti casi, sono state
così profonde da determinare l’abbandono scolastico e un successivo rientro, talvolta momentaneo talvolta
definitivo, in Inghilterra. Attraverso questo duplice sguardo, il nostro obiettivo consistere nell’analizzare, da
una prospettiva antropologica, come l’inserimento in una scuola plurilingue è stato vissuto da migranti con
caratteristiche in parte differenziate. La focalizzazione sulle testimonianze dei protagonisti potrà, a nostro
avviso, consentire di ricostruire il punto di vista dei soggetti coinvolti e aiutarci a comprendere la complessa
problematica dell’inserimento e dell’integrazione.
La ricerca sul campo si è svolta nelle comunità italiane di Bedford, Cambridge e Peterborough e nelle zone
colpite dall’esodo, tra cui, in particolare, il comune irpino di Montefalcione. La metodologia impiegata ha
previsto la raccolta di interviste biografiche con migranti di I e II generazione e di prolungate osservazioni
nei contesti indagati. Nelle 90 interviste raccolte, il tema della scuola è centrale e diventa il simbolo ora
dell’integrazione conquistata, ora di rimpianti e di una vita sospesa al momento della partenza ora di
un’identità in bilico tra due mondi, due lingue e due culture. Per gli intervistati, infatti, è negli anni della
scuola che si è determinato il destino del loro futuro inserimento nel paese di arrivo, sia che si trattasse
dell’Inghilterra sia che si trattasse dell’Italia. Per molti dei migranti arrivati in Inghilterra da adolescenti, però,
le difficoltà dell’inserimento scolastico hanno determinato la futura decisione di ritornare in Italia per evitare
di far soffrire ai figli un eventuale difficile inserimento nella scuola italiana. Al contrario, molti degli emigranti
rientrati in Italia da piccoli hanno fornito ai propri figli, nati e cresciuti in Italia, un’immagine quasi “mitica”
della scuola inglese, facendo desiderare ai figli di emigrare.
Tuttavia, queste dinamiche non sono così lineari e variano in base all’età dell’emigrazione e in base a fattori
individuali.
La duplice focalizzazione su adolescenti migranti e adolescenti rientrati da un lato, e sulla seconda
generazione nata all’estero e la seconda generazione dei rientrati consente di cogliere similitudini profonde
tra i problemi di inserimento scolastico e di dinamiche identitarie, che, a nostro avviso, potranno forse
permettere una più ampia riflessione sui bisogni comunicativi, affettivi ed identitari dei vecchi e dei nuovi
migranti, contribuendo, forse, a fornire qualche strumento in più per la futura progettazione didattica
destinata ai nuovi migranti.
Tiziana Sorrentino - Irma Falgari - Laura Donadoni
(Scuola Primaria di Albino)
L’alfabetizzazione degli alunni NAI: scuole in rete per un progetto di territorio
Come avviene attualmente in altri Paesi europei, i progetti di alfabetizzazione e le risorse che ad essi
afferiscono devono essere indirizzati non agli alunni stranieri in generale, ma alla componente di allievi che
esprime bisogni di carattere linguistico. Una parte significativa degli alunni di nazionalità non italiana presenti
in Italia, sono, infatti, nati in Italia o arrivati qui da piccolissimi. Questi alunni rappresentano ormai la
“ normalità “del volto delle nostre scuole e non sono destinatari di interventi specifici, ma di un’educazione
linguistica e interculturale diffusa e rivolta a tutta la classe.
I destinatari del progetto sono quindi gli alunni neo arrivati in Italia (NAI), poco o affatto italofoni la cui
comunicazione interpersonale di base corrisponde al livello A1/A2 del QCRE.
Il Progetto di Alfabetizzazione per alunni NAI si inserisce, come una risposta specifica, all’interno di una
proposta più generale di accoglienza e di integrazione delle alunne e degli alunni stranieri: dal punto di vista
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pedagogico se “nessuno educa nessuno […],(ma) gli uomini si educano tra loro, con la mediazione del
mondo”1, esso non può che essere pensato come uno spazio/laboratorio che:
riconosce la dimensione strutturale (e non più solo occasionale) della presenza di alunni neo arrivati e si
dota di strumenti e risorse per una risposta programmata e non emergenziale del problema
dell’insegnamento dell’italiano come L2;
prende in considerazione la specificità dei bisogni degli alunni stranieri accogliendoli in un luogo nel
quale è data l'opportunità di apprendere l'italiano integrando le nuove competenze con quelle già
possedute, collegandole al proprio passato, alla propria storia personale e valorizzando la cultura del
Paese di origine.
L’organizzazione del laboratorio risponde pertanto a criteri pedagogici e didattici "integrativi" in senso lato:
• facilitazione all'inserimento e all'integrazione nella nuova realtà scolastica e sociale;
• - aiuto alla costruzione/ricostruzione di una positiva identità personale.
Il laboratorio si caratterizza per un approccio non esclusivamente "tecnicistico" e “individualizzato”
all'apprendimento dell'italiano che permetta la costruzione di un luogo di accoglienza nel quale gli alunni
possano riconoscersi perché vi lasciano le tracce visibili del loro cammino fatto insieme e tra di loro.
Per questo il laboratorio adotta un modello di inserimento a compenetrazione tra il "bagno" linguistico e
culturale nella classe e brevi momenti strutturati finalizzati all’acquisizione spontanea e iniziale della nuova
lingua e dell’adattamento al nuovo mondo.
Se “l’apprendimento avviene sempre e solo in un contesto di relazione imprescindibile tra alunno e
insegnante”2 e ciò è possibile se “anche chi insegna è disposto a mettersi nel ruolo di chi impara ( teach –
back: insegnamento di ritorno in prospettiva decostruttivista)”3, si ritiene che apprendimento della lingua e
esperienze positive di inserimento siano direttamente collegati, ovvero: non si crea motivazione
all’apprendimento della nuova lingua se non si è messi in condizione di vivere esperienze di socializzazione
nel gruppo-classe e non si costruiscono rapporti e legami con gli altri senza una buona lingua per
comunicare.
Ciò è il presupposto per lo svolgimento di attività interculturali comuni ed elemento di facilitazione per
l’apprendimento dell’italiano come lingua seconda da parte degli stranieri, in una situazione di "piena
immersione" (C. M. n. 73/94).
La metodologia laboratoriale coniuga in questo senso il sapere al “saper fare” in una dimensione di centralità
relazionale e di apprendimento da parte degli alunni partecipanti.
L’insegnante responsabile del laboratorio, in questa prospettiva e ottica pedagogica, si pone come
facilitatore4 del percorso che, in quanto tale, può avere risultati e aspettative diverse a seconda di chi vi
prende parte.
Rispetto ai parametri europei A1 e A2 di conoscenza di una lingua straniera, nel laboratorio di
alfabetizzazione si perseguiranno i seguenti obiettivi linguistici:
• uso elementare della lingua: capacità di comunicare nelle situazioni più frequenti della vita quotidiana.
La comunicazione è efficace, anche in presenza di errori;
• espressioni frequenti e comuni legate a bisogni / necessità;
• aderenza al contesto del parlato;
• uso dei tempi dell’ indicativo (presente, passato, futuro in questo ordine);
• interazione diretta relativa a temi familiari e a bisogni immediati;
• produzione breve orale e /o scritta limitata temi familiari e quotidiani;
• lettura di materiale molto semplice o semplificato, relativa ai temi sopra descritti.
Sitografia
www.centrocome.it; sito storico e ricchissimo da cui scaricare materiali, programmazioni, normativa…
www.provincia.padova.it; sito che conduce ai materiali del Centro D.A.R.I. da cui si possono scaricare test
d’ingresso.
www.comune.modena.it; sito che conduce al Centro Memo da cui si possono scaricare test d’ingresso
bilingue e di matematica per la scuola primaria.
www.racine.ra.it; sito della Casa delle Culture di Ravenna da cui scaricare materiali bilingui.
1
2
3
4
Freire P. – La pedagogia degli oppressi – ed. Gruppo Abele – 1999.
S.Kanizsa – L’importanza della relazione nel processo di insegnamento – apprendimento; ed. B. Mondadori; 2007.
J.Deridda – La scrittura e la differenza – 1967.
Freire P. – Pedagogia della speranza – ed EDG Gruppo Abele – 2008.
12
www.comune.jesi.an.it; sito delle scuole dell’omonima città: all’interno dei percorsi di lingua italiana
Macropercorsi contiene unità specifiche per alunni stranieri.
www.sportellostranieri.bergamo.it è il sito degli Sportelli della provincia di Bergamo.
Bibliografia ragionata
PECIS F., CIVIDINI M. (a cura di), 2005, Dall’ABC alla parola. Rotary International, Commissione
alfabetizzazione: HTTP://WWW.ICDIAZVAPRIO.IT/FASCICOLI/INTRODUZIONE.PDF
Gatti A., 2008, Benvenuto in classe (1 e 2), Trento, Edizioni Erickson.
GIORNELLI, G., MAIOLI A., 2003, Educazione linguistica interculturale, Esplorare le basi della comunicazione
non verbale, orale e scritta, Trento, Edizioni Erickson.
RANFAGNI A., DI MARIA R., 2009, Imparo a comunicare, Arricchimento lessicale e grammatica di base per
alunni stranieri, Trento, Edizioni Erickson.
ERRIQUEZ M. F., 2002, Molti bimbi una lingua, Mursia Editore.
AUGELLI, R., 2001, Noi alunni stranieri, Mursia Editore.
VENTURA, G. 2002, Lexico Minimo, Il giro del mondo in 320 parole, Bologna, EMI Ed.
COOPERATIVA CON-TATTO (a c. di), 2007, Aritmetica e geometria - concetti base. Trento, Ed. Arco.
MADDII, L., Dire, fare, comunicare, Vannini Edizioni.
FERRARI, M., MARCHESI F., 2009, AlfabetoUno Verifiche,
Marcella Trapolino
(Associazione Ale G.- Onlus, Lomagna LC)
La competenza linguistico comunicativa dei bambini stranieri inseriti nella
scuola dell’infanzia: tra attesa e riconoscimento
La proposta di una riflessione su alcuni aspetti della situazione linguistica dei bambini stranieri in età
prescolare nasce dall'esperienza di facilitazione linguistica condotta da chi scrive, a partire dall'anno
scolastico 2009/2010, in alcune scuole dell'infanzia del distretto meratese della provincia di Lecco e della
provincia di Monza e Brianza.
Due ordini di motivazioni conducono gli Istituti scolastici ad attivare laboratori di facilitazione per la scuola
materna: l'intento di migliorare, genericamente, le competenze linguistiche dei bambini di 4 e, soprattutto, 5
anni, in funzione del successivo inserimento nella Scuola Primaria, e la necessità di fornire un supporto a
bambini che mostrano particolari difficoltà di comprensione e di esecuzione dei compiti proposti. Per questi
ultimi, talvolta, si prospetta una segnalazione ai Servizi Sanitari territoriali per una valutazione complessiva,
che può condurre a diagnosi funzionale di ritardo cognitivo, con conseguente richiesta di sostegno scolastico
e/o a diagnosi di Disturbo Specifico del Linguaggio, cui dovrebbe seguire un periodo di trattamento
logopedico.
In assenza di strumenti già consolidati nella pratica, chi scrive ha affrontato le esigenze di valutazione
connesse all'attività didattica, affiancando all'osservazione costante del comportamento linguistico dei
bambini l'uso sperimentale di alcuni test, che normalmente sono destinati alla valutazione diagnostica di
possibile ritardo del linguaggio: il test di competenza lessicale recettiva PPVT (Stella, Pizzoli & Tressoldi,
2000) e il test di comprensione grammaticale TCGB (Chilosi et al., 2006). Queste prove hanno fornito alcuni
criteri di valutazione oggettiva, seppur limitatamente ad alcune delle competenze linguistiche dei bambini. In
tal modo, è stato possibile osservare come, contrariamente alle apparenze, spesso l'interlingua raggiunta dai
bambini stranieri dopo due anni di scuola materna non sia, ancora, neppure paragonabile a quella dei
coetanei nativi e, quindi, non sia sufficiente alla comprensione di consegne complesse e di testi narrativi, che
diventano sempre più oggetto della programmazione didattica con il progredire del ciclo formativo.
Nella situazione descritta, è insito il rischio di attribuire gli esiti di difficoltà linguistiche ad altri fattori, quali
difficoltà cognitive, attentive o comportamentali che talvolta ne sono, invece, gli effetti. Chi scrive ritiene che
opportune azioni didattiche finalizzate ad accelerare e/o a guidare il processo di acquisizione dell'italiano L2,
già in età prescolare, potrebbero limitare il rischio suddetto, favorendo la piena partecipazione all'offerta
formativa, soprattutto negli anni cruciali della continuità con il successivo ciclo della scuola primaria.
13
A sostegno di queste osservazioni, qui si propone un'analisi dei risultati ottenuti attraverso la
somministrazione di detti test ai bambini partecipanti, all'inizio ed alla fine del periodo di laboratorio, ed un
confronto con i risultati riportati nei medesimi test da un gruppo di controllo, formato da bambini che non
hanno partecipato ad alcuna attività glottodidattica.
Dei dati raccolti si propone, ulteriormente, una considerazione alla luce dei più sistematici studi
sull'interlingua dei bambini della scuola dell'infanzia, condotti da Pallotti e Ferrari (Pallotti e Ferrari, 2007) e
da Favaro e Nuzzo (Favaro, 2011).
Inoltre, le indicazioni di Daloiso (2009, 2009b) in merito alla glottodidattica nella scuola dell'infanzia
potranno offrire un quadro teorico a cui collegare l'esperienza di insegnamento in atto.
Secondariamente, si propone di allargare la riflessione alla necessità di un'opportuna descrizione
dell'evoluzione dell'interlingua in età prescolare, auspicabile per consentire, agli operatori coinvolti nella
Scuola, una più rapida ed efficace individuazione di quadri di reale ed importante scostamento, tali da far
sospettare la presenza di un Disturbo Specifico del Linguaggio e orientare verso una valutazione diagnostica
competente (cfr. Guasti, 2011 e Duca et al., 2010).
Infine, la riflessione sui reali percorsi di acquisizione dell'italiano da parte dei bambini inseriti nella scuola
dell'infanzia, che rappresentano il 20% degli alunni stranieri in Italia (fonte: MIUR 2011) e dai quali talvolta
ci si aspetta un precoce bilinguismo bilanciato (mentre si offre loro un input che non facilita
l'apprendimento), vorrebbe essere anche uno stimolo a ripensare alla centralità dell'educazione linguistica, ai
“discorsi e le parole”, nel curricolo del primo grado del sistema scolastico (MIUR, 1991).
Bibliografia
MIUR (1991), I programmi della Scuola Materna, D.M. 3 giugno 1991. G.U. 15-6-1991, n. 139.
MIUR (2011), “Alunni stranieri nel sistema scolastico italiano. A.S. 2010-2011”. Disponibile al sito:
http://www.istruzione.it/alfresco/d/d/workspace/SpacesStore/8b6c31e1-1678-4f1e-ba63222d3d6fb071/alunni_stranieri_nel_sistema_scolastico_italiano_as_2010_11.pdf
CHILOSI, A.. M., CIPRIANI, P., GIORNI, A., FAZZI, B. & PFANNER, L. (2006). TCGB. Test di comprensione
grammaticale per bambini. Edizioni del Cerro, Pisa.
CUMMINS, J. (2000). Language, Power, and Pedagogy. Bilingual Children in the Crossfire, Multilingual Matters,
Clevedon.
DALOISO, M. (2009). La lingua straniera nella scuola dell'infanzia. Fondamenti di glottodidattica. Utet
Università, Torino.
DALOISO, M. (2009b). L'italiano con le fiabe. Costruire Percorsi didattici per bambini stranieri. Guerra Edizioni,
Perugia.
DUCA, V., MURINEDDU, M. & CORNOLDI, C. (2010). “Una proposta per valutare le abilità cognitive nei bambini
stranieri e per effettuare una diagnosi di DSA”. In Dislessia - vol. 2010/2. Edizioni Erickson, Gardolo.
FAVARO, G. (a cura di) (2011). Dare parole al mondo. L'italiano dei bambini stranieri. Edizioni junior,
Bergamo.
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acquisizione. Carocci, Roma.
GUASTI, M.T., Toward A Unique Profile Of Early L2 Italian-Speaking Children. Manoscritto dell'Univ. Bicocca.
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STELLA, G., PIZZOLI, C. & TRESSOLDI, P.E. (2000). PEABODY - TEST DI VOCABOLARIO RECETTIVO - P.P.V.T. Peabody Picture Vocabulary Test - Revised. Omega Edizioni, Torino.
14
SESSIONE 3.
Rispondere alla specificità dei bisogni: l'italiano L2 agli adulti
Giovanni Bandi
(C.T.P. di Varese)
L’insegnamento dell’italiano L2 nel contesto dell’Educazione degli Adulti
Il contributo proposto affronta il tema dell’insegnamento dell’italiano L2 nel contesto dell’Educazione degli
Adulti al fine di evidenziare come la presenza di migranti nei corsi per adulti abbia progressivamente
modificato gli interventi delle istituzioni scolastiche, delle normative a essa preposte, dell’attività e dei bisogni
formativi dei docenti.
Intendo sviluppare questa tematica illustrando le tappe che hanno segnato la sua evoluzione e che possono
così essere sintetizzate:
Dal 1960 al 1974 (Circolare istitutiva dei Corsi sperimentali per lavoratori, noti come corsi 150 ore).
La Regione Lombardia vanta sul suo territorio una numerosa e antica presenza di cittadini stranieri: si tratta
in genere di persone istruite, fornite di reddito, titoli di studio e di un livello culturale medio alto.
L’apprendimento della lingua avviene in alcuni (pochi e molto costosi) centri privati, più spesso attraverso un
“fai da te” affidato a madrelingua stranieri da tempo residenti in Italia. In entrambi i casi prevale l’aspetto
culturale dell’apprendimento, non esiste una didattica e una manualistica specializza, né tantomeno
formazione dei formatori.
Dal 1975 al 1997 (O.M. n. 455/1997 istitutiva dei C.T.P.).
Come negli anni del boom economico, la Lombardia attira un numero elevato di lavoratori immigrati: non più
dal sud dell’Italia, bensì del mondo.
Sono gli anni dell’emergenza: sociale, ma anche didattica. I corsi serali sono i primi a ricevere l’onda d’urto di
questi nuovi bisogni formativi (la scuola del mattino sarà investita in un secondo tempo con l’arrivo e il
formarsi delle nuove famiglie).
I corsi 150 ore, che hanno visto progressivamente sostituire l’originaria presenza operaia con nuovi soggetti
(“drop out”, casalinghe, detenuti, disoccupati ecc.), stentano a soddisfare i bisogni di questa nuova utenza,
che pure si presenta sempre più numerosa. La scuola pubblica arriva totalmente impreparata a questo
appuntamento e l’amministrazione scolastica resta latitante per anni, abbandonando in concreto i docenti a
se stessi.
Lo stesso si può dire per i materiali didattici: in assenza di una pubblicistica specializzata si ricorre
all’autoproduzione; la formazione dei docenti è pressoché assente. Fino al 1993 (CILS) l’Italia è sprovvista di
una certificazione ufficiale di competenza linguistica in italiano L2 e il Framework europeo (Consiglio
d’Europa) è del 1996. In questa fase il volontariato assume un ruolo fondamentale.
Dal 1998 al 2006 (Legge del 27-12-2006 n.296 istitutiva dei C.P.I.A.).
L’istituzione dei C.T.P. segna la presa d’atto da parte del Ministero della P.I. della nuova realtà venutasi a
creare. Sono avviati i primi corsi di formazione per docenti, le case editrici inaugurano sezioni dedicate
all’italiano L2, alcune (Guerra ecc.) vi si specializzano, così come le nuove tecnologie (CD, DVD, Internet)
consentono la sperimentazione dei primi corsi a distanza. Le Università istituiscono corsi specifici, master e
attività di formazione.
Si forma progressivamente un nucleo di docenti esperti, laureati in Lettere ma più spesso in Lingue, alcuni
rientranti da esperienze svolte all’estero, che hanno maturato nella pratica una significativa esperienza,
supportata dalle acquisizioni teoriche e scientifiche sviluppate in alcune Università e da alcuni docenti. Ciò
consente loro di affrontare la nuova realtà con competenza e di porsi come formatori di quei docenti che
sempre più si trovano coinvolti, anche nella scuola del mattino, con le nuove problematiche o che decidono
espressamente di dedicarsi a esse.
Di grande utilità in questo periodo alcune iniziative collaterali, come “Io parlo italiano” di RAI Educational,
che affida ad alcuni CTP la sperimentazione di formazione a distanza attraverso il canale satellitare e la
conseguente certificazione.
L’istituzione dei C.P.I.A., che dovranno comprendere la filiera dell’istruzione degli adulti dall’alfabetizzazione
alle superiori in un’unica istituzione scolastica autonoma, pare socchiudere importanti prospettive all’EDA.
15
Dal 2007 al 2012 (D.M. 4-6-2010; D.P.R. 14-9-2011)
I corsisti stranieri diventano la componente prevalente nei CTP, anche nei corsi di Licenza Media. Il
consolidamento delle pratiche maturate negli anni precedenti e di alcuni Progetti come “Certifica il tuo
italiano” e “Vivere in Italia”consente di dire che oggi, sia pure con molte difficoltà e carenze, esiste un
sistema integrato volto non solo a favorire l’apprendimento della lingua italiana da parte dei migranti
presenti sul nostro territorio, ma anche a promuovere formazione e aggiornamento di qualità dei docenti a
essa preposti.
Il “Regolamento recante norme per la ridefinizione dell’assetto organizzativo didattico dei Centri d’istruzione
per gli adulti” predisposto dal MIUR nel 2008 segna, nelle intenzioni ministeriali, il passaggio dall’EDA all’IDA,
affidando ai CPIA esclusivamente attività d’istruzione, escludendo nella prima versione anche l’attività
d’insegnamento dell’italiano L2.
L’attuazione del D.M. 4-6-2010 rilancia invece il ruolo dei CTP-CPIA (rimasti nel frattempo sulla carta)
assegnando loro il compito di predisposizione e valutazione dei Test d’italiano per i richiedenti il permesso di
soggiorno CE, ma è innegabile che in questi anni viene rimessa in discussione la loro identità culturale.
Da febbraio a dicembre 2011 si sono tenute in Lombardia 518 sessioni d’esami che hanno coinvolto 15.345
candidati. Di questi 12.757 (83,13%) hanno superato il test. Il dato però varia sensibilmente da Regione a
Regione: si va dal 4% di candidati che non hanno superato il test di Piemonte e Lazio (dove fin dall’inizio è
stata introdotta la prova di produzione orale), al 17% della Lombardia, al 25% del Veneto.
La Circolare del MIUR del 16-6-2011 riconosce la possibilità di rilasciare attestati di certificazione riconosciuti
dalle Prefetture a quanti frequentano corsi d’italiano presso i CTP, che praticamente diventano il quinto ente
certificatore (almeno per le Prefetture). Le linee guida del M.I.U.R. del febbraio 2012 per la progettazione di
percorsi di alfabetizzazione e di apprendimento della lingua italiana rafforzano questa tendenza.
L’entrata in vigore il 10 marzo 2012 dell’Accordo d’Integrazione assegna ora ai CTP nuove e ulteriori
responsabilità.
Bibliografia
KNOWLES M., Quando l'adulto impara. Pedagogia e andragogia, Tr. It. Milano, Angeli, 1995.
MINUZ F., Italiano L2 e alfabetizzazione in età adulta, Roma, Carocci, 2005.
TROPEA A., L’istruzione degli adulti in Lombardia. A.S. 2008-2009. Milano, Ufficio Scolastico per la Lombardia,
2010.
VEDOVELLI M., Guida all'italiano per stranieri. Dal Quadro comune europeo per le lingue alla Sfida salutare,
Roma, Carocci, 2010.
Anna Consonni
(USR Veneto)
Progetto CIVIS
Premessa
La scuola è da tempo investita del compito di offrire corsi di lingua italiana ai cittadini stranieri adulti. Si
tratta, com’è noto, di un’utenza con caratteristiche diverse, sia per il livello di istruzione iniziale, che per le
competenze linguistiche in senso stretto e per il grado di esposizione al contesto locale. Diverse sono anche
le richieste: si va dal semplice corso di lingua all’esame di stato di primo ciclo, ai corsi serali per il diploma
tecnico o professionale.
A partire dal 2011 si è inserita la questione del permesso di soggiorno di lungo periodo, cui si è aggiunta,
dal 10 marzo 2012, quella dell’accordo di integrazione. Le sessioni dei test ex DM 4 giugno 2010 sono
sempre più affollate; si fatica a capire quanti candidati respinti una prima volta si ripresentino sperando in
migliore fortuna; l’offerta di corsi di lingua è aumentata in modo esponenziale, creando aspettative, ma
spesso non ponendosi davvero come obiettivo prioritario l’apprendimento dell’italiano.
Nel 2011-12, l’USR per il Veneto è stato partner della Regione Veneto nel progetto CIVIS, realizzato grazie al
fondo FEI. Il modello di collaborazione instaurato è stato assunto a livello nazionale, e, pertanto, nel 2012 il
Ministero dell’Interno ha posto il partenariato tra regioni e uffici scolastici come condizione per i bandi FEI
regionali.
16
Introduzione
Il progetto CIVIS prevedeva che i CTP del Veneto, in quanto autorizzati a rilasciare attestati di lingua validi ai
fini della richiesta di permesso di soggiorno, attivassero dei corsi di 80 ore, di cui 60 in presenza e 20 con
tutor, alla fine dei quali, dopo valutazione delle competenze acquisite, i corsisti potessero ottenere un
attestato di competenza di livello A2. Onde anticipare le istanze dell’accordo di integrazione, le 20 ore di
tutoraggio dovevano farsi su moduli predisposti ad hoc per combinare l’apprendimento linguistico con i
contenuti di cittadinanza attiva previsti dal DPR 179/2011.
Metodo e risultati attesi
Un gruppo di lavoro composto da un funzionario della prefettura, quattro esperti di insegnamento
dell’italiano L2, due attori e tre tecnici informatici, ha prodotto cinque moduli di apprendimento secondo la
scaletta riportata di seguito.
MODULO
MODULO
SCUOLA
MODULO
SALUTE
MODULO
LAVORO
MODULO
CASA
A- LA
UNITA' 1
UNITA' 2
Colloquio con la
L'iscrizione a scuola maestra
UNITA' 3
La guardia medica
Il pronto soccorso
La ricerca di lavoro
Parlare di lavoro
L'iscrizione al CTP
Gli esami di
laboratorio
Iscriversi alla
formazione
Affittare casa / 1
Affittare casa / 2
Il condominio
La raccolta differenziata
L'anagrafe
L'automobile
Il
ricongiungimento
La dichiarazione dei redditi
B- LA
C- IL
UNITA' 4
Il colloquio di
orientamento
La visita medica
Incidente sul lavoro
D- LA
MODULO E- GLI
UFFICI PUBBLICI
La struttura dei moduli riproduce la sequenza metodologico – didattica standard dell’apprendimento
linguistico, permettendo al discente di esercitare tre abilità su quattro. Alla sezione di comprensione
dell’ascolto segue quella di comprensione della lettura e infine la scrittura; sono inoltre inclusi alcuni item di
fonetica e esercizi strutturali di grammatica. Non si lavora sulla produzione orale, dato il supporto utilizzato.
L’impegno maggiore degli esperti è stato nell’adattamento al livello di competenza A2 dei documenti
originali che lo straniero si trova proposti quotidianamente dalle nostre amministrazioni. Perfino le
informazioni per iscriversi al CTP risultano, a causa del linguaggio gergale utilizzato, non di immediata
comprensione.
L’aspetto innovativo dell’esperienza si è manifestato come esigenza spontanea in corso di lavorazione.
All’inizio, per evitare le complicazioni della procedura SIAE faticose per una produzione audiovisiva non
professionale, i membri del gruppo sono diventati anche attori di brevi sequenze sceneggiate in stile
“fotoromanzo”. Successivamente, è parsa una buona idea quella di far partecipare attivamente degli allievi,
sia del CTP che della scuola secondaria.
Lavorando con allievi che avrebbero potuto essere gli utenti finali è emersa una nuova ipotesi, che
costituisce l’oggetto del poster che si intende qui presentare.
Poiché i bisogni dell’utenza tradizionale dei corsi di lingua erogati dai CTP possono intersecarsi con quelli
degli studenti stranieri iscritti ai serali a seguito di ripetuti fallimenti scolastici, oppure in fase di
riqualificazione, si sta progettando un modello di corso intensivo di 60 ore destinato a un target misto
composto da studenti
•
iscritti ai CTP che non abbiano concluso il percorso linguistico,
•
iscritti ai corsi serali neo arrivati o drop out,
•
nuovi iscritti reclutati attraverso scuole o CPI.
Il modello sarà interamente laboratoriale, avrà le seguenti caratteristiche innovative, ancora in corso di
definizione:
•
avrà come risultato la produzione di un modulo per l’apprendimento dell’italiano a livello A2 o più,
•
prevederà alcune ore di formazione informatica funzionali alla costruzione del modulo (trattamento
testi, ricerca internet, possibile registrazione suono e montaggio video),
•
i contenuti di apprendimento saranno quelli di cittadinanza attiva previsti dal DPR 179/2011,
•
si svolgerà in diversi luoghi (aula, aula informatica, luoghi delle riprese, cabina di registrazione),
•
l’insegnamento non sarà affidato a un solo insegnante, ma a tutto il gruppo di lavoro: docenti, attori
e informatici dovranno ciascuno definire le competenze in uscita degli studenti;
17
•
farà ampio uso delle tecniche di apprendimento tra pari, nella misura in cui si chiede a un gruppo di
studenti con diverse competenze di cooperare per la costruzione di un prodotto finito;
•
nella documentazione di fine corso, verranno dettagliate le unità di apprendimento.
Il poster mostrerà la struttura definitiva del corso, le fasi di realizzazione, il prodotto finale e le procedure di
valutazione.
Bibliografia
BRUNI F., RASO T. (a cura di ), Manuale dell’italiano professionale. Teoria e didattica, Bologna, Zanichelli, 2002
CAMBIAGHI B. E ALTRI, Europa plurilingue, Milano, V&P, 2005.
CHINI M., Plurilinguismo e immigrazione in Italia. Un'indagine sociolinguistica a Pavia e Torino, Milano, Franco
Angeli, 2004.
F O R T I S D . , “ I l l i ng u a gg i o a m m i n i st ra t i v o i ta l i a n o ”, R e vis ta de Ll eng ua i Dre t 4 3 – 2 0 05
HTTP://WWW.CONSIGLIO. REGIONE.TOSCANA.IT/LEGGI-E-BANCHE-DATI/OLI/CORSO-QUALITA-NORMAZ-
N I F I / C O R S O % 2 0 2 0 0 9 - 2 0 1 0 / L E Z - 1 9 - 3 - 1 0 / F O R T I S % 2 0 % 2 0 I L % 2 0 L I N G U A G G I O % 2 0 A M M I N I S T R A T I V O % 2 0 I T A L I A N O . P D F
HULT F.M., KENDALL A.K., Educational Linguistics in practice. Bristol- Multilingual Matters, 2011.
NOFRI C., Guida al metodo Glottodrama. Roma, Novacultur, 2009.
GHEZZI C., GUERINI F, MOLINELLI P. (CUR.) Italiano e lingue immigrate a confronto. Riflessioni per la pratica
didattica, Atti del Convegno CIS Bergamo, 23-25 giugno 2003. Perugia, Guerra, 2004.
Paola Fattorini
(Università Politecnica delle Marche)
“Il welfare fai da te”: le badanti. Modulo integrato: formazione linguistica e
formazione professionale. Il docente diventa un moderno “Griot”
La Regione Marche è una delle regioni più longeve d’Italia. L'Italia è il paese più “vecchio” d'Europa e il
secondo al mondo dopo il Giappone.
Nonostante le previsioni, non è stato investito in maniera oculata in servizi per gli anziani perciò le famiglie,
non potendo sostenere i costi per case di riposo private e, soprattutto, preferendo lasciare l’anziano nel
proprio ambiente domestico, si rivolgono sempre più alle badanti. Secondo recenti stime dell’Istituto per la
Ricerca Sociale, le badanti straniere in Italia sono circa 750 mila, mentre quelle di nazionalità italiana sono
70mila.
In particolare, il mondo del “badantato” trova spazio tra gli anziani non autosufficienti, che vivono una
particolare condizione di fragilità e di dipendenza per vestirsi, mangiare, lavarsi, ecc. Anziani, per lo più
donne, che hanno bisogno di assistenza e cure continue, ma anche di essere stimolati, motivati, impegnati in
semplici attività per mantenersi vitali. La badante, quindi, spesso ricopre molti ruoli: assiste, cura, si occupa
della casa e dell’alimentazione, intrattiene e riempie il silenzio dell’anziano. Deve ridurre e accompagnare la
non autosufficienza e contrastarne la depressione.
La comunicazione intende presentare un corso di lingua e cultura italiana per immigrati “Addetti
all’assistenza a domicilio di anziani non autosufficienti” organizzato dall’AUSER (Associazione di volontariato
impegnata a promuovere l’invecchiamento attivo degli anziani e la crescita del loro ruolo nella società) –
AUPTEL (Università Popolare del tempo libero e della libera età), realizzato in collaborazione con la Provincia
di Ancona. La strutturazione particolarmente interessante e i risultati ottenuti rendono auspicabile che sia
proposto anche in altre città.
Il corso consisteva in 3 moduli formativi:
1) AREA Insegnamento lingua e cultura italiana (45 ore, di cui 15 in compresenza Area 3 e 4)
2) AREA Insegnamento linguaggio burocratico e conoscenze amministrative di base (4 ore)
3) AREA Insegnamento linguaggio specialistico, nozioni di base e azioni dimostrative (20 ore)
I 15 corsisti, selezionati dall’Ente Provincia - Centro immigrati - , erano, a parte due uomini, donne di età
compresa tra i 35-45 anni, con scolarità molto bassa, provenienti da aree rurali del grande Maghreb,
dell’Africa centrale e dell’America Latina. In Italia da circa un anno, avevano una conoscenza della lingua
18
“approssimativa”, appresa oralmente, nei luoghi di vita e di lavoro o da altri immigrati, e quindi caratterizzata
dalla presenza di numerosi errori e da una costruzione molto “originale”. Il curricolo del corso, preceduto da
un’analisi approfondita dei bisogni comunicativi dell’apprendente e delle sue caratteristiche, ha richiesto
adattamenti successivi e la gestione della classe di adulti, particolare flessibilità e sensibilità.
I punti unificanti sono stati:
- la motivazione;
- il ruolo dell’anziano nelle società di appartenenza dei corsisti;
- la tradizione orale.
I corsisti, con precedenti esperienze di lavoro saltuario, avevano acquisito soltanto una variante molto
semplificata dell’italiano. E’ probabile che avessero sviluppato verso la seconda lingua una distanza
psicologica e sociale sia a causa del rischio di perdere la propria identità culturale, sociale e linguistica, sia
per l’incertezza della posizione economica, spesso unica risorsa per la famiglia lontana, e per la quale
avevano rinunciato agli affetti e al proprio Paese.
L’obiettivo era favorire la riduzione di fossilizzazioni, partendo da una varietà di lingua ferma a un livello
molto basso di sviluppo verso una lingua seconda investita di valori e significati positivi, di promozione e di
successo.
Nelle società africane e sudamericane la vecchiaia è un valore e gli anziani godono del massimo rispetto
anche perché sono i custodi delle tradizioni e quindi l'essere anziano è sempre sinonimo di saggio.
Questo naturale rispetto nei confronti dei “nonni”, anche se in un primo momento ci sono resistenze alla
presenza di “estranei” da parte degli anziani, favorisce la creazione di un particolare feeling e la
comunicazione tra i due soggetti che condividono e affrontano la quotidianità. E’ dall'oralità, ossia dalla
parola, che scaturisce la comunicazione, che è la dinamica della cultura. L’Africa era ed è essenzialmente di
tradizione orale. Le culture precolombiane erano basate primariamente sull'oralità e la tradizione di narrativa
orale è sopravvissuta fino a oggi, in particolare tra popolazioni del Perù e del Guatemala. Il docente di lingua,
facilitatore dell’apprendimento, è anche un moderno Griot che intrattiene e interagisce con il gruppo per la
costruzione di nuove storie grazie al contributo di tutti e l’esperienza personale, trasformandole e
attualizzandole. Infatti l’oralità, che si arricchisce anche col tono della voce, l’intonazione, la creatività
spontanea, implica fattori essenziali come l’ascolto e la partecipazione. In un contesto didattico in cui l’oralità
è un elemento trainante del gruppo, anche attività che portano l’apprendente ad interagire con i compagni,
che si ritengono più adatte in pedagogia, diventano invece opportune e capaci di far esprimere il meglio.
Durante le lezioni sono stati utilizzati dei materiali creati per simulare delle situazioni tipo e contesti
comunicativi frequenti. Sono state adattate storie popolari, o utilizzati articoli tratti da giornali/riviste
riguardanti fatti o gossip, argomento di trasmissioni televisive, d’interesse dell’anziano, utili anche per
l’acquisizione della lingua. Per il linguaggio specialistico è stata realizzata una dispensa “L’età senza tempo”
con testi e immagini sui problemi di salute dell’anziano e sulla cura e gli accessori utilizzati per la cura
domiciliare. Le lezioni sono state tenute dai seguenti esperti:
Geriatra
Psicologo
Assistente sociale
Infermiera
Dietista
Referente del Servizio Sanitario Nazionale.
I relatori hanno utilizzato un linguaggio semplice, reso più chiaro dal docente di lingua che presentava ed
elencava le informazioni più rilevanti, evidenziando le parole chiave fondamentali per la comprensione del
testo, in parte già introdotte nelle lezioni precedenti.
Test finale: prova di ascolto con l’attività di prendere appunti/Test competenza linguistica/prova orale.
E’ essenziale offrire una dimensione relazionale istituzionalizzata in cui si possano mettere in rapporto le
identità e le competenze acquisite, creando un percorso di orientamento e di formazione per valorizzarle
utilizzando lo strumento della autobiografia professionale che riesce a connettere esperienza personale e
società.
19
Fabio Mantegazza
(Rete Scuole Senza Permesso)
L’attività’ della Rete Scuole Senza Permesso di Milano
Chi Siamo
Rete Scuole Senza Permesso è il nome che ha voluto darsi una rete di scuole di italiano milanesi, nata nella
primavera 2005, per dichiarare la propria identificazione con i senza diritti: sette scuole milanesi nel primo
periodo, che sono progressivamente cresciute fino a raggiungere attualmente il numero di quindici.
Le scuole aderenti, pur diverse tra loro, condividono la quotidiana esperienza a diretto contatto con i
migranti che compiono in autonomia il primo passo all’incontro con la cultura che li ospita. Ciascun volontario
e ciascuna scuola provengono da esperienze esistenziali e politiche diverse, ma ciò non ci ha impedito di
muoverci insieme su questioni concrete, basilari, fondamentali per i migranti e per noi. Ogni insegnante
mentre svolge le sue lezioni viene a conoscere le motivazioni all’emigrazione, le condizioni abitative e di
lavoro ed i progetti di vita degli studenti, grazie ad una relazione che pone al centro la persona. Se l’obiettivo
della didattica è la comunicazione, la scuola di italiano schiude percorsi di scambievole crescita umana,
culturale e politica.
Nonostante non si sia riusciti a censire tutte le “strutture” scolastiche di questo tipo a Milano, stimiamo di
rappresentare circa un terzo delle scuole cittadine e contiamo un’affluenza nelle nostre classi di circa 3000
persone all’anno: la maggior parte di loro sono – secondo la legge attuale – “clandestine”; a loro viene
fornito annualmente dalle nostre scuole un monte ore di lezione che supera le 4000.
In ciascuna delle realtà aderenti sono impegnati decine di volontari – lo scorso anno ne abbiamo contati
oltre 200 – che mettono a disposizione competenze specifiche e complementari, motivazioni forti e
responsabilità civile nei confronti delle centinaia di migranti con cui ci si relaziona.
Perché la rete
Mettersi in rete per noi ha significato creare possibilità di confronto e condivisione delle pratiche e delle
esperienze, con lo spirito di collaborare con tutti e competere con nessuno, per aumentare consapevolmente
la nostra funzione di mediazione sociale e per realizzare insieme iniziative di forte inclusione con i migranti,
partecipi a pari diritto e pari dignità.
Mettersi in rete significa confronto e condivisione delle pratiche e delle esperienze di ogni realtà aderente; e
anche fornire esempio di unità e di cooperazione in una società che tende più a disgregarsi che a unirsi, più
a marcare le differenze che a valorizzare le affinità.
Quello che ci ha mosso è la percezione del proprio limite, il “non mi basto” che spinge ad uscire per
incontrare chi è simile con lo spirito di collaborare con tutti, di evitare le competizioni e le contrapposizioni,
per aumentare consapevolmente la propria funzione di mediazione sociale, favorire i collegamenti e gli
scambi tra noi, coinvolgere realtà analoghe allargando la rete, realizzare iniziative di forte inclusione come le
feste cittadine che organizziamo ogni anno in primavera, il torneo di calcio cui partecipano le squadre miste
(studenti + formatori) di tutte le scuole, le giornate del cinema organizzate con la collaborazione del COE,
con la visione di film del cinema africano e asiatico.
Cosa pensiamo della situazione attuale degli stranieri in Italia
Attualmente registriamo un progressivo imbarbarimento della legislazione e delle pratiche che riguardano la
vita di centinaia di migliaia di uomini e donne che scelgono l’Italia per costruire il proprio futuro. Per loro si
va consolidando la realtà di una “cittadinanza inferiore”, con minori diritti e garanzie, in nome delle “esigenze
di sicurezza”. Motivazioni false che servono a giustificare la presenza di manodopera ricattabile a basso costo,
pronta a riempire gli spazi dell’economia sommersa.
Auspichiamo una politica fatta di misure assenti da ipocrisie e che contrasti non solo il mercato nero di
qualunque tipo, ma che entri nel merito dei contratti di lavoro e della partecipazione sindacale, che delinei
programmi scolastici transculturali, che ponga un tetto ai costi dell’abitare, che affronti la questione della
vivibilità ambientale e umana delle città.
Una politica coerente, che sottragga terreno alla contrapposizione tra diritti dei nativi e diritti degli “ospiti”.
Una politica consapevole che i flussi migratori sono inarrestabili e che sappia eliminare dal proprio dizionario
la parola “clandestino”.
Resteremo gocce nell’oceano se a tale espansione del volontariato sociale non si accompagna una politica
che vada oltre l’opportuno, od opportunistico, riconoscimento del contributo economico e del servizio dato
dagli immigrati a questo Paese.
Il blog:
20
la
Rete
ha
un
suo
blog
che
http://scuolesenzapermesso.blogspot.com/
può
essere
consultato
a
questo
indirizzo:
Paola Raffagnato
(Mamme a scuola Onlus)
Mamme a scuola
La nostra associazione Onlus, laica e apartitica, si chiama “Mamme a scuola”.
All’interno di scuole pubbliche di Milano organizziamo:
•
lezioni di italiano bisettimanali, di 2 ore ciascuna, per le mamme straniere;
•
incontri di approfondimento sui temi rilevanti per le famiglie;
•
accoglienza bimbi, per i figli da 0 a 3 anni.
•
Corsi di L1 per ragazzi in età scolare (6-14 anni)
Le attività sono organizzate e svolte in gran parte da volontarie (oltre 100), e da un piccolo nucleo di
“specialiste” retribuite.
Il progetto, che nasce nel 2004 ad opera di un gruppo di volontarie, non è solo una scuola di italiano per
donne straniere, ma è un percorso di integrazione che punta sulle madri come elemento vitale per un pieno
inserimento delle famiglie immigrate. La sua specificità è di insediarsi in una scuola elementare statale con il
supporto della Direzione Didattica. Questo permette di creare nel quartiere un ponte tra le madri immigrate
e la realtà scolastica dei loro figli. Altra specificità è uno spazio bimbi da 0 a 3 anni, gestito da animatrici, in
cui le mamme lasciano i figli mentre studiano.
Dalla prima sede presso l’Istituto Comprensivo Rinnovata Pizzigoni, il progetto si è allargato ad altre tre
scuole di Milano. Attualmente in ogni scuola abbiamo 4 classi, distinte per livello: principianti, A1, A2, B1. Nel
corso dell’anno scolastico 2010 - 2011 hanno frequentato con regolarità oltre 300 mamme, 106 bimbi e 113
ragazzi in corsi di L1. Attualmente stanno frequentando circa 350 donne, 110 bambini e 91 ragazzi nei corsi
di lingua madre.
Le volontarie (insegnanti e animatrici per i bambini) sono 110.
Il contesto e la scuola
La nostra utenza è formata in larga maggioranza da donne arabofone, di età compresa tra i 25 e i 30 anni,
con livello di scolarità dichiarato per lo più discreto.
La motivazione a imparare l’italiano prevalentemente dichiarata al momento dell’iscrizione ai corsi è legata al
desiderio di aiutare i figli nel loro percorso scolastico e di poter comunicare con gli insegnanti.
Il lavoro sul campo di questi anni ci ha però rese consapevoli del fatto che il bisogno profondo, non
dichiarato, che spinge queste donne a iscriversi a un corso di italiano è quello della socializzazione tra pari.
Le nostre allieve, infatti, vivono spesso in una condizione di isolamento, chiuse nella famiglia e nella casa.
Andare a scuola di italiano costituisce per loro l’unica occasione per uscire di casa e incontrarsi/confrontarsi
con altre donne che vivono la loro stessa condizione.
Inoltre, poter lasciare i figli piccoli nello spazio bimbi è l’unica occasione per potersi “svestire” dal ruolo di
mamma. E’ compito della scuola collegare il bisogno di socialità a una motivazione costante di
apprendimento della lingua.
Nel primo anno di scuola apprendere l’italiano viene percepito spesso come una meta irraggiungibile, al di
fuori della loro portata. In seguito, tuttavia, diventa per molte un obiettivo percepito come possibile e
stimolante: nasce la consapevolezza delle proprie possibilità e dell’importanza della lingua per l’integrazione.
Diventa quindi fondamentale, nel primo anno, saper incanalare il bisogno di socialità nella pratica didattica,
anche attraverso, per esempio, le modalità del gioco e del lavoro di gruppo.
La difficoltà nell’utilizzo di tali modalità consiste soprattutto nel calarle in un sistema di regole comprese,
accettate, condivise e fatte rispettare, e inserire fin dall’inizio un lavoro didattico solido e sistematico per
l’apprendimento reale della lingua, in una scuola che continui a rispondere ai bisogni iniziali, più di vita che di
apprendimento.
La sfida alla didattica
Proprio perché la scuola è percepita come momento privilegiato di socializzazione, massiccio è l’input
extradidattico che viene portato dalle nostre donne all’interno della scuola.
Non si tratta però di input linguistici, ma di bisogni di tipo esistenziale: problemi con i figli, problemi con gli
insegnanti dei figli, problemi di salute…
21
La difficoltà, ma anche l’interesse del nostro lavoro, sta proprio nel fare oggetto dell’apprendimento
linguistico gli argomenti che vengono richiesti da un bisogno di formazione affettivo e sociale.
È chiaro che insegnare una lingua comporta una linea di programmazione, una chiarezza di obiettivi, delle
pratiche di verifica e di controllo. Salvaguardare questi aspetti è la sfida che un contesto come il nostro pone
alle insegnanti.
Come già detto, il nostro corpo insegnante è costituito da volontarie provenienti in larga parte dalla scuola
secondaria di primo e secondo grado. Alcune di queste insegnanti hanno spesso una buona preparazione per
l’insegnamento dell’italiano come L1, ma portano con sé, come eredità della loro professione, alcune
caratteristiche non consone alle esigenze del nostro contesto: eccessiva rigidità rispetto alla programmazione
didattica, scarsa flessibilità nel cogliere e dare risposta immediata ai bisogni non solo linguistici della nostra
utenza.
Sperimentiamo inoltre la difficoltà, spesso propria del volontariato, di riconoscere come necessari i tempi di
preparazione personale e di lavoro comune, al di fuori delle ore di classe.
Siamo riuscite a impostare un lavoro di formazione delle insegnanti che comprende tre mezze giornate di
aggiornamento in settembre, e incontri di monitoraggio-formazione a cadenza mensile, supervisionati da una
linguista esperta di insegnamento di italiano L2.
Vi è inoltre un impegno costante a mettere in comune il materiale didattico prodotto e risultato utile.
Ma questo non è sufficiente.
L’obiettivo che quindi ci siamo date è quello di sviluppare un modello di riferimento didattico comune e
condiviso, che si basi sulla consapevolezza che la didattica stessa, da un lato, non è in grado di funzionare se
contestualmente non vengono soddisfatti i bisogni psico-sociali dell’utenza, dall’altro necessita di
preparazione specifica e di un percorso rigoroso.
Bibliografia
CHINI MARINA, Che cosa è la linguistica acquisizionale, Carocci, Roma 2005
FAVARO
GRAZIELLA,
Donne
immigrate
www.educational.rai.it/.../doc/donne_immigrate_e_formazione.rtf
e
formazione,
LO DUCA MARIA G, Sillabo di italiano L2, Carocci, Roma, 2007.
MINUZ FERNANDA, Italiano L2 e alfabetizzazione in età adulta, Carocci, Roma 2011.
SIDOLI RITA (a cura di) Star bene a Babele, La Scuola, Brescia 2002.
CONSIGLIO D’EUROPA, Quadro comune europeo di riferimento per le lingue, La Nuova Italia, Milano, 2002.
22
INDICE ANALITICO DEI RELATORI – SESSIONI POSTER – TAVOLE ROTONDE
Angonova, F.
7
Bagna, C.
2
Bandi, G.
15
Bavieri, L.
8
Civetta, P.
10
Consonni, A.
16
Di Salvo, M.
11
Fattorini, P.
18
Mantegazza, F.
20
Nespoli, N.
3
Raffagnato, P.
21
Sorrentino, T. / Falgari, I. / Donadoni, L.
11
Trapolino, M.
13
Siebetcheu, R.
4
Vitali, A.
5
23