Nota di commento dlgs 80

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Nota di commento dlgs 80
Prime note sul D.Lgs. 80/2015
(Misure per la conciliazione delle esigenze di cura, di vita e di lavoro)
Il decreto è stato pubblicato sulla G.U. n.144 del 24-6-2015 (Suppl. Ordinario n. 34) ed è
efficace dal 25.6.2015.
Esso modifica diverse previsioni del d.lgs.151/2001 e, quindi, riguarda anche il sistema
camerale (visto che tutti i datori di lavoro pubblici e privati applicano quel decreto).
ATTENZIONE: in base a quanto espressamente previsto dall’art.26 del decreto, le disposizioni
di cui agli articoli 2, 3, 5, 7, 8, 9, 10, 13, 14, 15, 16 e 24 si applicano in via sperimentale
esclusivamente per il solo anno 2015 e per le sole giornate di astensione riconosciute
nell'anno 2015 medesimo. Il riconoscimento dei benefici per gli anni successivi al 2015 è
condizionato alla entrata in vigore di decreti legislativi attuativi dei criteri di delega di cui alla
legge 10 dicembre 2014, n. 183, che individuino adeguata copertura finanziaria. Nel caso in
cui detti provvedimenti non entrino in vigore, a decorrere dal 1° gennaio 2016 e con
riferimento alle giornate di astensione riconosciute a decorrere dall'anno 2016, le
disposizioni modificate dagli articoli 2, 3, 5, 7, 8, 9, 10, 13, 14, 15 e 16 si applicano nel testo
vigente prima dell'entrata in vigore del decreto in esame.
Queste, in sintesi, le novità:
1. Parto anticipato (art.2)
Il d.lgs.151/2001 (art.16) prevede che in caso di parto anticipato i giorni di congedo
obbligatorio non usufruiti prima del parto possano essere utilizzati dopo il parto; il decreto
80/2015 stabilisce che questa previsione si applica anche se e quando questo comporti il
superamento del limite complessivo di cinque mesi. La norma si riferisce ai casi patologici
di parti fortemente prematuri, in cui il bambino nasce più di due mesi prima dell’inizio del
congedo obbligatorio: in questi casi, ancorare la durata massima del congedo al limite di
cinque mesi si risolve in una disparità di trattamento nei confronti del prematuro, che
necessita di cure costanti e della presenza della figura materna.
2. Rinvio e sospensione del congedo di maternità (art.2)
In caso di ricovero del neonato presso una struttura pubblica o privata, la madre potrà
chiedere la sospensione del congedo di maternità durante i tre mesi dopo il parto e durante gli
ulteriori giorni non goduti prima del parto (in caso di parto anticipato) e tornare al lavoro; in
tal caso, il congedo obbligatorio decorre dal rientro a casa del figlio. Questo diritto potrà
essere esercitato una sola volta per ogni figlio e sarà subordinato alla produzione di una
attestazione medica che dichiari la compatibilità dello stato di salute della donna con la
ripresa dell'attività lavorativa.
Analogo diritto è previsto, dall’art.4, in favore dei genitori adottivi ed affidatari per il congedo
disciplinato dall’art.26 del d.lgs.151/2001.
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La disposizione è stata prevista in recepimento della sentenza Corte Cost. 4-7 aprile 2011 n.
116, ma amplia l'ambito della tutela riconosciuta dalla Corte (che era limitata al solo caso del
parto prematuro con ricovero del neonato).
3. Indennità di maternità in caso di risoluzione del rapporto di lavoro (art.3)
L'indennità di maternità deve essere corrisposta anche nei casi di risoluzione del rapporto di
lavoro previsti dall'articolo 54, comma 3, lettere a), b) e c) del d.lgs.151/2001 che si
verifichino durante i periodi di congedo di maternità previsti dagli articoli 16 e 17; si tratta
del licenziamento per giusta causa, per cessazione di attività dell’azienda, per scadenza del
termine del contratto di lavoro (resta fuori il solo caso del licenziamento per esito negativo
della prova); la novità è rappresentata dall’aver esteso il diritto anche alla lavoratrice
licenziata per giusta causa, in conformità alla sentenza della Corte Costituzionale 405/2001.
Ovviamente, nel caso dei dipendenti camerali il riferimento non è l’indennità di maternità ma
il trattamento economico in godimento, che resta a carico del datore di lavoro per l’intero
periodo del congedo obbligatorio di maternità.
4. Congedo di paternità (art. 5)
La norma modifica l’articolo 28 del d.lgs.151/2001 in materia di congedo di paternità. In
particolare sono aggiunti due nuovi commi (1-bis e 1-ter) che consentono, al lavoratore
dipendente, di beneficiare del congedo di paternità anche se la madre è lavoratrice
autonoma avente diritto all'indennità di cui all'articolo 66 e, al lavoratore autonomo, di
beneficiare dell’indennità di paternità nel caso in cui la madre sia lavoratrice
dipendente.
La formulazione della norma crea qualche dubbio interpretativo in relazione alla sentenza della Corte
Costituzionale 1/1987 (come corretta e integrata con ordinanza 144/1987); c’è infatti da chiedersi per quale
motivo il d.lgs.80/2015 si riferisca al solo caso della madre “lavoratrice autonoma” quando, secondo la Corte
Costituzionale “non v’è… ragione di negare al padre lavoratore il diritto di avvalersi dei suddetti benefici nel caso in
cui manchi ogni possibilità di assistenza all’infante da parte della madre (lavoratrice o meno)”.
Il beneficio è previsto, esattamente come per il lavoro dipendente, quando la madre muoia o
sia colpita da grave infermità nonché quando abbandoni la famiglia e in caso di
affidamento esclusivo del bambino al padre.
La medesima disciplina è prevista nel caso in cui entrambi i lavoratori siano autonomi o entrambi libero professionisti
(articolo 15, che modifica l'articolo 66 del TU sulla maternità e articolo 18, che modifica l’articolo 70 del TU sulla maternità).
II padre lavoratore che intende avvalersi dei diritti in esame presenta al datore di lavoro la
certificazione relativa alle condizioni ivi previste. In caso di abbandono, il padre lavoratore ne
rende dichiarazione ai sensi dell'articolo 47 del decreto del Presidente della Repubblica 28
dicembre 2000, n. 445. L'INPS provvede d'ufficio agli accertamenti amministrativi necessari
all'erogazione dell'indennità con le risorse umane, strumentali e finanziarie previste a
legislazione vigente.
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5. Congedo di paternità nei casi di adozione e affidamento (art.6)
La norma modifica la disciplina del congedo di paternità in caso di adozione (art.31
d.lgs.151/2001) , consentendo al padre lavoratore di beneficiare del congedo non
retribuito previsto per la permanenza all'estero in caso di adozione internazionale
anche quando la madre non sia lavoratrice, per permettere ad entrambi i genitori di
recarsi all’estero a seguire la procedura di adozione.
L'ente autorizzato che ha ricevuto l'incarico di curare la procedura di adozione certifica la
durata del periodo di permanenza all'estero del lavoratore.
6. Congedo parentale (artt. 7 - 10)
L'articolo 7, comma 1, lettera a), amplia dai primi otto anni di vita del bambino ai primi
dodici anni l'arco temporale entro cui il genitore può esercitare il diritto al congedo
parentale (la cui durata resta comunque invariata).
Riguardo al trattamento economico, l’articolo 9 porta dai primi tre anni di vita del bambino
ai primi sei anni il limite temporale entro cui si ha diritto, per il periodo di congedo
parentale, ad un'indennità pari al 30% della retribuzione; resta fermo che l'indennità, come
già prevede la norma vigente, è riconosciuta per un periodo massimo complessivo tra i
genitori di 6 mesi.
Da sei a dodici anni il congedo non è retribuito.
Inoltre, l’articolo 9 modifica l’art.34, comma 3 del d.lgs.151/2001, ampliando fino all’ottavo
anno di vita del bambino il diritto all’indennità del 30% della retribuzione per i lavoratori il
cui reddito individuale sia inferiore a 2,5 volte l'importo del trattamento minimo di pensione
a carico dell’assicurazione generale obbligatoria.
L’articolo 7, comma 1, lettera b), confermando, in merito alla determinazione delle modalità
dell'eventuale fruizione del congedo parentale su base oraria, il rinvio alla contrattazione
collettiva, specifica che quest'ultima può essere anche di livello aziendale e che, anche in
assenza delle determinazioni contrattuali, ciascun genitore può scegliere la fruizione su
base oraria (anziché giornaliera), in misura pari alla metà dell’orario medio giornaliero
del periodo di paga quadrisettimanale o mensile immediatamente precedente quello
nel corso del quale abbia inizio il congedo parentale. La novella esclude, inoltre, la
cumulabilità della fruizione oraria del congedo parentale con i permessi o i riposi contemplati
dal citato testo unico in materia di tutela e sostegno della maternità e della paternità, di cui al
D.Lgs. n. 151 del 2001.
Si tratta di una novità importante, perché non sarà più necessario attendere la disciplina
contrattuale: il congedo parentale potrà essere da subito fruito ad ore in base a questa
previsione di legge. Deve invece escludersi, date le caratteristiche della contrattazione
collettiva del settore pubblico, la possibilità di disciplinare la materia con il contratto
integrativo.
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La successiva lettera c) riduce da quindici a cinque giorni il periodo minimo di preavviso
per l'esercizio del diritto al congedo parentale - ferma restando l'ipotesi (già vigente) che i
contratti collettivi contemplino un termine più ampio - ed introduce, per l'ipotesi di fruizione
su base oraria, un termine minimo di preavviso di due giorni.
L'articolo 8 allarga dai primi otto anni di vita del bambino ai primi dodici anni l'ambito
temporale entro il quale può essere esercitato, da parte di uno dei genitori, il diritto al
prolungamento del congedo parentale, contemplato per il caso in cui il minore presenti una
situazione di handicap grave.
L'articolo 10, in primo luogo, amplia dai primi otto anni di ingresso del minore in famiglia ai
primi dodici anni l'arco temporale entro il quale può essere esercitato, da parte dei genitori
adottivi o affidatari, il diritto al congedo parentale (la cui durata resta comunque invariata);
resta fermo che quest'ultimo non può essere fruito dopo il raggiungimento della maggiore età
(da parte del minore). In secondo luogo, si allarga dai primi tre anni ai primi sei anni di
ingresso del minore in famiglia l'arco temporale nel quale si può godere del congedo
retribuito al 30% (per un periodo massimo complessivo tra i genitori di 6 mesi).
7. Dimissioni (art.12)
L'articolo 12 specifica che la facoltà di dimissioni senza preavviso è riconosciuta alla
lavoratrice madre, nonché al lavoratore padre che fruisca o abbia fruito del congedo di
paternità, fino al compimento di un anno di età del bambino (ovvero, in caso di adozione o
affidamento, fino al compimento di un anno dall'ingresso del minore nel nucleo familiare). Si
conferma, in sostanza, il limite temporale già posto dall'art. 55 del citato testo unico (di cui al
D.Lgs. n. 151 del 2001, e successive modificazioni).
8. Adozioni nella gestione separata (art. 13)
L'articolo 13, comma 1, primo capoverso, prevede, per il caso di adozione, nazionale o
internazionale, l'ampliamento da tre a cinque mesi della durata dell'indennità di maternità,
relativa alle iscritte alla cosiddetta Gestione separata INPS (e non iscritte ad altre forme
obbligatorie di previdenza di base), purché ricorrano le condizioni e con le modalità di cui ad
apposito decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali (oggi DM del 4 aprile 2002),
da adottarsi di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze.
E’ una conseguenza della sentenza n. 257/2012 della corte Costituzionale.
Si ricordi che, ai sensi dell'art. 3 del medesimo D.M. 4 aprile 2002, l'indennità, in talune
fattispecie, compete al padre iscritto in via esclusiva alla Gestione separata (nelle ipotesi di
adozione o affidamento, in alternativa alla madre lavoratrice che non ne faccia richiesta).
L'articolo 13, comma 1, secondo capoverso, introduce – in conformità allo specifico principio
di delega di cui all’art. 1, comma 9, lettera b), della L. 10 dicembre 2014, n. 183 - il principio
che le indennità di maternità e di paternità per gli iscritti alla Gestione separata INPS (non
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iscritti ad altre forme obbligatorie di previdenza di base) sono riconosciute anche in caso di
mancato versamento dei contributi previdenziali da parte del committente.
9. Lavoratori autonomi (artt. 14, 15, 16).
Queste norme dovrebbero riguardare solo i lavoratori autonomi rientranti in una delle
seguenti categorie: coltivatori diretti, mezzadri e coloni, imprenditori agricoli a titolo
principale, artigiani, esercenti attività commerciali, pescatori autonomi della piccola pesca
marittima e delle acque interne. Quindi si tratta di norme che non sono di interesse per il
sistema camerale.
10. Part-time e congedo parentale
La possibilità di usufruire del part-time per stare vicino ai figli non appare nel decreto fin qui
esaminato, ma in quello sul riordino delle tipologie contrattuali (d.lgs.81/2015) in base la
quale:
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al lavoratore o alla lavoratrice con figlio convivente di età non superiore a tredici anni o
con figlio convivente portatore di handicap ai sensi dell’articolo 3 della legge n. 104 del
1992, è riconosciuta la priorità nella trasformazione del contratto di lavoro da tempo
pieno a tempo parziale (art.8, comma 5);
il lavoratore può richiedere e ottenere entro 15 giorni, per una sola volta, in luogo del
congedo parentale, la trasformazione del rapporto di lavoro a tempo pieno in part-time
per un periodo corrispondente, con una riduzione d’orario non superiore al 50 per cento
(art.8, comma 7).
11. Modifiche al lavoro notturno (artt.11 e 22)
Modificando l'articolo 53, comma 2, del d.lgs.151/2001 e l’art.11, comma 2 del d.lgs.66/20023
si prevede che non possa essere obbligata a prestare lavoro notturno anche la lavoratrice
madre adottiva o affidataria di un minore, nei primi tre anni dall'ingresso del minore in
famiglia, e comunque non oltre il dodicesimo anno di età o, in alternativa ed alle stesse
condizioni, il lavoratore padre adottivo o affidatario convivente con la stessa; in caso di
violazione della norma si applica la sanzione prevista dall'articolo 18-bis, comma 1
dello stesso decreto 66/2003.
12. Disposizioni in materia di telelavoro (art. 23)
Se ne parla solo per completezza perché la norma consente ai soli datori di lavoro privati
che facciano ricorso all'istituto del telelavoro per motivi legati ad esigenze di conciliazione dei
tempi di vita e di lavoro in forza di accordi collettivi stipulati da associazioni sindacali
comparativamente più rappresentative sul piano nazionale, di escludere i lavoratori ammessi
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al telelavoro dal computo dei limiti numerici previsti da leggi e contratti collettivi per
l'applicazione di particolari normative e istituti.
13. Congedo per le donne vittime di violenza di genere (art.24)
La dipendente di datore di lavoro pubblico o privato, inserita nei percorsi di protezione
relativi alla violenza di genere, debitamente certificati, ha il diritto di astenersi dal lavoro per
motivi connessi al suddetto percorso di protezione per un periodo massimo di tre mesi.
Alle stesse condizioni, le lavoratrici titolari di rapporti di collaborazione coordinata e
continuativa hanno diritto alla sospensione del rapporto contrattuale per motivi connessi allo
svolgimento del percorso di protezione, per il periodo corrispondente all'astensione, la cui
durata non può essere superiore a tre mesi.
Ai fini dell'esercizio di questo diritto, la lavoratrice, salvo casi di oggettiva impossibilità, è
tenuta a preavvisare il datore di lavoro o il committente con un termine di preavviso non
inferiore a sette giorni, con l'indicazione dell'inizio e della fine del periodo di congedo e a
produrre la prevista certificazione.
Durante il periodo di congedo, la lavoratrice ha diritto a percepire un'indennità
corrispondente all'ultima retribuzione, con riferimento alle voci fisse e continuative
del trattamento, e il periodo medesimo è coperto da contribuzione figurativa.
L'indennità e' corrisposta dal datore di lavoro secondo le modalità previste per la
corresponsione dei trattamenti economici di maternità.
Tale periodo è computato ai fini dell'anzianità di servizio a tutti gli effetti, nonché ai fini della
maturazione delle ferie, della tredicesima mensilità e del trattamento di fine rapporto.
Il congedo può essere usufruito su base oraria o giornaliera nell'arco temporale di tre anni
secondo quanto previsto da successivi accordi collettivi nazionali stipulati da associazioni
sindacali comparativamente più rappresentative sul piano nazionale.
In caso di mancata regolamentazione da parte della contrattazione collettiva, la dipendente
può scegliere tra la fruizione giornaliera e quella oraria. La fruizione su base oraria è
consentita in misura pari alla metà dell'orario medio giornaliero del periodo di paga
quadrisettimanale o mensile immediatamente precedente a quello nel corso del quale ha
inizio il congedo.
La lavoratrice ha diritto alla trasformazione del rapporto di lavoro a tempo pieno in lavoro a
tempo parziale, verticale od orizzontale, ove disponibili in organico. Il rapporto di lavoro a
tempo parziale deve essere nuovamente trasformato, a richiesta della lavoratrice, in rapporto
di lavoro a tempo pieno.
Restano in ogni caso salve disposizioni più favorevoli previste dalla contrattazione collettiva.
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